XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 16 di mercoledì 30 novembre 2022

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO COLUCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 59, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,38).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione delle mozioni Conte ed altri n. 1-00010, Zanella ed altri n. 1-00020, Richetti ed altri n. 1-00022, Serracchiani ed altri n. 1-00025 e Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031 concernenti iniziative in relazione al conflitto tra Russia e Ucraina.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Conte ed altri n. 1-00010, Zanella ed altri n. 1-00020, Richetti ed altri n. 1-00022, Serracchiani ed altri n. 1-00025 e Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031 concernenti iniziative in relazione al conflitto tra Russia e Ucraina (Vedi l'allegato A).

Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di martedì 29 novembre 2022, è stata presentata la mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, che è già stata iscritta all'ordine del giorno.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Giorgio Silli, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

GIORGIO SILLI, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale.

Grazie, signor Presidente. Mi permetta un piccolo intervento per introdurre i pareri del Governo. Il punto di partenza chiaro e inequivocabile è la nostra ferma condanna dell'aggressione russa all'Ucraina, che consideriamo una gravissima violazione della Carta delle Nazioni Unite e dell'ordine internazionale. Per le stesse ragioni, sosteniamo convintamente l'Ucraina, la sua popolazione, la sua integrità territoriale, la sua sovranità, la sua indipendenza e la sua libertà.

Sosteniamo anche la sua resilienza in ogni ambito - politico, umanitario, finanziario - e la sua legittima difesa, secondo quanto prevede l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, e la difesa delle sue infrastrutture critiche, colpite da ignobili bombardamenti indiscriminati. Sosteniamo, inoltre, il suo percorso europeo e la sua futura ricostruzione. Vi sono state donazioni dirette per 110 milioni di euro e contributi ai principali organismi umanitari internazionali e alle organizzazioni della società civile italiane che hanno superato i 41 milioni di euro: questo il nostro sostegno umanitario al popolo ucraino. Con il Fondo migrazioni della Farnesina abbiamo finanziato tre progetti, sviluppati con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e l'UNICEF, del valore totale di 20 milioni di euro, dedicati ai minori e ai più fragili. Un ulteriore progetto, volto a supportare le autorità ucraine nella gestione degli sfollati interni, è in via di definizione. Gli attacchi contro i civili e contro le infrastrutture critiche, tra cui quelle energetiche, ci preoccupano ancor di più con l'arrivo dell'inverno e le sue rigide temperature. Siamo attivi in tutti i coordinamenti volti a garantire la tenuta delle infrastrutture critiche e civili ucraine.

Il Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, ha partecipato proprio ieri, 29 novembre, alla riunione straordinaria dei Ministri degli Esteri in formato G7+, dedicata al tema. Stiamo, inoltre, lavorando in vista della Conferenza di Parigi del 13 dicembre.

Diverse realtà italiane hanno già effettuato importanti donazioni di gruppi elettrogeni, materiali elettrici e commutatori automatici, e altre forniture richieste dagli ucraini per intervenire sulla loro rete. Agiamo anche in coordinamento con i partner europei nel contesto del Meccanismo UE di Protezione civile. Abbiamo messo a disposizione l'esperienza della nostra Protezione civile, una delle migliori al mondo, per aiutare gli sfollati.

Sotto il profilo finanziario, l'Italia ha sostenuto il bilancio dell'Ucraina con un prestito da 200 milioni di euro. Inoltre, abbiamo sempre sostenuto la decisione della Commissione europea relativa al programma di assistenza finanziaria macroeconomica eccezionale (AMF). La recente proposta della Commissione di un nuovo pacchetto di assistenza macro-finanziaria da 18 miliardi di euro per coprire una parte significativa del fabbisogno dell'Ucraina fino al 2023 va in questa direzione.

Roma sostiene Kiev nel suo percorso di avvicinamento all'Unione europea, a cui ha contribuito attivamente, appoggiando l'ottenimento dello status di Paese candidato. La ricostruzione del Paese sarà un importante banco di prova. Puntiamo ad un progetto di ampio respiro, in spirito di solidarietà verso il popolo ucraino, cui non faremo mancare il contributo dell'Italia, come abbiamo già segnalato concretamente e ripetutamente in occasione delle Conferenze di Lugano, a luglio, e di Berlino, il 25 ottobre. Parallelamente, manteniamo insieme ai nostri partner una pressione senza precedenti su Mosca, affinché faccia cessare le ostilità e ritiri immediatamente le sue forze dal territorio ucraino. C'è bisogno di più Europa anche per assicurare maggiore stabilità nei Balcani occidentali e contrastare l'influenza russa. È anche cruciale, quale condizione fondamentale per la pace, il ruolo di Stati Uniti, Cina e Turchia. Siamo determinati a far lievitare i costi delle sue gravi violazioni, tramite le misure restrittive imposte dall'Unione europea, isolando la Russia nei contesti multilaterali, favorendo risoluzioni di condanna delle sue brutali azioni e attivando meccanismi volti ad accertarne le responsabilità. A ciò si aggiunge il sostegno agli sforzi per appurare la verità sui crimini internazionali commessi in Ucraina, portando i responsabili dinanzi alla giustizia, in particolare davanti alla Corte penale internazionale. I persistenti bombardamenti a tappeto dimostrano, purtroppo, che la Russia non sembra pronta a negoziare seriamente. Questo non vuol dire che abbiamo rinunciato a sostenere ogni possibile percorso o canale volto a facilitare la comunicazione e l'interlocuzione tra le parti. Al contrario, lavoriamo per mantenere aperta la via della pace. Ma ciò non può, appunto, prescindere dal sostegno all'Ucraina. Il nostro obiettivo è, infatti, una pace giusta e sostenibile, sulla base della Carta ONU e dell'indipendenza dell'Ucraina. Non può esserci pace senza giustizia. Oltre al susseguirsi di scambi di prigionieri, che testimoniano un incoraggiante perdurare di contatti diretti tra Kiev e Mosca, altri esempi riguardano il tema della sicurezza alimentare e quello della sicurezza nucleare. Sulla sicurezza alimentare, abbiamo appoggiato l'impegno internazionale che ha portato alla firma e al recente rinnovo dell'Accordo sul grano di Istanbul e alla creazione dei corridoi di solidarietà europei, che auspichiamo possano continuare in maniera costante e coesa. Il Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari esteri Tajani ha appena firmato una delibera per destinare 2 milioni di euro alle attività del Programma alimentare mondiale, nel quadro dell'iniziativa Grain from Ukraine, lanciata dal Governo ucraino. Sulla sicurezza nucleare, il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, Grossi, ha il nostro incondizionato sostegno nella mediazione tra Kiev e Mosca, per istituire una zona di protezione sicura attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Il confronto tra Occidente e Russia non riguarda esclusivamente le future intese e garanzie atte a preservare e tutelare la sicurezza dell'Ucraina, ma investe anche e soprattutto la ridefinizione del complessivo quadro strategico europeo successivo alla guerra fredda. È un tema, quello della configurazione di una nuova architettura di sicurezza europea condivisa e inclusiva, che merita rinnovata attenzione e crescente impegno. Lo ripeto: solo una pace giusta in Ucraina potrà consentire di ricostruire le fondamenta di quella fiducia reciproca, così gravemente compromessa da Mosca, e da Minsk che la sostiene, su cui poter costruire orizzonti di stabilità e sviluppo per tutto il continente europeo. In gioco sono i valori fondanti dell'Europa e lo stesso ordine internazionale. In gioco sono la nostra stessa libertà e le nostre democrazie (Applausi). Signor Presidente, ho concluso. Procedo ad esprimere i pareri del Governo. Sulla mozione Conte ed altri n. 1-00010, parere contrario. Sulla mozione Zanella ed altri n. 1-00020, parere contrario. Sulla mozione Richetti ed altri n. 1-00022, il Governo si rimette all'Aula. Sulla mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025, il Governo si rimette all'Aula. Sulla mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà, per 7 minuti.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, signor Presidente. Onorevole sottosegretario, queste mozioni, in una parte consistente, rispondono tutte a valutazioni comuni che riguardano il ruolo maggiore da attribuire all'Unione europea. Anche lei, sottosegretario, ha richiamato la necessità di più Europa. Un rinnovato auspicio perché le Nazioni Unite possano assumere un ruolo in questa vicenda. Certamente tutti noi cittadini europei, così vicini a questa guerra brutale, auspichiamo un percorso di pace, un rinnovato quadro di sicurezza e pace, nel solco rinnovato degli Accordi di Helsinki. Tutti quanti noi auspichiamo una continuità nell'assistenza umanitaria al popolo e alle istituzioni ucraine. Tutti quanti dobbiamo essere pronti, se le cose proseguiranno come stanno andando avanti oggi, ad un ulteriore sforzo in ambito nazionale ed europeo per accogliere i rifugiati.

Tutti quanti siamo d'accordo sulla necessità di supportare, in queste ore drammatiche dell'inverno che è arrivato in Ucraina, dei mezzi necessari alla produzione di energia elettrica, anche attraverso generatori. Tutti quanti siamo d'accordo nello stigmatizzare quello che sta avvenendo intorno o dentro le centrali nucleari. Tutti quanti, mi auguro, continuiamo ad essere concordi sul fatto che c'è un solo responsabile di quello che sta accadendo, c'è un solo responsabile di questa brutalità, c'è un solo responsabile della distruzione delle infrastrutture civili, della distruzione della rete elettrica ucraina, del fatto che a Kiev, in pieno inverno, c'è la corrente elettrica per tre ore. C'è un solo responsabile del disastro umanitario, delle vite civili e militari distrutte da questa guerra insensata, irragionevole e immotivata, da questa brutale aggressione, e l'unico responsabile di tutto questo è Vladimir Putin. Leggendo le mozioni, tuttavia, mi sembra di capire che su queste cose noi siamo, sia pure con accenti diversi, abbastanza concordi in quest'Aula. C'è un tema, però, che è il tema vero delle decisioni che anche questa Camera, le Camere dovranno prendere entro la fine dell'anno. Credo che il Governo abbia fatto bene a ritirare un emendamento riguardo alla prosecuzione del supporto militare all'Ucraina in un provvedimento che parlava di tutt'altro. Il Governo ha fatto bene a ipotizzare, credo già nelle prossime ore, un decreto ad hoc, e credo che questa Camera debba riconoscere l'impegno del Governo a un confronto serio, appropriato e quindi a rispondere nei tempi necessariamente ristretti all'iter di questo decreto.

Quello che, invece, ci divide è il tema del sostegno militare all'Ucraina, alla difesa ucraina. Credo che questo sia il vero tema di queste mozioni e non è un tema eludibile. In queste ore continua il bombardamento violento, brutale da parte di Putin, da parte dell'aggressore russo, sulle infrastrutture civili. Il tema vero di discussione è questo che si è posto ieri anche in sede NATO evocando la possibilità di attrezzare la difesa ucraina con sistemi antimissili tipo Patriot. Per quel che ci riguarda, che riguarda +Europa, il giudizio sulle mozioni, nella lettera, ma anche nello spirito - ascolteremo gli interventi - si basa su questo principio, perché questo è in discussione e questo è il confronto politico. Penso che l'Italia debba proseguire nel solco di quanto fatto con grande serietà dal Governo precedente, dal Governo Draghi, ad assistere, anche in termini difensivi con l'invio di strumenti di difesa, di armamenti di difesa, le istituzioni e il popolo ucraino. Sarebbe oggi, da parte nostra, a distanza di tanti mesi dall'avvio della guerra, una resa a Putin dismettere lo sforzo di aiuto militare a Kiev. È quello che Putin si aspetta, è la vera ragione di questa escalation militare, che c'è e proviene da una parte sola, cioè dalla Russia di Putin. Putin scommette sulla fatica dei Parlamenti e delle pubbliche opinioni europee e occidentali. La risposta che noi dobbiamo dare è, invece, quella di un proseguimento del sostegno, finché si possa arrivare, attraverso il rafforzamento della difesa ucraina, a creare le condizioni per un negoziato vero di pace, che non può essere la resa dell'Ucraina, che non può essere radere al suolo le infrastrutture civili. Il nostro giudizio e il nostro voto - concludo, Presidente - sarà un voto positivo alle mozioni che affrontano senza infingimenti il tema vero che abbiamo di fronte oggi e che avremo quando arriverà il decreto: proseguire o no il sostegno militare all'Ucraina nel solco di quanto fatto dal Governo precedente. Per noi bisogna proseguire nell'assistenza militare alla resistenza ucraina.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cesa. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

LORENZO CESA (NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, colleghe e colleghi, signori rappresentanti del Governo, come tutti sappiamo, la guerra in Ucraina non è un conflitto locale: è una guerra di libertà che coinvolge tutto il mondo, ma soprattutto, lo sappiamo, coinvolge noi europei. Per questo riteniamo che l'unica scelta percorribile per il nostro Paese sia quella dell'indiscussa vicinanza al popolo ucraino, in conformità agli accordi e alle alleanze internazionali di cui l'Italia è parte integrante da sempre ed al solo fine di proteggere un Paese aggredito nel totale dispregio delle norme del diritto internazionale. L'Italia, come sancisce in maniera chiara la nostra Costituzione, ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, ma non può, non vuole e non deve rimanere estranea al grido di dolore che si leva da chi, senza colpa, subisce attacchi, lutti, violenze e sofferenze inaudite.

La storia ci ha insegnato come tollerare violazioni gravissime del diritto internazionale non abbia mai evitato l'allargarsi di conflitti; conflitti che oggi, purtroppo, avvengono di nuovo nel territorio europeo. Per questo rivolgiamo un invito al Governo a continuare ad esercitare, nel rispetto delle linee individuate a livello internazionale, ogni iniziativa volta a ricucire al più presto una sospensione del conflitto, per evitare ulteriori spargimenti di sangue. In quest'ottica si ritiene ovviamente necessario adeguare le spese per la difesa al 2 per cento del prodotto interno lordo, come auspicato nel documento e come avviene nella gran parte dei Paesi europei e dei Paesi della NATO. Onorevoli colleghi, sappiamo tutti che oltre 10 milioni di ucraini hanno abbandonato le proprie case e che metà del territorio ucraino è privo di luce e di riscaldamento, con temperature che sfiorano in questi giorni meno 10 gradi.

Migliaia di morti, centinaia di fosse comuni, bombardamenti indiscriminati, una immensità di bambini che non sognano più. Questa è la guerra voluta da Putin sulla pelle di migliaia di giovani soldati russi, mandati a morire molte volte anche inconsapevolmente. Non è vero, oggi sappiamo con certezza, che l'Europa non abbia tentato di evitare questa tragedia. Diversi i tentativi, non ultimo, prima dell'aggressione del 24 febbraio, quelli posti in essere dal Presidente francese, Macron, a nome dell'Unione europea, quale Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea, ma, di fronte a questa terribile invasione, l'Europa ha saputo reagire in modo compatto e determinato. Noi italiani, come i partner europei e NATO, abbiamo offerto il nostro supporto al popolo ucraino, e questo solo per aiutarlo a difendersi.

Signor Presidente, appartengo, come tutti i presenti in quest'Aula, ad una generazione fortunata, che ha goduto della pace per quasi 80 anni. Ho visto a fine anni Cinquanta e negli anni Sessanta la ricostruzione del nostro Paese dopo le macerie della guerra. Ho assistito, nel 1989, al crollo del muro di Berlino come momento simbolico della libertà contro l'oppressione. Ho sperato, dopo la caduta del muro di Berlino, di non vedere più muri. Lo dico perché sono stato più volte a Berlino prima del 1989 e ho visto il muro di Berlino e quello che c'era al di là del muro di Berlino, e quelle immagini ti restano per la vita. Ecco perché dico che ho sperato, dopo la caduta del muro di Berlino, di non vedere più muri né sofferenze.

Per questo motivo, mi creda signor Presidente, cari colleghi, vivo con rammarico, pur capendone le ragioni, l'annuncio del Governo finlandese di rivolere costruire un muro al confine con la Russia. La storia, come ho detto, ci ha sempre insegnato molto e noi sappiamo, grazie al sacrificio di migliaia di italiani nell'epopea straordinaria della Resistenza e della guerra di liberazione, che nulla può convincere un popolo ad arrendersi se quel popolo è compatto e determinato nel voler resistere.

Ecco perché guardiamo e sosteniamo con favore tutte le iniziative volte a non spegnere quella speranza, nella convinzione che non possiamo assistere impotenti e che non possiamo accettare che gli ucraini siano sopraffatti dagli invasori. Vogliamo continuare a sostenere gli ucraini, perché difendere la libertà - e questo dovrebbe essere un valore che appartiene a tutta quest'Aula - non ha alcun colore politico e tutti ricordiamo che si tratta, peraltro, di una decisione già presa dal precedente Esecutivo. Allo stesso tempo, però, vogliamo favorire i negoziati per un cessate il fuoco. Su questo punto mi permetto di citare il Santo Padre, che, in queste ore, ha confermato con forza la volontà della Santa Sede di lavorare per una soluzione diplomatica.

Il sostegno alla lotta per la libertà e la via della mediazione sono due linee di politica estera assolutamente compatibili. Se l'Italia, invece, si sottraesse alle sue responsabilità, rischierebbe di trasmettere un messaggio che, paradossalmente, potrebbe persino alimentare nuove mire espansionistiche da parte di Paesi senza scrupoli.

Nella drammaticità della situazione ucraina, è emersa chiaramente non solo la volontà della comunità internazionale di aiutare gli ucraini, ma anche l'intendimento del mondo libero di evitare ogni possibile ampliamento dell'area del conflitto. Basti pensare a quello che è successo con il missile lanciato sulla Polonia e come è stata utilizzata, sia dagli americani, sia dall'Europa, una politica per non espandere quella situazione.

In questi giorni, dopo la liberazione da parte del territorio da parte degli ucraini (circa il 55 per cento del territorio è stato riconquistato dagli ucraini), i russi hanno deciso di approfittare del generale inverno, ricorrendo a massicci bombardamenti, soprattutto presso i siti di rifornimento di luce e gas, al fine di stremare la popolazione inerme. Dobbiamo, pertanto, insistere nel favorire colloqui tra le parti coinvolte, magari portando nell'alveo naturale delle Nazioni Unite la questione e cercando di trovare in quel consesso la chiave diplomatica per giungere ad un cessate il fuoco. Dobbiamo però, al contempo, sollecitare l'Unione europea - proprio noi che ne siamo tra i Paesi fondatori - a non far prevalere sul piano economico gli egoismi e i tatticismi nazionali, perché accantonare adesso quella solidarietà dimostrata finora nei confronti degli ucraini, solidarietà che ci ha permesso, negli ultimi due anni, di superare la pandemia, rilanciando l'economia europea, sarebbe un errore fatale. Le spinte nazionalistiche e il voler far da soli, non solo riporterebbero indietro le lancette del tempo, ma indebolirebbero ulteriormente nello scacchiere internazionale il ruolo dell'Europa e questo non ce lo possiamo permettere, come Europa e come Italia, in un mondo globalizzato.

Per concludere, signor Presidente, per le ragioni che ho fin qui esposto, il gruppo di Noi Moderati voterà favorevolmente sulla mozione presentata dalla maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nicola Fratoianni. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, signori del Governo, l'onorevole Della Vedova, poco fa, ha detto in quest'Aula che ciò che ci divide in verità è il giudizio sul sostegno militare, sull'invio delle armi in Ucraina.

È vero solo in parte e lo dice chi, in questo Parlamento, fin dall'inizio, in solitudine, ma in modo trasparente, ha detto “no” a quella scelta. Ciò che ci divide - vedete, colleghi e colleghe - mi pare essere qualcosa di più rilevante ed è il giudizio sull'efficacia di uno strumento, sulla capacità della nostra iniziativa politica complessiva di raggiungere l'obiettivo che qui, sì, tutti e tutte dichiariamo di voler raggiungere il prima possibile, cioè il cessate il fuoco, la pace, la fine della guerra, la fine degli orrori, l'interruzione della catena che ogni giorno si allunga, la catena dei lutti, della disperazione e della morte. Tutti siamo convinti e convinte che questo sia l'obiettivo, ma su come arrivarci - qui sì - c'è un punto di divergenza.

Allora, chi sostenne fin dall'inizio, a differenza di me, la necessità di inviare le armi in Ucraina - ed era la stragrande maggioranza di questo Parlamento - e anche coloro che oggi ripensano a quelle scelte allora dissero “sì” all'invio delle armi e mi dissero: “Vedi, tu sbagli perché, invocando la trattativa e mettendo al centro l'iniziativa diplomatica, non vedi che, in assenza di un sostegno militare, Putin si mangerà l'Ucraina in poche ore e, dunque, nessuna trattativa sarà neanche immaginabile”. Fu quella la tesi avanzata allora, alla quale provai e provammo a rispondere, alimentando un elemento di interlocuzione. Senza banalizzare, siamo di fronte a una guerra. Non è tema su cui è possibile esercitare la passione di una tifoseria che banalizza e rimuove la complessità della politica e del problema che abbiamo davanti. Oggi - e qui c'è la domanda fondamentale che questo Parlamento dovrebbe farsi e che non può essere rimossa in una semplice dicotomia: “sì” o “no” -, dopo nove mesi di guerra, dopo centinaia di migliaia di morti, con le stime che dicono 100 mila soldati russi e altrettanti ucraini, dopo decine di migliaia di civili morti, i più incolpevoli e i più deboli, dopo milioni di profughi, dopo nove mesi in cui ogni giorno aumenta il rischio in un'escalation drammatica, il rischio nucleare, quello della guerra e quello dell'incidente provocato dai bombardamenti intorno alla centrale di Zaporizhzhia, dopo nove mesi in cui milioni e milioni di profughi sono costretti a lasciare nella disperazione le loro case, dopo nove mesi in cui il conflitto produce una drammatica crisi alimentare a livello globale, conseguenze economiche e sociali disastrose e alimenta una crisi energetica drammatica, ebbene dopo nove mesi - e qui c'è la domanda - in cui è capitato di tutto - e dirò qualcosa su questo - c'è qualcuno che è in grado di spiegare a noi quando arriva il momento in cui l'equilibrio sul campo, garantito agli armamenti e dalla via militare, renderà finalmente possibile un cambio di passo, con un'iniziativa diplomatica, una proposta di pace o un tavolo negoziale? Quando arriva quel momento? Perché, badate, mentre si rilancia come unica strada quella dell'escalation militare, le voci critiche si moltiplicano. L'ultima è quella del capo dello stato maggiore americano, Mark Milley che dice in modo chiaro - sapete, i militari poi sono più pragmatici, fanno poche chiacchiere - che oggi non c'è credibilmente una possibilità di risolvere per via militare questo conflitto. Dunque, qui cade la retorica della discussione che ha accompagnato il dibattito anche in questo Paese, la retorica della vittoria, la retorica delle armi fino alla vittoria come soluzione per la conquista della pace. Quella retorica è semplicemente infondata, ipocrita e, in fondo, non si misura con la dimensione drammatica del problema che abbiamo di fronte. Allora, badate, signori e signore del Governo, colleghe e colleghi, occorre oggi un cambio di passo. Intanto, occorrerebbe un cambio di passo sul terreno della narrazione, perché ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori in questi mesi.

Avete cercato gli amici e le amiche di Putin tra i pacifisti, nelle file dell'ANPI, dell'ARCI, dei Beati i costruttori di pace, nel cattolicesimo moderato e popolare; avete cercato gli amici e le amiche di Putin lì, quando era ben chiaro dove andarli a trovare. In parte, stanno con voi, nelle fila di questo Governo, stanno nelle schiere della destra italiana e internazionale, lì, ci sono gli amici e le amiche di Putin e ci sono sempre stati, perché Putin è un uomo di destra, un nazionalista di destra, amico delle destre. Era inutile cercarli altrove; avete perfino ridicolizzato la parola “pace”, file di editoriali che se la prendevano con gli striscioni. “Cessate il fuoco”, che slogan impronunciabile; cessate il fuoco, le uniche parole possibili di fronte al dramma della guerra.

Avete costruito, attorno a questa guerra, una retorica insopportabile, perché insopportabile è la retorica sulla guerra, sempre, ancor di più quando dà la caccia alla pace, invece che alla guerra, quando se la prende con chi chiede la fine dei combattimenti, invece che con chi li alimenta; è insopportabile quella retorica, quella retorica che si manifesta nell'orgia di un richiamo un po' banale all'atlantismo sacrificato più di ogni altra cosa, all'europeismo come condizione di una prospettiva autonoma di questo continente, la retorica della guerra dei valori affidata a un sistema di alleanze il cui campione oggi è quel Presidente turco, Erdoğan, che, con i valori liberali occidentali, ha davvero poco a che spartire. Erdoğan, il dittatore, quello che reprime donne, intellettuali, professori universitari, che ora, in questi giorni, con le armi della nostra alleanza militare riprende a bombardare, a fare strage di quel popolo curdo a cui tutti e tutti dicemmo grazie, perché in grado per nostro conto di battersi contro il califfato dell'ISIS.

E tutto questo avviene nel silenzio della comunità internazionale. Dove sono i nostri valori? Dove sono i valori anche di questo Paese? Muti di fronte all'aggressione turca al popolo curdo. In quest'Aula nessuno si è alzato quando si discusse della ratifica dell'allargamento della NATO a Svezia e Finlandia, il cui prezzo era noto a tutti e a tutte: lo scambio della libertà dei profughi curdi con il dittatore turco. Dove sono oggi i nostri valori?

Allora, di fronte a questo e per queste ragioni, diciamo oggi che occorre un cambio di passo, la capacità di una verifica, la necessità di cambiare il focus, il centro del nostro investimento, di fare dell'iniziativa politica per la pace e per la diplomazia, anche, sì, assumendosi la responsabilità di dire qualche parola sulle strade possibili nella costruzione di un tavolo negoziale, non in nome di altri, non per conto di altri, ma senza girarsi dall'altra parte, pensando di aver risolto il problema, ribadendo soltanto e all'infinito che la pace la farà soltanto chi è coinvolto nel conflitto: piacere. Non c'era bisogno di dichiararlo per sapere che senza il protagonismo e il consenso di chi è innanzitutto vittima di quel conflitto non c'è pace possibile, ma che a noi non riguardi anche discutere e ragionare sui possibili strumenti e sulle possibili articolazioni di un piano di pace è francamente inascoltabile; che non ci sia chiesto di discutere sulla relazione che, oggi, nel mondo di oggi, passa tra la dimensione continentale, quella statuale e quella regionale, capace di misurarsi col tema delle autonomie e delle differenze, di rifiutare il ricorso e l'esito nazionale di ogni differenza come unica possibilità di valorizzazione di quelle differenze stesse è inaccettabile…

PRESIDENTE. Concluda.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Mi avvio a concludere, Presidente. L'Europa post Seconda guerra mondiale ha risolto molte delle sue questioni con esperimenti di autonomia, di regionalismo - pensate ai valloni, ai fiamminghi, agli altoatesini, ai baschi, ai catalani -, esperimenti difficili. La politica è una cosa complicata, specialmente quando si misura con queste dimensioni, ma di questo nessuno ha mai voluto discutere. Il Parlamento e la politica dovrebbero fare anche questo. Per questo, per queste ragioni, tutti insieme torniamo oggi a chiedere un cambio di passo, per nulla indifferenti, per nulla equidistanti, impegnati per dire: pace, trattativa, cambio di stagione, innanzitutto nel nome delle vittime, gli aggrediti, le aggredite, gli ucraini e le ucraine (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ettore Rosato. Ne ha facoltà, per 10 minuti.

ETTORE ROSATO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. È utile e giusto discutere, oggi, di quello che sta accadendo in Ucraina, anche perché si tratta di un fatto che determinerà, in maniera molto netta, il futuro delle cose che accadono nel pianeta, nel nostro continente: si sta costruendo una nuova cortina di ferro, che non sarà facile smantellare il giorno dopo. Troppo sangue, troppa arroganza russa, troppi fatti stanno attraversando questi mesi; non ci possono essere dubbi sulle responsabilità, questa è una guerra di aggressione fatta dalla Russia di Putin, che non difende nessuno. È vero, non è solo un'operazione militare, è anche un'operazione speciale, la specialità sta proprio nel sistematico bombardamento, da parte delle Forze militari russe, dei civili; stanno bombardando non obiettivi strategici, ma condomini, ospedali, scuole; stanno cercando di rompere la tenacia e la volontà degli ucraini, ma mi sa che hanno ottenuto il contrario: a difendere la loro terra non c'è solo un Governo, c'è un popolo, e questo popolo noi non possiamo lasciarlo solo, non possiamo girarci dall'altra parte.

Su quel drammatico campo di battaglia, in cui l'Ucraina si è trasformata, accadono cose che ci dimostrano, anche in queste settimane, come l'imbattibilità militare dei russi sia un mito sfatato, mentre la crudeltà di Putin trova conferma nei bombardamenti, anche di queste ore, anche nella scelta di abbandonare Kherson, perché non erano in grado di difenderla, dopo averla saccheggiata, e, oggi, di continuare a bombardarla in maniera crudele, mirando e sapendo che non ci sono obiettivi militari da colpire, ma ci sono solo obiettivi civili.

In tutto questo c'è l'Italia, che non è da sola, c'è l'Unione europea, c'è la NATO, c'è un'alleanza sempre più ampia di Paesi che sostengono l'Ucraina e il suo popolo, mentre Putin è sempre più solo. Dove non arrivano le immagini di sangue dei fatti che avvengono lì, arrivano le conseguenze della guerra, arriva la fame, arriva la crisi economica, arriva la crisi energetica, arrivano le barriere commerciali e questo costruisce condizioni per un isolamento di Putin sempre maggiore.

Qui, dobbiamo continuare a fare quello che abbiamo assunto in sede internazionale in maniera coerente; c'è un tema, l'ho sentito anche nelle parole di Fratoianni, ma lo abbiamo sentito in tante occasioni, anzi, pensavo fosse il motivo primo con cui il MoVimento 5 Stelle avrebbe caratterizzato la sua mozione, anche perché ne ha caratterizzato il dibattito pubblico, non è successo questo: dobbiamo smettere di inviare armi al popolo ucraino che si difende? Mi sono posto più volte una domanda: ci sembra che, in qualche modo, Putin stia cercando la pace? Penso di no, la Russia ha approvato una legge che rende suo il 20 per cento del territorio dell'Ucraina, un terzo dell'Italia. Come si può pensare che tutto questo sia un elemento che possa caratterizzare un qualsiasi percorso che porti alla pace? Non ci ricorda forse un dittatore che voleva solo un pezzo della Cecoslovacchia e, tornando da Monaco, Chamberlain venne accolto trionfante, dopo l'accordo che aveva sottoscritto con Hitler dalla folla a Londra? Era un accordo che cedeva quei territori, pensando che questo avrebbe cambiato il corso della storia e, invece, lo cambiò nel senso assolutamente opposto, perché quella storia ci ha mostrato che cedere di fronte ai dittatori e ai violenti non aiuta a costruire la pace, è semplicemente un tentativo di lavarsi le mani da chi deve avere delle responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

Dobbiamo, infatti, essere consapevoli - e chi lo dice ne deve essere consapevole - che smettere di inviare armi all'Ucraina non fa finire la guerra, fa finire l'Ucraina. E, se vogliamo scegliere che debba vincere la Russia, bisogna dirlo in maniera esplicita, non bisogna usare strumentalmente il tema delle armi per difendere la loro terra. Tutto qui. Tutti, qui, siamo per la pace: io non penso che in quest'Aula ci sia qualcuno che sia per la guerra. Tutti noi, qui, siamo in sofferenza se vediamo anche un'arma italiana che uccide un uomo sul campo di battaglia, ma qui non stiamo discutendo tra pace e guerra, stiamo discutendo tra la resa e la difesa del proprio Paese. È una cosa diversa, il dibattito è su un altro piano. Quindi, dobbiamo stare sul piano di questo dibattito e, per questo, mi permetto di chiedere un atto di coraggio al Governo e alla maggioranza. Avremo mille occasioni per dividerci in quest'Aula - adesso arriva la legge di bilancio, ci divideremo sui POS, sui tetti del contante, sulle risorse per il lavoro e sul finanziamento della sanità -, ma non dobbiamo dividerci su questo tema.

Ci siamo caratterizzati, fino a pochi mesi fa, per votare insieme, in questo Parlamento, nel Governo Draghi, lo dico a chi faceva parte di quel Governo, ma lo dico anche a Fratelli d'Italia che, su questo, è stato sempre molto responsabile e con cui abbiamo collaborato in tutto e per tutto. Il Governo ha deciso di rimettersi all'Assemblea sulla nostra mozione. Non credo sia una cosa utile. Mi appello al Governo, perché riveda questa posizione e mi appello ai partiti di maggioranza, perché diano un voto su un documento che sostiene la linea del Paese e del Governo in questo momento. Non dobbiamo dare un segnale fuori da qui, non dobbiamo dare un segnale agli altri Paesi che, su questo, c'è una frattura nel nostro Paese.

La mozione del Partito Democratico è condivisibile come la nostra; arrivo a dire che la mozione del MoVimento 5 Stelle non scrive le cose che dice il MoVimento 5 Stelle, scrive altro. Dopodiché, possiamo votare sulla dichiarazione di voto del presidente Conte o possiamo votare sul testo della mozione; voteremo sul testo della mozione, dicendo che non dice niente, quindi voteremo di conseguenza. Ma penso che ci sia bisogno di tenere unito il Paese su questo particolare aspetto, che qualifica anche la nostra politica estera. Chiedo al Governo di fare uno sforzo di attenzione su questo passaggio, perché questo passaggio determina la posizione politica del nostro Paese, non nell'Aula del Parlamento, non solo sui giornali domani mattina, ma nelle cancellerie dei Paesi stranieri e dimostrare che c'è un Parlamento diviso su questo tema non è un buon segnale per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mule'. Ne ha facoltà, per 10 minuti.

GIORGIO MULE' (FI-PPE). Grazie, signor Presidente. Signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, tra meno di un mese il popolo dei cristiani, miliardi di persone nel mondo celebreranno il Santo Natale. I loro cuori, i nostri cuori saranno idealmente proiettati in contemplazione verso quella grotta di Betlemme dove, nel più povero degli scenari, nacque il figlio di Dio. Chi crede, si ritroverà nelle chiese della Terra, tenendo la mano al suo bambino, nell'adorazione di quel piccolo sistemato in una mangiatoia, immaginando, per il suo piccolo, il futuro più luminoso. Saremo tutti al sicuro, perché, terminata la funzione, usciremo e torneremo a casa. Quest'anno, a 2.400 chilometri da quest'Aula, il Re dei re nascerà oltre 100 metri sotto terra, in una delle 56 fermate della metropolitana di Kiev, in quei rifugi improvvisati, che servono ad esorcizzare il demone della morte. Un inviato di la Repubblica ha ben descritto, con efficacia, la discesa in quell'abisso, dove l'umanità diventa misericordia e dove il desiderio più grande è quello che fa dire: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Sopra resistenza, sotto resilienza. Negli scantinati di Kiev rinasce la vita che la guerra ha rubato agli ucraini, piano piano, certo, con difficoltà enormi.

Prima viene la sopravvivenza: bisogna portare giù i materassi, le bottiglie d'acqua, il pane, i fornelli, le stufe elettriche, perché la notte è fredda e lunga e, quando suona la sirena, è bene avere qualcosa di solido tra la terra e il cielo. Ma gli esseri umani fanno, creano, sognano, non li fermi mai, neanche quando da sopra arrivano notizie terrificanti. Capite, colleghi, come in quella grotta di Kiev si stia mortificando l'essenza della vita, la speranza del domani, il diritto a coniugare i verbi al futuro? Quando parlo dell'Ucraina, parlo di un popolo martirizzato. “Se hai un popolo martoriato, hai qualcuno che lo martirizza. Ho molte informazioni sulla crudeltà delle truppe che entrano (…). È tutto molto chiaro (…), è risaputo chi sto condannando”: lo dice il Papa, lo afferma Francesco, ammonendo l'umanità al dovere della verità.

Presidente, colleghi, è tutto molto chiaro, tutto. Il popolo ucraino non vivrà il Natale, ma, dopo 9 mesi, continuerà ad essere prigioniero di un'infinita Quaresima forzata dell'anima. Non sarà Natale domenica 25 dicembre 2022, è sempre venerdì a Kiev. Continuerà ad essere Venerdì Santo di passione e dolore fino a quando, invece delle campane, al mattino della domenica, risuonerà il canto lugubre delle sirene, che impone la discesa in quegli inferi dell'umanità, nei quali il percorso della vita è misurato dalla velocità che si impiega per mettersi al sicuro. È tutto chiaro, colleghi, è tutto molto chiaro. O, forse, no.

A qualcuno ancora non deve essere sufficientemente chiaro, evidentemente, se in quest'Aula discutiamo documenti che, pur avendo premesse simili e quasi coincidenti, non portano tutti alla stessa conclusione, ma contengono distinguo che segnano, Presidente, marcano il perimetro della pavidità. Sia detto, allora, con estrema chiarezza: le nostre mani non si alzeranno mai in segno di resa, non si poseranno mai sulla testa per marciare mortificati, col capo chino, davanti a un invasore, non accetteremo mai di essere complici o, peggio, spettatori disinteressati, consentendo di far mettere quelle mani dietro la schiena, legate col filo di ferro, nell'umiliazione di una sopraffazione. Perché la mortificazione e l'umiliazione non saranno quelle del popolo martirizzato ucraino, ma quelle dell'Europa e dell'Occidente, della civiltà libera e democratica, che non accetta e non accetterà mai lo stupro del diritto internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE), del diritto umanitario, della cronaca di indicibili orrori e insopportabili sofferenze.

Noi di Forza Italia, insieme con gli altri alleati di centrodestra, insieme a tante altre forze di questo Parlamento, che già hanno parlato, abbiamo tutto chiaro, abbiamo tutto molto chiaro: vogliamo e ricerchiamo una pace giusta e sostenibile, vogliamo che il nostro Governo sia promotore e sostenitore di questa pace insieme ai partner della NATO ed europei, chiediamo che le Nazioni Unite ritrovino e rilancino lo spirito autenticamente pacifista racchiuso nell'articolo 1 del proprio statuto. Però, nel frattempo, non vogliamo girarci dall'altra parte né giocare a nascondino con la coerenza e, dunque, fuggire in maniera codarda e vigliacchetta a quel dovere - ripeto, dovere - che impone all'Italia di garantire al martirizzato popolo ucraino, quantomeno, di contenere i danni, quantomeno di difendersi e, dunque, in una parola, di consentirgli di difendere quel suolo patrio, che ricordo, Presidente, agli smemorati che albergano in quest'Aula, per quanto ci riguarda, è quello scolpito nell'articolo 52 della Costituzione della Repubblica italiana, laddove impone come sacro - sacro - il dovere del cittadino di difendere la Patria. Chi, dunque, non vuol marcarsi e macchiarsi del peccato di blasfemia costituzionale ha solo una strada da percorrere nel caso dell'aggressione della Federazione Russa all'Ucraina, quell'aggressione che ne ha minato l'integrità territoriale e il diritto all'autodeterminazione: la strada è quella di sostenere la resistenza e, dunque, i patrioti ucraini anche con l'invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari. È questo, fino a quando la forza del negoziato e della ricerca della pace non si saranno imposti su chi ha aggredito, violato e occupato il sacro territorio sovrano dello Stato dell'Ucraina.

Certo, colleghi, Presidente, sarebbe bello imporre - come ho letto nella mozione a prima firma del presidente Conte - un immediato cessate il fuoco, sarebbe bellissimo; però, vede Presidente, questo succede solo nelle favole: che i bambini chiudano gli occhi, dopo aver serrato le palpebre e pronuncino la formuletta magica per imporre, e dunque far succedere qualcosa. Magari bastasse dire e ripetere tre volte, con gli occhietti chiusi “abracadabra” e, riaprendo gli occhi, vedere che, puf, d'incanto, il Presidente Putin e si è seduto al tavolo del negoziato. Succede nelle favole, succede solo nelle favole, purtroppo.

La morale qui è un'altra: non siete né voi, colleghi dei 5 Stelle, né quella parte dei deputati che siede in quest'Aula a sinistra, a essere tedofori della fiaccola della pace, additando noi come bellicisti e guerrafondai, etichettandoci come quelli della corsa al riarmo, mentre voi indossate gli abiti candidi degli angioletti della pace. No, non ve lo permettiamo! Noi quella fiaccola la stringiamo. Proviamo a fare luce nelle menti di chi pianifica e guida, dalla Russia, gli attacchi contro l'Ucraina e la popolazione ucraina civile inerme. Quella fiaccola della pace appartiene di diritto a chi si è assunto la responsabilità e la maturità di proteggerla, aiutando concretamente il martirizzato popolo ucraino. La verità è che, senza i mezzi militari, senza quegli aiuti, colleghi, quella fiaccola sarebbe già spenta. La verità è che, se dovessimo negare questo sostegno, esporremmo l'Ucraina a un destino certo, quello della sottomissione; noi non lo vogliamo, noi non lo consentiremo, noi non ci volteremo dall'altra parte, perché mentre qui si sfila nel corteo della pace, con l'illusione di cambiare il destino, in Ucraina ci si ritrova solo per i cortei funebri, nei quali se sventola ancora la bandiera gialla e blu è solo perché questa parte dell'Occidente ha responsabilmente deciso di presentarsi all'appuntamento con la storia con gli strumenti che occorrevano e la responsabilità che si imponeva.

Noi di Forza Italia non ci faremo logorare la coscienza. Che cosa credete? Ne abbiamo abbastanza anche noi della illogicità di questa guerra, urliamo, come tutti, “basta!” e per questo chiediamo, con forza, che, dalle Nazioni Unite all'Unione europea, continui incessante la pressione per trovare la via della pace; nel frattempo, però, non vogliamo arrenderci alla logica di accettare la sottomissione e chiuderci in quelle grotte che sono rappresentate dalla stazione della metro di Kiev; se lo facessimo equivarrebbe a lasciare quel martirizzato popolo al suo destino, significherebbe assumersi l'onta di voltare le spalle alla civiltà, sarebbe come rinnegare le nostre radici e i nostri valori, quelli che qualcuno ha bollato, e bolla, come insopportabile retorica e che per noi, invece, sono ancoraggio assoluto e irrinunciabile del nostro vivere; non ce lo perdonerebbe la storia e saremmo condannati all'ergastolo della viltà, inseguiti dal pianto di quel bimbo nelle grotte di Kiev, che implora solo una cosa: “Non lasciateci soli!”. E questo, sì, lasciarlo solo sarebbe certamente insopportabile e inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giuseppe Conte. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

GIUSEPPE CONTE (M5S). Signor Presidente, membri del Governo e onorevoli colleghi, pochi giorni fa siamo giunti al nono mese di conflitto in terra ucraina. Sono nove mesi in cui la Russia ha tentato in tutti i modi di soverchiare la sovranità territoriale, politica, dell'Ucraina aprendo un conflitto alle porte dell'Europa e innescando una crisi i cui risvolti stanno sconquassando anche il tessuto produttivo e sociale di altri Paesi e internazionale. In principio, per noi tutti la guerra è stata una inopinata, drammatica novità. Con il passare dei mesi, però, abbiamo constatato che in tanti, troppi hanno fatto l'abitudine a questa eccezione, metabolizzandola come un terribile, ma altrettanto inevitabile, convitato nella nostra quotidianità. Sin dal primo colpo sparato in questo conflitto, dal primo colpo, il MoVimento 5 Stelle ha condannato con forza, senza alcuna equidistanza, l'aggressione russa, sostenendo non solo la necessità dell'apertura di un piano diplomatico, ma anche di un sostanzioso sostegno militare al popolo ucraino, un aiuto - attenzione - derivato non già da pulsioni belliciste e interventiste, ma dalla convinzione di porre un argine alla iniziale asimmetria delle forze in campo, che metteva a repentaglio l'integrità delle istituzioni ucraine, un contributo, lo abbiamo dichiarato esplicitamente, deciso non a cuor leggero, ma necessario per garantire alla popolazione ucraina il sacrosanto diritto alla legittima difesa, come sancito dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

Oggi, appunto dopo nove mesi, questa non può essere più la soluzione; siamo al 30 novembre, signor Presidente; sul piano delle armi e del sostegno militare, come sappiamo, si è parlato, si è agito tanto, anche troppo; di diplomazia, di negoziato, di pace, ad oggi non vediamo alcuna traccia e non vale l'obiezione per cui non c'è possibilità di pace; la pace va costruita, è frutto di una strategia responsabilmente impostata e faticosamente perseguita.

Su questo conflitto l'Europa e la comunità internazionale vedono concretizzarsi, giorno dopo giorno, il rischio di imboccare un vicolo cieco e una strada senza via d'uscita. E, attenzione, noi rischiamo di arrivare a un punto che abbiamo già conosciuto, anche nella storia recente, in cui questi nostri sforzi diventeranno - rispetto alle nostre democrazie, di cui ci vantiamo - intollerabili, dal punto di vista politico ed economico; quindi, si rischia poi il collasso di lasciare tutto com'è, sul campo.

