TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 507 di Giovedì 13 maggio 2021

 
.

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE NORMATIVE A TUTELA DEL PLURALISMO DELLE FONTI DI INFORMAZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    Vivendi S.A. è una società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni. In Italia è il primo azionista di Telecom Italia Mobile (TIM) (23,94 per cento), settimo gruppo economico operante in Italia per fatturato, e detiene una partecipazione rilevante in Mediaset (28,8 per cento), principale operatore radiotelevisivo privato italiano;

    l'articolo 43, comma 11, del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, stabilisce che «le imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10 per cento del sistema medesimo»;

    la delibera 178/17/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni del 18 aprile 2017 ha stabilito che la «posizione della società Vivendi S.A., in ragione delle partecipazioni azionarie detenute nella società Telecom Italia S.p.A. e nella società Mediaset S.p.A., integra una violazione del comma 11 dell'articolo 43», imponendo a Vivendi «di rimuovere la posizione accertata (...) entro il termine di 12 mesi»;

    l'11 aprile 2018 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha preso atto che Vivendi, in ottemperanza alla delibera, ha trasferito alla società indipendente Simon Fiduciaria la titolarità di circa il 19,19 per cento delle azioni di Mediaset;

    la sentenza del 3 settembre 2020 C-719/18 della Corte di giustizia dell'Unione europea si è pronunciata su una serie di questioni pregiudiziali sollevate dal Tar del Lazio nell'ambito del giudizio proposto da Vivendi contro la citata delibera 178/17/CONS, dichiarando che l'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che disciplina la libertà di stabilimento nel mercato interno, osta a una normativa nazionale, quale quella sottesa alla citata decisione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

    con la sentenza n. 13958/2020 del 16 dicembre 2020, il Tar del Lazio ha conseguentemente annullato la delibera 178/17/CONS perché basata sull'articolo 43, comma 11, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 – Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar), ritenuto dalla citata sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea parzialmente incompatibile con il diritto comunitario;

    con la sua sentenza, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha potenzialmente smantellato l'intero impianto normativo nazionale a tutela del pluralismo informativo, così come concepito dal legislatore italiano e disciplinato dall'articolo 43 del citato Testo unico;

    gli effetti della pronuncia del giudice europeo possono avere impatti sull'intero sistema delle comunicazioni, prestandosi a possibili interventi strumentali da parte dei più importanti operatori, anche internazionali, sia nel settore delle telecomunicazioni, sia in quello dei servizi media audiovisivi, esponendo l'informazione e l'intera economia italiana a possibili scorrerie che potrebbero ricomprendere anche il settore dei giornali disciplinato per la tutela del pluralismo informativo dallo stesso articolo 43 del Testo unico; un'alterazione delle strutture e del funzionamento dei diversi comparti della comunicazione che finirebbe per non essere sottoposta al sistema dei controlli e dei divieti previsti dalla vigente normativa a tutela di valori e di principi fondamentali per il nostro ordinamento;

    la stessa sentenza non ha però escluso la possibilità di una normativa nazionale a tutela del pluralismo a condizione che detta influenza sia determinata in concreto, evidenziando che comunque possono realizzarsi situazioni suscettibili di dar luogo a «un'influenza tale da pregiudicare il pluralismo dei media»;

    a tal fine, in attesa di una riforma organica del Tusmar in sede di recepimento della direttiva (UE 2018/1808) sui servizi media audiovisivi, il legislatore ha approvato l'articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 7 ottobre 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2020 n. 159, in cui è prevista una norma transitoria della durata di sei mesi in cui è stabilito che «nel caso in cui un soggetto operi contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel sistema integrato delle comunicazioni (SIC), anche attraverso partecipazioni in grado di determinare un'influenza notevole ai sensi dell'articolo 2359 del Codice Civile, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è tenuta ad avviare un'istruttoria, da concludere entro il termine di sei mesi dalla data di avvio del procedimento, volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo, sulla base dei criteri previamente individuati, tenendo conto, fra l'altro, dei ricavi, delle barriere all'ingresso, nonché del livello di concorrenza nei mercati coinvolti, adottando eventualmente, i provvedimenti di cui all'articolo 43, comma 5, del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, per inibire l'operazione o rimuovere gli effetti»;

    si tratta di un primo intervento normativo urgente – di portata però transitoria e limitata nel tempo a soli sei mesi – volto a ripristinare lo status di certezza giuridica legato alla tutela del pluralismo informativo, assicurato, sino alla pronuncia in esame, dall'articolo 43 del Tusmar, tenendo altresì conto che in Italia vi è costante giurisprudenza costituzionale che ritiene necessario porre limiti a tutela del pluralismo, considerato un valore fondamentale e primario del nostro ordinamento;

    con la delibera 662/20/CONS del 15 dicembre 2020, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in ragione delle partecipazioni azionarie detenute dalla società Vivendi S.A. nella società Telecom Italia S.p.A. e nelle società Mediaset S.p.A., ha avviato un procedimento finalizzato alle verifiche di cui al citato articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 2020 ipotizzando anche un'eventuale adozione di provvedimenti di cui all'articolo 43, comma 5, del Tusmar. Oltre a tale procedimento l'Autorità ha avviato istruttorie anche per valutare le situazioni relative a Sky Italian Holding (delibera 663/20 del 15 dicembre 2020), Fininvest S.p.A./Mediaset S.p.A. (delibera 107/21/CONS del 31 marzo 2021) e Telecom Italia S.p.A. (delibera 108/21/CONS del 31 marzo 2021). Dette istruttorie risultano essere in corso;

    la norma transitoria prevista dall'articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 2020 è ormai prossima alla scadenza e, considerata la tempistica per il recepimento della direttiva Avms, (aggiornata dalla direttiva UE 2018/1808 e recepita dalla legge di delegazione europea approvata in via definitiva dal Senato il 21 aprile 2021) non ci sono i tempi per un intervento legislativo in tale ambito. È quindi improcrastinabile un intervento urgente del legislatore, considerato che in un futuro prossimo i principali soggetti regolati (TLC e Media) avranno l'occasione di concorrere per prendere parte a importanti scelte strategiche aventi un sicuro impatto sull'evoluzione tecnologica del Paese (su tutte, l'infrastruttura della rete unica in fibra ottica attualmente in discussione). Senza tralasciare il tema del peso dei grandi Ott multinazionali sui contenuti di informazione con le conseguenti ricadute sul pluralismo dei media anche in termini di colonizzazione culturale e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale ed europea;

    va peraltro considerato che con il recente decreto-legge 23 aprile 2020, n. 23, convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, è stata estesa l'operatività dei poteri speciali del Governo a tutti i settori strategici individuati dall'articolo 4 del regolamento n. 2019/452/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea, ricomprendendovi anche il settore indicato in detto regolamento alla lettera «e) libertà e pluralismo dei media»,

impegna il Governo:

1) ad adottare con urgenza le iniziative legislative necessarie per evitare un vuoto normativo su un principio cardine della democrazia che è quello del pluralismo delle fonti di informazione, costituzionalmente garantito;

2) a considerare in dette iniziative legislative le mutate condizioni di mercato con la presenza sempre più rilevante delle diverse piattaforme multinazionali;

3) a porre in essere tutte le iniziative legislative volte a scongiurare il rischio di colonizzazione culturale straniera e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale;

4) ad accelerare, come da delega al Governo, il riordino del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici attraverso l'emanazione di un nuovo Testo unico dei servizi di media digitali, da adottare, come già previsto, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
(1-00391) (Nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Butti, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(20 ottobre 2020)

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser