XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
nell'ambito di un mercato del lavoro in piena transizione tecnologica, il lavoro agile, come è noto, si caratterizza per l'assenza di vincoli orari o spaziali predeterminati. È ormai pacificamente riconosciuto che l'introduzione di metodi e processi di lavoro, come il lavoro agile, che utilizzino le innovazioni offerte dalla tecnologia permette ai lavoratori di meglio gestire i propri impegni e, più in generale, la propria vita e avvantaggia sotto molti aspetti lo stesso datore di lavoro. Si tratta, quindi, di una grande opportunità. Infatti, si osserva che i benefìci ottenibili dall'introduzione del lavoro agile da parte delle imprese si sono dimostrati rilevanti e si possono misurare in termini di aumento del livello di benessere organizzativo, di riduzione dell'assenteismo, di riduzione dei costi di struttura e di incremento della produttività;
secondo i dati raccolti dall'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, si può stimare un incremento di produttività per lavoratore nell'ordine del 15 per cento. Inoltre, la realizzazione di progetti di lavoro agile sostanzia un valore aggiunto per l'azienda, un modo per valorizzare le prestazioni di lavoratori qualificati, più o meno giovani, sempre più attenti alla possibilità di godere di maggiore autonomia nella gestione del proprio tempo di lavoro. Le esternalità positive connesse a tale tipologia di lavoro sono indiscutibili anche in relazione ai vantaggi che ne derivano rispetto alla riduzione degli spostamenti e alla gestione della mobilità nelle aree urbane, oltre a poter permettere il ripopolamento dei borghi e delle aree interne del nostro Paese;
dati recenti attestano che chi lavora in smart working risparmia in un anno 520 ore di spostamenti e 600 euro di costi e contestualmente riduce 530 chilogrammi il proprio impatto in termini di emissioni di CO2 (cfr. Osservatorio smart mobility di Banca IfS);
secondo il predetto osservatorio, inoltre, l'84 per cento di chi sceglie il lavoro agile, si muove di più in bicicletta, il 71 per cento a piedi e, in generale, privilegia la mobilità lenta;
è evidente che il lavoro agile rappresenta una leva strategica per l'innovazione sia nel settore privato sia nella pubblica amministrazione, valorizzando le opportunità offerte dagli strumenti tecnologici e dai nuovi processi di digitalizzazione per conseguire risultati di maggiore benessere organizzativo e di pari opportunità;
i dati Inapp di gennaio 2023 attestano che tale modello organizzativo non decolla e che in Italia è appena il 14,9 degli occupati che svolge lavoro agile, ma potrebbe essere quasi il 40 per cento. Infatti, nonostante il picco avutosi nel 2020, in piena pandemia, la crescita di lavoratori che usufruisce di questo modo di lavorare è decisamente rallentata (14,9 per valore nel 2021 secondo i dati EU-LFS);
la transizione tecnologica porta con sé tutta una serie di rischi e vulnerabilità che attengono alla dimensione della persona e, in particolare, alla dignità sul luogo di lavoro. I rischi legati all'estrema pervasività delle nuove tecnologie non debbono essere sottovalutati, se si vuole evitare che l'innovazione tecnologica possa tradursi in un fattore di regressione della tutela dei diritti della persona,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative di promozione per la diffusione del lavoro agile sia nel settore privato che nella pubblica amministrazione;
2) ad adottare iniziative volte ad un maggior coinvolgimento della contrattazione collettiva nella definizione dei termini e delle condizioni di lavoro in modalità agile e di attuazione del diritto alla disconnessione dagli strumenti informatici e telematici;
3) a predisporre e finanziare un'adeguata formazione digitale volta a prevenire i rischi connessi o collegati all'uso delle attrezzature munite di videoterminali, di cui al titolo VII del decreto legislativo n. 81 del 2008, e della connettività in rete, ivi compresi i rischi inerenti al trattamento dei dati personali e alla iperconnettività;
4) a destinare i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata a spazi di lavoro condiviso non altri beni immobili inutilizzati disponibili;
5) ad adottare iniziative per istituire un Fondo per la promozione del lavoro agile volto a realizzare spazi di lavoro condiviso, garantire la stabilità della connessione alle reti telematiche, acquistare strumentazione informatica e incentivare la figura professionale dell'innovation manager;
6) a raccogliere le buone prassi realizzate nell'ambito dell'attivazione del lavoro in modalità agile e pubblicarle sul sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
(1-00070) «Barzotti, Dell'Olio, Appendino, Ascari, Cherchi, Carotenuto, Iaria, Caso, Pavanelli».
ATTI DI CONTROLLO
AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR
Interrogazione a risposta scritta:
MARI. – Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. – Per sapere – premesso che:
il Comitato per la stabilizzazione dei tecnici per il Sud ha richiamato il Ministro interrogato in merito alla delicatissima posizione delle lavoratrici e dei lavoratori assunti dalla pubblica amministrazione a seguito del superamento dei concorsi indetti dalla Agenzia per la coesione territoriale, comunemente intesi come «Coesione 1» e «Coesione 2»;
si tratta di lavoratori ai quali è stata riconosciuta la loro opera di primaria importanza per il rafforzamento delle competenze e della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni del sud Italia, oggi gravate di una nuova e straordinaria mole di lavoro per l'attuazione del PNRR, cui non potrebbero far fronte con le – già limitate – risorse umane in organico, impegnate con l'attività ordinaria degli uffici;
il compito assegnato ai «Tecnici per il sud» rischia di essere frustrato con ricadute sull'attuazione del PNRR, a causa dell'inquadramento previsto per i suddetti lavoratori, contrattualizzati a tempo determinato con scadenza a 36 mesi;
la forma contrattuale precaria non garantisce i citati lavoratori, la cui stabilizzazione pare invece l'unico strumento adatto a offrire un'adeguata tutela, in quanto la precarietà opera da deterrente rispetto al pieno, efficace ed efficiente coinvolgimento, pratico quanto emotivo, dei lavoratori rispetto alle mansioni loro assegnate e alla loro integrazione nei rispettivi uffici;
il Comitato per la stabilizzazione dei tecnici per il sud ha denunciato come si assiste ad una costante «fuoriuscita» dalle posizioni lavorative in oggetto, tramite decine di dimissioni quotidiane, in favore di soluzioni che prevedono un contratto a tempo indeterminato;
al fine di incentivare e «blindare» le attività del personale in argomento, il Parlamento con legge 21 settembre 2022 n. 142, ha introdotto l'articolo 35-bis che «Al fine di valorizzare la professionalità acquisita dal personale assunto con rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato [...] le amministrazioni assegnatarie del suddetto personale possono procedere, con decorrenza non antecedente al 1° gennaio 2027, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica, alla stabilizzazione nei propri ruoli del medesimo personale nella qualifica ricoperta alla scadenza del contratto a termine, previo colloquio e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta»;
la citata previsione normativa riguarda esclusivamente le 500 unità di personale reclutato ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 9 giugno 2021 n. 80, assegnato al Ministero dell'economia e delle finanze e alle altre amministrazioni centrali titolari di interventi PNRR mentre nulla di analogo si prevede con riferimento a chi lavora negli enti locali, dando vita ad una evidente disparità;
i lavoratori assunti dalla pubblica amministrazione a seguito del superamento dei concorsi indetti dalla Agenzia per la coesione territoriale rappresentano una importante risorsa per gli interventi di coesione previsti dall'Unione europea ai fini del raggiungimento degli obiettivi di performance del PNRR. Sarebbe, pertanto, auspicabile procedere alla stabilizzazione nei propri ruoli di tutti i 2800 tecnici assunti ai sensi dell'articolo 1 comma 179 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, nella qualifica ricoperta alla scadenza del contratto a termine, in modo da non sprecare le competenze maturate e la formazione acquisita –:
se non ritenga necessario che il Governo proceda alla stabilizzazione del personale assunto dalla pubblica amministrazione a seguito del superamento dei concorsi indetti dalla Agenzia per la coesione territoriale, comunemente intesi come «Coesione 1» e «Coesione 2».
