XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 80 di venerdì 31 marzo 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

CHIARA COLOSIMO , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 29 marzo 2023.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 69, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Intendimenti in ordine allo sviluppo dei sistemi per l'identità digitale in Italia, anche alla luce della prospettata istituzione di una identità digitale europea - n. 2-00109)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Appendino ed altri n. 2-00109 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Appendino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CHIARA APPENDINO (M5S). Grazie, Presidente. Questa interpellanza nasce in seguito ad alcune dichiarazioni che abbiamo ritenuto fuori luogo, sia per il luogo in cui sono avvenute, cioè non in questa sede istituzionale, sia rispetto al tema che è stato posto, cioè, il fatto che sembrerebbe – oggi, lo capiremo da lei e la ringrazio per essere qui a rispondere - che questo Governo abbia intenzione di spegnere lo SPID.

Perché abbiamo ritenuto gravi queste affermazioni, che necessitassero, in questa sede, di una risposta e di un'interlocuzione da parte del Governo? Innanzitutto, perché, dal nostro punto di vista, è sorprendente che un Governo, dopo tutto il percorso che è stato fatto, anche molto complesso - lo dico da ex sindaca, che ha vissuto, nei servizi erogati a livello territoriale, il passaggio e l'implementazione dello SPID -, decida, senza motivazioni comprensibili dal nostro punto di vista, l'abbandono di uno strumento di questo tipo, che oggi coinvolge più di 34 milioni di utenti. Ci sembra, oggettivamente, una scelta incomprensibile e sorprendente.

Si tratta di dichiarazioni che abbiamo ritenuto preoccupanti, non solo per noi, per motivazioni su cui potremmo entrare anche maggiormente nel dettaglio, ma che, sostanzialmente, riguardano la quotidianità di utenti che utilizzano questo servizio, ma per tutti quei soggetti, pubblici e privati, inseriti nel meccanismo dello SPID. Immaginiamoci, oggi, una persona che, faticosamente, è passata allo SPID, nella vita quotidiana - perché le dichiarazioni che facciamo hanno un impatto sulla vita quotidiana delle persone -, che, faticosamente, ha imparato ad utilizzare questo strumento e che, dall'oggi al domani, sente una dichiarazione di un esponente, certamente molto importante ed autorevole, del Governo che dice “lo SPID non ci piace più e andremo a spegnerlo”.

Penso che queste dichiarazioni siano improvvide, ma, soprattutto, credo che l'obiettivo di questa interpellanza sia quello di spiegare a me e a chi è coinvolto - milioni di persone, migliaia di soggetti - quali siano le intenzioni del Governo. Quindi, interpelliamo il Sottosegretario - che ringrazio di essere qui - per comprendere: quali siano le intenzioni del Governo rispetto allo sviluppo dei sistemi per l'identità digitale per l'Italia; quali siano le motivazioni alla base di questo ripensamento del Governo - sempre che sia confermato, oggi, in Aula - rispetto allo SPID; quali saranno le tecnologie che verranno adottate e come queste si integreranno con il wallet europeo, di cui parliamo anche nell'interpellanza, che è una sfida importante, che, tra l'altro, ha una data, che è domani, cioè il 2025; come - perché ci sono soggetti che hanno già optato per SPID o CIE, quindi parliamo della carta d'identità elettronica - questa eventuale scelta del Governo potrà essere conciliata e conciliante e potrà inserirsi in percorsi che i comuni e i vari soggetti hanno già iniziato, a fronte di fondi che non sono nel PNRR, ma che sono stanziati, per cui le tecnologie sono già state scelte.

Quindi, l'interpellanza - e chiudo, Presidente - ci pone di fronte ad una scelta importante per tutto il Paese. L'Italia ha fatto passi in avanti. Ora, questo Governo vuole fare passi indietro?

Li vuole fare a danno dei cittadini? E perché, soprattutto? Perché noi, francamente, non troviamo una motivazione valida, e questo non lo dico solo io. Ci sono molti soggetti - e lei sicuramente lo sa - che sono rimasti molto stupiti da queste dichiarazioni e da questa scelta, che, se confermata, a noi risulta incomprensibile.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Alessio Butti, ha facoltà di rispondere.

ALESSIO BUTTI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La ringrazio, Presidente. Innanzitutto, ci tengo a ringraziare - e lo faccio sinceramente - gli interpellanti, per avermi fornito l'occasione di ritornare su un tema che personalmente giudico centrale e su cui tengo a rassicurare il Parlamento e tutti i cittadini dell'importanza che lo stesso riveste per l'intero Governo. Voglio anche sottolineare l'impegno profuso per garantire che l'identità digitale sia, per tutti i cittadini, non solo sicura, ma anche semplice da utilizzare e, soprattutto, accessibile.

Temo che l'identità digitale sia stata terreno di propaganda politica, che è certamente legittima (sia ben chiaro), ma, a tratti, è risultata infondata e che, a lungo andare, rischia anche di spaventare i cittadini e le imprese. A volte, forse, ci si innamora degli acronimi, anche dimenticandone il significato: SPID, ad esempio, sta per sistema pubblico di identità digitale e nessuno - mai, nessuno - ha ipotizzato di fare a meno di un sistema pubblico di identità digitale. L'identità digitale è indispensabile per poter usufruire dei servizi online della pubblica amministrazione e, quindi, gioca anche un ruolo fondamentale nel processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana, tanto più se consideriamo il fatto che molti sportelli impongono tempi di attesa dilatati nel tempo, a volte addirittura dell'ordine di alcuni mesi, al punto da invogliare il cittadino, oltre ogni misura - se non a obbligarlo -, a ricorrere al servizio online.

L'identità digitale deve essere innanzitutto sicura e semplice nella modalità d'uso, deve essere accessibile a tutti i cittadini, deve essere costruita secondo principi e regole certe. Si tratta di requisiti necessari, non eludibili, perché il loro rispetto contribuisce a favorire, anzi a garantire - aggiungo - la qualità dei servizi erogati online.

Ritengo doveroso, in questa sede, ricordare che, sin dal mio insediamento, ho manifestato la massima attenzione al tema dell'identità digitale, lavorando da subito, con AgID, alla proroga delle convenzioni, che, come tutti sappiamo, erano in scadenza il 31 dicembre. Le abbiamo prorogate fino al 23 aprile e lo saranno ulteriormente. La proroga, però, è stata solo il primo passo di un confronto continuo e costante - e quest'oggi sono in grado di dire anche molto proficuo - con tutti gli stakeholder e con i gestori dell'identità digitale, in particolare, teso sia a discutere le istanze, sino ad ora rimaste inascoltate dai miei predecessori, e a lavorare insieme alla costruzione di un modello futuro il più possibile condiviso.

