XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 324 di venerdì 12 luglio 2024

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FILIBERTO ZARATTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 79, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in ordine ai contenuti del cosiddetto Piano Mattei - n. 2-00413)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Braga ed altri n. 2-00413 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla Presidente Boldrini se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LAURA BOLDRINI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Signor Vice Ministro Cirielli, signori del Governo, colleghi e colleghe, come voi sapete, Enrico Mattei fu una grande personalità della ricostruzione dell'Italia, dopo la seconda guerra mondiale. È stato un imprenditore, è stato anche un parlamentare - non tutti lo sanno - ed è stato un dirigente pubblico. È stato un partigiano antifascista, membro del Comitato militare Alta Italia del Comitato di liberazione nazionale.

Per questo, rimanemmo sorpresi quando la Presidente Meloni, che la parola antifascista non riesce proprio a pronunciarla, nelle sue dichiarazioni programmatiche di fronte a questo Parlamento, non solo pronunciò il nome di Enrico Mattei, ma lo fece legandolo ad un progetto di collaborazione dell'Italia con i Paesi africani. Che cosa disse la Presidente Meloni in quell'occasione? Disse così, cito testualmente: “E allora mancherà un'ultima cosa da fare, forse la più importante: rimuovere le cause che portano i migranti, soprattutto i più giovani, ad abbandonare la propria terra, le proprie radici culturali e la propria famiglia per cercare una vita migliore in Europa”. Beh, lo sapevamo che per lei la cosa più importante è evitare che i migranti arrivino da noi, ma poi continuava la Presidente Meloni dicendo: “Il prossimo 27 ottobre ricorrerà il 60° anniversario della morte di Enrico Mattei, un grande italiano che fu tra gli artefici della ricostruzione postbellica, capace di stringere rapporti di reciproca convenienza con le Nazioni di tutto il mondo”. Che fosse stato un partigiano combattente, naturalmente, non lo disse, non ne fece menzione, un dettaglio insignificante per lei, forse anche un po' scomodo. “Ecco” - proseguì la Presidente - “credo che l'Italia debba farsi promotrice di un piano Mattei per l'Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione europea e Nazioni africane”.

Ora questo lo disse il 25 ottobre del 2022. Sono passati, Presidente, quasi due anni e, incredibilmente, il Piano Mattei non esiste ancora. Non è stato mai presentato un programma vero e proprio, uno stanziamento di fondi, una scansione temporale degli interventi e neanche la definizione di obiettivi, niente di tutto questo. Si è usato il nome di Enrico Mattei per un Piano senza contenuti, Presidente; un Piano senza soldi; un Piano senza tempo. E' caduto nel dimenticatoio, questo Piano, dopo il suo annuncio? Niente affatto, la Presidente Meloni ha continuato a citare il Piano Mattei ad ogni piè sospinto, perfino ad una Conferenza Italia-Africa del gennaio del 2024, alla quale hanno partecipato 25 Paesi africani.

Anche lì, in quel consesso, il Piano Mattei è stato evocato con enfasi, ma tutt'altro che descritto. E il Parlamento, in tutto questo? Il Parlamento è del tutto ignorato. Un Piano così strategico, che avrebbe dovuto - cito ancora le dichiarazioni programmatiche - “recuperare, finalmente, dopo anni in cui è stato preferito indietreggiare, il ruolo strategico che l'Italia ha nel Mediterraneo”. Che si fa? Un Piano così strategico non lo si presenta di fronte alle Camere? Non lo si presenta, non lo si presenta proprio, fino a quando, Presidente, all'inizio dell'anno, arriva un decreto-legge intitolato: Disposizioni urgenti per il Piano Mattei. Bene. Bene, abbiamo detto: forse ci siamo, il Governo ci presenta un Piano di interventi, con uno stanziamento di fondi, con un cronoprogramma. Troppo ottimismo. Eh no, macché. Ci presenta un decreto urgente solo per istituire una cabina di regia presso Palazzo Chigi - sottratta, quindi, la cabina di regia alla sua sede naturale, che sarebbe stata quella del Ministero degli Esteri, della Farnesina -, nonché uno stanziamento di 3 milioni di euro solo per far funzionare questa cabina di regia, questa struttura amministrativa, che dovrebbe guidare cosa? Un Piano che non c'è, che continua a non esserci. Però, nel frattempo, iniziano a fioccare interventi sporadici occasionali, ai quali si attribuisce il nome di Piano Mattei, interventi del tutto scollegati da un quadro generale, armonico, nonché privi di una strategia. Ecco, al pari dell'annuncio, avvenuto con enorme enfasi da parte del Ministro Lollobrigida, circa un'intesa con l'Algeria, in base alla quale il Paese africano mette ben 36.000 ettari di territorio a disposizione della società italiana Bonifiche Ferraresi SpA, per recuperare questi 36.000 ettari ad uso agricolo. Signor Vice Ministro, secondo lei, chi ci guadagna? Me lo dica, perché voi parlate di rapporto paritario, non predatorio, ma ce lo dica un po', secondo lei, chi ci guadagna; a noi sembra chiaro.

Ed ecco spuntarne un altro di questi interventi a singhiozzo. All'esame dell'Aula della Camera è giunto un decreto-legge chiamato così, attenzione: Disposizioni urgenti per le infrastrutture e gli investimenti di interesse strategico per il processo penale e in materia di sport. Allora: infrastrutture, processo penale e sport. Cosa c'è di omogeneo in questo? Cioè, un decreto dovrebbe essere omogeneo, no? Proprio per questo è di urgenza. Bene, in questo decreto c'è un articolo 10, in cui si autorizza Cassa depositi e prestiti a concedere fino a 500 milioni per il 2024 per le imprese italiane che operano in Africa, e si istituisce anche il Comitato tecnico. Dove? Indovinate un po', presso la cabina di regia di Palazzo Chigi - anche qui, esproprio di competenze -, che dovrà decidere se il finanziamento chiesto dalla singola impresa italiana che intenda operare nel continente africano è coerente oppure no con le finalità del Piano Mattei. Ma come si fa a decidere se è coerente oppure no con qualcosa che non esiste, con qualcosa che non è definito? Con quali criteri andranno a fare questo lavoro? Nel famoso decreto, quello, appunto, di inizio anno, ossia quello recante: Disposizioni urgenti per il Piano Mattei, all'articolo 5 c'è anche scritto che entro il 30 giugno di ciascun anno il Governo deve trasmettere alle Camere una relazione, anche qui sullo stato di attuazione del Piano Mattei. Il 30 giugno è passato, oggi è il 12 luglio e neanche questa relazione si è vista, non ce n'è traccia. Il Piano Mattei continua a essere, dunque, un oggetto misterioso. Più precisamente, Presidente, continua a essere una presa in giro, una presa in giro verso l'opinione pubblica, verso il Parlamento, e anche verso i Paesi africani, ai quali era stato fatto credere in una svolta, a un serio impegno, senza precedenti addirittura, dell'Italia nei loro confronti. Ma qui tutto c'è tranne che la serietà. E allora, signor Presidente e signor Vice Ministro, in attesa di sapere se questa relazione arriverà oppure no e quando - mi auguro che lei ce lo dirà, perché noi chiediamo questo, nell'interpellanza -, accogliete questo mio suggerimento, accoglietelo. Cambiate la denominazione e lasciate in pace Enrico Mattei, perché, lui sì - lui sì - era una persona seria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Il Vice Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Edmondo Cirielli, ha facoltà di rispondere.

EDMONDO CIRIELLI, Vice Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, signor Presidente, grazie colleghi, non soltanto per aver ricordato l'importanza dell'iniziativa del Governo relativa all'Africa, ma anche per aver ribadito l'importanza del dibattito parlamentare. In effetti, poiché ci sono molte cose messe in piedi, c'è stata questa piccola lacuna burocratica, di una tempestiva trasmissione del Piano alle Camere, cosa che sicuramente verrà a breve recuperata.

Innanzitutto, il Piano Mattei viene così denominato perché Mattei è stato un grande amico dell'Africa, perché il Piano ha una visione anticolonialista, seppur nella variante post-coloniale, e antitotalitaria; in effetti, Mattei fu un grande uomo, che si batté contro le dittature, partigiano bianco, antifascista e anticomunista. Proprio per questo, il suo nome credo sia anche un nome che serve a ribadire quanto l'Italia odierna, nel suo complesso, ripudi ogni forma di atteggiamento prevaricatore e nazionalista nei confronti dell'Africa.

