TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 505 di Martedì 11 maggio 2021

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interrogazioni

   CABRAS, COLLETTI, MANIERO, TRANO, CORDA, GIULIODORI e SAPIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 23 marzo 2021 è stata presentata al Consiglio per i diritti umani dell'Onu una mozione sulle ripercussioni negative delle sanzioni economiche che, oltre a compromettere l'economia di interi Paesi, acuiscono gli effetti della pandemia di Covid-19, soprattutto in termini di vite umane;

   tra le sanzioni oggetto della mozione vi sono quelle che sono state imposte a Cuba, Venezuela, Siria e Iran;

   la mozione, presentata da Cina, Stato di Palestina e Azerbaijan a nome del Movimento dei Paesi non allineati, è stata approvata con 30 voti a favore, 15 contrari e 2 astenuti;

   Alina Duhan, inviata dell'Onu in Venezuela, dopo aver valutato le conseguenze delle sanzioni imposte dagli Stati uniti al Venezuela, ha parlato di «effetti devastanti per la popolazione, specie per la parte più debole, donne, vecchi, bambini». Nel solo Venezuela sarebbero decina di migliaia le vittime causate direttamente dalle misure sanzionatorie;

   Cuba, come noto, è sotto embargo statunitense da più di sessant'anni e l'Amministrazione Trump ha ulteriormente inasprito le misure, arrivando persino a istituire un blocco navale che impedisce l'approvvigionamento di petrolio e, soprattutto, di materiali sanitari;

   Cuba possiede un solo spettrometro di massa, strumento imprescindibile per realizzare le analisi dei vaccini, che risale a vent'anni fa e che non può essere sostituito, in quanto le sanzioni impediscono di acquistarne uno nuovo ma anche di ottenere i pezzi di ricambio dell'esistente;

   nonostante l'embargo, il 21 marzo 2020, quando l'Italia appariva essere il Paese più colpito dalla pandemia, il Governo cubano inviò nel nostro Paese 53 medici della Brigata Henri Reeve per aiutare i medici della Lombardia, regione dilaniata dalla pandemia;

   nonostante tale gesto di generosità e amicizia, il Governo italiano ha deciso di votare contro la suddetta mozione di condanna delle sanzioni che colpiscono, tra gli altri, proprio Cuba, isola su cui scarseggiano generi di prima necessità e medicinali;

   va considerato infine che tutte le sanzioni economiche sono misure che colpiscono direttamente le popolazioni e, soprattutto, le categorie più fragili di esse, e solo indirettamente i Governi contro cui sarebbero indirizzate –:

   se vi sia stata una specifica indicazione da parte del Ministro interrogato nei confronti della rappresentanza diplomatica italiana presso le Nazioni unite circa il voto contrario espresso riguardo alla mozione che condannava le conseguenze delle sanzioni economiche;

   se il Ministro interrogato abbia avuto in proposito interlocuzioni formali con il Governo di Cuba in seguito alla suddetta votazione;

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative nelle opportune sedi per rivedere la posizione nei confronti delle sanzioni economiche e ripristinare relazioni amichevoli con Cuba.
(3-02162)

(1° aprile 2021)

   BONOMO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato, recentemente, un pacco di trenta risoluzioni, tra cui quella contro le unilateral coercitive measures – la risoluzione sulle ripercussioni negative delle misure coercitive unilaterali nel godimento dei diritti umani –, che esorta gli Stati ad eliminare, interrompere l'adozione, il mantenimento o l'applicazione di tali sanzioni contrarie al diritto internazionale e alla Carta delle Nazioni Unite;

   la risoluzione A/HRC/46/L.4, presentata dall'Azerbaigian, Cina e Palestina, è stata approvata con 30 voti a favore, 2 astenuti e 15 contro. Tra i no l'Italia e tutti i Paesi europei compattamente;

   sta suscitando molte polemiche la decisione dell'Italia di votare contro la risoluzione A/HRC/46/L.4, in particolare perché, tra le sanzioni che la risoluzione condanna ci sono anche quelle applicate contro Stati come Cuba, sottoposta a sanzioni da parte degli Stati Uniti;

   la stessa Cuba, lo scorso anno, ha dimostrato enorme solidarietà all'Italia, inviando medici in sostegno della lotta contro il Covid-19. Infatti, poco più di un anno fa, il 21 marzo 2020, arrivavano in Italia – a Torino e a Crema – 53 medici, della Brigada Henry Reeve, provenienti da Cuba, allo scopo di aiutare i medici nella lotta alla pandemia da Coronavirus. I medici del contingente cubano «Henry Reeve» hanno operato in Italia fino a maggio, quando l'emergenza sanitaria è rientrata;

   in quei giorni del marzo 2020 tutti gli italiani, i mezzi di informazione, e le istituzioni, si congratulavano con l'isola caraibica che nonostante il blocco economico ed i primi casi di infettati dal virus registrati in patria avevano mandato i loro medici per aiutare il nostro personale medico in difficoltà;

   l'Unione europea ha respinto le polemiche sollevate in merito alla questione e chiarito i motivi della contrarietà, spiegando, – con la dichiarazione orale resa durante la sessione con oggetto la Resolution L.4 – EoV nella 46th Session – Item 3 del UN Human Rights Council, dalla signora Elisabeth Tichy-Fisslberger, per l'Austria e a nome dell'Unione europea –, che dal punto di vista dell'Unione europea, le misure restrittive devono essere adottate e implementate sempre in accordo con il diritto internazionale, devono rispettare diritti umani e libertà fondamentali e inoltre devono essere «proporzionate» rispetto ai loro obiettivi e ribadendo che le misure da essa adottate sono pienamente in linea con questi criteri e mirano a promuovere gli obiettivi della «Common Foreign and Security Policy». E infine ha ricordato che «tenendo presente la natura e il contenuto di questo progetto di risoluzione, che si sofferma essenzialmente sulle relazioni tra gli Stati invece che sui diritti umani concreti delle persone, l'Unione europea ribadisce la sua posizione secondo cui il Consiglio dei diritti umani non è la sede appropriata per affrontare la questione»;

   la risoluzione cubana di condanna dell'embargo statunitense, presentata e votata annualmente in ambito Assemblea generale ONU è stata adottata l'ultima volta il 7 novembre scorso con 187 voti a favore, tra cui l'Italia e l'Unione europea. Il prossimo voto si terrà nel mese di maggio 2021 –:

   quali siano le iniziative che il Governo italiano vorrà mettere in campo per sostenere i cittadini di Cuba gravemente colpiti dal lunghissimo embargo contro l'isola ed offrire dunque concretamente la propria riconoscenza per quanto fatto lo scorso anno in Italia dai medici cubani;

   quali iniziative voglia intraprendere il Governo, nelle sedi e nei rapporti internazionali, per porre fine in maniera definitiva all'embargo che tanto prova e addolora la popolazione cubana.
(3-02257)

(10 maggio 2021)
(ex 5-05676 del 7 aprile 2021)

B) Interrogazione

   DEIDDA. — Al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 4 dicembre 2020 è on line, pubblicato dalla direzione generale Turismo, il decreto contenente in allegato gli elenchi dei beneficiari dei contributi ai sensi del decreto-legge «Rilancio» quali misure urgenti di ristoro degli operatori nel comparto fiere e dei congressi e delle mostre, per le perdite subite a causa dell'annullamento, del rinvio e del ridimensionamento della propria attività a seguito dell'emergenza da Covid-19;

   nella pagina viene riportato testualmente: «Al momento sono assegnate le risorse disponibili, pari a 20 milioni di euro. L'importo per ciascun singolo beneficiario è del valore massimo di 800 mila euro. Il Fondo destinato al settore, istituito con decreto-legge n. 34 del 2020, è stato incrementato per l'anno 2020 da destinare al settore specifico». L'avviso fa seguito al decreto del direttore generale per il turismo del 5 ottobre 2020;

   a quanto consta all'interrogante, più beneficiari hanno lamentato, durante incontri pubblici e manifestazioni di proteste, che, a differenza di qualcuno, gli aiuti promessi non siano mai arrivati e che, per altro, ci sia la totale mancanza di informazioni per capirne la causa;

   appare sconfortante, dopo un intero anno di inattività, non ricevere le informazioni dovute e assolutamente necessarie per rivendicare un diritto acquisito –:

   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se intendano chiarire, ad oggi, quanti beneficiari hanno ricevuto quanto dovuto e previsto dal decreto di cui in premessa e i motivi dei ritardi lamentati dai beneficiari.
(3-02118)

(19 marzo 2021)

C) Interrogazione

   BALDINI. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 1, comma 597, della legge di bilancio 2021 (che ha modificato il decreto-legge n. 34 del 2019) è stata prevista l'istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (ora la competenza spetta al Ministero del turismo) di una banca di dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi identificati mediante un codice da utilizzare in ogni comunicazione inerente all'offerta e alla promozione dei servizi all'utenza, fermo restando quanto stabilito in materia dalle leggi regionali; in base a tale norma le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono trasmettere al Ministero i dati inerenti alle strutture ricettive e agli immobili con i relativi codici identificativi regionali, ove adottati;

   con decreto del Ministro, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2021, dovranno essere poi stabilite le modalità di realizzazione e di gestione della banca di dati e di acquisizione dei codici identificativi regionali nonché le modalità di accesso alle informazioni che vi sono contenute;

   il 22 marzo 2021 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato definitivamente la riforma della direttiva sulla cooperazione amministrativa (Dac7): in base a tale norma dal 1° gennaio 2023 le piattaforme digitali (anche di locazioni turistiche) saranno obbligate a comunicare in un Paese membro i guadagni online dagli utenti, e i Paesi membri dovranno condividere le informazioni con il Paese in cui il venditore detiene la propria residenza;

   in questo contesto va rimarcato come, per quanto riguarda il quadro regolatorio turistico in Italia, l'attuale frammentazione normativa e non sempre coordinata con gli indirizzi comunitari, crei spesso molta confusione e non disincentivi adeguatamente l'evasione fiscale;

   per fare emergere il mercato sommerso l'intento principale del Governo dovrebbe essere quello di semplificare e armonizzare la normativa attuale, evitando quindi il moltiplicarsi di oneri diversi e ripartizione di competenze tra regioni, comuni e Stato, dando centralità al Ministero del turismo quale ente preposto –:

   quando verrà emanato il decreto attuativo previsto per attivare la banca dati ed il codice identificativo delle strutture ricettive citato in premessa e quali saranno, conseguentemente, le iniziative in materia fiscale rispetto alla condivisione dei dati da parte delle piattaforme digitali con le istituzioni preposte previste dalla direttiva per la cooperazione amministrativa (Dac7) recentemente approvata.
(3-02255)

