FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                Capo II
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                Capo III
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                Capo IV
                        Articolo 15
                        Articolo 16
                        Articolo 17
                        Articolo 18
                        Articolo 19
                        Articolo 20
                        Articolo 21
                Capo V
                        Articolo 22
                        Articolo 23
                Capo VI
                        Articolo 24
                        Articolo 25
                        Articolo 26
                        Articolo 27
                        Articolo 28
                        Articolo 29
                        Articolo 30
                        Articolo 31
                        Articolo 32
                        Articolo 33
                        Articolo 34
                        Articolo 35
                        Articolo 36

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1356

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
PELLA, OCCHIUTO, ZANGRILLO, ROSATO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BERGAMINI, BOND, CAPPELLACCI, CASCIELLO, CASSINELLI, MARCO DI MAIO, FERRAIOLI, FIORINI, GAGLIARDI, MILANATO, NAPOLI, NOVELLI, PASTORINO, PENTANGELO, PETTARIN, PITTALIS, PORCHIETTO, RIPANI, ROSSO, RUFFINO, PAOLO RUSSO, SACCANI JOTTI, SILLI, SORTE, VIETINA

Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre disposizioni in materia di status e funzioni degli amministratori locali, di semplificazione dell'attività amministrativa e di finanza locale

Presentata il 9 novembre 2018

  Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge ripropone il testo elaborato dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e sottoscritto da tutti i sindaci dei comuni capoluogo e da più di duemila sindaci di città medio-piccole. Essa si pone l'obiettivo di «liberare» i sindaci e gli amministratori locali da tutti gli ostacoli che impediscono un'attività continuativa e regolare durante il loro mandato e che, soprattutto, li impegnano in attività e compiti anacronistici.

Disposizioni in materia di status e funzioni degli amministratori locali.

  I sindaci chiedono soltanto che sia democraticamente assicurata parità di condizioni nell'accesso a tutte le cariche elettive e che sia garantito il pieno diritto di elettorato passivo, superando una disciplina anacronistica che li rende diseguali rispetto, ad esempio, ai presidenti delle regioni.
  Nel nostro ordinamento si sono stratificati norme e obblighi risalenti nel tempo, che non rispondono in alcun modo al ruolo dei sindaci, alla complessità delle funzioni assegnate ai comuni e alla stessa evoluzione della pubblica amministrazione in generale.
  È giunto il tempo di fare ordine, dando coerenza e adeguatezza al sistema.
  Ad esempio, che c'entra il sindaco con l'ordine di sequestro di merce avariate? Che c'entra il sindaco con l'autorizzazione dei trattamenti sanitari obbligatori, posto che è già stato accertato e dunque ritenuto necessario da chi è tecnicamente competente?
  Il paradosso è questo: oggi i nostri sindaci sono chiamati a compiere atti puntuali di varia natura, aventi carattere squisitamente tecnico, dei quali eventualmente rispondono, e invece non hanno poteri di programmazione rispetto ad alcuni temi.
  Allo stesso tempo i sindaci rispondono direttamente degli effetti di atti di gestione compiuti dai dirigenti, nonostante la vigenza del principio di separazione fra indirizzo politico e gestione.
  Ad esempio, che c'entra il sindaco con l'assegnazione di una causa a un avvocato scelto in autonomia dal dirigente? Che c'entra il sindaco con il rilascio di una concessione di occupazione di suolo pubblico eventualmente illegittima?

Disposizioni in materia di semplificazione dell'attività amministrativa.

  La proposta di legge mira, inoltre, a introdurre misure di semplificazione amministrativa e ordinamentale che servano a sostenere i processi di crescita socio-economica. Peraltro, in un'era caratterizzata dall'utilizzo di tecnologie talmente evolute da non essere addirittura necessario un luogo fisico come contenitore di dati, nonché dall'evoluzione del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 (CAD), si è voluto affermare il principio fondamentale per cui non può essere richiesta ai comuni qualsiasi rilevazione, comunicazione o rendicontazione già in possesso di altre pubbliche amministrazioni.
  Base di partenza dell'idea e del ragionamento è stato il decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, che aveva la finalità di ridurre gli oneri a carico di cittadini e imprese nell'avvio di attività economiche. Ora crediamo sia arrivato il tempo di ridurre le incombenze a carico dei comuni al fine di liberare energie e di orientarle verso obiettivi di mandato e verso i servizi ai cittadini.
  Perché il comune deve comunicare i dati relativi alla spesa di personale alla Corte dei conti, al Dipartimento della funzione pubblica e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e poi pubblicare gli stessi dati – ma in formati diversi – nel proprio sito internet?
  Solo a titolo esemplificativo, ricordiamo come sia stato stimato che per 44 dati la cui pubblicazione è obbligatoria esiste già un concomitante obbligo di comunicazione a una o più altre amministrazioni.
  Si può stimare che ogni comune (indipendentemente dalla classe demografica) è oggi obbligato a tenere aggiornate tra 100 e 150 informazioni e comunicazioni, a cadenze diverse, verso più pubbliche amministrazioni.
  Per poter assumere personale occorrono 16 adempimenti preventivi e verifiche finanziarie. Gli adempimenti diventano circa 50 prima di poter approvare il bilancio annuale di previsione.
  Inoltre, l'accesso a tutte le banche di dati delle pubbliche amministrazioni deve essere gratuito per i comuni nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali.

Disposizioni in materia di semplificazione amministrativa.

  Bisogna liberare i dipendenti dei comuni da procedure e adempimenti interni meramente formali per consentire di utilizzare tempo e risorse per far funzionare più rapidamente la macchina comunale. Solo a titolo esemplificativo, abbiamo stimato che, per approvare un bilancio di previsione, occorrono oggi circa 50 verifiche e adempimenti contabili. Pertanto, abbiamo previsto l'abolizione di adempimenti contabili obsoleti e superflui, modifiche alle competenze del consiglio comunale ormai superate da norme successive al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), e una riforma omogenea e razionale della disciplina di nomina dei revisori dei conti.

Disposizioni in materia di piccoli comuni.

  Non è pensabile che un comune con mille abitanti abbia le stesse regole di un comune con centomila abitanti. Vanno adottate norme che differenziano gli adempimenti a carico dei piccoli comuni che hanno personale insufficiente o non adeguatamente formato per poter assolvere a tutti i compiti assegnati.
  Ad esempio, il sindaco di un piccolo comune, spesso con un solo dipendente, deve approvare il documento unico di programmazione e una lunga serie di allegati al bilancio di previsione: dal «prospetto esplicativo del risultato di amministrazione presunto» al «prospetto dimostrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento». Nel progetto di legge proponiamo semplificazioni che tengano conto della specificità dei comuni minori e soprattutto dell'utilità pressoché nulla per la collettività derivante dagli adempimenti, ad esempio, in materia di contabilità economico-patrimoniale.

Disposizioni in materia di limiti di spesa.

  Semplifichiamo e abroghiamo le norme che davvero non hanno alcun legame con la virtuosità degli enti.
  I comuni sono soggetti a vincoli risalenti a quasi dieci anni fa su voci di spesa essenziali per far funzionare la struttura amministrativa e attuare le riforme.
  Ad esempio, i comuni stanno attuando: il nuovo sistema contabile, il nuovo codice degli appalti, il nuovo regolamento edilizio, la segnalazione certificata di inizio attività, la nuova conferenza di servizi, l'agenda digitale, la trasparenza, la riservatezza dei dati personali, la nuova forma del Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici (cosiddetto «SIOPE plus»), i fabbisogni standard, la contabilità economico-patrimoniale, la razionalizzazione delle società, la riforma del pubblico impiego e della valutazione del personale, il reddito di inclusione. E questa è solo una parte del diluvio di nuove norme che ricade su personale anziano e in numero assai ridotto e che, per di più, non si può riqualificare e formare perché oggi non si può spendere più del 50 per cento dell'importo speso nel 2009.

Disposizioni in materia di finanza locale.

  Semplifichiamo le norme che riguardano le modalità e le procedure della riscossione da parte dei comuni e stabiliamo che alcune entrate spettanti ai comuni cessino di essere aleatorie e discontinue (ad esempio, l'addizionale sui diritti aeroportuali).
  La proposta di legge si compone di trentasei articoli ed è così suddivisa: il capo I riguarda le disposizioni in materia di status e funzioni degli amministratori locali; il capo II contiene le disposizioni in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi; il capo III reca disposizioni in materia di semplificazione dell'attività amministrativa; nel capo IV sono raccolte le disposizioni riguardanti i piccoli comuni; il capo V riguarda le disposizioni in materia di limiti di spesa; il capo VI, infine, è dedicato alle disposizioni in materia di finanza locale.

Capo I – Disposizioni in materia di status e funzioni degli amministratori locali (articoli 1-7).

