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Resoconti stenografici delle audizioni

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XIX Legislatura

Commissioni Riunite (VII Camera e 7a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 1 dicembre 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mollicone Federico , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Mollicone Federico , Presidente ... 3 
Sangiuliano Gennaro , Ministro della cultura ... 3 
Mollicone Federico , Presidente ... 23 
Marti Roberto , Presidente della 7a Commissione del Senato ... 23 
Orrico Anna Laura (M5S)  ... 24 
Mollicone Federico , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FEDERICO MOLLICONE

  La seduta comincia alle 13.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta sarà assicurata, oltre che con la redazione del resoconto stenografico, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, sulle linee programmatiche del suo dicastero. Ricordo che i parlamentari possono partecipare all'audizione in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento. Ringrazio il Ministro Sangiuliano per avere accolto con particolare sollecitudine l'invito a riferire sulle linee programmatiche in materia di cultura, offrendo così l'occasione per un primo confronto politico con le Commissioni permanenti. Prima di cedere la parola al Ministro, sono lieto di salutare il presidente della Commissione cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport del Senato, senatore Marti, e tutti i colleghi senatori oggi presenti. Avverto che la seduta dovrà in ogni caso concludersi entro le ore 15 in quanto a quell'ora è convocato il Consiglio dei Ministri con il question time a cui dovrà partecipare il Ministro. Ovviamente, in caso ci fosse necessità, ci sarà sicuramente una seconda data per completare il ciclo di audizioni.
  Ricordo che – d'intesa con il presidente Marti – il dibattito successivo alla relazione iniziale del Ministro sarà organizzato nel modo seguente: ciascun gruppo potrà intervenire per 5 minuti, intendendosi 5 minuti per il gruppo della Camera e 5 minuti per il corrispondente gruppo del Senato. I gruppi potranno – se lo desiderano – dividere il tempo di questo intervento iniziale tra due o più oratori. Quanto all'ordine di intervento, la parola sarà data secondo la consistenza numerica dei gruppi, a partire dai gruppi meno numerosi. Avranno quindi facoltà di parlare, nell'ordine: Per le autonomie (costituito solo al Senato); Alleanza Verdi e Sinistra (costituito solo alla Camera); Noi Moderati-MAIE; Misto; Azione-Italia Viva; Forza Italia; Movimento 5 Stelle; Lega; Partito democratico; Fratelli d'Italia. Seguirà, a conclusione del dibattito, la replica del Ministro. Prego coloro che intendano intervenire di comunicarlo alla presidenza attraverso gli Uffici entro il termine della relazione del Ministro.
  Do la parola al Ministro Sangiuliano.

  GENNARO SANGIULIANO, Ministro della cultura. Buongiorno a tutti. Innanzitutto un ringraziamento preventivo per l'attenzione che dedicherete alle mie parole. Avremmo dovuto riunirci precedentemente, poi per un atto di cortesia istituzionale nei confronti del gruppo del Partito democratico, siamo slittati a oggi; ma ero pronto anche nella data preventivamente concordata.
  Ho trasfuso un po' il metodo dello studioso in questa relazione, dandole un ordinePag. 4 sistemico, ovvero un ordine per argomenti e, quindi, ogni sezione ha un titolo dedicato.
  La prima parte è introduttiva, di contenuto segnatamente culturale.
  Com'è noto, il termine cultura trae origine dal verbo latino colere, coltivare. È stato poi esteso a quei comportamenti che si sostanziavano in una cura verso gli dèi, per cui il termine culto comincia a significare un insieme di conoscenze. Nel «Prometeo incatenato» il Titano – qui abbiamo un commissario che è un attore importante – narra che gli uomini, appena superato lo stato di natura grazie alla tecnica, come primo atto, uscirono dalle caverne verso la luce del sole e, non più costretti a vivere come animali, divennero architetti cominciando a costruire edifici.
  Perché ho voluto citare quest'opera così importante dell'antichità? Perché sono convinto che la cultura è il fatto distintivo degli essere umani. L'avere un grado più o meno ampio di cultura è la qualificazione che abbiamo come persone, come soggetti umani. Questa nozione che sto enunciando ovviamente non appartiene solo a me, ma appartiene a tutta la storia della filosofia. Grandi pensatori – pensiamo all'illuminismo francese – si sono esercitati su questo punto.
  Aristotele ci offre un ulteriore spunto di riflessione su questo tema affermando che, mentre altre specie animali hanno ciascuna un loro habitat, non esiste per noi un habitat naturale, ma un ambiente privilegiato, se non quello che abbiamo costruito in secoli di storia attraverso la tecnica, a cominciare dalle città strappate alla natura.
  Quindi Aristotele ci dà questa qualificazione: dice che noi non abbiamo un habitat naturale, ma abbiamo l'habitat che ci siamo creati. Di conseguenza, l'habitat che ci siamo creati diventa natura e paesaggio. Io sono convinto – ne ho parlato più volte anche con il Sottosegretario Sgarbi – che nella nozione di natura non dobbiamo ricomprendere soltanto i boschi, i fiumi, i laghi, il mare – che certamente vanno preservati e curati – ma dobbiamo ricomprendere anche quello che la storia dell'umanità ha prodotto in secoli di studi.
  La cultura è tutto ciò. La costruzione attraverso l'arte, la letteratura, la filosofia dell'ambiente umano.
  Émile Durkheim, studiando il livello di coesione di una società, afferma che essa può sopravvivere solo se si costituisce come comunità simbolica. Nel saggio «Le regole del metodo sociologico» afferma: «La società non è una semplice somma di individui: al contrario, il sistema formato dalla loro associazione rappresenta una realtà specifica dotata di caratteri propri». Émile Durkheim, come sapete, è un grande studioso di sociologia.
  Qualche settimana fa al Senato, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, è stata ricordata la legge Croce, n. 778 dell'11 giugno del 1922, per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico, che è stato uno dei primi atti in tema di protezione del paesaggio e dei beni culturali.
  Molto cammino da allora è stato fatto, non sempre lineare, nel '900 e in questo secolo, oltre che nella cultura normativa del patrimonio artistico, anche nell'esigenza della messa a frutto di quel patrimonio.
  L'ambito di interesse si è talmente sviluppato che è nata una nuova scienza e disciplina accademica, l'economia dei beni culturali. Il fattore oggi pienamente accolto è quello della cultura come insieme integrato di beni artistici, paesaggistici, beni immateriali della tradizione letteraria, a cui oggi dobbiamo aggiungere quello che la società digitale ci sollecita.
  L'identità della nazione è soprattutto un'identità culturale, oltre che linguistica e geografica. Mi preme qui ricordare alcuni versi di Giacomo Leopardi, a cui tengo tantissimo, tratti dalla Canzone all'Italia. «O patria mia, vedo le mura e gli archi, e le colonne e i simulacri e l'erme, torri degli avi nostri». Quindi per Leopardi l'Italia da che cosa è data? È data certamente dalla lingua, è data dalla comunanza della storia. Ma la «patria mia» di cui ci parla Giacomo Leopardi è data anche da «le mura e dagli Pag. 5archi, dalle colonne, dai simulacri, dagli ermi, dalle torri degli avi nostri».
  E, prima di lui, il sommo poeta Dante Alighieri affermò celebri versi che conoscete tutti quanti «fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza». È la qualificazione del genere umano, non dobbiamo vivere come bruti, ma siamo fatti per seguire la virtù e la conoscenza.
  Antonio Gramsci nel saggio Letteratura e vita nazionale, di cui io posseggo l'edizione Einaudi del 1954, apre il suo testo affrontando, nelle prime pagine, il tema di arte e cultura, dove indugia su quel ritorno a De Sanctis – dice Gramsci – che aveva sostenuto la necessità di una letteratura nazionale.
  Vorrei qui ricordare l'articolo 9 della nostra Costituzione repubblicana: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione, tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni». È molto importante questo passaggio della nostra Costituzione sul dovere di preservare il nostro habitat in vista delle future generazioni. «La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».
  La cultura è un sistema integrato, diciamolo chiaramente, la cultura e le arti costituiscono un sistema integrato di spazi comunicanti dove il privilegio attribuito alla parola, rispetto alle arti non verbali, rinvia al centro, alla funzione di illustrazione, comunicazione e orientamento ideologico del valore.
  Voi sapete, perché siete tutte persone di buoni studi, che anticamente non esisteva una parcellizzazione, una suddivisione del sapere, ma il sapere era unico. Se uno guarda Brunetto Latini, il maestro di Dante, si rende conto quanto il sapere avesse una sua unitarietà, e non una sua frammentazione. La specializzazione delle singole arti e connesse discipline, e pertinenze istituzionali, verificatasi a partire dalla prima metà del secolo scorso, ha implicato una separazione interna e un indebolimento del modello che per secoli si era manifestato, ed è stato flessibile, ma compatto nella circolarità del cosiddetto girotondo delle muse.
  Oggi sappiamo che in questo spazio mentale la radice possibile di un nuovo immaginario italiano c'è. Un immaginario profondamente italiano, un immaginario che si nutre delle concrete materie che costituiscono oggi l'oggetto delle competenze del Ministero che ho l'onore di guidare.
  Il primo argomento molto dettagliato e articolato di cui vorrei parlare è la grande opportunità storica che abbiamo davanti: il PNRR, che davvero ci può far fare un salto di qualità e di quantità nella gestione dei nostri beni.
  Entrando nel merito delle competenze del Ministero della cultura vorrei partire da un tema trasversale, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. L'assoluta priorità del mio dicastero consiste, come ho già avuto modo di dichiarare in diverse sedi, nell'attuazione degli investimenti del PNRR rispettando i tempi e gli obiettivi previsti. Non possiamo, infatti, perdere le risorse destinate alla cultura e all'Italia nel suo complesso.
  Una doverosa premessa: si tratta di un piano messo a punto dai Governi che ci hanno preceduto, con alcuni contenuti che mi sento di sottoscrivere ed altri che, invece, destano alcune perplessità, soprattutto in sede attuativa. Solo se, in un concerto istituzionale, e d'intesa con gli organismi comunitari – tenuto anche conto del tema dei costi – sarà possibile cambiare qualcosa, lo faremo.
  Su questo voglio essere molto chiaro. Penso di avere un dovere – lo sottolineerei quasi come un dovere repubblicano – di portare avanti il PNRR così come è stato configurato nelle sue grandi linee, perché credo molto nella continuità degli atti amministrativi, anche quando ci sono delle alternanze, delle legittime e democratiche alternanze politiche.
  Per cui, se sarà possibile aggiustare qualche piccola cosa e, soprattutto, se sarà possibile tener conto di qualche piccolo elemento, per esempio inerente ai costi – perché sapete che i costi di molti interventi in pochi mesi sono lievitati, soprattutto per Pag. 6il rincaro dei costi delle materie prime – noi faremo qualche aggiustamento. Ma l'impianto fondamentale del PNRR, secondo me, va preservato e va portato avanti, perché altrimenti il rischio – e sarebbe un rischio gravissimo, non ce lo potrebbero perdonare neanche le generazioni che verranno – è quello di perdere i fondi. Quindi dobbiamo essere molto concentrati.
