FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 580

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
GELMINI, COSTA, SISTO, BARTOLOZZI, CASSINELLI, CRISTINA, FERRAIOLI, PITTALIS, SARRO, ZANETTIN, CARFAGNA, OCCHIUTO, BALDELLI, MUGNAI, POLIDORI, ROTONDI, VITO, MULÈ, ANGELUCCI, APREA, BAGNASCO, BARATTO, BARELLI, ANNA LISA BARONI, BATTILOCCHIO, BENDINELLI, BENIGNI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, BIGNAMI, BOND, BRAMBILLA, BRUNETTA, CALABRIA, CANNATELLI, CANNIZZARO, CAON, CAPPELLACCI, CARRARA, CASCIELLO, CASINO, CATTANEO, CORTELAZZO, D'ATTIS, DELLA FRERA, D'ETTORE, FASANO, FASCINA, FATUZZO, FIORINI, FITZGERALD NISSOLI, GREGORIO FONTANA, GAGLIARDI, GERMANÀ, GIACOMETTO, GIACOMONI, LABRIOLA, MANDELLI, MARIN, MARROCCO, MARTINO, MAZZETTI, MILANATO, MINARDO, MUSELLA, NAPOLI, NEVI, NOVELLI, ORSINI, PALMIERI, PEDRAZZINI, PELLA, PENTANGELO, PEREGO DI CREMNAGO, PETTARIN, POLVERINI, PORCHIETTO, PRESTIGIACOMO, RAVETTO, RIPANI, ROSSELLO, ROSSO, RUFFINO, RUGGIERI, PAOLO RUSSO, SACCANI JOTTI, SANTELLI, ELVIRA SAVINO, SANDRA SAVINO, SCOMA, SGARBI, COSIMO SIBILIA, SILLI, SIRACUSANO, SORTE, SOZZANI, SPENA, SQUERI, TARTAGLIONE, MARIA TRIPODI, VALENTINI, VERSACE, VIETINA, ZANELLA, ZANGRILLO

Modifica dell'articolo 52 del codice penale,
in materia di diritto di difesa

Presentata l'8 maggio 2018

  Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge interviene sulla disciplina della legittima difesa, con l'obiettivo di modificare in profondità l'impianto normativo attuale e, prima ancora, le premesse culturali e sistematiche sul quale esso poggia.
  La scelta metodologica a favore di un radicale cambio di prospettiva riprende l'approccio già prescelto, a suo tempo, dalla commissione Nordio.
  Come è noto, la commissione, e in particolare il suo presidente, muoveva dal presupposto che il sistema delle scriminanti in generale e l'istituto della legittima difesa in particolare risentano fortemente dell'impronta autoritaria e idealista che caratterizza, almeno sul tema, il codice penale la cui redazione fu coordinata da Alfredo Rocco. Più specificamente, nella logica del legislatore del 1930, lo Stato, in virtù del monopolio ad esso spettante sull'uso della forza, vieta al cittadino qualunque forma di autotutela, configurandone come reato l'esercizio nelle sue diverse manifestazioni; solo in casi eccezionali, ne tollera un contenuto esercizio, confinato tra i canoni angusti e incerti dell'attualità del pericolo, dell'ingiustizia dell'offesa e della proporzione della reazione. Solo ove il rispetto di tali canoni sia accertato, l'azione compiuta da chi si difende perde la sua (altrimenti inevitabile) antigiuridicità.
  Questa impostazione, però, non è compatibile con l'assiologia di uno Stato liberale, qual è, o dovrebbe essere, il nostro.
  Nella prospettiva liberale, infatti, lo Stato nasce – per riprendere una ben nota immagine – da un pactum unionis e da un pactum subiectionis dei cittadini, che accettano di limitare la propria libertà, in cambio della tutela dei propri diritti inalienabili (la vita, la libertà, la proprietà). Questa devoluzione, tuttavia, non è incondizionata e irreversibile, né può essere intesa come una cambiale in bianco: ove lo Stato sia inadempiente rispetto agli obblighi assunti in via pattizia, il cittadino vede riespandersi le proprie prerogative e riacquista il diritto di autotutelare la propria sfera personale, nella misura a ciò necessaria.
  Come efficacemente osservato da Nordio, se si guarda al tema della legittima difesa con gli occhiali dello Stato di diritto liberale (gli unici oggi adottabili, per fortuna), «l'intero procedere dialettico cambia registro, in funzione dei diversi postulati assiologici. Non più i limiti imposti dallo Stato all'individuo, ma quelli imposti dal cittadino allo Stato. Non più il quesito iniziale: “fin dove l'aggredito può reagire?”. Ma quello simmetrico: “fin dove lo Stato può sanzionare?”. Per essere ancora più chiari: che diritto ha lo Stato di punire la reazione a un crimine che Lui, Stato, non è riuscito a impedire?».
  Il diritto di difesa non è altro che la reazione a un crimine.
  Chiarite le premesse di metodo e la prospettiva culturale in cui la proposta si muove, possiamo passare a illustrarne i contenuti. L'articolato opera su due versanti: la trasformazione della legittima difesa da scriminante a vero e proprio diritto, cioè il diritto di difesa; l'obbligo per lo Stato di tenere indenne da tutte le spese del procedimento penale il soggetto indagato o imputato per eccesso di legittima difesa (recte: di esercizio del diritto di difesa), ove venga riconosciuto infine l'esercizio del diritto secondo i canoni prescritti dalla legge.

