FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2937

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
GIANNONE, CASSINELLI, CRISTINA, PITTALIS

Modifiche al codice civile, alla legge 4 maggio 1983, n. 184, e alla legge 8 febbraio 2006, n. 54, in materia di responsabilità genitoriale, affidamento dei minori e ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano

Presentata il 10 marzo 2021

Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge nasce dall'esigenza di rispondere alle numerose istanze dei cittadini che, ormai troppo spesso, lamentano il malfunzionamento e il conseguente fallimento del procedimento civile di affidamento dei minori.
In ambito civile, una riforma completa ed esaustiva che sia in grado di modificare alla radice le norme e gli istituti giuridici non può che intervenire sul codice civile, trattandosi di un corpo organico di disposizioni di carattere generale che contiene le basi giuridiche, i princìpi e le norme fondamentali da cui nessuna riforma può prescindere.
La presente proposta di legge ha l'ambizione di dare priorità ai bisogni dei bambini e dei loro genitori, modificando le norme e introducendone di nuove che siano in grado di riformare l'intero sistema di affidamento dei minori, che soffre di disfunzioni gravissime e di prassi illegittime consolidatesi negli anni.
Nel sistema attuale, le famiglie non hanno la possibilità di difendersi perché il contraddittorio tra le parti non è garantito, i giudici hanno un'eccessiva discrezionalità a discapito del principio di legalità, i servizi sociali sono investiti di compiti, responsabilità e poteri eccessivi che spesso li rendono ingiustamente i veri giudicanti e i protagonisti dei procedimenti giurisdizionali. Nei processi di allontanamento dei minori, infatti, intervengono moltissime figure: consulenti, psichiatri, psicologi e assistenti sociali, ma non i genitori. Queste competenze tecniche sostituiscono spesso quelle del giudice e la valutazione psicologica del consulente tecnico diventa l'accertamento dei fatti. Tra l'altro tali valutazioni psicologiche sono spesso basate su istituti giuridici privi di fondamento scientifico come l'alienazione parentale. Una consulenza tecnica d'ufficio che si fonda sul predetto istituto costituisce una «devianza» rispetto alla scienza medica ufficiale e, come tale, non può costituire la base per l'adozione di un provvedimento giurisdizionale (Corte di cassazione, sentenza n. 7041 del 20 marzo 2013).
D'altra parte, se non si tengono ben distinte queste due attività si rischia di cadere nella ricerca del trauma e dell'inadeguatezza genitoriale a tutti i costi, anche quando mancherebbero riscontri concreti e oggettivi. I ruoli si sovrappongono e i provvedimenti dei magistrati si configurano come meri atti di ratifica dell'operato dei servizi sociali e delle analisi dei consulenti tecnici.
Ed è proprio l'articolo 403 del codice civile, che risale al 1942, ad assegnare tutto il potere alle istituzioni e a delegittimare ogni possibilità di intervento da parte delle famiglie. L'allora Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, aveva comunicato, nel novembre 2019, che i bambini allontanati dalle proprie famiglie erano stati 12.338 nel periodo gennaio 2018-giugno 2019, cioè ventitré bambini ogni giorno, quindi oltre 8.000 all'anno e più di 160.000 in un ventennio.
Proprio per questo il giudizio sui fatti dovrebbe spettare esclusivamente ai magistrati, coadiuvati nell'analisi dai consulenti tecnici e nell'azione dai servizi sociali. Il sistema attuale mostra, invece, una realtà ribaltata che, evidentemente, esige una riforma radicale, di cui la presente proposta di legge può essere il primo passo.
Un'altra disfunzione del sistema è senza dubbio rappresentata dall'inadeguatezza del controllo giurisdizionale affidato alle procure sulle motivazioni della scelta di inserimento dei minori in comunità adottata dai servizi sociali. Accade troppo spesso che questo controllo manchi o sia circoscritto a una ratifica meramente formale. Il controllo dell'utilizzo dei fondi da parte degli enti e delle case famiglia, inoltre, è anch'esso poco efficiente e si presta facilmente a essere eluso. Il controllo dell'adeguatezza delle famiglie affidatarie e delle comunità dovrebbe essere esterno e indipendente. L'affidamento, da misura provvisoria, si trasforma troppo spesso in misura definitiva. Nel sistema sono ricorrenti i provvedimenti di affidamento di fatto sine die, che vengono riconfermati sulla base delle relazioni dei gestori delle strutture collocatarie o sulla base delle informazioni da questi fornite e non verificate nel contraddittorio delle parti. I provvedimenti provvisori devono avere l'obiettivo di recuperare la capacità genitoriale e non quello di distruggerla. Essi dovrebbero essere prorogati soltanto se la loro interruzione rappresenta un pregiudizio per il minore. Purtroppo, invece, questo accade raramente. Le case famiglia hanno anch'esse un potere eccessivo che non dovrebbero avere e si genera un inaccettabile conflitto di interessi. Il metodo di finanziamento delle strutture collocatarie, infatti, espone, almeno potenzialmente, a un grave conflitto di interessi. I fondi pubblici sono erogati in base al numero dei minori ricoverati e alla durata di ciascun collocamento. Più il minore rimane nella struttura più aumenta la somma di denaro pubblico erogata. Per questo motivo, le valutazioni dei gestori delle comunità dovrebbero essere considerate con diffidenza e sottoposte a verifica nel contraddittorio tra le parti.
Molta attenzione dovrebbe essere rivolta alle incompatibilità e ai conflitti di interessi. Alcuni direttori o gestori delle comunità o delle case famiglia svolgono o hanno svolto il ruolo di giudici onorari. Considerando la composizione del collegio del tribunale per i minorenni, formato da due giudici togati e da due giudici onorari, questo rappresenta una disfunzione indubbiamente non trascurabile.
Oggi la collocazione extra-familiare in comunità o casa famiglia viene preferita nella maggior parte dei procedimenti rispetto a quella endo-familiare, che prevede il collocamento del minore presso i parenti con cui questi ha un rapporto significativo. Quest'ultima soluzione viene quasi sempre ignorata o scartata con motivazioni poco convincenti. Il collocamento presso i parenti del minore, invece, dovrebbe essere l'opzione ottimale per alleviare il trauma dell'allontanamento e per non sradicare completamente il bambino dalla famiglia di origine. In questi casi il conflitto di interessi sarebbe fortemente ridimensionato e il minore rimarrebbe in famiglia, tutelato e affidato temporaneamente a terzi. Con la presente proposta di legge, quindi, si intende rendere l'affidamento extra-familiare una extrema ratio a vantaggio del collocamento endo-familiare.
Alla luce di quanto esposto, la presente proposta di legge appare non solo opportuna, ma doverosa per una più forte tutela dei minori e della famiglia e, pertanto, se ne auspica un celere e positivo esame.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al codice civile)

