FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 649

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati BARTOLOZZI, MARROCCO, CANNIZZARO, D'ETTORE, MUGNAI, CARRARA, PELLA, CATTANEO, BENIGNI, SORTE, ROSSELLO, CANNATELLI, ANNA LISA BARONI, MUSELLA, APREA, FIORINI, MARIA TRIPODI, SIRACUSANO, BIGNAMI, FASCINA, PEDRAZZINI

Delega al Governo per l'istituzione del Tribunale superiore dei conflitti presso la Corte di cassazione

Presentata il 22 maggio 2018

Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge intende ridisegnare il quadro normativo concernente la risoluzione delle questioni e dei conflitti di giurisdizione nell'ordinamento italiano conferendoli all'istituendo Tribunale superiore dei conflitti.
Il conflitto di giurisdizione, come noto, intercorre tra giudici appartenenti a diversi ordini giudiziari, quale quello ordinario e quello speciale, che in ogni stato e grado del processo contemporaneamente prendono, o ricusano di prendere, cognizione di una medesima questione.
A norma dell'articolo 362 del codice di procedura civile, i conflitti di giurisdizione, siano essi positivi o negativi, possono essere sollevati in ogni fase del giudizio e la loro decisione spetta alla Corte di cassazione.
La risoluzione del conflitto di giurisdizione si conclude con l'indicazione dell'organo giurisdizionale competente a giudicare.
Inoltre, alla stregua di quanto stabilito dall'articolo 41 del codice di procedura civile, è riconosciuto alla pubblica amministrazione, laddove non sia parte in causa, il diritto di sollevare un conflitto di giurisdizione negativo, al fine di sottrarre al giudice adito la decisione della lite.
Orbene, l'attribuzione della risoluzione delle questioni di giurisdizione all'esclusiva cognizione della Corte di cassazione a sezioni unite ha determinato nell'ordinamento giuridico molteplici profili di contrasto tracimanti, tra l'altro, nell'esercizio del sindacato della Cassazione sull'eccesso di potere giurisdizionale dei giudici amministrativi e ciò sin dal celebre studio elaborato nel 1929 dai Presidenti della Cassazione e del Consiglio di Stato, D'Amelio e Romano, sino alle più recenti pronunce concernenti il superamento dei limiti esterni della giurisdizione nel caso di contrasto con il diritto dell'Unione europea come interpretato dalla Corte di giustizia della stessa Unione, così da precludere l'accesso alla tutela giurisdizionale (Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 953 del 2017).
La questione del riparto tra la giurisdizione ordinaria e quelle amministrative, ma soprattutto le modalità di risoluzione dei conflitti, peraltro accresciuti dall'ingente legislazione e dalle sempre più numerose forme di riconoscimento di giurisdizione esclusiva amministrativa, lasciano impregiudicata l'esigenza di una soluzione che superi l'attribuzione alla Corte di cassazione a sezioni unite della cognizione sulla risoluzione dei conflitti (M. Mazzamuto, Il riparto di giurisdizione. Apologia del diritto amministrativo e del suo giudice, Napoli, Editoriale scientifica, 2008).
Invero, dopo l'istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato e con l'abbandono del modello monistico adottato nel 1865 agli albori del nascente ordinamento giuridico nazionale, Ludovico Mortara auspicava il completamento del sistema di giustizia amministrativa nel solco del modello francese (L. Mortara, Per la istituzione di un tribunale supremo dei conflitti di giurisdizione, in Monitore dei tribunali, 1899, pagine 245-246).
Dalla riforma crispina, poi seguita da molti interventi legislativi sino a giungere al codice del processo amministrativo, l'evoluzione normativa – che ha un sistema di giustizia amministrativa tra i più moderni del mondo – ha lasciato impregiudicata la questione di un organismo giurisdizionale supremo, a composizione mista, per la risoluzione dei conflitti di giurisdizione.
Fermo restando quanto previsto dall'articolo 111, ottavo comma, della Costituzione «Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione», deve ritenersi che l'istituzione presso la Corte di cassazione del Tribunale superiore dei conflitti quale sezione suprema (analoga alle sezioni unite), a composizione mista, per la risoluzione delle questioni giurisdizionali, in sede sia preventiva sia di trattazione ordinaria, debba ritenersi compatibile con l'attuale assetto costituzionale della giurisdizione. Ciò anche con riguardo a quanto sancito dall'articolo 37, secondo comma, della legge n. 87 del 1953, il quale, sebbene sia conferita alla Corte costituzionale la materia dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, stabilisce che «Restano ferme le norme vigenti per le questioni di giurisdizione», con l'evidente obiettivo di non incidere sulle competenze della Cassazione in materia di giurisdizione, e dall'articolo 65 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941, che attribuisce alla Cassazione il compito di assicurare «il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni».
