XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 42 di martedì 24 gennaio 2023

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ANNA ASCANI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CHIARA BRAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 80, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di un'interpellanza e di interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'interpellanza e di interrogazioni.

(Iniziative di competenza in relazione alla manutenzione degli svincoli del Grande raccordo anulare di Roma e delle collegate arterie di via del Mare e via Ostiense - n. 2-00035)

PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza all'ordine del giorno Ciocchetti n. 2-00035 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Ciocchetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LUCIANO CIOCCHETTI (FDI). Grazie, Presidente. Buongiorno, Vice Ministro. Il tema che ho sollevato è particolare: si riferisce alla situazione del Grande raccordo anulare di Roma, che ha sempre avuto un grande livello di manutenzione, ma che, tuttavia, si è andato perdendo negli ultimi anni, causando difficoltà nei suoi svincoli e nelle sue stesse carreggiate.

In particolare, nell'interpellanza, ho sollevato il tema dell'intersezione del Grande raccordo anulare con la via del Mare e la via Ostiense: due arterie sulle quali ogni giorno transitano migliaia di cittadini, di macchine e di mezzi pesanti, da anni in una condizione di assoluto abbandono e di assenza di manutenzione della carreggiata, dell'asfalto, del guardrail. In particolare, la vegetazione ha occupato buona parte delle carreggiate. Si trovano nella parte di Roma sud e collegano zone molto urbanizzate, anche a fronte della nascita di tantissimi quartieri; l'urgenza dell'intervento sollevato dalla mia interpellanza è dovuta al fatto che il collegamento riguarda anche l'aeroporto di Fiumicino e tante altre funzioni della nostra città, anche in rapporto alla presenza e all'arrivo di turisti che provengono da molte parti del mondo. Credo, dunque, sia importante chiedere un intervento straordinario al riguardo. Dato che ANAS ha stipulato un accordo con Roma Capitale e con la Città metropolitana per mettere in manutenzione una buona parte delle arterie consolari di questa città, chiediamo se sia possibile intervenire anche in questa realtà, contraddistinta da una situazione abbastanza complicata dal punto di vista della manutenzione e della possibilità di avere arterie in condizioni di offrire un servizio decente.

PRESIDENTE. Il Vice Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Galeazzo Bignami, ha facoltà di rispondere.

GALEAZZO BIGNAMI, Vice Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie, Presidente. Ringrazio anche l'onorevole Ciocchetti che, con la sua interpellanza, ci consente di evidenziare la situazione riguardo al tratto di strada e agli svincoli di cui ha parlato.

In particolar modo, con riferimento ai progetti di manutenzione del Grande raccordo anulare e delle collegate arterie di via del Mare e di via Ostiense, la società ANAS ha evidenziato in premessa, come d'altronde anche correttamente illustrato, che la gestione dell'ex strada statale 8 via del Mare (ora strada provinciale 8) e dell'ex strada statale 8 bis via Ostiense (ora strada provinciale 8 bis) è transitata in capo alla regione Lazio a partire dal 12 ottobre 2001.

In merito allo svincolo del Grande raccordo anulare da e per le vie in argomento, di competenza ANAS, la società ha rappresentato di svolgere regolare attività di manutenzione periodica; in particolare, nel corso degli ultimi due anni sono stati eseguiti lavori di rifacimento della pavimentazione ammalorata su tre delle quattro rampe, oltre alla manutenzione delle opere in verde.

Inoltre, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 68 del 2022, ANAS e Città metropolitana di Roma Capitale hanno sottoscritto, come ricordava l'onorevole interpellante, apposita convenzione di collaborazione che prevede 68 interventi di messa in sicurezza e di manutenzione delle strade metropolitane.

Tra questi vi sono lavori di riqualificazione dell'intero svincolo, della via Ostiense su due segmenti, il cui chilometraggio viene illustrato nella risposta che condivideremo, e della via del Mare, anche in questo caso su due distinti segmenti, identificati dai chilometri richiamati nella risposta che dopo dettaglieremo.

Tali interventi comprendono la sistemazione della sovrastruttura stradale, la sostituzione dei giunti di dilatazione sulle rampe da e per il GRA, la sostituzione delle barriere guardrail ammalorate, la riattivazione dell'impianto di illuminazione della zona di svincolo e le attività di potatura e manutenzione verde.

L'investimento complessivo è di circa 4 milioni di euro e ANAS prevede di avviare le lavorazioni entro il prossimo mese di marzo, con una durata programmata dell'attività di circa 150 giorni. Per limitare i disagi ai cittadini e garantire la transitabilità, le attività saranno svolte prevalentemente in orario notturno.

Concludo, comunque, assicurando che il Ministero, anche grazie alla sollecitazione dell'onorevole interpellante, seguirà il prosieguo dell'iter nel più ampio spirito di collaborazione con le istituzioni locali a beneficio degli utenti della strada.

PRESIDENTE. Il deputato Ciocchetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LUCIANO CIOCCHETTI (FDI). Presidente, sono soddisfatto della risposta perché credo importante questo intervento straordinario sugli svincoli, che, in qualche modo, ANAS dovrebbe curare un po' di più. Quindi, rivolgo un appello al Ministero affinché faccia una verifica più accurata sulla gestione della manutenzione di ANAS, soprattutto sulle arterie che sono frequentatissime, come il Grande raccordo anulare e sui suoi svincoli.

Comunque, sono soddisfatto del fatto che finalmente, dopo tantissimi anni, si interviene con una manutenzione importante e significativa anche della via del Mare e della via Ostiense, che sono ridotte in una condizione assolutamente inaccettabile per una capitale moderna come dovrebbe essere quella di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

(Iniziative di competenza in relazione al bando della ricerca finalizzata 2021, alla luce di presunte inadempienze da parte della regione Abruzzo – n. 3-00009)

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Salute, Marcello Gemmato, ha facoltà di rispondere all'interrogazione D'Alfonso n. 3-00009 (Vedi l'allegato A).

MARCELLO GEMMATO, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole D'Alfonso per l'interrogazione. Con riferimento alla questione da lui posta, rappresento quanto segue.

Il bando della ricerca finalizzata 2021 è stato pubblicato sul sito web del Ministero della Salute mediante un avviso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e vi è stata un'informativa ai destinatari istituzionali mediante appositi messaggi trasmessi attraverso la piattaforma workflow della ricerca.

Ciò premesso, l'articolo 6 del bando, per quanto concerne i termini di presentazione delle varie tipologie progettuali, ovvero progetti ordinari RF, cofinanziati (Co), giovani ricercatori (GR) e starting grant (SG) prevede quanto segue.

Rispetto ai termini di presentazione dei progetti, dal 4 gennaio 2022 al 13 gennaio 2022, ore 17: accreditamento dei ricercatori al presente bando come principal investigator e come ricercatore collaboratore al sito di presentazione delle domande. Dal giorno 4 gennaio 2022 al 24 gennaio 2022, ore 17, il ricercatore proponente, di cui alla tipologia progettuale che dicevo prima - RF, Co e GR - deve provvedere alla presentazione della letter of intent, cosiddetta LOI, redatta in lingua inglese e all'invio telematico al Ministro della Salute dell'apposito modello presente sul citato sito di presentazione delle domande. Dal giorno 25 gennaio 2022 al giorno 7 febbraio 2022, alle ore 17, il destinatario istituzionale può accettare la presentazione delle LOI, secondo quanto previsto al punto 3 della “sezione tipologie progettuali RF, Co e GR” del presente bando, e in tal caso procede all'invio di conferma al Ministero della Salute. Nei primi tre giorni il PI può apportare la correzione di errori materiali della LOI presentata.

Successivamente il Ministero dà avvio alla fase del triage, elaborando i dati inseriti a sistema dal PI riguardanti le informazioni bibliografiche del gruppo di ricerca.

Il CTS, esaminate le risultanze del triage sulle LOI presentate, individua i progetti con la valutazione dei curriculum migliori che rientrano, tenuto conto del numero di richieste totali, nel limite massimo di quattro volte la disponibilità economica per singola tipologia progettuale e di ricerca.

L'ufficio competente del Ministero della Salute procederà a richiedere, attraverso il sistema di monitoraggio del workflow della ricerca, al destinatario istituzionale e al principal investigator dei progetti, individuati secondo le modalità indicate dal precedente comma, di presentare la proposta progettuale completa. La data ultima di presentazione, a seguito della comunicazione sopracitata, sarà resa pubblica sul sito di presentazione dei progetti.

Entro e non oltre trenta giorni dalla data di invio della predetta richiesta da parte dell'ufficio competente del Ministero della Salute (di cui gli ultimi cinque per correggere eventuali errori), il ricercatore proponente, la cui LOI abbia avuto esito positivo e abbia ricevuto la comunicazione di procedere alla stesura del progetto completo di ricerca in lingua inglese, deve provvedere all'invio al proprio destinatario istituzionale del “modello di presentazione progetto”, dal 1° al 30° giorno, nel lasso di 30 giorni.

Il ricercatore può correggere eventuali errori materiali anche dopo l'invio al destinatario istituzionale, dal 31° al 33° giorno.

Dal 34° giorno successivo al termine del periodo di correzione degli errori materiali, al 43° giorno, i destinatari istituzionali devono esaminare i progetti e, se accettati, devono effettuare la validazione e procedere all'invio degli stessi al Ministero della Salute.

Dal 4 gennaio al 13 gennaio 2022, si prevede l'accreditamento di ricercatori al presente bando, come principal investigator al sito di presentazione delle domande.

Dal 4 gennaio al 2 febbraio 2022, il ricercatore proponente, di cui alla tipologia progettuale SG, deve provvedere alla stesura del progetto completo di ricerca, redatto in lingua inglese, sul citato sito di presentazione e all'invio al proprio destinatario istituzionale del “modello di presentazione progetto completo” (allegato 1-B fac-simile).

Dal 3 febbraio al 5 febbraio 2022, il ricercatore può correggere eventuali errori materiali anche dopo l'invio al destinatario istituzionale.

Dal 7 febbraio 2022 al 21 febbraio 2022, i destinatari istituzionali devono esaminare i progetti e, se accettati, devono effettuare la validazione e procedere all'invio degli stessi al Ministero della Salute.

Al fine di consentire ai ricercatori di predisporre le necessarie azioni preparatorie alla presentazione del bando, lo stesso sarà reso pubblico sul sito del Ministero della Salute e/o sul sito di presentazione dei progetti sette giorni prima dell'avvio delle tempistiche di cui al precedente punto.

Oltre a tale calendarizzazione pubblica, si provvede a fornire informazioni sulle varie fasi previste dal bando tramite corrispondenza fra gli uffici.

Al riguardo, la regione Abruzzo, in fase di presentazione della letter of intent, ha provveduto - come previsto - a certificare le proposte progettuali in ottemperanza al punto 6.1.3, ma in fase di presentazione della proposta completa non ha invece provveduto alla certificazione delle stesse, in violazione del punto 6.1.9.

In particolare, la regione ha presentato inizialmente quattro progetti, di cui uno è stato escluso mentre gli altri tre, per i quali è stata inviata la scrittura completa dei progetti, sono rimasti da certificare. Pertanto, la regione, non avendo completato la procedura prevista dal bando, non ha permesso al Ministero della Salute di prendere in carico i progetti di ricerca proposti al fine della loro ammissione alla successiva fase di valutazione da parte dei revisori internazionali.

Allo stato attuale, il Ministero della Salute è nella fase di attivazione delle convenzioni che regolamenteranno le attività progettuali di quelle ricerche che si sono posizionate utilmente nella graduatoria finale di merito scientifico, approvata con decreto direttoriale n. 25 del 28 ottobre 2022, vistato dall'ufficio centrale di bilancio il 18 ottobre 2022.

Sulla base di quanto riportato e con specifico riferimento al quesito posto, cioè “quali iniziative i Ministri interrogati prevedano di porre in essere per facilitare il rilascio delle certificazioni necessarie ai fini del finanziamento di cui al bando della ricerca finalizzata”, rappresento che è già in uso un apposito sistema informatico di comunicazione (workflow della ricerca) tra il Ministero della Salute e i proponenti dei progetti, siano essi ricercatori, siano essi destinatari istituzionali, oramai ben collaudato da dieci anni.

Da ultimo, per quanto concerne il quesito “se si possa consentire ai soggetti che hanno presentato iniziativa a valere sul bando di recuperare le eventuali inadempienze della regione Abruzzo”, rappresento che sulla questione il Ministero sta ponendo in essere tutti gli ulteriori approfondimenti del caso.

PRESIDENTE. Il deputato D'Alfonso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

LUCIANO D'ALFONSO (PD-IDP). Presidente, la ringrazio con molta motivazione, poiché credo che la risposta fornita dal Sottosegretario Gemmato di sicuro ricostruisce interamente quanto accaduto e questo mi fa dire che sono soddisfatto per l'onestà intellettuale della ricostruzione. Sono soddisfatto nonostante che la risposta dica ma non riesca a risolvere il problema che è stato rappresentato con l'interrogazione. Vorrei dire che esprimo solidarietà nei confronti del Sottosegretario, che è stato costretto a ricostruire un capolavoro di disordine, di distrazione e anche di sciatteria nella condotta istituzionale.

La regione Abruzzo su questa vicenda ha dimostrato disinteresse nei confronti di quello che si chiama il governo clinico, la cui domanda è posta da parte della comunità degli abruzzesi nei confronti della comunità degli operatori sanitari. Il governo clinico delle patologie coincide con la composizione di chi lavora in regime ordinario e chi introduce elementi innovativi derivanti dalla ricerca. Il bando del Ministero della Salute puntava a implementare, incrementare le risorse, le competenze e le bravure componendo anche la dimensione della ricerca scientifica. Che cos'è accaduto? Che gli operatori hanno animato, attraverso progetti di ricerca finalizzata, la risposta alla domanda di salute che viene posta dagli abruzzesi e il Ministero ha provveduto a determinare una consistente capacità di finanziamento e un ordine anche nella procedura. Che cosa è mancato? L'atteggiamento collaborativo ordinamentale che doveva essere assicurato dalla regione attraverso il riconoscimento certificante di quei progetti come ricerca finalizzata. La regione lo ha omesso, il Sottosegretario, con onestà, lo ha riconosciuto e questo riconoscimento non solo ci consentirà di organizzare un recupero, in sede amministrativa, di confronto, diciamo, dialettico tra la comunità degli operatori, la regione e il Ministero ma faremo valere quelle ragioni anche in sede di giurisdizione, perché non è vero che una risposta di salute ad una domanda di salute è la stessa se c'è o se non c'è la ricerca da parte di operatori impegnati nella ricerca finalizzata.

Presidente, voglio dire a lei e, attraverso lei, al rappresentante del Governo che egli, con onestà, ha riconosciuto una prova di sciatteria nei rapporti tra regione, Stato centrale - si direbbe, nella dimensione europea, Stato membro - e domande della comunità sanitaria. Noi abbiamo registrato una pagina di autonomia regionalista differenziata caratterizzata dal disinteresse, caratterizzata dal contrario di ciò che la norma vorrebbe. La norma vorrebbe e avrebbe voluto una condotta virtuosa. Signor Sottosegretario, il fatto di cui abbiamo detto è accaduto e troveremo la maniera per far valere le ragioni dei ricercatori con ricerca finalizzata. Però le chiedo: per il futuro, troviamo un meccanismo che impedisca che la regione si distragga, che abbia una condotta disinteressata, contrariante, addirittura di disistima nei confronti della ricerca scientifica. A lei di nuovo la soddisfazione per l'onestà che ha dispiegato.

(Iniziative in sede europea in materia di etichettatura dei farmaci, al fine di preservare gli obiettivi raggiunti nel processo di tracciabilità di cui al decreto ministeriale del 15 luglio 2004 - n. 3-00011)

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Salute, Marcello Gemmato, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Squeri n. 3-00011 (Vedi l'allegato A).

MARCELLO GEMMATO, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Ringrazio il collega Squeri per il quesito. In merito alla questione delineata dall'atto ispettivo in esame, l'Agenzia del farmaco ha comunicato quanto segue. La tracciabilità del farmaco è un aspetto di particolare rilevanza nell'ambito della gestione farmaceutica. Proprio al fine di consentire il monitoraggio, nell'intero ciclo distributivo, dei medicinali immessi in commercio in Italia, con il decreto del Ministro della Salute del 15 luglio 2004 è stata istituita presso l'AIFA una banca dati centrale, finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo.

Le aziende farmaceutiche titolari di autorizzazione all'immissione in commercio di medicinali - la cosiddetta AIC - sono tenute a trasmettere a detta banca, dopo averle archiviate, le informazioni sulle movimentazioni delle confezioni di prodotti medicinali. Tramite tale sistema ogni singola confezione viene localizzata in tempo reale nel territorio nazionale ed è tracciata nel sistema produttivo, distributivo e di smaltimento attraverso il cosiddetto tracking del bollino numerato, che i produttori hanno l'obbligo di applicare su tutte le confezioni di medicinali. Il bollino riporta le informazioni identificative della confezione, quali il codice dell'autorizzazione all'immissione in commercio, l'AIC che ricordavo prima, il nome commerciale del farmaco, il titolare della AIC e il numero progressivo univoco.

Detto procedimento consente di tutelare i produttori da eventuali frodi e i pazienti da contraffazioni pericolose per la salute. Esso è inoltre fondamentale per monitorare gli approvvigionamenti di medicinali a ospedali e farmacie e per avere un quadro completo sull'andamento dei consumi di farmaci nel nostro Paese. Tale procedimento costituisce, altresì, uno strumento di grande importanza per la farmacovigilanza, in quanto permette di conoscere tutti i movimenti delle confezioni di medicinali presenti sul mercato.

A tal proposito, occorre sottolineare come, nel caso dei vaccini anti COVID-19, grazie all'accurata registrazione dei dati relativi al prodotto (nome, numero di lotto, data di somministrazione, eccetera) nella scheda vaccinale di ciascun paziente, l'AIFA, il Ministero della Salute e tutte le altre autorità coinvolte nel contrasto all'evento pandemico sono state sempre in grado di risalire al lotto somministrato e di prendere le misure più adeguate. Nell'attività connessa alla tracciabilità del farmaco l'Italia è da tempo più avanti rispetto al resto dell'Europa, in cui soltanto nel febbraio 2019 è entrato in vigore un sistema di trasmissione dei dati di tracciabilità a livello europeo, per il contrasto della contraffazione farmaceutica, basato sull'apposizione di un codice identificativo univoco a barre bidimensionale, il cosiddetto datamatrix 2D.

In sostanza, tutti i farmaci con obbligo di ricetta dispensati nell'Unione europea sono soggetti a un sistema di mappatura che permette di verificarne l'autenticità da parte dello European Medicines Verification System, il sistema europeo di verifica dei medicinali, istituito nel 2016 in attuazione della direttiva anticontraffazione (2011/62/UE) del Parlamento europeo e del Consiglio del giugno 2011 e del relativo regolamento delegato (UE) 2016/161 della Commissione del 2 ottobre 2015, che integra la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio datata 6 novembre 2001, stabilendo norme dettagliate sulle caratteristiche di sicurezza che figurano sull'imballaggio dei medicinali per uso umano.

Pertanto, essendo già dotata di un proprio sistema di verifica e tracciamento dei medicinali, l'Italia - insieme al Belgio e alla Grecia - ha ottenuto una proroga fino al 2025 per l'adeguamento al sistema europeo, proprio al fine di evitare asimmetrie con altri Paesi dell'Unione europea. Al riguardo, occorre sottolineare che il sistema di tracciatura adottato in Italia garantisce una tutela maggiore rispetto a quella europea, in quanto copre tutti i farmaci, compresi anche quelli non soggetti a prescrizione, e incorpora nel bollino ottico anche un efficace strumento di difesa dalle falsificazioni che, per contro, è assente nel sistema europeo. Esso, infatti, si compone di due codici a barre, uno superiore e l'altro inferiore, e di un codice “datamatrix”, riportando tutte le informazioni concernenti il medicinale.

In vista dell'entrata in vigore del citato regolamento, prevista in Italia per il 2025, sono in corso le necessarie interlocuzioni fra il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle finanze, l'AIFA e l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, al fine di preservare le specificità che contraddistinguono in positivo il nostro sistema e di valutare la proposta, da formulare in sede europea, di un rinvio per l'Italia del processo attuativo del regolamento. Allo stato attuale, il sistema di anticontraffazione e tracciabilità dei farmaci adottato dal nostro Paese garantisce sicurezza ed efficacia in maniera superiore rispetto al modello europeo. Ciò non esclude, ovviamente, che si possa intervenire in un'ottica migliorativa sull'attuale meccanismo, rimuovendo o modificando quei profili che presentino un più basso livello di efficienza.

Da ultimo segnalo che nel 2024 - quindi, a cinque anni dall'entrata in vigore del Sistema europeo - l'EMA e la Commissione europea dovranno pubblicare un rapporto sulla valutazione complessiva dell'impatto del sistema di tracciabilità europeo, fornendo una valutazione del rapporto costi-benefici rispetto alle aspettative della sopraindicata direttiva, in un'apposita relazione congiunta. Detto documento potrà costituire un utile strumento per l'elaborazione di una nuova proposta italiana di tracciatura del farmaco.

PRESIDENTE. Il deputato Squeri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

LUCA SQUERI (FI-PPE). Grazie Presidente. Grazie sottosegretario, mi dichiaro soddisfatto. Come sappiamo, il regolamento delegato (UE) 2016/161 della Commissione ha istituito per i Paesi dell'Unione un nuovo sistema per la tracciabilità dei farmaci, obbligatorio dal 9 febbraio del 2019. Si tratta di un sistema che si basa sulla stampa di codici sulle confezioni dei farmaci e su una parziale registrazione nei punti della filiera e che si applica solo su una parte dei farmaci immessi in commercio. L'Italia ha ricevuto una deroga fino al 9 febbraio del 2025, proprio in virtù del fatto che era già in possesso di un sistema di tutela efficace, basato sul bollino farmaceutico. Infatti, l'attuale sistema italiano di anticontraffazione e tracciabilità dei farmaci ad uso umano, costituito dall'integrazione di un database gestito dal Ministero della Salute e del bollino farmaceutico, garantisce all'Italia da quasi vent'anni la tracciabilità completa delle singole confezioni ed è già pienamente integrato in tutti i punti della filiera farmaceutica italiana: aziende di produzione e distribuzione, punti di dispensazione, come farmacie e ospedali, nonché Aifa, Ministero della Salute e Ministero dell'Economia e delle finanze.

Si tratta di uno strumento unico a livello europeo, un efficace sistema di anticontraffazione, capace di assicurare, su tutti i farmaci immessi in commercio, l'immediata riconoscibilità dell'autenticità del farmaco stesso. L'adeguamento al regolamento da parte dell'Italia non appare ad oggi un'innovazione migliorativa della tutela della salute dei cittadini, ma, anzi, un rischio di perdita di efficacia e sicurezza rispetto all'attuale modello. La massima sicurezza ed efficacia del sistema italiano, che allo stato attuale sono superiori a quelle del sistema europeo, rischiano infatti di essere compromesse, per adeguarsi a un sistema verosimilmente meno efficace, facendo perdere all'Italia i benefici ottenuti in quasi vent'anni di applicazione.

Il 23 dicembre, il Governo ha accolto un ordine del giorno, presentato dal sottoscritto, che lo impegnava a valutare l'opportunità di adottare le necessarie iniziative in sede europea, al fine di salvaguardare gli elementi essenziali dell'attuale sistema di tracciabilità della filiera del farmaco e della spesa farmaceutica, nel quadro di una complessiva riforma degli oneri della filiera del farmaco. Al fine di salvaguardare l'attuale sistema di anticontraffazione e tracciabilità dei farmaci, pienamente funzionante e già perfettamente integrato in tutta la filiera, e preservare gli investimenti tecnici e organizzativi che negli anni hanno visto impegnate le istituzioni e tutta la filiera, l'interrogazione che abbiamo posto formula una serie di ipotesi alternative, che invito il Governo ad attenzionare nella maniera più efficace. La prima è quella di valutare un rinvio sine die del suddetto regolamento europeo, in attesa di verificare se l'efficacia del sistema europeo di tracciabilità, previsto per il 2024, sia almeno paragonabile a quello nazionale; la seconda è quella di considerare l'ipotesi, formulata in un recente studio dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, che ha evidenziato la possibilità di trovare delle soluzioni con un sistema di tipo ibrido, che, senza perdere il valore di accertamento dei flussi, non impedisca il necessario adeguamento alla normativa europea. Noi riteniamo che la salvaguardia della tracciabilità della filiera del farmaco sia un valore assoluto. Per questo invitiamo il Governo a percorrere ogni strada possibile in questa direzione, anche valutando nuove opzioni.

In quest'ambito eserciteremo una costante azione di controllo dell'attività di Governo, proprio per garantire il mantenimento di uno dei pochi primati che ha il nostro Paese, cioè quello di essere il Paese con la minor quantità di farmaci contraffatti in circolazione, oltre ad un'elevata capacità di contrasto in relazione ai furti di farmaci.

(Iniziative di competenza per sostenere economicamente il servizio delle mense universitarie dell'Ateneo di Pavia, anche alla luce di un recente episodio che ha interessato una studentessa con disabilità – n. 3-00023)

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per l'Università e la ricerca, Augusta Montaruli, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Barzotti n. 3-00023 (Vedi l'allegato A).

AUGUSTA MONTARULI, Sottosegretaria di Stato per l'Università e la ricerca. Onorevole Barzotti, io la ringrazio per il quesito che ha posto e che evidenzia un episodio, su cui ovviamente il Ministero ha posto la propria attenzione ed era a conoscenza. I necessari chiarimenti all'Università di Pavia, di fatto, sono stati richiesti immediatamente dal MUR, sia per quanto riguarda la specifica vicenda relativa alla studentessa coinvolta sia per la problematica generale, in ordine alla disponibilità di mense universitarie liberamente accessibili agli studenti.

L'Ateneo pavese ha provveduto a fornire elementi utili, a precisare innanzitutto l'imprevedibilità e l'eccezionalità dell'episodio, che, a dispetto della rappresentazione mediatica che ne è stata fornita, non rispecchia, invero, l'impegno costante dell'Ateneo, per garantire le condizioni migliori di fruibilità dell'istruzione universitaria ai propri studenti disabili. In particolare, l'università prevede uno specifico servizio a disposizione degli studenti affetti da disabilità, i quali godono quotidianamente del supporto del “Servizio assistenza e integrazione studenti disabili e con DSA” che, mediante una preventiva definizione delle esigenze, individua le soluzioni alle specifiche problematiche di ciascuno studente. Nella vicenda di cui oggi discutiamo, secondo quanto riportato dall'Ateneo, non vi è stato il preventivo coinvolgimento del Servizio assistenza e integrazione studenti disabili e l'episodio è stato completamente gestito dal personale addetto alla guardianìa delle aule universitarie. Tanto è vero che, proprio a seguito del fatto in esame, è stato prontamente avviato un procedimento disciplinare nei confronti del personale addetto alla guardianìa coinvolto, al fine di fare chiarezza sui fatti e di accertare le eventuali responsabilità. A seguito di tali accertamenti, il dirigente dell'area tecnica del dell'università, cui afferisce il sistema di guardianìa delle aule, ha dunque predisposto l'assegnazione temporanea ad altra sede della persona che avrebbe posto in essere le condotte che sono state contestate.

L'episodio, grave, ha sollevato però un'altra delicata questione, che riguarda la problematica di carattere generale, circa la ricerca di soluzioni che consentano agli studenti il consumo dei pasti all'interno di quest'Ateneo. L'università di Pavia, in via preliminare, ha rappresentato di potere contare su un articolato sistema di mense, appositamente dedicate agli studenti, ai quali è garantita l'opportunità di consumare pasti di qualità e a prezzi contenuti. L'università ha inoltre da tempo rilevato la necessità di dare una compiuta risposta all'ulteriore esigenza degli studenti di poter consumare i pasti in spazi dedicati all'interno dello stesso edificio universitario. A tal fine il senato accademico, già nel marzo del 2022, ha nominato il gruppo di lavoro per l'approfondimento delle questioni connesse al consumo dei pasti in Ateneo, per formulare una proposta che contemperi le diverse esigenze, in un quadro di piena sostenibilità sotto il profilo degli spazi, del quadro economico-finanziario, del rispetto delle prescrizioni igienico-sanitarie, oltre che delle ricadute sul sistema delle mense universitarie.

