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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 93 di giovedì 27 aprile 2023

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO COLUCCI , Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 79, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 26 aprile 2023, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VI Commissione (Finanze):

S. 605. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2023, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di emissioni e circolazione di determinati strumenti finanziari in forma digitale e di semplificazione della sperimentazione FinTech» (approvato dal Senato) (1115) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, IX e XIV.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Andrea Casu. Ne ha facoltà.

ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, intervengo sull'ordine dei lavori in apertura della nostra seduta di oggi, a nome del gruppo del Partito Democratico, per condividere la preoccupazione, la solidarietà e la vicinanza per le notizie che vengono dall'Ucraina. Leggo l'ultimo tweet di 16 ore fa di Corrado Zunino, che è l'inviato di la Repubblica sul fronte: “In viaggio da Kherson verso Odessa. Sto bene, ho una ferita alla spalla destra, sfiorata dal proiettile che ha centrato il mio grande amico Bogdan. Credo sia morto, all'inizio del Ponte di Kherson. Un dolore infinito. Avevo il giubbotto con la scritta Press”. Ecco, purtroppo è avvenuto: Bogdan Bitik, l'interprete che insieme a Corrado Zunino ha lavorato per raccontarci quello che avviene ogni giorno in Ucraina. Le ultime notizie, l'ultimo articolo che aveva pubblicato sulla sanità in Ucraina, sugli ospedali distrutti, sulle mine in sala operatoria, sull'Ucraina e sugli ucraini: ecco, questo racconto, mentre si svolgeva questo lavoro, è stato interrotto. È stato interrotto dal fuoco sui giornalisti. Riteniamo, pensiamo che sia nostro dovere di rappresentanti delle istituzioni democratiche ricordare oggi e, sempre per suo tramite, rappresentare anche al Governo come il fuoco sui giornalisti, ovunque nel mondo, riguardi sempre tutte e tutti noi, e i valori della nostra Costituzione.

Gli spari, il dolore e la ferocia della guerra - che, oggi, hanno colpito e ucciso Bogdan Bitik e ferito Corrado Zunino, che, spero, possa presto tornare dalla sua famiglia in Italia - non sono avvenuti oggi per la prima volta. Avvengono spesso, in tante occasioni, ma ciò non può e non deve fermarci, non deve mai fermare la libera stampa e quei valori e ideali che ci hanno consentito di vivere nella democrazia, che abbiamo conquistato e che dobbiamo difendere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sempre sull'ordine dei lavori, sullo stesso argomento, il deputato Mura. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MURA (FDI). Grazie, Presidente. Ogni giorno, le notizie che arrivano dall'Ucraina suscitano in noi grande preoccupazione e grande sgomento. Non possiamo che unirci all'appello e al messaggio di solidarietà che il gruppo del Partito Democratico fa al giornalista Zunino, che ha vissuto questa vicenda drammatica. Anche noi, ovviamente, portiamo un messaggio di solidarietà a tutta l'attività giornalistica, che, in sede di guerra, sta portando avanti un servizio indispensabile per la nostra Nazione, per la nostra Repubblica e per tutto il mondo, che ha il diritto e il dovere di conoscere quello che sta accadendo in Ucraina (Applausi).

Discussione del Documento di economia e finanza 2023 (Doc. LVII, n. 1).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di economia e finanza 2023 (Doc. LVII, n. 1).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 18 aprile 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 18 aprile 2023). Avverto, inoltre, che al Documento di economia e finanza è annessa una Relazione al Parlamento, predisposta ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012.

A tale proposito, ricordo che, ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012, la deliberazione delle Camere che autorizza il ricorso all'indebitamento deve essere approvata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Pertanto, l'esame del Documento di economia e finanza si concluderà con la votazione di due distinti atti di indirizzo: il primo relativo alla Relazione, di cui all'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, da votare a maggioranza assoluta; il secondo relativo al Documento di economia e finanza, da votare a maggioranza semplice, sulla base degli esiti della precedente deliberazione.

Ricordo che, dopo l'intervento del relatore e del rappresentante del Governo, avrà luogo la discussione, entro la quale dovranno essere presentate le risoluzioni riferite alla Relazione e quelle relative al Documento di economia e finanza.

Interverrà, quindi, in sede di replica, il rappresentante del Governo, che dovrà dichiarare quale risoluzione intenda accettare, sia con riferimento alla Relazione, sia con riferimento al Documento di economia e finanza.

Avranno, quindi, luogo le dichiarazioni di voto e si passerà alle votazioni.

In entrambi i casi, a norma dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, verrà posta in votazione per prima la risoluzione accettata dal Governo che, in caso di approvazione, precluderà le altre.

(Discussione - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Roberto Pella.

ROBERTO PELLA, Relatore. Grazie, Presidente Rampelli. Cari colleghi, Sottosegretario Freni, il Documento di economia e finanza 2023, del quale stiamo avviando l'esame, rappresenta il documento fondamentale per la definizione degli indirizzi di politica economica e di bilancio e per la programmazione delle diverse politiche pubbliche nell'ambito del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione, nella cornice del cosiddetto semestre europeo.

Per quanto riguarda la cornice delle regole dell'Unione europea, il DEF, che oggi esaminiamo, si inserisce in un contesto nel quale la Commissione europea ha dichiarato di volere determinare, a partire dal 2024, la cessazione dell'operatività della clausola di salvaguardia generale prevista dal Patto di stabilità e crescita, la cosiddetta general escape clause, attivata nel 2020 e progressivamente estesa fino a tutto il 2023.

Già prima del manifestarsi degli effetti della pandemia del COVID-19, la Commissione europea aveva avviato un dibattito sulla riforma delle regole del Patto di stabilità e crescita e della governance economica dell'Unione europea, che poi è stato ripreso, da ultimo, nel novembre 2022, con la presentazione degli orientamenti per la revisione delle regole della governance economica europea, incentrati sulla fissazione di una regola di spesa riferita alla cosiddetta spesa primaria netta, i cui valori obiettivi sono modulati diversamente per ciascun Stato membro, in base al diverso grado di sostenibilità del debito pubblico di quest'ultimo e sulla definizione di piani strutturali di bilancio a medio termine, comprensivi di obiettivi riferiti alla realizzazione di riforme e di investimenti.

Ricordo che, in merito, la Commissione bilancio ha formulato le proprie considerazioni nel documento finale approvato l'8 marzo scorso e che analoghe conclusioni sono contenute nella risoluzione approvata dalla Commissione bilancio dell'altro ramo del Parlamento il 9 marzo. Nel consiglio Ecofin, il Governo italiano, raccogliendo gli impegni più qualificanti indicati nel documento finale approvato da questa Commissione e nella risoluzione approvata dall'omologa Commissione del Senato, pur sostenendo le linee principali della proposta della Commissione europea, ne ha evidenziato alcuni punti critici, riferiti, in particolare, alla suddivisione degli Stati membri in tre categorie, in base ad analisi di sostenibilità del debito condotta dalla Commissione stessa e alla necessità di rafforzare il ruolo degli Stati nella determinazione di tali analisi.

Si è richiamata, inoltre, l'esigenza di rafforzare le interazioni tra la sorveglianza macroeconomica e quella di bilancio, di raccordare la revisione della governance economica con le discussioni in corso a livello europeo sul Green Deal e sulla riforma delle regole sugli aiuti di Stato, nonché la necessità di riservare un trattamento preferenziale agli investimenti pubblici volti a contrastare i cambiamenti climatici e a promuovere la transizione digitale, che rappresentano i due pilastri portanti del PNRR, e a quelli volti a sostenere le spese per la difesa derivanti dagli impegni internazionali assunti.

In esito a questo dibattito, la Commissione europea, nelle scorse ore, ha formalizzato le proprie proposte legislative in materia e tali proposte dovranno essere oggetto di particolare attenzione anche in sede parlamentare, perché le nuove regole sono cruciali per definire le traiettorie delle principali grandezze di finanza pubblica, a partire da quelle relative al rapporto tra debito e indebitamento netto, da un lato, e prodotto interno lordo, dall'altro. Nell'ambito di questo quadro regolatorio, ancora in evoluzione, il Governo ha presentato il DEF per l'anno 2023 e una Relazione, elaborata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012.

Con la Relazione, il Governo chiede l'autorizzazione a ricorrere all'indebitamento, al fine di utilizzare gli spazi finanziari residui disponibili per effetto dell'andamento tendenziale dei conti pubblici, più favorevoli nel 2023 e nel 2024 rispetto agli obiettivi programmatici di indebitamento netto per i medesimi anni, per i quali sono confermati i valori già autorizzati con la NADEF 2022.

Il margine di bilancio, pari a circa 0,15 punti percentuali di PIL per il 2023 e a 0,2 punti per il 2024, che corrispondono, rispettivamente, a circa 3,4 miliardi di euro per l'anno 2023 e a 4,5 per l'anno 2024, sarà utilizzato, come specificato dal Governo, nel 2023 per la copertura di un provvedimento normativo di prossima adozione, finalizzato a realizzare un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, con un intervento volto alla riduzione del cuneo fiscale, al fine di sostenere il potere d'acquisto e contenere la rincorsa tra prezzi e salari. Per il 2024, invece, il margine sarà destinato al fondo per la riduzione della pressione fiscale. Si tratta di due obiettivi fondamentali dell'azione del Governo e della maggioranza che potranno essere ulteriormente rafforzati e sviluppati nel corso della programmazione, anche alla luce dell'evoluzione del contesto macroeconomico internazionale.

Il quadro macroeconomico tendenziale per il periodo 2023-2026, validato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, prefigura un ritorno al PIL su un sentiero positivo già nel primo trimestre, con una ripresa economica più rapida di quanto non si prevedesse a novembre, grazie alla discesa dei costi energetici e all'allentamento delle strozzature dell'offerta a livello globale lungo le catene di approvvigionamento. Dopo la contrazione congiunturale dello 0,1 per cento, registrata nel quarto trimestre del 2022, si attende ancora un moderato aumento del PIL, sia nel primo che nel secondo trimestre 2023, sostenuto dal settore manifatturiero e delle costruzioni, seguito da una lieve accelerazione nella seconda parte dell'anno.

Nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il PIL per il 2023 è, pertanto, previsto crescere, in termini reali, dello 0,9 per cento, in rialzo di 0,3 punti percentuali rispetto allo 0,6 per cento prospettato nello scenario programmatico della NADEF 2022.

La crescita del PIL, attesa per l'anno in corso, sarebbe sostenuta principalmente dalla domanda interna, che aumenterebbe dello 0,8 per cento, e delle esportazioni nette, che incrementerebbero dello 0,3 per cento. Anche le indicazioni favorevoli, derivanti dal clima di fiducia, in particolare del settore manifatturiero, e la fase di discesa dei prezzi alla produzione prefigurano uno scenario di recupero dell'attività produttiva già nei prossimi mesi.

Per quel che concerne la domanda estera, si riscontrano prospettive positive per l'export grazie alla ripresa della domanda mondiale, nonostante il proseguire della guerra in Ucraina. Nel complesso, le prospettive per l'anno in corso risultano, nel DEF 2023, moderatamente più favorevoli rispetto al quadro sottostante le previsioni ufficiali riportate lo scorso novembre nella NADEF, soprattutto in considerazione del calo dei prezzi energetici più rapido delle attese. Gli investimenti manifestano una espansione, nel quadriennio dell'orizzonte di previsione, in media di circa il 2,7 per cento all'anno, trainati principalmente dalla componenti dei macchinari e attrezzature e dalle costruzioni. Anche l'industria e le costruzioni continuerebbero ad espandersi a ritmi sostenuti grazie all'attuazione dei piani di spesa del PNRR, mentre i servizi proseguirebbero il loro recupero, beneficiando della riduzione dei prezzi in corso d'anno.

La dinamica dei consumi delle famiglie nel 2023, invece, si mantiene ancora inferiore a quella del PIL, segnando una previsione di crescita dello 0,6 per cento. Il DEF reca, infatti, una stima del tasso di inflazione leggermente più elevata di quanto previsto nella NADEF lo scorso novembre. In particolare, il deflatore dei consumi delle famiglie è stimato al 5,7 per cento nel 2023, rispetto al 5,5 ipotizzato nella NADEF, sebbene in decisa decelerazione rispetto al 7,4 per cento osservato nel 2022.

La previsione di inflazione del DEF 2023 risulta in deciso calo nel prossimo triennio, stimandosi un deflatore del PIL e dei consumi pari al 2,7 per cento nel 2024 e al 2 per cento in ciascuno degli anni 2025 e 2026, con un dato che sarebbe confermato anche nel quadro programmatico. La stima tiene conto dell'allentamento delle pressioni inflazionistiche manifestatesi già nei primi mesi del 2023.

Venendo alla previsione tendenziale per gli anni successivi al 2023, la crescita del PIL reale per il 2024 è prevista all'1,4 per cento, più sostenuta rispetto al 2023 ma inferiore rispetto all'1,9 per cento previsto a novembre nella NADEF, in considerazione di un previsto peggioramento delle variabili esogene per il 2024, in particolare sul fronte degli effetti negativi della politica monetaria più restrittiva seguita dalle banche centrali, nonché in ragione delle revisioni al ribasso delle previsioni di crescita della domanda mondiale e del commercio internazionale. La crescita per il 2025 resta, invece, invariata all'1,3 per cento, come già previsto nella NADEF 2022, e la previsione per il 2026 viene fissata, invece, all'1,1 per cento, un dato che si avvicina alla stima di crescita del PIL potenziale prevista dall'Unione europea, che supera di poco l'1 per cento.

Il raggiungimento di livelli di crescita maggiori rispetto a quelli prospettati nell'attuale quadro macroeconomico riportato nel DEF 2023 è legato anche all'effettiva realizzazione dei piani di investimenti e di riforme contenuti nel PNRR, i cui effetti sulla produttività e sull'offerta di lavoro sono stati incorporati solo parzialmente nelle stime di crescita.

Sul piano programmatico, il Governo, nell'introduzione al Documento, manifesta l'intenzione di coniugare una riduzione graduale, ma sostenuta, del deficit e del debito in rapporto al prodotto interno lordo, con il sostegno della ripresa dell'economia italiana e il conseguimento dei tassi di crescita del prodotto interno lordo e del benessere economico dei cittadini, più elevati di quelli registrati nei due decenni scorsi. In questo quadro, il Governo intende perseguire una stabile riduzione dell'inflazione e il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni e superare gradualmente alcune delle misure straordinarie di politica fiscale attuate nell'ambito del triennio per individuare nuove forme di intervento sia per il sostegno ai soggetti più vulnerabili sia per il rilancio dell'economia.

Sul piano macroeconomico e di finanza pubblica questi obiettivi si traducono, in primo luogo, nella conferma, nel quadro programmatico, delle previsioni della NADEF 2022, che prevedeva un deficit pari al 4,5 per cento del PIL nel 2023, al 3,7 per cento nel 2024 e al 3 per cento nel 2025. Per il 2026, il nuovo obiettivo di deficit è fissato, invece, al 2,5 per cento del PIL. Le proiezioni più favorevoli del rapporto tra deficit e PIL, a legislazione vigente, per il 2023 rendono possibile, come accennato precedentemente, la determinazione di un margine di bilancio, che il Governo intende utilizzare per finanziare un nuovo provvedimento d'urgenza volto a ridurre gli oneri contributivi a carico dei lavoratori dipendenti. Nello scenario programmatico per il 2024, invece, vengono allocate risorse pari a circa 0,2 punti percentuali del PIL al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Si prevede che, con i suddetti interventi, la crescita del PIL reale salirà dell'1 per cento nel 2003, con un incremento dello 0,1 per cento rispetto al dato tendenziale e all'1,5 per cento nel 2024, anche in questo caso con un incremento rispetto al dato tendenziale dello 0,1 per cento. Per effetto di tali variazioni sul piano programmatico il rapporto tra debito e PIL sarebbe pari, nel 2023, al 142,1 per cento, a fronte del 142 per cento del dato tendenziale, mentre nel 2024 scenderebbe al 141,4 per cento, con un incremento di 0,2 punti percentuali rispetto al quadro tendenziale, che si riassorbirebbe progressivamente nel 2025, quando il rapporto sarebbe pari al 140,9 per cento contro il 140,8 per cento del dato tendenziale, e nel 2026, quando il dato programmatico coinciderebbe con quello tendenziale e sarebbe pari al 140,4 per cento. Per tutto il periodo di previsione, in ogni caso, ci si collocherebbe su valori inferiori a quelli contenuti nel quadro programmatico della NADEF 2022.

L'aumento del reddito disponibile determinerebbe, per l'anno 2023, un incremento, rispetto allo scenario tendenziale, dello 0,1 per cento dei consumi delle famiglie, che crescerebbero dello 0,7 per cento. La maggiore domanda verrebbe accompagnata da una più vivace attività delle imprese, con un impatto positivo sulla produttività e sui fattori di produzione, quali gli investimenti fissi lordi e l'occupazione. Nel 2024, poi, le misure di riduzione della pressione fiscale continuerebbero a sostenere la crescita dei consumi delle famiglie e dell'occupazione rispetto alle previsioni tendenziali, favorendo l'innalzamento della crescita del PIL.

Le altre grandezze macroeconomiche confermano sostanzialmente il quadro tendenziale, salvo che per un leggero incremento dell'occupazione, sia nella misurazione delle unità standard di lavoro sia nella forza di lavoro che, nel 2023 e nel 2024, registrerebbe incrementi annuali aggiuntivi dello 0,1 per cento, e per un miglioramento, dello 0,1 per cento nel 2024, della bilancia delle partite correnti.

Venendo alla seconda sezione del DEF dedicata all'analisi e alla tendenza della finanza pubblica, con riferimento ai dati di consuntivo 2022, si segnala, innanzitutto, che l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni del 2022 è stato pari, in valore assoluto, a 151,9 miliardi, corrispondente all'8 per cento del PIL. La NADEF aveva previsto un indebitamento netto pari al 5,1 per cento in termini di PIL, mentre la Nota tecnico-illustrativa alla legge di bilancio per il 2023 aveva previsto un indebitamento netto pari al 5,6 per cento del PIL. Lo scostamento rispetto alle precedenti stime è attribuibile principalmente alla riclassificazione contabile secondo il criterio della competenza economica dei crediti di imposta per bonus edilizi, la quale, insieme ad altri aggiornamenti e revisioni, determina una revisione del saldo primario in peggioramento per circa 39 miliardi di euro, attribuibile, praticamente per intero, a un peggioramento dal lato delle spese al netto degli interessi, e una revisione della spesa per interessi in peggioramento per circa 6 miliardi di euro. Il dato dell'indebitamento netto per il 2022 evidenzia, comunque, un miglioramento rispetto al 2021, in un contesto dove è risultato pari a circa 161,2 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 9 per cento del PIL.