(4-00486)
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazione a risposta scritta:
PIERRO, CARLONI, DAVIDE BERGAMINI e BRUZZONE. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
la pesca del tonno rosso è tra le più importanti e redditizie a livello globale ed è consentita solo tramite l'assegnazione di «quote» – questione molto complessa e controversa – stabilita, in sede internazionale dall'Iccat; i governi nazionali ripartiscono poi queste quote a favore di imbarcazioni autorizzate e, ogni anno, la Direzione generale della pesca e acquacoltura del Ministero dell'agricoltura definisce tale ripartizione e coordina le attività nazionali di monitoraggio per la pesca del tonno rosso;
infatti, con decreto del Ministero dell'agricoltura, annualmente, si ripartiscono i contingenti di tonno rosso tra circuizione, palangaro, tonnara fissa, pesca sportiva/ricreativa e quota indivisa;
risulta agli interroganti che per il periodo 2023-2025 la quota assegnata all'Unione europea sia di 21.503 tonnellate annue su 40.570 totali, corrispondente a circa un +12,7 per cento rispetto al 2022, con un incremento per l'Italia, rispetto al 2022, stimato in circa 498 tonnellate, pari al +10,5 per cento;
la distribuzione delle quote di tonno rosso, che viene fatta annualmente dal Ministero, alle imbarcazioni autorizzate, a parere degli interroganti, non tiene conto né dei parametri relativi alla funzione sociale territoriale, né dei parametri di intensità del lavoro creato dalla quota e neanche del valore aggiunto che queste quote portano sul territorio;
la pesca del tonno rosso costituisce una preziosa fonte di reddito per la pesca italiana. Il tonno rosso, infatti, ha un valore commerciale elevatissimo e anche pochi esemplari catturati rappresentano per i pescatori una possibilità di reddito e occupazione spesso di vitale importanza;
è necessario andare incontro anche alle esigenze delle categorie che comprendono, numericamente, il maggior numero di beneficiari tra i quali rientrano i numerosi pescatori che esercitano la «piccola pesca»;
una diversa ripartizione della quota aggiuntiva non determina uno scompenso nella ripartizione del contingente nazionale, ma consente di bilanciare in modo più equo e sostenibile i sistemi di pesca;
le comunità marinare e i pescatori tutti vanno protetti con ogni mezzo pur di assicurare esperienza, tradizione e lavoro, soprattutto in questo momento che con l'aumento del gasolio la pesca si trova oggi a dover fare i conti con questo nuovo ostacolo, che impatta pesantemente sui bilanci delle aziende;
inoltre, la creazione di una filiera 100 per cento italiana del tonno rosso sarebbe un sostegno importante alle marinerie nazionali e, contestualmente, un'opportunità per gli italiani di consumare pescato locale sulle proprie tavole, facendo conoscere un prodotto di grandissima qualità fino adesso poco accessibile dalla popolazione –:
stante l'incremento della quota aggiuntiva del tonno rosso, assegnata all'Italia per il periodo 2023-2025, come intenda ripartire tale quota, fra i vari sistemi di pesca, affinché venga garantita a tutti i pescatori una fonte di reddito aggiuntiva, al fine di dare la possibilità anche agli operatori della pesca, soprattutto nelle realtà costiere locali, che attualmente ne sono privi, di poter accedere a questa fondamentale risorsa economica, stabilendo, per esempio, dei metodi distributivi per aree geografiche e/o intervalli temporali, in quanto più idonei a garantire, durante la stagione di pesca, la fruibilità e l'uniformità per tutti i compartimenti marittimi;
se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, soprattutto attraverso una concreta valorizzazione delle realtà locali dedite alla piccola pesca costiera, quale volano di investimenti importanti e maggiore occupazione giovanile, creare una filiera 100 per cento italiana, il cui valore aggiunto, in termini di produzione, possa rimanere in Italia, visto che la maggior parte del tonno rosso pescato viene portato all'estero.
(4-00484)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta orale:
CERRETO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, con particolare riguardo alla disciplina in materia di imballaggi riporta, al punto 2) dell'allegato E alla Parte Quarta, gli esempi illustrativi proposti dalla direttiva 94/62/CE, in più occasioni modificata, che individuano tra gli imballaggi i vasi da fiori da usare solo per la vendita e il trasporto di piante, mentre risultano esclusi i vasi da fiori destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita;
Coldiretti ha partecipato a numerosi tavoli di confronto avviati dal gruppo di lavoro semplificazione del Consorzio nazionale imballaggi (Conai), esprimendo la propria contrarietà a considerare imballaggi i vasi impiegati per piante e fiori che siano inseriti nel ciclo produttivo come ausilio strumentale e duraturo all'attività d'impresa, richiamando un indirizzo giurisprudenziale che consente di riconoscere tali vasi come beni aziendali impiegati nel settore agricolo e florovivaistico con finalità di utilizzo durevole e prolungato;
al fine di superare le difficoltà interpretative del citato allegato E, Coldiretti ha proposto di consentire all'utilizzatore del vaso (l'imprenditore agricolo) di dichiarare al produttore i casi in cui il vaso – per caratteristiche dei materiali e per elementi strutturali, estetici e decorativi – fosse venduto al consumatore come bene durevole unitamente alla pianta;
in data 14 dicembre 2022, il Consorzio ha pubblicato sul proprio sito una deliberazione avente ad oggetto la «Procedura di applicazione, dichiarazione ed esenzione del Contributo ambientale Conai (CAC) sui vasi in plastica per fiori/piante costituenti imballaggio. Delibera Cda Conai del 24 novembre 2022»;
la deliberazione proposta è stata diffusa senza alcuna previa concertazione con le parti interessate;
per effetto di quanto disposto, a partire dal 1° luglio 2023, i produttori e i commercianti dei vasi in plastica per piante/fiori potrebbero essere indotti ad applicare il contributo ambientale al primo acquirente imprenditore che lo acquista per riempirlo e rivenderlo, anche attraverso altri intermediari, all'utente finale o al consumatore;
il pagamento del contributo ambientale graverebbe sui vasi per piante e fiori inopinatamente considerati imballaggi che abbiano uno spessore parete (misurato a metà del vaso) fino a 0,8 mm, indipendentemente dal diametro e da altre caratteristiche strutturali, se adibiti al contenimento di fiori/piante per il consumatore o per l'utente finale;
la citata delibera precisa, altresì, che sono considerati imballaggi, senza essere soggetti all'applicazione del contributo ambientale, i vasi in plastica con spessore parete fino a 0,8 mm qualora siano impiegati esclusivamente nei rapporti tra imprenditori, trattandosi di beni utilizzati esclusivamente nelle fasi di coltivazione/crescita delle piante al fine di incentivarne il riutilizzo;
il 17 gennaio 2023, il Conai ha invitato gli operatori del settore e i rappresentanti delle organizzazioni professionali ad un incontro tecnico-formativo al fine di approfondire l'ambito applicativo della sua deliberazione e individuare le informazioni in materia di etichettatura ambientale da riportare sui vasi se costituenti imballaggio;
sussistono forti dubbi quanto alla correttezza dell'operato del Consorzio nazionale imballaggi rilevato, altresì, che la deliberazione adottata si applica anche ai manufatti in polietilene, i quali sono beni salvo che ne risulti la natura di imballaggio, e quindi di competenza di un distinto consorzio (il PolieCo);
allo stesso modo, la delibera adottata dal Consiglio di amministrazione Conai appare di dubbia legittimità in quanto in contrasto con le disposizioni del decreto legislativo n. 152 del 2006, dato che vorrebbe imporre, in via del tutto discrezionale, l'inclusione tra gli imballaggi di tutti i vasi con spessore parete fino a 0,8 mm, vietando, in sostanza, che al di sotto di tale limite i vasi possano essere considerati beni diversi dagli imballaggi –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione di cui in premessa e se non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative urgenti al fine di superare definitivamente le criticità segnalate in premessa, nel rispetto di quanto già stabilito dal decreto legislativo n. 152 del 2006;
in particolare, se il Ministro interrogato non intenda istituire un tavolo permanente di consultazione e monitoraggio tra le parti interessate al fine di avviare un confronto su questioni complesse che coinvolgono gli interessi delle imprese e dei consumatori e delle imprese consorziate al PolieCo.