Il predetto gruppo di lavoro ha operato per individuare gli spazi idonei a ospitare in totale sicurezza non solo gli studenti, ma anche le attrezzature necessarie a consentire il consumo dei pasti e sono stati numerosi gli incontri e i sopralluoghi di tutti i dipartimenti dell'università. La ricerca di una soluzione soddisfacente non è stata, però, priva di ostacoli. La difficoltà principale sembra essere stata quella di definire la reale esigenza degli studenti di usufruire di un servizio di siffatta specie; pertanto, con l'ausilio dei rappresentanti degli studenti, è stata eseguita una mappatura delle abitudini reali; successivamente a tale indagine, è stato possibile elaborare una proposta in grado di fornire una risposta concreta e soddisfacente al problema. Al termine di questo lavoro sono state elaborate linee guida, presentate agli studenti il 24 novembre 2022 e alla consulta dei direttori di dipartimento il 1° dicembre.

Infine, con una delibera del 22 dicembre 2022 il Consiglio di amministrazione dell'Università di Pavia ha approvato i contenuti dell'articolata relazione, elaborata dal citato gruppo di lavoro; con tale delibera è stato individuato l'elenco dei luoghi ove sarà consentito il consumo dei pasti al sacco da parte degli studenti e sono stati approvati provvedimenti d'indirizzo funzionali a consentirne la piena fruizione. Per quanto riguarda il nostro Ministero, si ribadisce l'impegno costante a garantire, al fianco delle singole istituzioni universitarie, le migliori condizioni per l'istruzione universitaria degli studenti con disabilità e il continuo miglioramento delle condizioni generali di studio all'interno degli atenei, senza mai rinunciare, contestualmente, alle garanzie, ovviamente, di sicurezza, igiene e sostenibilità.

PRESIDENTE. La deputata Barzotti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

VALENTINA BARZOTTI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio molto la sottosegretaria Montaruli per la risposta che ha fornito oggi alla mia interrogazione, però non posso ritenermi soddisfatta dalle argomentazioni che sono state poste, non tanto rispetto all'organizzazione e allo sforzo profuso dall'Università di Pavia circa l'inserimento e il garantire il diritto allo studio degli studenti con disabilità all'interno dell'università, perché conosco l'università e so che lo sforzo è continuo e assolutamente di qualità; il problema, qui, però, è alzare il livello del dibattito e andare un po' più al cuore della questione. Come lei giustamente ha detto, Sottosegretaria, qui si tratta della più ampia problematica di garantire il diritto allo studio, l'inclusione e le pari opportunità degli studenti con disabilità all'interno delle università italiane.

Quindi, io vorrei darle qualche dato, sottosegretaria; sicuramente i dati le saranno noti, però, in questo caso è bene ripeterli, date la sensibilità e la delicatezza dell'argomento che trattiamo oggi. È solo da qualche anno che si sta focalizzando l'attenzione su queste condizioni di studio degli studenti con disabilità e, secondo ANVUR, che è l'Agenzia di valutazione del sistema universitario e di ricerca, sono 36.800 circa gli studenti con disabilità o con DSA nel 2020 che risultavano iscritti a corsi di laurea e post-laurea, quindi, parliamo più o meno di due studenti su cento. Quindi, vi darei qualche ulteriore dato, perché secondo me risulta interessante. Allora, il 71 per cento di queste persone è iscritto a corsi triennali, il 15 per cento a corsi magistrali e l'11,6 per cento a corsi magistrali a ciclo unico. Gli studenti che hanno completato il percorso di studi sono stati 3.589, le risorse, però, ammontano a 11.364.536 euro e le entrate prevalenti derivano dalla quota FFO e dal finanziamento diretto dell'Ateneo. Quindi, sostanzialmente, le risorse non sono tantissime; è evidente che qui vada fatto un lavoro profondo sugli stanziamenti per garantire questo diritto, perché la dispersione scolastica già è alta in generale, quella universitaria altrettanto, ma, rispetto agli studenti con disabilità, parliamo di molti più casi di dispersione come avete potuto constatare dai dati che ho ricordato. Per cui, ritengo fondamentale che venga data una risposta straordinaria per potenziare la cultura dell'inclusione a 360 gradi, perché le università possono fare moltissimo per gli studenti con disabilità, possono avviare corsi di tutorato, percorsi psicologici, abbattere le barriere architettoniche e permettere una piena inclusione, ma, soprattutto, consentire di poter vivere a pieno un'esperienza incredibile, come è quella dell'università, che arricchisce tantissimo gli studenti e i giovani laureati.

Quindi, l'auspicio è che si vada verso una risposta di ordine straordinario, come, ad esempio, è stata quella del 2021, con l'istituzione di un fondo per l'orientamento direttamente presso il MUR, che ha previsto lo stanziamento di 50 milioni. Ovviamente, questo va in una direzione di supporto di tutti gli atenei italiani, perché ovviamente gli atenei non possono, per quanto virtuosi, essere lasciati soli dal MUR.

L'appello che io le faccio oggi per gli studenti con disabilità, ma anche per tutti gli altri studenti, quindi, è di cercare di fare uno sforzo ulteriore rispetto agli stanziamenti, perché all'interno della legge di bilancio, purtroppo, rispetto a queste problematiche, non è stato stanziato alcun euro, c'è solo un milione per l'AFAM, ma nulla all'interno del MUR che vada verso questa direzione.

(Intendimenti in ordine alla candidatura della località di Sos Enattos nella regione Sardegna per la realizzazione dell'osservatorio Einstein Telescope, anche in relazione ad un progetto di parco eolico progettato da Siemens-Gamesa - n. 3-00118 e n. 3-00119)

PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Fenu ed altri n. 3-00118 e Giagoni n. 3-00119 che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). La Sottosegretaria di Stato per l'Università e la ricerca, Augusta Montaruli, ha facoltà di rispondere.

AUGUSTA MONTARULI, Sottosegretaria di Stato per l'Università e la ricerca. Presidente, attesa la sostanziale identità delle questioni rappresentate con le interrogazioni nn. 3-00118 e 3-00119, con il consenso dei presentatori, mi accingo a rendere una risposta congiunta ai quesiti posti.

Intanto, ringrazio gli onorevoli proponenti, perché le interrogazioni mi permettono di fornire elementi in merito alle iniziative già intraprese e a quelle che si intendono intraprendere per dare pieno sostegno alla candidatura italiana dell'Einstein Telescope, un'iniziativa di straordinaria importanza - cito le parole del Ministro Bernini -, in grado di rafforzare la leadership del nostro Paese nell'ambito delle grandi infrastrutture di ricerca.

Il sito di Sos Enattos, in Sardegna, è candidato ad ospitare l'infrastruttura, un ambizioso rivelatore di onde gravitazionali di nuova generazione, a guida italiana. Questa si è inserita tra le grandi infrastrutture strategiche europee incluse nella roadmap ESFRI. Ad oggi, oltre alla candidatura italiana, è stata avanzata la contemporanea candidatura di un sito olandese collocato al confine tra Olanda e Belgio, apparentemente meno idoneo di quello italiano. I punti di forza della proposta olandese, infatti, sono determinati più da considerazioni economiche e finanziarie che scientifiche.

Per quanto attiene al percorso sino a qui condotto in merito all'Einstein Telescope occorre sottolineare che l'Italia, per il tramite della Presidenza del Consiglio, del Ministero per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e del Ministero dell'Università e della ricerca, ha sinora seguito e supportato, con costanza e determinazione la proposta internazionale a coordinamento italiano. A tal riguardo, si ricorda che l'Italia ha già contribuito con circa 17 milioni di euro, nel corso degli ultimi anni, agli avanzamenti del progetto e alla caratterizzazione del sito e ha proposto l'inserimento dell'Einstein Telescope nella roadmap di ESFRI 2021, divenuta ufficiale a fine giugno del 2021.

Il Ministero dell'Università e della ricerca lo ha poi inserito come infrastruttura di ricerca globale e prioritaria, unica in Sardegna, nel Piano nazionale infrastrutture di ricerca 2021-2027, recentemente pubblicato, e ha assegnato un finanziamento di 50 milioni di euro su fondi del PNRR al progetto ETIC, che interviene a sostegno e rafforzamento della candidatura del sito sardo ad ospitare, appunto, tale rilevatore. La candidatura del citato sito è stata inoltre sostenuta in più occasioni a livello locale, regionale e nazionale.

Il sito, come è stato ricordato, è stato proposto dalla nostra Nazione per accogliere tale infrastruttura di ricerca e risulta ideale per ospitare l'osservatorio, dal momento che ha caratteristiche sismiche e geologiche favorevoli e un bassissimo livello di rumore antropico. Questi - ne siamo consapevoli - sono due elementi essenziali per fare in modo che sia installato in un ambiente in grado di garantire il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi scientifici, contribuendo alla ricerca nazionale e internazionale e generando un impatto significativo anche per la crescita economica della regione ospitante.

Peraltro, proprio la regione Sardegna, in una nota del 25 maggio 2021, ha espresso parere negativo alla realizzazione di impianti eolici nelle zone limitrofe a Sos Enattos, perché potrebbero deteriorare la silenziosità del sito mettendone a serio rischio la sua candidatura.

Lo stesso progetto dell'infrastruttura di ricerca prevede vieppiù la realizzazione di un parco fotovoltaico per non impattare sulla produzione di energia regionale, mantenendo intatte le proprietà di basso rumore antropico del sito.

Nel corso della riunione del Consiglio dei Ministri del 10 ottobre 2022, il Governo precedente ha deliberato l'approvazione del giudizio positivo di compatibilità ambientale per tre progetti di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (eolica, fotovoltaica e geotermica), tra cui è incluso il progetto di impianto di produzione di energia elettrica attraverso fonti rinnovabili eoliche presentato da Siemens-Gamesa, da collocare nell'altipiano di Gomoretta, tra i comuni di Bitti, Orune e Buddusò.

Il MUR ritiene pertanto auspicabile procedere in modo costruttivo - con il supporto della comunità scientifica interessata - per promuovere uno studio e verificare l'impatto degli impianti eolici già esistenti sul territorio, valutando l'opportunità di definire, in maniera accurata e scientifica, una distanza minima, superata la quale il loro funzionamento non influenzi negativamente l'operatività dello strumento di ricerca e, in particolare, gli elementi più sensibili di esso, che si trovano ai vertici del triangolo che costituisce l'osservatorio.

È inoltre intenzione di questo Ministero promuovere uno studio collaborativo tra gli esperti di Siemens e gli scienziati dell'Einstein Telescope per individuare tecniche realizzative delle strutture eoliche che permettano di minimizzare il loro impatto sulla sensibilità necessaria al successo scientifico dell'infrastruttura.

Dalle informazioni appena fornite risultano chiari tanto il convinto sostegno che l'Italia sta fornendo alla candidatura del sito sardo per la realizzazione di questa infrastruttura, quanto l'attenzione del Ministero circa il dibattito in corso sulla compatibilità di questa infrastruttura con la messa in opera di impianti di produzione di energia ecosostenibile.

PRESIDENTE. Il deputato Fenu ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

EMILIANO FENU (M5S). Grazie, Presidente. Io ringrazio la Sottosegretaria, però non solo non mi ritengo soddisfatto, ma sono anche stupito di quella che è stata la risposta, che sicuramente avrà risalto - lo spero e me lo auguro - anche nei quotidiani, almeno regionali, di domani.

La Sottosegretaria ha spiegato benissimo di cosa si tratta quando si parla del progetto Einstein Telescope: si può pensare a un semplice telescopio, ma in realtà sarà uno dei più grandi osservatori - se non il più grande - di onde gravitazionali al mondo. Ha una geometria triangolare, con lati di 10 chilometri ad una profondità di 200 metri. Riprendo le opportune parole della Ministra Bernini, cha ha detto - e questo, ovviamente, fa solo piacere - che sosterrà il progetto. Questo progetto porterà sviluppi in molteplici settori, tra i quali meccanica di precisione, metallurgia, sensoristica sismica, ottica, intelligenza artificiale e tecnologia quantistica. Quindi, ciò basta a capire qual è l'opportunità non per una regione ma per l'intero Paese, che, come giustamente ha detto la Sottosegretaria, potrebbe essere guida in questo particolare settore della ricerca.

Ma il punto che non mi fa ritenere soddisfatto è che, come è stato ricordato e scritto anche nelle interrogazioni, uno dei punti di forza - l'unico punto di forza del sito sardo, che è, appunto, un grande punto di forza - è la silenziosità. Infatti, è stato registrato come uno dei luoghi più silenziosi dal punto di vista sismico al mondo, sia per assenza di rumore naturale che antropico. I concorrenti, che sono di fatto non solo l'Olanda e il Belgio ma anche la Germania, perché il Limburgo è una regione che si trova tra queste tre Stati, sono particolarmente agguerriti. Il sito non ha le caratteristiche di quello sardo, ma si sta cercando di investire per realizzare misure di compensazione e avere una silenziosità artificiale. Quindi, si capisce bene l'inopportunità della decisione del Consiglio dei Ministri del 10 ottobre 2022, quando, tra gli oltre 50 progetti in attesa di approvazione in Italia di parchi eolici, si è approvato, contro il parere contrario di ben due Ministeri, il MiTE e il MiC, proprio il progetto che sta nell'area di rispetto di questo progetto internazionale (quindi, dell'Einstein Telescope).

Pertanto, io non solo non sono soddisfatto, ma faccio presente che la risposta è gravissima, perché questo Governo intende portare avanti il progetto di realizzazione del parco eolico nell'area di rispetto dell'Einstein Telescope. Il rischio di inficiare il progetto è comprensibile a tutti i ricercatori che si sono già espressi, perché l'area di rispetto deve essere di almeno 15 chilometri e l'impianto eolico sta a ridosso dell'osservatorio dell'Einstein Telescope. Quindi, non solo è gravissimo - e non sono soddisfatto -, ma la risposta alla mia interrogazione è incompleta a questo punto, poiché questa decisione rischia di arrecare, come vedremo, un grave danno all'intero Paese, che rischia di perdere oltre 6 miliardi di investimenti in 9 anni, oltre a tutte le conseguenze dal punto di vista scientifico, recando così un enorme vantaggio ad altri tre Paesi, che sono l'Olanda, il Belgio e la Germania.

Quindi, la risposta alla mia interrogazione è incompleta e la prossima questione, evidentemente, sarà quella di conoscere il nome e il cognome del funzionario che ha posto all'approvazione del Consiglio dei Ministri il 10 ottobre 2022 il progetto di realizzazione del parco eolico. La ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. Il deputato Giagoni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

DARIO GIAGONI (LEGA). Grazie signora Sottosegretaria per queste preziose e utili precisazioni. Le sue dichiarazioni, oltre ad avere il merito di implementare le informazioni circa questa importante tematica, hanno messo ancora più in evidenza la piena consapevolezza dell'attuale Esecutivo nazionale circa il grande valore che riveste quest'ambizioso progetto, che ci garantirà un vero e proprio approdo verso una nuova era.

Stiamo parlando di un'operazione paragonabile a quella del super acceleratore LHC del CERN di Ginevra e che consentirà di ottenere il più grande e sensibile telescopio di onde gravitazionali mai realizzato, già compreso tra le grandi infrastrutture di ricerca sulle quali l'Europa ha deciso di puntare. Oltretutto, permetterà una crescita economica e di posti di lavoro (circa 36 mila). Si tratta di un investimento che si aggira su un valore di circa 6 miliardi.

È un'occasione irripetibile per creare un grande polo scientifico di valore internazionale, destinato ad attrarre risorse da investire in scienza e tecnologia, oltre che un motore di sviluppo, innovazione e crescita per l'intera penisola.

I grandi progetti scientifici aventi carattere internazionale, come questo, rappresentano un volano di crescita incredibile e imperdibile per la Sardegna e tutta l'Italia e meritano di tornare al centro di rilevanti programmi scientifici, culturali e tecnologici. Per questo, dopo la soddisfacente risposta da lei ottenuta, sarà mia cura e premura cercare il confronto e la medesima rassicurazione circa il progetto da parte del Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, competente in materia di energia, che sono certo condividerà le nostre medesime riflessioni (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Sospendiamo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 10,30, è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 81, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,02).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo, pertanto, la seduta che riprenderà alle ore 14,22.

La seduta, sospesa alle 14,02, è ripresa alle 14,25.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 389 - Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina (Approvato dal Senato) (A.C. 761​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 761: Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina.

Ricordo che nella seduta del 23 gennaio si è conclusa la discussione generale e il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunciato.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, signor Presidente. A poche ore dallo sciopero indetto dai benzinai, che, purtroppo, determinerà un ulteriore rialzo del costo dei carburanti, siamo a richiedere come mai la Presidente del Consiglio non abbia ritenuto di dover dare disponibilità alla nostra richiesta di venire a riferire in Aula, richiesta che è stata formulata in questa sede. Aggiungo, Presidente, che, nel corso dell'ultima Conferenza dei capigruppo, il gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ha anche richiesto che la Presidente venisse a rispondere alle interrogazioni, ex articolo 135-bis del Regolamento. Ha ritenuto di non dover dare disponibilità nemmeno per rispondere al question time.

Allora, Presidente, tramite lei, vorrei chiedere alla Presidente del Consiglio, visto che si è recata presso il Presidente della Camera per parlare di ristabilire la centralità del Parlamento, come questo Parlamento debba interloquire con la Presidente del Consiglio. Leggendo la sua agendina? Leggendo gli appunti di Giorgia? Vedendo le sue dirette Facebook o le sue conferenze stampa? È questa la sede in cui la Presidente del Consiglio deve confrontarsi con il Parlamento e, quindi, con i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) sul tema importantissimo che riguarda tutte le famiglie italiane, che già fanno i conti con il calo del proprio potere d'acquisto!

Quindi, Presidente, siamo a richiedere se la Premier non intenda venire a riferire in Aula e se intenda venire a rispondere al question time, come prevede il nostro Regolamento e come da richiesta che questo gruppo parlamentare ha già formulato in sede di Conferenza dei capigruppo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Onorevole Baldino, mi farò parte diligente con il Governo in ordine alla sua istanza.

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 761​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito i relatori e il rappresentante del Governo a esprimere il parere.

GIANGIACOMO CALOVINI , Relatore per la III Commissione. Grazie Presidente, solo per esprimere parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo agli identici emendamenti 1.1 Fratoianni e 1.2 Pellegrini.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ricciardi. Ne ha facoltà.

RICCARDO RICCIARDI (M5S). Grazie, Presidente. Con questo emendamento, chiediamo che, su questo tema, ci sia, ogni volta, un confronto in Aula e un voto su ogni eventuale decisione di invio di armi.

Questo emendamento viene da lontano, viene da un confronto che continuiamo a chiedere dalla scorsa legislatura, dallo scorso Governo e, purtroppo, devo dirlo, inascoltati e quasi in solitaria, nella scorsa legislatura, dove un Parlamento non voleva dibattere su un tema così importante. Qual è il tema su cui dibattere e votare in Parlamento, se non una guerra che sta stravolgendo lo scenario geopolitico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), probabilmente, dei prossimi trent'anni? Qui passiamo del tempo a parlare, legittimamente, giustamente, di una miriade di ordini del giorno, tutti importanti, per carità, ma non sulla guerra, non se votare o non votare il nostro impegno militare. Vorremmo anche evitare su quest'argomento tutte quelle strumentalizzazioni e semplificazioni che sentiamo sempre da quasi un anno a questa parte, perché ci siamo sentiti definire ‘filoputiniani', tutte queste sciocchezze e nefandezze, quando siamo stati tra i primi a dire che l'Ucraina andava sostenuta.

Ricordo a tutti quanti che, grazie all'ex Presidente della Camera, Roberto Fico, è stato fatto intervenire in quest'Aula il Presidente dell'Ucraina, Zalensky. E il Presidente Fico è del MoVimento 5 Stelle, mi pare, fino a prova contraria! Quindi, abbiamo dato tutto il supporto nelle prime fasi, poi però cos'è accaduto? È accaduto che la strategia dell'Occidente, la strategia dei nostri Governi che si sono succeduti era: inviamo armi e poi vediamo cosa succede.

Scusi, Presidente, capisco che l'argomento non interessi, perché tanto deleghiamo a qualcun altro quello che deve succedere alle nostre future generazioni, ma, insomma, un minimo…

PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi. Prosegua, collega.

RICCARDO RICCIARDI (M5S). Grazie. Quindi ci si chiede cosa fare. Noi cosa fare lo proponiamo e lo diciamo. Dov'è il protagonismo dell'Europa e dell'Italia nel chiedere una conferenza di pace in maniera seria e di avviare un tavolo di trattative? Questo chiediamo. In tutta risposta, ci sentiamo dire: continuiamo a inviare armi e poi vediamo cosa succede, magari Putin si stanca. Perché questa è la strategia che si sta portando avanti. E, allora, vedete, non lo dice un professore universitario, un ‘filoputiniano', un figlio dei fiori. Il Capo di Stato maggiore degli Stati Uniti, a novembre, ha detto: signori, se noi pensiamo che questa guerra si concluderà con una vittoria militare da parte di qualcuno, stiamo sbagliando. Lo dice il Capo di Stato maggiore degli Stati Uniti, non lo dice nessun altro. E noi cosa facciamo? Non ci interroghiamo su quello che accadrà? Allora, qua sono a dire: oggi stiamo votando questa cosa. Vorremmo avere rassicurazioni e che il nostro Governo si pronunciasse su questo: che non ci saranno mai in futuro richieste di invio di truppe, perché è uno scenario che, purtroppo, molti analisti stanno, in qualche modo, prevedendo. Oggi parliamo di armi, domani di cosa parleremo? Di una guerra totale giocata sulle spalle degli ucraini? Sulle spalle degli ucraini in una guerra che dovrà vedere cosa? Qual è lo scenario? Quindi, chiediamo sempre maggior dibattito in quest'Aula, perché è troppo importante per noi e per tutto il mondo che un Parlamento si esprima e, soprattutto, che prenda una posizione. Siamo troppo supini, e l'Italia, che ha una tradizione straordinaria dal punto di vista diplomatico e di relazioni internazionali, purtroppo, sta giocando solamente la parte del comprimario.

E non vorremmo che, dietro a questo invio continuo di armi, ci sia una richiesta molto banale, perché, se poi gli arsenali si svuotano, vanno riempiti. Quindi, inviamo armi, aumentiamo le spese della difesa, dal momento che gli arsenali vanno riempiti di nuovo, assecondando le lobby della difesa, senza venire incontro al volere dei cittadini. Soprattutto non bisogna giocare sulla pelle e con la pelle degli ucraini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.1 Fratoianni e 1.2 Pellegrini, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 761​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Sugli ordini del giorno n. 9/761/1 Onori, n. 9/761/2 Gubitosa, n. 9/761/3 Pellegrini e n. 9/761/4 Baldino il Governo esprime parere contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/761/5 Lomuti il Governo esprime parere favorevole previa riformulazione, che leggo: al termine del primo impegno “una decisa e forte azione diplomatica volta a verificare le condizioni per un immediato ritiro delle truppe russe ed il cessate il fuoco”. Ordine del giorno n. 9/761/6 Cappelletti, parere favorevole, previa riformulazione: a conclusione del terzo impegno, dopo le parole “compresi quelli delle minoranze” aggiungere le seguenti: “e al diritto all'indipendenza, integrità territoriale e sovranità dell'Ucraina”. Ordine del giorno n. 9/761/7 Ciani, parere favorevole. Ordine del giorno n. 9/761/8 Dori, parere contrario. Ordine del giorno n. 9/761/9 Graziano, parere favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, all'ordine del giorno n. 9/761/1 Onori.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Pellegrini. Ne ha facoltà.

MARCO PELLEGRINI (M5S). Grazie, Presidente. Brevemente, il decreto-legge di conversione di cui ci occupiamo, che è stato approvato, in prima lettura, l'11 gennaio scorso, dispone la proroga fino al 31 dicembre 2023 dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamento in favore dell'Autorità governativa dell'Ucraina.

Il Governo ha da tempo annunciato un sesto decreto interministeriale, che è in via di definizione, sempre per l'ulteriore cessione di mezzi militari, con particolare riferimento ai sistemi di artiglieria per la difesa aerea. In particolare, si fa riferimento al sistema del programma italo-francese SAMP/T e al discusso invio di una batteria appunto di questo tipo di armi. Considerato che questa crisi in atto, provocata dall'aggressione della Federazione russa, rappresenta una minaccia per la sicurezza e per la stabilità globale e considerato tutto quello che è stato fatto con gli aiuti a favore dell'Ucraina, in termini di mezzi, di aiuti umanitari e anche di mezzi militari, tutto ciò considerato, dopo circa un anno - sono 11 mesi di conflitto - l'escalation militare aumenta sempre di più, mentre i tentativi di addivenire alle vie diplomatiche sono praticamente assenti.

Allora, noi, con questo ordine del giorno, vogliamo impegnare il Governo a non procedere con il sesto decreto interministeriale, che appunto ho citato poc'anzi, proprio al fine di proseguire con un tentativo negoziale volto a un cessate il fuoco. Questa è la nostra richiesta e quindi speriamo nell'approvazione dell'Aula di quest'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/761/1 Onori, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/761/2 Gubitosa. Onorevole Gubitosa? Non c'è.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/761/2 Gubitosa, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Passiamo all'ordine del giorno n. 9/761/3 Pellegrini, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Pellegrini. Ne ha facoltà.

MARCO PELLEGRINI (M5S). Grazie, Presidente. Facevo riferimento, poc'anzi, all'invio delle batterie SAMP/T per il contrasto alle minacce aeree e ai missili balistici a corto raggio. La Difesa ha in servizio operativo 5 batterie di difesa aerea di questo tipo e una batteria di addestramento e il costo complessivo di ciascuna batteria è di circa 750 milioni di euro. A nostro parere, inviare una unità del sistema missilistico comporterebbe una notevole diminuzione della capacità di difesa aerea italiana a breve raggio e, soprattutto, costi ingentissimi, sia per il reintegro di questo sistema d'arma in tempi brevi sia per il trasporto dello stesso in Ucraina. A nostro parere, perseverare con questi invii ulteriori di armi alle autorità ucraine comporterebbe un depauperamento delle scorte degli armamenti in dotazione alla Difesa e, quindi, un serio rischio per la difesa nazionale.

Per questo motivo, abbiamo presentato questo ordine del giorno che impegna il Governo a relazionare nelle sedi opportune, quindi si spera in Parlamento, i dettagli in merito alle spese sostenute per le cessioni di forniture militari, anche con riferimento al trasporto delle stesse, nonché a illustrare alle Camere la specifica della natura delle somme in entrata derivanti dai decreti interministeriali che definiscono l'elenco dei mezzi, dei materiali e degli equipaggiamenti militari oggetto di cessione all'Ucraina, riassegnate sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della Difesa. Si impegna poi il Governo a relazionare in merito all'eventuale necessità di reintegro delle scorte dei materiali d'armamento e dei relativi costi da sostenere nel rispetto del principio di trasparenza e del controllo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/761/3 Pellegrini, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Sull'ordine del giorno n. 9/761/4 Baldino il parere è contrario.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente. Brevemente, solo per dire che non mi stupisce il parere contrario del Governo a quest'ordine del giorno perché è perfettamente coerente con la linea politica che hanno intrapreso da cento giorni a questa parte: aumentare la spesa in armamenti e diminuire la spesa sociale, in un momento di crisi economica e sociale così delicato, a cui si aggiunge anche il caro carburanti determinato dalle scelte scellerate di questo Governo. Allora, Presidente, con quest'ordine del giorno chiediamo - avremo modo di porre la questione domani al Ministro Crosetto che verrà finalmente a rendere le linee programmatiche in Commissione difesa - che il Governo si impegni a diminuire e, quindi, ad adottare le opportune iniziative per una graduale diminuzione delle spese in armamenti, proprio per far fronte ad una maggiore spesa sociale dovuta al tragico periodo storico che stiamo vivendo, a svantaggio, purtroppo, delle famiglie e delle imprese italiane.