Rispetto alle modalità organizzative, credo che il Ministero degli Esteri non abbia subito alcuna decurtazione, non certo nel suo Ministero in quanto tale, perché il Ministro degli Esteri presiede alternativamente la cabina di regia del Piano Mattei alla Presidenza del Consiglio. In effetti, ci sono state, per ora, due riunioni: una presieduta dalla Premier; l'altra dal Vicepresidente del Consiglio, nonché Ministro degli Esteri, Tajani. Ne fa parte anche il Vice Ministro con delega alla cooperazione, che, in base alla legge n. 125 del 2014, ha una competenza gestionale, che rimane assolutamente invariata, perché tutte le delibere attuative che riguardano l'erogazione dei finanziamenti passano o per il comitato congiunto o anche direttamente nelle mani del Vice Ministro. D'altro canto, non mi risulta che, in Parlamento, con atti o provvedimenti normativi, emendamenti o ordini del giorno, ci siano state - da parte di alcun gruppo, di maggioranza e opposizione - iniziative volte - semmai ce ne fosse stato bisogno - a rafforzare il ruolo della cooperazione internazionale, che, per quanto mi riguarda, è assolutamente salvaguardato. D'altro canto, la maggior parte delle iniziative del Piano Mattei vengono portate avanti dal Ministro degli Esteri o dal Vice Ministro; in maniera particolare, stiamo curando tutta una serie di attività bilaterali, con Egitto, Tunisia, Marocco, Algeria, Congo, Costa d'Avorio, Kenya, Etiopia, Eritrea. Quindi, è chiaro che, essendo cambiato il sistema della cooperazione - che in precedenza era basato tutto sul sistema multilaterale onusiano, mentre oggi è rovesciato sul piano della cooperazione bilaterale -, c'è la necessità di approfondimenti e anche di richieste da parte degli Stati. Quindi, non è che noi, visto e considerato che vogliamo che sia paritario, possiamo dire agli Stati africani cosa devono o non devono fare. Posso garantire che l'attività di spesa è molto elevata e anche quella di programmazione è assolutamente cospicua; del Ministero degli Esteri, in maniera particolare, con la cooperazione internazionale; sia l'Agenzia di cooperazione sia la direzione generale per la cooperazione stanno svolgendo un'attività particolarmente intensa. Anzi, la Farnesina è in prima linea persino - come è giusto che sia – con il Segretario generale. A questo si accompagnano tutta una serie di viaggi, di iniziative e di interlocuzioni fortissime del Presidente del Consiglio e del Ministro degli Esteri in prima persona. In realtà, l'urgenza del dispositivo organizzativo, avvenuta con decreto - che io ho condiviso non semplicemente perché faccio parte del Governo, ma perché penso ci fosse la necessità di avere uno strumento di coordinamento in seno alla Presidenza del Consiglio che mettesse allo stesso tavolo, non soltanto tutti i Ministeri, ma anche tutte le autonomie territoriali, il sistema privato, così come il sistema delle autonomie finanziarie e funzionali (dalle Camere di commercio alle università).

E, allo stesso tavolo, vi sono non soltanto tutti i Ministeri, tutte le autonomie territoriali, il sistema privato, ma anche il sistema delle autonomie finanziarie funzionali, dalle Camere di commercio alle università. Credo che tutto questo mondo, compreso quello delle organizzazioni non governative, sia molto soddisfatto - e lo ha espresso anche per iscritto - in merito a questo nuovo modello organizzativo. Si può fare meglio? Certo, si può sempre fare meglio, si può sempre fare di più, è sempre possibile impegnarsi ed è quello che stiamo cercando di fare. Io credo che, quando avremo i primi segnali specifici nell'ambito della relazione, si potrà portare avanti un consuntivo di opere già finanziate, di interventi già messi in campo, di risorse reindirizzate, perché negli anni molte risorse della cooperazione non erano state spese, non erano state impegnate e quindi era necessario finalizzare queste risorse al Piano Mattei.

Oggi la cooperazione internazionale può mettere in campo, oltre al pacchetto molto consistente delle risorse del Ministero degli Esteri, con le sue varie forme di approvvigionamento, anche quelle del MEF, così come degli altri Ministeri coinvolti (il MIMIT, il MASAF, il Ministero dell'Ambiente, il Ministero della Cultura, il Ministero dell'Istruzione e del merito).

Nel Piano Mattei - può sembrare una banalità - è già partita l'istituzione di un liceo informatico nuovo in Etiopia. Può sembrare una banalità, ma significherà che 200 ragazzi, 200 persone verranno formate in una scuola italiana ad Addis Abeba; 200 persone in più che potranno avere un ruolo importante, innanzitutto per la loro vita ma anche per il loro territorio, per il loro percorso. Io credo che questa rivoluzione culturale di un approccio nuovo della cooperazione internazionale rappresenti sicuramente un fatto e una novità importante.

Voglio anche ricordare che il Piano Mattei ha riportato come centrale l'agenda africana per l'Unione europea e per il G7 grazie alla Presidenza del Consiglio che, con forza, ha convinto la Presidente della Commissione uscente Ursula von der Leyen a recarsi sia in Egitto che in Tunisia per sostenere due Paesi che erano stati messi nell'angolo in passato da una certa cultura della sinistra occidentale. Invece, con forza, questi due Paesi sono sostenuti, con un miglioramento netto rispetto alle prospettive e ai pericoli, data la situazione complessiva del Nordafrica, di scivoloni e di arretramenti sociali e sui diritti. Io penso che sia molto importante lavorare per la stabilità di questi Paesi, dare loro una speranza.

Noi non possiamo immaginare che i Paesi africani, nati magari 30, 40, 50 anni fa, possano avere la stessa governance, la stessa organizzazione sociale, giuridica, parlamentare dell'Italia, che è un Paese che ha oltre 100 anni o, in genere, dei Paesi europei, che hanno una storia costituzionale, civile, culturale molto più lunga, frutto anche di una situazione di vantaggi derivati da una situazione predominante nel mondo.

Io credo che, invece, senza intolleranza culturale, senza presunzione, senza immaginare di essere migliori solo perché abbiamo un sistema assai più rafforzato di diritti, di organizzazione, di governance istituzionale, dobbiamo essere vicini e accompagnare questi Paesi. Il Piano Mattei è anche questo.

Presto allargheremo anche ad altri Paesi dell'Africa australe il nostro intervento. Ma la cosa importante è che l'Unione europea si sia resa conto di quanto sia importante finalizzare sia il Global gateway sia il Team Europe e tutta un'altra serie di iniziative, in maniera focalizzata soprattutto verso l'Africa, che può rappresentare una grande opportunità. È un continente immenso, più del 60 per cento delle terre arabili del pianeta sono lì, più del 60 per cento delle materie prime, delle risorse e delle terre rare, degli idrocarburi, della futura potenzialità dell'energia verde e, soprattutto, delle risorse umane, per la gioventù e per la quantità complessiva dei giovani, anche in percentuale rispetto alle altre fasce d'età.

L'Africa può essere una grande opportunità, innanzitutto per gli africani. L'Europa ha il dovere morale, e l'Italia si è intestata questa battaglia di portarla avanti, e, allo stesso tempo, è una grande opportunità economica per quello che ci riguarda.

Sulla vicenda dei rischi, è chiaro che un continente così grande rischia di essere preda - lo sta già in parte divenendo - di mire totalitarie della Russia, tramite la Wagner, o di attenzioni di altri regimi non democratici del mondo che in qualche maniera, certamente, svolgono attività predatoria in Africa; può essere un grande rischio.

Per quanto riguarda il discorso dell'immigrazione, lo dico con chiarezza, non è certamente quello il tema del Piano Mattei. È evidente che noi siamo contro l'immigrazione illegale innanzitutto a tutela dei migranti, perché più sono le partenze e più sono le morti. Poi esiste il diritto a migrare, questo è sacrosanto, ma esiste anche il diritto a non migrare, cioè le persone hanno il diritto di andare via dal loro Paese se vogliono andare, non sospinti dalla fame, dalla violenza, dalla povertà o dai rischi, oppure da persone che magari li illudono di una vita facile. Sappiamo, e vediamo soltanto, purtroppo, i morti in mare, che sono paralleli, dal punto di vista percentuale, purtroppo, alle partenze. Quindi, se si riducono le partenze illegali in mare si riducono anche i morti, ma noi non vediamo tutti i morti e le tante ipotesi e i casi di sfruttamento che arrivano con le rotte di migrazione. Quindi, l'intervento è rafforzare la governance di quei Paesi, rafforzare la resilienza economica e sociale e questo pensiamo che avrà anche risvolti importanti in tema di diritti civili e di democrazia.

Il Piano Mattei è un'idea importante, è un'idea che è stata denominata in onore di un grande italiano, il cui passato è stato soprattutto antitotalitario, antifascista e anticomunista, perché quelle sono state le dittature di quell'epoca, dell'epoca di Mattei, e lo abbiamo scelto perché pensiamo che possa essere anche un esempio importante da rinnovare nella memoria dei giovani.