Rispettando l'ordine delle questioni sollevate, tengo in primis a rassicurare gli interpellanti sul fatto che il Governo sta seguendo con attenzione le fasi di definizione del regolamento UE, confrontandosi con i principali stakeholder e assicurando una partecipazione attiva ai progetti pilota che sono stati lanciati, nel tempo, dalla Commissione europea. Il Dipartimento per la trasformazione digitale è impegnato su questi progetti pilota in qualità di coordinatore delle eccellenze del nostro sistema Paese.

Posso rassicurare gli interpellanti anche sulla circostanza, che certo non ci sfugge, dell'importanza che l'identità digitale riveste per la trasformazione sia del settore pubblico che, altrettanto certamente, di quello privato. Le attività in corso stanno garantendo a tutte le pubbliche amministrazioni di poter stabilire i propri servizi SPID e CIE mediante un accesso sempre più facile agli stessi. L'obiettivo è quello di valorizzare le esperienze e di addivenire a un sistema unico di identità digitale, come più volte dichiarato dal Governo. Come è noto, infatti, in Italia coesistono tre strumenti di identità digitale, nati in tempi diversi, per rispondere a esigenze diverse, che si fondano su tecnologie completamente diverse. Infatti, abbiamo la carta di identità elettronica, che è a controllo totale statale. Poi, abbiamo lo SPID, sistema pubblico di identità digitale, che è abbastanza semplice da usare e che sinora ha funzionato egregiamente, ma che ha controllo privato, cioè viene erogato attraverso una serie limitata di provider del servizio, abilitati certamente - e ci mancherebbe altro - dallo Stato all'erogazione delle credenziali di accesso. Infine, c'è la carta nazionale dei servizi, che il cittadino trova integrata sulla propria tessera sanitaria, ma che ha tassi di utilizzo bassissimi quale strumento di accesso ai servizi online. Lo Stato gioca, ovviamente, un ruolo fondamentale in tutti questi strumenti di identità digitale, perché è, innanzitutto, il regolatore di tali strumenti attraverso AgID, come già ricordato, è altresì, da un lato, gestore diretto, tramite il Poligrafico dello Stato, che produce la CIE, nonché, dall'altro, è accreditatore dei soggetti autorizzati al rilascio delle identità digitali SPID. Infine, lo Stato è anche finanziatore diretto della produzione della tessera sanitaria con CNS, attraverso l'Agenzia delle entrate, effettuata da Sogei.

Dal quadro sommariamente tracciato, appare evidente come sia necessario dare luogo a un serio processo di razionalizzazione del sistema di identità digitale, attraverso un unico strumento di accesso per tutti i servizi della pubblica amministrazione e per il servizio sanitario. Questo processo di razionalizzazione e di innovazione è irrinunciabile e deve essere capace di rispettare alcuni criteri che io giudico fondamentali. Il primo è il ruolo dello Stato, che deve, sempre e comunque, garantire l'identità digitale dei suoi cittadini. Il secondo è quello della centralità di un unico documento di identità digitale. Il terzo è la valorizzazione di quanto già realizzato (nessuno spegne nulla). Il successo diffusivo dei due sistemi principali sin qui adottati, CIE e SPID, nonché l'esperienza positiva maturata dai cittadini con l'utilizzo quotidiano di SPID, rappresenta un patrimonio su cui costruire ogni soluzione innovativa per il futuro, cosa che stiamo facendo puntualmente, con il consenso di tutti gli stakeholder. Il quarto, infine, è la capacità di innovazione dimostrata dall'intero ecosistema costruito attorno all'identità digitale.

L'Italia deve avere un unico sistema di identità digitale, che non è identità digitale nazionale, evidentemente, così come viene erroneamente denominata, perché l'identità digitale è una sola ed è valida a tutti i livelli territoriali, nazionali e internazionali. Questo processo di razionalizzazione non è certamente attuabile in tempi brevi, ma richiede gradualità di esecuzione, con la realizzazione di interventi sul piano tecnico, sul piano amministrativo e certamente sul piano giuridico. Sono in corso le attività per facilitare l'utilizzo della CIE anche in mobilità, grazie all'attivazione dei livelli 1 e 2 di sicurezza, come già offerto da SPID. Sarà semplificato il procedimento per la sua emissione, riducendo i tempi di attesa e i costi per i cittadini, garantendo il passaggio verso lo standard e-wallet in fase di formazione in ambito europeo.

L'obiettivo è chiaro: razionalizziamo le esperienze accumulate sin qui, facciamo convergere identità digitali attualmente rilasciate da identity provider, per lo più privati, e identità digitali rilasciate direttamente dallo Stato nell'ambito del progetto CIE, in un'unica soluzione di identità digitale destinata, a sua volta, a convergere nel cosiddetto EUDI Wallet, ovviamente non appena sarà possibile. Garantiamo soluzioni che mantengano la compatibilità con i sistemi di integrazione sviluppati con i service provider pubblici e privati, al fine di salvaguardare gli investimenti già realizzati. Nessuna sostituzione, quindi, ma semplicemente una transizione verso un sistema unico, che sappia valorizzare l'esperienza acquisita dai cittadini e la coniughi con le esigenze di un modello tecnologicamente più avanzato. Nessun rischio - tengo a ribadirlo - anche di sperpero di risorse pubbliche. Al contrario, con la nuova identità digitale perseguiamo la ferma volontà di evitare duplicazioni, che forse avrebbero potuto essere evitate fin dall'inizio, conseguiamo risparmi significativi per lo Stato, soddisfiamo la necessità di compiere una scelta definitiva tra sistemi apparentemente alternativi in un servizio che acquista ogni giorno un'importanza maggiore e di cui tutti i cittadini, a parità di condizioni di ingresso e di utilizzo, devono fruire quotidianamente.

PRESIDENTE. La deputata Appendino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

CHIARA APPENDINO (M5S). Grazie, Presidente. Non mi ritengo soddisfatta, per il semplice motivo che credo che ci sia ancora un percorso lungo su cui c'è la necessità di confrontarsi.

Mi ritengo, in parte, soddisfatta, perché mi sembra che ci un passo indietro rispetto alle dichiarazioni che - lo ribadisco - sono state improvvide. A me sembra di avere capito che questo Governo ha fatto bene a prorogare le convenzioni in essere, anche perché non farlo sarebbe stato folle, avrebbe creato un danno, ci mancherebbe. Probabilmente, saremmo stati qui a discutere di questo tema ben prima.

Quindi, bene, mi sembra di capire che, in realtà, quelle dichiarazioni le abbiamo archiviate, probabilmente era qualcosa quasi da campagna elettorale, in una sede di partito. Qui in Aula diciamo - è bene, se è così - che CIE, SPID e CNS (quindi, i 3 strumenti che già esistono), verranno tutti e 3 mantenuti e saranno tutti e 3 strumenti di passaggio alla strategia europea, che mi sembra che il Governo stia condividendo, e cioè il famoso wallet, che dovrà essere attuato entro il 2025.