  Ho dedicato una riunione quotidiana con l'unità di missione al tema del PNRR per verificare, giorno dopo giorno, com'è l'andamento, e vi dico che comunque è un andamento positivo.
  Dall'insediamento del Governo si sono tenute due riunioni della cabina di regia PNRR, una plenaria e una tematica, e in quell'occasione è emerso – circostanza che ho sottoscritto ed evidenziato – come sia necessario ragionare sul presupposto che dall'approvazione del piano a oggi vi sia stato un consistente incremento dei costi, soprattutto per lavori, cui non potrà seguire un incremento delle risorse disponibili.
  Si rende necessario perciò fin d'ora un realistico esame di tutti i progetti cui si intendeva dare corso per verificare che cosa si possa stralciare o ridimensionare prima dell'avvio per permettere la piena realizzazione di questi interventi che, invece, presentano maggiori garanzie di completamento nei termini. In altre parole, meglio iniziare e completare sette progetti, che iniziarne dieci senza portarne a compimento nessuno. È chiaro l'approccio metodologico. Ovviamente i numeri non sono questi, però meglio fare sette cose e terminarle tutte e sette, che farne dieci e dieci incomplete. Mi sembra una cosa di buon senso e ragionevole.
  Non è compito facile perché ci sono impegni molto precisi con l'Unione europea, che hanno fissato numeri minimi di interventi per ogni investimento. Devo tuttavia anticipare che siamo già al lavoro sul punto e i margini per intervenire ci sono.
  Presso il Ministero opera un'unità di missione per il PNRR, incardinata nel segretario generale, tuttora in via di completamento quanto all'organico, che è mia intenzione anche di rafforzare ulteriormente, se necessario.
  Ho già proposto la proroga dell'unità posta alle dirette dipendenze del Ministro che ha curato il «Grande progetto Pompei», ora concluso, e che tuttora segue alcuni altri interventi. Si tratta di una struttura snella, guidata da un generale dei Carabinieri, che ha funzionato con grande efficienza nel controllo dei lavori a Pompei, registrando un solo caso, tra tutti gli appalti affidati ed eseguiti, di infiltrazione criminale.
  Ebbene, è mia intenzione ampliare il mandato di questa struttura al controllo della realizzazione degli interventi del PNRR. Ho trovato presso il Ministero una struttura guidata da un generale dei Carabinieri – che la lavorato evidentemente con il mio predecessore, e che non cambierà fino a quando non andrà in pensione – che ha collaborato al progetto Grande Pompei per evitare che ci fossero infiltrazioni mafiose. Questa unità ha concluso il suo lavoro, il progetto è andato bene, è andato a buon fine, ha rilevato un solo caso critico, che è stato segnalato alle autorità competenti. Penso che possiamo spostare questa unità di lavoro, fatta da un ufficiale e un sottoufficiale dei Carabinieri, sul PNRR, affinché quel lavoro di legalità e di tutela della legalità sia fatto sul PNRR. Anche perché sono persone addestrate a non intralciare, cioè a non ritardare, a fare il loro lavoro di verifica, ma senza procurare ritardi nella realizzazione delle opere.
  Passando in dettaglio ai contenuti, il Ministero della cultura è titolare di interventi per 4 miliardi e 275 milioni di euro, inseriti nella missione 1, digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, componente 3 turismo e cultura 4.0 del PNRR, articolati in tre misure a loro volta suddivise in nove investimenti e una riforma.
  La misura 1 – patrimonio culturale per la prossima generazione, da 1 miliardo e 100 milioni di euro – si articola in tre investimenti: strategie e piattaforme digitali per il patrimonio culturale, di 500 milioni; rimozione delle barriere fisiche e cognitive ai musei, biblioteche e archivi, di 300 milioni;Pag. 7 migliorare l'efficienza energetica in cinema, teatri e musei, altri 300 milioni.
  La misura 2 – rigenerazione di piccoli siti comunali, patrimonio culturale, religioso e rurale, da 2 miliardi e 720 milioni – comprende quattro investimenti: l'attrattività dei borghi, il cosiddetto «progetto borghi», e credo che molti di voi ne hanno sentito parlare, 1 miliardo e 20 milioni; la tutela e valorizzazione dell'architettura del paesaggio rurale, 600 milioni; programmi per la valorizzazione di identità dei luoghi, parchi e giardini storici, 300 milioni; sicurezza sismica dei luoghi di culto, restauro e patrimonio FEC, e siti di ricupero per le opere d'arte, recovery art, 800 milioni.
  La misura 3 – industria culturale e creatività 4.0 – ammonta a 455 milioni e comprende una riforma in capo al Ministero dell'ambiente, adozione di criteri ambientali minimi per eventi culturali, e due investimenti gestiti dal Ministero della cultura: sviluppo dell'industria cinematografica, il cosiddetto «progetto Cinecittà» da 300 milioni di euro e la capacity building per gli operatori della cultura per gestire la transizione digitale verde, da 155 milioni.
  Tutti gli investimenti previsti dal piano sono entrati in piena attuazione, in quanto sono state già espletate le procedure di ricognizione e individuazione degli interventi a titolarità del MiC, oltre a quelli di competenza del Ministero dell'interno per il Fondo edifici di culto.
  Sono state già espletate le procedure di valutazione delle domande presentate a seguito degli avvisi pubblici (emanati dal MiC in alcuni casi, e dalle regioni e province autonome in altri) ai fini della selezione di soggetti attuatori pubblici non statali (in prevalenza enti locali) e di soggetti privati.
  Alcuni avvisi pubblici sono attualmente aperti o sono in corso di valutazione le domande pervenute, mentre altri avvisi sono di imminente pubblicazione. Questo è l'andamento dei lavori.
  Tutti i traguardi previsti alla data del 30.06.2022 sono stati conseguiti e sono stati superati positivamente tutti gli audit effettuati dal MEF. Non è previsto alcun altro traguardo, né target alla data del 31 dicembre 2022, ma esclusivamente traguardi intermedi relativi a due investimenti: investimento 2.1 attrattività dei borghi, e investimento 2.2 architettura rurale.
  Quindi, tutti gli step intermedi che l'Unione europea ci imponeva sono stati positivamente superati.
  Sono state fatte, come anticipavo, alcune valutazioni su ciascuno degli investimenti. Allo stato è prevedibile, in un certo numero di casi, il conseguimento di risparmi residui di risorse.
  Questa è una buona notizia, cioè su alcuni tipi di investimenti, adempiuti a tutti i progetti che sono stati presentati, potremmo avere una dotazione di risparmio.
  Per alcuni investimenti, di contro, la dotazione finanziaria disponibile non ha consentito di finanziare tutte le proposte pervenute e valutate come ammissibili. Si tratta, in particolare, della linea B dell'investimento 2.1 attrattività dei borghi e dell'investimento 2.3 parchi e giardini. Entrambi gli avvisi pubblici emanati hanno infatti riscosso un considerevole successo.
  Pertanto, in considerazione del grande impegno e sforzo progettuale messo in atto dai territori e delle attese ormai maturate, potrebbe essere opportuno valutare la possibilità di finanziare parte delle domande ammissibili con altre fonti finanziarie e, nello specifico, con il Fondo sviluppo e coesione 2021-2027 di prossima assegnazione.
  Per quanto concerne il bando attrattività dei borghi e il bando parchi e giardini, le domande sono state in numero superiore alle disponibilità economiche. Quindi possiamo valutare insieme, ovviamente deve essere un lavoro collegiale, se vogliamo finanziare le domande residue con il Fondo di sviluppo e coesione del 2021-2027 di prossima assegnazione.
  Nonostante il grande impegno profuso dalla struttura dell'unità di missione, permangono alcune aree di rischio. Innanzitutto la fragilità in termini di organizzazione delle strutture tecnico-amministrative, e delle competenze degli enti locali (in prevalenza i piccoli comuni), individuati come soggetti attuatori, considerate le attuali disposizioni in materia di supporto tecnico. Mi riferisco in particolare ai borghi:Pag. 8 abbiamo una prima linea di finanziamento che assegna 20 milioni di euro ciascuno a un borgo abbandonato, a un rischio di abbandono per ogni regione e provincia autonoma (21 in tutto). C'è poi una seconda linea di 363 milioni che assegna risorse per ben 289 comuni sotto i 5.000 abitanti su 1.794 domande di finanziamento.
  Qui c'è una criticità perché voi sapete che questi comuni al di sotto dei 5.000 abitanti non hanno le strutture tecniche, o non hanno più le strutture tecniche adeguate, i famosi uffici tecnici comunali in grado di adempiere compiutamente alla progettazione.
  È però noto come i piccoli comuni spesso non dispongano delle necessarie figure tecniche al loro interno. Quindi dobbiamo monitorare costantemente la capacità di progettazione e di esecuzione.
  Il MiC può mettere a disposizione le strutture di Invitalia e Cassa Depositi e Prestiti che, tuttavia, nell'ambito delle rispettive convenzioni con il MEF sembrano poter erogare azioni di supporto trasversale e non forme di assistenza puntuale ai beneficiari, come da questi richieste. Inoltre il MiC metterà a disposizione il supporto tecnico operativo fornito dalla società in house Ales S.p.A.
  Ci sono problematiche specifiche di alcuni investimenti, in particolare Cinecittà, che richiedono probabilmente l'introduzione di modifiche al progetto in conseguenza degli aumenti dei prezzi delle materie prime (il tema cui accennavo prima), e del mancato conferimento del terreno a titolo gratuito da parte della Cassa Depositi e Prestiti. Sto approfondendo la questione.
  È chiaro che su un investimento che da solo vale 300 milioni, e che potrebbe creare effetti economici molto positivi sulla città di Roma e sull'Italia, non si può assolutamente fallire.
  Altra questione critica riguarda la componente recovery art, ovvero il ricovero di opere d'arte attraverso la creazione di cinque depositi e rifugi speciali per gestire al meglio le emergenze causate da calamità naturali, su cui sono stanziati 300 milioni di euro.
  Il progetto prevedeva la realizzazione di tre di questi siti nelle ex centrali nucleari di Caorso, di Bosco Marengo e del Garigliano. Dalle verifiche effettuate con la Sogin, tuttavia, sono state rilevate, quanto a Caorso, condizioni non compatibili con il progetto. È stato, perciò, individuato un sito alternativo a Palmanova.
  Vi è chiaro il problema? Il progetto recovery art guardava a questi siti; però, da rilievi che sono stati fatti, le bonifiche attuate non sono sufficienti per un'operazione di questo tipo. Stiamo cercando – e posso dire abbiamo quasi cercato del tutto, e quindi il problema non dovrebbe esistere più – siti alternativi.
