FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 244

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata MORANI

Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia
di accordi prematrimoniali

Presentata il 23 marzo 2018

  Onorevoli Colleghi! — Attualmente il nostro ordinamento attribuisce ai coniugi un'ampia autonomia nel regolamentare convenzionalmente il loro regime patrimoniale: anteriormente all'instaurarsi del vincolo matrimoniale, al momento della costituzione dello stesso e anche durante la vita matrimoniale. L'articolo 162, terzo comma, del codice civile, infatti, prevede la possibilità di stipulare convenzioni matrimoniali aventi contenuto patrimoniale «in ogni tempo» e dunque anche prima del matrimonio, evidentemente sottoposte alla condizione della stipula dello stesso matrimonio.
  La finalità dell'intervento è di riconoscere ai futuri coniugi nel momento che precede il matrimonio una più ampia autonomia al fine di disciplinare i loro rapporti patrimoniali e personali anche relativamente all'eventuale fase di separazione e di divorzio, attraverso accordi contenuti in un'apposita convenzione. Tale tipologia di accordi, ad oggi, viene ritenuta nulla da costante giurisprudenza, in particolare con riferimento agli accordi di divorzio (a differenza di quanto avviene in altri Paesi in cui tali accordi sono pacificamente ammessi e regolamentati).
  Riconoscere ai coniugi la facoltà di gestire anticipatamente e consensualmente i propri rapporti patrimoniali e personali in relazione a un'eventuale futura crisi del matrimonio può costituire uno strumento molto utile, specialmente al fine di evitare che la fase di negoziazione di tali rapporti avvenga nel momento in cui il matrimonio è entrato già in crisi e sono particolarmente difficili il compimento di un accordo e il raggiungimento di un assetto che soddisfi entrambi i coniugi, in presenza di reciproche recriminazioni e rivendicazioni.
  Obiettivo della presente proposta di legge è dunque quello di rafforzare e rilanciare l'istituto del matrimonio e di favorire l'accesso allo stesso con la giusta meditazione e serietà, nonostante che possa dare a un osservatore poco attento l'impressione opposta.
  Rilevante a tale fine è anche la previsione che consente ai coniugi, in deroga al divieto dei patti successori, di stabilire accordi per la successione dell'uno o dell'altro coniuge o di entrambi anche in deroga alle disposizioni dettate in materia di legittima spettante al coniuge, fatti salvi ovviamente i diritti che la legge riserva agli altri legittimari. Ciò può favorire l'accesso all'istituto del matrimonio per le coppie che sono restie a compiere tale passo per non arrecare danni sotto il profilo successorio ai figli di primo letto e viene meno l'alternativa, a volte molto difficile, tra la scelta di dare attuazione a princìpi etici e quella di prediligere contrarie esigenze di carattere economico e morale di natura successoria (quali, per esempio, evitare l'ingresso di soggetti estranei in compagini societarie con assetti già definiti o evitare conflittualità con i figli nati dal primo matrimonio).
  In questo quadro si colloca la proposta di introdurre l'articolo 162-bis del codice civile, recante la disciplina del contenuto e della forma degli accordi prematrimoniali sulla regolamentazione dell'eventuale separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Tali accordi devono essere stipulati, a pena di nullità, mediante «atto pubblico redatto da un notaio alla presenza di due testimoni» ovvero mediante convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. Parimenti la volontà di modificare o di sciogliere l'accordo deve essere espressamente e congiuntamente dichiarata con il medesimo atto.
  L'atto pubblico notarile o la convenzione di negoziazione assistita con la loro solennità conferiscono particolari affidabilità e rilevanza alle manifestazioni di volontà di cui si tratta, garantendo non soltanto la provenienza delle dichiarazioni e l'identità di chi le sottoscrive, ma anche che esse sono state manifestate in piene ponderazione, libertà e consapevolezza, caratteristiche queste di cui è garante il notaio o l'avvocato che devono, per legge, indagare personalmente la volontà dei contraenti e controllare la conformità dell'atto alla legge.
  Tali accordi non menomano il principio dell'inderogabilità dei diritti e dei doveri scaturenti dal matrimonio contenuto nell'articolo 160 del codice civile e possono specificare e determinare l'entità e le modalità concrete per la realizzazione di tali diritti e per l'adempimento dei relativi doveri, senza operare alcuna deroga ai predetti diritti e doveri e senza incidere sullo status coniugale.
  In altri termini saranno comunque invalidi (per contrarietà all'ordine pubblico e al buon costume) gli accordi che concernessero gli status (ad esempio «mi impegno a non divorziare», «mi obbligo a non chiedere la separazione»), o che comportassero violazione del diritto di difesa attraverso, per esempio, la rinuncia ad agire o a costituirsi in giudizio a difesa di propri diritti o mediante altre obbligazioni a tenere comportamenti processuali diretti a influire sullo stesso status coniugale.
  I futuri coniugi potranno, invece, disciplinare le conseguenze patrimoniali della dismissione del matrimonio, quali le modalità, l'entità e i termini con i quali uno dei due dovrebbe provvedere al mantenimento e alle necessità dell'altro, ovvero regolamentare la rinuncia di un futuro coniuge al mantenimento dell'altro, fatto salvo il diritto agli alimenti di cui all'articolo 433 del codice civile. Tali accordi non confliggono con i princìpi del nostro ordinamento in quanto si limitano a disciplinare diritti disponibili come il mantenimento, il trasferimento in proprietà o in uso della casa familiare, il regolamento di altri beni mobili o immobili, a tutela della libertà e della purezza della volontà che non verrebbero compromesse. Nella stesura dell'articolo 162-bis si è ritenuto opportuno operare una distinzione tra l'ipotesi di coppia senza prole e quella di coppia con prole. Nella prima fattispecie non ci sono limiti alla piena espansione dell'autonomia negoziale, ferma restando l'irrinunciabilità del diritto agli alimenti (è possibile, invece, rinunciare all'assegno di mantenimento per quella parte che non ha natura alimentare) e fatti salvi i doveri di assistenza morale e materiale scaturenti dal matrimonio di cui all'articolo 143 del codice civile attualmente indisponibili.
  Nell'ipotesi di coppia con prole è opportuno prevedere che la negoziazione preventiva o successiva al matrimonio da parte dei coniugi debba essere autorizzata preventivamente dal procuratore della Repubblica se i coniugi intendono disciplinare gli aspetti conseguenti alla separazione. L'intervento del procuratore della Repubblica presidia il principio che tali accordi non devono sacrificare la tutela non solo formale ma anche sostanziale dei diritti e delle aspettative dei figli, con riferimento non solo ai minori ma anche ai maggiorenni non economicamente autosufficienti.
  Pertanto sulla base della novella prevista saranno legittimi i seguenti accordi:

   1) il patto con il quale, in sede di cessazione del matrimonio, un coniuge attribuisca all'altro una somma di denaro periodica o una somma di denaro una tantum ovvero dei diritti reali su beni immobili con il vincolo di destinarne i proventi al mantenimento dell'altro coniuge o al mantenimento della prole sino al raggiungimento dell'autosufficienza economica della stessa;

   2) il patto che prevede l'effettuazione di prestazioni patrimoniali in seguito alla cessazione del matrimonio, purché si abbia cura di evitare la coartazione della volontà di cessare il rapporto e resti evidenziata, al contrario, la funzione di solidarietà del patto verso il partner in difficoltà (come avviene per esempio per il patto che preveda la permanenza nella casa di proprietà di uno a beneficio dell'ex coniuge per il tempo necessario a trovare una nuova sistemazione);

   3) il patto che prevede la rinuncia di un futuro coniuge al mantenimento dell'altro, fatto salvo il diritto agli alimenti. Si segnala al riguardo l'opportunità dell'utilizzo dell'atto di destinazione di cui all'articolo 2645-ter del codice civile; conseguentemente appare del tutto legittimo e meritevole di interesse l'atto con cui un soggetto destini un immobile (nei limiti di tempo previsti dalla legge) al riequilibrio delle differenze patrimoniali tra lo stesso e il suo ex coniuge per l'ipotesi di cessazione del matrimonio, ovvero l'atto con cui il coniuge destini, sin d'oggi o si premoriar, i frutti del bene immobile al mantenimento dell'altro. È stata anche prevista la possibilità che un coniuge possa trasferire all'altro coniuge o a un terzo beni o diritti destinati al mantenimento, alla cura o al sostegno di figli disabili per la durata della loro vita o fino a quando permane lo stato di bisogno, la menomazione o la disabilità. Negli accordi prematrimoniali potrebbero essere contenute e regolamentate anche le intese di carattere non patrimoniale, quali quelle concernenti le relazioni dell'una o dell'altra delle parti nei confronti dei terzi; le relazioni delle parti tra loro; l'uso del cognome maritale da parte della moglie separata o divorziata così come avviene in sede di intese di separazione consensuale e di divorzio su domanda congiunta che contengono aspetti personali (quali la reciproca liberazione dal dovere di coabitazione) e aspetti patrimoniali.