Se questa è la strada, mi sembra sia quella che aveva già improntato il Governo precedente, su cui tutti i soggetti, pubblici e privati, si stanno allineando e su cui, sicuramente, c'è ancora tantissimo lavoro da fare con gli stakeholder. Fate bene, quindi. Continuate a confrontarvi. Tutto ciò ci porterà in quella direzione. Quindi, non ci sarà un cambiamento di linea.

Allora, se non ci sarà un cambiamento di linea, le dico che sono soddisfatta. Le dico una cosa in più e poi chiudo. Mi ha molto preoccupato il dibattito che c'è stato, che, in parte, in realtà, ho percepito anche oggi dalle sue parole, in base al quale si vogliono mettere SPID e CIE sullo stesso piano. Se esaminiamo la questione in modo esterno e superficiale, è vero che i numeri sono simili, cioè, in base agli ultimi dati, circa 33 milioni di utenti usano lo SPID e circa 32,6 milioni di soggetti usano la carta d'identità elettronica. Quindi si potrebbe dire che i numeri sono gli stessi, però attenzione. Lei sa benissimo, perché conosce questo tema meglio di me, che, se andiamo a vedere gli accessi e gli utilizzi, non c'è paragone. Un miliardo di accessi e di utilizzi dello Spid, contro 21 milioni della carta d'identità elettronica. Questo, perché lo SPID (lo sa bene chi ha una competenza digitale; oggi, parliamo di questo tema, ma sappiamo che il mondo fuori ha difficoltà a comprendere che cosa sia lo SPID, di cui magari parleremo in un'altra sede) ha un'accessibilità più semplice. Inoltre, il suo utilizzo è gratuito, invece, la carta d'identità elettronica costa 16 euro. Infine, non c'è la questione dei tempi. Lei parlava degli sportelli, ma sa benissimo che la questione degli sportelli è collegata soprattutto alla carta d'identità elettronica.

Il passaggio (l'ho vissuto da ex sindaca) dalla carta d'identità cartacea a quella elettronica ha creato una serie di difficoltà, come spesso accade nei grandi cambiamenti, che ancora oggi non è del tutto smaltita, a livello comunale, quando viene erogata la carta d'identità.

Da parte nostra, ci sarà un'attenzione nell'interesse collettivo, di non disperdere questo patrimonio enorme di passi in avanti che è stato fatto, sia dell'utente, sia della rete.

Torno su un'ultima questione. Lo SPID è federato, c'è pubblico e privato insieme, lo sa benissimo. Quindi, è uno strumento federato. Il fatto che sia uno strumento federato è, in realtà, un fatto positivo, che permette di inserirsi in molte realtà e in molti servizi del nostro Paese. Quindi, lo vedo come un valore aggiunto, non come qualcosa di negativo.

Al netto di questo - chiudo davvero -, andremo a monitorare e a seguire, con interesse, quello che farà questo Governo nel passaggio verso il wallet. Inoltre, apprendo, e sono contenta (credo che, a questo punto, possiamo tranquillizzare rispetto a tutte le dichiarazioni che sono uscite e a quello che è stato fatto), che non ci sarà un passo indietro su SPID; i 3 strumenti andranno avanti in parallelo verso il wallet. Infine, bene i progetti pilota. Credo che i progetti pilota saranno da valutare e vedere, anche perché, lei me lo insegna, l'innovazione tecnologica e gli strumenti digitali ormai vanno a una velocità talmente grande, che, spesso, si fa fatica a stargli dietro.

Quindi, è chiaro che un Governo - e qua andiamo anche al di fuori del tema specifico dello SPID e della carta di identità elettronica - che vuole investire sulla digitalizzazione e sull'innovazione tecnologica, deve essere veloce e soprattutto capace di cavalcare questi cambiamenti, che, come ben sappiamo, sono difficili e rischiosi. Credo che, esattamente come per la transizione ecologica, anche la transizione digitale sia un'enorme opportunità, che, anziché, subire, dovremmo governare, tenendo sempre presente che ci sono rischi e anche costi.

Ma dobbiamo massimizzare le opportunità, che significa cercare di migliorare i servizi per i cittadini, e gestire le esternalità negative, che esistono. Credo che il Governo debba fare questo e sono sicura che ci confronteremo ancora sulla questione.

(Chiarimenti in merito alla gestione commissariale di Sogin e intendimenti circa il rinnovo del vertice aziendale - n. 2-00089)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Antoniozzi e Foti n. 2-00089 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Antoniozzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Sì, grazie, signor Presidente. Ringrazio il Sottosegretario per la presenza. Intanto, c'è una questione pregiudiziale. Ritenevo che questa interpellanza fosse valutata, forse lo sarà, anche dal Ministero dell'Ambiente, perché si riferisce a questioni legate alla società Sogin, della quale il Ministero dell'Ambiente ha il controllo e l'indirizzo. Ritengo che, naturalmente, il frutto di questa interpellanza e della relativa risposta possa essere poi conosciuto anche dal Ministero competente.

Signor Sottosegretario, l'importanza dell'interpellanza che le abbiamo rivolto sulla Sogin, la società di Stato che ha il compito di smantellare gli impianti nucleari italiani e mettere in sicurezza il nostro Paese, è pari all'importanza che quest'azienda ha nel panorama industriale italiano.

Molti non conoscono la Sogin. Si tratta di un'azienda con altissime competenze interne, impegnata nella più grande bonifica ambientale d'Italia, la bonifica del nucleare. La Sogin ha il compito di concludere e chiudere il ciclo industriale della produzione di energia da nucleare e di dimostrare che il nostro Paese è in grado di dominare e gestire l'intero processo, dalla culla alla tomba.

Solo un Paese che è in grado di fare questo, può mantenere viva la possibilità di riaprire l'industria nucleare, e questo a prescindere dal fatto che si faccia o meno. È una possibilità che abbiamo il dovere di mantenere viva, un'opportunità per il futuro, che potrebbe regalarci, con il lavoro, l'innovazione e l'impegno di tutti, anche il nucleare da fusione o, magari, un nucleare da fissione più evoluto e sicuro rispetto alle tecnologie attuali. Lo dobbiamo ai nostri figli, al nostro Paese, alla nostra industria.

Questa attività rappresenta una grande opportunità, ma anche un costo che grava sulle tasche dei cittadini, ed è per questo che dobbiamo vigilare sulla sua gestione e lo dobbiamo fare in modo attento e costante.

Il precedente Governo ha scelto di commissariare l'azienda a giugno del 2022. Il decreto è stato firmato negli stessi minuti in cui il precedente Presidente del Consiglio annunciava la sua volontà di dimettersi, e poche settimane dopo, ci sarebbe stata la scadenza naturale del consiglio di amministrazione dell'azienda.