(3-00187)
Interrogazione a risposta scritta:
L'ABBATE, SCERRA, MORFINO, FEDE e PAVANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
nel contesto attuale si sta vivendo una situazione drammatica a causa del cambiamento climatico, con conseguenze quali la siccità, l'innalzamento vertiginoso delle temperature, l'inquinamento ambientale, la scarsa quantità della risorsa idrica;
secondo le stime recentemente elaborate da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura ha un potenziale enorme (9 miliardi di metri cubi all'anno, è il volume di acqua che esce dai depuratori), tuttavia in Italia viene sfruttato solo per il 5 per cento (475 milioni di metri cubi);
il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura comporta innumerevoli vantaggi, tra cui il risparmio idrico ed energetico. Infatti consente di risparmiare acqua potabile che può essere utilizzata per altri scopi, come il consumo umano, ma anche di ridurre i costi in termini energetici del trasporto di acqua potabile per l'irrigazione;
inoltre, l'utilizzo di acque reflue trattate invece che di acqua potabile per l'irrigazione può altresì comportare un beneficio in termini di impatto ambientale mediante la riduzione della quantità di acque reflue che devono essere trattate e scaricate in ambienti naturali. Così come può contribuire a mantenere il livello di umidità del suolo ed a migliorare la sua fertilizzazione;
sempre secondo le stime recentemente elaborate da Utilitalia, in Italia sono attivi 18.140 impianti di depurazione, di cui 7.781 dotati di un trattamento secondario/avanzato, che si potrebbero potenziare per renderli idonei alla produzione di acqua per il riuso;
è quanto mai necessario contrastare l'attuale crisi climatica attraverso l'implementazione di misure di efficienza idrica tra cui il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura, che può rappresentare una strategia importante per prevenire e gestire la scarsità idrica, purché avvenga in condizioni di sicurezza ambientale, evitando alterazioni agli ecosistemi, al suolo ed alle colture, nonché rischi igienico-sanitari per la popolazione esposta e comunque nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di sanità e sicurezza e delle regole di buona prassi industriale e agricola, così come previsto dal decreto ministeriale, 12 giugno 2003, n. 185, Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue, in attuazione dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 –:
se i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, iniziative volte ad incrementare l'utilizzo dell'acqua reflua in agricoltura, quale misura efficiente per contrastare il cambiamento climatico, per prevenire e gestire la scarsità idrica, nonché per garantire la sicurezza e la sostenibilità della risorsa agricola, nell'ottica di un sistema di economia circolare.
(4-00482)
CULTURA
Interrogazione a risposta orale:
APPENDINO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
l'edizione di maggio 2023 del Salone internazionale del libro di Torino sarà l'ultima diretta da Nicola Lagioia;
la scelta del nuovo direttore del Salone internazionale del libro, secondo quanto stabilito da un protocollo di intesa, spetta al comitato di indirizzo di cui fanno parte l'associazione Torino città del libro, proprietaria del marchio del Salone, il Circolo dei lettori, la regione Piemonte e il comune di Torino;
da mesi il percorso di scelta della nuova direzione è in completo stallo;
il 15 febbraio 2023 si leggono con preoccupazione le dichiarazioni di Paolo Giordano che ha comunicato il suo ritiro dalla corsa per la direzione del Salone dicendo: «Mi sembra non ci siano più le condizioni. Negli ultimi giorni ho avvertito che non ci sarebbe stata piena libertà per me necessaria per accettare l'incarico di direttore del Salone. Ho percepito chiaramente che non sarei stato pienamente libero, e inevitabilmente ho preso la decisione di tirarmi fuori»;
alla base del ritiro ci sarebbe stata l'imposizione di presenze dell'area di destra nel comitato editoriale del Salone e in generale la mancanza di una piena libertà ed indipendenza nella direzione culturale;
inoltre, si ricorda che il Ministero della cultura, qui interrogato, ha posto sotto tutela il marchio del Salone, a salvaguardia di un patrimonio materiale e immateriale che fa parte della storia del nostro Paese. Tutelare il Salone vuol dire anche garantirne il pluralismo e la libertà di pensiero –:
se il Ministro interrogato sia al corrente di eventuali imposizioni di nomi, appartenenti al centrodestra, nel comitato editoriale del Salone del libro di Torino;
se il Ministro interrogato ritenga indispensabile l'autonomia, il pluralismo e la libertà di pensiero del Salone e del suo direttore e quali iniziative di competenza intenda adottare nell'immediato.
