XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la Corte penale internazionale fu istituita con il Trattato di Roma nel 1998 ed è entrata in vigore nel luglio 2002. Ne sono membri 125 Stati, tra cui l'Italia. Gli Stati Uniti e Israele non sono membri e non riconoscono, dunque, la giurisdizione della Corte;
la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex Ministro della difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri – noto come Deif – per crimini di guerra e crimini contro l'umanità per la guerra a Gaza e gli attacchi dell'ottobre 2023;
la decisione rappresenta un passo estremamente importante per la giustizia internazionale; i mandati erano stati richiesti anche contro gli altri due principali leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar, ma sono entrambi rimasti uccisi nel corso della guerra in atto;
seppur la Corte penale internazionale operi secondo principi di diritto internazionale, la decisione del mandato di arresto al leader israeliano ha generato forti reazioni politiche, a partire dallo stesso Governo israeliano e da Netanyahu che ha definito la mossa «antisemita» e motivata politicamente, nonostante la Corte accusi singoli individui e non lo Stato di Israele;
l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Borrell, ha più volte ribadito, prima dello scadere del proprio incarico e in occasione dell'ultimo Consiglio europeo di dicembre 2024, che le decisioni della Corte penale internazionale sono vincolanti per gli Stati membri dell'Unione europea e si è detto anche «allarmato dall'estrema politicizzazione delle reazioni alla decisione della Corte», ribadendo che la decisione della Corte penale internazionale «non ha nulla a che fare con l'antisemitismo e non è una decisione politica»;
l'Unione europea fino ad oggi ha sempre posto al centro delle relazioni esterne la questione della giustizia internazionale e della lotta all'impunità al punto da inserire l'adesione alla Corte fra i requisiti per i Paesi candidati all'allargamento;
la posizione del Governo italiano sulla pronuncia della Corte penale internazionale è apparsa da subito ambigua e reticente, non in linea con le dichiarazioni fatte da altri Paesi del G7 e dell'Unione europea;
il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Vice Presidente del Consiglio dei ministri Tajani aveva inizialmente affermato che l'Italia «rispetta e sostiene la Corte penale internazionale», mentre l'altro Vice Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro Matteo Salvini, affermava che il Premier israeliano «sarebbe il benvenuto se venisse in Italia»;
la Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, durante le repliche in Parlamento per il Consiglio europeo di dicembre 2024 affermava, in termini assai preoccupanti, che «le decisioni assunte dalla Corte, sia sul conflitto a Gaza, sia anche sul conflitto dell'Ucraina, sollevano, a molti, diversi interrogativi, che io penso meritino un dibattito, anche qui, non ideologico e, se vogliamo, un approfondimento. Su entrambi i fronti, i provvedimenti della Corte, per la prima volta, intervengono non a guerra conclusa, ma a conflitto in corso e questo, chiaramente, rischia di trasformare un organo giurisdizionale in una parte del conflitto stesso»;
il Ministro Tajani aveva più volte rimandato ad eventuali verifiche giuridiche sulla possibile immunità di Netanyahu in quanto Capo di Stato in carica di un Paese non membro della Corte – così come nel caso di Putin –, e infine ha dichiarato che «la richiesta di arresto di Netanyahu è irrealizzabile» e che «è tutto molto chiaro, ci sono delle immunità e le immunità vanno rispettate»;
tali dichiarazioni contrastano con le pronunce della stessa Corte penale internazionale che hanno escluso una prevalenza della norme internazionali sull'immunità rispetto alle sue pronunce per crimini di guerra e crimini contro l'umanità, mentre, sul fronte legale, la strada maestra per Israele di evitare ulteriori interventi della Corte e sospendere i mandati di arresto sarebbe stata di avviare serie indagini interne e un percorso giudiziario, considerate sufficienti in ottemperanza del principio di complementarietà;
queste dichiarazioni del Governo comportano una palese forma di delegittimazione della Corte penale internazionale, in un momento in cui sta subendo un forte attacco e l'Europa, e in particolare l'Italia, dovrebbero difenderne ruolo e funzione, perché la Corte rappresenta un'acquisizione fondamentale del diritto e della giustizia internazionale;
da ultimo, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Tajani ha affermato che «la Corte penale internazionale non è la bocca della verità», riguardo la vicenda della scarcerazione del libico Al Masri, capo della polizia giudiziaria di Tripoli e direttore del carcere di Mitiga, sul quale pendeva un mandato di arresto della Corte per crimini di guerra e crimini contro l'umanità;
l'arresto è stato eseguito in conseguenza di un mandato emesso dalla Corte penale internazionale, per gravissimi addebiti di tortura e trattamenti inumani e degradanti, soprattutto ai danni di persone migranti, relativamente al periodo di loro detenzione nelle carceri di Mitiga e Ain Zara;
in data 21 gennaio 2025 la corte d'appello di Roma ha ritenuto l'arresto irrituale in quanto eseguito sulla base della procedura di cui all'articolo 716 del codice di procedura penale, relativo all'estradizione, e, dunque, senza rispettare la più articolata procedura prevista dall'articolo 11 della legge 20 dicembre 2012, n. 237, e, quindi, ha emesso un ordine di scarcerazione dell'arrestato. Contestualmente alla pronuncia della corte d'appello di Roma sono state immediatamente avviate le procedure per il rimpatrio di Najeem Osema Almasri Habish, avvenuto nel pomeriggio dello stesso giorno a mezzo di un aereo Falcon 900 italiano;
anche prescindendo in questa sede da ogni valutazione di carattere tecnico-giuridico in merito alla decisione assunta dalla corte d'appello di Roma, destano sconcerto e grave preoccupazione le successive decisioni politiche assunte dal Governo e, in particolare, quella di procedere immediatamente al rimpatrio dell'arrestato che ha definitivamente vanificato ogni possibilità di rispettare e dare esecuzione a quanto richiesto dalla Corte penale internazionale, definitivamente sottraendo l'imputato alla giustizia internazionale;
oggi la Corte è sotto attacco non solo da parte di autocrazie come la Russia: al Congresso degli Stati Uniti e alla Knesset di Israele, due Paesi che non sono neanche parte della Corte, sono in discussione due proposte di legge che mirano a introdurre pesanti sanzioni per la Corte e i suoi funzionari e a criminalizzare chiunque collabori con essa. Queste leggi, se approvate, comporterebbero la cancellazione di tutti i procedimenti in corso e renderebbero di fatto impossibile l'operatività della Corte, condannandola ad un «rischio chiusura» quasi certo e al venir meno del presidio giuridico internazionale sui crimini di guerra e sui crimini contro l'umanità commessi dai singoli individui nei diversi scenari bellici, a partire dall'Ucraina e da Gaza;
tra i primi «ordini esecutivi» del neo insediato Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, firmati il 21 gennaio 2025, vi è stata la cancellazione del provvedimento del 2021 dell'Amministrazione Biden con cui si revocano le sanzioni imposte alla Corte penale internazionale dagli Usa durante la prima Amministrazione Trump;
si ribadisce il sostegno per salvare la Corte penale internazionale come istituzione giurisdizionale il cui scopo è affermare la legalità internazionale, salvare i tanti procedimenti in corso e proteggere chi vi lavora, oltre 1.000 persone di 109 Paesi e mettere in atto ogni interlocuzione istituzionale con il Governo e il Congresso statunitensi, al fine di scoraggiare un simile attacco che metterebbe in pericolo la giustizia internazionale;
la delegittimazione della Corte penale internazionale si inserisce in un più ampio, grave e inaccettabile tentativo di delegittimare e colpire le istituzioni multilaterali; alla decisione del Governo israeliano di dichiarare il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, «persona non grata» è seguita l'approvazione, il 28 ottobre 2024, di due leggi che definiscono l'Unrwa un'organizzazione terroristica e vieta all'agenzia dell'Onu di condurre «qualsiasi attività» all'interno di Israele, a Gerusalemme Est e nella Cisgiordania, oltre che a Gaza, con evidenti ulteriori drammatiche ricadute sulla popolazione palestinese; sono seguiti diversi attacchi contro Unifil nel Sud del Libano,
impegna il Governo:
1) a dare piena attuazione ai mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale, nei confronti del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex Ministro della difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Mohammed Deif, così come negli altri casi in linea con la normativa italiana di adeguamento allo Statuto di Roma e in virtù del previsto obbligo di cooperazione da parte degli Stati membri, senza improprie considerazioni politiche che minerebbero il principio fondante per cui la legge, anche internazionale, è uguale per tutti;
2) a sostenere, in tutti i consessi europei ed internazionali, la legittimità della Corte penale internazionale, in merito al conflitto a Gaza, nonché a mettere in atto ogni iniziativa politica e diplomatica per scongiurare attacchi alla sua operatività e ribadire la necessità della Corte come strumento cardine della giustizia internazionale.
(1-00394) «Braga, Provenzano, Boldrini, Porta, Ghio, Ferrari, Scotto».
La Camera,
premesso che:
negli ultimi due decenni la crescita economica dell'Unione europea è stata costantemente più bassa di quella degli Usa, mentre la Cina ha recuperato rapidamente terreno. La crescita delle disuguaglianze nella distribuzione dei redditi e della ricchezza è stata invece assai più accentuata negli Usa e in Cina rispetto all'Unione europea. La dinamica delle emissioni di anidride carbonica per abitante ha registrato invece una netta diminuzione nell'Unione europea e negli Usa e un forte aumento in Cina;
l'indebolimento relativo della crescita economica dell'Unione europea è stato aggravato negli ultimi anni dal venir meno di tre condizioni esterne favorevoli all'Europa: la rapida crescita del commercio mondiale (per cui le aziende europee affrontano una maggiore concorrenza dall'estero e un minore accesso ai mercati esteri), la brusca perdita del più importante fornitore di energia dell'Unione europea, la Russia, a seguito dell'invasione criminale dell'Ucraina, e la messa in discussione, nei nuovi assetti geopolitici, dell'ombrello di sicurezza fornito all'Europa dagli Usa;
secondo il rapporto «The future of European competitiveness», elaborato da Mario Draghi su incarico della Commissione europea, l'obiettivo principale di un'agenda per la competitività deve essere quello di aumentare la produttività, nonché rafforzare la sicurezza. Secondo il rapporto, l'aumento di produttività è «una sfida esistenziale per l'Unione europea». Essenziale per mantenere i punti di forza del modello socioeconomico europeo e per conseguire gli obiettivi ambiziosi che l'Unione europea si è posta, quali gli alti livelli di inclusione sociale, neutralità delle emissioni di anidride carbonica e maggiore rilevanza geopolitica. Per affrontare queste sfide, il rapporto propone una nuova strategia industriale per l'Europa concentrata su tre aree principali, volte a colmare il divario nell'innovazione nei confronti di Usa e Cina, a realizzare un piano congiunto di decarbonizzazione e competitività, ad aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze. Il rapporto fornisce una serie di importanti spunti di riflessione e proposte per accrescere la competitività dell'Unione europea che toccano anche l'assetto istituzionale, con particolare riferimento alla necessità di rafforzare l'integrazione in una serie di politiche strategiche per la competitività dell'Europa, di rafforzare la governance e il bilancio dell'Unione europea, di promuovere un grande volume di investimenti aggiuntivi da finanziare, mobilitando i capitali privati e prevedendo anche nuovo debito comune. La strategia europea per il rilancio economico deve però realizzare, accanto agli obiettivi di rafforzamento e innovazione dell'industria europea e di aumento della produttività, gli obiettivi di aumento della coesione e del benessere sociale e di riduzione delle diseguaglianze che attraverso le crisi finanziaria, pandemica, climatica ed energetica sono aumentate;
in questi ultimi anni la Commissione europea ha fortemente rafforzato il quadro regolatorio e programmatico sui principali temi della politica industriale, esprimendo una visione di medio-lungo termine sui principali driver di trasformazione del sistema economico e sociale, ma è rimasta molto debole sulla capacità reale di accompagnare e sostenere queste trasformazioni. Sul piano programmatico sono stati definiti obiettivi molto ambiziosi in materia di transizione digitale (digital compass) e di transizione ambientale (fit for 55), cui si sono aggiunti gli obiettivi di autonomia strategica nell'importazione di materie prima (critical raw materials act) e di sicurezza degli approvvigionamenti critici (chips act). La realizzazione di questi obiettivi richiede enormi investimenti comuni europei in nuove tecnologie e, nel breve periodo, anche un potenziamento delle capacità industriali in settori chiave, come batterie, semiconduttori, impianti per le rinnovabili, sistemi di telecomunicazione abilitanti il 5g, dove il livello di dipendenza dalle importazioni, in particolare dalla Cina, rischia di penalizzare prospettive di crescita e di occupazione;
la creazione di una vera e propria politica industriale europea è necessaria per affrontare le nuove sfide globali e recuperare competitività, in un contesto internazionale che ha visto corposi piani di investimenti sia da parte della Cina che con l'Inflation reduction act statunitense, richiede che si prosegua con decisione e anzi si rafforzi la politica di investimenti comuni europei avviata con il NextGenerationEU. Un piano che è anche una visione del futuro europeo, che con le giuste condizionalità spinge su obiettivi di conversione ecologica e digitale e di riduzione delle diseguaglianze. Questi obiettivi sono di pari importanza e nessuno di essi può essere tralasciato. Per affrontare queste trasformazioni accompagnando le imprese europee, specialmente le piccole e medie, servono almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui (pari al 4,4-4,7 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione europea annuo), da finanziare anche attraverso nuovo debito comune. Una politica industriale che rilanci l'economia europea puntando sull'innovazione richiede anche più integrazione europea, maggiore rapidità delle decisioni, maggior coordinamento delle politiche industriali, commerciali e fiscali degli Stati membri, modificazioni dei quadri normativi esistenti per superare il principio di unanimità e sarà necessario superare a livello europeo nazionalismi e spinte all'austerità che frenano le soluzioni europee che si rendono necessarie ad affrontare sfide che travalicano ogni frontiera;
la dimensione europea è la condizione minima per sostenere un'industria in grado di competere nella nuova globalizzazione dominata dai giganti americani e cinesi. In questo quadro è fondamentale non solo il rafforzamento delle politiche industriali integrate e i programmi di investimento comuni, ma anche il superamento dell'unanimità e del conseguente potere di veto, che impedisce di prendere decisioni rapide ed efficaci, e del processo decisionale lento e disaggregato;
l'obiettivo di una politica industriale europea non deve essere solo quello di un rilancio economico che punti sull'innovazione e sull'aumento della produttività, ma deve essere quello di assicurare la realizzazione di transizioni giuste che riducano ogni forma di diseguaglianza sociale e territoriale per aumentare la coesione nel continente e assicurare l'accesso a servizi e beni pubblici fondamentali europei a tutte e tutti i cittadini dell'Unione;
sul piano finanziario, per garantire il grande volume di risorse necessario alla strategia industriale europea occorre sia un bilancio dell'Unione europea più ambizioso, per il potenziamento delle risorse a disposizione della Commissione europea nel perseguimento degli obiettivi definiti nei diversi documenti programmatori, sia una governance economica che apra più spazi alle politiche nazionali di investimento, strumenti comuni permanenti e finanziamenti congiunti, a livello di Unione europea, per beni pubblici chiave e guadagni di produttività per creare spazio fiscale. Altrettanto importante è il versante dell'armonizzazione fiscale per evitare concorrenza fiscale tra gli Stati e concorrenza sleale tra le imprese, contrastando le pratiche di elusione fiscale e pianificazione fiscale aggressiva e riducendo al contempo i costi di compliance delle imprese che operano nel mercato comune. Altresì, l'avanzamento verso un mercato unico dei capitali è in grado di mobilitare una quota maggiore di risparmi privati europei, come indicato dal rapporto Letta «Much more than a market»;
in particolare, a sostegno di una strategia industriale europea, si dovrebbe prevedere:
a) di rendere strutturali gli investimenti comuni europei, per porre le basi di una politica industriale europea che accompagni l'innovazione e le transizioni ecologica e digitale con almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, da finanziare anche attraverso nuovo debito comune;
b) l'utilizzo delle ingenti risorse derivanti dall'Ets, dal Cbam (meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere), dalla plastic tax europea e di altre forme di tassazione attualmente allo studio della Commissione europea (Befit) per il finanziamento di strumenti europei di sostegno alla creazione di catene del valore nei settori strategici legati alla green economy;
c) la creazione di un fondo europeo per la transizione ecologica alimentato con emissione di debito comune, garantendo all'Europa la possibilità di cofinanziare la crescita della competitività e la coesione sociale rendendo strutturale il meccanismo del NextGenerationEU. Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione servono ingenti investimenti comuni per accompagnare imprese, agricoltura, famiglie e lavoratori nella transizione ecologica, affinché sia una transizione giusta che non lascia indietro nessuno;