(10 maggio 2021)
(ex 5-05811 del 21 aprile 2021)

D) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   la legge 30 dicembre 2020, n. 178, articolo 1, comma 289, stanzia ulteriori risorse pari a 180 milioni di euro sul Fondo sociale per occupazione e formazione volte al completamento dei piani di recupero occupazionale nelle aree di crisi industriale complessa, destinate ai trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) e di mobilità in deroga nell'anno 2021;

   la suddetta disposizione recita: «Al fine del completamento dei piani di recupero occupazionale di cui all'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, sono stanziate ulteriori risorse per un importo pari a 180 milioni di euro, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, da ripartire tra le regioni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze»;

   l'articolo 44, comma 11-bis, autorizza un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, previo accordo stipulato in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza del Ministero dello sviluppo economico e della regione;

   le risorse stanziate all'uopo, coperte a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, sono assegnate alle regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che provvede ad una ripartizione proporzionale alle esigenze rappresentate;

   ai sensi dell'articolo 53-ter del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, le risorse finanziarie di cui sopra, come ripartite ai sensi del predetto articolo 44, comma 11-bis, possono essere destinate dalle regioni medesime, nei limiti della parte non utilizzata, alla prosecuzione, senza soluzione di continuità e a prescindere dall'applicazione dei criteri di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, n. 83473 del 10 agosto 2014, del trattamento di mobilità in deroga, per un massimo di dodici mesi, per i lavoratori che operino in un'area di crisi industriale complessa e che risultino beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga;

   con le disposizioni di cui al suddetto comma 289 dell'articolo 1 dell'ultima legge di bilancio, sarebbe da intendersi chiara la volontà di introdurre una semplificazione, accorpando in un'unica disposizione di carattere generale tutti gli interventi susseguitisi nel tempo che fanno riferimento all'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e che hanno ad oggetto la realizzazione di piani di recupero occupazionale nelle aree di crisi industriale complessa;

   al fine di completare i suddetti piani di recupero, autorizzati di anno in anno sulla base di singole disposizioni, la legge di bilancio per il 2021 ha stanziato «ulteriori» risorse aggiuntive da destinare alle finalità dell'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 e dell'articolo 53-ter del decreto-legge n. 50 del 2017, cioè alla concessione di un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, sino al limite massimo di 12 mesi e alla prosecuzione del trattamento di mobilità in deroga, per un massimo di 12 mesi, per i lavoratori di imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa;

   pur in assenza della proroga delle singole misure, è quindi possibile utilizzare le risorse stanziate dalla legge di bilancio per il 2021 per il completamento degli interventi che traggono origine dall'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015;

   ad oggi non è ancora stato definito e pubblicato il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali per la ripartizione tra le regioni delle risorse di cui all'articolo 1, comma 289, della legge 30 dicembre 2020, n. 178;

   l'articolo 1, comma 291, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, modifica l'articolo 1-ter del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, estendendo a tutti i lavoratori della regione Campania l'indennità prevista per i lavoratori delle aree di crisi complessa della regione Campania stessa, e prorogandone, altresì, gli effetti al 2021;

   ad oggi gli effetti di quest'ultima disposizione non hanno sortito effetti, in quanto le suddette indennità non sono ancora state erogate dalla regione Campania, la quale, a quanto consta agli interpellanti, è ancora intenta nell'individuare con le amministrazioni competenti le modalità di erogazione –:

   se sia stato completato l'iter di definizione del decreto ministeriale previsto dalle disposizioni citate in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di un più celere riparto delle risorse in favore dei lavoratori interessati dalle misure di sostegno al reddito.
(2-01139) «Buompane, Villani, Manzo, Adelizzi, Nappi, Gallo, Iorio, Grimaldi».

(17 marzo 2021)

E) Interrogazioni

   MORRONE, BISA, DI MURO, MARCHETTI, PAOLINI, POTENTI, TATEO, TOMASI e TURRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la giunta dell'Unione delle camere penali ha proclamato l'astensione dei penalisti dalle udienze per i giorni 29, 30 e 31 marzo 2021, per protesta contro il malfunzionamento del portale del processo penale telematico;

   con il decreto-legge n. 137 del 2020 (articolo 24), convertito della legge n. 176 del 2020, è stato previsto che, fino alla scadenza del termine dello stato di emergenza, «il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale presso gli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali avviene, esclusivamente mediante deposito dal portale del processo penale telematico». Con il successivo decreto del Ministro della giustizia del 13 gennaio 2021 («Deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19») l'obbligo di deposito in forma esclusivamente telematica è stato esteso all'istanza di opposizione all'archiviazione, alla denuncia (articolo 333 codice di procedura penale), alla querela (articolo 336 codice di procedura penale) e alla relativa procura speciale, alla nomina del difensore e alla rinuncia o revoca del mandato (articolo 107 codice di procedura penale);

   le Camere penali denunciano la farraginosità del sistema del «portale del penale», che altro non è che il «portale delle Procure della Repubblica», un sistema che «nasce già obsoleto, ma soprattutto presenta continui guasti e inconvenienti tecnici, che ne impediscono il funzionamento», mettendo così a rischio il rispetto dei termini processuali e, in definitiva, l'esercizio stesso del diritto di difesa: l'impossibilità di accredito da parte dei difensori; la mancanza di certificazione dell'esito positivo delle operazioni di deposito degli atti; frequente impossibilità di accedere al fascicolo pur dopo il deposito della nomina;

   spesso e sovente a livello locale, i singoli difensori nei diversi procedimenti e le Camere penali territoriali hanno assunto iniziative di protesta, segnalando ai capi degli uffici di procura l'impossibilità di esercitare le prerogative difensive collegate alla fase del procedimento;

   la protesta contro le disfunzioni del portale telematico si accompagna ad una critica radicale che le Camere penali rivolgono al sistema della giustizia penale e alla grave crisi di autorevolezza che sta attraversando la magistratura;

   appaiono inoltre inaccettabili le prese di posizione dei procuratori, che hanno agito a macchia di leopardo: in alcuni casi si è negata l'esistenza del problema, in altri si è attribuito il cattivo funzionamento del meccanismo alla incapacità tecnica degli avvocati. In alcune sedi si è giunti ad autorizzare anche le forme di deposito tradizionale, salvo paventare il concreto rischio di future declaratorie di inammissibilità –:

   quali chiare e concrete iniziative di competenza intenda assumere per risolvere, nel più breve tempo possibile, l'evidente malfunzionamento dei portali, che sta determinando una grave lesione dei diritti dei cittadini sottoposti a procedimento penale e delle persone offese che non vedono garantita la loro rappresentanza e la loro difesa tecnica;

   se il Ministro interrogato non reputi opportuno assumere iniziative per la previsione di un regime che consenta anche di ricorrere al deposito nelle forme tradizionali fino al raggiungimento della completa efficienza del sistema in tutto il territorio nazionale.
(3-02142)

(29 marzo 2021)

   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante «Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19», ha introdotto alcune disposizioni in tema di deposito degli atti processuali penali, anche in deroga alle vigenti regole. Tali previsioni sono essenzialmente contenute nell'articolo 24, che disciplina il deposito in procura di memorie, documenti, richieste, istanze di cui all'articolo 415-bis, comma 3, codice di procedura penale;

   la norma prevede espressamente che tale adempimento «avviene, esclusivamente, mediante deposito dal portale del processo penale telematico»;

   considerato il perdurare dell'emergenza Covid-19, il decreto del Ministro della giustizia del 13 gennaio 2021, pubblicato in Gazzetta ufficiale 21 gennaio 2021, ha stabilito ulteriori modalità eccezionali di deposito degli atti, documenti e istanze e ha ampliato l'elenco individuato dal decreto-legge n. 137 del 2020;

   attualmente, tutti i depositi devono avvenire a cura degli avvocati esclusivamente tramite il portale del processo telematico e con le modalità individuate dal provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia n. 10667 del 4 novembre 2020;

   le nuove modalità telematiche di fruizione del sistema giustizia se, da un lato, rappresentano una riforma auspicata e innovativa, dall'altro, non si sono rivelate esenti da criticità tecnico-operative;

   oltre alle ripetute interruzioni dei servizi informatici, la situazione è aggravata dall'impossibilità di depositare gli atti processuali penali in formato cartaceo, in quanto modalità non riconosciuta dalle norme vigenti in materia;

   al riguardo si segnala una nota emanata l'11 febbraio 2021 dal «Dipartimento Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati» del Ministero della giustizia, con la quale, per consentire l'aggiornamento e il ripristino dei servizi informatici bloccati, è stato disposto che «gli atti urgenti dovranno essere gestiti secondo quanto previsto dall'articolo 8 del decreto ministeriale n. 264 del 2000»;

   l'articolo 8, comma 1, del decreto ministeriale n. 264 del 2000 («Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari») prevede che: «In caso di interruzione del funzionamento del sistema informatico l'ufficio provvede alla ricezione degli atti apponendo su ciascuno di essi la data, l'ora, se richiesta dalla legge o dalla natura dell'atto, e un numero progressivo provvisorio. Gli atti vengono, successivamente inseriti nel sistema informatico secondo l'ordine risultante dalla data e dal numero provvisorio»;

   sono numerose le Associazioni forensi e i consigli dell'ordine che continuano a segnalare il malfunzionamento del portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. Come ha evidenziato l'Associazione italiana giovani avvocati (Aiga) in una lettera del 20 febbraio 2021 alla Ministra Marta Cartabia, tale malfunzionamento «di fatto ci impedisce di svolgere regolarmente l'attività professionale a causa delle continue, prolungate e ripetute interruzioni del servizio»;

   tale situazione compromette gravemente il diritto di difesa costituzionalmente garantito –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per risolvere le problematiche relative al funzionamento del portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia, anche attraverso l'individuazione di appositi fondi del Next Generation EU finalizzati al suo potenziamento, prevedendo sempre un metodo alternativo di deposito degli atti in ogni caso in cui non sia possibile il deposito telematico, in modo da garantire per ogni cittadino l'effettività del diritto di difesa.
(3-02258)