(3-00188)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta orale:
MAZZETTI e D'ATTIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in questi mesi si moltiplicano le iniziative per cercare di sbloccare i crediti fiscali relativi ai bonus edilizi introdotti a partire dal 2020, che le imprese non riescono a cedere al sistema creditizio, sia per l'esaurimento della capienza fiscale delle banche, sia più in generale, per la sfiducia che si è sviluppata nel mercato delle cessioni. Ance stima una massa di crediti incagliati di circa 15 miliardi di euro, con circa 50.000 imprese a rischio chiusura;
il blocco peraltro sta creando il fermo dei cantieri e un incremento esponenziale dei contenziosi tra committenti, imprese, fornitori e tecnici. Si affacciano sul mercato speculatori, che acquistano crediti da aziende disperate anche a poco più della metà del loro facciale;
consapevoli di questa situazione, cioè dell'impatto che cantieri fermi, imprese fallite e tribunali pieni, possano avere sui propri territori, numerose regioni quali Basilicata, Lazio, Puglia, Liguria, Veneto, Abruzzo, Umbria, oltre alle province di Treviso e Pesaro, hanno posto in essere iniziative per acquistare, ciascuna con proprie modalità, tali crediti, anche al fine di consentire al sistema creditizio di riaprire spazi di acquisto;
questo elenco, però, non restituisce la dimensione del fenomeno: attualmente l'acquisto di crediti fiscali è un elemento di discussione in tutte le regioni italiane e in moltissimi grandi comuni;
tutti gli operatori si stanno chiedendo se gli enti pubblici possano giocare un ruolo nella partita dello sblocco della cessione dei crediti, andando a liberare capacità fiscale delle banche, da reimpiegare a sostegno delle imprese, con uno sforzo cumulato che potrebbe viaggiare nell'ordine di miliardi di euro;
dalla stampa si apprende che il Ministero dell'economia e delle finanze intenderebbe muoversi in direzione opposta alle attese, tenuto conto di quanto detto da Eurostat nella sua audizione in commissione Finanze al Senato, in merito alla classificazione statistica dei crediti fiscali nei bilanci pubblici;
in sostanza, l'acquisto di questi crediti da parte degli enti pubblici sarebbe considerato indebitamento e, quindi, sarebbe ammesso solo in forme limitatissime. Inoltre, questi acquisti sarebbero in odore di incostituzionalità: contrasterebbero con i principi del pareggio di bilancio e con le competenze legislative attribuite allo Stato;
nella sua audizione del 14 febbraio 2023 al Senato Eurostat ha chiarito che il Superbonus cosiddetto 110 per cento non è debito pubblico. L'impatto è invece sul deficit e prescinde dalla classificazione del credito come pagabile o non pagabile, da cui deriva solo il collocamento temporale della spesa;
va precisato l'acquisto dei crediti da parte degli enti territoriali non è una manovra in perdita, poiché la cessione, esattamente come lo sconto cambiario, comporta un esborso immediato, ma anche un vantaggio futuro;
va anche precisato che l'Erario i crediti già iscritti in piattaforma li dovrà in ogni caso integralmente onorare, anche allo speculatore che li acquista al 50 per cento del valore. Dunque è concepibile che, per ridurre il deficit futuro, si cerchi di fermare la misura, lo è meno che si tenti di fermare le cessioni basate su un titolo di spesa consolidato –:
se non ritenga opportuno chiarire quanto riportato dalla stampa in merito all'opposizione che il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe posto all'ipotesi di acquisto dei crediti relativi ai bonus edilizi da parte degli enti pubblici territoriali, chiarendo tecnicamente in qual modo si ritiene possa realizzarsi un risparmio pubblico sui crediti già iscritti in piattaforma.
(3-00185)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, stabilisce che, sino al 2025, i soggetti che sostengono spese per gli interventi rientranti nella disciplina prevista dall'articolo 119 possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, per la cessione di un credito d'imposta corrispondente alla detrazione;
la disciplina originaria della cessione dei crediti, di cui al citato articolo 121, è stata oggetto di diversi interventi, adottati, principalmente, con la finalità di attuare un presidio antifrode, che hanno determinato problemi sia alle piccole imprese che alle famiglie e ridotto il numero dei cessionari, lasciando molto spazio ai «gestori energetici» (quali Eni, Enel, Hera, Bluenergy, e altri) nell'acquisizione dei crediti fiscali;
in molti casi i «bonus fiscali» maturati con l'esecuzione della prima «tranche» dei lavori, che la normativa vigente individua con il raggiungimento del 30 per cento dell'opera, e la loro successiva acquisizione da parte di istituti finanziari, non hanno più trovato la dovuta ricezione per le successive tranche da parte di banche e istituti di credito che avevano sottoscritto con i condomini o i proprietari di case unifamiliari i contratti di cessione dei crediti;
la situazione è resa ancor più grave a causa dell'improvvisa interruzione dell'acquisizione dei crediti fiscali da parte delle citate società energetiche;
a titolo esemplificativo, nella regione Friuli Venezia Giulia, la società Enel X, una delle poche società energetiche che era rimasta attiva nell'acquisizione dei crediti generati dagli interventi di efficientamento energetico degli edifici, ha chiuso l'operatività nel dicembre 2022 non manifestando alcune intenzione di riaprire;
tali criticità hanno comportato la richiesta, da parte delle imprese, del saldo dei lavori svolti, direttamente alle famiglie che hanno dovuto far fronte a pagamenti molto consistenti rispetto a quanto prospettato nelle fasi di formulazione dell'intera operazione finanziaria;
inoltre le imprese edili, cui i citati soggetti energetici avevano concesso «plafond» di acquisizione crediti che ammontano anche a qualche milione di euro, non avendo la possibilità di cedere il credito maturato, sono state costrette a non avviare i lavori anche a fronte di significative spese sostenute per arrivare a delibere assembleari, produzione di progetti depositati presso gli enti comunali, sovente previa autorizzazione delle Soprintendenze, e comunicazioni di «inizio lavori» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare i proprietari di immobili e gli operatori del comparto edile.
(5-00400)
CENTEMERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 7 maggio 2019 sono state disciplinate le modalità attuative degli incentivi fiscali all'investimento in start-up e Pmi innovative;
in particolare, l'articolo 5, comma 1, lettera b), ha subordinato il riconoscimento delle agevolazioni alla condizione che i soggetti investitori ricevano e conservino copia del piano di investimento della start-up o Pmi innovativa ammissibile, contenente informazioni dettagliate sull'oggetto della prevista attività della medesima impresa, sui relativi prodotti, nonché sull'andamento, previsto o attuale, delle vendite e dei profitti;
nel merito, a parere dell'interrogante, emergerebbe un'ambiguità applicativa in relazione alle Pmi innovative i cui strumenti finanziari sono negoziati su sistemi multilaterali di negoziazione, le quali rientrano anche nell'ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni di cui al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e al Regolamento (UE) n. 596/2014 («MAR»), con specifico riferimento all'informativa e alla trasparenza verso il mercato;
come specificato anche dalla Consob nelle Q&A del 18 marzo 2021 «sull'informazione selettiva nei confronti dei soci e, in particolare, del socio di controllo nonché sulla pubblicazione delle informazioni privilegiate relative ai piani industriali», nell'ordinamento interno non sussiste un obbligo di pubblicazione dei piani industriali predisposti dagli emittenti, fermi restando gli obblighi di comunicazione e gestione delle informazioni privilegiate in esso contenute, qualora vi fossero, tenuto conto di quanto previsto dal sopracitato Regolamento MAR;
pertanto, l'eventuale selective disclosure del piano industriale, non già reso pubblico dall'emittente, nei confronti di un singolo azionista – ai fini della fruizione della summenzionata agevolazione fiscale – contrasterebbe con il principio della parità di trattamento e della simmetria informativa, previsto sia a livello sovranazionale sia nell'ordinamento interno, potenzialmente condizionando altresì la scelta da parte degli emittenti di accedere al beneficio medesimo –:
quali iniziative intenda assumere al fine di chiarire l'ambiguità applicativa di cui in premessa con riferimento all'accesso alle agevolazioni fiscali all'investimento in Pmi innovative i cui strumenti finanziari sono negoziati su sistemi multilaterali di negoziazione.