d) la creazione di un fondo specifico per il settore strategico dell'automotive, settore in difficoltà in diversi Paesi europei, compresa l'Italia. Proprio per questo serve un fondo europeo che accompagni la conversione ecologica e digitale del settore e che finanzi la formazione e la riprofessionalizzazione di lavoratrici e lavoratori del settore;
e) la riproposizione del fondo Sure, sperimentato durante la pandemia per sostenere l'occupazione, finalizzato ad un programma europeo di aggiornamento delle competenze dei lavoratori e di sostegno temporaneo al reddito per i lavoratori coinvolti nelle due transizioni;
f) il sostegno allo sviluppo di nuovi strumenti finanziari finalizzati a sostenere investimenti nei settori green, rafforzando i meccanismi della tassonomia europea e con precise condizionalità che incentivino l'innovazione, la riduzione delle emissioni, la qualità dell'occupazione e l'impatto sociale, promuovendo strumenti di finanza d'impatto e rendendo più trasparente i sistemi di rendicontazione non finanziaria delle imprese previsti dalla nuova direttiva sulla responsabilità sociale d'impresa;
g) la valorizzazione delle possibilità operative del Gruppo Banca europea per gli investimenti sia in relazione al finanziamento di grandi progetti previsti sui semiconduttori, sulle materie prime e sulle tecnologie net zero, sia per il sostegno agli obiettivi della capital market union, promuovendo un mercato del capitale del rischio allineato a quelli di ordinamenti concorrenti;
h) l'esclusione dal patto di stabilità degli investimenti finalizzati alla produzione di beni pubblici;
quanto alle principali leve attualmente a disposizione di una politica industriale comune, per contribuire ad un rilancio della competitività europea è necessario intervenire attraverso:
a) il potenziamento delle risorse destinate alla ricerca, avendo avuto il programma Horizon Europe per il 2021-2027 una dotazione di 95 miliardi di euro, in crescita rispetto ai precedenti cicli, ma inadeguata a sostenere la competitività del sistema industriale europeo e il presidio dei grandi temi della ricerca, a partire dall'intelligenza artificiale;
b) la creazione di infrastrutture europee di ricerca e innovazione, a partire da un grande istituto pubblico europeo per produzione, ricerca, distribuzione di vaccini e farmaci, mettendo insieme le risorse, le competenze e anche promuovendo quote di brevetti aperti allo scambio di conoscenze;
c) il rafforzamento della struttura del programma su grandi missioni in linea con l'evoluzione dei bisogni dei cittadini europei e con la produzione di nuovi beni pubblici;
d) la riforma complessiva dello strumento degli Ipcei (Important projects of common European interest) finalizzati a supportare il consolidamento di nuove catene del valore europee in settori strategici, intervenendo sul cofinanziamento strutturale con fondi della Commissione europea per favorire la più ampia partecipazione delle imprese dell'Unione, estendendo i meccanismi di finanziamento anche per i processi di industrializzazione per le filiere più strategiche – rispetto alle quali è urgente aumentare la capacità produttiva –, rendendo più trasparenti i meccanismi di sollecitazione delle imprese rafforzando il ruolo di indirizzo della Commissione, rendendo finanziabili anche gli investimenti sulla riqualificazione dei lavoratori da immettere nelle nuove value chains;
e) la creazione di reti europee della ricerca (sul modello di quanto fatto nel settore dell'high performing computing) in grado di favorire sinergie tra ricerca ed industria e aumentare il potenziale di innovazione dell'industria dell'Unione europea;
parallelamente al sostegno alla ricerca e all'innovazione, la nuova strategia di politica industriale dovrebbe porre particolare attenzione a migliorare i sistemi di istruzione e formazione e ad accompagnare i lavoratori nella duplice transizione verde e digitale, anche al fine di assicurare l'inclusione e la coesione sociale;
in questo contesto, l'Italia rimane la seconda potenza manifatturiera d'Europa, dopo la Germania. Nel 2023 l'industria manifatturiera italiana ha generato un valore aggiunto di 328 miliardi di euro, il 17,5 per cento del totale, e ha dato lavoro a 4 milioni di persone, il 15,3 per cento del totale. Sono numeri ridimensionati, rispetto a quelli del 2007, prima della grande crisi finanziaria seppure superiori alla media europea, ma l'Istat – che solo pochi giorni fa ha dovuto rettificare le previsioni sul prodotto interno lordo italiano per il 2024, riportando il tasso di crescita al più realistico 0,5 per cento – ha certificato il 21° mese consecutivo di calo della produzione industriale, confermando una tendenza negativa su beni di consumo, beni strumentali e intermedi. Soffrono particolarmente l'automotive, l'elettrodomestico, il tessile e il calzaturiero; prima del Covid, nel 2019 la quota di ricchezza generata dall'industria italiana era pari al 19,9 per cento del prodotto interno lordo. Oggi si è scesi al 18,1 per cento. In pratica, due punti in meno in soli cinque anni;
il riflesso delle difficoltà del sistema industriale italiano si ripercuote sul mondo del lavoro dove sarebbero oltre 120.000 i lavoratori a rischio, di cui 70.000 solo nell'automotive, 25.459 nella siderurgia, 8.000 nell'energia (centrali a carbone e cicli combinati), 2.000 nel settore elettrico, 4.094 nella chimica di base, 3.473 nel settore del petrolchimico e in quello della raffinazione, 8.000 nelle telecomunicazioni, per non parlare delle gravi ricadute di tali crisi sulla filiera degli appalti;
è dunque indispensabile promuovere nelle istituzioni dell'Unione europea alcune iniziative specifiche volte ad accrescere la produttività e rafforzare lo sviluppo inclusivo e sostenibile,
impegna il Governo:
1) a farsi parte attiva per rendere strutturali gli investimenti comuni, per porre le basi di una politica industriale europea che accompagni l'innovazione e le transizioni ecologica e digitale con almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui da finanziare anche attraverso nuovo debito comune, in particolare per rendere permanente e rafforzare il programma NextGenerationEU, estendendolo a tutti i settori strategici e facendolo diventare una vera leva di politica industriale europea;
2) a promuovere una nuova governance economica che superi definitivamente l'austerity con regole di bilancio che guardino, in particolare, alla crescita, agli investimenti comuni, alla tutela dei posti di lavoro e del clima, alla riduzione delle diseguaglianze e siano in grado di garantire le necessarie capacità di resilienza, prevenzione e risposta a crisi multidimensionali, complesse e transfrontaliere, per proteggere i cittadini e le imprese europee;
3) a sollecitare l'adozione di un patto sul progresso sociale, per ribadire il modello europeo di welfare su salario minimo, rafforzamento della contrattazione collettiva, nuovi diritti per i nuovi lavori, regolamentazione dell'intelligenza artificiale e delle piattaforme digitali;
4) a contribuire a portare avanti, senza rallentare, gli impegni sui tempi di azzeramento delle emissioni nette per realizzare un'economia europea carbon free strategicamente autonoma, anche attraverso la previsione di uno specifico fondo europeo per la transizione ecologica alimentato con emissione di debito comune, così da raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione accompagnando adeguatamente imprese, agricoltura, famiglie e lavoratori nella transizione ecologica, affinché sia una transizione giusta che non lasci indietro nessuno;
5) a sostenere la costituzione di una capacità fiscale comune e nuovi strumenti di imposizione fiscale propri, tali da consentire rapidi ed efficaci interventi anticiclici e da dotare di risorse adeguate le politiche europee, in particolare finalizzate a finanziare beni pubblici comuni, a promuovere gli investimenti a sostegno dello sviluppo e della coesione territoriale, per accompagnare la duplice transizione verde e digitale, nonché per assicurare il rafforzamento delle priorità del pilastro sociale e sanitario;
6) a favorire il completamento e la modernizzazione del mercato interno per rilanciare il modello sociale e produttivo europeo, a partire dai settori della finanza, dell'energia, della tecnologia digitale, delle telecomunicazioni e della difesa comune, per garantire l'autonomia strategica dell'Unione europea sia in materia di sicurezza esterna, sia in relazione all'innovazione tecnologica, che dovrà rafforzarsi in termini di capacità e know-how mettendo in comune competenze, ricerca e strumenti, considerato l'emergere di nuovi tipi di minacce ibride, dagli attacchi cyber-informatici a quelli alle infrastrutture strategiche, fino alle politiche dell'aerospazio;
7) a raccomandare la creazione di un fondo specifico per il settore strategico dell'automotive, che accompagni la conversione ecologica e digitale del settore, finanziando altresì la formazione e la riprofessionalizzazione di lavoratrici e lavoratori del settore;
8) a sostenere l'adozione di un Industrial act e una revisione del regime degli aiuti di Stato per sostenere le imprese europee nelle grandi transizioni ecologica e digitale dei prossimi anni, creando nuove catene del valore europee in settori strategici;
9) a promuovere la partecipazione delle imprese italiane alla creazione delle nuove catene del valore europee promosse dalla Commissione europea, soprattutto nell'ambito degli Ipcei, allineando la politica industriale italiana agli obiettivi europei e dando concreto sostegno al tessuto delle piccole e medie imprese, con agevolazioni per investimenti, in particolare nella digitalizzazione e nell'intelligenza artificiale;
10) a sollecitare la costruzione di altri strumenti sul modello di Sure per accompagnare e proteggere lavoratrici, lavoratori e imprese nelle transizioni digitale ed ecologica, affinché siano giuste e non lascino indietro nessuno;
11) a difendere la politica di coesione, uno degli strumenti di maggior successo della storia dell'Unione europea e che deve essere rinnovata e potenziata per ridurre le diseguaglianze territoriali tra Nord e Sud, tra aree urbane e interne;
12) a favorire l'armonizzazione dei livelli di tassazione, secondo parametri di equità e trasparenza, per eliminare i «paradisi fiscali» all'interno dell'Unione europea;
13) a promuovere il superamento del diritto di veto, il rafforzamento del bilancio europeo e del Parlamento europeo, l'introduzione di nuovi strumenti di partecipazione democratica.
(1-00395) «De Luca, Braga, Peluffo, Filippin, Guerini, Madia, Prestipino, De Micheli, Di Sanzo, Gnassi, Pandolfo».
ATTI DI CONTROLLO
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazioni a risposta scritta:
ZANELLA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 30 marzo 2017 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato con l'Accordo 37/CSR il piano d'azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici, articolato in 32 azioni, ripartite in cinque aree di intervento: contrasto diretto, contrasto indiretto, prevenzione, monitoraggio e cabina di regia. È rimasto lettera morta per la maggior parte delle sue azioni;
secondo un rapporto di BirdLife-International, ogni anno in Italia vengono uccisi illegalmente 5,6 milioni di uccelli;
la Federazione italiana della faccia (Fidc) si presenta come un partner impegnato nella protezione di specie minacciate come l'Ibis eremita. Tuttavia, i dati attuali del progetto europeo Life mostrano a un quadro diverso e sollevano seri interrogativi sul ruolo effettivo delle associazioni venatorie nella protezione di specie minacciate: basterebbe ricordare una delle celebri favole di Fedro;
la Fidc considera i cacciatori come vittime dei bracconaggio affermando che: «l'illegalità e il bracconaggio non hanno nulla a che fare con la caccia e i cacciatori, che sono in realtà le parti più colpite». Le evidenze del progetto Life contraddicono questa tesi;
mentre la Fidc parla di una cooperazione di successo con le organizzazioni di conservazione e si posiziona come pioniere nella lotta al bracconaggio, i dati del progetto europeo Life per la reintroduzione dell'Ibis eremita mostrano che le uccisioni illegali continuano a rappresentare una grave minaccia per gli uccelli. Circa il 30 per cento delle perdite in Italia sono chiaramente causate dal bracconaggio;
il progetto Life sull'Ibis eremita (Life20 NAT/AT/000049; LIFE NBI) attuato in collaborazione con dieci partner sotto la direzione dello Zoo Schönbrunn di Vienna riunisce ricercatori e organizzazioni di conservazione internazionali con l'obiettivo primario di ristabilire una popolazione di Ibis eremita autosufficiente in Europa;
durante la migrazione autunnale del 2024 otto uccelli sono stati uccisi illegalmente in Italia: gli esperti ritengono che il numero effettivo di perdite dovute al bracconaggio, che si verifica durante la stagione di caccia legale e nelle aree designate, sia ancora più elevato;
sono stati identificati diversi sospetti. Erano tutti cacciatori con licenze di caccia valide e iscritti ad associazioni venatorie italiane. Infatti, per l'uccisione, di un Ibis eremita sugli Appennini nel novembre 2024, grazie alla moderna tecnologia Gps, il colpevole è stato rapidamente identificato. Egli, come un altro autore condannato nel 2016, è un cacciatore con licenza e membro di un'associazione venatoria italiana;
i cacciatori non sono affatto solo vittime innocenti del bracconaggio, i responsabili sono nelle loro stesse fila: spetta anche alle associazioni venatorie intervenire contro questi criminali poiché l'elevato numero di bracconaggio è indice di un problema profondamente radicato all'interno della comunità venatoria;
per proteggere l'Ibis eremita e altre specie in pericolo, sono necessarie misure coerenti all'interno della comunità venatoria con un rafforzamento della cooperazione anche con le organizzazioni di conservazione;
la discrepanza tra le dichiarazioni pubbliche della Fidc e la situazione reale sul campo è evidente, mentre le associazioni venatorie parlano del loro impegno per la conservazione, a giudizio dell'interrogante contribuiscono in modo significativo al declino delle specie minacciate attraverso il comportamento dei loro membri che violano la legge, comportamento che non solo mina la fiducia nelle associazioni venatorie, ma danneggia anche la credibilità dell'intera comunità venatoria. È tempo che le associazioni venatorie si assumano le proprie responsabilità, combattano senza compromessi il bracconaggio all'interno dei loro gruppi e si impegnino attivamente per proteggere la biodiversità –:
se non ritengano i Ministri interrogati, ognuno per quanto di competenza, di adottare iniziative volte ad aumentare il personale, i mezzi e i controlli delle forze di polizia impiegate in questo campo, curandone anche la preparazione affinché siano in grado di contrastare meglio ed efficacemente il bracconaggio.
(4-04182)
ZINZI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
tra il 14 e il 15 ottobre del 2015, la regione Campania, e in particolare la provincia di Benevento, è stata interessata da piogge torrenziali e forti temporali, che, nel territorio del Sannio, hanno provocato l'esondazione dei principali corsi d'acqua: il Calore, il Sabato e il Tammaro; l'alluvione ha colpito tutta la provincia, ma i comuni maggiormente colpiti, oltre al capoluogo Benevento, sono stati Montesarchio, Solopaca, Pietrelcina, Paupisi e San Giorgio la Molara;
l'alluvione, con la piena che si è protratta fino al successivo 19 ottobre 2015 ha provocato ingenti danni alle abitazioni, agli edifici, ai terreni agricoli, alle infrastrutture agricole e alle strade interpoderali;
nelle settimane successive all'evento calamitoso, i comuni interessati hanno promosso incontri con i propri cittadini che hanno subìto gravi danni sia alle strutture aziendali che alle infrastrutture rurali connesse alle attività agricole, al fine di rendere loro nota l'opportunità di costituire Società semplici agricole di scopo, per poter proporre anche richieste di ripristino delle infrastrutture agricole attestandone lo status e la loro classificazione, così come previsto dalla consolidata normativa di riferimento ossia dal decreto legislativo n. 102 del 2004, articolo 5, comma 6, richiamato nel decreto ministeriale 24 dicembre 2015 (decreto di riconoscimento di calamità naturale per la provincia di Benevento);
tutte le strade poderali della rete rurale dei territori, dove vivono e lavorano gran parte degli aventi diritto, versa tuttora in condizioni assai precarie, colpite dall'alluvione dell'ottobre 2015 e aggravatesi dopo la nevicata eccezionale del 5, 6 e 7 gennaio 2017 e dalle piogge alluvionali dell'agosto 2018 fino al punto che gran parte di esse sono diventate assolutamente intransitabili sia da mezzi agricoli, che da ogni altro mezzo;
nessuna produzione è possibile se le infrastrutture connesse alle attività agricole continuano a versare in tale stato pietoso e il loro ripristino migliorerebbe anche la qualità della produzione locale e della vita degli agricoltori di zona;
per le infrastrutture connesse alle attività agricole, ricadenti in zone rurali quali strade interpoderali e canali, a totale carico del Fondo di solidarietà nazionale, i danni reali ammontano a 72 milioni di euro circa;
è compito della regione Campania, come stabilisce la norma e come fatto sempre nelle calamità succedutesi nel tempo, di inviare il resoconto dei danni a consuntivo al Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e richiedere allo stesso, ove necessario, di finanziare il Fondo di solidarietà nazionale al fine di risarcire i danni –:
quali iniziative urgenti si intenda mettere in atto, per quanto di competenza, al fine di concludere l'iter burocratico di finanziamento del ripristino delle infrastrutture connesse alle attività agricole, attraverso il Fondo di solidarietà nazionale, onde consentire alle attività agricole di poter avviare un processo di ripartenza che si rende necessario per favorire lo sviluppo dell'agricoltura nella provincia di Benevento;
se si intenda valutare la possibilità di procedere alla nomina di un commissario ad acta.