  Articolo 1. Dalla legittima difesa al diritto di difesa.

  Con l'articolo 1, la proposta di legge interviene sull'articolo 52 del codice penale, sancendo il passaggio dal riconoscimento della scriminante della legittima difesa all'espressa garanzia del diritto di difesa. Viene conservato un «recinto essenziale» all'esercizio dell'autotutela, al fine di evitare quelle che da più parti sono state additate come derive da Far West, vale a dire:

   1) il requisito dell'attualità del pericolo;

   2) il requisito della non manifesta sproporzione tra l'offesa e la reazione.

  Rispetto al testo vigente e all'interpretazione giurisprudenziale, viene profondamente rimeditato il requisito della proporzione tra l'offesa e la reazione, il quale si rimodula in senso favorevole all'aggredito e si circoscrive quanto all'ambito di applicazione. Sotto questo profilo, occorre distinguere due piani. In via generale, infatti, la difesa è legittima, purché non si dimostri che la reazione è stata manifestamente sproporzionata rispetto all'offesa: l'aggredito potrà essere punito solo nei casi di conclamata esorbitanza dai limiti ragionevoli dell'autotutela. La modifica in questione non è altro che l'applicazione del ben noto brocardo latino che ammonisce: adgreditus non habet staderam in manu. La vittima, data la situazione in cui viene ha trovarsi, non ha una bilancia per potere giudicare razionalmente quale sia la reazione «proporzionata al millesimo» all´offesa ricevuta, e dunque la difesa potrà ritenersi eccessiva solo in caso di esorbitanza manifesta.
  Ancor più profondo è l'intervento per quanto riguarda poi il particolare aspetto dell'esercizio del diritto di difesa nel domicilio e nei luoghi assimilati: in questa specifica fattispecie, innegabilmente la più delicata, il limite della proporzione viene eliminato tout court e viene introdotta la presunzione di esercizio del diritto di difesa. È di immediata evidenza, peraltro, come da tale modifica sia per derivare un fortissimo calo del numero delle iscrizioni nel registro degli indagati, poiché potrà verificarsi già prima facie la sussistenza del diritto di difesa.
  Fermi questi vincoli, la modifica qui proposta è densa di conseguenze.
  Anzitutto, possiede una sicura pregnanza dal punto di vista della prospettiva culturale, fortemente liberale e assai innovativa rispetto alle altre proposte attualmente in auge nel dibattito politico: tutte quante, infatti, nonostante le diverse forme sotto cui si presentano, non si emancipano dalla prospettiva paternalistica qui criticata.
  In secondo luogo, è fortemente rivoluzionaria nell'impianto, specialmente sul versante della difesa nel domicilio e nei luoghi assimilati. Per questa fattispecie sensibile, si è partiti dalla premessa che si tratta dell'esercizio di un diritto e se ne sono sviluppate tutte le conseguenze: la sussistenza del diritto di difesa esclude in radice la configurabilità del fatto come reato (laddove la logica della scriminante attualmente accolta agisce ex post, scriminando e dunque quasi «perdonando» un fatto altrimenti considerato antigiuridico) e viene posto a carico dell'accusa l'onere di provare l'assenza delle condizioni per il suo esercizio.
  La particolare attenzione all'onere della prova funge da correttivo rispetto ad alcuni orientamenti restrittivi seguiti sul punto dalla giurisprudenza, ad avviso dei quali «quando la configurabilità di cause di giustificazione sia stata allegata dall'imputato, è necessario procedere ad un'indagine sulla probabilità della sussistenza di tali esimenti: la presenza di un principio di prova o di una prova incompleta porterà all'assoluzione, mentre l'assoluta mancanza di prove al riguardo, o la esistenza della prova contraria, comporterà la condanna. Allorquando, nonostante tale indagine, non si sia trovata alcuna prova che consenta di escludere la esistenza di una causa di giustificazione, il giudizio sarà parimenti di condanna, qualora non siano stati individuati elementi che facciano ritenere come probabile la esistenza di essa o inducano comunque il giudice a dubitare seriamente della configurabilità o meno di una scriminante (cfr. Cass., sez. I, 8.7.1997, n. 8983, rv. 208473; Cass., sez. II, 4.7.2007, n. 32859, rv. 237758). Più recenti orientamenti, partendo dal presupposto che in tema di cause di giustificazione incombe sull'imputato, che deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell'operatività di un'esimente, se non un vero e proprio onere probatorio, inteso in senso civilistico, un compiuto onere di allegazione di elementi di indagine per porre il giudice nella condizione di accertare la sussistenza o quanto meno la probabilità di sussistenza dell'esimente, hanno evidenziato come la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all'applicazione di un'esimente, non può legittimare una pronuncia assolutoria, risolvendosi il dubbio sull'esistenza dell'esimente nell'assoluta mancanza di prova al riguardo (cfr. Cass., sez. VI, 12.2.2004, n. 15484, rv. 229446; Cass., sez. VI, 5.7.2012, n. 28115, rv. 253036; Cass., sez. VI, 21.3.2012, n. 18711, rv. 252636)» (così Corte di cassazione, sezione V penale, sentenza 17 aprile-16 settembre 2015, n. 37526).
  Di assoluta rilevanza, infine, per l'esercizio della legittima difesa nel domicilio e nei luoghi assimilati, è l'esclusione della punibilità dell'eccesso di difesa a titolo colposo. La modifica è ovviamente molto incisiva: sul versante del giudizio di disvalore, si circoscrive la riprovazione dell'ordinamento alle sole violazioni dolose dei limiti del diritto di difesa; sul versante probatorio, si eliminano tutte le difficoltà di dimostrare le infinite sfumature della colpa da parte di un soggetto, l'aggredito, il quale versa in una situazione obiettivamente eccezionale.