(10 maggio 2021)
(ex 4-08321 del 22 febbraio 2021)

   GAGLIARDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 176 della 2020 ha introdotto l'obbligo del deposito telematico delle memorie di cui all'articolo 415-bis codice di procedura penale. Il decreto del Ministro della giustizia del 13 gennaio 2021 estendeva poi tale procedura obbligatoria al deposito di diversi altri atti propri del procedimento penale, dalla querela sino alla nomina del difensore fiduciario;

   dopo una prima fase di utilizzo, è stato tuttavia riscontrato come il portale del processo telematico non sia ancora tecnicamente idoneo a garantirne il corretto funzionamento. Il sistema, ad oggi, presenta continue anomalie e subisce ripetute sospensioni del servizio che ne rendono praticamente impossibile l'utilizzo;

   oltre a ciò, sono state riscontrate nella struttura diverse criticità, al momento insuperabili. Tra queste, non in via esaustiva, a quanto consta all'interrogante il mancato coordinamento con il mod.21, che comporta l'inaccessibilità al fascicolo da parte del difensore sino al momento di inserimento della nomina (la lavorazione degli atti da parte del personale comporta fisiologicamente un ritardo nella possibilità per il difensore di accedere alla documentazione), la preclusione di utilizzarlo per il deposito di nomine nei procedimenti davanti al giudice di pace, la impossibilità di caricare file di dimensioni superiori a 30 megabyte;

   questi problemi incidono concretamente sul diritto di difesa, comprimendo di fatto i termini processuali: il ritardo nell'accesso, non imputabile al difensore, non viene comunque scorporato dal termine previsto per l'attività difensiva;

   nella pratica, le singole procure stanno affrontando le indicate criticità emanando autonome circolari e contribuendo a predisporre con i locali uffici giudiziari protocolli finalizzati a consentire il deposito di tali atti anche con modalità non telematiche. Tutto questo, oltre che creare una intollerabile forma di «federalismo» processuale e giudiziario, pare stia avvenendo in contrasto con il sistema di gerarchia delle fonti previsto nel nostro ordinamento e senza garanzie sul riconoscimento di tali protocolli;

   non può essere tollerato che il diritto di difesa di un cittadino venga limitato dal malfunzionamento di un portale di deposito degli atti reso obbligatorio senza almeno un periodo di prova. È perciò necessario che il sistema di deposito telematico nel processo penale non permanga obbligatorio sino a quando non sia formato un portale in grado di renderlo effettivo e, nell'attesa, venga garantita ai difensori la possibilità di depositare gli atti di cui alla legge n. 176 del 2020, e successive integrazioni, anche nella forma tradizionale, ovvero mediante il deposito cartaceo in cancelleria –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire, in attesa del corretto funzionamento del processo penale telematico, il pieno diritto di difesa dei soggetti indagati ed imputati nel procedimento penale, anche per il tramite della istituzione di un regime transitorio che sospenda l'obbligatorietà dell'utilizzo del deposito telematico nel processo penale e ripristini alternativamente la facoltà del deposito manuale degli atti in cancelleria.
(3-02261)

(10 maggio 2021)
(ex 4-08392 del 3 marzo 2021)

   VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la giunta dell'Unione delle camere penali ha proclamato l'astensione dei penalisti dalle udienze per i giorni 29, 30 e 31 marzo 2021, per protesta contro il malfunzionamento del portale del processo penale telematico;

   l'articolo 24 del decreto-legge n. 137 del 2020 ha previsto, infatti, che, fino alla scadenza del termine dello stato di emergenza, «il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale presso gli uffici delle procure della repubblica presso i tribunali avviene, esclusivamente, mediante deposito dal portale del processo penale telematico»;

   con il successivo decreto del Ministro della giustizia del 13 gennaio 2021 l'obbligo di deposito in forma esclusivamente telematica è stato esteso all'istanza di opposizione all'archiviazione, alla denuncia, alla querela e alla relativa procura speciale, alla nomina del difensore e alla rinuncia o revoca del mandato;

   in particolare, le Camere penali denunciano la farraginosità del sistema del «portale del penale», che altro non è che il «portale delle Procure della Repubblica», un sistema che «nasce già obsoleto, ma soprattutto presenta continui guasti e inconvenienti tecnici, che ne impediscono il funzionamento», mettendo così a rischio il rispetto dei termini processuali e, in definitiva, l'esercizio stesso del diritto di difesa;

   come si legge nella nota, a livello locale, i singoli difensori e le Camere penali territoriali hanno assunto iniziative di protesta segnalando ai capi degli uffici di procura l'impossibilità di esercitare le prerogative difensive collegate alla fase del procedimento, ma le procure hanno agito a macchia di leopardo: «in alcuni casi si è negata l'esistenza del problema, in altri si è attribuito il cattivo funzionamento del meccanismo alla incapacità tecnica degli avvocati. In alcune sedi si è giunti ad autorizzare anche le forme di deposito tradizionale, salvo paventare il concreto rischio di future declaratorie di inammissibilità»;

   la protesta contro le disfunzioni del portale telematico si accompagna ad una critica radicale che le Camere penali rivolgono al sistema della giustizia penale, dalle strutture fatiscenti alla inadeguatezza dei provvedimenti assunti per l'operatività dei singoli uffici giudiziari, fino alla grave crisi di autorevolezza che sta attraversando la magistratura e di cui il «caso Palamara» è solo la punta dell'iceberg;

   tale situazione dovrebbe concludersi il 30 aprile 2021, termine ultimo ad oggi per le misure di emergenza di contrasto alla pandemia, ma inequivocabili sono gli annunci di provvedimenti di proroga di tutte queste misure e, in generale, di una volontà di digitalizzazione del processo penale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza anche normative, intenda assumere per sanare le disfunzionalità del processo penale telematico, introducendo, almeno fino al raggiungimento della completa efficienza del sistema in tutto il territorio nazionale, un doppio regime che consenta l'accesso anche alle modalità tradizionali di deposito e accesso ai fascicoli, in presenza di un malfunzionamento dei portali.
(3-02256)

(10 maggio 2021)
(ex 4-08575 del 16 marzo 2021)

F) Interrogazioni

   FERRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   gli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie (cosiddetti alternative dispute resolution, Adr) e l'istituto della mediazione civile, in particolare, rappresentano uno strumento fondamentale per l'ammodernamento e la funzionalizzazione del processo civile, con effetti deflattivi che si ripercuotono in un migliore andamento del sistema giurisdizionale nel suo complesso;

   secondo le statistiche del Ministero della giustizia, negli ultimi cinque anni si è registrato un costante aumento delle adesioni e degli accordi raggiunti a seguito della mediazione, a conferma di come i costi più sostenuti da affrontare e i più rapidi tempi di definizione (negli ultimi cinque anni, 126 giorni in media, contro i più di 500 giorni per il solo primo grado di giudizio del processo civile) rappresentino un percorso preferenziale per una platea sempre più ampia di cittadini e imprese;

   nonostante i risultati siano positivi e l'andamento ottimale, l'attuale fase pandemica e l'avvio della fase di rilancio che si avrà con il Recovery plan impongono il rafforzamento e l'efficientamento del sistema-giustizia attraverso il potenziamento delle Adr, anche per non perdere importanti occasioni sul piano degli investimenti;

   nella stessa audizione parlamentare del 15 marzo 2021, la Ministra interrogata sottolineava il «grande potenziale» della mediazione civile e la necessità di estenderne l'applicazione e la sua promozione da parte dello stesso giudice;

   in media solo l'8 per cento del totale delle mediazioni delegate dal giudice ricadono su materie non obbligatorie, anche e per effetto di un sistema di valutazione del magistrato che non tiene debitamente conto delle controversie definite attraverso gli Adr;

   a tal fine, appare urgente aggiornare i criteri di valutazione di professionalità del magistrato, valorizzando l'attivazione della mediazione civile da parte di quest'ultimo, così da evitare che l'Adr infici indirettamente il numero di procedimenti e processi definiti dal giudice e, quindi, indirettamente, la sua valutazione;

   del pari, per le controversie in materia di obbligazioni contrattuali pare utile valutare di portare a regime la previsione dell'articolo 3, comma 6-ter, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, in relazione alla configurazione del preventivo esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda, soprattutto in considerazione degli riflessi economici generati dalla pandemia sui rapporti commerciali e fra privati;

   nell'ottica di potenziare l'istituto andrebbero definite delle best practices, anche tramite linee guida o circolari, per ridurre i flussi del settore civile attraverso la mediazione, prevedendo, ad esempio, l'obbligo di valutare se disporre la mediazione delegata ovvero la condanna al versamento di una somma pari al contributo unificato dovuto dalla parte costituita che non ha partecipato al procedimento di mediazione senza giusto motivo;

   forme di incentivazione fiscale appaiono indispensabili per la rapida implementazione e buona riuscita dell'istituto: in tale ottica, pare ovviare alla mancata attuazione (dal 2011) dell'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che prevede, in favore delle parti che corrispondono l'indennità agli abilitati alla mediazione, un credito d'imposta fino a 500 euro, valutando anche l'innalzamento di predetta soglia –:

   quali iniziative di competenza la Ministra interrogata intenda assumere al fine di estendere, incentivare e implementare l'istituto della mediazione civile, prendendo in considerazione anche gli aspetti di cui in premessa, in un'ottica di rafforzamento del sistema-giustizia e di ammodernamento del Paese sul piano giurisdizionale.
(3-02254)

(10 maggio 2021)
(ex 5-05552 del 23 marzo 2021)