(5-00401)
FAMIGLIA, NATALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ
Interrogazione a risposta orale:
SPORTIELLO. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto emerge dai dati della Commissione per le adozioni internazionali (Cai) negli ultimi anni le adozioni internazionali nel nostro Paese sono vertiginosamente crollate e se nel 2010 erano 4.130, nel 2022 sono scese a 565, nel 2020 a 526, nel 2019 a 969 e nel 2018 a 1.130; sempre secondo il Cai, le famiglie le coppie in attesa sono oltre 2.400, anche a causa del contesto internazionale, aggravatosi prima per effetto della pandemia e poi per la guerra in Ucraina;
sulla questione delle adozioni il 15 febbraio 2023 è intervenuta la trasmissione Dataroom della giornalista Milena Gabanelli che, anche in riferimento alle adozioni internazionali, ne ha sottolineato l'iter tortuoso secondo cui la coppia, entro un anno dall'emanazione del decreto di idoneità, deve rivolgersi a uno dei 49 enti autorizzati dalla Commissione adozioni internazionali del Ministero della giustizia; gli enti (generalmente onlus private) valutano i candidati e li seguono nell'iter e una volta scelto il Paese di origine, la coppia può presentare la richiesta di adozione presso le autorità competenti di quello stesso Paese;
la coppia dovrà quindi recarsi nel Paese straniero, anche più volte, per adempiere alle richieste delle autorità locali e, sarà dunque il Paese di origine, insieme alla Commissione per le adozioni internazionali (Cai), ad autorizzare l'adozione definitiva e a provvedere alla registrazione dello stato civile;
la giornalista Gabanelli ha sottolineato come i tempi di attesa medi per un'adozione internazionale continuano ad aumentare e, ad oggi, chi vuole diventare genitore deve attendere 53,3 mesi (più di 4 anni) e con un'attesa così lunga è aumentata anche l'età media dei genitori adottivi: nel primo semestre 2022 si attesta a 48,5 anni per il marito e 46,7 per la moglie;
qualora la coppia non fosse soddisfatta e decidesse di cambiare ente, oppure a causa della chiusura delle frontiere del Paese inizialmente scelto (come è accaduto per la Cina nel periodo pandemico), bisogna ricominciare l'iter da zero ed è per questo che oggi tante famiglie sono bloccate in un limbo infinito dopo la sospensione delle adozioni internazionali da parte di Ucraina, Russia e Cina;
come segnalato, ormai da molto tempo, da diversi organi d'informazione, vi sarebbero circa 35 famiglie italiane alle prese con il blocco delle adozioni in Cina, da oltre due anni e alcune di esse sono state, già dal 2020, abbinate, ai fini dell'adozione internazionale, a bambini in Cina, ma, purtroppo la pandemia ha impedito loro di recarsi in Cina e concludere la procedura adottiva;
un mese fa una coppia italiana ha lanciato un drammatico appello tramite gli organi d'informazione testimoniando come sia da quasi tre anni che attendono «di poter abbracciare quel bambino cinese che l'altro ieri ha compiuto 11 anni e una volta arrivato in Italia si chiamerà Simone» e, seppure sembrava che qualcosa si stesse sbloccando, la situazione è di fatto ancora ferma e per tal motivo continuano a chiedere un intervento fermo presso le autorità cinesi –:
atteso che la pandemia ha aggravato un iter burocratico già tortuoso che richiede di essere rivisto quanto prima, quali iniziative di competenza, anche di carattere diplomatico, il Governo intenda porre in essere nell'immediato per risolvere il problema di quelle coppie che attendono, ormai da troppo tempo, di portare a casa i minori cinesi e concludere le adozioni nella Repubblica cinese già avviate prima e durante la pandemia.
(3-00183)
GIUSTIZIA
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
i cosiddetti circuiti penitenziari dovrebbero avere la finalità di preservare l'ordine e il funzionamento degli istituti penitenziari, e sono prevalentemente regolati in via amministrativa da una serie di circolari del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), che disciplinano l'esercizio del potere discrezionale inerente alla gestione dei detenuti e degli internati, secondo i criteri individuati dagli articoli 13 e 14 della legge n. 354 del 1975 che, nel tendere all'individualizzazione del trattamento, prevedono che la popolazione carceraria sia raggruppata per categorie omogenee, ciò sia perché le possibilità di successo di un programma risocializzante sono collegate all'omogeneità e all'affinità del gruppo di trattamento, sia perché, sempre nella medesima prospettiva, occorre evitare «influenze nocive reciproche»;
la circolare del DAP n. 3359/5808 del 21 aprile 1993 originariamente ne prevedeva tre, alta sicurezza, media sicurezza e custodia attenuata, ma la circolare del DAP n. 3619/6069 del 21 aprile 2009 ha ulteriormente suddiviso la cosiddetta «alta sicurezza» in tre circuiti: Alta Sicurezza 1 (A.S. 1) in cui sono collocati i «detenuti ed internati appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso», Alta Sicurezza 2 (A.S. 2), per «soggetti imputati o condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza», e Alta Sicurezza 3 (A.S. 3), in cui si trovano i detenuti che hanno rivestito un ruolo di vertice nelle organizzazioni criminali;
la creazione di appositi circuiti penitenziari è prevista anche dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, e nasce, soprattutto, in seguito ai gravissimi delitti compiuti dalla criminalità organizzata nei primi anni novanta, anche in risposta alle osservazioni critiche che avevano riguardato il regime di detenzione indifferenziata, nonché dall'esigenza di evitare le influenze negative tra i detenuti, per prevenire il pericolo che gli appartenenti al crimine organizzato potessero svolgere attività di proselitismo nei confronti dei delinquenti comuni, oppure si potessero avvalere dello stato di soggezione di questi ultimi nei loro confronti, e per evitare, dunque, la commistione tra soggetti appartenenti a diverse consorterie organizzate di tipo mafioso o terroristico;
il detenuto Alfredo Cospito, detenuto nel carcere di massima sicurezza «Giovanni Bacchiddu» di Sassari, a Bancali, il 4 maggio 2022 è stato trasferito al regime di cui all'articolo 41-bis della legge 354 del 1975, prima di allora era detenuto in regime di alta sicurezza A.S. 2;
dalle risposte di diniego alle istanze di accesso agli atti inoltrate al Ministero interrogato dai deputati Lai, Bonelli e Grimaldi, si apprende che il detenuto Cospito, in sciopero della fame dal 20 ottobre 2022, il giorno 24 dicembre 2022, in costanza di applicazione del regime di 41-bis, viene inserito in «un nuovo gruppo di socialità e passeggi composto da: Rampulla Pietro, Di Maio Francesco, Cammarata Pietro», pericolosi boss della mafia, 'ndrangheta e camorra;
emerge, sempre dalle citate risposte del Ministero interrogato, che non risultano attività di ascolto di interlocuzioni, definite come frutto di «mera attività di vigilanza amministrativa», tra Cospito e altri detenuti fino al 23 dicembre 2022, data a cui risale la trascrizione del primo colloquio, poi ripetutasi l'11 gennaio 2023;
nel corso di una conferenza stampa tenutasi alla Camera dei deputati il 10 febbraio 2023, l'ex senatore Luigi Manconi dichiarava che «fino al 23 dicembre 2022 il gruppo di socialità di Cospito al 41-bis era composto da detenuti ritenuti inoffensivi (...). Con il gennaio del 2023 il gruppo di socialità cambia completamente e in luogo di quei detenuti arrivano tre boss di mafia, camorra e 'ndrangheta. Sono quelli di cui vengono intercettati o in qualche modo captati quei brandelli di comunicazione (...) con Alfredo Cospito» «Su questi brandelli di comunicazione nasce e cresce la narrazione sul rapporto di Cospito e degli anarchici con la criminalità organizzata (...) improvvisamente si registrano le conversazioni» –:
se non ritenga urgente adottare iniziative che rientrino nelle sue proprie prerogative al fine di fare luce sulle suddette dichiarazioni; quando effettivamente siano cominciati gli ascolti dei detenuti ristretti al 41-bis di cui in premessa, nonché quali siano state le motivazioni che hanno indotto l'amministrazione penitenziaria a cambiare la socialità del detenuto, da chi fosse formato il gruppo di socialità precedente e, eventualmente, sulla base di quali criteri sia stata compiuta la scelta dei componenti del nuovo gruppo; quali siano state, inoltre, le ragioni che abbiano spinto a creare le condizioni per una disomogeneità tra categorie di detenuti, anche incorrendo nel rischio che la comune permanenza possa condurre a commistioni tra associazioni criminali di natura diversa.