PRESIDENTE. La presidente Boldrini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

LAURA BOLDRINI (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Diciamo che non mi aspettavo nulla di diverso, ma veramente questa è la conferma della scatola vuota. Lei, signor Vice Ministro, ha parlato di cose vaghe; ha messo insieme parole, ma non ha dato alcun dato concreto, alcun elemento di riferimento di questo Piano Mattei. Parla di lacuna burocratica, addirittura, riguardo al fatto che non avete presentato neanche la relazione. Questa, invece, è mancanza di rispetto del Parlamento, peraltro condizione che affermate anche con le vostre riforme, perché il premierato è proprio questo: vuol dire esautorare il Parlamento. Quindi, siete fedeli e coerenti con l'idea che il Parlamento può attendere: una settimana in più, 2 o 3 settimane, un mese. Che problema c'è? Quando saremo comodi ci presenteremo al Parlamento. Non funziona così in una democrazia parlamentare, almeno fintanto che sarà tale, e lo faccio presente.

È una scatola vuota: il Piano Mattei è una scatola vuota; lo apri e dentro non c'è niente, non c'è nulla. Nulla c'è! Mancano i contenuti, mancano gli stanziamenti, manca un cronoprogramma, mancano gli obiettivi e manca la relazione che per legge - nel decreto l'avete messa voi quella data - dovevate presentare a questo Parlamento. Non lo avete fatto! Che importanza ha per voi?

Ma c'è di più, perché è nell'impostazione generale che mancano cose fondamentali. Quali? La più importante? Manca la verità, manca la verità. Voi avete parlato - e continuate a farlo - di un rapporto paritario e non predatorio con i Paesi africani, ma le finalità non scritte nel Piano sono di esclusivo interesse del Governo italiano, di esclusivo interesse del Governo italiano, cioè fermare i flussi migratori e fare dell'Italia l'hub del gas del Mediterraneo, che - tradotto - significa estrarre dal suolo africano quanto più gas naturale possibile, in un tempo in cui noi dovremmo, invece, investire nelle energie rinnovabili.

Dov'è in tutto questo l'interesse paritario? Me lo faccia capire. Che cosa c'è di innovativo? Che cosa c'è di senza precedenti? Non c'è nulla!

La seconda cosa che manca nella vostra narrazione, perché ci dobbiamo fidare di questa in quanto non abbiamo visto nulla di scritto, è proprio l'Africa: manca l'Africa.

Lo ha detto Moussa Faki, che è il Presidente della Commissione dell'Unione africana, intervenendo il 28 gennaio alla conferenza Italia-Africa.

“Parlate” - vi ha detto Faki - “di un partenariato paritario e non state coinvolgendo i Paesi africani nella fase di progettazione del Piano?” Ma vi sembra possibile questo? Pensate che gli africani non se ne accorgano? Questa è un'enorme presa in giro. Non c'è niente da fare, avete proprio un'idea antiquata, sorpassata, giurassica, forse nostalgica del continente africano. È, certamente, un continente lacerato da contraddizioni quello africano, c'è ancora una diffusa povertà, ma vorrei fare presente che, tra il 2000 e il 2017, ha conosciuto una crescita media annua del 4,7 per cento e il Fondo monetario internazionale prevede una crescita, per il 2024, del 3,8 per cento e del 4 per cento per il 2025, percentuali di crescita che l'Italia si sogna. Signor Vice Ministro, io so la sua idiosincrasia per la società civile, la conosco bene, ma, vede, anche in Africa c'è una società civile organizzata, che voi dovreste coinvolgere, dovreste ascoltare, cosa che non vi viene neanche lontanamente in mente di fare. Manca la verità in quello che dite e manca l'Africa nella vostra narrazione.

La terza cosa che manca è l'Europa, e qui si svela una clamorosa miopia politica. Vedete che cosa sta accadendo in quei continenti? Lei lo ha accennato, però ha omesso la Cina. Non è solo la Russia, lo sa? C'è anche la Cina, che è il principale partner commerciale dell'Africa. Certo, poi, ci sono stati i colpi di Stato in Mali, Burkina Faso e Niger e nelle piazze sventolavano le bandiere russe. Ma ha omesso di dire anche quanto è importante oggi il ruolo della Turchia. Voi pensate che con il Piano Mattei - mi viene da sorridere - andate a competere con tutto questo? Vi rendete conto che è una pretesa fuori dal senso della realtà? Ma non sarebbe più logico contribuire al Piano europeo, che già esiste, che è un Piano molto forte, il Global Gateway. Invece di mettere quegli spiccioli sul Piano Mattei, perché non contribuite al Piano europeo? Perché, forse, questo non vi serve alla vostra propaganda? Sa quanti investimenti sono stati fatti? Sono stati fatti investimenti per 300 miliardi di euro, di cui 150 nel 2023. E sappiamo quanti soldi sono stati stanziati nel Piano Mattei, ipoteticamente? Sono stati stanziati 5,5 miliardi. Le cifre non sono dettagli, e questo in 4 anni.

La verità è che anche l'Unione africana è molto più avanti di voi, tanto che ha adottato, nel 2023, un progetto chiamato “L'Africa che vogliamo”, che si lega all'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, come è giusto che sia, parlando anche dello sviluppo delle energie rinnovabili. Guarda un po', le energie rinnovabili, mentre voi continuate ancora a cercare il gas e i combustibili fossili.

È ora di cambiare strada, Vice Ministro, lo stanno facendo tutti tranne voi, prendetene atto. La cosa è seria, non si può più aspettare. Ma voi dell'emergenza climatica neanche volete parlarne. La Presidente Meloni non la cita mai, è una realtà che non esiste, è una nostra farneticazione, della sinistra. Questa emergenza, invece, quella climatica, costringe milioni di africani a lasciare i territori dove abitano. Volete fare del bene all'Africa? Occupatevi di questo, cosa che non fate. Vi occupate di fossili, di estrarre, depredare il gas, perché è quello che vi interessa, a voi che parlate dell'emergenza migranti, che fate di questo una bandiera e, dunque, fate patti con gli autocrati. Che importa se Saied, l'autocrate tunisino, manda i carri armati davanti al Parlamento? Se ha mandato in galera tutti gli oppositori politici, che importa? Per carità, è un gentiluomo. Fate i patti con al-Sisi, che importa? Anche lì, ci interessa solo una cosa: bloccare le partenze; fate i centri di detenzione per i migranti in Albania, un po' a rilento, veramente. Ma a voi che parlate in questi termini di immigrazione, rispondono i dati della situazione africana. Lei lo sa, signor Vice Ministro, quanti sono i milioni di africani sfollati all'interno del continente subsahariano? Lo sa? Ha un'idea? Lei lo sa che il 42 per cento degli sfollati interni di tutto il mondo si sono verificati nell'Africa subsahariana? Parliamo di quasi 35 milioni di rifugiati e sfollati, di cui 32,5 milioni a causa dei conflitti e 2,3 per i disastri causati dagli eventi climatici estremi. E voi andate a chiedere all'Africa, andate a lamentarvi e a piagnucolare perché qualche barchino arriva in Italia? Ma voi vi rendete conto delle proporzioni? Vi rendete conto? E tra di voi c'è pure chi parla di “sostituzione etnica”. Questo sarebbe il rapporto paritario con i Paesi africani.

Tanto poco considerate la necessità di contrastare l'emergenza climatica che, per il lancio e l'attività del Piano Mattei, avete stanziato - come ricordavo - un totale di appena 5,5 miliardi in quattro anni: da dove li avete presi questi soldi? Qui c'è il Sottosegretario, lo dovrebbe sapere: 3,5 miliardi li avete attinti dal Fondo italiano per il clima, che è svuotato e non ha più nulla, e 2,5 miliardi dalla Cooperazione allo sviluppo. Allora, questa è una partita di giro. Questa è una partita di giro, signor Presidente. Non avete aggiunto nulla, neanche un euro: avete fatto il gioco delle tre carte. Veramente dei miseri espedienti. Come se l'Italia, proprio mentre parla del rapporto con l'Africa, potesse permettersi di tagliare ancora di più gli stanziamenti per l'aiuto allo sviluppo.