   D'ORSO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la mediazione civile è disciplinata dal decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010. Gli articoli 17 e 20 del citato decreto hanno previsto una serie di esenzioni d'imposta — totali o parziali — e di ulteriori agevolazioni fiscali, sotto forma di credito di imposta, in ogni tipo di procedura di mediazione, nonché una specifica esenzione dal pagamento della indennità dovuta all'organismo di mediazione, per l'attività prestata, nella mediazione a condizione di procedibilità o obbligatoria prevista dall'articolo 5, comma 1, del decreto. Ciò allo scopo di promuovere e incoraggiare, sotto l'aspetto dell'onere economico, la ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia;

   in particolare, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 28 del 2010, «alle parti che corrispondono l'indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d'imposta...». Sempre la stessa disposizione richiama, espressamente, il «Fondo unico giustizia» quale fondo istituito presso il Ministero della giustizia destinato a finanziare le agevolazioni fiscali previste;

   l'articolo 20 prevede poi, al secondo comma, che entro il 30 aprile di ogni anno (a decorrere dal 2011), con decreto del Ministero della giustizia, sia determinato l'ammontare delle risorse a valere sulla quota del Fondo unico di giustizia, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dal credito d'imposta di cui al comma 1 e relativo alle mediazioni concluse nell'anno precedente. La norma prosegue stabilendo che «Con il medesimo decreto è individuato il credito d'imposta effettivamente spettante in relazione all'importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e comunque nei limiti indicati dal comma 1»;

   pare che, fin dall'entrata in vigore del decreto in questione, il credito di imposta per la mediazione di cui all'articolo 20 del decreto citato, ad oggi, non sarebbe concretamente fruibile, in quanto la concessione di siffatto credito relativo alle mediazioni concluse nell'anno precedente presuppone l'adozione di un decreto del Ministero della giustizia che fornisca chiarimenti circa le modalità operative per il relativo utilizzo e ne determini la misura e la copertura finanziaria. Tale decreto pare però non essere ancora stato ancora emanato;

   va considerato che la mediazione civile ha come scopo principale quello di ridurre il numero di nuove controversie giudiziarie, in quanto misura deflattiva che garantisce ai cittadini tempi più veloci, costi certi e vantaggi fiscali –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare per addivenire al più presto — anche attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale come previsto dalla normativa citata — alla soluzione delle criticità sopra esposte che rischiano di far venir meno la finalità propria della mediazione civile, con evidenti ricadute negative in termini di deflazione dei procedimenti civili.
(3-02259)

(10 maggio 2021)
(ex 4-04823 del 26 febbraio 2021)

G) Interrogazione

   DEIDDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Poste Italiane, fin dal 12 marzo 2020, vale a dire in corrispondenza con l'inizio dell'emergenza epidemiologica in atto, da quel che si apprende, avrebbe ridotto l'orario di apertura dei propri sportelli nel comune di Olzai, prevedendo, in particolare, l'apertura per solo tre giorni a settimana, con la presenza di unico impiegato a servizio del pubblico;

   recentemente si è potuto apprendere dagli organi di stampa che il sindaco del medesimo comune ha annunciato di aver diffidato la società al fine di ottenere la riapertura del medesimo sportello per tutti i giorni della settimana;

   appare necessario procedere con il ripristino immediato dell'ordinario orario di apertura dell'unico presidio postale del comune, nonché adottare provvedimenti per il superamento di tutte le ulteriori criticità riscontrate, tra le quali, la mancanza di continuità del personale preposto all'ufficio e l'assenza di uno sportello automatico Atm del circuito Postamat;

   la società Poste italiane ha inteso ricomprendere tra i propri obiettivi primari quello della lotta contro lo spopolamento e il taglio dei servizi nei piccoli comuni, riscuotendo, per questo motivo, un notevole apprezzamento tra tutta la popolazione;

   tali obiettivi sono stati anche sottolineati nell'incontro annuale che Poste Italiane organizza con i sindaci e che, nella medesima occasione, per il 2019, la società prevedeva di: avviare programmi di educazione finanziaria e digitale; dotare i comuni di POS gratuiti per i servizi di pagamento digitale; utilizzare mezzi «green» per il recapito della posta; di installare dei locker nei comuni privi di ufficio postale, al fine di semplificare le operazioni di consegna dei pacchi e il pagamento dei bollettini, nonché di cassette postali smart a tecnologia digitale; attivare servizi di informazione per i cittadini; realizzare nuovi eventi filatelici per meglio valorizzare le tradizioni e le varie realtà del territorio nazionale;

   appare innegabile l'essenzialità ed indispensabilità del servizio offerto da Poste Italiane e che, in particolare, nel periodo attuale, la contrazione degli orari di apertura, determinando una concentrazione del flusso dell'utenza, risulta assolutamente incompatibile con le norme atte ad evitare gli assembramenti –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché sia assicurato un adeguato servizio, in condizioni di sicurezza, e sia dato seguito alle legittime richieste della comunità di Olzai, come anche recentemente ribadite nella nota trasmessa dall'amministrazione comunale.
(3-02062)

(17 febbraio 2021)

H) Interrogazioni

   MONTARULI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito della procedura prevista da decreto-legge «Liquidità», lo scorso anno, il Ministero dell'economia e delle finanze ha dato via libera alla garanzia statale sottoscritta da Sace sul prestito da 6,3 miliardi di euro di Intesa Sanpaolo a Fca, con l'obiettivo di preservare e rafforzare la filiera automotive italiana e a rilanciare gli investimenti, l'innovazione e l'occupazione in un settore strategico per il futuro economico e industriale del Paese;

   Fca, pur avendo sede legale in Olanda e quella fiscale a Londra, sosteneva che il prestito fosse indispensabile per la ripartenza delle produzioni in Italia e la prosecuzione dei principali progetti di investimento negli impianti italiani del gruppo;

   in data 16 gennaio 2021 nasce Stellantis, il quarto costruttore automobilistico al mondo in termini di volumi e fatturato, frutto della fusione tra in gruppi automobilistici Fca e Psa;

   la nuova realtà produttiva, come si può apprendere navigando su una nota piattaforma che mette in correlazione domande e offerte di lavoro, è alla ricerca di numerosi profili professionali, per un totale di circa settecento nuove assunzioni. Tuttavia, tali nuove posizioni, escluse una manciata che riguardano gli stabilimenti di Modena e Torino, sono tutte rivolte all'estero;

   a parere all'interrogante, è inaccettabile che un gruppo produttivo che dall'Italia ha ricevuto molto, delocalizzi quasi interamente all'estero la propria produzione ed avvii un piano strategico per le assunzioni senza alcuna reazione da parte dei rappresentanti del Governo, compromettendo il futuro degli impianti produttivi italiani;

   è necessario che i rappresentanti del Governo riconoscano quanto prima la strategicità del settore automotive per lo sviluppo dell'industria del nostro Paese;

   tuttavia, al momento della fusione il Governo non ha provveduto a richiedere le giuste garanzie occupazionali per l'Italia;

   il sindaco di Torino tardivamente avrebbe scritto al Governo, per chiedere risorse destinate all'automotive, e a Stellantis, benché da parte del gruppo non ci sia nessuna garanzia su investimenti concreti e piani occupazionali per l'Italia –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per evitare che il nostro Paese venga ripetutamente ignorato nei piani di sviluppo dell'ex Fca e del gruppo Stellantis.
(3-02202)

(19 aprile 2021)

   CAIATA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Stellantis nasce dalla fusione tra Psa e Fiat Chrysler Automobiles, dando origine al quarto costruttore automobilistico più importante al mondo con all'interno marchi prestigiosi quali Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Citroën, Dodge, DS, Fiat, Jeep, Lancia, Maserati, Opel, Peugeot e Ram;

   la globalizzazione e l'internazionalizzazione devono essere occasioni di sviluppo e di ottimizzazione del know-how in termini di mercato e tecnologia per l'industria italiana;

   nel caso di Fca – come ebbe già modo di sottolineare lo stesso Marchionne – si è sempre stati consapevoli dell'importanza delle fusioni per affrontare le sfide della mobilità del futuro senza però mai perdere l'identità e la storia dell'auto italiana;

   oggi lo stabilimento di Melfi è la più importante realtà italiana ed europea produttiva della Fca con il suo ricco know-how e le nuove infrastrutture, dove vengono prodotte la Jeep Renegade e la 500X;

   l'industria automobilistica Lucana, la più moderna del settore, a causa delle strategie aziendali della francese Psa che vanta anche la nuova piattaforma eVmp per le elettriche di nuova generazione, si trova costretta a razionalizzare i costi col rischio di ridurre una linea di assemblaggio, anziché puntare ancora di più sull'elettrico;

   la condivisione delle architetture è un pilone portante del nuovo gruppo automobilistico Stellantis che imprimerà una forte accelerazione all'elettrificazione dei marchi targati Fca;

   nella nuova era della mobilità, Melfi vanta – nell'ampia presenza geografica del gruppo Stellantis – una posizione strategica naturale nello scambio commerciale europeo e mondiale, essendo la naturale culla del Mediterraneo;

   lo Stato italiano ha garantito un prestito da 6,3 miliardi di euro erogato ad Fca da Intesa Sanpaolo, allo scopo di garantire i livelli occupazionali degli stabilimenti produttivi – ivi compreso l'indotto che ne deriva – ed un piano industriale che veda la Nazione Italia protagonista europea e mondiale dell'industria dell'auto;

   lo stabilimento di Melfi, oltre ad essere il sito produttivo più importante del gruppo Stellantis, è anche la più importante realtà produttiva industriale lucana con circa 7.000 addetti, che si raddoppiano se si considera l'indotto che ne deriva;

   la continua ed inarrestabile crisi economica a causa della pandemia da COVID-19 ha già dato vita ad una delle peggiori recessioni economiche che l'Italia fronteggerà con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

   il Pnrr potrà essere l'opportunità per investire nella creazione di una rete di rifornimento di colonnine a rapida erogazione elettrica sulla rete autostradale e nei centri urbani, favorendo la mobilità sostenibile e con essa il mercato delle autovetture ibride ed elettriche;

   gli esuberi che deriverebbero dalla eventuale contrazione della produzione automobilistica graverebbero ancora una volta sulle casse dello Stato con il ricorso all'uso prolungato degli ammortizzatori sociali;

   benché il Ceo del nuovo gruppo Stellantis abbia dichiarato che al centro del progetto ci sono le persone, intese sia come dipendenti che come clienti, oggi non ci sono ancora ampie garanzie sul futuro dei cinque stabilimenti italiani nel redigendo piano industriale pur esprimendo il comparto nazionale delle eccellenze;

   per lo stabilimento di Melfi il progetto aziendale Stellantis prevederebbe anche importanti investimenti per l'elettrificazione e la produzione della Compass –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare affinché l'industria automobilistica italiana e con essa lo stabilimento di Melfi – nel redigendo piano industriale del gruppo Stellantis – siano salvaguardati nell'ambito della filiera automotiva mondiale.
(3-02260)