Il rapporto tra debito e PIL nel 2022 è stato pari al 144,4 per cento, con una riduzione dell'1,3 per cento rispetto alle previsioni del documento programmatico di bilancio di novembre 2022 e del 5,5 per cento rispetto al dato del 2021, con una riduzione cumulata nel biennio 2021-2022 del 10,5 per cento, che ha portato al riassorbimento di oltre la metà dell'incremento del debito registrato nel 2020 per effetto della pandemia.

Per quanto riguarda le previsioni tendenziali per il periodo 2023-2026, il DEF 2023 prospetta per lo stesso anno un indebitamento netto pari a circa 87,8 miliardi di euro, corrispondente al 4,4 per cento del PIL. Negli anni successivi, inoltre, si stima un costante decremento di tale parametro, sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi in rapporto allo stesso PIL. L'indicata evoluzione dell'indebitamento netto è ricondotta al miglioramento del saldo primario, il quale, ancora negativo nel 2023, torna in terreno positivo nel 2024 e migliora nei successivi anni nel quadriennio di previsione tendenziale, passando da un disavanzo primario di circa 12,2 miliardi di euro nel 2023 a un avanzo di 11,3 miliardi di euro nel 2024, di 25,5 nel 2025 e di 43,7 miliardi nel 2026.

Infine, la terza sezione del DEF contiene lo schema del Programma nazionale di riforma che anche per il 2023 si inserisce nel più ampio programma di riforma, innovazione e rilancio degli investimenti rappresentato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che potrà arricchirsi del nuovo capitolo concernente l'iniziativa REPowerEU dell'Unione europea.

Nel Programma nazionale di riforma, il Governo, oltre ad illustrare gli obiettivi programmatici rispetto alle diverse politiche pubbliche, presenta, tra le altre cose, una stima aggiornata dell'impatto macroeconomico del PNRR, che si basa sulle spese effettuate nel triennio 2020-2022 e non tiene conto della possibile ridefinizione del Piano attualmente in corso di discussione e la valutazione dell'impatto macroeconomico del PNRR è stata effettuata considerando solo le risorse che finanziano progetti aggiuntivi, escludendo le misure contenute nel Piano, che si sarebbero comunque realizzate anche senza l'introduzione del PNRR, per un totale di 184,7 miliardi di euro, considerando i prestiti e le sovvenzioni del dispositivo di ripresa e resilienza, i fondi europei, le risorse anticipate del Fondo per lo sviluppo e la coesione e quelle stanziate attraverso il Fondo complementare al PNRR.

Il DEF 2023 prevede, in particolare, un impatto positivo del PNRR sul PIL pari all'1 per cento nel 2023, all'1,8 nel 2024, al 2,7 nel 2025 e al 3,4 per cento nel 2026. I settori che contribuiranno maggiormente alla crescita del PIL saranno le costruzioni, con una crescita del 2,8 per cento, l'industria manifatturiera, con una crescita dell'1,4 per cento, nonché le attività immobiliari e le attività professionali, scientifiche e tecniche, ciascuna delle quali segnerà una crescita dell'1 per cento.

In questo contesto, il PNRR reca anche un aggiornamento della valutazione di impatto macroeconomico delle riforme comprese riferite ai settori dell'istruzione e della ricerca, delle politiche attive del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione, della giustizia e della concorrenza e degli appalti, attribuendo maggiore incidenza sia nel breve che nel lungo periodo, e a quelle relative alle politiche attive e a quella dell'istruzione e della ricerca.

In tale quadro, contestualmente alla definizione del capitolo REPowerEU dell'Unione europea, il Governo dichiara di voler rivedere, ai sensi del regolamento e delle linee guida della Commissione europea, alcuni degli investimenti del PNRR che in fase attuativa si sono rivelati più difficoltosi da realizzare nei tempi originariamente previsti, anche in considerazione delle condizioni economiche e geopolitiche profondamente mutate.

Per questa ragione, Presidente, depositerò anche una relazione ancora più dettagliata, con numeri che specificano quanto da me illustrato in questo intervento. Ringrazio perciò lei e tutti coloro che ci hanno ascoltato. Naturalmente, sono qui per ascoltare il prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, Sottosegrario Freni, che si riserva di farlo. È iscritto a parlare il deputato Andrea Tremaglia. Ne ha facoltà.

ANDREA TREMAGLIA (FDI). Grazie, Presidente. Ringrazio, innanzitutto, il relatore e il Governo per la presenza. Siamo oggi a discutere e a commentare questo Documento di economia e finanza per definire il quale il Presidente Meloni ha scelto tre parole chiave: stabilità, credibilità e crescita.

La stabilità è quella che vediamo, come ci hanno appena riportato i dati, nella riduzione prevista del deficit e del debito. La credibilità è quella che ravvisiamo, ad esempio, nell'annunciata volontà di rimodulare le misure straordinarie che in questi anni si sono accatastate, soprattutto sul piano fiscale, e riordinarle in un quadro più coerente, chiaro e credibile per gli investitori e per i cittadini. La crescita è quella che miriamo ad ottenere, ad esempio attraverso, di nuovo, la riformulazione - diciamo così - dell'accesso al PNRR e ai tanti investimenti che il PNRR può sbloccare.

Stabilità, credibilità e crescita: in una parola, concretezza. Non l'apocalisse che le attuali opposizioni, all'epoca Governo, avevano paventato in caso di vittoria della destra, soprattutto in caso di vittoria di Fratelli d'Italia; non la mancanza di credibilità internazionale; non la mancanza di consapevolezza di quali siano le misure, le necessità e gli interventi di politica economica da fare; infine, non quella specie di tempesta perfetta che veniva annunciata sui mercati internazionali, con l'esplosione del deficit o con la crescita incontrollata dello spread.

Concretezza è ciò che ci hanno chiesto gli italiani quando ci hanno dato un mandato elettorale molto chiaro, a fronte di una riflessione estremamente semplice che noi facevamo, da unica forza di opposizione nei confronti del Governo uscente pochi mesi fa, ossia che questa Italia non ci piace. Questo era ciò che noi dicevamo agli italiani, ciò che noi dicevamo nelle piazze e questo noi lo spiegavamo con documenti. Non ci piaceva l'Italia dell'assistenzialismo, non ci piaceva l'Italia che non credeva in se stessa, non ci piaceva l'Italia che era prona a certi alleati europei, che in realtà spesso non si sono dimostrati amici, e non ci piaceva un'Italia che non credeva più in se stessa, che non aveva fiducia in se stessa e che, dopo un periodo estremamente difficile e tragico che aveva attraversato, dimostrava di fare fatica a ripartire.

Noi abbiamo subito preso in mano la situazione. Abbiamo fatto in poche settimane una legge di bilancio che doveva affrontare uno scenario internazionale estremamente complesso e in continuo divenire (purtroppo, in continuo peggioramento). Abbiamo messo subito mano al reddito di cittadinanza, al superbonus e ai rapporti internazionali della nostra Nazione, mettendo subito in chiaro ai nostri partner strategici europei e internazionali quale era la nuova postura geopolitica della nostra Nazione.

Tutto questo avviene in tempi che - ne siamo consapevoli ed è ben chiaro - sono estremamente duri. Abbiamo visto - e lo abbiamo ricordato anche poco fa - che negli interventi, nei decreti e nella legge di bilancio abbiamo dovuto necessariamente prevedere ingenti contributi per il supporto del tessuto produttivo italiano e delle famiglie di fronte alla crisi energetica, di fronte all'esplodere dell'inflazione e dei consumi. Ma dinanzi a queste difficoltà noi abbiamo scelto di stare dalla parte di chi lavora, dalla parte di chi produce, dalla parte di chi crede e investe nel futuro dell'Italia e non dalla parte di chi si siede, di chi non sa da che parte mettere le mani e non ha volontà di rilanciare il futuro.

Quindi, nel fare questo io penso che sia molto chiaro il messaggio che abbiamo lanciato fino ad oggi e con questo DEF diventa ancora più chiaro, perché, come è stato ricordato bene nella relazione introduttiva, il punto forse più importante di questo DEF, come previsione nero su bianco, è la riduzione di 3 miliardi per quel che riguarda i contributi nei redditi medio-bassi. È un intervento concreto e reale. Non è uno spot, una pubblicità, una mancia o un intervento pre-elettorale; è un intervento serio di un Governo che sa che in questo momento, purtroppo, gli italiani e le famiglie si trovano in grande difficoltà. Proprio parlando delle famiglie, io penso che un altro passaggio importante l'abbiamo avuto nell'audizione del Governo in Commissione bilancio, perché noi di Fratelli d'Italia abbiamo detto, non nella scorsa campagna elettorale ma già al momento della nostra nascita e della nostra fondazione ormai più di 10 anni fa, che il punto centrale e strategico per il futuro dell'Italia è la questione demografica. La questione demografica passa dal sostegno alla natalità e il sostegno alla natalità passa da un concetto molto semplice: non ci possiamo più permettere che in Italia vi siano coppie che decidono e scelgono di non fare figli, di non mettere su famiglia perché non è sostenibile economicamente. Chi non vuole fare famiglia non faccia famiglia, ma chi vuole fare famiglia dev'essere messo nelle condizioni di non dover fare questa scelta solo in base a un conto o a un calcolo economico.

Da questo punto di vista troviamo, come Fratelli d'Italia, estremamente significativo che il Governo si sia già espresso in tal senso rispetto alla riforma fiscale, con l'intenzione annunciata di fare delle distinzioni chiare a favore di chi ha famiglia, a favore delle famiglie numerose e a favore di chi sceglie di avere uno o più bambini.

Da questo punto di vista, quindi, siamo per la richiesta di un intervento concreto, fuori da ogni demagogia e da tante chiacchiere che abbiamo sentito nelle ultime settimane, con attacchi assolutamente gratuiti e strumentali al Governo e ad esponenti del nostro partito che hanno espresso un concetto estremamente chiaro, cioè che se noi vogliamo investire nel futuro dell'Italia, delle nostre imprese, della nostra industria e del nostro tessuto produttivo allora dobbiamo investire, innanzitutto, nel futuro degli italiani. Investire nel futuro degli italiani significa permettere agli italiani che vogliono fare famiglia di poterla fare serenamente e di poterla fare sapendo che lo Stato è al loro fianco. Fratelli d'Italia sicuramente è al fianco di chi vuole investire.

Fratelli d'Italia sicuramente è al fianco di chi vuole aiutare la Nazione a tornare a crescere, anche dal punto di vista demografico, e per questo siamo estremamente soddisfatti e favorevoli rispetto al provvedimento che viene oggi presentato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo Marconi, di Palagianello, in provincia di Taranto, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Vi ringraziamo per questo. Preciso che sono presenti in Aula in sede di discussione generale i parlamentari che si sono iscritti a parlare per svolgere il loro intervento.

È iscritto a parlare il deputato Gaetano Amato. Ne ha facoltà.

GAETANO AMATO (M5S). Presidente, io, come qualcun altro, sono arrivato in quest'Aula sei mesi fa. Svolgevo un'altra professione, non facevo politica, ho sempre fatto solo il mio lavoro e sono rimasto intimidito da quest'Aula e dalla responsabilità che la stessa mi scaricava addosso, assieme ad altri 399 deputati, responsabilità che, nell'altro lavoro, non avevo, perché facevo divertire, facevo l'attore, facevo lo scrittore, per cui non mi sono mai preoccupato delle esigenze degli italiani. Arrivato in quest'Aula è arrivato questo peso e, allora, mi sono detto: che cosa si può fare? Si può andare in Commissione. Io sono componente della Commissione cultura, la VII, e devo dire che ho trovato colleghi in gamba, con cui ho dialogato e provato a scrivere cose, a emendare, a fare risoluzioni. Abbiamo provato a fare leggi che potessero migliorare questo stato di cose.

In effetti, adesso, in Commissione, stiamo lavorando sul lavoro sportivo, abbiamo approvato lo sport in Costituzione. Poi, mi sono reso conto che le cose pericolose sono le stanze; pensate che, in una stanza, 25 persone non hanno tenuto in minimo conto quello che noi abbiamo fatto in Commissione; ci hanno totalmente mancato di rispetto, ma non solo a noi dell'opposizione, anche ai colleghi della maggioranza. Noi abbiamo lavorato su provvedimenti, cercando di renderli utili e, invece, vediamo che nel DEF non c'è un solo euro per lo sport, che sia uno. Stiamo parlando di una legge che dovrebbe entrare in vigore a settembre, quella sui Giochi della Gioventù, e non c'è un solo euro per farla partire; non è stato programmato nulla per lo sport. Non solo, il presidente Mollicone, persona estremamente colta, è arrivato in Commissione con una risoluzione urgente sui lavoratori dello spettacolo; ebbene, nel DEF non c'è un solo euro per i lavoratori dello spettacolo. Finanche per la scuola, Presidente, ci sono 600 milioni che provengono dal PNRR, ma c'è stato un taglio anche per la scuola. Per non parlare del ridimensionamento che il Ministro Valditara sta programmando e che è già praticamente in atto. Tutto il Meridione perderà 500 istituti scolastici per il ridimensionamento. Pensi, Presidente, che solo lo scorso anno ci sono stati 80.000 abbandoni.

PRESIDENTE. Concluda.

GAETANO AMATO (M5S). Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Ridimensionando le scuole, spariranno le scuole dai piccoli centri e aumenteranno gli abbandoni. Lo ripeto: le aule sono pericolose. Pensi che, nell'aula della Giunta per le elezioni, con un emendamento si sta provando a modificare retroattivamente l'interpretazione della legge elettorale. Sta succedendo anche questo, Presidente. Si modifica retroattivamente un'interpretazione. E' vero, esponenti della maggioranza hanno detto che la Giunta esiste per questo, per giudicare, ma per giudicare con le regole in vigore prima, non con le regole fatte ad arte dopo, per assicurare un seggio ad un parlamentare, non eletto, di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ilaria Cavo. Ne ha facoltà.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, ciò di cui stiamo discutendo è la politica economica di questo Governo e di una buona parte di questa legislatura, un documento che contiene la visione di questo Esecutivo che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è finalmente un Esecutivo politico, frutto di una maggioranza coesa. È dunque facile che abbia forti sostenitori, ma anche detrattori nelle file dell'opposizione. Personalmente, ho avuto modo…

PRESIDENTE. Deputata Cavo, le chiedo scusa. C'è un riverbero un po' sconveniente sulla sua voce. Le chiederei di passare alla postazione a fianco, così la ascoltiamo meglio.

ILARIA CAVO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Scusate, non me ne rendevo conto, parlando. Come dicevo, personalmente, ho avuto modo di approfondire e contribuire ai lavori della Commissione attività produttive, di cui faccio parte, come relatrice, appunto, di questo Documento di economia e finanza, ovviamente soffermandomi, in quel caso, sugli aspetti di competenza, quelli maggiormente legati alla tematica delle energie e delle imprese e dando già in quella sede un parere e, poi, un voto favorevole.

Ora, intervengo chiaramente a nome del gruppo Noi Moderati, ribadendo, come ho fatto allora, e sottolineando anche, chiaramente, in un quadro più ampio, gli aspetti positivi dell'intero Documento.

Stabilità, crescita e competitività: sono le parole chiave di un testo che rispetta tutte le indicazioni europee e che accelera il percorso di riduzione del debito pubblico. Di questo stiamo parlando: dopo allarmismi per il cambio del Governo, dopo aver affrontato l'inizio dell'anno nuovo sull'orlo fra recessione e pallida ripresa, le previsioni nefaste non si sono avverate e, oggi, parliamo di rafforzare il trend positivo. Questo vuol dire, non solo, avere il placet dei mercati che influiscono severamente sull'andamento economico degli Stati, anche se non determinano certo tutto, ma avere dato le giuste risposte al Paese reale.

Certo, la situazione internazionale non è semplice: i riflessi della guerra in Ucraina e le tensioni fra le potenze mondiali si ripercuotono sui mercati e sulla fiducia degli investitori. È uno scenario aggravato sia dall'inflazione generalizzata, sia dal rialzo degli interessi operato dalle banche centrali per contrastarla. Tuttavia, nel 2022, il PIL è cresciuto del 3,7 per cento, gli investimenti fissi lordi sono aumentati del 9,4 in termini reali, salendo al 21,8 del PIL. Sono dati che non vedevamo da anni e che danno concrete prospettive per essere ottimisti.

Il percorso disegnato dal DEF è chiaro e prevede, prima di tutto, il superamento delle politiche di incentivazione a pioggia e la revisione dell'intera materia, in modo da combinare il necessario efficientamento energetico e antisismico del nostro patrimonio immobiliare con la sostenibilità dei relativi oneri di finanza pubblica e, soprattutto, con l'equità distributiva.

Sappiamo bene che il superbonus non ha supportato le fasce della società in difficoltà, su cui invece si concentrano gli interventi previsti dal DEF e dai provvedimenti collegati.

È fondamentale ridurre l'inflazione e recuperare il potere di acquisto delle famiglie. Sono in gioco la tenuta sociale e la domanda interna. Teniamo sempre presente che la cornice in cui ci muoviamo è quella europea del Recovery Fund, declinato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, e del REPowerEU che comprenderà, tra l'altro, nuovi investimenti nella rete di trasmissione dell'energia e nelle filiere produttive legate alle fonti energetiche rinnovabili.

Ovviamente, le cifre più importanti del nuovo Piano programmatico sono state ricordate ampiamente dal relatore in quest'Aula, poco fa: l'attestazione del PIL all'1 per cento nel 2023, all'1,5 per cento nel 2024 e all'1,3 per cento nel 2025; il tasso di disoccupazione al 7,7 per cento per quest'anno, al 7,5 per cento per il 2024 e al 7,4 per cento per il 2025. Il livello di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni in rapporto al PIL al 4,5 per cento quest'anno, al 3,7 per cento per il 2024 e al 3 per cento nel 2025, in discesa. Sono cifre che disegnano un quadro di complessivo miglioramento, nonostante il contesto, e di impegno dell'Esecutivo in termini di stabilizzazione dei conti.

A completamento della manovra di bilancio 2023-2025, sono definiti alcuni disegni di legge collegati, tra cui il disegno di legge recante le misure organiche per la promozione, la valorizzazione e la tutela del made in Italy, il disegno di legge delega al Governo per la realizzazione di un sistema organico di incentivi alle imprese e il disegno di legge sullo sviluppo e la competitività del settore turistico, soltanto per citare alcuni provvedimenti di competenza della Commissione attività produttive. Tuttavia, risultano di preminente interesse, in termini di definizione di una complessiva strategia di sviluppo, anche i disegni di legge collegati riguardanti interventi a sostegno della competitività dei capitali, la delega al Governo per la riforma fiscale, da cui potrà scaturire la riduzione della pressione fiscale tanto attesa da cittadini e imprese, le misure in materia di semplificazione normativa, la revisione del testo unico degli enti locali, le disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata, di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e, in tema di formazione, le semplificazioni in materia scolastica e il rafforzamento del sistema della formazione superiore e della ricerca.