(2-00078) «Serracchiani, Orlando, Lai, Provenzano, Gianassi».
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta in Commissione:
DE BERTOLDI e FOTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
con una lettera inviata dal sindacato nazionale degli agenti di assicurazione (Sna) Claudio Demozzi, al Ministero interrogato e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Presidente dello Sna ha chiesto il rinvio delle disposizioni contenute all'interno del regolamento Ivass, n. 51 del 21 giugno 2022, giudicate sproporzionate e contraddistinte da una serie di obblighi irragionevoli, nei confronti degli agenti di assicurazione;
al riguardo, il rappresentante dello Sna ha evidenziato come le modifiche apportate al suesposto regolamento, da parte dello stesso Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, con il proprio chiarimento applicativo e gli annullamenti disposti dal Tar Lazio, che con la sentenza dello scorso 18 gennaio 2023, n. 896/897 ha annullato l'articolo 11, comma 1, lettera c) del medesimo regolamento, confermano che il Preventivass, (l'applicazione web nata per confrontare online le tariffe del contratto di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile di autovetture, ciclomotori e motocicli ad uso privato) debba continuare a rappresentare uno strumento di carattere consultivo e meramente orientativo per utenti ed intermediari, senza che tuttavia possa configurarsi alcun obbligo per gli agenti assicurativi di raccogliere e conservare dichiarazioni da parte degli utenti, numeri di preventivazione o tracciamento degli stessi;
gli agenti di assicurazione, ha rilevato altresì Demozzi, non si trovano attualmente nella concreta possibilità di adempiere agli obblighi informativi degli intermediari di cui all'articolo 132-bis del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 del Codice delle assicurazioni private (Cap) e del conseguente regolamento applicativo Ivass in precedenza richiamato, sollecitando pertanto il Ministero interrogato ad intervenire, affinché l'entrata in vigore delle disposizioni dell'articolo 11 siano differite, anche al fine di consentire agli operatori del mercato di ovviare alle criticità suesposte e con lo scopo peraltro di preservare l'integrità e l'equilibrio del mercato da possibili abusivi ricorsi alle azioni di nullità di cui al medesimo articolo 132-bis, comma 4, del Cap;
il rinvio dell'entrata in vigore delle misure contenute nel suesposto regolamento n. 51, a giudizio del sindacato nazionale degli agenti di assicurazione, consentirebbe l'auspicato intervento del legislatore, nel modificare i numerosi aspetti controversi contenuti nella norma primaria, in coerenza peraltro con il dettato del Tar Lazio, sezione II-ter di Roma, che con riferimento all'annullamento delle disposizioni in precedenza richiamate ha affermato il principio per cui «la definizione di dette formalità, per contro, è rimessa alla libera organizzazione delle imprese assicurative e degli agenti, che potranno individuare modalità più o meno dettagliate, salvo farsi carico, in caso di inidonea conservazione della documentazione attestante gli adempimenti di legge, del rischio dell'eventuale azione di nullità da parte degli assicurati», avvertendo inoltre la «sostanziale oscurità e irragionevolezza» dell'articolo 132-bis, comma 4, del codice delle assicurazioni private –:
se condivida le criticità in precedenza richiamate da parte del sindacato nazionale agenti di assicurazione, in relazione alla necessità di rinviare l'effettiva introduzione delle misure contenute all'interno dell'articolo 11, comma 1, lettera c) del regolamento Ivass, n. 51 del 21 giugno 2022, giudicate irragionevoli da parte degli operatori del mercato assicurativo, la cui obbligatorietà rischia di penalizzare in maniera evidente gli agenti di assicurazione e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza di tipo normativo intenda intraprendere al fine di rivedere la disciplina del codice delle assicurazioni private, con particolare riferimento alle competenze di Ivass in materia di obblighi informativi degli intermediari.
(5-00399)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
SPORTIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 109 del 2018 ha istituito l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa), destinata ad acquisire le competenze di Ansf e a succedere a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi della stessa;
l'articolo 12 del predetto decreto, come modificato da decreto-legge n. 121 del 2021, ha disposto, dal 1° gennaio 2022, il trasferimento all'Ansfisa del personale e delle funzioni esercitate dagli uffici speciali trasporti a impianti fissi (Ustif) del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims), prevedendo con riferimento ai sistemi di trasporto a impianti fissi che l'Agenzia provveda al rilascio dell'autorizzazione di sicurezza relativa al sistema di trasporto costituito dall'infrastruttura e dal materiale rotabili;
Ansfisa esegue le verifiche e prove necessarie per l'apertura e per la regolarità e sicurezza del pubblico esercizio: verifiche e prove funzionali propedeutiche all'apertura al pubblico esercizio di nuovi sistemi di trasporto ad impianti fissi nonché verifiche e prove necessarie per accertare il permanere delle condizioni di sicurezza;
con specifico riferimento alla metropolitana linea 1 di Napoli, gli organi di informazione, ormai da diversi mesi, segnalano gravi disservizi a danno dell'utenza, ormai sempre più esasperata, conseguenti alla interruzione del servizio, poiché le revisioni e i collaudi dei treni non si fanno più durante le ore notturne; la circolazione viene quindi sospesa durante il giorno, sia per collaudare i 20 nuovi treni comprati dal comune di Napoli, sia per le revisioni annuali dei convogli in uso;
le sigle sindacali, in riferimento ai disagi sulla linea di Napoli, hanno rappresentato che «i rotabili delle linee metropolitane necessitano di visite e prove annuali in base alla vigente normativa per espletare in sicurezza il servizio di trasporto dei viaggiatori. Secondo le disposizioni del Mit-Ustif (legge n. 870 del 1986) le prove venivano effettuate in assenza di esercizio e quindi in orario notturno, con la corresponsione dello straordinario spettante al personale incaricato» e nonostante siano trascorsi tredici mesi dall'entrata in vigore del predetto decreto-legge, il personale ex Ustif ancora non è stato inquadrato nel nuovo contratto con l'Ansfisa;
il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha fatto presente come «sulla metro c'è un problema nazionale sul quale si sta battendo da mesi. I collaudi, che non dipendono dal Comune ma da un'agenzia nazionale, sono sempre stati fatti di notte, ma adesso c'è una vertenza sindacale per cui gli ispettori vogliono lavorare solo di giorno. Si tratta di un disagio inaccettabile. I collaudi si devono fare per forza altrimenti si fermerebbero i treni e non potremmo mettere in opera i nuovi che tutti aspettano. Adesso io mi auguro che ci sia maggiore sensibilità, a livello nazionale, per risparmiare ai cittadini napoletani questi disagi e, come sempre si è fatto e come noi abbiamo chiesto, tornare a fare i collaudi dei treni di notte» –:
se e quando intenda adottare iniziative per porre termine ai gravi disagi che i cittadini di Napoli stanno vivendo per la frequente interruzione del servizio della metropolitana linea 1 di Napoli, interruzione riconducibile, come descritto in premessa, a dinamiche contrattuali e nazionali che esulando dalle competenze territoriali del comune o della regione;
se e quando intenda intervenire per completare l'iter di trasferimento di tutto il personale ex Ustif, come previsto dalla legge e dai Ccnl, garantendo la valorizzazione dell'esperienza e delle professionalità presenti, riconoscendone i rischi, la responsabilità e la professionalità.