  Su questo intervento sarà possibile conseguire notevoli risparmi, da utilizzare a copertura dell'incremento generale dei prezzi, per quanto riguarda il sito da realizzare nell'ex caserma Cerimant di Roma, per il quale sono state stanziate risorse anche ad altri fini. Per informazione, il quinto sito è quello di Casermette, in provincia di Macerata.
  Oltre al complesso degli investimenti previsti dal PNRR del MiC, vanno considerati anche i quattordici interventi a favore di siti culturali delle grandi aree metropolitane previste dal piano nazionale complementare al PNRR, che condividono i medesimi obiettivi strategici e che ammontano a oltre 1 miliardo e 400 milioni di euro.
  Quindi, per quei siti che non erano adatti al recovery art, abbiamo individuato, soprattutto con ex caserme e strutture militari, alcuni siti alternativi, e vi volevo segnalare appunto che oltre al PNRR abbiamo 14 interventi di natura culturale su grandi aree metropolitane che sono previsti dal piano nazionale complementare.
  Musei e aree archeologiche. L'Italia è una superpotenza culturale globale. Dispone di un unicum di patrimonio culturale. Dopo la pandemia, che ha avuto un evidente impatto negativo in termini di numero di visitatori, gli ultimi mesi hanno fatto segnare – pur non disponendo ancora di numeri precisi – uno straordinario recupero.
  Questa mattina è stato da me il direttore degli Uffizi e mi ha detto che, a partire dal Pag. 9mese di giugno, solo gli Uffizi segnano un 3 per cento in più di visitatori rispetto ai livelli pre-pandemia. Non abbiamo ancora i dati dettagliati e precisi – questi li avremo tra un po' – però il trend è assolutamente positivo. Per cui il prossimo anno, se questo trend turistico nel nostro Paese si dovesse confermare, potremmo avere addirittura un incremento di visitatori nei musei rispetto ai livelli del 2019.
  Il patrimonio culturale della nazione si articola in un insieme complesso di luoghi della cultura, capillarmente diffusi sul territorio, fatti di circa 5.000 siti tra musei, gallerie, pinacoteche, complessi monumentali, abbazie, chiese, parchi archeologici, dimore e giardini storici.
  Tra questi, circa la metà appartengono a enti pubblici non statali: in primo luogo comuni, ma anche regioni, province e università. Mentre una buona parte (orientativamente 1.800) afferiscono a soggetti privati, tra cui gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.
  Solo un decimo, circa 500 siti, è in consegna al Ministero della cultura. A oggi, il modello organizzativo prevede una distinzione tra istituti dotati di autonomia speciale (sono 44 in totale, di cui 10 parchi archeologici) e musei e uffici dunque non autonomi, afferenti alle 17 Direzioni regionali musei e alla Direzione musei statali della città di Roma. Strutture queste con funzione di coordinamento territoriale.
  Alcuni siti archeologici, infine, sono affidati alla Soprintendenza speciale di Roma, unica Soprintendenza con compiti anche di gestione e valorizzazione. Ho fatto queste distinzioni amministrative, ma ciò non significa che non collaboreremo per sostenere e migliorare quelle strutture museali che appartengono ad altri enti. Solo una parte afferiscono al nostro Ministero; altre, come vi ho detto, sono regionali, comunali, province autonome, università. È una distinzione amministrativa, ma ciò non significa che noi non ci occuperemo anche di aiutare, di incoraggiare e valorizzare strutture che non gestiamo direttamente.
  Un censimento eseguito nel 2021 ha consentito di far luce sulle criticità gestionali del patrimonio museale statale. La prima debolezza consiste nella limitatezza della conoscenza della documentazione. Solo il 60 per cento dei siti è rilevato, spesso in maniera parziale e analogica. Il vulnus maggiore è l'assenza quasi totale di monitoraggi sistematici, cioè di un'attività di ricerca e analisi, in altri termini di prevenzione che consenta di capire quali sono le priorità e di programmare attività di manutenzione ordinaria.
  Altri dati impressionanti riguardano le collezioni. Il 90 per cento delle opere o dei reperti sono nei depositi, così come nel resto del mondo. Il problema è che in Italia il patrimonio è talmente diffuso che nei depositi dei soli musei afferenti alla Direzione generale sono custoditi circa 5 milioni di opere e di reperti. Mentre ne vengono esposti soltanto 480.000.
  I monitoraggi ambientali e microclimatici delle sale espositive e dei depositi non sono ancora diffusi. Quasi la metà dei musei è privo di impianti di climatizzazione e quelli esistenti sono spesso inadeguati poiché non basati su analisi sistematiche dei valori di temperatura e di umidità relativa. Mancano sistematiche attività di ispezione delle facciate e delle coperture, il cui preoccupante stato di conservazione impone spesso la chiusura di singoli ambienti o di interi settori di visita. Ai musei si sommano i ruderi e i fragili apparati decorativi dei parchi archeologici, con livelli di vulnerabilità e di rischi elevatissimi, poiché esposti direttamente all'azione incessante del degrado ambientale. È chiaro che una delle priorità sarà quella di intervenire su questo ambito.
  Nel 2019, ultimo anno pre-pandemia, solo cinque siti a pagamento superavano il milione di visitatori: il Colosseo, Pompei, gli Uffizi, le Galleria dell'Accademia di Venezia, Castel Sant'Angelo, realizzando più dei due terzi di tutti gli introiti lordi.
  Bisogna lavorare con politiche mirate affinché altri siti possano raggiungere queste cifre. È necessario attuare politiche che portino le persone (cittadini del luogo o turisti italiani e stranieri) a frequentare i musei e le aree archeologiche meno frequentati, ma non meno unici e densi di capolavori.Pag. 10
  Questo è un punto molto importante perché dallo studio che io ho fatto ho rilevato che siti come gli Uffizi, come il Museo archeologico nazionale di Napoli, come il Parco archeologico del Colosseo, non hanno un grande problema di afflusso perché i numeri sono piuttosto elevati.
  Ma la nostra capacità quale deve essere? Quella di portare il circuito turistico, sia nazionale che internazionale, su quei siti – li definisco grossolanamente – meno noti, ma che poi hanno al loro interno altissima qualità.
  L'Onorevole Amato viene da Castellammare di Stabia, dove abbiamo siti importantissimi, ma tutti vanno a Pompei. Dobbiamo fare uno sforzo affinché vadano anche a Castellammare di Stabia, oltre che a Pompei.
  In alcuni casi si tratta anche di rendere fruibili i luoghi normalmente chiusi al pubblico, aperti solo saltuariamente. È inutile fregiarci del più ricco patrimonio culturale del mondo se questo patrimonio poi non è accessibile.
  Ripetiamo spesso a noi stessi, con una punta di orgoglio, e facciamo bene, di essere il Paese al mondo che ha più beni culturali. Ma questa affermazione non ha senso se non rendiamo efficacemente fruibile questo immane, grande patrimonio.
  In molte situazioni di siti, ingiustamente definiti minori, e proprio nella prospettiva dell'accessibilità, la gestione statale diretta potrebbe essere anche sostituita dalla concessione a realtà del territorio che si impegnino a garantire un'apertura costante, secondo il principio della sussidiarietà. Si può anche pensare a una strategia di lungo periodo, che può portare alcuni grandi musei a generare nuovi spazi espositivi, magari anche in altre città. Come hanno fatto alcuni grandi musei internazionali.
  Su questo voglio essere molto chiaro perché lo ritengo un punto qualificante. Ne ho parlato con il direttore degli Uffizi, ne ho parlato con il direttore del MANN. Alcuni grandi musei, per la quantità di reperti che conservano nei loro depositi, e che restano nei loro depositi, si possono in un certo senso duplicare. Potremmo pensare a un «Uffizi due», nella città di Firenze o in un'altra città della Toscana, o addirittura su un fronte internazionale, come ha fatto il Louvre di Parigi. Possiamo pensare ad un altro spazio per il Museo archeologico nazionale di Napoli a Palazzo Fuga, dove poter esporre tutti quei reperti che sono all'interno nei depositi. Insomma, sarebbe un'opera utile, perché vi ricordo il dato che ho citato prima: 5 milioni di reperti, di cui soltanto 480.000 sono esposti al pubblico.
  Se all'estero avessero quei reperti che noi abbiamo nei depositi – questa è una battuta, ovviamente – realizzerebbero un museo per ciascuno dei reperti che noi conserviamo.
  C'è poi un tema di corretta valorizzazione economica. Si pensi che il sito statale più visitato, con 9 milioni e 330 mila visitati nel 2019, non è un museo a pagamento, ma il Pantheon, che si trova a Roma, tuttora a ingresso gratuito. Un accordo del 2016 con la Diocesi di Roma – quindi fatto dal mio predecessore – aveva previsto l'introduzione di un biglietto d'ingresso di soli 2 euro, nel pieno rispetto delle funzioni di culto del luogo, che da millequattrocento anni è anche una chiesa. Quell'accordo, che avrebbe potuto portare risorse preziose per il restauro di questo e di altri monumenti, non è mai stato attuato. Quindi potrebbe essere attuato.
  Anche l'attuale sistema di gestione dei servizi museali, che decentra la decisione sull'esternalizzazione, andrebbe migliorato. Si pensi soltanto che non esiste una piattaforma unica del MiC per l'acquisto dei biglietti. E, in epoca digitale, dovremmo dotarci, anzi dobbiamo dotarci, di una piattaforma unica a cui i turisti possono accedere per acquistare biglietti per i musei in tutta Italia.
  La riforma museale ha creato fino a oggi 44 istituti autonomi che possono migliorare le loro prestazioni. In generale è necessario un sistema misto pubblico-privato per uscire dall'inerzia e dare la massima concretizzazione alle potenzialità culturali della nazione, aprendo, valorizzando e promuovendo ogni spazio museale, monumentale e archeologico.Pag. 11
  Un momento condiviso con associazioni ed enti al fine di promuovere la cultura, dove la proprietà e la redditività siano pubbliche, ma integrate con il settore privato allo scopo di moltiplicare l'offerta e coinvolgere il privato in una manutenzione di alto livello qualitativo, secondo le convenzioni stipulate. Riteniamo urgente e necessaria l'estensione dell'Art Bonus al settore privato (istituti culturali, fondazioni e imprese), ampliando la platea dei beneficiari del credito fiscale.
  Qui ho fatto sviluppare una tabella. Ve la leggo soltanto, poi le riflessioni le fate voi.
  Attualmente il Colosseo ha un biglietto di 18 euro, Pompei 16 euro (18, da gennaio), il Museo Egizio di Torino 15 euro, la Torre di Pisa 14 o 20 euro, a seconda delle sezioni che volete visitare, la Reggia di Caserta 14 euro, gli Uffizi 12 euro.