Il commissariamento è stato deciso con necessità ed urgenza, che consiste nell'accelerare il decommissioning, far avanzare le procedure per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e gestire le materie nucleari detenute all'estero. Oltre a questi obiettivi strategici, sono stati dati anche obiettivi di ordinaria amministrazione, particolarmente delicati anch'essi e da non sottovalutare, se si pensa che il commissariamento è avvenuto dopo l'approvazione del progetto di bilancio dell'esercizio 2021, ma prima dell'approvazione dello stesso da parte dell'azionista, il MEF.

Un bilancio, è bene ricordarlo da subito, che si è concluso con una perdita di 10 milioni di euro a seguito di una serie di scelte aziendali che avrebbero meritato una seria e minuziosa verifica, attività sulla quale chiediamo ragione ai Ministeri competenti.

Le modalità con cui l'azienda è stata commissariata non sono quelle ordinarie. Il testo del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, recita: il consiglio di amministrazione di Sogin Spa decade alla data di entrata in vigore del presente decreto. Non si applica l'articolo 2383, comma3, del codice civile, ovvero il decreto impedisce la rieleggibilità degli amministratori di Sogin e della controllata Nucleco.

Sarebbe dovuto bastare questo fatto per far capire al commissario nominato e ai suoi due vice la gravità degli atti che avrebbero dovuto controllare. Invece, a poche settimane dall'insediamento dei commissari, ci siamo trovati il vecchio amministratore delegato – che, essendo anche un dirigente della stessa Sogin, era rientrato nei ranghi - al coordinamento dell'accelerazione del decommissioning, se non altro assieme ad un'altra dirigente interna.

Per la precisione, i commissari hanno nominato una cosiddetta task force con il compito di proporre al commissario, sulla base dei driver di accelerazione definiti dall'organo commissariale, l'implementazione di azioni continue di miglioramento, al fine del raggiungimento degli obiettivi di anticipazione del rilascio dei siti.

Oltre a questo, la task force ha il compito di elaborare le necessarie misure correttive e i piani di recupero da sottoporre all'organo commissariale, monitorando i progressi e le difficoltà dei siti, analizzando le criticità operative e fungendo da raccordo tra i medesimi siti, le strutture societarie e l'organo commissariale.

In pratica, all'ex amministratore delegato commissariato è stato attribuito un vero e proprio ruolo di direttore generale che, signor Sottosegretario, non ci si aspetta possa essere affidato a chi sia stato così palesemente escluso da un rinnovo addirittura in forza di un decreto-legge. Qui, signor Sottosegretario, si deve registrare un vero e proprio tradimento dello spirito del decreto-legge.

Come se non bastasse, i commissari hanno confermato quasi tutti i ruoli dirigenziali dello staff del precedente amministratore delegato. È stato confermato il direttore della funzione “procurement & contract” che assomma su di sé anche la carica di direttore del legale e societario; lo stesso dipendente, nel 2021, era a capo di una task force che ha eseguito indagini interne, oggi sconfessate dalla magistratura. È stato confermato il direttore di amministrazione e finanza, cofirmatario del bilancio del 2021, sul quale chiediamo, signor Sottosegretario, quali verifiche siano state effettuate dai commissari prima dell'approvazione a novembre 2022, vista la grave perdita a bilancio di 10 milioni di euro.

È stato confermato il direttore della divisione regolatorio e affari istituzionali, sullo stesso ruolo da dieci anni, senza mai nessun avvicendamento o rotazione, interfaccia a tutto il 2021 e, comunque, da dieci anni, di ARERA, l'Autorità di regolazione che ha il compito di approvare, riconoscere o rifiutare i costi sostenuti da Sogin.

Nessun cambiamento apprezzabile, quindi, ma la conferma della gestione precedente. Per cui, come dire, da un lato, il Governo commissaria una società - e il commissariamento per fatti urgenti è sicuramente un fatto grave -, dall'altro, colui che è stato commissariato viene ripreso nella posizione, anzi viene innalzato a una posizione ancora più strategica. Qui, delle due l'una: o non si doveva commissariare, perché aveva tutte le capacità e le facoltà di poter gestire l'azienda, oppure, i commissari hanno fatto qualcosa di sbagliato. Quindi, nessun cambiamento apprezzabile.

Oltre al decreto di commissariamento, i commissari hanno avuto a disposizione molti dati, prima di accettare l'incarico, e contiamo che siano bene informati, perché le informazioni di cui parliamo erano tutte di pubblico dominio: l'Espresso del 30 maggio 2022 riportava l'esistenza di tre indagini penali di cui le due più importanti sono, una, per reati contro la pubblica amministrazione, che coinvolge anche la controllata Nucleco, per contratti con un'azienda slovacca, la Javys, e un'altra per corruzione. Già l'anno prima, Eurocomunicazione, organo di informazione in lingua italiana con sede a Bruxelles, in forma di think tank, con un'inchiesta giornalistica in più articoli, cui seguirono interrogazioni parlamentari e un esposto del Codacons, metteva in evidenza i rapporti poco chiari tra Sogin, Nucleco e Javys.

Tutte queste attività sono ancora - ci risulta - al vaglio della magistratura. Sarebbe, tuttavia, corretto cominciare ad avere anche spiegazioni interne, che però non si possono sempre chiedere alle stesse persone che sono state coinvolte o a chi è fortemente collegato a queste persone da pluriennali legami personali e di lavoro, promozioni lampo, legami di lealtà o altro. Ma, a questo punto, non si possono nemmeno più chiedere a chi - mi riferisco agli attuali commissari - ha già dimostrato di voler confermare e approvare l'operato dei manager in questione.

Abbiamo bisogno di un cambio di passo. Signor Sottosegretario, riteniamo che sia necessario e doveroso rileggere attentamente gli atti degli ultimi tre anni durante i quali sono state fatte verifiche interne ed esterne, ma - ci sembra - sempre con un'unica chiave di lettura ed un insieme di temi definito internamente, e che forse va valutato in altre direzioni, quasi a voler offuscare il vero nocciolo delle questioni.

I fatti, in estrema sintesi: nel 2020, a seguito di due interrogazioni parlamentari degli onorevoli Battistoni e Cirielli, che chiedono giustificazioni sui costi sostenuti dall'azienda nel 2015 per la comunicazione del deposito nazionale dei rifiuti nucleari, l'azienda dispone un audit interno da parte di una società di revisione. Tale audit non porta a segnalazioni di irregolarità, ma genera solo consigli di natura gestionale. L'azienda prosegue tuttavia nelle proprie verifiche interne che portano, un anno dopo, ad aprile 2021, contemporaneamente all'uscita dell'inchiesta giornalistica su Javys, a denunciare il mancato ritrovamento di alcuni documenti di gara. Su questo punto si costruisce una dinamica che ha dell'incredibile: si generano rapporti interni finalizzati al perseguimento dei dirigenti che portano al licenziamento, a febbraio 2022, di quattro di essi e, sulla base degli stessi rapporti e di parallele attività di verifica di ARERA e della Guardia di finanza, nel 2022, si decide di non richiedere alla stessa ARERA il riconoscimento di costi per svariati milioni di euro, generando una perdita di bilancio di 10 milioni, come detto precedentemente.