Se in campagna elettorale aveste raccontato ai cittadini che quella era la linea che avreste seguito una volta al Governo, non credo che tutti vi avrebbero accordato il loro consenso. La prossima volta siate più chiari, così almeno sapranno chi stanno mandando a governare il Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/761/4 Baldino, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Sull'ordine del giorno n. 9/761/5 Lomuti il parere è favorevole con riformulazione. Onorevole Pellegrini, lei non può parlare perché ha già fatto due interventi e ha finito il tempo. Quindi viene accolta o no la riformulazione? Onorevole, le chiedo scusa, lei non può intervenire se non per dirmi sì o no.

MARCO PELLEGRINI (M5S). Chiedo al sottosegretario di rileggere la riformulazione.

PRESIDENTE. Sottosegretario, può ripetere, per favore, la riformulazione?

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Al termine del primo impegno: “una forte azione diplomatica volta a verificare le condizioni per un immediato ritiro delle truppe russe ed il cessate il fuoco”.

PRESIDENTE. Chiede il voto? Chiedo scusa, le do proprio dieci secondi di parola.

MARCO PELLEGRINI (M5S). Sì, grazie, Presidente. Chiedo il voto e non accetto la riformulazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/761/5 Lomuti, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Sull'ordine del giorno n. 9/761/6 Cappelletti il parere è favorevole con riformulazione del Governo.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Cappelletti. Ne ha facoltà.

ENRICO CAPPELLETTI (M5S). Presidente, accetto la riformulazione e chiedo comunque che sia posto ai voti affinché l'intera Aula si esprima in merito a questo impegno importante e solenne. Pur essendo un ordine del giorno - e tutti ne conosciamo le limitazioni - impegna il Governo ad adoperarsi finalmente per la convocazione di una conferenza per la pace, nonché a perseguire, in ogni sede utile, la ricerca del dialogo per un negoziato politico. Per questo motivo credo sia importante anche sottolineare l'impegno del Governo con una votazione da parte di tutta l'Aula.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/761/6 Cappelletti, nel testo riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

Sull'ordine del giorno n. 9/761/7 Ciani il parere è favorevole.

Sull'ordine del giorno n. 9/761/8 Dori il parere è contrario.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Dori. Ne ha facoltà.

DEVIS DORI (AVS). Grazie, Presidente. Chiedo al Governo di modificare il parere espresso, perché si chiede soltanto un rigoroso controllo e tracciamento delle forniture militari per evitare che l'ingresso di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in Ucraina avvenga ad opera di intermediari fuori dal controllo delle autorità governative dell'Ucraina. Se, ripeto, volete inviare armi, almeno impegnatevi a garantire, a pretendere trasparenza rispetto a chi vengono consegnate. Secondo l'Interpol almeno una parte del materiale bellico potrebbe, infatti, finire nel mercato nero, gestito dalla criminalità organizzata, rischiando di alimentare un commercio di armi leggere e pesanti in tutto il mondo.

Già nel luglio del 2022 il capo dell'Interpol aveva lanciato l'allarme, affermando che, al termine del conflitto, una grande quantità di materiale bellico spedito in Ucraina potrebbe inondare il mercato internazionale, come accaduto già in passato per altri teatri di guerra. Quindi, è davvero preoccupante che il Governo non si ponga il problema se tutte le forniture militari finiscano effettivamente solo nelle mani delle autorità ufficiali ucraine. È una richiesta legittima, necessaria e di trasparenza. Per questo motivo, chiedo nuovamente di modificare il parere espresso (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Il Governo?

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Il parere è contrario perché questo tipo di attività ovviamente è già svolta dal Governo insieme agli alleati che concordano le tipologie di sistemi da inviare e il percorso logistico degli stessi.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 9/761/8 Dori…Chiedo scusa, onorevole Grimaldi, non l'avevo vista. Sull'ordine dei lavori? Su che cosa? Dichiarazione di voto?

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Non ho compreso: se il Governo si è appena espresso dicendo che il Governo farà esattamente quello che il nostro ordine del giorno propone, mi pare allora di avere capito che il parere sarà favorevole.

Non si può dire che si è favorevoli nei contenuti - anzi, quasi pleonastico - e poi annunciare il parere contrario. Mi pare inusuale e, quindi, le chiedo, Presidente, se ho compreso bene. Qualora invece avessi compreso in un modo errato, il Governo voglia ratificare quello che poc'anzi ha annunciato.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, sottosegretario, conferma il parere contrario? Conferma il parere contrario.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/761/8 Dori, con parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Ordine del giorno n. 9/761/9 Graziano, su cui vi è un parere favorevole. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Luca. Ne ha facoltà.

PIERO DE LUCA (PD-IDP). Ringraziamo, a nome del gruppo, e chiediamo che venga comunque votato, per cortesia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Auriemma. Ne ha facoltà.

CARMELA AURIEMMA (M5S). Presidente, chiediamo la votazione per parti separate e, in particolare, di votare separatamente il secondo impegno.

PRESIDENTE. Procediamo, dapprima, con la votazione sul secondo impegno del dispositivo e, poi, sulla restante parte.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/761/9 Graziano, limitatamente al secondo impegno del dispositivo, con parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla restante parte dell'ordine del giorno n. 9/761/9 Graziano, con parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 10).

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 761​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Tirelli. Ne ha facoltà.

FRANCO TIRELLI (NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi ci troviamo a ribadire la volontà di sostenere l'invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in Ucraina, per aiutarla a difendersi dall'aggressione russa, iniziata quasi un anno fa. Prestiamo fede così agli impegni presi già a quel tempo, all'inizio del mese di marzo, quando la Camera approvò una risoluzione per far sì che il Governo adottasse, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie per assicurare assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi natura, nonché la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione.

La Camera ribadì il sostegno alla popolazione ucraina anche a fine giugno, quando stabilì di continuare a garantire le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese la cessione di forniture militari.

In questi mesi, abbiamo assistito a un serio confronto sulle posizioni in campo, poiché le forze politiche del Paese, legittimamente, hanno sostenuto tesi differenti riguardo al supporto materiale e militare della popolazione ucraina. Vorrei, però, citare alcune parole pronunciate, nel mese di dicembre, in quest'Aula, parole che non possiamo condividere. È stato detto dal capo di una forza politica di questo Parlamento che la proroga dell'invio di equipaggiamenti militari all'Ucraina è diventata una routine, che accetteremmo “con meccanica irresistibilità”. È stato detto dal medesimo capo politico dello stesso gruppo parlamentare che quella del Governo, di cui facciamo parte, è una linea guerrafondaia, con armi a oltranza e zero negoziati. La stessa forza politica, circa dieci giorni fa, all'atto della discussione in Aula al Senato, ha definito la posizione italiana sulla guerra in Ucraina, come un copione scritto da Washington. È la stessa forza politica che, mentre pronuncia queste parole, si oppone all'aumento delle spese militari dell'Italia, una scelta che ha l'obiettivo di rendere non solo il nostro Paese, ma tutta l'Unione europea, capace di garantire con più determinazione la propria sicurezza e la sua indipendenza. Come ho già detto, occorre difendere la libertà di dissentire ed esprimere posizioni differenti. Ma com'è possibile sostenere una linea politica, che, oltre a essere contraddittoria sul piano logico, considera ormai la guerra in corso quasi come un evento naturale, come un incidente climatico, di cui dovremmo attendere il decorso restando inermi? È questa linea politica che voi pensate di sostenere quando volete parlare di pace? Sembra quasi che i mesi trascorsi abbiamo cancellato i fatti, coperti con le narrazione con cui ormai si può presumere di rendere credibili anche le argomentazione più lontane dalla realtà. Credo sia utile, allora, ricordare alcune parole del discorso con cui Vladimir Putin, quasi un anno fa, volle giustificare quella che considerava un'operazione militare speciale, per ottenere la smilitarizzazione e la denazificazione della Ucraina. Non si piò pensare che in fondo le cause e le responsabilità possono sfumarsi e sbiadire, mentre la distanza delle bombe può farci vivere da spettatori un'aggressione, che, invece, ha colpito al cuore l'Europa. Abbiamo il dovere di ricordare, ripetere e riportare alla luce i fatti che sono avvenuti dall'inizio dell'invasione russa, perché la nostra decisione di supportare le forze ucraine governative non sia mai scontata. Non ci dobbiamo stancare di dire che dentro questa guerra e sotto le bombe ci sono milioni di uomini e donne come noi.

Lasciatemi, allora, ricordare, nel tempo che ho a disposizione, alcuni passaggi della lettera di un cittadino ucraino, il filosofo Constantin Sigov, che alcuni giornali italiani vollero pubblicare nelle prime settimane dallo scoppio della guerra: “Vi scrivo dalla mia dimora nei dintorni di Kiev sotto il diluvio del fuoco, con cui, a Mosca, Vladimir Putin conta di forgiare il sudario dell'Ucraina (…). Vi scrivo sul ritorno della guerra che devasta il mio Paese, che tuona ai vostri confini, spettro che ingenuamente pensavano di aver esorcizzato almeno nel vecchio continente. Noialtri ucraini abbiamo acquisto la convinzione che ormai non ci resta altra scelta che batterci e non solo qui, a Kiev, ma anche al vostro fianco, a Parigi, a Bruxelles. Perché? Perché tutti noi abbiamo di fronte il medesimo temibile avversario pronto a tutto (…). Il nostro Paese, l'Ucraina, difende i valori della democrazia, della libertà, della giustizia, che sono i valori dell'Europa. Se l'Europa resta unita in questa crisi, vedrà crescere la propria autostima. È in gioco la dignità delle persone. E se l'Europa è in pericolo, è perché non ne ha un'idea abbastanza giusta e forte. Ecco, cari amici, quel che tenevo a dirvi. È tempo per me, questo 15 marzo 2022, di chiudere questa lettera, ora che cala il tramonto e attendo mio figlio Roman. Mia figlia e mia moglie hanno trovato rifugio in Italia, lui è rimasto qui, per fare da interprete ai giornalisti stranieri che continuano coraggiosamente a investigare e a testimoniare. Ogni mattina, quando esco di casa, lo abbraccio, perché non sono sicuro che tornerà la sera (…).

Si vuol fare di noi una massa d'umanità che sarà chiamata «loro». E nient'altro. Un po' con compassione, un po' con odio. Ma alle città assediate, alle città prese in ostaggio, senza luce, né mezzi per comunicare, bisognerà che qualcuno dica «tu» invece che definirle «quelle». Tu, Mariupol. Tu, Kharkiv. Tu, Kiev. Quale che sia il nostro numero, noialtri ucraini, esseri umani, non possiamo liberarci dalla servitù finché fra noi non ci sarà qualcuno che possiamo chiamare in modo umano, qualcuno che prenda le tue righe fra le mani, che ascolti la tua voce e, attraverso questa, ascolti il tuo paese. Questa è la statura del popolo che vogliamo aiutare a difendersi, questa è la libertà che desideriamo proteggere. Questa è la dignità di chi non accetta di piegarsi alla violenza della guerra e resiste come può, ma ci chiede di sostenere il proprio sforzo, con tutti i mezzi che possiamo offrire.

Per questo, Noi Moderati-MAIE, oggi, voteremo a favore della proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina. Chi non lo farà deve avere la libertà di esprimere il proprio voto senza temere minacce, intimidazioni, censure e pressioni indebite. Può farlo, perché vive in Italia, perché vive in Europa, dove le libertà fondamentali sono riconosciute e tutelate. Un'altra libertà è tutelata: quella della memoria. E di come deciderete di votare oggi, statene certi, i cittadini si ricorderanno per molto tempo (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Signor Presidente, non sfugge, credo, ad alcuno e ad alcuna di noi il carattere drammatico della vicenda di cui torniamo oggi a discutere. È il 24 gennaio e ricorrono, oggi, undici mesi da quando la Russia di Vladimir Putin ha scatenato la sua violenta aggressione armata nei confronti dell'Ucraina e, dunque, davanti a questo dramma ci misuriamo quando siamo chiamati e chiamate a definire un'iniziativa in grado, come tutti e tutte hanno sempre dichiarato, di raggiungere il medesimo obiettivo. Non è, lo voglio dire, qui, per me, per noi di Alleanza Verdi e Sinistra, in discussione ciò che tutti e tutte hanno sempre dichiarato, e cioè di voler raggiungere la pace, e non sarò dunque io - non l'ho mai fatto in questi mesi, intervenendo, come i colleghi e le colleghe ricorderanno, contro l'invio di armi all'Ucraina -, non saremo noi, ad accusare chi ha una posizione diversa di essere un cinico guerrafondaio. Sono qui e siamo qui, però, a ricordare - anche comprendendo il travaglio che attraversa ciascuno e ciascuna, il legittimo travaglio di fronte alle scene che raccontano ogni giorno, di un Paese martoriato dalle bombe, dai missili, quelli che cadono sui condomini abitati da civili - un doppio problema.

Il primo, colleghi e colleghe, è quello che ha a che fare con l'inefficacia di un'iniziativa politica, perché è difficile dimenticare che, quando questa drammatica guerra d'aggressione è cominciata, chi, differentemente da noi, sosteneva e continua a sostenere la necessità, la bontà, la giustezza dell'invio delle armi come strumento di risoluzione di quel conflitto affermava che quelle armi avevano innanzitutto un obiettivo: garantire, difendendo Kiev dall'aggressione di Vladimir Putin, lo spazio di una trattativa. Ve lo ricordate? Io, sì. Coloro che sostenevano quella linea dicevano a noi: voi sbagliate, perché l'impianto pacifista non fa i conti con la cruda realtà; senza armi, Putin arriverà lì, in due o tre ore, in tre giorni, in tre settimane e, dunque, ogni trattativa sarà preclusa. Ecco, colleghi e colleghe, sarebbe almeno il caso che tra noi, nel rispetto delle posizioni e con la serietà necessaria di fronte alla tragedia della guerra, con l'attenzione, anche, forse, che purtroppo quest'Aula non ha più… ma non è questione di rumore, Presidente, è questione di constatare, con qualche elemento di preoccupazione, quanto anche la guerra diventi oggetto di normalizzazione, diventi ormai discussione rituale nel nostro Parlamento; non dovrebbe capitare questo, a prescindere dalle posizioni che esprimiamo. Dunque, quell'obiezione che pure aveva una sua forza, indicava la trattativa come primo esito possibile.

Ecco, vogliamo almeno riconoscere che, dopo undici mesi, se c'è qualcosa che è scomparso, progressivamente, da tutti i radar della discussione pubblica è esattamente la trattativa? Vogliamo fare i conti con il fatto che una trattativa si era aperta, seppur nelle lande desolate della Bielorussia e senza mediatori internazionali? Così come qualche interlocuzione, sempre sotto l'egida di chi forse non avremmo dovuto delegare a svolgere quel ruolo, penso al non democraticissimo Presidente della Turchia, Erdogan, seppur valente alleato della nostra Alleanza militare, la NATO. Qualche trattativa si era aperta; oggi, ogni spiraglio sembra scomparso e l'unica parola che prende, guadagna e continua a consumare il campo è la parola delle armi, della vittoria, del conflitto e della soluzione militare. Questo è il primo punto che, però, viene rimosso. È incredibile che nessuno, con quest'aspetto, voglia fare i conti, anche mantenendo le sue posizioni. Magari, dicendo: bisogna continuare, ma dobbiamo ammettere che lo spazio della trattativa non ha affatto guadagnato terreno rispetto a undici mesi fa; niente, una rimozione completa.

Il secondo aspetto, per quel che mi riguarda, è il più preoccupante, colleghe e colleghi, ed è quello che io definirei l'aspetto della doppia ipocrisia che attraversa drammaticamente la nostra discussione. La prima ipocrisia è questione che mi è capitato di affrontare in quest'Aula più di una volta e, comunque, me la caverò rapidamente: è l'ipocrisia del richiamo ai valori, alla democrazia; abbiamo appena ascoltato qualche parola in merito ai valori occidentali, alla difesa della libertà. È un'ipocrisia sanguinosa, perché non fa i conti con chi, dentro questo racconto, viola la libertà, viola la democrazia e lo fa con le armi, con il sangue, appunto, quella Turchia che in questi giorni, in queste settimane, con le armi della nostra alleanza militare, della NATO, massacra il popolo curdo. Non fa i conti con quello che accade oggi, di fronte al nuovo Governo di estrema destra di Israele nei confronti dei palestinesi; non fa i conti con le infinite guerre dimenticate. Di tutto questo non c'è traccia; eppure, la retorica dei valori che difendiamo attraverso il sostegno all'Ucraina - lei, sì, aggredita dall'autocrate nazionalista di destra Vladimir Putin - continua a guadagnare la scena.

Poi, c'è la seconda ipocrisia. Badate, questa è ancora più preoccupante, e mi avvio rapidamente alle conclusioni. Ne ha scritto ieri, con - per quel che mi riguarda, naturalmente - impressionante lucidità, Lucio Caracciolo su La Stampa. Non è la prima volta che Lucio Caracciolo - che pure anch'esso è stato, a un certo, punto accusato di lavorare per l'autocrate di Mosca, ma ci siamo abituati a tutto, agli amici di Putin tra le file dell'ANPI, dell'ARCI, dei pacifisti, e anche qui è bastato guardare la cronaca del nostro piccolo dibattito interno per ricordarci, se mai ce ne fosse stato bisogno, che gli amici di Putin lo sapevamo dove stavano, non stavano certo da quelle parti - dice una cosa su cui dovremmo tutti e tutte riflettere e che, in fondo, sta nella cronaca, badate. Provate a ricostruire la cronaca: il Presidente dell'Ucraina, dall'inizio del conflitto, chiede una sola cosa: più armi, anzi, più interventi in grado di rendere efficace il sostegno militare; chiede la no fly zone, e, vivaddio, mi pare normale, chiede più missili, chiede carri armati pesanti, ne chiede centinaia. Di fronte alla possibilità che dalla Polonia, magari, per tramite, arrivi qualche unità degli ormai famosi carri Leopard 2 - abbiamo imparato perfino il lessico della nuova attrezzatura militare contemporanea -, di fronte alla possibilità che gliene arrivi qualche unità, dice: no, guardate, con qualche unità non ci facciamo niente, abbiamo bisogno di centinaia di carri armati, avremmo bisogno dello scudo antiaereo, della no fly zone, perché questo consentirebbe di contrapporre un'efficace difesa di fronte alla forza e alla violenza della Russia. La risposta, però, è sempre la stessa e non - o non solo - perché ci sono divisioni che, anche qui, andrebbero indagate: qual è la posizione del Governo tedesco, qual è la ragione di quella posizione? Ignavia? C'è un altro elemento di valutazione - vogliamo discuterne, in questo Parlamento oppure non ci interessa, assistiamo, così, passivi anche a quella che, giustamente, Caracciolo ha definito l'impressionante cacofonia del vertice di Ramstein? -, quello degli alleati che stanziano altre armi, ma lo fanno in modo discontinuo, del tutto insufficiente, sul piano strettamente militare.

Dice Caracciolo: attenzione, perché è chiaro che la guerra di attrito, quella che si sta obiettivamente determinando, favorisca inevitabilmente, per ragioni demografiche, materiali e militari, la potenza russa. Allora a noi, a breve, non resterà che un bivio e io lo chiamo il bivio impossibile, quello che ci metterà di fronte a una scelta: lasciare che Kiev soccomba, perché tra un po' le nostre scorte saranno vuote e il problema non sarà che saremo indifesi ma che, dal punto di vista di Kiev, non avremo più nulla da inviare, oppure fare quello che Kiev chiede, giustamente e legittimamente dico io, ossia intervenire.

E qui c'è l'altro punto che segna, sul piano perfino intellettuale, il carattere ipocrita di questo dibattito, quello che talvolta paragona - e finisco, Presidente - questa vicenda alla Seconda guerra mondiale, ai partigiani e, quindi, a Hitler. Se è Hitler e il sistema è quello, c'è poco da fare: si interviene. Ma siccome non si fa quel passo e non lo si fa per una ragione precisa - perché quella scelta prevede, come Caracciolo scrive, la tragedia, la fine - allora il problema è scegliere tra la fine e la vergogna o, come dice Caracciolo, il mix della fine e della vergogna. Forse è ora il momento di trovare in ogni modo la via per congelare e fermare quel conflitto e ricostruire le condizioni di una pace in quell'area dell'Europa e, tramite quella costruzione di pace, in tutto il mondo. Bisogna farlo ora, perché tra un po' rischia di essere troppo tardi. Se ne discuta con la gravità, con la responsabilità e anche con l'onestà necessaria, perché questo non è lo scontro tra posizioni eticiste e tanto meno la costruzione di una battaglia ideologica da posizionamento parlamentare.

PRESIDENTE. Onorevole, chiuda per favore.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). È il dibattito su una drammatica guerra, una guerra che uccide oggi e che può determinare domani una catastrofe senza ritorno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ettore Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO (A-IV-RE). La ringrazio, Presidente. Questo dibattito è alterato da un'affermazione che io considero ipocrita - e lo dico con rispetto per chi la fa -, nel senso di fare un distinguo tra chi è per la pace e chi è per la guerra. Qui - l'ho già detto e continuo a dirlo - non riesco a individuare colleghi che sono per la guerra. Ci troviamo in una situazione che tutti noi consideriamo drammatica, difficile, resa tale da uno Stato che ha deciso di invadere, senza rispettare le regole internazionali, un suo vicino, e che sta usando tutti i tipi di attività politica, oltre quella militare, per continuare questo conflitto e non ha alcuna intenzione di smetterla. Di fronte a questo, la comunità internazionale, una coalizione molto larga, si è unita per sostenere il popolo ucraino e il suo Governo.

A chi dice che non intende più inviare armi all'Ucraina per continuare la sua difesa, io chiedo: cosa devono fare gli ucraini? Qual è lo strumento che devono utilizzare? Devono cedere, evidentemente arrendersi e considerare le annessioni fatte dalla Russia - che nessun Paese ha riconosciuto - come una logica conseguenza della loro resa. Lo dico al MoVimento 5 Stelle che ho ascoltato con attenzione in questi giorni e anche nel dibattito che c'è stato. Ma se il MoVimento 5 Stelle oggi fosse al Governo e, quindi, potesse decidere che cosa fare, l'Italia resterebbe isolata tra tutti i Paesi occidentali, perché tutti i Paesi occidentali e l'Unione europea sostengono l'Ucraina e noi saremmo gli unici a fare un passo indietro e che dicono: no, noi non siamo più per sostenere l'Ucraina in questo loro percorso. Io non penso che vi sia qualcuno che, nel suo fervore, dica che chi vuole mandare le armi è per la guerra. Io non penso che chi non voglia mandare le armi sia per la Russia, però penso che chi non vuole continuare a sostenere l'Ucraina nel suo sforzo di difesa abbia un atteggiamento ipocrita e non riesca a spiegare come venir fuori da questa ipocrisia. Infatti, i tentativi continui che vengono fatti a tutti i livelli per trovare una mediazione che non sia la continuazione di questo conflitto trovano un muro da parte di Putin, il quale ritiene quei territori, che ha invaso e anche quelli che non ha invaso, di proprietà della Russia, su cui hanno addirittura legiferato, e noi siamo molto preoccupati rispetto a questo, perché sembra che ci sia una strada su cui difficilmente si trova una via di ritorno.

Allora, continuare a sostenere l'Ucraina è per noi un principio che dovrebbe essere di tutto questo Parlamento e non solo di un pezzo dello stesso. Dopodiché, lo facciamo con le modalità di questo Paese, tradizionali, in cui non rivendichiamo con orgoglio e con soddisfazione il mandare le armi. Nessuno di noi lo fa! Lo facciamo controvoglia perché vorremmo la pace, ma lo facciamo perché c'è qualcuno che ha cominciato questa guerra. E guardate che questa guerra non si combatte solo in Ucraina, perché sta avendo risvolti geopolitici - per fortuna, sperando che restino solo quelli - un po' in Africa. Vediamo quello che è successo a Burkina Faso. Non è che sia successo a caso che i francesi vengono fatti allontanare, diciamo, perché ci sono milizie filorusse che sono in quel Paese a sostenere il Governo. E come succede lì, succede in altri posti di questo mondo.

Noi dovremmo fare, invece, uno sforzo in cui tutte le forze politiche dovrebbero aiutare a ragionare, a far ragionare e anche a rimettere al centro la politica. Qualsiasi Paese, che oggi non sostiene lo sforzo internazionale di dire che i confini non si modificano con un attacco armato, costruisce premesse che dopo torneranno contro, tra vent'anni magari. Peraltro, c'è una nuova affermazione da fare su questo conflitto, perché la Russia non sta usando solo il suo esercito: usa le sue risorse finanziarie per finanziare una milizia, che è Wagner, costruendo le premesse per cui qualsiasi Paese che ha grandi disponibilità finanziarie può invadere il suo vicino con una milizia e non credo che questo possa essere un concetto su cui restiamo indifferenti.

Quindi, questo dibattito è molto complicato e da parte nostra non c'è alcun tentativo di semplificazione del tipo: “le armi sono la soluzione”. Le armi non sono una soluzione, perché le armi sono, purtroppo, uno strumento. Le armi e gli eserciti dovrebbero essere elementi di deterrenza. Purtroppo, in questo contesto la deterrenza non basta e, quando la deterrenza non basta, bisogna far valere le ragioni, purtroppo anche con le armi.

Questa è una guerra la cui assurdità ci si presenta davanti anche con queste immagini, in cui siamo tornati alle trincee della Prima guerra mondiale. È una guerra che si combatte in trincea - la combattono in trincea - e, accanto alle trincee della Prima guerra mondiale, i russi hanno adottato anche la strategia dei bombardamenti delle città. Rispetto a questo, come si può restare disarmati, ininfluenti, silenziosi e soggetti terzi? A chi non si assume la responsabilità, per cui bisogna in maniera netta sostenere e difendere quel popolo, dico: come si può restare indifferenti? Anche perché è asimmetrico da questo punto di vista quel conflitto, perché non ci sono gli ucraini che stanno bombardando le città russe (non c'è questo!). Inoltre, la coalizione internazionale ha detto con chiarezza che dobbiamo cercare di limitare con tutti gli strumenti questo conflitto, però questa guerra è asimmetrica anche su questo fronte.

Quindi, invito veramente a evitare questa escalation di demagogia, per cui l'invio delle armi aumenta la guerra. No, l'invio delle armi aumenta la possibilità di difesa di chi si sta difendendo. Per questo motivo la nostra posizione su questo provvedimento è molto netta e lo sarà sempre.

Lo è stata dal primo momento, lo è stata con l'iniziativa importante che il Presidente Mattarella e il Governo Draghi hanno assunto dal primo giorno, senza esitazioni, accanto a tutti i grandi Paesi europei, accanto ai nostri alleati della NATO, accanto a tutte le potenze internazionali che si sono riunite intorno alla solidarietà per l'Ucraina.

Andiamo avanti con coerenza, lavorando per tutte le situazioni che possano costruire condizioni di pace, perché le armi cessino di spargere sangue in quel contesto, ma consapevoli che la responsabilità che abbiamo davanti oggi è che non ci possiamo tirare indietro per lavarci la coscienza.

La politica richiede di assumere con consapevolezza le proprie responsabilità. Oggi, siamo chiamati a sostenere, con responsabilità, il Governo ucraino e il popolo ucraino e penso che, con responsabilità, questo Parlamento lo dovrebbe fare all'unanimità. Mi dispiace vedere questi distinguo che tendono non a trovare soluzioni diverse, ma unicamente a rappresentare una posizione politica a cui, però, non si può e non si riesce a far seguito con una conclusione logica. Qual è la soluzione rispetto al non inviare le armi?