(10 maggio 2021)
(ex 4-08927 del 20 aprile 2021)

I) Interrogazione

   CAON. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha disposto la proroga dello stato di emergenza fino al 30 aprile 2021;

   il documento della Commissione europea – DG Sanità del 20 marzo 2020 ha sollecitato gli Stati ad adottare «Misure per aumentare la disponibilità di prodotti disinfettanti» ed altri misure necessarie a contrastare la diffusione del virus;

   nell'ambito delle misure per la prevenzione e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, ai fini della tutela della salute pubblica, risulta essenziale che gli operatori sanitari e i cittadini abbiano accesso agli strumenti di sanificazione delle superfici e dell'aria, al fine di ridurre la diffusione del virus, i cosiddetti biocidi;

   nella riunione dei rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri per l'attuazione del regolamento (UE) n. 528/2012 relativo alla messa a disposizione sul mercato e all'uso dei biocidi, svoltasi a Bruxelles il 25-26 settembre 2020, è stata indicata e sostenuta la possibilità di concedere proroghe per la messa a disposizione dei biocidi autorizzati ai sensi dell'articolo 55, paragrafo 1, del regolamento medesimo;

   con decreto direttoriale del 7 ottobre 2020, dell'Ufficio I – affari generali e prodotti di interesse sanitario diversi dai dispositivi medici della direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico, era stato dato seguito alla raccomandazione emersa nella citata riunione rinnovando per un periodo di 180 giorni le autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 55, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 528/2012 e prevedendo la riapertura dei termini di presentazione delle richieste di autorizzazione in deroga ex articolo 55, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 528/2012;

   tale decreto era stato adottato nella previsione che lo stato di emergenza terminasse il 15 ottobre 2020 –:

   se non ritenga opportuno, in considerazione dell'emergenza pandemica in atto, attivare le procedure per richiedere alla Commissione europea un ulteriore prolungamento della deroga in atto ai sensi articolo 55, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 528/2012, limitatamente ai biocidi di cui ancora si registri la carenza sul mercato.
(3-02143)

(29 marzo 2021)

L) Interrogazione

   DONZELLI, ROTELLI e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sul sito della trasmissione «Le Iene» è stato annunciato un servizio dal titolo: «Firenze: dosi buttate via e vaccini ad amici, mogli e figli?»;

   con l'inchiesta giornalistica, nata da una segnalazione del consigliere regionale della Toscana Francesco Torselli, si svela la metodologia di somministrazione dei vaccini Covid-19 presso il più grande centro vaccinale della Toscana, il Mandela forum di Firenze;

   in particolare dalle registrazioni e dalle testimonianze audio/video si può constatare che molte dosi vengono buttate a fine giornata e che per non sprecare le dosi da buttare verrebbero vaccinati amici, parenti e amici senza una lista con selezioni in base a criteri di pubblica utilità –:

   se si sia a conoscenza di queste anomalie e se si verifichino solo a Firenze;

   quante siano le dosi fino ad oggi utilizzate e quante persone siano state in realtà vaccinate in tutta Italia dall'inizio della campagna di vaccinazione;

   se si sia pensato a una lista di riserva per somministrare le dosi di vaccino in caso di assenze dei titolari o di avanzi dovuti ad altri fattori;

   se ci siano altre segnalazioni similari pervenute.
(3-02101)

(11 marzo 2021)

MOZIONI IN MATERIA DI INFRASTRUTTURE DIGITALI EFFICIENTI E SICURE PER LA CONSERVAZIONE E L'UTILIZZO DEI DATI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia – allineata con il resto dei Paesi europei – ha avviato già da tempo un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, spesso però fornite da operatori terzi i quali, mettendo a disposizione le loro infrastrutture, diventano indirettamente detentori di dati e informazioni di esclusivo appannaggio delle amministrazioni interessate;

    la costruzione di un e-government «autosufficiente», che veda quale obiettivo principale l'accelerazione dei processi di informatizzazione della pubblica amministrazione, in linea con i principi previsti dall'Agenda digitale sia europea che italiana, dalle Comunicazioni della Commissione europea del 26 settembre 2003 e del 19 aprile 2016, nonché dal Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2020-2022, anche mediante la definizione di un sistema pubblico autonomo nello sviluppo e nell'impiego di tecnologie emergenti, rappresenta un passo fondamentale nella creazione di un più efficiente apparato amministrativo, volto a meglio coniugare l'acquisizione di nuove competenze digitali, con la messa a punto di processi di rafforzamento ed efficientamento dell'azione amministrativa;

    in tale contesto, uno degli aspetti più complessi della trasformazione digitale della pubblica amministrazione è dato certamente dalla gestione della vasta e articolata mole di dati che le pubbliche amministrazioni raccolgono e detengono, troppo spesso non ancora in formato digitale;

    questa può essere definita come un vero e proprio «patrimonio informativo pubblico», composto da diverse tipologie di informazioni che necessitano di essere collocate all'interno di una strategia complessiva mirata alla loro condivisione, valorizzazione e diffusione tra le amministrazioni pubbliche, siano esse centrali o periferiche;

    per realizzare i suddetti obiettivi è necessario che si ceda il passo nella pubblica amministrazione al progresso delle Information and communication technologies (Ict), mediante un approccio istituzionale connotato da modalità di gestione più flessibili ed efficaci rispetto al passato;

    il ricorso alle Ict nel settore pubblico può infatti agevolare e rendere più efficiente l'attività della pubblica amministrazione e l'interscambio di dati tra le sue articolazioni. Difatti, la diffusa mancanza di interoperabilità tra le varie banche dati della pubblica amministrazione, da intendersi come la capacità delle singole componenti del sistema pubblica amministrazione di fare rete tra loro e dialogare in forma automatica, scambiando informazioni e condividendo risorse, provoca un rallentamento notevole nella messa in atto dell'azione amministrativa, nonché un aggravio inutile dei costi che gravano sul bilancio pubblico, arrivando cioè a determinare inefficacia e inefficienza della stessa;

    allo scopo di evitare il protrarsi di questa situazione, è necessaria la creazione di un sistema di infrastrutture di in cloud computing per la raccolta e gestione centralizzata dei dati delle pubbliche amministrazioni, che consenta, mediante l'implementazione delle più moderne tecnologie nel settore pubblico – nel rispetto dei principi della trasparenza, efficienza e tutela dei dati personali, così come richiamati dalla normativa europea e nazionale –, di raccogliere, archiviare, elaborare e trasmettere i dati in possesso delle amministrazioni attraverso un cambio di paradigma basato sullo sviluppo di innovative procedure che le tecnologie digitali consentono;

    il cloud computing, infatti, rappresenta il prerequisito per l'erogazione e la fruizione efficiente di processi e attività come l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di dati, mediante la presenza di servizi diversificati e integrati tra loro, quali i cosiddetti IaaS (Infrastructure as a Service), PaaS (Platform as a Service) e SaaS (Service as a Service), ove la disponibilità dei dati è fornita on demand attraverso la rete telematica internet, a partire da un insieme di risorse preesistenti e configurabili;

    sul mercato, esistono numerosi operatori che già permettono ad amministrazioni e aziende, a costi contenuti, di accedere a simili infrastrutture It, prescindendo dal possesso delle strutture a cui vengono materialmente trasferiti i dati. Ciononostante, non può tralasciarsi la necessità, per la pubblica amministrazione, sia di acquisire maggiori competenze in termini di capacità di gestione diretta di siffatte infrastrutture, che di relazione con i principali player attivi nell'offerta di tale categoria tecnologica. Tali circostanze, inoltre, si sommano a dubbi legati alla sicurezza, alla compliance, alla localizzazione e alla proprietà dei dati, oltre a non lasciare indenne l'amministrazione che si volesse avvalere di tali servizi da eventuali ulteriori rischi quali il «vendor lock-in» – ossia la creazione di un rapporto di dipendenza col fornitore del servizio – o il pericolo che fornitori e/o operatori terzi acquisiscano e usino impropriamente dati pubblici. Infine, a fronte dei citati rischi, perdura l'assenza di una reale garanzia in termini di incremento dell'affidabilità dei sistemi, qualità dei servizi erogati e risparmio di spesa;

    pertanto, solo mediante la creazione di un sistema infrastrutturale cloud di proprietà totalmente pubblica, la cui gestione venga affidata ad un ente pubblico dedicato e/o ad un'azienda pubblica dotata di personale altamente qualificato, sarà possibile far sì che le amministrazioni pubbliche non siano costrette ad avvalersi di fornitori privati per la fruizione di servizi di cloud storaging. Ciò, inoltre, permetterà di innescare sinergie virtuose capaci di coniugare, al contempo, una maggiore efficienza dell'azione pubblica con elevati standard di sicurezza e protezione, così come richiesti dal regolamento generale per la protezione dei dati personali n. 2016/679;