  L'articolo 1 ha la finalità di eliminare il divieto della candidatura a parlamentare per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, contenuto nell'articolo 7, primo comma, lettera c), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957. Tale norma è lesiva nei confronti degli amministratori locali in quanto impedisce la prosecuzione delle attività relative al perseguimento degli obiettivi di mandato e mina la continuità dell'esercizio delle funzioni politico-amministrative e il buon andamento dell'azione amministrativa. Inoltre, l'articolo 7 sembra altresì ledere sia il diritto fondamentale di elettorato attivo e passivo per i cittadini italiani, previsto dall'articolo 48 della Costituzione, sia l'articolo 114 della Costituzione, che sancisce il principio di equiordinazione fra i livelli di governo e fra gli organi di governo che li rappresentano, essendo causa di ineleggibilità prevista solo per i sindaci.
  Pertanto, si prevede l'abrogazione della norma che dichiara ineleggibili a parlamentari i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti; si sopprime la norma che attualmente prevede che l'accettazione della candidatura comporti immediatamente la decadenza della carica elettiva ricoperta; si evita il commissariamento del comune nel caso di accettazione della candidatura alla carica di parlamentare da parte del sindaco e si consente al vice sindaco di assicurare continuità all'azione amministrativa dell'ente fino alle nuove elezioni; infine, si stabilisce che non può ricoprire la carica di sindaco colui che ricopre la carica di deputato o di senatore.
  L'articolo 2 reca disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità al fine di risolvere alcune criticità emerse nel corso del tempo a seguito dell'adozione di provvedimenti normativi contrastanti tra loro con particolare riguardo al conferimento di incarichi. In particolare si vuole consentire di esercitare pienamente il diritto costituzionale all'elettorato passivo senza che ciò pregiudichi, al contempo, la possibilità di ricoprire incarichi dirigenziali che molto spesso, oltre a dare riconoscimenti professionali, costituiscono un'importante risorsa economica per l'amministratore.
  L'articolo 3 concerne la problematica interpretativa sorta recentemente in merito al comma 2 dell'articolo 86 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), inerente alla corresponsione del trattamento contributivo anche a favore degli amministratori che sono lavoratori autonomi. La ratio della norma – come ben sottolineato dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Puglia, con parere n. 57 del 27 marzo 2013 – è quella di garantire che lo svolgimento del mandato elettorale non incida negativamente sulla posizione contributiva e previdenziale dei lavoratori non dipendenti chiamati a rivestire la carica di pubblico amministratore, analogamente a quanto previsto dal comma 1 dello stesso articolo per i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato collocati in aspettativa. Tale disposizione nasce dal presupposto che l'assunzione di cariche pubbliche particolarmente impegnative incide inevitabilmente sullo svolgimento di una professione autonoma, con ripercussioni prevedibili sul reddito e sulla capacità contributiva per il periodo di svolgimento del mandato. Per tali motivi l'ordinamento ha previsto il versamento di una quota forfetaria minima di oneri previdenziali da parte dell'amministrazione locale per gli amministratori che siano lavoratori autonomi, i quali, a differenza dei lavoratori dipendenti, non hanno la possibilità di porsi in aspettativa e difficilmente possono sospendere completamente l'attività professionale senza evidenti ripercussioni.
  L'articolo 4 si propone di dare coerenza sistematica alla disciplina in materia di status degli amministratori, garantendo anche ai componenti degli organi istituzionali delle unioni di comuni il diritto ai permessi retribuiti, al rimborso degli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e ai rimborsi di spese previste dal TUEL. Infatti, anche per gli amministratori delle unioni il principio della gratuità non può superare il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni locali a esercitare il proprio mandato disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari. I predetti oneri restano a carico dell'unione, a valere sulle risorse finanziarie proprie.
  L'articolo 5 introduce il principio, già contenuto come principio di delega nella legge n. 124 del 2015 (riforma Madia), della distinzione netta tra la responsabilità amministrativo-contabile dei dirigenti e quella politico-istituzionale degli amministratori locali, in coerenza con il vigente assetto ordinamentale in materia, che assegna la responsabilità dell'attività gestionale in via esclusiva ai dirigenti.
  L'articolo 6 abroga una serie di norme anacronistiche. L'ANCI ha avviato, infatti, una ricognizione di norme che attribuiscono al sindaco, in diversi settori, funzioni anacronistiche e incoerenti con l'assetto ordinamentale vigente.
  In particolare si sopprime la competenza del sindaco sui trattamenti sanitari obbligatori (TSO). La norma della quale si propone l'abrogazione prevede che il sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale, disponga con provvedimento gli accertamenti e i TSO, su proposta motivata di un medico. I successivi articoli 3, 4 e 5 della legge n. 180 del 1978 dettagliano la procedura del TSO.
  Si elimina altresì la competenza del sindaco in materia di vigilanza sulla produzione e sulla vendita di alimenti e bevande, compresi il sequestro e la distruzione di merci alimentari avariate, lasciandola affidata, a livello locale, alla sola azienda sanitaria locale. A questo fine il Governo è incaricato di modificare l'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, che individua le autorità sanitarie competenti per la vigilanza, conferendo tale competenza all'azienda sanitaria locale.
  Si elimina la competenza, attualmente attribuita anche al sindaco, sulle ordinanze in materia di polizia veterinaria. In particolare, con la modifica richiesta, tali ordinanze, di carattere contingibile e urgente, restano assegnate solo al presidente della giunta regionale.
  Infine, si attribuiscono solo alle aziende sanitarie locali la gestione dell'anagrafe canina e i relativi compiti.
  L'articolo 7 risolve la disparità di trattamento dei consiglieri metropolitani rispetto agli altri amministratori di cui all'articolo 79 del TUEL e all'articolo 1, comma 24, della legge n. 56 del 2014 (legge Delrio) relativamente a permessi di lavoro retribuiti e rimborsi di spese.

Capo II – Disposizioni in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi (articoli 8-11).

  L'articolo 8 prevede, al comma 1, l'abolizione delle comunicazioni multiple dei dati, stabilendo un principio fondamentale e cioè che è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di chiedere ai comuni e alle città metropolitane la trasmissione di comunicazioni e dati già in possesso delle stesse. La norma stabilisce, altresì, al comma 2, che la trasmissione dei dati di cui all'articolo 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190, assolve ogni ulteriore adempimento e obbligo di comunicazione sugli stessi. Infine, al comma 3, la norma stabilisce la gratuità di accesso alle banche dati pubbliche da parte dei comuni e delle città metropolitane. Tale principio, già sancito dall'articolo 50, comma 2, del CAD, è stato recentemente ribadito dall'Avvocatura generale dello Stato e stabilisce che qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l'utilizzazione del dato stesso è necessaria allo svolgimento di compiti istituzionali dell'amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest'ultima.
  L'articolo 9 riguarda specificamente l'eliminazione delle comunicazioni e dei dati inerenti al conto annuale del personale qualora gli stessi siano già pubblicati nella sezione Amministrazione trasparente del sito internet istituzionale. Con decreto interministeriale si provvede alla redazione di un modello uniforme per la rilevazione dei dati del personale.
  Va detto, infatti, che l'obiettivo del decreto legislativo n. 33 del 2013 è quello di rendere maggiormente fruibile il dato e conoscibile l'azione della pubblica amministrazione da parte del cittadino e dunque un maggior controllo da parte dei cittadini, e che, in materia di personale, esiste una sovrapposizione di dati da pubblicare che non raggiunge il suddetto obiettivo, anzi rischia di generare confusione.
  L'articolo 10 si prefigge di semplificare le comunicazioni obbligatorie gravanti sugli enti locali. La norma proposta interviene sulla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP). Nella stessa, infatti, confluiscono i dati contabili relativi al bilancio di previsione e al rendiconto della gestione, al bilancio consolidato, compresi i relativi allegati, al piano degli indicatori e ai risultati attesi di bilancio, secondo gli schemi di bilancio armonizzati delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi strumentali. In un'ottica di semplificazione degli oneri informativi, la norma dispone che la BDAP costituisca l'unico canale di rilevazione delle informazioni e dei dati contabili degli enti territoriali. Viene pertanto esclusa la possibilità di richiedere agli enti territoriali informazioni già rilevate tramite la BDAP, alla quale devono rivolgersi – come previsto dalle norme in materia – le istituzioni nazionali per il soddisfacimento delle proprie esigenze informative; si prevede, inoltre, un intervento governativo finalizzato a ricondurre in un unico sistema di rilevazione dei dati le esigenze di informazione ricorrenti di natura diversa, prevalentemente extra-contabili, eliminando ulteriori rischi di duplicazioni e appesantimenti burocratici, attraverso l'acquisizione alla BDAP anche di questo complesso di informazioni. Per tale ragione si propone l'eliminazione dell'obbligo di pubblicazione dei bilanci delle aziende speciali e delle istituzioni previsto dall'articolo 114, comma 5-bis, del TUEL.
  L'articolo 11 dispone l'abolizione di alcuni adempimenti contabili a carico degli enti locali, ritenuti superflui. In particolare, la disposizione che si propone di abrogare alla lettera a) prevede la trasmissione al Ministero dell'economia e delle finanze, da parte dei comuni, di una situazione riepilogativa (riferita all'anno precedente) della gestione dell'imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni. Si ritiene che tale obbligo sia diventato superfluo alla luce della reperibilità del dato richiesto in altri strumenti contabili, come ad esempio il SIOPE e il certificato del conto consuntivo.
  La stessa considerazione circa l'inutilità dell'adempimento richiesto ai comuni vale per ciò che riguarda la comunicazione all'ANCI/CNC (oggi IFEL) dei dati relativi ai versamenti effettuati dai contribuenti, a titolo di imposta municipale propria (IMU), sanzioni e interessi, eliminata dalla lettera b). Tale obbligo risulta infatti superato tanto dalla normativa quanto dalla prassi di reperimento del dato in altre fonti contabili.