Esigiamo un cambio di passo, dall'Alleanza atlantica, dall'Unione europea, dai protagonisti del conflitto e dai principali player internazionali. Soprattutto, però, esigiamo un cambio di passo dal nostro Paese, dal nostro Governo, un cambio di passo che viene chiesto non solo da noi; è stato chiesto da 100 mila cittadini che sono sfilati qui, a Roma, poco meno di un mese fa, per dar voce a una maggioranza silenziosa che nel Paese continua a soffrire gli effetti di questo conflitto.

Il MoVimento 5 Stelle non si rassegna alla ineluttabilità della guerra; vogliamo che l'Italia svolga un ruolo da protagonista nell'apertura di un vero canale negoziale, lavorando sin d'ora per costruire in prospettiva una conferenza di pace, da tenersi sotto l'egida delle Nazioni Unite, con il coinvolgimento della Santa Sede, che segni un nuovo protagonismo - finalmente - dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Non possiamo pensare di continuare a inseguire un'illusoria vittoria militare sulla Russia, la disfatta della Russia, con il rischio di scatenare un conflitto ancor più incontrollabile nei suoi esiti, con la concreta possibilità di una catastrofe nucleare.

C'è una necessità: dare voce all'anelito di pace; e rispondo al collega che era intervenuto prima: nella grotta, il bambino di Kiev non chiede di continuare in questo modo, chiede la pace (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E' una parola scomparsa da troppo tempo dal dibattito pubblico. Questo Governo ha annunciato l'emanazione di un sesto decreto interministeriale, per un nuovo invio di mezzi, materiali, equipaggiamenti militari all'Ucraina. Ebbene, Presidente, questa ormai la consideriamo una routine; con meccanica irresistibilità l'accettiamo, la reiterazione di una decisione adottata nove mesi or sono, a inizio marzo.

Non può essere assunta una decisione simile senza che sia stato approfondito il quadro nazionale e internazionale nel quale questo nuovo invio andrebbe ad iscriversi.

Il MoVimento 5 Stelle ritiene non più rinviabile un confronto politico sul nuovo quadro di intervento. Questa richiesta - attenzione - è stata più volte avanzata anche al Governo precedente; malgrado le nostre insistenze, che abbiamo anche richiamato nella risoluzione del 22 giugno, che ragionava di un più ampio coinvolgimento rispetto al passato di questo Parlamento, il Premier Draghi ha preferito disattendere l'impegno a questo coinvolgimento. Però quello di oggi è un Governo politico, un Governo che presenta una ben diversa maggioranza e non ci si può più nascondere, né sono più tollerabili scuse: pretendiamo un passaggio nelle Aule parlamentari affinché sia anche garantito ai cittadini il diritto a un'informazione trasparente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Se il Governo vuole continuare a perorare questa linea guerrafondaia delle armi a oltranza e zero negoziati, non si nasconda, ma venga in Parlamento a dirlo, venga in Aula e faccia votare il Parlamento! Venga a metterci la faccia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Metta la faccia, non davanti al MoVimento 5 Stelle, ma davanti agli italiani!

Mi avvio alla conclusione, Presidente, rivolgendomi ai membri del Governo presenti qui in Aula, a chi si è presentato davanti ai cittadini con lo slogan “pronti”, impegnandosi a fornire risposte alle emergenze economiche e sociali di famiglie e imprese. Ebbene, quella che il Governo ha proposto agli italiani è una manovra nel segno dell'austerità - parliamo in modo chiaro -, una manovrina che dimentica i cittadini, che registra tagli per oltre 6 miliardi alla rivalutazione delle pensioni, un misero aumento - parliamo di 10 euro - in busta paga per alcune fasce di lavoratori, il taglio del sostegno del reddito di cittadinanza, che riguarda oltre 600.000 persone in difficoltà, tagli agli aiuti anche sul caro benzina e un piano addirittura - leggiamo - di ridimensionamento, che prevede la chiusura di molti edifici scolastici.

Confesso, di fronte a quest'Aula e di fronte ai cittadini, che non potevo credere ai miei occhi quando ho appreso dalla mozione della maggioranza che l'emergenza del Governo Meloni è oggi, pur di fronte al caro bollette e al caro prezzi, accelerare sulle spese militari per raggiungere quanto prima il livello del 2 per cento del PIL e addirittura derogare ai vincoli di spesa europea per investimenti nel settore della difesa. Per noi l'emergenza non è superare i paletti dell'Unione europea e liberare risorse da spendere nelle armi; per noi l'emergenza è liberare risorse per gli investimenti per l'ambiente, la transizione ecologica, le politiche per il lavoro, la crisi economica e sociale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Appaiono ormai evidenti la posizione e la postura di questo Governo: andate in Europa con il cappello in mano, se si tratta di misure per famiglie, imprese e ambiente; andate con il fuoco negli occhi se si tratta di aumentare le spese militari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dobbiamo purtroppo constatare - e concludo - che questo Governo non ha occhi per guardare le vere emergenze del Paese; addirittura li chiude davanti a chi è in povertà assoluta, ma ha orecchie ben pronte per raccogliere le istanze della potente lobby delle armi. Per questo motivo, dichiaro il nostro voto favorevole alla nostra mozione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paolo Formentini. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi e membri del Governo, con il voto di oggi si conclude il primo confronto in questa Assemblea, che ha avuto ad oggetto le scelte fondamentali della politica estera e di difesa dell'Italia. È evidente che si tratta di un momento molto importante di questo inizio di legislatura. Il messaggio che uscirà da quest'Aula avrà una vasta eco.

Dal nostro punto di vista, le circostanze sono chiare: il Governo ha confermato, sin dal suo insediamento, la tradizionale collocazione internazionale del nostro Paese, scegliendo di sostenere l'Ucraina di fronte all'aggressione russa. Non possono esserci dubbi: l'Italia è - e resterà - un membro autorevole dell'Alleanza atlantica; rimarrà altresì un attore responsabile del processo di integrazione europea, che noi vediamo, non come una strada per negare i nostri interessi nazionali, ma al contrario per perseguirli più efficacemente, difendendoli quando siano messi in discussione. Se oggi abbiamo il modo di ribadirlo è perché qualcuno, all'opposto, ha immaginato che fosse utile verificare se il Governo abbia o meno sulla sua politica estera e di difesa una maggioranza compatta nel sostenerne gli orientamenti. Ma c'è una maggioranza compatta; sono invece paradossalmente le opposizioni a dividersi, anche prospettando per il nostro Paese sentieri tortuosi, che lo porterebbero fuori dal quadro delle sue alleanze di riferimento. Ovviamente il tema fondamentale è per noi quello della pace e di come giungervi, ma dovremmo sempre ricordare che occorre definire la condizione di pace alla quale aspiriamo, perché non basta la cessazione dei combattimenti per ripristinare la pace, se questa cessazione si verifica in presenza di una compromissione dell'integrità territoriale dello Stato aggredito. Occorre una pace giusta.

Quindi veniamo alla questione degli aiuti a Kiev: noi pensiamo che gli ucraini vadano aiutati a difendersi fino al punto in cui avranno ottenuto il ripristino dell'integrità territoriale del proprio Paese, o fino al punto in cui si sentiranno sufficientemente forti per intavolare trattative che permettano loro di ottenere la riparazione del torto in modo diplomatico. Qualcuno vorrebbe che ogni ulteriore futuro invio di materiali d'armamento fosse discusso preventivamente in Parlamento, magari anche pubblicando le liste dei sistemi d'arma che trasferiamo. A quel punto, perché non avvisare direttamente l'esercito russo? Noi riteniamo invece che non sia opportuno, ferma restando la necessità di un voto di indirizzo politico con il quale le Camere danno mandato al Governo di proseguire per un periodo di tempo determinato. Questo è il compromesso che venne raggiunto con Draghi Presidente del Consiglio; per noi resta una soluzione ragionevole, che tutela il principio democratico, contemperandolo con le esigenze di sicurezza che impongono la riservatezza su quanto si fa e su cosa si invia. L'urgenza di giungere alla pace meglio si comprende quando si consideri cosa sta accadendo. Nel mondo non si è mai speso tanto in armi come oggi e ce lo ha appena ricordato il SIPRI, l'autorevole Istituto di Stoccolma, che studia l'andamento delle spese militari nel pianeta. Il suo più recente rapporto appena pubblicato ci ha rivelato come, lo scorso anno, siano stati spesi globalmente in armi ben 2.113 miliardi di dollari, la cifra più alta di sempre. Riflettiamo. La guerra in corso ovviamente peggiora le cose, incoraggiando a destinare a quel comparto risorse ancora maggiori ed il prossimo anno ne avremo certamente contezza. I bilanci della difesa si espandono perché ci sono preoccupazione e paura. Questi timori per il futuro alimentano e sono una ragione in più per provare a fare tutto ciò che possiamo per fermarla.

Noi auspichiamo che il Governo italiano abbia un ruolo forte nello spingere nella direzione della pace in tutti i fori internazionali di cui è parte, naturalmente assieme ai nostri alleati, europei ed atlantici. Il mandato che oggi diamo, come Lega, al Presidente del Consiglio è proprio questo. In tutto ciò, ovviamente, uno spazio potrebbe e dovrebbe averlo anche l'Europa. Alcuni pensano che la soluzione sia far contare l'Unione europea sempre di più, innanzitutto incrementando le sue capacità nel campo della politica estera e di difesa, tramite la creazione di nuovi strumenti e l'abbandono del principio delle decisioni all'unanimità. Naturalmente, che l'Europa possa contare di più sulla scena internazionale e dare un suo contributo più incisivo alla pace e alla sicurezza è un auspicio che condividiamo, ma rimanendo con i piedi per terra e raccomandando prudenza. La guerra in corso e le sue conseguenze sul piano economico, alimentare ed energetico, hanno posto in evidenza nostre vulnerabilità condivise. Abbiamo scoperto di essere più deboli, quando attorno a noi infuriano i combattimenti, e quando la guerra si avvicina alla regione del mondo in cui viviamo, è nella NATO che troviamo alla fine la nostra garanzia più importante. Quindi, signor Presidente, proviamo pure a rafforzarci, ma senza compromettere ciò che già abbiamo, garanzia di sicurezza per decenni. Per i motivi sopra esposti e perché noi siamo convintamente al fianco del popolo ucraino, voteremo a favore della mozione unitaria, un gesto forte di solidarietà a Kiev, a quelle persone che oggi sono al freddo e al gelo, senza riscaldamento, senza acqua, quelle persone che già hanno visto la prima neve e la continueranno, purtroppo, a vedere nei prossimi giorni, senza vedere la temperatura salire sopra lo zero. A loro dobbiamo essere vicini, a loro che resistano per la libertà. Il Papa ha avuto il coraggio di denunciare la crudeltà e le atrocità di buriati e ceceni. Schieriamoci tutti al fianco del Papa, che lavora incessantemente per la pace (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vincenzo Amendola. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

VINCENZO AMENDOLA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Deputate e deputati, signori del Governo, siamo chiamati oggi a dibattere con differenti mozioni sulla guerra scatenata dalla Federazione Russa in maniera ingiustificata e illegale, responsabile di enormi tragedie in Ucraina. Non un conflitto tra due Stati, ma una guerra di aggressione. Non una guerra per procura, ma un'invasione violenta, in cui gli attacchi che si stanno susseguendo in queste ore e in questi giorni non distinguono tra obiettivi militari e obiettivi civili ucraini. L'occupazione di una Nazione libera, senza che vi sia stata provocazione, conseguenza di una strategia politica russa imperniata sulla logica di potenza. L'impatto sulle nostre coscienze e sui nostri compiti istituzionali non si riassumerà nel voto di oggi. Dopo già due risoluzioni approvate a larga maggioranza dal precedente Parlamento, serve attenzione continua. Occorre sancire la conferma di un coinvolgimento serrato tra nuovo Parlamento e Governo, come indicato nel decreto-legge n. 14. In gioco non ci sono sondaggi o tatticismi da proteggere per nessuno di noi, ma piuttosto l'Italia, col suo ruolo nelle alleanze europee e transatlantiche, a difesa del popolo ucraino invaso e costretto in trincea, nei campi o nei sottoscala dei condomini, a nascondere sottoterra la bandiera nazionale, per poi dissotterrarla, come ha fatto un'anziana donna in lacrime a Cherson. E allora sgombriamo il campo da inutili polemiche di parte. Riecheggiano in quest'Aula formule politiche su cui convenire. Si dice: vogliamo si apra una nuova fase del conflitto, un cambio di passo. Proposito sicuramente giusto, cari colleghi, questo è certamente vero se si analizzano le scelte militari russe, il dispiegarsi di mercenari al soldo del Cremlino, le annessioni forzate e l'evocazione del nucleare. Ma dal blitz fallito su Kiev agli attacchi sulle centrali energetiche, le fasi sono sempre state dettate dal Cremlino. E in tutto questo tempo noi non ci siamo abituati, come dice qualcuno, perché non è mai venuta meno una costante di indirizzo. E se si riavvolge il nastro dei dibattiti in quest'Aula, sulla posizione del Partito Democratico, non abbiamo bisogno di capriole o di abiure (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Per noi è sempre stata netta, in questi nove mesi, la richiesta di un cessate il fuoco, dell'avvio di un negoziato, presupposto immancabile per una conferenza di pace. Un'aspirazione che non solo unisce tutti noi in tutte le mozioni qui presentate, ma soprattutto è un'urgenza per chi è sotto i bombardamenti o è dovuto scappare dal proprio Paese.

Cari colleghi, non vedo nessuna contraddizione con le scelte fatte nell'aiuto economico, umanitario e di difesa del popolo ucraino, poiché, senza quello sforzo europeo e degli alleati, non staremmo qui a dibattere di negoziati e di come aprirli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), ma piuttosto delle pretese insindacabili di un Paese occupante. Non a caso, oggi la priorità più realistica di questa fase non è solo continuare ad assistere in tutti i modi il popolo e le istituzioni ucraine, ma è l'emergenza energetica, quello che dovremmo inviare subito per far sì che anche coloro che fuggiranno dal freddo e dal gelo vengano ospitati. Una gara di solidarietà di cui le ONG italiane, i sindaci, le famiglie e la Protezione civile ci hanno reso orgogliosi nel tempo. Deputati, la guerra ordina le priorità della nostra convivenza, ordina tutte le scelte che compiremo in quest'Aula e indirizza le speranze e le paure alla nostra opinione pubblica. Ma la responsabilità vera della classe dirigente sarà misurata su questo. Scelte sofferte. E permettetemi di ringraziare chi le ha già dovute prendere, a partire da tutti i componenti del Governo Draghi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) e, consentitemi, dai ministri del PD e dal Ministro Lorenzo Guerini. Scelte prese non a cuor leggero. Cari colleghi, ha ragione l'onorevole Fratoianni, ragioniamo della complessità. Siamo classe dirigente di fronte a un passaggio complicato della storia. E ringrazio chi con coerenza ha detto le stesse cose che ha scritto nella stessa risoluzione, perché, quando si evocano il tentativo e la necessità di fermare l'escalation militare, e la sostituzione della via diplomatica allo sforzo militare, anche qui dobbiamo ragionare di complessità. Nessun dubbio, abbiamo sempre preteso negli ultimi mesi e dobbiamo continuare a pretendere testardamente l'apertura dei negoziati. Ostinati nel perseguire questa priorità. L'apertura di un canale di dialogo diretto: questo è l'impegno che tutti noi chiediamo in maniera estenuante al Governo, nel quadro delle alleanze. Su questo non c'è nessun dubbio su cui dividerci, senza mai cedere, però, onorevole Mule', nel nostro campo, a una retorica baldanzosa, che legittima paradossalmente e non aiuta il nostro campo, perché i bombardamenti quotidiani mediatici del Cremlino sono già sufficienti. E anche su questa strada, nessun dubbio: percorrerla sapendo che ripetutamente l'aggressore non ha mai avuto l'intelligenza della politica, che noi chiediamo nel comprendere quanto sia necessario fermare questa avventura militare. Ma, cari deputati, proprio perché questa è la nostra carta di identità, proprio perché questo è l'orizzonte che lega tutti noi, non bisogna arrendersi alla fatica degli eventi o relativizzare il diritto alla difesa della sovranità di un popolo aggredito, chiedendogli di piegarsi. Non sfuggo al tema: non può essere deriso o snobbato un sentimento profondo di pace. Il disarmo non è un tema sconosciuto nel nostro Paese, nelle tragedie che abbiamo vissuto. Lo abbiamo ascoltato forte nella manifestazione del 5 novembre, perché abbiamo, nella storia del nostro Paese, personalità che hanno sempre lavorato per la pace. Ma andiamo al cuore delle tragedie, ragioniamo. La sciagurata avventura militare russa non ha mai concepito sinora una mediazione, perché non soddisfa le mire, e nessuna contraddizione di principio, perché non c'è stato mai, e non c'è tuttora, un prima e un dopo, un'opzione…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Amendola. Chiedo a tutti un po' di silenzio, per cortesia. Non si riesce a sentire.

VINCENZO AMENDOLA (PD-IDP). Magari avessimo potuto, con un tratto di penna, negoziare e cambiare la fase del conflitto, perché non è nella natura di questa aggressione, le cui finalità sono le annessioni unilaterali di territori.

Per questo, cari colleghi, non c'è mai stato e non c'è tuttora un prima e un dopo da annunciare, un'opzione “cessate il fuoco” che esclude l'altra, aiutare chi è sotto il fuoco. E la guerra a oltranza è solo nelle teste dei siloviki del Cremlino, e noi non siamo e non saremo da quella parte, proprio perché il negoziato che auspichiamo non può rimuovere i principi che noi tutti difendiamo. Non a caso, si cita l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Qualunque cosa decidessimo qui oggi con la calma della razionalità politica, ci sono valori insopprimibili, come indipendenza e libertà, che non aspettano nessuna autorizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), nessuna via libera o pacata analisi geopolitica.

Ragioniamo, cari colleghi, ragioniamo, presidente Conte, qui non ci sono distinguo su cui costruire una differenza, perché non si può auspicare un negoziato nel nome dei valori di pace e difesa della libertà, sminuendo le ragioni dell'aggredito o negandole come fossero un impaccio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché nel caso ipotetico che quell'aggredito ammainasse le bandiere, l'accordo innanzitutto cancellerebbe i valori che si proclamano, perché sarebbero piegati dal sopruso.

Sarebbe la legge del più forte a vincere, non la forza della legalità internazionale(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! E senza dubbio il migliore o peggiore accordo è sempre nella scelta delle parti, ma, quando si parla di pace giusta, quando si proclama in quest'Aula, non si può fondare sull'equidistanza, non solo per i fronti di guerra che ci preoccupano, ma soprattutto sugli orizzonti valoriali che si contrappongono. Cari colleghi, al dunque c'è sempre la solita domanda: qual è la posta in gioco di questa strategia russa? Mi ha molto colpito il 9 giugno, quando Putin, dinanzi a una platea di giovani, si è paragonato a Pietro il Grande: a noi è toccato in sorte fare quello che ha fatto lui, e cioè riportare indietro le terre russe e consolidarle. Sappiamo che il nuovo ordine multipolare non facilita la nascita di una solida legalità multilaterale, ma al dunque lo strappo russo armato si insinua in questo caos. E noi, ieri come oggi, non possiamo permettere che a quell'ipotetico tavolo si porti un agglomerato di Stati satelliti domati, ieri Bielorussia e Kazakistan, oggi l'Ucraina.

Ha ragione il Presidente Mattarella: da questa crisi non si uscirà con una nuova Jalta, ma con una Carta di Helsinki, in cui nel negoziato si porta non solo il cessate il fuoco e il diritto dei più deboli, ma anche la legalità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista); altrimenti pagheremmo nei prossimi decenni una scelta che non vogliamo.

In conclusione, Presidente, su di noi, con i nostri alleati, pesa la responsabilità di scelte che cambieranno il corso della storia. Sarà complesso, ma sarà necessario discutere in quest'Aula. E permettetemi di dire ai sovranisti di casa nostra, a coloro che hanno la memoria corta, a coloro che organizzavano in passato eventi con Bannon o Dugin, che, sonnambuli della tragedia, il nazionalismo revanscista ha sempre avuto un solo obiettivo, quello di avere nel demone bellico il tema su cui difendere il proprio potere. È anche per quello che guardiamo a nomi della società russa, a quelli che rifiutano la guerra, a coloro che si sono opposti, come Boris Nemtsov, o sono in galera, come Aleksej Navalny, o sono fuggiti all'estero: ricordiamoci che anche con loro abbiamo un debito morale per quel nostro eccesso di realismo politico nei confronti di 23 anni di Putin.

Oggi, per fermare la guerra, ci vuole una visione salda, testardaggine diplomatica per riaprire la via negoziale al cessate il fuoco, che è propedeutica a qualsiasi discorso di pace, ma fermezza nei principi di chi è aggredito e di chi vuole perseverare e preservare la superiorità della legalità internazionale. Servirà l'Europa, certo; l'Europa che si è voltata nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni e che deve fare un salto, perché la politica estera significherà tutto, energia, flussi migratori, un commercio non basato su una visione mercantilistica, ma su standard, ma su questa via. Ed è per questo che, seppur fragile e ancora in costruzione, comunque l'Unione europea è la nostra comunità di destino. In questa guerra, teniamocela stretta e continuiamo tutti insieme a costruire una politica differente.

Per queste ragioni, annuncio il voto favorevole alla mozione del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caiata. Ne ha facoltà.

SALVATORE CAIATA (FDI). Presidente, colleghi, mancano poco meno di tre mesi ormai per completare un anno di guerra. Nessuno d'ora in avanti potrà dimenticare, almeno in Europa, la data del 24 febbraio; il giorno in cui la Russia di Putin ha deciso di sferrare il suo attacco alla pace, invadendo il territorio dell'Ucraina e aggredendo il suo popolo. Un atto che, nella storia della contemporaneità recente, rappresenta una tragica battuta d'arresto alla lunga e duratura pace fin qui costruita in seno all'Europa, grazie, certo, alla costituzione dell'Unione europea, ma anche, e forse soprattutto, alle alleanze tra i Paesi occidentali facenti parte della NATO.

La guerra, di nuovo, con la sua violenza si è posta dinanzi a noi, come un triste ricordo del vecchio mondo e un monito verso il mondo nuovo. Viene rievocato così sul territorio europeo lo spettro di un conflitto persino più ampio, che sembrava relegato al passato e superato insieme a quella guerra fredda e a quell'insicurezza globale che ha visto per quasi 50 anni contrapporre l'Occidente atlantico al blocco sovietico.

La gravità di tale atto da parte della Russia non solo deve essere riconosciuta nell'esplicito attentato alla democrazia e alla libertà dei popoli di autodeterminarsi, ma va a ledere con arroganza quel principio di tutela che vuole il rispetto degli equilibri geopolitici in vista della pace. La volontà diffusa, esplicitata nuovamente in sede di Nazioni Unite, di scongiurare a ogni costo qualsiasi attacco nei confronti di una Nazione sovrana da parte di un'altra per preservare quello stato di benessere collettivo e di sviluppo comune faticosamente raggiunto. Intaccare la pace è un processo semplice e drammatico: una volta iniziato l'atto belligerante, ci si trova come su un piano inclinato e non si sa dove si può finire, con il rischio di intaccare non solo il sacro principio di salvaguardia delle vite umane, ma anche il grado di civiltà conquistato dal consenso globale. Una civiltà che si è sempre mossa tramite l'avanzamento libero e democratico di ogni Nazione, nello scambio fruttuoso e mutuo riconoscimento con le Nazioni vicine. Invece adesso, a causa dell'aggressione da parte della Russia, abbiamo assistito a un indefesso tentativo di demolire la democrazia e le scelte autonome di un Paese, nel suo attacco indiscriminato ai vertici politici e ai civili del popolo ucraino che quei vertici hanno liberamente eletto. Un attacco che si spinge fino alla indisponibilità al dialogo, alla mediazione, alla ricostruzione della pace, persino quando i piani e gli sforzi militari di una così grande potenza vengono frantumati dalla coraggiosa resistenza degli ucraini. Costi umani, costi sociali, costi economici. Una guerra che non sta portando alcun beneficio apprezzabile, perché non esistono autentici benefici derivanti dalle guerre; solo vite umane sacrificate per la bramosia di potere. Nonostante questa bramosia, l'intento costante della Russia di distruggere l'Ucraina viene contrastato; e viene contrastato con il sacrificio degli ucraini, anche grazie al contributo delle Nazioni occidentali e dell'Europa in primis nel riconoscere inviolabile il diritto di un popolo alla sua difesa e alla sua autodeterminazione, all'opportunità di contrastare con ogni mezzo la pretesa di dominio da parte di un altro che limita la sua libertà.

Abbiamo più volte ribadito in quest'Aula il concetto che l'Ucraina, come Nazione ingiustamente occupata, dovesse avere tutto il diritto alla sua resistenza e agli aiuti esterni che tale resistenza richiede, siano essi economici, siano essi militari, siano essi umanitari. Bisogna, quindi, che questo Parlamento, unito - colleghi, unito - dinanzi a tale aggressione e all'orrore della guerra, continui a sostenere l'Ucraina, perché la posizione della maggioranza oggi deve essere la posizione di tutti, in quanto essa è la garanzia del principio democratico di autodeterminazione per un popolo, del principio di salvaguardia della propria integrità per una Nazione, del principio di difesa e resistenza a oltranza qualora un Paese venga attaccato e invaso. Un trattamento di sostegno e tutela da parte delle Nazioni amiche che noi stessi vorremmo fosse riconosciuto all'Italia qualora ci trovassimo - non volesse il cielo - in una situazione simile.

Il diritto a esistere e a resistere, un diritto alla sopravvivenza e alla democrazia che questa maggioranza vuole garantire all'Ucraina, così come a ogni Nazione. È un diritto che le stesse Nazioni Unite proclamano, così come l'Unione europea, fin dalle prime fasi della guerra e che l'Ucraina ci sta chiedendo con tragica determinazione, guadagnandoselo sul campo a costo di enormi sacrifici tra la sua popolazione.

Noi, pertanto, non possiamo esimerci da tale impegno e, se sarà richiesto, nel prorogare, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative dell'Ucraina, affinché tale guerra possa finire il prima possibile, possa aiutare a trovare il suo punto di incontro nel proseguimento del dialogo e terminare in una pace giusta. Non dobbiamo avere dubbi in merito: per mantenere una pace duratura e sostenibile è necessario rafforzare i legami esistenti all'interno della NATO e ciò sarà possibile anche tramite la costituzione di un centro per il coordinamento, espressione della volontà unanime delle Nazioni nel raggiungimento degli obiettivi comuni. Inoltre, come sancito dal Consiglio europeo dello scorso marzo grazie all'adozione formale della Bussola strategica, l'Europa fa della prevenzione la strada da percorrere per garantire una pace duratura.

Ma il nostro impegno, oltre a essere un sostegno militare, deve innanzitutto essere un sostegno umanitario. Per questo l'impegno del Governo deve essere pienamente sentito e partecipato sulla base di quanto concordato in ambito NATO e dell'Unione europea, per continuare a sostenere il popolo ucraino e per limitare gli effetti della crisi umanitaria in atto. Però, parlare di sostegno non basta; è necessario che a tali parole conseguano azioni significative. Per tale ragione il Governo rinnova il suo impegno a realizzare tutte le iniziative necessarie, a livello di Unione europea e a livello nazionale, per il coordinamento degli aiuti umanitari e per garantire il supporto ai cittadini e alle cittadine ucraine, con particolare attenzione per i più fragili, i minori, favorendo la riabilitazione delle infrastrutture necessarie ad assicurare i servizi essenziali. Non possiamo lasciare al buio e al freddo la popolazione ucraina.

Per far sì che ciò accada dovremo fare tutto il possibile per garantire la tenuta degli accordi in materia di sicurezza alimentare - e mi riferisco soprattutto all'accordo sul grano di Istanbul - per impedire che le ripercussioni della guerra possano colpire un maggior numero di civili, abbattendosi anche sulle popolazioni del Medio Oriente e dell'Africa le quali dipendono - vorrei ricordarlo a tutta l'Aula - da queste importazioni. Infatti, le conseguenze di tale aggressione e della prepotenza smisurata della Russia non colpiscono solo l'Ucraina ma tutta l'Europa che, a causa della sua dipendenza dal gas russo, sta subendo danni all'economia e al tessuto produttivo delle singole Nazioni, con ricadute sulla popolazione e specialmente sulle fasce più fragili. Ma grazie all'impegno congiunto del Governo nel tamponare gli effetti della crisi energetica, il nostro sguardo va rivolto verso l'implementazione delle fonti di energia rinnovabile. Solo così, diversificando le fondi del nostro approvvigionamento energetico, riusciremo a vincere questa guerra energetica invisibile ma tangibile nel nostro Paese e ad allentarne la presa, permettendo alla nostra Nazione un rinnovamento culturale nella produzione energetica più autonoma e non più ricattabile dall'inflazione dei prezzi del gas. Oggi, con l'approvazione di tale mozione, la maggioranza ribadisce con forza il suo impegno e la sua volontà di porre fine al conflitto, affinché venga ristabilito l'equilibrio e possa tornare la pace, così facile da distruggere ma così difficile da ricostruire. Per questo la voce della maggioranza sarà parte attiva e presente nella costruzione delle relazioni diplomatiche necessarie alla realizzazione di quel dialogo che porti finalmente le parti a scrivere in maniera congiunta la parola fine a questa guerra, così anacronistica da far fatica a credere che sia vera, così presente da farci fare i conti con il passato, ma al tempo stesso così necessaria, perché ciò che spetta di diritto al popolo ucraino, la sua sopravvivenza e libertà, non venga sottratto ingiustamente da un invasore.

Infatti, colleghi, negoziare senza la possibilità di difesa equivale a una resa e chiedere al popolo ucraino di arrendersi dopo essere stato aggredito sul suo territorio, dopo che i suoi uomini, ma soprattutto padri, mariti e figli, sono stati chiamati a difendere la propria Nazione, accompagnando ai confini i propri anziani, le proprie donne e i propri bambini per poi tornare indietro a combattere, con la gravosa consapevolezza che forse non li potranno più riabbracciare, no, cari colleghi, questo non è dignitoso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Non è dignitoso chiedere di arrendersi a un popolo che sta resistendo al buio e al freddo. Non è dignitoso chiederlo stando comodamente seduti sulle nostre poltrone. Non è dignitoso, colleghi, cambiare idea a seconda delle poltrone in cui si siede. Infatti, qualcuno ha votato a favore quando era in maggioranza e vota contro oggi che è all'opposizione (Prolungati applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). È questa la differenza tra noi e voi! Noi con responsabilità abbiamo votato a favore quando eravamo all'opposizione. Si chiama coerenza: è ciò che fa la differenza tra noi e voi ed è il motivo per cui gli italiani hanno spedito voi all'opposizione e noi al Governo.

È per questo motivo e per tutti gli altri che ho indicato in precedenza che Fratelli d'Italia voterà, con orgoglio, a favore sulla mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO (A-IV-RE). Presidente, perché a volte le parole pronunciate sono più efficaci e chiare. Le parole dette dal collega Conte sono molto più chiare di quelle scritte e, quindi, voteremo di conseguenza.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Conte ed altri n. 1-00010, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Zanella ed altri n. 1-00020, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Passiamo alla votazione della mozione Richetti ed altri n. 1-00022.

Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima il dispositivo ad eccezione del primo capoverso, a seguire, il primo capoverso del dispositivo, infine, ove il dispositivo venga in tutto o in parte approvato, la premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Richetti ed altri n. 1-00022, limitatamente al dispositivo, ad eccezione del primo capoverso, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Richetti ed altri n. 1-00022, limitatamente al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

A seguito dell'approvazione di parte del dispositivo della mozione Richetti ed altri n. 1-00022, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Richetti ed altri n. 1-00022, limitatamente alla premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Passiamo alla votazione della mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025.

Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima il dispositivo, ad eccezione dei capoversi 2, 4 e 9, a seguire, distintamente, i capoversi 2, 4 e 9 del dispositivo, infine, ove il dispositivo venga in tutto o in parte approvato, la premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025, limitatamente al dispositivo, ad eccezione dei capoversi 2, 4 e 9, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025, limitatamente al 2 capoverso del dispositivo, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025, limitatamente al 4 capoverso del dispositivo, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025, limitatamente al 9 capoverso del dispositivo, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 9).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025, limitatamente alla premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 10).

Passiamo alla votazione della mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031.

Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare, dapprima, il dispositivo ad eccezione dei capoversi 3, 5, 6, 7 e 8; a seguire, distintamente i capoversi 3, 5, 6, 7 e 8 del dispositivo; infine - ove il dispositivo venga in tutto o in parte approvato - la premessa.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, limitatamente al dispositivo, ad eccezione dei capoversi 3, 5, 6, 7 e 8, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 11).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, limitatamente al 3 capoverso del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, limitatamente al 5 capoverso del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, limitatamente al 6 capoverso del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, limitatamente al 7 capoverso del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, limitatamente all'8 capoverso del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tremonti, Formentini, Mule', Bicchielli ed altri n. 1-00031, limitatamente alla premessa, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

Seguito della discussione delle mozioni Orlando ed altri n. 1-00012, Conte ed altri n. 1-00023, Richetti n. 1-00026, Grimaldi ed altri n. 1-00028 e Tenerini, Rizzetto, Giaccone, Pisano ed altri n. 1-00030 concernenti iniziative volte all'introduzione del salario minimo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Orlando ed altri n. 1-00012 (Nuova formulazione), Conte ed altri n. 1-00023, Richetti n. 1-00026, Grimaldi ed altri n. 1-00028 e Tenerini, Rizzetto, Giaccone, Pisano ed altri n. 1-00030 concernenti iniziative volte all'introduzione del salario minimo.

Ricordo che, nella seduta di martedì 29 novembre 2022, si è svolta la discussione sulle linee generali ed è intervenuto il rappresentante del Governo.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno. Do la parola al sottosegretario, senatore Claudio Durigon. Per cortesia, silenzio, altrimenti non si capisce. Vi prego, per cortesia, silenzio.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Sulla mozione Orlando ed altri n. 1-00012 (Nuova formulazione), il parere del Governo è contrario, ad eccezione dell'impegno 1, lettere a), b), c) e d), su cui si rende parere favorevole con la seguente riformulazione: “ad adottare ogni iniziativa utile affinché la direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio sia recepita non oltre il termine della stessa direttiva indicato”.

Sulla mozione Conte ed altri n. 1-00023, il parere del Governo è contrario, ad eccezione dell'impegno 1, su cui si rende parere favorevole con la seguente riformulazione: “ad adottare ogni iniziativa utile affinché la direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio sia recepita non oltre il termine della stessa direttiva indicato”.

Sulla mozione Richetti n. 1-00026…

PRESIDENTE. Senatore Durigon, scusi un attimo. Per cortesia, silenzio, altrimenti non si capisce cosa pronuncia il Governo. Prego, senatore.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Sulla mozione Richetti n. 1-00026, il parere del Governo è contrario, ad eccezione dell'impegno 1, lettere a), b), c), d) ed e), su cui si rende parere favorevole con la seguente riformulazione: “ad adottare ogni iniziativa utile affinché la direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio sia recepita non oltre il termine dalla stessa direttiva indicato”.

Sulla mozione Grimaldi ed altri n. 1-00028, il parere del Governo è contrario, ad eccezione dell'impegno 1), lettere a), b), c), d), e) ed f), su cui rende parere favorevole, con la seguente riformulazione: “ad adottare ogni iniziativa utile affinché la direttiva 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio sia recepita non oltre il termine dalla stessa direttiva indicato”. Sulla mozione Tenerini, Rizzetto, Giaccone, Pisano ed altri n. 1-00030 il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Grazie, Sottosegretario, senatore Claudio Durigon. Ci è stato segnalato che non si è compreso il parere del Governo. Chiedo la cortesia al senatore Durigon se lo può ripetere. Le chiedo scusa, senatore, però chiedo all'Assemblea una cortesia: chi non è interessato uscisse, per favore. Prego Senatore, le chiedo di nuovo scusa, a nome dell'Assemblea.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Tutti i punti, Presidente, oppure qualcuno specifico?

PRESIDENTE. No, cortesemente, tutti i punti. Le chiedo scusa.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Va bene. Mozione Orlando ed altri n. 1-00012 (Nuova formulazione), il parere del Governo è contrario, ad eccezione dell'impegno 1), lettere a), b), c), d), su cui si rende parere favorevole con la seguente riformulazione: “ad adottare ogni iniziativa utile affinché la direttiva 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio sia recepita non oltre il termine dalla stessa direttiva indicato”. Mozione Conte ed altri n. 1-00023, il parere del Governo è contrario, ad eccezione dell'impegno 1), su cui si rende parere favorevole, con la seguente riformulazione: “ad adottare ogni iniziativa utile affinché la direttiva 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio sia recepita non oltre il termine dalla stessa direttiva indicato”. Mozione Richetti n. 1-00026, il parere del Governo è contrario, ad eccezione dell'impegno 1), lettere a), b), c), d), e), su cui si rende parere favorevole, con la seguente riformulazione: “ad adottare ogni iniziativa utile affinché la direttiva 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio sia recepita non oltre il termine dalla stessa direttiva indicato”. Mozione Grimaldi ed altri n. 1-00028, il parere del Governo è contrario, ad eccezione dell'impegno 1, lettere a), b), c), d), e) ed f), su cui si rende parere favorevole con la seguente riformulazione: “ad adottare ogni iniziativa utile affinché la direttiva 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio sia recepita non oltre il termine dalla stessa direttiva indicato”. Sulla Mozione Tenerini, Rizzetto, Giaccone, Pisano ed altri n. 1-00030 vi è parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Colucci. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ALESSANDRO COLUCCI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, Governo, il gruppo di Noi moderati crede che la questione del lavoro non solo sia centrale nelle politiche che il Governo deve affrontare in questa legislatura, ma deve essere affrontata non tanto puntando sul tema del salario minimo, ma sul salario massimo possibile. Lo dico perché ci sono Paesi come la Germania e l'Inghilterra che hanno individuato in questa soglia limite, definita salario minimo, una soglia fondamentale sulla quale si riversano anche conseguenze di tipo civile e di tipo penale. Il nostro Paese, l'Austria, la Danimarca, la Finlandia, la Svezia, Cipro e altri hanno scelto una strada diversa, che è quella dei contratti collettivi per poter definire una paga base. Noi crediamo che questa sia la strada maestra.

I contratti collettivi, innanzitutto, permettono una concertazione fra le parti interessate, tra la parte datoriale e quella dei lavoratori. Riesce a definire, questa contrattazione, garanzie certe per i lavoratori: basti pensare al TFR, alla malattia, alle ferie, ai permessi, alla previdenza complementare, alla sanità integrativa, alla tredicesima, alla quattordicesima, a seconda delle tipologie dei contatti. Sono garanzie che in alcune parti del Paese non si conoscono minimamente, ma purtroppo anche nel nostro Paese c'è una parte di lavoratori che sono trattati in modo assolutamente non dignitoso, perché i contratti collettivi interessano l'80 per cento dei lavoratori ma noi crediamo che questa formula di concertazione dovrebbe riguardare tutti i lavoratori del nostro Paese e quindi crediamo che sia necessario ampliare la contrattazione collettiva a quelle parti sociali non ancora coinvolte e crediamo che sia giusto che riguardi tutte le categorie dei lavoratori, anche quelle non comprese, per evitare che ci siano contratti pirata fatti da chi non ha una rappresentanza tale da poter veramente tutelare gli interessi dei lavoratori e comunque dare attenzione alle istanze dei datori di lavoro, ma che ci si orienti sempre di più sui contratti tradizionali che sono quelli che le contrattazioni collettive garantiscono di riuscire ad ottenere.

Bisogna poi investire sul lavoro questo è un tema su cui il gruppo Noi Moderati insiste con grande decisione. Per tutta la scorsa legislatura abbiamo affermato, con grande chiarezza - e siamo stati coloro che hanno contribuito in modo importante all'interno del programma di centrodestra in tal senso -, che per noi la strada non è l'assistenzialismo; noi siamo per il lavoro, non siamo per il reddito di cittadinanza e lo voglio dire anche evitando quelle strumentalizzazioni alle quali purtroppo spesso si è sottoposti quando si fa questa affermazione. Noi non siamo indifferenti alla povertà, alle fragilità, alle difficoltà; anzi, crediamo che chi ha bisogno deve essere aiutato ancora di più e meglio, ma poi c'è una fetta di percettori del reddito di cittadinanza che sono in grado di lavorare, che possono avere nella vita una professione, che possono avere l'ambizione di diventare lavoratori di successo, che iniziano con una paga bassa ma grazie alla crescita lavorativa possono anche ambire a posizioni importanti e a stipendi significativi. Questa credo sia la strada giusta, su cui sta intervenendo il Governo e che il tema delle risorse utilizzate per il reddito di cittadinanza sia un tema da affrontare sugli investimenti; ma non è possibile immaginare di impegnare più di 7 miliardi nel 2019 sul reddito di cittadinanza, 8 miliardi nel 2020 e ancora più di 8 miliardi nel 2021. Crediamo che una parte di queste risorse debbano aiutare una fragilità che c'è ed è esistente, ma un'altra parte devono essere investite proprio sul lavoro, ad esempio attraverso il taglio del cuneo fiscale, quella differenza fra la paga lorda e la paga netta che riceve il lavoratore e che in Italia ha raggiunto il 46,5 per cento, che ci porta ad avere il quinto cuneo fiscale più alto fra Paesi OCSE e dell'area euro. Allora, è una priorità la diminuzione del cuneo fiscale; dobbiamo concentrarci su questo tema, perché dando maggiori risorse ai lavoratori potrebbe ripartire l'economia, anche attraverso questo provvedimento; attraverso meno tasse, quindi, si potrebbero ottenere più soldi a disposizione per i lavoratori; ci sarebbero più consumi, maggiore produzione, più distribuzione di beni e di servizi. Insomma, in definitiva si genererebbe più lavoro. Quindi, Presidente, noi sosteniamo gli obiettivi della mozione su cui impegniamo il Governo, in particolare per l'ampliamento della contrattazione collettiva alle parti non coinvolte nella contrattazione, per creare ed estendere la contrattazione ai lavoratori ad oggi esclusi; favorire i contratti di prossimità, che sono un altro elemento importante per riuscire a costruire un contratto di lavoro sulle specificità del lavoro che deve portare avanti un dipendente e soprattutto sulle caratteristiche geografiche dove l'azienda e il lavoratore si trovano ad impegnarsi, anche tenendo conto della diversità del costo della vita che c'è sul territorio nazionale.

Sosteniamo poi gli obiettivi su cui sollecitiamo il Governo all'interno della mozione, come una profonda valutazione della migliore offerta economica, che purtroppo sappiamo che spesso si trasforma in una compressione delle risorse che vengono date a chi realizza un'opera che porta avanti un servizio, ma che rischiano di diventare poi un minor riconoscimento economico ai lavoratori che si impegnano in quel servizio. Ne conosciamo purtroppo tante e troppe di vicende che hanno visto scaricare sui lavoratori la compressione eccessiva dell'offerta al massimo ribasso. Come ho detto poco fa, c'è poi il tema del cuneo fiscale: bisogna assolutamente favorire l'occupazione, perché la dignità la dà il lavoro e non l'assistenzialismo. E poi occorre implementare le politiche attive del lavoro. Il tema della formazione, soprattutto per i giovani, è per noi prioritario perché, senza la competenza, non si può essere dei lavoratori adeguati. Quindi, per concludere, Presidente, siamo fiduciosi che questo Governo sarà attento e sensibile alle sollecitazioni del Parlamento su questo tema, perché ha già dato, con la prima legge di stabilità, pur avendo a disposizione poche risorse, segnali forti al sostegno della crescita economica, del lavoro, della famiglia, con il pacchetto famiglia, ma ha dato anche un segnale forte lavorando sulla messa in sicurezza per il caro energia, sul fisco, che migliora per i lavoratori autonomi, sull'attenzione ai redditi più bassi e su una tassazione meno grave sui premi di produttività. Allora, noi crediamo che l'attenzione verso i fragili e verso la classe media il Governo l'abbia già dimostrata con la legge di stabilità e crediamo che, con l'approvazione di questa mozione, possa avere un indirizzo del Parlamento molto più forte. Credo che gli impegni all'interno della mozione siano coerenti con il programma elettorale sul quale abbiamo avuto mandato pieno dagli elettori. Allora, votiamo a favore della mozione di maggioranza e andiamo avanti perché gli italiani ci hanno dato fiducia per lavorare con concretezza sulle priorità che per noi sono il lavoro e il sostegno alle imprese, che sono le vere - le vere - priorità, sulle quali il Governo deve lavorare e tutto il Parlamento deve essere unito e lavorare in sintonia (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Francesco Mari. Ne ha facoltà, per 10 minuti.

FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, signor Presidente, colleghe, colleghi e rappresentanti del Governo. Non torno su gran parte delle argomentazioni usate ieri dai colleghi Grimaldi e Zaratti, in sede di illustrazione della mozione, ma siamo davvero il Paese delle disuguaglianze, disuguaglianze crescenti, territoriali - come ci ha detto, solo l'altro ieri, lo Svimez -, di genere, con un divario inaccettabile tra donne e uomini in materia di occupazione complessiva, di diritti e di retribuzione. Anche a questo - lo ricordo - serve l'introduzione di un salario minimo stabilito per legge. È la condizione del lavoro in Italia a chiederlo; è quello che finalmente chiamate tutti “lavoro povero”, dimenticando con troppa leggerezza che è il prodotto delle vostre politiche, quelle adottate negli ultimi decenni, tese solo a precarizzare il lavoro e a comprimere i salari, quello che vi apprestate a riproporre nelle prime scelte di questo Governo. Infatti, reintroducete i voucher, che sono uno strumento straordinario per abbassare la massa delle retribuzioni e per aumentare la precarietà del lavoro, creando disparità, incertezza del futuro e insicurezza del lavoro, perché dai redditi derivano diritti e deriva anche sicurezza, sì, proprio sicurezza, perché un lavoro giustamente retribuito è anche un lavoro più sicuro. Dovremo sicuramente intervenire in materia di formazione dei lavoratori, di responsabilità delle imprese anche nella catena del subappalto, di capacità di intervento degli organismi ispettivi, ma - guardate - dietro a ogni incidente sul lavoro - è verissimo - c'è sicuramente, spesso, un'inadeguata prevenzione, ma c'è quasi sempre un ritmo di lavoro insostenibile, un orario di lavoro troppo lungo e un'età del lavoratore troppo avanzata. Per questo, intervenire sul reddito significa anche incidere in maniera determinante sulla sicurezza del lavoro, perché semplicemente si riduce la ricattabilità - e sottolineo questa parola - delle lavoratrici e dei lavoratori.

Ha avversari l'introduzione del salario minimo? E chi sono? Sono innanzitutto i datori di lavoro che utilizzano i contratti pirata e spesso addirittura ricattano i lavoratori chiedendo loro il passaggio a un contratto che sottopaga un lavoro spesso qualificato e professionale, perché in questo modo mantengano un posto di lavoro. E' del tutto evidente che quegli interessi trovano alleanze anche in quest'Aula. Pensate che, solo nel settore della sanità privata, sono almeno otto i contratti cosiddetti pirata, che riguardano almeno il 50 per cento dei lavoratori. Per esempio, i centri della sanità privata che non applicano il contratto AIOP risparmiano fino al 46,6 per cento sul costo del lavoro, che copre il 70 per cento della tariffa. Un dipendente di questi centri lavora più ore, guadagnando fino a 10.000 euro in meno del suo collega che fa lo stesso lavoro. Salta così un'idea base: a parità di lavoro, parità di salario. Solo in Campania, che rappresenta il 20 per cento della riabilitazione nel settore della sanità privata, circa 25 milioni l'anno, vengono sottratti ai lavoratori per finire nelle tasche dei centri con contratti diversi da quello leader, diciamo così; significa, a livello nazionale, 125 milioni di denaro pubblico, tutto a danno non solo dei lavoratori, ma anche dell'occupazione e della qualità del servizio. A proposito, visto che siete così contrari al lavoro povero e ci tenete tanto alla dignità del lavoro, potreste intervenire tutti, nelle regioni che governate, per rimuovere questa ingiustizia del dumping salariale. Volete sapere se riteniamo questa misura sufficiente a combattere il lavoro povero? Rispondiamo nettamente di “no”. Per combattere efficacemente il lavoro povero, è necessaria sicuramente - è quasi scontato - una pluralità di misure. Ne indico alcune: innanzitutto, la legge sulla rappresentanza perché, su 933 contratti collettivi nazionali di lavoro, ben 353 sono sottoscritti da organizzazioni sindacali non rappresentative; il reddito di cittadinanza - sì proprio il reddito di cittadinanza - che comunque ha già prodotto i suoi effetti, riducendo - uso un'altra volta questa parola - la “ricattabilità” dei lavoratori di fronte a offerte di retribuzione indecenti e molto lontane dal garantire una vita dignitosa e poi un intervento deciso sugli appalti pubblici, che purtroppo sono spesso - troppo spesso ahimè - l'origine del lavoro povero. Un appalto per l'affidamento di servizi essenziali dovrebbe contenere per legge, non solo genericamente, il rispetto dei contratti collettivi nazionali, ma anche la previsione del numero di lavoratori a tempo pieno o parziale che la produzione di quel servizio richiede. Quindi, la fissazione di un salario minimo legale è - e rimane - un tassello indispensabile all'interno di questo disegno, per rendere più dignitoso il lavoro in questo Paese. A proposito di ciò che ho ascoltato nella discussione di ieri, il salario minimo, care colleghe e cari colleghi della maggioranza, rafforza la contrattazione, lo dico all'onorevole Malagola che è intervenuto ieri. Le norme in difesa dei diritti dei lavoratori hanno sempre aiutato, nel suo lavoro quotidiano, il sindacato che da lì è partito per raggiungere nuove conquiste e i 7 euro lordi fissati dalla direttiva europea non possono essere certo un punto di riferimento per chi intende veramente rappresentare il mondo del lavoro.

Non c'è contraddizione, care colleghe e cari colleghi, del centrodestra tra contrattazione e salario minimo legale. Per questo, noi di Alleanza Verdi e Sinistra voteremo, ovviamente, a favore della nostra mozione, ma valutiamo positivamente gli avanzamenti fatti su questo terreno e facciamo appello alle opposizioni per trovare un terreno unitario su questo tema, così decisivo per la qualità della vita di chi vive del proprio lavoro, a partire ovviamente dalla nostra formulazione che vi ripropongo e alla quale teniamo particolarmente: il salario minimo legale, inderogabile anche dalle parti sociali, pari a 10 euro l'ora, al lordo degli oneri contributivi e previdenziali (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antonio D'Alessio. Ne ha facoltà, per 10 minuti.

ANTONIO D'ALESSIO (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Questo è un argomento rispetto al quale occorre trasformare le enunciazioni di principio e le aspettative del mondo del lavoro in concretezza e provvedimenti amministrativi. Sappiamo tutti che l'articolo 36 della Costituzione italiana non si limita a stabilire la proporzione della retribuzione rispetto al lavoro secondo criteri oggettivi, qualità e quantità della prestazione, ma prevede anche che debba essere sufficiente a soddisfare i bisogni e le esigenze fondamentali, personali e familiari, del lavoratore. E, invece, in Italia si rileva che ci sono oltre 4 milioni di cosiddetti lavoratori poveri, cioè quei lavoratori che, pur avendo un'occupazione - figuriamoci chi non ce l'ha! - sono a rischio di povertà e di esclusione sociale a causa del reddito troppo basso. Questo viene fuori da che cosa? Se consideriamo l'articolo 39 della Costituzione, che attribuisce ai sindacati il potere di stipulare contratti collettivi nazionali vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti alla categoria cui il contratto si riferisce, vediamo però che storicamente questo articolo 39 è stato considerato una norma soltanto programmatica, senza avvertire la necessità di renderla assolutamente precettiva. Da questo è venuto fuori un effetto indesiderato, anzi due: primo, la mancata estensione dell'efficacia dei contratti collettivi nei confronti di tutti i lavoratori; secondo, una proliferazione esagerata dei contratti collettivi stessi. Questa patologia ha assunto rilevanze gigantesche, se si pensa che risultavano depositati, al 31 dicembre 2021, ben 992 contratti collettivi. È così che emerge il fenomeno del dumping contrattuale, cioè l'applicazione di contratti firmati da organizzazioni non rappresentative, con minimi tabellari più bassi. Attenzione alla comparazione con l'Europa: siamo all'interno di una ristrettissima schiera di Paesi dell'Unione europea - tra l'altro, l'unico tra i Paesi fondatori - in cui non esiste un salario minimo stabilito per legge. Questo, naturalmente, a tutto discapito della dignità retributiva dei lavoratori. E, allora, viene fuori, il 4 ottobre 2022, da parte del Consiglio dell'Unione europea, la direttiva UE 2022/2041, volta alla promozione di salari minimi adeguati in tutti gli Stati membri, che va ovviamente recepita. Qual è il fine? Quello di garantire l'adeguatezza dei salari minimi.

È chiaro che l'obiettivo è di ridurre la povertà a livello nazionale e sostenere la domanda interna del potere di acquisto, laddove, peraltro, negli ultimi decenni, le strutture tradizionali di contrattazione collettiva si sono fortemente indebolite, anche a causa, tra l'altro, di spostamenti strutturali dell'economia verso settori meno sindacalizzati e l'aumento delle forme di lavoro precarie e atipiche. La direttiva comunitaria, allora, ha individuato direttrici specifiche entro cui i Paesi membri devono muoversi: criteri di determinazione e aggiornamento periodico dei salari minimi legali, coinvolgimento assoluto delle parti sociali, accesso effettivo dei lavoratori ai salari minimi legali, con controlli e ispezioni da parte di organismi responsabili, e una serie di altre indicazioni.

Ora, qual è la nostra richiesta: impegnare il Governo a recepire, innanzitutto, tempestivamente la direttiva UE 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, naturalmente al fine di giungere all'approvazione di una legge sulla rappresentanza in tempi quanto più possibile ristretti, se possibile anche prima del termine massimo entro il quale era stato individuato un limite temporale ampio, in maniera tale da assicurare la validità erga omnes dei contratti collettivi, combattere il fenomeno del dumping contrattuale e garantire la validità solo ai contratti firmati da organizzazione realmente rappresentative; poi, la previsione di una fissazione di un salario minimo legale inderogabile, non inferiore ai 9 euro l'ora, al lordo degli oneri contributivi e previdenziali; la determinazione di parametri per l'adeguamento periodico della retribuzione minima, con particolare riferimento agli indici economici in materia di tasso di crescita dei salari; l'introduzione di strumenti efficaci di raccolta dati; il monitoraggio, al fine di garantire adeguati controlli, perché questo è un altro problema serio, e, quindi, l'effettiva applicazione dei salari minimi legali, consequenzialmente prevedendo misure sanzionatorie in caso di violazione; prevedere iniziative di informazione e formazione dei prestatori di lavoro.

Abbiamo ascoltato quanto ci giunge dal Governo in ordine a queste nostre proposte, ma invitiamo il Governo a rivalutare il proprio orientamento per non vanificare le specifiche richieste della nostra mozione a tutela delle parti sociali, che voteremo con grande convinzione (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Chiara Tenerini. Ne ha facoltà, per 10 minuti.

CHIARA TENERINI (FI-PPE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel nostro Paese da parecchio tempo si discute della necessità di stabilire per legge un salario minimo, cioè un ammontare di retribuzione minima che per legge un lavoratore dovrebbe ricevere per il lavoro prestato in un determinato arco di tempo e che non può essere in alcun modo ridotta ad accordi collettivi e da contratti privati. Si tratta, quindi, di una soglia limite di retribuzione sotto la quale il datore di lavoro non può scendere.

Per una parte politica, si ritiene che il salario minimo possa concretamente contribuire a garantire una qualità della vita migliore per i lavoratori, soprattutto quelli che non rientrano nella copertura dei cosiddetti contratti collettivi nazionali. La proposta è stata a più riprese rilanciata come la soluzione di molti mali: il contrasto al lavoro nero, l'alternativa al precariato, lo strumento adatto alla lotta alle disuguaglianze sociali, il mezzo che consente di garantire a tutti condizioni lavorative dignitose. Dal canto nostro, invece, riteniamo che la storia delle relazioni sindacali nel nostro Paese negli ultimi settant'anni dimostri che la contrattazione collettiva sia stata in grado di garantire ai lavoratori e alle imprese trattamenti economici che, nel rispetto del precetto dell'articolo 36 della Costituzione, fossero in linea con le situazioni economiche di mercato dei singoli settori.

Il quadro internazionale evidenzia come la determinazione per legge di un salario orario minimo sia tipica di Paesi storicamente caratterizzati da un sistema di contrattazione collettiva debole, ovvero decentrata a livello aziendale o locale, non in grado di definire una previsione salariale minima omogenea. D'altra parte, la stessa direttiva europea del 2022 sul tema, l'ultima, si occupa di fissare un parametro per assicurare l'adeguatezza dei salari negli Stati membri dove già esistono e, in generale, promuovere la contrattazione collettiva come mezzo di difesa dei salari, ma non impone a nessuno Stato membro l'obbligo di introdurre un salario minimo legale. E non è un caso che l'Europa non abbia fatto una tale imposizione.

Dal nostro punto di vista, l'idea del salario minimo come meccanismo di salvaguardia del mercato del lavoro è assolutamente fuorviante. L'introduzione di un salario minimo fissato per legge potrebbe, anzi, ripercuotersi negativamente sul sistema produttivo, determinando un circolo vizioso per cui le aziende, già vessate da un'elevatissima pressione fiscale, da anni di pandemia e dall'esposizione all'incremento dei costi energetici, con l'aumento del costo del lavoro sarebbero indotte, invece, a licenziare e non ad assumere, e ad aumentare i prezzi di vendita dei loro prodotti, con la ripercussione sul consumatore finale.

Con tale misura, inoltre, si rischierebbe di favorire la tendenza alla diminuzione delle ore lavorate o, cosa ancora più pericolosa, aumenterebbe il rischio dei cosiddetti contratti pirata, cioè irregolari.

La soluzione ad un mercato del lavoro stagnante ed in profonda crisi è quella, quindi, di individuare meccanismi in grado di mettere in moto l'economia, favorendo l'occupazione, soprattutto giovanile. Affrontare l'inflazione, l'aumento dei prezzi e del costo della vita con un'agenda economica che tuteli famiglie, lavoratori e pensionati da una crisi che ne sta erodendo il potere d'acquisto: questi sono gli impegni cui non possiamo sottrarci. Con un'inflazione che ha raggiunto picchi dell'8 per cento a giugno, l'emergenza prezzi e costo della vita non può più essere rinviata, e il salario minimo non è la soluzione.

Alla luce di tale difficile situazione economica, bisogna intervenire sul mercato del lavoro, partendo dal presupposto che in Italia il costo del lavoro è tra i più alti d'Europa. È quindi indispensabile tagliare il cuneo fiscale, seguendo la scia già trattata dall'ultimo Consiglio dei ministri del 20 novembre scorso. Ciò darebbe veramente una forte spinta al mondo del lavoro attraverso una decontribuzione consistente, volta all'assunzione di giovani, di donne e percettori di reddito di cittadinanza.

Riteniamo, quindi, che sia necessario un intervento propulsivo nel mercato del lavoro, ma non attraverso l'introduzione di un salario minimo, ma attraverso misure strutturali, quali la maggiore e puntuale applicazione dei contratti collettivi, soprattutto quelli di prossimità; la lotta ai contratti pirata, da condursi attraverso una verifica capillare su tutto il territorio nazionale; la predisposizione di interventi e azioni volte a liberare risorse da altre voci della spesa pubblica per destinarle al mercato del lavoro e favorire l'occupazione; una diminuzione progressiva, ma costante, del cuneo fiscale, volta ad alleggerire gli oneri su tutti i salari e a dare più spazio alle dinamiche retributive nette, con beneficio per il potere di acquisto dei lavoratori, per le aziende e per l'economia di tutto il Paese.

La misura del salario minimo, quindi, da più parti caricata di un contenuto ideologico e di grande appeal mediatico, non rappresenta assolutamente la soluzione ai problemi strutturali che affliggono il mercato del lavoro. Altre possono essere le strade percorribili, come l'avviarsi di percorsi interlocutori tra le parti coinvolte nella contrattazione collettiva al fine di monitorare e comprendere quali sono le cause della non applicazione dei contratti collettivi e risolvere le problematiche dove emergono, affinché si possa estendere l'utilizzo degli stessi.

Per tale ragione, noi di Forza Italia esprimiamo voto favorevole alla mozione Tenerini, Rizzetto, Giaccone, Pisano ed altri n. 1-00030 (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Aiello. Ne ha facoltà.

DAVIDE AIELLO (M5S). Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, voglio iniziare il mio intervento portando all'attenzione dell'Aula due delle tante storie che ho letto in questi giorni e che inquadrano perfettamente l'oggetto della nostra discussione odierna. La prima è quella di Maddalena, una ragazza di 23 anni che vive in provincia di Napoli: “Sono andata a fare un colloquio di lavoro in un supermercato della mia zona. Mi hanno proposto 42 ore a settimana su due turni per 500 euro al mese come cassiera e commessa di reparto insieme. Ho protestato, ho detto che solo di affitto spendo 400 euro al mese. Con uno stipendio del genere non mi sarebbero rimasti nemmeno i soldi per fare la spesa. La risposta del direttore? Ha detto che avrebbero dovuto testare le mie abilità e che comunque a 23 anni quella cifra andava bene”. Avete capito bene, colleghi: 500 euro al mese per 42 ore alla settimana, ovvero una paga di 2,97 euro l'ora, siamo sotto i 3 euro. Poi c'è la vicenda di Pietro, un giovane che dalla Sardegna si è trasferito a Milano in cerca di lavoro. “Quando sono arrivato, ho trovato lavoro come addetto alla sicurezza in un grande magazzino della città. Ho lavorato dalle 7,30 alle 23,30 con soli 30 minuti di pausa per un compenso di 3,66 euro l'ora”. Sentite questa, perché fa veramente, non dico ridere, ma capire quali sono le richieste da parte di alcuni datori di lavoro. “Era obbligatorio avere la barba perfettamente tagliata ogni giorno, pena la decurtazione di 4 ore dalla busta paga come multa. Speravo di trovare un lavoro pagato dignitosamente a Milano, visto che in Sardegna spesso gli stipendi sono molto bassi, ma mi sono dovuto accontentare di questo per sopravvivere”.

Le storie di Maddalena e di Pietro non sono storie isolate, anzi. Queste due storie fotografano molto bene la realtà che tanti, anche in quest'Aula, fanno ancora finta di non vedere. Questi sono gli stessi che, nell'opporsi all'introduzione del salario minimo, dipingono i giovani come degli scansafatiche, seduti comodamente sul divano.

Nel nostro Paese sono 360 mila i giovani che vanno dai 20 ai 29 anni che guadagnano meno di 870 euro al mese. Sono ragazze e ragazzi che pagano sulla loro pelle anni e anni di scelte politiche profondamente sbagliate, di leggi che hanno svenduto la loro professionalità, il loro sapere, il loro know-how sull'altare del profitto, di promesse che hanno ottenuto soltanto qualche titolo di giornale e nient'altro. Bene, dovreste chiedere scusa a questi giovani, piuttosto che continuare ad insultarli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Veniamo al merito della questione, Presidente. Ho letto con attenzione i testi delle mozioni presentate dagli altri gruppi, ho ascoltato con molta attenzione e interesse gli interventi dei vari colleghi degli altri gruppi. Con grande dispiacere non ho potuto fare a meno di notare, sia nell'uno che nell'altro caso, una scarsissima voglia di migliorare veramente la vita di quei cittadini che ogni giorno sono costretti a fare veramente dei sacrifici per andare avanti, sacrifici enormi per sopravvivere. Continuare ad affidarsi a sterili artifici tecnici e retorici, equiparare il trattamento economico minimo a quello complessivo, circoscrivere il perimetro dell'intervento soltanto ad alcuni settori o, dulcis in fundo, arrivare addirittura a scrivere nero su bianco che l'introduzione del salario minimo metterebbe a rischio la contrattazione collettiva, ha come unico scopo quello di lasciare tutto com'è, in perfetto stile gattopardesco.

Pertanto, colleghi, non prendiamoci in giro, ma soprattutto non prendiamo in giro i cittadini. Sono dieci anni che noi del MoVimento 5 Stelle, in Parlamento, da soli - da soli - ci battiamo per introdurre in Italia una misura di civiltà che è presente in 21 Stati europei su 27 e che, secondo gli studi di illustri economisti, cito ad esempio il premio Nobel David Card, ha ricadute positive sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale.

Ma, mentre noi facevamo ciò, mentre noi ci battevamo in Parlamento per introdurre questo importante strumento di civiltà, c'era chi andava in giro diffondendo delle fake news. Ne cito soltanto una, quella che dice: l'istituzione del salario minimo comprimerebbe verso il basso sia le retribuzioni che i diritti. Chi ha detto ciò - ovviamente non faccio nomi, Presidente - evidentemente non ha letto la nostra proposta di legge. Quindi, vi do un consiglio, cari colleghi: la prossima volta, prima di commentare, vi chiedo di fare un piccolo sforzo. Vi renderete conto che con il nostro testo non ci sarebbe nessuno scivolamento verso il basso degli stipendi, anzi. A leggere, infatti, ciò che dice l'Istat - vi do questo ulteriore dato - è l'esatto contrario, l'esatto opposto.

Per l'Istituto di statistica, infatti, con il via libera alla proposta di legge del MoVimento 5 Stelle quasi 3 milioni di lavoratori avrebbero un incremento medio annuo di retribuzione pari a 1.073 euro. Quindi, stiamo parlando di aumento dei salari, stiamo parlando di aumento delle retribuzioni dei lavoratori. Il motivo è molto semplice: la soglia dei 9 euro lordi l'ora, da noi individuata nel nostro testo, scatterebbe solo se il minimo salariale di un contratto leader, ovvero firmato dai sindacati e dalle associazioni di imprese comparativamente più rappresentative, fosse più basso. Avete capito bene, cari colleghi.

In conclusione, caro Presidente e colleghi, vorrei ricordare brevemente quali sono gli impegni presenti nella nostra mozione e nel nostro disegno di legge, che abbiamo depositato anche in questa legislatura, a prima firma del nostro presidente Giuseppe Conte: valorizzare i contratti collettivi leader; definire specifici criteri atti a pesare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali.

Sancire il principio secondo il quale le parti sociali sono abilitate a stabilire il trattamento economico minimo; istituire una soglia minima inderogabile pari a 9 euro lordi l'ora sotto cui nessun contratto collettivo nazionale può derogare al ribasso. Quindi, cari colleghi, è giunto il momento di affrontare concretamente un tema che per troppo tempo è stato accantonato. Mettiamo da parte le divisioni e concentriamoci sull'obiettivo, ovvero il miglioramento delle condizioni di vita di milioni di donne e uomini del nostro Paese, anche perché, come è noto, a salari di fame oggi corrisponderanno pensioni da fame per il futuro, soprattutto per quanto riguarda i giovani e le donne. L'articolo 36 della nostra Costituzione non può e non deve rimanere lettera morta. Sta a noi portare a compimento il lavoro dei nostri padri costituenti e dimostrare, soprattutto a chi ci ascolta, che questo Parlamento ha ancora un senso di esistere. Facciamolo prima che sia troppo tardi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Tiziana Nisini. Ne ha facoltà per dieci minuti.

TIZIANA NISINI (LEGA). Grazie, Presidente. Colleghi, rappresentante del Governo sottosegretario Durigon, vorrei ringraziare innanzitutto le opposizioni che per prime hanno depositato mozioni sull'argomento salari e le vorrei ringraziare perché così oggi si mette fine a una strumentalizzazione vergognosa che viene portata avanti da settimane, se non da mesi. Lo voglio fare in primis proprio per quei lavoratori, che loro dicono di tutelare, che vengono sottopagati. Tutta la discussione ruota intorno a una direttiva, la direttiva 2022/2041, che è entrata in vigore il 14 novembre. Partiamo dall'abbiccì, perché io credo che ci sia tanta confusione. Che cos'è una direttiva europea? Cosa dice una direttiva? Perché sentendo gli interventi, soprattutto quelli di ieri in discussione generale, pare che qualcuno la direttiva non l'abbia letta o, se l'ha fatto, probabilmente non l'ha compresa o fa finta di non comprenderla. Una direttiva europea è un atto giuridico che stabilisce un obiettivo, un obiettivo che tutti i Paesi aderenti all'Unione europea devono conseguire, tuttavia, spetta ai singoli Paesi stabilire come conseguirlo.

La direttiva europea in questione pone l'obiettivo di garantire retribuzioni minime, retribuzioni adeguate proprio per ridurre le disuguaglianze salariali, per ridurre il cosiddetto lavoro povero, per ridurre i divari salariali di genere e, allo stesso tempo, tutelare i datori di lavoro dalla concorrenza sleale. Per questo obiettivo - spiega la stessa direttiva - possono essere percorse due strade: o la strada del rafforzamento della contrattazione collettiva oppure un minimo salariale per legge. La direttiva spiega anche chi deve fare cosa e all'Italia dice: essendoci una contrattazione collettiva superiore che riguarda più dell'80 per cento dei lavoratori proseguite per la strada della contrattazione collettiva, rafforzando la contrattazione collettiva.

Vedete, cari colleghi, la contrattazione collettiva - non lo dice la Lega e non lo dice il centrodestra - nel nostro Paese tutela il 97 per cento dei lavoratori. Sempre per chi non sa o fa finta di non sapere, è riduttivo, se non sbagliato, ridurre la contrattazione solamente alla parte salariale, perché la contrattazione collettiva porta con sé anche istituti giuridici aggiuntivi, alcuni economici, come la tredicesima e il TFR, e altri quantificabili, come le ferie, i permessi e il welfare aziendale; la scelta del salario per legge è solamente una scorciatoia e, come hanno detto ieri alcuni dei nostri colleghi, uno specchietto per le allodole che andrà a danneggiare in primis proprio quei lavoratori che voi dite di tutelare.

Ieri l'onorevole Laus ha posto delle domande al Governo e ha chiesto se sia giusto che ci sono lavoratori che percepiscono inizialmente una retribuzione di 4,70 euro, dopo il primo anno di 5,19 euro e dopo due anni si stabilizzano a 6,50 euro.

Ha fatto anche altre domande, però una domanda sorge a me spontanea. Nella passata legislatura al Senato sono stati depositati due disegni di legge, uno a prima firma PD e il secondo a prima firma MoVimento 5 Stelle. C'è stata un'opportunità, l'opportunità del Governo “Conte 2”, che è durato in carica un anno, cinque mesi e otto giorni, e in questo periodo quei disegni di legge potevano essere incardinati e portati avanti, ma sono rimasti nei cassetti a prendere la polvere proprio perché probabilmente in questi disegni di legge neanche voi ci credevate e servivano solamente per strumentalizzare la questione.

Il tema del lavoro e dei salari non è un tema che può essere banalizzato, perché non è un tema semplice. È un tema molto complesso e strumentalizzando non fate danno alla Lega e non fate danno al centrodestra, ma fate danno ai lavoratori e anche ai datori di lavoro. Ieri la collega Gribaudo ha dichiarato che per il centrodestra vengono prima i corrotti, vengono prima gli evasori e i lavoratori vengono per ultimi. Però, in questi giorni, in cui si parla di cooperative che sfruttano i lavoratori immigrati, che non solo sono sottopagati, ma addirittura non vengono pagati, e li fanno vivere in condizioni vergognose, non dignitose, con l'utilizzo anche e, anzi, con lo sperpero di soldi pubblici, ebbene da quella parte non è arrivata neanche una critica, neanche una parola di condanna (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia), ma c'è stato un silenzio imbarazzante della sinistra.

Noi riteniamo che la determinazione di un salario minimo debba essere trattata con la contrattazione collettiva perché ci sono equilibri delicati che non devono essere compromessi e che con il salario minimo verrebbero messi proprio in discussione, perché ci sono delle tutele contrattuali da mantenere e c'è anche la competitività delle nostre imprese, visto che la contrattazione collettiva nel nostro Paese esiste da oltre 70 anni. Qual è il rischio? Che depositare un disegno di legge a 9 euro, 9,50 euro o 10 euro non è la soluzione, perché si corre il rischio di una fuoriuscita dalla contrattazione collettiva, passando da una contrattazione collettiva all'utilizzo di regolamenti interni che si riferiscono solamente ai minimi di legge.

Con questo non sono a dire che nel nostro Paese la contrattazione collettiva è perfetta, va bene così e bisogna lasciare tutto come è. La nostra mozione è chiara, è una mozione che parte dall'analisi delle cause, dall'analisi dei rischi. È una mozione che mette in evidenza le lacune e vuole migliorarle. Si parla di un rafforzamento della contrattazione collettiva in linea con la direttiva europea, si parla di un potenziamento e si parla anche di un miglioramento della contrattazione collettiva, tant'è che uno degli impegni è di attivare percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione per comprendere proprio i motivi e le cause della non applicazione ed estendere l'efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi alle categorie di lavoratori che non ne sono comprese ad oggi; vi è poi l'impegno a contrastare i cosiddetti contratti pirata, favorendo la più ampia applicazione dei contratti collettivi, con particolare riguardo alla contrattazione di secondo livello e ai cosiddetti contratti di prossimità; inoltre, aprire un tavolo di confronto finalizzato alle politiche sulla riduzione del costo del lavoro e all'abbattimento del cuneo fiscale. È per tutto questo che la Lega voterà convintamente a favore sulla mozione unitaria del centrodestra (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà per dieci minuti.

ANDREA ORLANDO (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Colleghi parlamentari, io credo che vada detto subito qual è il nostro intento: noi riteniamo che sia urgente inserire nel nostro sistema di regolazione del mercato del lavoro un salario minimo legale. Il lavoro povero era già prima del COVID una piaga grave.

Il Ministero del Lavoro sul 2019 aveva registrato che il 12 per cento dei lavoratori italiani stava sotto la soglia di povertà; durante l'emergenza, durante questi anni di emergenza, le misure molto criticate messe in campo sia dal Governo Conte-bis sia dal Governo Draghi hanno mantenuto questo livello che naturalmente non è accettabile di per sé, ma comunque ha fatto da argine rispetto alla crescita potenziale del lavoro povero; oggi, siamo di nuovo in un passaggio nel quale non soltanto non si vede, nonostante la ripresa economica, una regressione del fenomeno, ma c'è il rischio di un ulteriore allargamento dell'area, perché, come spiegano gli economisti, l'inflazione è una tassa particolarmente iniqua, perché colpisce nello stesso modo chi ha di più e chi ha di meno e, quindi, fa più male a chi ha di meno, un po' come la flat tax, ma questa inflazione, per la sua composizione, accentua ulteriormente questo carattere. L'Istat, nel bollettino di ottobre, ci ha ricordato come le fasce più basse di collocazione per reddito delle famiglie hanno visto crescere il costo reale dell'energia del 16 per cento, mentre le fasce più abbienti hanno avuto una crescita soltanto dell'8,5 per cento.

Quindi, si prospetta uno scenario nel quale una risposta sul fronte del lavoro povero diventa urgente, soprattutto se voi doveste andare avanti con lo sciagurato intento di cancellare il reddito di cittadinanza, perché qualunque cosa si possa pensare di questo strumento, ci sono già due interazioni che oggi incidono sul lavoro povero. La prima è data dal fatto che già oggi il reddito di cittadinanza funziona come elemento di integrazione del reddito per molti lavoratori. In questi tre anni, tra il 15 e il 20 per cento dei percettori del reddito di cittadinanza erano persone regolarmente assunte. Il secondo aspetto è che il reddito di cittadinanza, come qualunque reddito base, costituisce un elemento di concorrenza e di stimolo alla crescita dei salari soprattutto nelle fasce più basse. Togliere il reddito di cittadinanza, oggettivamente - su questo settore, sul resto potremo parlarne - peggiorerà ulteriormente la situazione e naturalmente “lavoro povero” significa, in futuro, “previdenza povera”.

Allora, prima che i sagaci colleghi di Fratelli d'Italia, che hanno posto la domanda nella discussione generale, reiterino la domanda: ma perché se questa cosa è così grave non l'avete fatta? Lo ha spiegato molto bene la collega Nisini, che era la mia sottosegretaria, perché non siamo intervenuti su questo terreno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Io penso che, tuttavia, sia giusto rivendicare che nonostante le divisioni abbiamo cercato di percorrere tutte le strade possibili per dare una risposta sul fronte del lavoro povero. Lo abbiamo fatto con la normativa di settore introducendo nel codice degli appalti una norma che prevede che per i lavoratori del subappalto debba essere applicato lo stesso contratto dell'impresa che ha vinto la gara; lo abbiamo fatto a livello europeo, sostenendo la direttiva per il salario minimo e schierando l'Italia tra i Paesi più convinti in questa direzione e siamo lieti che, oggi, anche il Governo in carica lo apprezzi e lo abbiamo fatto con l'unica strada percorribile, il sentiero, direi molto stretto, della possibilità della costruzione di un accordo tra le parti sociali, l'unica strada in quel quadro politico, cioè quella di costruire un'ipotesi, che è crollata con la caduta del Governo, di legare i trattamenti salariali di ogni comparto al trattamento economico complessivo. Certo, era un primo passo, ha ragione il collega Aiello, ci sono molti contratti leader che sono al di sotto dell'accettabilità, ma quello avrebbe voluto dire almeno mettere fuori gioco i contratti pirata e avrebbe voluto dire aprire la strada a una normativa per la regolazione della rappresentanza.

Le cose sono andate come sono andate, il Governo è caduto e ora c'è un quadro politico completamente nuovo. Questo quadro politico, di un Governo che rivendica la sua natura politica, dovrebbe in qualche modo far sì che si esplicitasse in “sì” o in “no”: vogliamo il salario minimo o non lo vogliamo? Io non credo che sia accettabile un “boh”. Perché, oggi, la risposta che ci dà il Governo, cioè sostanzialmente che applicheremo la direttiva, sapendo che la direttiva non è cogente, sapendo che la direttiva nel nostro Paese non obbliga all'introduzione di un salario minimo, è come dire semplicemente: vediamo. Ma “vediamo” rispetto a un fenomeno i cui tempi non sono dettati dalla direttiva, ma dalle condizioni materiali del Paese. E devo dire che ho ascoltato con grande piacere la vivissima preoccupazione che molti colleghi della destra hanno manifestato per il rischio di indebolire la contrattazione, l'esaltazione del ruolo del sindacato. Devo dire che non credo ci siano precedenti nella storia di questo Parlamento nell'esaltazione di tale ruolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) però, al di là di chi la solleva, è una preoccupazione oggettivamente fondata alla quale merita dare una risposta. La risposta deve partire da due domande. La prima è questa: la contrattazione, oggi, ha lo stesso grado di pervasività e di omogeneità che aveva in passato? Gli studi ci dicono di no, perché il lavoro povero si addensa di più nel Sud, nelle piccole imprese, nei servizi, cioè dove il sindacato si è indebolito, dove il lavoro si è precarizzato di più, dove è più forte il nero e la mancata risposta a queste divaricazioni è una delle cause dei divari territoriali che segnano il nostro Paese.

La seconda questione, la seconda domanda è: la contrattazione è ancora in grado di portare verso l'alto i salari, come è avvenuto per un lungo ciclo del nostro Paese? E la risposta, anche qui, se guardiamo agli ultimi trent'anni, purtroppo è “no”. La contrattazione, da sola, non spinge verso l'alto i salari, tant'è vero che in Italia i salari sono fermi da trent'anni.

È bene tagliare il cuneo fiscale, benissimo, ma il taglio del cuneo fiscale, di per sé, non rimette in moto una dinamica tendenziale. La Francia e la Germania hanno una pressione sul lavoro più forte della nostra, ma nel corso di questi anni hanno visto crescere i salari dei loro lavoratori del 30 per cento. Noi abbiamo tagliato il cuneo fiscale in diverse occasioni, ma questo non ha messo in moto una ripresa dei salari. Si dice che in quei Paesi c'è una produttività più forte. Non è vero neanche questo; nel nostro Paese, la produttività in trent'anni è salita del 6 per cento, ma i salari sono scesi del 3 per cento. Allora, c'è qualcosa anche nella contrattazione che deve essere rivisto, cioè, solo con la contrattazione non si invertono delle tendenze, senza la contrattazione - su questo siamo d'accordo - le condizioni generali dei lavoratori, perché il contratto non è solo salario, rischiano di andare indietro. Allora, cosa vogliamo noi? Vogliamo una legge che non contrapponga il salario minimo alla contrattazione, che faccia derivare i minimi dalla migliore contrattazione per ogni settore, ma che fissi per tutti un salario, una quota oraria sotto la quale non si può lavorare. È stato detto: è uno specchietto per le allodole il salario minimo. Io non vorrei che questa affermazione suoni in qualche modo collegata alla ricetta che il Governo sta mettendo in campo con la manovra, cioè ad un messaggio che dice: lasciamo stare il PNRR, lasciamo stare l'innovazione, lasciamo stare le politiche industriali e torniamo all'antico. L'antico qual è? Un po' meno fedeltà fiscale e non vi rompiamo le scatole sui salari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Guardate che se questa è la strada che è stata già percorsa in questo Paese, questa strada è criminale, perché mentre si organizzano le catene del valore, mentre c'è una guerra commerciale tra la Cina e gli Stati Uniti, mentre si mette in questione la filiera degli approvvigionamenti, dire al nostro Paese e alle nostre imprese: anziché saltare l'asticella, passateci sotto, è un modo per far sì che un modello basato su bassi salari e bassa produttività sia spazzato via dalla competizione internazionale…

PRESIDENTE. Concluda.

ANDREA ORLANDO (PD-IDP). Ecco, perché - concludo, Presidente - noi riteniamo che la scelta di introdurre un salario minimo non sia soltanto una scelta di equità, ma una scelta per individuare un altro modello di competizione del nostro Paese, una scelta per costruire un'idea dello sviluppo che non sia basata sulla contrazione del costo del lavoro e sull'infedeltà fiscale. Questa scelta è una scelta che può riqualificare il nostro sistema economico. Lo voglio dire con molta franchezza, mi hanno stupito molto le dichiarazioni del Ministro del merito e della scuola, o della scuola e del merito, non ho capito bene, che pensa di poter fondare un nuovo modello pedagogico, utilizzando la categoria dell'umiliazione. Ora, io dico questo: noi non soltanto non vogliamo che l'umiliazione entri nella scuola, vogliamo che esca anche dal mondo del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Per queste ragioni, noi riteniamo che un salario minimo che rispetti la contrattazione, che faccia i conti con la tradizione italiana sia la risposta anche per riqualificare complessivamente un'idea dello sviluppo nel nostro Paese.

Per questo - lo dico con grande serenità a tutti i colleghi delle opposizioni - noi non ci mettiamo a piantare le bandierine, non facciamo a gara su chi ha presentato prima i disegni di legge: votiamo tutti gli ordini del giorno che sostengono l'esigenza dell'introduzione di un salario minimo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché il fronte deve essere il più largo possibile, qui, nella società italiana, con le forze sociali, con quella parte del sindacato che riconosce l'esigenza del salario minimo. Le forze non sono mai abbastanza per una battaglia che è cruciale per il futuro del nostro Paese e per il lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente, buongiorno. Buongiorno al sottosegretario Claudio Durigon. Ieri, ho ascoltato buona parte degli interventi in discussione generale sul tema, oggi ho ascoltato praticamente tutte le dichiarazioni di voto e la prima cosa, Presidente e sottosegretario, che mi viene in mente è che al Partito Democratico vengono le buone idee soltanto quando il Partito Democratico non governa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Avreste dovuto, quantomeno, cercare di amalgamare, di armonizzare tutto questo processo, forse, un po' prima. E ricordo al simpatico e sagace onorevole Orlando, che lei, sagace onorevole Orlando, ha fatto il Ministro del Lavoro per circa un anno e mezzo e su questo tema non ha fatto nulla (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E dopo vado anche a farle capire, attraverso la Presidenza, come la sinistra di questo Paese, di fatto, è quella che ha messo il bastone fra le ruote ad un percorso che già c'è, ma che, sotto alcuni punti di vista, avrebbe dovuto essere reso migliorabile, e su questo siamo tutti d'accordo.

Quando il Partito Democratico, rispetto all'intervento dell'ex Ministro del Lavoro Orlando, dice che la destra e il centrodestra perseguono lo sciagurato intento di cancellare il reddito di cittadinanza, io ricordo molto umilmente che il Partito Democratico ha votato contro il reddito di cittadinanza proposto dal MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Avete votato contro e oggi, soltanto rispetto ad una posizione che vi vede contrapposti in fase congressuale, tanto per essere chiari, o perché dovete rilanciare la vostra azione politica, cercate di mettere, rispetto al vostro paniere, degli argomenti che possono farvi assomigliare lontanamente a quello che la sinistra una volta poteva essere nei confronti dei lavoratori e, soprattutto, dei lavoratori che stanno peggio.

Oggi abbiamo capito - ed è l'architrave di massima che ho ascoltato rispetto a tutti gli interventi che oggi e ieri si sono celebrati alla Camera dei deputati -, l'indicazione di massima è forte e chiara, anche da parte della sinistra. Colleghi, esistono i contratti collettivi nazionali, esiste la contrattazione; ad un certo punto, diciamo al 90-92 per cento, c'è un'area, chiamiamola grigia, laddove i contratti collettivi non sono applicati; tra l'altro, contratti collettivi che non sono neanche obbligatori da parte della parte datoriale, tanto per essere chiari. Ma c'è un alveo di lavoratori che va aiutato? Sì, assolutamente sì, e la mozione di maggioranza va esattamente in questo senso. Vede, collega Orlando, mi ha stupito il suo intervento quando lei parla della contrattazione che, di fatto, secondo lei, non è più attuale o non aiuta più. E vado al punto 2) della vostra mozione, quando lei fondamentalmente sconfigge e va a far crollare quell'architrave di un'azione sindacale, dicendo “a favorire, per quanto di competenza, la definizione di una disciplina legislativa della misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali”. Noi diciamo un'altra cosa: che il sindacato, qualunque esso sia, deve essere libero dalla politica per portare quelli che sono gli interessi dei lavoratori al netto della politica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Non deve essere lei, attraverso la politica, ad indicare chi più e chi meno può fare azione sindacale.

Quando abbiamo letto, anche con il sottosegretario Durigon e, quindi, con il Governo, le mozioni oggi presentate, ci è sembrato - permettetemi, colleghi - di essere un po' ad un'asta. La mozione del PD parla di 9,50 euro all'ora, un'altra mozione del MoVimento 5 Stelle parla di 9 euro all'ora, un'altra mozione parla di 9,50 euro all'ora. Almeno le opposizioni si mettessero d'accordo su una cifra. E poi, per chiudere questo punto, colleghi, non ritengo - e mi rivolgo al sottosegretario Durigon, in primis - che oggi debba essere la politica ad imporre una cifra ai nostri lavoratori: debbono essere i sindacati, le parti sociali, la contrattazione, quelli che evidentemente vivono tutti i giorni questi problemi, perché, molto banalmente, vi dico che, quando la politica indica una cifra, sbaglia. Se parliamo di 9 euro all'ora - come era scritto nella proposta di legge dell'ex Ministro del Lavoro Catalfo -, noi molto semplicemente andiamo a vedere quelli che sono i dati Istat rispetto alle retribuzioni nel nostro Paese e i dati Istat delle retribuzioni dicono che c'è una media di 11 euro all'ora.

Quindi, colleghi, Presidente, noi siamo assolutamente d'accordo su un punto, ovvero quello di andare a fare luce laddove i contratti collettivi non sono applicati, ma migliorare, evidentemente, come ricordava tra l'altro la collega Nisini, la contrattazione in essere. Questo serve fare.

Quando qualcuno della sinistra parla, ad esempio - ampliando in modo esagerato il dibattito sul salario minimo - di voucher, dicendo che questo è un Governo molto cattivo che vuole reintrodurre uno sfruttamento attraverso i voucher, quando si parla di reperibilità delle risorse rispetto ai lavoratori, quando si parla di disparità dentro quest'Aula, io ricordo che l'unica disparità del nostro Paese è quella di non creare le condizioni lavorative per i nostri concittadini per trovarlo un lavoro, senza vivere continuamente di mera e spinta assistenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Il collega del MoVimento 5 Stelle prima ha giustamente ricordato dei nomi: Pietro, che deve farsi la barba bene, perché altrimenti gli viene tolta parte dello stipendio, piuttosto che Maddalena, che non riesce a trovare un lavoro a più di 500 euro al mese rispetto a quello che è il salario minimo. Ricordo anche al MoVimento 5 Stelle, quando parlano di questi temi, che c'era un Ministro del Lavoro che si chiamava Nunzia Catalfo che, sotto questo punto di vista, ha tergiversato drammaticamente rispetto a questi dati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E ve lo dico, collega Orlando e colleghi del MoVimento 5 Stelle, perché qui ci sono i dati e i dati cantano.

La prima risoluzione su questo tema è stata presentata dal sottoscritto, gruppo Fratelli d'Italia, il 18 novembre 2015, laddove ci sono state, sul salario minimo garantito o sul salario minimo legale, quattro sedute rispetto alla discussione: Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, sottosegretario Luigi Bobba. Dai resoconti risulta che, nella prima seduta, il Governo rimanda. La seconda risoluzione - è un dato parlamentare - è stata presentata sempre dal sottoscritto il 27 giugno del 2018: Ministro Catalfo, sottosegretario Cominardi. Otto sedute, laddove il sottosegretario Cominardi del MoVimento 5 Stelle - vado a citare lo stenografico - dice che è una discussione congiunta rispetto ad altre risoluzioni e, considerato che è in corso un approfondito dibattito, rinvia. Quindi, per sapere chi ha voluto rinviare i diritti di una fascia di nostri concittadini che cercano di guadagnare qualcosa in più, non dovete guardare da questa parte del Parlamento, dovete guardare dalla vostra parte del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché adesso è facile farlo, adesso è facile contestare.