(3-00184)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta orale:
BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nell'ambito di un mercato del lavoro in piena transizione tecnologica, il lavoro agile, come è noto, si caratterizza per l'assenza di vincoli orari o spaziali predeterminati. È ormai pacificamente riconosciuto che l'introduzione di metodi e processi di lavoro, come il lavoro agile, che utilizzino le innovazioni offerte dalla tecnologia permette ai lavoratori di meglio gestire i propri impegni e, più in generale, la propria vita e avvantaggia sotto molti aspetti lo stesso datore di lavoro. Si tratta, quindi, di una grande opportunità. Infatti, si osserva che i benefìci ottenibili dall'introduzione del lavoro agile da parte delle imprese si sono dimostrati rilevanti e si possono misurare in termini di aumento del livello di benessere organizzativo, di riduzione dell'assenteismo, di riduzione dei costi di struttura e di incremento della produttività;
secondo i dati raccolti dall'osservatorio smart working del Politecnico di Milano, si può stimare un incremento di produttività per lavoratore nell'ordine del 15 per cento. Inoltre, la realizzazione di progetti di lavoro agile sostanzia un valore aggiunto per l'azienda, un modo per valorizzare le prestazioni di lavoratori qualificati, più o meno giovani, sempre più attenti alla possibilità di godere di maggiore autonomia nella gestione del proprio tempo di lavoro. Le esternalità positive connesse a tale tipologia di lavoro sono indiscutibili anche in relazione ai vantaggi che ne derivano rispetto alla riduzione degli spostamenti e alla gestione della mobilità nelle aree urbane, oltre a poter permettere il ripopolamento dei borghi e delle aree interne del nostro Paese;
dati recenti attestano che chi lavora in smart working risparmia in un anno 520 ore di spostamenti e 600 euro di costi e contestualmente riduce 530 kg il proprio impatto in termini di emissioni di CO2 (cfr. osservatorio smart mobility di Banca IfS);
secondo il predetto osservatorio, inoltre, l'84 per cento di chi sceglie il lavoro agile, si muove di più in bicicletta, il 71 per cento a piedi e, in generale, privilegia la mobilità lenta;
è evidente che il lavoro agile rappresenta una leva strategica per l'innovazione sia nel settore privato sia nella pubblica amministrazione, valorizzando le opportunità offerte dagli strumenti tecnologici e dai nuovi processi di digitalizzazione per conseguire risultati di maggiore benessere organizzativo e di pari opportunità;
i dati Inapp di gennaio 2023 attestano che tale modello organizzativo non decolla e che in Italia è appena il 14,9 per cento degli occupati che svolge lavoro agile, ma potrebbe essere quasi il 40 per cento. Infatti, nonostante il picco avutosi nel 2020, in piena pandemia, la crescita di lavoratori che usufruisce di questo modo di lavorare è decisamente rallentata (14,9 per cento nel 2021 secondo i dati EU-LFS);
la transizione tecnologica porta con sé tutta una serie di rischi e vulnerabilità che attengono alla dimensione della persona e, in particolare, alla dignità sul luogo di lavoro. I rischi legati all'estrema pervasività delle nuove tecnologie non debbono essere sottovalutati, se si vuole evitare che l'innovazione tecnologica possa tradursi in un fattore di regressione della tutela dei diritti della persona –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per promuovere, valorizzare e diffondere il lavoro agile nel nostro Paese nonché per prevenire i rischi connessi all'uso delle nuove tecnologie e tutelare il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni informatiche e telematiche.
(3-00182)
SALUTE
Interrogazione a risposta orale:
SERGIO COSTA e MORFINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dal 27 settembre 2022 sono entrati in vigore i decreti legislativi 5 agosto 2022, n. 134, 135 e 136 in attuazione del regolamento europeo 2016/429, con i quali sono state introdotte nuove disposizioni in tema di identificazione e registrazione degli animali, nonché misure restrittive e sanzioni efficaci rispetto al commercio e detenzione di animali di specie selvatiche ed esotiche;
in particolare, il decreto legislativo 5 agosto 2022, n. 135, all'articolo 3 introduce un divieto generale di importare, detenere, commerciare e far riprodurre animali vivi di specie selvatiche ed esotiche prelevati dal loro ambiente naturale, nonché gli ibridi tra esemplari delle predette specie e di altre specie selvatiche o forme domestiche prelevati dal loro ambiente naturale la cui violazione comporta la pena dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda da 20.000 euro a 150.000;
tale divieto è divenuto effettivo il 27 ottobre 2022 con la pubblicazione del decreto ministeriale 11 ottobre 2022 che contiene la cosiddetta «lista positiva» ossia l'elenco di animali (sei specie di pesci e molluschi) che, in deroga al citato divieto, possono essere oggetto di commercio anche se prelevati dal loro ambiente naturale;
riguardo alle vendite on line o a mezzo di carta stampata l'articolo 11 del decreto legislativo n. 135 del 2022 prevede che gli annunci di vendita o cessione di animali «da compagnia» debbano riportare l'identificativo dell'animale o della fattrice (in caso di cuccioli non ancora sottoposti agli obblighi di legge) o, comunque, che esso sia sempre disponibile su richiesta delle autorità competenti e che gli animali siano accompagnati da una certificazione medico veterinaria attestante condizioni sanitarie;
in data 2 novembre 2022 la Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario del Ministero della salute ha emanato una nota con la quale ribadisce le citate disposizioni in materia di annunci, ma nelle regole e termini di servizio dei portali di vendita on line esse non sono riportate o al massimo è genericamente citato il titolo del decreto legislativo n. 135; a ciò si aggiunga che gli annunci di vendita raramente riportano il numero dell'identificativo dell'animale o il riferimento alla presenza del certificato veterinario –:
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire il rispetto delle disposizioni di legge per i casi sopracitati e in materia di vendita di animali e della loro identificazione e tracciabilità, a tutela del pubblico, della sanità pubblica e degli animali.
(3-00186)
Interrogazioni a risposta scritta:
LOIZZO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
le malattie mitocondriali sono delle patologie ereditarie, causate da mutazioni del DNA nucleare e difetti del DNA mitocondriale, che compromettono il funzionamento della catena respiratoria mitocondriale;
la diffusione di tali malattie è notevole per un gruppo di malattie rare, stimandosi una prevalenza complessiva di 1 persona su 5 mila. Tra le malattie genetiche, quelle mitocondriali sono seconde solamente alla fibrosi cistica;
le malattie mitocondriali compromettono in forma sostanziale la qualità della vita dei pazienti, in quanto gli effetti delle mutazioni che colpiscono i complessi della catena respiratoria mitocondriale tendono a essere multi-sistemici, cioè a interessare diversi organi e tessuti dell'organismo, in maniera non sempre prevedibile e quantificabile. Analogamente è imprevedibile la comparsa dei sintomi, che possono insorgere dai primi anni di vita all'età adulta;
la natura ereditaria delle malattie mitocondriali rende la genitorialità una scelta difficile per le persone che hanno familiarità per esse, in quanto il rischio concreto di sviluppare una malattia incurabile, imprevedibile e spesso letale porta i potenziali genitori a rinunciare ad avere figli biologici;
le procedure di sostituzione mitocondriale sono una soluzione medicalmente attuabile per le donne con mutazioni del DNA mitocondriale che desiderano evitare la trasmissione dei mitocondri mutati ai propri figli. Le procedure si attuano con tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) che riducono drasticamente la probabilità di insorgenza di una malattia mitocondriale;
le tecniche di sostituzione mitocondriale sono conformi a quanto previsto dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40, e in particolare a quanto previsto dall'articolo 13 in materia di sperimentazione sugli embrioni umani;
il Regno Unito ha già reso possibile il ricorso alle tecniche di sostituzione del DNA mitocondriale nel 2015 e la Human Fertilization and Embryology Authority (HFEA) ha autorizzato il Newcastle Fertility Centre (Newcastle Hospitals NHS Foundation Trust) ad eseguire la tecnica;
l'Australia ha approvato le procedure di sostituzione del DNA mitocondriale a scopo di ricerca per verificarne la sicurezza e l'efficacia, in vista di un eventuale successivo impiego a livello clinico –:
se non ritenga, per quanto di competenza, al fine di garantire la tutela del benessere fisico e psichico dei cittadini nonché prevenire malattie attualmente incurabili ad alta incidenza di mortalità, di valutare la possibilità di adottare iniziative volte a consentire il ricorso alle tecniche di sostituzione mitocondriale, esclusivamente a scopo terapeutico specialmente per le donne con mutazioni del DNA mitocondriale particolarmente elevate.