Per quanto riguarda, invece, il sistema del welfare, si intende intervenire in materia di disciplina pensionistica, definire misure a sostegno delle politiche per il lavoro e interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà.

Molto lavoro da fare, ma la scelta caratterizzante di questo Documento di economia e finanza è di attuare, nel 2023, a fronte di un deficit al 4,5 per cento del PIL, lo ricordiamo, un taglio ai contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, con il duplice scopo di incrementare i redditi delle famiglie e di limitare la rincorsa salari-prezzi, che renderebbe strutturale la spinta inflazionistica, causata dai prezzi energetici e alimentari.

A questo scopo, si è deciso di ricorrere all'indebitamento per potere destinare risorse pari a oltre 3 miliardi al taglio del cuneo fiscale. Una scelta chiara, di sostegno ai lavoratori e alle famiglie che più fanno fatica ad arrivare a fine mese, che, per il 2024, si sostanzia, secondo questa previsione, in 4,5 miliardi da destinare a interventi di riduzione della pressione fiscale, anche grazie al margine di uno 0,2 per cento sul PIL. Da questo punto di vista, la legge delega per la riforma fiscale svolgerà un ruolo chiave.

Il DEF si pone anche obiettivi di politica sociale, come il contrasto all'inverno demografico, è già stato citato precedentemente negli interventi, che, ci tengo a dire, si può attuare solo combinando misure a favore delle famiglie, con interventi mirati all'inclusione femminile nel mondo del lavoro, ad un welfare più attento alla genitorialità e alla promozione della formazione capacitante, che consente un rapido ingresso nel mondo del lavoro. La scelta di fare figli è una libertà individuale; ciò che, però, uno Stato civile ha l'obbligo di fare è creare le condizioni perché tale scelta sia davvero individuale.

Un altro tema toccato da questo DEF è quello della politica energetica nazionale, volta al raggiungimento dei target di decarbonizzazione al 2023 e di neutralità climatica al 2050. Questo percorso andrà di pari passo con una netta riduzione della dipendenza energetica, diversificando le fonti di approvvigionamento e intensificando la produzione da rinnovabili, anche grazie allo sviluppo di reti intelligenti in grado di accumularle e renderle disponibili nei momenti di rialzo della domanda. L'efficienza energetica e la riduzione dei consumi sarà la chiave per consentire di ridurre il gap fra energia prodotta e consumata. Per tutti questi scopi, è necessario proseguire nel solco già attivato di sviluppo infrastrutturale, a partire dai rigassificatori, che ci consentono di approvvigionarci nel mercato libero del GNL. Ovviamente, quello dell'energia è un tema molto ampio, molto complesso.

Due importanti capitoli delle politiche di sviluppo sostenibile sono la formazione, scuola e università, l'innovazione, la ricerca e l'applicazione. Per quanto riguarda il primo tema, sono importanti gli interventi di riordino degli istituti tecnici e professionali e dello sviluppo della formazione professionale terziaria, con il potenziamento degli istituti tecnologici superiori che va proprio nel senso di creare un ponte più diretto tra scuola e lavoro, adattando anche il bagaglio di competenze fornito a quelle che vengono richieste dalle imprese in vista delle transizioni digitali e green.

Fondamentali gli investimenti per circa 18 miliardi in edilizia scolastica, nell'allestimento di ambienti di apprendimento innovativi, con strumenti per la didattica digitale, laboratori per le professioni digitali del futuro e lo sviluppo delle competenze di docenti e studenti. Il punto di caduta è l'applicazione dell'innovazione. In questo ambito, si possono citare i numerosi progetti in corso di realizzazione, tra cui 3.158 progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN), e 15 mila dottorati innovativi in collaborazione con le imprese, per cui, peraltro, è stata cambiata l'impostazione con un maggiore coinvolgimento delle imprese, perché vengano finalizzati. Fondamentale per l'attuazione delle politiche di sviluppo e innovazione è il sostegno anche alle imprese per l'accesso al credito. Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, lo strumento delle garanzie rilasciate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese gestito da Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale continua a registrare il forte interesse degli operatori del settore. Rimane centrale l'attenzione per il supporto alle esigenze di liquidità delle imprese in una prospettiva che gradualmente sposti l'asse dell'intervento dal sostegno del fabbisogno finanziario per il circolante, per mantenere i livelli produttivi e occupazionali, a quello per investimenti in beni e processi strategici, in particolare quelli strumentali alla transizione verde della produzione industriale.

L'attenzione alla stabilità macroeconomica, continuando a vigilare sulla riduzione di deficit e debito, combinata al sostegno delle famiglie più vulnerabili, messe a sistema per il rilancio della produttività, degli investimenti e delle politiche dell'innovazione, per promuovere la crescita, l'innovazione tecnologica e la sostenibilità, fanno di questo DEF un documento strategico in una fase tanto cruciale quanto quella che stiamo attraversando. Trasformiamo le incertezze sul futuro in obiettivi concreti, e facciamolo con una politica industriale ben definita.

Noi Moderati ci siamo e condividiamo questo progetto economico per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro)-MAIE).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Guerra. Ne ha facoltà.

MARIA CECILIA GUERRA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Nel DEF, si prevede che l'inflazione, misurata dal deflatore dei consumi, che è stata del 7,4 nel 2022, inizi a calare, ma resti, comunque, sostenuta, al 5,7, anche nel 2023.

Sappiamo che il traino principale dell'inflazione è stato l'aumento dei prezzi dell'energia. Come ci ricordava proprio ieri dalle colonne del Financial Times il capo economista della Banca d'Inghilterra Huw Pill, l'aumento dei prezzi dell'energia, e cioè di un input che importiamo, può essere considerato come una tassa per il Paese: il Paese che la subisce diventa più povero.

Il problema, allora, come per tutte le tasse, è sapere chi la deve pagare. In particolare, la domanda è come si deve distribuire il peso di questa tassa tra imprese e lavoratori, tra salari e profitti. Il DEF non ha dubbi: questa tassa devono pagarla i lavoratori. Lo dichiara, esplicitamente, il Ministro Giorgetti nell'introduzione, a sua firma, al DEF, in cui si legge testualmente: alla discesa dell'inflazione si accompagnerà il graduale recupero delle retribuzioni in termini reali, che dovrà avvenire progressivamente, non in modo meccanico, ma di pari passo con l'aumento della produttività del lavoro. Tradotta in italiano, questa affermazione significa due cose. Uno, che secondo il Governo non è possibile prospettare un aumento delle retribuzioni per recuperare la perdita fortissima del potere d'acquisto indotta dall'inflazione. Sembra, insomma, che ai lavoratori sia recitato l'adagio antico che dice: “chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato”. Infatti, e questa è la seconda affermazione, un po' di aumento delle retribuzioni in termini reali può avvenire solo e con moderazione al passo con la produttività. Cosa vuol dire? Vuol dire che il Governo riconosce, bontà sua, che, se l'aumento della produttività fa aumentare la torta da distribuire, anche ai lavoratori può spettare una fetta un poco più grande.

Questo approccio del Governo sembra determinato dalla paura che un aumento delle retribuzioni, indotto dall'inflazione, si trasferisca, a sua volta, sui prezzi praticati dalle imprese, generando una spirale salari-prezzi che impedirebbe il rientro dall'inflazione. In realtà, siamo molto lontano da questo scenario. Come ci ricorda l'Ufficio parlamentare di bilancio, la crescita delle retribuzioni, pur a fronte di un'inflazione piuttosto sostenuta, nel 2022, è stata di appena l'1,1 per cento. Nel 2023, i rinnovi contrattuali latitano, ben il 76 per cento dei lavoratori privati sono in attesa del rinnovo contrattuale e le somme perse aumentano giorno per giorno. Su questo, niente si dice.

Sorprende che il Documento di economia e finanza, così preoccupato per quanto avviene sul fronte salariale, si disinteressi, invece, completamente di quanto avviene sul fronte dei profitti. Sorprende, anche perché il dibattito internazionale verte proprio sulla possibile esistenza di una spirale profitti-prezzi. Ciò significa che, in alcuni Paesi più che in altri, in alcuni settori più che in altri, sono proprio i profitti ad essere cresciuti, e sono cresciuti più dell'aumento dei costi sostenuti dalle imprese, alimentando, conseguentemente, l'inflazione. Lo dice anche la Banca centrale europea. Il fenomeno sembra essere particolarmente forte in Paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania, ma, in alcuni settori strategici, come, ad esempio, quello dell'energia, è successo anche in Italia. Nella consapevolezza di questo problema, altri Paesi si sono mossi.

Il Regno Unito, ad esempio, aumenta il salario minimo che, ricordo, coinvolge 2 milioni di lavoratori; lo aumenta del 9,7 per cento, con l'effetto di dare risposta, di dare aiuto ai soggetti più colpiti dall'inflazione. Fino a quando può andare avanti una situazione di inflazione determinata dall'aumento dei margini di profitto? Probabilmente fino a che non se ne vedranno gli effetti depressivi sui consumi, effetti che nel nostro Paese si stanno già manifestando. Il carrello della spesa è diminuito del 4,4 per cento, fra il marzo 2022 e il marzo 2023, come evidenziato da una ricerca condotta sulla grande distribuzione. Ne dà, comunque, implicitamente atto anche il DEF, nella Tavola 1 dell'appendice sugli effetti del PNRR che mostra uno scenario alquanto anomalo, in cui, sostenuto dalle spese di investimento del Piano, il PIL aumenta, ma pure, a fronte di questo aumento, i consumi diminuiscono. Questo fenomeno, così poco comprensibile, non può che essere spiegato dal fatto che le proiezioni scontano un proseguimento della compressione delle retribuzioni in termini reali. Il DEF non solo non dedica sufficiente attenzione al problema del conflitto distributivo in essere fra salari e profitti, ma non si occupa neppure adeguatamente della situazione contrattuale dei dipendenti pubblici: i rinnovi contrattuali finiscono nel calderone delle cosiddette politiche invariate. Non si dice quale cifra si intenda riservare ai rinnovi che riguardano il triennio 2022-2024 e non si dice inoltre come si pensi che gli enti decentrati possano, con i loro magri bilanci, affrontare, a loro volta, una tornata contrattuale in cui il tema del recupero degli effetti dell'inflazione dovrà essere posto. Al contrario, ad esempio, in Germania i lavoratori del settore pubblico hanno appena ottenuto un aumento in termini reali dei propri stipendi un poco superiore al 5 per cento, un aumento che interessa 2 milioni e mezzo di persone.

Un altro aspetto che viene assolutamente trascurato dal DEF è rappresentato dagli effetti dell'inflazione sul prelievo fiscale sull'erogazione di prestazioni. Il nostro sistema fiscale non ha, a differenza, ad esempio, dell'Austria, meccanismi di indicizzazione del sistema di scaglioni e aliquote e detrazioni rispetto ai prezzi, quindi è esposto a fenomeni di fiscal drag così come a fenomeni di erosione per via fiscale del salario reale. Sotto questo profilo, andrà verificato se il promesso nuovo taglio temporaneo - e, sottolineo, temporaneo -, per pochi mesi, del cuneo fiscale sarà in grado almeno di compensare, temporaneamente, le perdite indotte dalla mancata indicizzazione del sistema fiscale.

Per quanto riguarda le prestazioni sociali, voglio ricordare che la nuova misura di contrasto alla povertà che il Governo sta mettendo a punto, molto tagliata quanto ad importi, platea e durata del beneficio, sarà - sì - indicizzata, ma solo a partire dal 2026, quando forse si spera che l'inflazione non sia più un problema. Bisognerebbe, poi, parlare del taglio di una quarantina di miliardi, in termini reali, operato dall'inflazione su sanità istruzione, eccetera, ma questo è un altro discorso, pur se anche di questo il DEF, il principale strumento di programmazione delle politiche economiche non dice niente, ed è già un giudizio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Comaroli. Ne ha facoltà.

SILVANA ANDREINA COMAROLI (LEGA). Grazie, Presidente. Nonostante l'anno nero per l'economia, dovuto alla guerra in Ucraina e al conseguente aumento fuori controllo del costo dell'energia, l'Italia si è dimostrata in buona salute sul fronte finanziario. L'economia quest'anno crescerà dell'1 per cento, in rallentamento - è ovvio - rispetto all'anno 2022, ma sicuramente oltre le previsioni fissate nel novembre scorso, quando la NADEF aveva preventivato una crescita dello 0,6 per cento.

Voglio contestualizzare meglio questo numero, apparentemente forse poco significativo ai più: la nostra crescita sarà maggiore rispetto a quella di Francia e Germania. La Germania, che è sempre stata un riferimento che sembrava impossibile, con riferimento ai suoi ritmi di crescita, per noi lontanissimi, ebbene, quest'anno l'abbiamo addirittura superata. Soprattutto, in termini reali, la crescita del PIL italiano all'1 per cento potrebbe generare un tesoretto nei conti pubblici di quasi 8 miliardi.

Lo scorso anno, il PIL italiano si è attestato a quota 1.909 miliardi, mentre, nel 2023, potrebbe toccare quota di 1.928 miliardi: più 20 miliardi abbiamo a disposizione. Questo significa che nelle casse dello Stato potrebbero appunto entrare circa 8 miliardi, ma il DEF che oggi andiamo ad approvare è un documento programmatico, non un libro dei sogni, colleghi; per cui, si fanno alcune simulazioni sui diversi scenari di rischio; nel caso di un nuovo aumento delle materie prime energetiche - e abbiamo constatato cosa implica questo aumento dei costi energetici -, ciò potrebbe tradursi, purtroppo, in una riduzione del PIL di 0,3 punti quest'anno e 0,4 il prossimo. Per questo valutiamo molto positivamente la lungimiranza di questo Governo e del Ministro Giancarlo Giorgetti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), che hanno previsto già nel decreto-legge n. 34, in discussione in quest'Aula, tutta una serie di misure finalizzate a contrastare questo possibile scenario negativo. In particolare, si istituisce un Fondo da un miliardo di euro al fine di erogare un contributo nei mesi da ottobre a dicembre 2023, a parziale compensazione delle uscite sostenute dalle famiglie per le spese di riscaldamento; viene inoltre potenziato il bonus sociale elettrico; è prorogata la riduzione dell'IVA e degli oneri generali nel settore del gas; viene confermato il contributo straordinario a favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale. Includendo tutte queste misure, l'entità degli interventi di contrasto al caro energia del 2023 risulta pari all'1,2 per cento del PIL; oltre metà di tale importo è indirizzato a favore delle fasce più deboli della popolazione. Finalmente, dopo anni, stiamo assistendo a politiche che migliorano nel concreto la vita delle famiglie italiane.

Una delle promesse di questo Governo era di arrivare, seppur gradualmente, ad un taglio di almeno 5 punti del cuneo fiscale in favore delle imprese e dei lavoratori, per alleggerire il carico fiscale delle prime e aumentare le buste paga dei secondi.

Con questo DEF, facciamo un passo avanti in questa direzione, prevedendo uno stanziamento di circa 3 miliardi, sebbene in uno scenario internazionale ancora incerto e rischioso. Infatti, l'economia italiana va meglio del previsto e, di questo passo, al termine del 2023, il deficit dovrebbe essere pari al 4,35 del PIL. Come dicevo, il taglio del cuneo fiscale significherà più soldi in busta paga, maggiore capacità di spesa e, quindi, minori preoccupazioni soprattutto per quelle fasce di popolazione che hanno sofferto maggiormente l'innalzamento dei prezzi; una scelta che, ancora una volta, mostra, con la forza dei fatti, quali siano le priorità di questo Governo, un primo passo che, in realtà, è il secondo, perché, nella foga di accusare il Governo per aver varato un DEF striminzito, reso assai magro anche dagli 80 miliardi bruciati grazie al superbonus varato, durante il Governo, dalle attuali opposizioni, molti si sono dimenticati che non si tratta del primo intervento dell'Esecutivo sulle tasse, perché, nella manovra dello scorso anno, sono stati già stanziati 5 miliardi, non solo per confermare il taglio di 2 punti di prelievo contributivo ai redditi fino a 35.000 euro, già effettuato dal precedente Governo, ma anche per raggiungere un ulteriore punto di decurtazione per i redditi fino a 25.000 euro.

Con la sforbiciata al cuneo oggi in vigore il risparmio sullo stipendio è calcolato, in media, in 400 euro l'anno; con i 3 miliardi aggiuntivi, scatterebbe, di fatto, il raddoppio, quindi quasi 800 euro di vantaggi in busta paga per i lavoratori. Infine, ricordo che la migliore stima del disavanzo tendenziale del 2024 al 3,5 per cento, rispetto al 3,7 programmatico, metterà sul piatto un altro tesoretto dello 0,2 per cento del PIL, pari a circa 4,5 miliardi da destinare anch'esso al calo della pressione fiscale.

Ricapitolando, in sei mesi questo Governo ha messo sul tavolo quasi 13 miliardi di euro per la riduzione della pressione fiscale. Questi sono i numeri del Governo sulle tasse. A novembre, quando avremo anche i dati della finanza pubblica con la Nota di aggiornamento al DEF, sarà possibile individuare le ulteriori risorse che verranno messe al servizio della riduzione delle tasse e a sostegno all'economia del 2024.

L'atteggiamento del Governo in questo DEF è stato prudente perché non vogliamo fare sforamenti di bilancio. I mercati ci guardano e quindi bisogna avere grande attenzione ad evitare azioni che possano avere conseguenze per il nostro sistema Paese. Ma sui prossimi anni, a partire dalla manovra, gli orizzonti si faranno sicuramente più difficili. E in questa sede vorrei ricordare, in particolare, a tutti i colleghi i due aspetti che pesano come macigni sui nostri conti pubblici e che non dipendono in alcun modo da questo Governo. Il primo riguarda gli interessi sul debito. Il DEF, infatti, ci offre l'occasione per tradurre in cifre le ricadute sui conti italiani dell'impennata degli interessi sul debito, alimentata dalla politica monetaria della BCE. E sono cifre imponenti: la spesa per interessi, che negli anni dei tassi a zero viaggiava tranquilla, poco sopra i 60 miliardi, salirà dai 75 miliardi del 2023 ai 91 del 2025, per sfondare il muro dei 100 miliardi nel 2026. Rispetto all'ipotesi di 12 mesi fa, si tratta di 66 miliardi in più. Quindi, se noi non stiamo attenti, super attenti, alle nostre politiche che vogliamo mettere in atto, con questa spada di Damocle che abbiamo sul capo rischiamo veramente e seriamente di far fallire il nostro Paese, e noi questo non lo vogliamo!