Il nostro gruppo sosterrà con forza questo provvedimento, sperando - questo sì - che il lavoro che i Governi, compreso il nostro, devono continuare a fare, con grande forza, per trovare vie diplomatiche rompa il muro che Putin ha tirato su rispetto a qualsiasi intervento diplomatico.

La responsabilità della mancanza di una diplomazia che possa aiutare a uscire da questa vicenda è unicamente da una parte e noi dobbiamo continuare a sostenere le ragioni di un popolo che è stato aggredito (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mule'. Ne ha facoltà.

GIORGIO MULE' (FI-PPE). Grazie, Presidente Costa. Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, ci ritroviamo qui a quasi un anno di distanza, da quando Forza Italia, in questo Parlamento, si schierò convintamente a sostegno dell'indipendenza dell'Ucraina e del suo valoroso popolo. Lo facemmo per varie ragioni, perché bisognava andare a difesa del diritto internazionale e da una brutale aggressione da parte della Russia. In quel momento, tutti – quindi, Governo, forze di maggioranza e il principale partito che, all'epoca, era all'opposizione - abbracciammo la causa giusta della libertà e ritenemmo che, nell'ambito della nostra appartenenza all'Alleanza atlantica e, prima ancora, dell'adesione intima e incondizionata alla Carta dei diritti fondamentali delle Nazioni Unite, fosse nostro preciso dovere opporci a quello che, nelle intenzioni della Federazione Russa, doveva essere un Blitzkrieg, una guerra lampo. Fummo d'accordo tutti, maggioranza e opposizione, nell'avviare sanzioni economiche nei confronti dello Stato invasore, accanto a misure di sostegno concrete di tipo umanitario ed economico e anche in termini di invio di materiale bellico. È passato, dunque, quasi un anno, tante parole sono state spese, tantissimi dibattiti sono stati fatti, troppe lacrime sono state versate. Presidente, le domande semplici che pongo a questa Assemblea sono: concretamente, rispetto a un anno fa, è cambiato qualcosa? L'invasione russa si è arrestata? L'esercito russo ha ripiegato verso i suoi confini? La Nazione ucraina è tornata a godere dei suoi diritti inviolabili, internazionalmente riconosciuti? Sono stati inviati da parte di Mosca timidi, ma concreti segnali di apertura alla diplomazia? A tutte queste domande, purtroppo, la risposta è una e una sola: no.

Se le condizioni politiche internazionali, se le condizioni sul terreno, se le condizioni in cui si trova l'Ucraina non sono mutate, scusate colleghi, perché, oggi, dovrebbe mutare la posizione dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE)?

Dunque, è per coerenza e per linearità che Forza Italia voterà convintamente a favore di questo decreto. Rivendichiamo con orgoglio - noi che possiamo farlo - la nostra inflessibile, direi granitica coerenza. Allo stesso modo, grazie alla nostra presenza al Governo, oggi la politica estera e la politica di difesa, come avviene negli Stati seri, hanno mantenuto senza esitazioni la stessa linea dell'Esecutivo che lo ha preceduto.

Spiace vedere e constatare che questa coerenza e questa serietà non possano essere riconosciute a tutti in quest'Aula. Ovviamente, mi riferisco non a chi, legittimamente, è stato sempre contrario - e lo ha ripetuto ancora oggi, ancora poco fa - all'invio di armi, ma a chi, prima, ha sostenuto la ferrea necessità di garantire all'Ucraina la possibilità di difendersi dai suoi aggressori e, oggi, si ricrede, scivolando in un terreno paludoso, in un acquitrino di non idee per biechi motivi di campagna elettorale e di consenso, così anteponendo la propaganda “un tanto al chilo” alla difesa della libertà, del diritto e della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

Sia, dunque, ripetuto a coloro che hanno deciso di tapparsi le orecchie e che non vogliono ascoltare: senza un esercito ucraino in grado di difendersi sul campo non ci sarà spazio per la democrazia. Se l'armata russa, alla fine dell'inverno, dovesse intraprendere un'avanzata inarrestabile in quanto non minimamente contrastata, non avremmo una pace, bensì una resa imposta ed un'invasione portata a termine, non ci sarebbe alcuna conferenza di pace, ma, forse, un nuovo Brenno, uno che magari parla Russo e che, gettando la spada sulla bilancia, pronuncerebbe, ovviamente in russo: guai ai vinti! Ma anche: guai a voi che, con il vostro comportamento, consentireste la celebrazione di questa vittoria!

Cari colleghi, non con l'oro si riscatta la patria, ma con il ferro. L'onore e, in questo caso, la vita naturale e democratica si riscattano con azioni concrete. Nessuno, tra i deputati che siedono in quest'Aula, è favorevole alla guerra, perché la guerra è morte, distruzione, dolore e perché questa guerra, con le conseguenze che produce, danneggia anche l'economia internazionale e la nostra economia, come stiamo tristemente toccando con mano ormai da un anno.

Tuttavia, la soluzione alternativa non c'è e lasciare l'Ucraina al proprio destino - perché questo significherebbe non sostenerla più militarmente - non riporterebbe la pace, ma preparerebbe una nuova e più grave crisi sempre nella medesima regione o in un'altra regione del mondo, e mentre lo dico il pensiero va inevitabilmente ai Balcani.

Non siamo felici di prorogare, per un altro anno, una norma che autorizza il Governo a inviare armi che saranno utilizzate in una guerra, ma sentiamo forte, nella nostra coscienza, l'appello che arriva dall'Ucraina, le parole che risuonano, ogni giorno, come rintocchi di una campana dell'anima, pronunciate dal comandante della trentaseiesima brigata della Marina ucraina, che disse: dobbiamo sapere che il mondo ha fatto tutto il possibile per noi, noi siamo pronti a fare anche l'impossibile per il nostro Paese.

Colleghi, tra il possibile e l'impossibile ci siamo noi, c'è l'Europa, c'è l'Occidente, ci siamo noi che non ci giriamo dall'altra parte, noi che non ci inginocchiano, accettando, non la pace, ma una umiliante resa. Non c'è conflitto di coscienza nella decisione che abbiamo preso. L'autodifesa attraverso l'utilizzo di armi da parte del popolo aggredito è consentita e tale diritto è legittimato dalla nostra Costituzione, perché è funzionale alla difesa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE) contro l'attacco subito ed è proporzionato all'intensità dell'aggressione. Siamo cercatori di pace, di una pace, seppur dolorosa, che ristabilisca la convivenza umana secondo quei pilastri su cui si fonda: verità, giustizia, amore e soprattutto libertà, nel solco di quanto Papa Giovanni XXIII ci continua a sollecitare, sessant'anni dopo, con la sua enciclica Pacem in Terris.

Vogliamo cercare questa pace per non essere testimoni del terribile, del desolante monito che Tacito descrisse con la sua massima: fecero il deserto e la chiamarono pace. Lottiamo e ci impegniamo, dunque, con le armi della diplomazia, soprattutto, perché si arrivi a una nuova Helsinki, perché si aggiornino gli accordi del '75, come Forza Italia e come Silvio Berlusconi ribadiscono da un anno, una nuova Helsinki nella quale le parti in causa trovino una legittimazione comune. Non ci pieghiamo e non ci piegherete alla tesi di chi vorrebbe la NATO vittima del paradosso che esiste per gestire i rischi creati dalla sua stessa esistenza. Pensiamo, invece, di vivere in un'Alleanza atlantica che posiziona a guardia dei suoi confini, non missili, ma valori e ideali insuperabili che vanno difesi anche con i missili (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE)! Per questo, siamo in prima linea accanto all'Ucraina in quella che ci appare come una abominatio desolationis, che è la più tremenda empietà distruttiva contro gli uomini.

Con l'uso della forza la Russia tenta di coartare valori, di umiliare le fondamenta, di sbriciolare chi vive in pace, chi vuole vivere in pace.

Colleghi, la storia ci insegue e ci ammonisce. Il presente ci chiama a decisioni insieme terribili, ma necessarie. Tutto sta nel decidere se affrontare il presente a testa alta o consegnarsi alla storia a capo chino, se presentarsi al giudizio finale genuflessi o da uomini liberi. Tutto qui. Il resto è misera e anche un po' vigliacchetta propaganda. Vogliamo la pace, vogliamo la pace giusta e, per raggiungerla, ci predisponiamo - con quello spirito che continuiamo a sostenere insieme al Governo - a percorrere in maniera testarda il tortuoso sentiero che un illuminato diplomatico, come fu il cardinale Agostino Casaroli, descrisse nel suo libro di memorie, che attraversarono 25 anni, dal 1963 fino alla caduta del muro nell'89, con riferimento ai rapporti terribili con i Paesi dell'ex Unione Sovietica, con l'Unione Sovietica stessa. In una parola, Presidente, siamo predisposti a percorrere il martirio della pazienza. In Ucraina, il martirio è quello quotidiano di un popolo aggredito e brutalizzato. In Italia e in Europa, la pazienza è quella di costruire la pace su basi credibili e solide. È quello che faremo anche votando convintamente il decreto che discutiamo oggi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco Pellegrini. Ne ha facoltà.

MARCO PELLEGRINI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, fra pochi giorni sarà trascorso un anno dall'invasione russa dell'Ucraina. Un'invasione inaccettabile che ha violato il diritto internazionale e ha innescato una guerra, alle porte dell'Europa, che sta provocando migliaia di morti, atrocità e sofferenze di ogni tipo al popolo ucraino. Durante quest'anno la strategia dell'Occidente si è focalizzata sull'invio costante di armi e, così facendo, ci stiamo avvicinando pericolosamente allo scoppio di un conflitto ancor più vasto, magari con l'utilizzo di armi nucleari, come più volte ha minacciato di poter fare o di voler fare la Federazione Russa. Adesso invece servono negoziati di pace, non armi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Fermatevi! Fermatevi prima che sia troppo tardi. In questi undici mesi l'Occidente ha recitato lo stesso copione, senza rendersi conto che ogni settimana che passa, oltre a inasprire il conflitto con ulteriori vittime e ulteriore devastazione, ci allontana da qualsiasi prospettiva concreta di pace.

Quello che è cambiato rispetto a quasi un anno fa, a testimonianza dell'assurda - assurda, lo sottolineo - escalation militare, di cui stiamo purtroppo parlando, è che, all'inizio del conflitto, si discuteva di invio di armi e di munizioni per i soldati, di armi anticarro per fermare l'avanzata russa e quindi colmare il gap tra le forze in campo. C'era, infatti, un'evidente asimmetria militare tra Russia e Ucraina. Questo era l'obiettivo: guadagnare tempo. Quello era il senso politico della decisione che è stata presa nel marzo del 2022. L'obiettivo era, quindi, di lavorare con la diplomazia, con i negoziati, per arrivare a ristabilire la pace.

Ora, invece, in questi ultimi giorni, settimane, mesi, sentiamo parlare solo di invio di carri ad alto potenziale, di missili a lunga gittata e di mezzi aerei per lanciare attacchi contro il territorio russo per ottenere, lo dico tra virgolette, la “vittoria”. E ho citato in questo senso ciò che ha detto e ha ribadito ieri, a Kiev, il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Davvero si vuole perseguire la chimera di una vittoria militare sulla Russia, anziché, invece, una strategia e una soluzione diplomatica? La logica del supporto militare a oltranza, portata alle sue estreme conseguenze, potrebbe condurci presto a non parlare più di invio di armi, ma di invio di truppe, cioè di un coinvolgimento diretto da parte della NATO. Cosa faremo quando e se Zelensky o il Governo dell'Ucraina ci dovessero chiedere non solo armi, ma anche truppe e uomini? Che cosa risponderemo loro?

E poi, anche in merito alla trasparenza, che è un obbligo rispetto ai cittadini italiani e al Parlamento, dopo le dichiarazioni di Stoltenberg sul contributo militare che l'Italia sta dando all'Ucraina non solo - ripeto le sue parole - sotto forma di armi, ma anche di addestramento delle truppe, saremmo felici di sapere, di avere ragguagli, di fare chiarezza - e questi ragguagli non possono che provenire dal Governo - e di avere notizie su cosa consiste esattamente questo contributo di addestramento che gli italiani stanno fornendo alle truppe ucraine. Chi oggi continua a puntare sulla soluzione militare e sull'invio di armi sempre più massiccio ha imboccato un vicolo cieco. E noi troviamo ipocrita chi parla di pace e al contempo sposa la via dell'escalation militare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi veramente lo troviamo un artificio retorico, non altro, non un contributo per cercare una soluzione di pace. Dite la verità agli italiani: è vostro dovere dirla. L'Italia e l'Europa entreranno in guerra, se continueremo di questo passo. Abbiate il coraggio di affermarlo e non nascondetevi dietro un dito. A dirlo, tra l'altro, in queste ultime ore, oltre al MoVimento 5 Stelle che lo dice da tempo, è anche il generale Marco Bertolini, un veterano di guerra, comandante della missione NATO in Afghanistan di tutte le Forze speciali italiane, che ha guidato il Comando operativo interforze, cioè un esperto della guerra e non un velleitario pacifista, come direbbe qualcuno in quest'Aula. Ebbene, il generale, che già si è detto contrario all'invio di ulteriori armi, ha sottolineato la necessità e l'urgenza che si avviino dei veri negoziati e proprio oggi ha sottolineato che noi ci stiamo quasi rassegnando all'entrata in guerra.

La guerra in Ucraina ha posto l'Europa di fronte ad un bivio: diventare un soggetto geopolitico maturo ed emancipato, che agisca autonomamente sullo scenario internazionale a difesa dei propri interessi e di quelli dei propri cittadini, oppure diventare una succursale di Washington, allineandosi passivamente ad un oltranzismo bellicista, dannoso dal punto di vista economico e, ovviamente, pericolosissimo per la sicurezza dei cittadini europei e per la sicurezza mondiale. L'Europa deve svegliarsi e ricordarsi cos'è: non è un'alleanza militare, è una comunità politica nata per scongiurare nuove guerre (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e per giocare un altro ruolo, un ruolo di pace, in questa partita, un ruolo politico e diplomatico. Se l'Europa vuole contare a livello internazionale, deve abbandonare quest'quest'ordineatteggiamento gregario e perseguire i propri interessi che non sempre sono - in questo caso non lo sono - coincidenti con quelli degli Stati Uniti.

Noi non ci rassegniamo all'entrata in guerra, non la riteniamo né un fatto ineluttabile, né un mezzo per risolvere le controversie internazionali, come recita l'articolo 11 della nostra Costituzione. Per questi motivi proponiamo da mesi che l'Italia svolga un ruolo decisivo, da protagonista, per l'apertura di tavoli negoziali, e che l'Occidente e l'Europa cambino profondamente strategia, al fine di innescare un'escalation diplomatica che metta fine all'escalation militare che tanti danni, tante vittime e tanti disastri sta creando al popolo ucraino. E quindi si renda concreta la possibilità di arrivare alla pace, come, tra l'altro, da tempo esorta a fare Papa Francesco, il cui grido di dolore è rimasto praticamente inascoltato da undici mesi a questa parte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ci accusano, a noi del MoVimento 5 Stelle, di voler voltare le spalle al popolo ucraino non fornendo più armi, ma questo non è assolutamente vero, anche perché gli ucraini in questo momento, oltre alle armi che stanno arrivando in misura copiosissima da Stati Uniti, dal Regno Unito e anche da noi, per la verità, hanno bisogno di aiuti umanitari e sanitari, molto più di quelli che ricevono oggi. Faccio solo degli esempi, ma proprio spiccioli: generatori elettrici, viveri, medicinali e strumenti per lo sminamento, perché le mine purtroppo stanno provocando tante vittime. Ma soprattutto hanno bisogno di uscire il prima possibile da questa tragedia con l'aiuto della diplomazia, di uno sforzo diplomatico che finora non è stato messo in moto.

Noi dobbiamo inviare più aiuti umanitari e mediatori di pace, e non armi! Questo è il ruolo storico che l'Italia deve continuare a svolgere. Chi ipotizza un isolamento dell'Italia, se smettesse - come noi auspichiamo da mesi - di inviare armi all'Ucraina, commette un errore gravissimo di valutazione; al contrario, l'Italia continuerà a essere irrilevante, se continuerà ad allinearsi passivamente alla strategia bellicista dell'escalation militare.

Quello che manca, in questo momento, non sono i carri armati, ma una vera strategia politica e diplomatica, che possa farci uscire da questa guerra assurda. Non c'è più nessuno che parla veramente di negoziati e di diplomazia - la politica è proprio la grande assente in questo momento storico -, ma quello diplomatico sarebbe un ruolo che, invece, l'Italia potrebbe interpretare benissimo, per ragioni storiche, però tutto ciò potrebbe avvenire, se non ci fosse questa furia bellicista che ha attanagliato questo Parlamento.

Siamo dalla parte della pace e ci impegneremo con tutte le nostre forze, affinché sia raggiunta nel più breve tempo possibile.

Concludo, Presidente: non ci spaventa non avere il sostegno della potentissima lobby dei produttori di armi, che nelle guerre vedono solo occasioni di affari; non ci spaventa essere additati come velleitari pacifisti. Abbiamo il coraggio delle nostre idee e ci sentiamo in piena sintonia con le centinaia di migliaia di persone scese in piazza in questi mesi a rivendicare le ragioni della pace! Ci sentiamo in sintonia con la maggioranza degli italiani, contraria ad un invio ulteriore di armi all'Ucraina, che vuole la pace e un futuro migliore per gli ucraini. Infatti, i veri nemici da combattere sono i guerrafondai e coloro che fanno affari con la guerra, infischiandosene delle vittime, delle devastazioni e del dolore. In questo Parlamento, siamo e saremo una voce fuori dal coro, quel coro trasversale che è il partito della guerra.

Per tutti questi motivi, annuncio il voto contrario del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paolo Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie Presidente. Ho appena sentito di voci fuori dal coro, ma sarebbe bello che le voci fuori dal coro fossero sempre voci fuori dal coro e non a corrente alternata (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Presidente, colleghi, Governo, si conclude oggi in quest'Aula l'iter del provvedimento con il quale viene convertito il decreto-legge emanato agli inizi di dicembre scorso per prorogare di un anno il termine dell'autorizzazione generale chiesta, a suo tempo, dal Governo Draghi per poter fornire anche materiali d'armamento alle Forze armate ucraine, che resistono all'invasione russa.

Senza consistenti aiuti occidentali, ben difficilmente l'Ucraina avrebbe potuto sopravvivere al tentativo russo di cancellarne l'indipendenza politica, privarla delle proprie capacità di difesa e mutilarne anche la sovranità energetica. Che questi fossero gli obiettivi di Mosca è chiaro e fu lo stesso Putin a dichiararli il 24 febbraio dello scorso anno.

Se, oggi, i russi parlano di obiettivi territoriali più circoscritti, è soltanto perché non sono riusciti a conquistare Kiev ed hanno fallito nei loro piani, perché gli ucraini hanno deciso di combattere e noi abbiamo dato loro i mezzi per poterlo fare. Alcuni dicono, da qualche tempo, con una certa insistenza, che i nostri aiuti militari hanno contribuito ad allungare la guerra, allontanando la pace; in realtà, non hanno allontanato la pace, ma impedito la totale conquista russa dell'Ucraina, ben altra cosa.

Occorre, infatti, intendersi sul significato da dare alla parola “pace”: per alcuni, probabilmente, è solo sinonimo di assenza di combattimenti, senza considerazione alcuna delle condizioni sottostanti. In questo modo, però, la pace della coesistenza tra Paesi sovrani, la pace basata sul rispetto reciproco dell'inviolabilità territoriale diventa uguale a quella del conquistatore, che si impone con la sopraffazione e cambia lo status quo. Noi, invece, pensiamo che una differenza ci sia e che non tutte le paci siano uguali. Proprio per questo motivo, nella consapevolezza che in territorio ucraino si fronteggiano un aggressore potente, la Russia, ed un aggredito, che ha bisogno di essere assistito, l'Ucraina, riteniamo corretta la scelta del Governo di confermare la politica di sostegno attuata a partire dallo scorso 28 febbraio.

Dobbiamo fare il possibile, affinché gli ucraini possano resistere efficacemente, ponendosi nelle condizioni di negoziare con i russi una fine onorevole delle ostilità, che soddisfi le richieste fondamentali di Kiev. Dobbiamo, altresì, essere onesti relativamente a ciò che sta accadendo, senza coltivare illusioni prive di fondamento: questo conflitto somiglia a una guerra totale, non è un conflitto limitato, che possa essere facilmente risolto da qualche brillante artifizio diplomatico.

Le parole degli ambasciatori, purtroppo, possono poco di fronte alla determinazione di continuare a ricorrere alla forza propria del conquistatore. Ovviamente, questo non significa rimanere inerti mentre i belligeranti si affrontano sul campo, bruciando le esistenze di decine di migliaia di uomini; significa, invece, essere realisti e comprendere che il negoziato avrà possibilità soltanto se i russi rinunceranno ai loro scopi di guerra, o, quantomeno, a una parte di essi. Aiutare gli ucraini è il modo migliore per arrivare a questo punto ed è l'unica strada per giungere a una cessazione delle ostilità, che somigli al ripristino della pace nella coesistenza pacifica e nella giustizia.

Votando in favore della conversione di questo decreto-legge, come ci accingiamo a fare, noi, del gruppo Lega Salvini Premier, intendiamo confermare il nostro appoggio alla linea prescelta dal Governo. Siamo, in ogni caso, certi del fatto che il Governo continuerà a aggiornare le forze politiche su quanto accade e su ciò che facciamo, tanto in sedi protette, come quelle del Copasir, quanto, qualora subentrino drastici cambi di scenario, in questa nostra Assemblea. Per tutto quanto precede, voteremo a favore (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Anna Ascani. Ne ha facoltà.

ANNA ASCANI (PD-IDP). Grazie Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, fin dal 24 febbraio dello scorso anno, dall'inizio della guerra di Putin, il Governo italiano ha scelto di stare al fianco dell'Ucraina invasa, del suo popolo e del suo Governo ed il Partito Democratico non si è mai tirato indietro nel sostenerli.

In un momento delicatissimo per l'Europa e per il mondo, infatti, il Governo Draghi ha ribadito più volte, senza esitazioni, che il posto dell'Italia è al fianco dei Paesi che lottano per la difesa della pace, del diritto internazionale e del principio di autodeterminazione dei popoli. Rivendichiamo con orgoglio anche di essere stati noi, del Partito Democratico, la forza politica che si è schierata con più nettezza e coerenza al fianco dell'Ucraina invasa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), non avendo noi alcun legame con Putin o col suo partito Russia Unita.

Per noi, il sostegno all'Ucraina è stato una posizione naturale, perché piena espressione della nostra visione del mondo e dei nostri valori. La difesa della pace, della democrazia e dei diritti umani sono da sempre la nostra bussola. La Costituzione e il diritto internazionale sono da sempre i nostri punti di riferimento.

Oggi, dunque, sosterremo quella che di fatto è una proroga all'autorizzazione all'invio in Ucraina di mezzi, materiali ed equipaggiamenti per difendersi dall'aggressione, perché siamo mossi da due convinzioni profonde. La prima è molto semplice, l'abbiamo ripetuta più volte: se la Russia smette di combattere, finisce la guerra, se l'Ucraina smette di combattere finisce l'Ucraina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Non è vera pace la resa dell'aggredito costruita sulle macerie e sul sangue. È evidente, infatti, di chi sono le responsabilità di questa guerra, è evidente chi l'ha iniziata ed è evidente chi continua a portarla avanti. Non è accettabile, sotto nessun punto di vista, mettere sullo stesso piano chi invade e chi viene invaso, non è accettabile essere equidistanti. La pace si difende stando al fianco di chi si vede negati diritti e libertà. Ce lo ricorda il filosofo francese Emmanuel Mounier che la pace non può essere sereno egoismo e che l'astensione è un'illusione; dice che la nostra pace non è una pace fantastica, una scappatoia, ma è una presenza; un concetto espresso in uno scritto bellissimo, I cristiani e la pace, pubblicato nel 1939, per rispondere a chi, all'epoca, adduceva le ragioni di una finta pace per non schierarsi contro i disegni della Germania nazista, e ripubblicato di recente, vista la stringente attualità di quanto vi è contenuto.

Mi chiedo e vi chiedo, colleghi e colleghe, in che modo pace e giustizia sarebbero difese abbandonando a se stesso un popolo che da quasi un anno è sotto attacco. Ciò che è successo in questi 335 giorni inorridisce: morte, distruzione, bombardamenti senza tregua anche nella notte di Natale e senza distinzione tra obiettivi militari e obiettivi civili. Addirittura minacce di ricorso al nucleare. Citerò brevemente qualche numero esplicativo della ferocia della guerra di Putin. Il terribile bombardamento del condominio di Dnipro di una settimana fa ha ucciso 44 persone, di cui 4 bambini.

Secondo i dati forniti dall'ufficio del procuratore generale di Kiev, il numero totale delle vittime tra i bambini è 459, cui si aggiungono 914 feriti. Dall'inizio della guerra l'esercito russo ha distrutto completamente 337 scuole e strutture educative e ne ha danneggiate 3.126. Ma non sono solo le ucraine e gli ucraini a soffrire le conseguenze della guerra; le vittime sono anche tra le russe e i russi che subiscono le decisioni di un Presidente che non ha alcun rispetto per la vita e i diritti delle persone che sarebbe chiamato a rappresentare. Penso non solo alle decine di migliaia di giovani mandati a morire, alle loro famiglie che li piangono, ma anche alle oltre 15.000 persone che sono state arrestate per aver manifestato il proprio dissenso.

La seconda convinzione che ci porta a essere senza esitazioni al fianco dell'Ucraina è che quella di Putin non è solo una guerra di invasione, è anche una guerra ideologica, un attacco frontale al diritto internazionale e ai nostri valori europei (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Con quest'attacco Putin sta cercando di mandare un messaggio al mondo: nell'arena globale non c'è spazio per il diritto internazionale e non c'è spazio per modelli alternativi al suo, un mix di nuova politica di potenza e vecchio imperialismo. Ma questo non è vero, noi ne siamo radicalmente convinti. Se siamo saldamente al fianco dell'Ucraina è anche per non rassegnarci a una visione per cui a contare sono solo i rapporti di forza.

I diritti contano, il diritto internazionale conta, i valori di pace, giustizia e solidarietà contano, così come contano tutte le organizzazioni internazionali nate per proteggere e incarnare questi valori. Lo afferma la nostra Costituzione che all'articolo 11 non solo ripudia la guerra, ma chiarisce anche come intende costruire la pace, cioè promuovendo e favorendo le organizzazioni internazionali nate per assicurare la giustizia fra le Nazioni. Ed è su questi valori che nasce l'Unione europea, lo ha ricordato il Presidente Mattarella nel suo messaggio di fine anno proprio con riferimento alla guerra in Ucraina.

La pace è parte fondativa dell'identità europea e, fin dall'inizio del conflitto, l'Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libertà. Per questo non ci siamo mai sentiti soli nelle scelte complesse di questi mesi, saldi nell'Unione europea, saldi nell'Alleanza atlantica.

Con il nostro voto di oggi vogliamo sostenere l'obiettivo di una pace nella giustizia e nella libertà, costruita sul rispetto del diritto internazionale; una pace che è il contrario dell'indifferenza; una pace che è rifiuto della politica di potenza. Speravamo tutti, senza eccezioni, che l'inizio del 2023 portasse con sé il cessare delle armi. Fra un mese, infatti, sarà trascorso un anno dalla data esatta in cui Putin ha dato ordine alle forze armate russe di invadere l'Ucraina. Il 24 febbraio 2022 è una data impressa nella storia, una data che ha cambiato noi, l'Europa e gli equilibri globali, ma non possiamo e non dobbiamo rassegnarci ad avere la tragedia della guerra dentro casa, in Europa.