Capo III – Disposizioni in materia di semplificazione dell'attività amministrativa (articoli 12-14).

  L'articolo 12 interviene con modifiche al TUEL in materia di competenze del consiglio comunale. In particolare, si modifica l'articolo 42 del TUEL in materia di attribuzioni dei consigli comunali, al fine di adeguare le competenze dei consigli comunali alla normativa introdotta successivamente, eliminando la competenza del consiglio in materia di criteri per l'organizzazione degli uffici e servizi.
  La successiva modifica ha lo scopo di semplificare e accelerare i procedimenti di riconoscimento dei debiti fuori bilancio. Infatti, si tratta molto spesso di fattispecie risalenti nel tempo, riferite a periodi antecedenti a quelli del mandato amministrativo dei consiglieri comunali che sono chiamati a riconoscere tali spese.
  L'articolo 13 si propone di rivedere e semplificare l'attuale disciplina in materia di nomina dei revisori dei conti che, seppur recentemente rivista, necessita ancora di alcuni piccoli significativi aggiustamenti. In particolare, la prima modifica proposta è necessaria perché la normativa attuale prevede che i revisori dei conti degli enti locali vengano estratti a sorte da un elenco regionale istituito ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 15 febbraio 2012, n. 23 (articolo 1). Tale modalità di scelta, che incide sull'auto-organizzazione degli enti territoriali, costituzionalmente protetta, se nei suoi intendimenti originari mirava alla salvaguardia dell'autonomia dei revisori, ha invece determinato, in molti casi, situazioni di scarsa collaborazione (a volte ostativa al normale dispiegarsi dei compiti istituzionali primari dell'ente). Non è invece inconsueto, nell'ordinamento vigente, che nella composizione di collegi o di altri organismi lato sensu di controllo vi siano designazioni provenienti da più ambiti, proprio per assicurare una dialettica all'interno del collegio, unico elemento in grado di far raggiungere appropriate sintesi. Per tutti, valga l'esempio della composizione delle sezioni centrali o regionali di controllo della Corte dei conti, in cui è previsto, quanto alle prime, la minoritaria presenza di magistrati designati dal Governo (prevista già a partire dall'articolo 7 del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214) e, quanto alle seconde, la presenza di un magistrato designato dalle regioni e dai Consigli delle autonomie locali (legge 5 giugno 2003, n. 131).
  Sulla base di ciò, si propone che il solo presidente del collegio dei revisori venga direttamente eletto dal consiglio comunale, provinciale o metropolitano.
  L'ulteriore modifica proposta è necessaria poiché l'attuale normativa prevede che gli elenchi dei revisori dei conti degli enti locali si formino su base regionale. Tuttavia, spesso (in caso di regioni molto estese) tale criterio non assicura la tempestività di intervento, mentre può determinare anche elevati costi di trasferta (che non possono eccedere la metà del compenso spettante, ai sensi dell'articolo 241, comma 6-bis, del TUEL). Pertanto, si ritiene opportuno che tale ambito sia limitato alla sola provincia di residenza dei revisori dei conti.
  Infine, si interviene sull'attuale normativa che prevede che al termine del mandato non sia possibile procedere al rinnovo del collegio dei revisori. Tuttavia, soprattutto nei casi di maggiore complessità degli enti locali, la possibilità di rinnovo del collegio dei revisori potrebbe garantire continuità nell'azione amministrativa.
  L'articolo 14 ha la finalità di fornire ai sindaci dei comuni capoluogo e delle città metropolitane la possibilità di superare l'attuale dualismo tra segretari e direttori generali, semplificando in tal modo l'organizzazione di strutture amministrative complesse, anche in un'ottica di riduzione dei costi del personale.

Capo IV – Disposizioni riguardanti i piccoli comuni (articoli 15-21).

  L'articolo 15 introduce una nuova disciplina sul personale. Una soluzione immediatamente percorribile per semplificare le regole che governano il contenimento delle spese di personale consiste nel mantenimento dei già vigenti limiti di carattere generale alla spesa complessiva di personale (articolo 1, commi 557-quater e 562, della legge n. 296 del 2006) e nell'abrogazione di tutte le disposizioni che prevedono vincoli specifici (turn-over per le assunzioni a tempo indeterminato, limite finanziario alla stipulazione di contratti a tempo determinato, eccetera).
  I saldi di finanza pubblica sono garantiti dalla circostanza che, in ogni caso, non sarà possibile superare il valore medio della spesa del triennio 2011-2013 per i comuni con più di 1.000 abitanti e del 2008 per quelli con popolazione inferiore. La compatibilità con la situazione finanziaria dell'ente è verificata annualmente con l'ordinario ciclo di bilancio. Si tratta di limitazioni già vigenti e pertanto non ci sarà nuova spesa.
  Diamo ai sindaci un budget determinato, convergente con gli obiettivi generali di finanza e compatibile con il bilancio dell'ente, e lasciamo loro l'autonomia e la responsabilità di decidere e attuare le politiche per il personale coerentemente con i propri obiettivi di mandato.
  L'articolo 16, al fine di evitare un'evidente disparità di trattamento tributario per l'ente locale e le unioni di comuni, comprende, tra i soggetti esenti dall'imposta sul reddito per entrate di carattere commerciale, di cui all'articolo 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR), anche le unioni di comuni, quando gestiscono servizi in forma associata.
  L'articolo 17 riguarda l'armonizzazione contabile con una serie di semplificazioni in materia per i comuni con meno di 5.000 abitanti e per le unioni di comuni. In particolare, si riformula il comma 6 dell'articolo 170 del TUEL eliminando, per gli enti di minori dimensioni demografiche, l'obbligo di dotarsi del Documento unico di programmazione (DUP). Infatti, l'attuale modello del DUP, seppure nella sua versione semplificata già prevista per i piccoli comuni, richiede uno sforzo eccessivo per le amministrazioni più piccole. L'obiettivo della programmazione pluriennale appare già sufficientemente garantito, per i comuni più piccoli, dalla dimensione pluriennale del bilancio di previsione e non necessita di ulteriori strumenti programmatori che rischiano di ingenerare un eccessivo e inutile appesantimento. Si propone, poi, l'adozione di un modello semplificato del piano dei conti integrato, garantendo comunque la rilevazione degli elementi minimi necessari per il consolidamento dei conti pubblici. Infatti, l'attuale modello del piano dei conti integrato richiede uno sforzo eccessivo per le amministrazioni più piccole, le quali hanno sicuramente un'articolazione di bilancio meno complessa rispetto alle altre realtà comunali di maggiori dimensioni demografiche. Si prevede che, per i comuni fino a 5.000 abitanti, i documenti contabili relativi al bilancio di previsione finanziario, di cui agli articoli 165 e 171 del TUEL, nonché i documenti contabili relativi al rendiconto della gestione, di cui al titolo VI della parte seconda del medesimo TUEL, siano adottati secondo modelli semplificati, garantendo comunque la rilevazione degli elementi minimi necessari per il consolidamento dei conti pubblici. Si propone l'esenzione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti dagli adempimenti connessi al controllo di gestione (articolo 196 del TUEL), alla formazione e approvazione dello stato patrimoniale (articolo 230), nonché ai correlati adempimenti dell'articolo 232 (Contabilità economico-patrimoniale) e dell'articolo 233-bis (Bilancio consolidato). Il rendiconto della gestione, di cui all'articolo 227 del TUEL, va limitato al conto di bilancio. La tenuta della contabilità economico-patrimoniale nei piccoli comuni presenta un'utilità pressoché nulla e costituisce pertanto un inutile appesantimento delle incombenze degli uffici di ragioneria. La contabilità finanziaria, infatti, appare totalmente idonea e sufficiente a gestire l'attività di bilancio di un piccolo comune, considerato che negli indicatori e nei risultati attesi di bilancio rilevano in ogni caso i debiti di finanziamento degli enti locali. Se si prevede l'eliminazione della contabilità economico-patrimoniale, occorre prevedere anche la soppressione dell'obbligo di redazione del bilancio consolidato, previsto dall'articolo 233-bis del TUEL e dall'articolo 11-bis del decreto legislativo n. 118 del 2011.
  L'articolo 18, al fine di costituire un nucleo di assistenza per i comuni fino a 5.000 abitanti, consente ai segretari comunali in disponibilità di poter essere distaccati presso l'ANCI al fine di svolgere un ruolo di collaborazione e di supporto.
  L'articolo 19 propone il superamento delle maggiori criticità che hanno di fatto inibito e scoraggiato i processi associativi, che necessitano invece di essere rilanciati con un quadro normativo più semplice e adeguato. Per questa ragione, le norme temporanee adottate in materia sono giunte, come è noto, all'ottava proroga, che scadrà il 31 dicembre 2018.
  Le proposte avanzate dall'ANCI produrrebbero innanzitutto un effetto fortemente semplificativo del sistema attuale.
  Infatti, con la modifica del comma 28 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, si prevede che i comuni non debbano svolgere obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali indicate al comma 27. Si dà inoltre la possibilità di ricorrere, oltre che alle unioni o alle convenzioni, anche al consorzio solo per i servizi sociali, come stabilito dall'articolo 1, comma 456, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
  Con l'introduzione del comma 29-bis si ribadisce il sistema di incentivazione basato su un'interazione tra lo Stato e le regioni (a suo tempo attuata di fatto con relativa intesa nel 2006). Tale sistema di incentivazione, ove liberato dalle criticità del decreto-legge n. 78 del 2010 e opportunamente rinnovato con una nuova regolamentazione attuativa, può consentire il migliore utilizzo delle risorse statali e regionali.
  Con la modifica al comma 30, infine, si rimuove il principio dell'obbligatorietà anche in riferimento all'ambito regionale, che resta comunque orientato al sostegno delle gestioni associate ma non «obbligate», e con l'abrogazione dei commi 31, 31-bis, 31-ter e 31-quater si rimuovono rispettivamente il limite demografico minimo di unioni e convenzioni (10.000 abitanti), la durata triennale delle convenzioni e del decreto che ne disciplina il funzionamento nell'ottica dell'obbligatorietà delle funzioni associate, i limiti temporali di attuazione dell'obbligo associativo, giunto alla settima proroga e, infine, la previsione del commissariamento in caso di inadempienza.
  L'articolo 20 si propone di rendere coerenti le norme del TUEL con la nuova legge n. 158 del 2017 che introduce misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, superando il vincolo del doppio mandato e rimettendo esclusivamente ai cittadini la scelta se riconfermare o no il sindaco uscente. In questi comuni, del resto, è a volte difficile, se non impossibile, trovare candidati per la carica di primo cittadino.
  La norma prevede, altresì, che anche per i comuni con popolazione da 5.001 a 15.000 abitanti il divieto di immediata rielezione si applichi dalla scadenza del terzo mandato.
  L'articolo 21 si rende necessario per fugare ogni dubbio sull'applicabilità temporale della norma relativa al rimborso delle spese legali degli amministratori locali, il comma 5 dell'articolo 86 del TUEL, come sostituito nel 2015, ha di fatto «cristallizzato» in norma di legge elementi già derivanti dalla preesistente giurisprudenza in materia, volta a riconoscere la rimborsabilità delle spese legali sostenute dagli amministratori locali in corso di mandato, ferme restando le condizioni già da tempo richiamate dalla stessa giurisprudenza (conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o emanazione di un provvedimento di archiviazione, assenza di conflitto di interessi con l'ente amministrato; presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti; assenza di dolo o colpa grave).
  Appare evidente che tale norma debba essere applicata anche ai casi pregressi.