Dovremo pagare una somma enorme, tanto più se confrontata, per esempio, con la spesa che lo Stato dedica all'istruzione: 52 miliardi. Quindi andremo a pagare 66 miliardi in più, quando, per esempio, la spesa che abbiamo per l'istruzione ammonta a 52 miliardi, per le politiche sociali e la famiglia a 60 miliardi, per il lavoro a 20 miliardi, per lo sviluppo delle imprese a 40 miliardi. Quante cose potremmo fare con quei 66 miliardi che andiamo a pagare di interessi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

Ma restando al 2023, ciò significa che, statisticamente, il costo delle cedole che noi andiamo a pagare vale 1.400 euro per ogni italiano. Ogni italiano deve pagare 1.400 euro di interessi, compresi i neonati sempre meno numerosi. La spesa per interessi italiana non conosce rivali in Europa e nel resto del mondo sviluppato. Se andiamo a vedere il confronto con gli altri Paesi, la Francia spende 1.250 euro per ogni cittadino francese, la Spagna 664, la Germania 385, la Grecia 660. In questa geografia, verifichiamo proprio che i titoli di Stato italiani si collocano a un soffio dalla media europea, che è di 715 euro pro capite. Sapete cosa significa in termini ancora più pratici? Che, stando ai numeri appena evidenziati, la relazione sul ritocco al rialzo degli obiettivi di deficit rispetto al tendenziale a politiche invariate che oggi andiamo a votare, costerà esattamente il quintuplo di tre anni fa! Il dato è facile da capire, se si pensa che i BTP a 10 anni offrivano un rendimento dell'1,9 per cento il 24 aprile 2020, mentre oggi viaggiano al 4,3 per cento.

La responsabilità di questi numeri non è, ovviamente, del Governo Meloni, che si trova a gestire le conseguenze di una dinamica di lungo periodo, come i suoi predecessori, ma, a differenza loro, lo deve fare nel contesto radicalmente cambiato dalla discutibilissima politica monetaria restrittiva avviata dalla BCE per combattere l'inflazione. Infatti questa, attenzione, non è un'inflazione da domanda di beni e servizi eccessiva, che induce le imprese ad alzare i prezzi provocando l'inflazione, né da rialzo dei salari, ma semplicemente è dovuta ai grandi costi, che abbiamo dovuti subire tutti, dell'energia. Qui non c'è da alzare il costo del denaro per far consumare di meno, perché i consumi sono già in grande sofferenza, come rilevato anche dal DEF, che evidenzia come i consumi delle famiglie si attestino quest'anno ad un modesto 0,7 per cento di aumento. Questa è un'inflazione da costi energetici e materie prime. E invece la Lagarde cosa fa? Per combattere l'inflazione da costi ha pensato bene di aumentarne uno, quello del denaro preso a prestito, andando ad appesantire ulteriormente famiglie e imprese. Risultato: le famiglie hanno meno soldi da spendere per i consumi, le imprese meno possibilità di investire, costando troppo il denaro da prendere in prestito. Ma non solo: con il rialzo dei tassi, le nostre imprese si troveranno, nel 2023, a dover pagare interessi per finanziamenti, mutui e leasing, per un totale di oltre 35 miliardi: ben 15 miliardi in più rispetto allo scorso anno!

Il secondo aspetto riguarda, invece, il tema del superbonus. I bonus edilizi, nel loro complesso, sono costati oltre 116 miliardi. Di questi, il superbonus 67 miliardi, il bonus facciate 19 miliardi e gli altri bonus casa 30 miliardi. A chi fa della gratuità il proprio mantra - era gratis il superbonus, era gratis il reddito di cittadinanza, era gratis il PNRR - ricordo che queste cifre sono debito maturato, che lo Stato dovrà pagare. Per quanto riguarda, facciamo un esempio, il superbonus del 110 per cento, rispetto alle previsioni iniziali è costato quasi 44 miliardi in più. Quante cose si sarebbero potute fare con questi 44 miliardi in più!

Lascio a voi, colleghi, valutare quali interventi il Governo avrebbe potuto adottare, ad esempio la riduzione complessiva del cuneo fiscale e previdenziale di oltre 10 punti percentuali. Se andiamo a vedere l'analisi della Corte dei conti, le ingenti risorse destinate al superbonus hanno praticamente permesso di intervenire su meno di 400.000 immobili, a fronte dei 57 milioni di unità immobiliari. Quindi noi abbiamo speso 116 miliardi per soli 400.000 immobili! Se questo Governo non avesse dovuto fare i conti con le politiche monetarie dalla BCE e le scelte del Governo giallorosso, forse oggi avremmo potuto parlare di spazi di manovra ben maggiori di quelli contenuti in questo DEF (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Nel DEF troviamo anche un'attenzione particolare al tema della natalità. L'Istat ha recentemente scattato una fotografia allarmante ed eloquente. In 162 anni di storia, mai come nel 2022 sono nati così pochi bambini: meno di 7 ogni 1.000 abitanti. Siamo un Paese in cui i neonati, per la prima volta, scendono sotto quota 400.000. Questa è la vera emergenza italiana! Vuol dire che in un anno abbiamo perso circa 180.000 persone, quasi come se fosse sparita una città grande quanto Brescia. Se in Italia non torniamo a fare figli, non può reggere il sistema di protezione sociale, non può reggere il sistema pensionistico, non può reggere il sistema sanitario. Abbiamo una società che sta invecchiando in maniera estremamente veloce. Questo significa che avremo sempre molte più persone da mantenere di quante lavorino per mantenerle. Il DEF indica la proiezione di lungo periodo del debito-PIL, evidenziando che il debito ricomincerà a salire dal 2027, fino a sfiorare il 180 per cento del PIL nel 2055.

Un dato, questo, derivante dall'incremento delle spese legate all'invecchiamento della popolazione, che si spalmano, principalmente, su tre ambiti: pensioni, sanità e assistenza. Di fronte a questo scenario, la sinistra ritiene che la soluzione al crollo demografico sia l'immigrazione di massa. A nostro avviso, invece, per contrastare la denatalità in Italia, bisogna aiutare chi intende mettere su famiglia con figli. Non è un caso che già nell'ultima legge di bilancio circa 1,5 miliardi siano stati destinati alla maggiorazione dell'assegno unico universale per i figli, al rafforzamento del congedo parentale, all'abbattimento dell'IVA sui beni per l'infanzia. Riteniamo assolutamente condivisibile la proposta del Ministro Giorgetti di introdurre un bonus famiglia, che si concretizzerebbe nel non far pagare una quota parte delle tasse ai nuclei familiari composti da almeno 2 figli, una proposta dirompente per affrontare una delle crisi più profonde della nostra società.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, nel quadriennio 2023-2026 proseguirà la crescita dell'occupazione, portando il numero di occupati, a fine periodo, a 24 milioni. Il tasso di disoccupazione scenderebbe dall'8,1 per cento, nella media nel 2022, al 7,7 per cento e, nell'anno in corso, si attesterebbe a 7,2 per cento.

Il buon andamento del mercato del lavoro fotografato dal DEF non deve però distrarci da uno dei problemi endemici di questo Paese: la difficoltà a reperire manodopera, qualificata e non. La difficoltà di reperimento del personale nel 2022 ha riguardato il 41 per cento delle assunzioni e tenderà ad aumentare ulteriormente anche per l'accelerazione della domanda attesa per effetto degli investimenti PNRR. Solo per fare un esempio, nel terziario c'è una vera e propria emergenza. Considerando solo la filiera turistica e del commercio, si stima che, quest'anno, serviranno circa 560.000 lavoratori in più rispetto al 2022, ma, di questi, si rischia di non trovare sul mercato circa 230.00 profili.

L'anno di confine, guarda un po', è il 2019. Cos'è successo nel 2019? È iniziato il reddito di cittadinanza. Allora, la difficoltà di reperimento di manodopera si attestava al 26 per cento, ben 14 punti in meno rispetto ad ora. Poi, c'è stato anche l'anno della pandemia, che, chiaramente, non va conteggiato, ma, nel 2021, con la ripresa dell'economia e il ritorno della normalità, la percentuale è, comunque, salita al 32 per cento, per poi attestarsi al 41 per cento nel 2022. In termini assoluti, nel primo anno di parziale applicazione del reddito di cittadinanza, i lavori che le imprese non riuscivano a trovare erano circa 1,2 milioni. Nel 2022, dopo tre anni di cura con il sussidio, sono diventati circa 2,1 milioni. E, attenzione, perché non stiamo parlando di super ingegneri o bocconiani con master all'estero. Nel 2022 la quota dei lavoratori irreperibili, per cui è richiesta solo la scuola d'obbligo, è del 34 per cento. Nell'anno 2019 era del 19 per cento. Quindi, lo strumento, che avrebbe dovuto, non solo abolire la povertà, ma anche - come sbandieravano i 5 Stelle, esaltando le meravigliose potenzialità della loro creatura - accompagnare i lavoratori verso le imprese, attraverso la sapiente opera dei navigator, ha fatto raddoppiare il numero dei posti che restano vuoti per mancanza di candidati (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). In altre parole, semmai fosse stato possibile peggiorare le difficoltà che, da sempre, caratterizzano il mercato del lavoro italiano nell'allineare il fabbisogno delle aziende con le aspirazioni lavorative, il reddito di cittadinanza c'è riuscito in pieno. Per questo, ben venga che il DEF confermi la volontà del Governo di andare avanti sulla riforma del reddito di cittadinanza con una prospettiva di inclusione attiva, rafforzando il sistema di verifiche e controlli, anche per evitare il riprodursi dei fenomeni distorsivi.

Il problema della mancanza di manodopera si può risolvere in vari modi e il modo sul quale lavora il Governo non è con i migranti, anche se - è giusto ricordarlo -, rispetto al recente passato, nel decreto Flussi per il 2023 il numero dei posti di lavoro è aumentato (sono quasi 83.000 i lavoratori autorizzati a entrare per lavoro quest'anno). Una possibile soluzione risiede nella grande risorsa inutilizzata del lavoro femminile. Prima di arrivare al tema dell'immigrazione, quindi, si deve lavorare sulla possibilità di coinvolgere molte più donne nel mercato del lavoro. Un dato che lascia tutti senza parole è il fatto che un terzo delle donne non possiede un conto corrente. Il tasso di occupazione femminile è del 51,9 per cento, uno dei peggiori, se confrontato con la media europea del 62,7 per cento.

Vorrei fare un accenno anche alla questione della spesa sanitaria nazionale. L'opposizione ci accusa di aver fatto tagli, però, se andiamo ad analizzare il rapporto della spesa sanitaria al PIL dell'anno scorso, vedrete che è identico al rapporto di quest'anno. Però, siccome l'anno scorso erano nel Governo di Draghi, tutto andava bene. Quest'anno, siccome sono all'opposizione, pur essendo lo stesso dato, non va più bene (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Vorrei fare un ultimo accenno, Presidente, al nuovo codice dei contratti pubblici. L'inserimento del nuovo codice, voluto fortemente dalla Lega e soprattutto da Matteo Salvini, sicuramente porterà beneficio alla nostra economia. Infatti, se consideriamo gli investimenti che ci saranno sul totale del PIL, questi aumenteranno in misura significativa. È importante la semplificazione. Abbiamo sempre parlato della burocrazia nel nostro Paese; ebbene, il nuovo codice degli appalti accelererà l'attribuzione del fare alle aziende. Consentiremo alle aziende di fare e questo inciderà soprattutto sulla nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mauro Del Barba. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BARBA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, come ricordava il relatore, onorevole Pella, il DEF è un momento importante nel ciclo di programmazione per volgere il nostro sguardo nel medio e nel lungo periodo e per impostare la manovra e i conti pubblici nei mesi successivi.

La prima cosa che dobbiamo domandarci è come si presenta il nostro Paese a questo appuntamento. Da questo punto di vista, non possiamo che rallegrarci del fatto che il Paese mostri alcuni fondamentali come positivi. Veniva ricordato, con un certo orgoglio, giustamente anche dai colleghi della maggioranza, che il tendenziale per il 2023 è in crescita: cresce dello 0,15 per cento (3,4 miliardi) e, per il 2024, dello 0,20 (4,5 miliardi).

Ecco, fin qui, le buone notizie: un Paese in salute, che dimostra di continuare a rispondere a una cura che, dal nostro punto di vista, ha un nome molto preciso, la cura del Governo Draghi, la cura che anche questo Governo, come abbiamo sottolineato più volte da questi banchi, ha voluto proseguire con risultati meno felici di quel momento positivo di Governo, ma comunque nello stesso solco. Oggi, ne misuriamo i risultati. Certo, dobbiamo dirci che deriviamo tali risultati positivi da un andamento globale positivo dell'economia e, principalmente, anche da uno scenario positivo dovuto alla riduzione dei prezzi dell'energia. È importante aver collocato il Paese in questa posizione di forza.

Allora, possiamo fermarci qui e rallegrarci della situazione in cui ci troviamo?

A nostro parere no, perché all'orizzonte si profilano nubi nere o, comunque, grandi fattori di incertezza. A questo punto, diventa interessante ciò che alcuni colleghi della maggioranza hanno già sottolineato, dicendo che, finalmente, ora abbiamo un Governo politico e non un Governo tecnico. Ma andiamo ad esaminare questo vantaggio presunto, queste differenze o, forse, anche questo deficit che deriva dal fatto di avere un Governo politico e non un Governo tecnico. Il DEF stesso ce lo dice, ce lo diceva il relatore nella sua relazione introduttiva: uno dei fattori che sosterrà la crescita del nostro Paese è il PNRR. Ebbene, proprio sul PNRR - lo abbiamo visto ieri in quest'Aula - si addensano i dubbi più importanti. Viene detto che si andranno a rivedere alcuni degli investimenti: fin qui, il giudizio potrebbe anche essere neutro - chissà, se la revisione è chirurgica, puntuale, potrebbe anche apportare benefici -, ma permetteteci di esprimere qualche preoccupazione rispetto al modo in cui questo Governo e questa maggioranza stanno dichiarando di volerlo fare, muovendosi, in realtà, senza mostrare elementi rassicuranti circa la capacità finale di raggiungere questi risultati.

E non è nemmeno così esaltante il dato per cui gli aumenti - che prima ho richiamato per il 2023 e il 2024 - vengono destinati ad un “taglietto” del cuneo fiscale, rispetto al quale siamo sempre stati favorevoli, e al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Sono due elementi che ci vedono assolutamente convinti in termini di direzione, ma ci si dimentica di dire che proprio questo stesso DEF certifica che non si sarà in grado di rinnovare, nel 2024, i tagli al cuneo fiscale, già operati in passato e che scadono nel 2023, e nemmeno il “taglietto” che viene messo sul piatto oggi.

Questo ci preoccupa, ma, accanto a questo fatto preoccupante, c'è da aggiungere che solo le politiche invariate, che non sono citate nel DEF, cifrano più di 6 miliardi, per non parlare del rinnovo dei contratti, anche questo non presente nel DEF. Sono tutti elementi che, evidentemente, vanno a minare questo quadro di apparente solidità che ci viene mostrato. Il tutto, poi, si aggiunge ad elementi di incertezza esogeni: la fine della clausola di salvaguardia sul Patto di stabilità, l'arrivo delle nuove regole sulla governance europea, proprio ieri presentate da Dombrovskis e da Gentiloni, le quali fanno capire che si dovrà tornare con serietà sul tema del percorso del rientro e della sostenibilità del debito, magari con più flessibilità, ma con serietà, laddove gli elementi chiari che ci sono stati mostrati sono quelli della capacità di fare investimenti e, soprattutto, di fare le riforme.

Da questo punto di vista, la nostra preoccupazione cresce, perché è proprio sul tema delle riforme che questo Governo politico si discosta dal precedente Governo tecnico, e cito i balneari, per fare un esempio piccolino. Sul tema del PNRR l'abbiamo già detto quanto ci preoccupa e ciò, anche con riferimento alla sua capacità di stare in Europa e di rassicurare l'Europa, nonché i mercati, il MES su tutti. Invitiamo la maggioranza ad avere coraggio, a riconoscere che il MES va approvato nell'interesse del nostro Paese.

Allora, scopriamo che questo presunto Governo tecnico, in realtà, era un Governo non politico, politicissimo. Era un Governo capace di fare scelte, prima di tutto quella dell'atlantismo - ci ha tenuto fortemente su quel solco in un momento delicato -, quella dell'europeismo - ci ha tenuto allo stesso tavolo con Francia e Germania -, con la capacità di affrontare e domare i mercati, sia dando molto quando era necessario, sia sapendo prelevare, come nel caso degli extraprofitti. Era un Governo coraggioso e giusto. Sul superbonus avrebbe fatto quello che questo Governo ha fatto, ma con la capacità di togliere aziende e cittadini dai pasticci e non di rimandare al 2028 i debiti, minando quello che sembra essere un interesse della maggioranza, cioè il futuro dei nostri figli.

Presidente, colleghi, per chiudere, diamo un'occhiata anche alla parte finale del DEF, quella che va a vedere l'andamento del debito nel lungo periodo. Qui le preoccupazioni aumentano, ma non troviamo negli interventi della maggioranza una preoccupazione analoga alla nostra: aumentano perché i fattori che più incideranno sull'andamento del debito, rendendolo o meno sostenibile, sono esattamente l'immigrazione, le pensioni e le riforme; guarda caso, tre elementi su cui il Governo politico ci sembra davvero costituire un grande peggioramento rispetto al Governo tecnico. Allora, bene che il Paese stia facendo la sua parte, bene che l'economia stia trainando la nostra crescita, ma auspico grande attenzione rispetto alle politiche di questa maggioranza, che si dimostrano preoccupanti per il futuro del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mascaretti. Ne ha facoltà.

ANDREA MASCARETTI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, lo scorso 11 aprile, il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza 2023, così come è previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 31 dicembre 2009. Il Documento di economia e finanza costituisce, come sappiamo, il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio e oggi siamo chiamati ad esprimerci sugli obiettivi e sulle strategie di politica economica in esso contenuti per il prossimo triennio 2024-2026, in un quadro economico-finanziario che resta indubbiamente incerto e non privo di rischi. Infatti, nonostante negli ultimi tempi si siano ridotti gli effetti negativi derivanti dalla pandemia e dal caro energia, restano, invece, elevati quelli riguardanti la guerra in Ucraina che ancora non sembra destinata a fermarsi. Analogamente, rimane consistente l'incertezza generata dalle elevate tensioni geopolitiche o dagli alti livelli di inflazione che hanno indotto il rialzo dei tassi di interesse, nonché il drenaggio di liquidità da parte delle banche centrali, le cui politiche restrittive hanno fatto emergere situazioni critiche nel sistema bancario internazionale.