Presidente, concludo, mi dia la possibilità di chiudere questo ragionamento. Oggi, il rapporto tra fondi investiti per l'aiuto allo sviluppo e reddito nazionale lordo è sceso, in Italia, allo 0,27 per cento: un record negativo negli ultimi anni, ben lontano dallo 0,70 sul quale, in sede OCSE, l'Italia aveva assunto e ribadito il suo impegno. Ci sono Paesi come la Germania, la Svezia, la Danimarca e altri, che lo 0,70 lo hanno già superato da tempo: anche questo è un segno del corto respiro con il quale voi gestite il futuro delle relazioni con il continente africano. Una nuova strategia, degna di questo nome, aumenterebbe, invece che tagliare, i fondi per l'aiuto pubblico allo sviluppo. Ma questa strategia non c'è nel Governo italiano. Solo slogan e dietro agli slogan niente. Così, voi patrioti, state minando la credibilità internazionale del nostro Paese. Collocare l'Africa al centro dell'agenda politica europea e internazionale è una cosa importante e seria. Ma è troppo seria perché possa essere gestita con la superficialità e l'incompetenza che, anche in questa materia, il Governo Meloni sta dimostrando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Iniziative volte a tutelare il paesaggio e l'integrità storico-culturale del Parco Piccolomini di Roma in rapporto alla prospettata realizzazione di un vertiporto sulla stessa area - n. 2-00405)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Morassut ed altri n. 2-00405 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Morassut se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Questa interpellanza riguarda una parte del territorio della città di Roma molto particolare e molto pregiata: il Parco Piccolomini. Stiamo parlando, cioè, di quella parte di territorio che insiste oltre la via Aurelia, a nord, e che si può considerare parte di un compendio ambientale, storico e anche archeologico abbastanza unitario, il quale scavalca la via Aurelia e discende attraverso una valle bellissima verso via Gregorio VII: la Valle del Gelsomino, così chiamata fino agli anni Cinquanta, quando, in occasione del grande Giubileo del 1950, sostanzialmente non fu cancellata dalla trasformazione edilizia che portò alla realizzazione del grande quartiere Aurelio-Cavalleggeri e di via Gregorio VII, come strada d'accesso al Vaticano. È un territorio con un'antica storia.

Faceva parte della proprietà imperiale e veniva utilizzata in parte per cavazione di materiali, essendo quella parte di Roma caratterizzata da una stratificazione geologica molto diversa da quella dall'altra parte del Tevere, fatta di un tufo diverso e di materiali provenienti dal sollevamento delle terre. Quindi, questo tipo di caratteristiche geologiche si prestava ad un utilizzo per il trattamento dei materiali edilizi, era molto utilizzato per la trasformazione della Roma antica ed era di proprietà imperiale. Nello stesso tempo, queste proprietà imperiali erano utilizzate per l'uso agricolo, cioè per l'approvvigionamento agricolo della città.

Queste proprietà imperiali, poi, nel tempo, furono transitate, attraverso la controversa questione della donazione di Costantino, in proprietà ecclesiastiche, e “per li rami” - direbbe il poeta - poi furono, attraverso il regno dei vari papi, acquisite da famiglie ecclesiastiche. Quindi così quella parte di Roma divenne proprietà della famiglia Piccolomini, e non solo, perché poi, negli anni più recenti, subentrarono anche proprietari meno nobili, da un punto di vista storico, come i Vaselli, che acquisirono parte del territorio.

Ho fatto questa premessa per dire che, in riferimento a quel territorio, stiamo parlando di un parco con una grande storia, con caratteristiche paesaggistiche uniche, perché è proprio una discesa che arriva a via Gregorio VII. Non so se qualcuno ha mai avuto occasione di incrociare via Piccolomini: è una strada rettilinea che si stacca dall'Olimpica e dalla quale c'è una prospettiva bellissima, si indovina proprio direttamente la cupola di San Pietro. Però poi si arriva a un parapetto, perché la strada non fu completata, e ci si affaccia su questo bellissimo parco.

Il parco, però, poi è stato donato dalla famiglia Piccolomini all'autorità pubblica - alla regione Lazio, nello specifico - con il meccanismo delle donazioni, cioè donato, però finalizzato ad attività sociali, nel caso specifico all'attività di assistenza agli artisti pensionati, agli artisti che avevano finito la loro attività di spettacolo. La regione Lazio ha sempre cercato di capire come utilizzarlo, affidandolo ad una fondazione che, per valorizzarlo, ha tentato più volte di presentare vari progetti, anche comprensibilmente, perché gestire un parco non è semplice.

Faccio un passo indietro. Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta, sulla porzione di proprietà Vaselli si tentò di realizzare un albergo. Vi fu una grande battaglia, guidata da grandi ambientalisti, da grandi storici dell'arte, della cultura - tra questi Antonio Cederna e lo stesso ex sindaco Argan, che stava per lasciare il comune di Roma al sindaco Petroselli -, e questo albergo non fu realizzato, tant'è che oggi, se si guarda Google Maps, si vede che, proprio al centro del parco, c'è un quadrato di cemento che in parte sfregia l'unitarietà del parco.

Ora, qual è il problema? Che la fondazione, anche comprensibilmente, ha presentato nel tempo vari progetti, l'ultimo dei quali, oggetto della nostra interpellanza, è la realizzazione di un vertiporto, cioè di una struttura per utilizzare i droni. È una nuova modalità di mobilità urbana, che, apparentemente, sembra di piccolo impatto, cioè si tratta di una piazzola di cemento dalla quale decollano e atterrano i droni per poter svolgere questa forma di trasporto innovativa, però questa struttura comporta, poi, tutta una serie di altri interventi: strade, parcheggi, accessibilità, servizi.

Quindi, sostanzialmente, si ripropone il tema dello sfregio di questo parco, che peraltro, invece, dovrebbe essere aperto al pubblico, perché il quartiere di Aurelio-Cavalleggeri, pur avendo questo ben di Dio alle spalle - Villa Pamphilj, soprattutto, ma Villa Pamphilj è un po' lontana e il parco Piccolomini è il parco di questo quartiere -, non può accedervi, e da tanto tempo vi sono comitati di quartiere, vi è un'intensa attività civica per richiedere, in qualche maniera, una forma di ingresso pubblico in questo parco.

Si tratta di trovare le giuste forme per gestire un grande capitale naturale, perché valorizzare un territorio, valorizzare una proprietà, anche pubblica, non significa per forza costruirci sopra, realizzare delle strutture edilizie o anche dei servizi. Il capitale naturale si valorizza anche attraverso la sua tutela e la sua valorizzazione di fatto, attraverso la storia, la cultura, l'archeologia.

Il parco Piccolomini è, poi, caratterizzato dalla presenza di strutture edilizie di carattere rurale, che si prestano benissimo ad attività di carattere culturale e museale, e che possono, quindi, venire incontro ad una domanda molto diffusa nel quartiere e crescente nella società attuale. Quindi, la domanda verte su che punto? C'è stata una conferenza di servizi, si sono sviluppati confronti tra le amministrazioni e la conferenza di servizi sembra essersi chiusa con un “no”, cioè con una negazione da parte delle autorità interessate, in particolare credo anche il comune di Roma, poiché, tra l'altro, questo compendio è una villa storica, dove insistono vincoli nazionali e vincoli paesaggistici regionali, oltre che, evidentemente, anche vincoli archeologici, che possono essere facilmente reperiti attraverso attività eventuali di scavo.

La domanda rivolta al Ministero è: quali iniziative il Ministero, attraverso le soprintendenze, ovviamente, intende assumere affinché questo progetto non venga realizzato?

Ma non perché ci sia da parte degli interpellanti un pregiudizio verso questo tipo di strutture, anzi, riteniamo che questo tipo di attività e di servizi, legati ad una forma di mobilità moderna e innovativa, che ha bisogno di essere sviluppata nelle città, possa essere realizzato, incentivato, sviluppato e anche diffuso, attraverso però scelte più opportune, non per forza in aperta campagna o in zone di un tale pregio e valore ambientale, storico e architettonico, ma nella città densa, attraverso opportune forme ingegneristiche e forme urbanistiche, che possono essere facilmente sperimentate anche dall'esperienza che si sta realizzando in altri Paesi europei e in giro per il mondo.

Quindi, riteniamo che ci sia bisogno, a questo punto, di un pronunciamento chiaro da parte del Ministero della Cultura, poiché il vincolo che insiste su quell'area è un vincolo statale e, quindi, la questione non ha un carattere locale, ma ha un carattere pienamente nazionale, per il valore dell'area e per le procedure che investono direttamente la responsabilità del Ministero (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la Cultura, Gianmarco Mazzi, ha facoltà di rispondere.

GIANMARCO MAZZI, Sottosegretario di Stato per la Cultura. Grazie, Presidente. Gli onorevoli interpellanti chiedono quali iniziative il Ministero interpellato intenda assumere rispetto al progetto di installazione, all'interno di una porzione del parco di pertinenza di Villa Piccolomini, di un “Parco dimostrativo della mobilità sostenibile” comprensivo di un “vertiporto” per veicoli a decollo verticale a propulsione elettrica, al fine di tutelare l'integrità ambientale, storica e culturale della Villa.

Sulla proposta di uso temporaneo avanzata dalla società UrbanV Spa al Dipartimento programmazione e attuazione urbanistica di Roma Capitale, ai sensi dell'articolo 23-quater del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e delle linee guida e criteri di indirizzi dettati da Roma capitale, la competente Soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma è stata invitata a rendere il proprio parere in sede di conferenza dei servizi istruttoria, convocata dal Dipartimento programmazione e attuazione urbanistica per la disamina della proposta progettuale.