Capo V — Disposizioni in materia di limiti di spesa (articoli 22 e 23).

  Se la semplificazione è sviluppo, occorre credere che l'eliminazione di anacronistici limiti di spesa serva a generare crescita.
  L'articolo 22 interviene sull'eliminazione di limiti di spesa (50 per cento della spesa corrente dell'anno 2009) in materia di formazione del personale e di turismo, nonché in materia di semplificazione sull'acquisto di immobili. In particolare, il comma 1 introduce un'esenzione dall'applicazione di disposizioni aventi ad oggetto una limitazione delle spese per la formazione del personale degli enti locali che è anacronistica a fronte delle nuove regole sul rispetto del saldo finale tra entrate e spese finali e soprattutto ingiusta rispetto ai nuovi compiti e funzioni.
  Il comma 2 dispone l'abrogazione delle disposizioni contenute nel comma 8 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, il quale prevede il divieto di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (limite del 20 per cento della spesa corrente dell'anno 2009). A tale proposito, il decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, all'articolo 21-bis non abroga il citato comma 8 ma dispone, per l'anno 2017, la disapplicazione delle misure di contenimento previste per tali spese a favore dei comuni e delle loro forme associative che abbiano approvato il rendiconto 2016 entro il 30 aprile 2017 e che abbiano rispettato, nell'anno precedente, il saldo tra le entrate e le spese finali. Inoltre lo stesso articolo 21-bis prevede che, a decorrere dal 2018, le suddette misure si applicano esclusivamente ai comuni e alle loro forme associative che abbiano approvato il bilancio di previsione dell'esercizio di riferimento entro il 31 dicembre dell'anno precedente e che abbiano rispettato, nell'anno precedente, il saldo tra le entrate e le spese finali. La norma proposta dall'ANCI, invece, prevede l'abrogazione del comma 8 in quanto il legame tra il vincolo di spesa e i termini di approvazione di bilancio di previsione e conto consuntivo è inesistente.
  Il comma 3 interviene sul decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, abrogando la disposizione che disciplina la razionalizzazione della spesa per la stampa di relazioni e pubblicazioni distribuite gratuitamente o inviate ad altre amministrazioni, poiché essa è troppo limitativa per le finalità che si prefigge, inficiando notevolmente l'autonomia decisionale degli enti.
  Infine, il comma 4 prevede l'abolizione del divieto di acquisto di immobili, che è ancora parzialmente in vigore. L'articolo 14-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, infatti, ha modificato l'articolo 12, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, il quale aveva previsto che dal 2014 gli enti locali potessero acquistare immobili solo nel caso in cui fossero comprovate documentalmente l'indispensabilità e l'indifferibilità dell'acquisto, disponendo che non fosse necessaria la prova documentale dell'indispensabilità e dell'indifferibilità nel caso in cui gli acquisti fossero effettuati a valere su risorse stanziate dal CIPE o cofinanziate dall'Unione europea ovvero dallo Stato o dalle regioni e finalizzate all'acquisto degli immobili stessi. L'articolo 14-bis non ha tuttavia eliminato, anche per gli acquisti cofinanziati sopra indicati, la necessità dell'attestazione della congruità del prezzo da parte dell'Agenzia del demanio (richiesta sempre dall'articolo 12, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011).
  Sarebbe opportuno, invece, prevedere la soppressione integrale della norma riguardante l'acquisto, la vendita, la manutenzione e il censimento di immobili pubblici, escludendo gli enti territoriali da una procedura che ha generato un aggravio del procedimento di acquisizione di immobili da parte dei comuni, soprattutto di quelli di minore dimensione demografica che, comunque, soggiacciono alle limitazioni del patto di stabilità interno.
  L'articolo 23 ha lo scopo di razionalizzare norme ormai superate dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 175 del 2016. In particolare, il comma 1 dispone l'abrogazione dell'articolo 3, commi 30, 31 e 32, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) che riguardano i trasferimenti delle risorse umane, finanziarie e strumentali e la rideterminazione delle dotazioni organiche derivanti da costituzioni di società. Il comma 2, invece, modifica alcune disposizioni del decreto legislativo n. 165 del 2001 relative all'organizzazione e alla razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche amministrazioni, impattanti anche sugli enti locali.

Capo VI – Disposizioni in materia di finanza locale (articoli 24-36).

  L'articolo 24 dà ai comuni la possibilità di far riscuotere la TARI dal soggetto che gestisce i rifiuti. L'attuale normativa prevede la possibilità per i comuni di affidare la riscossione della tassa sui rifiuti (TARI) ai soggetti gestori dei rifiuti che abbiano – alla data del 31 dicembre 2013 – un contratto di affidamento delle relative attività. Tuttavia, molti enti hanno attivato le gare per individuare i nuovi gestori dei rifiuti e con l'attuale formulazione della norma i comuni sarebbero costretti a riscuotere direttamente la TARI, pur con le limitazioni di personale oggi esistenti; ciò sia nell'ipotesi di conferma del vecchio gestore, in quanto si avrebbe comunque un nuovo contratto, sia, a maggior ragione, nell'ipotesi in cui il gestore individuato sia diverso da quello che svolgeva il servizio nel 2013.
  L'articolo 25 estende anche al biennio 2019-2020 la possibilità per i comuni di adottare i coefficienti previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, in misura inferiore ai minimi o superiore ai massimi ivi indicati, nel limite del 50 per cento, al fine di semplificare l'individuazione dei coefficienti di graduazione delle tariffe della TARI, evitando altresì cambiamenti troppo marcati del prelievo su talune categorie.
  Con la lettera b) si intende assicurare ai comuni un più ordinato processo di deliberazione delle tariffe della TARI, il cui termine viene fissato al 30 aprile di ciascun anno, anziché collegato alla data di deliberazione del bilancio di previsione. Le tariffe della TARI, infatti, devono essere aggiornate coerentemente con i piani finanziari di gestione dei rifiuti urbani predisposti e inviati all'ente locale da parte del soggetto che svolge il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. L'impossibilità di acquisire tempestivamente il piano finanziario di gestione ha spesso esposto i comuni al rischio di non poter approvare per tempo le tariffe della TARI (o di non poterle compiutamente aggiornare).
  L'articolo 26 pone rimedio alle novità intervenute in materia di imposta sulla pubblicità per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 15 del 2018, che, annullando di fatto le delibere di aumento delle tariffe emanate nel quinquennio 2013-2018, rischia di produrre un impatto sui bilanci comunali per molte decine di milioni di euro. In sostanza si propone:

   di ripristinare, a partire dal 2019, la facoltà di prevedere gli aumenti tariffari resi illegittimi dalla sentenza, evitando così di riportare i massimi tariffari ai livelli di venti anni fa;

   di consentire la rateizzazione dei rimborsi delle maggiorazioni introdotte nel periodo 2013-2018;

   di valutare l'entità dei rimborsi chiesti ai comuni attraverso un'analisi puntuale per l'eventuale introduzione di una misura compensativa del gettito perduto.