Questi fattori sono dovuti alla contrazione del tasso di crescita dell'economia globale, che è passato dal 6 per cento del 2021 al 3,2 per cento nel 2022, mentre la dinamica inflattiva, generata dall'aumento dei prezzi delle materie prime, si è successivamente propagata sui prezzi alla produzione e su quelli al consumo, generando nei Paesi dell'area OCSE un'inflazione al consumo complessiva del 9,6 per cento, in media, nel 2022.

Comunque, malgrado un contesto così incerto, l'economia italiana continua a mostrarsi notevolmente resiliente e vitale e il Governo Meloni, con le sue riforme, partendo da quella fiscale, intende ridare agli italiani fiducia nel futuro, tutelando la natalità, i soggetti più vulnerabili, il potere d'acquisto delle famiglie, la legalità, l'occupazione e l'imprenditorialità.

Entrando nel dettaglio del DEF, per quanto riguarda l'economia italiana, se il 2022 si è chiuso con un rallentamento congiunturale del PIL, tuttavia gli indici di fiducia delle famiglie e delle imprese italiane indicano una ripresa dell'economia nei primi mesi del 2023. In tale contesto, con una situazione internazionale, che, come abbiamo visto, è di grande incertezza, le previsioni di crescita del PIL nel DEF sono necessariamente molto prudenti.

Nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il PIL è previsto crescere dello 0,9 per cento nel 2023, dell'1,4 per cento nel 2024, dell'1,3 per cento nel 2025 e dell'1,1 per cento nel 2026, mentre, nello scenario programmatico, cresce, rispettivamente, dell'1,1 per cento nel 2023, dell'1,5 per cento nel 2024, mentre, per gli anni 2025 e 2026, sono riportate le stesse percentuali dello scenario tendenziale, perché, in questo caso, la percentuale per il 2025 è in linea con il documento programmatico di bilancio, mentre quella prevista per il 2026 è dovuta semplicemente alla prassi metodologica definita a livello di Unione europea.

Per quanto riguarda il debito lordo della pubblica amministrazione, vediamo che, nel 2022, il rapporto debito-PIL è sceso al 144,4 per cento, dal 149,9 per cento di fine 2021. Si tratta di un risultato molto importante, se consideriamo i ripetuti interventi di politica fiscale adottati dal Governo Meloni per sostenere le famiglie e le imprese esposte, in particolar modo, al caro energia, che, secondo le stime più aggiornate, sono stati pari al 2,8 per cento del PIL in termini lordi. Secondo gli obiettivi indicati nello scenario programmatico del DEF, il rapporto debito-PIL continuerà progressivamente a scendere, nel 2023 al 142,1 per cento, nel 2024 al 141,4 per cento, nel 2025 al 140,9 per cento, fino a raggiungere il 140,4 per cento nel 2026.

Occorre, tuttavia, sottolineare che si sarebbero potuti registrare ulteriori riduzioni del rapporto debito PIL se il superbonus 110 per cento non avesse avuto gli impatti sui saldi di finanza pubblica che sono stati finora registrati. Inoltre, i crediti fiscali detenuti dal settore privato inizieranno ad avere un impatto significativo sul fabbisogno di cassa e renderanno comunque più complesso, almeno fino al 2026, il prosieguo della rapida riduzione del rapporto debito-PIL.

Per quanto riguarda l'indebitamento netto, la recente riclassificazione dei crediti fiscali legati ai bonus edilizi da parte dell'Istat, in accordo con Eurostat, ha determinato un notevole aggravamento del deficit 2022, il quale si è attestato all'8 per cento del PIL, pari a 151,9 miliardi di euro, anziché al 5,6 come previsto dall'obiettivo programmatico. Tuttavia, grazie alle recenti modifiche della norma riguardante i bonus edilizi introdotti dal Governo Meloni, l'andamento del deficit della pubblica amministrazione tenderà a migliorare nei prossimi anni. Così il DEF prevede di ridurre progressivamente e in modo continuativo il deficit e il debito della pubblica amministrazione in rapporto al PIL. Coerentemente con questo obiettivo, il Governo Meloni conferma gli obiettivi di indebitamento netto presenti nel Documento dello scorso novembre. Dunque, il nuovo quadro previsionale tendenziale del DEF prevede per il 2023 un indebitamento pari al 4,35 per cento del PIL, che corrisponde a meno 87,8 miliardi, con un costante decremento dell'indebitamento netto previsto per gli anni successivi, che sarà di meno 3,5 per cento nel 2024, pari a meno 84,8 miliardi, di meno 3 per cento nel 2025, pari a meno 70,5 miliardi e di meno 2,5 per cento nel 2026, pari a meno 67,8 miliardi. Per lo scenario programmatico abbiamo, invece, meno 4,5 per cento nel 2023, meno 3,7 per cento nel 2024, meno 3 per cento nel 2025 e meno 2,5 per cento nel 2026.

Sull'occupazione, invece, possiamo dire che il DEF prevede che il numero degli occupati aumenterà da 23,1 milioni a 23,9 milioni nel periodo 2023-2026, mentre il tasso di disoccupazione scenderà, nello stesso periodo, dall'8,1 per cento al 7,2 per cento, ma soprattutto, a fronte di una stima di deficit tendenziale per l'anno in corso pari al 4,35 per cento del PIL e al mantenimento dell'obiettivo di deficit al 4,5 per cento, il Governo Meloni effettuerà un nuovo taglio di oltre 3 miliardi di contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, con un provvedimento tempestivo già a valere dal periodo maggio-dicembre di quest'anno. Questa decisione non solo sosterrà il potere d'acquisto delle famiglie, ma contribuirà anche alla moderazione della crescita salariale, prevenendo una pericolosa spirale salari-prezzi. Voglio sottolineare come, concordemente con altre misure contenute nella legge di bilancio, questa decisione certifica l'attenzione prioritaria del Governo alla tutela del potere d'acquisto dei lavoratori e, al contempo, alla prevenzione del rischio di una pericolosa spirale salari-prezzi. Infine, il DEF prevede una riduzione della pressione fiscale, che scenderà nel periodo 2023-2026 dal 43,3 per cento al 42,7 per cento.

Per quanto riguarda il PNRR, il Governo Meloni è al lavoro per ottenere la terza rata. Sono in corso le interlocuzioni con le istituzioni europee per la revisione e la rimodulazione di alcuni degli interventi previsti. Inoltre, è in fase di elaborazione il capitolo del programma relativo al REPowerEU, che comprenderà, tra l'altro, anche nuovi investimenti. In particolare, ieri mattina, come ha ricordato il Ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, intervenendo in Aula per l'informativa sullo stato di attuazione del piano di investimenti, è stato firmato il DPCM per dare attuazione al decreto sulla governance del PNRR. Lo voglio ricordare a quanti hanno criticato fino ad ora la nuova governance, perché la fase di attuazione della nuova governance non c'è ancora stata.

Ora l'attività del Governo è concentrata sul raggiungimento dell'obiettivo di superare la fase di valutazione per il rilascio della terza tranche di aiuti, che ammonta a 19 miliardi, legata al raggiungimento dei 55 obiettivi del PNRR richiesti per il 31 dicembre 2022. Ricordo anche che al momento dell'insediamento il Governo Meloni ha trovato solamente 25 obiettivi raggiunti. Come ha fatto presente il Ministro Fitto, c'è stato poi un lavoro molto intenso e i 55 obiettivi sono stati raggiunti e inviati alla Commissione europea e così è iniziata la fase di confronto con quest'ultima.

L'obiettivo del Governo è di dare al Paese un'attuazione piena del PNRR, come ha ribadito ieri il Ministro in quest'Aula, e per questo è fondamentale il confronto con la Commissione, con le autonomie locali e i soggetti attuatori per scovare ora tutte le criticità e inviarle alla Commissione europea. Sarà chiesta, dunque, maggiore flessibilità per spostare la programmazione di investimenti fino al 2027, che darà così tempo fino a dicembre 2029 per la rendicontazione, redigendo, nel frattempo, il REPowerEU, che conterrà una parte di interventi infrastrutturali e una parte di incentivi a imprese e famiglie e non potrà essere finanziato in deficit.

Il Ministro Fitto ha anche chiarito che fra i 27 obiettivi del 30 giugno 2023 ve ne sono alcuni da rimodulare e l'interlocuzione con l'Unione europea è per mantenere gli obiettivi e i finanziamenti, garantendo la loro realizzazione entro il 2026.

Tra gli obiettivi da rimodulare - lo ricordiamo - ci sono la realizzazione degli asili nido e delle scuole d'infanzia, la sperimentazione dell'idrogeno nei mezzi di trasporto pubblico e il progetto Cinecittà.

Guardando ora più in dettaglio agli obiettivi programmatici della politica economica e di bilancio del Documento di economia e finanza 2023 e considerando il tempo che mi è rimasto per l'intervento, mi concentrerei su 4 obiettivi: sostituire progressivamente alcune misure straordinarie di politica fiscale degli ultimi anni, rilanciando l'economia e i sostenendo soggetti più vulnerabili; ridurre gradualmente, ma in modo continuativo, il deficit e il debito della pubblica amministrazione; sostenere la crescita del PIL; ridurre l'inflazione e recuperare il potere d'acquisto delle retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori.

Per quanto riguarda il primo obiettivo, cioè il superamento graduale di alcune delle misure straordinarie di politica fiscale attuate negli ultimi tre anni, la scelta fatta con la legge di bilancio per il 2023 di concludere alcune delle misure emergenziali, quali i tagli delle accise sui carburanti, mantenendo, al contempo, un elevato supporto alle famiglie e alle imprese per contrastare il caro energia per tutto il trimestre, si è rivelata vincente. Infatti, il costo finale delle misure di contenimento del caro energia a favore delle imprese è risultato inferiore alle stime della legge di bilancio per circa 5 miliardi. Tali risorse hanno consentito di finanziare nuove misure a sostegno delle famiglie, delle imprese, nonché del sistema sanitario nazionale e dei suoi operatori.

Gli interventi contenuti nel decreto-legge n. 34 del 30 marzo 2023 hanno prorogato per il secondo trimestre, rimodulandole, le misure di contrasto al caro energia. Comunque, per precauzione è stato previsto uno stanziamento di un ulteriore miliardo per il quarto trimestre dell'anno, come ulteriore intervento di mitigazione del costo dell'energia per le famiglie, che si attiverà qualora il prezzo del gas naturale dovesse superare i 45 euro al megawattora, restando in vigore i cosiddetti bonus sociali energetici a favore delle famiglie a rischio di povertà e addirittura potenziando quelli per i nuclei familiari con almeno 4 figli. Sempre con lo stesso decreto-legge, sono finanziate le esigenze aggiuntive del sistema sanitario. Includendo le nuove misure, l'entità degli interventi per il contrasto al caro energia per il 2023 risulta pari all'1,2 per cento del PIL. Oltre la metà di tale importo è indirizzato a favore delle fasce più deboli della popolazione e delle imprese più esposte agli alti prezzi dell'energia, in linea con le raccomandazioni del Consiglio europeo.

La razionalizzazione della politica di bilancio riguarda anche gli incentivi edilizi, in particolare il cosiddetto superbonus 110 per cento per l'efficientamento energetico e antisismico e il bonus facciate. Il costo a carico di tutti i cittadini italiani di queste due misure è stato nettamente superiore alle stime originarie. In considerazione della loro eccessiva onerosità, il Governo Meloni è intervenuto dapprima riducendo al 90 per cento, salvo alcune specifiche fattispecie, l'aliquota del superbonus relativamente alle spese sostenute nel 2023. Successivamente, con il decreto-legge n. 11 del 16 febbraio 2023 è stata eliminata la possibilità di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura in luogo della fruizione diretta della detrazione, con l'esclusione di alcune fattispecie. Peraltro, la progressiva sottrazione della capacità di acquisto del sistema bancario aveva di per sé rallentato la cessione dei crediti, generando in molti casi una carenza di liquidità per le imprese della filiera delle costruzioni.

Per far ripartire il mercato dei crediti, il Governo ha elaborato misure che sono state inserite nella legge di conversione del suddetto decreto-legge. Superata questa fase, il Governo intende rivedere l'intera materia degli incentivi edilizi, in modo tale da combinare la spinta all'efficientamento energetico e antisismico degli immobili con la sostenibilità dei relativi oneri di finanza pubblica e l'equità distributiva.

Per quanto riguarda la riduzione del deficit e del debito della pubblica amministrazione in rapporto al PIL, il Governo Meloni conferma gli obiettivi di indebitamento netto in rapporto al PIL già indicati a novembre nel Documento programmatico di bilancio, ossia meno 4,5 per cento nel 2023, meno 3,7 per cento nel 2024 e meno 3 per cento nel 2025. L'obiettivo per il 2026 viene fissato al meno 2,5 per cento. Dunque, si tratta di una riduzione graduale e sostenuta nel tempo, coerente con le attuali regole del Patto di stabilità. Inoltre, occorre considerare che la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione delle regole di bilancio e degli altri aspetti della governance economica, compresa la procedura sugli squilibri macroeconomici, mentre il Consiglio Ecofin ha approvato una risoluzione che invita la Commissione a presentare in tempi rapidi le relative proposte legislative, in modo da poterle approvare entro la fine dell'anno.

La proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita della Commissione è incentrata su una regola di spesa i cui obiettivi sono modulati in base alla sostenibilità del debito pubblico di ciascuno Stato membro. Coerentemente con la risoluzione parlamentare dello scorso 9 marzo, nel dibattito in seno all'Ecofin e ai suoi sottocomitati, il Governo ha sostenuto le linee principali della proposta della Commissione, proponendo l'adozione di un trattamento preferenziale per gli investimenti pubblici per contrastare i cambiamenti climatici e per promuovere la transizione digitale, nonché per la spesa per la Difesa quando derivante da impegni assunti a livello internazionale. Per quanto riguarda il sostegno alla ripresa dell'economia, per conseguire tassi di crescita del PIL e del benessere economico dei cittadini più elevati di quelli registrati nei due decenni scorsi, oltre agli obiettivi di questo DEF, il contesto di incertezza induce a un'ambizione responsabile e nello scenario tendenziale, a legislazione vigente, il PIL è previsto crescere in termini reali dello 0,9 per cento nel 2023...

PRESIDENTE. Concluda.

ANDREA MASCARETTI (FDI). Concludo, Presidente. In confronto al Documento programmatico di bilancio di novembre in cui la crescita del 2023 era fissata allo 0,6 per cento. Quindi, all'1,4 per cento nel 2024, all'1,3 per cento nel 2025 e all'1,1 per cento nel 2026. Sebbene tali previsioni siamo prudenti, rimangono confermate la volontà e l'ambizione di questo Governo riguardo alla crescita dell'economia italiana.

Mancando il tempo, concludo, Presidente, dicendo che è positivo questo DEF, improntato all'ambizione responsabile e scritto con tutta la prudenza che questo momento di grande incertezza, soprattutto dell'economia internazionale, richiede, ma che punta realisticamente, per i prossimi anni, a un aumento del tasso di crescita del PIL e dell'occupazione, sempre avendo come priorità il sostegno alla natalità e la tutela delle famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo Marconi, di Palagianello, in provincia di Taranto, che assistono ai nostri lavori delle tribune. Ovviamente, è un'altra classe rispetto alla precedente (Applausi). In questo momento, la seduta prevede la discussione generale sul provvedimento all'ordine del giorno e sono presenti i parlamentari - ci tengo a precisarlo - che sono coinvolti perché faranno, appunto, o hanno appena fatto il loro intervento in discussione generale.

Sospendo brevemente, per un'esigenza tecnica, la discussione sul DEF che riprenderà subito dopo, tra 3 o 4 minuti.

La seduta, sospesa alle 11,24, è ripresa alle 11,33.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lai. Ne ha facoltà.

SILVIO LAI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, durante il dibattito abbiamo sentito definire questo DEF come incarnato da un'ambizione responsabile. Sono convinto che non sia esattamente la sintesi di questo Documento.

Dopo 6 mesi di legislatura, il primo documento di programmazione economica di questo Governo, in realtà, è un documento debole e deludente - d'altronde, siete delusi anche voi, anche se non potete dirlo -, per il quale, peraltro, non ci sono neanche le scuse o la possibilità di attribuire ad altri, al passato, a chi c'era prima, la responsabilità di quello che c'è scritto. Anche se, in quel prima, con notevole faccia tosta, si fa velo di dire che, spesso e volentieri, ci sono stati i partner di questo Governo, oltre che i principali Ministri. In ogni caso, per questo Documento non ci si può nascondere neanche dietro il tempo breve, dietro la solita motivazione usata durante la legge di bilancio: “abbiamo trovato già tutto pronto, siamo appena arrivati, non potevamo fare di più”.

Il contesto nel quale avete scritto il DEF era ampiamente conosciuto. La guerra, l'inflazione, la crisi energetica, la fine del rimbalzo del PIL, come elementi critici, così come la grande occasione del PNRR, come elemento di ripresa e ripartenza, erano sul campo, anche quando avete fatto le mirabolanti promesse elettorali a settembre scorso. E, peraltro, avete anche la fortuna di avere un contesto esterno migliore di quello dello scorso anno e migliore delle previsioni che si facevano per questo. Tuttavia, state facendo di tutto per sprecare le occasioni e gli strumenti positivi che avete a disposizione.

Sul DEF del 2023, non si può nascondere la vostra piena responsabilità delle previsioni, degli indirizzi presenti, delle scelte da voi effettuate all'interno del Documento, scelte che impegneranno il Governo e che condizioneranno soprattutto le azioni e gli atteggiamenti degli investitori, delle imprese e dei cittadini. In sintesi, il re è nudo.

Il DEF presenta diversi motivi di valutazione, anche durante le audizioni ne abbiamo ascoltati tanti, ma soprattutto sono negativi. Innanzitutto, non ci sono scelte, non ci sono priorità, non c'è una direzione di marcia. Che sia mancanza di coraggio o assenza di idee, c'è, comunque, un'enorme sottostima delle condizioni del Paese, di quello che servirebbe dire e fare, del messaggio che va mandato ai cittadini, quanto all'opinione pubblica italiana e internazionale.