Se la nozione di giurisdizione ha subìto una chiara evoluzione – da ambito attributivo della potestas iudicandi, concepita quale «quantum» della giurisdizione ripartita tra i diversi giudici, a «somministrazione della tutela giurisdizionale» (Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 30254 del 2008) – non può tuttavia revocarsi in dubbio che il prolungarsi, spesso tardivamente risolto, di questioni inerenti alla giurisdizione si risolva in un pregiudizio per la stessa tutela giurisdizionale dei diritti sancita dalla Costituzione (articolo 24), ma anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (articolo 6) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (articolo 47).
Il processo, anche quando determina l'insorgere di questioni attinenti alla giurisdizione, deve contemperare armoniosamente l'istanza di una giustizia non frettolosa né sommaria con l'istanza di una giustizia amministrata senza ritardo e nella certezza e non contraddizione del diritto.
La presente proposta di legge si pone, infatti, l'obiettivo di trovare il punto di equilibrio fra le esigenze di celebrazione di un giudizio conforme a giustizia e quelle, altrettanto rilevanti, di un processo celere e spedito in ossequio agli orientamenti del Giudice delle leggi i quali, oltre a riconoscere un «interesse generale ad una sollecita definizione delle controversie» (Corte costituzionale, Sentenza n. 196 del 1986), hanno ripetutamente affermato che «l'interesse a che i processi siano portati a compimento entro congrui termini va annoverato tra i valori costituzionali da coordinare con il diritto di difesa» dal momento che la tutela giurisdizionale garantita a tutti dall'articolo 24, primo comma, della Costituzione può qualificarsi effettiva solo se tempestiva e, quindi, solo se la «distensione diacronica» del procedimento giurisdizionale viene contenuta nei limiti strettamente necessari ad assicurare una decisione conforme a giustizia (Corte costituzionale, sentenza n. 345 del 1987).
Se è innegabile che il processo è destinato a dispiegarsi nel tempo, nel contesto della sua insopprimibile e fisiologica durata, è parimenti incontrovertibile che deve incentrarsi su orientamenti certi, nitidi e chiari che possano fugare, sin dal suo insorgere, questioni sulla pertinenza della giurisdizione del giudice competente ad amministrare la giustizia nel caso concreto.
Se i più recenti interventi normativi hanno condotto a scongiurare l'utilizzo strumentale delle questioni di giurisdizione nel corso del processo e garantito il principio della continuità della pretesa azionata attraverso la traslatio iudicii, non può sottacersi che l'evoluzione della legislazione ha determinato una demarcazione sempre meno chiara dei confini tra le giurisdizioni anche con l'attribuzione di fattispecie di giurisdizione esclusiva spesso in modo non perfettamente lineare.
La soluzione prospettata di una sezione suprema a composizione mista in seno alla Corte di cassazione consente di confermare il compito di quest'ultima quale giudice delle violazioni dei princìpi regolatori del giusto processo (articolo 360-bis, numero 2), del codice di procedura civile), applicabili anche al processo amministrativo, come si desume sia dall'articolo 111, secondo comma, della Costituzione («Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale»), sia dall'articolo 39 del codice del processo amministrativo, che fa espresso rinvio alle «disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali» per «quanto non disciplinato dal presente codice».
Un'interpretazione restrittiva sui limiti esterni del sindacato sull'eccesso di potere giurisdizionale è adesso stata delineata dalla recente sentenza della Corte costituzionale (n. 6 del 2018) secondo la quale:

la tesi che il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, previsto dall'ottavo comma dell'articolo 111 della Costituzione avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, comprenda anche il sindacato sugli errores in procedendo o in iudicando, non può qualificarsi come una interpretazione evolutiva, poiché non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale, com'è evidente nella contrapposizione tra il settimo comma dell'articolo 111, che prevede il generale ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze degli altri giudici, e l'ottavo comma, ove si specifica che il ricorso avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti è ammesso per i «soli» motivi inerenti alla giurisdizione (Corte costituzionale, sentenze n. 204 del 2004 e n. 77 del 2007);