(4-04190)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta scritta:
FENU, CHERCHI, GHIRRA e LAI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il Parco nazionale dell'Asinara e l'Area marina protetta rappresentano due siti di rilevante interesse ambientale, naturalistico ed economico per il territorio del Nord Sardegna, coinvolgendo direttamente oltre 70 imprese e 350 addetti del settore turistico e dei servizi correlati;
a partire dal mese di agosto 2024, l'Ente Parco è privo di governance, in quanto non è stato nominato né un presidente né un commissario straordinario, non è stato costituito il consiglio direttivo e il mandato dell'attuale direttore è in scadenza imminente (11 febbraio 2025), situazione che rischia di paralizzare completamente l'operatività dell'Ente;
questa prolungata assenza di governance impedisce l'approvazione degli strumenti essenziali per la gestione del Parco, quali il bilancio di previsione per l'anno 2025, pregiudica la selezione e nomina di un nuovo direttore e rende impossibile la programmazione delle attività economiche e turistiche, causando incertezza tra gli operatori e compromettendo l'intera stagione turistica;
molti operatori economici e i sindaci del territorio hanno a più riprese manifestato la propria preoccupazione e lamentano la mancata gestione di temi essenziali per l'attività del Parco, tra cui il rinnovo delle concessioni per le imprese, le autorizzazioni per i mezzi a terra (scadute il 31 dicembre 2024), la mancata apertura delle strutture carcerarie storiche e l'assenza di strutture di accoglienza adeguate per pernottamenti e servizi di ristorazione;
la comunità del Parco — la cui presidenza è della regione Sardegna — è stata regolarmente costruita e già a novembre 2024 ha provveduto alle designazioni di propria competenza trasmettendole al Ministro interrogato per gli atti di propria competenza, ma nessuna azione è stata intrapresa ad oggi dal Ministro dell'ambiente –:
quali siano i motivi che hanno portato a un così lungo ritardo nella nomina degli organi apicali dell'Ente Parco dell'Asinara, in particolare del presidente e del consiglio direttivo, e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per sbloccare la situazione;
se non ritenga urgente adottare iniziative di competenza volte a valutare la nomina immediata di un commissario straordinario, provvedendo contestualmente ad avviare l'iter per giungere in tempi rapidi alla ricostituzione degli organi ordinari di governo del Parco, al fine di garantire la continuità amministrativa e operativa;
quali iniziative siano previste per assicurare il rinnovo delle concessioni alle imprese operanti sull'Isola e delle autorizzazioni per i mezzi a terra, scadute al 31 dicembre 2024, garantendo agli operatori economici la possibilità di programmare la stagione turistica ormai alle porte;
se il Ministero interrogato intenda adottare iniziative di competenza specifiche per il rilancio del Parco e dell'Area Marina Protetta, con particolare riferimento alla riapertura delle strutture carcerarie storiche e all'implementazione di infrastrutture per l'accoglienza turistica;
quali iniziative intenda adottare per evitare che situazioni analoghe di stallo amministrativo si ripetano in futuro, compromettendo la gestione e lo sviluppo sostenibile di un patrimonio naturale di importanza nazionale e internazionale.
(4-04188)
CULTURA
Interrogazioni a risposta immediata:
ORRICO, AMATO e CASO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il 24 gennaio 2025 i principali organi di stampa hanno diffuso la notizia di un incontro «a sorpresa» tra il fratello minore di Elon Musk, Kimbal Musk, accompagnato dal referente italiano di Musk, Andrea Stroppa, e il Ministro interrogato a Palazzo Chigi;
al termine dell'incontro, il Ministro ha riferito di aver parlato di «solo cose belle», senza specificare le ragioni dell'incontro, né gli argomenti trattati. Tuttavia, secondo alcune dichiarazioni di persone vicine all'imprenditore americano, esisterebbe un progetto che starebbe portando il fratello di Musk ad incontrare vari soggetti nei Ministeri per «capire come funziona»;
nei giorni successivi, lo stesso Andrea Stroppa rende noto che la Fondazione Musk stanzierà tre milioni di dollari per la cultura dell'antica Roma, di cui un milione per sostenere progetti archeologici e di conservazione del patrimonio culturale romano di studenti, ricercatori, archeologi, storici e restauratori, tramite una convenzione con l'American institute for Roman culture, mentre i restanti due milioni saranno assegnati all'organizzazione Vesuvius challenge e serviranno per finanziare una ricerca con l'obiettivo di svelare il significato di antichi documenti risalenti al 79 dopo Cristo, anno della storica eruzione del Vesuvio;
Stroppa ha, inoltre, precisato che queste due iniziative «riflettono la visione di Elon Musk di preservare, proteggere e promuovere la cultura e la storia romana, offrendo risorse concrete a ricercatori, educatori, studenti, archeologi, restauratori e storici»;
l'incontro «a sorpresa» ha generato perplessità sulle modalità di svolgimento, nonché sulla mancata trasparenza del Ministro interrogato, che non ha ritenuto doveroso spiegare pubblicamente quali tematiche fossero state affrontate o quali eventuali accordi o progetti fossero stati discussi, durante l'incontro svolto nella sede istituzionale di Palazzo Chigi –:
se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile chiarire le finalità alla base dei progetti oggetto dell'incontro a sorpresa, anche al fine di garantire il rispetto dei fondamentali principi di trasparenza e pubblicità.
(3-01689)
BIGNAMI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, AMORESE, CANGIANO, DI MAGGIO, MATTEONI, MOLLICONE, PERISSA, ROSCANI, BALDELLI, BENVENUTI GOSTOLI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il «Sistema dei teatri condominiali all'italiana nell'Italia centrale fra XVIII e XIX secolo» è ufficialmente candidato per l'iscrizione nella Lista del Patrimonio mondiale Unesco;
la procedura prevede che la candidatura, assunta nell'ambito di una riunione interministeriale, nelle more del rinnovo degli organi della Commissione nazionale italiana per l'Unesco, sarà sottoposta all'esame degli organismi consultivi del Comitato del Patrimonio mondiale e poi, nel 2026, alla valutazione finale;
in particolare, la candidatura, promossa dalla regione Marche, si compone di diciotto teatri che interessano tre regioni (Marche, Emilia-Romagna e Umbria) e 18 comuni;
questo progetto rappresenta un esempio straordinario del genio italiano, testimoniando come, tra il XVIII e il XIX secolo, i teatri siano diventati luoghi simbolo della vita culturale e sociale;
i teatri all'italiana, di cui il Centro Italia, con le Marche capofila, ne è la principale espressione, costituiscono un patrimonio architettonico d'arte di enorme rilevanza per tutto il territorio nazionale e sono parte integrante dell'identità e unicità di questi luoghi, da custodire e valorizzare –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per permettere che questo importante patrimonio storico, architettonico e culturale possa ottenere il riconoscimento che merita, come simbolo universale della cultura italiana.
(3-01690)
Interrogazione a risposta scritta:
D'ALFONSO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
i Premi Internazionali Flaiano sono stati fondati dall'avvocato Edoardo Tiboni nel 1973 per onorare e ricordare lo scrittore che al premio ed all'associazione dà il nome, attraverso un insieme di manifestazioni, rassegne, convegni, spettacoli teatrali, cinematografici, televisivi e letterari che culminano nelle giornate estive della consegna dei premi. L'associazione culturale Ennio Flaiano, che organizza l'evento ha beneficiato anche di contributi pubblici da parte del Ministero interrogato;
nell'albo d'oro dei Premi Internazionali Flaiano figurano annualmente registi, attori, giornalisti di chiara fama nazionale e internazionale e scrittori di indiscussa importanza, alcuni dei quali insigniti successivamente del Premio Nobel;
nel 2025, inspiegabilmente, l'attuale amministrazione comunale, invece di investire per preservare questo patrimonio, che, a ragione, ha per anni costituito patrimonio prezioso di Pescara, ha scelto di rivolgere le risorse pubbliche su altri eventi, operando inaspettatamente un taglio del 60 per cento del contributo normalmente concesso alla manifestazione;
tanto ha costretto la presidente Carla Tiboni a comunicare che l'edizione dei Premi Flaiano 2025, dopo ben 51 anni, non si svolgerà nella città di Pescara;
a giudizio dell'interrogante il trasferimento dell'evento in altra città costituisce non solo un duro colpo alla cultura, ma anche un vero e proprio tradimento verso la città di Pescara, perché questo premio non è solo cultura, è identità, è prestigio internazionale, è la storia di Pescara. Lasciar andare via i Premi Flaiano è come se da un giorno all'altro si venisse a sapere che la Biennale non si farà a Venezia, o che il Festival di Sanremo si farà a Forte dei Marmi. Ci sono legami e connessioni che non si possono scalfire;
non è dato sapere chi o cosa abbia determinato questo, se l'indirizzo sia stato quello di seguire il modello, a giudizio dell'interrogante, deprecabile, della Regione Abruzzo di elargire «mance» alla cultura attraverso il finanziamento a pioggia di eventi al di là del loro valore o, peggio, sia stato determinato da chi sa quale acredine nei confronti degli organizzatori, visto che la presidente del Premio, in più occasioni, ai giornalisti che le chiedevano il motivo della sua decisione ha detto di aver dovuto prendere atto che «mancano condizioni di serenità»;
a giudizio dell'interrogante quanto accaduto è inaccettabile, nelle tradizioni liberaldemocratiche le istituzioni promuovono e sostengono le iniziative culturali espresse dalle libertà della società, dai mondi vitali della comunità, non le vessano, non le umiliano, non le costringono a migrare altrove perché dispiacciono, per ignoti motivi, a chi detiene un potere che dovrebbe essere democratico –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti – in ogni caso – se non intenda fornire, per quanto di competenza, elementi utili per fare luce sulla singolare vicenda che si è determinata nella città di Pescara, anche al fine di consentire a Pescara di non perdere i «Premi Internazionali Flaiano», un «faro» della sua consistenza culturale, della sua riconoscibilità identitaria, della sua capacità espressiva.
(4-04187)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
il 23 gennaio 2025 è stata adottata la determina del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli «Organizzazione e articolazione degli uffici delle direzioni territoriali e degli uffici ADM»;
nella citata determina si è tra l'altro deciso il declassamento dell'ufficio di Ravenna dalla prima alla terza fascia;
a parere degli interpellanti, si tratta di una decisione incomprensibile ed inadeguata, rispetto ai volumi di traffico movimentali dal porto di Ravenna, che con un gettito erariale di due miliardi di euro l'anno tra dazi e Iva, rappresenta un punto cruciale per il traffico merci e passeggeri dell'Adriatico;
si tratta di un errore strategico gravissimo, che rischia di penalizzare pesantemente il porto e con esso l'intero sistema economico regionale e nazionale;
infatti, il porto di Ravenna è vero motore dello sviluppo regionale, nazionale nonché uno dei principali scali europei, e si stanno realizzando ingenti investimenti infrastrutturali previsti dal progetto hub portuale, dal PNRR e da altre forme di finanziamento pubbliche per potenziare la capacità infrastrutturale complessiva dello scalo, in modo da attrarre nuovi investimenti nello scalo ed incrementare significativamente i volumi di traffico e le merci movimentate;
quello di Ravenna è un porto classificato dalla legge n. 84 del 1994 di rilevanza internazionale e si muove in un contesto nel quale la competizione è sempre più aspra, anche nell'ottica di una velocizzazione delle procedure, ed è, quindi, fondamentale potenziare «il sistema portuale» e i servizi pubblici in maniera integrata con la crescita infrastrutturale e la capacità ricettiva dello scalo;
il provvedimento assunto dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, invece, crea un grave pregiudizio in termini sicurezza e di efficienza dei servizi offerti al porto di Ravenna, con il rischio concreto di perdita di competitività e di tenuta stessa del sistema portuale –:
se si intenda, per quanto di competenza adottare iniziative volte ad una revisione nei tempi più rapidi della citata decisione di Adm, restituendo al porto di Ravenna il posto che merita, ed evitando che con questa scelta si mortifichi il futuro dell'economia regionale e nazionale, e si metta a rischio la sicurezza strategica del territorio e del Paese.
(2-00525) «Bakkali, Casu, Barbagallo, Ghio, Morassut».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
FENU, RAFFA e GUBITOSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nel corso del dibattito parlamentare sulla manovra di bilancio, erano stati ampiamente denunciati i possibili effetti distorsivi conseguenti alla prevista fiscalizzazione dei cuneo contributivo;
l'assorbimento nella disciplina Irpef della decontribuzione temporanea comporterà una riduzione del netto in busta paga per molti contribuenti;
lo studio da ultimo condotto da Cgil, pubblicato la scorsa settimana, attesta che i contribuenti a basso reddito sono la categoria maggiormente colpita: i percettori di reddito tra gli 8.500 e i 9.000 euro, infatti, perderanno circa 1.200 euro all'anno;
tale effetto sarebbe diretta conseguenza della riduzione dell'imponibile fiscale, che farebbe confluire i contribuenti al di sotto dei limite minimo di reddito previsto per ii riconoscimento del trattamento integrativo Irpef introdotto dal Governo Conte ed erogabile fino all'importo massimo di 100 euro mensili;
gli effetti distorsivi delle misure erano stati evidenziati anche dall'Ufficio parlamentare di bilancio durante il ciclo di audizioni: secondo l'Upb, infatti, la riforma aumenta le già ampie differenze nel trattamento fiscale delle diverse categorie di contribuenti (dipendenti, pensionati e autonomi) e produce un'architettura fiscale complessa e difficilmente intellegibile per i suoi destinatari –:
quali iniziative normative intenda adottare per eliminare gli effetti distorsi vi in premessa, in particolare riguardo alla perdita del bonus integrativo Irpef per i contribuenti con redditi più bassi.
(5-03432)
BORRELLI e GRIMALDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il nuovo meccanismo di abbattimento del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, introdotto dal Governo con la legge di bilancio per il 2025 in luogo dell'esonero contributivo parziale sulla quota di contributi a carico dei lavoratori, è da giorni oggetto di polemica, soprattutto per gli effetti che tale fiscalizzazione comporterebbe sul netto in busta paga per la stragrande maggioranza degli stessi;
secondo uno studio condotto dalla Cgil, che ne analizza l'impatto per i redditi compresi tra gli 8.000 ed i 60.000 euro, questo sarebbe maggiore per i percettori dei redditi intorno agli 8.500 euro non esistendo più lo sgravio contributivo previsto per il 2024 che elevava di 549 euro l'imponibile fiscale per i dipendenti. Il nuovo meccanismo per il 2025, infatti, in quanto esente da tassazione, riduce l'imponibile fiscale a 7.719 euro con il risultato che l'imposta lorda vale meno della detrazione ed il lavoratore, diventando incapiente e perdendo il cosiddetto bonus Renzi (che a decorrere dal 2020 è pari a 1.200 euro), patirebbe una perdita netta pari a due mensilità all'anno;
una penalizzazione si registrerebbe anche per coloro che guadagnano redditi fra i 25.000 e i 35.000 euro la cui perdita, rispetto al 2024, oscillerebbe dai 350 ai 750 euro all'anno;
di contro, secondo un effetto paradosso, ad avere benefìci sarebbero esclusivamente i lavoratori con redditi superiori ai 35.000 euro, che vedrebbero aumentare anche di 1.000 euro netti la propria retribuzione annuale. Infatti dalle medesime suddette simulazioni emerge che i lavoratori con una retribuzione annuale lorda fino a 34.000 euro non registreranno, significative differenze rispetto al 2024, sebbene le differenti basi di calcolo, rispettivamente l'imponibile contributivo 2024 e l'imponibile fiscale dai 2025, potrebbero nel corso dell'anno determinare inevitabili differenze. Mentre grazie all'innalzamento della soglia di reddito agevolato dai 35.000 ai 40.000 euro una platea di circa 1,3 milioni di contribuenti che lo scorso anno non ha beneficiato del taglio del cuneo fiscale, nel 2025 percepirebbe un reale aumento della busta paga che può arrivare fino a 1.600 euro –:
come intenda fronteggiare il suddetto scenario destinato a determinare un crescente malcontento tra le famiglie italiane che, già provate dalla pandemia e dai successivi tentativi di ripresa economica, dovendo fronteggiare un ulteriore aumento del costo della vita, si sentono trascurate dalle politiche governative.