Non è un caso quanto sta avvenendo in queste ore sugli indirizzi che gli attori economici stanno dando, e non aiuta gridare al complotto internazionale, anzi, fa molto peggio. Si tratta di un Documento che è naturale considerare e giudicare non all'altezza di un Paese come il nostro e neanche della fase che sta vivendo. Nel migliore dei casi, il giudizio che è stato dato durante le audizioni dai principali analisti pubblici e indipendenti o dai grandi portatori di interessi è quello della prudenza, ma, in realtà, è un DEF immobilista, inadeguato, di corto respiro. Magari intravedete i problemi, ma poi date soluzioni inadeguate.

Per esempio, qualche collega, sul tema della natalità, parlava della grande soluzione che ha trovato il Ministro Giorgetti. Ma guardate che la denatalità non la si risolve con poche detrazioni fiscali; peraltro, se la si risolvesse, la si risolverebbe con un tempo molto lungo, molto al di là del triennio di questo DEF. Così come quando dite che serve, invece, una maggiore occupazione femminile, e insieme, dall'altra parte, proponete un decreto sul lavoro che produce soltanto lavoro instabile, non pensiate che quello possa costituire la base per contrastare la denatalità o la libera scelta di una donna di fare un figlio o di una famiglia di mettere al mondo più figli.

I nodi ci sono e presto verranno al pettine, richiedendo molte più risorse di quelle rese disponibili. Parlo del breve termine rispetto al limitato extra deficit che avete programmato nel 2024. Annunciate una riduzione del cuneo, temporanea peraltro, per 3-4 miliardi, qualche migliaio di euro a testa per i lavoratori, e, già a dicembre, vi abbiamo detto che il taglio che avevate previsto nella legge di bilancio era del tutto inadeguato e insufficiente. Ora, ci date ragione. Il punto è che, ancora una volta, si tratta di una misura limitata, una tantum, mentre il crollo del potere di acquisto dei salari è drammatico.

Soltanto a marzo, il carrello della spesa è aumentato del 13 per cento, mentre le retribuzioni crescono meno del 2 per cento. Insomma, sono toppe che non bastano. Servono una strategia, un taglio del cuneo più grande e strutturale - ve lo abbiamo detto -, una legge sul salario minimo, un rinnovo vero dei contratti di lavoro scaduti da tempo. Per il Fondo sanitario, nel DEF non è previsto un euro in più, mentre, per arrivare al 7 per cento del PIL, servirebbero 15 miliardi. Guardate che il sistema sanitario pubblico è in una fase involutiva drammatica, rischia di crollare, con il commissariamento di molte regioni, il taglio dei servizi e l'aumento delle tasse locali.

Guardate che la contrazione economica rischia di accelerare anche un'involuzione organizzativa, con la fuga di tanti medici, che vanno via da un sistema sanitario insopportabile ormai, perché fragile e troppo rigido.

Su tutto questo, sul DEF il Governo non ha nulla da dire e, poi, lo accompagna con una riforma fiscale che incita a fare esattamente il contrario di quello che servirebbe. Per noi, la priorità è tagliare le tasse sul lavoro, sui redditi medi e bassi; il resto viene dopo. Invece, con la riforma fiscale, si dà l'idea della tendenza verso la flat tax e, a questo obiettivo ideologico, si sacrifica la tutela dei redditi della larga maggioranza dei contribuenti. Invece, occorrerebbe fare un'operazione maggiormente progressiva e, soprattutto, di carattere strutturale.

Insomma, a questo Paese servono 25-30 miliardi per evitare di entrare in recessione, ovvero di finire come nel 2012, quando, in un solo anno, raddoppiò la quantità di poveri in questo Paese. E, invece, con un combinato disposto di questo debolissimo DEF, di un'annunciata riforma fiscale che incita a rinviare il pagamento delle tasse e degli annunci di revisione del PNRR, ci stiamo portando verso una condizione difficilissima.

Le risorse si potrebbero trovare, basterebbe evitare di incitare all'evasione fiscale e combatterla sul serio, e ci sono gli strumenti, così come la strada giusta è quella di ritassare gli extraprofitti. Lo dice anche la BCE, mica pericolosi comunisti.

Questo DEF sembra solo un passaggio burocratico - e concludo, Presidente -, anziché essere la mappa di un percorso dei prossimi anni. Il libro su quello che sognate per il Paese o per la Nazione, purtroppo, rischia di essere un incubo.

Voi dovreste essere medici al capezzale di un malato, invece sembrate prefiche che piangono a pagamento, senza coinvolgimento nel sentimento. Altro che poco coraggiosi, le vostre scelte ci sono e sono evidenti: di fronte ai problemi veri, voi vi girate dall'altra parte oppure mettete solo i cocci del vaso rotto sotto il tappeto, ma anche quelli, prima o poi, emergono e gli italiani lo stanno iniziando a scoprire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Quartini. Ne ha facoltà.

ANDREA QUARTINI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, purtroppo ci tocca verificare, per l'ennesima volta, che il Governo e questa maggioranza non considerano la tutela della salute come una priorità e questo è un grosso problema. Il DEF che ci viene restituito non inverte la tendenza - pare che la pandemia non abbia insegnato un bel niente - e quindi si va addirittura a ipotizzare una sanità povera, sotto il 6,5 per cento del PIL, che viene considerato il cut-off a livello internazionale per definire una sanità povera da una sanità sufficiente. Siamo al 6,2 nel 2025 e nel 2026. È inaccettabile, come è inaccettabile non prevedere risorse per abolire il tetto di spesa per l'assunzione del personale sanitario. Sappiamo benissimo che, se non si assume, se non si investe in sanità, le liste d'attesa aumentano e i pronto soccorso scoppiano. Gli operatori sanitari hanno bisogno di riposo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle); non hanno bisogno di essere incentivati a fare orari aggiuntivi straordinari o libere professioni. Sappiamo benissimo che l'11 per cento dei cittadini, ossia 5 milioni, rinunciano alle cure perché non riescono ad avere accesso alle stesse nel Servizio sanitario nazionale pubblico e non hanno abbastanza reddito per potersi pagare il cosiddetto out-of-pocket, cioè la sanità privata, e noi non facciamo un bel niente in questo Documento di economia e finanza. Non facciamo un bel niente rispetto anche al fatto che la salute dovrebbe essere un diritto fondamentale da garantire a tutti i cittadini e il benessere delle persone dovrebbe essere al centro di tutte le decisioni politiche, non solo sanitarie ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali oltre che di quelle relative alla scuola, all'istruzione, alla formazione e alla ricerca.

Allora, Presidente, colleghi vi chiedo: sapete qual è la causa principale di cattiva salute? Qual è la determinante più importante della cattiva salute, studiata da tutte le agenzie scientifiche, a livello internazionale? È la povertà. Ebbene, non solo avete smantellato il reddito di cittadinanza, che era una misura di contrasto alla povertà, ma non troviamo niente in termini di contrasto al disagio abitativo, dalla ripresa di una politica sull'edilizia residenziale pubblica, al contributo affitti, alla morosità incolpevole, e non c'è niente in difesa dei salari, dal salario minimo, ai rinnovi, alla lotta al lavoro povero e al precariato. Non c'è niente nemmeno in difesa del caro mutui e niente in difesa di un fisco equo, negando ancora una volta l'importanza di poter intervenire sugli extraprofitti speculativi di aziende farmaceutiche, banche, aziende che hanno speculato sui costi dell'energia o compagnie di assicurazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Sapete qual è la seconda causa di cattiva salute? È l'inquinamento ambientale: 90.000 morti l'anno, nel nostro Paese, a causa delle alterazioni climatiche e dell'inquinamento ambientale. Che cosa avete fatto, fino a oggi? Avete smantellato l'unica misura virtuosa, oltremodo espansiva, che era il superbonus 110 per cento, e lo avete fatto perché l'aveva fatta il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Siete stati aggressivi e violenti nei confronti di oltre 12.000 imprese e di oltre 120.000 cittadini che avevano la possibilità davvero di contrastare la loro povertà, perché erano occupati stabilmente grazie a questa misura. È chiaro che noi non siamo sulla vostra linea, noi siamo su una linea diversa. Il pianeta ci sta a cuore, la salute dei cittadini ci sta a cuore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Barbagallo. Ne ha facoltà.

ANTHONY EMANUELE BARBAGALLO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Il primo Documento di economia e finanza del Governo Meloni si caratterizza per una preoccupante assenza di ambizioni, di strategie, di risorse. Tale assenza si riflette sugli andamenti economici. A fronte di un tasso di crescita tendenziale già modesto, l'obiettivo programmatico risulta superiore di solo un decimo per l'anno in corso e per il prossimo anno. A fronte di un aumento delle entrate determinato dall'inflazione, si registra una sostanziale stabilità della spesa nominale e pertanto una riduzione, in termini reali, del livello di finanziamento dei servizi pubblici. La spesa minima, in percentuale del PIL, infatti, si riduce costantemente in tutto l'orizzonte temporale previsto. Particolarmente emblematici sono i tagli sulla spesa sanitaria: dal 6,9 per cento in rapporto al PIL del 2022, si scende al 6,3 per cento del 2024 e al 6,2 per cento per il biennio successivo. Per tornare sopra il 7 per cento, che poi è il valore di riferimento della media europea, ci vorrebbero circa vent'anni, secondo le previsioni del DEF.

Nello specifico, poi, per quanto riguarda l'Allegato 3, uno degli aspetti più attesi del DEF, quello delle infrastrutture, addirittura arriva, secondo il Country Report 2022 della Commissione europea, un netto giudizio di insufficienza. Insufficienti, secondo i dati citati, sono i risultati conseguiti dall'Italia per la costruzione di infrastrutture resilienti, per la promozione dell'innovazione, per l'industrializzazione equa, responsabile e sostenibile e per il benessere degli individui.

Il DEF, così come è stato trasmesso alle Commissioni delle Camere, ci dà alcune certezze. La prima: non ci sono le somme per realizzare il Ponte sullo Stretto, quindi quella che dovrebbe essere l'opera più significativa del Governo Meloni e del Vice Premier Salvini, sbandierata in ogni comune del Sud per speculare sulla sete di infrastrutture della popolazione del Mezzogiorno, non ha copertura. Nel DEF è solo contenuto un generico riferimento alle somme messe a disposizione delle regioni a valere sull'FSC oppure sui finanziamenti all'uopo contratti sul mercato nazionale e internazionale; insomma, carta straccia.

La seconda certezza è che manca una vera e concreta distribuzione delle risorse per il Mezzogiorno. Non vengono neanche rispettati gli impegni, già assunti con il PNRR, tra differimenti - quello più celebre ed evidente è il differimento oltre il 2026 - e disimpegni delle disponibilità economiche. Insomma, dopo la manovra 2023 e dopo questo DEF, continuerà ad aumentare il divario tra Nord e Sud del Paese.

Ancora: mancanza di sostegno vero ed equità nei confronti delle famiglie. Una misura di bandiera che era stata apprezzata negli ultimi anni, come il bonus trasporti, viene colpita pesantemente, vengono dimezzate, sostanzialmente, le risorse del Fondo, da 190 milioni a 100 milioni e viene abbattuto in modo consistente il limite di reddito per poter chiedere il bonus, da 35.000 euro a 20.000 euro.

Per non parlare, poi, delle infrastrutture idriche. Nell'anno con i dati più allarmanti di sempre sulla siccità, occorreva una risposta adeguata e precisa in ordine all'attuazione delle misure, in raccordo con le autorità di bacino e con gli enti territoriali. Invece, il DEF contiene solo stime del fabbisogno generiche e inconcludenti.

Ancora; nell'Allegato 3 manca qualsiasi prospettiva concreta sul TPL, il trasporto pubblico locale, rispetto sia alla riconversione ecologica sia alla digitalizzazione dei servizi, ponendo l'onere di questo servizio strategico così importante solo sui comuni.

Inoltre, vi è il fermo sostanziale sul ferro-bonus e sul mare-bonus e poi del tutto assenti sono le misure sull'integrazione modale, sull'intermodalità e sui fondi per la ciclabilità, una delle sfide più importanti per questo tempo.

In conclusione, signor Presidente, la considerazione che ci fa più male è che restano senza risposte e senza strategie e programmazione i temi della violenza stradale e dell'assistenza alle vittime della strada: un bilancio dolorosissimo, di 561 feriti e 8 vittime al giorno, che vede, ahimè, l'Italia scalare le classifiche europee, anno dopo anno.Sui temi a cui ho fatto cenno, in questi primi mesi di legislatura il Partito Democratico ha proposto una serie di atti parlamentari. Lo dico al rappresentante del Governo in Aula: continueremo a incalzarvi come abbiamo già fatto, perché il Paese non merita l'incapacità e l'inadeguatezza di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giulia Pastorella. Ne ha facoltà.

GIULIA PASTORELLA (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Gentili colleghi, ho chiesto di intervenire in fase di discussione generale perché ritengo opportuno sottolineare alcuni aspetti particolarmente critici di questo DEF.

Partiamo da una considerazione generale. Noi di Azione-Italia Viva abbiamo apprezzato l'atteggiamento prudente mostrato dal Governo in merito alla spesa e plaudiamo in particolare la scelta di programmare una riduzione graduale, ma costante, in misura sostenuta nel tempo, sia del deficit che del debito, in rapporto al PIL. In effetti, il Governo conferma gli obiettivi di indebitamento già dichiarati a novembre nel documento programmatico di bilancio, ossia 4,5 per cento quest'anno, 3,7 per cento nel 2024 e 3 per cento nel 2025. Ci sembrano obiettivi corretti e in linea con le esigenze del Paese.

Tuttavia, ci appaiono assai ottimistiche le previsioni proprio in materia di debito pubblico, considerando che tutte le proiezioni sono elaborate al netto delle politiche invariate. Ciò significa, per dirla in parole semplici, che una serie di spese obbligatorie necessiterà di coperture che andranno trovate altrove. La Corte dei conti ha, infatti, fatto notare che il DEF 2023 non offre indicazioni sulle scelte che dovrebbero accompagnare il processo appena descritto, al di là di un generico riferimento a risparmi derivanti dalla spending review. E purtroppo sappiamo bene che fine fanno le spending review piene di buone intenzioni nel nostro Paese. Ci saranno tagli, privatizzazioni, liberalizzazioni? Non ci è dato saperlo. Ma, soprattutto, l'impressione che abbiamo è che il documento manchi completamente di visione strategica che guardi al futuro e non abbia neppure l'ambizione di focalizzarsi sui settori fondamentali per la crescita del Paese. Per esempio, io mi chiedo come si possa pensare di non rilanciare la spesa sanitaria, memori di due anni di pandemia e consci della situazione terribile in cui versa il nostro Servizio sanitario nazionale. Addirittura, il Governo ha previsto di ridurre la quota di risorse destinate alla sanità: si passa dal 6,9 per cento del 2022 in rapporto al PIL, al 6,3 del 2024, che diventa addirittura 6,2 per cento per il biennio successivo. Per ritornare sopra il 7 per cento, che è il valore di riferimento della media europea, ci vorrebbero anni, e con una società che invecchia non possiamo limitarci a restare a galla con piccoli interventi migliorativi e poche risorse aggiuntive.

Ma a proposito di crescita e ambiti strategici, permettetemi di riprendere un concetto molto noto a chi si occupa di PNRR, ossia quello della transizione verde e blu, la doppia transizione ecologica e digitale. Non posso che sottolineare come, anche qui, ci siano fortissime lacune, soprattutto considerando che siamo davvero a un bivio cruciale, nel quale ci giochiamo lo sviluppo del Paese per i prossimi vent'anni. Nel DEF mi sarebbe piaciuto leggere, per esempio, di come il Governo intenda accelerare la digitalizzazione e l'innovazione, e invece anche su questo sono rimasta delusa. Il documento sciorina i vari risultati positivi, peraltro ottenuti da altri Governi, dal Polo strategico nazionale, all'investimento di 730 milioni che STMicroelectronics realizzerà nel sito di Catania, passando per il portale Syllabus della PA, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale e quant'altro. Ma poco dice di come, per esempio, il Governo intenda affrontare gli aspetti per cui l'indice DESI della Commissione europea ci mette in fondo alla classifica, primo fra tutti il capitale umano. E a proposito di capitale umano, nella parte su ricerca e innovazione, peraltro piuttosto breve, si parla, tra le altre cose, di semplificazione del riconoscimento dei titoli di studio esteri. Importantissimo. Su questo io ho presentato un'interrogazione, l'ho chiesto in audizione e non ho ottenuto alcuna risposta. Quindi mi aspetto che, da questa intenzione contenuta nel documento, prima o poi questa risposta arrivi.

Per quanto riguarda, invece, le risorse, non possiamo non aprire la parentesi del Recovery Fund. Sebbene sia apprezzabile il tentativo di mantenere in essere tutti gli interventi già approvati nel contesto del nostro PNRR per non perdere ovviamente le risorse preziose, le previsioni governative appaiono, tuttavia, un po' ottimiste. Anche se tutti noi ci auguriamo che sia così, sembra infatti irrealistico, alla luce dell'informativa del Ministro Fitto di ieri, a maggior ragione, che si riesca ad ottenere un completo ed efficiente utilizzo delle risorse europee disponibili. La confusione sul fronte della governance, i cambi di corso indotti dal recente decreto, l'annunciata rimodulazione del Piano, fanno tremare chi, come noi del gruppo Azione-Italia viva, ha sempre creduto fortemente che il PNRR fosse un'occasione da non perdere.

In ultimo, da consigliera comunale, non posso restare sorda a quello che il territorio grida gran voce: gli enti locali sono stati fortemente penalizzati, specialmente per quanto riguarda il sistema di trasporto pubblico locale, questo nonostante lo scorso 24 ottobre le regioni avessero indicato la mobilità come tema prioritario e, in particolare, avessero chiesto un sostegno sul TPL.

Infine, Presidente, per tutti questi motivi, il DEF ci pare un documento insufficiente, che non solo sconta l'incertezza legata al PNRR e alla sua prospettata rimodulazione, ma che manca di informazioni sulle risorse da dedicare alle politiche invariate e alla loro copertura. Quindi, bene promettere che si terranno i conti in ordine, ma forse sarebbe utile provare a raccontare anche come si intende farlo (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Approfitto per salutare gli studenti e i docenti della scuola secondaria di primo grado “Fucini-Roncalli”, di Gragnano, in provincia di Napoli, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Approfitto per ricordare che siamo in presenza di una discussione generale e sono presenti in Aula i deputati che porteranno il proprio contributo con un intervento specifico.

È iscritta a parlare la deputata Ascari. Ne ha facoltà.

STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il Documento di economia e finanza 2023, con riferimento al comparto giustizia, è una scatola vuota, perché non ci sono risorse per la giustizia. In un Paese in cui viene uccisa una donna ogni tre giorni, è inammissibile che non siano state messe risorse per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere. Così come zero risorse per il contrasto alla recidiva, che è altissima per questo tipo di reati, per i centri per gli uomini maltrattanti, ma soprattutto per finanziare i centri e le reti anti violenza dei territori in Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ed ancora, zero risorse per il contrasto della violenza economica, così come prevede la Convenzione di Istanbul, e per il reinserimento delle donne vittime di violenza, senza rifinanziare il reddito di libertà. È inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Ed ancora, avremmo voluto vedere risorse per l'edilizia penitenziaria, anche minorile, per ridare dignità ai detenuti e alle detenute che vivono nel carcere, per le donne e gli uomini che lavorano in carcere: carceri vetuste, disumane e sicuramente non idonee, così come non sono idonei gli impianti di sorveglianza e gli impianti di schermatura, visti i mille cellulari che ogni anno vengono trovati dentro le celle. Occorre finanziare una riqualificazione, una messa a norma degli istituti di pena esistenti e costruirne dei nuovi.

Ed ancora, sono assenti figure specializzate per la rieducazione e la risocializzazione dei detenuti, e soprattutto il diritto alla salute è calpestato dal momento che i detenuti comuni sono uniti ai detenuti psichiatrici. Questa è l'ennesima prova che il Governo non si prende cura delle persone più vulnerabili e fragili del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Ed ancora, zero risorse per quanto riguarda la messa a norma dei regimi speciali di 41-bis, che, come sapete, ospitano i boss mafiosi più pericolosi: non ce n'è uno a norma nel nostro Paese, a parte Bancali a Sassari. Anche questo la dice lunga sull'attenzione che questo Governo ha nel contrasto alle mafie, alla criminalità organizzata e alla corruzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Infine, ci spaventa non vedere risorse nell'edilizia giudiziaria, nella digitalizzazione, nell'estensione dei processi telematici ai procedimenti attualmente non digitalizzati, così come la mancanza delle risorse per il personale, per l'organico e per la valorizzazione delle professionalità già acquisite, come il personale dell'ufficio per il processo, che sta facendo un lavoro straordinario. E ancora, adibire l'ambiente per quanto riguarda i nidi d'infanzia, per conciliare vita familiare e vita professionale, e questo per incentivare l'occupazione femminile e la parità di accesso alle professioni del comparto giustizia. Ci aspettavamo più responsabilità da parte di questo Governo, invece abbiamo assistito solo a tagli, tagli delle intercettazioni, tagli delle risorse delle Forze dell'ordine, leggi inutili, l'abbattimento dell'ergastolo ostativo, della “Spazzacorrotti” (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), l'abbattimento della collaborazione con la giustizia, l'indebolimento dei reati come l'abuso d'ufficio e il traffico di influenze illecite. Che cosa rimane riguardo il contrasto alle mafie e alla criminalità organizzata?

Detto questo, purtroppo, a pagare le conseguenze della vostra irresponsabilità e incompetenza, ancora una volta, sono i cittadini e le cittadine che vi hanno votato e che voi state tradendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Borrelli. Ne ha facoltà.

FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS). Grazie, Presidente. Vorrei iniziare il mio intervento ponendo il tema dei fondi, visto che una scolaresca, tra l'altro, del mio territorio, Gragnano, sta assistendo ai lavori in Aula. IL DEF nel 2023 - mi rivolgo a lei e, tramite lei, agli studenti - prevede minori risorse destinate all'istruzione. Un Paese che non investe nell'istruzione e nella cultura è destinato non solo ad invecchiare, ma anche gradualmente a scomparire. Il dato viene confermato anche dal graduale e progressivo calo delle nascite. Ci sono varie interpretazioni del perché diminuiscano le nascite nel nostro Paese. Il dato di fatto è che chi nasce e vive in determinate parti del nostro Paese ha tutti i diritti e tutti i servizi, mentre chi si trova in altre zone no. Un esempio su tutti è il numero, veramente indegno, degli asili nido nel Sud Italia: circa il 10 per cento di asili nido rispetto alle necessità della popolazione. Eppure, ancora oggi, nonostante il calo demografico, è proprio il Sud Italia che continua ad avere il maggior numero di figli che, purtroppo, poi lasciano il territorio e questa terra.

Voglio ritornare alla scuola perché, secondo me, è molto importante focalizzare questo tema, con particolare riferimento ai motivi dei tagli alla stessa. Paradossalmente, la riduzione di studenti dovrebbe spingerci ad eliminare il drammatico problema delle classi pollaio, in cui ci sono 26 alunni, se non di più. Si poteva utilizzare un momento difficile per il nostro Paese per razionalizzare meglio la presenza dei docenti, per ridurre a zero le classi pollaio, per fornire una migliore istruzione, per investire nella riqualificazione delle nostre scuole che molto spesso sono in condizioni disastrate. In alcune scuole non ci sono le palestre, in altre alcune aule sono inagibili, in altre ancora i bagni di alcuni piani sono inutilizzabili.

Voglio invece fornire i numeri: l'Italia spende per l'istruzione di ogni singolo studente circa 8.514 euro all'anno, il 15 per cento in meno della media delle grandi economie europee. Vogliamo fare il grande Paese e, poi, non ci allineiamo su un elemento fondamentale: l'istruzione. La media delle grandi economie europee si attesta intorno ai 10.000 euro. Al momento, invece, il nostro Paese investe per scuola e università poco più dell'8 per cento del bilancio statale, a fronte del 9,9 per cento medio registrato nell'Unione europea. Per fare alcuni esempi, la Francia è al 9,6 per cento, la Germania al 9,3 e la Svezia al 14 per cento e i risultati si vedono. Investire nei giovani e nell'istruzione è un grande investimento. Non lo si capisce da troppo tempo. Investire nella cultura, nel corpo docente, nell'istruzione e nell'università è un grande investimento per il nostro Paese che ha saputo fare cose straordinarie anche con pochi fondi, per poi purtroppo, in alcuni casi, perdere figure straordinarie, perché non abbiamo saputo dargli un'equa retribuzione che invece negli altri Paesi viene loro assolutamente riconosciuta.

Vogliamo sottolineare anche altri elementi. Uno di questi è la carenza di personale sanitario che il DEF non affronta. Il personale sanitario era il nostro punto di riferimento e il nostro faro nell'emergenza COVID, ma da coloro che erano stati considerati eroi, che avevano salvato il Paese, siamo passati a figure di quasi secondo piano. Sul punto vogliamo sottolineare che non si registra nel DEF per il 2023, da parte del Governo, nemmeno la volontà di individuare le risorse per affrontare la carenza di personale sanitario, il rinnovo del contratto 2022-2024 del personale, le interminabili liste d'attesa, la decongestione dei pronto soccorso, per la grave carenza di medici e infermieri, anch'essa frutto di un contenimento della spesa, e l'incapacità a corrispondere universalmente le prestazioni - e sottolineo nuovamente la grande differenza tra i fondi dati alle regioni del Sud e quelli distribuiti nelle altre regioni, in particolare del Nord - favorendo l'inevitabile scivolamento verso forme di assistenza ed assicurazioni private per pochi che vanno ad ingrossare le file delle liste d'attesa e le casse delle strutture private, per un volume di affari di circa 36 miliardi di euro, con pesanti ricadute sui più fragili ossia coloro che non dispongono di mezzi economici per curarsi.

Presidente, in alcune zone del Centro-Sud, in particolare del Sud, alcune persone scelgono di non curarsi più; non sono più in grado, non ne hanno più la capacità, non c'è più neanche il medico di base. Con il passare degli anni si è consolidata una norma, approvata all'epoca dal Ministro Calderoli nella Conferenza Stato-regioni e mai cambiata da nessuno, in base alla quale i fondi per la sanità devono essere assegnati non secondo il numero degli abitanti, ma secondo il numero delle persone anziane. Quindi, le regioni del Centro-Sud sono state fortemente danneggiate.

Però, paradossalmente, l'impoverimento generale e la mancanza di visione di questo DEF ci devono far riflettere su un altro dato. In questi giorni è uscito un lavoro della Camera, “Il censimento 2021 e la legislazione elettorale”. Ebbene, in questo censimento, vengono indicati i numeri di quanto, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti. Negli ultimi 10 anni abbiamo perso 403.611 abitanti che non sono scomparsi in modo orizzontale su tutto il territorio nazionale. Ci sono due regioni in particolare, la Lombardia e il Lazio, che hanno avuto un incremento di abitanti. Pensi che la sola Lombardia, negli ultimi 10 anni, ha avuto un aumento di popolazione residente di 238.853 abitanti, mentre il Lazio di 211.996 e l'Emilia-Romagna di 80.611, mentre tutto il Sud reca numeri con il segno meno ossia la riduzione di abitanti. Pensi che la sola Sicilia negli ultimi 10 anni ha perso 169.575 abitanti, la Calabria 103.000, la Puglia 129.000, la Campania 142.000, il Molise, pensi un po', 21.000 (quasi il 10 per cento della popolazione, perché erano 313.000 abitanti e oggi sono 292.000). Tra poco il Molise diventerà una regione più piccola di un quartiere di Roma, di Milano o di Napoli. Perché le leggo questi dati? Perché ritengo che manchi una visione d'insieme con riferimento al dramma che stiamo vivendo come Paese e alla qualità della vita. Uno dei motivi principali per cui da determinati territori si fugge è perché non ci sono prospettive e la qualità della vita non è all'altezza di altre regioni del Centro Nord e di altri Paesi europei. Infatti, la fuga dei nostri giovani non è soltanto dal Sud verso il Nord, ma anche dall'Italia verso altri Paesi europei o verso altri continenti. Su questo, Presidente, non leggo una visione.

Io ho sempre ritenuto che questo Documento dovesse essere un punto di discussione, una visione, anche di prospettiva, di lunga prospettiva sul futuro del Paese, invece sembra semplicemente una verifica, in continuazione anche con il precedente Governo, e il risultato è che questo Documento è insoddisfacente dal nostro punto di vista.

Qui vogliamo sottolineare altri due punti molto importanti, che, secondo noi, non vengono presi nella giusta considerazione dal Governo. Si è fatta una grande battaglia - mi perdonerà - dal punto di vista ideologico. Io non sono, storicamente, una persona fortemente ideologica e, quindi, voglio sempre ragionare sui numeri. Sembra che la soluzione dei problemi del Sud sia il Ponte sullo Stretto. Se la discussione relativa al Ponte sullo Stretto fosse arrivata al termine di una equa trasformazione, con servizi uguali al resto del Paese, reti ferroviarie e stradali uguali al resto del Paese, rete fognaria e condutture d'acqua uguali al resto del Paese, questo dibattito avrebbe assunto un altro punto di vista, perché avremmo discusso semplicemente, dal punto di vista ideologico e sostanziale, se avrebbe potuto portare o meno, alla Sicilia in particolare, maggiori benefici. E, invece, è diventato un motivo ideologico, una sorta di cappello in cui ci volete far credere che il riscatto del Sud sarà fatto tramite il Ponte sullo Stretto, che si potrà spendere qualche miliardata per dare un po' di lavoro a qualcuno o ingrassare qualche società. Non è così che avremo una prospettiva del Mezzogiorno.

E, anche dal punto di vista dei cambiamenti climatici e dell'allarme ambientale - e concludo - credo che questo Governo non abbia colto bene il problema dei cambiamenti climatici. Ho sentito ieri alcuni interventi di colleghi che dicevano che non dobbiamo avere più l'ideologia, che i cambiamenti climatici non sono una certezza scientifica; poi, però, dall'altra parte, dicevano che dobbiamo attrezzarci perché, come non è mai successo prima di oggi, si stanno prosciugando i fiumi e arrivano tempeste di tipo tropicale.

Delle due, l'una: o i cambiamenti climatici sono in atto e il nostro Paese si deve adeguare perché è fragile e potrebbe fare la più grande opera pubblica della sua storia, probabilmente con una condivisione unanime, mettendo in sicurezza rispetto al dissesto idrogeologico, ad esempio, il nostro territorio; oppure si sceglie altro. Ed è questo - e concludo veramente - l'errore più grave che si sta facendo: non pensare a quei giovani della scuola di Gragnano, a quei ragazzi, che tra 10, 20 anni, dovranno vivere in questo Paese e non pensare a che Paese gli lasciamo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della Scuola primaria 11 febbraio 1944 di Pescara e gli studenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore Cattaneo-Mattei di Monselice, in provincia di Padova, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ricordo loro che in Aula sono presenti i deputati iscritti a parlare per svolgere i loro interventi in sede di discussione generale; in questo momento, non ci sono votazioni.

È iscritta a parlare la deputata Patty L'Abbate. Ne ha facoltà.

PATTY L'ABBATE (M5S). Grazie, Presidente. Con questo Documento di economia e finanza, il Governo rinuncia al raggiungimento per il nostro Paese di risultati dignitosi per il supporto a famiglie e imprese, vista l'inflazione a due cifre.

Mancano delle politiche industriali, che dovrebbero essere anche condivise con il mondo lavorativo, per mediare e giungere a una sana transizione ecologica, attenta anche alla sostenibilità sociale, con quello che si chiama “approccio sistemico”. Manca la realizzazione di misure per attuare un nuovo modello di sviluppo, con particolare attenzione al Sud (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Quando parliamo di “Transizione 4.0”, dov'è? Abbiamo investito per abbattere i gas ad effetto serra? Abbiamo aumentato gli investimenti green per supportare anche la rete delle imprese italiane, il made in Italy? Il made in Italy deve essere competitivo a livello internazionale, ma, se non cambiamo il viraggio, il modo di produrre, non lo sarà, l'Italia rimarrà indietro.

Si legge, purtroppo, invece, il contrario: tagli alla spesa pubblica, alle politiche sociali, al settore sanitario. Praticamente, questo Governo sta facendo il contrario di quello che il mainstream internazionale e l'Europa stanno portando avanti. Perché? Se l'Europa ci ha chiesto delle case green, delle case che non sprecano energia, il Governo cosa ha fatto? Ha affossato il superbonus, cioè l'unica azione posta in essere che non solo migliorava il settore dell'edilizia, dando lavoro a questo settore, che, ricordiamolo, era in crisi, ma riusciva anche a migliorare le nostre case e, quindi, ad abbattere inquinamento, CO2. Dobbiamo ricordare che abbiamo superato i livelli emissivi di 10,9 mega tonnellate di CO2 equivalente, siamo in infrazione con l'Europa e continuiamo a fare passi indietro. Ci sono misure di mitigazione per contrastare il cambiamento climatico? Mi sembrano poche.

Ho sentito anche una collega della maggioranza denigrare le misure del reddito di cittadinanza e del superbonus, come se il Governo precedente avesse sprecato dei soldi. Ora, ditemi se aiutare i più deboli significa sprecare dei soldi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ora ditemi se aiutare tutta una categoria che, finalmente, ha iniziato di nuovo a lavorare e ad aumentare il prodotto interno lordo dell'Italia significa sprecare dei soldi.

Però, dobbiamo dire una cosa ai cittadini che nessuno ha detto: lo spreco dei soldi c'è e io non ho visto in questo DEF un'azione per mitigarlo. Stiamo parlando dei sussidi ambientalmente dannosi, pari a 21,6 miliardi, che devono essere ridotti non solo perché sono i cittadini con le loro tasse a pagarli. E chi pagano? Pagano le lobby, che, se non sono capaci di portare avanti gli impianti e gestire i combustibili fossili, non lo devono fare. Infatti, un'impresa dovrebbe mantenersi da sé, non devono essere le tasse dei cittadini a pagare ancora per i combustibili fossili, perché pagano due volte: pagano la prima volta e pagheranno una seconda volta perché, con il Fit for 55, l'Europa ci sta chiedendo di eliminarli e di passare a sussidi ambientalmente favorevoli. Quindi, poi, andremo in infrazione anche su questo e i cittadini pagheranno due volte.

Dunque, aspettiamo una risposta da questo Governo: perché nel DEF queste azioni non sono state inserite? L'aspettiamo noi del MoVimento 5 Stelle, ma, soprattutto, dovete dare una risposta ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Malavasi. Ne ha facoltà.

ILENIA MALAVASI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Devo dire che ci troviamo a discutere in quest'Aula il primo Documento di economia e finanza del Governo Meloni. Un documento importante per il Paese, che si caratterizza, però, per una preoccupante assenza di visione, di prospettiva, di strategia, di ambizione e di futuro, proprio con una mancanza di volontà di delineare un buon futuro per il nostro Paese, a cui si aggiunge - non meno importante - una mancanza di risorse sui temi che per noi sono centrali ed importanti.

Mi soffermo, nei miei minuti, su un tema a noi molto caro: quello della totale ed evidente mancanza di risorse, completamente insufficienti, per il finanziamento del Fondo sanitario nazionale e della decrescita nel rapporto con il PIL da qui al 2026, che evidenzia, ancora una volta, come il finanziamento della sanità pubblica non rappresenti una priorità per questo Governo.

Ovviamente la cosa non ci stupisce, perché è assolutamente in linea e in coerenza con quanto già stabilito nella legge di bilancio, dove, a fronte di un aumento di 2 miliardi, 1,4 miliardi sono stati destinati agli aumenti del costo dell'energia, a dimostrazione di come non vi sia alcun investimento strutturale sulla sanità pubblica.

Vorrei ricordare, nel caso ve ne fosse bisogno, che, oggi, i principi fondamentali di universalità, di uguaglianza e di equità, che sono alla base del servizio pubblico, compreso quello sanitario, sono minati da criticità che, se non affrontate con decisione e con coraggio, rischiano di compromettere il diritto costituzionale alla salute.

Due sono i motivi che voglio evidenziare e che rappresentano due criticità importanti che qui non trovano alcuna risposta. Il primo riguarda le risorse. Nel triennio 2024-2026, il DEF stima una crescita annua media della spesa dello 0,6 per cento e un rapporto spesa-PIL che si riduce, passando dal 6,7 per cento del 2023 al 6,2 per cento del biennio 2025-2026, un dato percentuale peggiore di quello del periodo prepandemico, quando, nel 2019, era pari al 6,4 per cento.

Questa previsione al ribasso non permette nemmeno di coprire l'aumento dei prezzi, sia per l'erosione dovuta all'inflazione, sia perché l'indice dei prezzi del settore sanitario è superiore a quello dei beni di consumo, con evidenti segnali di definanziamento della sanità pubblica, già molto provata dal periodo pandemico. È come se questo periodo pandemico non ci avesse insegnato nulla (non abbiamo imparato nulla).

A questo dato oggettivo, che si evidenzia nelle tabelle della Ragioneria dello Stato, se ne deve aggiungere un altro. In questo DEF, nulla si dice sulle risorse necessarie a un'importante quanto urgente riforma strutturale relativa alle assunzioni del personale e al superamento del tetto di spesa per il personale sanitario che, da oltre 15 anni, non consente assunzioni per dare ristoro alla categoria, già provata da turni impegnativi, senza le necessarie sostituzioni per sopperire alla carenza di personale, senza reali incentivi e prospettive di crescita.