  L'articolo 27 riguarda la procedura per il riversamento ai comuni dell'addizionale sui diritti aeroportuali, che deve essere effettuato a cura del Ministero dell'interno a determinate scadenze e su appositi conti correnti intestati ai comuni. Negli ultimi anni, infatti, il flusso dei finanziamenti è stato discontinuo e contrassegnato da mancate assegnazioni e non rispondenza degli importi dovuti ai comuni con il totale dei passeggeri viaggianti. La norma proposta non necessita di copertura finanziaria poiché si riferisce a una più razionale procedura di riparto dell'addizionale aeroportuale, a fronte di gettiti già di parziale competenza comunale. Il comma 2 ha come obiettivo quello di ristabilire la certezza del riversamento ai comuni dell'addizionale sui diritti aeroportuali, venuta meno a seguito dell'inserimento della legge istitutiva dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco nell'elenco n. 1 allegato alla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008).
  L'articolo 28 prevede un aggiornamento delle tariffe del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, che sono state determinate oltre venti anni fa e i cui importi sono ormai vetusti e irrisori.
  L'articolo 29 interviene sulle semplificazioni in materia di imposta di registro. In particolare, il comma 1 riguarda l'esenzione dal pagamento dell'imposta di registro sugli atti esecutivi per i comuni e le pubbliche amministrazioni. La norma è necessaria perché su tali atti esecutivi di crediti vantati dagli enti pubblici territoriali, emanati dall'autorità giudiziaria ordinaria, è dovuta l'imposta di registro pari al 3 per cento, il cui pagamento è previsto ancor prima del soddisfacimento del credito. Pertanto, diversamente dall'erario che è escluso da tale prelievo, gli enti locali, in particolare i comuni, si trovano nella condizione di dover anticipare l'imposta, spesso di rilevante entità, a fronte di un'incerta riscossione del quantum stabilito dalla sentenza del giudice ordinario. Il comma 2 riguarda una modifica alla disciplina dell'imposta di registro sugli atti di trasferimento a titolo oneroso dei diritti reali immobiliari. Infatti, per effetto dell'entrata in vigore dell'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l'imposta di registro sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili ha subìto modifiche che determinano ricadute gravissime per le finanze dei comuni. Si tratta di una norma con conseguenze rilevanti sui bilanci dei comuni e degli enti territoriali, che comporta una decisa contrazione della capacità di fare fronte alla necessità di predisporre i servizi essenziali, come le scuole, gli asili nido e il verde pubblico.
  L'articolo 30 modifica le norme del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, che destinano il 50 per cento dei proventi delle multe a una serie di attività connesse al miglioramento della circolazione stradale e delle strutture amministrative preposte. La modifica consente una semplificazione della gestione del vincolo di destinazione, resa oggi molto complessa per la necessità di accantonare quote anche in assenza delle esigenze di utilizzo indicate dalla legge, sacrificando altri interventi pur compresi nel dettato normativo. Le disposizioni oggetto di modifica disciplinano la destinazione dei proventi delle sanzioni per violazioni accertate attraverso dispositivi di rilevamento dei limiti di velocità in relazione alla proprietà della strada sulla quale viene accertata la violazione. La norma non è mai stata attuata anche per la mancata adozione dell'apposito decreto attuativo: considerando l'evoluzione ordinamentale introdotta dalla legge n. 56 del 2014 nonché l'impossibilità di operare un riparto tra gli enti previsti, ossia il comune e la provincia, si propone di riportare la norma all'originaria ripartizione, esclusivamente collegata all'organo accertatore.
  L'articolo 31 apporta modifiche all'articolo 10 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 riguardante il contributo unificato relativo ai processi tributari in cui è parte l'ente locale.
  Anche se si ritiene che, anche a normativa vigente, si possa escludere l'applicazione del contributo unificato ai ricorsi presentati dagli enti locali, stante la previsione di esenzione contenuta nel citato articolo 10, in base al quale «Non è soggetto al contributo unificato il processo già esente, secondo previsione legislativa e senza limiti di competenza o di valore, dall'imposta di bollo o da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura», è necessario che questa condizione venga meglio esplicitata con legge.
  L'articolo 32 adegua l'attuale normativa sulla sede di incardinamento del contenzioso tributario alla pronuncia della Corte costituzionale, la quale si è espressa con la sentenza n. 44 del 2016 dichiarando illegittima la norma che impone che per gli atti emessi dall'agente della riscossione e dai concessionari privati iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, la commissione tributaria competente sia quella nella cui circoscrizione ha sede l'agente della riscossione o il concessionario privato.
  Con l'articolo 33 si incentiva il concorso dei comuni ai recuperi fiscali. La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha introdotto, con i commi 634 e seguenti dell'articolo 1, disposizioni volte a favorire nuove e più avanzate forme di comunicazione tra il contribuente e l'amministrazione fiscale, il cui fine è quello di «stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili». L'invio preventivo di comunicazioni di irregolarità (cosiddetti «avvisi bonari») consente ai contribuenti che ricevono le informazioni dall'Agenzia delle entrate di regolarizzare gli errori e le omissioni, secondo le modalità previste dall'istituto del ravvedimento operoso (articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), a prescindere dalla circostanza che la violazione sia stata constatata o che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo, delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza, salva la notifica di un atto di liquidazione, di irrogazione di sanzioni o di accertamento. In tale mutato contesto, occorre integrare l'articolo 1 del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, per adeguarlo alle nuove strategie di prevenzione e di consolidamento del rapporto fiduciario con i contribuenti, preservando al tempo stesso l'incentivazione del concorso dei comuni ai recuperi fiscali.
  L'articolo 34 prevede un'integrazione che recupera in modo esplicito alcune delle facoltà regolamentari vigenti ai fini dell'IMU. In particolare, viene recuperata la facoltà regolamentare, già vigente ai fini dell'ICI, recata dall'articolo 59 del decreto legislativo n. 446 del 1997, che la disciplina dell'IMU ha soppresso. La necessità di confermare gli strumenti di incentivazione e potenziamento delle strutture dedicate alla gestione delle entrate comunali, ampliandone il campo alle attività di partecipazione all'accertamento dei tributi erariali, risponde a logiche di incremento dell'efficienza delle attività che conducono alla materiale riscossione delle entrate degli enti, fondamentali in un contesto di scarsità di risorse e di diffusi mancati pagamenti da parte dei contribuenti.
  L'articolo 35 prende spunto da un'analisi puntuale del meccanismo di recupero dell'evasione e della morosità nei tributi locali, che vede oggi i comuni privati di efficaci strumenti atti a disincentivare l'infedeltà fiscale. In particolare, risulta preoccupante l'andamento del recupero dell'evasione della TARI, la cui percentuale di mancata riscossione varia sensibilmente da comune a comune ma che raramente è inferiore al 10-15 per cento. Va ricordato che il servizio dei rifiuti ha un costo predefinito dal piano economico finanziario, la cui copertura è stabilita ex lege al 100 per cento attraverso il prelievo della TARI. La percentuale di insoluto automaticamente diventa una seria minaccia per i bilanci dei comuni, dato che non può essere riprogrammata la spesa in funzione della minore entrata, come invece può essere fatto per altre entrate quali quelle dell'IMU e della TASI. La mancata riscossione costituisce, inoltre, un aggravio particolarmente incidente sulle capacità di spesa degli enti locali, anche per effetto della nuova contabilità che ha visto l'istituzione del Fondo crediti di dubbia esigibilità con lo scopo di impedire l'impegno di quote di risorse oggetto di accertamento, ma prevedibilmente non realizzabili (sulla base dell'andamento degli anni precedenti). La mancanza di strumenti preventivi di deterrenza e di controllo indebolisce l'azione locale anche a tutela della libera concorrenza, in quanto il mancato pagamento delle imposte alimenta forme occulte di concorrenza sleale. Infine, il frequente passaggio di titolarità delle aziende minori commerciali e industriali comporta maggiori difficoltà nel controllo successivo da parte degli enti.
  L'articolo 36 agevola l'accesso, in forma gratuita, dei comuni alle informazioni necessarie all'attività di riscossione, che dovrà avvenire anche per via telematica, eliminando così le asimmetrie esistenti tra i comuni e l'agente della riscossione sia in ordine al processo di formazione degli atti sia nella fase di verifica dello stato patrimoniale del debitore, propedeutica all'avvio delle procedure esecutive.
  Va osservato che il principio della gratuità dell'accesso ai dati nei rapporti tra pubbliche amministrazioni è stato ribadito già da tempo dall'articolo 50, comma 2, del CAD, che prescrive che qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione sia reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l'utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell'amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest'ultima, nonché da diversi interventi giurisdizionali e governativi a favore della gratuità, tra i quali ricordiamo da ultimo il parere rilasciato dall'Avvocatura dello Stato in merito all'accesso gratuito all'Archivio nazionale dei veicoli presso la Direzione generale per la motorizzazione.

PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI STATUS E FUNZIONI DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI

Art. 1.
(Abolizione dell'ineleggibilità a membro del Parlamento per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti)

  1. La lettera c) del primo comma dell'articolo 7 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è abrogata.
  2. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 53, comma 1, primo periodo, dopo le parole: «In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza» sono inserite le seguenti: «, incompatibilità ai sensi dell'articolo 63, comma 1, numero 7-bis),»;

   b) l'articolo 62 è abrogato;

   c) all'articolo 63, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente numero:

    «7-bis) colui che ricopre la carica di deputato o di senatore della Repubblica».

Art. 2.
(Semplificazione in materia di inconferibilità e incompatibilità)

  1. La lettera b) del comma 2 dell'articolo 7 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, è sostituita dalla seguente:

   «b) gli incarichi dirigenziali che comportano l'esercizio delle competenze di amministrazione e di gestione nelle amministrazioni di cui alla lettera a)».

Art. 3.
(Trattamento contributivo degli amministratori locali lavoratori autonomi)

  1. Il comma 2 dell'articolo 86 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «allo stesso titolo previsto dal comma 1» si interpretano nel senso che il pagamento ivi previsto è riferito esclusivamente agli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi dovuti dall'amministrazione locale alla forma pensionistica alla quale il lavoratore autonomo era iscritto alla data di assunzione dell'incarico o continua ad essere iscritto durante il suo svolgimento.

Art. 4.
(Oneri connessi allo status degli amministratori delle unioni di comuni)

  1. Al comma 108 dell'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Restano a carico dell'unione gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori, relativi ai permessi retribuiti, al rimborso delle spese di viaggio, anche per la partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali, e ai contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi previsti dagli articoli 80, 84, 85 e 86 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».

Art. 5.
(Responsabilità amministrativo-contabile)

  1. Al comma 6 dell'articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Sono altresì titolari in via esclusiva della responsabilità amministrativo-contabile per l'attività di gestione, anche se derivante da atti di indirizzo dell'organo politico di vertice».

Art. 6.
(Soppressione di competenze dei sindaci e dei comuni)

  1. Alla legge 13 maggio 1978, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 1, sesto comma, le parole: «con provvedimento del sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale» sono sostituite dalle seguenti:«con provvedimento del direttore generale dell'azienda sanitaria locale»;

   b) agli articoli 3, 4 e 5, la parola: «sindaco», ovunque ricorre, è sostituita dalle seguenti:«direttore generale dell'azienda sanitaria locale».

  2. Il Governo modifica il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, prevedendo, all'articolo 3, primo comma, numero 3), che la vigilanza di cui all'articolo 2 del medesimo regolamento sia esercitata, a livello locale, dalle aziende sanitarie locali, e apportando le ulteriori modificazioni necessarie per il coordinamento del testo.
  3. Il terzo comma dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è sostituito dal seguente:

   «Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa a tutto il territorio regionale».

  4. Alla legge 14 agosto 1991, n. 281, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 3:

    1) al comma 1, le parole: «i comuni o» sono soppresse;

    2) al comma 2, le parole: «tra i comuni» sono soppresse;

   b) l'articolo 4 è abrogato.

Art. 7.
(Sindaci e consigli metropolitani)

  1. Al comma 24 dell'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, dopo le parole: «assicurativi di cui agli articoli» è inserita la seguente: «79,».
  2. Al comma 4 dell'articolo 79 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali» sono sostituite dalle seguenti: «dei consigli comunali, provinciali, metropolitani e circoscrizionali» e dopo le parole: «a 15.000 abitanti» sono inserite le seguenti: «nonché delle città metropolitane».

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE DEGLI ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI

Art. 8.
(Abolizione delle comunicazioni multiple di dati. Accesso gratuito alle banche dati di altre amministrazioni pubbliche)

  1. A decorrere dal 1° gennaio 2019 è fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di chiedere ai comuni e alle città metropolitane comunicazioni e dati già in possesso di un'altra amministrazione pubblica. Dalla medesima data cessano di applicarsi le disposizioni vigenti in contrasto con il presente comma.
  2. La trasmissione dei dati di cui all'articolo 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190, assolve ogni ulteriore adempimento e comunicazione relativo agli stessi.
  3. In applicazione dell'articolo 50, comma 2, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, i comuni e le città metropolitane, per l'adempimento dei propri compiti istituzionali, accedono gratuitamente a tutte le banche di dati tenute da amministrazioni pubbliche.

Art. 9.
(Conto annuale delle spese sostenute per il personale)

  1. La rilevazione e la pubblicazione dei dati contenuti nel conto annuale del personale, di cui all'articolo 60 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nella sezione «Amministrazione trasparente» del sito internet istituzionale dell'ente locale tiene luogo di ogni altro adempimento relativo alla comunicazione di tabelle e altri dati inerenti alla spesa di personale, che i comuni siano tenuti a inviare ad altre amministrazioni pubbliche. A tale fine, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e previo parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è approvato un modello uniforme per la rilevazione dei dati relativi alla spesa di personale.

Art. 10.
(Razionalizzazione delle comunicazioni contabili degli enti locali)

  1. Al fine di contenere i costi di amministrazione derivanti dalla soddisfazione del fabbisogno informativo delle amministrazioni centrali e delle relative articolazioni periferiche, delle autorità indipendenti e della Corte dei conti, nonché di tutti i soggetti istituzionali nazionali, a partire dal 1° gennaio 2019 non può essere richiesto agli enti locali di fornire i dati e le informazioni contabili già rilevate tramite la banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  2. Al comma 5-bis dell'articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «e depositano i propri bilanci» sono soppresse.

Art. 11.
(Abolizione di comunicazioni contabili)

  1. Al fine di eliminare adempimenti contabili a carico degli enti locali, a decorrere dal 1° gennaio 2019 sono abrogati:

   a) il comma 2 dell'articolo 4 del decreto del Ministro delle finanze 26 aprile 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 6 giugno 1994;

   b) i commi 2 e 3 dell'articolo 3 del decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze 31 luglio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 21 settembre 2000.

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE DELL'ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA

Art. 12.
(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di competenze del consiglio comunale)

  1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 42, comma 2:

    1) alla lettera a), le parole: «salva l'ipotesi di cui all'articolo 48, comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi» sono sostituite dalle seguenti: «aventi efficacia nel territorio dell'ente, esclusi quelli di natura e finalità organizzativa»;

    2) alla lettera c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, limitatamente agli atti aventi ad oggetto l'esercizio di funzioni o l'erogazione di servizi alla collettività»;

    3) la lettera l) è abrogata;

   b) il comma 3 dell'articolo 191 è sostituito dal seguente:

   «3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la giunta, su proposta del responsabile del procedimento, qualora i fondi specificamente iscritti nel bilancio si dimostrino insufficienti, provvede, entro trenta giorni dall'ordinazione fatta a terzi, al riconoscimento della spesa con le modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti delle necessità accertate per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità»;

   c) il comma 1 dell'articolo 194 è sostituito dai seguenti:

   «1. Con deliberazione della giunta comunale e con la periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:

   a) sentenze esecutive;

   b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 114 e il disavanzo derivi da fatti di gestione;

   c) ricapitalizzazione, nelle forme e nei limiti previsti dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;

   d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;

   e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità e arricchimento per l'ente, nell'ambito dello svolgimento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

   1-bis. La deliberazione di cui al comma 1, esecutiva nei termini di legge, è trasmessa agli uffici comunali, che provvedono al pagamento della spesa, fatta salva la verifica degli equilibri finanziari e complessivi della gestione e dei vincoli di finanza pubblica, effettuata dal responsabile del servizio finanziario».

Art. 13.
(Organo di revisione economico-finanziario)

  1. All'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 25, alinea, le parole: «a livello regionale» sono sostituite dalle seguenti: «a livello provinciale»;

   b) dopo il comma 25 è inserito il seguente:

   «25-bis. Nei casi di composizione collegiale dell'organo di revisione economico-finanziario previsti dalla legge, in deroga al comma 25, i consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane e le unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali eleggono, a maggioranza assoluta dei membri, il componente dell'organo di revisione con funzioni di presidente, scelto tra i soggetti validamente inseriti nella fascia 3) formata ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 15 febbraio 2012, n. 23, o comunque nella fascia di più elevata qualificazione professionale in caso di modifiche al citato regolamento».