    il «Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2019-2021» ha previsto il censimento del patrimonio Ict delle pubbliche amministrazioni e la procedura di qualificazione dei poli strategici nazionali (Psn). Secondo la circolare n. 1 del 14 giugno 2019 dell'Agenzia per l'Italia digitale per polo strategico nazionale si intende un soggetto titolare dell'insieme di infrastrutture It (centralizzate o distribuite), ad alta disponibilità, di proprietà pubblica, eletto a polo strategico nazionale dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e qualificato da Agid ad entrare ad altre amministrazioni, in maniera continuativa e sistematica, servizi infrastrutturali on-demand, servizi di disaster recovery e business continuity, servizi di gestione della sicurezza It ed assistenza ai fruitori dei servizi erogati. Sulla base dei risultati ottenuti a seguito del censimento dei data center italiani, è emerso che su 1.252 data center censiti, appartenenti a pubbliche amministrazioni centrali e locali, ad aziende sanitarie locali e a università sono solo 35 le strutture candidabili a polo strategico nazionale, 27 sono i data center classificati nel gruppo A ovvero con carenze strutturali o organizzative considerate minori e i restanti 1.190 sono stati classificati nel gruppo B, ossia come infrastrutture che non garantiscono requisiti minimi di affidabilità e sicurezza dal punto di vista infrastrutturale e/o organizzativo o non garantiscono la continuità dei servizi o non rispettano i requisiti per essere classificati nelle due precedenti categorie;

    il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha previsto disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale. In particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei centri per l'elaborazione delle informazioni (ced) destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;

    con riferimento al rafforzamento della digitalizzazione della pubblica amministrazione, il Recovery Plan propone l'obiettivo di razionalizzare e consolidare le infrastrutture digitali esistenti della pubblica amministrazione, promuovendo la diffusione del cloud computing e rafforzando la cybersicurezza, con particolare attenzione all'armonizzazione e all'interoperabilità delle piattaforme e dei servizi di dati. Nello specifico al fine di dotare la pubblica amministrazione di infrastrutture affidabili e di accompagnare le amministrazioni centrali verso una nuova logica di conservazione e utilizzo dei dati e di fornitura di servizi, si prevede l'attuazione di un sistema cloud efficiente e sicuro. L'obiettivo dell'investimento è, dunque, lo sviluppo sul territorio nazionale di un'infrastruttura affidabile, sicura, efficiente sotto il profilo energetico ed economicamente sostenibile per ospitare i sistemi e i dati della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ad adoperarsi affinché venga creato un sistema di raccolta, conservazione e scambio dei dati della pubblica amministrazione, in precedenza classificati meticolosamente in base alla rilevanza e al livello di sicurezza, mediante lo sviluppo di infrastrutture e sistemi di cloud computing di unica proprietà dello Stato, valutando di affidarne la gestione ad un ente pubblico e/o ad un'azienda pubblica, che ne garantisca la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza.
(1-00424) (Nuova formulazione) «Giarrizzo, Elisa Tripodi, Alaimo, Luciano Cantone, Casa, Scerra, Sodano, Sut, Scanu, D'Orso, Saitta, Rizzo, Penna, Berti, Aresta, Brescia, Maurizio Cattoi, Masi, Alemanno».

(24 febbraio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la sovranità digitale è uno dei temi chiave per affrontare le sfide della contemporaneità ed assicurare tutela e protezione ai dati dei cittadini;

    ovunque si è affermata una compiuta consapevolezza sul ruolo e sul valore dei dati personali prodotti dalle pubbliche amministrazioni e fondati sui dati dei cittadini;

    l'Europa, in considerazione dell'assenza di grandi operatori di cloud continentali, ha adottato politiche di sviluppo e di rafforzamento del cloud europeo;

    in Stati come Francia e Germania le politiche del cloud relativamente ai dati dei cittadini sono non a caso nelle mani dei rispettivi Ministri dell'economia e delle finanze, Bruno La Maire e Peter Altmaier, a conferma della considerazione che nei due Paesi riscuote il settore dei dati personali dei cittadini come patrimonio della nazione;

    le legislazioni di alcuni Paesi prevedono l'obbligo per le loro società nazionali operanti in giro per il mondo di garantire l'accesso alle amministrazioni nazionali per ragioni di sicurezza o di interesse nazionale, come nel caso del «Cloud Act» approvato dal Congresso americano nel febbraio 2018;

    in considerazione di tali legislazioni invasive, alcuni Paesi hanno immediatamente aggiornato le proprie normative sul cloud, come nel caso della Francia, che nel maggio del 2018 ha appositamente modificato la propria legge nazionale sul cloud;

    l'Italia ha un enorme ritardo rispetto agli altri Paesi europei e ad altri Paesi avanzati esterni all'Unione europea, disponendo in modo limitato di infrastrutture cloud nazionali dedicate alla raccolta, custodia e trattamento dei dati;

    appaiono a tutt'oggi deboli le politiche pubbliche nazionali di supporto alla creazione di asset nazionali di cloud sin qui adottate dai precedenti Governi;

    le azioni promosse dall'Agenzia per l'Italia digitale in ambito di sviluppo del cloud non hanno risposto alle originarie aspettative, dal momento che hanno tradito gli stessi obiettivi previsti dal primo piano triennale 2017-2019 della stessa Agenzia per l'Italia digitale e, in particolare, non sono riuscite a rendere operativi i poli strategici nazionali ideati per soddisfare la domanda pubblica di cloud da parte di strutture centrali e periferiche della pubblica amministrazione, purtroppo invece oggi obbligate, in conseguenza di tale grave manchevolezza, a rivolgersi necessariamente ai grandi player privati multinazionali che operano sul mercato;

    lo sviluppo di società italiane nel settore del cloud non è solo un fattore di sovranità e tutela dei dati, ma stimola e sostiene la crescita e la diffusione di competenze digitali nel Paese;

    i dati dei cittadini italiani, raccolti e custoditi da pubbliche amministrazioni centrali e locali, a differenza dei dati dei consumatori, devono poter essere affidati a strutture pubbliche e, in caso di insufficienza di queste, a strutture private di nazionalità italiana e con database su territorio italiano;

    la Costituzione stabilisce, all'articolo 117, che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (...)» e, alla lettera r) del secondo comma, specifica che lo Stato ha legislazione esclusiva sul «(...) coordinamento informativo e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale (...)»;

    l'articolo 117, secondo comma, lettera r), indica il contesto per la realizzazione di un cloud nelle mani dello Stato che tuteli e protegga i dati prodotti dai cittadini, ma che li usi in modo intelligente come supporto alle decisioni assunte nell'interesse pubblico, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e di istituirne di nuovi;

    per adottare tutte le misure, le procedure e le metodologie di uso dei dati come supporto intelligente all'assunzione di decisioni sui servizi destinati ai cittadini, che possono pertanto essere di maggior qualità e di minor costo, occorrono organismi centrali competenti e lungimiranti, attenti alle evoluzioni delle tecnologie e rispettosi delle prerogative di tutela e protezione dei dati personali;

    con l'avvio dei nuovi servizi di 5G e in seguito di 6G, al cloud si affiancherà sempre più l'edge computing, che sarà necessario sviluppare in modo decentrato e dislocato territorialmente in linea con l'architettura di rete del 5G e 6G;

    devono essere adottate con tempestività tutte le misure normative necessarie per assicurare una inversione di tendenza;

    nell'ultima Relazione annuale presentata al Parlamento, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza ha rilevato come l'anno della pandemia da COVID-19 sia stato caratterizzato da una minaccia cibernetica sempre più crescente e sofisticata;

    in merito, il Rapporto Clusit sulla sicurezza Ict in Italia e nel mondo ha rilevato come il 2020 abbia registrato il record negativo degli attacchi informatici: a livello globale: sono stati infatti 1.871 gli attacchi gravi di dominio pubblico rilevati nel corso del 2020, ovvero con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell'economia e della geopolitica;

    i dati evidenziano, quindi, un'intensificazione degli attacchi sia in termini qualitativi che quantitativi, complice il contesto della pandemia che ha spinto organizzazioni e professionisti a un rapido ricorso alla digitalizzazione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per istituire un organismo di vigilanza, controllo e gestione delle politiche pubbliche sul cloud e sulla custodia, tutela e protezione dei dati personali raccolti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali;

2) ad adottare iniziative volte a porre tale organismo in condizione di operare e cooperare in sintonia con il Garante per la protezione dei dati personali e con le università italiane che svolgono attività di ricerca in ambito di raccolta e trattamento dei dati in ambito tecnologico e giuridico;

3) a qualificare, nel più breve tempo possibile, la lista dei poli strategici nazionali, da affiancare a Sogei, impartendo precise direttive all'Agenzia per l'Italia digitale, al fine di recuperare le manchevolezze dell'Agenzia sin qui registrate;

4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a valorizzare le strutture pubbliche di cloud oggi gestite dalle locali società in-house pubbliche di molte regioni italiane, perché hanno grandi competenze e perché rappresentano l'interlocuzione naturale per le strutture di pubblica amministrazione che cercano fornitori di cloud nella stessa regione;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a far sì che le aziende private italiane fornitrici di cloud e oggi qualificate come cloud service provider dalle direttive dell'Agenzia per l'Italia digitale operino nelle loro regioni come riferimenti privilegiati di offerta cloud per le strutture di pubblica amministrazione territoriale, affiancando i poli strategici nazionali;

6) nell'ottica di evitare la concentrazione dell'intero patrimonio informativo pubblico in un'unica infrastruttura, con i conseguenti rischi in termini di sicurezza dei dati e dell'infrastruttura stessa, ad assicurare che i dati oggetto di migrazione verso l'infrastruttura unica siano esclusivamente quelli che vengono classificati come critici e strategici, predisponendo a tal fine un'adeguata politica di catalogazione delle informazioni, che consenta di effettuare valutazioni di impatto, di introdurre un'adeguata etichettatura dei dati in possesso delle pubbliche amministrazioni, di operare decisioni sulla dislocazione dei dati sul territorio nazionale e di predisporre un monitoraggio continuo dei dati delle pubbliche amministrazioni;

7) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a tutelare la sovranità digitale e la sicurezza cibernetica, anche attraverso l'istituzione di un'apposita Agenzia, e a migliorare la qualità dell'architettura di sicurezza della nazione, nonché a costituire un'Agenzia per la competitività, al fine di garantire la sicurezza nazionale e incentivare la promozione di tecnologia nazionale, che possa sostenere l'industria nazionale nei processi di produzione di tecnologia avanzata, evitando la dipendenza tecnologica da nazioni ostili;