Considerato che il progetto ricade in area soggetta a tutela paesaggistica, la Soprintendenza, con nota del 14 marzo 2024, ha chiesto chiarimenti in merito alla procedura autorizzativa attivata, ovvero se trattasi di una richiesta di autorizzazione ex articolo 146 del Codice dei beni culturali o dell'attivazione di un'attività istruttoria finalizzata a una valutazione di impatto ambientale. Contestualmente, nel rispetto del principio di lealtà amministrativa e di non aggravamento del procedimento, la Soprintendenza ha segnalato delle criticità sotto il profilo paesaggistico.

Con determinazione dirigenziale dello scorso 17 aprile, il Dipartimento programmazione e attuazione urbanistica di Roma Capitale, anche considerato che in merito agli aspetti paesaggistico-ambientali le prescrizioni del vigente Piano territoriale paesaggistico regionale riguardanti la disciplina delle azioni/trasformazioni e degli obiettivi di tutela per ogni sistema di paesaggio interessato hanno efficacia vincolante in quanto nella porzione di territorio in questione insistono beni paesaggistici di cui all'articolo 134, comma 1, lettere a), b) e c) del Codice dei beni culturali, ha ritenuto rilevanti alcune criticità esplicitate nei pareri e nelle determinazioni espressi dalle amministrazioni coinvolte nella conferenza di servizi istruttoria.

In particolare, ha rilevato che la proposta progettuale non risulta compatibile rispetto ai profili paesaggistici, in ragione dei vincoli insistenti sulla porzione di territorio interessata e all'efficacia della disciplina di tutela dei paesaggi, che qui rilevano secondo la corrispondente disciplina d'uso delle norme tecniche di attuazione del Piano territoriale paesaggistico regionale, in relazione, nello specifico, agli interventi assimilabili a nuova costruzione. Pertanto, compatibilmente con le procedure autorizzatorie di competenza che si dovranno e potranno porre in essere, il Ministero valuterà gli interventi nel rispetto della normativa vigente.

PRESIDENTE. L'onorevole Morassut ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ROBERTO MORASSUT (PD-IDP). Grazie, Presidente. Mi ritengo parzialmente soddisfatto, nel senso che acquisisco con soddisfazione la risposta del Sottosegretario, che mi pare andare nella direzione di un recepimento, da parte delle sovrintendenze, della complessità dei vincoli e delle criticità che insistono su quel territorio. Nello stesso tempo ritengo sia necessario - in un'eventuale prosecuzione della conferenza dei servizi o, comunque, di fronte ad un mutamento del progetto, che può essere presentato da parte della società concessionaria - considerare questi vincoli non legati ad una porzione, cioè alla porzione interessata dal progetto, ma considerarli nel loro insieme. Mi aspetto, quindi, che comunque questo parere, questa posizione espressa, di cui sono soddisfatto, da parte del Ministero possa essere considerata una posizione che, nel suo complesso, riguarda l'intero Parco Piccolomini che è, ripeto, una delle bellezze naturali e paesaggistiche più importanti e anche più sconosciute della Capitale. Sarebbe, pertanto, opportuno operare insieme da parte delle istituzioni, affinché venga conosciuta ed apprezzata da un numero maggiore di cittadini possibili.

(Elementi sullo stato di realizzazione delle infrastrutture di ricarica elettrica dei veicoli sulla rete autostradale e nelle zone urbane, nell'ambito degli interventi previsti dal PNRR - n. 2-00406)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Barbagallo ed altri n. 2-00406 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Casu se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, intervengo per illustrare l'interpellanza urgente che, insieme a Anthony Barbagallo, capogruppo in Commissione trasporti, e a tutti i membri della Commissione trasporti e della Commissione Ambiente, abbiamo voluto presentare per richiamare l'attenzione del Governo sui ritardi, a cui stiamo assistendo, su un Piano molto importante, previsto dal PNRR, che prevede sovvenzioni per lo sviluppo della rete di infrastrutture di ricarica elettrica pubblica.

Prima di intervenire nel merito dell'interpellanza però volevo, anche in quest'Aula, rivolgere un pensiero per le ore di preoccupazione e di paura che ci sono state, nella giornata di ieri, per l'incidente ferroviario avvenuto nei pressi di Parma. Penso sia fondamentale rivolgere un ringraziamento al sindaco Michele Guerra e alle soccorritrici ed ai soccorritori dei Vigili del Fuoco, della Polizia, dei Carabinieri, immediatamente intervenuti. Si sono registrati 3 feriti, fortunatamente non è stata una tragedia più grande. Abbiamo veramente rischiato moltissimo: danni ingenti ai treni coinvolti, alle auto parcheggiate nei pressi e fortissimi disagi per i cittadini. Quello della sicurezza, anche ferroviaria, delle difficoltà che stiamo incontrando e il rischio a cui siamo sottoposti, sono temi prioritari su cui è fondamentale fare piena luce, di fronte ad accadimenti di questo tipo. Al tempo stesso occorre rafforzare tutti quegli interventi di prevenzione e di sicurezza che sono previsti e che, in parte, il PNRR offre tra le tante possibilità di intervento. Proprio su questo noi vogliamo richiamare l'attenzione del Governo.

L'interpellanza, in maniera molto puntuale, ricostruisce la storia e rivolge delle domande specifiche, molto chiare: si chiede quali siano le motivazioni che hanno determinato lo slittamento di un anno e mezzo dell'entrata in funzione della rete di ricarica elettrica nelle zone urbane e sulle autostrade; quale sia oggi la situazione in relazione all'attuazione dell'investimento per le infrastrutture di ricarica elettrica e, nello specifico, in relazione all'aggiudicazione degli appalti per la costruzione di 7.500 punti pubblici di ricarica rapida in autostrada e almeno 9.055 in zone urbane (tutti i comuni) (traguardo T4 2024 -M2C2 28); se siano iniziati i lavori dei 27 progetti per la realizzazione di 4.718 infrastrutture di ricarica nei centri urbani e quale sia la loro puntuale distribuzione territoriale; infine, chiediamo se le tre linee di intervento siano sufficienti a garantire l'integrale copertura dei 31.500 punti di ricarica previsti e, in caso contrario, come si pensi di integrare la soluzione dei punti di ricarica elettrica.

Ora, questa è una questione cruciale che attraversa un tema più ampio, molto importante, che è quello del futuro della mobilità, del diritto ad una mobilità sostenibile e sicura per tutte e per tutti i cittadini. Da questo punto di vista, ho trovato molto illuminante - e lo condivido con il Governo, nella speranza che ci possa essere un confronto di merito in questa sede e in tutte le sedi parlamentari su questo tema - un articolo su come superare le resistenze sul futuro della mobilità, che è un futuro che passa inevitabilmente dall'elettrico. Si tratta di un articolo scritto da Flavia Belladonna sul sito dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

In questo articolo sono stati raccolti molti dati, forniti dal Kyoto Club, dal think tank ECCO, da Transport & Environment e da tutte le agenzie che in Italia e in Europa studiano un fenomeno che sta attraversando il nostro Paese e il mondo, e che mette in luce un elemento: al di là delle fake news e delle ricostruzioni, un'auto elettrica emette emissioni in media tre volte di meno rispetto ad un'auto tradizionale. E questa superiorità non è relativa solamente all'utilizzo, ma viene confermata se si tiene conto dell'intero ciclo, quindi anche della produzione delle batterie. Ora, da questo punto di vista, qual è la follia green? La follia green è non considerare questi dati. La follia green è pensare a un PNIEC che punta tutto sul gas, ma dimentica la via maestra per la decarbonizzazione, che è scegliere ciò che veramente può permetterci di produrre meno emissioni, di fare meno danni all'ambiente, di fare meno danni al presente e meno danni al futuro. E la follia è arrancare, andare in ritardo, prorogare anche quegli investimenti che sono già previsti e per cui le risorse ci sono già. Qui non stiamo parlando di nuove risorse, stiamo parlando di un PNRR che c'è già, che questo Governo ha ereditato, e che si tratta semplicemente di implementare, di rendere possibile. Ora c'è un tema: quello dei costi. Gli studi ci dicono che la parità di prezzo tra le auto elettriche e le altre auto potrebbe essere raggiunta nel 2030. Io non so se sarà quello l'anno, ma è chiaramente quella la direzione.

Ricordo che negli anni Ottanta un cellulare costava circa 4.000 dollari mentre adesso, con pochi euro, noi possiamo metterci in contatto ovunque nel mondo. Sappiamo, quindi, che a un certo punto, certe tecnologie, quando soddisfano meglio un bisogno rispetto alle precedenti, sono destinate ad andare incontro ad un abbassamento di costo, e questo abbassamento di costo si sta registrando anche nel settore elettrico. Ora la vera questione non è se noi avremo un settore elettrico più competitivo. La domanda è: in un mondo in cui il settore elettrico sarà sempre più competitivo, che ruolo avrà l'Italia? Che ruolo avrà l'Europa? È chiaro che noi dobbiamo immaginare, innanzitutto, che se c'è una rete di possibili ricariche elettriche, questa rete debba essere uniformemente sviluppata sul territorio nazionale. Oggi, delle 54.000 colonnine esistenti, il 58 per cento si trova al Nord, mentre il 42 per cento è diviso fra Centro e Sud. Quindi, continuiamo a spaccare l'Italia, a far crescere le diseguaglianze, a rendere più difficile e più complicato compiere una scelta sostenibile al Sud rispetto al Nord. Se c'è un tema di materie prime, giustamente serve una politica industriale europea che sappia cogliere questo come obiettivo. Noi non possiamo essere una colonia, abbiamo cominciato con un parallelismo con gli smartphone e io voglio andare fino in fondo con questo parallelismo.