  Il Museo Pergamon di Berlino costa 12 euro, ma Versailles ne costa 20. La Tour Eiffel, che potremmo comparare – ma non è una comparazione giusta, lo premetto io – costa dai 20 ai 28 euro. Il Louvre costa 17 euro.
  Io vi domando, non ho una risposta: ma gli Uffizi, il cui biglietto costa 12 euro, vale meno del Louvre?
  Il Partenone costa 20 euro, la Sagrada Familia 26 euro, la Casa Batlló ne costa 23,50, Schönbrunn 22 e il Museo di Storia Naturale a Vienna 14 euro. Vi ho solo voluto dare alcuni dati, non ne scaturisce alcuna considerazione, è solo un dato grezzo su cui potete riflettere.
  Adesso, la tutela del patrimonio culturale. Mettere in atto azioni collaborative per minimizzare i rischi causati dal sovraffollamento turistico per il patrimonio culturale materiale e immateriale. Le città d'arte (Venezia, Firenze, Roma, Napoli) stanno patendo da anni un abbandono dei residenti e una capillare trasformazione del proprio tessuto edilizio in strutture destinate alla ricettività turistico-alberghiera, nelle diverse forme (B&B, appartamenti, alberghi, hotel di lusso eccetera) accompagnate da forme di occupazione per usi commerciali di spazi pubblici del tutto improprie in relazione ai valori storico-artistici degli stessi. Su questo tema sono stato anche sollecitato dall'incontro con alcuni sindaci: il sindaco di Venezia e il sindaco di Firenze.
  La facilità di mobilità introdotta dai voli low-cost, con i treni, con le navi e in macchina, portano ogni giorno migliaia di turisti che frequentano solo i luoghi iconici delle città, procurando un sovraffollamento di alcuni siti monumentali che si stanno rivelando dannosi ai fini della conservazione del patrimonio culturale. È dunque necessario individuare e condividere con le istituzioni locali e le comunità strategie e soluzioni preventive.
  Aumentare il valore del patrimonio culturale e il riuso adattativo. Il patrimonio culturale, attraverso trasformazioni intelligenti, può aumentare il proprio valore, non solo culturale, ma anche sociale, ambientale ed economico. Il restauro e il riuso adattativo degli edifici storici inutilizzati può portare non solo a risultati economici notevoli, e dinamismo sociale per le città e i territori, ma anche creare nuovi posti di lavoro e attivare armoniche forme di coesione di economia circolare (ad esempio ex caserme, ex ospedali, edifici industriali dismessi), pianificare e monitorare interventi sul patrimonio culturale con specifico riferimento all'adattamento dei cambiamenti climatici.
  Con riferimento a questi ultimi, il manifestarsi di eventi climatici estremi, dovuti al riscaldamento del pianeta ha avuto effetti dannosi anche sul patrimonio culturale, in particolare su quello monumentale e archeologico. È necessario perciò delineare il quadro conoscitivo e definire programmi di manutenzione, adattamento e protezione adeguata e duratura dell'ambiente costituito nel suo complesso.
  Il concetto di ambiente, infatti, non va limitato a quello naturale, ma esteso all'ambiente creato dall'uomo – questo l'ho detto in premessa – che reca i segni della nostra civiltà e, al pari di quello naturale, va protetto e difeso.
  Miglioramento della prestazione energetica degli edifici. È urgente un cambiamento di rotta in campo energetico verificando le possibilità di intervento anche sul Pag. 12patrimonio edificato, sia monumentale che diffuso, scegliendo le tecnologie più adeguate per raggiungere gli obiettivi. Il confronto di buone pratiche europee può aiutare a sviluppare un modello condiviso di sostenibilità. In tal senso si muove anche il PNRR. Quindi anche un efficientamento energetico dei luoghi culturali.
  Valorizzazione del patrimonio culturale privato. La tutela dell'enorme patrimonio architettonico, storico e culturale, rappresentato dalle dimore storiche, richiede azioni precise quali politiche di defiscalizzazione per gli interventi e la creazione di nuove reti di attrazione turistica.
  La tutela del paesaggio. Attività di pianificazione paesaggistica e coordinamento tra tutela del paesaggio e nuovi impianti da energie rinnovabili. Occorre proseguire l'attività avviata di pianificazione paesaggistica; sono stati a oggi approvati e adottati cinque piani paesaggistici regionali (Piemonte, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Lazio) ed è in corso la redazione congiunta dei piani paesaggistici regionali di Campania, Basilicata, Emilia-Romagna, Calabria e Veneto. Quindi dobbiamo chiudere questa partita completando tutti i piani paesaggistici. Ma, soprattutto, è assolutamente necessario coniugare la realizzazione degli impianti per la produzione di energie da fonti rinnovabili (eolici, fotovoltaici, agrivoltaici) con la conservazione dei paesaggi, quale valore identitario della nazione.
  Per questo ritengo opportuno rivalutare i criteri di distribuzione degli impianti sul territorio nazionale, considerata l'attuale concentrazione su talune aree del Paese (la Basilicata, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia); favorire, anche attraverso forme di incentivazione, la scelta di determinate localizzazioni già individuate come idonee, ma scarsamente utilizzate (come ex aree industriali dismesse, parcheggi, capannoni, cave, aree portuali, zone degradate); favorire lo sviluppo di nuove tecnologie (per esempio le tegole fotovoltaiche, coperture fotovoltaiche a basso impatto); valorizzare la qualità dei progetti attraverso un tavolo permanente costituito dai rappresentanti del Ministero, da docenti universitari, ma anche da rappresentanti delle principali aziende di produzione e di distribuzione dell'energia.
  In materia assistiamo infatti a un sistematico contrasto tra le valutazioni del Ministero della cultura e quelle del Ministero dell'ambiente. Nel momento in cui il Consiglio dei ministri viene investito della decisione, tuttavia le ragioni del nostro dicastero vengono giudicate, nella gran parte dei casi, soccombenti. Lo sviluppo delle fonti rinnovabili è una priorità della nazione: affinché questa transizione avvenga nel modo più rispettoso per il paesaggio italiano è necessario un confronto costruttivo con il Ministero dell'ambiente che superi un atteggiamento di sterile contrapposizione e riporti a una dimensione armonica il rapporto tra paesaggio e ambiente; ovvero tra l'antico secondo e il nuovo terzo comma dell'articolo 9 della Costituzione.
  Il libro e le biblioteche. Dal Ministero dipendono 41 istituti bibliotecari facenti capo alla Direzione generale biblioteche e 5 istituti integrati in strutture museali autonome. Si tratta di realtà con un patrimonio immenso che meritano di essere rilasciate e potenziate con risorse adeguate che ne consentono il funzionamento, a partire dal servizio bibliotecario nazionale e informatico che rappresenta un unicum a livello mondiale, con i suoi meccanismi di catalogazione che consentono la produzione di un reale catalogo nazionale, a cui partecipano attivamente oltre 6.000 biblioteche di ogni appartenenza.
  Particolare attenzione merita il tema della filiera del libro.
  Ci sono diverse misure in essere, come i contributi alle biblioteche non statali ai sensi della legge n. 549 del 28 dicembre 1995 e il Fondo per la promozione della lettura, della tutela e della valorizzazione del patrimonio librario ai sensi dell'articolo 22, comma 7-quater, del decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito dalla legge n. 96 del 21 del giugno 2017.
  Ricordo i contributi per le pubblicazioni periodiche di elevato valore culturale e i contributi alle biblioteche per l'acquisto di libri e il tax credit librerie.Pag. 13
  Tutti questi interventi verranno messi meglio a sistema attraverso un disegno di legge sul libro, oggetto di un lavoro tecnico preparatorio nel corso della legislatura che si è appena conclusa. Abbiamo riproposto la legge sul libro. Il testo sarà ulteriormente arricchito. Per esempio – e questo è un elemento di novità sul quale vi prego di porre attenzione – è mia intenzione introdurre norme di incentivazione affinché i comuni e altri soggetti pubblici affittino a canoni simbolici locali di loro proprietà per realizzare librerie che sono insieme luoghi di cultura e di aggregazione, capaci di rivitalizzare contesti trascurati. Quando svolgevo il mestiere di giornalista feci fare un'inchiesta su tutte quelle meravigliose librerie che sorgevano nei centri storici delle città italiane.
  Vi invito a guardare la libreria di via Mazzini a Verona, oppure la libreria che avevamo una volta qui davanti a Montecitorio. Vi ricordate la libreria tedesca? Ebbene, per un mero fatto commerciale, tutti questi luoghi hanno dismesso le librerie e sono diventati luoghi commerciali. Ma secondo me la vendita del libro è un fatto culturale, non è soltanto un fatto commerciale, perché il libro costituisce un momento di arricchimento spirituale e culturale di ciascuno di noi. Vendere i libri non è come vendere giocattoli o abbigliamento, è una cosa ben diversa.
  Quindi, poiché i nostri comuni, i comuni italiani, sono proprietari di molti immobili nei centri storici, la mia idea è concertare – e poi se arriveranno suggerimenti sono prontissimo ad accoglierli – meccanismi affinché i comuni possano essere aiutati ad affittare a canoni simbolici questi locali che possiedono nei luoghi di pregio, nei centri storici, e rendere realizzabili in quei luoghi delle librerie, che sono soprattutto un punto di testimonianza di cultura.
  A Napoli – la mia città di origine – sotto Palazzo San Giacomo, che è la sede del Comune, un bellissimo palazzo, ci sono vari esercizi di natura commerciale. Sono persone che svolgono onestamente il loro lavoro, ma non c'è una libreria. Mentre in quella piazza di pregio ci dovrebbe essere una libreria per diffondere cultura, affinché chi guarda un museo, chi visita un palazzo, poi possa anche acquistare un libro che ne racconti la storia e la dimensione architettonica.
  Possiamo anche pensare a interventi per la carta sotto forma di credito di imposta a favore degli editori. Ho anche intenzione di confermare per il futuro il potenziale dell'iniziativa della Capitale italiana del libro, introdotta dalla legge n. 15 del 2020. L'Italia parteciperà, quale ospite d'onore, alla Buchmesse, la fiera internazionale del libro di Francoforte, del 2024, un'occasione che può offrire un'importante vetrina per la promozione dell'industria editoriale nazionale e, più in generale, per il made in Italy.
  Digitalizzazione. All'interno del Ministero opera l'istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale, Digital Library, che ha lo scopo di sviluppare le banche dati e le collezioni digitali, sia da un punto di vista scientifico che di valorizzazione culturale e sociale. Il piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale, pubblicato a giugno 2022 traccia il contesto metodologico e operativo per accompagnare la trasformazione digitale dei luoghi di cultura.
  Questo è un punto che ritengo molto qualificante perché, nell'epoca che stiamo approcciando, la vita culturale non può essere solo quella materiale, ma deve diventare anche una vita culturale digitale.
  A parte che per le biblioteche dobbiamo ipotizzare un grande catalogo nazionale, di modo che gli studiosi di tutto il mondo possono attingere alle nostre meraviglie.