  Ovviamente i princìpi di ordine pubblico che vogliono salvaguardare la libertà personale specie nelle manifestazioni di socialità e di affettività costituiscono il limite della compatibilità delle varie pattuizioni sia in sede giudiziale che in sede di accordi prematrimoniali.
  Conseguentemente, l'ordinamento non può tollerare una compressione della libertà della persona in tutte quelle che sono le manifestazioni della propria socialità: dalla mera frequentazione, all'amicizia, alla sessualità, alla condivisione di una casa, all'unione delle vite. Pertanto nessuno spazio può essere consentito a impegni quali, per esempio, quello di non iniziare alcuna forma di convivenza (in generale o con una persona determinata), di mantenersi in uno stato di «fedeltà post-coniugale» o anche solo di non frequentare determinate persone, così come di tenere o non tenere qualsiasi comportamento strettamente incidente sulla libertà personale nella propria vita di relazione. Parimenti contrarie all'ordine pubblico e dunque nulle saranno quelle clausole che tendessero a imporre il rispetto di tali obblighi per via indiretta, mediante la pattuizione di penali (ad esempio: «corrisponderò una somma di denaro se inizierò una convivenza more uxorio»). Diversamente si devono ritenere valide le clausole con le quali i coniugi (o ex tali), prevedendo l'erogazione di un assegno, o comunque l'effettuazione di una prestazione patrimoniale, sottopongano la prestazione stessa alla condizione risolutiva dell'inizio di un rapporto di convivenza more uxorio da parte del beneficiario. Infatti è lo stesso legislatore a prevedere la cessazione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile nel caso di passaggio del beneficiario a nuove nozze (articolo 5, comma 10, della legge 1° dicembre 1970, n. 898); inoltre, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, la stessa convivenza more uxorio può determinare la temporanea cessazione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di separazione o di divorzio, ove caratterizzata dalla stabilità e serietà di intenti, oltre che dalla costante erogazione di assistenza di tipo coniugale. Sotto il profilo delle relazioni «interne» tra i coniugi separandi o divorziandi, come per le relazioni con i terzi, le intese che possono essere disciplinate si profilano anche come accordi su prestazioni di non facere, salvaguardando sempre la libertà degli individui nelle proprie relazioni personali. E anche se deve ritenersi nulla, in quanto in contrasto con i princìpi dell'ordine pubblico, la clausola che faccia divieto a una delle parti di recarsi o di soggiornare in una determinata città (magari quella in cui risiede l'altro), a diverse conclusioni si dovrà pervenire per quelle previsioni tendenti a evitare spiacevoli successivi «contatti» tra le parti, o che prevedano l'inserimento di vincoli che, non esercitando influenza sulla libertà di movimento e di soggiorno dei soggetti, tendono esclusivamente a garantire la serenità futura e la tranquillità delle parti.
  Nel nuovo articolo 162-bis del codice civile viene, altresì, previsto che, salva la facoltà per le parti, così come avviene per ogni tipo di contratto, di modificare in ogni momento il contenuto dell'accordo con la stessa forma dell'atto pubblico, le stesse parti possono disciplinare direttamente anche le ipotesi di incremento o decremento delle condizioni patrimoniali di una o di entrambe.
  Se le parti nulla hanno pattuito in proposito, gli istituti codicistici che potrebbero trovare in tal senso applicazione sono quelli dell'eccessiva onerosità sopravvenuta e dell'impossibilità sopravvenuta. Ma entrambi gli istituti presuppongono che ricorra la fattispecie di un contratto a prestazioni corrispettive, mentre la corrispettività delle prestazioni potrebbe non rinvenirsi in alcuni di questi accordi. Inoltre, gli istituti in esame consentono la risoluzione del contratto, mentre nel caso in oggetto la soluzione più adeguata dovrebbe essere quella di mantenere in vita il contratto e di consentire un adeguamento delle condizioni patrimoniali. Pertanto, la previsione che consenta l'introduzione di clausole di adeguamento e di indicizzazione appare quanto mai opportuna.
  A tale fine potrebbe farsi riferimento anche alla regola cosiddetta di hardship presente nel diritto contrattuale europeo, che impone di adeguare il contenuto del contratto se la prestazione è diventata particolarmente dura per la parte che deve eseguirla a seguito di circostanze sopravvenute, realizzando un riequilibrio del contenuto del contratto che consente il suo adempimento.
  Si è precisato che gli accordi relativi a un'eventuale futura crisi del matrimonio possono essere stipulati dai coniugi anche durante il matrimonio fino alla presentazione del ricorso di separazione personale. Si è infine provveduto a operare il raccordo della disciplina di tali accordi stipulati in vista della crisi coniugale con l'articolo 156 del codice civile, in materia di separazione personale, e con gli articoli 4 e 6 della legge n. 898 del 1970, in materia di divorzio. I ricorsi di separazione e di divorzio dovranno pertanto contenere il riferimento agli accordi prematrimoniali. Il trattamento fiscale di favore previsto per gli atti connessi ai casi di scioglimento del matrimonio e agli altri casi di cui all'articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, viene esteso agli accordi che regolano questa stessa materia.