(5-03433)
CENTEMERO, FRASSINI, BAGNAI, CAVANDOLI e GUSMEROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge n. 69 del 2024 ha aggiornato l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, introducendo la lettera b-ter) che prevede l'esecuzione senza titolo abilitativo di opere di protezione solare e atmosferica annesse agli immobili, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all'estensione dell'opera;
l'acquisto e la posa in opera delle schermature solari esterne beneficiano della detrazione dell'eco-bonus (articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013) fino a un massimo di 60.000 euro, come rivisto dalla legge n. 207 del 2024;
l'articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (cosiddetto bonus casa) prevede una detrazione per le spese di ristrutturazione edilizia e realizzazione di opere di risparmio energetico soprattutto per l'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia, anche in assenza di opere edilizie propriamente dette, purché con idonea attestazione del risparmio energetico conseguito;
la legge di bilancio 2025 ha ridefinito le aliquote di detrazione per il bonus casa allineandole a quelle dell'eco-bonus, con un tetto di spesa di 96.000 euro;
con risp. n. 10/E/2020, l'Ade ha confermato che le schermature solari installate in sostituzione di sistemi oscuranti possono fruire dell'aliquota IVA agevolata al 10 per cento, ritenendo che «(...) le tende da esterno e le schermature solari oggetto della fattispecie in esame, installate in alternativa o in sostituzione dei sistemi oscuranti tradizionali, presentino caratteristiche analoghe ai sistemi oscuranti di cui alla circolare 15/E/2018, par. 2.2.1»;
l'inciso «installate in alternativa o in sostituzione dei sistemi oscuranti tradizionali» ingenera nel mercato confusione che si prevede possa addirittura incrementarsi a seguito delle nuove limitazioni recentemente introdotte in tema di detrazioni fiscali;
l'alternativa tra chiusure oscuranti e schermature solari esterne va vista in termini funzionali, poiché queste ultime vengono attivate durante le ore calde estive, favorendo il risparmio energetico, mentre le prime servono come resistenza termica supplementare (UNI 11300-1) solo nelle ore notturne in inverno, riducendo le dispersioni termiche (UNI 10349) –:
se le schermature solari esterne, la cui funzione di risparmio energetico è definita dall'allegato M del decreto legislativo n. 311 del 2006, possano beneficiare dell'eco-bonus o del bonus casa e se in quest'ultimo caso possano fruire dell'aliquota Iva agevolata al 10 per cento, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, legge n. 488 del 1999, indipendentemente dalla presenza sullo stesso immobile di sistemi oscuranti (veneziane, avvolgibili e persiane e altro).
(5-03434)
MEROLA, ASCANI, CURTI e D'ALFONSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 95, ha istituito la zona franca urbana per i comuni del Centro Italia colpiti dagli eventi sismici verificatisi nei territori delle regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo in data 24 agosto 2016, 26 e 30 ottobre 2016 e 18 gennaio 2017;
in particolare, il citato articolo 46, comma 2, ha previsto, a favore delle imprese dei territori colpiti dal sisma, l'esonero dai contributi previdenziali e assistenziali, limitatamente a determinati periodi d'imposta e nei limiti delle risorse stanziate;
con risposta ad un interpello ere chiedeva quale debba essere il corretto trattamento fiscale dell'agevolazione di cui al citato articolo 46, ai fini dell'applicazione della previsione di cui all'articolo 47 del decreto-legge n. 189 del 2016 – che statuisce che la percezione da parte di chi ha subìto danni per gli eventi sismici verificatisi a partire dal 24 agosto 2016 nel Centro Italia, di contributi, indennizzi e risarcimenti connessi all'evento sismico, di qualsiasi natura e indipendentemente dalle modalità di fruizione e di contabilizzazione, quindi, in genere di somme, o, comunque, di componenti positivi di reddito, non concorrono alla formazione della base imponibile – l'Agenzia nelle entrate ha ritenuto che le due fattispecie siano diverse;
in particolare, l'Agenzia ha ribadito che le due norme disciplinano situazioni diverse: l'una il trattamento fiscale dei risarcimenti, l'altra un esonero dal pagamento di imposte e contributi previdenziali e pertanto deve sottostare alle regole della fiscalità generale. Ne consegue che le compensazioni effettuate a scomputo dei contributi previdenziali rappresentano, già sul piano contabile, una sopravvenienza attiva, in quanto si tratta dell'avvenuta insussistenza del debito verso l'ente previdenziale e pertanto che non si determina alcun effetto sull'ammontare originario degli oneri rilevati in bilancio a titolo di contributi verso l'Inps;
tale interpretazione sta mettendo in difficoltà le imprese, già duramente colpite dagli eventi sismici del 2016, che in questi giorni stanno ricevendo gli avvisi, e che rischiano ora di dover pagare per le agevolazioni ricevute, finalizzate proprio a garantire la ripresa economica –:
quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare affinché l'interpretazione delle norme di cui in premessa non determini la sottrazione di risorse vitali per la ripresa delle imprese dei territori colpiti dal sisma, compromettendone la capacità di superare la crisi.
(5-03435)
Interrogazioni a risposta scritta:
FURFARO, CIANI, VACCARI, MEROLA, CASO, MALAVASI, GIRELLI e STUMPO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
secondo la bozza di riforma sul gioco d'azzardo fisico, presentata a fine ottobre 2024 dal Ministro dell'economia e delle finanze a regioni e comuni, verrebbe sostanzialmente quasi eliminata l'attuale normativa stringente sui luoghi sensibili e sulla riduzione degli orari delle sale gioco;
da allora è in corso un duro confronto con gli enti locali, che auspicano regole più rigide per ridurre l'offerta di gioco d'azzardo, viste le gravi conseguenze sociali e sanitarie che esso comporta;
il Governo, nella proposta inviata a regioni e comuni, sottolinea che introdurre una normativa più restrittiva sarebbe «eccessivo e foriero di significative ripercussioni sulle entrate erariali», quantificando la perdita potenziale in oltre 13 miliardi di euro l'anno;
mentre nel 2024 è stato già approvato il riordino del gioco d'azzardo online per quello fisico manca ancora una norma nazionale, nonostante esistano normative regionali e ordinanze sindacali che si dimostrano molto più restrittive rispetto alla bozza di riforma proposta dal Governo;
la riforma del Governo ridimensiona in particolare il distanziamento dai luoghi sensibili, attualmente previsto a livello regionale e comunale in un raggio di 300-500 metri per sale gioco ed esercizi commerciali con slot-machine, rispetto a scuole, chiese, oratori, centri sociali, impianti sportivi, centri anziani e altri luoghi considerati sensibili;
la bozza del Governo introduce una distinzione tra esercizi certificati e non certificati: i primi sarebbero esentati da qualsiasi limite minimo di distanza dai luoghi sensibili, mentre i secondi potrebbero aprire a soli 200 metri da molti dei luoghi oggi tutelati;
inoltre, la proposta del Governo riduce drasticamente il numero di suddetti luoghi considerati sensibili, limitandoli a «scuole secondarie di primo e secondo grado» e a «strutture sanitarie che ospitano centri per la cura delle dipendenze», escludendo tutti gli altri attualmente inclusi dalle leggi regionali e dalle ordinanze comunali;
le differenze tra le proposte del Governo e le richieste di regioni e comuni si estendono anche al numero di punti di offerta di gioco: la bozza del Governo prevede 40 mila esercizi generalisti (bar, tabacchi e altro) con slot, 5 mila sale con Vlt e 10 mila punti di raccolta scommesse, per un totale di 55 mila esercizi; regioni e comuni chiedono invece di ridurli a 34 mila, 2.250 e 8 mila rispettivamente, per un totale di 44.250. Anche il numero di macchinette mostra una distanza significativa: il Governo propone 200 mila slot e 45 mila Vlt, mentre gli enti locali chiedono di scendere a 180 mila e 41.250;
numerose associazioni e realtà del terzo settore impegnate nella prevenzione delle dipendenze da gioco d'azzardo hanno espresso una forte contrarietà alle novità contenute nella bozza del Governo, sottolineando come queste misure pongano in secondo piano la tutela della salute dei cittadini a favore delle entrate fiscali generate dall'azzardo;
secondo i dati riportati dalla campagna «Mettiamoci in gioco», in Italia il gioco d'azzardo assorbe ormai 140 milioni di giornate lavorative l'anno, sottraendo tempo prezioso alle relazioni sociali e familiari. Più di un milione di italiani soffre di dipendenza dal gioco d'azzardo, e secondo il portavoce della campagna, don Armando Zappolini, «la maggior parte delle entrate erariali derivano dai giocatori problematici, non dai 20 milioni di giocatori occasionali». Questo fenomeno alimenta la povertà e colpisce duramente le famiglie, rendendo inaccettabile l'idea di basare le finanze dello Stato su questa dipendenza –:
se il Ministro interrogato non intenda rivedere le proprie posizioni rispetto alla bozza presentata, accogliendo le istanze delle associazioni, degli enti locali e delle regioni, e mettendo così al primo posto la salute e la sicurezza dei cittadini, in particolare dei più fragili.
(4-04181)
MALAGUTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto di apprende da notizia di stampa, la recente riorganizzazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha declassato l'ufficio di Ravenna dalla prima alla terza fascia, nonostante l'ufficio generi due miliardi l'anno di dazi e Iva;
tale scelta comporta, di fatto, per Ravenna l'assegnazione di un livello non adeguato agli attuali volumi di traffico e movimentazione di merci, nel nord Adriatico, mentre resterebbero di primo livello i diretti concorrenti: le Dogane di Trieste, Venezia e Ancona;
lo scalo del porto di Ravenna è in espansione, con il nuovo terminal crociere e terminal contenitori, e ha un ruolo strategico per l'economia della città di Ravenna, della regione Emilia-Romagna e anche per l'apporto di entrate a livello nazionale;
la decisione, scaturita probabilmente da una serie di problematiche, come la carenza di personale, mai affrontate negli ultimi anni, malgrado le numerose segnalazioni anche dall'Associazione degli spedizionieri, desta forti preoccupazioni tra le associazioni di categoria, gli imprenditori e tutte le professionalità che lavorano nel porto, anche per le conseguenze a livello occupazionale;
tale scelta andrebbe, peraltro, ad appesantire, nell'area marittima di interesse, gli scali rimanenti di prima fascia, creando quindi nuove problematiche a livello organizzativo;
una perdita di spazi di mercato, acquisiti nel corso dei decenni da Ravenna, potrebbe andare perduta per sempre –:
se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, in sinergia con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, al fine di analizzare e risolvere eventuali problematiche che abbiano portato alla decisione di declassamento di cui in premessa e di rivedere, quindi, tale decisione mantenendo l'assegnazione di prima fascia per l'ufficio di Ravenna.
(4-04184)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:
DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 il Governo ha attuato la delega per la revisione della geografia giudiziaria mediante la riorganizzazione degli uffici di tribunale e delle relative Procure della Repubblica, riducendo gli uffici giudiziari di primo grado e sopprimendo 31 tribunali, 31 procure e tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale;
tale decisione ha reso privi di presidi di legalità adeguati numerosi territori, sfavorendo in modo particolare le aree interne e le realtà insulari;
in data 9 gennaio 2024 il Ministro della giustizia in risposta a un'interrogazione in Senato ha affermato: «L'atto di sindacato ispettivo offre l'occasione per annunciare la presentazione a stretto giro di posta, da parte del Governo, di uno schema di disegno di legge che prevede una revisione di quella che riteniamo politicamente essere stata l'infausta stagione della revisione della geografia giudiziaria, con la riapertura di alcune sedi soppresse rispetto alla riforma del 2012»;
una di queste sedi potrebbe essere quella di Rossano –:
se il Ministro interrogato intenda con urgenza rendere pubblico l'elenco dei tribunali interessati dalla riapertura e, in particolare, se sia coinvolto anche il Tribunale di Rossano.
(5-03427)
VARCHI, MESSINA, BUONGUERRIERI, DONDI, LA SALANDRA, PALOMBI, PELLICINI, PULCIANI e VINCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
dopo circa un anno di detenzione nel carcere di Bollate, l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara, condannato nel processo per il cosiddetto «sistema Saguto» nella gestione dei beni confiscati, ha ottenuto il via libera dal Tribunale di sorveglianza di Milano per svolgere tre volte alla settimana lavori socialmente utili;
secondo quanto si apprende da fonti di stampa, l'avvocato ed ex amministratore giudiziario è detenuto nel penitenziario lombardo da ottobre del 2023, quando la Cassazione sancì la sua colpevolezza nello scandalo sulle misure di prevenzione che ha travolto anche l'ex giudice Silvana Saguto ed egli si recò autonomamente nel predetto penitenziario;
lo scandalo dei beni confiscati ha travolto l'Antimafia siciliana, scoperchiando un vero e proprio sistema in cui l'allora Presidente delle misure di prevenzione, insieme ad avvocati, amministratori giudiziari, prefetti, consulenti, ufficiali della Guardia di finanza, aveva messo in piedi una criminosa macchina a danno dei beni sottratti alla criminalità;
come stabilito in via definitiva dalla Cassazione, Saguto e Cappellano Seminara sono condannati per il patto corruttivo consistente nello scambio di nomine tra amministrazioni giudiziarie e consulenze ad altri imputati, tra i quali figurava anche il marito del magistrato, oltre alla materiale dazione di soldi, come i 20 mila euro che una sera del 2015 Cappellano Seminara portò a casa di Silvana Saguto dentro un trolley;
proprio a dicembre 2024, la Corte di cassazione aveva respinto il ricorso straordinario del detenuto legato alla vicenda del trolley, sancendo la colpevolezza degli imputati, pur avendo accertato che alcune contestazioni erano cadute in prescrizione;
se è vero che Bollate è un carcere modello per i trattamenti rieducativi dei detenuti che hanno la possibilità – prevista dall'articolo 21 dell'ordinamento penitenziario – di lavorare all'esterno, è altrettanto vero che per l'accesso ai benefìci penitenziari bisogna dare prova di buona condotta e di avere avviato un percorso di revisione critica del proprio passato, circostanze che generalmente emergono nella fase avanzata dell'espiazione pena che, nel caso di specie, è di poco superiore ad un anno a fronte di una condanna a 7 anni e mezzo –:
quali iniziative di competenza, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive, il Ministro interrogato intenda assumere affinché sia fatta chiarezza sulla vicenda di cui in premessa.
(5-03428)
D'ORSO, ASCARI, CAFIERO DE RAHO e GIULIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 26 gennaio 2024 la Corte costituzionale, con sentenza n. 10 del 2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui non prevede che il detenuto possa svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del comportamento della persona detenuta, in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, né, riguardo all'imputato, ragioni giudiziarie;
la Corte, precisando che la sentenza non concerne il regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario, né i detenuti sottoposti alla sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-bis della stessa legge, ha chiarito che «L'ordinamento giuridico tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere pienamente il sentimento di affetto che ne costituisce l'essenza»;
lo stato di detenzione, quindi, non può annullare in toto questa libertà, ma al più incidere sui termini e sulle modalità di esercizio, tenendo conto delle condizioni individuali della persona detenuta e delle specifiche prospettive del suo rientro in società;
si è altresì auspicato, per l'attuazione della decisione sul piano organizzativo, un'«azione combinata del legislatore, della magistratura di sorveglianza e dell'amministrazione penitenziaria, ciascuno per le rispettive competenze», «con la gradualità eventualmente necessaria»;
le maggiori problematiche legate all'attuazione della sentenza sono la mancanza di spazi idonei all'interno degli istituti penitenziari che garantiscano il diritto dei detenuti di avere rapporti intimi con il proprio partner;
non risultano all'interrogante notizie sul come e quando il Ministro interrogato intenda attivarsi tramite il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per dare graduale attuazione alla richiamata sentenza e scongiurare eventuali richieste risarcitorie –:
quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere il Ministro interrogato al fine di dare attuazione alla richiamata sentenza n. 10 del 2024 della Corte costituzionale riguardante il diritto dei detenuti di poter accedere a colloqui intimi con i propri partner, procedendo previamente ad una ricognizione negli istituti penitenziari degli spazi potenzialmente idonei al suddetto scopo, verificando quanti e quali interventi di adeguamento siano necessari, nonché individuando le risorse necessarie per i relativi interventi.
(5-03429)
ENRICO COSTA e CALDERONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il Governo ha annunciato un disegno di legge per la riapertura di alcune delle sedi giudiziarie soppresse con la revisione della geografia giudiziaria del 2012;
il decreto legislativo di riforma aveva soppresso 220 sedi distaccate di tribunale e innumerevoli uffici di giudici di pace, ridotti e accorpati 31 tribunali e 31 procure, non tenendo in considerazione pareri parlamentari resi allo schema di decreto legislativo;
l'intenzione del Governo attuale sarebbe quella di «invertire una stagione della revisione della geografia giudiziaria contrassegnata e contraddistinta dalla soppressione dei tribunali» per dar vita a «una stagione della revisione della geografia giudiziaria in cui, invece, si istituiscano nuovi tribunali e, quindi, si riaccendano luci di legalità sul territorio, offrendo una giustizia di prossimità e un servizio più vicino al cittadino»;
nell'esprimere apprezzamento per l'inversione di tendenza e per l'attenzione alla giustizia di prossimità quale criterio di efficacia nell'erogazione del relativo servizio ai cittadini, si ritiene che tale principio sia rispettato anche attraverso il ricorso al presidio rappresentato dalle sezioni distaccate, inopinatamente cancellate dalla riforma del 2012 –:
quali siano i tempi e i criteri guida del disegno di legge, con riferimento ai territori interessati e se sia considerato il ricorso al presidio rappresentato dalle sedi distaccate dei Tribunali.