  Ieri sono stato a Subiaco, e lì i monaci benedettini hanno realizzato una esposizione libraria dove ci sono testi di assoluto pregio: testi addirittura del X secolo, cioè con mille anni di vita. Ma chi sa, al mondo, che lì ci sono quei testi? Quale studioso degli Stati Uniti d'America, o dell'India, o del Pakistan sa che lì ci sono libri così importanti, fonti documentali che intrecciano anche le loro culture? Non lo sa nessuno. Questo può essere fatto conoscere attraverso l'efficace utilizzo dello strumento della digitalizzazione.
  Il piano trova concreta attuazione attraverso il citato investimento del PNRR Pag. 14M1C3, strategie e piattaforme digitali per il patrimonio culturale che prevede, tra l'altro, la creazione di un polo di conservazione digitale, attuato dall'Archivio centrale dello Stato per garantire l'uso e l'accessibilità a lungo termine degli archivi digitali; lo sviluppo di un'infrastruttura software per il patrimonio culturale, quale primo spazio dati nazionali della cultura in grado di ospitare in sicurezza tutto il patrimonio digitalizzato della nazione; la prosecuzione della digitalizzazione del patrimonio culturale con l'obiettivo di realizzare la più grande campagna di digitalizzazione mai eseguita in Italia. In concorso con le regioni saranno così prodotti i 75 milioni di oggetti digitali da mettere a disposizione di tutti.
  La Direzione generale dei musei sta poi attuando un programma di trasformazione digitale dei luoghi della cultura e dei siti dell'UNESCO: aspetto nodale è l'evoluzione della piattaforma di accreditamento del sistema museale nazionale in un vero e proprio digital marketplace, nel quale far confluire una pluralità di soggetti e di servizi digitali sostenibili ed ecosostenibili, compresa la biglietteria elettronica messa a disposizione nei musei accreditati.
  La nuova piattaforma, inoltre, sarà integrata con il sistema di sicurezza partecipato, finanziato dal PON legalità, nell'ambito del progetto del Parco archeologico di Pompei, identificato come pratica per la sicurezza, la gestione dei percorsi tematici, e gli strumenti di monitoraggio e controllo.
  In materia di digitalizzazione si pone anche il tema della concessione delle immagini del patrimonio culturale statale, attualmente gestito a livello decentrato dai singoli istituti con criteri che sono molto distanti tra loro a livello amministrativo.
  Questo è un altro tema che forse noi italiani abbiamo sottovalutato: il tema del diritto d'autore delle nostre immagini e della tutela legale del nostro patrimonio e delle nostre immagini.
  Chi utilizza una nostra immagine la deve pagare, come noi siamo costretti a pagare le immagini di altre nazioni. Mi sembra un fatto di reciprocità.
  Ricordo, al riguardo, che il codice dei beni culturali prevede la corresponsione di un canone nel caso in cui l'utilizzo abbia finalità commerciali. Molto spesso accade che si facciano spot o cataloghi pubblicitari utilizzando immagini iconiche del nostro patrimonio culturale senza pagare nulla per questa attività, anche chi se lo può ben permettere. Potrebbe essere utile centralizzare sul modello francese questo tipo di attività, anche in considerazione del fatto che i singoli musei spesso non dispongono delle risorse umane necessarie e un privato che intenda utilizzare, nel rispetto delle norme, l'immagine di un quadro o di una struttura può incontrare serie difficoltà.
  Va sostenuta la digitalizzazione dei beni culturali anche applicando alle opere d'arte pubbliche italiane, la tecnologia NFT, che permetterà di veicolare nel mondo le bellezze italiane e di portare a conoscenza, all'estero e anche in Italia, le nostre meraviglie, composte da monumenti, opere d'arte, luoghi culturali pubblici, attraverso la vendita di una riproduzione digitale, anche in 3D. Un prezzo unico, con un numero certificato di proprietà che a sua volta può essere rivendibile, ma lo Stato italiano manterrà sempre una percentuale dei diritti legati a quella riproduzione digitale del bene. A questo fine occorre prevedere strumenti normativi adeguati per proteggere il patrimonio rispetto allo sfruttamento illecito a mezzo delle tecnologie informatiche.
  Per quanto riguarda il metaverso dovremmo anche approfondire rischi e opportunità della fruizione virtuale del patrimonio culturale, strumento utile, ma che non potrà mai sostituirsi alla realtà.
  I rapporti internazionali dell'Unesco. L'Italia è una super-potenza culturale che ha, nel suo patrimonio e nelle sue più varie espressioni culturali, uno straordinario strumento di diplomazia internazionale. Dobbiamo metterlo a frutto per riaffermare e promuovere la nostra identità all'estero e contribuire allo sviluppo socio-economico della nazione.
  La cultura è il nostro più grande soft power che possiamo far penetrare nel mondo intero. Lo dobbiamo fare nei forum multilaterali di cui siamo orgogliosamente parte, Pag. 15dall'Unione Europea all'UNESCO, nel G7 e nel G20; e nei rapporti bilaterali, a cominciare da quelli con i nostri alleati europei e atlantici per abbracciare poi tutti i quadranti regionali, in cui possiamo contare sulla potenza evocativa del nostro eccezionale patrimonio culturale.
  In ambito Unione europea lavoreremo per rafforzare il coordinamento delle politiche culturali dei Paesi membri, nell'ambito del Piano cultura 2023-2026, alla cui approvazione ho personalmente partecipato martedì scorso quando, a Bruxelles, lo abbiamo approvato all'unanimità.
  Sarà nostro compito valorizzare le comuni radici storiche, religiose e sociali e promuovere i valori comuni tenendo sempre presente, quando necessario, la tutela dell'interesse nazionale. Collaboreremo con le istituzioni comunitarie per dare piena, rapida ed efficace attuazione alla dimensione cultura del nostro piano nazionale di ripresa e resilienza e, in generale, per cogliere tutte quelle opportunità di sviluppo, di lavoro e di formazione per i nostri operatori della cultura che derivano dai finanziamenti dell'Unione europea.
  Penso, ad esempio, al progetto dell'Unione europea di creazione della «comunità della conoscenza» e dell'innovazione delle industrie culturali e creative (finanziamento di 300 milioni concesso a un consorzio cui partecipano il CNR e altri enti privati italiani) o alla celebrazione nel 2023 dell'anno europeo delle competenze, settore in cui l'Italia vanta un primato riconosciuto a livello europeo e internazionale.
  Il Ministero della cultura, in sinergia con la Farnesina, continuerà a svolgere un ruolo di primo piano all'UNESCO e ad assicurare l'attuazione delle Convenzioni e dei programmi culturali adottati nell'ambito dell'organizzazione parigina. Penso alla Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale di cui abbiamo appena celebrato i 50 anni. Anche grazie ai finanziamenti UNESCO, rafforzeremo l'attività di salvaguardia, monitoraggio e assistenza dei siti iscritti nella lista del patrimonio mondiale.
  Ci faremo inoltre promotori, come Ministero, della candidatura della via Appia per l'iscrizione nella lista, un obiettivo condiviso da quattro regioni e da oltre cento enti locali.
  Nell'ambito, invece, della convenzione sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, puntiamo, nel 2023, a promuovere l'iscrizione dell'arte del canto lirico italiano, un'eccellenza della nostra cultura che dobbiamo valorizzare nella nostra proiezione internazionale. Così per altre eccellenze immateriali che sono al nostro studio.
  Sul piano bilaterale, come dicevo, la cultura è uno straordinario strumento al servizio della politica estera nazionale, ma anche un formidabile volano di sviluppo economico. Penso ad esempio al turismo internazionale che, dopo la pandemia, è ripreso con vitalità e che, grazie alle ricchezze del nostro patrimonio culturale diffuso, può raggiungere ogni angolo dell'Italia.
  È quindi strategica un'azione che incrementi la proiezione della cultura italiana nel mondo, un'azione che svilupperemo insieme al vice presidente del Consiglio e Ministro degli esteri Antonio Tajani e che si avvarrà delle sinergie tra il Ministero della cultura e la Farnesina con la sua diramazione in ambasciate e istituti di cultura all'estero. Un'azione che, con approccio olistico e di sistema, potrà contare sulle centinaia di istituzioni che fanno capo al MiC, e promuovono, attraverso i loro progetti internazionali, l'arte, l'archeologia, la musica, lo spettacolo, il cinema, creatività, italiani.
  Questa mattina, mi diceva il direttore degli Uffizi che, invertendo una tendenza che c'era nel passato di dare tutto gratis – noi davamo in prestito le nostre opere internazionali per mostre gratis, al limite ci venivano date soltanto le spese – stiamo cominciando a vendere la fruizione dei nostri beni. Volete fare una mostra sui nostri reperti? Va bene se viene pagata allo Stato italiano. Magari potremmo pensare a vincolare poi questi introiti all'ulteriore promozione della cultura e alla manutenzione Pag. 16di questi valori. Sono idee che vi esprimo così sulle quali potremo, poi, confrontarci.
  In questo sforzo collettivo sarà decisiva la diplomazia culturale, i rapporti con le autorità competenti dei Paesi stranieri, in particolare di quei Paesi che sono nostri amici e alleati (partner dell'Unione europea, Atlantici, G7, Israele, Svizzera) e che sono prioritari per la nostra proiezione culturale internazionale. Con loro e con gli altri membri della comunità internazionale continueremo a sviluppare la rete di accordi, i protocolli esecutivi e memorandum culturali, che possano creare sinergie, opportunità di sviluppo per la nostra industria culturale e promozione dell'immagine dell'Italia all'estero.
  Collaboreremo poi con l'Ucraina. Ho incontrato il Ministro della cultura ucraino per testimoniargli la nostra vicinanza e la nostra azione fattiva nella protezione del loro patrimonio culturale, insieme con i partner dell'Unione europea nella salvaguardia e protezione dell'identità e del patrimonio culturale ucraini gravemente minacciati dall'insensata invasione russa.
  Daremo, infine, rinnovato impulso all'azione internazionale tesa a riportare nel nostro Paese, a beneficio della comunità nazionale dei visitatori stranieri, i beni culturali trafugati o in generale esportati illegalmente all'estero. Su questo c'è un grande tema su cui però le sensibilità mondiali stanno cambiando, nel senso che notiamo una certa disponibilità internazionale a restituirci le opere d'arte che sono state trafugate.
  Grazie all'attività del nucleo per la tutela del patrimonio culturale dell'Arma dei Carabinieri e del comitato e le istituzioni del MiC, è in via di finalizzazione l'intesa con la Germania, mentre sono in corso trattative con importanti istituzioni museali americane per il ritorno di opere d'arte.
  Lo spettacolo. Il Ministero svolge funzioni e compiti in materia di atti performativi e di spettacolo dal vivo, musica, danza, teatro, circhi, spettacolo viaggiante e festival teatrali e di promozione delle diversità delle espressioni culturali.