(4-00483)
ONORI, SCERRA e ASCARI. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
in ragione dell'esito del referendum del 23 giugno 2016, il Regno Unito ha intrapreso il percorso di recesso dall'Unione europea in accordo con quanto previsto ai sensi dell'articolo 50 del Tue. Il 14 novembre 2018, il Governo del Regno Unito e il negoziatore dell'Unione europea Barnier hanno concluso l'accordo di recesso, accompagnato da una dichiarazione politica sulle future relazioni. Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito ha, dunque, formalmente lasciato l'Unione europea;
per quanto concerne la dimensione sanitaria, in ragione degli accordi intercorsi tra il Regno Unito e l'Unione europea, i cittadini europei residenti, nel Regno Unito possono usufruire dei servizi messi a disposizione dal National Health Service (Nhs);
a quanto risulta ai firmatari del presente atto, una cittadina italo-britannica è stata suo malgrado protagonista di un increscioso episodio ambito sanitario. La signora l'11 giugno 2022 avrebbe ricevuto una fattura da parte dell'azienda Ulss n. 1 con una richiesta di pagamento per prestazioni effettuate nel Regno Unito. Tuttavia la signora risiede regolarmente nel Regno Unito dal 2008 e beneficia, quindi, dei servizi messi a disposizione dal National Health Service (Nhs);
nel periodo indicato nella fattura la Signora ha effettuato alcune visite specialistiche presso il Kingston Hospital e il St. Thomas' Hospital di Londra: strutture che le hanno confermato il fatto di non aver mai emesso fatture nei suoi confronti;
l'avvocato della signora sarebbe riuscito a farsi mandare la fattura che la Ulss aveva ricevuto dal Ministero della salute a debito dal Dwp - Overseas Healthcare Team. L'avvocato avrebbe successivamente contattato il Ministero della salute - Direzione generale della programmazione sanitaria - Uff. 8 - funzioni statali in materia di assistenza sanitaria in ambito internazionale. In tale contesto, gli è stato assicurato che il Ministero della salute avrebbe provveduto a contattare i rispettivi uffici dell'Nhs al fine di svolgere un'indagine;
tuttavia la menzionata indagine non sarebbe mai stata avviata e il Ministero si sarebbe limitato a mandare una segnalazione all'Nhs, i dettagli della quale non sono stati comunicati alla signora. Concretamente gli uffici sia del Ministero sia della Ulss sosterrebbero che è la signora a dover provare la responsabilità Dwp - Overseas Healthcare Team in merito e che loro non possono fare altro, in quanto questi pagamenti tra Stati vengono fatti automaticamente e non possono essere contestati;
a parere degli interroganti, risulta inquietante il fatto l'amministrazione italiana possa aver effettuato un pagamento non dovuto all'Nhs e che, poi, in un contesto privo della necessaria trasparenza, venga conseguentemente imposto a un cittadino di coprire le spese di prestazioni invece teoricamente dovute –:
se i Ministri interrogati ritengano opportuno, nell'ambito delle rispettive competenze, avviare un percorso di accertamento dei fatti descritti, relazionandosi con le rispettive controparti del Regno Unito, anche al fine di evitare che possano ripetersi in futuro analoghi episodi.
(4-00485)
BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in data 27 gennaio 2023 il direttore generale igiene del Ministero della salute, Ugo Della Marta, ha inviato per conoscenza agli assessorati regionali alla sanità una nota secondo la quale nei supermercati non devono essere condotti animali, salvo i «cani guida» per le persone non vedenti e i cani delle forze dell'ordine in riferimento a un Regolamento europeo, 852 del 2004, che prevede divieti e opportunamente, sia per animali che per persone non autorizzate, esclusivamente nei luoghi di preparazione, trattamento e conservazione ma non nei luoghi di distribuzione;
la nota, già affissa da alcuni supermercati, è in piena contraddizione con quella del 3 agosto del 2017 della stessa direzione generale del Ministero, che aveva fatto chiarezza sulla materia precisando che tutti i luoghi aperti al pubblico devono garantire l'accesso ad animali da compagnia, a meno che non sia dimostrato che il divieto non costituisca l'unico modo di evitare rischi di contaminazione per gli alimenti;
a conferma di quanto sopra nel 2014 l'allora direttore generale igiene e sicurezza alimenti e nutrizione del Ministero della salute, Silvio Borrello, aveva chiarito che «la legislazione italiana ed europea vieta l'ingresso degli animali domestici esclusivamente nei luoghi dove si preparano, manipolano o conservano gli alimenti (come le cucine)» e che «nei supermercati e nei negozi di generi alimentari, fermo restando l'opportunità di offrire adeguate condizioni di attesa esterna dei cani, l'accesso degli stessi può essere consentito, alle dovute condizioni, unicamente nelle aree di esposizione degli alimenti protetti fino alle aree di cessione di prodotti preincartati»;
l'ordinanza del Ministero della salute «Tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani» del 6 agosto 2013, da ultimo prorogata con l'ordinanza dell'8 agosto 2022, posto che conduzione del cane nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico debba avvenire utilizzando il guinzaglio, non pone alcuna restrizione riguardo alla tipologia di locali aperti al pubblico nei quali possano essere condotti;
la nota del 27 gennaio 2023 del direttore generale igiene del Ministero della salute, oltre ad essere secondo l'interrogante ingiusta e infondata, tenta di cancellare anni e anni di aperture ai cani di supermercati e negozi di alimentari, che hanno visto intelligentemente alcune catene della grande distribuzione riservare anche specifici spazi ai quattrozampe nei carrelli della spesa –:
quali iniziative intenda assumere al fine di garantire il diritto di accesso degli animali nei supermercati e nei negozi di generi alimentari nel rispetto della normativa vigente.
(4-00487)
Apposizione di una firma ad una risoluzione.
La risoluzione in Commissione Onori e altri n. 7-00046, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Dell'Olio.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Simiani e Fossi n. 5-00159, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Bonafè.
L'interrogazione a risposta orale Dori n. 3-00164, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Gallo.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Pierro e altri n. 5-00086 del 1° dicembre 2022 in interrogazione a risposta scritta n. 4-00484.