Poi, per quanto riguarda tutto il resto, dobbiamo anche cercare di capire: oggi ho sentito fortunatamente parlare di “contratti pirata”.

Allora, colleghi, noi dobbiamo contrastare in modo forte l'applicazione dei contratti pirata. Mi spingo a dire che dobbiamo, collega Orlando, contrastare anche l'applicazione dei contratti corsaro, perché, oggi, nel nostro Paese ci sono contratti collettivi nazionali, sottoscritti da illustri sindacati che parlano di 3,5 euro lordi l'ora, soprattutto in un punto che il centrodestra ha voluto evidenziare e vado a citarlo, e nessuno l'ha citato perché quando qui parliamo di salario minimo legale nessuno, ad esempio, ha coraggio di alzarsi qui, in Aula, come stiamo facendo noi qui, oggi, e urlare che rispetto alle gare d'appalto con il criterio, da voi voluto, della migliore offerta ci sono giovani, e meno giovani, che guadagnano 3 euro lordi l'ora, dopo aver sottoscritto un contratto collettivo nazionale che parla di 3 euro lordi l'ora. Allora, noi dobbiamo intervenire anche su quello. Io ritengo e penso che - come evidenziato ad esempio dalla lettera c) della nostra mozione, che parla di un gran numero di lavoratori che lavora fondamentalmente dopo l'aggiudicazione, molto spesso, di una gara al massimo ribasso - serve intervenire su tale aspetto. Ma, serve intervenire, colleghi - vado rapidamente alla conclusione, Presidente -, apprezzando il fatto che la contrattazione deve essere migliorata, questo è del tutto evidente, cercando di non pesare oggi sul costo delle aziende e, guarda caso, con il Governo Meloni oggi si va ad avviare un percorso per il voto della prossima legge di stabilità che parla di abbattimento del cuneo fiscale di qualche punto. Ed è altrettanto chiaro che è una sorta di vaso comunicante, perché se noi, Presidente, andiamo ad abbattere di qualche punto il cuneo fiscale diamo aria e diamo la possibilità alle aziende anche di contrattare meglio gli stipendi dei propri lavoratori. Questo serve fare, in un Paese mediamente normale - e chiudo, Presidente - per poi ricordare che, ad esempio, la politica oggi deve andare anche di fronte ai lavoratori - e lo dico senza nascondermi dietro a nulla - impiegati nelle cooperative e che molto spesso non vengono pagate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Da questo punto di vista, noi non prendiamo lezioni da alcuno. Con la detassazione - concludo e la ringrazio -, ad esempio, dei premi produttività, voluta dal Governo Meloni in legge di stabilità, con la detassazione dei fringe benefit, noi diamo, molto banalmente, la possibilità ai lavoratori di guadagnare qualche decina di euro in più ad ogni fine mese.

Voteremo, ovviamente, a favore della mozione presentata dalla maggioranza, dalla nostra maggioranza, consapevoli del fatto che subito dopo la legge di stabilità avvieremo un percorso laddove la sinistra nel nostro Paese ha evidentemente fallito (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Avverto che i presentatori delle mozioni Orlando ed altri n. 1-00012 (Nuova formulazione), Conte ed altri n. 1-00023, Richetti n. 1-00026 e Grimaldi ed altri n. 1-00028 non hanno accettato le riformulazioni del Governo e pertanto il parere del Governo deve intendersi contrario su tali mozioni nella loro interezza.

Passiamo alla votazione della mozione Orlando ed altri n. 1-00012 (Nuova formulazione). Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima il dispositivo, ad eccezione del primo capoverso e, a seguire, il primo capoverso del dispositivo ed infine, ove il dispositivo venga in tutto o in parte approvato, la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Orlando ed altri n. 1-00012 (Nuova formulazione), limitatamente al dispositivo, ad eccezione del primo capoverso, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Orlando ed altri n. 1-00012 (Nuova formulazione), limitatamente al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

In virtù della reiezione del dispositivo della mozione Orlando ed altri n. 1-00012 (Nuova formulazione) non si procederà alla votazione della relativa premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Conte ed altri n. 1-00023, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Richetti n. 1-00026, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Grimaldi ed altri n. 1-00028, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tenerini, Rizzetto, Giaccone, Pisano ed altri n. 1-00030, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

In morte dell'onorevole Antonino Mannino.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Antonino Mannino, già membro della Camera dei deputati dalla IX alla X legislatura.

La Presidenza della Camera ha già formulato ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

In morte dell'onorevole Ernesto Abaterusso.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Ernesto Abaterusso, già membro della Camera dei deputati nella XI e nella XIII legislatura.

La Presidenza della Camera ha già formulato ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea. Ha chiesto di parlare il deputato Arturo Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Ernesto Abaterusso non avrebbe apprezzato una commemorazione retorica, se non addirittura una descrizione sentimentale della sua lunga e complessa militanza politica. Ernesto era una persona combattiva, che pesava sempre le parole, con un carattere ruvido e allo stesso tempo dolcissimo, capace di sprazzi di ironia tipici di un uomo della terra del profondo Sud e di generosità nello scontro politico, senza mai tirarsi indietro se c'era da affermare un punto di vista critico e autonomo. Ernesto era uno di quelli che non avrebbe mai abbassato il cappello davanti a nessuno; conosceva il significato della parola “ribellione”, ma allo stesso tempo sapeva quanto, del mestiere della politica, faceva parte anche la capacità di ottenere risultati parziali, conquistati nella difficile costruzione quotidiana di obiettivi di miglioramento della condizione sociale di chi lavora. È stato militante e uomo delle istituzioni insieme, costruttore di mille vertenze e allo stesso tempo uomo colto e curioso, profondamente legato alla Puglia, come teatro principale della sua battaglia delle idee. Fu deputato nell'XI e nella XIII legislatura, sindaco della sua Patù e consigliere regionale, militante e dirigente del PCI e delle sue trasformazioni, fino alla fondazione nel 2017 di Articolo 1, di cui è stato autorevole, nonché indimenticabile, segretario regionale fino alla fine dei suoi giorni. Tutto si poteva dire a Ernesto, eccetto che la sua non fosse stata una scelta di vita tanto meditata, quanto radicale. Scrive nel suo libro, Una sola passione. Storie di politica al sud, queste parole molto forti: “Ho incontrato tantissime persone della mia generazione che, con impegno e in maniera totale, si misero al servizio del prossimo. Nessuno di loro - tanto meno io -, quando ha iniziato ad appassionarsi alla politica intesa come servizio per gli altri, ha minimamente pensato di poter un giorno accedere al godimento di privilegi. Coloro che pensavano a questo, a ritagliarsi una vita più tranquilla, sceglievano legittimamente di fare i professionisti, gli avvocati, i medici, i giornalisti e i notai. Quelli che sceglievano la strada che avevo scelto io erano alla stregua di pazzi. Negli anni Settanta la maggior parte dei miei coetanei passava il suo tempo in discoteca, io lo passavo vicino alla radiolina, avido di notizie sulla guerra in Vietnam. Loro sceglievano la strada più comoda, accodandosi al potere imperante; io andavo di notte ad attaccare i manifesti e ad organizzare manifestazioni contro quel potere. Adesso quelle stesse persone accusano me di far parte della casta da sopprimere”.

In queste pagine c'è Ernesto Abaterusso in purezza ed il racconto di una generazione che ha sempre rivendicato la bellezza della politica come strumento di crescita e di emancipazione collettiva, che ha lavorato perché la sinistra italiana completasse il suo percorso originale verso l'orizzonte delle grandi socialdemocrazie europee. Ci stringiamo al dolore della famiglia, ai figli Enrico e Gabriele, ai suoi tanti nipoti e alla sua nipotina, Maria Antonietta, così giovane e già così curiosa verso le cose del mondo. Buon viaggio, Ernesto. Hai affrontato una malattia terribile, aggrappandoti coraggiosamente alla vita; tu che hai interpretato - come tanti della tua generazione - la tua vita innanzitutto al servizio della vita degli altri (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Congedo. Ne ha facoltà.

SAVERIO CONGEDO (FDI). Grazie, Presidente Costa. Ringrazio anche il presidente Foti per avermi permesso di intervenire e di aggiungere qualche breve riflessione all'intervento del collega Scotto. Consigliere provinciale, sindaco per dieci anni, deputato per due legislature, consigliere regionale della Puglia, cofondatore di Articolo 1, imprenditore, presidente di Italia Navigando, financo scrittore, come è stato ricordato. Un cursus honorum politico e istituzionale che, da solo, potrebbe raccontare la figura e il valore umano e politico di Ernesto. Ma, secondo me, il suo curriculum vitae non identifica appieno la figura di Ernesto, perché Ernesto era molto di più, per il suo modo di interpretare l'impegno pubblico e la militanza, per il suo modo di fare impresa, di relazionarsi con la sua comunità, per la sua passione politica, per il senso delle istituzioni, per l'amore che lo legava al suo territorio, al Salento, al Capo di Leuca e a Patù, per la concretezza della sua azione politica e per la fedeltà ai sui valori. Ernesto era un uomo di parte, dichiaratamente, orgogliosamente, testardamente di parte, sempre e solo dalla stessa parte, sempre e solo di sinistra, sempre coerente ai suoi ideali e alla sua fede politica. Forse proprio questa sua forza identitaria gli permetteva di confrontarsi, senza scetticismo e pregiudizi, anche con chi la pensava diversamente da lui, soprattutto quando si trattava di fare battaglie per il suo territorio. Io ne sono una testimonianza perché - seppur la politica ci vedesse su fronti completamente opposti, divisi, lontani, diversi, agli antipodi per valori e idee, agli antipodi anche per una visione del mondo (lui orgogliosamente di sinistra ed io orgogliosamente di destra) - ci siamo sempre affrontati a viso aperto, ma con la guardia bassa perché ci riconoscevamo rispettivamente una grande onestà intellettuale. Ne abbiamo fatte di battaglie comuni sul territorio, soprattutto in consiglio regionale, quando ho avuto il piacere di essere suo collega. La nostra specificità identitaria, culturale e valoriale era forse un'arma in più nell'affrontare queste battaglie e un valore aggiunto alle battaglie che insieme abbiamo affrontato. Ricordo, ad esempio, in consiglio regionale, quella per la difesa della corte d'appello di Lecce; quella per il nuovo assetto istituzionale delle municipalità del territorio - penso alla fusione di due comuni, del territorio del Capo di Leuca, Presicce e Acquarica - e alle battaglie che abbiamo svolto insieme per colmare il gap della marginalità infrastrutturale del nostro Salento: quella per l'Alta velocità, che si ferma prima della Puglia, per l'autostrada, che si ferma a Bari, e soprattutto la sua, la nostra, battaglia storica, per la strada statale 275, un'arteria fondamentale per lo sviluppo del Salento e soprattutto per la sicurezza, non a caso viene chiamata “la strada della morte”. È una battaglia che ancora deve essere continuata, nonostante sia passato del tempo; è una delle vergogne italiane - come lui soleva definirla -: un'arteria finanziata da oltre 25 anni, per la quale non si è fatto ancora neanche un metro di asfalto. Ernesto ci mancherà; mancherà molto e a tutti: mancherà alla sua comunità umana e politica, mancherà al Salento, che perde un valoroso paladino, mancherà a quanti - come me - hanno avuto la fortuna e il privilegio di incrociarlo nel suo percorso di vita terrena. A nome di Fratelli d'Italia, esprimo la vicinanza e il cordoglio alla famiglia, alla sua Patù, al suo partito e alla sua comunità (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Andrea Caroppo. Ne ha facoltà.

ANDREA CAROPPO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Io ero bambino, poi ragazzino, che si appassionava di politica, e sentivo costantemente riecheggiare questo nome, il nome di Ernesto Abaterusso, in tante battaglie, in tante tematiche che toccavano la nostra terra, la mia terra. Ernesto era un uomo di parte, era un uomo che spesso era, anche nei giudizi da parte degli altri, divisivo. Chi è un politico di razza, è giusto che sia divisivo. E, quindi, nei suoi impegni da sindaco, da consigliere provinciale, parlamentare per dieci anni, questo nome che era anche insolito, Ernesto, e il cognome che era anche insolito, Abaterusso, nel mio impegno da piccolino provavo a metterlo a fuoco.

Poi ho conosciuto Ernesto nella sua seconda stagione politica, quando, proprio da politico di razza, dopo qualche anno di sosta e di stop, era tornato a pieno regime nella politica attiva e, a suon di preferenze, tornava in consiglio regionale. E lì, dagli scranni opposti, dalle posizioni opposte, che ognuno di noi rivendicava, non abbiamo avuto grandi difficoltà, invece, a fare tante battaglie, tante lotte su alcune tematiche. Il collega Congedo ne citava, una, quella della strada ancora incompiuta, la 275 Maglie-Leuca. Un'altra, invece, che abbiamo vinto insieme - e su quella Ernesto era stato battistrada - fu l'inserimento del Capo di Leuca all'interno della strategia delle aree interne, l'area più periferica della Puglia, grazie a una sua intuizione e una sua battaglia, su cui noi lo avevamo tutti affiancato, per farla inserire esattamente in quella strategia che il Governo aveva delineato; ma anche quella va aiutata, rimane anche quella un'incompiuta. Soprattutto, aveva dato la dimostrazione alle giovani leve come noi, che uno che veniva dalla Prima Repubblica, dalla cosiddetta vecchia politica, di lezioni ne poteva dare a tutti noi, e poteva decidere in qualsiasi momento di tornare in pista e di tornare a essere protagonista. Con Ernesto abbiamo avuto un rapporto franco, spesso e volentieri di discussione su tanti temi, soprattutto sui temi etici, che ci vedevano profondamente divisi. Ma su queste battaglie, invece, siamo sempre stati vicini. E credo che questo sia il più grande lascito di Ernesto alla comunità della Puglia, alla comunità del Salento. E quello che lascia a noi, soprattutto, che continuiamo a rappresentare il territorio in questa Assise, sarà continuare in queste sue lotte, in queste sue battaglie. Una la faremo nel prossimo fine settimana, tutti insieme, per far ripartire questa benedetta arteria, e l'altra, quella di un riconoscimento compiuto del Capo di Leuca all'interno di un settore, che possa essere di sviluppo non solo turistico, ma anche produttivo.

Il ricordo e la mia vicinanza va alla moglie e ai figli, Gabriele ed Enrico, per dire che non dimenticheremo Ernesto e, con il nostro impegno, proveremo ad onorarlo (Applausi).

Annunzio della sconvocazione e della nuova convocazione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

PRESIDENTE. Comunico che, d'intesa con il Presidente del Senato, la seduta del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, già convocata per oggi, alle ore 14, non avrà luogo.

Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica è nuovamente convocato, per procedere alla propria costituzione, martedì 6 dicembre 2022, alle ore 14, presso la sede di Palazzo San Macuto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Matteo Richetti. Chiedo scusa, onorevole sull'ordine dei lavori? Ne ha facoltà.

MATTEO RICHETTI (A-IV-RE). Sì, Presidente, sull'ordine dei lavori, rispetto alla comunicazione che ha appena fatto all'Aula. Ovviamente prendo atto di questa informazione, non conosco le cause di questo rinvio, lascio a verbale una profonda preoccupazione per il fatto che questa non è una Commissione ordinaria, non è un Comitato ordinario, è il Comitato per la sicurezza della Repubblica, a tal punto che i capigruppo sono stati chiamati a nomine provvisorie, per non lasciare un solo giorno la nostra Repubblica in assenza di tale presidio, in considerazione della delicatissima situazione internazionale che affrontiamo e di cui abbiamo parlato anche questa mattina, in quest'Aula. Per cui mi auguro che questo rinvio, in considerazione anche della totale mancanza di coinvolgimento del nostro gruppo parlamentare ai lavori propedeutici alla seduta di oggi, non abbia a che ripetersi e che si giunga presto a dare al Copasir un ordinato svolgimento dei lavori (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Sull'ordine dei lavori, sullo stesso argomento? Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Sì, sullo stesso argomento, Presidente, per associarmi alle parole del collega Richetti, che ha perfettamente ragione. Credo che sia molto grave quello che sta accadendo. E per segnalare, però, accanto a questo, che è altrettanto grave che - come già accaduto nella scorsa legislatura, a lungo, diciamo, salvo poi essere risolto in parte, questo problema, dopo infinite battaglie parlamentari che i colleghi e le colleghe già presenti ricorderanno - anche in questa legislatura ci apprestiamo, con ritardo, quello segnalato, a dare il via ai lavori di un Comitato importantissimo, senza che i gruppi parlamentari costituiti, tutti i gruppi parlamentari costituiti, abbiano una rappresentanza all'interno del Copasir. Io credo - e lo segnalo - che questo sia un problema del Parlamento.

Ricorderanno, i colleghi e le colleghe di Fratelli d'Italia, la lunghissima - e giusta - battaglia affinché tutti i gruppi fossero allora messi nella condizione di dare il contributo alla sicurezza della Repubblica. Anche in quel caso non fu rispettata davvero quella regola, perché uno dei gruppi parlamentari costituiti non fu mai integrato.

Io mi rivolgo, dunque, a lei, Presidente. Naturalmente, so bene che è questione che riguarda la natura regolamentare nella composizione di quel Comitato, ma mi rivolgo qui anche ai capigruppo, ai leader di tutte le forze politiche del Parlamento, affinché su questo tema ci sia una riflessione. Io trovo grave, problematico, che non si trovi una soluzione che garantisca che un Comitato così rilevante abbia al suo interno almeno la rappresentanza di tutti i gruppi parlamentari, naturalmente in diversa proporzione; che ci siano gruppi parlamentari non rappresentati mi pare questione seria e che vada affrontata una volta per tutte.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Sull'ordine dei lavori, sullo stesso argomento? Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Sì, sull'ordine dei lavori, per associarmi alle preoccupazioni espresse dal collega Richetti. Ricordo all'Aula che il Copasir è un Comitato particolare ed è l'unico che ha un obbligo di ricostituzione entro una certa data. Questa data non è rispettata e quindi la invito, signor Presidente, a trasmettere al Presidente della Camera la nostra preoccupazione e anche, lo dico con una battuta, che sia l'ultimo rinvio, cioè che a brevissimo si possa riuscire a costituire il Copasir.

Le questioni poste dal collega Fratoianni erano già state oggetto di riflessioni nella scorsa legislatura. Ovviamente, se si vuole andare incontro alle riflessioni di una rappresentanza di tutti i gruppi nel Copasir, bisogna intervenire a livello legislativo, perché bisogna modificare la normativa, così come venne fatto due legislature fa per consentire - temporaneamente, però, solo per quella legislatura - la rappresentanza del gruppo di Forza Italia. Comunque, credo che la questione posta dal collega Fratoianni sia fondata.

PRESIDENTE. Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno la Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle Imprese e del made in Italy ed il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica.

Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Chiarimenti in merito all'applicazione della cosiddetta staffetta generazionale tra lavoratori – n. 3-00042)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Steger n. 3-00042 (Vedi l'allegato A).

Il deputato Steger ha facoltà di illustrare la sua interrogazione per un minuto.

DIETER STEGER (MISTO-MIN.LING.). Ministro Calderone, la staffetta generazionale è una nuova prestazione inserita nell'impianto del decreto legislativo n. 148 del 2015, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. Il quesito è quello di sapere se la misura è articolabile, cioè se è possibile che i lavoratori, ai quali mancano meno di trentasei mesi al raggiungimento della pensione di vecchiaia anticipata, non escano completamente dall'organico aziendale, ma riducano il proprio orario di lavoro giornaliero nella misura massima del 50 per cento, permettendo così l'assunzione di un giovane under 35. Tale meccanismo permetterebbe a un lavoratore vicino alla pensione di alleggerire il proprio carico di lavoro e contestualmente di trasmettere le conoscenze lavorative al neo assunto. Inoltre il lavoratore avrebbe così la retribuzione mensile riparametrata al nuovo orario di lavoro, come anche la relativa contribuzione, mentre la contribuzione venuta a mancare verrebbe coperta nell'ambito della nuova prestazione. Chiedo al Ministro se può confermare che la misura è articolabile come esposto in premessa.

PRESIDENTE. La Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone, ha facoltà di rispondere per 3 minuti.

MARINA ELVIRA CALDERONE, Ministra del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, signora Presidente e onorevoli deputati. Ringrazio l'onorevole interrogante che ha chiesto un chiarimento in ordine a un parere espresso dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il 10 ottobre scorso, relativamente alla cosiddetta staffetta generazionale perché mi consente di fare chiarezza sull'argomento.

Giova ricordare in premessa il quadro normativo della cosiddetta staffetta generazionale. Infatti, nel contesto degli ammortizzatori in costanza del rapporto di lavoro, disciplinati dal decreto n. 148 del 2015, il decreto-legge n. 21 del 2022 ha previsto la possibilità, per i fondi di solidarietà bilaterali, di assicurare in via opzionale il versamento mensile di contributi previdenziali, nel quadro dei processi connessi alla staffetta generazionale, a favore dei lavoratori che raggiungono i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi tre anni, consentendo la contestuale assunzione presso il medesimo datore di lavoro di lavoratori di età non superiore a 35 anni compiuti, per un periodo non inferiore a tre anni. In sintesi, la norma è configurata al fine di agevolare il ricambio generazionale, avvicendando i lavoratori prossimi al pensionamento ed evitando a questi ultimi un pregiudizio in ordine all'an e al quantum del diritto alla pensione. Nella rimodulazione della misura proposta dall'interrogante verrebbe a mancare l'immediato pensionamento del lavoratore anziano, ma rimarrebbero garantite le condizioni necessarie della staffetta generazionale, vale a dire l'assunzione del giovane lavoratore e la tutela previdenziale di quello prossimo alla pensione. Viene così mantenuta la finalità della disposizione, in quanto risulta salvaguardato, sia l'interesse del lavoratore con maggiore anzianità professionale e anagrafica di alleggerire il proprio orario di lavoro senza pregiudizio previdenziale, sia quello dei giovani neoassunti che acquistano il know-how necessario ai fini dell'esecuzione della prestazione lavorativa. Tuttavia questo risultato non può essere conseguito se non ottemperando a quanto richiesto dall'ordinamento. Da un lato, occorre che vengano assolte le condizioni indicate nell'articolo 26, comma 9, lettera c-bis), del decreto n. 148 del 2015, ovverosia la contestuale assunzione con contratto di lavoro non inferiore a tre anni (apprendistato a tempo indeterminato) di un giovane under 35, seppure a tempo parziale; dall'altro lato, è necessario che la riduzione dell'orario di lavoro segua la disciplina tracciata dal decreto n. 81, in particolare dall'articolo 8, che regola la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Pertanto, la staffetta generazionale potrà essere attuata a condizione che la riduzione dell'orario sia frutto di un accordo scritto con il lavoratore prossimo alla pensione. Concludo quindi fornendo risposta positiva al quesito posto dall'onorevole interrogante.

PRESIDENTE. Il deputato Steger ha facoltà di replicare, per 2 minuti.

DIETER STEGER (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Ministro per la risposta positiva. Noi infatti riteniamo che la staffetta generazionale costituisca un'importante e ulteriore strumento attraverso cui è possibile avvicendare i lavoratori prossimi al pensionamento, con l'inserimento di nuove leve, di giovani under 35 ai quali viene garantito un rapporto di lavoro praticamente a tempo indeterminato, come minimo per tre anni, ma alla fine sarà a tempo indeterminato. Rimane ancora aperto però il tema del finanziamento della misura: noi riteniamo che il finanziamento non debba essere interamente a carico del datore di lavoro, ma sarebbe giusto trovare spazi per un intervento quanto meno parziale a carico del Fondo di solidarietà. Signora Ministra, auspico che si trovi anche qui una soluzione perché - come detto - la staffetta generazionale è una misura molto interessante, da una parte, per inserire le nuove leve, dall'altra, per garantire a loro l'accompagnamento di lavoratori esperti vicini al pensionamento, Trovo che sia una situazione win-win.

(Elementi e iniziative di competenza in ordine alla gestione di alcune cooperative impegnate nell'accoglienza dei migranti in provincia di Latina – n. 3-00043)

PRESIDENTE. Il deputato Giovine ha facoltà di illustrare l'interrogazione Foti ed altri n. 3-00043 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

SILVIO GIOVINE (FDI). Grazie, Presidente. È un'interrogazione che mira responsabilmente a conoscere l'indirizzo del Ministero rispetto a una vicenda - che coinvolge alcuni parenti dell'onorevole Soumahoro, accusati di truffa aggravata e false fatturazioni - contraddistinta da diversi aspetti inquietanti, considerando che si ipotizza un danno per lo Stato, pari a circa 60 milioni di euro. Ciò che vogliamo conoscere sono le valutazioni di competenza del Ministero rispetto a un'inchiesta che, secondo le indagini della procura di Latina, evidenzierebbe, non solo mancati pagamenti e truffe, ma soprattutto delle condizioni malsane riservate ai migranti. Vogliamo anche sapere se il Ministero in passato sia stato mai interessato, nell'ambito di eventuali finanziamenti concessi a queste cooperative, perché se le indagini dovessero confermare quanto stanno sostenendo in questi giorni gli inquirenti si rappresenterebbero delle gravissime condotte sia per lo Stato che per le cooperative stesse.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha facoltà di rispondere.

ADOLFO URSO, Ministro delle Imprese e del made in Italy. Grazie, Presidente e grazie agli onorevoli interroganti. Come è noto, le citate cooperative di accoglienza migranti sono state oggetto di un'inchiesta da parte della procura di Latina, oltre che di ispezioni della prefettura di Latina, dell'ispettorato del lavoro e dello stesso Ministero che guido. È evidente dunque che tali vicende intercettano le competenze di più Ministeri. Le indagini giudiziarie sono tuttora in corso e riguardano temi investigativi diversi e complessi, tra i quali l'impiego dei fondi erogati, i rapporti con l'erario, i rapporti con i dipendenti e gli altri soggetti coinvolti. Il Ministero dell'Interno ha informato che la prefettura di Latina, negli anni dal 2017 al 2019, a seguito di 22 ispezioni, ha applicato circa 491.000 euro di sanzioni alla cooperativa Karibù e che, negli anni 2018-2022, a seguito di 32 ispezioni, sono state comminate sanzioni nei confronti di Aid per un ammontare complessivo di circa 38.000 euro. Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali invece ha comunicato che l'Ispettorato territoriale del lavoro di Latina ha ricevuto 20 richieste di intervento concernenti le cooperative in questione e ha attivato la procedura conciliativa monocratica per il riconoscimento degli emolumenti dovuti, da corrispondere ai lavoratori. Quanto al Ministero delle Imprese e del made in Italy, faccio presente che gli uffici competenti esercitano la vigilanza sulle società cooperative mediante revisioni ed ispezioni straordinarie, che vengono disposte a seguito di acquisizione di esposti di privati, segnalazioni di altre amministrazioni, notizie acquisite a mezzo stampa, ovvero ogni qualvolta se ne ravvisi l'opportunità.

Con riferimento alla cooperativa Karibu e al consorzio Aid, informo che il Ministero, alla luce dei fatti e delle circostanze di pubblico dominio, ha disposto immediate ispezioni. Relativamente al consorzio Aid, rappresento che, in data 28 novembre scorso, è stato effettuato l'accesso presso la sede legale della società. Le circostanze rilevate e la documentazione controllata hanno consentito agli ispettori la redazione del verbale e la immediata notifica dello stesso agli amministratori presenti. Gli ispettori hanno riscontrato irregolarità non sanabili nel merito dei seguenti aspetti: assenza di un reale e autentico scambio mutualistico, assenza di partecipazione dei soci alla vita democratica e alle decisioni dell'ente.

Inoltre, è stata accertata la natura di cooperativa e non di consorzio in quanto l'Aid di Latina non risulta espletare attività di coordinamento di cooperative collegate. In ragione di quanto detto, gli ispettori hanno proposto lo scioglimento. In questi giorni la proposta sarà valutata con il procedimento e le garanzie previste dalla legge. Sulla cooperativa Karibu, invece, gli ispettori, al primo tentativo di accesso, hanno trovato i locali chiusi. Dopo avere avuto finalmente accesso a seguito di diffida, hanno acquisito la documentazione rilevante. Si è conclusa ieri l'istruttoria, culminata con la proposta di messa in liquidazione coatta amministrativa per eccessivo indebitamento. Mi appresto, dunque, a nominare i commissari liquidatori. Da ultimo, un cenno al tema dei finanziamenti concessi alle cooperative dal mio Dicastero. Riferisco che risultano aiuti concessi dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per un totale di 55 mila euro per il 2020 e circa 55 mila euro per il 2021.

PRESIDENTE. Il deputato La Salandra, che ha sottoscritto l'interrogazione in data odierna, ha facoltà di replicare.

GIANDONATO LA SALANDRA (FDI). Grazie, signor Ministro, per la sua risposta e grazie per l'attenzione anche mostrata ad un tema assai complesso e articolato, che sicuramente merita un approfondimento da parte dell'intero Governo. Non posso, però, non sottolineare la circostanza che, inevitabilmente, oggi dovrebbero rispondere alcuni ministri del passato rispetto ad una produzione normativa che ha creato una serie di situazioni che oggi ci portano ai fatti risaliti all'attenzione della cronaca. Una normativa che, di fatto, ha favorito il sistema della gestione dei migranti e, in alcune zone del nostro Paese, parlo della mia provincia, della provincia di Foggia, ha favorito anche quello che è tristemente noto come il fenomeno del caporalato, che lentamente crea una filiera che parte da quelli che sono gli accordi, come li definisce la cronaca giornalistica, tra le ONG e la criminalità organizzata dei Paesi esteri, per arrivare sul nostro territorio anche a creare proprio questo fenomeno, il caporalato, che va a condizionare il sistema delle imprese agricole.

Imprese agricole che oggi si trovano di fronte ad una normativa che le criminalizza e pone sullo stesso piano semplici violazioni amministrative con reati di natura penale. Per questo nuovamente sottolineo la piena soddisfazione per la sua risposta e sono certo che questo Governo continuerà sul solco della difesa dei propri confini anche rispetto alla difesa di quelle aziende che chiedono semplicemente di continuare ad operare con serenità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

(Iniziative di competenza volte a preservare la produzione e i livelli occupazionali presso gli stabilimenti Sanac – n. 3-00044)

PRESIDENTE. Il deputato Barabotti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00044 (Vedi l'allegato A).

ANDREA BARABOTTI (LEGA). Grazie, Presidente. Sanac è un'azienda leader nella produzione di refrattari, e nei suoi quattro stabilimenti produce ciò che noi, dentro e fuori da quest'Aula, chiamiamo eccellenza del made in Italy. Sanac è stata parte integrante del gruppo Ilva fino al 2018, quando, nell'ambito della cessione del gruppo ad ArcelorMittal, fu staccata dal perimetro dell'operazione. Iniziava così per azienda e lavoratori un periodo di grande incertezza, aggravata negli ultimi anni da due fattori preoccupanti. Il primo, il mancato pagamento di commesse per oltre 20 milioni di euro da parte di Acciaierie d'Italia, e il secondo, lo stop incomprensibile alle commesse che da Acciaierie d'Italia arrivavano a Sanac, a beneficio, purtroppo, di concorrenti esteri. Il 7 novembre scorso si sono chiusi i termini della terza manifestazione d'interesse che ha interessato Sanac, ma il percorso per mettere in sicurezza produzione e lavoro è ancora lungo. Concludo: questa è un'azienda che nel tempo ha contribuito incisivamente allo sviluppo del sistema industriale italiano, e per questo vogliamo capire dal Ministro e dal Governo quali iniziative intendano porre in essere per salvaguardare una produzione di eccellenza e i relativi livelli occupazionali.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha facoltà di rispondere.

ADOLFO URSO, Ministro delle Imprese e del made in Italy. Grazie Presidente, grazie onorevoli interroganti. Come è noto, la Sanac inizia la sua purtroppo avventura negativa con l'amministrazione straordinaria nel 2015. Poi, veniva prima ricordata, è caduta l'offerta di ArcelorMittal nel 2018 e il contratto di cessione dei complessi aziendali di Sanac con l'aggiudicataria non è stato sottoscritto. Per tale ragione i commissari straordinari hanno considerato possibile reperire sul mercato nuovi potenziali acquirenti e hanno presentato istanza per essere autorizzati alla nuova procedura competitiva per la vendita dei complessi aziendali in questione. Il 6 dicembre 2021 il Ministero ha autorizzato i commissari a procedere in tal senso. Tale determinazione è stata seguita dalla pubblicazione dell'invito a manifestare interesse. Sono state così presentate nove manifestazioni di interesse; però, alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, sono pervenute solo due offerte vincolanti, ritenute entrambi non ammissibili.

Una nuova fase di vendita è stata dunque avviata lo scorso mese di settembre e il 19 novembre 2022 i commissari hanno comunicato di avere ricevuto due nuove manifestazioni di interesse. Oltre alle problematiche relative alla cessione dei complessi aziendali di Sanac che abbiamo illustrato, come sottolineato anche dagli interroganti nell'esposizione, la società ha poi subito l'interruzione da giugno 2021 di nuovi ordini di acquisto da parte di Acciaierie d'Italia, che ha inciso profondamente sul suo fatturato per circa 4 milioni mensili. Condividiamo, dunque, le preoccupazioni esposte al fine di promuovere iniziative per salvaguardare la produzione e per il coordinamento di azioni a sostegno dei livelli occupazionali. Infatti, ho convocato presso il Ministero delle Imprese e del made in Italy un tavolo di confronto con le parti sociali il prossimo 6 dicembre. Ovviamente, come ricordato prima dall'interrogante, il tema si inquadra in un contesto generale che ha visto la recente sospensione da parte di Acciaierie d'Italia degli ordinativi nei confronti anche di 145 imprese dell'indotto dell'ex Ilva di Taranto, contribuendo a generare un forte e giustificato allarme sociale ed economico, che rientra, come sapete, tra le assolute priorità dell'agenda di questo Governo.

PRESIDENTE. Il deputato Barabotti ha facoltà di replicare.

ANDREA BARABOTTI (LEGA). Grazie Ministro, grazie al Governo per la disponibilità in questo senso. Soprattutto, grazie alla prontezza con cui il Ministro ha convocato le parti sociali al tavolo del prossimo 6 dicembre. Devo dire che l'attenzione alla situazione di Sanac per la parte che riguarda il tema delle commesse che arrivavano da Acciaierie d'Italia e che oggi, purtroppo, si sono fermate, allargata al resto delle aziende che lavorano in questo grandissimo indotto, segna la sensibilità di questo Ministero e di questo Governo su quella che è la filiera dell'acciaio nel nostro Paese, segna la sensibilità di questo Governo, credo, anche su quello che più volte abbiamo sentito richiamare in quest'Aula, cioè la necessità che questo Paese si doti finalmente di una strategia industriale. Quindi mi dichiaro soddisfatto della risposta e auguro buon lavoro su questo e tanti altri fronti al Ministro e al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

(Iniziative per il contrasto del fenomeno della contraffazione dei prodotti italiani – n. 3-00045)

PRESIDENTE. Il deputato Casasco ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00045 (Vedi l'allegato A).

MAURIZIO CASASCO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Buongiorno, signor Ministro. Prendiamo atto, con plauso, dell'istituzione di un Ministero delle Imprese e del made in Italy. In effetti, tra i tanti problemi ai quali dare una risposta incisiva c'è non soltanto lo sviluppo e l'ulteriore diffondersi del made in Italy ma, insieme e forse prima, quello della lotta alla contraffazione. Infatti, tra il 2019 e i primi mesi del 2022 il personale dell'Agenzia delle dogane ha intercettato 26,5 milioni di prodotti contraffatti, di cui 9,5 milioni di marchi falsificati di aziende italiane, oltre a 3,3 milioni giocattoli, con il rischio della salute anche per i giovani e per la prima infanzia. Qui non parliamo, però, soltanto di tutelare il prodotto delle imprese italiane, signor Ministro. Visto che i numeri sono nell'ordine di centinaia di migliaia di euro, si tratta, prima di tutto, di mancati ricavi delle imprese italiane, di migliaia di posti di lavoro sfumati, nonché, a causa dei minori ricavi, di perdita di PIL e di enormi minori introiti in punto di imposte, senza trascurare il tema della salute. La forza dell'Italia è anche la forza della difesa dei suoi prodotti e delle sue imprese (termino). Quindi, l'Italia non può non reagire, con tutta la forza possibile, all'attacco al cuore delle sue risorse migliori e alla guerra economica in atto in questo settore trainante del Paese. Signor Ministro, la richiesta è quali nuove misure intenda assumere, per affrontare il fenomeno descritto precedentemente, in termini nazionali, in termini comunitari e soprattutto in termini internazionali per quanto riguarda gli Stati esteri che sono coinvolti in questa situazione.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ADOLFO URSO, Ministro delle Imprese e del made in Italy. Come ha notato l'interrogante, il Ministero ha assunto la denominazione che riflette la nuova mission di Ministero delle Imprese e del made in Italy e, quindi, è pienamente consapevole della forza e del valore del made in Italy nel mondo e della necessità di tutelarlo e di valorizzarlo.

La prima importante misura che ho voluto al riguardo è contenuta nella legge di bilancio per il 2023. In questa manovra economica abbiamo previsto, tra i collegati, un disegno di legge recante misure organiche per la valorizzazione del made in Italy, nonché l'istituzione di un apposito Fondo finanziato con 5 milioni di euro per il 2023 e 95 milioni di euro per il 2024 (100 milioni di euro nella prima fase avviativa).

È altresì imminente, da parte del Consiglio dei ministri, l'esame definitivo del disegno di legge di riforma del codice della proprietà industriale, recante norme che costituiscono una tutela più efficace dei marchi italiani. Dopo la deliberazione del Consiglio dei ministri, il provvedimento dovrà ottenere il parere della Conferenza unificata e verrà trasmesso al Parlamento per il prosieguo dell'iter, che si è interrotto nella passata legislatura.

Per quello che attiene alle giuste e opportune iniziative a livello europeo, si rappresenta che il Consiglio dell'Unione ha inserito i crimini contro i diritti di proprietà intellettuale tra le proprie priorità. Inoltre, nel primo semestre 2023 è attesa da parte della Commissione europea la presentazione di un pacchetto di misure nel quadro della lotta alla contraffazione, in attuazione del piano di azione dell'Unione europea sulla proprietà intellettuale che dal 2020 ha riconosciuto la lotta alla contraffazione tra gli obiettivi prioritari.

Gli uffici nazionali di proprietà intellettuale dei Paesi G7 stanno altresì esaminando soluzioni per dare una risposta più efficace alla lotta alla contraffazione e alla pirateria su scala transazionale. In tale direzione è auspicabile il potenziamento della sinergia tra le autorità doganali dei diversi Stati membri dell'Unione europea - l'interrogante ha sottolineato l'importanza di quello che ha fatto la nostra autorità doganale (non soltanto essa) nel contrasto alla contraffazione e alla concorrenza sleale - anche per evitare distorsioni del traffico verso i Paesi dell'Unione meno attenti nell'effettuazione dei controlli alle frontiere.

Di grande utilità per la lotta alla contraffazione sarà senz'altro in ambito europeo la proposta di regolamento sulla tutela dell'indicazione geografica protetta dei prodotti artigianali e industriali costituenti eccellenza della produzione nazionale. Siamo alle fasi approvative finali in Consiglio: cioè, dopo che finalmente, come battaglia italiana, sono state riconosciute in sede europea e in molti accordi bilaterali - e auspichiamo anche in quelli multilaterali - le indicazioni geografiche per i prodotti alimentari, la stessa cosa, con questa iniziativa che abbiamo voluto e ottenuto in sede europea, faremo per i prodotti artigianali e industriali che caratterizzano sostanzialmente l'eccellenza del made in Italy.

PRESIDENTE. Il deputato Casasco ha facoltà di replicare per due minuti.

MAURIZIO CASASCO (FI-PPE). Ministro, ho apprezzato moltissimo la sua risposta. Aggiungo che l'aggressione agli asset strategici del made in Italy frutta alle organizzazioni criminali oltre 100 miliardi, come lei ben sa, ai quali bisogna aggiungere 120 miliardi per quanto riguarda le falsificazioni di prodotti contraffatti nell'agroalimentare, oltre ai 40 miliardi dell'italian sounding degli Stati Uniti.

Quindi, ritengo, come lei ha ben detto, che l'intervento a livello europeo sia fondamentale. Abbiamo Stati all'interno dell'Unione europea, come la Bulgaria, dove entra il 60 per cento delle bollinature (provengono dalla Cina e solo nei Paesi dell'Est, con delle dogane light). Quindi, l'intervento europeo è fondamentale attraverso diversi Ministeri che, oltre al suo, che è il capofila, sono, ad esempio, il Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, perché credo che l'immigrazione clandestina di prodotti debba essere a tolleranza zero. Io credo che mentre l'immigrazione clandestina delle persone abbia un carattere di umanità, quella degli scafisti dei prodotti non debba essere permessa e, quindi, deve essere a tolleranza zero. È un problema fondamentale per la sopravvivenza dell'Europa e, in particolar modo, dell'Italia, dove economia e sistema sociale vanno di pari passo. Quindi, grazie. Ho apprezzato molto il suo intervento e confido nella prosecuzione di tutto quello che potrà fare sia a livello nazionale, sia a livello europeo.

(Iniziative per assicurare più stringenti controlli e un più efficace utilizzo delle risorse destinate al contrasto del dissesto idrogeologico, anche tramite il ripristino dell'unità di missione «ItaliaSicura», alla luce dei tragici eventi calamitosi occorsi ad Ischia – n. 3-00046)

PRESIDENTE. La deputata Boschi ha facoltà, per un minuto, di illustrare la sua interrogazione n. 3-00046 (Vedi l'allegato A).

MARIA ELENA BOSCHI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Tutti noi piangiamo le otto vittime di Ischia e speriamo per le quattro persone ancora disperse, ringraziando i soccorritori per il loro lavoro straordinario. Tuttavia, sappiamo da sempre che Ischia è un territorio fragile, a rischio frana, una fragilità aggravata dall'abusivismo edilizio e da vari condoni, compreso l'ultimo voluto nel 2018 dal Governo “Conte 1”. Sappiamo anche che il 60 per cento del territorio italiano, purtroppo, è a rischio frana e alluvioni. Proprio per questo il Governo Renzi aveva istituito l'unità di missione ItaliaSicura, per accelerare la spesa negli investimenti pubblici e per intervenire a tutela delle nostre comunità. Il Governo “Conte 1” nel 2018 l'ha chiusa.

Chiediamo, quindi, a lei, Ministro, che cosa intenda fare e quali iniziative vuole assumere non solo di fronte alla tragedia di Ischia ma per la prevenzione contro il dissesto idrogeologico sul nostro territorio e, in particolare, se il Governo Meloni intenda ripristinare l'unità di missione ItaliaSicura quanto prima.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente. Grazie agli interroganti. Riguardo ai quesiti posti dagli onorevoli interroganti, mi preme sottolineare, come già ho avuto modo di dire anche ieri durante l'esposizione delle linee programmatiche del Ministero, che il dissesto idrogeologico è un'emergenza nazionale che lo Stato non ha saputo, purtroppo, affrontare efficacemente. Tuttavia, non è una battaglia di parte e non è una bandiera ideologica. Deve essere un impegno di tutti noi, Governo, Parlamento, regioni ed enti locali. Abbiamo il dovere di dare delle risposte concrete per rallentare l'impatto dei cambiamenti climatici sull'ambiente e sulla salute umana ed evitare l'errore che è stato fatto in precedenza nel rincorrere l'emergenza.

In merito alla situazione del territorio ischitano, si ritiene opportuno premettere che la fragilità e la naturale predisposizione del territorio è accertata e documentata anche tramite gli studi effettuati dalla competente autorità di bacino distrettuale, che trovano riscontro nel vigente piano di assetto idrogeologico. L'intensa e non sempre programmata urbanizzazione di estese aree dell'isola ha comportato l'innalzamento del livello di rischio idrogeologico al massimo grado. Il 49 per cento del territorio dell'isola è classificato a pericolosità elevata e molto elevata per frane dai piani di assetto idrogeologico e sono oltre 13 mila gli abitanti residenti nelle aree a maggiore pericolosità di frana.

Purtroppo, va ricordato che per la messa in sicurezza della zona costiera e per la riduzione dell'erosione e la stabilizzazione dei versanti nel comune di Casamicciola sono stati stanziati, 12 anni fa dal Ministero dell'Ambiente, complessivamente 3 milioni 100 mila euro, ma gli interventi risultano ancora in fase di progettazione.

In merito alle competenze attribuite in materia di dissesto idrogeologico, si ricorda che con il decreto-legge n. 86 del 2018 le attribuzioni sono state assegnate nuovamente al Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica.