  2. Il Governo modifica il decreto del Ministro dell'interno 15 febbraio 2012, n. 23, secondo i seguenti princìpi:

   a) prevedere che l'inserimento nell'elenco dei revisori dei conti degli enti locali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto, avvenga a livello provinciale;

   b) prevedere, fermi restando i termini di scadenza dell'organo di revisione economico-finanziario, che gli enti locali possano rinnovare, per una sola volta, l'incarico dell'organo medesimo per un ulteriore triennio, dandone comunicazione alla competente prefettura-ufficio territoriale del Governo che, in ogni altro caso, procede alla scelta dei revisori.

Art. 14.
(Dirigenza apicale nei comuni)

  1. Nei comuni capoluogo, nei comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti e nelle città metropolitane è istituita un'unica figura dirigenziale apicale, alla quale sono attribuite le funzioni di attuazione dell'indirizzo politico, di coordinamento dell'attività amministrativa e di controllo dell'azione amministrativa. Al titolare della posizione dirigenziale apicale sono conferite le funzioni previste dall'articolo 97, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Alla posizione dirigenziale apicale possono accedere i soggetti aventi i requisiti per l'accesso alla dirigenza pubblica, con le modalità definite dall'articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.

Capo IV
DISPOSIZIONI RIGUARDANTI I PICCOLI COMUNI

Art. 15.
(Determinazione delle spese di personale e della capacità assunzionale nei comuni, nelle unioni di comuni e nelle città metropolitane)

  1. Ai fini della determinazione della capacità assunzionale, a decorrere dall'anno 2019, fermo restando l'obbligo di conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, e nel rispetto dei limiti complessivi di spesa per il personale ai sensi dei commi 557-quater e 562 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ai comuni e alle loro unioni e alle città metropolitane non si applicano le disposizioni che prevedono limitazioni della sostituzione del personale cessato dal servizio e, in particolare, le seguenti disposizioni:

   a) l'articolo 1, comma 562, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

   b) il comma 28 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

   c) il comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;

   d) il comma 845 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

Art. 16.
(Semplificazione per le unioni di comuni)

  1. All'articolo 74, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: «i comuni,» sono inserite le seguenti: «le unioni di comuni,».

Art. 17.
(Semplificazione per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e per le unioni di comuni)

  1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) il comma 6 dell'articolo 170 è sostituito dal seguente:

   «6. Gli enti locali con popolazione fino a 5.000 abitanti non sono tenuti a predisporre il Documento unico di programmazione»;

   b) al comma 1 dell'articolo 196, dopo le parole: «gli enti locali» sono inserite le seguenti: «, ad esclusione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti,»;

   c) il comma 2 dell'articolo 232 e il comma 2 dell'articolo 233-bis sono abrogati.

  2. Gli articoli 230, 232 e 233-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non si applicano ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti.
  3. Per i comuni fino a 5.000 abitanti, i documenti contabili relativi al bilancio annuale e al bilancio pluriennale, previsti dagli articoli 165 e 171 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché i documenti contabili relativi al rendiconto della gestione, previsti dal titolo VI della parte seconda del medesimo testo unico, sono adottati secondo modelli semplificati, garantendo comunque la rilevazione degli elementi minimi necessari per il consolidamento dei conti pubblici.
  4. Al comma 5 dell'articolo 4 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti il piano dei conti integrato ai fini della gestione è costituito dal quarto livello».
  5. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono approvati un modello semplificato di bilancio di previsione e un modello semplificato di rendiconto, applicabili a decorrere dall'esercizio finanziario successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del medesimo regolamento.

Art. 18.
(Utilizzo temporaneo di segretari comunali collocati in disponibilità)

  1. Dopo il comma 2 dell'articolo 271 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è inserito il seguente:

   «2-bis. I segretari comunali collocati in disponibilità possono essere distaccati, a tempo pieno o parziale, presso l'Anci ed essere autorizzati a prestare la loro collaborazione in favore di tale associazione per costituire un nucleo di assistenza per i comuni fino a 5.000 abitanti. I segretari comunali distaccati ai sensi del primo periodo mantengono la propria posizione giuridica e il corrispondente trattamento economico, a cui provvede il Ministero dell'interno. Il termine di cui al comma 4 dell'articolo 101 è sospeso per l'intera durata del distacco».

Art. 19.
(Semplificazioni in materia di gestioni associate di servizi)

  1. All'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) il comma 28 è sostituito dal seguente:

   «28. I comuni possono esercitare in forma associata le funzioni fondamentali di cui al comma 27 del presente articolo mediante convenzione o unioni di comuni ai sensi degli articoli 30 e 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 456, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per la gestione associata dei servizi sociali in forma consortile»;

   b) dopo il comma 29 è inserito il seguente:

   «29-bis. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, la ripartizione dei fondi statali e regionali di incentivazione e di premialità per le unioni di comuni è effettuato tenendo conto in modo proporzionale del numero e della tipologia delle funzioni e dei servizi, del numero dei comuni partecipanti all'unione e della consistenza demografica raggiunta dalla forma associativa, sulla base di criteri operativi stabiliti mediante regolamento adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281»;

   c) al comma 30, primo periodo, la parola: «obbligatoriamente» è soppressa;

   d) i commi 31, 31-bis, 31-ter e 31-quater sono abrogati.

Art. 20.
(Disposizioni concernenti la limitazione dei mandati dei sindaci nei comuni di minori dimensioni)

  1. All'articolo 51 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i sindaci dei comuni con popolazione da 5.001 a 15.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del terzo mandato»;

   b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «3-bis. Le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti».

  2. Il comma 138 dell'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, è abrogato.

Art. 21.
(Interpretazione autentica in materia di rimborso delle spese legali degli amministratori locali)

  1. Le disposizioni del comma 5 dell'articolo 86 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dal comma 1 dell'articolo 7-bis del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, si interpretano nel senso che il rimborso delle spese legali è ammesso, nei casi e alle condizioni ivi indicate, anche per le spese derivanti da procedimenti conclusi o pendenti alla data di entrata in vigore della citata legge n. 125 del 2015.

Capo V
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LIMITI DI SPESA

Art. 22.
(Eliminazione dei limiti di spesa in materia di formazione del personale e di turismo. Semplificazioni per l'acquisto di immobili)

  1. A decorrere dal 1° gennaio 2019, l'articolo 6, comma 13, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, non si applica ai comuni e alle città metropolitane.
  2. Il comma 8 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è abrogato.
  3. Il comma 1 dell'articolo 27 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è abrogato.
  4. Al comma 1-ter dell'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al primo periodo, le parole: «gli enti territoriali e» sono soppresse;

   b) il secondo e il terzo periodo sono soppressi.

Art. 23.
(Modifiche per il coordinamento delle norme relative alle società partecipate dai comuni)

  1. I commi 30, 31 e 32 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono abrogati.
  2. Al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) l'articolo 6-bis è abrogato;

   b) al secondo capoverso del comma 6 dell'articolo 7, le parole: «, dei mestieri artigianali o dell'attività informatica nonché a supporto dell'attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» sono sostituite dalle seguenti: «o dei mestieri artigianali».

Capo VI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI FINANZA LOCALE

Art. 24.
(Riscossione della TARI da parte dei gestori dei rifiuti)

  1. Il comma 691 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è sostituito dal seguente:

   «691. In deroga all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i comuni possono affidare, fino alla scadenza del relativo contratto, la gestione dell'accertamento e della riscossione, anche coattiva, della TARI, anche nel caso di adozione della tariffa di cui ai commi 667 e 668 del presente articolo, ai soggetti ai quali è affidato il servizio di gestione dei rifiuti, i quali operano secondo le stesse disposizioni applicabili ai concessionari iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997. In tal caso la convenzione può prevedere il versamento del tributo o della tariffa dovuti per il servizio di gestione dei rifiuti al soggetto gestore del servizio, in deroga alle disposizioni vigenti, limitatamente ai casi in cui il soggetto gestore del servizio sia un ente pubblico, una società in house o un'azienda controllata da soggetti pubblici».

Art. 25.
(Disciplina della TARI)

  1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 652, terzo periodo, le parole: «per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018» sono sostituite dalle seguenti: «per gli anni dal 2014 al 2020»;

   b) dopo il comma 683 è inserito il seguente:

   «683-bis. In considerazione della necessità di acquisire il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, a decorrere dall'anno 2019, i comuni, in deroga al comma 683 del presente articolo e all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, approvano le tariffe e i regolamenti relativi alla TARI entro il 30 aprile di ciascun anno di riferimento».

Art. 26.
(Imposta comunale sulla pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni)

  1. A decorrere dal 1° gennaio 2019, le tariffe e i diritti di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, possono essere aumentati dagli enti locali fino al 50 per cento per le superfici superiori a un metro quadrato; le frazioni di esso si arrotondano per eccesso al mezzo metro quadrato.
  2. Al fine di verificare la dimensione complessiva e la distribuzione della perdita di gettito subita negli anni dal 2013 al 2018 dai comuni che, a decorrere dal 2013, si sono avvalsi della facoltà di confermare o prorogare gli aumenti tariffari previsti dall'articolo 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, il Ministero dell'economia e delle finanze elabora una metodologia condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), che è sottoposta all'esame della Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 30 giugno 2019. Sulla base delle risultanze di tale elaborazione, il Governo adotta le misure necessarie per la previsione di un rimborso da ripartirsi tra i comuni interessati in misura proporzionale alla perdita di gettito subita da ciascun ente.
  3. In deroga alle norme vigenti e alle disposizioni regolamentari deliberate da ciascun comune ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i rimborsi delle somme acquisite dai comuni a titolo di maggiorazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni per gli anni dal 2013 al 2018 possono essere effettuati dai comuni stessi in forma rateale entro cinque anni dalla data in cui la richiesta del contribuente è diventata definitiva.