(5-03430)
LACARRA, SERRACCHIANI, GIANASSI, DI BIASE e SCARPA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il PNRR oltre alle riforme di sistema, si è posto obiettivi di digitalizzazione della giustizia (Riforma 1.8), tra cui la gestione elettronica obbligatoria di tutti i documenti, il processo civile interamente telematico e la digitalizzazione dei procedimenti penali di primo grado;
il software unico di gestioni del processo penale e civile telematico, «App», è progettato per consentire a tutti i soggetti abilitati una serie di adempimenti, tra cui la firma digitale, il deposito telematico dei provvedimenti e il governo dei flussi procedurali e documentali, la redazione di atti nativi digitali e altro;
il 14 gennaio 2024 «App» è entrato in funzione per un periodo di sperimentazione, durante il quale vi sono state numerose segnalazioni di malfunzionamento;
il 19 novembre 2024 i procuratori distrettuali della Repubblica, unitamente al Procuratore nazionale antimafia, hanno segnalato al Ministro criticità, chiedendo di sospendere l'estensione dell'applicativo a nuove fasi del procedimento penale, il quale ha risposto richiamando le modifiche normative che rimodulano la cronologia della transizione al regime di deposito telematico esclusivo e assicurano un ulteriore periodo di sperimentazione nel regime cosiddetto «a doppio binario» sino al 31 dicembre 2025;
l'11 dicembre 2024 il Consiglio superiore della magistratura ha espresso un parere durissimo sullo stato di funzionalità del sistema indicando precise situazioni critiche da affrontare;
nel dicembre 2024 l'applicativo App 2.0 è stato aggiornato mediante l'implementazione delle nuove funzionalità;
con decreto ministeriale n. 206 è stato introdotto dal 1° gennaio 2025 il regime obbligatorio (cosiddetto «binario unico») delle modalità telematiche di deposito per una serie di fasi e procedimenti tra cui l'udienza preliminare e, dal 31 marzo 2025, anche per il rito abbreviato, il giudizio direttissimo e il giudizio immediato;
nei giorni successivi al decreto ministeriale molti tribunali e procure hanno sospeso l'efficacia dell'obbligatorietà del regime del binario unico, consentendo l'uso di modalità analogiche fino al 31 marzo 2025, in considerazione delle gravi disfunzionalità del sistema e al fine di evitare gravi pregiudizi ai diritti dei cittadini;
a quanto consta agli interroganti, sollecitato sul punto, il Ministero della giustizia non avrebbe fornito specifiche informazioni sul contratto in essere con l'impresa fornitrice dell'applicativo «App» –:
se intenda rendere pubblico il contratto con l'impresa fornitrice dell'applicativo «App» e, nello specifico, se intenda chiarire se al suo interno vi siano specifiche disposizioni o clausole penali con riguardo all'entrata in funzione dello strumento.
(5-03431)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta scritta:
ROSATO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
la società svizzera U-Blox produce chip e semiconduttori per la telefonia cellulare e la rete internet wireless ed è presente in diversi Paesi europei tra cui l'Italia con uno stabilimento nella località di Prosecco nel comune di Sgonico (Trieste);
nel sito italiano, specializzato nella ricerca e sviluppo nel settore della telefonia cellulare, sono impiegati 196 lavoratori di cui la maggior parte, circa 140, sono ingegneri informatici e ricercatori;
fino al mese di dicembre 2024 l'azienda aveva annunciato un piano di recupero del negativo di bilancio che si sarebbe concluso positivamente entro il 2026, all'inizio del 2025, invece, è stata annunciata la dismissione dell'intero settore cellulare, di cui lo stabilimento di Sgonico fa parte;
dalle prime informazioni fornite alle rappresentanze sindacali, l'azienda sarebbe intenzionata a breve a formalizzare alcune misure per la riduzione del personale in esubero rispetto a questo nuovo piano industriale, mantenendo nel sito italiano solo una piccola rappresentanza di lavoratori rispetto ai quasi 200 attuali;
nel mese di gennaio 2025 il Ministero delle imprese e del made in Italy ha accettato di istituire il tavolo di confronto dedicato a questa situazione, in deroga al numero minimo di 250 lavoratori coinvolti, testimoniando grande attenzione per questa ulteriore crisi industriale nel settore delle telecomunicazioni nel territorio provinciale di Trieste;
com'è noto, infatti, la dismissione del sito U-Blox si inserisce in un contesto già difficile per il territorio triestino coinvolto in parallelo dalla vertenza riguardante lo stabilimento Flextronics e i suoi 350 lavoratori impiegati;
è del tutto evidente che il combinato delle due crisi industriali rischia di avere ripercussioni molto pericolose per il tessuto socio-economico nell'intera provincia di Trieste;
alla luce dell'intenzione, manifestata dall'azienda svizzera, di disimpegnarsi dal sito di Sgonico, appare quantomai urgente la ricerca sul mercato di un possibile acquirente tenuto anche conto dell'alta specializzazione delle competenze interne nella ricerca e sviluppo –:
quali risultino essere ad oggi, anche nell'ambito del tavolo ministeriale, gli atti formali presentati dall'azienda U-Blox in merito ad un disimpegno dal sito italiano di Sgonico;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare al fine di evitare tale disimpegno o affinché lo stabilimento di Sgonico, specializzato nella ricerca e sviluppo, possa essere oggetto di una vendita sul mercato ad investitori nazionali od internazionali intenzionati a preservare gli attuali livelli occupazionali e il know-how sviluppato in questi anni.
(4-04186)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
il servizio ferroviario vive da tempo una profonda crisi nella gestione del servizio, caratterizzato da pesanti difficoltà e gravi disagi per gli utenti a causa di ritardi e cancellazioni di servizi di trasporto pressoché quotidiani nella totale assenza di misure di coordinamento, di puntuali informazioni e di interventi efficaci per fronteggiare tali disservizi;
il 24 gennaio 2025 il Consiglio di amministrazione del gruppo Ferrovie dello Stato ha approvato le nomine delle partecipate del gruppo per il 2025;
è stato indicato come Ceo di Trenitalia chi fino ad allora aveva ricoperto l'incarico di amministratore delegato e direttore generale di Mercitalia Logistics nonché amministratore delegato e direttore generale di RFI Rete ferroviaria italiana dal 2023;
ai sensi di quanto disposto dall'articolo 11, comma 7, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 recante norme in materia di Indipendenza del gestore dell'infrastruttura «i responsabili dell'adozione di decisioni sulle funzioni essenziali non possono ricoprire, per un periodo di ventiquattro mesi da quando cessano nelle proprie funzioni, alcun ruolo all'interno delle imprese ferroviarie operanti sulla relativa infrastruttura.»;
in coerenza con quanto previsto dall'ordinamento europeo, l'assetto della rete ferroviaria nazionale è caratterizzato dalla separazione tra gestione dell'infrastruttura ferroviaria e svolgimento del servizio ferroviario, alla quale si è accompagnata la separazione societaria, all'interno dell'holding Ferrovie dello Stato spa, tra Rete ferroviaria italiana spa (Rfi) società che è titolare della concessione della rete nazionale, e Trenitalia, società che effettua il trasporto e che è affidataria dei contratti di servizio pubblico nazionale ferroviario passeggeri e merci. Ai sensi della direttiva UE 2016/2370 le due imprese sono considerate integrate verticalmente, e quindi assoggettate alle norme relative a garantire l'indipendenza e l'imparzialità del gestore introdotte da ultimo proprio dalla stessa direttiva;
con il decreto legislativo n. 139 del 2018, l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura ferroviaria è stata ulteriormente rafforzata attraverso le modifiche al decreto legislativo n. 112 del 2015 che hanno introdotto il citato articolo 11 per evitare che l'imparzialità del gestore sia compromessa da un qualsivoglia conflitto di interesse e affinché ne sia garantita l'indipendenza disponendo il divieto, per 2 anni, di assumere ruoli all'interno delle imprese che svolgono il servizio ferroviario qualora abbiano ricoperto ruoli decisionali sulle funzioni essenziali relative alla gestione della rete;
come risulta evidente, questa scelta appare agli interpellanti in netto contrasto con i princìpi della disciplina comunitaria e nazionale, rischiando di generare ulteriori incertezze per passeggeri lavoratori e imprese coinvolte –:
quali siano stati i criteri di nomina e le motivazioni che hanno portato a non considerare in alcun modo quanto disposto dall'articolo 11 del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 nelle procedure di nomine avanzate dal gruppo FS e quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire il rispetto dei princìpi giuridici comunitari e nazionali in materia di indipendenza e terzietà.
(2-00524) «Casu, Barbagallo, Bakkali, Ghio, Morassut».
Interrogazione a risposta scritta:
CANNATA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
ai sensi e per gli effetti dell'articolo 16 della legge n. 531 del 1982, il Consorzio autostrade siciliane (Cas) ha per scopo non solo il completamento dei lavori di costruzione non ancora realizzati delle autostrade Messina-Palermo, Messina-Catania-Siracusa e Siracusa-Gela, ma più in generale, le finalità indicate nella convenzione sottoscritta con Anas s.p.a. in data 27 novembre 2000 e approvata con decreto interministeriale;
in seguito all'esecuzione delle attività di indagine e ispezione delle opere delle autostrade A/18 e A/20 – Lotto 2 ME-CT e SR-Gela, previste con l'appalto dell'accordo quadro, sono state istituite alcune limitazioni al traffico veicolare con decorrenza immediata fino a cessate esigenze;
nel quadro delle suddette attività ispettive, dal 25 gennaio 2025 il consorzio autostrade siciliane ha reso obbligatoria l'uscita allo svincolo di Avola dell'autostrada Siracusa-Gela, in direzione Catania, per consentire ai tecnici di valutare le condizioni del viadotto di Cassibile;
in sostanza, i veicoli, dopo aver preso l'uscita di Avola possono rientrare in autostrada dallo svincolo di Cassibile, una distanza abbastanza breve che crea un effetto imbuto, infatti come era inevitabile, si sono creati dei lunghi incolonnamenti che, ormai da giorni, stanno paralizzando la mobilità di chi deve spostarsi dalla zona sud della provincia di Siracusa;
migliaia di automobilisti sono rimasti intrappolati in un ingorgo mostruoso all'ingresso di Avola, con code di chilometri sulla strada statale 115;
la gestione della chiusura di questo tratto autostradale Avola-Cassibile da parte del Consorzio autostrade siciliane è stata improvvisa ed è necessario adottare misure alternative per ridurre i disagi e portare nel più breve tempo possibile al ripristino completo della viabilità nel territorio, senza ulteriori problematiche per la circolazione stradale al fine di mitigare i disagi arrecati agli automobilisti e alle comunità locali –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della suddetta situazione e, alla luce dei suoi poteri di vigilanza e controllo, intenda assumere iniziative di competenza urgenti, al fine di fare chiarezza su tutto l'operato del consorzio, nello specifico rispetto al tratto stradale in questione, e sulle motivazioni alla base dell'approssimazione delle comunicazioni inerenti alla chiusura del tratto di cui in premessa.
(4-04183)
INTERNO
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, per sapere – premesso che:
il 19 e 20 ottobre 2024 violenti nubifragi si sono abbattuti nel territorio ennese, particolarmente colpita la strada consortile dell'Area industriale del Dittaino, arteria molto trafficata, in zona industriale, vicino ad un affollato outlet, percorsa da numerosi mezzi pesanti, importante bypass per i lavori sulla A19 in corrispondenza degli svincoli di Enna e viabilità alternativa alla scomoda e tortuosa strada statale 192;
nei giorni successivi il fango che ha invaso la strada è stato ammonticchiato ai lati della stessa ed è, ad oggi, ancora lì presente, scivolando ad ogni pioggia sul manto stradale e mettendo a rischio la sicurezza e l'incolumità pubblica di tutti coloro che percorrono o si trovano nei pressi di questa trafficata arteria;
il comune di Enna, che in passato si è fatto carico degli interventi per il ripristino delle normali condizioni di percorrenza della citata strada, non interviene sostenendo che tale via non faccia parte del suo stradario, mentre altri tecnici ed enti preposti ritengono diversamente, così nessuno sta facendo alcunché di concreto per rimuovere le attuali condizioni di pericolo per la pubblica incolumità –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto e se intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, anche avviando le opportune interlocuzioni con gli enti competenti e anche in considerazione dei lavori sulla A19, per rimuovere le condizioni di pericolo alla pubblica incolumità determinate dall'enorme quantità di fango presente ai lati della citata strada molto trafficata.
(2-00526) «Raffa».
Interrogazione a risposta scritta:
CANGIANO e SCHIANO DI VISCONTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 16 gennaio 2025 viene pubblicato da TuttoVesuvio.it l'articolo «Cercola. Municipio, “attacco” al segretario generale. Tra i promotori l'ex Br Pasquale Aprea». Tale notizia ha scosso la comunità locale raccontando l'indebita influenza nell'amministrazione comunale di Cercola di Pasquale Aprea, ex brigatista rosso, protagonista del sequestro Cirillo nel ruolo di carceriere, durante il quale fu ucciso un maresciallo di polizia. Come affermato da TuttoVesuvio.it, in base ad una relazione del segretario generale del comune di Cercola dell'8 gennaio 2025, si evincerebbe la presenza nel palazzo di città di Pasquale Aprea, che avrebbe contestato alle più alte cariche cittadine diverse attività di controllo sul personale e sulla corretta gestione di alcune procedure concorsuali;
appare allarmante che un privato cittadino, privo di alcun incarico politico, abbia una leadership tale da autorizzarlo ad inserirsi in decisioni strategiche per la gestione dell'ente ed a scandire le linee programmatiche della politica dello stesso. Come si racconta nell'articolo, la condotta legalitaria del segretario generale, responsabile anticorruzione, sarebbe stata osteggiata dai vertici istituzionali e politici del comune, in alcuni settori strategici ad elevato rischio corruttivo: procedure concorsuali, attività di controllo del personale «infedele», riordino degli uffici. Inoltre, lo stesso segretario generale avrebbe scoperto e denunciato gravi irregolarità nella gestione del servizio integrato dei rifiuti, delle case popolari, facendo emergere evasione pluriennale, occupazioni abusive, mancati sgomberi e perfino aggiudicatari organici ai clan;
il 14 gennaio 2025 il Consiglio dell'Anac, esprimendosi in adunanza plenaria, ha stigmatizzato la condotta tenuta dall'amministrazione nei confronti del segretario generale quale responsabile per la trasparenza e la corruzione del comune di Cercola e ha riconosciuto l'intento discriminatorio nei confronti dello stesso, attestando una correlazione tra la revoca dell'incarico al segretario generale e l'attività di denuncia svolta dallo stesso nei settori a più alto rischio corruttivo citati, riconoscendo la natura ritorsiva della condotta del sindaco nei confronti del segretario generale in ragione dell'attività di denuncia svolta dallo stesso;
l'Anac si è riservata di avviare apposito procedimento di vigilanza in materia di prevenzione della corruzione sulle criticità segnalate nelle denunce del segretario generale del comune di Cercola;
il 18 dicembre 2024 veniva trasmesso da «Fuori dal Coro», il servizio «Ghetti e sprechi, 5 milioni per le case popolari, ma 1 su 3 è occupata», a cura di Costanza Tosi. Hanno destato preoccupazione le immagini dell'aggressione da parte del sindaco, Biagio Rossi, alla troupe televisiva di Rete 4 arrivata al Municipio di Cercola per intervistare il primo cittadino stesso su alcuni argomenti, come la sospensione dei lavori per la riqualificazione degli alloggi popolari effettuata dalla Direzione investigativa antimafia di Napoli;
il 6 settembre 2024, il commissario liquidatore del consorzio di bacino di Napoli e Caserta, Francesco Paolo Ventriglia, intimava al sindaco di Cercola e a tutti gli organi locali preposti, l'applicazione della legge della regione Campania n. 14 del 2016 la quale, all'articolo 44, prevede la ricollocazione prioritaria dei lavoratori del consorzio unico di bacino nell'ipotesi di assunzione di nuovo personale, fino ad esaurimento dei lavoratori posti nelle liste in disponibilità, così da porre fine ad un'attività di assunzioni nel cantiere di Cercola caratterizzata da particolare opacità, come si evince anche da un articolo di TuttoVesuvio.it, dell'11 settembre 2024, «Cercola. Ombre su assunzioni operatori ecologici, Ventriglia: “Sono vietate nuove assunzioni se non esaurito il bacino regionale”» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, attivare verifiche, anche ai sensi dell'articolo 142 del TUEL, sull'operato dell'amministrazione comunale di Cercola, al fine di scongiurare il ripetersi di episodi come quelli citati in premessa nonché pericolose ingerenze e condizionamenti nei confronti dei membri dell'amministrazione comunale considerata.