Oggi, se c'è una cosa che hanno in comune 500 milioni di europei, è che se si mettono una mano in tasca hanno uno smartphone. Hanno una seconda cosa in comune: questo smartphone è stato costruito dall'altra parte dell'oceano, o dall'altra parte dell'Atlantico, o dall'altra parte del Pacifico. Solamente 600.000 smartphone, negli ultimi dieci anni, sono stati costruiti dalla Fairphone, che è l'ultimo soggetto che, con un prodotto sostenibile, produce smartphone in Europa.

Ma noi che futuro possiamo avere, in termini economici e industriali, se la principale tecnologia che hanno e avranno tutti i nostri figli e i nostri nipoti, che li accompagnerà nelle loro vite, che avrà un ruolo fondamentale, la dovremo sempre comprare da qualcun altro? Noi non stiamo costruendo un futuro da protagonisti, noi stiamo costruendo un futuro da colonie.

Da questo punto di vista, non possiamo rischiare di fare la stessa fine anche nell'automotive. Nell'automotive è giusto accompagnare e sostenere le preoccupazioni dei lavoratori e le preoccupazioni delle imprese, ma, se il futuro è delle auto elettriche (e stiamo andando anche verso una parità di costi), allora costruiamo una politica industriale. Abbiamo materie prime in Europa? Le abbiamo. Costruiamo una politica di sostegno, che apra, riapra quelle infrastrutture strategiche che servono a far sì che ci siano le materie prime che servono a essere competitivi su questa tecnologia. Non freniamo, ma acceleriamo sulla possibilità della presenza delle colonnine, sulla possibilità di utilizzare tutte le risorse europee per essere protagonisti di questa sfida. Cerchiamo di non essere dalla parte di chi resiste, ma dalla parte di chi avanza.

Come Partito Democratico, abbiamo fatto una domanda puntuale, che merita una risposta puntuale, non ideologica, e che merita un impegno che vada nella direzione di consentire alla straordinaria, grande, importante, fondamentale storia dell'automotive italiano di avere un ruolo anche nel futuro, non solo nel presente - un presente sempre più miope e sempre più incapace di vedere il futuro -, ma nel futuro di una mobilità che passerà - anzi, sta già passando - per l'elettrico e che necessita, però, di garantire ai cittadini di poterlo vivere, l'elettrico, da un punto di vista di quelli che sono gli attuali limiti, che si stanno superando molto velocemente (le ultime super batterie riescono a consentire a un mezzo di fare 1.200 chilometri e possono essere ricaricate in dieci minuti). Da qui a pochi anni queste tecnologie saranno alla portata di tutti e saranno competitive rispetto alle altre tecnologie, ma, se non avremo costruito la rete di infrastrutture necessaria a garantire ai cittadini di poter accedere a quel tipo di mercato, noi veramente stiamo rischiando di portare l'Italia in una direzione totalmente opposta rispetto agli obiettivi, non solo dell'opposizione, non solo dell'Unione europea, non solo del buonsenso dei cittadini, ma anche del programma di questa maggioranza, che ha sempre rivendicato l'importanza di un ruolo dell'Italia in Europa. Ecco, il ruolo dell'Italia in Europa si gioca anche sul fatto, non di resistere, ma di partecipare alla rivoluzione climatica, che è anche una rivoluzione digitale e che è anche una rivoluzione industriale, che chiede a noi - come Paese - di fare un salto in avanti, di non ritardare, di non arrancare, ma di avanzare e di avanzare partendo proprio da progetti, come questo, dove le risorse ci sono già.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica, Claudio Barbaro, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO BARBARO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la sicurezza energetica. Con riferimento alla questione posta dall'interrogante, si rappresenta quanto segue.

Come noto, il Piano nazionale di ripresa e resilienza dell'Italia, approvato in via definitiva il 13 luglio 2021, con decisione di esecuzione del Consiglio, ha definito - nell'ambito della missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, componente 2 “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile” - l'investimento 4.3 “sviluppo di infrastrutture di ricarica elettrica”. Si ricorda che l'obiettivo della misura è quello di incentivare la realizzazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici, anche dotate di sistemi di accumulo integrati, ristrutturando la rete di distribuzione dei carburanti, al fine di consentire al settore una rapida transizione verso una mobilità sostenibile, nonché misure di efficientamento amministrativo, garantendo il necessario coordinamento del quadro incentivante complessivo per lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici.

A seguito delle successive decisioni di esecuzione del Consiglio del 12 settembre 2023, dell'8 dicembre 2023 e, all'esito del processo di revisione del PNRR del 7 maggio 2024, è stato previsto il conseguimento dei seguenti target e milestone: Milestone intermedia M2C2-27, in scadenza a giugno 2023: notifica dell'aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per la costruzione di almeno 4.700 stazioni di ricarica in zone urbane (in tutti i comuni). Il progetto può includere anche stazioni di ricarica pilota con stoccaggio di energia. Milestone finale M2C2–28, in scadenza a dicembre 2024: aggiudicazione degli appalti per la costruzione di 7.500 punti pubblici di ricarica rapida in strade extraurbane e almeno 9.055 in zone urbane (tutti i comuni). Il progetto può includere anche stazioni di ricarica pilota con stoccaggio di energia. In merito, si segnala che la versione italiana della CID utilizza il termine autostrade, ma, a seguito di specifica interlocuzione con la Commissione europea, il termine freeways deve essere inteso come strade extraurbane. Target intermedio M2C2–29, in scadenza a dicembre 2025: entrata in funzione di almeno 2.500 punti pubblici di ricarica rapida per veicoli elettrici in strade extraurbane da almeno 175 kW. Target intermedio M2C2-29bis, in scadenza a dicembre 2025: entrata in funzione di almeno 4.700 punti pubblici di ricarica rapida per veicoli elettrici in zone urbane (in tutti i comuni) da almeno 90 kW. Il progetto può includere anche stazioni di ricarica pilota con stoccaggio di energia.

Si segnala che, con la CID del 7 maggio 2024, lo spostamento temporale, da giugno 2024 a dicembre 2025, dei target intermedi M2C2-29 e M2C2-29bis si è reso necessario “al fine di attuare alternative migliori per conseguirne il livello di ambizione originario”, ai sensi dell'articolo 21 del regolamento (UE) n. 2021/241, ovvero al fine di consentire l'entrata in funzione dell'aumento del numero dei punti di ricarica (da 4.000 a 4.700). Target finale M2C2-30, in scadenza a dicembre 2025: entrata in funzione di almeno 7.500 punti pubblici di ricarica rapida per veicoli elettrici in strade extraurbane da almeno 175 kW. Il progetto può includere anche le stazioni di ricarica pilota con stoccaggio di energia. Target finale M2C2-30bis, in scadenza a dicembre 2025: entrata in funzione di almeno 13.755 punti pubblici di ricarica rapida per veicoli elettrici in zone urbane da almeno 90 kW. Il progetto può includere anche stazioni di ricarica pilota con stoccaggio dell'energia. Target finale M2C2-30ter, in scadenza a dicembre 2025: entrata in funzione di almeno 100 stazioni di ricarica sperimentali con stoccaggio.

Con riferimento al contesto normativo nazionale, giova segnalare che il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, ha previsto, all'articolo 14, comma 1, lettera g), che, con decreto del MASE, fossero definiti criteri e modalità per la concessione di benefici a fondo perduto a favore di nuove infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici fast e ultrafast, anche dotate di sistemi di accumulo integrati, ristrutturando la rete di distribuzione dei carburanti, al fine di consentire al settore una rapida transizione verso una mobilità sostenibile, nonché misure di efficientamento amministrativo, garantendo il necessario coordinamento del quadro incentivante complessivo per lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici.

Giova rappresentare che l'investimento 4.3 rientra tra le misure cosiddette “a regia” del MASE, quale amministrazione titolare della misura, con il coinvolgimento di un determinato numero di soggetti realizzatori, selezionati attraverso apposite procedure competitive gestite dal GSE, in qualità di soggetto gestore della misura, sulla base di un'apposita convenzione.