Il Ministero provvede alla programmazione delle relative risorse finanziarie disponibili per la mitigazione del rischio idrogeologico su proposta delle regioni e delle province autonome, che sono i soggetti preposti alla programmazione degli interventi urgenti e prioritari, con l'apporto, in sede valutativa, dell'Autorità di bacino distrettuale. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2021, sono stati stabiliti i criteri e le priorità…

PRESIDENTE. Concluda.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Sono un po' lungo, vero, Presidente? Sono stati stabiliti i criteri, le priorità e le procedure per l'attribuzione delle risorse destinate al finanziamento degli interventi. Con il decreto-legge n. 152 del 2021, inoltre, è stato predisposto che, a valle della fase istruttoria delle istanze presentate, il piano degli interventi venga adottato anche per stralci. Si specifica, inoltre, che l'attuazione degli interventi programmati è affidata ai presidenti delle regioni in qualità di commissari di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico, con i compiti e le modalità stabiliti dalla legge…

PRESIDENTE. Ministro, la invito ad andare verso la conclusione.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. A quest'ultimo proposito, a fronte della riconosciuta necessità di accelerare l'attuazione degli interventi nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza è stata prevista un'apposita norma di semplificazione. Inoltre, con lo scopo di rafforzare il coinvolgimento dei diversi livelli di governo coinvolti, si definisce un nuovo Piano con responsabilità diverse rispetto alla capacità amministrativa. Si specifica, inoltre, che le istruttorie condotte dalle Autorità di bacino distrettuali, sulla scorta delle proposte formulate da regioni e province autonome porteranno a breve al finanziamento di 139 interventi, con oltre 350 milioni a carico del Ministero.

PRESIDENTE. La deputata Boschi ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARIA ELENA BOSCHI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Ministro, mi dispiace, ma non posso dichiararmi soddisfatta dalla sua risposta, perché lei ha riconosciuto che il problema esiste, come peraltro abbiamo denunciato più volte come gruppo Italia Viva e Azione, a volte anche in solitaria, ma la risposta che ci ha dato è alquanto confusa rispetto a quella che è la prospettiva che il Governo sta delineando. Quando le cose ci sono e funzionano, basta semplicemente copiare quello che esiste, senza inventarsi nulla di nuovo e “ItaliaSicura” funzionava, l'unità di missione presso la Presidenza del Consiglio funzionava; lo può chiedere a Toti, oltre che a Burlando, a Bucci, a Doria, per parlare soltanto di Genova e dei 500 milioni per la messa in sicurezza di Genova, ma l'unità di missione ha stanziato, ai tempi del Governo Renzi, quasi 9 miliardi per 12 mila interventi e con personale della Protezione civile e dei Ministeri, quindi, senza dover inventare nessun carrozzone, senza dover inventare nulla di particolare.

Nel 2018 il Governo Conte ha chiuso questa unità di missione; voi oggi avete l'opportunità, secondo noi, il dovere, di ricostituirla. Comunque, noi continueremo a vigilare con l'orgoglio di chi, da sola, ha detto “no” al condono nel 2018 e chiede dal 2018 il ripristino dell'unità di missione, ma anche con il dispiacere di chi vede perseverare su alcuni errori (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

(Elementi e iniziative per la prevenzione e il contrasto del dissesto idrogeologico, alla luce dei tragici eventi calamitosi occorsi ad Ischia – n. 3-00047)

PRESIDENTE. Il deputato Caso ha facoltà di illustrare l'interrogazione Ilaria Fontana ed altri n. 3-00047 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

ANTONIO CASO (M5S). Grazie, Presidente. Ministro, è noto purtroppo a tutti cosa è accaduto sull'isola di Ischia tra il 25 e il 26 novembre; però, mentre si liberavano le strade dal fango, si cercavano i dispersi e si contavano i morti, diverse forze politiche si sono innanzitutto preoccupate di attaccare il Governo Conte 1 per un condono che, di fatto, non c'è stato; c'è chi ha addirittura proposto come soluzione l'arresto dei sindaci.

Ebbene, considerando anche che a questo Parlamento non è stata trasmessa la relazione annuale degli interventi per il contrasto del dissesto idrogeologico da parte del suo Ministero, cosa che in realtà doveva accadere entro il 30 giugno, come MoVimento 5 Stelle le chiediamo quali iniziative questo Governo intenda adottare per affrontare la grave situazione di dissesto idrogeologico, sia delle zone colpite dall'alluvione, si veda il comune di Casamicciola, sia a livello nazionale, su tutto il territorio, informando di fatto il Parlamento sullo stato di avanzamento del Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico e sul quadro degli stanziamenti previsti per far fronte al problema.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente, grazie agli interroganti. In merito a quanto rappresentato dagli onorevoli interroganti, innanzitutto, si precisa che per il contrasto al dissesto idrogeologico sul territorio nazionale, il Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica provvede alla programmazione delle risorse finanziarie rese disponibili dai pertinenti capitoli dello Stato su proposta di regioni e provincie autonome. I suddetti enti sono i soggetti preposti alla programmazione di interventi urgenti e prioritari, alla quale danno apporto, in sede valutativa, le proposte anche dell'Autorità di bacino distrettuale, anche e soprattutto in merito alla compatibilità degli stessi con gli strumenti pianificatori vigenti, ovvero i rispettivi piani di assetto idrogeologico per il rischio di frana e i piani di gestione del rischio alluvione.

I criteri di priorità e le procedure finalizzate all'attribuzione delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2021. Successivamente, con successivo decreto, è stato disposto che, a valle della fase istruttoria delle istanze presentate, il Piano di interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico venga adottato anche per stralci, tramite provvedimenti ministeriali, previa intesa con i presidenti delle regioni interessate, nonché con i relativi cronoprogrammi.

Gli interventi ammessi al finanziamento sono identificati da specifici codici di progetto e le rispettive amministrazioni titolari dei codici di progetto effettuano il monitoraggio del piano dei singoli interventi. Si rappresenta che il Piano relativo al 2022 è in via di formale definizione, contemplando, così come precedentemente rappresentato, un corpus di 139 interventi e una spesa di oltre 350 milioni, a carico del bilancio del Ministero, nell'ambito dei quali non si ravvisano proposte della regione Campania ricadenti nei comuni dell'isola d'Ischia. Si specifica, inoltre, che l'attuazione degli interventi programmati è affidata ai presidenti delle regioni, naturalmente in qualità di commissari di Governo.

Con specifico riferimento agli interventi che interessano il comune di Casamicciola, si evidenza quanto indicato nella piattaforma ReNDiS, repertorio nazionale, dove vengono gestite le informazioni relative a tutti gli interventi di difesa del suolo, finanziato con risorse di competenza del Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica. In particolare, si tratta di due azioni per un totale di 3 milioni di euro relative alla messa in sicurezza della zona costiera e alla riduzione dell'erosione. Si specifica che risultano ulteriori fondi, pari a 2.500.000 euro, relativi a progetti del Ministero dell'Interno.

In merito allo stato di attuazione degli interventi ricadenti sull'intero territorio nazionale, si rammenta che il decreto-legge n. 77 del 2021 prevede che il Ministro trasmetta una relazione annuale al Parlamento che, per il prossimo mese di giugno, certamente garantisco; probabilmente, posso anche farmi carico di portare quella che doveva essere trasmessa nello scorso mese di giugno.

PRESIDENTE. Il deputato Sergio Costa ha facoltà di replicare per due minuti.

SERGIO COSTA (M5S). Gentile Presidente, colleghi, signor Ministro, la tragedia di Casamicciola è stata feroce e ha trafitto, non solo, i cuori di tutti gli italiani, ma ha anche dimostrato per l'ennesima volta la fragilità di un Paese come il nostro, nel quale il 94 per cento dei comuni è oggettivamente fragile per dissesto idrogeologico, alluvioni, frane, erosione costiera e terremoti.

Siamo un Paese che, da oltre 20 anni, non riesce ad approvare la legge sul consumo di suolo, con la quale tutelare l'Italia dal dissesto idrogeologico, definire un fondo per sostenere i servizi ecosistemici dei boschi, per la pulizia degli alvei, ma anche un fondo di garanzia che consenta ai comuni di fare gli abbattimenti.

Abbiamo sopportato - lo ripeto, uso questo verbo, “sopportato” - tre condoni edilizi a firma dei governi Craxi e Berlusconi (1985, 1994, 2003); ribadisco che abbiamo sopportato tre condoni edilizi, non quattro condoni edilizi; chi afferma il contrario e sostiene che nel 2018 a firma Conte fu emanato il quarto condono edilizio dice una cosa non vera né giuridicamente, né tecnicamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ed è tutto perfettamente dimostrabile. Chi insiste, vuol dire che non conosce le leggi, oppure che è in malafede e questo è bene che ce lo diciamo qui, in sede parlamentare, ma devo anche aggiungere che la cancellazione della struttura di missione di “ItaliaSicura” è stata fatta perché bloccava e burocratizzava per almeno un anno, in media, ogni carteggio e costava un milione di euro, che è stato dato, anche quello, sui fondi per il dissesto idrogeologico.

Le chiedo, e vado a chiudere: noi, come MoVimento 5 Stelle, siamo disposti a un patto di legislatura, con il Governo, con tutto il Parlamento. Facciamo insieme, cogliamo l'occasione storica, facciamo in modo che le urla di questi morti non si ripetano più, che siano serviti almeno ad avere una nuova legge sulla difesa del suolo. Noi ci siamo. Costituisca un tavolo governativo e parlamentare. Noi a quel tavolo ci siederemo e insieme possiamo lavorare. Guardiamo con positività per dare una risposta al cittadino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative per l'adozione di una normativa efficace in materia di contenimento del consumo di suolo e per l'approvazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici – n. 3-00048)

PRESIDENTE. Il deputato Simiani ha facoltà di illustrare l'interrogazione Braga ed altri n. 3-00048 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

MARCO SIMIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Gentile Ministro, gentili colleghi, i temi del consumo del suolo e del dissesto idrogeologico legati agli effetti dei cambiamenti climatici stanno assumendo un'importanza crescente nelle tematiche della sostenibilità ambientale e della pianificazione.

Il consumo del suolo, in Italia, non solo non rallenta, ma nel 2021 riprende a correre con maggiore forza, superando la soglia dei 2 metri quadrati al secondo.

Difendere il suolo significa anche proteggere il Paese dalla minaccia del dissesto idrogeologico, che, purtroppo, spesso ha conseguenze gravissime anche in termini di perdita di vite umane.

Nell'isola di Ischia il consumo del suolo è stato di 15 ettari in 15 anni e questo si aggiunge agli effetti del condono edilizio approvato nel 2018 dal Governo “Conte 1”, con il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d'Italia. Nell'articolo 25, onorevole Costa, c'è scritto questo.

La tragedia che sta vivendo la popolazione dell'isola conferma l'esigenza di contrastare ogni forma di condono edilizio e di dare al Paese una legge nazionale sul consumo di suolo. Per questo, le chiediamo se intenda promuovere e sostenere l'adozione di una normativa efficace per il contenimento del consumo di suolo che consenta di raggiungere l'obiettivo di “consumo di suolo zero nel 2050” e aggiornare e approvare senza indugi il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente. Riguardo ai quesiti posti dagli onorevoli interroganti, si rappresenta quanto segue. Operare in maniera di garantire la salute del suolo è fondamentale per raggiungere la neutralità climatica. In riferimento alla tematica relativa al consumo del suolo, in relazione alle competenze del Ministero, innanzitutto si segnala che nel disegno di legge di bilancio è stato inserito un articolato che ha previsto la costituzione di un apposito fondo per il contrasto al consumo del suolo, con uno stanziamento di 160 milioni di euro. Inoltre, in attuazione della legge finanziaria 2019, erano stati destinati 105 milioni di euro per la bonifica dei cosiddetti siti orfani, in attuazione al Programma nazionale. A queste risorse sono state aggiunte quelle previste dalla misura M2C4 dell'Investimento 3.4 del PNRR, con un ammontare di 500 milioni, destinati agli interventi da intraprendere per la riqualificazione del 70 per cento dei cosiddetti suoli orfani.

Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, documento di indirizzo fondamentale per una pianificazione di breve e di lungo termine per far fronte ai principali impatti sulle risorse ambientali e su un insieme di settori socioeconomici, è attualmente sottoposto a procedimento di valutazione ambientale strategica. Nel 2021 si è proceduto a sottoporre alle autorità competenti il rapporto preliminare ed è stata svolta la fase di scoping della VAS, che si è conclusa il 3 giugno 2021 con la comunicazione all'autorità competente e la trasmissione del parere VIA-VAS. Detto parere contiene numerose prescrizioni e osservazioni, tali da richiedere una profonda rivisitazione del Piano.

Al fine di dare un decisivo impulso allo svolgimento dell'attività di predisposizione della proposta di Piano, del rapporto ambientale e dell'ulteriore documentazione necessaria al proseguimento del procedimento di VAS, è stato istituito un apposito gruppo di lavoro con il coinvolgimento dell'ISPRA. Pertanto è intenzione di questo Governo accelerare l'aggiornamento del documento di Piano in base alle osservazioni della commissione VIA-VAS. Il Piano sarà presentato per la consultazione pubblica prevista dalla VAS entro la fine del corrente anno.

PRESIDENTE. Il deputato Morassut ha facoltà di replicare, per due minuti.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro. Non possiamo ritenerci soddisfatti della sua replica, del resto, nell'esposizione delle linee programmatiche del suo Governo, la Presidente Meloni ha completamente disatteso la conoscenza stessa di un fenomeno che, ormai, riveste una grandissima importanza sociale per il nostro territorio, cioè il tema del dissesto idrogeologico. C'è voluta l'ennesima tragedia, come quella di Ischia, ma, prima di quella relazione della Presidente, c'era stato l'evento luttuoso delle Marche. Il nostro Paese è continuamente tempestato da eventi e da situazioni tragiche che, ancora una volta, sempre ci ricordano la fragilità del nostro territorio. È vero che si è tentato più volte di trovare le misure giuste, però ricordo - e mi dispiace non aver sentito alcun riferimento nella sua replica - che, nel primo decreto Semplificazioni per il PNRR, che ha investito ulteriori risorse per il dissesto idrogeologico, si sono introdotte misure di semplificazione, di accelerazione e, soprattutto, di potenziamento degli enti locali, che sono la prima frontiera per affrontare le opere di prevenzione molto importanti, che, però, allo stato attuale, risultano completamente disattese da questo Governo e credo anche del tutto ignorate.

Per quanto riguarda la vicenda di Ischia, mi dispiace, in questo senso, dover anche avere un'opinione diversa da quanto sostenuto dall'onorevole Costa, con il quale però abbiamo collaborato molto fattivamente sul tema del dissesto idrogeologico, perché l'articolo 25 del decreto che riguardava Ischia conteneva non solo la parola “abusivismo”, ma era una liberatoria delle domande di condono del 1985, del 1994 e del 2003 e, addirittura, aveva un anticipo, perché, nel 2013, l'onorevole Di Maio aveva presentato una proposta di legge sullo stesso problema chiamata “Ravvedimento operoso”.

Sul tema del consumo di suolo, che è il terzo aspetto che abbiamo affrontato, dico questo. Qui il problema non è soltanto mettere dei fondi, che, poi, tra l'altro, sono sempre molto pochi, ma è, finalmente, portare a termine un lavoro che il Parlamento aveva già impostato sul tema del consumo di suolo e, finalmente, anche dare delle norme nuove dopo 70 anni, dopo 80 anni, alla rigenerazione urbana di questo Paese. Perché, quando le costruzioni arrivano al limite dei fiumi, quando le costruzioni abusive arrivano sui cigli franosi…

PRESIDENTE. Onorevole, dovrebbe concludere.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). …c'è bisogno di avere una procedura di demolizione e ricostruzione e non di avere l'espansione delle costruzioni e degli insediamenti umani. Da questo punto di vista anche io non ho sentito alcun riferimento nelle linee programmatiche della Presidente del Consiglio. Per questi motivi, ci riteniamo del tutto insoddisfatti della sua replica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Intendimenti in ordine all'ipotesi di un nuovo condono edilizio e iniziative per il completamento della carta geologica del territorio nazionale – n. 3-00049)

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00049 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, Presidente. Signor Ministro, noi di Alleanza Verdi e Sinistra, prima di tutto, esprimiamo il cordoglio per le vittime dei tragici eventi di Ischia, però, vede, siamo anche molto stanchi, stanchi di dover commentare questi tragici eventi che sono legati a una crisi climatica che produce eventi meteorologici estremi; questa crisi climatica che è molto disattesa e che voi non considerate nei provvedimenti che fate, come, ad esempio, per le trivellazioni, perché sappiamo che le fonti fossili sono responsabili della crisi climatica. Lei ha detto che i sindaci dovrebbero essere arrestati per quel che fanno, una frase molto forte: le vorrei dire che lei fa parte, però, di un partito che ha approvato due condoni edilizi in questo Paese.

Vede, la carta geologica, nel nostro Paese, non è stata fatta, non esiste, a differenza di tanti Paesi europei. Su 636 fogli, ne mancano 300 perché non ci sono i soldi. Si trovano i soldi per fare tante cose, ma per mettere in sicurezza il nostro Paese non si trovano i soldi, servirebbero i geologi.

Le voglio chiedere - concludo - se lei può prendere un impegno solenne nel Parlamento italiano, a nome anche del suo Governo, di non provare e portare più nel Parlamento in diverse forme i condoni edilizi, perché, in questo Paese, di condoni edilizi si muore (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente. In relazione a quanto esposto dagli onorevoli interroganti, atteso quanto già discusso fino ad ora, è opportuno ribadire l'impegno del Ministero nell'implementare gli strumenti per il contrasto al rischio idrogeologico. Come già ricordato, con le risorse del PNRR è stata licenziata, lo scorso 30 giugno, una riforma relativa alla revisione del Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo.

Un ulteriore strumento a supporto dell'azione di difesa del suolo è rappresentato dal Progetto Carg, ovvero cartografia geologica e geotematica; il progetto è coordinato dall'ISPRA e realizzato in collaborazione con le regioni, nonché con il supporto scientifico delle università e del CNR. Dopo una fase di stallo, il Progetto Carg ha ripreso vigore grazie alle risorse stanziate con tre leggi di bilancio - 2019, 2020 e 2021 - che hanno previsto lo stanziamento complessivo di 31 milioni. Entro la fine del 2022 saranno sessantasette i fogli geologici e sei i tematici avviati. Peraltro, per alcuni fogli geologici è prevista la realizzazione di modelli in 3D.

Ciò premesso, e come già accennato in altre occasioni, ritengo che consentire la corretta prosecuzione di quanto fatto negli ultimi anni, ovvero il completamento della cartografia, sia un'azione rilevante per favorire la programmazione degli interventi per la mitigazione, riduzione e prevenzione dei rischi geologici, nonché per la progettazione di infrastrutture sicure a salvaguardia dell'ambiente. Pertanto, sarà cura del Ministero garantire il reperimento di risorse per giungere a questo obiettivo. In merito alla prima o seconda richiesta del suo intervento, relativa alla rassicurazione di non proporre un nuovo condono edilizio, voglio sottolineare che l'ultimo Consiglio dei ministri, riunitosi con urgenza dopo i tragici eventi di Ischia, oltre ad aver deliberato lo stato di emergenza e appostato le prime risorse per gli interventi urgenti di soccorso alla popolazione, si è espressamente impegnato nell'adozione, entro fine anno, del Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico, che chiaramente avrà nella lotta al dissesto idrogeologico un suo punto fermo.

Se ci impegniamo nell'approvazione e attuazione del predetto Piano, mi sembra del tutto evidente l'impossibilità di avallare tutte quelle misure che andrebbero a minare dalle fondamenta la capacità di aumentare la sicurezza del nostro territorio e il raggiungimento delle finalità del Piano stesso.

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di replicare, per due minuti.

ANGELO BONELLI (AVS). Signor Ministro, io sono francamente sconcertato, perché, di fronte a una risposta chiara che vi chiedevo - ovvero: mettete i soldi per terminare la carta geologica perché mancano 300 fogli? - lei viene a dire qui, nel Parlamento italiano, che sta facendo una cosa che già sapevamo, ovvero 67 fogli. Allora, sia chiaro agli italiani e alle italiane che questo Governo non sta prendendo un impegno per terminare uno strumento fondamentale per mettere non solo in sicurezza il territorio, ma per dare una garanzia ai cittadini dicendo: là dove vivete siete al sicuro, là dove state non potete stare al sicuro.

Signor Ministro, lei non può venire in Aula e dire ciò che adesso ci ha detto. Lei doveva venire, se questo è mi è consentito, e dire: il Governo si prende l'impegno per terminare la carta geologica, visto che, in Europa, l'Italia è l'unica a non avere la carta geologica.

Ma anche su questo voglio fare una proposta al Parlamento intero: siccome ci sono 400 milioni di euro a disposizione dei gruppi parlamentari, nella legge di bilancio si utilizzino queste risorse per terminare la carta geologica e dare anche ristoro ai danni per quanto riguarda Ischia, così eviteremmo quella parcellizzazione in mille rivoli e faremmo una cosa seria per l'Italia.

Per quanto riguarda il condono, mi scusi, signor Ministro, il fatto che lei non abbia avuto la forza di dire “no, non faremo nessun condono edilizio” e si nasconda dietro il Piano di adattamento climatico, che è una cosa che non c'entra assolutamente nulla, dice chiaramente dell'ambiguità e della voglia – anzi, meglio, della non voglia - di avere cura del territorio, di avere una responsabilità. Infatti - e concludo - la legalizzazione delle illegalità sul nostro territorio ha provocato tanti danni. Lei sa che la parola condono edilizio in Europa non è traducibile, perché non sanno proprio che cosa significa? Voi l'avete sdoganata e oggi lei non ha avuto il coraggio di prendere un impegno nel Parlamento italiano e di dire: mai più condoni edilizi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

(Iniziative di competenza volte ad attuare e implementare la normativa sulle comunità energetiche rinnovabili – n. 3-00050)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Lupi e Semenzato n. 3-00050 (Vedi allegato A). La deputata Semenzato ha facoltà di illustrare la sua interrogazione, per un minuto.

MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Gentile Ministro, le comunità energetiche rinnovabili sono disciplinate dall'articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019 - convertito nella legge 28 febbraio 2020, n. 8 - che recepisce la direttiva europea Red 2. La normativa in materia di comunità energetiche rinnovabili è stata successivamente modificata dal decreto legislativo n. 199 del 2021, che ha attuato la direttiva europea Red 2 sulla promozione dell'uso dell'energia delle fonti rinnovabili, con l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile dell'Italia coerentemente con gli obiettivi di decarbonizzazione dell'Unione europea al 2030 e al 2050.

Il decreto legislativo 199 del 2021 ha aumentato il perimetro per le comunità energetiche rinnovabili, passando dalla cabina secondaria a quella primaria, che ora possono estendersi a più comuni e alle comunità montane, e non più solo ai piccoli borghi e quartieri. Ad oggi non sono ancora stati pubblicati i decreti attuativi previsti entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021. Lei, Ministro, il 23 novembre scorso ha dichiarato che si è chiuso un percorso procedurale sulle comunità energetiche, che nel PNRR hanno uno stanziamento di 2,2 miliardi. Le comunità energetiche rinnovabili rappresentano una risorsa importante per i comuni italiani.

PRESIDENTE. Deputata, dovrebbe concludere.

MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)-M). Vado alla domanda, Ministro: quali iniziative intende prevedere per attuare e sviluppare la normativa sulle comunità energetiche rinnovabili, in particolare con riferimento alla possibilità di non prevedere soglie massime demografiche per i comuni che possono accedere alla misura in oggetto?

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente, grazie agli interroganti. Con riferimento alla questione, occorre premettere che la consultazione pubblica in materia di comunità di energia rinnovabile avviata il 28 novembre scorso ha ad oggetto l'adozione di un decreto, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 199 del 2021, diverso e ulteriore rispetto al decreto che dovrà adottarsi in attuazione alla Missione 2 del PNRR. In altri termini, il decreto per cui era stata avviata la consultazione concerne l'introduzione di una tariffa incentivante per l'energia condivisa nell'ambito delle comunità di energia rinnovabile realizzate all'interno del territorio nazionale e senza la previsione di alcuna soglia demografica di sbarramento. Mediante tale decreto sarà dato pieno impulso alla nascita delle comunità energetiche e di configurazioni di autoconsumo collettivo e individuale sull'intero territorio nazionale, con un ampio coinvolgimento dei soggetti o società civile, tra cui famiglie, piccole e medie imprese, enti religiosi, enti del Terzo settore, enti locali.

Invece, la misura del PNRR cui l'onorevole interrogante fa riferimento riguarda l'erogazione dei contributi sotto forma di prestiti a tasso zero e con una dotazione pari a 2,2 miliardi per realizzare impianti a fonte rinnovabile, a beneficio di comunità energetiche e configurazioni di autoconsumo collettivo in comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti.

L'attuazione di tale misura del PNRR rappresenta un obiettivo del Piano e sarà disciplinata da un successivo provvedimento a valle, dopo che la Commissione europea avrà assentito ai chiarimenti richiesti. Tengo a precisare che l'obiettivo del PNRR è quello di sostenere in modo ancor più ampio gli impianti realizzati nell'ambito delle comunità energetiche e delle configurazioni di autoconsumo in piccoli comuni. Mediante la realizzazione delle comunità energetiche e le confederazioni di autoconsumo in piccoli comuni si concorre dunque al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione unitamente e contestualmente a quelle volte al contrasto al fenomeno dello spopolamento, con ricadute positive sia sull'ambiente sia sul paesaggio. Il provvedimento attuativo della misura di PNRR andrà a disciplinare, per espressa previsione legislativa, la possibilità di cumulare, nel rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato, il contributo per l'investimento in impianti con l'incentivo in tariffa disciplinato dal decreto oggetto di consultazione.

PRESIDENTE. La deputata Semenzato ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)-M). Signor Ministro, la ringrazio per la disponibilità ad affrontare questo tema fin dall'inizio della legislatura del suo mandato. È evidente come generare energia rinnovabile in loco sia essenziale se si vuole ridurre il dato relativo ai costi energetici e rendere concreto il processo di decarbonizzazione.

In una prima fase, per incentivare l'utilizzazione dell'energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili era stato pensato il meccanismo dello scambio per posto altrove, limitandolo però ai piccoli comuni con popolazione fino ai 20 mila abitanti; di fatto, così si sono escluse le realtà più grandi nelle quali anche i benefici sarebbero stati migliori e più consistenti: pensiamo alle grandi città dove abbiamo anche la più grande concentrazione di PM10, CO2, Nox e ozono.

Ora, anche per il modello delle comunità energetiche è necessario che non vi siano distinzioni e soglie demografiche e che si guardi avanti. Produrre energia in un luogo, utilizzo nello stesso posto di produzione e al contempo trasferire il surplus in eccesso a beneficio di altre strutture dislocate nel territorio, significa efficientamento e risparmio economico. Non dimentichiamoci che la guerra in Ucraina ha messo brutalmente in evidenza la miopia della politica energetica del nostro Paese. Diamo autonomia alle autonomie locali, avviamo sperimentazioni con gli enti più virtuosi. Quella delle comunità energetiche rinnovabili è davvero un'inversione di rotta storica, una sfida che ricorda quella di inizio Novecento, con l'energia proveniente dal fossile distribuita dalle grosse centrali alle reti locali. Quel modello ha trasformato le città, ha portato ricchezza, ha introdotto nuovi lavori e nuove utility, ancora oggi proposte nel settore.

PRESIDENTE. Concluda.

MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)-M). Concludo. Allo stesso modo, il sistema delle rinnovabili può e deve affermarsi nelle nostre città e la pubblica amministrazione deve farsi promotrice di questo cambiamento. Ministro, come Noi Moderati e Coraggio Italia, in maggioranza con il Premier Meloni, saremo sempre al suo fianco quando affronterà questi temi (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,05.

La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 16,10.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 59, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Commemorazione delle vittime del recente disastro naturale di Ischia.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Colleghe e colleghi, come sapete, nella notte del 26 novembre, a seguito di un nubifragio, una frana ha investito ad Ischia il comune di Casamicciola, causando la morte di otto persone, mentre quattro sono ancora disperse. In questa dolorosa circostanza desidero esprimere, a nome dell'Assemblea, il mio personale e più profondo e sentito cordoglio ai familiari delle vittime e la solidarietà e vicinanza alla popolazione coinvolta in questo tragico evento, insieme a un sincero ringraziamento a quanti hanno prestato generosamente la propria opera di soccorso.

L'Italia, purtroppo, non è estranea a simili eventi, che nel tempo hanno flagellato un territorio fragile, afflitto da gravissimi problemi, come quelli del dissesto idrogeologico, del consumo del suolo, dell'abusivismo edilizio. E ogni volta si è manifestata l'esigenza di approntare un'ampia ed incisiva azione di prevenzione e di messa in sicurezza del Paese, al fine di evitare ulteriori tragiche perdite di vite umane. Questa ennesima calamità dimostra come non sia più rinviabile la definizione e attuazione di politiche lungimiranti di adattamento ai cambiamenti climatici, i cui effetti sono ormai davanti agli occhi di tutti. Il Parlamento e le altre istituzioni, ciascuna secondo la sua competenza, hanno dunque il dovere di promuovere e mettere in atto un'azione di tutela del territorio, declinata sui parametri della prevenzione, messa in sicurezza, sostenibilità ambientale e rigenerazione, affinché simili tragedie non debbano più verificarsi.

Invito ora l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi). Ha chiesto di parlare la deputata Patriarca. Ne ha facoltà, per 5 minuti.

ANNARITA PATRIARCA (FI-PPE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci sono accadimenti che ci fanno sentire sconfitti, al di là dei ruoli e delle responsabilità di ciascuno. In momenti come questi, il dolore impone silenzio, il dolore impone rispetto, ma il dolore esige anche verità e giustizia. Ci ritroviamo oggi qui riuniti per commemorare le donne, gli uomini e i quattro bambini che hanno perso la vita nella terribile alluvione di Casamicciola, nell'isola di Ischia, il 26 novembre scorso. Di ciascuno di loro voglio ricordare i nomi, perché ogni nome racchiude in sé ricordi ed affetti che è doveroso tramandare. Oggi il mio pensiero va a Eleonora Sirabella, a Nikolinka Blangova, ai tre fratellini Francesco, Maria Teresa e Michele Monti, al piccolissimo Giovan Giuseppe Scotto Di Minico di appena 22 giorni e ai suoi genitori, Maurizio e Giovanna Mazzella. In queste ore i Vigili del fuoco, il personale della Protezione civile e ogni uomo disponibile delle Forze di polizia e tanti, tantissimi volontari stanno scavando, anche a mani nude, alla ricerca di quattro dispersi, Gianluca Monti e Valentina Castagna, genitori dei tre fratellini, Salvatore Impagliazzo e Mariateresa Arcamone. A loro, a questi invisibili angeli del fango, rivolgo un commosso e sentito ringraziamento. Il silenzio, dicevo, che non significa arrendevolezza alle fatalità oppure incapacità di reazione, ma la consapevolezza che non è questo il momento di appiccare il fuoco delle polemiche e di trasformare un lutto in un campo di battaglia politica. Non è questo il momento delle accuse, delle recriminazioni e dei processi sommari per la caccia al colpevole di turno, tanto più in considerazione dei molteplici livelli di responsabilità che si intrecciano e si sovrappongono in una tragedia di queste dimensioni. Ma questo può essere e deve essere il momento della chiarezza e delle soluzioni. Tanti, troppi errori hanno concorso alla sciagura di sabato scorso; errori di sottovalutazione, di superficialità, errori di lettura dei fenomeni. Appena tredici anni fa, un'analoga alluvione, sempre a Casamicciola, spezzò la vita della giovanissima Anna De Felice di 15 anni appena. Da allora ad oggi poco è cambiato, la storia non ci insegna niente evidentemente. La domanda che dobbiamo porci è cosa è stato fatto affinché Ischia fosse messa in sicurezza in questo lasso di tempo. Esistono dei progetti già finanziati che sarebbero serviti a tenere puliti gli alvei e a mitigare i rischi provenienti dall'area montuosa da cui si sono staccate le pareti di roccia poi precipitate a valle insieme ai torrenti di pioggia, ma questi progetti non sono mai stati attuati, arenati nei ping-pong burocratici e istituzionali.

Altra domanda strettamente connessa alla prima è cosa dobbiamo fare ora, subito. In primo luogo, nell'immediato è occorso perimetrare le zone più vulnerabili per mettere in sicurezza le famiglie che non possono rientrare nelle proprie abitazioni. Occorre garantire, come già si sta facendo, per un periodo non breve, una soluzione abitativa agli sfollati; nel contempo, dovrà completarsi l'opera di rimozione di fango e detriti dalle strade per un graduale ritorno alla normalità, ma, intendiamoci, dopo una tragedia di queste proporzioni la normalità non esiste come prima.

Ringraziamo la sollecitudine del Governo, che ha agito nell'immediatezza per far fronte all'emergenza, ma dopo questa prima fase si deve fare un programma serio di interventi secondo un ordine di priorità dato dalle situazioni più a rischio. Occorre costituire un fondo straordinario con risorse PNRR, fondi europei, fondi sviluppo e coesione, definito d'intesa tra lo Stato e la regione per quanto riferito alle risorse di rispettiva competenza. I nuovi fondi europei si possono utilizzare non solo per finanziare nuove opere, ma anche per la manutenzione volta alla messa in sicurezza di corpi idrici, costoni in frana e di ogni opera connessa a tale finalità. Occorre porre anche fine però alla babele di competenze con la proliferazione di ruoli in capo ad una miriade di soggetti. La semplificazione delle procedure di intervento è un imperativo ineludibile. Non si può affrontare una situazione straordinaria con le farraginose norme che non funzionano neanche per l'ordinario. La messa in sicurezza del territorio del nostro Paese deve diventare un'opera strategica come una missione permanente di Protezione civile, e, come si è fatto con il testo unico di Protezione civile, che ha raccolto in un unico corpo normativo tutte le disposizioni che erano sparse in tanti testi disparati, occorre fare altrettanto per la difesa del suolo. Un testo unico snello, chiaro, che definisca in modo preciso la classificazione delle diverse tipologie di rischio, la definizione dei ruoli spettanti a ciascuna amministrazione statale, regionale e locale, la normativa applicabile, anche derogatoria, in materia di autorizzazioni ambientali, paesaggistiche e di affidamento dei contratti pubblici.

Oltre ai piani di vincolo, che dicono quello che si può e non si può fare, occorrono piani pluriennali attuativi con risorse certe e responsabilità definite, compresa la previsione di poteri sostitutivi in caso di ritardi ed inadempienze. Ho detto all'inizio che il dolore impone rispetto. Il rispetto è quello che dobbiamo alla memoria delle vittime e alle loro famiglie per tutelarle da questa foschia di accuse velate e censure che si rincorrono nel dibattito pubblico sul condono e sulle misure di pianificazione urbanistica del territorio. Ma è sempre troppo facile giudicare senza conoscere. Per inciso, nel PAI, il Piano di Assetto Idrogeologico, l'area urbanizzata su cui vi sono stati gli effetti peggiori della frana ricade in zona bianca, quindi non ad elevato rischio, e cioè senza ostacoli da un punto di vista urbanistico. So per esperienza diretta quali sono le difficoltà e le scelte anche dolorose che derivano dall'essere a capo di un'amministrazione comunale e so che cosa significa essere il terminale finale della filiera istituzionale su cui si scaricano le criticità, le aspettative e i bisogni di un'intera comunità. La normativa urbanistica è un tema fin troppo complesso e impattante sulla vita dei cittadini e quindi sul futuro del nostro Paese, per essere ridotta a una visione manichea della realtà, ancor più all'indomani di un dramma che pretende, per essere affrontato, saggezza e decisionismo, e non sterili enunciazioni di principio o regolamenti di conti ideologici.

Arriverà poi certamente l'ora della ricerca della responsabilità e della giustizia; chi ha sbagliato sarà chiamato a rispondere delle sue responsabilità nei luoghi deputati all'accertamento delle responsabilità, ma non è questo ora il nostro compito e non deve essere questo il nostro obiettivo. Noi abbiamo un solo inderogabile obbligo: garantire la sicurezza dei residenti di Ischia attivando tutti gli strumenti a nostra disposizione, da quelli nazionali a quelli europei, fino ai regionali, e impedire che questa tragica circostanza cada nell'oblio, perché un Paese senza memoria è un Paese dal futuro incerto (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, eccezionali precipitazioni innescano una tragica frana, una biblica colata di pietre e di fango distrugge case e uccide gli abitanti che trova sul suo percorso. Otto morti, di cui la metà giovanissime vittime, quattro dispersi, centinaia di sfollati. Innanzitutto mi unisco, a nome del gruppo Noi Moderati, alle espressioni di cordoglio nei confronti delle vittime, dei loro familiari e di tutta la comunità ischitana. Comunità ischitana che si è raccolta a lavorare a testa bassa mentre piangeva le sue vittime, non solo quelle morte, ma anche le vittime di questa tragedia che sono rimaste in vita. Mi unisco, però, anche ai ringraziamenti formulati in questi giorni a livello istituzionale nei confronti dei soccorritori, che ancora una volta hanno mostrato il lato migliore dell'Italia.

Di fronte a eventi drammatici come quello del quale ci troviamo oggi a parlare in quest'Aula vi sono due reazioni. Sono due reazioni di segno opposto, entrambe sbagliate se assunte in termini assoluti: quella fatalista, per la quale, al cospetto di catastrofi naturali, nulla può l'opera dell'uomo, e quella determinista, che ritiene che l'opera dell'uomo tutto possa. Il rischio idrogeologico fa parte della storia dell'isola di Ischia. Certamente i mutamenti climatici hanno la loro incidenza, ma la vulnerabilità di quella terra è storia antica. Questo non significa, tuttavia, che possano essere derubricati a variabili irrilevanti fenomeni di sviluppo urbanistico dissennato e l'assenza di interventi adeguati di manutenzione e messa in sicurezza del territorio.

Quello al quale abbiamo assistito in questi giorni è purtroppo l'ennesimo disastro annunciato che il nostro Paese, e la Campania in primis, continuano ad enumerare. Come detto e cercando sempre di rifuggire la tentazione del semplicismo che tanto male ha fatto alla nostra politica, le cause vanno ricercate in un concorso di fattori. Fra questi pesano l'eccezionalità degli eventi meteorologici degli ultimi anni, la conformazione orografica e idrografica dell'isola, la sua sismicità, ma pesa ovviamente anche l'abusivismo, in particolare quando sfrutta il territorio ignorando anche le più basilari norme di sicurezza. Il problema, quello vero, è che non si tratta di fattori ignoti: sono situazioni più che conosciute, situazioni che avrebbero dovuto imporre alle istituzioni tutte e, in particolare, al commissario regionale al dissesto idrogeologico, di lanciare un allarme efficace e mettere in atto adeguati interventi prima che l'ennesima tragedia portasse via altre vite umane. Prevenzione, dunque, tenendo presente che la definizione di pericolo è data dalle condizioni naturali del terreno, ma la definizione di rischio è data dalla presenza umana. La Campania, non solo Ischia, è classificata dall'ISPRA come una fra le regioni a più alto rischio di fenomeni franosi, alluvionali e corrosione delle coste.

Ringraziamo il Governo per la tempestività con cui è intervenuto per far fronte a questa ennesima emergenza annunciata. Riteniamo che sia giunto il momento, proprio nel rispetto di chi ha perso la vita in questa tragedia, dei dispersi, dei familiari, degli sfollati e anche di coloro che si stanno adoperando strenuamente nei soccorsi, di aprire una riflessione su una radicale modifica del sistema di messa in sicurezza del territorio, guardando al modello dell'unità di missione sul dissesto idrogeologico. Noi siamo il Governo dei fatti e dell'azione e in un momento del genere agire non è mai troppo presto (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carfagna. Ne ha facoltà.

MARIA ROSARIA CARFAGNA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Colleghi, fa davvero male al cuore alzarsi oggi in quest'Aula per rendere omaggio alle vite spezzate dalla tragedia di Ischia. Fa male al cuore anche perché molte di quelle vittime erano bambini: il più piccolo, Giovan Giuseppe, aveva solo tre settimane; e poi Maria Teresa, sei anni; Francesco, 11 anni; Michele, 15 anni. Tutti hanno perso la vita insieme alle loro mamme e ai loro papà.

Oggi abbiamo il dovere del ricordo, della solidarietà alle famiglie, del sostegno agli uomini dello Stato e ai volontari che da giorni si prodigano per spalare il fango e aiutare i superstiti. Ci offrono una prova di dedizione che l'Italia ha sempre visto dopo le grandi catastrofi ma che ogni volta ci riempie di orgoglio e allo stesso tempo di commozione. Oggi è il giorno del ricordo, dicevo, ma da domani dovremo farci carico del dovere politico di trarre una lezione da questa vicenda ed è un dovere che credo riguardi tutti, nessuno escluso. Non possiamo più permetterci di gestire il nostro territorio come abbiamo fatto per un lungo tratto della nostra storia. Qui non interessa il rimpallo delle responsabilità recenti e antiche e la lite su chi doveva fare e non ha fatto. Ci penserà la magistratura che ha già aperto un'inchiesta e ha gli strumenti per darci risposte trasparenti e, speriamo, anche rapide. Qui deve interessarci un altro tipo di analisi e un altro tipo di impegno conseguente: dobbiamo condividere un dato di evidenza molto semplice, cioè che la natura è cambiata. Il riscaldamento globale e gli eventi estremi che si determinano - oltre cento negli ultimi sei mesi - impongono una visione diversa delle responsabilità delle istituzioni e della politica, così come impongono ai cittadini una nuova consapevolezza del pericolo. L'Italia è un Paese complessivamente fragile, ma alcune aree lo sono più di altre. In alcune aree la fragilità è diventata un pericolo incombente e quotidiano e in queste aree il rischio idrogeologico è una roulette russa a cui sono esposte le vite di decine di migliaia di persone. Ischia è una di queste aree. La sua tragedia, la tragedia dei suoi bambini e delle sue famiglie, ci mette davanti a un dato di fatto innegabile: la manutenzione dei territori italiani a maggior rischio deve diventare priorità a livello nazionale, regionale e locale, perché è inutile parlare di sicurezza in relazione alla criminalità, all'immigrazione o ad altro, se poi non riusciamo a garantire la sicurezza minima alle famiglie e ai bambini nel caso non infrequente di un grande temporale. Allora, da questa terribile vicenda noi possiamo uscirne in due modi: il primo è il disfattismo di chi dice che non cambierà mai nulla; il secondo è uno scatto di orgoglio e soprattutto uno scatto di responsabilità. Abbiamo davanti ingenti risorse nazionali ed europee da usare per mettere in sicurezza, per rammendare i nostri territori.

Abbiamo geologi, ingegneri e progettisti che si fanno onore in tutto il mondo nel recupero di aree degradate. Abbiamo una tradizione millenaria nella gestione di grandi opere: fin dall'Impero romano deviamo fiumi, bonifichiamo paludi, costruiamo città sull'acqua, risolvendo con successo problemi mai affrontati prima. Abbiamo, poi, fame di lavoro soprattutto al Sud, dove ogni cantiere e ogni opera è davvero un soffio di speranza. Usiamo tutto questo, accettiamo la sfida di cambiare le cose dando priorità a quei luoghi, come Ischia, che sono in vetta alle classifiche del rischio. La nostra strada, la strada di Azione-Italia Viva, è ovviamente la seconda strada e siamo disponibili a collaborare con chiunque intenda percorrerla con serietà, velocità, responsabilità e impegno. È questo, esercitare al meglio le nostre responsabilità, il modo migliore per rendere omaggio alla memoria delle vittime della tragedia di Ischia (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borrelli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Grazie, Presidente. Su Il Mattino di oggi, il quotidiano della Campania, di Napoli e provincia, c'era un articolo molto interessante. In questo articolo si parlava del fatto che nel comune di Casamicciola, un comune con 7 mila abitanti, ci sono quattro commissari. Sì, un comune con quattro commissari: uno per la depurazione, uno per la ricostruzione, perché non dimentichiamo che Casamicciola, purtroppo, è stata investita recentemente da un terremoto, lo stesso terremoto avvenuto nello stesso posto di cui narra un grande italiano, Benedetto Croce, la cui famiglia fu sterminata in quell'occasione e che raccontò quello che era successo; poi, un commissario per l'emergenza idrogeologica; inoltre, un commissario prefettizio, perché il comune è sciolto in quanto è stato sfiduciato dalla maggioranza del consiglio comunale. Dunque, un comune con 7 mila abitanti con quattro commissari! Quattro commissari che rappresentano noi: rappresentano lo Stato centrale.