(4-04189)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
ASCANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
da notizie a mezzo stampa si è appreso che la multinazionale francese Sagemcom sarebbe pronta a smantellare la produzione nello stabilimento di Città di Castello e avrebbe già aperto la procedura di licenziamento collettivo per 40 lavoratori;
l'azienda che progetta e costruisce contatori del gas, ora solo per le utenze domestiche, avrebbe annunciato infatti il taglio di più della metà del personale, che complessivamente si attesta a 70 dipendenti, un organico già largamente ridotto rispetto ai 230 addetti che tra il 2019 e il 2021 hanno lavorato nella sede di Città di castello;
la decisione di aprire il licenziamento collettivo, peraltro, si scontra con la mancata attivazione degli ammortizzatori sociali, a cui la gestione francese non è mai ricorsa nei suoi dieci anni di presenza a Castello;
la proprietà non pare al momento intenzionata a riaprire una trattativa per cercare di salvare l'attività di Sagemcom nel sito umbro, e lo stesso sindaco di Città di Castello ha espresso «preoccupazione per la pesante ricaduta sociale sulla comunità locale, oltre che per le modalità di comunicazione», evidenziando che «come istituzione siamo vicini alle esigenze dei lavoratori, auspicando un immediato dialogo fattivo tra la rappresentanza sindacale e la parte datoriale per risolvere la vicenda in maniera costruttiva» –:
quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare per scongiurare la chiusura dello stabilimento e l'annunciato licenziamento collettivo, nonché per tutelare le esigenze e i diritti dei dipendenti e delle loro famiglie.
(5-03437)
Interrogazione a risposta scritta:
FENU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il settore customer relationship management/business process outsourcing (Crm/Bpo) rappresenta una componente strategica dell'economia nazionale, occupando circa 6.000 dipendenti diretti in venti aziende distribuite su più regioni e un numero imprecisato di collaboratori;
recentemente alcune aziende del settore hanno disdetto il contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) delle telecomunicazioni per adottare il Ccnl Assocontact/Cisal, firmato nel dicembre 2024 da organizzazioni datoriali e sindacali meno rappresentative;
tale passaggio, secondo le organizzazioni sindacali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, comporta una riduzione del salario minimo orario a 6,50 euro, ritenuto insufficiente per garantire una retribuzione dignitosa, l'introduzione di maggiore precarietà contrattuale e una significativa riduzione dei diritti dei lavoratori, aumenti salariali irrisori, pari al 3 per cento nel triennio 2025-2027, con una prima tranche di soli 7 euro, l'assenza di adeguamenti salariali per compensare l'inflazione registrata nel biennio 2023-2024;
il settore Crm/Bpo, pur registrando una crescita economica costante a livello globale, soffre in Italia di dinamiche di concorrenza al ribasso che compromettono la qualità del lavoro e dei servizi offerti;
i lavoratori del settore sono già esposti a condizioni contrattuali precarie, e il nuovo Ccnl accentua ulteriormente questa situazione, configurando un rischio di regressione nelle tutele e nei diritti conquistati;
il Governo aveva assunto impegni, nella persona della Ministra Calderone, per riconoscere il Ccnl delle telecomunicazioni come riferimento per le attività del settore Crm/Bpo –:
quali iniziative intenda intraprendere per tutelare i lavoratori del settore Crm/Bpo in termini di salari, diritti contrattuali, condizioni lavorative e qualità dei servizi, favorendo il rispetto delle clausole sociali, contrastando la precarietà e garantendo che il Ccnl delle telecomunicazioni resti il riferimento per il settore.
(4-04185)
SALUTE
Interrogazioni a risposta immediata:
FURFARO, GIRELLI, CIANI, MALAVASI, STUMPO, SPERANZA, GHIO, FERRARI, CASU e FORNARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la Lega ha comunicato di aver presentato un disegno di legge e un emendamento al decreto-legge «milleproroghe» affinché l'Italia esca dall'Organizzazione mondiale della sanità;
secondo i presentatori di tali atti, infatti, l'Organizzazione mondiale della sanità sarebbe solo «uno stipendificio inutile agli interessi nazionali, un carrozzone che non fa del bene al mondo ma solo ai propri dipendenti»;
lo stesso Vice Presidente del Consiglio dei ministri Salvini ha dichiarato che «i 100 milioni di euro che l'Italia versa ogni anno all'Organizzazione mondiale della sanità devono essere destinati a ospedali, medici, infermieri e malati italiani. Questa è la nostra priorità: rafforzare il sistema sanitario nazionale, aiutare chi ha più bisogno e garantire risorse per la salute dei cittadini»;
l'Organizzazione mondiale della sanità, organismo di indirizzo e coordinamento in materia di salute all'interno del sistema delle Nazioni Unite, è stata istituita nel 1948, con l'obbiettivo del «raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute», definita come «uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale» e non semplicemente «assenza di malattie o infermità»;
l'Organizzazione mondiale della sanità fornisce una guida sulle questioni sanitarie globali, indirizza la ricerca sanitaria, monitora e valuta le tendenze in ambito sanitario, finanzia la ricerca medica, fornisce aiuti di emergenza in caso di calamità e svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie infettive nei Paesi in via di sviluppo. Attraverso i propri programmi, l'Organizzazione mondiale della sanità lavora anche per migliorare in tutto il mondo la nutrizione, le condizioni abitative, l'igiene e le condizioni di lavoro;
si tratta di attività essenziali che non possono essere svolte a livello nazionale o, peggio ancora, regionale, come recentemente l'epidemia da Covid ha tristemente dimostrato;
grazie all'Organizzazione mondiale della sanità si è riusciti a debellare ed eradicare malattie, quali il vaiolo e la poliomielite;
Organizzazione mondiale della sanità e ricerca pubblica sono gli unici antidoti al conflitto di interessi non trascurabile tra le aziende farmaceutiche e la salute pubblica e rimuovere organismi internazionali come l'Organizzazione mondiale della sanità o ridurre la ricerca pubblica, azioni, ad avviso degli interroganti, che questo Governo sta facendo o vorrebbe fare, non aiutano sicuramente a migliorare la nostra salute –:
se il Ministro interrogato condivida le posizioni espresse dalla Lega e dal suo segretario relative all'uscita dell'Italia dall'Organizzazione mondiale della sanità, o, in caso contrario, se non intenda intervenire per smentire tali dichiarazioni, che, qualora si concretizzassero, sarebbero gravissime per la sicurezza e la salute del Paese.
(3-01691)
RICHETTI, BONETTI, ONORI, BENZONI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il 23 gennaio 2025 alcuni onorevoli della Lega, secondo partito di maggioranza, hanno annunciato la presentazione di un disegno di legge che prevederebbe l'uscita dell'Italia dall'Organizzazione mondiale della sanità. La notizia è stata data, in una conferenza stampa a Montecitorio, dal senatore Claudio Borghi e dal deputato Alberto Bagnai e immediatamente sostenuta dallo stesso segretario della Lega Matteo Salvini, nonché Ministro e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha reiterato sui propri profili social che «l'Italia non deve più avere a che fare con un centro di potere sovranazionale – profumatamente finanziato dai contribuenti italiani – che va a braccetto con le multinazionali del farmaco»;
i due parlamentari hanno anche affermato di confidare che «dagli alleati ci sia condivisione» e hanno detto di auspicare un «effetto domino» dopo l'annuncio dell'uscita degli Usa dall'Organizzazione mondiale della sanità da parte del neoeletto Presidente statunitense Donald Trump;
per i promotori del citato disegno di legge, l'Organizzazione mondiale della sanità rappresenterebbe un «carrozzone controllato da un privato, Bill Gates» che «in alcune circostanze si qualifica come sportello unico del lobbista»;
l'attività dell'Organizzazione mondiale della sanità riveste, invece, un'importanza fondamentale nella tutela del diritto universale alla salute, nella rimozione delle disuguaglianze tra Paesi ad alto reddito e quelli a basso reddito, nonché nella promozione di campagne di prevenzione e informazione per la popolazione mondiale. Tra le altre cose, l'Organizzazione mondiale della sanità redige la lista dei farmaci essenziali – aiuta, cioè, i vari Paesi a capire quali medicine siano davvero utili per i cittadini e quali non servano – e porta avanti le istanze scientifiche a vantaggio della collettività, svolgendo «un ruolo essenziale nella prevenzione e nella vaccinazione», come affermato anche da Guido Bertolaso, assessore al welfare della giunta leghista in regione Lombardia –:
se sia intenzione del Ministro interrogato, nonché del Governo di cui fa parte, sostenere la posizione dei citati esponenti di maggioranza, nonché del Vicepresidente del Consiglio, e conseguentemente intraprendere ogni iniziativa utile per avviare il percorso di uscita dell'Italia dall'Organizzazione mondiale della sanità.
(3-01692)
ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nella riforma dell'assistenza territoriale prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, le centrali operative territoriali sono state progettate per realizzare un efficace coordinamento tra ospedali, medici di famiglia, assistenza domiciliare e servizi sociali, nonché per garantire la presa in carico continua e personalizzata dei pazienti; un elemento chiave per affrontare l'invecchiamento della popolazione e la crescente prevalenza delle malattie croniche;
Gimbe ha fatto il punto sullo status di attuazione delle centrali operative territoriali che, con case e ospedali di comunità, telemedicina e potenziamento dell'assistenza domiciliare, sostanziano l'assistenza territoriale prevista dal decreto ministeriale n. 77 del 2022, finanziata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;
la programmazione iniziale del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevedeva un rapporto di una centrale operativa territoriale ogni 100 mila abitanti, quindi almeno 600 strutture distribuite tra le regioni. La rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza le ha ridotte del 20 per cento, portando il target ad almeno 480 centrali operative territoriali. Tale rimodulazione non modifica il numero originario di centrali operative territoriali da attivare, ma riduce prudenzialmente il target dell'Unione europea per garantire l'erogazione delle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;
le ulteriori 120 centrali operative territoriali dovranno essere realizzate con altri fondi non ancora ben definiti e senza vincoli legati alle scadenze del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero senza tempistiche definite;
ad oggi non è disponibile pubblicamente la distribuzione regionale delle centrali operative territoriali pienamente funzionanti al 31 dicembre 2024, indispensabile per monitorare l'equità territoriale. Secondo l'ultimo dato reso pubblico dall'Agenas il 18 settembre 2024, al 30 giugno 2024 risultavano pienamente funzionanti solo 362 centrali operative territoriali, pari al 59 per cento delle 611 centrali operative territoriali previste prima della rimodulazione;
secondo le stime dell'Agenas per il funzionamento delle centrali operative territoriali servirebbero da 2.400 a 3.600 unità di infermieri di famiglia e di comunità, personale per il quale sono stati stanziati 480 milioni di euro dal decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020;
la carenza del personale sanitario, in particolare infermieristico, si ripercuote a cascata sulla riforma dell'assistenza territoriale programmata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che rischia di trasformarsi in un'occasione mancata. Il Governo, mentre celebra gli obiettivi numerici raggiunti, non può limitarsi al rispetto delle scadenze per incassare le rate, ma è chiamato garantire la piena attuazione del decreto ministeriale n. 77 del 2022 e la piena operatività delle centrali operative territoriali per tutelare la salute dei cittadini, riducendo le diseguaglianze regionali e territoriali e assicurando un'assistenza sanitaria uniforme, equa e universale –:
quali iniziative di competenza intenda assumere o abbia assunto per garantire l'effettiva operatività delle centrali operative territoriali fondamentali per l'attuazione dell'assistenza territoriale e garantire continuità, accessibilità ed integrazione dell'assistenza sanitaria, che ora rischia di essere compromessa se tali centrali non sono rese pienamente funzionanti.
(3-01693)
ZINZI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO e ZOFFILI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
si susseguono e rimangono purtroppo inascoltati, da diversi mesi, gli appelli che denunciano la situazione drammatica in cui versa il presidio ospedaliero di Sant'Agata de' Goti;
la situazione descritta dai cittadini, oggetto di numerosi articoli di stampa e verificata anche personalmente dall'interrogante, è quella di un ospedale «fantasma», senza reparti nonostante un decreto regionale che avrebbe dovuto istituirli, con un pronto soccorso aperto al pubblico soltanto dalle ore 8 alle 18 e al momento delle verifiche condotte un solo medico in tutta la struttura;
la gestione della vicenda da parte dei vertici della regione è ad avviso degli interroganti inqualificabile e testimonia l'incapacità della stessa nell'assicurare il diritto alla salute e i livelli essenziali di assistenza, di cui la componente ospedaliera costituisce un'articolazione fondamentale;
ad avviso degli interroganti, è necessario un intervento urgente per difendere il diritto alla salute dei cittadini sanniti, rilanciare il presidio ospedaliero di Sant'Agata de' Goti e interrompere il disegno di desertificazione della rete sanitaria provinciale intrapreso dalla regione –:
se intenda promuovere iniziative, per quanto di competenza, a tutela della salute pubblica e dei livelli essenziali di assistenza, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive, per verificare la situazione in essere presso il presidio ospedaliero di Sant'Agata de' Goti.
(3-01694)
LUPI, BRAMBILLA, ROMANO, BICCHIELLI, CARFAGNA, CAVO, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, ha introdotto modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione della Repubblica italiana e ha stabilito che la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali;
la presenza degli animali nelle case degli italiani continua a registrare un progressivo aumento: secondo il rapporto Eurispes 2024, in quasi una casa su quattro si trova almeno un animale da compagnia, mentre il 37,3 per cento dei cittadini possiede uno o più animali domestici;
le spese da affrontare per la cura e il mantenimento dei propri animali domestici sono variabili e possono assumere importi che gravano in misura consistente sulla situazione finanziaria delle famiglie;
sempre secondo i dati del rapporto Eurispes 2024, si stima che il 60 per cento di coloro che possiedono animali domestici spende per la cura e il mantenimento dei propri animali una cifra che oscilla tra i 30 euro e i 100 euro; il 20,3 per cento sopporta una spesa mensile inferiore ai 30 euro e il restante 20 per cento spende una cifra che va dai 100 fino ai 300 euro;
la legge di bilancio per l'anno 2025 ha rinnovato una detrazione pari al 19 per cento sull'Irpef per le spese veterinarie sostenute, entro un limite massimo di spesa di 550 euro all'anno, dai proprietari di animali da compagnia;
secondo i dati Istat, nel 2023 poco più di 2,2 milioni di famiglie vivono in povertà assoluta, un numero pari a circa 5,7 milioni di individui –:
quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere al fine di promuovere misure strutturali che garantiscano la cura degli animali da parte delle fasce meno abbienti della popolazione.
(3-01695)
FARAONE, GADDA, DEL BARBA, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nella seduta della Conferenza Stato-regioni del 14 novembre 2024 è stata sancita l'intesa sullo schema di decreto concernente la definizione delle tariffe dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, pubblicato successivamente in Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre 2024;
il decreto, recante la definizione delle tariffe relative all'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, aggiorna dopo oltre vent'anni il nomenclatore delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, introducendo nuove tariffe per 1.113 prestazioni su un totale di 3.171;
diverse associazioni rappresentative delle strutture sanitarie private accreditate e convenzionate hanno denunciato come le nuove tariffe siano notevolmente inferiori ai costi reali di produzione, con riduzioni fino all'80 per cento. A titolo d'esempio, il rimborso per l'esame Psa reflex, essenziale per la diagnosi di tumori, è stato ridotto da 14,82 euro a 3,95 euro; quello per una visita cardiologica comprensiva di elettrocardiogramma è sceso da 24,53 euro a 17,90 euro;
queste riduzioni mettono a rischio la sostenibilità di oltre 27.000 strutture accreditate, con inevitabili conseguenze sull'accesso alle cure, incrementando ulteriormente le liste d'attesa, con ricadute negative per il servizio pubblico;
le regioni in piano di rientro si trovano impossibilitate a incrementare le tariffe per via dei vincoli di bilancio, aggravando ulteriormente le disuguaglianze territoriali, considerando che almeno 58 tipologie di prestazioni potrebbero non essere più erogate, colpendo duramente la medicina territoriale e i cittadini più vulnerabili;
a seguito dei ricorsi di oltre 350 strutture, il tribunale amministrativo regionale del Lazio, il 30 dicembre 2024, ha inizialmente sospeso l'efficacia del decreto, salvo revocare la sospensione il giorno successivo a seguito della richiesta presentata dall'Avvocatura dello Stato;
il nuovo nomenclatore rischia ad avviso degli interroganti di compromettere il Servizio sanitario nazionale, influendo negativamente sulla possibilità dei cittadini di curarsi, prolungando ulteriormente le liste d'attesa e inasprendo le disuguaglianze territoriali;
la modalità di rideterminazione del costo delle prestazioni, noncurante dell'effettivo costo che si sostiene per erogare le prestazioni, incide negativamente sulla prevenzione, assistenza e cure dei pazienti e rischia di condurre al default migliaia di aziende italiane operanti nel comparto della salute, che con la loro presenza hanno assicurato l'erogazione puntuale di prestazioni che ad oggi il sistema sanitario nazionale pubblico non è in condizione di erogare in tempi ragionevoli –:
quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie – evitandone il deterioramento qualitativo – conformemente al decreto di cui in premessa e salvaguardare la sostenibilità delle strutture accreditate e convenzionate, assicurando un equo accesso alle cure sull'intero territorio nazionale.