Nel contesto di cui sopra e in attuazione del predetto decreto legislativo n. 199 del 2021, il MASE, con i decreti ministeriali nn. 10 e 11 del 12 gennaio 2023, ha definito i criteri e le modalità per la concessione dei benefici a fondo perduto per la realizzazione, rispettivamente, di almeno 13.755 stazioni di ricarica veloci per veicoli elettrici nei centri urbani, con uno stanziamento complessivo di 353.159.625 euro e di almeno 7.500 stazioni di ricarica superveloci per veicoli elettrici su superstrade con uno stanziamento complessivo di 359.943.750 euro.

Con i successivi decreti direttoriali, protocollo n. 332 e n. 333 del 10 maggio 2023, sono stati approvati i primi avvisi pubblici per la presentazione di proposte progettuali finalizzate alla realizzazione delle predette infrastrutture di ricarica elettrica.

Più in particolare, con il decreto direttoriale n. 332 è stato approvato l'avviso pubblico per la realizzazione nell'anno 2023 di 3.112 stazioni di ricarica sulle superstrade, da intendersi, per quanto sopra, come strade extraurbane, con uno stanziamento di 149.352.660 euro. Con il decreto direttoriale n. 333 è stato approvato l'avviso pubblico per la realizzazione di 4.951 stazioni di ricarica nei centri urbani per l'anno 2023, con uno stanziamento di 127.116.925 euro. In seguito il MASE, sulla base di specifiche istruttorie tecniche del GSE sulle domande di agevolazione presentate, ha approvato, con i decreti protocollo nn. 416 e 417 del 30 giugno 2023, le graduatorie definitive relative agli avvisi di cui sopra.

Con riferimento all'avviso relativo ai centri urbani, si segnala che sono state valutate 59 istanze relative a 12 soggetti proponenti, aggiudicando 70.050.198 euro per la realizzazione di 4.718 infrastrutture di ricarica relativamente a 27 dei 30 ambiti di gara previsti.

Si segnala che, a valle dell'aggiudicazione all'esito delle successive verifiche del GSE, il MASE, con decreti dipartimentali n. 152 dell'11 aprile 2024 e n. 165 del 18 aprile 2024, di modifica del predetto decreto direttoriale n. 416 del 30 giugno 2023, ha ammesso al beneficio per il 2023 la realizzazione nei centri urbani di 3.044 stazioni di ricarica distribuite territorialmente nei seguenti 17 ambiti: Campania A, Campania B, Emilia-Romagna B, Lazio B, Liguria, Lombardia A, Lombardia B, Lombardia C, Marche, Molise, Piemonte A, Puglia A, Sicilia B, Trentino-Alto Adige, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto A.

Si rappresenta che l'avvio dei lavori è vincolato all'ottenimento, da parte dei soggetti beneficiari, della connessione alla rete di distribuzione di energia elettrica e delle autorizzazioni richieste all'ente proprietario della strada o dell'area nel caso di occupazione di suolo pubblico.

Con riferimento all'avviso relativo alle superstrade, ovvero strade extraurbane, si segnala che sono state valutate 6 istanze, relative a 3 diversi soggetti proponenti. Tuttavia, all'esito delle verifiche istruttorie, nessuna istanza è risultata ammissibile per assenza dei requisiti minimi previsti dall'avviso.

Pertanto, nel 2024, il MASE: con i decreti ministeriali nn. 109 e 110 del 18 marzo 2024 ha aggiornato - in sostituzione dei precedenti decreti di cui sopra nn. 10 e 11 del 12 gennaio 2023 - i criteri e le modalità per la concessione dei benefici a fondo perduto per la realizzazione di stazioni di ricarica superveloci sulle strade extraurbane e per la realizzazione di stazioni di ricarica veloci nei centri urbani, al fine, fra l'altro, di ampliare la concorrenza con la possibilità di partecipazione ai bandi da parte di più operatori, anche definendo ambiti di gara più contenuti in termini di stazioni di ricarica da realizzare. Con i successivi decreti protocollo 105 e 106 del 28 giugno 2024, ai fini del raggiungimento della milestone M2C2-28 in scadenza a dicembre 2024 (traguardo T4 2024), ha approvato i nuovi avvisi pubblici per la presentazione di proposte progettuali finalizzate alla realizzazione delle predette infrastrutture di ricarica elettrica nei centri urbani e lungo le strade extraurbane.

Più in particolare: con il decreto direttoriale n. 105 del 28 giugno 2024 è stato approvato l'avviso pubblico per la realizzazione nell'anno 2024 di 10.880 stazioni di ricarica nei centri urbani con uno stanziamento di 279.344.000 euro; con il decreto direttoriale n. 106 del 28 giugno 2024 è stato approvato l'avviso pubblico per la realizzazione di 7.500 stazioni di ricarica sulle strade extraurbane, con uno stanziamento di 359.943.750 euro. Si informa che le istanze di ammissione al beneficio dovranno essere presentate entro 100 giorni dalla pubblicazione dei decreti, mentre la relativa istruttoria dovrà essere effettuata dal GSE nei successivi 45 giorni.

Per quanto sopra, si rappresenta che lo stato di attuazione dell'investimento è in corso di avanzamento e che entro dicembre 2024 è prevista l'aggiudicazione degli appalti di cui alla milestone M2C2-28. In tal senso, giova segnalare che, in relazione all'attuazione dell'investimento, non sono state rilevate criticità dalla struttura di missione del PNRR della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Ragioneria generale dello Stato.

Da ultimo, si rappresenta che le misure previste dal PNRR si ritengono sufficienti a garantire l'integrale copertura dei fabbisogni infrastrutturali stimati per l'Italia, pari a 31.500 punti di ricarica. In tal senso sono state valutate congrue dallo stesso Piano nazionale integrato per l'energia e il clima.

Si rappresenta, infine, che con il decreto n. 106 del 16 marzo 2023 sono state individuate le modalità di funzionamento della Piattaforma unica nazionale dei punti di ricarica per veicoli ad energia elettrica. Si ricorda che la PUN consente di realizzare il censimento anagrafico delle infrastrutture di ricarica a pubblico accesso, dei connessi punti di ricarica, nonché dei relativi gestori e fornitori di servizi di mobilità elettrica, garantendo, allo stesso tempo, uniformità ed omogeneità delle informazioni in essa contenute.

Essa costituisce un elemento necessario per la diffusione dei veicoli elettrici nel Paese, per lo sviluppo del mercato dei servizi di ricarica ad esso collegati e per l'efficace pianificazione degli interventi e degli investimenti pubblici e privati.

PRESIDENTE. L'onorevole Barbagallo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Insieme ai colleghi della Commissione trasporti - l'onorevole Casu, l'onorevole Morassut, l'onorevole Bakkali e l'onorevole Ghio - abbiamo proposto questa interpellanza urgente sullo stato di attuazione dei bandi relativi alle infrastrutture di ricarica elettrica proprio per conoscere la condotta del Governo rispetto a quello che è un progetto rilevante per l'ammodernamento e l'evoluzione del nostro Paese.

Io voglio ricordare all'inizio del mio intervento, come ha già fatto bene prima di me l'onorevole Casu, quello che è lo stato dell'arte delle colonnine di ricarica elettrica nel nostro Paese: ne abbiamo 54.000 e, di queste 54.000, poco meno del 60 per cento è nel Nord Italia, il 20 per cento circa nel Centro Italia e meno del 20 per cento nel Sud e nelle isole.

Proprio per questo il progetto è stato inserito nel PNRR, per garantire non soltanto il rilancio, ma anche l'ammodernamento di tutte le parti del Paese, consentendo al Mezzogiorno di recuperare un evidentissimo gap che è in questi numeri.

Nella nostra interpellanza abbiamo dato atto nelle premesse che c'è stato un evidente differimento delle misure del PNRR, con uno spostamento fino al quarto trimestre del 2025, quindi, a dicembre del 2025, di tutte le misure relative all'implementazione delle colonnine elettriche. Quindi, abbiamo chiesto al Governo quali sono le motivazioni che hanno determinato questo slittamento, qual è oggi la situazione, lo stato dell'arte sulle procedure di aggiudicazione e di esecuzione, se i lavori dei 27 interventi per realizzare oltre 4.700 colonnine di ricarica sono iniziati e stanno proseguendo regolarmente e se le tre linee di intervento sono sufficienti a garantire gli oltre 31.500 punti di ricarica.

Abbiamo proposto l'interpellanza perché avevamo dei sospetti e, francamente, la risposta del Governo non solo ha confermato quei sospetti, ma ci preoccupa molto. I dati che ci ha comunicato il Sottosegretario Barbaro si distinguono in due categorie, sostanzialmente: da un lato, i lavori che non sono iniziati, per cui c'è soltanto la formale aggiudicazione, con una serie di ritardi relativi sia ad altri gestori della rete elettrica sia alla concreta attuazione da parte delle ditte aggiudicatarie.