Potrei da ambientalista, da persona che ha sempre fatto battaglie, con il nostro movimento politico, sull'abusivismo dire di tutto. Invece, in questo momento la nostra è una proposta ed è una proposta concreta, immediata. Ho sentito tutti i colleghi dell'Aula dire: “Muoviamoci sul dissesto idrogeologico” che è la più grande opera pubblica da fare urgentemente nel nostro Paese, cioè mettere in sicurezza il nostro Paese. Quindi, non soltanto Ischia ma lungo tutta la dorsale appenninica, fino alla Sicilia, c'è un territorio a rischio. È un territorio che è stato molto spesso depauperato di una risorsa fondamentale, del verde, che è stato cementificato, che è stato abbandonato (ci sono varie motivazioni).

Ebbene, se questo Governo invece di mettere circa 2 miliardi di euro del PNRR deciderà di investire molti altri miliardi - non i 6 previsti già sui comuni, perché là è prevista anche l'illuminazione pubblica e sono soldi che già i comuni devono investire in altro modo - si potrebbe fare una cosa che credo che quest'Aula invochi, cioè chiedere un intervento come priorità seguendo, però, una linea, che è quella dei tecnici e degli esperti. C'è una mappatura, ci sono mappature dei geologi che ci dicono quali sono le priorità e dove intervenire subito ed è lì che possiamo fare un grande lavoro. Ritroviamo l'unità in una vicenda così drammatica per gli ischitani e per tutti gli italiani perché, purtroppo, la tragedia di Ischia non è isolata: c'è stata quella di Genova, le Marche e tante altre realtà che ci hanno fatto piangere nella gran parte dei casi perché eravamo impreparati o perché sbagliando abbiamo sfidato la natura. Infine, Presidente, la voglio ringraziare, perché lei ha parlato dicendo che ci sono i cambiamenti climatici in atto. Mi fa molto piacere, perché ci sono alcuni esponenti di questa maggioranza che in passato hanno detto che non c'erano i cambiamenti climatici. Prenderne atto significa fare qualcosa di concreto nel nostro piccolo e nel nostro Paese per salvare tante vite in futuro (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cangiano. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

GEROLAMO CANGIANO (FDI). Grazie, Presidente. Parlare della tragedia che ha colpito Casamicciola e Ischia nello stesso frangente in cui centinaia di volontari, uomini dei Vigili del fuoco e delle Forze dell'ordine scavano ancora nel fango per cercare i dispersi, non è una cosa semplice, non lo è per nessuno, lo è ancora di meno per me che sono anche territorialmente legato a quei luoghi. Prima di entrare, per quanto possibile, nel merito della vicenda, sento forte il desiderio di esprimere vicinanza alle famiglie delle vittime e alle comunità colpite e di rivolgere un doveroso ringraziamento a chi da giorni lavora senza sosta per alleviare il dolore, i disagi e le sofferenze dei cittadini che hanno perso tutto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Si è gran parlato, in queste ore, di chi debba rispondere delle responsabilità di una tragedia che per certi versi è stata annunciata. È il gioco delle parti, c'è chi attacca, chi difende, chi punta il dito, ma ancora una volta non è questo il momento di cercare e trovare chi è più colpevole di altri, questo è il momento di iniziare una profonda riflessione e questo è il luogo in cui questa riflessione deve poi poter scaturire in una concreta linee d'azione che possa contribuire ad evitare il ripetersi di episodi drammatici come quelli che piangiamo oggi. Ischia, infatti, così come tante altre realtà d'Italia, paga oggi le conseguenze di una politica che per troppo tempo non ha tenuto nella giusta considerazione il rispetto del territorio ed il mantenimento di quell'equilibrio idrogeologico che, invece, è fondamentale in territori che vivono una particolare conformazione morfologica. La corsa alla cementificazione massiccia, che spesso non si è fatta carico di vincoli ambientali e paesaggistici, oggi fa i conti con un radicale cambiamento del fattore climatico e con i cambiamenti climatici i conti li dobbiamo fare anche noi, pertanto ben venga quanto annunciato dal Presidente del Consiglio sulla volontà di predisporre in tempi brevi il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Anzi, colgo l'occasione per ribadire il nostro pieno sostegno a tutto quanto verrà predisposto nei prossimi mesi per mettere su una concreta linea di azione volta a contrastare l'abusivismo edilizio e per accompagnare le istituzioni locali verso una politica più accorta e sensibile (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Consentitemi di ringraziare il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e l'Esecutivo per la celerità e la tempestività con cui hanno dichiarato e affrontato lo stato di emergenza, stanziando immediatamente 2 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), utilizzati per i primi interventi urgenti di soccorso e assistenza alla popolazione. Ovviamente, non basta questo, bisogna anche fornire agli enti locali le risorse in termini sia economici sia di personale dedicato, per consentire ai comuni di attuare le giuste politiche ambientali e per poterne poi essere responsabili in virtù delle deliberazioni assunte.

Episodi drammatici come quello di Ischia non sono più purtroppo casi sporadici. La Sicilia, le Marche, il Piemonte, la lista è tristemente lunga e con questa emergenza di dissesto idrogeologico bisogna rapportarsi nel modo in cui ciascuno per la propria parte è chiamato a posizioni di Governo. C'è bisogno di comprendere quanto mutato sia il rapporto tra uomo, clima e ambiente e questo lo si fa soltanto attraverso un radicale cambiamento dell'approccio culturale da parte di ognuno di noi, affinché si faccia strada la convinzione che il vero potenziale dei nostri territori è investire in cura e prevenzione. Solo così potremo non dover più piangere un pezzo d'Italia e al contempo consegnare a chi verrà dopo di noi un Paese più sicuro. Lo dobbiamo a Maria Teresa che avrà per sempre sei anni ed il suo peluche da abbracciare, lo dobbiamo al piccolissimo Giovan Giuseppe che il mare di fango ha portato via a solo 22 giorni e con una vita da scrivere. È un dovere morale costruire per i nostri figli un futuro anche in nome di chi non potrà più costruirlo da solo, perché questa insensata tragedia possa alla fine trovare un senso nella misura in cui noi finalmente non dimenticheremo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ascani. Ne ha facoltà.

ANNA ASCANI (PD-IDP). Presidente, care colleghe, cari colleghi, vorrei rinnovare, anche a nome del gruppo del Partito Democratico, il cordoglio per le vittime della tragedia di Ischia, un pensiero e una preghiera per le famiglie e per una comunità ferita e provata da tanto dolore. La nostra vicinanza si unisce al ringraziamento ai soccorritori, alla Protezione civile, ai Vigili del fuoco, alla straordinaria generosità dei volontari e a tutte le istituzioni da subito impegnate a salvare altre vite in pericolo, a sostenere i superstiti, a raccogliere timori e preoccupazioni di chi guardava con angoscia l'area coinvolta.

Non è facile oggi parlare di chi ha perso la vita ad Ischia nelle prime ore di sabato, giovani vite, troppo giovani per non colpire i nostri pensieri, soprattutto in un'area del Paese dove non sempre i giovani riescono a trovare un futuro, ma chi resta ama la propria terra, la propria isola, Ischia, appunto, isola, come dice l'origine del nome, amata fin dall'antichità per la sua unicità, per il clima, per le sue acque che sono insieme ricchezza e fonte di pericolo, una terra che ha accolto da sempre popoli e genti diverse, che poi sono divenuti comunità, una comunità forte e coraggiosa, come ha dimostrato mettendosi al servizio degli altri e accogliendo chi ha visto distruggere la propria casa, la scuola, il luogo di lavoro. Perché la frana di Casamicciola non ha distrutto soltanto vite e fabbricati, ha provato a cancellare la storia e il futuro, quello che noi dobbiamo restituire agli abitanti per onorare chi oggi non c'è più.

Quello che è successo ad Ischia ci ricorda, ancora una volta, che l'Italia è un Paese fragile, esposto al rischio idrogeologico, segnato dal consumo di suolo e dall'abusivismo edilizio, ma anche che la crisi climatica già oggi impatta in maniera drammatica sulle nostre vite, provocando danni, morti e distruzioni. Il Governo ha giustamente dichiarato lo stato di emergenza e si è impegnato a intervenire con alcune prime risorse per aiutare la popolazione di Ischia. Dall'opposizione verificheremo e sosterremo scelte che vanno in quella direzione, ma incalzeremo il Governo a fare tutto ciò che serve per Ischia e per gli altri territori colpiti da calamità, da ultimo, le Marche.

Chiediamo di agire per rafforzare la prevenzione del dissesto idrogeologico e per destinare alla lotta ai cambiamenti climatici e alla cura del territorio le risorse necessarie, evitando di indirizzarle a investimenti inutili o peggio dannosi. Diamo subito un segnale chiaro e unitario, destiniamo tutte le risorse a disposizione del Parlamento per la conversione della legge di bilancio al contrasto al dissesto idrogeologico, evitando di disperderle in mille rivoli. Poi, vigileremo, perché non siano più promossi, sotto qualsiasi forma o dicitura, condoni di alcun genere. Il condono su Ischia del 2018 fu una scelta sbagliata e dannosa. In Parlamento, come Partito Democratico, insieme alle altre opposizioni di centrosinistra e alle tante voci dell'ambientalismo, contrastammo duramente quella norma che niente aveva a che fare con il decreto Genova. Ma questo Paese ha visto in passato altre pagine buie, altri condoni, ecco perché è preoccupante che solo a pochi giorni dalla tragedia di Ischia si torni a parlare di abusivismo leggero, come se ci fosse un abusivismo che possa ferire meno il territorio, le persone, le vite.

Questo, però, Presidente, non è il tempo delle polemiche, ma della fermezza e della chiarezza, sì, del dire quello che non si può fare e quello che si deve fare insieme. No a nuovi condoni, no a sentenze mediatiche contro i sindaci; sì, invece, a strumenti e risorse che consentano ad amministratori e prefetti di fare gli abbattimenti degli immobili abusivi. Serve uno sforzo immediato per rafforzare la cultura della prevenzione, per dotare tutti i comuni di piani di emergenza e di Protezione civile. Serve l'impegno a far diventare le opere contro il dissesto le uniche vere opere di preminente interesse nazionale, a rafforzare le strutture tecniche e amministrative di regioni, comuni e Autorità di distretto, serve attuare il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, approvare finalmente una legge nazionale per fermare il consumo dissennato di suolo che è tornato a crescere e che aggrava la fragilità del nostro territorio.

Queste sono le uniche promesse che vanno mantenute davvero e il modo in cui, come Partito Democratico, intendiamo onorare le vittime e la comunità ferita di Ischia, perché le parole che oggi pronunciamo in quest'Aula non siano vuote, ma cariche di impegno e responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Candiani. Ne ha facoltà.

STEFANO CANDIANI (LEGA). Grazie, Presidente. Non è mai facile approcciare questi temi, soprattutto quando ci si trova di fronte anche a tempi molto stretti rispetto a quando questi avvengono. Oggi è un giorno di cordoglio, è un giorno nel quale tutti i gruppi parlamentari si stringono simbolicamente, insieme a tutta l'Aula, accanto ai cittadini di Ischia, perché tutti noi abbiamo delle responsabilità.

Certamente questo è un intervento che non vuole entrare in aspetti tecnici - ci sarà domani l'informativa del Governo e avremo modo, domani, anche di definire le azioni che occorrono -, però è un momento di consapevolezza: è un momento di consapevolezza rispetto alle vittime e alle loro famiglie, a cui ci stringiamo in forte cordoglio, è un momento di consapevolezza nei confronti della comunità di Ischia e delle altre comunità che nel nostro Paese, nel tempo, abbiamo commemorato in queste Aule parlamentari su situazioni simili, sempre con il desiderio di dire “questa sarà l'ultima volta, non vogliamo che accada più” - e guai se volessimo al contrario -, ma sempre ogni volta trovandoci a dovere commemorare o a parlare di errori compiuti, rinnovati nel tempo, da persone differenti o in situazioni differenti, ma sempre con la medesima matrice.

Presidente, noi oggi desideriamo esprimere la nostra vicinanza anche ai soccorritori, a coloro che si sono impegnati in quelle ore e che stanno ancora lavorando sul teatro della disgrazia, agli operatori di Protezione civile, ai vigili del fuoco, ai tanti volontari, in questo trovando quello spirito di generosità e di comunità che sempre vogliamo applaudire e che sempre vogliamo mettere ad esempio, soprattutto per chi fa politica. Noi dobbiamo ricordarci che il nostro impegno deve essere sempre a favore degli altri e di comunità che sono in difficoltà. E dobbiamo dare loro, però, anche una visione del futuro, dando la certezza che quello che è stato trascurato nel tempo - ed è stato accennato anche negli interventi che mi hanno preceduto -, lo è stato senza che interventi già definiti, già stanziati andassero a risolvere, a mitigare situazioni ataviche di dissesto idrogeologico e di fragilità del nostro territorio.

Occorrono risposte molto concrete, occorrono risposte molto reali, domani lo approfondiremo nell'informativa che il Governo terrà; nel frattempo, però, dobbiamo essere tutti consapevoli che bisogna dare supporto - e siamo sicuri che il Governo non mancherà, dal primo fino all'ultimo minuto, quando ce ne sarà bisogno - alle famiglie, agli sfollati, ai tanti che si trovano coinvolti anche indirettamente in questa situazione. A tutti loro e a costoro diamo il massimo abbraccio, il massimo supporto e, naturalmente, la vicinanza del gruppo della Lega della Camera dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santillo. Ne ha facoltà.

AGOSTINO SANTILLO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, nell'unirci al cordoglio per i familiari, per gli amici che hanno perso un affetto ad Ischia e, quindi, nella commemorazione di chi ha perso una vita di Ischia, esprimo la nostra vicinanza a chi ad Ischia, a Casamicciola, oltre ad aver perso un amico, ha una casa distrutta - c'è chi ha visto distrutta una quotidianità - e la nostra solidarietà, il nostro ringraziamento ai soccorritori, a tutti coloro che hanno contribuito alle attività di salvataggio delle persone, a chi, ancora oggi, sta cercando i dispersi, a chi si è attivato, sin da subito, per poter mettere in sicurezza il territorio.

Però, oggi noi siamo chiamati qui a non sottrarci alla nostra responsabilità, la nostra responsabilità è quella di dire la verità agli abitanti di Ischia, agli abitanti della Campania, a tutti gli italiani. La verità è che noi non possiamo dire che cose del genere non accadranno più: la verità che noi dobbiamo dire è che, quando si verificano eventi di calamità naturale di questa intensità, la natura deve potersi riappropriare dei propri spazi. Questa è la verità.

La verità è che l'Italia è un Paese fragile idrogeologicamente, questo lo sappiamo tutti. In questo periodo di silenzio, quello che dovremmo fare è meditare affinché tutti assieme possiamo indicare la priorità assoluta per il Paese, che è quella della difesa del suolo, però dobbiamo farlo liberi da qualsiasi tipo di proclama che ci dica “lo facciamo immediatamente, da domani i problemi sono risolti”. Accade ogni volta che c'è un terremoto, si dice che non deve accadere più e, invece, riaccade. Il problema riaccade ogni volta, perché la verità è che i dissesti come quelli che si sono verificati ad Ischia sono di diverso tipo. Noi parliamo di alluvioni, parliamo di frane, parliamo di crolli, parliamo di colate rapide di fango, che sono fenomeni che si vanno a sommare ai rischi da erosione costiera, ai rischi da desertificazione, al rischio vulcanico, per non parlare del peggiore di tutti i rischi, quello che miete più vittime e fa più disastri, ovvero il terremoto.

Allora noi cosa possiamo fare? Dobbiamo cercare di fare un coordinamento tra tutti i soggetti che sono interessati dalla pianificazione territoriale: penso alle Autorità di distretto idrografico, penso alle Autorità di bacino, alle regioni, agli enti competenti nel settore della difesa del suolo in Italia. E, una volta fatta la pianificazione, va fatta una reale programmazione di interventi nel tempo: 10 anni, 15 anni, quello che serve, ma con delle risorse chiare. Noi dobbiamo assicurare risorse alla programmazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, a partire dal completamento della carta geologica del nostro Paese, perché, colleghi, se c'è un modo per poter dire che tragedie come quelle di Ischia oggi, ma come quelle che ci sono state nel passato, di Sarno, del Vajont, del torrente Bisagno a Genova o di Soverato, non provochino più vittime, è proprio questo, è la prevenzione e conoscere bene e in profondità il nostro territorio. Con me e con tutta la comunità del MoVimento 5 Stelle, il nostro cuore è a Casamicciola (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI (ore 16,50)

Seguito della discussione delle mozioni Richetti ed altri n. 1-00021, De Luca ed altri n. 1-00027 e Scerra ed altri n. 1-00029 concernenti iniziative per la ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Richetti ed altri n. 1-00021, De Luca ed altri n. 1-00027 e Scerra ed altri n. 1-00029 concernenti iniziative per la ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES).

Ricordo che, nella seduta di martedì 29 novembre 2022, si è svolta la discussione sulle linee generali.

Avverto che, in data odierna, è stata presentata la mozione Foti, Molinari, Cattaneo, Lupi ed altri n. 1-00034 (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

LUCIA ALBANO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Sulle mozioni Richetti ed altri n. 1-00021, De Luca ed altri n. 1-00027 e Scerra ed altri n. 1-00029 il parere è contrario, mentre sulla mozione Foti, Molinari, Cattaneo, Lupi ed altri n. 1-00034 il parere è favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Solo per lasciare agli atti il dispiacere di +Europa per la posizione del Governo e il voto a favore sulle mozioni che chiedono in modo esplicito la ratifica del Trattato che ha modificato il MES. Il MES è diventato una sorta di totem o di tabù, non si discute nel merito. Io penso, sono tra quelli che pensano che bene avrebbe fatto l'Italia, e probabilmente ancora farebbe, ad accedere ai finanziamenti del MES sanitario, che sono notoriamente senza altra condizione che non quella di usare i fondi avuti per spese sanitarie dirette o indirette. Ma è bene che l'Italia proceda alla ratifica del MES senza aspettare l'oracolo della Corte di Karlsruhe, perché è nell'interesse dell'Italia che il MES esista, è nell'interesse dell'Italia che sia completata la ratifica, anche nell'interesse della stabilità del sistema bancario italiano e delle prospettive di poter affrontare eventuali ulteriori crisi avendo una rete di protezione spalle. È interesse dell'Italia non essere l'ultima a ratificare, lo dico alla signora sottosegretaria, perché l'Italia, a differenza della Germania, è un Paese a cui, essendo così fortemente indebitato, potrebbe servire avere meccanismi europei di stabilità e, in particolare, il Meccanismo europeo di stabilità. Non siamo la Germania, siamo tra i Paesi più indebitati tra i grandi Paesi. In particolare, siamo il Paese più indebitato e siamo quindi quelli che dovrebbero essere proattivi nella ratifica della riforma del MES, perché la Germania non ne avrà comunque bisogno, almeno nell'orizzonte che abbiamo davanti. Mi auguro che l'Italia non ne abbia bisogno, ma potrebbe essere il Paese o un Paese a cui i prestiti del MES potrebbero servire e per il quale tali fondi potrebbero essere decisivi.

Quindi, noi siamo convinti che si debba andare speditamente verso un impegno che l'Italia ha preso, l'ha preso il Governo; noi non dobbiamo aspettare niente, tanto meno le decisioni di una Corte suprema di un altro Paese; è nell'interesse dell'Italia, andiamo avanti, ratifichiamolo, superiamo ostacoli ideologici, superiamo l'irrazionalità di chi ha fatto del MES un tabù, andiamo avanti e, questo sì - uso questo linguaggio - è nell'interesse della Nazione, che la modifica del MEF venga ratificata presto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Saverio Romano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la nostra posizione sulla ratifica del Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità, in linea con la posizione del Governo di cui facciamo parte, si fonda soprattutto su due motivazioni.

La prima riguarda i criteri di concessione dei prestiti agli Stati in difficoltà che si decide in due modalità: la prima è chiamata linea di credito condizionata precauzionale e vi possono accedere gli Stati che presentino i requisiti definiti dall'allegato 3 del testo riformato, ovvero non essere in procedura di infrazione, vantare un deficit inferiore al 3 per cento da almeno due anni, avere un rapporto debito-PIL sotto il 60 per cento; la seconda modalità è chiamata linea di credito a condizionalità rafforzata, essa impone l'adozione di un programma di riforme e prevede la possibilità di una procedura che contempli una ristrutturazione del debito tramite riduzione del valore nominale o rimodulazione delle scadenze dei nostri titoli di Stato, una prospettiva assai rischiosa per il nostro Paese. Le condizioni stabilite dal testo comportano che l'Italia potrebbe accedere ai prestiti del MES nella modalità a condizionalità rafforzata, sottoponendo così l'Italia a vincoli molto stringenti, che riteniamo opportuno evitare.

La seconda motivazione riguarda il modello di governance di questo strumento. La riforma potenzia il ruolo di indirizzo di intervento e controllo del Direttore generale del Fondo, un aspetto che evidenzia come il MES continuerà ad essere uno strumento intergovernativo e non gestito a livello comunitario, né sottoposto al controllo del Parlamento europeo. La decisione di sottrarre lo strumento al controllo delle istituzioni europee lo rende uno strumento che non risponde a quello spirito comunitario e oserei dire rappresentativo a cui il nostro gruppo si è sempre richiamato.

Pertanto concludo ribadendo che la posizione del nostro gruppo parlamentare, come quello della maggioranza è di non procedere alla ratifica del Meccanismo europeo di stabilità (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marco Grimaldi. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. La riforma del MEF, come hanno detto diversi colleghi, pare, purtroppo come l'extrema ratio di una ristrutturazione del debito; nella migliore delle ipotesi, di un commissariamento dei conti italiani, perché, con questa revisione, gli interessi delle nostre imprese esportatrici sarebbero di fatto allineati a quelli delle imprese esportatrici tedesche.

Come è noto, l'idea del MES nasce appunto da quel biennio di piena crisi del debito sovrano, in cui alcuni Paesi si trovarono sull'orlo del tracollo finanziario, senza poter contare sugli altri in base all'articolo 123 dei Trattati, che vieta agli Stati membri appunto di salvare Paesi in difficoltà, onde appunto evitare che gli Stati membri siano incentivati a indebitarsi grazie al moral hazard per cui altri Paesi li soccorreranno.

Insomma, la crisi aggredisce l'economia reale e così si istituisce quel Fondo temporaneo, il Fondo appunto di stabilità finanziaria e, successivamente, nel 2012, il Fondo permanente MES, mediante quel Trattato intergovernativo al di fuori del quadro giuridico dell'Unione europea, dotato del capitale costitutivo da un valore di titoli emessi sui mercati finanziari pari a 700 miliardi di euro.

La sua funzione fondamentale è concedere, sotto precise condizioni, assistenza finanziaria ai Paesi membri che, pur avendo un debito pubblico sostenibile, si trovano temporaneamente in difficoltà nel finanziarsi sul mercato. Se il MES può apparire uno strumento utile per affrontare la crisi, in grado di prestare denaro a chi non riesce più a ricevere prestiti, fin dalla sua nascita, nel 2012, le condizioni e le riforme imposte ai Paesi per ricevere aiuto sono state davvero troppo severe. Chi riceve i prestiti è obbligato ad approvare un memorandum di intesa, quei famosi MoU di cui abbiamo sentito spesso parlare, un piano definito di misure da prendere in termini di tagli al deficit al debito e di riforme strutturali. Insomma, il MES opera in stretto coordinamento con la Commissione europea, la BCE e l'FMI e ricordiamo bene che la cosiddetta trojka è intervenuta in svariati contesti con atteggiamenti tutt'altro che generosi.

Nel 2018 i Capi di Stato e di Governo si sono accordati per rendere l'organismo uno strumento di stabilità bancaria e finanziaria, consentendogli di intervenire come una sorta di paracadute finanziario in caso di crisi bancaria quando il Fondo di risoluzione da solo non fosse riuscito a farsi carico dell'insolvibilità di un istituto di credito e della sua ristrutturazione.

Per il nostro Paese l'Accordo è stato raggiunto il 30 novembre 2020, solo successivamente sono arrivati i ripensamenti di alcune forze politiche, che non hanno consentito il via libera dell'entrata in vigore di quanto concordato. Mancano all'appello solo l'Italia e la Germania. Ora la parola passa al Parlamento, chiamato a pronunciarsi sulla mozione presentata dal gruppo di Azione-Italia Viva e adesso sento, dalle parole, della maggioranza.

Tuttavia, la riforma del MES appare preoccupante, soprattutto per quanto concerne la seconda parte relativa al salvataggio di interi Paesi; qui si introducono alcune novità sulle fasi da seguire, che partirebbero dal cosiddetto haircut ossia la ristrutturazione del debito del Paese tramite un taglio del valore di stock dei titoli di Stato, che comporterebbe una perdita per i creditori. Il MES interverrebbe, se necessario, solo dopo questa decurtazione. Prima dell'avvio della ristrutturazione del debito si procederebbe a un'analisi, da parte della Commissione, della sostenibilità appunto del debito, legata quindi alla futura capacità del Paese di ripagarlo. Più precisamente, il MES interverrebbe applicando una rigida condizionalità fatta di regole di buon governo, ossia quattro criteri di finanza, cioè non essere sottoposti a procedura per disavanzi eccessivi, un deficit inferiore al 3 per cento, un saldo di bilancio strutturale pari o superiore al valore minimo di riferimento, un rapporto tra debito e PIL inferiore al 60 per cento o, comunque, la riduzione di un ventesimo annuo della parte eccedente del 60 per cento del PIL. Insomma, tra le condizioni vi è una delle regole più controverse e meno difendibili del cosiddetto fiscal compact, cioè l'ultima. In sostanza, i nuovi strumenti di sostegno finanziario dell'Eurozona si baserebbero su una distinzione fra buoni e cattivi, e non è difficile immaginare dove verrebbe collocata l'Italia. Ciò vuol dire che, in caso di necessità, il sostegno finanziario concesso all'Italia sarebbe subordinato all'accettazione di pesanti condizionalità, che possono anche giungere a una vera e propria ristrutturazione del debito; ecco, in sostanza, la modifica del Trattato per i Paesi in condizioni di finanza pubblica come l'Italia, eliminando la possibilità di sostegno finanziario senza dover ristrutturare il debito pubblico, determina un'enorme rischio di default che si autoavvera: la ristrutturazione del debito pubblico, che sarebbe da scongiurare con ogni mezzo, diventa uno strumento ordinario previsto e disciplinato, con tanto di clausole. Ecco, insomma, si predispone un efficace meccanismo di sostegno finanziario per i Paesi in difficoltà di finanza pubblica per evitare la strutturazione del debito, ma un Paese in difficoltà di finanza pubblica non può accedere al meccanismo finanziario a causa delle condizioni ex ante.

Allora, quale appare essere il senso di policy del rivisionato Trattato? Innalzare la funzione disciplinante dei mercati finanziari, in aiuto alle normative del fiscal compact? È questo il senso? Per quali ragioni bisognerebbe accettare strumenti di sostegno che sembrano pensati per penalizzare maggiormente proprio chi di quel sostegno potrebbe avere maggior bisogno? Ecco, questa è la domanda che facciamo a tutto il Parlamento e riguarda una proposta di riforma concentrata soprattutto sull'eventualità di un rischio sistemico nell'eurozona generato dal default del debito pubblico in uno dei Paesi membri e, quindi, orientata solo a disciplinare ancora di più la politica di bilancio dei Paesi in perfetta continuità con le modifiche apportate dal patto di stabilità del 2012. Insomma, lo Stato italiano spende per interessi quasi il doppio di quanto non spenda per investimenti pubblici. È, quindi, prioritario per noi tornare su un sentiero di rientro del debito pubblico. Ma la riforma del MES non è un meccanismo facilitatore in questo senso, al contrario, gli strumenti di assistenza finanziaria sembrano perfetti per innescare una nuova crisi del debito, perseverando, in tal modo, i gravi errori che abbiamo già visto nel biennio 2011-2012. Per tutto questo la nostra contrarietà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Luigi Marattin. Ne ha facoltà.

LUIGI MARATTIN (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Il MES (Meccanismo europeo di stabilità), sia nella versione che discutiamo oggi, cioè la riforma del Trattato istitutivo, sia per analogia, la linea pandemica creata durante il COVID, ma di cui oggi non discutiamo, non è solo un buono, non fondamentale, ma buono e necessario passo in avanti nel difficile percorso di integrazione europea.

Il MES è anche la vicenda che più e meglio di qualunque altra racchiude in sé che cosa sia stato il populismo in questo Paese. Ne abbiamo viste tante di occasioni, nello scorso decennio; tutto quello che riguardava la politica delle banche è stato un esempio di cosa sia stato il populismo (nel nostro gruppo c'è chi lo sa molto bene e l'ha vissuto sulla propria pelle): quando si è andati su un balcone per abolire la povertà, è stato un buon candidato in questa non edificante gara su quale sia la cosa che, più di tutte, ai posteri dirà che cosa sia stato il populismo cialtrone in questo Paese; oppure quando si era fissato il rapporto deficit-PIL (questa non se la ricordano in tanti) al 2,4 per cento, per quello andarono sul balcone, poi la Commissione europea disse: dove vai? Devi andare al 2. Così fissarono il 2,04, nel tentativo di far credere agli italiani che 2,04 e 2,4, in fondo, fossero, più o meno, la stessa cosa. Nel mio podio ci sono queste tre, non so nel vostro, ma più di tutte, quando chi verrà dopo di noi studierà che cosa è stato il populismo cialtrone in questo Paese, secondo me metterà la storia del MES.

Penso spesso a come sia potuto accadere tutto questo nel mio paese, e quando penso al MES penso a uno dei principali leader italiani dell'epoca – lo è tuttora -, il senatore Matteo Salvini, che, quando si discuteva su questo argomento, la riforma del Trattato istitutivo del MES, faceva interviste sui principali quotidiani italiani e andava nelle principali trasmissioni della rete televisiva pubblica a dire che il MES era una banca privata, non un'organizzazione internazionale con, nel board, i Ministri dell'economia, ma una banca privata. È successo tutto questo.

Non dimenticherò mai (poco fa, in Aula, c'era il Presidente Conte), quando, durante il “Conte 2”, e Italia Viva era nella maggioranza (ce lo siamo dimenticati ma, a volte, bisogna ricordare anche le cose meno edificanti), nelle riunioni venne fuori questo argomento col Ministro dell'Economia, col direttore generale del Tesoro, coi principali funzionari esperti internazionali della materia e due ragazzini, che non sapevano distinguere un bilancio da un forno a microonde, che dichiaravano di essersi formati sulla base dei documentari sui rettiliani, bloccarono, a nome del partito che rappresentavano, la riforma del MES. E' successo, in questo Paese è successo. Allora voi, oggi, signora sottosegretaria o signor sottosegretario - per analogia, immagino, si voglia far chiamare così - avete l'occasione di chiudere quella stagione populista, come state già facendo in questa manovra di bilancio, dove vi siete trasformati in funzionari della trojka: venite qua a parlarci di debito, di sostenibilità, che non si può spendere tanto. Bravi per questo, noi vi diciamo bravi per questo, ma oggi, lei, signor sottosegretario, cambi quel parere, chiami il Ministro Giorgetti, chiami il Presidente Meloni, avete l'occasione di chiudere quella stagione del populismo cialtrone, che ha visto, in questa vicenda del MES, l'essenza della politica, non come attività nobile di cura degli interessi collettivi, ma come campagna pubblicitaria di quarto ordine.

Si fa entrare nella testa degli italiani che una sigla è brutta e si persegue su quella linea, perché ci si si illude che questo porti consenso alla propria parte politica, consenso da spendere nel breve o nel brevissimo periodo.

La riforma del Trattato istitutivo del MES comporta indubbi vantaggi per il processo di integrazione europea e per il nostro Paese che sono sostanzialmente tre. Primo. Si dice: guarda che il MEF entra in gioco non solo quando stanno per saltare i conti pubblici, ma anche quando stanno per saltare le grandi banche, che hanno un fondo di risoluzione unica europeo, ma, se non è abbastanza capiente, se non c'è nessuno che garantisca dietro, ci può essere un attacco speculativo, perché sai che non c'è una rete di sicurezza grande abbastanza per salvare quella banca! E quando si parla di banche, scattano le crisi di panico: la storia insegna, dal 1929 in poi, che le conseguenze possono essere gravi. Qui si dice che il MEF agisce anche da rete di sicurezza su quello. Che c'è di male in tutto questo?

Inoltre, si rende più ordinata la procedura in caso – doloroso - sia necessario ristrutturare il debito. Qui, a quei tempi, lo dicevamo e lo dico al collega che è intervenuto prima di me che ha detto: ma pensa te che dramma, se dobbiamo ristrutturare il debito; è vero è un problema. Se dobbiamo ristrutturare il debito ma, come dicevamo all'epoca, dire quello che ha detto lei o quello che tanti. ogni tanto. Dicono equivale a dire: se mettiamo un defibrillatore accanto ai campi di calcio, aumentiamo la probabilità di infarto. Non è così! Se mettiamo un defibrillatore accanto ogni campo di calcio, siamo in grado di intervenire subito, quando succede un infarto e di salvare la vita di chi ha l'infarto. Allora, la riforma delle procedure di ristrutturazione prevista in questo Trattato non serve a rendere più probabile la ristrutturazione del debito o il fallimento; serve ad evitare che il fallimento di uno Stato, che ha cause diverse, possa andare a travolgere i risparmi dei più deboli. La terza cosa che fa: adesso, se uno firma l'adesione a una linea di credito del MES, deve avere condizionalità pesanti. La riforma dice un'altra cosa, dice: guardate che sono due i casi; il primo è quando stai bene, ma hai paura di finire nei guai - e quella è la linea precauzionale, per cui non devi firmare nessun memorandum, certo, devi dimostrare di star bene, ma ci deve essere qualcosa che sta per farti finire nei guai -, e poi c'è la linea di emergenza, quando, invece, sei veramente nei guai, che è ovvio che ha condizionalità, perché, altrimenti, nessuno darebbe i soldi a uno per continuare a perpetuare i danni che l'hanno portato a fallire.

Per questi motivi 17 Paesi su 19 hanno già ratificato questo accordo. E voi, signor sottosegretario, ma anche il Ministro Giorgetti lo ha ripetuto, ci dite: dobbiamo aspettare la Corte costituzionale tedesca. Io vi invito ad essere più sovranisti. Perché dobbiamo aspettare la deliberazione di un organo giurisdizionale di un Paese straniero per decidere se questo è nel nostro migliore interesse o no? E a questa domanda non avete risposto. Nella mozione di maggioranza avete semplicemente ripetuto che aspettate la Germania. Io vi chiedo: perché aspettate la Germania? “Non si deve mai andare in Germania”, si diceva ad Haber in Amici miei.

Voi state cercando una credibilità internazionale che sapete benissimo essere stata messa a dura prova dal modo in cui, negli anni scorsi, avete fatto opposizione. Il modo migliore per trovare la credibilità internazionale che questo Paese merita, a vantaggio di tutti i nostri concittadini, è avere il coraggio di chiudere la stagione in cui la politica è stata un misto fra un reality show e una campagna pubblicitaria di quarto ordine, e niente come la vicenda del MES rappresenta quella ferita del nostro Paese. Io la imploro, sottosegretaria, cambi quel parere, colga questa occasione. Siete ancora in tempo, siete all'inizio della vostra esperienza di Governo, perché essere seduti su quei banchi e avere l'onore e l'onere di guidare il nostro Paese implica anche saper riconoscere quando si sono fatti errori e prendere le scelte necessarie per l'interesse del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Andrea Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI-PPE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il tema del MES, come tutti i grandi temi di politica internazionale e soprattutto quelli che riguardano il nostro rapporto con l'Europa, dovrebbero essere tenuti rigorosamente al di fuori delle ragioni della pur legittima polemica politica interna. Sono scelte di fondo, scelte di civiltà del nostro Paese, sulle quali, anche quando eravamo all'opposizione, abbiamo sempre dato un fattivo contributo, un contributo responsabile per giungere alla più ampia convergenza possibile. Un tema come quello del MES mette in gioco alcune delle questioni di fondo del processo di costruzione europea. La capacità dell'Europa di essere solidale nelle situazioni di crisi non è solo un dato di efficienza economica, è una questione che investe il senso stesso del nostro essere europei. Se l'Europa è, come noi la intendiamo, una comunità di popoli basata su comuni valori e su comuni interessi strategici e non è un semplice accordo commerciale fra gli Stati, allora diventa decisivo il funzionamento degli strumenti per affrontare le situazioni di crisi. Per questo abbiamo detto che l'Europa negli anni della pandemia ha dimostrato di esistere e di poter svolgere una grande funzione, dando vita a strumenti come Next Generation EU, come il Fondo SURE, come lo stesso MES sanitario. Sono strumenti che non ci siamo limitati a sostenere con convinzione, ma che Forza Italia, attraverso il Partito Popolare Europeo, ha contribuito a sollecitare prima e a definire poi. È cosa ben nota, anche se l'attuale opposizione stenta a riconoscerla, che senza l'intervento autorevole del Presidente Berlusconi sui maggiori leader europei nell'ambito del Partito Popolare, l'Italia non sarebbe stata trattata così generosamente. Non soltanto. Noi abbiamo sostenuto con convinzione, in questo distinguendoci anche dai nostri alleati del centrodestra, l'opportunità di avvalerci dello strumento del MES sanitario nei momenti più difficili della pandemia. Uno strumento al quale, invece, il Governo Conte, allora sostenuto dal Partito Democratico e dai 5 Stelle, non ha ritenuto di fare ricorso. Dunque nessuno può darci lezioni in materia di europeismo, né di solidarietà europea. Nessuno come noi è consapevole della necessità di rafforzare e di utilizzare fino in fondo gli strumenti dell'Europa unita. Soltanto che, onorevoli colleghi, il MES del quale stiamo parlando, che non è il MES sanitario, non è uno di questi strumenti. Io capisco bene che l'opposizione faccia il suo lavoro, cercando di mettere in difficoltà la maggioranza, cercando elementi di contraddizione fra le componenti della maggioranza. Alcuni esponenti dell'opposizione si stanno, anzi, specializzando in questo. È un gioco lecito, anche se a mio avviso senza prospettive. Ma soprattutto questa volta è davvero una fatica inutile, perché le contraddizioni non ci sono, perché è l'opposizione a giocare sull'equivoco, sollevando un problema strumentale, ponendo una questione della quale mancano sia le ragioni di attualità (sappiamo tutti che la ratifica del MES non avrebbero alcun senso fino alla pronuncia della Corte costituzionale tedesca), sia quelle di opportunità, perché il MES, questo MES, non è un vero strumento dell'Unione europea, è piuttosto uno strumento intergovernativo, che, proprio per questa caratteristica, mette un'ipoteca seria sulla logica della governance dell'Unione europea.

Lo abbiamo contestato in passato, denunciando il fatto che non esiste un controllo democratico dell'Europa, del Parlamento europeo, della stessa Commissione. Persino la BCE è tenuta a riferire costantemente al Parlamento europeo con regolari audizioni. Soltanto lunedì scorso, a Bruxelles, la signora Lagarde ha riferito alla Commissione Affari esteri e monetari. Invece, chi crede davvero nell'Europa sa che il MES, questo MES, così come è regolamentato, non deve riferire a nessuno. Non è un passo avanti, anzi è un passo indietro sulla strada dell'integrazione europea. È pur vero che alcuni dei gravi errori del passato sono stati evitati, per esempio l'introduzione di meccanismi automatici di riduzione del debito, ma l'attuale regolamento del MES, per noi, proprio in quanto europeisti, è sempre stato e rimane oggi inaccettabile. La totale autonomia del segretario generale dello staff del MES è l'opposto di quella visione solidale e unitaria dell'Europa, che è nella nostra cultura. Una visione che mi auguro in questo Parlamento sia ancora condivisa tanto dalle forze di maggioranza, quanto da quelle di opposizione. Questo a maggior ragione tenendo conto del fatto che la questione della ratifica del MES va vista anche e soprattutto alla luce dell'evoluzione del quadro regolatorio europeo del Patto di stabilità e di crescita.

Signor Presidente, mi rivolgo, suo tramite, ai colleghi presentatori delle mozioni dell'opposizione. Molti di loro sono colleghi che conosco e che stimo. Proprio per questo rivolgo loro un invito accorato, non solo per oggi, ma per l'intera legislatura. Come ha sempre fatto il Presidente Berlusconi, come abbiamo sempre fatto noi, non utilizzino la politica estera per ragioni di politica interna. Non cerchino distinzioni senza fondamento, che non servono a loro e soprattutto non fanno bene al Paese. Non si illudano di utilizzare, come è avvenuto nel passato nei confronti dei Governi Berlusconi, sponde straniere per uscire dalle loro difficoltà italiane. Noi non l'abbiamo mai fatto. Mai Forza Italia ha fatto mancare il suo sostegno al Governo, ad ogni Governo, quando si è trattato di sostenere le ragioni dell'Italia, le ragioni di una visione dell'Europa che io spero condivisa in questo Parlamento, anche al di là delle legittime distinzioni fra gli schieramenti. Non si illudano neppure, i colleghi dell'opposizione, di scoprire contraddizioni nostre per mascherare le loro, che sono profonde e che si palesano ogni giorno. Noi non siamo così. Noi siamo una coalizione di forze diverse, con culture politiche diverse, che non nascondono la loro diversità, ma che sono legate da un patto di lealtà reciproca, cementato in 28 anni di alleanza, in 10 anni di Governo del Paese, nella guida delle maggiori regioni italiane. Non saremmo una coalizione di Governo se non condividessimo, in particolare, una visione della politica internazionale nella quale l'Europa e l'Occidente, l'Unione Europea e l'Alleanza atlantica, sono scelte di fondo, scelte di civiltà. Sono scelte, colleghi, che furono i liberali, i cattolici, i riformatori, la destra democratica, a volere per il nostro Paese. Sono scelte che rappresentano la continuità istituzionale della migliore politica estera del nostro Paese. Non facciamone, colleghi, materia di tattiche parlamentari di corto respiro, ponendo questioni capziose che non hanno ragione d'essere.

La riforma della governance d'Europa è fondamentale, se crediamo che il processo di integrazione europea debba andare avanti davvero. Alla luce degli sviluppi che potrà avere il dibattito che si è aperto sulle nuove regole del Patto di stabilità e di crescita, anche le regole del nuovo MES, scritto ormai tre anni fa in un contesto economico e geopolitico profondamente mutato, dovrebbero essere attentamente rivalutate. Di questo dovrebbe discutere il Parlamento di un grande Paese, quando affronta i grandi temi della politica internazionale: le scelte strategiche del nostro futuro. Noi lavoreremo su questo serenamente con i nostri alleati, lo faremo da liberali, da cattolici, da europeisti. Lo faremo con lo spirito costruttivo che il Presidente Berlusconi ci ha insegnato. Voglio augurarmi che tutto questo Parlamento sappia fare altrettanto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippo Scerra. Ne ha facoltà.

FILIPPO SCERRA (M5S). Presidente, colleghe e colleghi, il MES è nato nel 2012 con l'obiettivo di salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro, ma di fatto i Paesi che vi hanno fatto ricorso hanno sottoscritto memorandum che sono andati ad incidere pesantemente sulla loro politica fiscale, sul mercato del lavoro e su molti altri aspetti della politica interna.

È giusto ricordare in questa sede, Presidente, che il Governo in carica ai tempi dell'istituzione del MES era il Governo Monti, sostenuto anche dal Popolo della Libertà, e che le trattative nel 2011 sono state sostenute e portate avanti dal Governo Berlusconi, sostenuto anche dalla Lega. Possiamo dire che gli attuali Presidente del Consiglio e Vicepresidenti del Consiglio, con i loro partiti, hanno contribuito attivamente all'istituzione del MES. Siete voi i signori del MES (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ma è giusto ribadire che il dibattito di oggi in Aula non è relativo all'attivazione o meno del Meccanismo europeo di stabilità. Lo dico, Presidente, perché in tanti, in troppi, negli scorsi anni hanno vergognosamente giocato alimentando equivoci, per confondere i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Mentre il Governo Conte lottava contro la pandemia, un giorno sì e l'altro pure si diceva che si sarebbe attivato il MES. Ebbene, la verità la possiamo dire adesso: il MoVimento 5 Stelle aveva promesso che il MES non si sarebbe attivato con noi al Governo e così è stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E mentre il Presidente Conte negoziava in Europa per cercare di ottenere un risultato storico, che poi fortunatamente siamo riusciti ad ottenere, c'era chi si ostinava a proporre soluzioni solo ideologiche e al ribasso, come l'attivazione della linea pandemica del MES, un prestito da 36 miliardi di euro, che da molti era visto come la panacea di tutti i mali, come l'unica soluzione possibile.

La verità è che, se il Presidente Conte avesse seguito quella proposta, oggi non avremmo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), non avremmo convinto l'Europa a fare uno sforzo condiviso dal quale il nostro Paese, con i 200 miliardi di euro ottenuti da Giuseppe Conte, ha la possibilità di ripartire, ha la possibilità di disegnare un futuro migliore per i nostri giovani.