1. L'articolo 330 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 330. – (Decadenza dalla responsabilità genitoriale sui figli) – Il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura in modo grave i doveri a essa inerenti o abusa dei relativi poteri generando un grave pregiudizio o un concreto e attuale pericolo per la vita, l'incolumità, la salute fisica o la libertà personale del figlio, che risulti da atti specifici, comprovati e documentati. La decadenza dalla responsabilità genitoriale non può essere motivata esclusivamente da verifiche che presentino devianze dalla scienza medica ufficiale o basate sull'alienazione parentale.
Nei casi di cui al primo comma, il giudice può ordinare, con provvedimento motivato, l'allontanamento del genitore o del convivente ovvero l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare, valutando preliminarmente la collocazione del minore presso un parente entro il quarto grado ovvero presso un'altra persona conosciuta dal minore stesso, che accetti di assumerne la temporanea cura e custodia.
Qualora la collocazione del minore prevista dal secondo comma non sia possibile o sufficiente, per motivi specifici e comprovati, a evitare il pregiudizio o il pericolo di cui al primo comma, il giudice può disporne la collocazione presso una famiglia affidataria o, se ciò risulti impossibile, presso una casa famiglia o una struttura di accoglienza. In tutti i casi, il provvedimento deve indicare, a pena di nullità, la durata prorogabile della collocazione del minore, con una prognosi del tempo necessario a escludere o rimuovere il pregiudizio o il pericolo cagionati, e le modalità e la frequenza delle visite dei genitori e dei familiari, da valutare caso per caso, garantendo comunque la frequentazione con il genitore o i genitori decaduti dalla responsabilità genitoriale per almeno due incontri giornalieri a settimana della durata di non meno di due ore ciascuno, salvo il manifesto pregiudizio al minore. Alla scadenza del provvedimento, il giudice ne valuta la proroga e la modifica e provvede ai sensi dell'articolo 332.
Il provvedimento di allontanamento del minore deve essere eseguito da personale specializzato senza causare grave turbamento fisico e psicologico al medesimo minore. L'esecuzione deve essere sospesa qualora il minore sia in stato di grave alterazione psicofisica. Sono vietati i prelievi notturni».