Dobbiamo rimarcare questo punto, signor Sottosegretario: generare la perdita è stata una decisione aziendale, per quanto si tenti di poggiarla su una lettera di un dirigente di ARERA che, non avendo emesso in quel momento alcuna deliberazione, contro la quale eventualmente ricorrere, non aveva assolutamente il potere né di riconoscere né di non riconoscere quei costi. La precedente amministrazione ha deciso di generare la perdita e, al contempo, di negare a se stessa qualsiasi azione di recupero.

Oltre alle perdite di bilancio, l'incauto licenziamento dei quattro dirigenti ha già generato un ulteriore costo di circa 630.000 euro, oltre a penali e interessi, visto che l'attuale amministrazione commissariale avrebbe deciso di non osservare l'ordinanza del giudice del lavoro del tribunale di Roma che ha già condannato l'azienda, ritenendo irrilevanti i rilievi mossi al dirigente in questione.

Su questo preciso argomento vanno rilevati altri punti. Ciò che è stato ritenuto irrilevante dal giudice sono gli stessi rilievi e argomenti utilizzati dalla precedente amministrazione per decidere di far andare in perdita la società. L'attuale amministrazione si erge a giudice dell'ordinanza di un giudice vero e non la esegue. Su questo punto, signor Sottosegretario, crediamo che valga la pena di fare delle profonde riflessioni, come pure si dovrebbero fare profonde riflessioni sull'inerzia decennale di ARERA e su controlli su base decennale che, salvo amministrazioni con atteggiamento totalmente passivo, come quella qui in oggetto, portano inevitabilmente a gravi contestazioni e spreco di denaro pubblico.

Gli incastri qui descritti sembrano portare a una sorta di “tutto si tiene”, cioè ad un percorso narrativo che, per non contraddire scelte passate, deve necessariamente proseguire sulla stessa linea, senza possibilità di correggersi. Questo è pericoloso, signor Sottosegretario, soprattutto in considerazione del fatto che lo spirito che porta al commissariamento di un'azienda risiede proprio nell'intenzione di verificare e correggere storture passate; qui, al contrario, si prosegue con le stesse persone e sulla stessa linea passata.

Vorrei citarle brevemente due fatti, signor Sottosegretario, ma sono quasi certo che anche l'azienda glieli ha segnalati, almeno il primo, ovviamente, con una diversa luce. Il primo è la delibera di Anac n. 62 del 2023 sullo smarrimento di quelle offerte tecniche del 2015. La stazione appaltante ha mostrato di ben cogliere la centralità dell'offerta tecnica che integra l'oggetto contrattuale e costituisce parametro di riferimento per la valutazione dell'esatta esecuzione delle prestazioni pattuite, nonché la gravità della sua assenza, che potrebbe comportare la nullità…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Concludo, Presidente. In conclusione, signor Sottosegretario, siamo qui a chiedere la verifica delle attività amministrative e delle scelte del precedente consiglio di amministrazione che hanno portato alla perdita di bilancio di 10 milioni di euro, ma anche della presente gestione commissariale, che, da quanto ci risulta, non sta portando affatto ad un'accelerazione del decommissioning e a miglioramenti nella gestione corrente.

PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Lucia Albano, ha facoltà di rispondere.

LUCIA ALBANO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, signor Presidente. Colleghi, con riferimento ai quesiti posti dagli onorevoli interpellanti e, in particolare, per quanto riguarda le vicende che hanno condotto al licenziamento di 4 dirigenti della Società gestione impianti nucleari per azioni Sogin, acquisite le informazioni dalle strutture competenti, si evidenzia che tali provvedimenti sono stati adottati a conclusione di un lungo, articolato e approfondito procedimento di verifica, avviato per ricostruire i processi decisionali, controllare atti e provvedimenti, accertare fatti e comportamenti tenuti nel periodo 2013-2016, nonché i costi sostenuti per l'avvio e la realizzazione della campagna di informazione nazionale in materia di produzione di energia elettrica da fonte nucleare, relativa in particolare alla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Da tale verifica, svolta da Sogin in particolare dal luglio 2020, con il supporto di una società di consulenza esterna, Ernst & Young, emergevano numerose criticità. Era risultato, tra l'altro, che tale campagna di comunicazione non era stata approvata dal CdA prima del suo avvio ed era stata implementata nonostante non fosse stato rilasciato il nulla osta alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale. Nella quasi totalità dei casi esaminati, inoltre, le specifiche d'ordine di attivazione dei contratti quadro e i contratti degli affidamenti diretti per le attività pubblicitarie erano stati perfezionati successivamente all'esecuzione delle attività o anche dopo la sospensione della campagna informativa sui media. Successivamente, a gennaio 2021, l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, ARERA, che provvede a garantire copertura dei costi inerenti alle attività istituzionali di Sogin, avvia la procedura per il riconoscimento dei costi del deposito nazionale, avvalendosi del nucleo speciale beni e servizi della Guardia di finanza, disponendo anche l'effettuazione di una verifica ispettiva, sempre in collaborazione con il nucleo speciale beni e servizi della Guardia di finanza. Poiché già delle prime risultanze di tale ispezione emergeva che tutti i contratti esaminati, scelti a campione, presentavano rilievi relativamente alla fase dell'affidamento o a quella dell'esecuzione, l'Autorità chiedeva a Sogin che l'istanza di rimborso delle spese sostenute afferenti al deposito nazionale fosse accompagnata da una relazione di un soggetto terzo e indipendente, volto alla verifica sistematica del pieno rispetto delle prescrizioni del codice dei contratti pubblici. Il verificatore esterno, nuovamente Ernst & Young, ha controllato tutti i contratti relativi al deposito affidati dal 2010 al 2020 (216 contratti), rilevando vizi di legittimità per 160 di essi, ivi compresi i contratti della comunicazione istituzionale del 2015. Sogin ha pertanto potuto chiedere l'integrale rimborso ad ARERA solo per i contratti risultati legittimi e regolari, procedendo a chiedere il recupero parziale di altri non pienamente rispondenti ai canoni di legge. A dicembre 2021 venivano conseguentemente avviati procedimenti disciplinari nei confronti di 8 dipendenti, all'esito dei quali il consiglio di amministrazione, confortato anche da un parere legale pro veritate contestava loro la responsabilità per i danni sofferti, in relazione alla condotta negligente assunta in occasione delle procedure di gara contestate. Occorre segnalare altresì, oltre all'istruttoria avviata nel gennaio 2021 da ARERA, che nel mese di febbraio 2021 è stato avviato dall'Anac un procedimento di vigilanza sull'attività contrattuale di Sogin Spa, riguardante il medesimo periodo e lo stesso ambito di fattispecie. Lo scorso 8 marzo 2023, come ricordato, Anac ha notificato a Sogin la definizione del procedimento, con la delibera n. 62 del 2023, muovendo numerosi rilievi relativi alla fase di gara e a quella di esecuzione di più contratti stipulati in passato dalla società, evidenziando il mancato rispetto dei principi concorrenziali nel caso degli affidamenti dei servizi comunicativi e pubblicitari, la carenza di adeguata documentazione, a comprova della regolarità delle prestazioni eseguite, e la mancata osservanza delle norme in materia di conflitto di interessi. Nel contempo, Anac ha preso atto favorevolmente delle misure di self cleaning in materia di appalti che Sogin ha adottato successivamente all'emersione delle criticità oggetto di censura.