8) ad adottare tutte le iniziative di competenza nelle sedi europee affinché sia dato seguito agli intendimenti di cui alla dichiarazione congiunta «Building the next generation cloud for businesses and the public sector in the EU», firmata il 15 ottobre 2020 dal Governo italiano e dai Governi di altri 26 Stati europei, assicurando che il progetto per la creazione di un cloud federato europeo (Gaia-X) non sia vanificato attraverso il coinvolgimento di soggetti extra-europei, quali Huawei e Alibaba.
(1-00466) (Nuova formulazione) «Lollobrigida, Meloni, Butti, Mollicone, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

(19 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    l'Agenzia per l'Italia digitale definisce il cloud come «un modello di infrastrutture informatiche che consente di disporre, tramite internet, di un insieme di risorse di calcolo (ad esempio reti, server, storage, applicazioni e servizi) che possono essere rapidamente erogate come un servizio. Questo modello consente di semplificare drasticamente la gestione dei sistemi informativi, trasformando le infrastrutture fisiche in servizi virtuali fruibili in base al consumo di risorse»;

    in Italia i servizi cloud si sono diffusi in tempi abbastanza recenti. La diffusione, all'inizio, è stata condizionata da vari fattori, quali, ad esempio, la dimensione delle aziende e le loro caratteristiche di crescita, la necessità o meno di disporre di dati distribuiti sul territorio, nonché la disponibilità di capacità informatiche interne. Il mercato è però ora in forte crescita, in parte anche in virtù della formidabile spinta venuta, nel 2020, dalla situazione di emergenza scaturita dalla pandemia da COVID-19, che ha richiesto ad aziende e collettività di riorganizzare in modalità «agile» attività e processi. Alla fine del 2020, il 59 per cento delle imprese italiane faceva uso di servizi di cloud computing;

    secondo le stime dell'osservatorio cloud del Politecnico di Milano, nel 2020 il mercato cloud italiano ha raggiunto i 3,34 miliardi di euro, in crescita del 21 per cento rispetto al consuntivo del 2019, pari a 2,77 miliardi di euro. In termini di spesa assoluta i primi tre settori merceologici per rilevanza sono il manifatturiero (24 per cento), il settore bancario (21 per cento) ed il telco/media (15 per cento);

    secondo dati del Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, il 60 per cento del mercato italiano del cloud è fornito da operatori non europei;

    attualmente, il mercato mondiale dei principali fornitori di infrastrutture cloud è dominato da cinque gruppi societari, quattro dei quali (Amazon, Microsoft, Google, Ibm) hanno la sede principale negli Stati Uniti, il quinto, Alibaba, in Cina;

    la spesa aziendale per le infrastrutture cloud sta crescendo rapidamente e gli esperti si attendono che supererà quella per le infrastrutture di information technology tradizionali entro il 2022;

    il potenziamento del cloud computing occupa quindi il ruolo di tematica strategica per l'immediato futuro. L'obiettivo è quello di realizzare un affrancamento dalle soluzioni che oggi poggiano quasi integralmente su infrastrutture messe a disposizione da fornitori internazionali;

    in un'epoca di costante dematerializzazione dei beni e dei servizi, i dati rivestono un valore fondamentale per individui ed imprese, un valore che può essere economico o semplicemente intrinseco, sia che siano personali o non personali (ad esempio: quelli aziendali);

    affidare questi dati ad un cloud provider significa affidare il proprio universo, sia personale che professionale, ad un soggetto terzo;

    occorre anche considerare la nazionalità del cloud provider, poiché questa può comportare la giurisdizione di Paesi terzi e non europei che possono ritenersi autorizzati ad intervenire sulle proprie aziende, anche con riferimento a dati di cittadini europei da esse custoditi in server localizzati in Europa; pertanto, la collocazione fisica dei server non attenua le cogenze derivanti dalla nazionalità del cloud provider. La fattispecie maggiormente diffusa, quella cioè del cloud provider di nazionalità statunitense, richiede di valutare l'applicabilità della legislazione americana e, in particolare, il cosiddetto «Cloud Act», che può variare a seconda degli accordi assunti con i vari Stati europei. Con altre nazionalità e con Paesi la cui normativa appare molto distante da quella europea, ad esempio la Cina, come altri Paesi dell'Asia, il caso appare ancora più complesso e delicato, per cui la raggiungibilità dei dati affidati in cloud deve essere attentamente valutata;

    la preliminare valutazione della normativa e della giurisdizione applicabili costituisce dunque un passaggio necessario ed irrinunciabile, accanto alle considerazioni economiche e tecnologiche. Le incertezze e i rischi risultanti da tale valutazione possono peraltro essere compensati dalla predisposizione di modelli contrattuali e politiche che disciplinino in anticipo ed in dettaglio il comportamento che il cloud provider deve tenere nel caso di provvedimenti di autorità di Paesi terzi, con riferimento all'accessibilità e alla conservazione dei dati;

    la strategia per la riorganizzazione delle infrastrutture digitali del Dipartimento per la trasformazione digitale, in accordo con la strategia europea, rappresenta il fondamento per razionalizzare le risorse, rendere più moderni i servizi pubblici e mettere in sicurezza i dati;

    la strategia opera una distinzione fondamentale tra: infrastrutture che gestiscono servizi strategici, ovvero un ridotto numero di asset tecnologici (server, connettività, reti e altro) che abilitano funzioni essenziali del Paese, come ad esempio la mobilità, l'energia, le telecomunicazioni; tutte le altre infrastrutture gestite dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali che gestiscono la stragrande maggioranza dei servizi, erogati al cittadino o interni agli enti che permettono il funzionamento di servizi comuni;

    il piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, adottato nell'ambito della «strategia per la crescita digitale del Paese», ha previsto una strategia per l'adozione del cloud computing nella pubblica amministrazione che si articola attraverso tre elementi principali:

     a) il principio cloud first secondo il quale le pubbliche amministrazioni devono, in via prioritaria, adottare il paradigma cloud (in particolare i servizi SaaS) prima di qualsiasi altra opzione tecnologica tradizionale, normalmente basata su housing o hosting;

     b) il modello cloud della pubblica amministrazione, cioè il modello strategico che si compone di infrastrutture e servizi qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale sulla base di un insieme di requisiti volti a garantire elevati standard di qualità e sicurezza per la pubblica amministrazione. In funzione di questo modello è stata creata un'apposita piattaforma, il Cloud marketplace dell'Agenzia per l'Italia digitale, che consente di visualizzare la scheda di ogni servizio mettendo in evidenza le caratteristiche, il costo e i livelli di servizio dichiarati dal fornitore. Le pubbliche amministrazioni possono così confrontare servizi analoghi e decidere, in base alle loro esigenze, le soluzioni più adatte;

    il programma di abilitazione al cloud (cloud enablement program), vale a dire l'insieme di attività, risorse, metodologie da mettere in campo per rendere le pubbliche amministrazioni capaci di migrare e mantenere in efficienza i propri servizi informatici (infrastrutture e applicazioni) all'interno del modello cloud della pubblica amministrazione;

    a decorrere dal 1° aprile 2019, le amministrazioni pubbliche possono acquisire esclusivamente servizi IaaS, PaaS e SaaS qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale e pubblicati nel catalogo dei servizi cloud per la pubblica amministrazione qualificati;

    grazie al censimento dei centri di elaborazione dati, trentacinque sono stati individuati come eleggibili a poli strategici nazionali; sarebbe quindi sufficiente federarli e convogliare gli investimenti sull'interoperabilità per ottenere i migliori risultati e salvaguardare gli investimenti che i territori hanno fatto sulle proprie società in house;

    è ormai indifferibile la necessità di provvedere alla creazione di una piattaforma nazionale di cloud storaging, nella quale far confluire tutti i dati e le informazioni disponibili e quotidianamente impiegati dalle amministrazioni pubbliche;

    il fine è duplice: da una parte, evitare che le medesime amministrazioni si rivolgano a fornitori privati di servizi di cloud storaging, evitando così il rischio che gli stessi soggetti privati possano detenere ed eventualmente utilizzare per fini diversi una grande mole di dati (sensibili e no) e, dall'altra, garantire la massima interoperabilità tra le amministrazioni pubbliche nell'accesso e nell'impiego dei dati riconducibili ai cittadini italiani per fini espressamente connessi alle loro attività istituzionali,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta all'istituzione di un sistema telematico nazionale ad architettura distribuita per l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di dati disponibili in remoto a utenti predeterminati e riconoscibili attraverso specifiche caratteristiche, quale una piattaforma basata su più server reali tra loro collegati in cluster, fisicamente collocati presso uno o più data center;

2) ad assumere iniziative di carattere normativo volte ad ampliare le competenze attribuite all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni includendovi: il controllo del corretto funzionamento del sistema cloud e la legittima fruizione dei dati archiviati da parte dei soggetti ad essa titolati; la vigilanza sul rispetto dei protocolli di sicurezza da parte delle amministrazioni pubbliche; la segnalazione alle autorità competenti di eventuali illeciti civili, penali o amministrativi commessi dalle amministrazioni pubbliche, dai privati cittadini e dagli enti commerciali e non commerciali nell'accesso e nell'utilizzo del sistema cloud;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per rafforzare il ruolo dell'Italia sul fronte dell'intelligenza artificiale per quanto riguarda l'offerta formativa delle università italiane e le attività di ricerca, anche in sinergia con attori privati;

4) ad adottare ogni opportuna iniziativa per promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca italiani relativamente a tali tecnologie e a sostenerne le applicazioni rispetto alla produzione industriale e ai servizi civili in imprese consolidate e start up innovative per creare nuovi posti di lavoro per le nuove generazioni.
(1-00467) «Capitanio, Donina, Fogliani, Furgiuele, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan».