  Gli accordi prematrimoniali, largamente diffusi nei Paesi di common law e in vari Paesi europei, sono caratterizzati dalla finalità di regolamentare già prima del matrimonio, ora per allora, le eventuali reciproche concessioni che i coniugi si dovranno fare una volta venuta meno l'unione matrimoniale: gli effetti di tali pattuizioni sono sospensivamente condizionati allo scioglimento del vincolo matrimoniale. Gli accordi prematrimoniali, oltre al riconoscimento di un più ampio ruolo dell'autonomia negoziale nell'ambito dei rapporti familiari, sono considerati anche uno strumento di alleggerimento dei carichi giudiziari. Si ricorda che, attualmente, nel nostro ordinamento i coniugi possono regolamentare convenzionalmente il loro regime patrimoniale, ai sensi dell'articolo 162 del codice civile, anteriormente al matrimonio, al momento della celebrazione dello stesso e anche durante la vita matrimoniale, scegliendo, per esempio, tra comunione legale o separazione dei beni. Non possono disporre però dei loro rapporti patrimoniali in caso di crisi del matrimonio. Si segnala che la giurisprudenza prevalente e più risalente ha, infatti, qualificato tali accordi come nulli quando intendono regolare l'intero assetto economico tra i coniugi; gli accordi prematrimoniali, infatti, contrasterebbero con il principio dell'indisponibilità degli status e dell'assegno divorzile: l'articolo 160 del codice civile (rubricato «Diritti inderogabili») afferma infatti che «Gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio». Secondo la giurisprudenza «il principio secondo il quale gli accordi dei coniugi diretti a fissare, in sede di separazione, il regime giuridico del futuro ed eventuale divorzio, sono nulli per illiceità della causa, anche nella parte in cui concernono l'assegno divorzile, che per la sua natura assistenziale è indisponibile, in quanto diretti, implicitamente o esplicitamente, a circoscrivere la libertà di difendersi nel giudizio di divorzio». La nullità trova fondamento «nella esigenza di tutela del coniuge economicamente più debole, la cui domanda di assegnazione dell'assegno divorzile potrebbe essere da detti accordi paralizzata o ridimensionata» (Cassazione civile, sezione I, 14 giugno 2000, n. 8109). La Cassazione, in alcune pronunce, ha però anche affermato la liceità di tali accordi quando sono volti non a regolare il complesso dei rapporti patrimoniali tra i coniugi bensì singoli specifici profili, come ad esempio la cessione di un particolare immobile in caso di scioglimento del matrimonio, a ristoro di un precedente esborso sostenuto da uno dei coniugi per ristrutturare l'abitazione di proprietà dell'altro. Per la Corte, nel caso in cui l'accordo preveda prestazioni e controprestazioni tra loro proporzionali, in un contesto in cui la crisi del rapporto viene in considerazione alla stregua di una condizione, siamo in presenza di un contratto atipico e legittimo (Cassazione civile, sezione I, 21 dicembre 2012, n. 23713). Similmente, la Cassazione ha riconosciuto la liceità di un'obbligazione restitutoria, derivante da un prestito da un coniuge all'altro, da rimborsare solo in caso di separazione. La subordinazione dell'obbligo del mutuatario alla cessazione del matrimonio non limitava per la Corte la sfera di libertà del coniuge debitore (Cassazione 21 agosto 2013, n. 19304). Ancora, la Cassazione ha considerato valido il contratto tra due coniugi che prevedeva la vendita della casa coniugale, con destinazione del ricavato a pagamento del mutuo acceso su una seconda abitazione e divisione in pari quota del residuo, con regolazione di tutti i rapporti pendenti tra i coniugi ai fini della separazione consensuale; ciò sebbene non fosse stata espressamente considerata la maggiore contribuzione del marito nell'acquisto dell'abitazione alienata (Cassazione 21 febbraio 2014, n. 4210). Nel complesso, sembra quindi che, a diritto vigente, la Corte non abbia ammesso i patti prematrimoniali, ma abbia permesso che lo scioglimento del matrimonio costituisca una condizione lecita, cui subordinare gli effetti di un contratto relativo a rapporti patrimoniali fra coniugi, determinati dal o riconducibili al matrimonio stesso. Si segnala, inoltre, che occorre tenere conto del fatto che, in base alla disciplina del diritto internazionale privato (legge n. 218 del 1995, articoli 29 e 30), i rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune; i rapporti tra coniugi con diversa cittadinanza o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata; i coniugi possono convenire che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello Stato di cui almeno uno è cittadino o nel quale almeno uno risieda.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Al quarto comma dell'articolo 156 del codice civile, dopo le parole: «che pronunzia la separazione» sono inserite le seguenti: «, in mancanza di accordi stipulati ai sensi dell'articolo 162-bis,».