Per quanto attiene all'ordinanza del tribunale del lavoro, a seguito del ricorso dell'ex dirigente, Luca Cittadini, richiamata dagli interpellanti, si deve porre in risalto che la stessa ha sancito l'assenza, nella condotta della società, di un intento ritorsivo, specificamente indirizzato nei confronti del medesimo e non ne ha riammesso il reintegro in servizio. Nell'ordinanza viene osservato che i licenziamenti dei dirigenti appaiono espressivi della volontà di censurare la condotta tenuta da tutti coloro che ebbero ruoli importanti nella passata gestione degli appalti per l'ambito del deposito nazionale e constatata l'insussistenza di ogni presunta disparità di trattamento nell'iter istruttorio seguito per le contestazioni disciplinari. L'ordinanza prende atto della circostanza che ARERA non ha riconosciuto i costi dei contratti di acquisto degli spazi pubblicitari, rilevando che l'intera procedura di aggiudicazione dell'accordo quadro dell'appalto presentava gravi criticità. Anche l'avvio della campagna di informazione 2015 è imprudentemente avvenuto in assenza di una formale delibera del CdA pro tempore e senza attendere il nulla osta alla proposta di CNAPI. Ciò posto, assunto che l'ordinanza ha esitato la fase del giudizio, cosiddetto a cognizione semplificata, che la legge prevede possa essere eseguita a seguito di opposizione da una fase di approfondita revisione, cosiddetta a cognizione piena, Sogin ha depositato, nei termini, presso il tribunale di Roma ricorso in opposizione all'ordinanza.

Relativamente alle varie verifiche effettuate dall'organo commissariale sul progetto di bilancio approvato prima del suo insediamento, si segnala che il progetto di bilancio di esercizio Sogin 2021 è stato approvato il 30 maggio 2022 e sia la relazione del dirigente preposto al bilancio di esercizio 2021 che quella della società di revisione non contengono alcun rilievo, così come non vi sono rilievi nella relazione del collegio sindacale.

PRESIDENTE. Il deputato Antoniozzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Grazie, signor Sottosegretario. Intanto la ringrazio, per la sua risposta. Evidentemente, gli elementi che hanno costruito la sua risposta sono stati forniti da coloro che, in qualche misura, io ritengo responsabili di quanto sta accadendo in Sogin e, quindi, non potevano che avere questa caratteristica.

Io credo sia necessario che questo Parlamento apra finalmente una questione Sogin. Mi auguro che si vada rapidamente alla costituzione dei nuovi organi societari e che termini questa situazione, che si è protratta nel tempo, una sorta di palude nella quale non si comprende bene quale ruolo giochino gli attori. Ecco, io dichiaro soddisfazione per l'attenzione che il Governo ha avuto in questa risposta, ma resta in piedi tutta la questione Sogin. Rinuncio a rispondere puntualmente a tutti gli argomenti, perché mi auguro che vi sia realmente una volontà del Governo di entrare, in maniera profonda, e di affondare il bisturi su quanto avviene in Sogin, che è collegato a quanto poi, nel panorama internazionale, le questioni legate al nucleare, all'energia e al ruolo del nostro Paese possono pesare. Si tratta, quindi, di dare a Sogin un mandato finalmente chiaro, con persone e con capacità che possano rispondere a queste esigenze.

Io anticipo, nel ringraziarla ancora, che non sarebbe sbagliato che il Parlamento aprisse una sorta di indagine conoscitiva sui fatti accaduti, perché non si ripetano più e perché si proceda con una andatura diversa e con personaggi diversi. Quindi, nel ringraziarla, mi dichiaro soddisfatto che il Governo abbia posto questa attenzione, ma naturalmente Parlamento e Governo dovranno mantenere una guardia molto alta rispetto al compito di Sogin.

(Intendimenti ed iniziative circa il superamento dei sussidi pubblici al comparto dei combustibili fossili, alla luce degli impegni presi dall'Italia alla Conferenza sul clima Cop26 e con particolare riferimento agli investimenti di Sace all'estero - n. 2-00114)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bonelli ed altri n. 2-00114 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Bonelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, signor Presidente. Signora rappresentante del Governo, il 20 marzo scorso il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) ha pubblicato la sintesi del suo sesto rapporto sulla crisi climatica, dove l'Italia viene indicata tra i Paesi più vulnerabili alle conseguenze degli sconvolgimenti climatici. Durante la conferenza sul clima di Glasgow (COP26), 34 Paesi, tra cui l'Italia, e 5 istituzioni finanziarie pubbliche avevano firmato un accordo che li impegnava a terminare gli investimenti pubblici internazionali nei combustibili fossili entro la fine del 2023. Le strategie fin qui adottate dall'Italia continuano però a confermarsi tra le meno coerenti e rispettose degli impegni presi alla COP26. Purtroppo, il sistema Italia continua a basarsi sul triangolo tra finanza privata, industria fossile e finanza pubblica. Il Governo italiano e la sua Agenzia di credito all'esportazione, SACE, come si legge in un documento pubblicato dall'associazione ReCommon, l'associazione che promuove campagne e iniziative per sottrarre le risorse naturali alla finanza e al mercato, si rimangiano di fatto gli impegni presi alla COP26, continuando a finanziare progetti di carbone, petrolio e gas all'estero almeno fino al 2028. I progetti in fase di valutazione, se realizzati, produrrebbero 3,5 volte le emissioni di CO2 annuali dell'Italia, per un totale di 1,2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Vale la pena ricordare che SACE si colloca al primo posto in Europa tra i finanziatori pubblici dell'industria fossile. Tra il 2016 e il 2021 SACE ha emesso garanzie per i settori del petrolio e del gas pari a 13,7 miliardi di euro. La strategia italiana prevede l'abbandono del supporto alla filiera del carbone a partire dal maggio del 2021, mentre l'interruzione graduale dei finanziamenti al settore del petrolio è prevista entro il 2024. Ma per il gas il programma è molto diverso. La priorità nel phase-out è stata data alla generazione di energia attraverso i combustibili fossili e alla catena di valore del petrolio. Le altre fasi della filiera del gas saranno gradualmente dismesse alla luce del ruolo che il combustibile può svolgere nella transizione. Grazie a queste eccezioni, SACE può giustificare il suo supporto al settore del gas. Il finanziamento a progetti di centrali elettriche a metano continuerà fino al 2023, mentre l'esplorazione e l'estrazione saranno supportate fino al 2026. Per i progetti di trasporto e stoccaggio, invece, la data ultima non è proprio menzionata perché deve essere ancora definita. Una formula, questa, che sembra voler dire “per sempre”. Come ricorda un articolo del quotidiano Domani del 23 marzo scorso, sembra che questa politica sia un regalo alle multinazionali energetiche e alle istituzioni finanziarie, a cui il Governo italiano fa da sponda per trasformare l'Italia in un hub mediterraneo del gas per rivendere il gas in Europa, non per necessità interne al tessuto produttivo italiano. Giova sottolineare che il presidente del consiglio di amministrazione di SACE è il dottor Filippo Giansante, che è anche membro del consiglio di amministrazione dell'ENI. Peraltro, ENI ha già ricevuto la garanzia di SACE per Coral South, il progetto avviato da ENI per lo sviluppo delle risorse di gas scoperte al largo del Mozambico.