La fermezza della nostra posizione rispetto all'invasione russa dell'Ucraina determinerà la nostra credibilità futura e contribuirà a delineare le premesse del nuovo ordine mondiale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Proprio nelle fasi di trasformazione, quale è quella che stiamo affrontando, non si può rinunciare ai principi fondamentali su cui si regge la nostra democrazia. Non è il momento, dunque, di rinunciare ai nostri valori, di rassegnarci a un modello di convivenza basato sulla legge del più forte, secondo la quale il più debole deve soccombere alla violenza. È il momento di ribadire la determinazione dell'Italia nel difendere i principi di libertà, democrazia e pace.

Farlo significa per noi del Partito Democratico oggi rinnovare un impegno e dunque votare favorevolmente a questo provvedimento, ribadendo, al tempo stesso, che tutti i nostri sforzi sono mirati alla costruzione delle concrete condizioni di pace.

In conclusione, Presidente, mi permetto di fare una cosa che non ho mai fatto intervenendo qui in Aula, ovvero aggiungere alle ragioni formali e sostanziali appena enunciate una ragione di natura personale. Penso a una mamma e a un ragazzino in particolare, due persone tra le tante che, all'inizio del conflitto, sono scappate via. Loro sono stati ospitati nella mia città, a Città di Castello. La nonna di quel ragazzino si era presa cura di mia nonna malata. Qualche tempo fa hanno deciso di tornare in Ucraina, preferendo la paura delle bombe all'esilio dal loro Paese. Se penso a loro, ai loro occhi, alla loro sofferenza, questa guerra non è più solo l'oggetto di pomposi editoriali e trattati di geopolitica. Diventa vita. E quella vita, la vita di quel ragazzo, di sua madre, dei milioni di madri e di ragazzi ucraini che non hanno mai scelto la guerra, ma la subiscono, ha diritto di essere difesa, di non essere abbandonata a se stessa, ha diritto alla pace. Questo è il mio, il nostro impegno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ciaburro. Ne ha facoltà.

MONICA CIABURRO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, Sottosegretario, permettetemi di iniziare citando la nostra Costituzione in una dichiarazione che credo e auspico sia condivisa da tutti noi, nel suo articolo 11: l'Italia ripudia la guerra. Noi tutti ripudiamo la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Noi siamo qui, oggi, il 24 gennaio del 2023: quasi un anno fa, il 24 febbraio del 2022, ci siamo svegliati con quest'attacco da parte della Federazione russa ai danni dell'Ucraina. Credo che tutti noi, oggi, non vorremmo essere qui a parlare ancora di guerra e delle misure da mettere doverosamente in campo per difendere un popolo, aggredito da una Nazione, dalla Federazione russa che va a compromettere tutti i valori su cui la nostra Carta costituzionale si fonda. E proprio nell'ambito di questo dettato costituzionale l'Italia e questo Governo, un anno fa come oggi, sostengono il diritto naturale alla legittima difesa, proclamato nell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Una difesa per l'appunto legittima, individuale o collettiva, esercitabile da ogni Paese aggredito che ne ha la possibilità. Noi tutti, ripeto, vogliamo la pace, ma la pace non è un qualcosa che si consegue così, dal nulla, mostrando una bandiera o proclamandola. La pace va vinta, la pace va conquistata e poi difesa; non può essere l'accettazione di uno status quo voluto da altri, secondo cui la sopraffazione deve diventare la nuova forza motrice dell'ordine internazionale.

Se parlassimo di pace oggi per l'Ucraina, alle condizioni volute dal Governo russo e secondo i bizzarri sofismi di alcuni colleghi, anche dell'opposizione, come abbiamo sentito, e mi riferisco all'onorevole Pellegrini poc'anzi, avremmo davanti una resa incondizionata, dove l'unica condizione accettabile è la cancellazione di un Paese, con canoni e dinamiche tutti tipici di un periodo storico che avremmo ben piacere a lasciare sui libri di storia. In che modo può l'Ucraina sedersi a un tavolo e anche solo ipotizzare di vincere una pace, se ogni giorno subisce bombardamenti a tappeto che distruggono case, ospedali ed infrastrutture? La guerra ha prodotto otto milioni di rifugiati e, secondo dati elaborati dagli Stati Uniti, oltre 100.000 caduti militari, oltre 200.000 se contiamo anche la parte russa.

Quale tipo di futuro può avere un Paese ormai privato di produzione industriale, di riscaldamento, di energia, di abitanti e di serenità? Le condizioni per la pace vanno difese, altrimenti si chiama debellatio. Sia ben chiaro, signor Presidente e onorevoli colleghe e colleghi, con questo decreto questa maggioranza intende ribadire e difendere il diritto all'esistenza dell'Ucraina, il diritto ad un'esistenza libera e sovrana, perché, senza sovranità e senza libertà, una Nazione non può esistere. Su questo tema sono personalmente orgogliosa che quasi tutto l'emiciclo politico, da maggioranza a opposizione, a distanza di quasi un anno, con un Governo di differenza, riesca ancora oggi a trovarsi concorde.

Quando sulla politica estera, in momenti così critici, si evitano assalti all'arma bianca, riuscendo a mettere da parte le proprie differenze, allora si dà la dimostrazione che una democrazia è sana ed è matura. Non posso, però, affrontare questo dibattito, signor Presidente, senza rappresentarle alcune perplessità.

Ci tengo, infatti, a ricordare che le misure relative all'Ucraina sono partite con il decreto-legge n. 14 del 25 febbraio 2022, che ha autorizzato l'invio di equipaggiamenti militari fino alla fine del 2022. Quel giorno, ai banchi del Governo, sedeva il Governo Draghi e, tra i seggi della maggioranza, c'era anche il MoVimento 5 Stelle, lo stesso che oggi, almeno in parte, si oppone allo stesso provvedimento che un anno fa - per convenienza politica evidentemente - ha approvato. C'era lo stesso Governo Draghi, sostenuto da tutti quelli che in questi giorni hanno dato al Ministro Crosetto del guerrafondaio, quando il Governo Meloni ha licenziato provvedimenti identici e in continuità su un tema delicato, come la politica estera, in un momento in cui siamo stati chiamati alla responsabilità, verso noi stessi e verso i nostri alleati. Alla luce di alcuni interventi e posizioni ciò che mi domando, Presidente, è con che modalità si voglia ottenere questa pace. Infatti, dirsi a favore della pace e della sovranità del popolo ucraino ha un'immediata conseguenza, quella che non ci si può voltare dall'altra parte mentre sono soggetti a un'aggressione che mette a repentaglio la loro esistenza alle porte dell'Europa. Il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia voterà convintamente a favore di questo provvedimento, come ha votato convintamente a favore di un provvedimento analogo, quando eravamo all'opposizione. Un Paese spaccato su questioni critiche di politica internazionale non può essere considerato affidabile e, per questo, quando eravamo all'opposizione del Governo Draghi, nonostante tutto, abbiamo affiancato il Governo nel sostegno al popolo ucraino. Oggi, come allora, intendiamo fare la stessa cosa: anteporre l'interesse nazionale davanti a qualsiasi tipo di convenienza politica, cosa che alcuni colleghi dell'opposizione evidentemente non riescono neppure oggi a fare.

Signor Presidente, vorrei riprendere il filo dalle dichiarazioni del Ministro Crosetto del 13 dicembre scorso. Può la pace, che tutti vogliamo, essere perseguita senza fornire assistenza ad un Paese sottoposto ad un'aggressione ingiustificata, unilaterale e in violazione delle norme di diritto internazionale? No. Ai colleghi che dicono di essere contro l'invio delle armi perché vogliono la pace, chiedo: secondo voi, è possibile ragionare con una tigre quando si ha la testa nella sua bocca? Evidentemente, no. Mettiamo in chiaro - lo dicono le relazioni dell'Ufficio studi parlamentare - che questo tipo di aiuti all'Ucraina non comporta spese per lo Stato e, anzi, sono previsti rimborsi europei per un totale di 3 miliardi, per risarcire i Paesi membri che stanno intervenendo a favore dell'Ucraina. È un intervento necessario per poter tutelare il cammino verso i tavoli per la pace. Anzi, nell'ambito di questo provvedimento, occorre specificare che viene mandato sia materiale militare, che civile di prima necessità, contrariamente a quanto è stato detto poc'anzi, come gruppi elettrogeni per tornare ad illuminare le città, oscurate dai bombardamenti che hanno raso al suolo le centrali elettriche ucraine. L'approccio che l'Italia fin da subito ha scelto nei confronti del conflitto è di sostenere una Nazione invasa ad arrivare con le proprie gambe a un tavolo negoziale, dove l'annessione non sia l'unica soluzione possibile. Ci deve essere equilibrio per una trattativa.

Signor Presidente - e mi accingo a concludere -, il voto di oggi ha un valore politico, che va al di là della semplice dialettica parlamentare. È un voto che attesta una chiara e specifica visione del mondo portata avanti da questa maggioranza, una visione nella quale la democrazia, la libertà e la sovranità sono valori non negoziabili alla base di ogni Nazione, una visione del mondo per la quale l'Italia deve essere protagonista all'interno della NATO, perché solo in questo modo la nostra Nazione può anche essere critica e difendere il proprio interesse nazionale. Nel contesto di questa difesa dei nostri valori e della nostra visione del mondo, vogliamo distinguerci con fermezza da chi, invece, è legato a doppio filo alle dittature comuniste sudamericane, che per anni ha fatto da spola a sistemi che fanno dell'annientamento dell'individuo la loro massima espressione politica. E non prenderemo mai lezioni da chi, come l'onorevole Conte, ha tentato di abbandonare l'asse occidentale, che con i suoi pregi e difetti tanto ci ha dato, per cedere alle sirene della Cina comunista, una dittatura che dell'annientamento dell'individuo ha fatto la propria bandiera e il proprio orgoglio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). La nostra posizione sui valori fondamentali di questa democrazia e dell'ordine internazionale è chiara, Presidente, e su questo non accettiamo e non possiamo accettare alcun tipo di critica, perché chiara è sempre stata la nostra posizione.

Ci sono momenti - e concludo, signor Presidente - in cui la storia ci chiama ad essere protagonisti, dove possiamo scegliere di essere terze parti o prendere posizione, anche se a malincuore, anche se difficili, ma, responsabilmente, le stiamo prendendo. La politica estera, quella migliore, non è fatta di grandi annunci roboanti, ma del lavoro silenzioso portato avanti dai professionisti, come sono i nostri professionisti del corpo diplomatico e delle nostre Forze armate. Chiunque sia stato al Governo di questa Nazione ben prima di noi lo sa ed il modo migliore per chiudere il conflitto è lasciarli lavorare. Questa guerra ci ha posto davanti ad una scelta: accettare l'idea di un sistema internazionale fondato sulla violenza e la sopraffazione oppure difendere un ordine che, per quanto imperfetto, è il migliore che abbiamo avuto fino ad oggi. La risposta di questo Governo è stata chiara, come chiara la mia e quella del mio gruppo Fratelli d'Italia. Non possiamo farci da parte. Ieri, come oggi, come domani, signor Presidente, Fratelli d'Italia è stato, è e sarà sempre per la tutela della sovranità delle Nazioni, della nostra quanto quella degli altri. Ribadisco, quindi, il voto favorevole di Fratelli d'Italia a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 761​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 761: S. 389 - "Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina" (Approvato dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 11).

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 93-338-353 - D'iniziativa dei senatori Valente ed altri; Balboni ed altri; Paita ed altri: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere” (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (A.C. 640-A​); e delle abbinate proposte di legge: Serracchiani ed altri; Ascari ed altri (AC. 602​-772​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata in un testo unificato dal Senato, n. 640-A: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere” e delle abbinate proposte di legge nn. 602-702.

Ricordo che, nella seduta del 23 gennaio, si è conclusa la discussione generale e le relatrici sono intervenute in sede di replica, mentre il rappresentante del Governo vi ha rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge (Vedi l'allegato A). Poiché non sono state presentate proposte emendative, li porrò direttamente in votazione.

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 19).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A). Ha chiesto di parlare il Sottosegretario Andrea Ostellari. Ne ha facoltà.

ANDREA OSTELLARI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Le chiederei una breve sospensione per permettere la lettura degli ordini del giorno che mi sono appena stati consegnati.

PRESIDENTE. Quanti minuti vuole? Un quarto d'ora? Bene. Sospendiamo la seduta per 15 minuti. Riprenderà alle 16,35.

La seduta, sospesa alle 16,20, è ripresa alle 16,40.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata in un testo unificato dal Senato, n. 640-A.

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo, il Sottosegretario Ostellari, ad esprimere il parere.

ANDREA OSTELLARI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Ordine del giorno n. 9/640-A/1 Orrico, parere contrario.

Ordine del giorno n. 9/640-A/2 Ascari, parere contrario.

PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno n. 9/640-A/1 Orrico.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Manzi. Ne ha facoltà.

IRENE MANZI (PD-IDP). Presidente, intervengo per chiedere di sottoscrivere l'ordine del giorno anche a nome del gruppo del Partito Democratico, proprio perché riteniamo che la questione posta dalla collega Orrico sia particolarmente importante e significativa. Come tale lo sottoscriviamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gadda. Ne ha facoltà.

MARIA CHIARA GADDA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Per sottoscrivere l'ordine del giorno anche a nome del gruppo di Azione-Italia Viva (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piccolotti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Grazie, Presidente. Anche noi di Alleanza Verdi e Sinistra vogliamo sottoscrivere questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/640-A/1 Orrico, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

Ordine del giorno n. 9/640-A/2 Ascari, con il parere contrario del Governo.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Questo ordine del giorno semplicemente impegna il Governo ad astenersi dall'intraprendere iniziative volte a limitare la legge n. 194 ma anche a rimuovere gli ostacoli che impediscono l'esercizio di un diritto fondamentale. Questo parere contrario non è di certo un bel segnale, tenuto conto che, in campagna elettorale, la Presidente Meloni aveva promesso che non sarebbe stata toccata in alcun modo la legge n. 194 che in Italia disciplina l'aborto.

Tutte queste promesse, in realtà, sono cadute nel vuoto, visto che le destre hanno presentato, una dietro l'altra, proposte di legge che non nominano la legge n. 194 ma, di fatto, tendono ad abrogarla, come, per esempio, attribuire capacità giuridica al concepito, quindi, da quando lo spermatozoo tocca l'ovulo. Ciò vuol dire accusare di omicidio una donna che decide di abortire e questo è aberrante (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). L'aborto è un diritto e questo l'ha deciso un referendum che è stato votato favorevolmente dalla popolazione italiana e rientra tra le libertà delle donne (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra), anche se alcuni membri di questo Governo, purtroppo, dicono che non è un diritto.

Quello che semplicemente chiediamo è che la legge n. 194 non venga toccata ma, soprattutto, venga applicata, perché, purtroppo, oggi una donna è costretta a uscire dalla propria regione perché nelle strutture ci sono solo obiettori di coscienza, come, per esempio, nel Molise, dove c'è una percentuale di obiettori del 90 per cento. Quindi, questo diritto diventa un privilegio di poche e soprattutto oggetto di pregiudizi e di discriminazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Quello che bisogna fare è garantire in ogni struttura la presenza di medici non obiettori e potenziare la rete dei consultori. Se si vogliono prevenire le gravidanze indesiderate non si va ad abrogare una legge ma si va a fare più informazione nelle scuole, si introduce l'educazione affettiva e sessuale, si parla di più di contraccettivi e si informa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Chiudo dicendo che a ogni donna deve essere garantita la libertà di decidere del proprio corpo e il diritto di accedere ad un aborto sicuro, gratuito e libero da restrizioni valoriali. La legge n. 194 non si tocca (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ferrari. Ne ha facoltà.

SARA FERRARI (PD-IDP). Grazie, Presidente. A nome del gruppo del Partito Democratico, chiedo di sottoscrivere questo ordine del giorno, perché siamo stupiti della risposta negativa che arriva dal Governo, stante il fatto che la Premier Meloni ha sempre ribadito che non avrebbe toccato la legge n. 194 se non per una sua applicazione completa - quindi, non in termini di retroguardia ma solo in termini avanzati - e la Ministra Roccella, nei giorni scorsi, ha dichiarato che le iniziative parlamentari depositate per riconoscere il concepito sono esclusivamente individuali e personali.

Dunque, a fronte di queste rassicurazioni pubbliche che ci sono state, oggi un'espressione di parere negativo del Governo su un testo - che chiede di astenersi dall'intraprendere iniziative di carattere normativo volte a superare o a limitare il sistema di tutele garantito da quella legge e a valutare esclusivamente interventi in termini rafforzativi delle tutele già previste - è totalmente contraddittorio rispetto a quanto detto. Quindi, siamo convinti che vadano tenute giù le mani dalla legge n. 194 (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Le premetto che, per argomentare la dichiarazione di voto su questo ordine del giorno, mi rifaccio ad una valutazione che si riferisce all'ordine del giorno votato precedentemente perché è funzionale a questa dichiarazione di voto, poiché, in quest'Aula, accadono cose surreali, signor Presidente.

Se fosse possibile, pregherei i colleghi della maggioranza di ragionare sul fatto che quest'Aula, con un voto di maggioranza, ha votato contro il dispositivo del precedente ordine del giorno, di un certo tenore.

Tale dispositivo (stiamo parlando della Commissione sul femminicidio) recita: “Impegna il Governo (…) ad adottare ogni iniziativa utile al fine di prevedere che nelle scuole di ogni ordine e grado si affronti il tema della prevenzione alla violenza di genere, evitando la riproposizione di qualsiasi atteggiamento direttamente o indirettamente giustificazionista di ogni forma di violenza attraverso l'utilizzo di argomentazioni basate sulla condanna di comportamenti adottati dalle potenziali vittime; a promuovere iniziative che siano di sensibilizzazione e di contrasto alla cultura della violenza, nel pieno rispetto della dignità delle donne”. La Camera ha votato contro questo dispositivo (Applausi dei deputati dei gruppi Azione-Italia Viva-Renew Europe, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Io sono basito, Presidente, e illustro la ragione per la quale faccio questa considerazione e il mio appello alla collega Stefania Ascari, premesso che, se questo ordine del giorno si porrà in votazione, voterò a favore. Però, vorrei suggerire che siamo su un tema un po' tirato con le unghie, sulla base della premessa. Ho letto la premessa di questo ordine del giorno, l'aggancio col tema dell'aborto, con la legge n. 194 e via dicendo. Noi rischiamo, quindi, di portare la Camera adesso ad esprimere inevitabilmente un orientamento su un tema così delicato con un ordine del giorno, che non è neanche perfettamente collimante con l'oggetto del provvedimento che stiamo discutendo. Non sto ponendo un problema, è un fatto politico. Suggerirei all'onorevole Stefania Ascari - seppure voterò a favore, se lo farà mettere ai voti - di non insistere con la votazione di un ordine del giorno che ha poca pregnanza dal punto di vista normativo rispetto all'argomento che lei pone e che rischia di fare in modo che domani qualcuno presenti magari una norma opposta a quello che è scritto qui, dicendo che tanto l'Aula ha già dato il suo orientamento su questo. Non è un problema regolamentare, è un problema di sensibilità politica, che lascio agli atti della Camera (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI (AVS). Presidente, solo per chiedere, per suo tramite, al Governo se abbia letto bene questo ordine del giorno che impegna il Governo a non intervenire per limitare la legge n. 194.

È già stato ricordato - non da me, ma da chi mi ha preceduto - che la Presidente del Consiglio, in campagna elettorale, ha ripetutamente ribadito e garantito che questo Governo, il suo Governo, non avrebbe toccato la legge n. 194. Come mi viene suggerito, lo ha ribadito anche dopo il suo insediamento. Mi rivolgo, dunque, al Governo e alla maggioranza, al netto delle considerazioni dell'onorevole Giachetti sulla pregnanza di questo ordine del giorno rispetto all'argomento. Potremmo, infatti, lungamente discutere al riguardo, perché il tema della violenza e il tema dell'autonomia di scelta sul proprio corpo non sono così distanti l'uno dall'altro, ma è valutazione legittima. Quello che, invece, mi preme sottolineare ancora una volta è che un voto che respinga questo ordine del giorno avrebbe un significato preciso di cui il Governo e la maggioranza devono essere consapevoli. Bocciare questo ordine del giorno significa dichiarare che Governo e maggioranza intendono mettere in discussione la legge n. 194. È anche vero che una Ministra di questo Governo, recentemente, in una nota trasmissione televisiva, ha risposto così alla seguente domanda: l'aborto è un diritto? La risposta è stata: purtroppo sì. Questa risposta ha un suo peso. Che la scelta di interrompere la gravidanza sia un fatto complesso, doloroso e traumatico, che nessuno vuole semplificare o banalizzare, è fatto acquisito. Però, che si possa parlare di un diritto usando l'espressione “purtroppo” è qualcosa che preoccupa assai e che dovrebbe preoccupare tutte e tutti, donne e uomini di questo Parlamento e di questo Paese. Dunque, pensateci bene. Il mio è un appello al Governo e alla maggioranza al netto delle valutazioni. Pensate bene, tutti e tutte, a questo voto, perché questo voto ha alcune conseguenze rispetto a ciò che è stato detto fino ad oggi e rispetto al grado e alla qualità delle libertà fondamentali di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Presidente, chiederemmo cinque minuti di sospensione per poter esaminare meglio le argomentazioni che sono state prima formulate (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Onorevole Foti, direi dieci minuti.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle 17,04.

La seduta, sospesa alle 16,54, è ripresa alle 17,10.

PRESIDENTE. Chiedo al rappresentante del Governo, senatore Ostellari, se confermi o meno il parere contrario all'ordine del giorno n. 9/640-A/2 Ascari.

ANDREA OSTELLARI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Io chiedo alla proponente se accetta una riformulazione di questo genere: espungiamo tutte le premesse, quindi diventa: “La Camera impegna il Governo (…)” e poi espungiamo anche le parole “sulla base dei lavori e delle risultanze della Commissione”, che a questo punto non c'entra. Quindi, il dispositivo diventa: “impegna il Governo ad astenersi dall'intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978”, e lì finisce l'impegno, espungendo tutto il resto.

Se così riformulato, ci sarebbe un parere favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Onorevole Ascari, accetta la riformulazione?

STEFANIA ASCARI (M5S). Accetto la riformulazione e chiedo che sia votato così come riformulato (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. Perfetto. Passiamo, quindi, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/640-A/2 Ascari, come riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 21) (Applausi).

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Michela Vittoria Brambilla. Ne ha facoltà.

MICHELA VITTORIA BRAMBILLA (MISTO). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Commissione d'inchiesta prevista dall'articolo 82 della nostra Costituzione è lo strumento più potente in mano al Parlamento per analizzare un fenomeno sociale ed elaborare una risposta politica adeguata. È quanto mai appropriato che ce ne serviamo oggi, questa volta coinvolgendo Camera e Senato, dinanzi all'emergenza del femminicidio. Il lavoro avviato dalle Commissioni monocamerali nelle precedenti legislature deve proseguire affinché il Parlamento, attraverso un'opera di raccordo e di costante interazione con tutti i soggetti coinvolti, continui a essere l'interlocutore privilegiato delle altre istituzioni e della società civile. L'attività di monitoraggio del fenomeno, di rigorosa e attenta raccolta dei dati, di verifica della normativa in materia e dell'adeguatezza dell'azione amministrativa, l'attività ispettiva anche su procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria e tutte le altre azioni che la Commissione compirà secondo i poteri assegnati dalla legge istitutiva, faranno sentire alle tante donne vittime di violenza la vicinanza dell'istituzione parlamentare.

Nell'anno appena trascorso - riferisce la direzione centrale della Polizia criminale - sono stati registrati 309 omicidi, con 122 vittime donne, di cui 100 uccise in ambito familiare o affettivo; di queste, 59 hanno trovato la morte per mano del partner o dell'ex partner. Rispetto all'anno precedente si nota un aumento del numero delle vittime (più 3 per cento), anche se diminuisce il numero dei femminicidi commessi da partner o ex partner. Sono cifre che si commentano da sé e risuonano ancora più eloquenti se consideriamo che in questo primo tratto del 2023 dobbiamo già contare almeno 5 nuove vittime: Giulia Donato, Martina Scialdone, Oriana Brunelli, Teresa Di Tondo e Yana Malaiko. Troppe donne hanno perduto la vita per mano di mariti, compagni, partner, nei quali, per qualche ragione e qualche tempo, avevano riposto fiducia. È arrivata invece la violenza, in un crescendo brutale ma in fondo prevedibile, perché la sopraffazione si esercita sempre verso i soggetti o il soggetto ritenuto più debole in sé o perché la società si dimentica di proteggerlo adeguatamente.

Dalla ratifica della Convenzione di Istanbul, nella XVII legislatura, il Parlamento italiano non è rimasto fermo: ha approvato nel 2019 la legge sul cosiddetto Codice rosso, che rafforza le tutele processuali delle vittime e introduce nuovi reati; ha compiuto altri passi nella stessa direzione con la riforma del processo penale; ha poi favorito la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere, prevedendo un maggiore coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. È sufficiente? Evidentemente, no. Ce lo dicono i numeri che ho citato e ce lo conferma l'imponente lavoro svolto dalla Commissione istituita al Senato nella precedente legislatura. Non mi riferisco solo alla relazione finale, ma a tutti i documenti collaterali prodotti, compresi i tre che mettono in evidenza le falle del sistema giudiziario e che, nel novembre scorso, la procura generale presso la Corte di cassazione ha inviato per opportuna conoscenza a tutti i procuratori generali delle Corti di appello. Da questo dobbiamo ripartire, come del resto prescrive il comma 2 dell'articolo 2 della legge che stiamo per approvare. È in gioco l'effettività della risposta delle istituzioni. Dobbiamo capire come applicare le norme che ci sono, come far funzionare gli strumenti di cui già disponiamo, ma anche di quali nuovi interventi abbiamo bisogno: legislativi, amministrativi e, lasciatemelo ribadire, anche di tipo culturale.

Molte osservazioni si potrebbero fare. C'è sicuramente una diffusa sottovalutazione, quando non negazione, dei fenomeni di violenza di genere e domestica, che non viene letta correttamente e al momento giusto. Raramente si tratta di raptus, quasi sempre il femminicidio è l'ultima tappa, programmata, di un percorso di violenza che poteva essere fermato. Non fermarlo in tempo vuol dire rendersi complici. Non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo più permettere che questo accada. Ma c'è un male più sottile ed insidioso, forse la cosa più grave di tutte, è il vero nucleo del problema: il permanere, anche in settori insospettabili della società e delle istituzioni stesse, anche da parte di chi è chiamato ad interpretare ed applicare le norme, di alcuni pregiudizi e stereotipi della società patriarcale, che tende a minimizzare la portata perfino di fatti gravissimi e tende a scaricare sulla donna il peso e la responsabilità del mantenimento a tutti i costi dell'integrità della famiglia. Cito per brevità solo uno degli allarmanti passaggi riportati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in una sentenza del 10 novembre 2022. Il gruppo di esperti nella lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, organismo indipendente del Consiglio d'Europa che monitora l'applicazione della Convenzione di Istanbul, mostra particolare preoccupazione per le informazioni fornite dalle ONG, secondo cui il sistema in atto, anziché offrire protezione alle vittime e ai loro figli, si ritorce contro le madri che cercano di proteggere i propri figli denunciando la violenza e li espone a vittimizzazione secondaria.

Non a caso, anche la precedente Commissione, elaborando una relazione ad hoc, si è occupata proprio della vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli, nei procedimenti che disciplinano l'affidamento e decidono della responsabilità genitoriale. Parliamo di quelle mamme che, anche per proteggere i propri figli dalle violenze - quei figli che hanno visto in casa quelle violenze con i propri occhi innocenti -, hanno denunciato e, in molti casi, non sono state protette ed hanno perso la vita. Parliamo di quei bambini, futuri uomini e donne, che hanno visto la propria madre uccisa dal proprio padre. Parliamo di violazione dei diritti umani.