  La principale linea di intervento del Ministero è rappresentata dal fondo unico per lo sviluppo (il FUS), istituito dalla legge n. 163 del 1985. Le risorse per il 2022 ammontavano a oltre 423 milioni di euro e sono state ripartite con decreto ministeriale del 25 febbraio del 2022. I beneficiari sono stati in primis le 14 fondazioni lirico-sinfoniche: 192 milioni (il 45,4 per cento delle risorse) e poi 1.494 organismi, individuati previa valutazione delle commissioni consultive per lo spettacolo per il triennio 2022-2024.
  In questi ambiti: teatro 90,5 milioni (pari al 21,4 per cento); la musica 81 milioni (pari al 19,1 per cento); la danza 18,5 milioni (pari al 4,4 per certo); circhi e spettacolo viaggiante 8 milioni (pari all'1,9 per certo); multidisciplinare 15 milioni; progetti speciali 4 milioni; azione di sistema 10,7 milioni; residenze 2,8 milioni, previo accordo di programma con 18 regioni aderenti; osservatorio dello spettacolo 600.000 euro; funzionamento del Consiglio superiore dello spettacolo e Commissioni spettacolo 50.000 euro.
  Il decreto ministeriale del 27 luglio del 2017 e successive modificazioni che disciplina l'accesso al fondo unico per lo spettacolo per gli organismi diversi dalle fondazioni lirico-sinfoniche prevede, altresì, il sostegno finanziario a favore della Fondazione della Biennale di Venezia, la Fondazione dell'Istituto nazionale del dramma antico (cosiddetto INDA), l'Accademia nazionale di arte drammatica Silvio D'Amico, l'Accademia nazionale di danza e fondazione del Piccolo teatro di Milano.
  Il FUS ha i seguenti scopi: concorrere allo sviluppo del sistema e dello spettacolo dal vivo favorendo la qualità dell'offerta, anche a carattere multidisciplinare; la pluralità delle espressioni artistiche, i progetti e i processi di lavoro a carattere innovativo; la qualificazione delle competenze artistiche; l'interazione tra lo spettacolo dal vivo e l'intera filiera culturale educativa e del turismo; promuovere l'accesso, sostenendo progetti di rilevanza nazionale che mirino alla crescita di un'offerta e di una domanda qualificanti, ampie e differenziate, e prestando attenzione alle fasce di pubblico con minori opportunità; favorire il ricambio generazionale valorizzando il potenziamentoPag. 17 creativo dei nuovi talenti; creare i presupposti per un riequilibrio territoriale dell'offerta e della domanda; sostenere la diffusione dello spettacolo italiano all'estero e i processi di internazionalizzazione, in particolare in ambito europeo, attraverso iniziative di coproduzione artistica, collaborazione e scambio, favorendo la mobilità e la circolazione delle opere; lo sviluppo di reti di offerte artistico culturali di qualificato livello internazionale; valorizzare la capacità dei soggetti di reperire autonomamente e incrementare risorse diverse e ulteriori rispetto al contributo statale; elaborare strategie di comunicazione innovative e capaci di raggiungere pubblici nuovi e diversificati; ottenere riconoscimenti della critica nazionale e internazionale; sostenere la capacità di operare in rete tra soggetti e strutture del sistema artistico e culturale.
  Questi scopi, però, non sono stati del tutto raggiunti dai soggetti che ricevono il FUS; sarebbe perciò importante rivedere i meccanismi normativi che riguardano l'iter di approvazione dei progetti e l'erogazione dei contributi. Occorre, da un lato, aumentare i controlli preventivi e successivi sull'effettivo utilizzo del FUS e dall'altro modificare i parametri in un'ottica che sia premiante. Attualmente il FUS premia la quantità e non la qualità. Inoltre, possiamo affermare che premia il passivo degli enti. L'ottica dovrebbe essere, invece, diametralmente opposta: più sei in grado di reperire fondi diversi da quelli pubblici, più la gestione è virtuosa e più deve essere premiata.
  Operatori del settore e importanti centri di ricerca, tra cui il prestigioso istituto Bruno Leoni, affermano che l'erogazione dei fondi del FUS sia viziata spesso da assegnazioni improprie. Non tutte ovviamente. Il problema non riguarda spesso la carenza di fondi, ma l'efficacia stessa del sistema, nel quale si sono stratificate consuetudini. Comincerei dalla riforma del nome che dovrà dare risalto alla natura di fondo nazionale per le arti performative e lo spettacolo dal vivo.
  Sempre su questo terreno risulta necessario incentivare le produzioni e gli artisti italiani, restituire identità nazionale alla produzione artistica. Il coinvolgimento di artisti italiani deve essere un elemento qualificante per l'erogazione dei contributi. Dobbiamo pensare a un paradigma diverso, far diventare il fondo un investimento dello Stato sui propri talenti, con risorse mirate a incrementare una comunità e il suo tessuto artistico nazionale.
  L'università e la scuola andranno sostenute in progetti di formazione di figure professionali dello spettacolo. Dobbiamo sostenere le università quando creano figure professionali dello spettacolo: cantanti lirici, maestri, collaboratori, direttori di orchestra, attori, ballerini, tecnici, scenografi, designer, corpi di ballo stabile. Allo stato attuale, su 14 fondazione lirico-sinfoniche solo quattro sono dotate di corpi di ballo. Ai danzatori è destinato solo il 4,8 per certo di tutti i posti di lavoro presenti nelle fondazioni. È importante reintegrare questo capitolo investendo nel loro ripristino.
  In Italia ci sono oltre mille teatri, molti dei quali sono chiusi e senza attività. A questo riguardo urge incentivare progetti di decentramento delle fondazioni lirico-sinfoniche, delle ICO e di tutti gli enti finanziati dal FUS, al fine di portare produzione di alto livello in tutta Italia. Per il teatro privato si può pensare all'introduzione di un meccanismo di tax credit per le produzioni.
  Assistenza e previdenza per i lavoratori dello spettacolo. Questo è un altro punto importante. La legge n. 106 del 2022 modifica radicalmente l'attuale disciplina in materia di lavoro dello spettacolo. La legge conferisce delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi. Il nostro obiettivo è quello di sanare i significativi vuoti normativi, ad esempio la mancanza di un'indennità di maternità adeguata alle specificità di questo settore.
  Le agenzie. C'è poi un sistema di reciproche convenienze tra alcune grandi agenzie e certi soprintendenti e direttori artistici di teatri. Di alcuni scandali si è anche letto di recente sulla stampa; tuttavia, queste agenzie, anche se nel mirino della giustizia, continuano indisturbate a lavorare con i teatri italiani. Questo sistema impediscePag. 18 una valutazione di merito dei nostri artisti e un ricambio degli stessi. La soluzione può passare attraverso l'istituzione di un albo nazionale delle agenzie regolamentato sulla base della trasparenza, e lo studio dei meccanismi di controllo dei rapporti tra agenzia ed ente quando si tratta di produzioni che sono finanziate dallo Stato.
  Status degli artisti. Occorre aumentare il senso di sicurezza sociale. Quello dell'artista viene configurato come un lavoro precario, ma per il contributo che l'artista dà alla cultura non può essere più un lavoro precario. Lo Stato deve farsi carico di una maggiore sicurezza sociale e previdenziale per gli artisti per essere al passo con l'Europa.
  La musica leggera. Bisogna studiare i meccanismi di tutela per gli artisti italiani e per le etichette indipendenti nazionali, attraverso una congrua presenza nella diffusione radiofonica e televisiva, così come avviene in altri Paesi europei.
  Detrazione del consumo culturale e abbassamento dell'IVA per i prodotti culturali. Previa attenta valutazione degli effetti economici, che devono andare a vantaggio anzitutto del consumatore finale, si può pensare di introdurre nel sistema fiscale un meccanismo di detrazione delle spese per l'acquisto di beni e servizi culturali, assieme all'abbassamento dell'IVA su alcuni di questi prodotti. Ciò nella consapevolezza che l'industria dell'arte e della cultura in Italia mettono in moto una filiera produttiva e un numero di addetti ai lavori molto importante.
  Centenari e anniversari importanti. Occorre prevedere una maggiore attenzione e organicità nella presenza del Ministero della cultura all'interno dei comitati che vengono costituiti per i centenari e gli anniversari importanti, con lo scopo di promuovere il territorio nazionale attraverso la storia di queste grandi figure. Di concerto con la Presidenza del Consiglio e il Ministro Andrea Abodi, titolare della delega per gli anniversari nazionali, sarebbe inoltre opportuno procedere a un intero riordino della materia.
  Vi ricordo alcuni dei prossimi anniversari, ma siamo pronti ad accoglierne altri che possono venire dal vostro suggerimento. Nel 2023 abbiamo i 160 anni dalla nascita di Pietro Mascagni; nel 2024 i 100 anni dalla morte di Giacomo Puccini, i 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi, a cui verranno dedicati eventi di grande rilevanza. Nel 2024 ricorreranno anche i 50 anni dall'istituzione del Ministero dei beni culturali e ambientali. Nel 2025 i 100 anni dalla nascita di Luciano Berio, i 190 anni dalla morte di Vincenzo Bellini e i 100 anni dalla nascita di Giovanni Spadolini. Nel 2026 i 100 anni dalla nascita di Claudio Villa e 90 anni dalla morte di Ottorino Respighi, grande compositore.
  Il valore della rievocazione storica. Dobbiamo aprire e aiutare le associazioni legate alle rievocazioni storiche, capaci di valorizzare il passato e la vita delle nostre città d'arte. La rievocazione è un momento per promuovere i territori e le tradizioni. Il Fondo per la rievocazione storica deve espandere la sua quantità.
  Rafforzare il tratto identitario delle città italiane. Le città italiane sono identità dotate di peculiarità storiche. Ho sempre pensato che le nostre città sono la nostra più grande ricchezza per quello che è stato il fruire della nostra storia, per quello che è stata l'età comunale, l'età del Rinascimento; se è vero che abbiamo sofferto una frammentazione e siamo arrivati tardi allo Stato unitario, questo ci ha consentito poi anche di avere una specificità storica delle nostre città.
  Ho letto molte volte, mi è rimasto nella memoria quel saggio di Robert Putnam, sociologo americano, il quale diceva: andate in un piccolo paesino. Se andate a Tolentino, nelle Marche, e vedete la piazza, il teatro comunale, l'edificio del Governo, questo è un valore. Qual è il valore di questa specificità? In quel momento si percepisce la polis contrapposta a basileia, la monarchia territoriale. È un grande tema della filosofia politica. Che cos'è la polis? È il riconoscimento del cittadino come soggetto destinatario di diritti e di doveri. Mentre basileia, la monarchia territoriale, che cos'è? È la configurazione del cittadino come suddito.Pag. 19
  Per come sono conformate, le nostre città, anche piccolissime, che trovate soprattutto nel centro Italia, esaltano la funzione del cives, del cittadino, destinatario di diritti e di doveri. Quindi persona libera. La loro struttura architettonica – ho fatto studi giuridici, non ho fatto studi artistici, questo lo voglio precisare – è un inno alla libertà dell'individuo, al riconoscimento dei diritti, ma anche dei doveri. Invece la monarchia sovrana guarda all'individuo soltanto come un suddito.