Art. 27.
(Addizionale comunale dei diritti d'imbarco aeroportuali)

  1. Alla lettera a) del comma 11 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «. A decorrere dall'anno 2018, l'addizionale è versata ai comuni di cui alla presente lettera secondo le disposizioni stabilite con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita l'ANCI, nei seguenti termini di versamento: entro il 31 ottobre di ciascun anno il Ministero dell'interno eroga a ciascun comune l'importo dovuto relativo al primo semestre dell'anno, sulla base del rispettivo traffico aeroportuale; entro il 31 marzo dell'anno successivo, il Ministero dell'interno ripartisce tra i comuni il saldo annuale degli incassi sulla base del rispettivo traffico aeroportuale registrato nell'anno precedente. Il decreto di cui alla presente lettera disciplina, inoltre, le modalità di versamento delle quote di cui al periodo precedente su appositi conti correnti intestati ai singoli comuni».
  2. All'elenco n. 1 allegato alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, al numero 8, rubricato «Ministero dell'interno», le parole: «Legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 2, comma 11» sono soppresse.

Art. 28.
(Adeguamento delle tariffe del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche)

  1. All'articolo 63, comma 2, lettera f), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al numero 1), punto I), le parole: «lire 1.500 per utenza» sono sostituite dalle seguenti: «euro 2 per utenza»;

   b) al numero 1), punto II), le parole: «lire 1.250 per utenza» sono sostituite dalle seguenti: «euro 1,80 per utenza»;

   c) al numero 5), dopo le parole: «31 dicembre dell'anno precedente.» è inserito il seguente periodo: «Le aziende che erogano pubblici servizi e quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi trasmettono agli enti concedenti, entro il 28 febbraio di ciascun anno, gli elenchi delle utenze nel rispetto della normativa in materia di riservatezza dei dati personali.».

Art. 29.
(Semplificazioni in materia di imposta di registro)

  1. Dopo il comma 7 dell'articolo 57 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, è inserito il seguente:

   «7-bis. Quando l'imposta è dovuta sugli atti dell'autorità giudiziaria di cui all'articolo 37, qualora tra le parti in causa vi sia un'amministrazione pubblica di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, questa non è obbligata al pagamento dell'imposta».

  2. Dopo il comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, è inserito il seguente:

   «1-bis. Nei casi di cui al comma 1, lettera a), se il trasferimento avviene a favore dello Stato, delle regioni, delle province, delle città metropolitane, dei comuni e delle unioni di comuni, l'imposta si applica in misura fissa».

Art. 30.
(Impiego dei proventi delle sanzioni per violazione delle norme sulla circolazione stradale e dei limiti di velocità)

  1. Al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) i commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142 sono abrogati;

   b) alle lettere a) e b) del comma 4 dell'articolo 208, le parole: «in misura non inferiore a un quarto della quota,» sono soppresse.

Art. 31.
(Contributo unificato relativo ai processi tributari in cui è parte l'ente locale)

  1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 3, comma 1, lettera q), dopo le parole: «dello Stato,» sono inserite le seguenti: «una delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,»;

   b) all'articolo 10, comma 1, le parole: «Non è soggetto al contributo unificato il processo già esente» sono sostituite dalle seguenti: «Non sono soggetti al contributo unificato il processo e le parti già esenti».

Art. 32.
(Competenza territoriale delle commissioni tributarie)

  1. Al comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al primo periodo, le parole: «, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446,» sono soppresse;

   b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se la controversia è proposta nei confronti degli agenti della riscossione o dei soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l'ente impositore».

Art. 33.
(Estensione della partecipazione comunale all'accertamento di entrate erariali ai recuperi derivanti da comunicazioni di irregolarità)

  1. Dopo il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è inserito il seguente:

   «1-bis. Le disposizioni del comma 1 del presente articolo si applicano anche ai recuperi provenienti dal ravvedimento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, effettuato dal contribuente come conseguenza dell'esercizio dell'attività di controllo ai sensi degli articoli 32 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, degli articoli 51 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dell'articolo 53-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e degli articoli 5 e 11 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, a seguito di segnalazione qualificata del comune».

Art. 34.
(Incentivi per il potenziamento della gestione delle entrate e del contrasto dell'evasione fiscale)

  1. Ferme restando le facoltà di regolamentazione del tributo di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i comuni, con proprio regolamento, possono prevedere che una quota percentuale del gettito dell'imposta municipale propria sia destinata al potenziamento degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate, anche comprendendo nel programma di potenziamento la possibilità di attribuire compensi incentivanti al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore delle entrate, anche con riferimento alla progettazione e allo sviluppo delle attività connesse alla partecipazione del comune all'accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali non corrisposti, in applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, come da ultimo modificato dall'articolo 33 della presente legge.

Art. 35.
(Misure preventive per il contrasto dell'evasione dei tributi locali)

  1. Gli enti locali competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni e concessioni e dei relativi rinnovi, nonché alla ricezione di segnalazioni certificate di inizio attività, uniche o condizionate, inerenti ad attività commerciali o produttive, possono disporre con norma regolamentare che il rilascio o il rinnovo e la permanenza in esercizio siano subordinati alla verifica della regolarità del pagamento dei tributi locali da parte dei soggetti richiedenti.
  2. Gli enti locali hanno facoltà, in occasione di affidamenti di contratti pubblici secondo le procedure stabilite dal codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, di richiedere, tra i requisiti generali che gli operatori economici devono possedere per partecipare a tali procedure, che il requisito di regolarità fiscale previsto dall'articolo 80, comma 4, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 sussista anche per il pagamento di tributi, imposte e canoni di competenza della stazione appaltante, relativamente a un importo minimo complessivo stabilito con disposizione regolamentare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. In deroga a quanto disposto dall'articolo 216, comma 13, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 e fino all'entrata in vigore del decreto previsto dall'articolo 81, comma 2, del medesimo codice, le stazioni appaltanti verificano il possesso del requisito di cui al presente comma consultando le banche di dati in proprio possesso.

Art. 36.
(Potenziamento dell'attività di riscossione, accertamento e controllo degli enti locali)

  1. Per lo svolgimento delle attività di controllo, accertamento e riscossione, anche coattiva, delle entrate degli enti locali, l'ente creditore, la società a capitale interamente pubblico partecipata dal medesimo ente locale e i soggetti da essi incaricati tra quelli individuati ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e dell'articolo 1, comma 691, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, come da ultimo sostituito dall'articolo 24 della presente legge, possono accedere gratuitamente, anche per via telematica, a tutti i dati rilevanti ai predetti fini, detenuti da uffici pubblici e da soggetti gestori di pubblici servizi, con facoltà di prenderne visione e di estrarre, anche in forma massiva, copia degli atti riguardanti i beni dei debitori e di eventuali coobbligati, nonché di ottenere le relative certificazioni, previa attestazione, anche trasmessa per via informatica, dell'avvenuta emissione e notifica dell'ingiunzione.
  2. Per i medesimi fini di cui al comma 1, i soggetti ivi indicati possono accedere gratuitamente ai dati e alle informazioni disponibili presso i sistemi informativi anagrafici del Ministero dell'interno, presso l'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, presso gli archivi catastali e le conservatorie dei registri immobiliari, nonché presso i sistemi informativi degli altri soggetti pubblici o incaricati di pubblici servizi, quali gli enti previdenziali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, il Pubblico registro automobilistico, i fornitori di energia elettrica, gas e acqua, fatte salve le esigenze di identificazione e conservazione dei dati relativi agli accessi, di riservatezza e di segretezza derivanti dalle vigenti disposizioni di legge, anche al fine di consentire il confronto di dati e informazioni utili all'attuazione delle procedure di riscossione delle proprie entrate.
  3. Per i medesimi fini di cui al comma 1, i soggetti ivi indicati possono accedere gratuitamente al servizio di consultazione telematica della banca dati catastale e della banca dati della pubblicità immobiliare, alle medesime condizioni di accesso previste per l'agente della riscossione ai fini della riscossione delle entrate erariali, anche ai sensi dell'articolo 35, comma 25, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate 18 dicembre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2006.
  4. L'accesso alle banche di dati di cui al comma 2 è consentito attraverso credenziali informatiche rilasciate dalle amministrazioni e dagli enti detentori delle medesime entro trenta giorni dalla richiesta.
  5. I soggetti di cui al comma 1 eseguono il trattamento dei dati acquisiti ai sensi del presente articolo nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali, escluso l'obbligo di rendere le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016.
  6. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni del presente articolo.

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