Art. 2.

  1. Dopo l'articolo 162 del codice civile è inserito il seguente:

   «Art. 162-bis. – (Accordi prematrimoniali). – I futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare, con la forma prevista dall'articolo 162, ovvero mediante convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, accordi prematrimoniali volti a disciplinare i rapporti dipendenti dall'eventuale separazione personale e dall'eventuale scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.
   Gli accordi prematrimoniali riguardanti i figli minori o economicamente non autosufficienti devono essere autorizzati dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. Qualora il procuratore della Repubblica ritenga che l'accordo non risponda all'interesse dei figli, ne indica i motivi e invita le parti a un'eventuale riformulazione. Qualora non ritenga autorizzabile neppure la versione eventualmente riformulata, nega definitivamente l'autorizzazione.
   Negli accordi prematrimoniali un coniuge può attribuire all'altro una somma di denaro periodica o una somma di denaro una tantum ovvero un diritto reale su uno o più immobili, anche con il vincolo di destinare, ai sensi dell'articolo 2645-ter, i proventi al mantenimento dell'altro coniuge o al mantenimento dei figli fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica degli stessi.
   In ogni caso ciascun coniuge non può attribuire all'altro più di metà del proprio patrimonio.
   Gli accordi prematrimoniali possono anche contenere la rinuncia del futuro coniuge al mantenimento da parte dell'altro, fatto salvo il diritto agli alimenti ai sensi degli articoli 433 e seguenti.
   Tramite gli accordi prematrimoniali un coniuge può anche trasferire all'altro coniuge o a un terzo beni o diritti destinati al mantenimento, alla cura o al sostegno di figli disabili per la durata della loro vita o fino a quando permane lo stato di bisogno, la menomazione o la disabilità.
   Le parti possono stabilire un criterio di adeguamento automatico del valore delle attribuzioni patrimoniali predisposte con gli accordi prematrimoniali.
   Con gli accordi prematrimoniali, in deroga al divieto dei patti successori e alle norme in materia di riserva del coniuge legittimario, possono essere previste anche norme per la successione di uno o di entrambi i coniugi, fatti salvi i diritti degli altri legittimari.
   Alla modificazione degli accordi prematrimoniali si procede con le forme previste dal primo comma.
   Gli accordi prematrimoniali possono essere stipulati o modificati dai coniugi anche durante il matrimonio e comunque prima del deposito del ricorso per separazione personale, ovvero prima della sottoscrizione della convenzione di negoziazione assistita ovvero della conclusione dell'accordo di cui, rispettivamente, agli articoli 6 e 12 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.
   I ricorsi di separazione personale e di divorzio devono contenere il riferimento agli accordi prematrimonali.
   Per l'opponibilità ai terzi degli accordi prematrimoniali, si applica il quarto comma dell'articolo 162 del presente codice ovvero, nel caso in cui gli accordi stessi siano stati conclusi mediante accordo di negoziazione assistita da uno o più avvocati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, intendendo sostituito il notaio rogante con l'avvocato o con gli avvocati che hanno assistito i coniugi nella procedura di negoziazione assistita».

Art. 3.

  1. Dopo l'articolo 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, è inserito il seguente:

   «Art. 6-bis. – 1. Il tribunale adito, nel pronunciare con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, dispone in conformità agli accordi prematrimoniali di cui all'articolo 162-bis del codice civile».

Art. 4.

  1. Al primo comma dell'articolo 156 del codice civile, dopo le parole: «pronunziando la separazione,» sono inserite le seguenti: «dispone in conformità agli accordi prematrimoniali di cui all'articolo 162-bis; in mancanza di contrario accordo prematrimoniale».

Art. 5.

  1. Al comma 1 dell'articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, dopo la parola: «provvedimenti» sono inserite le seguenti: «, compresi gli accordi prematrimoniali di cui all'articolo 162-bis del codice civile,».

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