  Articolo 2. Obbligo per lo Stato di sostenere le spese di giustizia.

  Con l'articolo 2, la proposta di legge prevede a beneficio dell'indagato o dell'imputato che siano a carico dello Stato tutte le spese di giustizia e gli oneri comunque connessi al procedimento penale (dunque con riferimento sia alla fase delle indagini, sia a quella del giudizio) che si concluda con il riconoscimento dell'esercizio del diritto di difesa.
  La norma, in coerenza con il passaggio dalla legittima difesa come causa di esclusione dell'antigiuridicità alla difesa come diritto soggettivo vero e proprio, è volta a tenere indenne da ogni spesa il soggetto, indagato o imputato, al quale venga riconosciuto, all'esito del procedimento, il legittimo esercizio del diritto di difesa. Questo per l'elementare ragione che non possono porsi a carico di chi ha esercitato un suo diritto gli oneri derivanti da una contestazione della pubblica accusa che si riveli destituita di fondamento. Il criterio in parola, peraltro, non è altro che un'applicazione della regola della soccombenza, già applicata nel processo civile e amministrativo.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Diritto di difesa).

  1. L'articolo 52 del codice penale è sostituito dal seguente:

   «Art. 52. – (Diritto di difesa). – Esercita il diritto di difesa colui che commette il fatto per difendere un diritto proprio o altrui contro un pericolo attuale.
   È sempre riconosciuto il diritto di difesa a chi, nei casi di cui all'articolo 614, primo e secondo comma, reagisce a seguito dell'introduzione, anche tentata, nei luoghi ivi indicati senza il consenso dell'avente diritto o comunque con violenza alle persone o sulle cose ovvero con minaccia o con inganno.
   Nei casi di cui al primo comma, la difesa deve essere non manifestamente sproporzionata rispetto all'offesa.
   Nei casi di cui al secondo comma, il diritto di difesa si presume ed è esclusa la sussistenza del reato, anche colposo.
   Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove sia esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale».

Art. 2
(Spese di giustizia).

  1. Dopo l'articolo 5 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è inserito il seguente:

   «Art. 5-bis.(Spese nel caso di riconoscimento dell'esercizio del diritto di difesa).1. Tutte le spese di giustizia e gli oneri comunque connessi al procedimento penale nei riguardi di colui che ha esercitato il diritto di difesa ai sensi dell'articolo 52 del codice penale sono a carico dello Stato».

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