Mi avvio a concludere dicendo che mi preme infine sottolineare l'esigenza di sensibilizzare le giovani generazioni, impostando un nuovo sistema educativo. Scrisse di sé stesso Mahatma Gandhi: “Vorrei sopportare tutte le umiliazioni, tutte le torture, l'ostracismo assoluto e anche la morte per prevenire la violenza”. A noi, colleghi, fortunatamente non è richiesto l'eroismo per raggiungere il medesimo scopo. Votiamo con convinzione per istituire questa Commissione, dalla quale attendiamo indicazioni importanti e facciamo tutto quanto risulterà opportuno, o necessario, per reprimere l'odioso fenomeno della violenza contro le donne e, più in generale, contro tutti coloro che non possono difendersi. Annuncio, quindi, il mio voto favorevole, quello del gruppo Misto, e faccio fin d'ora gli auguri di buon lavoro alla Commissione (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Renate Gebhard. Ne ha facoltà.

RENATE GEBHARD (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Il consenso all'istituzione della Commissione bicamerale d'inchiesta contro la violenza di genere, con particolare attenzione al tema del femminicidio, a nostro giudizio, deve essere così inteso: urgente, essenziale e fondamentale.

Ai fini della prevenzione e al contrasto di ogni forma di violenza contro le donne e della piena tutela delle donne vittime di tali reati, responsabilità della Bicamerale, anche in questa legislatura e, sulla base della relazione finale della Monocamerale al Senato nella precedente legislatura, non è unicamente determinare un quadro esauriente della situazione in atto, con riferimento alla Convenzione di Istanbul - sebbene ciò sia importante in relazione alla drammatica dimensione che questi reati hanno assunto -, ma anche assumere e saper adempiere ad un ruolo propositivo e di indirizzo in relazione all'efficacia e, all'opposto, alle carenze della normativa vigente, alla capacità di intervento delle autorità e delle amministrazioni pubbliche, alla realtà dei centri antiviolenza, all'efficacia o incapacità del sistema giudiziario ai fini della tutela delle donne.

Il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile nei confronti delle donne è il punto di riferimento perché non è solo questione di incongruità e di carenza della legislazione esistente, ma è un serio problema culturale che richiede un'azione universale. Occorre essere consapevoli che, ogni volta che non si previene, c'è una donna che è vittima, che è isolata e che è uccisa e, ogniqualvolta si consideri il tema della parità di genere come un argomento accessorio e non strategico, si concorre di fatto a forme di discriminazione che possono essere - e sono - all'origine della violenza contro le donne, contro le madri e i minori. Anche qui, sembrerebbe scontato ribadirlo, ma non c'è nulla di scontato nel proporre e nel condividere ruolo e impegni di questa Commissione bicamerale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Martina Semenzato. Ne ha facoltà.

MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)-M). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe e signori del Governo, ogni giorno nel nostro Paese i media riportano terribili fatti di cronaca: donne stalkerizzate, vessate, picchiate e addirittura uccise da uomini che non accettano che possano fare scelte diverse rispetto a quello che la loro testa vorrebbe imporre, donne che non sono libere di gestire i propri soldi, che subiscono quotidiani abusi e che purtroppo molto spesso non hanno il coraggio di denunciare, perché la paura della ritorsione su di loro e sui propri figli è di gran lunga superiore.

Giulia, Martina, Oriana, Teresa, Yana: dall'inizio dell'anno, sono già cinque le vittime di femminicidio, donne che hanno pagato con la vita le proprie scelte, il proprio coraggio di lasciare un rapporto tossico o di ribellarsi. Non possiamo accettare che, in un Paese evoluto come l'Italia, ci siano ancora uomini che pensano di essere i padroni del destino delle donne, decidendo perfino della loro vita. Chi commette violenza fisica e psicologica sulle donne è un mostro ignobile e vigliacco, senza se e senza ma.

Lo scorso novembre, ho partecipato in Senato alla presentazione dei dati della Commissione sul femminicidio della passata legislatura. I numeri che ci sono stati presentati sono allarmanti: il 57,4 per cento dei femminicidi avviene per mano del partner; il 12,7 dell'ex. Emerge poi un dato sconfortante: il 63 per cento delle donne non ha mai riferito a nessuna persona o autorità preposta le violenze subite dall'uomo. Ancor più preoccupante è che, nel 15 per cento dei casi di femminicidio, le donne uccise avevano denunciato, per altre precedenti violenze, l'autore del delitto. Questo dato fa male perché forse queste morti potevano essere evitate, se solo si fossero prestate maggiori attenzioni alle misure di prevenzione e all'assistenza. Sono stati fatti passi da gigante negli ultimi anni, ma ancora tanto c'è da fare. Noi per primi, che siamo i legislatori, dobbiamo pensare a tutelare queste donne e i figli che, dopo un femminicidio, rimangono orfani della figura fondamentale, la madre, per un gesto estremo di follia che, il più delle volte, è il culmine delle violenze perpetrate in ambito familiare.

La violenza contro le donne è tristemente presente nel quotidiano, non fa distinzioni di età e posizione sociale e può assumere forme diverse da non sottovalutare: penso, ad esempio, alle vessazioni e alle discriminazioni alle quali molte donne vengono sottoposte nel quotidiano se indossano una gonna un po' più corta o un rossetto più rosso. Per non parlare dei social network, dove odiatori seriali, misogini e, più in generale, leoni da tastiera sfogano le proprie ire represse con commenti che, francamente, alle volte, fanno dubitare della reale evoluzione della specie umana. Lì fuori c'è sempre qualcuno pronto a giudicare le donne per il tipo di vita professionale che intraprendono, per gli orientamenti sessuali che hanno, per la scelta delle persone con cui decidono di passare il tempo, ma lì fuori c'è, per fortuna, qualcuno sempre pronto anche ad ascoltare e ad aiutarle quando denunciano: da un lato, il numero 1522 anti violenza e stalking, dall'altro, le tante realtà territoriali che danno supporto. Penso, ad esempio, ai centri antiviolenza e a tutte quelle associazioni territoriali che sono rifugio sicuro per tante di loro.

Proprio per questo, ritengo sia importante rafforzare le reti dei centri antiviolenza e delle case rifugio, ma anche incrementare i centri di prevenzione dei maltrattamenti previsti dal Piano nazionale 2021-2023, per i quali ancora non è stato previsto l'accreditamento.

Gli enti locali, che giocano un ruolo fondamentale, devono avere un coordinamento di area vasta per poter essere sentinelle costanti e sempre presenti, pronte ad intervenire in caso di necessità. Non dimentichiamoci che questi enti territoriali sono il primo punto di contatto per ogni tipo di emergenza dei cittadini e delle cittadine ed è nostro dovere metterli nella condizione di poter operare in modo continuativo.

Se vogliamo combattere la violenza sulle donne, dobbiamo innanzitutto fare una corretta comunicazione e informazione, un'educazione dei cittadini, anche quelli più piccoli, che preveda una maggiore sensibilizzazione sul tema. Serve un lavoro corale, che vada oltre le divisioni dei partiti e che abbia come obiettivo solo ed esclusivamente il contrasto al femminicidio e ad ogni violenza di genere. A tal proposito, colgo l'occasione per fare un plauso alla Ministra Roccella che subito si è messa a disposizione, insieme ai Ministri Piantedosi e Nordio, per promuovere un lavoro comune, volto ad integrare e a correggere le norme sulla violenza contro le donne. È la strada giusta, è una strada tracciata da una donna per le donne.

Alla luce di tutte queste considerazioni, dichiaro il voto favorevole del gruppo Noi Moderati in merito all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni altra forma di violenza di genere. Avanti per le donne con coraggio (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Piccolotti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Presidente, gentili colleghi e colleghe, oggi votiamo un atto importante, credo più importante di quanto l'informazione e, spesso, l'opinione pubblica in generale non diano segno di considerare. L'istituzione di una Commissione speciale sul femminicidio e la violenza di genere significa, infatti, non solo dare a questo Parlamento, e, quindi, alla massima istituzione del Paese, la possibilità di continuare un lavoro prezioso fatto dalla stessa Commissione nella legislatura precedente, ma anche sottolineare un senso di urgenza, di drammaticità e persino di solidarietà nei confronti di tante che subiscono gli effetti di una piaga culturale che, come istituzione e forze politiche, abbiamo la grande responsabilità di combattere con tutti gli strumenti necessari e a nostra disposizione.

È importante, infatti, che quest'Aula abbia piena consapevolezza della radice strutturale della violenza di genere. La lunga sequenza di femminicidi e violenze che le cronache ci raccontano - quest'anno sono già cinque, ma l'anno scorso sono state più di cento le donne uccise dai propri compagni - non è il frutto di raptus, di follie, di amore che diventa violento, di gelosia, di frustrazione, come spesso i giornali scrivono. Non è il frutto soltanto di comportamenti e attitudini psicologiche di coloro che compiono le violenze, ma è, diversamente, il frutto di una violenza sistemica e intersezionale, insita in una cultura patriarcale in cui il ruolo delle donne è iscritto nel ruolo della vittima, del soggetto debole, sovradeterminato e posseduto, persino fisicamente e sessualmente, dal soggetto maschile, dall'uomo che, in qualità di uomo, decide, perimetra la libertà femminile, mantiene economicamente, e, quindi, possiede, quindi, non accetta l'autodeterminazione e la libertà, le relazioni affettive dell'altra e la sua autonomia economica.

Tale condizione culturale, e perciò strutturale, chiama le istituzioni, non solo a elaborare norme in tema di giustizia e di sociale capaci di sostenere le donne nel percorso di denuncia del maltrattante e di autodeterminazione dei propri percorsi di vita, ma anche a fare anche qualcosa di più grande e di più complesso: accompagnare e recepire la rivoluzione culturale che le donne, da molti decenni, hanno messo in campo, partendo dai propri bisogni e dalle proprie aspirazioni, per promuovere così il cambiamento attraverso l'educazione, la ricerca e una rete di servizi territoriali davvero al servizio dei percorsi di liberazione e di emancipazione delle donne.

Di che cosa stiamo parlando? Parliamo, certamente, del lavoro conoscitivo e di indagine, importantissimo, che questa Commissione bicamerale dovrà fare: raccogliere dati, ascoltare le giuriste e le Forze dell'ordine, e soprattutto verificare il corretto funzionamento e sviluppo della rete dei centri antiviolenza.

Proprio su questo c'è bisogno di soffermarsi un po' di più e di andare oltre la retorica. È necessario, infatti, prendere atto che tale rete, seppur abbia ricevuto attenzioni finalmente dalle istituzioni e dai Ministeri, non è ancora finanziata come sarebbe necessario, considerato che in molte regioni questi servizi, queste esperienze, dalle case rifugio ai centri di prima accoglienza, funzionano ancora, a volte a singhiozzo, o sono affidati, per larga parte, allo straordinario lavoro volontario di associazioni, attiviste e gruppi femministi che, negli anni, hanno codificato metodologie e analisi che sono uno straordinario patrimonio di competenze. Un patrimonio che, vale la pena dirlo, nell'istituzionalizzazione e sistematizzazione di questi servizi, a volte, rischia di essere perduto.

In quanti luoghi, come ad esempio è accaduto a Terni, nella mia regione, questi spazi di solidarietà femminile, che sono i centri antiviolenza, sono stati sottratti ad associazioni laiche ed esperte, per essere affidati ad associazioni confessionali, che non hanno esperienza specifica di settore. Ne parlo, perché il monitoraggio della corretta applicazione della Convenzione di Istanbul e del Piano antiviolenza nazionale non può e non deve essere una mera azione di controllo burocratico e di ascolto delle realtà, seppure importante, ma deve essere effettuato come azione costruttiva di procedimenti amministrativi codificati che impongano a regioni e comuni standard elevati qualitativi e quantitativi, che impongano di sostenere davvero le esperienze esistenti, incardinandole nell'obiettivo più grande della promozione di quel cambiamento culturale di cui parlavo prima.

Si tratta, ovviamente, dei centri antiviolenza, come abbiamo detto, ma si tratta anche di correggere le criticità emerse in merito, ad esempio, al contatto inaccettabile tra i centri antiviolenza e i centri per uomini maltrattanti, che pure è stato codificato dall'ultimo accordo con le regioni; e si tratta anche di avere cura - ne abbiamo discusso proprio pochi minuti fa - di tutti quei servizi a tutela della salute sessuale e riproduttiva delle donne, e anche a tutela della libertà delle donne di scegliere sul proprio corpo. Penso, ad esempio, alla rete dei consultori, che, negli anni, è stata depotenziata - oggi sono molti meno di uno su 20 mila abitanti - e al servizio dell'interruzione di gravidanza, che, ad oggi, non rende esigibile la possibilità di abortire a tutte le donne che vogliono farlo, essendo la percentuale di medici obiettori arrivata quasi al 70 per cento. E mi riferisco anche a tutti quei problemi aggravati dalla crisi economica e inflattiva: la diseguaglianza sociale, la precarietà del lavoro, la disoccupazione, i salari da fame, i part time involontari.

Se tutto questo è un dramma per gli uomini, diventa una forma di controllo sociale e patriarcale per le donne. Si può, infatti, abbandonare con facilità la casa dell'uomo maltrattante o semplicemente quella dell'uomo con cui non si vuole più vivere, se non si hanno i mezzi economici sufficienti per garantirsi una vita autonoma? La risposta è banale ed è no. Anche questo, infatti, è un fattore che contribuisce a disegnare un modello di società patriarcale fondato sull'idea che alle donne il lavoro non serva, perché devono restare intrappolate nel lavoro riproduttivo e di cura, e quindi, a nostro avviso, questa Commissione anche di questo cambiamento e della dignità femminile nel mercato del lavoro dovrebbe occuparsi.

Tale riflessione, con cui vorremmo arricchire questo dibattito, è tanto più importante alla luce della centralità che la discussione sull'inverno demografico sta avendo nel dibattito politico del Paese e del ritorno prepotente di una visione riassumibile nel vecchio slogan “Dio, patria e famiglia”. Sappiamo, infatti, che la grande parte delle violenze sulle donne, circa l'80 per cento, avviene in ambito familiare, ovvero nel chiuso della casa familiare e delle relazioni affettive della donna stessa.

E, allora, è importante segnalare che politiche a sostegno della maternità, se impostate come perno di un modello di welfare familista e in assenza di politiche che promuovano l'occupazione a tempo pieno delle donne, possono trasformarsi nel contrario di quello che vorrebbero produrre, ovvero nello strumento di una riaffermazione di un modello patriarcale in cui la condizione di disoccupazione della donna può moltiplicare i casi di mancata denuncia delle violenze, di silenzio, di sopportazione in virtù dell'assenza di un'alternativa economica.

E, dall'altro lato, nell'ambito del lavoro, ossia quello in cui la questione delle molestie e delle violenze si verifica nel luogo di lavoro, è altrettanto importante insistere sullo stesso concetto. Un lavoro precario e malpagato, una disoccupazione diffusa, una povertà dilagante, in cui per giunta il razzismo soffia sul fuoco della guerra tra poveri e tra povere, non consente alle donne di pronunciare il proprio “no” di fronte alle molestie dei propri superiori o dei propri datori di lavoro. Vale per la condizione della donna nei settori di maggiore sfruttamento, penso al lavoro domestico o al badantato, ad esempio, ma vale anche in tutti i settori in cui la precarietà, e quindi il ricatto, sono più forti.

Ne abbiamo un'idea chiara leggendo le testimonianze delle attrici del cosiddetto #MeToo italiano: mani ovunque, costrizioni di natura sessuale, avances pesanti. Tutto fatto transitare nel silenzio e in virtù della sessualizzazione del rapporto di potere gerarchico che si struttura nel lavoro: fai così o non avrai il lavoro!

Anche in questo caso, abbiamo sentito dire da tanti, giustamente, anche da molte donne di diritto, che le norme ci sono e che il problema è farle rispettare. Eppure, noi di Alleanza Verdi e Sinistra siamo convinte che si possa fare di più, senza inseguire politiche securitarie. Ne siamo convinte, perché in Spagna, ad esempio, con la legge “Solo sì è sì”, hanno fatto molti passi avanti e provato a fare chiarezza sulle tante sfaccettature dei reati che hanno a che vedere con la violenza.

Chiudo, ringraziando ed esprimendo il nostro più convinto sostegno, a nome dell'intero gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra, nei confronti delle tante, tantissime, donne che, in questo Paese, hanno tenuto viva la riflessione e la pratica del movimento femminista, combattendo nelle piazze, nelle strade e nelle assemblee, una subcultura della violenza che non possiamo accettare. È a loro e tutte noi - che non abbiamo accettato il riflusso nel privato - che guardiamo, nel giorno dell'istituzione di questa Commissione. Ed è con questa aspirazione e questa intenzione che annuncio il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e di deputati del gruppo Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata De Monte. Ne ha facoltà.

ISABELLA DE MONTE (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, siamo chiamati all'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta su un'emergenza diffusa, come quella della violenza sulle donne, della violenza domestica e, in generale, della violenza di genere, che, negli ultimi anni, ha continuato a svilupparsi nel nostro Paese.

Proprio ieri si sono verificati, purtroppo, due casi gravissimi di violenza sulle donne, uno addirittura a danno di una donna incinta, con colpi arrecati al grembo, fatti che non possiamo che considerare inaccettabili. A tutto questo dobbiamo cercare di dare in tutti i modi una risposta.

La Commissione che era già stata istituita nella precedente legislatura ha lavorato bene, trovando massima condivisione del Parlamento e sostenendo le denunce e le grida di aiuto di tutte quelle persone vittime di violenza, mantenendo costante e alta l'attenzione all'ascolto di tutti quei soggetti che ruotano attorno a questo fenomeno; penso alla magistratura, al mondo sanitario e alle Forze dell'ordine.

Tra i poteri di cui dispone questa Commissione vi sono i poteri coercitivi, cioè quelli propri della fase istruttoria delle indagini giudiziarie, con la possibilità di disporre ispezioni, intercettazioni telefoniche, perizie, perquisizioni personali e domiciliari e altre diverse attività di prevenzione e di controllo, tutti strumenti che mettono la Commissione nelle condizioni di lavorare su questo fenomeno annoso.

Un aspetto importante è quello che dà la possibilità alla Commissione di richiedere, alle pubbliche amministrazioni, atti o documenti nelle materie attinenti alle inchieste, mantenendo il segreto nei termini indicati dai soggetti che li hanno trasmessi. Inoltre, la Commissione può monitorare l'attività svolta dai centri antiviolenza operanti sul territorio, quali interlocutori necessari delle istituzioni nella costruzione delle politiche di contrasto al fenomeno della violenza maschile sulle donne, attingendo dall'esperienza da loro acquisita in oltre trent'anni di attività, nonché monitorare e valorizzare l'attività svolta dai centri di riabilitazione per uomini maltrattanti. Sappiamo bene, colleghe, che non sarà mai abbastanza quello che riusciremo ad ottenere attraverso il lavoro che in questa legislatura la Commissione svolgerà, ma siamo ben consapevoli di non poterci permettere di lasciare nessuno indietro in questo periodo storico, in cui il ruolo delle donne deve essere centrale nell'agenda politica nazionale. E noi abbiamo il dovere di dare una risposta chiara e netta in questo senso.

Dobbiamo batterci, affinché si continui a sensibilizzare sul tema della violenza sulle donne e della violenza di genere, nelle scuole, nelle associazioni, nei comuni e, più in generale, nelle pubbliche amministrazioni, attraverso gli organi di informazione, sui social network, e in tutti quei luoghi dove, purtroppo, non vi sono abbastanza strumenti che permettano una buona conoscenza di questo fenomeno, a garanzia soprattutto dei diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione.

Non dobbiamo mai stancarci di ripetere che il femminicidio e le violenze di genere non devono mai essere interpretate come una sorta di amore malato. È un grave errore che non possiamo permetterci e per questo ritengo - anzi, ne sono certa - che attraverso l'istituzione di questa Commissione l'intero Parlamento sarà in grado di affrontare il tema in questione con attenzione e senso di responsabilità.

Le donne non sono numeri, ma avere contezza dello stato di questo grave fenomeno serve a renderci responsabili delle scelte che si fanno anche sul piano legislativo. Gli omicidi volontari che vedono le donne essere vittime in ambito familiare e affettivo sono, purtroppo, oltre 100 e, già in questo primo scorcio d'anno, sono già cinque: il dato quindi non diminuisce.

L'Italia è stato uno dei primi Paesi a ratificare la Convenzione di Istanbul. Desidero però, oggi, ricordare anche l'introduzione del reato di stalking con la Ministra Carfagna nel 2009, il Primo piano nazionale di contrasto della violenza maschile contro le donne con la Ministra Boschi nel 2017, il Codice rosso, il grande lavoro svolto dalla Ministra Bonetti con la cabina di regia interistituzionale e l'Osservatorio sulla violenza contro le donne e la violenza domestica, il finanziamento delle case rifugio e dei centri antiviolenza.

Nel complesso, l'impegno e lo sforzo trasversale delle forze politiche hanno portato l'Italia ad avere un buon impianto normativo, in tema di violenza maschile sulle donne, ma i dati e la cronaca continuano, tuttavia, a dimostrare che gli sforzi fin qui attuati a livello legislativo e istituzionale non sono sufficienti. È fondamentale lavorare sulla formazione degli operatori, per abbattere stereotipi e pregiudizi e favorire un cambiamento culturale anche di polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale, personale sanitario, psicologi, periti e tutti coloro che vengono a contatto con la violenza sulle donne. Quando le donne trovano la forza di denunciare, devono trovare dall'altra parte persone che credono a ciò che dicono e che conoscono il ciclo della violenza, perché la violenza va letta correttamente in tempo utile, come previsto dal Piano di contrasto alla violenza.

C'è un altro fatto allarmante. Nell'era del web, la violenza corre anche in rete e le donne sono le principali vittime dei discorsi d'odio online. Il 16 settembre 2021, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione, con la quale si chiede alla Commissione europea di includere la violenza di genere, sia online, sia off line, come una nuova sfera di criminalità, ai sensi dell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, insieme ad altri crimini che devono essere combattuti su base comune, come il terrorismo, il traffico di esseri umani, la droga, il traffico di armi. I reati contro le donne diventerebbero, pertanto, euro-crimini. Per noi è importante rafforzare il lavoro dell'Assemblea parlamentare, così da avere un adeguato monitoraggio di come finora sia stata attuata la Convenzione di Istanbul, poiché la Convenzione rimane il documento di indirizzo prioritario per il contrasto alla violenza maschile contro le donne.

Abbiamo bisogno di fare un'analisi che abbracci tutti gli aspetti dimensionali, così come previsto dalla strategia nazionale e il Governo, supportato dall'Osservatorio nazionale recentemente costituito, ha il compito di attuare la strategia; ma serve che il Parlamento assuma un ruolo di vigilanza e di indirizzo politico strategico per il Paese, ciò anche al fine di individuare le azioni di prevenzione che sostengono l'azione della parità di genere, precondizione necessaria per rimuovere la violenza contro le donne nella nostra società.

Due azioni in questa direzione sono fondamentali: l'educazione alla cultura, per rimuovere ogni forma di discriminazione e di subalternità delle donne rispetto agli uomini, da un lato, e il contrasto alla violenza economica, dall'altro, perché anche questa forma è riconosciuta come ostacolo delle donne che sono vittime di violenza per poter denunciare. Su questo auspichiamo che la prossima Commissione possa lavorare.

Il nostro gruppo ha nel proprio DNA il contrasto alla violenza di genere. Deve essere però chiaro un fatto: la lotta alla violenza sulle donne non è una questione di partito o di gruppo parlamentare, né - e voglio sottolinearlo - una questione di sole donne per le donne. Non ci deve essere nessuno escluso: deve essere una lotta trasversale di uomini e di donne, una questione sociale che deve vedere tutte le voci unite e forti. Ciò va fatto nella quotidianità, con messaggi di rispetto per le donne, con messaggi di condanna per ogni forma di violenza e intolleranza che riguardi le donne. Una civiltà sarà degna di essere chiamata tale, solo quando non ci sarà qualcuno a condannare una donna perché indossa il velo, quando non si parlerà di pulizia morale, quando una donna non sarà considerata da un uomo un soggetto da controllare, di proprietà, solo perché questi ha una relazione sentimentale con essa.

Si parlerà di civiltà solo quando una donna non sarà nel mirino delle persecuzioni e delle violenze di una guerra e potremo parlare di civiltà solo quando - e vale ovviamente anche per l'Italia - ci sarà la vera parità dei diritti e solo quando le donne non saranno costrette a fuggire alle violenze anche nell'ambito delle mura della propria casa.

Per questa ragione riteniamo essenziale procedere con l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta per il contrasto al femminicidio, per la quale voteremo convintamente a favore (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Annarita Patriarca. Ne ha facoltà.

ANNARITA PATRIARCA (FI-PPE). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, si dice spesso che il più grande alleato del crimine è la paura; non è vero, è il silenzio. Una donna che prova sulla propria pelle la violenza fisica o psicologica, esercitata da un familiare, da un marito, da un terzo, e non ha la forza e il potere di uscirne vivrà per sempre in una condizione di prigionia e di coercizione che ne fiaccherà lo spirito e il corpo fino ad annientarla. Ma se a questa donna consegniamo gli strumenti per poter chiedere aiuto, allora, possiamo sperare di salvarla, di restituirle quella vita che le è stata ingiustamente negata fino a quel momento.

È con questo obiettivo che, oggi, discutiamo la proposta di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, perché il concetto di femminicidio non è solo la fredda statistica delle aggressioni e delle donne assassinate che, da troppi anni, ormai occupa gli spazi della cronaca di provincia, così come quella delle grandi città. Il femminicidio è un vulnus sociale che infesta la vita del nostro Paese e bisogna partire da un assunto: il femminicidio è un problema culturale, innanzitutto, che vive e sopravvive anche di disinformazione e di luoghi comuni.

Il fenomeno riguarda tutte le classi sociali, impiegati, professionisti, ricchi e poveri; l'ignoranza non c'entra, così come i fattori economici; è una situazione che, anzi, si riscontra più frequentemente nelle famiglie in cui la donna è emancipata o cerca di emanciparsi, perché la violenza e la sopraffazione sono sempre una scelta e lo scopo è lo stesso, sempre: ridurre la moglie, la compagna, la donna in una condizione di isolamento e, quindi, di dipendenza, sia economica sia psicologica, da parte di chi ne abusa. E chi abusa? Quelli che sono convinti che la donna in quanto tale sia un'appendice dell'uomo e del suo volere, quelli che sono convinti che la donna sia una proprietà, un oggetto, priva di una propria potenzialità esistenziale.

La violenza di genere non è semplice violenza, è qualcosa di profondamente radicato nella società, perché la violenza si annida e si alimenta di stereotipi culturali e si manifesta quotidianamente nell'asimmetria di rapporti, determinandone una subalternità di fatto. Uscire da questa prigionia di violenza e di dolore è sempre complesso, difficile, e succede spesso che sia proprio la donna a sminuire il comportamento del compagno, a volte fino a giustificarlo. Riconoscere la violenza, diventarne consapevoli, guardare in faccia la realtà, capire di aver scelto la persona sbagliata è una cosa dolorosa, durissima da accettare e molte non ci riescono e in molti casi una donna in condizioni di fragilità psicologica subisce l'ulteriore carico del giudizio dei familiari, del contesto sociale, che sminuisce la sua condizione di sofferenza e, addirittura, delle Forze dell'ordine. Nonostante i passi avanti, conosciamo bene i fenomeni durissimi di vittimizzazione secondaria a cui una donna, già vittima di violenza, viene sottoposta durante un interrogatorio o, semplicemente, durante i colloqui che seguono le richieste di aiuto o le denunce.

Molto è stato fatto negli anni passati per contrastare questo odioso crimine a livello legislativo, in particolare con l'adozione della legge n. 69 del 2019 sul Codice rosso che ha introdotto una serie di fattispecie di reato specifiche che, però, possono e devono essere maggiormente integrate con un lavoro di ricerca, analisi e sviluppo, oltre che di proposte, come quelle che possiamo e dobbiamo fare con la nuova Commissione. Si tratta di una Commissione che non parte da zero - è stato detto e lo ripetiamo - perché potrà avvalersi dei risultati e delle attività svolte nella scorsa legislatura dalla precedente Commissione d'inchiesta del Senato, a testimonianza dell'importanza della Commissione e del risultato del lavoro fatto.