Chiedo quindi al Governo se non ritenga che l'azione del Governo e della SACE di conferma dei sussidi pubblici al comparto fossile contrasti palesemente con gli impegni presi in sede di COP26; se non intenda avviare le necessarie iniziative per interrompere gli investimenti pubblici e le garanzie SACE per progetti esteri legati all'estrazione e al trasporto di combustibili fossili; se non ravvisi un potenziale conflitto di interessi laddove il presidente del consiglio di amministrazione di SACE è anche membro del consiglio di amministrazione dell'ENI, a cui SACE dà garanzie assicurative e quindi economiche estremamente importanti.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Lucia Albano, ha facoltà di rispondere.

LUCIA ALBANO, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie signor Presidente. Saluto il collega. In ottemperanza agli impegni internazionali assunti dall'Italia a favore dell'introduzione di incentivi per le operazioni “verdi” e della sospensione del supporto pubblico al settore dei combustibili fossili a partire dal 2023, in particolare nell'ambito della produzione di energia, SACE Spa ha predisposto, nel corso del 2022, la propria policy sui cambiamenti climatici. In particolare, tali impegni si concretizzano nell'ambito della Dichiarazione sul supporto pubblico internazionale alla transizione verso un'energia pulita, che è stato sottoscritta nell'ambito della COP26 e in seno alla coalizione Export finance for future, iniziativa in cui l'Italia ha aderito nel novembre 2021 e che comprende 10 Paesi, che riconosce il ruolo del sostegno finanziario pubblico alle esportazioni nel promuovere la transizione verso progetti e investimenti compatibili con gli obiettivi dell'accordo di Parigi. La policy di SACE, pertanto, prevede l'introduzione di incentivi per operazioni “verdi” nell'ambito di crediti all'esportazione, al fine di facilitare il sostegno alla transizione ecologica. L'introduzione di incentivi ha l'obiettivo di incrementare nuovi impegni in operazioni di export sostenibili, rendendo più competitiva l'offerta finanziaria per il supporto di progetti con impatto positivo sul clima, in modo da compensare in parte la riduzione delle operazioni in settori non più ammissibili. Parallelamente, pertanto, SACE realizzerà iniziative per accompagnare le aziende nel percorso della transizione energetica. Fra queste iniziative si annoverano eventi di business matching per facilitare l'incontro tra fornitori italiani e acquirenti esteri alla ricerca di tecnologie di qualità; ancora, maggiore flessibilità nella copertura del contenuto di Paesi terzi, facilitando così la partecipazione di aziende italiane a progetti internazionali verdi.

È altresì prevista la collaborazione con agenzie di credito all'esportazione di altri Paesi per cooperare congiuntamente in settori specifici ed aumentare la componente italiana nei progetti. Inoltre, è in previsione il rilascio di garanzie per progetti sul territorio nazionale finalizzati ad agevolare la transizione verso un'economia a minor impatto ambientale e, infine, una diffusa attività di formazione.

In sintesi, SACE opera a monte attraverso la valutazione dei potenziali impatti ambientali dei progetti realizzati all'estero, anche sulla base del rispetto delle regole e dei principi contenuti nelle raccomandazioni dell'OCSE concernente gli approcci alle misure di supporto ai crediti all'esportazione. Nel quadro della propria policy, SACE, in linea con i contenuti specifici della dichiarazione nell'ambito della COP26, ha identificato un percorso per la graduale interruzione del supporto pubblico ai combustibili fossili, eliminando sin da subito quello ai progetti concernenti il carbone e ai progetti relativi al gas e al petrolio che contemplano l'utilizzo della pratica del fracking. Fra i criteri principali su cui si basano le linee guida di condotta di SACE, pertanto, si evidenziano la differenziazione tra i vettori gas e petrolio nella tempistica del graduale abbandono del supporto pubblico, la considerazione delle diverse fasi della catena di valore del settore approvvigionamento trasporto e distribuzione nonché il Paese di destinazione dell'esportazione italiana. Per quanto riguarda il settore del carbone termico, il divieto di supporto a progetti in tale settore è già stato introdotto dalle principali agenzie di credito all'esportazione, inclusa SACE, ed è stato riconosciuto anche a livello OCSE, con la riforma dell'accordo settoriale sulle centrali a carbone.

Il percorso delineato nella nuova policy individua le attività da dismettere nel corso dei prossimi 10 anni, nonché le condizioni per valutare l'eventuale ammissibilità di progetti esclusi dal supporto, ma che rivestono un ruolo strategico dal punto di vista della sicurezza energetica ed economica nazionale.

A tale ultimo proposito, va rilevato come, già nel novembre 2021, la crisi energetica stesse compromettendo i mercati dell'energia a causa di molteplici fattori, tra cui la straordinariamente rapida ripresa economica post COVID. A seguito dell'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 22, tuttavia, la situazione è degenerata in una vera e propria crisi energetica.

Pertanto, al fine di mantenere elevati livelli di adeguatezza e sicurezza del sistema energetico nazionale, congiuntamente alle misure volte alla progressiva decarbonizzazione del sistema, nell'ambito della politica energetica nazionale, si rende, altresì, necessaria l'attenta valutazione di quei progetti che ottimizzino ed incrementino l'utilizzo delle infrastrutture per il gas, per diversificare le fonti di approvvigionamento, anche nel solco del Piano REPowerEU della Commissione europea.