D'altronde è paradossale, Presidente, che con l'emergenza economica ed energetica che ci troviamo ad affrontare stiamo parlando oggi in Aula di uno strumento che è assolutamente superato, che è obsoleto. Questo lo si deve sicuramente alla testardaggine di quelle forze politiche che evidentemente hanno una certa nostalgia nei confronti delle politiche di austerità, nei confronti delle politiche lacrime e sangue. Ebbene, lo ribadiamo qui, in quest'Aula: il MoVimento 5 Stelle non è con questi partiti, il MoVimento 5 Stelle non vuole le politiche di austerità; vuole andare avanti, vogliamo politiche espansive e non restrittive, Presidente. L'oggetto della mozione di oggi è relativo alla modifica del Meccanismo europeo di stabilità, una modifica sulla quale si è raggiunto un accordo il 30 novembre del 2020.

La riforma ha istituito un sostegno comune, il cosiddetto backstop, al Fondo di risoluzione unico, e questo a nostro modo di vedere è l'unico punto positivo di questa riforma, mentre abbiamo molti dubbi su tutti gli altri punti. Ci sono tutta una serie di risoluzioni negli anni 2019 e 2020 in cui il Parlamento chiede al Governo di non considerare questa riforma come a sé stante, ma di fare una verifica e una valutazione congiunta di tutte le riforme che riguardano l'unione economica e monetaria, e poi, dopo una valutazione complessiva dell'intero pacchetto, decidere cosa fare sulla riforma del MES. Ebbene, in questa sede adesso chiediamo al Governo di tenere questa logica di pacchetto, e alla fine, dopo una valutazione attenta di tutti i punti del pacchetto, decidere cosa fare sulla riforma del MES. Questo è il punto che abbiamo inserito nella nostra mozione di maggioranza.

Ovviamente, quali sono i punti? BICC, ormai, il bilancio per la convergenza e per la competitività, è un qualcosa di superato, ma chiediamo al Governo di fare attenzione su EDIS, su questo bisogna capire a che punto sono le trattative. Nella risoluzione del dicembre del 2020 abbiamo parlato di riforma del Patto di stabilità e crescita, abbiamo parlato di superare il carattere intergovernativo del MES. Su questi punti vogliamo capire a che livello siamo di approfondimento. Relativamente al Patto di stabilità e crescita, la Commissione europea ha elaborato una proposta che, a nostro modo di vedere, è insufficiente, perché è una proposta che non parla assolutamente di eliminare i vincoli anacronistici, come quello del 3 per cento e del 60 per cento.

È una proposta che non prevede la golden rule, cioè lo scorporo degli investimenti pubblici produttivi dal calcolo del deficit. Per noi è fondamentale che si vada avanti in questa direzione, soprattutto sulla golden rule. Noi diciamo, Presidente, che quando parliamo di investimenti pubblici produttivi - attenti, soprattutto ai tavoli della maggioranza - noi parliamo di investimenti green, di investimenti nel digitale, non di investimenti per le spese militari come quelli voluti da Crosetto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Bisogna rivedere gli irrealistici parametri del 3 per cento e del 60 per cento, abbandonare la fase preventiva e correttiva del Patto di stabilità e crescita. Pensiamo che occorra trasformare Next Generation EU, ottenuto dal Presidente Conte, in uno strumento strutturale. Relativamente alla pandemia energetica, sin dal marzo del 2022 il MoVimento 5 Stelle aveva dato una soluzione chiara al Governo Draghi, ma il Presidente Draghi non ci ha ascoltato. Noi parlavamo di istituire un fondo europeo, di un Energy Recovery Fund per aiutare famiglie e imprese. Il Presidente Draghi non ci ha ascoltato e abbiamo qualche dubbio che il Presidente Meloni abbia l'autorevolezza internazionale e la capacità di portare a casa questo tipo di risultato.

Siamo sicuri che non abbia questa autorevolezza e questa capacità, ma, nonostante la scarsa fiducia che abbiamo nei confronti di questo Governo, Presidente, noi non faremo il gioco che nel 2020 fecero le opposizioni contro il Presidente Conte. Non tiferemo contro questo Governo, non tiferemo contro gli interessi degli italiani, non tiferemo e non strizzeremo l'occhio a un Orbán che blocca i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come invece ha fatto Fratelli d'Italia nel 2020. Noi non lo faremo, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Guardando, però, l'impegno scritto nella mozione di maggioranza, qualche dubbio viene. Cari colleghi di maggioranza, dopo anni di urla dai banchi dell'opposizione, adesso finalmente toccherebbe al vostro Governo prendersi la responsabilità della scelta, cosa fare sulla riforma del MES.

E cosa fate voi? Prendete tempo in attesa della Corte tedesca. Sperate, cioè, che i tedeschi non approvino la ratifica, per poi accodarci a loro. Questo è il Governo forte? Questo è il Governo sovranista? A me sembra un Governo che non ha la capacità e non ha la forza di scegliere. Vergognatevi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! E se la Germania dovesse ratificare il Trattato di riforma del MES, sono convinto che anche su questo Giorgia Meloni tornerà indietro, perché un conto è urlare dai banchi dell'opposizione e un conto è amministrare e governare il Paese. Per giunta è ancora più difficile quando lo fai con la scarsa autorevolezza che ha questo Governo. Però, Presidente, concludo con l'auspicio che il Presidente Meloni coinvolga il Parlamento in tutti i passaggi dei negoziati sul futuro dell'unione economica e monetaria, con la consapevolezza che il nostro Paese è la seconda potenza manifatturiera e che è un Paese cofondatore dell'Unione europea. Il MoVimento 5 Stelle, pur nella consapevolezza della non adeguatezza di questo Governo, indicherà la strada da seguire a livello europeo anche dai banchi dell'opposizione. Dichiaro il voto favorevole alla mozione Scerra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cavandoli. Ne ha facoltà.

LAURA CAVANDOLI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, tutti noi abbiamo ascoltato con interesse la discussione che si è sviluppata in merito alla mozione all'ordine del giorno, che potrebbe essere così riassunta, in sintesi: occorre conoscere per deliberare. E ci tengo a dirlo e a sottolinearlo, perché qui si fanno grandi accuse al nostro Governo, si dice che aspettiamo le decisioni di organi stranieri, ma forse bisognerebbe invece conoscere per poi deliberare, per poi decidere. Quindi, ritengo anzitutto doveroso non sottovalutare le difficoltà di contesto in cui opera a livello europeo questo Governo. Penso quindi sia utile fare una riserva di metodo affinché ciascuno di noi, che chiaramente - immagino - vuole adempiere al proprio mandato sulla base di una riflessione sincera, dopo avere avuto le informazioni più complete possibili, eviti soprattutto di essere scomunicato sistematicamente o comunque qualificato come ideologico nel momento in cui si vengono a fare certe affermazioni.

Oggi fortunatamente non siamo in questa condizione, anche perché il tema - ci tengo a ribadirlo - è tecnicamente complesso.

Ieri il collega Bagnai ha ripercorso e approfondito alcuni aspetti che sono proprio la conferma di una fase storica, economica e politica decisamente diversa rispetto alla nascita del MES, ma anche rispetto alla sua modifica di cui viene invocato il rapido recepimento.

Torno, quindi, indietro: il MES, il Meccanismo europeo di stabilità, che conosciamo in Italia con l'acronimo MES mentre in Europa si chiama ESM, nasce il 9 dicembre 2011 e ciò al fine di salvaguardare la stabilità dell'intera zona euro subordinando la concessione di qualsiasi necessaria assistenza finanziaria a una rigorosa condizionalità. Pur consapevoli che il MES è stato istituito mediante un trattato intergovernativo, ossia al di fuori del quadro giuridico dell'Unione europea, le decisioni assunte dal MES devono essere rispettate dagli Stati membri dell'area euro aderenti.

Questo meccanismo, questo organismo, ha subito vari passaggi a livelli comunitari, spesso affrontati in modo diverso anche dal punto di vista ideologico dai singoli Paesi e all'interno del nostro Paese anche diversamente affrontato dai partiti che sostenevano il medesimo Governo. Questo dibattito - chiamiamolo così - che in passato si è spesso sviluppato in questo ambito, credo che sia stato lo scopo, forse unico se si vuole guardare al vero interesse del nostro Paese, di voler affrontare questa mozione in questo momento, una mozione che non dà nessuna risposta alle vere urgenze che deve affrontare adesso il nostro Paese e il nostro Governo (comunque ci arriverò).

La governance del MES è sostanzialmente esercitata da due board: il board of governors, composto dai Ministri finanziari dei 19 Stati membri aderenti, e il board of directors, composto da altrettanti esperti nominati, su proposta degli stessi Ministri delle Finanze, fra persone con particolare competenza nel settore bancario e finanziario, comprensive del direttore generale, posizione - e qui abbiamo, in effetti, una notizie d'attualità - che da domani sarà occupata dal lussemburghese Pierre Gramegna. Per nozionismo ricordo che i membri del board del MES sono immuni da responsabilità legale rispetto agli atti votati e alle decisioni prese nell'esercizio delle loro funzioni.

Queste informazioni sull'organigramma e sulla responsabilità del Meccanismo sono utili per capire la strategia politica che c'è dietro alle decisioni assunte o eventualmente che potrebbero essere assunte da un organismo totalmente fuori dalle logiche degli Stati nazionali. In Italia - è stato detto - durante la pandemia l'intervento salvifico o quantomeno ritenuto tale del MES veniva invocato quasi ogni giorno dagli esponenti del PD e del centrosinistra, almeno fino a quando ci si è resi conto che in concreto gli strumenti di sostegno messi a disposizione dall'Unione europea hanno di fatto reso anacronistico e superato il ricorso a questo strumento. Come accennava ieri il collega Bagnai, oggi ci si sofferma solo sul MES senza rendersi conto del fatto che nel frattempo sono intervenute anche altre istituzioni e altri strumenti nel quadro complessivo della governance europea e soprattutto senza riflettere sul fatto che la riforma del MES - quindi non l'attivazione, ma la riforma del MES di cui oggi stiamo parlando - porterebbe a una serie di cambiamenti sostanziali. Per esempio, con la riforma - quella di cui oggi si sollecita il recepimento immediato - il MES viene legato, in qualche modo indissolubilmente, al progetto dell'Unione bancaria, perché assume una funzione che prima non gli era stata conferita anche se in qualche modo l'aveva impropriamente svolta ma fuori da un contesto formalizzato.

Quindi, se l'obiettivo iniziale del MES era quello di essere equiparato ai trattati europei per renderlo un meccanismo più flessibile e gestito in modo più democratico, la storia ci ha già dimostrato, dopo neanche 10 anni, che ha preso un'altra strada. Come il Fiscal compact, anche il MES è stato un accordo intergovernativo non recepito dai trattati europei, perché bisogna ricordare che nella pratica la flessibilità nell'erogazione del sostegno viene concessa solo ai cosiddetti Paesi di serie A, quelli che sono in regola con i parametri del Fiscal compact e, quindi, deficit al 3 per cento del PIL, debito al 60 per cento del PIL o in riduzione di un ventesimo all'anno nella parte eccedente questo 60 per cento, mentre per i Paesi di serie B resta il solito meccanismo del memorandum, di fatto una sorta di commissariamento del Paese da parte dei creditori.

E poi c'è il secondo aspetto dell'uso del MES per il Fondo di risoluzione unico, utilizzato per i salvataggi bancari. Tuttavia, questo uso è concesso solo in ultima istanza. In altre parole, prima di accedere ai soldi del MES si deve passare per il bail-in. Una terza riforma riguarda, invece, la gestione dei salvataggi, dove assume un ruolo determinante quella figura di burocrate che è il direttore generale del Fondo e che ora partecipa a decisioni che prima spettavano alla Commissione europea, che, lo ricordo, è organo politico.

In sintesi, con la riforma il MES incorpora quanto di più inopportuno la politica economica europea abbia proposto negli ultimi dieci anni: l'austerità del Fiscal compact, la destabilizzazione finanziaria del bail-in e il commissariamento della politica italiana.

Al momento, quindi, non vediamo tanta di quella convenienza e di quell'urgenza che ci viene proposta. Perché? Perché addirittura oggi i nostri BTP hanno tassi più bassi dei titoli che la Commissione europea cerca di collocare per finanziare il PNRR e, quindi, ancora una volta una laica riflessione sull'opportunità e convenienza del MES deve essere fatta. In un contesto come quello di oggi sufficientemente turbolento, il vero dramma di questi strumenti, su cui noi ci stiamo chiaramente confrontando, è che diventano tragicamente inutili. In altri termini, noi non possiamo aspettarci che il MES ci offra delle condizioni di finanziamento per i nostri squilibri interni più convenienti di quelle che ci offre o ci offrirebbe il mercato. Questo io credo sia una buona notizia per il nostro Paese e per il nostro Governo, perché la credibilità di un Paese viene valutata positivamente dal mercato dei titoli. Dalla discussione che c'è stata viene fuori, quindi, che se il MES era dannoso per l'Italia prima dell'impennata dei debiti pubblici, a causa del COVID e della guerra in corso, ora è palesemente fuori fase per tutta l'Unione europea.

Poi, va ricordato che, tra gli strumenti - sono stati citati - che sono intervenuti progressivamente soprattutto dopo la pandemia e che l'Unione europea ha messo a disposizione del nostro Paese e dei Paesi dell'Unione europea, il 21 luglio scorso la BCE, quindi l'organo bancario europeo, ha approvato il TPI, il cosiddetto scudo anti-spread, che è quello strumento volto a sostenere la trasmissione della politica monetaria della BCE in tutti i Paesi dell'Eurozona.

Il TPI viene attivato quando si verificano dinamiche di mercato ingiustificate e disordinate tali da minacciare la trasmissione della politica monetaria e il mandato di stabilizzazione dei prezzi della Banca centrale. Attraverso il TPI la BCE effettuerà acquisti sul mercato secondario dei titoli di Stato di questi Paesi che subiscono un deterioramento delle condizioni di finanziamento non giustificato dai fondamentali specifici degli stessi Paesi.

Alla luce di questi elementi che mi sono sommessamente permessa di portare all'attenzione dei colleghi, Presidente, ritengo che la riflessione sul MES debba essere più attenta ma soprattutto meno strumentalizzata. Meno strumentalizzata perché voler portare un argomento così complicato e così difficile all'attenzione - e con l'urgenza di rivolgere la ratifica - di questo Parlamento sicuramente non può portare giovamento alla stabilità, mentre trovo positivo che la discussione sul MES si fosse già qualche anno fa diffusa mediaticamente e su ciò la Lega è stata assolutamente protagonista.

Resto, quindi, della convinzione - e invito i colleghi a una riflessione in tal senso - della necessaria…

PRESIDENTE. Deputata, dovrebbe concludere.

LAURA CAVANDOLI (LEGA). …valutazione della situazione europea e nazionale attuale - concludo, Presidente - ma anche dell'imminente sviluppo ed evoluzione del quadro regolatorio comunitario, onde non procedere in una direzione che potrebbe dare risultati distopici e, comunque, non adeguati agli interessi degli italiani e del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piero Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. È del tutto evidente che il MES sia stato elaborato in una fase diversa da quella di oggi, perché il MES, come è stato ricordato in molti interventi, è stato elaborato tra il 2010 e il 2012, nel pieno della crisi economica che ha colpito soprattutto i Paesi industriali tra il 2008 e il 2015 e che ebbe il suo epicentro nella crisi greca, come ricordiamo. E fu pensato, elaborato e costruito come un meccanismo di assistenza finanziaria a Paesi in difficoltà in quella temperie, il che spiega perché il MES continui ad avere, come sottostanti, ad esempio, i parametri di Maastricht nella dimensione del 3 per cento e del 60 per cento, quando sappiamo tutti, ma questo credo non sia un elemento di dissenso tra noi, che quei parametri furono definiti in quella dimensione in un'altra fase. Si stabilì il parametro del 60 per cento, perché il 60 per cento era la media del debito pubblico dei Paesi dell'Unione europea in quel momento; oggi, sappiamo tutti che la media è molto più alta e, quindi, è evidente che, per esempio, il riferimento a quei parametri è superato. D'altra parte, la definizione del nuovo Patto di stabilità, che è uno degli oggetti principali del dibattito europeo di qui ai prossimi mesi, affronterà anche questo tema.

Conosciamo benissimo i limiti di una politica monetarista che assumeva l'equilibrio di bilancio come unico e prioritario elemento e che è stata messa in discussione proprio alla luce della sua inadeguatezza a fare fronte ai problemi che via via la crisi faceva maturare nella vita economica dei Paesi europei. Tanto è vero che quella politica è stata via via superata e il COVID è stato l'occasione per, formalmente, mettere in campo una politica che non assumesse più il rigore di bilancio come l'obiettivo fondamentale, ma invece fosse finalizzata, la politica economica europea, a una strategia espansiva ed è evidente, quindi, che anche il MES è stato e continua a essere in via di ridefinizione alla luce di questa evoluzione.

La riforma del Trattato istitutivo, che è stata appunto proposta e che è oggi all'esame del nostro Parlamento, va esattamente nella direzione di ridefinire tutti gli strumenti di governance economica e finanziaria, alla luce della situazione nuova che si è determinata, che devono essere tutti ispirati ad una strategia espansiva e di crescita. Tra l'altro, noi non stiamo ratificando, qui, decidendo, qui, di accedere al MES e ai suoi finanziamenti, stiamo decidendo di ratificare il Trattato in modo tale che quel Trattato riformato possa entrare in vigore e i Paesi che decidono di utilizzarlo lo possano fare secondo le nuove modalità.

Io vorrei rivolgermi al collega Scerra, che ha rivendicato il fatto che in pieno COVID il Governo di allora non abbia voluto accedere alla linea di credito particolare che era stata attivata per i problemi sanitari e che era una linea di credito che, ricordo, semplificava le procedure e garantiva un finanziamento a un tasso d'interesse dello 0,1 per cento, che nessun mercato sarebbe in grado di offrire, e che per l'Italia cubava 37 miliardi. Ora, siccome lo stanziamento globale per la sanità in Italia negli ultimi anni si è aggirato tra i 120 e 128 miliardi, 37 miliardi in più significavano un quarto o quasi un terzo in più di risorse per il sistema sanitario, quindi, non so se sia stato così giusto non accedervi e oggi rivendicare di averlo fatto. Comunque, cosa fatta, capo ha, soltanto per chiarezza di cronaca.

In ogni caso, sulla base delle valutazioni che sono contenute nelle mozioni, da parte nostra noi sosteniamo, che sia necessario ratificare il Trattato in ragione tale che con la ratifica nostra e della Germania il Trattato possa entrare in vigore, il che non esclude affatto che continui una evoluzione riformatrice di questo Trattato nella direzione di quello che è poi l'obiettivo fondamentale, cioè dentro la riorganizzazione del sistema di governance, dare vita a un Fondo monetario europeo.

Tuttavia, questa vicenda - ed è la cosa su cui voglio richiamare l'attenzione dei colleghi - mi pare illumini bene un tema che sottostà al dibattito sul rapporto nostro con l'Europa, ormai da tempo: il rapporto tra la sovranità nazionale e le politiche europee. Ieri l'onorevole Bagnai, che ho ascoltato con grande attenzione, e l'onorevole Tremaglia si sono dilungati non solo nell'evocare quelli che secondo loro sono i limiti del MES, ma anche, come dire, assumendo i limiti del MES come la metafora di un'Unione europea inadeguata, di un'Unione europea che non è in grado di assolvere ai propri compiti, di un'Unione europea che, pur essendo inadeguata, però, pretende di decidere cose che invece devono decidere altri e via di questo passo.

Ora, io ho ascoltato questi interventi e mi permetto di dire, rispettando l'opinione dei colleghi, che sia nell'intervento dell'onorevole Tremaglia sia nell'intervento dell'onorevole Bagnai si confondono le cause con gli effetti; l'Unione europea, infatti, è un'istituzione sovranazionale i cui soci sono i 27 Paesi dell'Unione europea. L'Unione europea è una società per azioni i cui azionisti sono i 27 Paesi e, usando questa metafora, se i soci azionisti non capitalizzano, il consiglio d'amministrazione e l'amministratore delegato della società, cioè le istituzioni comunitarie, non possono agire o, comunque, sono impotenti. Quindi, continuare a puntare il dito contro le istituzioni comunitarie e le istituzioni europee, indicandole come causa di tutti i mali, quando invece semmai queste istituzioni pagano nella loro attività continuamente le aporie, le contraddizioni, i limiti del concorso, da parte dei Paesi sovrani, alle politiche europee, è confondere cause ed effetti.

Vogliamo degli esempi concreti, prima ancora che il MES? In quest'Aula, tutti i Governi che si sono succeduti in questi anni hanno posto il problema di andare oltre il Regolamento di Dublino in materia migratoria, perché sappiamo come questo strumento sia assolutamente inadeguato. Ma guardate che una proposta per andare oltre il Regolamento di Dublino la Commissione europea l'ha messa sul tavolo e il Parlamento europeo, addirittura, ha adottato una sua risoluzione a larghissima maggioranza. Se, poi, quella proposta è ferma è perché una serie di Stati, dalla Danimarca all'Austria, dalla Polonia all'Ungheria o alla Slovacchia, si rifiuta di dare corso a quella proposta. Sono gli Stati sovrani nazionali che in questo caso bloccano la possibilità di andare oltre il Regolamento di Dublino e di avere una politica migratoria europea più efficace, di cui in primo luogo beneficino i Paesi, come l'Italia, che pagano i prezzi più grossi dell'inadeguatezza di quella politica.

Vogliamo fare un altro esempio? La Presidente del Consiglio, nel suo discorso di insediamento, ha detto: ma vi pare ragionevole che l'Europa, che è nata con la CECA, mettendo insieme carbone e acciaio, a 70 anni da quella scelta non abbia ancora una politica energetica comune? Ebbene, chi è che non vuole la politica energetica comune? Perché la proposta dell'Unione energetica la Commissione l'ha messa sul tavolo; è una serie di Paesi che si rifiuta, privilegiando le proprie politiche energetiche, di mettere in campo una politica energetica comune.

Ancora, si denunciano spesso le contraddizioni, i limiti, le aporie - ed è vero - della politica estera e di sicurezza comune, ma questo accade perché molti Paesi tendono a privilegiare più le scelte di politica estera propria che non concorrere a una politica estera comune e il MES è la stessa cosa, perché poco fa la rappresentante della Lega ci ha ricordato come è fatto il board del MES e il board del MES è fatto dai Ministri dei Paesi membri di quella istituzione o da esperti nominati dai Ministri e dai Governi. Quindi, se il MES funziona o non funziona lo si deve addebitare non al meccanismo in quanto tale, ma alle volontà di coloro che quel meccanismo sono chiamati a far funzionare, che sono ancora una volta gli Stati nazionali.

Allora, io non ho un approccio ideologico, al contrario. Proprio perché sono un europeista convinto per ragioni di merito, non posso non vedere che, se l'Europa oggi è spesso fragile, se l'Europa oggi è spesso debole, se meccanismi come quelli del MES hanno tutte le contraddizioni che qui sono state dette, non si può scaricare questa responsabilità sulle istituzioni europee, quando le istituzioni europee sono le prime ad essere penalizzate dalla incapacità dei Paesi che sono membri delle istituzioni comunitarie di assumere fino in fondo le proprie responsabilità, con responsabilità comune.

Allora - e finisco - la Presidente del Consiglio e questo Governo usano quasi quotidianamente la categoria dell'interesse nazionale, facendo credere che c'è chi quell'interesse nazionale lo ignora o lo nega - che saremmo noi - e chi, invece, come l'attuale maggioranza, lo salvaguarda. L'interesse nazionale lo riconosciamo tutti, tutti i Paesi hanno degli interessi nazionali, non è in discussione l'esistenza degli interessi nazionali: in discussione è come e dove si tutelano meglio. Allora, per non farla lunga, vi faccio un esempio. In questo Parlamento non si è ancora proceduto alla ratifica del Trattato di libero scambio tra l'Unione europea e il Canada e il Giappone…

PRESIDENTE. Deputato, dovrebbe concludere.

PIERO FASSINO (PD-IDP). …e - ho finito - la Lega e Fratelli d'Italia si rifiutano di ratificare questi due Trattati in nome della tutela degli interessi del Paese. Vi segnalo che da quando questi Trattati sono entrati in vigore con il regime transitorio, che permette di entrare in vigore fino alla ratifica completa, le esportazioni italiane in Giappone e in Canada sono aumentate del 25 per cento. Allora, gli interessi delle imprese italiane che esportano su quei mercati si difendono meglio con l'esibizione di muscoli o, invece, concorrendo a una politica europea che, come in questi casi, dimostra di tutelarli meglio?

PRESIDENTE. Deputato, concluda.

PIERO FASSINO (PD-IDP). È bene che questo punto sia chiaro una volta per tutte e noi non ci stancheremo di ripeterlo: non è l'Unione europea o le istituzioni comunitarie o istituzioni comuni come il MES la responsabilità delle fragilità di queste istituzioni, ma è il prevalere della gelosia delle nazioni e, quanto più si supererà la gelosia delle nazioni e si costruiranno, invece, delle politiche comuni, tanto più saranno più forti quelle istituzioni e saranno più forti anche gli interessi del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Osnato. Ne ha facoltà.

MARCO OSNATO (FDI). Grazie, Presidente. Signori del Governo, colleghi, se c'è una certezza che quest'Aula offre con regolarità periodica è la discussione sul MES, una discussione che, però, vedo che negli anni ha un po' perso quella sua aura salvifica, quella sua funzione ineluttabile che alcuni, in modo incessante, negli anni, gli hanno conferito e gli hanno proposto come ancora di salvezza indispensabile per il futuro della nostra Nazione. Siamo partiti con un atteggiamento, come dicevo prima, ineluttabile, un atteggiamento in cui chi soltanto poteva mettere in dubbio la velocità con la quale dovevamo assumere il MES era un nemico del popolo. Oggi vedo più di un dubbio su questo, vedo valutazioni più distaccate, vedo atteggiamenti più prudenti.

Ovviamente, all'interno di questi, vanno evidenziate come degne di nota le professioni di fede di alcuni, io apprezzo chi insiste nell'avere alcuni atteggiamenti. Ho sentito l'onorevole Della Vedova che ci raccontava come è importante che l'Italia oggi assuma le regole del MES perché sono importanti queste regole di stabilità europea per aiutare l'Italia ad essere più competitiva e più performante anche nella gestione del proprio debito. Poi scopriamo che, in verità, ultimamente, non sarà merito di questo Governo, non voglio dirlo - ricordo a me stesso che quelle prefiche che pensavano che lo spread sarebbe andato alle stelle, che i mercati avrebbero disertato i titoli di Stato, che la Borsa sarebbe crollata oggi parlano di altro -, mi sembra che i titoli di Stato vengano ampiamente venduti sul mercato, vengano venduti anche a condizioni anche più favorevoli di quelle che possono offrire altre realtà, anche di carattere europeo.

E, allora, mi chiedo perché insistere su questa certezza del beneficio dato dal MES. Io vengo dalla montagna, quindi non posso parlare ex cathedra, Presidente, però mi chiedo: se si dice - se è vero, come è vero, quello che ho sentito dall'onorevole Fassino - che c'è un consiglio dei Governatori che è composto dai Ministri finanziari ed economici dei Paesi membri, è anche vero che c'è un consiglio di amministrazione che è nominato e sono persone, ovviamente, di fiducia di quei Ministri. E dico all'amico Marattin, tramite lei, Presidente, che, se è vero, come non si può negare, che la proprietà del MES è una proprietà pubblica, non si può negare che il MES è una società commerciale di diritto lussemburghese, è una società anonyme, come direbbero i francesi o chi ha studiato bene le lingue, non io. È una società che, nel suo statuto, nel suo trattato istitutivo dal quale nasce, all'articolo 32, prevede che l'operato del MES sia immune da ogni forma di processo giudiziario e prevede, all'articolo 35, che il personale, i dirigenti, i funzionari, siano immuni rispetto a ogni loro atto e siano inviolabili anche i loro atti. E, addirittura, scopriamo che gli unici che possono accedere a questi atti sono i revisori. Uno dice “bene, ma i revisori sono nominati dal consiglio dei Governatori”, di cui parlava il collega Fassino.

Io, ripeto, non ho capacità accademiche, non ho capacità scientifiche, nel mio piccolo, però, penso che i soldi degli europei e, più segnatamente anche degli italiani, starebbero meglio se amministrati da persone che hanno una valenza democratica alle loro spalle (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che hanno una valenza più controllabile, che possano essere soggetti al vaglio di qualcuno, caro onorevole Marattin. E io non so se chi dice le cose che ha citato lei si macchi di populismo cialtrone; poi, ovviamente, ogni cialtroneria starebbe meglio lontano da quest'Aula, però, sa, il populismo ognuno valuta, e qui cito l'amico Bagnai, che, ieri, ha fatto una distinzione, secondo me, significativa, nella discussione generale, tra populismo e demagogia. Allora sarà populismo cialtrone quello che era contenuto nelle frasi da lei citate di alcuni esponenti di varie forze politiche del Parlamento? Forse sì. Ma, allora, è demagogia quella di chi dice “mi do un anno di tempo per far cadere un Governo”, è demagogia quella di chi dice “oggi, se non passerà questo referendum, abbandonerò la politica e non mi vedrete mai più” e oggi ce lo troviamo ancora qui, con il 6 per cento, a ricattare il mondo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Io ho molta stima di tutti, per le personalità politiche che hanno voglia di impegnarsi in politica e che hanno anche il coraggio delle proprie idee, però credo che sia sempre più prudente non giudicare quello che fanno gli altri rispetto a quello che si è fatto da soli.

Allora, dicevo della discussione generale che c'è stata ieri, per l'appunto, ma anche nelle dichiarazioni di voto di oggi. Secondo me, come sempre, quando si parla di argomenti concreti e importanti e anche un po' divisivi, come il MES o le regole europee, è sempre un dibattito positivo in quest'Aula, però ieri è emerso proprio uno spaccato del modo di intendere anche il ruolo di una Nazione, di un popolo, di un Governo, di come si sta in Europa.

Da una parte, c'è chi ritiene che, prima, vengano delle regole a prescindere e, più quelle regole sono ferree, più quelle regole sono rigide, meglio si sta; dall'altra parte, mi è parso di capire che, invece, c'è chi è più legato alle realtà, chi valuta anche il contesto in cui quelle regole devono operare. Perché, vede, è stato citato, ho sentito anche dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, il tema, per esempio, di legare ancora alcune procedure relative al MES al 3 per cento o al 60 per cento delle regole di Maastricht, che sono - mi correggerà qualcuno - del 1992. Abbiamo anche un po' superato quella situazione. Mi pare di aver capito che se erano, per me, sbagliati allora, adesso sono assolutamente fuori dalla realtà; cambiamole queste regole, sediamoci a un tavolo e cambiamole (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), e non è antieuropeismo questo, è assoluto realismo, perché, vede, le regole ferree di stabilizzazione fiscale che ho sentito oggi evocare valgono sempre e solo per l'Italia, valgono sempre e solo perché noi dobbiamo comunque rispettare una sorta di par condicio, presunta, nei confronti di altri Paesi o vale anche per chi ancora oggi di queste regole fiscali stabili se ne frega e fa del dumping fiscale all'interno del consesso europeo, privando di oltre un miliardo di euro il fisco italiano, depredando, con le sedi legali all'estero, le aziende italiane, e ogni riferimento alla all'Olanda ovviamente è puramente voluto? È solidarietà quella di un'Europa che ancora adesso ci prende in giro sulla storia del price… del tetto al prezzo del gas a livello europeo? Grazie per il suggerimento, ma mi sono ricordato che il Presidente Rampelli, giustamente, spesso ci invita a parlare in italiano, in quest'Aula, io credo che il Presidente Rampelli abbia molta ragione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E, allora, dicevo: è questa la solidarietà europea? Quando conviene, c'è solidarietà europea; quando, invece, a Paesi amici che hanno… Presidente, abbiamo aspettato attentamente il Presidente Fassino…

PRESIDENTE. Suono quando manca un minuto per tutti, onorevole.

MARCO OSNATO (FDI). E, allora, è solidarietà europea quella di chi la pratica quando, per se stesso o per qualche suo Paese satellite, ha dei vantaggi, altrimenti la nega, oppure solidarietà europea ci deve essere sempre? Le regole e le stabilizzazioni certe ci devono essere ogni tanto o solo quando conviene a qualcuno? La Germania è un modello da imitare sempre oppure quando si tratta di MES bisogna dire: ma perché aspettate la Germania? L'aspettiamo e come la aspettiamo, vogliamo proprio vedere cosa fa la Germania (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

E, allora, concludo dicendo che noi siamo molto contenti del parere del Governo e sosterremo ovviamente l'idea che questa mozione propone e anche la valutazione del Governo, perché, vede, a noi questo “MES-estremismo” mascherato da finto europeismo non piace, a noi sembra molto strumentale, a noi sembra sempre una bandierina da sventolare per dichiararsi più politicamente corretti di alcuni. Noi crediamo che essere europeisti sta anche nel considerare l'Europa come una costruzione rispetto alle risposte che i popoli europei aspettano, e i popoli europei non aspettano regole fini a se stesse, non aspettano rigidità; i popoli europei aspettano regole che diano loro libertà, sicurezza e serenità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Richetti ed altri n. 1-00021, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 24).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione De Luca ed altri n. 1-00027 su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Scerra ed altri n. 1-00029, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 26).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Foti, Molinari, Cattaneo, Lupi ed altri n. 1-00034, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 27).

Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione a un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura e dichiarato ammissibile con l'ordinanza n. 208 del 2022. Il conflitto è stato sollevato in relazione alla deliberazione della Camera del 12 gennaio 2022, che ha negato l'autorizzazione all'utilizzo di captazione informatica nell'ambito del giudizio davanti alla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti dell'onorevole Cosimo Maria Ferri.

Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 23 novembre 2022, preso atto dell'orientamento espresso dalla Giunta per le autorizzazioni nella seduta del 22 novembre 2022, ha deliberato di proporre alla Camera la costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Su tale proposta concederò la parola ad un deputato contro e uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento. Ha chiesto di parlare contro la deputata Carla Giuliano. Ne ha facoltà.

CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo contro la costituzione in giudizio della Camera dei deputati nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dalla Sezione disciplinare del CSM dinanzi alla Corte costituzionale. Il CSM ha, infatti, impugnato la decisione con cui il 12 gennaio scorso la Camera dei deputati ha negato l'autorizzazione all'utilizzo di captazione informatiche nei confronti dell'ex deputato Cosimo Ferri, nell'ambito del giudizio disciplinare avviato nei suoi confronti proprio dal CSM. Oggetto delle captazioni erano diverse intercettazioni di conversazioni, acquisite mediante trojan, dall'utenza mobile in uso al dottor Palamara, nell'ambito dell'inchiesta avviata nei confronti di Palamara dalla Procura della Repubblica di Perugia. Si trattava di captazioni relative all'ormai famoso incontro avvenuto il 9 maggio 2019 presso l'Hotel Champagne di Roma, in cui l'onorevole Ferri, l'onorevole Lotti, il dottor Palamara e altri cinque magistrati del CSM si erano incontrati per concordare alcune future nomine dei vertici di uffici giudiziari, tra cui la nomina del Procuratore della Repubblica di Roma, fatti per i quali il CSM ha appunto avviato nei confronti dell'onorevole Ferri un procedimento disciplinare per eventuali violazioni di regole deontologiche, in quanto magistrato in aspettativa per mandato parlamentare, che è accusato, e cito testualmente “di aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati”.

Presidente, il quadro è quello del cosiddetto scandalo delle nomine legato al caso Palamara, con l'emergere di logiche di spartizione mediante cui le correnti si dividevano le nomine negli uffici giudiziari. Una vicenda che ha gravemente compromesso l'immagine della magistratura e dei suoi organi di rappresentanza, che ha destato la forte preoccupazione e lo sconcerto di tutta l'opinione pubblica e che ha determinato, il Parlamento, in primis, e il MoVimento 5 Stelle a intervenire subito, proprio per mettere fine e freno alle degenerazioni del correntismo all'interno del CSM.

Presidente, oggi riconfermiamo in Aula la posizione già espressa in Aula il 12 gennaio scorso, circa la piena utilizzabilità delle intercettazioni nei confronti dell'onorevole Ferri, in quanto di natura del tutto fortuita e casuale. Nel merito, mi rifaccio alle ampie argomentazioni che abbiamo già sostenuto in Aula e in Giunta. Ricordo che l'onorevole Ferri non è mai stato indagato a livello penale, non è mai entrato nel perimetro delle indagini e il numero di conversazioni che riguardano Palamara è abnorme rispetto a quelle che sono state captate con l'onorevole Ferri. Quindi, tutto ciò depone per la casualità di queste intercettazioni e per la loro sicura utilizzabilità da parte del CSM.

Presidente, voglio anche chiarire un altro aspetto: costituirsi in giudizio non è un atto dovuto della Camera, né la mancata costituzione in giudizio rappresenta uno sgarbo istituzionale. Sono stati, infatti, vari casi in cui la Camera dei deputati ha deciso di non costituirsi in giudizio. Ricordo la decisione del 16 novembre 2006, del 5 luglio 2007, del 26 settembre 2007, e ancora del 27 giugno 2012. Votare a favore della costituzione in giudizio vuol dire legittimare la Camera a ribadire la inutilizzabilità delle captazioni e intercettazioni nei confronti dell'onorevole Ferri, ma, soprattutto, Presidente, votare oggi a favore significa interferire sull'attività precipua della Sezione Disciplinare del CSM, impedendole, di fatto, di valutare, se, nel merito, ci sia stata o meno una violazione del codice deontologico da parte dell'onorevole Ferri, vuol dire distorcere una guarentigia costituzionale, trincerarsi dietro di essa, impedendo al CSM di fare luce su una vicenda che ha gravemente minato il prestigio, l'autorevolezza e la credibilità, non solo del CSM, ma dell'intero ordine giudiziario. Votare a favore significa infliggere una nuova grande ferita a quei magistrati che quotidianamente svolgono con coscienza e professionalità la loro funzione al fianco dei cittadini e al servizio della giustizia. Noi, Presidente, questo non possiamo e non vogliamo permetterlo. Per tutte queste ragioni, dichiaro e ribadisco il voto contrario del MoVimento 5 Stelle alla costituzione in giudizio della Camera nel conflitto di attribuzione in questione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore il deputato Pittalis. Ne ha facoltà.

PIETRO PITTALIS (FI-PPE). Grazie, Presidente. La Camera, come è stato ricordato, nella scorsa legislatura ha negato, a larghissima maggioranza, l'autorizzazione all'utilizzo delle captazioni informatiche che hanno interessato l'onorevole Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa, allora deputato in carica, nell'ambito della nota vicenda che ha, come principale indagato, il dottor Luca Palamara. Il deliberato della Camera è stato assunto - questo lo voglio ricordare ai colleghi del MoVimento 5 Stelle - non sulla base di valutazioni politiche o di appartenenza, ma sulla base di valutazioni tecnico-giuridiche, soprattutto all'esito di un esame obiettivo di tutti gli elementi presenti agli atti d'indagine che hanno escluso, in modo inequivocabile, la casualità delle conversazioni intercorse tra l'allora deputato Cosimo Ferri e il dottor Palamara.

Vi sono ragioni oggettive più che fondate, dunque, per resistere ad una iniziativa della sezione disciplinare del CSM, che si ostina a non tenere conto delle emergenze investigative solari. Voglio ricordarne almeno due: da un lato, la circostanza dell'assidua frequentazione tra il principale indagato, cioè il dottor Palamara, e l'onorevole Ferri, circostanza che è stata evocata dagli stessi magistrati e dalla stessa Polizia giudiziaria; dall'altro, il perimetro e l'obiettivo delle indagini: da molteplici e complesse attività investigative poste in essere, dalle stesse qualificazioni e apprezzamenti fatti sulla persona dell'allora onorevole Ferri traspare, traspare - penso che la collega del MoVimento 5 Stelle abbia letto gli stessi atti che ho letto anch'io - come lo stesso fosse ricompreso nel perimetro delle indagini, tant'è che gli stessi inquirenti, sebbene l'onorevole Ferri non fosse formalmente iscritto nel registro degli indagati, segnalano al magistrato (lo riporto testualmente) che la relazione esistente tra Palamara e Ferri segna “un percorso investigativo da approfondire”. E mi pare che questo sia, di per sé, sufficiente per escludere la casualità delle conversazioni intercorse tra Ferri e Palamara.

Allora, lo dico serenamente: badate, non sono tanto preoccupato per quello che ho sentito dai banchi del MoVimento 5 Stelle, ma sono seriamente preoccupato, perché un organo costituzionale, appunto il Consiglio Superiore della Magistratura, insiste nel voler utilizzare atti la cui acquisizione è avvenuta in modo non soltanto illegale, ma direi manifestamente illegale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). Questo lo dico, perché, leggendo il ricorso della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, vi riporto testualmente: “alla Camera spetta soltanto verificare se l'autorità giudiziaria abbia motivato in maniera plausibile circa la necessità dell'utilizzo delle intercettazioni”. No, signori componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, alla Camera spetta verificare anche e soprattutto la legittimità dell'utilizzo delle intercettazioni ed è questa la ragione per la quale ritengo che la Camera debba difendere un proprio deliberato, non solo a tutela delle prerogative di un parlamentare, ma anche perché si tratta di difendere i principi cardine di uno Stato democratico, cioè i principi dello stato di diritto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, la proposta che la Camera dei deputati si costituisca in giudizio in relazione al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva [per 202 voti di differenza].

La Camera ha pertanto deliberato di costituirsi in giudizio innanzi alla Corte costituzionale.

Seguito della discussione della proposta di modificazione al Regolamento (Modifiche al Regolamento relative ad adeguamenti conseguenti alla riduzione del numero dei deputati) (Doc. II, n. 5).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di modificazione al Regolamento (Modifiche al Regolamento relative ad adeguamenti conseguenti alla riduzione del numero dei deputati) (Doc. II, n. 5).

Ricordo che nella seduta di ieri, martedì 29 novembre, si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame delle proposte di princìpi e criteri direttivi - Doc. II, n. 5)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame della proposta di modificazione al Regolamento (Modifiche al Regolamento relative ad adeguamenti conseguenti alla riduzione del numero dei deputati) (Vedi l'allegato A).

Avverto che sono state presentate, a norma dell'articolo 16, comma 3-bis, del Regolamento, tre proposte di princìpi e criteri direttivi per la riformulazione del testo della Giunta (Vedi l'allegato A).

Passiamo, quindi, all'esame di tali proposte.

Ha chiesto di intervenire il relatore, deputato Federico Fornaro, per illustrare l'orientamento espresso dalla Giunta sulle suddette proposte di princìpi e criteri direttivi. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO , Relatore. Grazie, signor Presidente. La Giunta per il Regolamento si è riunita questa mattina ai sensi del Regolamento della Camera e, quindi, rispetto alle proposte emendative presentate dai colleghi Zaratti, Zanella, Dori e Ghirra, è arrivata a questa determinazione.

C'è, per quel che riguarda la proposta n. 1, un invito al ritiro, perché il tema posto, che è oggetto di questo emendamento, verrà considerato nel quadro più generale del funzionamento dei gruppi. Quindi dobbiamo intervenire nella seconda fase, come ho ricordato ieri nella relazione. Questa seconda fase si occuperà di tutta una serie di questioni, tra cui il tema dei gruppi, e quindi ritornerà anche la questione del numero. Allo stesso modo, c'è una richiesta di invito al ritiro anche per la proposta n. 2, perché anch'essa esce sostanzialmente dai confini di questa proposta di modifica regolamentare, che è limitata solo a quorum di carattere numerico. Qui, sostanzialmente, si introduce una possibilità di deroga rispetto al quorum minimo per il singolo presidente di gruppo, quindi non sommando i presidenti. Anche questa è una questione che la Giunta per il Regolamento ritiene fondata, ma anch'essa rientra in una revisione globale del ruolo dei gruppi e, quindi, conseguentemente, anche dei capigruppo.

C'è una proposta di invito al ritiro anche sulla proposta n. 3 perché la soppressione, l'abrogazione e le modifiche disposte dal testo riguardano norme ritenute unanimemente superate o desuete.

PRESIDENTE. Ricordo che per l'approvazione delle modificazioni al Regolamento è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Camera, a norma dell'articolo 16, comma 4, del Regolamento. Ora chiedo ai presentatori delle proposte in oggetto se intendano ritirarle, ovvero insistano per la loro votazione. Ha chiesto di parlare il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.

FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signora Presidente. Accogliamo l'invito del relatore a ritirare gli emendamenti, a sottolineare il nostro spirito collaborativo su questa questione del Regolamento. Non spiego i motivi, perché vorremmo dare a tutti i deputati e le deputate la possibilità di partecipare alla celebrazione della messa del compianto Bobo Maroni, e quindi mi limiterò a fare un breve intervento in dichiarazione di voto e spiegherò anche i motivi per cui abbiamo acceduto a questa richiesta.