Un lavoro, come dicevo, che si prospetta sicuramente impegnativo, ma che ci ha visti, ci vede e ci vedrà pronti, con il contributo di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, che unanimemente hanno voluto questa Commissione. I compiti della Commissione sono articolati e radicati nel cuore del fenomeno, così da poterlo osservare sotto molteplici punti di vista, quello meramente quantitativo, ad esempio, oppure quello di verifica della congruità della normativa vigente, anche con riferimento all'analisi delle capacità di intervento delle autorità e della pubblica amministrazione in termini di prevenzione e di assistenza; tutto ciò, espletando un'attività di monitoraggio e di sollecitazione sulle risorse finanziarie da mettere a disposizione a tutti i livelli, per migliorare l'assistenza, e tanto altro ancora. Serve, però, un'assunzione di responsabilità unanime che sono certa non mancherà, ma, soprattutto, serve una profonda e incisiva azione di prevenzione e di educazione al rispetto degli altri.

La politica deve mettere in campo un'azione capillare, profonda, continua, sistematica e non occasionale, senza abbassare la guardia, perché, se è vero che tanto è stato fatto e che oggi le donne denunciano di più, è purtroppo altrettanto vero che continuano a morire. Questa Commissione è la cifra del nostro impegno costante e Forza Italia c'è, in prima linea, ed in questa direzione annunciamo il voto favorevole di Forza Italia all'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Stefania Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Presidente, care colleghe, cari colleghi, la costituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio non solo è necessaria, ma è doverosa e i motivi sono sotto gli occhi di tutti, perché non passa settimana senza che la nostra coscienza sia sconvolta da femminicidi, stupri e violenze di cui le donne sono vittime. È un tragico bollettino di guerra che non accenna ad arrestarsi.

Non starò qui a soffermarmi su statistiche e numeri, su cui comunque molto ci sarebbe da dire, perché non voglio che si perda di vista che, dietro quelle cifre, ci sono persone, vite spezzate, famiglie devastate, minori dalle esistenze segnate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e della deputata Boldrini), vittime dirette e vittime collaterali di una strage implacabile. Né bisogna pensare che ciò che finisce sui giornali o nei telegiornali rappresenti il fenomeno nella sua interezza, perché non è che la punta dell'iceberg di una piaga: la violenza maschile sulle donne, che si esplica in differenti forme, alcune anche sottili e non facilmente decifrabili.

Il femminicidio è l'estremo drammatico stadio della violenza. Ma questa parte da molto più lontano, dal linguaggio, dalle limitazioni della libertà, dalla rivendicazione di possesso, di potere, di supremazia e proprietà, dagli stereotipi e dai pregiudizi anti-donna radicati nella società, dalla marginalizzazione e dalla svalutazione delle donne nella vita pubblica e privata. È violenza anche quella perpetrata da un sistema che ribalta le storie, protegge i colpevoli e mette le vittime sul banco degli imputati, perché, in fondo, è anche un po' colpa loro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È violenza quella praticata ai danni delle madri in nome della legge n. 54 del 2006 in tema di bigenitorialità, un principio spesso utilizzato per alimentare un processo di vittimizzazione secondaria delle donne madri che denunciano violenza domestica e vengono accusate di essere alienanti, ostative, simbiotiche e che addirittura subiscono l'allontanamento coatto dei propri figli, causando danni irreparabili.

Non ci può essere bigenitorialità a tutti i costi, a danno del minore, quando questo comporta il dover vedere un genitore violento, se davvero le istituzioni hanno a cuore il supremo interesse del minore. È violenza la tradizione arcaica e criminale dei matrimoni forzati.

Ciò che ha subito Saman Abbas per essersi opposta alla volontà della sua famiglia non dovrà mai più riaccadere a nessuna ragazza (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Fratelli d'Italia). Io ho già depositato una proposta di legge per proteggere le vittime che denunciano il reato di matrimonio forzato e per rilasciare loro il permesso di soggiorno, affinché possano svincolarsi dalle famiglie ed essere libere e autonome da subito. Mi auguro vivamente che possa essere approvata al più presto da questo Parlamento. Non abbiamo potuto salvare lei, abbiamo il dovere di salvare tutte le altre Saman d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Sono violenze le molestie, gli abusi e i ricatti in larga parte sommersi che si consumano nel mondo dello spettacolo e che l'associazione «Amleta» e alcune coraggiose attrici stanno contribuendo a far emergere. La violenza non è una questione privata, ma è un fatto collettivo che ci chiama in causa tutte e tutti. Come più volte ho avuto modo di sostenere, la violenza maschile sulle donne va affrontata non più come un'emergenza ma come un fenomeno criminale strutturato e radicato nella nostra società, non solo italiana ma mondiale. È doveroso, in questa sede, pensare al coraggio delle giovani iraniane (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), che, sostenute da molti giovani uomini, da mesi stanno sfidando a viso scoperto e a testa alta il regime degli ayatollah, mettendo a rischio la loro vita. Su tante e tanti di loro pendono condanne a morte. Il Governo italiano deve fare tutto ciò che è nelle sue possibilità per condannare e fermare i crimini che si stanno compiendo in Iran e depotenziare la legittimazione del regime. Nel nostro Paese il quadro normativo, che nella scorsa legislatura abbiamo contribuito a rafforzare con il codice rosso, è un ottimo punto di partenza, avendo introdotto nuovi reati e attribuito una corsia preferenziale alle denunce per violenza. Se pensiamo che fino al 1996 lo stupro era ufficialmente considerato un delitto contro la morale pubblica e il buon costume e non contro la libertà personale e che fino a circa 40 anni fa si prevedeva ancora il matrimonio riparatore e il delitto per causa d'onore, possiamo dire che di strada ne abbiamo fatta, ma ne resta ancora molta da fare. Per tale motivo bisogna investire risorse nella formazione. Tutti gli operatori che si occupano di violenza di genere, quali avvocati, magistrati, servizi sociali e Forze dell'ordine, devono essere formati e specializzati. Mai deve accadere che una cittadina che si trova in una situazione di pericolo chieda aiuto e non venga soccorsa o presa sul serio. In troppi casi, purtroppo, la denuncia non è stata garanzia di salvezza. Bisogna poi garantire una rete omogenea di centri antiviolenza e sostenerli, potenziare i centri per uomini maltrattanti, dare sostegno economico alle vittime a partire dal lavoro, perché la libertà passa anche dall'indipendenza economica, e poi potenziare le misure di protezione, dai braccialetti elettronici al divieto di avvicinamento e all'ordine di allontanamento, fino alla circolazione di informazioni tra tribunale civile e penale, per evitare situazioni paradossali di affido congiunto in caso di violenza intrafamiliare.

Io l'ho ripetuto tante volte in quest'Aula: quando una donna denuncia non chiede vendetta, chiede di essere creduta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista); chiede un'alternativa alla violenza e lo Stato deve offrirgliela. Ma attenzione: le leggi possono avere efficacia solo se al contempo si avvia anche un cambiamento culturale. Perciò dobbiamo incidere sul piano dell'educazione e dell'informazione. Come si fa a non comprendere che introdurre l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale sin dai primi anni di scuola è la più alta forma di prevenzione della violenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Educare significa prevenire, significa essere lungimiranti e crescere futuri adulti in grado di padroneggiare anche le emozioni negative, saperle gestire e controllare.

Non si sottovaluti, infine, il valore dei media, che possono essere il motore del cambiamento se si liberano di narrazioni che fanno male alle vittime (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È inaccettabile che siano promossi messaggi distorti di normalizzazione e sottovalutazione dei comportamenti molesti e vessatori di uomini nei confronti delle donne, presentati come frutto di normale conflittualità di coppia. I media e la televisione hanno la responsabilità di non promuovere esempi negativi e di non normalizzare o sottovalutare la violenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Colleghi e colleghe, abbiamo tanto da fare nel minor tempo possibile. Apprezzo il salto di qualità che si intende fare passando da una Commissione monocamerale, che già ha ottenuto ottimi risultati, a una Commissione di inchiesta bicamerale. Serve, però, la collaborazione di tutte e di tutti, serve essere uniti, serve fare rete e un grande lavoro di squadra contro questo gravissimo fenomeno criminale. Per tutti questi motivi, annuncio il voto favorevole del gruppo MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Simona Loizzo. Ne ha facoltà.

SIMONA LOIZZO (LEGA). Grazie Presidente e grazie gentili colleghi. Nel dichiarare il voto favorevole del mio partito sull'istituzione della Commissione di inchiesta sul femminicidio, desidero svolgere alcune riflessioni. Spero che questa Commissione sia donna, spero che questa Commissione sia femmina, come dice l'onorevole Bongiorno e che soprattutto esprima la volontà di costruzione di qualcosa di rosa, come le albe che vedono nascere i nostri bambini, e non di rosso, come il rosso del sangue versato o come il rosso del codice rosso, che fortemente la Lega, al Governo nella precedente legislatura, ha voluto come legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Non basta una Commissione, ma è del tutto necessario che esista. E' necessario abrogare le leggi contro le donne, ma sono anche necessarie leggi a favore delle donne da far rispettare e soprattutto bisogna superare il gap culturale che vede le donne inferiori, specie nei contesti territoriali più arretrati, dove va aiutato il lavoro femminile, ed io provengo da contesti arretrati, come quelli di alcuni paesi calabresi dell'entroterra. Lì va aiutato il lavoro femminile, lì va avversata la diseguaglianza di genere, lì vanno puniti gli insulti gratuiti, gli schiaffi e i pugni, che spesso sono considerati contesti normali delle dinamiche familiari. Poi, vanno potenziati i consultori; vanno potenziati gli aiuti psicologici ed economici alle donne che abbandonano il nucleo familiare per violenze; vanno protette le donne da se stesse, laddove si abituano a violenze e aggressioni. Mi piace concludere con una frase di Eleonora de Fonseca Pimentel, donna del Settecento di origini portoghesi che visse a Napoli, proprio lei che interruppe ben due gravidanze per le violenze del marito. Disse la Pimentel: “Siamo liberi in fine, ed è giunto anche per noi il giorno, in cui possiamo pronunciare i sacri nomi di libertà e uguaglianza, ed annunciarci alla Repubblica madre come suoi degni figliuoli”. Basta imparare a morire per disimparare a servire (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ilenia Malavasi. Ne ha facoltà.

ILENIA MALAVASI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi e colleghe, oggi ci troviamo in quest'Aula a essere protagonisti insieme di un fatto importante: l'istituzione di una Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e su ogni altra forma di violenza di genere. Si tratta di un fatto, io credo, storico, di una svolta importante che segna un passo in avanti per una Commissione che nasce nella XVII legislatura e che continua il suo lavoro in modo proficuo nella XVIII legislatura, con il lavoro diretto dalla presidente Valente, che ringrazio, insieme a tutti i colleghi del Senato per il lavoro che hanno svolto, perché hanno indagato e valutato 2000 fascicoli, fatto 200 audizioni, depositato relazioni e documenti. Oggi, questo patrimonio diventa un patrimonio di sapere comune da cui partire per continuare il nostro lavoro. Per volontà politica di tutto il Parlamento, oggi la Commissione diventa bicamerale. È un passo importante, un segnale di unità su un tema che tutto il Parlamento deve tenere al centro della propria agenda politica, in un percorso che deve continuare a vederci lavorare uniti. Certamente, è un fatto importante, ma è motivo di amarezza pensare che, ancora oggi, nel 2023, sia necessario continuare a indagare su di un fenomeno - nel documento parliamo di analizzare, valutare, verificare, accertare - e su fatti purtroppo quotidiani che evidenziano un contesto culturale che richiede tutta la nostra attenzione. Sì, perché vanno benissimo le celebrazioni, è giusto che celebriamo il 25 novembre, ma non basta; vanno benissimo le sensibilizzazioni e le panchine rosse posate in tutti i nostri parchi, ma non è sufficiente. Abbiamo bisogno di un impegno diverso, quotidiano, fatto di una sensibilizzazione costante, di uno sguardo nuovo per affrontare insieme un fenomeno drammaticamente diffuso, in Italia come nel mondo. Ha fatto bene la collega Ascari, in precedenza, a citare il coraggio delle donne iraniane che, con il loro motto “Donna, vita, libertà” hanno il coraggio di lottare e di alzare la testa contro un regime violento e autoritario. A loro e a tutte le donne che sono costrette a subire forme di violenza va il nostro pensiero e anche il nostro impegno. Quanto sia urgente continuare questo lavoro lo dicono ovviamente i numeri. Certamente, non sono numeri, parliamo di donne, parliamo di vite. Guglielmina, Mariangela, Giulia, Martina, Teresa, Jana sono solamente alcune delle donne che, tra il 2022 e il 2023, hanno perso la vita, spezzata spesso per amori finiti, uccise da partner che non hanno accettato la fine di una relazione. Il nostro è un Paese in cui muore una donna ogni tre giorni e, al tempo stesso, una donna su tre è interessata o ha conosciuto nella propria vita un fenomeno di violenza. Il 31,5 per cento di donne tra i sedici e i settant'anni ha subito una forma di violenza fisica, sessuale, verbale, psicologica o economica, spesso tra le mura domestiche. Per questo motivo sentiamo parlare di urgenza di una soluzione a questo problema, perché si tratta di drammi quotidiani, di volti di donne che passano sui nostri telegiornali, di fatti di cronaca che spesso leggiamo con superficialità e che troppo spesso non destano la sufficiente attenzione del nostro Paese. È una mattanza, è una ferita profonda che mina il nostro vivere insieme e le regole su cui si fonda una civile convivenza.

Ma non è tutto. Non ci sono - come dicevo - solamente le donne uccise ma ci sono anche le tante donne che, nel silenzio, subiscono ogni giorno forme di prevaricazione, spesso tra le mura domestiche o nelle piazze virtuali. Pensiamo, ad esempio, ai linguaggi violenti in uso nei social, che dobbiamo condannare in modo unanime, a causa spesso di una cultura sessista, che serpeggia in ogni ambito della nostra società, nessuno escluso. Non è solamente una questione che riguarda le donne, è una questione che riguarda tutti, uomini e donne, e solo con questa consapevolezza potremo cambiare sguardo e approccio, per rendere giustizia alle tante donne vittime di violenza. Sì, perché nel 2023 viviamo ancora in una società intrisa di stereotipi e di pregiudizi, in cui metà degli italiani e delle italiane pensa che, se una donna subisce violenza, forse se l'è anche un po' cercata, con un atteggiamento insopportabile ed inaccettabile che tende a sminuire la gravità dei fatti e a giustificarli.

Io penso che abbia fatto bene la sindaca di Cividale del Friuli e mi dispiace molto che sia stato respinto l'ordine del giorno presentato dalle colleghe in precedenza. Quella sindaca ha fatto ritirare un opuscolo dalle scuole, un opuscolo che in realtà invitava le ragazze a non uscire da sole di sera, a non sorridere troppo, a non vestirsi in modo sguaiato, a non indossare gioielli troppo vistosi, a stare attente e a non guardare gli sconosciuti, come se fossero atteggiamenti che legittimino un uso violento. Una cosa inaccettabile. Ha fatto benissimo a ritirarlo e anche a ritirare le deleghe all'assessore che ha scelto questa distribuzione. Non c'è dubbio che questa sia una grande questione culturale, che riguarda - lo ripeto - tutti noi, uomini e donne; donne che subiscono violenza spesso con pochi strumenti a disposizione, ma uomini che si arrogano il diritto di abusare di una donna senza averne ricevuto il consenso e di dominarne e possederne la vita, spacciando ciò per amore. Allora, diciamo insieme, con forza, che nessuna forma di violenza è amore. È qui che dobbiamo lavorare, educare al rispetto, al rispetto dei generi, delle differenze, delle diversità, a partire dal rispetto di tutte quelle differenze che ci sono anche nelle nostre scuole, nelle quali proprio su queste differenze spesso crescono atti di bullismo. Dobbiamo promuovere l'educazione affettiva nelle nostre scuole, parlando ai ragazzi della bellezza dell'amore, contrastando i tanti stereotipi, i pregiudizi ben radicati nella nostra società. Ciò significa lavorare per una società fondata sulla parità tra uomini e donne, tra donne e uomini, sul rispetto dell'altro, dove le libere scelte delle persone devono essere fondanti di una nuova convivenza libera e democratica.

Mi ha stupito - come dicevo - il voto di prima, perché nell'atto che andiamo a votare, e che spero e sono convinta, anche stando alle dichiarazioni di voto, che approveremo all'unanimità, chiediamo, all'articolo 2, lettera e), di verificare l'effettiva realizzazione in tutti gli istituti, di progetti, nelle scuole di ogni ordine e grado, finalizzati all'educazione e al rispetto reciproco nelle relazioni tra uomini e donne e al riconoscimento e al rispetto di tutte le diversità. Questo era esattamente ciò che chiedeva l'ordine del giorno con cui si chiedeva di adottare ogni iniziativa utile a prevedere, nelle scuole di ogni ordine e grado, di affrontare il tema della prevaricazione della violenza di genere, evitando il riproporsi di qualsiasi atteggiamento direttamente o indirettamente giustificazionista di ogni forma di violenza attraverso l'utilizzo di argomentazioni basate sulla condanna di comportamenti adottati dalle potenziali vittime e a promuovere iniziative di sensibilizzazione e di contrasto alla cultura della violenza, nel rispetto della piena dignità delle donne. Un ordine del giorno coerente che, in realtà, ha evidenziato una forte incoerenza di quest'Aula, e ne sono molto rammaricata, ne siamo dispiaciuti.

Per questo motivo questa Commissione è così importante e voteremo convintamente a favore. Il nostro è un Paese che ha un quadro legislativo avanzato - le colleghe che mi hanno preceduto lo hanno ricordato - ma non è stato sufficiente, non è sufficiente perché i femminicidi continuano quotidianamente, una donna ogni tre giorni. Pensiamo vadano rafforzati i sostegni ai centri antiviolenza, che fanno un lavoro preziosissimo, alle case rifugio, al reddito di libertà, ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza, all'inserimento lavorativo e all'autonomia economica delle donne, perché per essere libere e uscire dall'angolo in cui la vita ti ha messo devi avere, sì, tanto coraggio ma devi avere strumenti di protezione e di libertà. Non puoi sentirti sola, ma devi sentirti protetta. Per questo servono reti di sostegno, operatori specializzati e formati, pronti a intervenire a tutela delle donne e dei minori coinvolti. Se una donna si sentirà protetta, perché sa che le istituzioni sono al suo fianco, sa che le istituzioni le sono vicine e che stanno dalla sua parte, avrà il coraggio di uscire dal suo isolamento, di superare le sue paure, di denunciare.

Abbiamo molto lavoro da fare perché i numeri testimoniano un dato grave: il 63 per cento delle donne non ha raccontato ad alcuno di aver subito violenza, per un senso di vergogna, di sconfitta, per la paura di un giudizio, di un'etichetta, di un pregiudizio. Alle donne spetta il compito del coraggio ma a tutti noi spetta quello di creare le condizioni per farle essere coraggiose, sapendo di poter contare su servizi, su operatori formati, su protezione, su un nuovo progetto di vita che permetta loro di tornare a sognare, ad amare e a vivere. Oggi tutti noi ci prendiamo una grande responsabilità, quella di esserci, di esserci nel nostro ruolo di legislatori, di costituire una Commissione bicamerale per lavorare insieme con un unico obiettivo: eliminare ogni forma di violenza. Ce la faremo? Dobbiamo farlo, lo dobbiamo alle donne che non ce l'hanno fatta, lo dobbiamo a tutte noi, alla storia delle donne, alle nostre figlie e ai nostri nipoti, perché non può esserci una società democratica e giusta che non riconosca il ruolo e il valore delle donne.

Per questo, il nostro sarà un appoggio pieno e convinto - e concludo, Presidente - a questa Commissione, che avrà il compito di continuare a studiare, indagare, monitorare e costruire un lavoro organico di tutte le forze parlamentari, per una centralità necessaria a contrastare, senza “se” e senza “ma”, ogni forma di violenza a difesa della libertà e della libera scelta di tutte le donne.

Buon lavoro, dunque, alla Commissione e a tutti noi, che, ogni giorno, saremo impegnati a garantire un futuro a tutte le donne per una società più giusta, ma soprattutto una società per tutti e per tutte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Daniela Dondi. Ne ha facoltà.

DANIELA DONDI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la violenza maschile a danno delle donne rappresenta, purtroppo, un fenomeno sociale diffuso, con ragioni culturali profonde, e non è un problema che attiene alle sole donne, ma anche agli uomini. Si tratta di un tema che, negli ultimi anni, ha assunto una portata sempre più centrale nel dibattito politico e sociale, alimentato da molteplici notizie di cronaca nera.

Non abbiamo bisogno di ricordare quanto accaduto, anche negli ultimi giorni, a giovani donne: sono già state ampiamente ricordate in quest'Aula. I dati Istat, riportati dallo stesso Ministero della Salute, mostrano che, in Italia, il 31,5 per cento delle donne, nel corso della propria vita, ha subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale, esercitata nelle forme più gravi da partner, ex partner, parenti o amici. Addirittura, il 63 per cento di questi casi sono violenze eseguite ad opera del partner. Dobbiamo ricordare che la violenza non è solo quella fisica, ma anche quella verbale, che, spesso, si concretizza in umiliazioni. Si tratta di numeri inquietanti e inaccettabili, che non possono essere ignorati e che testimoniano l'esistenza di un fenomeno di gravità assoluta, per affrontare il quale è necessario il massimo sforzo da parte di tutti, soprattutto da quest'Aula.

Risulta necessario agire contemporaneamente su più piani: quello della prevenzione, con il coinvolgimento delle scuole di ogni ordine e grado; quello delle autorità territoriali, in quanto è indispensabile conoscere e conoscere in modo approfondito il problema per poterlo affrontare, deve cessare l'improvvisazione; quello della formazione degli operatori a tutti i livelli, anche a livello giudiziario, in quanto la donna si aspetta risposte dai suoi interlocutori istituzionali; quello della sensibilizzazione della cittadinanza, al fine di prendere coscienza del problema, per poter aiutare le vittime, non solo criticare; quello della protezione e dell'assistenza delle donne che sono già state vittime o siano solo potenzialmente tali.

In questa direzione, va la proposta di legge approvata con voto unanime, in un testo unificato, dal Senato della Repubblica, con la quale si istituisce una Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, nonché ogni forma di violenza di genere, così come previsto dall'articolo 82 della nostra Costituzione. Mi dispiace discostarmi da quanto ho ascoltato in quest'Aula, ma dovrà essere costituita non solo da donne, ma anche da colleghi uomini, perché è un problema di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

I compiti previsti dall'articolo 2 della proposta di legge - ne indico solo alcuni, quelli che riteniamo più rilevanti - sono: svolgere indagini sulle reali dimensioni e cause del femminicidio; monitorare la concreta attuazione della Convenzione di Istanbul, adottata dal Consiglio d'Europa già nel 2011 ed entrata in vigore nel 2014, quale primo strumento internazionale e giuridicamente vincolante, il cui principale obiettivo è di creare un quadro globale ed integrato che consenta la protezione della donna da ogni qualsiasi forma di violenza, che riconosce la violenza contro le donne quale violazione dei diritti umani e quale forma di discriminazione.

Tra gli altri compiti della Commissione ci sarà quello di accertare le possibili incongruità e carenze, soprattutto della normativa vigente, con l'obiettivo di tutelare la vittima di violenza e gli eventuali minori coinvolti. Non dobbiamo dimenticare i traumi subiti dai figli che assistono alle violenze inflitte nei confronti delle proprie madri. Sappiamo tutti quanto sia importante la figura materna per un bambino. Questi traumi segneranno per tutta la vita questi ragazzi. E ancora: proporre interventi normativi, finanziari e strutturali, che rendano certi e stabili gli interventi, che, da un lato, scongiurino la prosecuzione di questi reati e che, dall'altro, giungano a realizzare uno stabile reinserimento della vittima nel mondo del lavoro; infine, adottare iniziative per la redazione di un testo unico in materia.

Per concludere, Presidente, “la violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini, né geografia, cultura o ricchezza. Fintanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace”. Sono le parole di Kofi Annan. Solo se saremo in grado di uniformare le norme e rispondere alle esigenze delle donne, riusciremo a fermare la violenza sulle donne. Per queste ragioni, auspico un voto unanime. In ogni caso, Fratelli d'Italia voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 640-A​ e abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 640-A: S. 93-338-353 - “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere” (Approvata, in un testo unificato, dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 22) (Applausi).

Dichiaro così assorbite le proposte di legge nn. 602 e 772.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Colleghi, sono stato informato che esiste un'intesa tra tutti i gruppi nel senso di passare direttamente all'esame del punto 4 dell'ordine del giorno, che reca il seguito della discussione della proposta di legge di ratifica del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping, fatto a Varsavia il 12 settembre 2002.

Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.

(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione della proposta di legge: Formentini ed altri: Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping, fatto a Varsavia il 12 settembre 2002 (A.C. 585​) (ore 18,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 585: Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping, fatto a Varsavia il 12 settembre 2002.

Ricordo che nella seduta del 23 gennaio 2023 si è conclusa la discussione generale e il relatore e la rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

(Esame degli articoli - A.C. 585​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge Vedi l'allegato A). Poiché non sono state presentate proposte emendative, li porrò direttamente in votazione.

Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4 (Vedi l'allegato A).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 585​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare il deputato Bicchielli. Ne ha facoltà.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Presidente, molto velocemente, per dichiarare il voto favorevole del gruppo di Noi Moderati alla ratifica del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping. Il tema del doping è molto sentito, soprattutto in questo periodo. Abbiamo visto quanta sofferenza c'è stata in molti sportivi, quindi riteniamo essenziale ratificare il Protocollo. Quindi annuncio il voto favorevole del gruppo di Noi Moderati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata De Monte. Ne ha facoltà.

ISABELLA DE MONTE (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Anche da parte del mio gruppo preannuncio voto favorevole e chiedo di poter consegnare l'intervento scritto.

PRESIDENTE. È autorizzata.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Anch'io consegno, con il suo permesso, l'intervento. Sottolineo solo che si tratta di una ratifica del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping, fatto a Varsavia il 12 settembre 2002.

Quindi credo sia necessaria una riflessione anche all'interno della Commissione esteri per aggiornare il meccanismo che poi porta vent'anni dopo a ratificare questi atti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Scutella'. Ne ha facoltà.

ELISA SCUTELLA' (M5S). Grazie, Presidente, per dichiarare il voto favorevole del gruppo del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Ho scelto di presentare questa proposta di legge perché mi sembrava doveroso concludere la ratifica del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping. Ovviamente raccolgo l'appello dell'onorevole Battilocchio, perché è chiaro che non ci possono volere vent'anni per ratificare. Già nella scorsa legislatura si era tentato di risolvere questo problema. Il mio auspicio è che si riesca tra tutti i gruppi a risolverlo perché davvero così è penoso.

Il Protocollo che si vuole ratificare è entrato in vigore a livello internazionale il 1° aprile 2004 e lo scopo è assolutamente condivisibile, essendo finalizzato ad assicurare il reciproco riconoscimento dei controlli antidoping e, più in generale, a rafforzare l'applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il doping, ratificata dal nostro Paese ai sensi della legge n. 522 del 1995.

Tale importante strumento internazionale impegna già le parti contraenti ad adottare tutte le misure idonee a controllare la detenzione, la circolazione, l'importazione e la vendita di agenti e metodi di doping e, in particolare, di steroidi ed anabolizzanti, anche in ossequio ai principi etici e ai valori educativi sanciti da documenti internazionali quali la Carta olimpica e la Carta internazionale per l'educazione fisica, l'attività fisica e lo sport dell'UNESCO. Il Protocollo al nostro esame fa però un passo in più: prevede il riconoscimento reciproco tra gli Stati parte dei controlli antidoping eseguiti da ciascuno di essi nel proprio territorio a carico di sportivi provenienti da altri Stati che fanno parte della Convenzione.