non sono qualificabili come propriamente di giurisdizione le questioni attinenti al rispetto dei princìpi di primazia del diritto europeo, di effettività della tutela, di giusto processo e di unità funzionale della giurisdizione; infatti, con il richiamo alla violazione delle norme dell'Unione europea o della CEDU si vuol ricondurre al controllo di giurisdizione un motivo di illegittimità, sia pure particolarmente qualificata, che vi è estraneo; non vi è dubbio che debbano essere garantiti i princìpi di effettività della tutela e del giusto processo, ma a cura degli organi giurisdizionali a ciò deputati dalla Costituzione e non in sede di controllo sulla giurisdizione; mentre è privo di fondamento il richiamo al principio di unità della giurisdizione, stante la non coincidenza fra unità funzionale e unità organica;

l’«eccesso di potere giudiziario», denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, cioè quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento), nonché alle ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su una materia attribuita a un'altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici;

il concetto di controllo di giurisdizione non può essere esteso con riferimento a sentenze «abnormi» o «anomale» ovvero in casi in cui si sia in presenza di uno «stravolgimento», a volte definito radicale, delle «norme di riferimento», poiché attribuire rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio è, sul piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriero di incertezze, in quanto affidato a valutazioni contingenti e soggettive, sicché alla stregua del così precisato ambito di controllo sui «limiti esterni» alla giurisdizione non è consentita la censura di sentenze con le quali il giudice amministrativo o contabile adotti una interpretazione di una norma processuale o sostanziale tale da impedire la piena conoscibilità del merito della domanda.

Si tratta di una pronunzia giurisprudenziale che, seppur importante e proficua al fine di ricondurre tale peculiare sindacato al corretto riparto tra giurisdizioni, lascia impregiudicata l'esigenza di individuare un «arbitro imparziale» della giurisdizione composto da giudici provenienti dalle diverse giurisdizioni, nel solco della risalente esperienza francese del Tribunal des conflits.
La presente proposta di legge, con l'unico articolo di delega legislativa, nell'ottica della concentrazione e dell'economia dell'attività processuale, intende istituire il Tribunale superiore dei conflitti quale sezione suprema della Corte di cassazione a composizione mista (dodici membri, di cui sei magistrati della Corte di cassazione, tre del Consiglio di Stato e tre della Corte dei conti) prevedendo che la presidenza del Tribunale venga attribuita, a turno, ai magistrati dei tre ordini con rotazione annuale.
Una specifica disciplina viene poi prevista sia per il regolamento preventivo di giurisdizione, anche nella peculiare forma ad iniziativa della pubblica amministrazione, sia per la cognizione delle sole questioni inerenti alla giurisdizione.
È altresì contemplata la figura del regolamento di giurisdizione d'ufficio, attribuendo al giudice indicato come fornito di giurisdizione, a seguito di declinatoria del giudice adito, davanti al quale sia riassunta la causa, il potere di sollevare d'ufficio la questione davanti al Tribunale superiore dei conflitti.
Al fine di non determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si prevede che l'assegnazione dei giudici al Tribunale superiore dei conflitti avvenga da parte degli organi di autogoverno delle magistrature nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, attraverso la riorganizzazione e la razionalizzazione degli uffici esistenti e fermi restando i limiti complessivi delle rispettive dotazioni organiche.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti l'istituzione del Tribunale superiore dei conflitti mediante novelle al codice di procedura civile, al codice di procedura penale, al codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, al codice di giustizia contabile, di cui al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, e alle disposizioni sul processo tributario previste dal decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituire presso la Corte di cassazione il Tribunale superiore dei conflitti quale organo giurisdizionale supremo per la risoluzione delle questioni di giurisdizione insorte nei giudizi civili, penali, amministrativi, contabili, tributari e dei giudici speciali;

b) attribuire in via esclusiva al Tribunale superiore dei conflitti la cognizione dei conflitti di giurisdizione e del regolamento preventivo di giurisdizione provvedendo alla razionalizzazione della disciplina di tali conflitti;

c) prevedere che il ricorso al Tribunale superiore dei conflitti sia ammissibile anche quando miri alla statuizione del difetto di giurisdizione di qualsiasi giudice;

d) prevedere le modalità attraverso le quali il prefetto, nel caso in cui la pubblica amministrazione non sia parte in causa, possa richiedere, in ogni stato e grado del processo e finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato, che il Tribunale superiore dei conflitti dichiari il difetto di giurisdizione del giudice a causa dei poteri attribuiti alla pubblica amministrazione;