(21 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la trasformazione digitale è uno dei driver strategici per lo sviluppo delle moderne economie ed è pertanto essenziale investire nell'evoluzione dei servizi in ottica cloud e di data management;

    per concretizzare l'evoluzione digitale delle attività e dei servizi della pubblica amministrazione italiana è necessario definire un modello operativo di riferimento che assicuri rapidamente l'efficientamento e la messa in sicurezza dei data center della pubblica amministrazione, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio di dati della pubblica amministrazione, la razionalizzazione di costi per lo sviluppo e la manutenzione dei sistemi Ict delle pubbliche amministrazioni;

    secondo il censimento dei data center nazionali curato dall'Agenzia per l'Italia digitale, la stragrande maggioranza dei centri elaborazione dati della pubblica amministrazione non forniscono idonee garanzie di sicurezza, efficienza ed affidabilità;

    l'Italia ha avviato un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, anche alla luce delle recenti modifiche al codice dell'amministrazione digitale operate dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha previsto disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale;

    in particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;

    nell'ambito della missione 1, componente 1, «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA», del Piano nazionale di ripresa e resilienza del 12 gennaio 2021 sono descritti interventi finalizzati a favorire l'adozione e lo sviluppo delle tecnologie cloud nel settore pubblico e, al contempo, a rimuovere gli ostacoli all'utilizzo del cloud da parte della pubblica amministrazione;

    in questo ambito, si prevede lo sviluppo di un cloud nazionale e l'effettiva interoperabilità delle banche dati delle pubbliche amministrazioni, in parallelo e in sinergia con il progetto europeo Gaia-X, dove l'Italia intende avere un ruolo di primo piano. L'investimento mira a favorire l'adozione dei servizi cloud secondo quanto previsto nella strategia cloud first del piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, attraverso lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei data center di tipo B della pubblica amministrazione centrale e il rafforzamento in chiave green dei data center di tipo A candidabili a poli strategici nazionali in base al censimento dell'Agenzia per l'Italia digitale. Si prevede inoltre la realizzazione di un cloud enablement program per favorire l'aggregazione e la migrazione delle pubbliche amministrazioni centrali e locali verso soluzioni cloud e fornire alle stesse pubbliche amministrazioni procedure, metodologie e strumenti di supporto utili a questa transizione;

    come affermato dal Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale nel corso di un'audizione davanti alla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, l'obiettivo del Governo è di assicurare che le amministrazioni vengano aiutate a migrare in cloud diversi a seconda del diverso livello di sensibilità dei dati dei quali dispongono e questo implicherà classificare innanzitutto le tipologie di dati in ultrasensibili, sensibili e ordinari, per garantire scelte che tutelino in maniera appropriata cittadini e amministrazioni, come già fatto da molti altri Paesi. In tal senso, per i dati più sensibili si intende creare un polo strategico nazionale a controllo pubblico, localizzato sul suolo italiano e con garanzie, anche giurisdizionali, elevate. Il polo strategico permetterà di razionalizzare e consolidare molti di quei centri che ad oggi non riescono a garantire standard di sicurezza adeguati, mentre per le tipologie di dati e applicazioni meno sensibili si prevede la possibilità per le amministrazioni di usufruire di efficienti cloud messi a disposizione da operatori di mercato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per definire e attuare un modello di infrastrutture digitali di cloud per le pubbliche amministrazioni centrali e locali basato sulla complementarietà, in funzione della tipologia di dati e della loro rilevanza, tra un sistema di fornitori di servizi di mercato qualificati certificati e un polo strategico nazionale a controllo pubblico;

2) ad adoperarsi affinché la gestione del polo strategico nazionale sia affidata a uno o più soggetti pubblici che ne garantiscano la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza e, in tal modo, a favorire l'interoperabilità tra le banche dati delle pubbliche amministrazioni fruitrici dei servizi del suddetto polo strategico nazionale.
(1-00468) «Bruno Bossio, Serracchiani, Gariglio, Cantini, Delrio, Del Basso De Caro, De Luca, Gualtieri, Madia, Morassut, Pizzetti, Andrea Romano».

(21 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il codice dell'amministrazione digitale (Cad), istituito con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni ha stabilito i principi e le finalità che lo Stato, le regioni, gli enti locali, le società pubbliche e i gestori di servizi pubblici devono perseguire nel percorso di trasformazione digitale della pubblica amministrazione, per assicurare ai cittadini «la disponibilità, la gestione, l'accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale» (articolo 2);

    a tale scopo è stato istituito un ente ad hoc, l'AgID, che «promuove l'innovazione digitale nel Paese e l'utilizzo delle tecnologie digitali nell'organizzazione della pubblica amministrazione e nel rapporto tra questa, i cittadini e le imprese» (articolo 14-bis);

    il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione è il documento di indirizzo strategico, redatto da AgID in collaborazione con il dipartimento per la trasformazione digitale, per guidare la transizione digitale del Paese, finalizzata a favorire lo sviluppo di una società digitale attraverso la digitalizzazione della pubblica amministrazione;

    i principi guida del Piano triennale 2020-2022 stabiliscono che il patrimonio informativo della pubblica amministrazione è un bene fondamentale per lo sviluppo del Paese e deve essere valorizzato e reso disponibile ai cittadini e alle imprese, in forma aperta e interoperabile; le pubbliche amministrazioni devono realizzare servizi primariamente digitali;

    l'infrastruttura digitale rappresenta un bene strategico per il Paese e necessita di un serio processo di implementazione e rafforzamento nell'ottica di costruire una rete unica, gestita e controllata totalmente dallo Stato;

    attualmente il processo di trasformazione digitale dei servizi della pubblica amministrazione vede ancora l'utilizzo di tecnologie e infrastrutture digitali fornite da operatori terzi, che sono detentori di dati e informazioni di esclusiva proprietà delle pubbliche amministrazioni. È necessario dunque che lo Stato costruisca e gestisca direttamente la propria infrastruttura digitale pubblica, unico modo per eliminare i rischi in termini di sicurezza, affidabilità, autonomia e proprietà dei dati. Al riguardo, il Cad sancisce che «al fine di favorire la digitalizzazione della pubblica amministrazione e garantire il necessario coordinamento sul piano tecnico delle varie iniziative di innovazione tecnologica, [...] progettano, realizzano e sviluppano i propri sistemi informatici e servizi digitali» (articolo 13-bis) e prevede «l'adozione di infrastrutture e standard che riducano i costi sostenuti dalle amministrazioni e migliorino i servizi erogati assicurando un adeguato livello di sicurezza informatica» (articolo 14);

    nella transizione digitale della pubblica amministrazione, l'aspetto forse più delicato e complesso è la gestione e condivisione dei dati. In questo contesto, le information communication technology possono svolgere un ruolo importante, snellendo le procedure e aiutando lo scambio di dati. Il problema è cruciale, perché la mancata interconnessione tra le diverse banche dati della pubblica amministrazione rende più lento e farraginoso l'iter burocratico delle pratiche amministrative, senza considerare il costo economico delle inefficienze e i disagi per i cittadini che devono presentare più volte documenti già consegnati ad una pubblica amministrazione;

    il Cad parla di database «di interesse nazionale» (articolo 60), cioè «l'insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è rilevante per lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle altre pubbliche amministrazioni», che deve possedere «le caratteristiche minime di sicurezza, accessibilità e interoperabilità»;

    l'obiettivo del Piano triennale 2020-2022 è favorire la condivisione e il riutilizzo dei dati tra le pubbliche amministrazioni e il riutilizzo da parte di cittadini e imprese, aumentare la qualità dei dati e dei metadati e aumentare la consapevolezza sulle politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico e su una moderna economia dei dati;

    l'importanza strategica del patrimonio informativo pubblico era già stata ribadita nell'articolo 50-quater, che ne prevede la promozione e la valorizzazione, sempre nell'ottica della disponibilità e accessibilità ma anche della massima protezione e sicurezza dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni (articolo 51);

    per accelerare questo processo, è fondamentale avere un sistema di infrastrutture cloud computing al fine di una raccolta, elaborazione e gestione centralizzata dei dati e di una efficiente trasmissione e fruizione dei dati. Soltanto un sistema di infrastrutture cloud pubblico, a gestione totalmente pubblica e con personale qualificato, può emancipare il Paese dalla dipendenza nei confronti degli operatori di mercato e garantire la sicurezza e tutela dei dati personali dei cittadini, come previsto dal regolamento (UE) 679/2016 per la protezione dei dati;

    i principi guida del Piano triennale 2020-2022 stabiliscono che le pubbliche amministrazioni adottano primariamente il paradigma cloud per i loro servizi (cloud first) e devono prediligere l'utilizzo di software con codice sorgente aperto; nel caso di software sviluppato per loro conto, deve essere reso disponibile il codice sorgente (open source);

    un altro aspetto cruciale è la competenza digitale del personale della pubblica amministrazione. Per il colmare il gap digitale, l'articolo 13 del Cad prevede la formazione informatica dei dipendenti pubblici, stabilendo che le pubbliche amministrazioni attuino «politiche di reclutamento e formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione [...] per la transizione alla modalità operativa digitale»;

    il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha apportato modifiche al Cad, stabilendo la realizzazione di un cloud pubblico nazionale. Nello specifico il Titolo III reca misure per il sostegno e la diffusione dell'amministrazione digitale: l'articolo 31 prevede di «semplificare e favorire l'offerta dei servizi in rete della pubblica amministrazione, il lavoro agile e l'uso delle tecnologie digitali»; l'articolo 34 prevede la realizzare della piattaforma digitale nazionale dati (Pdnd) per rendere possibile «l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici»; l'articolo 35 prevede che «al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni [...] garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali», il Governo promuove «lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni (CED)»,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi per lo sviluppo di un cloud completamente pubblico, che preveda la proprietà degli impianti e la gestione degli stessi in mano a soggetti pubblici o a totale partecipazione pubblica;

2) a promuovere la massima fruibilità e condivisione del dato tra le varie pubbliche amministrazioni nell'ottica di erogare i migliori servizi al cittadino, sempre nel rispetto della trasparenza e della privacy e sulla base del principio di accessibilità e semplificazione burocratica;

3) ad investire nella formazione del personale delle pubbliche amministrazioni e ad assumere personale con competenze specifiche in ambito digitale.
(1-00479) «Giuliodori, Colletti, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Corda, Forciniti, Maniero, Paxia, Paolo Nicolò Romano, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Costanzo».

(4 maggio 2021)

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