(3-01696)
PATRIARCA, BENIGNI e CAPPELLACCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il piano terapeutico è uno strumento che regola l'uso di determinati farmaci ritenuti essenziali per specifiche patologie e ne definisce la rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale, garantendo in tal modo al paziente la continuità terapeutica;
ai medici specialisti liberi professionisti, ad oggi, non è riconosciuta la possibilità di prescrivere o rinnovare piani terapeutici, costringendo i pazienti, che pure sono in cura presso specialisti privati, a rivolgersi agli ambulatori pubblici, con la conseguenza di ingolfare le liste d'attesa per visite ambulatoriali, gravando ulteriormente su un sistema già in affanno;
l'impossibilità ad accedere alla prescrivibilità, attraverso i piani terapeutici, di farmaci fondamentali come, per esempio, i nuovi anticoagulanti orali, gli antidiabetici di ultima generazione, le associazioni di farmaci per l'asma, i farmaci biologici (sono solo alcuni di una lunga lista), possono determinare anche un pericoloso ritardo nell'inizio di terapie fondamentali per la cura dei loro pazienti e, di fatto, dà vita a una differenza di trattamento tra coloro che si rivolgono alla sanità pubblica e coloro che si rivolgono alla sanità privata;
la mancata prescrivibilità di alcuni farmaci, inoltre, può gravare anche sulle degenze ordinarie sui pronto soccorso e sulle terapie intensive –:
se il Ministro interrogato intenda valutare la possibilità di adottare iniziative volte, in via sperimentale, a consentire ai medici specialisti liberi professionisti l'accesso alle piattaforme regionali per la prescrizione e il rinnovo dei piani terapeutici almeno per specifiche patologie e/o per specifiche tipologie di farmaci, tenendo anche conto dell'effetto deflattivo sulle liste d'attesa che l'adozione di tali misure comporterebbe, prevedendo il monitoraggio sull'andamento delle prescrizioni, nell'ottica di rendere strutturale la misura.
(3-01697)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MALAVASI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi 50 anni l'invecchiamento della popolazione italiana è stato uno dei più rapidi tra i Paesi maggiormente sviluppati e si stima che nel 2050 la quota degli ultra 65enni ammonterà al 35,9 per cento della popolazione totale, con un'attesa di vita media pari a 82,5 anni;
il prolungamento della vita media della popolazione in Italia rappresenta un importante traguardo, determinato dai significativi progressi in ambito economico, sociale e sanitario, che hanno notevolmente migliorato la qualità di vita. Ciò rende necessaria una programmazione sanitaria capace di favorire la salute delle persone anziane che, spesso, sono vittime di ageismo sanitario;
il termine ageism (da «age» in inglese età), coniato nel 1969 negli Stati Uniti, è in uso per rappresentare una forma di pregiudizio e di svalutazione ai danni di un individuo in ragione della sua età;
esso coinvolge in particolare, ma non in via esclusiva, le persone anziane e determina la tendenza altamente discriminatoria a considerare diagnosi e presa in carico terapeutica non necessarie, data l'età dei pazienti. Si tratta di una forma di pregiudizio che, nella pratica, impedisce di ottenere una diagnosi e una presa in carico ottimali;
le norme a tutela della discriminazione in base all'età sono diverse, sia a livello nazionale che comunitario, e puntano anche ad affrontare il fenomeno dell'ageismo. A questo proposito, l'articolo 3 della Costituzione prevede un generale divieto di discriminazione e, nonostante non sia menzionata espressamente l'età, si tende a far rientrare tale discriminazione nel genus della discriminazione basata sulle «condizioni personali» richiamate nello stesso articolo;
a livello comunitario un esplicito riferimento all'età si rintraccia nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 10 Tfue) e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (articolo 21 – Non discriminazione), che vietano qualsiasi forma di discriminazione fondata, tra le altre, sull'età;
nonostante nel nostro Paese l'età media delle persone sia in continua progressione e l'età pensionabile si sia conseguentemente estesa, nel nostro ordinamento manca una legge che disciplini il fenomeno dell'ageismo;
i bisogni dei pazienti anziani e fragili possono essere molto diversi e non limitarsi alla singola patologia, come, ad esempio, nel caso dell'amiloidosi cardiaca. Si tratta di una patologia rara e sistemica, che colpisce soprattutto gli anziani e necessita di una grande multidisciplinarietà specialistica, ma anche di una presa in carico che tenga in considerazione tutte le comorbilità della persona anziana;
per garantire la presa in carico della persona con amiloidosi è fondamentale che i centri di riferimento, in sinergia con la medicina di prossimità, possano garantire un percorso diagnostico tempestivo, una valutazione accurata della migliore strategia terapeutica per la malattia nel contesto dell'età e delle comorbilità e una gestione multidisciplinare –:
quali iniziative di competenza intenda promuovere per individuare politiche volte a tutelare anche il paziente anziano, al fine di renderlo un soggetto attivo all'interno della società, garantendone una migliore qualità di vita;
se non ritenga necessario adottare iniziative volte a disciplinare a livello normativo il fenomeno dell'ageismo, in particolare quello sanitario, con l'obiettivo di garantire l'accesso alla presa in carico diagnostica, terapeutica e assistenziale delle persone anziane, specie quando affette da malattie rare.
(5-03436)
DI LAURO e CHERCHI. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
l'accordo Stato-regioni del 4 agosto 2021, inerente ai requisiti minimi di autorizzazione e accreditamento delle cure domiciliari, prevedeva che «entro 12 mesi dalla data di sottoscrizione» le regioni e le province autonome provvedono ad attivare il sistema di autorizzazione e di accreditamento delle organizzazioni pubbliche e private per l'erogazione di cure domiciliari, e che, «nelle more dell'individuazione del sistema tariffario da parte della competente Commissione nazionale, le tariffe sono definite dalle singole regioni»;
la Missione 6 Componente 1 obiettivo 1.2.1 «casa come primo luogo di cura (ADI)» del PNRR, stanzia 2,97 miliardi di euro per l'assistenza domiciliare integrata;
il decreto del Ministro della salute del 23 gennaio 2023 che sancisce la ripartizione delle risorse e le relative modalità di erogazione alle regioni per il raggiungimento dell'obiettivo M6 CI 1.2.1 «Casa come primo luogo di cura (ADI)» dice all'articolo 3, comma 5 che «le regioni e le province autonome si impegnano a erogare le prestazioni di cura domiciliare attraverso le organizzazioni pubbliche e accreditate», mentre il successivo decreto del Ministro della salute n. 55 del 6 marzo 2023, stabilisce che tali somme, finalizzate al raggiungimento del 10 per cento di cittadini ultra 65enni trattati con cure domiciliari, possono essere utilizzate per finanziare assunzioni di personale o erogazione di ADI attraverso soggetti accreditati;
la regione Campania, a seguito di procedure ricognitive, solo con propria delibera del 23 maggio 2024 ha approvato la modulistica per l'accreditamento di soggetti privati per l'erogazione di cure domiciliari, e a tutt'oggi non ha concluso formalmente alcun accreditamento, né ha definito le tariffe per l'erogazione delle cure domiciliari da parte di soggetti accreditati;
in regione Campania la quasi totalità delle cure domiciliari ADI, negli anni 2022, 2023, 2024 sono erogate da operatori economici privi di accreditamento istituzionale e individuati dalle singole Asl tramite procedure di gara, spesso scadute o in proroga –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra e in particolare se le prestazioni ADI erogate in regione Campania – o in altre regioni d'Italia – da operatori economici non accreditati e individuati tramite gare d'appalto concorrano agli obiettivi della M6 CI 1.2.1;
se risulti che alla regione Campania siano state erogate risorse del PNRR che sono andate a finanziare erogazioni di attività ADI svolte per mezzo di gare d'appalto da soggetti privi di accreditamento istituzionale.
(5-03438)
Pubblicazione di testi riformulati.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Fratoianni n. 1-00370, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 392 del 4 dicembre 2024.
La Camera,
premesso che:
dopo 15 mesi di assedio, di incessanti attacchi da terra e di bombardamenti aerei da parte delle forze armate israeliane a Gaza, in seguito all'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, il Governo di Israele e Hamas il 19 gennaio 2025 hanno finalmente raggiunto un accordo almeno per una tregua di sei settimane, con il graduale rilascio dei primi 33 ostaggi israeliani in mano ad Hamas e la liberazione di almeno mille detenuti palestinesi. A questa fase dovrebbe seguire una seconda fase, in cui è previsto il rilascio degli ultimi ostaggi e il ritiro completo dell'esercito israeliano, e una terza che prevede la ricostruzione della Striscia di Gaza e la restituzione dei corpi degli ostaggi morti in prigionia;
l'attacco terroristico e la strage nel Sud di Israele del 7 ottobre 2023 compiuta da Hamas, per cui la Corte penale internazionale ha disposto mandati di cattura nei confronti di esponenti di questa organizzazione, non può costituire alcuna giustificazione ad una reazione senza alcun limite del Governo israeliano, la quale ha provocato nella Striscia di Gaza, in una macabra contabilità cresciuta di giorno in giorno, oltre 40.000 morti, di cui il 70 per cento donne e bambini, oltre ad imporre il quasi totale blocco degli aiuti, nonostante i pressoché unanimi appelli internazionali, compreso quello dell'amministrazione americana uscente, provocando una catastrofe umanitaria; l'ex Ministro della difesa di Israele nel Governo Netanyahu dal 2013 al 2016, Moshe Yaalon, ha dichiarato che le forze di difesa israeliane (Idf) stanno a Gaza «commettendo crimini di guerra e pulizia etnica»;
Benjamin Netanyahu, il giorno dell'entrata in vigore della tregua, ha annunciato una nuova operazione militare «vasta e significativa» in Cisgiordania denominata «Muro di ferro», la quale ha già provocato decine di vittime civili, in un territorio oggetto di una occupazione illegale da parte di Israele e che ha visto durante i tragici 15 mesi dell'assedio a Gaza l'escalation delle violenze dei coloni israeliani nei confronti della popolazione palestinese, senza che le autorità israeliane adottassero alcuna reale misura di prevenzione e repressione di tali violenze:
la ferma condanna e il riconoscimento senza ambiguità dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità commessi dal Governo israeliano, così come quelli compiuti da Hamas, non costituiscono l'ostacolo alla cessazione del conflitto, al contrario è la loro assenza che rischia di compromettere la tregua raggiunta e il raggiungimento di un definitivo cessate il fuoco e l'apertura di un processo di pace;
la tregua raggiunta a Gaza, così come nel conflitto in Libano e la stabilità dell'intera area medio-orientale, si fonda su basi fragili; la cessazione dei conflitti e dei confronti armati e l'avvio di un processo di pace permanente poggiano innanzitutto sul riconoscimento e sull'applicazione del diritto internazionale;
la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex Ministro della difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l'umanità, commessi nell'ambito di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza tra 1'8 ottobre 2023, il giorno successivo all'attacco terroristico di Hamas nel sud di Israele, e fino ad «almeno» il 20 maggio 2024, giorno nel quale la Procura della Corte penale internazionale ha depositato le richieste di arresto. Un terzo mandato riguarda Mohammed Deif, comandante militare di Hamas, che Israele dichiara, però, di aver ucciso a luglio 2024, mentre si è estinto il procedimento contro gli altri capi di Hamas deceduti;
il procedimento anche nei confronti di esponenti del Governo israeliano è fondato sul ricorso presentato dal Sudafrica, il 26 gennaio 2024, alla Corte internazionale di giustizia per il mancato rispetto della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948; la Corte non si è ancora espressa sul ricorso, limitandosi ad emettere un provvedimento d'urgenza sulla base di sufficienti indizi per approfondire l'istruttoria sul crimine di genocidio. Il provvedimento nei confronti di Netanyahu e Gallant riguarda, quindi, al momento la responsabilità per crimini di guerra e crimini contro l'umanità per aver affamato la popolazione civile palestinese come metodo di guerra, di aver causato intenzionalmente «grandi sofferenze, gravi lesioni al corpo o alla salute o trattamenti crudeli», di «dirigere intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile». Secondo la Corte, il Primo ministro e l'ex Ministro della difesa di Israele avevano a disposizione misure per prevenire o evitare che venissero commessi crimini, ma non lo hanno fatto;
la decisione della Corte penale internazionale è stata oggetto da parte di alcuni Stati di critiche e giudizi sprezzanti, accusando la stessa perfino di antisemitismo;
appare, quindi, necessario richiamare la storia di questa istituzione internazionale;
il 17 luglio 1998 la Conferenza diplomatica che riuniva i rappresentanti di 160 Stati ha approvato lo Statuto di Roma, che poneva le basi per istituire la Corte penale internazionale; la Corte penale internazionale è la prima istituzione giudiziaria penale permanente di carattere universale istituita per perseguire gli autori dei crimini più gravi, «motivo di allarme per l'intera comunità internazionale», come recita l'articolo 5 dello Statuto di Roma;
entrato in vigore il 1° luglio 2002, al raggiungimento delle ratifiche necessarie – l'Italia ha provveduto all'autorizzazione alla ratifica e all'ordine di esecuzione con la legge 12 luglio 1999, n. 232, sottolineando con questo tempestivo recepimento la straordinaria importanza e funzione attribuita dal nostro Paese all'istituzione di questo organo giurisdizionale internazionale lo Statuto della Corte si presenta oggi come la base giuridica più compiuta che definisce i crimini di genocidio (articolo 6), i crimini contro l'umanità (articolo 7), i crimini guerra (articolo 8) e, dopo la Conferenza di Kampala del 2010, anche l'aggressione (articolo 8-bis), ovvero l'attacco illegittimo contro la sovranità degli Stati, in violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite;
la Corte penale internazionale è un tribunale di ultima istanza che supplisce le giurisdizioni nazionali qualora queste omettano di perseguire i crimini previsti dallo Statuto di Roma. Agli Stati, o meglio agli organi a cui è attribuita questa funzione dal diritto nazionale, spetta la responsabilità primaria di indagare e perseguire gli autori dei crimini internazionali più gravi;
gli Stati, qualora intervengano decisioni della Corte penale internazionale, hanno l'obbligo di cooperare con la Corte conformemente allo Statuto di Roma;
dalla sua creazione, la Corte penale internazionale ha compiuto un lungo cammino, dalle prime denunce ricevute nel 2004, alla prima sentenza nel 2009 e alla prima decisione sui risarcimenti per le vittime nel 2012:
la Corte penale internazionale è lo stesso tribunale che nel 2023 ha emesso mandati di arresto contro il Presidente della Federazione russa Vladimir Putin e Lvova-Belova, Commissario per i diritti dei bambini della Federazione russa, per crimini di guerra con riferimento alla deportazione e trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell'Ucraina alla Federazione russa. È stata la prima volta che un mandato era diretto contro il leader di un Paese membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu;
il 16 luglio 2024, in occasione della Giornata della giustizia penale internazionale, l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, a nome dell'unione europea e, quindi, anche a nome dell'Italia e del suo Governo, rilasciava una dichiarazione (a cui hanno aderito, per l'importanza e la solennità dell'atto, anche i Paesi candidati Macedonia del Nord. Montenegro, Serbia, Albania, Ucraina, Repubblica di Moldova, Bosnia-Erzegovina e Georgia e i Paesi dell'Efta Islanda, Liechtenstein e Norvegia, membri dello Spazio economico europeo, nonché l'Armenia) in cui, tra l'altro, si legge: «l'Unione europea ribadisce il suo risoluto sostegno alla Corte penale internazionale. Siamo decisi a difendere l'integrità dello Statuto di Roma e l'universalità e l'indipendenza della Corte. L'Unione europea è fermamente contraria a qualsiasi tentativo di minare il quadro dello Statuto di Roma e il più ampio sistema internazionale di giustizia penale, su cui sono riposte le ultime speranze di molte vittime in tutto il mondo. L'Unione europea invita tutti gli Stati a cooperare con la Corte penale internazionale» e il comunicato così concludeva: «L'Unione europea continuerà a chiedere che gli autori dei reati più gravi siano chiamati a risponderne e che i diritti delle vittime siano tutelati. La giustizia deve prevalere»;
alla decisione della Corte penale internazionale di emettere mandati di arresto anche nei confronti del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell'ex Ministro della difesa Yoav Gallant sono seguite, ovviamente, molte reazioni: gli Stati Uniti – che non hanno ratificato lo Statuto di Roma e, quindi, non riconoscono la Corte penale internazionale, come non riconoscono la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia dell'Aia – hanno respinto «categoricamente» la decisione, dicendosi «profondamente preoccupati» e non riconoscendo la giurisdizione della Corte penale internazionale «su questa questione»;
l'Unione europea, per voce dell'Alto rappresentante per la politica estera uscente, Josep Borrell, ha affermato: «non è una decisione politica, ma la decisione di un tribunale che deve essere rispettata e attuata», sottolineando che «la tragedia a Gaza deve finire». Il Premier dell'Ungheria, Viktor Orban, Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea, ha annunciato che inviterà il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu per protestare contro il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale;