Dall'altro lato, un differimento consistente, sic et simpliciter, dei bandi relativi alle migliaia e migliaia di infrastrutture elettriche, anche a quelle relative alle aree interne e urbane e, quindi, ai comuni, che sono il cuore pulsante della misura e su cui, invece, francamente, serve cambiare marcia.

Non siamo soddisfatti della risposta del Governo, perché, al di là dei numeri, Sottosegretario, noi ci aspettavamo, oggi, in quest'Aula, una dichiarazione vera di impegno da parte del Governo, per portare a termine l'opera nel più breve tempo possibile e rimuovere gli ostacoli di natura burocratica rispetto alla realizzazione e all'installazione di queste colonnine elettriche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Il tema vero di oggi è questo. E la sua risposta conferma un sospetto che, in questi mesi di Governo Meloni e Salvini, abbiamo sempre di più alimentato, cioè che questo Governo, anziché investire, alimentare e accompagnare le giovani generazioni e l'evoluzione del Paese verso la transazione ecologica, vuole riportare le lancette indietro nel tempo, quasi al Medioevo. Ed è sintomatico che, dopo gli sforzi che abbiamo fatto - mi riferisco al Partito Democratico - quando eravamo in maggioranza, questa, che è una norma simbolo del PNRR, sia ancora ferma al palo, con le evidenti conseguenze per il Mezzogiorno italiano, che è il meno infrastrutturato e dove occorre percorrere centinaia di chilometri per trovare una colonnina elettrica e mi riferisco sia alle aree interne sia alle isole del Mezzogiorno.

Lo diciamo stamattina in quest'Aula, in modo chiaro e netto: il PNRR è un impegno da rispettare, non soltanto per gli impegni che ha preso il Governo italiano, ma anche nei confronti di chi si è fidato del Governo italiano, come quei cittadini che, in questi anni, hanno investito sulle auto elettriche e che rischiano ogni giorno di restare appiedati, perché mancano le colonnine elettriche. Per non parlare dei continui disagi accumulati proprio per il ritardo di questa misura. Mi riferisco ai disagi non soltanto dei cittadini, ma anche delle imprese e delle case costruttrici, insomma, di quel mondo che ha fatto legittimo affidamento sull'impegno pubblico del Governo.

C'è un altro dato che voglio comunicare stamattina, ossia il ritardo del Paese rispetto agli altri grandi Paesi europei. L'Italia è ultima tra i grandi Paesi europei. I dati sono impietosi: nel Regno Unito, nel maggio del 2024, le auto elettriche immatricolate sono una su quattro, cioè, il 25,6 per cento; in Francia il dato è simile: il 24,1 per cento; in Germania: il 18,5 per cento; in Spagna: il 9,6 per cento; in Italia, a maggio del 2024, sono state immatricolate appena il 6,9 per cento di auto elettriche. Credo che questo dato si commenti da solo e, per questo, stamattina, signor Sottosegretario, la sua risposta non ci convince.

Eravamo coscienti che la sfida della transizione green non sarebbe stata una passeggiata: serve proprio per questo l'impeto e la passione per quella che dovrebbe essere una piccola rivoluzione nella vita di ogni giorno, per tutelare la qualità dell'aria e garantire una maggior tutela dell'ambiente.

Come dicevo prima, soprattutto le giovani generazioni sono pronte a trascinare questo processo; invece, siamo prigionieri dell'incapacità di quattro burocrati - perché le cose che ci ha comunicato lei stamattina sono soprattutto intoppi burocratici - e dell'inettitudine e della malafede del Governo nell'intraprendere questo percorso.

Sulla corretta esecuzione del bando restano, a nostro giudizio, ombre pesanti, così come sulla corretta installazione delle colonnine nelle autostrade, nelle aree interne e in quelle svantaggiate, anche per la circostanza che il numero di colonnine delle aree urbane coincide pressappoco con il numero dei comuni. Quindi, stamattina servivano rassicurazioni specifiche. In particolare, siccome le colonnine coincidono con il numero dei comuni, bisognava dire: “Noi rassicuriamo gli italiani che almeno in ogni comunità ci sarà una colonnina elettrica”. E questo non è arrivato.

Resta poi il tema del mercato e della produzione di auto, che ci vede sempre più in difficoltà rispetto ad altri Paesi e a cui la corretta e veloce esecuzione di questa misura darebbe slancio e fiducia. Ed ancora: i danni all'ambiente, il numero di emissioni nocive, le PM10, le città del Mezzogiorno e le grandi città italiane che, ogni giorno, fanno i conti con gli ultimi posti nella classifica per la qualità dell'aria e per la qualità della vita.

Insomma, il Governo continua a guardare alla mobilità sostenibile come una preoccupazione, piuttosto che una grande sfida e una grande opportunità per il tempo che viviamo.

Infine: il bando per l'installazione delle 31.500 colonnine di ricarica elettrica dava risposta anche alla sete delle giovani generazioni di un Paese più green, nonché - per dirla come Papa Francesco - garantendo una maggiore tutela del creato.

Insomma, questa melina, che dura da 18 mesi, non serve al Paese e non serve all'ambiente. È sintomatico, poi, che gli appelli più forti arrivano dalle parti più disparate del Paese e arrivano, soprattutto, dai ragazzi: sono loro che ci indicano la via. Serve uno scatto di reni e profondere maggiore slancio in questo settore anche per loro.

Concludo, signor Presidente. Al Governo diciamo che va profuso ogni sforzo per definire il processo di transizione ecologica. C'è stato, qualche mese fa, un grande convegno di Legambiente, a cui il Partito Democratico ha partecipato, e abbiamo rilanciato tutti insieme le grandi sfide della transizione ecologica, che ancora oggi resta ferma al palo. Sono parole d'ordine su cui il Governo dovrebbe riflettere per cambiare marcia: rivoluzione energetica, adattamento alla crisi climatica, riconversione industriale, economia circolare, lotta all'illegalità anche per mezzo dei bandi, per migliorare la legge sulle agromafie, la rigenerazione urbana, l'agroecologia e le sfide sulla decarbonizzazione dei trasporti.

Ecco, concludo, signor Presidente, dicendo che continueremo ad incalzare il Governo su questi temi, anche con ulteriori atti ispettivi, e ci aspettiamo - lo dico ancora una volta, rappresentante del Governo - un cambio di passo e risposte più precise, anche sugli ostacoli da rimuovere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo, a questo punto, agli interventi di fine seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

ANTONIO BALDELLI (FDI). Illustrissimo signor Presidente, onorevoli colleghi, in questi giorni, è stata pubblicata una notizia che non ha destato lo scalpore che mi sarei aspettato. Da un'indagine…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. Prego, onorevole Baldelli.

ANTONIO BALDELLI (FDI). Ricomincio, signor Presidente. Illustrissimo signor Presidente, onorevoli colleghi, in questi giorni, è stata pubblicata una notizia che non ha suscitato lo scalpore che mi sarei atteso.

Da una indagine giornalistica del giornale on line Open, è emerso che il caso Salis, sulle occupazioni abusive, non è un caso isolato. Infatti, il collega Fratoianni ha un debito di oltre 70.000 euro per aver occupato abusivamente, tramite il suo partito, al tempo in cui era segretario di SEL, un immobile dell'INPS, che ricordo a tutti essere un ente pubblico, un ente dello Stato; un debito iscritto nel bilancio di Sinistra Italiana, dopo che SEL è stato sciolto, e che potrebbe arrivare, addirittura, a 400.000 euro per altre occupazioni abusive, così come è emerso da un'indagine giornalistica della trasmissione Dritto e Rovescio.

Ma il collega Fratoianni, rispondendo alle domande di un giornalista, in maniera supponente ha anche dichiarato come l'iscrizione di quel debito a bilancio sia - cito testualmente - “l'espressione della trasparenza del suo partito”. E no, signor Presidente, non iscrivere un debito a bilancio significa compiere un reato; iscrivere il debito a bilancio significa, invece, fare ciò che prevede la legge.

Proprio il 24 aprile di quest'anno, in quest'Aula, chiedevo di fare chiarezza su finanziamenti che sono stati erogati dal finanziere George Soros ad alcuni esponenti politici italiani, tra cui spiccava, fra l'altro, il nome di Nicola Fratoianni, finanziato per oltre 110.000 euro.

A tal punto, sorge legittima la domanda su come siano stati impiegati questi fondi e sul perché non siano stati utilizzati per pagare quei debiti derivanti dalle occupazioni abusive. A questo punto, possiamo affermare, senza timore di essere smentiti, come in AVS siano presenti occupanti abusivi e anche persone insolventi. E allora, da Fratoianni alla Salis, potranno intonare un nuovo slogan che gli calza a pennello: abusivi di tutta Italia, unitevi.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 15 luglio 2024 - Ore 11:

(ore 11, con votazioni non prima delle ore 14)

1. Discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, recante disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell'anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca. (C. 1902-A​)

Relatore: SASSO.

La seduta termina alle 11.