  Ecco, quindi, perché dobbiamo tutelare le nostre città identitarie. Esse mantengono l'impronta della storia, della loro arte, della loro tradizione civile e religiosa. Dei 7.904 comuni italiani, il 69 per certo è sotto i 10.000 abitanti. Ognuna di esse, come osservò anni fa il sociologo americano Putnam, ha un'anima civica. La cultura riflette il modo di vivere di una città. Dobbiamo aiutare la conservazione e la promozione di questa pluralità.
  Audiovisivo e cinema. Il cinema e l'audiovisivo sono strumenti formidabili per la rappresentazione e la conservazione delle identità culturali del nostro popolo e del nostro territorio. Il settore dell'audiovisivo nazionale nel suo complesso ha resistito alla grave crisi pandemica degli ultimi anni, anche grazie al supporto considerevole messo in atto dallo Stato. Nel triennio 2020-2022, lo Stato ha stanziato risorse straordinarie per oltre 540 milioni (269 milioni nel 2020, 224 milioni nel 2021 e 50 milioni nel 2022). Non tutti i comparti della filiera, però, hanno superato la crisi alla stessa maniera.
  Attenzione massima alle sale cinematografiche. Mentre la produzione audiovisiva è in un momento di particolare dinamismo, le sale cinematografiche si trovano in una situazione di grande difficoltà. Le presenze in sala nel primo semestre 2022 si sono ridotte del 58 per cento rispetto alla media dei tre anni pre-pandemia, contro il 40 per cento della Germania, il 30 per cento della Francia, il 27 per cento del Regno Unito. Una crisi che si è innestata su una situazione già critica. Per questo, il primo atto adottato da questo dicastero è stata l'emanazione di un decreto ministeriale, in attuazione di una norma contenuta nel decreto-legge n. 50 del 2022, volto a incentivare la visione in sala cinematografica di film italiani da parte degli spettatori puntando su una riduzione del prezzo del biglietto di cui si farà carico lo Stato.
  Qualcuno l'ha anche criticata. Questa misura era stata predisposta dal mio predecessore: io l'ho adottata così come era stata fatta, sempre in virtù di quel principio della continuità degli atti amministrativi, che secondo me è una regola degli Stati seri. L'ho adottata nonostante mi renda conto che è un cucchiaino d'acqua in un mare; però voglio estendere il mio ragionamento a voi. C'è un punto sul quale credo siamo d'accordo: la visione di un film in sala cinematografica è molto più qualificante della visione del film a casa, perché la sala cinematografica dà un livello di concentrazione, una percezione sociale e un'emozione – come dice il presidente – che non si può avere nella propria abitazione. Tuttavia, ovviamente, noi non siamo luddisti, quindi non vogliamo fermare il corso della storia, per cui i film vanno visti anche a casa davanti al televisore. Però la sala cinematografica ha un valore specifico che, secondo me, deve essere salvaguardato.
  Allora se con questa misura avviciniamo anche 2.000 persone alla fruizione in sala cinematografica, può darsi che la gente, ormai disabituata dagli anni di pandemia alla fruizione cinematografica in sala, tornando, con l'incentivo dello sconto sul biglietto, ne comprenda l'importanza e ritorni nella sala cinematografica. Questo era lo spirito di questo decreto. So bene che questo non risolve assolutamente il problema, ma le grandi cose si costruiscono mattone dopo mattone, pietra su pietra, passo dopo passo.
  Deve poi essere affrontato al più presto il tema delle finestre di programmazione, argomento che ha trovato consenso unanime nella scorsa legislatura nell'equiparazione tra film italiani e stranieri. Su questo punto c'è un indirizzo del Parlamento, del vecchio Parlamento. Penso che possa essere raccolto.Pag. 20
  Va poi subito messo a regime il nuovo sistema di crediti d'imposta, calcolato sui costi di funzionamento delle sale e il potenziamento dei tax credit che agevolano gli investimenti relativi all'adeguamento tecnologico, funzionale e strutturale delle sale cinematografiche.
  Altro strumento fondamentale sono i crediti di imposta alla produzione di opere, strumento che però deve essere rapidamente aggiornato e adeguato al contesto attuale. È necessario introdurre tutte le modifiche in grado di potenziare l'effetto incentivante della misura, ad esempio una cedibilità più agevole dei crediti.
  Anche le altre misure di sostegno alla produzione (i contributi automatici e i contributi selettivi) devono essere rivisti per essere adeguati ai cambiamenti. Iniziative poi come «Cinema in festa», avviata a settembre 2022 (post-pandemia) e «Moviement» dell'agosto 2019 (pre-pandemia) hanno registrato risultati positivi in termini di presenze in sala. Questo dimostra che iniziative del genere possono dare un contributo nell'invertire una tendenza negativa e portano un beneficio immediato e diretto anche a favore della distribuzione cinematografica, altro anello della filiera in grandissima difficoltà. Il Ministero, inoltre, intende proseguire nella strategia di ascolto e confronto diretto con tutti gli stakeholder del comparto audiovisivo, per meglio individuare le esigenze del settore e avendo come punto di riferimento la tutela e la promozione della nostra identità culturale nazionale.
  In piena attuazione degli obblighi di investimento di programmazione, in collaborazione con il Ministero delle imprese e del made in Italy, occorre emanare un regolamento attuativo degli obblighi di investimento in opere italiane ed europee per rendere operativi ed efficaci tali obblighi nelle piattaforme digitali e nei broadcaster.
  Negli ultimi anni molte importanti imprese di produzione italiane sono state acquisite da gruppi internazionali, un innegabile segno di vitalità e attrattività del nostro settore, cui tuttavia non è finora corrisposta un'azione di segno inverso. Pertanto è necessario bilanciare questo flusso unidirezionale introducendo strumenti finanziari in grado di favorire e incentivare le aggregazioni tra aziende italiane e la loro crescita sui mercati internazionali.
  Sviluppo e rafforzamento del piano nazionale cinema e immagini nelle scuole. Dobbiamo rendere strutturale l'utilizzo del linguaggio cinematografico nei piani scolastici. Sarà dunque necessario potenziare le attività di formazione degli insegnanti e rafforzare la collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito per rendere sempre più capillare la progettualità delle scuole nel settore cinematografico e audiovisivo, anche attraverso la diffusione delle buone pratiche. È necessario migliorare e affinare ulteriormente le strategie di promozione del cinema e dell'audiovisivo italiani sui mercati internazionali e, per converso, potenziare misure di attuazione di investimenti internazionali nel nostro Paese.
  Agli incentivi economici attualmente previsti, tax credit al 40 per cento per film e serie girate in Italia, che stanno dando buoni risultati, deve essere affiancato un lavoro di coordinamento anche amministrativo con i vari soggetti coinvolti (Stato, regioni, comuni, film commission). Va per questo confermato e rilanciato il fondo delle coproduzioni minoritarie e il fondo della distribuzione, con l'obiettivo di potenziare la circolazione dei film italiani all'estero e di fondi speciali per produttori ed esportatori di film, nonché la partecipazione ai festival e ai mercati.
  Cinecittà – ve l'ho detto prima – è beneficiaria di un'ingente destinazione dei fondi del PNRR e deve diventare sempre più un punto di riferimento per tutti gli operatori. Vi ricordo che negli anni '60 Cinecittà era il secondo punto di riferimento al mondo, dopo Hollywood, per la produzione cinematografica e quindi può ambire a riguadagnare questo ruolo.
  L'attività di formazione di Cinecittà poi deve integrarsi con la storica attività di alta formazione offerta dal Centro sperimentale di cinematografia, che vogliamo ulteriormente valorizzare e sviluppare. La Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, poi, rappresenta un'eccellenza assolutaPag. 21 nel panorama dei festival internazionali, vogliamo assicurare tutto il supporto necessario affinché tale ruolo venga mantenuto e ulteriormente sviluppato. Dobbiamo inoltre ulteriormente rafforzare il sostegno alle cineteche, favorendo la sinergia nella loro attività.
  Tax credit videogiochi. L'industria del videogioco in Italia rappresenta un settore altamente specializzato in ambito tecnologico, artistico e nel campo del design, con circa 2 miliardi di introito. Un prodotto culturale che assume centralità soprattutto in questa fase di intervento pubblico nei processi di digitalizzazione dei beni. Si può pensare a un rafforzamento del tax credit per l'industria dei videogiochi ora previsto dal Ministero della cultura, aumentandone la capienza.
  Personale e concorsi. Questa è una nota molto importante. Ho appena sottoscritto un decreto ministeriale, in corso di registrazione, per aggiornare la pianta organica del Ministero. Secondo questo provvedimento l'organico di diritto nazionale ammonta a 18.854 unità, suddivise tra 323 unità dell'area operatori, 12.944 dell'area assistenti e 5.587 dell'area funzionari.
  L'organico di fatto, tuttavia, è di gran lunga inferiore e si ferma a 10.984 unità, ben 7.870 in meno rispetto a quanto previsto. Abbiamo 230 operatori (-93), 7.650 assistenti (-5.294) e 3.104 funzionari (-2.483). Le procedure di assunzione autorizzate o avviate porteranno, di qui al 2024, 3.633 unità in più, 2.394 delle quali rientrano nell'area assistenti e 1.157 nell'area funzionari. Un incremento importante anche se non risolutivo.
  Oltre a questi, verranno assunti 82 dirigenti, tra tecnici e generalisti. Allo stato attuale, nel Ministero, i dirigenti di ruolo nella seconda fascia sono solo 69 su 192. L'obiettivo è riportare l'attribuzione degli incarichi alla fisiologica appartenenza ai ruoli dirigenziali, limitando il ricorso a figure esterne soltanto ad alcuni casi specifici. Nella prima fascia i dirigenti di ruolo nella stessa fascia, sono invece 6 su 27, ma molti di questi incarichi sono attribuiti fisiologicamente a dirigenti della seconda fascia.
  Occorre perciò riportare l'organico del Ministero a una consistenza adeguata. Inoltre, dobbiamo rendere attrattivo il lavoro presso gli uffici, i musei, le biblioteche, le soprintendenze, garantendo un livello retributivo adeguato alla preparazione e alle funzioni svolte dal personale, in gran parte costituito da specialisti di valore.
  Vengo da una generazione in cui quando si vinceva un pubblico concorso si era toccato il cielo con il dito. Vincere un pubblico concorso gratificava perché – fatemela dire da buon napoletano – si conseguiva il cosiddetto «posto fisso». Adesso scopro – studiando, in questi giorni, me ne sono reso conto – che ci sono persone che vincono il concorso pubblico e poi rinunciano al posto. Rinunciano nel momento in cui si rendono conto qual è la retribuzione che andranno a percepire.