Il Protocollo diventa quindi - ed è questa la parte importante - il primo strumento di diritto internazionale che riconosce la competenza dell'Agenzia mondiale antidoping ad effettuare controlli al di fuori delle competizioni e, per quanto concerne il profilo del rafforzamento dell'applicazione della Convenzione, prevede un meccanismo di monitoraggio vincolante a cura di un nucleo di valutazione che si effettuerà tramite visite agli Stati investiti, seguite da un rapporto valutativo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Berruto. Ne ha facoltà.

MAURO BERRUTO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Qualche minuto lo voglio dedicare al mondo che conosco e che mi appartiene, quindi chiedo scusa ai colleghi, ma qualche cosa voglio dirla. Questo non è un momento facile per il mondo dello sport. Sono tante le nuvole all'orizzonte: alcune arrivate inaspettatamente, come la pandemia o il caro energia, che sta mettendo in ginocchio gestori di impianti sportivi e di impianti natatori, altre nerissime di cui ci stiamo accorgendo. Solo negli ultimi mesi abbiamo assistito all'arresto del procuratore capo degli arbitri italiani per un'incredibile vicenda di criminalità, ai Mondiali più ambigui e impresentabili dai tempi di Argentina 1978, a scontri criminali sull'autostrada A1 tra frange violente di tifoserie.

Nell'ultima settimana si è abbattuto sul mondo del calcio l'ennesimo scandalo legato alle plusvalenze e a quei bilanci che sembrano sempre più “sbilanci”. Insomma, un mondo che appare e si racconta al contrario di quello che vorrebbe essere, quei valori che spesso evochiamo quando parliamo di sport, inclusione, benessere psicofisico, rispetto delle regole, che sembrano traditi nel messaggio soprattutto che arriva ai nostri giovani e alle nostre giovani che, come da sempre accade, vedono negli sportivi dei modelli. Un aspetto del problema, storico, tutt'altro che secondario, è quella del doping. Non si tratta solo di pratiche orientate all'alterazione della prestazione, ma di pratiche che mettono a rischio la salute di tanti atleti e tanti amatori, in Italia come nel mondo.

Non serve spiegare il perché, ma piuttosto agire in ogni modo e in ogni contesto affinché tutti gli strumenti possibili vengano utilizzati nella lotta al doping, che è una battaglia complicata per tante ragioni. La prima, quella fondamentale, è che l'aberrante ricerca - anche se repelle chiamarla così - di nuove sostanze dopanti è sempre in vantaggio sulla perenne rincorsa dell'antidoping.

È una dinamica come quella di guardie costrette sempre a rincorrere i ladri, una distanza che non si è colmata mai e che è destinata, purtroppo, a non colmarsi mai: il doping avrà sempre un vantaggio di tempo. Allora, non c'è dubbio che il recepimento della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il doping sia un'ottima notizia. Certo, è meno motivo d'orgoglio sottolineare che ci abbiamo messo vent'anni, che nello sport sono un'era geologica. Finalmente, però, portiamo a termine una proposta di legge che è anche il frutto del lavoro nato nella scorsa legislatura, un passo in avanti, senza dubbio, un passo in avanti in termini di credibilità di un mondo, che come dicevo all'inizio, è alla ricerca di senso.

Tuttavia, voglio sottolineare alcune cose, sulle quali non si può voltare lo sguardo, se - come tutti crediamo- lo sport vuole essere strumento di inclusione, benessere e rispetto delle regole. il primo si riferisce alla definizione stessa di doping, somministrazione di sostanze proibite dai regolamenti allo scopo di accrescere il rendimento fisico nel corso di una competizione. Non tornerò sulle preoccupanti dichiarazioni, che sono state citate e che negli ultimi giorni tanti atleti, principalmente calciatori, hanno rilasciato alla stampa, chiedendo chiarezza rispetto all'assunzione di farmaci in passato erogati, diciamo, con una certa leggerezza. Basta leggere quelle dichiarazioni, per capire come la storia del nostro sport sia stata anche, e purtroppo, segnata da pratiche che, più che antiscientifiche, potremmo definire stregonesche. Non torno neanche sul fatto che il problema, gravissimo nei contesti di alto livello, è ancora più grave nel mondo dello sport amatoriale. In questo caso non basterà, purtroppo, neanche il recepimento di questo Protocollo che stiamo per votare, perché esso si riferisce principalmente a contesti di sport di vertice, dove c'è un altro controllo medico, dove ci sono staff di professionisti che sono in grado di monitorare un atleta. La diffusione del doping nei circuiti amatoriali sfugge, invece, a ogni controllo e genera rischi enormi e spesso irreparabili. Ecco perché, insieme a questo provvedimento, serve un cambio di paradigma culturale: serve investire in conoscenza, in comunicazione, in educazione, in cultura. Non c'è nulla di più volgare che violare i due princìpi fondamentali dello sport: la competizione leale fra gli atleti e il benessere psicofisico che lo sport genera.

Mi auguro che vedremo presto accendersi tutte le luci verdi del tabellone riassuntivo delle votazioni su un provvedimento che sta per arrivare anche da noi - spero presto-, che è la modifica all'articolo 33 della Costituzione in termini di materia sportiva. Allora, ci sarà un diritto e ci sarà un'ulteriore necessità, di difendere quel diritto allo sport da chi vuole restituirne la faccia peggiore.

Mi permetta di aggiungere, Presidente, le ultime due riflessioni. La prima è il desiderio di sottolineare come lo sport debba combattere ogni tipo di violazione dei regolamenti, al fine di accrescere il rendimento nel corso delle competizioni. Il doping amministrativo, per esempio, ne è un caso. Guardate, la cultura delle plusvalenze nel calcio è una forma di doping, purtroppo, endemicamente diffusa; semplicemente, questa cultura va fermata, ovunque, il prima possibile. La seconda questione è il doping della programmazione, il doping dei calendari. Me lo faccia dire, Presidente, con cognizione di causa. Per questo tipo di doping ci sono motivi molto precisi e di facile comprensione, perché finché federazioni nazionali, federazioni internazionali e leghe che gestiscono i campionati più importanti, non decideranno di mettersi intorno a un tavolo e di discutere della bulimia di eventi sportivi, ormai a distanza sempre più ravvicinata e con aspettative sempre più alte, in luoghi del mondo magari a distanza di dieci fusi orari l'uno dall'altro, vivremo una costante ipocrisia, quella di chiedere sforzi oltre l'umano ad atleti e in qualche modo spingerli, per poter recuperare, verso la necessità di affidarsi alla chimica o alla farmacologia. Il problema, allora, non è solo cercare la sostanza che ancora non rientra nella lista delle sostanze dopanti, ma rendere più sostenibili i calendari delle manifestazioni. Non è umano chiedere, per esempio, a un ciclista di gareggiare, senza soluzione di continuità, al Giro d'Italia, al Tour de France e alla Vuelta e di tenere in ciascuna di queste manifestazioni una velocità media di 40 chilometri l'ora. Continuare in questa direzione, ossia aumentare sempre di più le richieste agli atleti e la frequenza degli impegni sportivi, e, insieme, voler combattere il doping significa semplicemente essere ipocriti.

Fra poco meno di due mesi, Presidente - sto per concludere -, il prossimo 21 marzo, ricorrerà il decimo anniversario della scomparsa di un nostro monumentale atleta, Pietro Paolo Mennea (Applausi): il nostro Muhammad Alì, uno sportivo, un uomo che ha cambiato un paradigma, forse l'atleta italiano che più si è allenato al mondo. Il doping - diceva Mennea - è diventato un grande business, in mano alla criminalità organizzata, commerciato in un mercato nero che è più lucrativo di quello degli stupefacenti; il grosso del mercato del doping lo troviamo tra gli amatori che affollano le palestre. Da europarlamentare, Mennea si è battuto per una legge comunitaria sul tema (Applausi).

Ecco, oggi facciamo un passo in avanti che non sarà, però, sufficiente, finché, attraverso un capillare lavoro educativo, i nostri giovani riconosceranno non come una scorciatoia verso il successo, ma come una pratica tanto pericolosa, quanto disgustosa, l'utilizzo di sostanze dopanti e quando i dirigenti sportivi, di qualsiasi disciplina, smetteranno di cercare quelle scorciatoie in ogni aspetto finanziario, organizzativo o fisico.

Senza dubbio, il Partito Democratico esprimerà il suo voto favorevole a questo provvedimento, ricordando a tutti, però, che la partita contro il doping e contro tutte le altre forme di violenza e di violazione dei principi etici dello sport è tutt'altro che finita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Guerino Testa. Ne ha facoltà.

GUERINO TESTA (FDI). Grazie, Presidente. Penso che mai come su questo tema ci sia una grandissima condivisione da parte del Parlamento italiano e penso che, da parte di questo Parlamento, sia un atto dovuto portare questo atto importante alla condivisione massima, per il grande rispetto che il Parlamento tutto deve nei confronti dei tantissimi, che rappresentano la maggioranza in questo Paese, che, a ogni livello, si impegnano in ogni disciplina, anche per tenere alto il valore della nostra Nazione.

Oggi, con la ratifica e l'esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping di Varsavia, del 12 settembre 2002, Fratelli d'Italia ribadisce, con grandissima nettezza, un concetto fondamentale: per noi, ma penso di interpretare il pensiero dell'intero Parlamento, in maniera ovviamente molto umile, lo sport è un motore essenziale di cambiamento e di crescita, ma a una sola condizione, che sia esercitato nel rispetto della salute e della legge. Questo deve valere sempre.

Venendo al corpo di questa proposta di legge, l'articolo 2 - sarò molto breve - rafforza la riuscita delle azioni disposte dalla Convenzione attraverso l'istituzione di un meccanismo di monitoraggio vincolante, a opera di una squadra di valutazione, che ne sorveglierà l'applicazione e l'attuazione. Pertanto, tale squadra di valutazione, una volta esaminato il rapporto nazionale ricevuto dalla parte interessata, potrà procedere anche ad ispezioni sul posto. Sulla base delle verifiche così apportate, questa elaborerà un rapporto, con le sue valutazioni e raccomandazioni, che sarà esaminato dal gruppo di valutazione.

Però, ritengo, a nome dell'intero gruppo di Fratelli d'Italia, che il peso specifico di questa legge risieda nella sua indiscussa volontà di preservare l'ambito sportivo da ingerenze esterne capaci di viziarne la bontà, essendo completamente estranee alla sua natura.

Per tali ragioni, le parti coinvolte, grazie a tale Carta, si impegnano ad elaborare e attuare programmi educativi e campagne di informazioni che pongano in rilievo i rischi per la salute inerenti al doping, nonché il pregiudizio che ne deriva per i valori etici dello sport. Prima di concludere, voglio riprendere un concetto elaborato in precedenza dal collega del Partito Democratico, che ha messo in evidenza una realtà triste, fortemente triste, ossia la presenza del doping specialmente per quanto riguarda i tornei amatoriali; questo è un refrain che va in giro ormai da molti anni e di questo anche il nostro Parlamento dovrà prendersi cura.

Concludo, Presidente, dicendo che, preso atto dell'impostazione generale della legge attuativa della Convenzione di Varsavia, questa non può che incontrare il favore del Partito che rappresento, riconoscendosi in quei principi di legalità, trasparenza, ma soprattutto eticità, nel preservare, con forza e coraggio, l'integrità di un ambito tanto necessario quanto vitale a una crescita sana delle future generazioni e su cui non è dato abbassare la guardia, nemmeno un minuto. E per tali ragioni, Fratelli d'Italia monitorerà costantemente l'attuazione della Convenzione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 585​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 585: “Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping, fatto a Varsavia il 12 settembre 2002”.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 27).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Aboubakar Soumahoro. Ne ha facoltà.

ABOUBAKAR SOUMAHORO (MISTO). Onorevole Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 gennaio Ibrahim Sowe e la sua compagna Queen hanno perso la vita nell'insediamento dei braccianti a Borgo Mezzanone in provincia di Foggia, probabilmente a causa delle esalazioni di monossido di carbonio sprigionate da un braciere di fortuna che avevano sistemato nel loro rifugio per difendersi dal gelo di questi giorni. Ibrahim era padre di quattro bambini ed era un bracciante, come tanti altri impegnati nella raccolta di cime di rapa, mentre Queen era madre di due creature. Ieri, mi sono recato nell'insediamento, insieme ad altri lavoratori, per piangere ed esprimere cordoglio e condoglianze a familiari, amici e compagni.

Onorevole Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, non si può morire nel tentativo di scaldarsi e nemmeno è vita quella che si è costretti a vivere negli insediamenti, che sono, in realtà, discariche umane e luoghi di sospensione della vita, di abbrutimento, di alienazione e di segregazione.

La situazione delle donne e degli uomini che vivono in tali condizioni pone l'urgenza di rispondere ad una serie di domande. La prima domanda è la seguente: possiamo continuare a mangiare i prodotti agricoli che provengono dalle campagne senza interrogarci sulle condizioni abitative, salariali, previdenziali e remunerative delle braccianti e dei braccianti, delle contadine e dei contadini, dei lavapiatti e dei rider?

La seconda domanda: possiamo continuare a parlare dell'eccellenza italiana, senza stabilire giustizia nella filiera agricola a favore dei contadini, degli agricoltori e dei braccianti e senza garantire un gusto etico alle nostre contadine e ai nostri contadini? Ecco perché rimango persuaso che serva uno strumento come la patente dal cibo, per garantire equità e giustizia al nostro made in Italy, perché così potremo onorare i valori della sovranità alimentare.

La terza domanda e concludo: possiamo permetterci di non usare le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza per trovare soluzioni concrete in termini di inserimento abitativo e rilascio di un permesso di soggiorno per emergenza, nonché rafforzare i nostri centri per l'impiego per combattere il caporalato e la ghettizzazione?

Concludo, Presidente. La salute della nostra democrazia e il sapore etico del cibo che mangiamo dipendono dal tipo di risposta concreta che insieme sapremo dare a queste domande (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carla Giuliano. Ne ha facoltà.

CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo per portare all'attenzione di quest'Aula una serie di gravissimi episodi che si sono verificati in una struttura sanitaria che accoglie anche pazienti psichiatrici, a Foggia.

Questa mattina, sono state emesse 30 misure cautelari che hanno riguardato operatori sociosanitari e infermieri che operano in tale struttura. Queste misure cautelari sono state irrogate a soggetti accusati di maltrattamenti e abusi sessuali nei confronti di 25 pazienti psichiatrici ricoverati in detta struttura. Tra questi 25 operatori, 15 sono stati anche destinatari di misure cautelari pesanti, oltre all'arresto. Si tratta di un'indagine risalente nel tempo, molto complessa e strutturata, coordinata dalla procura della Repubblica di Foggia. Innanzitutto, ai magistrati, alla procura e alle Forze dell'ordine, che hanno consentito di porre fine, di scoperchiare questo scempio, questa vergogna, va il nostro plauso come MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Il fatto che vi siano persone con competenze specializzate, come un infermiere o un operatore sociosanitario, che si approfittano di pazienti, di esseri umani, di cui si dovrebbero prendere cura, che hanno minorazioni, motorie, psichiche, come in questo caso, o legate all'età, anche commettendo reati davvero vergognosi, è quanto di più indegno e incivile ci sia dal punto di vista giuridico, ma, prima ancora, morale. Come MoVimento 5 Stelle condanniamo quanto accaduto, fermo restando che poi ci sarà un iter giudiziario, che rispettiamo e che accerterà le eventuali responsabilità in sede civile e penale.

Ricordo che quello dei pazienti psichiatrici e della loro cura e tutela adeguata è un tema che, in particolare col COVID, è balzato ancora di più agli onori delle cronache. In questo senso, come MoVimento 5 Stelle, ci siamo impegnati con una specifica proposta di legge che spero possa riprendere il proprio iter, quella sul budget di salute, che, tra i suoi punti, vi è anche la deistituzionalizzazione dei pazienti psichiatrici e tutto un lavoro e un percorso approfondito a tutela proprio di queste persone fragilissime (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 25 gennaio 2023 - Ore 9,30:

(ore 9,30 e ore 16)

1. Seguito della discussione della proposta di legge:

MELONI e MORRONE: Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. (C. 338​)

e delle abbinate proposte di legge: ENRICO COSTA; MULE' ed altri; GRIBAUDO. (C. 73​-528​-637​)

Relatrici: BISA e VARCHI.

(ore 15)

2. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .

La seduta termina alle 19.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ISABELLA DE MONTE E ALESSANDRO BATTILOCCHIO (A.C. 585​)

ISABELLA DE MONTE (A-IV-RE). (Dichiarazione di voto finale – A.C. 585​). Onorevole Presidente, Onorevoli Colleghi, quest'oggi siamo chiamati alla Ratifica e all'esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping, fatto a Varsavia il 12 settembre 2002, promossa dal Consiglio d'Europa e approvata nella scorsa legislatura, il 22 marzo 2022, dalla Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati che ha per scopo essenziale quello di ridurre e, a regime, di eliminare la pratica del doping nello sport, rafforzando e specificando le discipline che già si rintracciano negli ordinamenti dei singoli Paesi parti della Convenzione e in ottemperanza ai principi etici e a valori educativi affermati dalla Carta Olimpica e dalla Carta internazionale dello sport e dell'educazione fisica dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO).

Tutto ciò al fine di reagire a una pratica (quella del doping nello sport) che impatta pesantemente in un settore delicato della vita collettiva con una serie di regolamentazioni, una legislazione e delle misure amministrative che possano fare da argine a un fenomeno delicato e preoccupante come quello del doping attraverso attività illegali che vanno dalla detenzione, alla vendita, alla somministrazione di sostanze dopanti agli sportivi.

Le principali innovazioni contenute dalla Convenzione consistono in un maggiore coordinamento tra gli Stati membri nella lotta alle sostanze dopanti che ne amplia la sua definizione, limita la somministrazione e induce gli Stati contraenti a concedere, in termini di sovvenzioni o sussidi, aiuti affinché le organizzazioni sportive internazionali possano avviare una serie di controlli frequenti e alla promozione delle analisi di sostanze dopanti, prevedendo che in ciascun Paese siano istituiti uno o più laboratori di controllo riconosciuti dagli organismi internazionali e approvati dal gruppo di vigilanza che possano selezionare e formare personale qualificato in grado di approfondire programmi di ricerca e sviluppo in questo senso e, sugli stessi agenti dopanti, studiare quali conseguenze essi comportino sull'organismo umano.

Vi è poi una serie di impegni che vengono assunti dagli Stati membri al fine di elaborare e attuare dei programmi educativi associati a campagne di sensibilizzazione e informazione che evidenzino innanzitutto una serie di pericoli per la salute e, di poi, il pregiudizio che ne deriva per i valori etici dello sport indirizzati a giovani studenti e sportivi in generale, ai familiari e alle società stesse ivi compresi i loro staff tecnici.

Il Protocollo, a tutt'oggi ratificato da ventisette Stati membri del Consiglio d'Europa, ha lo scopo di assicurare il reciproco riconoscimento dei controlli antidoping e, più in generale, di rafforzare l'applicazione della Convenzione.

A tal proposito, importante aspetto della Convenzione, è la collaborazione con le organizzazioni sportive che dovranno applicare una serie di misure di contrasto alla pratica del doping nello sport in base ai regolamenti adottati dalle altre organizzazioni internazionali, mediante l'armonizzazione delle loro procedure disciplinari e quindi procedimenti efficaci e ispirati a criteri garantisti, liste di classi farmacologiche di agenti dopanti, procedure di riconoscimento delle sospensioni od altre sanzioni imposte nello stesso Paese o in altri; le parti contraenti si riservano il diritto di adottare regolamenti antidoping e di organizzare controlli antidoping di propria iniziativa e sotto la propria responsabilità, sempre che siano compatibili con i pertinenti principi della presente Convenzione.

Il Protocollo, inoltre, è il primo strumento di diritto internazionale che riconosce la competenza dell'Agenzia mondiale antidoping ad effettuare controlli al di fuori delle competizioni.

Verranno avviati inoltre controlli in qualsiasi momento appropriato al di fuori delle competizioni effettuati in modo uguale per tutti gli sportivi e saranno utilizzati gli equipaggiamenti messi a disposizione dai propri laboratori e le parti saranno impegnate alla promozione di una collaborazione e cooperazione tra il personale degli stessi laboratori di controllo.

Abbiamo il dovere, dunque, di ratificare tale convenzione affinché i nostri figli, le nuove generazioni, possano crescere in ambienti sportivi sani e in società sportive responsabili. Che vedano lo sport come un'attività sociale di crescita che li allontani dalla strada e della criminalità.

Il gruppo parlamentare di Azione – Italia Viva voterà dunque a favore della ratifica in quanto riteniamo che l'interesse unico sia la salvaguardia della salute dei nostri figli e di tutti gli sportivi in generale che praticano lo sport con passione e spirito associazionistico.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). (Dichiarazione di voto finale – A.C. 585​). Grazie Presidente!

Il provvedimento al nostro esame, già esaminato dalla commissione Esteri nella scorsa legislatura, reca la ratifica del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione contro il doping, fatto a Varsavia il 12 settembre 2002. Tale convenzione costituiva il punto di arrivo di un fitto lavoro e di una serie di risoluzioni e raccomandazioni del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, volte a combattere la piaga del doping nello sport.

Con notevole ritardo questa Camera si accinge a ratificare tale protocollo aggiuntivo e mi auguro che con altrettanta celerità i colleghi del Sanato sappiano concludere in via definitiva l'iter del provvedimento, anche in considerazione del fatto che il diritto allo sport figura tra le priorità del Consiglio d'Europa.

L'analisi del doping nel mondo dello sport, sia esso professionistico che dilettantistico, è un argomento estremamente delicato.

Per doping si intende l'utilizzo o la somministrazione di sostanze attive, nonché l'adozione di pratiche mediche non giustificate da condizioni cliniche, né aventi scopo terapeutico, ma finalizzate al miglioramento delle condizioni psico-fisiche ed al conseguente aumento delle prestazioni sportive.

Fin dagli anni '60 del secolo scorso tale fenomeno è stato posto all'attenzione degli Organismi Internazionali per limitarne la diffusione, incentivando tutte le azioni volte a tutelare il valore della corretta educazione fisica e dello sport. Negli anni '70 e '80 si palesarono i primi scandali relativi al cosiddetto “doping di Stato”, ossia l'uso generalizzato di sostanze vietate, in particolar modo da parte delle federazioni sportive e dei comitati olimpici di diversi paesi dell'ex Patto di Varsavia, a cominciare dalla Repubblica democratica tedesca e dall'Unione Sovietica.

La costante diffusione ed ampliamento del fenomeno del doping, anche dovuto al progresso tecnologico e farmacologico, ha imposto alle Istituzioni internazionali di intensificare le attività rivolte ad arginare tali pratiche estremamente dannose per la salute di che ne faccia uso.

É del 1989 la Convenzione di Strasburgo contro il Doping, con la quale è stata fatta chiarezza circa l'elencazione delle attività considerate vietate ed è stata predisposta una attenta lista delle sostanze non ammesse, distinte per categorie farmacologiche.

Un ulteriore importante traguardo è stato raggiunto, appunto, con la Convenzione contro il Doping di Varsavia del 2002 e la di poco successiva creazione della WADA (World Anti-Doping Agency) che ha predisposto il Codice mondiale antidoping, riconosciuto e ratificato dalle Federazioni sportive internazionali e dal CIO, ed entrato in vigore nel 2015 e che mira alla difesa e alla tutela del concetto di spirito sportivo, di correttezza e di lealtà, anche attraverso l'armonizzazione degli strumenti internazionali antidoping.

Va, inoltre, ricordato come sempre di più l'attenzione sul “fenomeno” doping si sta spostando anche al mondo dello sport dilettantistico, nel quale l'uso di sostanze vietate e pericolose è in forte crescita e dove il “passaparola” (facilitato da internet) e il “fai da te” dei singoli atleti e di allenatori e medici spregiudicati rischia di provocare danni irreparabile per la salute degli atleti.

Nel 2000 il Parlamento italiano votò la legge n. 376, all'epoca tra le più avanzate d'Europa. L'Italia, è bene ricordarlo, è stata tra i primi Paesi al mondo a difendere il benessere di chi pratica sport e a difendere i principi della lealtà sportiva e del rispetto delle regole e della trasparenza delle competizioni.

Il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione alla nostra attenzione ha lo scopo di assicurare il reciproco riconoscimento dei controlli antidoping e, più in generale, di rafforzare l'applicazione della Convenzione stessa.

Ratificare il Protocollo, non solo consentirà di toglierci dal numero dei pochi Paesi che ancora non vi hanno provveduto, ma rafforzerà le politiche antidoping fin qui varate e consentirà all'Italia di continuare a rappresentare un punto di riferimento nella lotta al doping,

Per tutte queste ragioni preannuncio il voto convintamente favorevole del gruppo di Forza Italia.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1, il deputato Toccalini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nella votazione n. 3, la deputata Braga ha segnalato che ha erroneamente espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario;

nella votazione n. 5, la deputata Madia ha segnalato che ha erroneamente espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario;

nella votazione n. 9, la deputata Andreuzza ha segnalato che ha erroneamente espresso voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 10, la deputata Boschi ha segnalato che ha erroneamente espresso voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 11, i deputati Patriarca e Provenzano hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 11, il deputato Mari ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nelle votazioni dalla n. 12 alla n. 15, i deputati Bonelli e Borrelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 18, il deputato D'Alessio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 19, la deputata Raffa ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 20, i deputati Caiata, Ciaburro e Rizzetto hanno segnalato che non sono riusciti astenersi dal voto.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale DDL 761 - EM. 1.1, 1.2 249 248 1 125 45 203 71 Resp.
2 Nominale ODG 9/761/1 258 258 0 130 48 210 71 Resp.
3 Nominale ODG 9/761/2 256 256 0 129 46 210 71 Resp.
4 Nominale ODG 9/761/3 266 266 0 134 46 220 69 Resp.
5 Nominale ODG 9/761/4 262 262 0 132 49 213 69 Resp.
6 Nominale ODG 9/761/5 266 266 0 134 100 166 69 Resp.
7 Nominale ODG 9/761/6 RIF. 265 264 1 133 260 4 69 Appr.
8 Nominale ODG 9/761/8 266 266 0 134 100 166 69 Resp.
9 Nominale ODG 9/761/9 - P. 1 263 261 2 131 210 51 69 Appr.
10 Nominale ODG 9/761/9 - P. 2 267 267 0 134 264 3 69 Appr.
11 Nominale DDL 761 - VOTO FINALE 261 261 0 131 215 46 66 Appr.
12 Nominale PDL 640-A E ABB. - ARTICOLO 1 267 267 0 134 267 0 67 Appr.
13 Nominale ARTICOLO 2 268 268 0 135 268 0 67 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale ARTICOLO 3 269 269 0 135 269 0 67 Appr.
15 Nominale ARTICOLO 4 265 265 0 133 265 0 67 Appr.
16 Nominale ARTICOLO 5 270 270 0 136 270 0 67 Appr.
17 Nominale ARTICOLO 6 268 268 0 135 268 0 67 Appr.
18 Nominale ARTICOLO 7 273 273 0 137 273 0 67 Appr.
19 Nominale ARTICOLO 8 273 273 0 137 273 0 67 Appr.
20 Nominale ODG 9/640-A E ABB./1 261 259 2 130 118 141 68 Resp.
21 Nominale ODG 9/640-A E ABB./2 RIF. 260 257 3 129 257 0 68 Appr.
22 Nominale PDL 640-A E ABB. - VOTO FINALE 258 258 0 130 258 0 66 Appr.
23 Nominale PDL 585 - ARTICOLO 1 257 257 0 129 257 0 66 Appr.
24 Nominale ARTICOLO 2 257 257 0 129 257 0 66 Appr.
25 Nominale ARTICOLO 3 254 254 0 128 254 0 66 Appr.
26 Nominale ARTICOLO 4 257 257 0 129 257 0 66 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 27)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale PDL 585 - VOTO FINALE 254 254 0 128 254 0 66 Appr.