Pertanto, appare evidente che, quanto rappresentato, delinea profili di conformità con gli impegni presi nell'ambito della COP 26, i quali concernono, principalmente, l'accelerazione del progetto di phasing out dall'utilizzo del carbone per la generazione elettrica, con particolare riferimento alla tipologia che non contempla sistemi di abbattimento di CO2, su cui, peraltro, è orientata l'azione, sia del Governo, sia della Sace, e, per quanto riguarda quest'ultima, attraverso un cronoprogramma ispirato ad un graduale approccio di dismissione delle diverse fonti fossili, in linea con le indicazioni dell'Unione europea riguardo al ruolo che il gas naturale può assumere nel processo di transizione e con i relativi criteri di vaglio tecnico, nell'ambito del sistema di classificazione UE degli investimenti considerati sostenibili.

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, signor Presidente. Signora rappresentante del Governo, non sono assolutamente soddisfatto. Il Governo non ha risposto, tra l'altro, alla questione che riguarda il Presidente del CDA di Sace. Gradirei capire la ragione - mi rivolgo anche al signor Presidente che, in questo momento, presiede la Camera - per la quale il Governo ha deciso di non rispondermi riguardo a un conflitto che per noi è abbastanza palese, ovvero il presidente del CDA di Sace è anche membro del consiglio di amministrazione di ENI, ovvero chi deve dare le garanzie economiche è anche il soggetto che poi deve ricevere queste garanzie economiche.

Mi rivolgo, quindi, al Presidente della Camera, affinché faccia presente al Governo che, quando un parlamentare fa una domanda, non è un atto di cortesia, ma è dovere da parte del Governo rispondere.

Ribadiamo che questo è un problema molto serio, c'è un conflitto, per noi abbastanza palese, in quanto chi ha il ruolo di erogare garanzie economiche, nello stesso tempo, siede nel consiglio di amministrazione di chi deve ricevere quelle garanzie economiche. È una scelta politica grave che dimostra evidentemente che il problema esiste.

Per quanto riguarda, invece, il tema che ho sollevato, l'intervento della rappresentante del Governo conferma che l'Italia non sta rispettando gli impegni che ha sottoscritto a Glasgow alla COP 26, ovvero terminare di finanziare, con investimenti pubblici, anche internazionali, i combustibili fossili entro il 2023. Tutti i progetti che Sace sta finanziando, infatti, vanno ben oltre. Apprendo dalla rappresentante del Governo, tra l'altro, che ci sarebbe una politica energetica nazionale. Vorrei capire quando e in che luogo sia stata decisa la politica energetica nazionale. Mi rifaccio all'unico strumento che esiste, che è il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, approvato e inviato all'Unione europea nel 2018-19, che adesso è oggetto di riadeguamento entro il 30 giugno 2023. Allora, nel Governo, chi ha deciso una politica energetica, senza che il Parlamento italiano sapesse?

A questo punto, si confermano le nostre profonde preoccupazioni, ovvero che c'è un altro organismo che decide la politica energetica dell'Italia in assenza di una direzione. E questo si trova ad un indirizzo preciso, a piazza Mattei n. 1, a Roma, laddove, probabilmente, c'è la nuova sede del Governo, non a Palazzo Chigi, perché a piazza Mattei n. 1 c'è la sede dell'ENI, come vi è chiaro. Non è possibile che ci sia una multinazionale, seppure partecipata dallo Stato, che decide cosa fare della strategia energetica nel nostro Paese. Si tratta di una questione molto importante, rispetto alla quale sarebbe necessario aprire un dibattito sulle ragioni per le quali il Governo ha deciso di aumentare il livello di infrastrutturazione, quando l'attuale infrastrutturazione energetica nel nostro Paese è sufficiente e garantisce, in maniera adeguata, il funzionamento del nostro sistema produttivo e la tenuta del tessuto economico e sociale. Casomai il problema è altro. Proprio ieri è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la norma che fa uno sconto di 404 milioni di euro sulla tassa sugli extraprofitti: viene fatto un ulteriore sconto. Francamente, non riesco a capire la ragione per la quale, in questi 12 mesi, le famiglie italiane e le imprese sono state vessate con una quadruplicazione di aumenti del costo delle bollette, tenuto conto che le società energetiche hanno accumulato extraprofitti e non hanno versato la tassa approvata dal Governo Draghi, fermandosi a circa 2 miliardi di euro. Non solo, l'attuale Governo Meloni ha deciso di rivedere quella tassa, immaginando un introito di 2 miliardi e mezzo, ma, oggi, rispetto a quella tassa, si definisce un ulteriore sconto.

Non sono assolutamente soddisfatto e la risposta della rappresentante del Governo conferma che questo Governo non sta rispettando gli impegni della COP 26 di Glasgow e che questo Governo ha deciso di non rispondere, in quest'Aula, ad una domanda che un parlamentare della Repubblica ha posto, ovvero: il dottor Filippo Giansante si trova in una situazione di potenziale conflitto di interessi, perché, è presidente della Sace, che eroga garanzie e, quindi, finanziamenti nel campo delle fonti fossili, e, nello stesso tempo, siede nel consiglio di amministrazione dell'ENI, che riceve quelle garanzie economiche? Perché il Governo ha deciso di non rispondere a questa domanda? Questo è un problema serio, che rivolgo anche alla Presidenza della Camera, perché non è possibile che un parlamentare rivolga una domanda al Governo e questo decida di non rispondere.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Prima di avviarci alla conclusione dei nostri lavori, approfitto per salutare gli studenti e insegnanti dell'Università “Aldo Moro”, di Bari, in particolare il dipartimento di Giurisprudenza, venuti ad assistere ai nostri lavori. Preciso che, oggi, venerdì, è il giorno dello svolgimento delle interpellanze urgenti e sono stati presenti in Aula i deputati che avevano all'ordine del giorno la discussione della loro interpellanza e il Governo, che ha risposto.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 30 marzo 2023, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite VI (Finanze) e XII (Affari sociali):

«Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, recante misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali» (1060) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, V, VII, VIII, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIII e XIV.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato, altresì, assegnato al Comitato per la legislazione.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 3 aprile 2023 - Ore 11:

1. Seguito della discussione del disegno di legge (per le fasi dell'illustrazione degli ordini del giorno e dell'espressione del parere da parte del Governo):

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, recante misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. (C. 889-A/R​)

Relatore: DE BERTOLDI.

(ore 17,30)

2. Seguito della discussione del disegno di legge (per la fase della votazione degli ordini del giorno):

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, recante misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. (C. 889-A/R​)

Relatore: DE BERTOLDI.

La seduta termina alle 10,40.