  Si tratta proprio di un cambiamento di paradigma storico. Vedo molte persone della mia generazione in sala: tutti ricordano che quando si vinceva un pubblico concorso era una tappa di vita. Invece, adesso, scopro che alcuni giovani vincono il concorso e non prendono il posto, perché lo ritengono scarsamente gratificante, scarsamente retribuito. Quindi è evidente che bisogna intervenire su questo tema.
  Gli archivi. Al momento l'ordinamento archivistico italiano vede per il settore pubblico la presente articolazione all'interno del Ministero della cultura: una direzione generale degli archivi (svolge le funzioni e i compiti non attribuiti alle direzioni regionali o ai soprintendenti di settore, ai sensi delle disposizioni in materia relativa alla tutela dei beni archivistici). Non lo trovate perché lo abbiamo aggiunto di recente.
  La struttura amministrativa si articola in nove uffici dirigenziali di livello non generale, compresi quelli aventi sedi in Sicilia, Trentino Alto Adige, l'istituto centrale per gli archivi e l'archivio centrale dello Stato. Sono 101 istituti dipendenti dalla direzione generale archivi, con sede in città capoluogo di provincia, con il compito di conservare gli archivi prodotti dalle amministrazioni centrali e periferiche preunitarie, nonché quelli prodotti da uffici Pag. 22post-unitari delle relative circoscrizioni. Alcuni archivi di Stato hanno sezioni separate: sono in tutto 35 e hanno sede in città capoluogo di provincia; conservano i fondi documentali, di particolare pregio, esistenti nel territorio di pertinenza. Essi dipendono dalla direzione dell'archivio di Stato competente per la provincia. Ad esempio, in Toscana abbiamo Pescia dipendente da Pistoia e Pontremoli dipendente da Massa.
  Le loro finalità sono conservare, tutelare e valorizzare il patrimonio documentario degli organi periferici dello Stato, ossia di tutti gli uffici dipendenti direttamente dai Ministeri: i documenti degli organi giudiziari e amministrativi (c'è un piano di digitalizzazione con la magistratura dello Stato) non più occorrenti alle ordinanze ed esigenze di servizio, e acquisiti ai sensi dell'articolo 41 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
  Pensate a quanti processi costituiscono oggi oggetto di studio scientifico da parte degli storici e degli studiosi. Quindi la digitalizzazione degli archivi giudiziari è un punto qualificante, perché in alcuni processi c'è la storia della nostra nazione su cui si sono sviluppati e su cui si sono dipanati. Quindi è molto importante lavorare in questo senso.
  Io stesso scrissi un libro su elementi documentali che sono nell'archivio di Stato. Qualche anno fa pubblicai, per Mondadori, la vita di Lenin a Capri. Sapete che Lenin fece due visite a Capri, nel 1908 e nel 1910: ho ricostruito sui documenti dell'archivio di Stato quel pezzo di storia, penso rilevante, del nostro Paese e della presenza di un leader politico che tanta storia ha tracciato nel '900, nel bene o nel male. Era importante raccontare questo periodo storico, e l'ho fatto grazie ai documenti che ho trovato negli archivi.
  Quindi gli archivi sono pezzi della nostra storia. Cioè gli archivi sono come un documento. Come noi contempliamo il Colosseo, contempliamo la Torre di Pisa, o il Duomo di Milano, e da questo rileviamo tratti della nostra storia molto importanti, all'interno di un pezzo di carta possiamo trovare tutto ciò.
  Quando sono andato, di recente, in visita alla villa di Giuseppe Verdi a Sant'Agata, mi ha fatto molta impressione, addirittura mi ha un po' commosso, vedere i bigliettini che Alessandro Manzoni mandava a Verdi, e leggere la lettera con cui Cavour invitava un Verdi riluttante a candidarsi alla Camera dei deputati. Sono pezzi di storia, che noi dobbiamo far conoscere.
  È bene che i giovani leggano i biglietti che Alessandro Manzoni mandava a Giuseppe Verdi, perché sono pezzi della nostra storia. A volte gli archivi vengono percepiti come qualcosa di polveroso, qualcosa di eminentemente accademico, invece sono le carte vive. C'era una rivista tanti anni fa che si chiamava appunto «Carte vive», perché le carte parlano. Gli archivi di Stato esercitano la sorveglianza mediante la partecipazione alle commissioni istituite sugli archivi correnti e di deposito degli organi amministrativi e giudiziari dello Stato, e sulla gestione dei flussi documentali, qualunque ne sia il supporto, anche in base alla normativa vigente in materia di riproduzione sostitutiva di documenti digitali e gestione elettronica dei documenti. Esplicano funzioni relative al trattamento e alla comunicazione di documenti riservati, svolgono attività di promozione.
  Le mie conclusioni. L'Italia ha un patrimonio culturale di professionalità ineguagliabile, eppure corriamo un pericolo che non possiamo sottovalutare. La nostra storia è ricca di grandiosità che oggi ai nostri occhi sono lontane dai valori e dalla morale comune in cui ci riconosciamo. Ci sono opere d'arte, libri e monumenti che proprio per questo una pseudo-cultura vorrebbe mettere all'indice, la cosiddetta «cancel culture» e l'iconoclastia non sono frutto di un male interpretato rispetto alle diverse sensibilità, ma nei fatti una scusa per eliminare le identità locali e nazionali.
  Il rispetto reciproco, che è una delle più importanti funzioni della cultura, nasce dalla condivisione di esperienze ed emozioni e non certo dalla cancellazione delle differenze. Cancellare o censurare l'arte quindi non elimina problemi o difficoltà, ma ci rende solo più poveri e fragili perché privi di esempi e bellezze che, nei modi del Pag. 23nostro tempo, possano ispirarci o ammonirci.
  Per questo ci opporremo a qualunque forma di vandalizzazione, imbrattamento, rimozione coatta di opere e idee promuovendo, invece, l'arte pubblica, lo spettacolo dal vivo, le rievocazioni storiche e tutte le attività che possano portare alla fruizione condivisa di un patrimonio ineguagliabile.
  L'oicofobia (cioè l'odio per se stessi) è un male che sta divorando l'occidente, accettarlo vuol dire condannarci all'irrilevanza e all'autoannientamento.
  Che cosa è l'Italia senza la sua specificità e la sua grandezza? Solo un'espressione geografica. Quello che la cultura può fare, invece, è, criticando e denunciando ciò che non va nella nostra società, creare un nuovo rinascimento italiano che, dalle cellule del passato da cui prende vita, sappia esplorare delle vie nuove. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie Ministro.
  Visti i tempi, farei una considerazione io, e poi un breve saluto del presidente Marti. Quindi, per rispetto ai colleghi, aggiornerei l'audizione per l'inizio delle domande, perché il Ministro deve lasciarci tra qualche minuto per raggiungere il Senato.
  Ministro, la ringraziamo della sua attenzione e anche di questa relazione sulle linee programmatiche che, come sappiamo, sono linee anche importanti, vincolanti, di prospettazione dell'azione del Governo su questi temi. Devo dire, oggettivamente, anche a memoria delle audizioni passate, che sono state sicuramente tra le più approfondite, anche con spunti di riflessione importanti in generale.
  Credo che ci siano anche alcune notizie importanti. Lo dico anche a beneficio degli amici della stampa che ci seguono, perché ci sono stati annunci importanti che meritano di essere sottolineati, come la riforma del FUS su cui la Commissione cultura della Camera aveva posto l'attenzione. È stata annunciata una riforma radicale del FUS, lo studio per la detrazione del consumo culturale, la valorizzazione della sussidiarietà pubblico-privato, e quindi il potenziamento di queste politiche, il patrimonio privato, l'audiovisivo, l'abbassamento dell'IVA al 4 per cento sui prodotti culturali e molti altri punti da lei annunciati.
  Quando si parla di Italia, come giustamente è stato detto, si parla di cultura, identità, innovazione sostenibile. La cultura è rigenerazione delle periferie e dei borghi: anche quelli verranno digitalizzati, tornando a vivere. Ancora più importante sarà il suo effetto economico che in Italia, come sappiamo, ha un moltiplicatore del 280 per cento: talvolta alcuni osservatori o giornalisti addetti ai lavori tendono a dimenticare la potenza dell'indotto culturale – che poi si trasforma in PIL – in turismo ed economia.
  Gli 88 milioni di euro che in Italia sono prodotti direttamente dalla cultura, generano una filiera complessiva di 251 miliardi di euro. Per questa ragione la Commissione cultura si impegnerà, in un rapporto sempre più stretto, con il Ministero della cultura, così da coordinare assieme la formulazione di politiche pubbliche sempre più efficaci nei confronti del settore. Come, devo dire, abbiamo fatto anche nella passata legislatura dimostrandoci una delle Commissioni più trasversali nell'azione, anche di stimolo al Ministro e ai Governi precedenti.
  Lo spettacolo del vivo. I lavoratori dello spettacolo, a cui lei ha dedicato particolare attenzione, i professionisti delle arti, i creativi, gli imprenditori culturali, lo spettacolo viaggiante, l'industria musicale e l'editoria libraria hanno bisogno di risposte, e penso che in questa relazione, in queste linee di indirizzo comincino a ravvisarsi. Ora il Parlamento ovviamente farà da stimolo e da organismo vigilante e quando queste linee di indirizzo verranno realizzate sarà tra i primi a sostenerle e a riconoscerle.
  Lascio ora la parola al presidente Marti per un suo intervento.

  ROBERTO MARTI, Presidente della 7a Commissione del Senato. Grazie presidente Mollicone per l'ospitalità. Grazie al Ministro. Un saluto a tutti i commissari di Camera e Senato.
  È chiaro che un'ora e quaranta di dichiarazioni programmatiche da parte del Ministro hanno un gran bel contenuto, è Pag. 24entrato in tutti i temi importanti e fondamentali del mondo della cultura e non solo. Tuttavia, presidente Mollicone, data l'ora, molti colleghi del Senato sono già andati via. Il timing era alle 15, come da intese e da accordi.
  Ringrazio il Ministro, spero di rivederla presto in questa Commissione per continuare comunque i lavori. Grazie.

  ANNA LAURA ORRICO. Intervengo sull'ordine dei lavori per chiedere un aggiornamento dell'audizione, perché era prevista la chiusura alle 15 e, al di là dei lavori del Senato, ognuno di noi ha preso anche altri impegni istituzionali, quindi credo che sia opportuno rispettare la tempistica. Nessuno poteva sapere che il Ministro avrebbe relazionato per un'ora e quaranta, ne siamo contenti perché ha sciorinato evidentemente tutti gli aspetti che riguardano le competenze del Ministro della cultura, però propongo di aggiornarci ad altra seduta.

  PRESIDENTE. Va bene. Chiederemo poi al Ministro un'ulteriore disponibilità. Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.