e) stabilire la composizione del Tribunale superiore dei conflitti nel numero di dodici membri, di cui sei magistrati della Corte di cassazione, tre del Consiglio di Stato e tre della Corte dei conti, prevedendo che la presidenza venga attribuita a turno ai magistrati dei tre ordini con rotazione annuale;

f) prevedere che l'assegnazione dei giudici al Tribunale superiore dei conflitti avvenga da parte degli organi di autogoverno delle magistrature nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, attraverso la riorganizzazione e la razionalizzazione degli uffici esistenti, senza determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e fermi restando i limiti complessivi delle rispettive dotazioni organiche;

g) prevedere che i magistrati assegnati al Tribunale superiore dei conflitti esercitino le relative funzioni in via esclusiva;

h) stabilire l'intervento della Procura generale della Corte di cassazione nel giudizio di fronte al Tribunale superiore dei conflitti;

i) prevedere che la segreteria del Tribunale superiore dei conflitti sia istituita presso la Corte di cassazione;

l) disciplinare il rito del procedimento attribuito al Tribunale superiore dei conflitti secondo criteri di uniformità, speditezza e semplificazione, con specifica attenzione alla garanzia del contraddittorio tra le parti;

m) prevedere che l'udienza di trattazione possa tenersi con l'intervento non obbligatorio del procuratore generale e la possibilità di requisitoria in forma scritta e di interlocuzione, parimenti per iscritto, da parte dei difensori;

n) prevedere il regolamento di giurisdizione d'ufficio attribuendo al giudice indicato come fornito di giurisdizione, a seguito di declinatoria del giudice adito, davanti al quale sia riassunta la causa, il potere di sollevare d'ufficio la questione davanti al Tribunale superiore dei conflitti;

o) stabilire che le statuizioni del Tribunale superiore dei conflitti indichino definitivamente, oltre all'estinzione del giudizio a quo, il giudice legittimato in ordine alla controversia, davanti al quale le parti possono riassumere il processo con conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda;

p) stabilire la proponibilità del rimedio del regolamento preventivo di giurisdizione innanzi al Tribunale superiore dei conflitti finché non sia intervenuta una decisione sulla causa in sede cautelare o di merito;

q) prevedere l'adozione di misure cautelari, nel giudizio sospeso a seguito del regolamento di giurisdizione, a meno che il giudice non ritenga insussistente la propria giurisdizione e che la dichiarazione di una delle parti di voler proporre il regolamento di giurisdizione impedisca al giudice remittente, in sede di decisione della domanda cautelare, di definire il giudizio con sentenza, concedendo un termine di rinvio per consentire la proposizione del regolamento di giurisdizione e la contestuale fissazione della data per il prosieguo della trattazione;

r) stabilire, nel caso di regolamento incidentale di giurisdizione, che il giudice davanti a cui pende la causa sospenda con ordinanza motivata il processo soltanto se non ritenga l'istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata, individuando i termini e le forme di riassunzione di fronte al giudice legittimato a seguito della pronuncia sulla giurisdizione;

s) prevedere che i provvedimenti giurisdizionali del Tribunale superiore dei conflitti che decidono sulla giurisdizione, resi sia in sede di regolamento sia in sede di ricorso ordinario, siano adottati sulla base di modelli sintetici di motivazione, se del caso mediante rinvio a precedenti, laddove le questioni non richiedano una diversa estensione degli argomenti;

t) prevedere che la pronuncia sulla giurisdizione resa dal Tribunale superiore dei conflitti è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in un altro processo;

u) prevedere l'emanazione delle necessarie norme transitorie, di attuazione e di esecuzione, nonché di coordinamento con le disposizioni vigenti in materia di conflitti di giurisdizione e di tutte le altre norme integrative che il nuovo ordinamento renda necessarie.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, sentite le competenti Commissioni parlamentari. I pareri sono resi nel termine di quarantacinque giorni dall'assegnazione, decorsi i quali i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Qualora il termine di cui al secondo periodo del presente comma scada nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dall'alinea del comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo termine è prorogata di sessanta giorni.
3. Il Governo, con la procedura indicata nel comma 2, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio delle deleghe e nel rispetto dei pertinenti princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi.
4. All'attuazione delle disposizioni del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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