in Italia il Governo ha assunto una posizione incerta, caratterizzata da ambiguità e retorica. Il giorno in cui si è appresa la decisione della Corte, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, ha dichiarato: «Noi sosteniamo la Corte penale internazionale, ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione e come comportarci insieme su questa vicenda.» Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha dichiarato: «Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. Un punto resta fermo per questo Governo: non ci può essere un'equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l'organizzazione terroristica Hamas». Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, ha adottato una posizione apertamente favorevole a Netanyahu, affermando che sarebbe «benvenuto in Italia» e insinuando che il mandato della Corte penale internazionale sia stato influenzato da Paesi islamici;
il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, il 27 novembre 2024, nel rispondere nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati alle interrogazioni a risposta immediata, presentate sulla vicenda dalle opposizioni, ha ribadito una posizione ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo incerta ed ambigua, affermando «di riconoscere l'importanza della Corte penale internazionale come istituzione indipendente» e di «prendere atto della sua decisione di emettere un mandato di arresto nei confronti del Premier israeliano Netanyahu e dell'ex Ministro della difesa Gallant», ma anche dicendosi convinto che la Corte penale internazionale «debba svolgere un ruolo giuridico e non politico»;
il Ministro Tajani, inoltre, ha affermato «Siamo amici di Israele, l'unica democrazia in Medio Oriente, e riconosciamo il suo diritto ad esistere, anche se non condividiamo tutte le sue scelte, ma rigettiamo fermamente ogni tentativo di equiparazione tra il leader di un Paese democratico e un'organizzazione terroristica, come è stato ribadito a chiare lettere nel documento finale del G7 di Fiuggi che si è concluso ieri. Assimilare queste due figure è inaccettabile e rischia di compromettere ogni sforzo per il raggiungimento della pace. Per costruirla non bastano misure unilaterali, non risolviamo il problema del conflitto in Medio Oriente con mandati di arresto»;
le dichiarazioni in sede parlamentare del Ministro Tajani, così come quelle pronunciate dal Presidente Meloni e dal Ministro Salvini, a fronte dell'apparente riconoscimento della Corte penale internazionale e delle sue decisioni, di fatto delegittimano la stessa attribuendogli intenti politici e accusandola di equiparare lo Stato di Israele ad Hamas e di compromettere la cessazione del conflitto;
la contestazione al Premier israeliano Netanyahu e all'ex Ministro della difesa Gallant da parte della Corte penale internazionale di crimini di guerra e crimini contro l'umanità non può e non deve considerarsi un atto motivato da intenti politici, quando nello stesso comunicato finale del G7 dei Ministri degli esteri tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024 può leggersi che: «Nell'esercizio del proprio diritto di difesa, Israele è tenuto a rispettare pienamente gli obblighi derivanti dal diritto internazionale in tutte le circostanze, compreso il diritto internazionale umanitario», evidenziando, quindi, la violazione da parte di Israele di tale diritto;
la posizione ambigua e reticente del Governo, sugli obblighi dell'Italia derivanti dalla decisione della Corte penale internazionale, si è disvelata in occasione della visita a metà gennaio nel nostro Paese del Ministro degli esteri israeliano Gideon Sa'ar, il quale ha reso noto che, nell'incontro da lui avuto con i Ministri Tajani e Nordio, gli sarebbe stato assicurato «non c'è nessun problema per chiunque venga a Roma, nemmeno per Netanyahu»;
le affermazioni del Ministro degli esteri israeliano hanno trovato conferma in una lapidaria successiva affermazione del Ministro Tajani, il quale ha dichiarato «mi pare che è tutto molto chiaro, ci sono delle immunità e le immunità vanno rispettate», confermando, quindi, che non è intenzione del Governo adempiere alle decisioni della Corte penale internazionale;
a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, invocare l'immunità di cui godrebbe Benjamin Netanyahu, in quanto Primo ministro israeliano, per non dare seguito alle decisioni della Corte penale internazionale è, essa sì, una scelta politica e non giuridica, considerato che sarebbe contraria agli obblighi sanciti dallo Statuto di Roma, i quali prevalgono su norme consuetudinarie internazionali come quella sull'immunità e che, comunque, andrebbe affrontata, se del caso, dai competenti organi giurisdizionali sia nazionali che internazionali, compresa la stessa Corte penale internazionale;
al sostanziale diniego del Governo italiano di riconoscere gli obblighi da parte dell'Italia derivanti dall'emissione da parte della Corte penale internazionale del mandato di arresto nei confronti del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è seguito il gravissimo episodio relativo alla mancata convalida dell'arresto in Italia di Najeem Osema Almasri Habish, nei confronti del quale la Corte penale internazionale aveva emesso un mandato di arresto per il suo ruolo, come capo della Special deterrence forces operante a Tripoli, nella commissione di crimini internazionali a partire dal 15 febbraio 2015, in particolare ai danni dei detenuti nella prigione di Mitiga;
nonostante la richiesta di tutti i Gruppi parlamentari di opposizione, il Governo ed in particolare il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, non hanno ancora fornito alcuna esaustiva spiegazione dei motivi per i quali non è intervenuta la dovuta collaborazione con la Corte penale internazionale, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo violando così gli obblighi derivanti dalla adesione dell'Italia allo Statuto di Roma e permettendo ad un soggetto, che secondo le accuse «ha picchiato, torturato, sparato, aggredito sessualmente e ucciso personalmente detenuti, nonché ha ordinato alle guardie di picchiarli e torturarli», di tornare in Libia a bordo di un aereo di Stato;
sempre nel comunicato finale del G7 dei Ministri degli esteri tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024, oltre ad affermare che «Israele è tenuto a rispettare pienamente gli obblighi derivanti dal diritto internazionale in tutte le circostanze, compreso il diritto internazionale umanitario», veniva asserito «il nostro incrollabile impegno, attraverso un rinnovato impegno nel processo di pace in Medio Oriente, a favore di una soluzione a due Stati che vede due Paesi democratici, Israele e Palestina, vivere fianco a fianco in pace all'interno di confini sicuri e riconosciuti, in linea con il diritto internazionale e le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite»;
è necessario, in coerenza con questo impegno definito dagli stessi Ministri degli esteri del G7, compreso il Ministro Tajani, «incrollabile», che il Governo italiano promuova con urgenza il riconoscimento dello Stato di Palestina,
impegna il Governo:
1) ad adempiere agli obblighi di cooperazione e assistenza giudiziaria con la Corte penale internazionale derivanti dall'emissione dei mandati di arresto da parte della Corte penale internazionale nei confronti del Premier israeliano Benjamin Netanyahu, dell'ex Ministro della difesa Yoav Gallant e del comandante militare di Hamas Mohammed Deif, qualora non deceduto;
2) a sostenere ogni iniziativa delle Nazioni Unite volta a ottenere un permanente cessate il fuoco a Gaza e la liberazione incondizionata di tutti gli ostaggi israeliani e l'avvio di un processo di pace;
3) ad esigere la tutela dell'incolumità della popolazione civile di Gaza e che alla stessa sia garantita la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, sicuri e senza restrizioni all'interno della Striscia di Gaza, nonché aiuti e assistenza per la ricostruzione escludendo ogni ipotesi di trasferimento forzato della popolazione;
4) ad esigere la tutela dell'incolumità della popolazione civile della Cisgiordania, richiedendo che lo Stato di Israele cessi ogni operazione militare, l'occupazione militare illegale di tali territori e l'illegale creazione e sostegno di insediamenti israeliani, nonché adotti ogni misura di prevenzione e repressione delle violenze commesse dai cosiddetti coloni nei confronti della popolazione palestinese;
5) ad assumere iniziative di competenza volte a prevedere sanzioni nei confronti del Governo israeliano e cessare immediatamente ogni fornitura militare allo stesso anche se autorizzata prima del 7 ottobre 2023;
6) ad adoperarsi affinché, anche alla luce dei mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale, il Consiglio dell'unione europea sospenda l'Accordo di associazione con Israele;
7) ad adottare urgenti iniziative di competenza volte a riconoscere lo Stato di Palestina con i confini del 4 giugno 1967 con capitale Gerusalemme est.
(1-00370) (Nuova formulazione) «Fratoianni, Bonelli, Zanella, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
Si pubblica il testo riformulato della mozione Faraone n. 1-00381, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 404 del 7 gennaio 2025.
La Camera,
premesso che:
il 7 ottobre 2023, milizie riconducibili ad Hamas – organizzazione terroristica islamica che ha nel proprio statuto la distruzione dello Stato di Israele – hanno condotto una serie di attacchi in territorio israeliano, causando la morte di migliaia di civili innocenti, compiendo un vero e proprio femminicidio di massa, seviziando numerosi cittadini, anche stranieri, e rapendo oltre 200 persone che sono state portate a Gaza, molte delle quali risultano ancora ostaggio dei terroristi;
l'attacco perpetrato da Hamas ha tutti i connotati di una feroce ed efferata azione terroristica ed è stato fermamente condannato dalla comunità internazionale, che ha ribadito il diritto di Israele a difendere la sua integrità territoriale e la sua popolazione. Il Governo israeliano ha pertanto posto in essere una reazione militare per ripristinare la sicurezza nel territorio e tentare di riportare a casa gli ostaggi trattenuti a Gaza;
l'inasprimento del conflitto scaturito dalle legittime azioni difensive dello Stato d'Israele nei confronti di Hamas è sfociato in un'escalation di violenze in Medio Oriente che, a distanza di oltre un anno dall'inizio del conflitto, continua a mettere a rischio la popolazione civile solo della Striscia di Gaza, stretta nella morsa dell'esercito israeliano e dalla violenza delle forze terroristiche, con gli arrivi degli aiuti sempre più limitati, che configura una gravissima crisi umanitaria e sanitaria senza precedenti;
la cessazione delle ostilità e la fine della guerra dipendono da tutte le parti coinvolte nel conflitto, dalla restituzione degli ostaggi alle loro famiglie, dalla garanzia della sicurezza e dell'integrità dello Stato di Israele, dalla pacifica creazione e riconoscimento di uno Stato palestinese guidato da un'Autorità Nazionale Palestinese in totale discontinuità con Hamas, nonché dal riconoscimento della prospettiva dei «due popoli, due Stati»;
come ricordato dall'allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel 2015, alla Knesset: «non basta domandare la pace per Gerusalemme ma occorre costruirla con l'impegno di tutti gli attori in campo e non. La pace sarà possibile solo quando sarà interamente compiuto il progetto due Stati per due popoli e ciò potrà avvenire solo se sarà garantita la piena sicurezza di tutti con il rispetto del diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione e il diritto del popolo ebraico al proprio stato nazionale»;
dopo oltre 15 mesi dall'inizio del conflitto, è stato raggiunto un accordo sul cessate il fuoco nell'area a partire da domenica 19 gennaio 2025, che prevede l'interruzione dei combattimenti a Gaza, il graduale rilascio di ostaggi da parte di Hamas e di prigionieri da Israele e l'ingresso di aiuti rivolti alla popolazione civile coinvolta nel conflitto. La notizia più importante riguarda la presenza di Israele nella Striscia, in quanto l'accordo prevedrebbe il ritiro delle forze armate dai centri abitati e, successivamente, dal corridoio di Netzarim che divide la Striscia in due;
l'accordo prevede una prima fase in cui sarà in vigore per 42 giorni un cessate il fuoco, durante il quale Hamas dovrebbe liberare 33 ostaggi vivi tra cui principalmente donne, bambini, anziani e civili feriti. Israele dovrebbe a sua volta liberare centinaia di prigionieri palestinesi e ritirare le proprie truppe dalle aree più densamente abitate della Striscia. Dovrebbe inoltre permettere ai civili palestinesi di tornare nel Nord della Striscia. Infine sempre Israele dovrebbe permettere un aumento delle consegne di aiuti umanitari: fino a 600 camion al giorno dovrebbero poter entrare nella Striscia per consegnare beni di prima necessità;
il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza è entrato in vigore alle 10:15, ora italiana, di domenica 19 gennaio 2025 e nel primo pomeriggio sono stati rilasciati i primi tre ostaggi israeliani. A sua volta, nella giornata di lunedì 20 gennaio 2025, Israele ha rilasciato i primi 90 prigionieri palestinesi;
l'accordo sul cessate il fuoco, che ha visto la partecipazione nella mediazione degli Stati Uniti, Qatar ed Egitto, va tutelato e gestito in modo da arrivare a una risoluzione definitiva del conflitto;
negli scorsi mesi l'allargamento dei disordini in Medio Oriente è stato fomentato anche dall'intensificazione dell'attività terroristica di Hezbollah – gruppo terroristico armato e sostenuto dallo stesso Iran –, nei confronti di Israele, il quale ha dovuto rafforzare la linea difensiva del fronte settentrionale del Paese;
con la risoluzione 1701/2006 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, era stato richiesto il rafforzamento della Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite (Unifil), la missione di cui fa parte anche il nostro contingente. L'inasprimento del conflitto ha messo in pericolo lo stesso contingente dell'Unifil, che a causa del fuoco incrociato di Israele ed Hezbollah ha subito il ferimento di militari italiani e degli altri Stati coinvolti nella missione;
il presidente francese Emmanuel Macron e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman hanno chiesto di indire le elezioni presidenziali in Libano a seguito dell'accordo di cessate il fuoco, al fine di unire il popolo libanese e realizzare le riforme necessarie per la stabilità e la sicurezza del Paese;
destano preoccupazione anche i recenti fatti avvenuti in Siria, dove una coalizione di gruppi ha rovesciato l'ex dittatore Bashar al-Assad. Ahmad al-Chareh, conosciuto come Abu Mohammad al-Jolani, capo della richiamata coalizione, ha incontrato l'inviato speciale dell'Onu per la Siria, Geir Pedersen, per discutere dei «cambiamenti avvenuti sulla scena politica, che rendono necessaria una revisione della risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che stabilisce una tabella di marcia per un regolamento politico in Siria»;
occorre monitorare attentamente la transizione politica in corso in Siria al fine di evitare che questa porti ulteriori disordini nel Paese, tenendo in considerazione anche le eventuali ripercussioni che passaggi di regime possono provocare;
come dimostrato dall'accordo raggiunto tra Israele e la Palestina, la pacificazione del Medio Oriente, su ogni fronte, può avvenire solamente tramite azioni diplomatiche che hanno come premessa il rispetto del diritto internazionale umanitario e degli impegni relativi ai cessate il fuoco già in atto e a quelli in divenire, da parte di tutti gli attori coinvolti, per evitare ogni ulteriore vittima civile,
impegna il Governo:
1) ad adoperarsi in ogni sede internazionale per garantire e tutelare il cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza;
2) ad adoperarsi in ogni sede adeguata per garantire che il cessate il fuoco raggiunto tra Israele e Hamas porti a una pace duratura ed equa per le parti coinvolte;
3) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire l'accesso alle cure e ai beni di prima necessità all'intera popolazione palestinese di Gaza, con particolare riferimento ai più fragili, alle donne e ai minori;
4) ad adottare iniziative volte a favorire lo sviluppo di un'Autorità Nazionale Palestinese, capace di controllare il territorio e garantire la condanna delle organizzazioni terroristiche, in particolare Hamas, che va disciolta, disarmata e a cui va impedito in ogni modo di progettare e ripetere in futuro un attacco come quello del 7 ottobre 2023;
5) a perseguire con determinazione la soluzione «due popoli, due Stati»;
6) a intraprendere ogni iniziativa per garantire l'incolumità del contingente Unifil, con particolare attenzione riguardo ai militari italiani impegnati nella missione Onu;
7) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa diplomatica in coordinamento con i partner europei e internazionali, per chiedere che il cessate il fuoco sul fronte israelo-libanese porti a un'effettiva interruzione delle ostilità;
8) a ribadire nelle opportune sedi internazionali la necessità di nuove elezioni democratiche in Libano;
9) a monitorare, per quanto di competenza, l'andamento della transizione democratica in Siria, con particolare attenzione per il rispetto dei diritti umani, delle donne e delle minoranze.
(1-00381) (Nuova formulazione) «Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Lacarra n. 4-04082 del 14 gennaio 2025;
interrogazione a risposta scritta Dori n. 4-04131 del 20 gennaio 2025;
interrogazione a risposta in Commissione D'Orso n. 5-03397 del 21 gennaio 2025;
interrogazione a risposta in Commissione Frassini n. 5-03408 del 22 gennaio 2025;
interrogazione a risposta in Commissione Ascani n. 5-03414 del 23 gennaio 2025;
interrogazione a risposta scritta Casu n. 4-04178 del 27 gennaio 2025.