2. L'articolo 332 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 332. – (Reintegrazione nella responsabilità genitoriale) – La reintegrazione nella responsabilità genitoriale del genitore che ne è decaduto può essere disposta dal giudice alla scadenza dei provvedimenti di cui all'articolo 330, secondo e terzo comma, e su ricorso proposto dal genitore destinatario della pronuncia di decadenza o dal pubblico ministero, qualora siano cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata e sia escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio. Il ricorso è proponibile in ogni tempo allegando prova di fatti sopravvenuti».

3. L'articolo 333 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 333. – (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli) – Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare inequivocabilmente pregiudizievole al figlio, per fatti specifici e debitamente documentati, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può disporre l'allontanamento del genitore o del convivente ovvero l'allontanamento del minore dalla residenza familiare, valutando preliminarmente la collocazione del minore presso un parente entro il quarto grado ovvero presso un'altra persona conosciuta dal minore stesso, che accetti di assumerne la temporanea cura e custodia.
Qualora la collocazione del minore prevista dal primo comma del presente articolo non sia possibile o sufficiente, per motivi specifici e comprovati, si applica l'articolo 330, terzo e quarto comma.
I provvedimenti di cui al presente articolo sono revocabili in qualsiasi momento».

4. L'articolo 336 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 336. – (Procedimento) – I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso di un genitore, dei parenti entro il quarto grado o del pubblico ministero.
Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Il provvedimento ablativo o limitativo della responsabilità genitoriale è adottato se risulta la prova delle circostanze di cui agli articoli 330 e 333. La prova si forma nel contraddittorio delle parti. Senza prove non possono essere assunti provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale. Il tribunale non può motivare tali provvedimenti sulla base di sole dichiarazioni, perizie, valutazioni o altri atti del procedimento.
Il tribunale dispone, inoltre, l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dieci e anche di età inferiore ove capace di discernimento e di esprimere la propria volontà. La volontà del minore è tenuta in debita considerazione dal giudice. L'audizione del minore è sempre effettuata con registrazione audiovisiva. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito, a pena di nullità del provvedimento.
In caso di urgente necessità debitamente motivata, il tribunale può adottare, anche d'ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del minore di durata non superiore a sessanta giorni, rinnovabili una sola volta per ulteriori sessanta giorni. Il tribunale provvede senza indugio all'instaurazione del contraddittorio, al termine del quale emette il provvedimento definitivo. Per i provvedimenti di cui al presente articolo, i genitori e il minore sono sempre assistiti da un difensore».