(Dichiarazioni di voto - Doc. II, n. 5)

PRESIDENTE. Essendo state testé ritirate dai presentatori le proposte di principi e criteri direttivi, passiamo direttamente alle dichiarazioni di voto sul testo del Doc. II, n. 5.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alessandro Colucci. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO COLUCCI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Da poche settimane è nato il gruppo Noi Moderati e quindi, recentemente, nella mia persona, sono stato indicato come componente in rappresentanza di Noi Moderati nella Giunta per il Regolamento. Devo dire che, rispetto all'importante lavoro che i relatori Iezzi e Fornaro hanno svolto sulla modifica del Regolamento che è quest'oggi all'attenzione dei colleghi, non abbiamo potuto dare un contributo significativo. Però rispettiamo molto il lavoro che è stato fatto, seppure sia un lavoro iniziale e parziale, perché molte sono le cose che, credo, la Giunta per il Regolamento dovrà fare proprio in relazione a uno strumento che viene utilizzato per regolare l'attività all'interno dell'Aula, che viene utilizzato per tutta l'attività, comprese le Commissioni, e quello che riguarda la vita di un parlamentare.

Quindi crediamo che quello di oggi sia un primo passaggio, ma pensiamo che all'interno di queste novità ci siano degli aspetti importanti. Intanto, viene concessa la possibilità di costituire un gruppo parlamentare nel momento in cui ci sono 14 deputati che esprimono tale intenzione. Certo, rispetto al Senato, dove è prevista la composizione di un gruppo minimo di 6 senatori, ci si aspettava che, magari, alla Camera potessero essere 12, ma abbiamo compreso le necessità e le istanze della maggioranza dei componenti della Giunta per il Regolamento, che poi rappresentano i gruppi parlamentari, e quindi capiamo che un punto di equilibrio su cui anche noi concordiamo sia quello di 14 componenti.

Rimangono, tuttavia, alcuni aspetti, su cui ci aspettiamo, nella seconda parte del lavoro che si svolgerà da qua sino alla conclusione dell'anno prossimo, importanti novità. Intanto, un gruppo parlamentare come il nostro, della nostra dimensione, di 9 deputati, non può avere una rappresentanza adeguata in tutte le Commissioni, perché 9 parlamentari siamo e 9 Commissioni possiamo occupare. Sapete che le Commissioni sono 14 e crediamo che sia necessario prendere atto di questa necessità.

Contestualmente, ci sono delle divergenze fra Senato e Camera, che comportano anche delle disparità: ad esempio, la possibilità di costituire un gruppo al Senato con 6 parlamentari e alla Camera con 14, comporta, sul tema delle bicamerali, il rischio che un gruppo come il nostro favorisca esclusivamente partecipanti alle bicamerali che arrivano dall'altro ramo del Parlamento, ovvero dal Senato.

Crediamo che ci siano tanti aspetti a cui dedicarsi. Siamo fiduciosi che, successivamente a questo primo e necessario passaggio, si dovranno fare altre iniziative, perché tanti colleghi sono stati eletti in questa legislatura come prima occasione e, arrivando da altre assemblee, dai comuni e dalle regioni, hanno rilevato delle diversità rispetto al modo in cui si opera all'interno della Camera, all'interno del Parlamento, rimanendo ogni tanto anche sorpresi rispetto ad alcune consuetudini, ad alcune prassi della Camera e del Senato. Credo che alcune di queste facciano parte anche di una tradizione e di un modo di operare che non devono essere assolutamente stravolti, ma ci sono altri passaggi, invece, che rischiano di inficiare il buon funzionamento del Parlamento, ad esempio il bicameralismo che, certe volte, anzi, nella stragrande maggioranza delle occasioni, è un monocameralismo, perché tanti colleghi sanno - e altri lo scopriranno nei prossimi mesi e nei prossimi anni di lavoro - che molte volte, quando c'è un provvedimento in prima lettura in un ramo del Parlamento, poi l'altro ramo è costretto semplicemente ad approvare ciò che è stato fatto in prima lettura. Quindi, penso che queste distorsioni, se ci deve essere un vero bicameralismo e quindi un contributo da parte di Camera e Senato sui provvedimenti, attraverso lo strumento del Regolamento possano essere corrette e migliorate.

Non vado avanti a fare altri esempi perché sarebbero numerosi, però credo che il lavoro che potremo svolgere all'interno della Giunta per il Regolamento è sicuramente importante, può migliorare l'efficienza dell'attività parlamentare e l'efficacia dei nostri provvedimenti, e credo quindi che questo sia un buon inizio e un buon auspicio per lavorare con più incisività e più decisione, tenendo conto che il Regolamento deve garantire anche la pluralità delle presenze e delle rappresentanze, e quindi tutelare anche i gruppi più piccoli, perché poi nella storia repubblicana capita spesso che i grandi gruppi di oggi un giorno tornino piccoli e i gruppi piccoli di oggi un giorno potranno diventare grandi.

Quindi, credo che vi sia un interesse diffuso, da parte di tutti, a poter garantire una corretta struttura del Regolamento, che consenta a tutti di dare il proprio contributo, che è nient'altro che quello che ci danno come mandato gli elettori quando votano i partiti: vogliono essere rappresentati, e la rappresentanza deve essere compiuta, piena ed efficace (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.

FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signora Presidente. Abbiamo apprezzato la relazione del collega Fornaro nella giornata di ieri, che ha illustrato i motivi per cui la Giunta per il Regolamento ha deciso di procedere su un cosiddetto doppio binario: le prime modifiche necessarie, che sono quelle numeriche, e poi un più approfondito riesame del Regolamento.

Penso una cosa, ossia che la legislatura si è avviata, i gruppi si sono formati e crediamo che forse sarebbe stato meglio, sarebbe stato più giusto, più utile, procedere immediatamente a una riforma più approfondita, perché questo Regolamento ha bisogno di una riforma, di un check-up importante. La riduzione dei parlamentari ha determinato non soltanto una snellezza nel dibattito, una riduzione dei costi, come qualcuno ha detto, ma ha rappresentato anche, ahimè, una riduzione significativa della rappresentanza. Anche molti costituzionalisti nei mesi passati si sono interrogati su come i Regolamenti, il Regolamento della Camera in modo particolare, debbano essere riformati per riequilibrare questa contrazione di rappresentanza, garantendo maggiori strumenti alle minoranze. Questo avrebbe dovuto significare che i numeri minimi dovevano essere rivisti al ribasso rispetto alla pura proporzione matematica, ma anche prevedere maggiori strumenti di controllo, di verifica, di possibilità di intervenire per i gruppi parlamentari più piccoli. Un esempio tra tutti è il numero necessario per la richiesta di verifica del numero legale, in particolare nelle Commissioni, dove due gruppi piccoli non potrebbero, nemmeno insieme, promuovere questa verifica. Si tratta di strumenti a garanzia della qualità delle deliberazioni, anche se spesso sono utilizzati per fare ostruzionismo, ma non possono essere eliminati.

Ci sono questioni, quindi, che devono riguardare gli spazi di democrazia, norme che tutelino la possibilità di intervenire, di controllare gli atti della maggioranza, una maggiore possibilità da parte delle minoranze di avere un ruolo di controllo cosciente. Spesso, nell'organizzazione di questo Regolamento, la possibilità di esercitare fino in fondo il ruolo di parlamentare della Repubblica e il ruolo di gruppo di minoranza sono interdetti da tutta una serie di normative. Per questo ci saremmo aspettati un lavoro più definitivo, anche se siamo fiduciosi sul fatto che la Giunta per il Regolamento questo ruolo lo possa svolgere.

Avevamo proposto emendamenti che riguardavano la costituzione dei gruppi, lo ha detto il collega di Noi Moderati poc'anzi, facendo riferimento al fatto che al Senato si è deciso di formare i gruppi sulla base di sei senatori.

La scelta che è stata fatta alla Camera dei deputati non soltanto di seguire un criterio rigido, matematico, per la formazione dei gruppi, ma addirittura di aumentare la quota necessaria per formare i gruppi parlamentari, è una scelta che secondo noi va controcorrente rispetto a quelle che sono le necessità di riforma del Regolamento, così come anche per quanto riguarda l'articolo 14 che, al comma 2, prevede le deroghe al numero di deputati per costituire un gruppo parlamentare. In questa norma vi è la previsione di 300 mila voti di lista per poter accedere alla deroga; forse, considerato il fatto che il numero dei votanti, ahimè, purtroppo cala sempre di più, sarebbe necessario individuare magari un criterio percentuale che possa determinare una maggiore precisione nell'individuare chi possa avere diritto alla formazione di un gruppo.

Ci sono altre modifiche, disposizioni che in questo caso sono state abrogate, collega Fornaro; disposizioni che probabilmente sono state utilizzate pochissimo in passato e che sono considerate desuete, però voglio prestare attenzione a queste norme perché queste sono le norme che riducono gli spazi di democrazia e delle prerogative dei parlamentari. Faccio un esempio: c'è la norma che prevede il fatto che un presidente di gruppo e un certo numero di deputati possano dare indicazioni difformi da quelle della Giunta per le autorizzazioni o del Presidente.

Quindi, si tratta di questioni che riguardano le prerogative dei singoli deputati e dei gruppi. Noi pensiamo che sarebbe stato apprezzabile un ridimensionamento dei numeri, se fosse stato rigidamente proporzionale e spero che nel prossimo lavoro che la Giunta sarà chiamata a fare, alla quale parteciperà anche la nostra collega Ghirra, e ringraziamo anche dell'allargamento chi si è prodigato per poterlo fare, questo criterio di un nuovo Regolamento, che tenga conto della riduzione dei parlamentari e del fatto che i parlamentari devono avere la maggiore possibilità di intervenire sul controllo, sulla verifica, sulla possibilità di ampliare in questo modo la rappresentanza, sia al centro della riforma del Regolamento che noi auspichiamo e alla quale vogliamo partecipare (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Signori del Governo, onorevoli colleghi, come già ricordato, la Giunta per il Regolamento è intervenuta e propone all'Aula una prima modifica del Regolamento, che anticipa un secondo binario, che vuole essere più sostanziale e affrontare temi che non siano semplicemente quelli dei quorum numerici. In questo caso, più che di una dichiarazione di voto, trattandosi di una mera modifica numerica, potremmo parlare di una dimostrazione matematica. Potremmo dire, come volevasi dimostrare, perché si tratta di prendere alcuni quorum e moltiplicare per due terzi, arrotondando all'unità superiore. Però anche questo semplice esercizio mette in luce come vi siano eccezioni. Infatti, laddove questi numeri fanno riferimento a delle funzioni che rappresentano l'intera Aula, si è ritenuto opportuno non operare questo tipo di proporzione, proprio a salvaguardia della funzione che rimane immutata, che i deputati siano 630 o che i deputati siano 400.

Alcuni cambiamenti sono meramente formali, perché saranno poi superati, come sono stati superati nei fatti, da princìpi come quello della rappresentanza dei gruppi, che quindi vanno in deroga anche a queste modifiche meramente aritmetiche. Allora, anche la semplice osservazione di queste piccole modifiche ci porta a riflettere come, laddove siamo chiamati, come iniziamo a fare questa sera, a modificare il Regolamento per recepire un'importante modifica costituzionale, come quella del taglio dei parlamentari, in realtà si aprono riflessioni che vanno ben al di là delle questioni meramente aritmetiche; riflessioni che chiamano in causa la funzione dello stesso Parlamento e chiamano anche in causa la tutela delle prerogative di noi parlamentari. Ne evinciamo, già da questo piccolo inizio, che probabilmente non riusciremo a sciogliere, in questa modifica del Regolamento a Costituzione vigente, le ambizioni che sono state rappresentate, il tema della frammentazione dei gruppi, ma soprattutto il tema della possibilità data ai parlamentari e a quest'Aula di svolgere il proprio compito primario, ossia legiferare, e legiferare nei tempi che il Paese richiede, avendo spazi che non siano sempre più compressi dall'iniziativa del Governo.

Ecco allora che, se questa sera rimandiamo a un intervento più cospicuo nel secondo binario, già apriamo la riflessione su come, accanto alla modifica del Regolamento, dovremo probabilmente porre in essere nuove modifiche costituzionali, prendendo atto di come ci troviamo semplicemente a metà del guado. Il taglio dei parlamentari non può rappresentare, non ha rappresentato, non rappresenterà la soluzione di questi temi che vengono posti. In particolare, la soluzione del tema più cogente negli ultimi vent'anni, potremmo dire, che è la possibilità dei parlamentari di vedere discussi in Aula i propri disegni di legge e del Parlamento di poter essere l'artefice delle leggi e non semplicemente il notaio che si limita ad apportare qualche modifica.

Sia, allora, di buon auspicio il lavoro che ha svolto la Giunta e che viene sottoposto all'Aula, che ha visto fin qui, anche grazie al ritiro di emendamenti, una posizione unanime, ma sia di buon auspicio soprattutto laddove ci inviti ad abbandonare quei percorsi un po' populisti che si sono immaginati come la soluzione di tutti i mali con il semplice taglio dei parlamentari e si rimetta mano a quella riflessione che sostanzialmente affronti il tema del bicameralismo paritario e del suo essere oggi anacronistico. Ecco che allora un lavoro sul Regolamento, importante e centrale per i funzionamenti dell'Aula, si potrà e si dovrà trasformare in un lavoro di riforma costituzionale o di accompagnamento a riforme che non possono che essere di carattere costituzionale. Detto questo, non resta altro che annunciare il voto favorevole o meglio, come diremmo nel caso di una dimostrazione matematica, con il CVD, come volevasi dimostrare, e in questo caso DVF, cioè dichiarazione di voto favorevole da parte del nostro gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Nazario Pagano. Ne ha facoltà.

NAZARIO PAGANO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Intervengo brevemente e dico subito che annuncio il voto favorevole del gruppo di Forza Italia su queste modifiche del Regolamento che la Giunta per il Regolamento, presieduta ottimamente dal Presidente Fontana, ha inteso decidere all'unanimità in questi giorni, ma che toccano sostanzialmente solo una parte provvisoria e iniziale di un più ampio lavoro che va fatto per adeguare il Regolamento. Diciamo che queste norme riguardano pressoché esclusivamente i quorum previsti non solo per i gruppi parlamentari, ma anche per altri organismi della Camera dei deputati e, quindi, diciamo che la Giunta per il Regolamento è stata costretta ad adeguarsi a quel che è avvenuto con la riduzione del numero dei parlamentari, cui ha fatto cenno poco fa il collega che mi ha preceduto. È stata una riforma costituzionale che io ho contestato vibratamente nella passata legislatura, che non ho condiviso e che ha ridotto la rappresentanza del popolo italiano nelle due Camere, però questo è e pertanto la Giunta per il Regolamento è stata costretta ad adeguarsi. L'avrebbe potuto fare - ed è giusto che io lo rammenti - già nella passata legislatura, perché c'è stato un deputato di Forza Italia, che io qui voglio ricordare, l'onorevole Simone Baldelli (Applausi) che già nel maggio 2021, dopo la riduzione del numero dei parlamentari, cioè dopo che il referendum diede semaforo verde a quella iniziativa che fu svolta a livello parlamentare, che di fatto aveva già previsto che i vari quorum, che erano evidentemente diretta conseguenza della riduzione del numero dei parlamentari, venissero rivisti. Anzi, egli spiegò che si trattava di una modifica minimale, anche per evitare che vi fossero problemi tra maggioranza e opposizione, tra diverse posizioni politiche in campo, perché anche nel Regolamento è giusto che posizioni differenti vengano manifestate con una diversa evidente posizione anche sui temi più significativi. Quindi, fu una proposta che doveva servire in tal senso, ma non si colse questo senso nella passata legislatura. Lo si coglie adesso. C'è un voto unanime e voteremo tutti a favore semplicemente di queste proposte minimali, ma quel che più conta è che già emerge - ed è stato detto anche dai relatori - la necessità di un adeguamento più ampio di un Regolamento che ha fatto il suo tempo, perché qui alla Camera è giusto ricordare che vi è un Regolamento che disciplina i lavori interni alla Camera dei deputati differente rispetto a quello che c'è nell'altro ramo del Parlamento, il Senato della Repubblica.

Io nella passata legislatura ero un senatore e posso dirvi che credo che non vi sia nessuna lesione dei diritti delle minoranze o delle opposizioni, eppure il Regolamento della Camera penalizza in tal senso l'azione e il lavoro che viene svolto nelle Commissioni o qui in Aula, in Assemblea. Allora, penso che quel che è stato definito secondo binario, cioè un lavoro da svolgere in Giunta per il Regolamento nei prossimi mesi, sia fondamentale per un migliore svolgimento dei lavori dell'Assemblea, perché gli stessi parlamentari possano svolgere i propri compiti in modo più adeguato, anche più attento e più accorto, pur nel rispetto delle diverse prerogative e delle diverse posizioni in campo fra maggioranza e opposizione.

Voglio ricordare come, per esempio, sia assolutamente necessario una sorta di patto di responsabilità tra maggioranza e opposizione. Quando si stabiliscono le regole del gioco è giusto siano stabilite insieme tra maggioranza e opposizione, anche perché oggi chi è maggioranza potrebbe non esserlo in futuro e viceversa. Quindi, è giusto e naturale che quando si parla di riforme costituzionali, ma anche e soprattutto quando si parla di riforma del Regolamento dei lavori dell'Assemblea e della Camera dei deputati - ed è uno strumento di lavoro fondamentale per i parlamentari - si tenga conto anche di questo aspetto. Un patto di responsabilità è assolutamente necessario in questa legislatura, che vuole essere una legislatura di riforma e di riforme non solo costituzionali. Io credo che sia assolutamente necessario da parte di tutti i gruppi parlamentari presenti alla Camera dei deputati questa sorta di patto di responsabilità e mi auguro che dal lavoro di questo secondo binario di riforma della Giunta per il Regolamento si arriverà alla soluzione di tanti problemi senza obbligare a scorciatoie le maggioranze attuali. Annuncio, come dicevo all'inizio, il voto favorevole del gruppo di Forza Italia su questo primo provvedimento di riforma della Giunta per il Regolamento. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Valentina D'Orso. Ne ha facoltà.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, ci accingiamo a portare ad approvazione alcune modifiche al Regolamento della Camera già licenziate all'unanimità dalla Giunta per il Regolamento. Si tratta di poche modifiche dalla portata in fin dei conti limitata, aventi la finalità di adeguare il quorum richiesto per l'esercizio di talune prerogative parlamentari e l'attivazione di strumenti e procedure rispetto alla riduzione del numero dei deputati, frutto della riforma costituzionale che ha prodotto il cosiddetto taglio dei parlamentari, per la quale - ricordo a me stessa - quasi il 70 per cento dei cittadini si è espresso favorevolmente in occasione del referendum del 20 e 21 settembre 2020.

Non mi soffermo sulla descrizione minuziosa delle modifiche, perché rinvio a quanto profusamente illustrato dai relatori ieri, ma mi limito a svolgere alcune considerazioni di più ampio respiro. Le modifiche oggi proposte sono lo scheletro molto scarno di un impianto che era ben più ambizioso ed articolato e che fu esito di un percorso intrapreso nella scorsa legislatura già all'indomani dell'approvazione della riforma costituzionale, ma che non è riuscito a vedere la luce non tanto per lo scioglimento anticipato delle Camere, quanto perché non ha trovato l'auspicata massima condivisione tra i gruppi parlamentari componenti la Giunta precedente.

La nuova Giunta si è, quindi, trovata a fare una scelta direi necessitata: quella di procedere speditamente all'adeguamento numerico per evitare distorsioni nell'esercizio delle prerogative parlamentari, con ricadute evidenti in termini di compressione dei diritti anche delle minoranze rappresentate alla Camera e per evitare la paralisi del regolare svolgimento dei lavori parlamentari, rinviando a un secondo momento, quello che abbiamo definito un secondo binario, le modifiche più sostanziali, di sistema, quelle dalla portata più innovativa per le quali è certo necessario un maggiore approfondimento, un dibattito schietto e non compresso nei tempi e per le quali sarà necessario avere una visione di insieme rispetto al funzionamento efficiente e coerente di questa Camera, cuore pulsante della democrazia, l'organo che dovrebbe esprimere il potere legislativo. Il condizionale è d'obbligo e non lo dico a caso, perché ormai da decenni - non possiamo tacerlo - assistiamo allo spostamento del baricentro dell'attività legislativa verso il Governo, spostamento fondato a volte a ragione, ma altre volte meno, su motivi di necessità ed urgenza. Assistiamo talvolta a un'eccessiva dilatazione del concetto di urgenza che risponde probabilmente, però, a una verità di fondo su cui vi invito a riflettere. Il Parlamento non riesce oggi a stare al passo con i tempi in cui viviamo.

La realtà sembra andare più veloce dell'istituzione; in una società complessa come quella contemporanea, ogni giorno si impongono nuovi eventi da governare, nuovi fenomeni sociali da disciplinare e nuovi problemi a cui dare risposte, ma questo non può e non deve essere l'alibi per esautorare il Parlamento della funzione allo stesso affidata dalla nostra Costituzione; piuttosto, dovrebbe spingerci a una seria riflessione e allo studio di soluzioni che possano restituire centralità alla Camera, rendendo più snelle e celeri le sue procedure, ma mantenendo intatte tutte le garanzie e le tutele previste per le opposizioni, mantenendo inalterati i rapporti tra Governo e Parlamento, così come sono consacrati nella nostra Carta costituzionale, preservando la qualità dei provvedimenti legislativi.

È una sfida molto ambiziosa, ma che è arrivato il momento di affrontare e da cui non possiamo più sottrarci; è la sfida che già da domani ci aspetta in quel cosiddetto secondo binario, lo ripeto: celerità e semplicità delle procedure, garanzie e tutele per le opposizioni, rispetto della Costituzione, qualità dei provvedimenti legislativi e, aggiungo, massimo rispetto della volontà popolare espressa con il voto e, dunque, la garanzia della piena rappresentatività. Sono questi gli obiettivi che da sempre il MoVimento 5 Stelle si prefigge e che hanno ispirato le proposte di modifica del Regolamento presentate nelle precedenti legislature e già nuovamente presentate anche in questa. Sono questi gli obiettivi che forse, prima ancora, hanno ispirato la riforma del taglio dei parlamentari. La stessa riduzione del numero dei deputati, se ci pensate, avrà ricadute positive sulla celerità dell'iter legislativo, ma avremo modo di sperimentarlo e verificarlo man mano che entreremo nel vivo e nel pieno dell'attività parlamentare. Quanto alla qualità dei provvedimenti, noi ad esempio riteniamo che una razionalizzazione del numero delle Commissioni permanenti, con accorpamento di quelle Commissioni che ormai trattano materie trasversali e multidisciplinari - ed è una modifica che già abbiamo presentato e sottoporremo alla Giunta - potrà migliorare la qualità dei provvedimenti e agevolarne l'esame, diventando così, la Commissione, la sede naturale per fare sintesi e operare bilanciamenti tra i vari ambiti coinvolti. Un esempio per tutti: l'accorpamento della Commissione agricoltura con la Commissione attività produttive restituirebbe una fotografia più aderente alla realtà del Paese, in cui l'esercizio dell'agricoltura è oggi sempre più legato all'utilizzo di nuove tecnologie, investimenti economici ingenti, sviluppo di imprese per così dire miste, in cui l'esercizio dell'attività agricola si accompagna al commercio di prodotti, attività ricettive o di ristorazione. Insomma, la razionalizzazione delle Commissioni comporterebbe l'auspicabile allineamento con il Senato dove già l'accorpamento, peraltro, è avvenuto. Avremo modo di sperimentare se questo disallineamento porterà problemi.

Quanto all'obiettivo del rispetto della volontà popolare espressa nelle urne, il MoVimento 5 Stelle sin dalla scorsa legislatura si è battuto per introdurre delle norme regolamentari volte a contrastare e neutralizzare il fenomeno dei cosiddetti cambi di casacca, un trasformismo che ormai è spregiudicato, sempre più spesso legato a interessi di natura personale e non più a progetti politici autentici, riconoscibili e in qualche misura rappresentativi di istanze provenienti dalla cittadinanza. Proporremo una modifica anche rispetto a questi temi e la proporremo finché verrà veramente accolta e vi convinceremo della bontà delle nostre proposte. Il MoVimento 5 Stelle tiene particolarmente all'introduzione di queste norme, cui sarebbe peraltro necessario accordare efficacia immediata sin dalla legislatura in corso, in modo da porre un freno ad un fenomeno divenuto particolarmente odioso agli occhi dei cittadini, che contribuisce a minare la credibilità e l'autorevolezza dell'istituzione e, prima ancora, alimenta la disaffezione dei cittadini per la politica, di cui è prova il preoccupante dato sull'astensionismo toccato nelle ultime elezioni politiche, in cui quasi il 40 per cento dei cittadini non è andato a votare. Ecco, noi proporremo che decadano dalle cariche di Vicepresidente, Questore o Segretario quei deputati che cambieranno il gruppo parlamentare nel corso della legislatura, ad esempio.

Concludo, dichiarando che oggi il nostro voto è favorevole alle proposte di modifica in votazione, però tengo a ribadire nuovamente questo concetto: il ripristino della centralità e dell'autorevolezza del Parlamento può dipendere anche da riforme più o meno incisive che toccano il Regolamento, sicché ci aspetta un delicatissimo e rilevante compito che mi auguro saremo, come Giunta, all'altezza di affrontare con impegno e determinazione e, perché no, anche con una buona dose di coraggio, meno ingessati dal passato e più proiettati verso il futuro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Iezzi. Ne ha facoltà.

IGOR IEZZI (LEGA). Presidente, colleghi, finalmente approviamo questo testo, una riforma, l'abbiamo definita così; in realtà, si tratta, credo che ce ne rendiamo conto tutti, di una sorta di adeguamento numerico di tutti i quorum previsti all'interno del Regolamento seguente al taglio dei parlamentari. In estrema sintesi, si è fatto un lavoro molto semplice: dove il taglio dei parlamentari era stato del 36 per cento, si sono tagliati, tranne alcune eccezioni molto ben motivate, tutti i quorum previsti all'interno del Regolamento. Penso, per esempio, ai numeri necessari per formare un gruppo parlamentare, oppure ai numeri necessari per poter chiedere il numero legale durante le discussioni e le votazioni in Aula.

Dico “finalmente”, ho esordito dicendo “finalmente”, perché oggettivamente questo testo semplice andava approvato nella legislatura passata; si era cercato di lavorare nella legislatura passata all'interno della Giunta del Regolamento, proprio per permettere a questa legislatura e a questo Parlamento di partire già, quantomeno, con questa base pronta, ma non lo si era potuto fare, perché all'interno della Giunta del Regolamento aveva prevalso in alcuni la volontà di sventolare bandierine politiche durante la discussione. Il risultato qual è stato? È stato che nessuno ha potuto sventolare le proprie bandiere politiche e non si è ottenuto il risultato di portare a casa un testo che fosse conseguente al taglio dei parlamentari.

Mi piace sottolineare il fatto che avevano ragione quelli che, come la Lega, o come, è stato ricordato prima, il collega Baldelli, avevano sempre insistito sulla logica del doppio binario, cioè partire con quelle riforme, con quell'adeguamento numerico che teoricamente doveva essere un meccanismo automatico dopo il taglio del numero dei parlamentari e, poi, procedere con l'intervento nella sostanza del Regolamento, con tutti quegli istituti che necessitano di una forma di ammodernamento. Questo non si è potuto fare, avevamo ragione noi, perché oggi, invece, con la nuova Giunta del Regolamento e anche sulla spinta del Presidente della Camera, si è velocizzato questo processo e, lasciando da parte tutti gli argomenti divisivi, si è riusciti a portare a casa il risultato. Mi auguro che questo risultato possa essere trasmesso anche all'esterno con un voto unanime, che dimostrerebbe che almeno il Parlamento sulle norme base, sulle norme che riguardano tutti noi, riesce a trovare un accordo unanime.

Sottolineo che, ovviamente, finito questo tipo di lavoro, dovremo passare subito a quello che dicevo prima, al secondo binario, che è più complesso per sua natura, perché dovremo discutere di tanti argomenti che sono molto più difficili, divisivi e di una rilevanza maggiore. Ne cito solo alcuni così, a memoria, perché già si era iniziato a discuterne: il problema del trasformismo, del cambio delle casacche, che è un fenomeno del nostro Parlamento che andrebbe limitato fortemente, ma bisogna trovare un equilibrio tra il rispetto degli elettori e dall'altra parte quello che dice il dettato della nostra Costituzione che, ricordiamolo, non prevede un vincolo di mandato; quindi, sarà necessario trovare un equilibrio tra queste due esigenze.

Penso, per esempio, all'istituto della fiducia; credo che qui dentro nessuno non si renda conto del fatto che siano anacronistiche le ventiquattr'ore date per ritrovarsi a discutere dopo che il Governo ha messo la fiducia; per esempio, il Senato ha un Regolamento, su questo punto, del tutto differente rispetto al nostro. Poi, ne cito uno che credo anche questo appaia anacronistico agli occhi di tutti: la gestione degli ordini del giorno. Oggettivamente, gli ordini del giorno scatenano sempre tensioni incredibili all'interno della maggioranza, all'interno dell'opposizione, tra opposizione e maggioranza, quando sappiamo tutti che parliamo di provvedimenti che hanno ricadute concrete prossime allo zero sulla vita dei cittadini, perché poi non è che portino a immediate modifiche di tipo legislativo. Allora, forse, quello che va sottolineato nella giornata di oggi è questo clima: si riesce a portare all'approvazione un testo all'unanimità, perché si è deciso di mettere da parte tutti quelli che sono gli argomenti divisivi e la voglia anche legittima, da parte di politici, di sventolare le proprie bandiere politiche.

Allora io mi auguro davvero che questo sia il clima che si potrà, poi, respirare all'interno della Giunta per il Regolamento e all'interno del Parlamento anche quando andremo a fare il secondo binario, perché quella sarà la prova del nove della volontà che abbiamo di dare a questo Paese delle istituzioni più veloci, più moderne e capaci di rispondere in maniera più efficace alle richieste, ai bisogni e alle esigenze dei nostri cittadini. Grazie a tutti per il lavoro che abbiamo fatto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Madia. Ne ha facoltà.

MARIA ANNA MADIA (PD-IDP). Grazie, Presidente. La proposta di modifica di Regolamento che stiamo discutendo e su cui annuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico nasce come base di partenza nella scorsa legislatura da un lavoro formulato dai relatori e adottato dalla Giunta per il Regolamento. Noi stiamo riadeguando alcuni parametri numerici alla luce della diminuzione dei deputati che c'è stata con la riforma costituzionale nella passata legislatura e, in particolare, sono due gli ordini numerici, i parametri numerici che noi stiamo modificando. I primi riguardano organi previsti e disciplinati dal nostro Regolamento; i secondi parametri riguardano, invece, dei numeri procedurali, dei quorum che consentono l'esercizio di prerogative parlamentari.

Per quanto riguarda il primo gruppo di parametri numerici, quelli che riguardano gli organi, in particolare noi stiamo agendo sul numero minimo di deputati per comporre un gruppo politico, che passa da 20 a 14 e, conseguentemente, diminuisce anche il requisito numerico minimo per le componenti politiche del gruppo Misto, che passa da 10 a 7, e stiamo rivedendo anche la composizione della Giunta delle elezioni e della Giunta per le autorizzazioni che, rispettivamente, passano, queste due Giunte, da 30 a 20 deputati e da 21 a 15 deputati. La scelta operata per questo tipo di modifiche di parametri numerici legati agli organi è quella di far decorrere queste modifiche dalla prossima legislatura, per una ragione ovvia a tutti e, cioè, il fatto che questi organi, in questa legislatura, sono già stati costituiti.

Per quanto riguarda, invece, le riforme di parametri procedurali, ne citerò alcune: la procedura per le modifiche regolamentari, le formulazioni di proposte alternative a quelle presentate dalla Giunta per le autorizzazioni, la presentazione delle pregiudiziali, la richiesta di votazione nominale, l'assegnazione di progetti di legge, la presentazione di subemendamenti; ce ne sono altre che, puntualmente, si potrebbero elencare e che, comunque, si trovano nell'articolato, abbiamo deciso, invece, che si potesse procedere già dal prossimo gennaio a far decorrere queste modifiche proprio perché, non trattandosi di organi, ma di parametri procedurali, non c'è l'impedimento della già costituzione degli organi.

Come diceva il collega Iezzi - e vado a concludere -, l'intesa tra i gruppi è che, una volta approvata questa riforma, che è una riforma minimale, è una riforma direi dovuta, che ci sarebbe dovuta anche essere prima alla luce, appunto, della riduzione dei deputati, si dovrà procedere a una discussione più ampia, più profonda, più anche coraggiosa per fare in modo, così come il Senato ha già fatto, di razionalizzare anche i lavori di questo ramo del Parlamento. E io credo che, nella discussione che ci sarà tra tutti i gruppi politici nella Giunta per il Regolamento, gli obiettivi che dovremmo darci sono quattro. Il primo - lo citava anche il collega Iezzi prima di me - è quello di limitare quanto più possibile, ovviamente nel rispetto della nostra Costituzione, il trasformismo in quest'Aula e, quindi, il passaggio dei deputati da un gruppo ad un altro. Il secondo obiettivo è quello di provare ad individuare degli iter legislativi preferenziali che possano aiutarci, aiutare il sistema, aiutare il rapporto Parlamento-Governo nel limitare l'uso e l'abuso della decretazione d'urgenza che in questi anni, con tutti i Governi, purtroppo, abbiamo visto susseguirsi.

Il terzo obiettivo, che ritengo molto importante e al quale si è sempre data troppa poca importanza, sarebbe quello di riuscire ad attuare, a rafforzare la funzione di controllo del Parlamento sull'attività del Governo, in particolare sull'attuazione delle leggi. Se c'è un problema che ha l'Italia è il fatto che si susseguono riforme che mai vengono attuate. Il Parlamento su questo, mi auguro a partire dalla riforma del Regolamento, potrebbe avere un ruolo molto importante. Infine - concludo - il quarto obiettivo è quello di superare le tante disposizioni desuete che ci sono. Iezzi citava la necessità, ancora, di far decorrere le 24 ore dalla posizione della questione di fiducia alla votazione; ne cito una, ce ne sono diverse.

Su tutti questi punti, con questi obiettivi, auspico davvero che questa legislatura, la XIX, possa consegnare alla Camera dei deputati un Regolamento che consenta di lavorare in modo più razionale e, quindi, possa anche rispondere, almeno per quota parte, alla fragilità che oggi sconta la nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Prima di procedere alla votazione, ricordo che per l'approvazione delle modificazioni al Regolamento è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Camera, a norma dell'articolo 16, comma 4, del Regolamento.

(Coordinamento formale - Doc. II, n. 5)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

(Votazione ed approvazione – Doc. II, n. 5)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul Doc. II, n. 5.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 28).

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di dicembre 2022.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stata convenuto il seguente calendario dei lavori per il mese di dicembre:

Giovedì 1° dicembre (ore 9.30)

Informativa urgente del Governo in ordine ai tragici eventi alluvionali e franosi occorsi nell'isola di Ischia e alla messa in sicurezza del relativo territorio

Venerdì 2 dicembre (ore 9.30)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 547 - Conversione in legge del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri (da inviare al Senato – scadenza: 10 gennaio 2023)

Lunedì 5 (ore 12-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24), martedì 6 (ore 9.30-13.30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e mercoledì 7 dicembre (ore 9,30- 13,30 e 16-20)

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 547 - Conversione in legge del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri (da inviare al Senato – scadenza: 10 gennaio 2023)

Eventuale seguito degli argomenti previsti nella seduta del 30 novembre e non conclusi

Mercoledì 7 dicembre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata

Venerdì 9 dicembre (ore 9.30)

Svolgimento di interpellanze urgenti

Lunedì 12 dicembre (ore 10 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 299 – Conversione in legge del decreto-legge 8 novembre 2022, n. 169, recante disposizioni urgenti di proroga della partecipazione di personale militare al potenziamento di iniziative della NATO, delle misure per il servizio sanitario della regione Calabria, nonché di Commissioni presso l'AIFA (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 7 gennaio 2023)

Martedì 13 dicembre (ore 9.30 -13.30)

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2022

Mercoledì 14 dicembre (ore 9. 30–13 . 30 e 16–20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24 e eventualmente nella giornata di giovedì 15 dicembre)

Seguito dell'esame del disegno di legge S. 299 – Conversione in legge del decreto-legge 8 novembre 2022, n. 169, recante disposizioni urgenti di proroga della partecipazione di personale militare al potenziamento di iniziative della NATO, delle misure per il servizio sanitario della regione Calabria, nonché di Commissioni presso l'AIFA (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 7 gennaio 2023)

Mercoledì 14 dicembre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata

Martedì 20 (ore 10.30, con votazioni non prima delle ore 14 e con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24), mercoledì 21 (ore 9.30–13.30 e 16–20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24), giovedì 22 e venerdì 23 dicembre (ore 9.30 – 13.30 e 15-20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24)

Esame del disegno di legge n. 643 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 e eventuale nota di variazioni

Mercoledì 21 dicembre (ore 15)

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata

Martedì 27 (ore 10, con votazioni non prima delle ore 14 e con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24), mercoledì 28 (ore 9.30–13.30 e 16–20, con prosecuzione notturna dalle 21 alle 24) e giovedì 29 dicembre (ore 9.30 – 12)

Esame del disegno di legge S. 274 - Conversione in legge del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, recante misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 30 dicembre 2022) (con votazione finale entro le ore 12 di giovedì 29 dicembre)

L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario sarà pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

In relazione al disegno di legge di bilancio, il termine per la conclusione dell'esame in sede consultiva da parte delle Commissioni di settore è fissato a mercoledì 7 dicembre. Il termine per la conclusione dell'esame in sede referente da parte della Commissione bilancio è fissato a domenica 18 dicembre.

Durante la sessione di bilancio non potranno essere esaminati dall'Assemblea provvedimenti che comportino nuove o maggiori spese o diminuzioni di entrate, con l'eccezione dei progetti di legge indicati nell'articolo 119, comma 4, del Regolamento.

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario dei lavori l'esame di progetti di legge di ratifica deliberati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

Nella riunione della Conferenza dei capigruppo che sarà convocata per il 6 dicembre verranno definite la data e l'organizzazione delle comunicazioni del Ministro della difesa, ai sensi dell'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 2022, n. 28.

Modifica nella composizione della Giunta per il Regolamento.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera, a norma dell'articolo 16, comma 1, del Regolamento, udito il parere della Giunta per il Regolamento nella seduta del 23 novembre scorso, ha integrato la composizione della Giunta medesima chiamandovi a farne parte la deputata Francesca Ghirra.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare il deputato Marco Padovani. Ne ha facoltà, per due minuti.

MARCO PADOVANI (FDI). Grazie, Presidente. Non posso nascondere il mio orgoglio di artigliere nel ricordare l'anniversario della morte del maggiore Carlo Ederle. Il 4 dicembre 2022, tra pochi giorni, proprio in occasione di Santa Barbara, celeste patrona degli artiglieri, ricorre il centocinquesimo anniversario della morte del maggiore Carlo Ederle, un giovane militare artigliere che, in pochi anni di servizio nell'Esercito italiano, riuscì a distinguersi per la sua abilità, competenza e umanità, tanto da essere insignito in vita della croce di guerra e, alla sua morte, della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Oggi le sue spoglie mortali riposano nel cimitero monumentale di Verona. Spinto da un'innata passione per le forze militari, all'età di ventuno anni abbandonò spontaneamente gli studi universitari in ingegneria, per servire il nostro Paese, combattendo in Cadore e, poi, in prima linea, nel Carso. Lo fece dimostrando astuzia, coraggio, sacrificio e valore fino a pagare un prezzo altissimo, quale la vita, che perse a soli 25 anni, in battaglia, durante il Primo conflitto mondiale. Il suo ricordo deve essere di insegnamento prima di tutto ai giovani, come incoraggiamento a perseguire con tenacia, caparbietà e serietà i propri obiettivi, nonostante le avversità che la vita stessa presenta, ma soprattutto deve ricordare a tutti noi, istituzioni e comunità - a dimostrazione del profondo rispetto e gratitudine verso i tantissimi Carlo Ederle, artiglieri e non, che continuano e continueranno a difendere la nostra Patria in nome di ideali profondi anche al sacrificio della vita - il suo valore, coraggio e determinazione.

Riconoscenza e ringraziamento alla Fondazione Carlo Ederle, ente senza scopo di lucro, costituito nel 1964 che ha tra i suoi obiettivi e come intento il valore patriottico. Che l'occasione di oggi rinnovi la speranza verso un avvenire di pace e serenità, lo dobbiamo a quanti hanno sacrificato la propria vita in nome di questi valori. Onore al maggiore Carlo Ederle (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Orrico. Ne ha facoltà.

ANNA LAURA ORRICO (M5S). Grazie, Presidente. Pino Masciari è un cittadino e un imprenditore coraggioso che da un quarto di secolo ha deciso di sedersi dalla parte dello Stato, contro la 'ndrangheta e il malaffare e non può essere lasciato solo. La notizia che lo scorso ottobre gli sia stato notificato il provvedimento attraverso il quale il Viminale ha avviato la revoca della scorta colpisce e fa riflettere, ma soprattutto non può lasciarci indifferenti.

Masciari è uno storico testimone di giustizia che ha vissuto a lungo nel programma speciale di protezione per aver fatto scelte coraggiose e spesso isolate ovvero aver denunciato in Calabria, in tempi in cui in pochi lo facevano, le pretese di racket della malavita organizzata nei confronti della sua azienda e puntato il dito verso le collusioni della 'ndrangheta con certa politica. Tutte decisioni che lo hanno portato a pagare un prezzo altissimo in termini lavorativi e personali, perché ha dovuto chiudere le attività imprenditoriali che aveva costruito e lasciare la propria terra per vivere altrove con la famiglia. Lasciarlo senza alcuna protezione non è il messaggio giusto che lo Stato dovrebbe trasmettere al Paese, perché tutti devono sapere che, anzi, cittadini coraggiosi che denunciano le mafie possono contare sul supporto e la vicinanza delle istituzioni e devono essere presi ad esempio di virtù civiche e morali. Per questo mi auguro che il Ministro dell'Interno, Piantedosi, intervenga subito per rivedere questa scellerata decisione, nonché priva di senso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 1 dicembre 2022 - Ore 9,30:

1. Informativa urgente del Governo in ordine ai tragici eventi alluvionali e franosi occorsi nell'isola di Ischia e alla messa in sicurezza del relativo territorio.

La seduta termina alle 19,20.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 13 il deputato Scotto ha segnalato che ha erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi dal voto;

nella votazione n. 16 la deputata Giorgianni ha segnalato che non è riuscita a votare.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale MOZ. 1-10 314 239 75 120 46 193 37 Resp.
2 Nominale MOZ. 1-20 301 300 1 151 54 246 37 Resp.
3 Nominale MOZ. 1-22 P. 1 311 66 245 34 66 0 37 Appr.
4 Nominale MOZ. 1-22 P. 2 316 80 236 41 24 56 37 Resp.
5 Nominale MOZ. 1-22 P. 3 317 34 283 18 24 10 37 Appr.
6 Nominale MOZ. 1-25 P. 1 320 140 180 71 140 0 37 Appr.
7 Nominale MOZ. 1-25 P. 2 320 146 174 74 91 55 37 Appr.
8 Nominale MOZ. 1-25 P. 3 320 89 231 45 89 0 37 Appr.
9 Nominale MOZ. 1-25 P. 4 320 101 219 51 101 0 37 Appr.
10 Nominale MOZ. 1-25 P. 5 318 93 225 47 93 0 37 Appr.
11 Nominale MOZ. 1-31 P. 1 311 249 62 125 241 8 37 Appr.
12 Nominale MOZ. 1-31 P. 2 318 253 65 127 196 57 37 Appr.
13 Nominale MOZ. 1-31 P. 3 321 255 66 128 199 56 37 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale MOZ. 1-31 P. 4 319 253 66 127 197 56 37 Appr.
15 Nominale MOZ. 1-31 P. 5 318 238 80 120 179 59 37 Appr.
16 Nominale MOZ. 1-31 P. 6 318 205 113 103 196 9 37 Appr.
17 Nominale MOZ. 1-31 P. 7 319 203 116 102 194 9 37 Appr.
18 Nominale MOZ. 1-12 N.F. - P. 1 295 277 18 139 114 163 37 Resp.
19 Nominale MOZ. 1-12 N.F. - P. 2 301 236 65 119 73 163 37 Resp.
20 Nominale MOZ. 1-23 304 302 2 152 118 184 37 Resp.
21 Nominale MOZ. 1-26 301 290 11 146 81 209 37 Resp.
22 Nominale MOZ. 1-28 301 298 3 150 116 182 37 Resp.
23 Nominale MOZ. 1-30 303 284 19 143 163 121 37 Appr.
24 Nominale MOZ. 1-21 299 298 1 150 82 216 44 Resp.
25 Nominale MOZ. 1-27 299 255 44 128 81 174 44 Resp.
26 Nominale MOZ. 1-29 296 229 67 115 43 186 44 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 28)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale MOZ. 1-34 302 302 0 152 164 138 44 Appr.
28 Nominale DOC. II, N. 5 266 266 0 201 266 0 44 Appr.