5. L'articolo 336-bis del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 336-bis. – (Ascolto del minore) – Il minore che abbia compiuto gli anni dieci e anche di età inferiore ove capace di discernimento e di esprimere la propria volontà è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Nel caso in cui il giudice ravvisi la mancanza di discernimento e l'incapacità di esprimere la propria volontà da parte del minore, non procede all'adempimento dandone atto con provvedimento motivato. In tale caso, se la motivazione manca o è priva di riferimenti alla mancanza di discernimento o all'incapacità di esprimere la propria volontà da parte del minore, il provvedimento è nullo.
L'ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, e il pubblico ministero sono ammessi a partecipare all'ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio dell'adempimento.
Prima di procedere all'ascolto, il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto. Dell'adempimento è redatto processo verbale ed è sempre effettuata registrazione audiovisiva».

6. All'articolo 337-quater del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«L'affidamento è sempre esclusivo qualora uno dei genitori sia stato condannato con sentenza definitiva per alcuno dei reati previsti dai capi III e IV del titolo XI e dal le sezioni I, II e III del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale»;

b) al terzo comma sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il giudice, nel caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ai suoi genitori, dispone l'affidamento presso i parenti entro il quarto grado e, ove non sia possibile, procede all'affidamento familiare in un nucleo familiare esterno, preferendo famiglie residenti nel medesimo comune di residenza del minore. L'affidamento familiare non può avere una durata complessiva superiore a diciotto mesi, comprese le proroghe previste dall'articolo 4, comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, ed è finalizzato al reinserimento del minore nella famiglia di origine».

7. L'articolo 403 del codice civile è abrogato.
8. L'articolo 38-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, è abrogato.

Art. 2.
(Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184)

1. Alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. La durata dell'affidamento è disciplinata ai sensi dell'articolo 330, terzo comma, del codice civile. I provvedimenti provvisori, prorogabili non più di tre volte, non possono avere una durata complessiva superiore a diciotto mesi»;

b) all'articolo 5, il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Le persone fisiche e gli enti che, anche mediante la gestione di comunità di tipo familiare o di altri istituti di assistenza, accolgono minori collocati fuori dell'ambito familiare hanno il diritto di ricevere dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali un rimborso delle spese sostenute in favore dei minori ospitati e per la gestione della struttura e tutte le spese sostenute devono essere fedelmente documentate. Fermi restando le funzioni e i poteri delle autorità competenti sulla completezza della documentazione, sulla congruità delle spese, sulla cura dei minori ospitati e sulla salubrità delle strutture, in ogni struttura o comunità è prevista la presenza di un ispettore speciale, scelto da un elenco di soggetti appositamente redatto ogni tre anni dal Ministero della giustizia. L'ispettore speciale usufruisce di un proprio ufficio collocato all'interno della struttura e presenta al Ministro della giustizia una relazione mensile sulla salubrità dei locali e sullo stato psicofisico dei minori. Le condizioni dei minori e il trattamento cui sono sottoposti sono riportati e documentati fedelmente con l'ausilio di registrazioni audiovisive. L'ispettore speciale deve garantire terzietà e imparzialità e gode di libertà di accesso e di movimento all'interno della struttura. L'incarico di ispettore speciale ha durata annuale non prorogabile. L'incarico è incompatibile con l'ufficio di tutore, curatore speciale, socio, dipendente o dirigente di cooperativa o società che ospita minori, giudice onorario, consulente tecnico d'ufficio e, in ogni caso, non può essere affidato a persone aventi rapporti professionali, di parentela o di amicizia con i soci, i membri e il personale della struttura in cui devono svolgere l'attività ispettiva. Il Ministro della giustizia, sulla base della relazione presentata dall'ispettore speciale ai sensi del presente comma, può assumere i provvedimenti necessari a tutela dell'interesse superiore del minore».

Art. 3.
(Modifica all'articolo 4 della legge 8 febbraio 2006, n. 54)

1. Al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 febbraio 2006, n. 54, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La competenza è attribuita in ogni caso al tribunale ordinario».

Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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