Negli ultimi anni, i limiti rigidi alla spesa per il personale e all'incremento dei fondi, la scarsa attrattività del lavoro dipendente, le liste di attesa, l'assenza di medici di famiglia, il ricorso alla sanità privata che cresce e l'aumento delle disuguaglianze territoriali rappresentano la prova evidente di un sistema in difficoltà. Questo lo vediamo tutti. Servono, dunque, riforme strutturali, che, però, questo Governo non vede: mette solamente alcune pezze, senza alcuna visione. È il Governo delle pezze! In queste condizioni, non è possibile rispondere alle crescenti difficoltà di una fetta importante della nostra popolazione.

A questo, si aggiungono la sospensione del reddito di cittadinanza e la mancanza di risorse sulle disabilità, sugli anziani, sulla non autosufficienza, con una profonda incoerenza tra le riforme che abbiamo approvato e le risorse, invece, che continuano a mancare.

Per il Partito Democratico la sanità pubblica è un bene comune che va protetto e lo faremo, perché il sistema sanitario nazionale è un bene prezioso e la responsabilità di questo definanziamento è solamente di questo Governo.

Esprimiamo, quindi, tutta la nostra preoccupazione e la nostra contrarietà. Non vi permetteremo di distruggere uno dei beni più preziosi, una delle conquiste più importanti del nostro Paese, cioè il diritto alla salute.

Chiediamo ogni giorno - e lo continueremo a fare - di aumentare il finanziamento alla sanità pubblica. Lo faremo dentro e fuori il Parlamento, perché i servizi pubblici, dalla scuola alla salute, sono un valore dell'intera comunità che difenderemo, perché questo Paese non merita queste scelte infauste, ma soprattutto non merita l'inadeguatezza di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ida Carmina. Ne ha facoltà.

IDA CARMINA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, siamo qui a discutere sul DEF, il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio che indica una prospettiva di impegni a medio e lungo termine, adottato dal Governo italiano nel rispetto del Patto di stabilità.

È il primo del Governo Meloni nella legislatura in corso e, in questi giorni, è stato definito prudente e moderato, vista la situazione di incertezza. Ma più che di ambizione e responsabilità, sa di immobilismo, austerità e soggiacenza ai Diktat dei falchi dell'Unione europea e, lungi dall'essere ispirato dalla visione dell'Italia quale grande Paese dalle enormi risorse e potenzialità, appare un DEF debole e rinunciatario. È come se l'Italia non fosse più il grande Paese che è, ma il fanalino di coda dell'Europa, a cui ricorrere col piattino in mano, proni rispetto alle indicazioni restrittive che l'Europa impone sulla base di logiche che hanno riguardo più alla quadratura dei conti che non al bene dei popoli europei e a quello degli italiani.

Ma dov'è la Meloni? Dove è finita la coraggiosa guerriera che si scagliava contro la trojka e contro la finanza dell'Unione europea, che imponeva sofferenze al popolo italiano? È scomparsa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? La rivogliamo! Vogliamo lei, quella di prima, quella che ha vinto le elezioni sulla base di queste promesse fatte al popolo italiano.

Vedete, quello che qui contestiamo è il paradigma, la visione di fondo sottesa a questo DEF. Anche il MoVimento 5 Stelle, ovviamente, è favorevole alla riduzione del debito e del deficit, ma contesta il modo con cui ciò sta avvenendo e con cui il Governo si prefigge di farlo. È un modo troppo drastico, veloce e discriminatorio, a danno delle fasce più deboli della popolazione e, soprattutto, è sbagliato nella strategia. Noi, infatti, siamo convinti che deficit e debito scendono, se si assicura al Paese una crescita duratura e sostenibile, con investimenti e non con una politica di tagli, non con l'austerità che porta solo sofferenze alla popolazione italiana!

Guardate che questo si vede dai fatti e dalla storia italiana. In 30 anni in cui si è data priorità ai tagli, il PIL italiano è cresciuto con cifre da zero virgola, come si prefigge questo stesso Governo e come indica programmaticamente. In mancanza di investimenti e con progressiva macelleria sociale, il debito e il deficit italiani non sono diminuiti, ma aumentati! Ve ne rendete conto? E continuate con questa solfa dei tagli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

Così, per esempio, focalizzando l'attenzione sull'avanzo primario, questo DEF del Governo Meloni si propone la sua crescita esponenziale, avendo come obiettivo il 2 per cento nel 2026, ma così facendo si taglieranno risorse per la popolazione. In questi 30 anni, facendo una politica di tagli, siamo passati da un rapporto debito-PIL del 95 per cento nel 1990 al 135 per cento nel 2019. Non solo. Nel 2020 - e lo dice il vostro DEF -, il rapporto era del 155 per cento. Invece, secondo le vostre previsioni, in quest'anni, passa al 142, con una riduzione di ben 13 punti percentuali. Dunque, in soli due anni una riduzione di ben 13 punti.

Ma a che cosa è dovuto questo? È stato determinato dalla coraggiosa politica espansionistica del Governo “Conte 2”, che ha messo a frutto politiche, come quella del superbonus, che non hanno dopato i conti, se ancora si prevede la riduzione del debito, ma hanno innescato un volano virtuoso per l'Italia, che, fra l'altro, è stato ammesso dallo stesso Vice Premier Tajani, ieri, a Stasera Italia. Il nostro Paese non può tornare a una politica rigoristica per ridurre il debito pubblico, perché questo non aiuterebbe l'Italia. Per non parlare, poi, dell'inflazione, che è una tassa sui poveri che pensate di risolvere con un cuneo fiscale che, per 7 mesi, metterà una mancetta di 15-20 euro nella busta paga degli italiani, dei percettori di reddito fisso, che perdono il 7 per cento di inflazione, criminalizzandoli…

PRESIDENTE. Concluda.

IDA CARMINA (M5S). …come se a loro - mi scusi, un secondo - fosse dovuta l'inflazione per la spirale prezzi-salari, quando, invece, è dovuta alla spirale prezzi-profitti. Invece, la Germania, per risolvere il problema, sabato notte, prevede 3.000 euro, una tantum ed esentasse, e un aumento del 5 per cento in busta paga per 2,5 milioni di dipendenti pubblici. Chi ha ragione? Noi o la Germania, che è il motore d'Europa? Fatevi una domanda e datevi una risposta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Si è così conclusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Foti, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00031 riferita alla Relazione di cui all'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A).

Avverto, altresì, che sono state altresì presentate le risoluzioni Magi e Della Vedova n. 6-00027, Richetti ed altri n. 6-00028, Braga, Francesco Silvestri, Zanella e altri n. 6-00029 e Foti, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00030, riferite al Documento di economia e finanza 2023, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Parere del Governo - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che invito a dichiarare se intenda comunque accettare la risoluzione riferita alla Relazione e quale risoluzione intenda accogliere con riferimento al Documento di economia e finanza.

FEDERICO FRENI, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Il Governo rinuncia alla replica e con riferimento all'unica risoluzione, ai sensi dell'articolo 6, della legge n. 243 del 2012, ovviamente ne accetta il contenuto. Con riferimento, invece, alle risoluzioni riferite al Documento di economia e finanza, il Governo accetta la risoluzione Foti, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00030 e dà parere contrario alle altre, le risoluzioni Magi e Della Vedova n. 6-00027, Richetti ed altri n. 6-00028, Braga, Francesco Silvestri, Zanella ed altri n. 6-00029.

PRESIDENTE. Sospendiamo a questo punto l'esame del Documento di economia e finanza e dell'annessa Relazione, che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento delle dichiarazioni di voto, cui seguiranno le votazioni sulle risoluzioni accettate dal Governo, riferite alla Relazione e al Documento di economia e finanza, per la prima delle quali - ricordo - è necessaria la maggioranza assoluta.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 13,30 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 13,30.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'Economia e delle finanze, la Ministra per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa e il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica.

Invito gli oratori a un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Elementi e iniziative di competenza in relazione alla crisi in Sudan, con particolare riferimento all'assistenza ai connazionali e al personale dell'ambasciata - n. 3-00347)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Barelli ed altri n. 3-00347 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Barelli se intenda illustrare la sua interrogazione o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLO BARELLI (FI-PPE). Grazie, signor Presidente. Il tragico bilancio degli scontri che, dal 15 aprile, stanno martoriando la capitale del Sudan e diversi centri del Paese africano ha ormai superato i 300 morti e i 2.000 feriti, solo tra la popolazione civile. Si tratta di un numero sottostimato, viste le proibitive condizioni di sicurezza che spesso impediscono di trasportare persone ferite e salme negli ospedali. A questo dato, va aggiunto quello delle già 20.000 persone fuggite nel solo Ciad.

Lunedì 24 aprile, ha avuto luogo, con successo, l'evacuazione dei nostri connazionali, un'operazione che ha permesso di mettere in salvo alcune decine di cittadini, anche stranieri, tra cui alcuni religiosi.

Chiediamo al Ministro Tajani quali iniziative siano state intraprese per garantire assistenza ai connazionali e al personale dell'ambasciata che si trovano nel Paese e come il Governo intenda continuare a seguire l'evoluzione della situazione.

PRESIDENTE. Il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha facoltà di rispondere.

ANTONIO TAJANI, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, signor Presidente. Una complessa operazione di evacuazione da Khartoum, condotta dall'unità di crisi del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, con mezzi del Ministero della Difesa e il sostegno dell'intelligence ha messo in sicurezza oltre 140 persone, compresi alcuni cittadini europei e di altri Paesi. Fin dall'inizio dell'emergenza, abbiamo contattato ciascuno dei circa 200 connazionali che risultavano presenti in Sudan, continuando a monitorarne le condizioni e raccomandando loro di restare nelle proprie abitazioni. Questa mappatura è stata essenziale di fronte all'intensificazione degli scontri.

Già il 21 aprile, abbiamo favorito il rientro in Italia, via Egitto, di un primo gruppo di 19 italiani, turisti in crociera al largo di Port Sudan. Dal 19 aprile, abbiamo trasferito alcuni nuclei di personale dell'ambasciata e dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo presso la residenza dell'ambasciatore. In via preventiva, il 20 aprile il COVI ha schierato militari presso la base italiana di Gibuti, insieme a due C-130 dell'Aeronautica militare, pronti a intervenire non appena possibile.

Con il Sottosegretario Mantovano, ho partecipato, venerdì scorso, a una riunione presieduta dal Presidente del Consiglio, insieme ai vertici militari e dell'intelligence, per analizzare tutte le opzioni di intervento. Il Presidente del Consiglio ha autorizzato il piano di evacuazione e abbiamo individuato, con Unione europea e partner internazionali, la base aerea di Wadi Seyydna, a circa 30 chilometri a nord di Khartoum. Con lo scalo internazionale danneggiato dai combattimenti, questa era l'unica via di uscita aerea. Alle prime ore di domenica, i connazionali che avevano espresso il desiderio di lasciare il Paese sono stati fatti convergere alla residenza del nostro ambasciatore e a un secondo centro di raccolta.

L'ambasciatore Tommasi ha guidato l'organizzazione del convoglio che ha raggiunto l'aeroporto. A lui e a tutti i diplomatici, militari e funzionari dell'intelligence coinvolti va il nostro profondo apprezzamento. Il ponte aereo ha permesso di raggiungere la base militare di Gibuti. Lì i connazionali sono stati assistiti prima del loro arrivo a Ciampino, lunedì, grazie a due voli dell'Aeronautica militare. I colloqui che ho avuto con il generale Al-Burhan, capo delle forze regolari, e il generale Dagolo, suo vice e rivale, capo delle milizie paramilitari, hanno permesso di tenere i convogli italiani al riparo degli attacchi.

Il Governo italiano è al lavoro per favorire un cessate il fuoco ed una tregua. È questo l'unico modo per evitare l'ulteriore destabilizzazione della regione e contenere nuovi flussi migratori irregolari. Continueremo a tutelare gli italiani rimasti in Sudan su loro richiesta, principalmente militari e volontari di organizzazioni non governative. L'ambasciata a Khartoum ora è chiusa, Tuttavia, ho dato indicazioni affinché rimanga operativa, ricollocando l'ambasciatore e tutta la squadra presso la nostra sede di Addis Abeba, per continuare a monitorare la situazione e mantenere il dialogo con le parti in conflitto.

Ci adopereremo per favorire la pacificazione del Sudan. Come ho discusso con i colleghi dell'Unione europea al Consiglio affari esteri di lunedì, la situazione è grave. Proprio per questo, l'Europa deve evitare un vuoto politico, che potrebbe essere riempito da altri attori.

PRESIDENTE. Il deputato Battilocchio ha facoltà di replicare.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). Grazie, Ministro. Innanzitutto, tramite lei, giunga il nostro ringraziamento a tutto il personale dell'ambasciata (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE), dall'ambasciatore Tommasi, al personale consolare, al personale della Farnesina. Grazie da quest'Aula alle nostre Forze armate. È un vero onore essere stato, qualche giorno fa, nella base di Gibuti, in visita tra i nostri militari, che, ogni giorno, servono il tricolore. La sinergia che lei ha ricordato, Ministro, ha consentito, in una situazione così complicata e pericolosa, di far rientrare in Italia tutti i nostri connazionali che lo chiedevano. Si tratta di un'operazione allestita in tempi velocissimi con un coordinamento perfetto fra le varie articolazioni istituzionali.

Contestualmente, siamo vicini a quei pochi missionari e volontari delle ONG che hanno deciso di rimanere in Sudan per dare un appoggio alla popolazione martoriata dai violenti scontri tra l'esercito regolare e le forze paramilitari. Certamente, il Governo farà di tutto per tutelare la loro sicurezza.

L'Italia continui a lavorare, assieme ai partner internazionali, perché ci possa essere un cessate il fuoco e cali la tensione in quell'area geografica dell'Africa, che di tutto ha bisogno, fuorché di un ulteriore dramma umanitario.

Purtroppo, come ha detto lei, signor Ministro, la situazione è grave, ma l'Italia - ne sono certo e la sua presenza alla Farnesina è garanzia su questo - farà tutto quanto possibile per accompagnare, favorire, promuovere e sostenere tutti gli sforzi che vanno verso la pace. Buon lavoro, Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

(Iniziative di competenza per contenere l'effetto degli aumenti dei tassi di interesse e preservare il potere di acquisto delle famiglie, nonché per tutelare il diritto all'abitazione - n. 3-00348)

PRESIDENTE. Il deputato Santillo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Francesco Silvestri ed altri n. 3-00348 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

AGOSTINO SANTILLO (M5S). Presidente, colleghi, Ministro Giorgetti, finalmente la vediamo in Aula, chiediamo la sua presenza dal 21 febbraio per spiegarci cos'è questo buco di bilancio che sembra vedere soltanto lei. Oggi, è qui a parlare dell'aumento del tasso degli interessi dei mutui, e fa bene, perché interessa 3 milioni e mezzo di persone. Tra l'altro si riflette nel calo dei mutui e nell'aumento degli sfratti. Sono temi che interessano le difficoltà di accesso all'abitazione, che, lo voglio ricordare al Ministro, è uno dei principali fattori del calo della natalità che sta interessando il nostro Paese.

Questo Governo, nell'ultima legge di bilancio, ha deciso di non rifinanziare i fondi per garantire l'accesso alle locazioni e per contrastare le morosità incolpevoli.

Intendiamo chiedere al Governo quali misure intenda adottare per contenere l'effetto dell'aumento dei tassi di interesse e per tutelare il diritto all'abitazione, sancito dalla nostra Costituzione.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Premetto che sono sempre venuto in Parlamento quando il Parlamento me l'ha chiesto, come prevede il Regolamento. Ho un grande rispetto per il Parlamento e non l'ho vista quando sono andato a spiegare il DEF in audizione al Senato, le avrei potuto spiegare la vicenda del buco del superbonus. Peraltro, c'è un allegato specifico proprio nel DEF che spiega esattamente in termini quantitativi il suo effetto.

In ogni caso, con riferimento all'interrogazione, faccio notare che la spinta inflattiva è significativa, si sta riducendo, ma il Governo evidentemente monitora con attenzione il livello dei prezzi, non solo dei prodotti energetici, ma anche quelli di largo consumo, al fine di verificare il loro andamento per adottare eventuali interventi di sostegno.

In tale quadro, tuttavia, si deve ricordare che le condizioni eccezionalmente favorevoli degli anni scorsi, garantendo bassi tassi di interesse sui mutui, si riflettono in parte ancora oggi sul tasso di interesse medio dei mutui alle famiglie. La questione abitativa è comunque, a prescindere dall'andamento dei tassi, un ambito di intervento prioritario del Governo. Infatti, con la legge di bilancio 2023 il Governo è intervenuto in via prioritaria prorogando le misure di agevolazione per l'acquisto della prima casa in favore dei giovani fino a 36 anni. È stato, inoltre, prorogato fino al 30 giugno il regime transitorio del Fondo di garanzia per la prima casa in favore di alcune categorie, giovani under 36, famiglie monogenitoriali con figli minori, conduttori di alloggi di proprietà IACP con ISEE inferiore a 40 mila euro, incrementando, in particolari condizioni, dal 50 all'80 per cento della quota capitale, il valore garantito dal Fondo stesso. Infine, è stata ripristinata per le categorie di soggetti più vulnerabili la norma del 2012 che permette di trasformare il mutuo ipotecario da tasso variabile a tasso fisso, al fine di attenuare l'impatto degli aumenti dei tassi di interesse sui mutui a tasso variabile. Così come voglio richiamare anche, tra gli interventi di maggior rilievo in favore di talune categorie di famiglie, l'incremento del 50 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2023, dell'assegno unico universale per ciascun figlio di età inferiore a un anno, nonché l'incremento, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2023, del 50 per cento della maggiorazione mensile riconosciuta nell'ambito dell'assegno unico universale ai nuclei con quattro o più figli.

Vorrei anche ricordare che il Governo, come indicato nella Relazione al Parlamento oggi all'esame di questa Camera, destinerà, con un prossimo provvedimento d'urgenza, i margini di bilancio disponibili per finanziare per l'anno in corso un nuovo taglio di contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi e un innalzamento del limite del fringe benefit per i lavoratori dipendenti con figli, perseguendo, in tal modo, il duplice scopo di incrementare i redditi reali delle famiglie e, al contempo, limitare la rincorsa salari-prezzi, che renderebbe la vampata inflazionistica, causata dai prezzi energetici e alimentari, più sostenuta nel tempo, trasformandola in strutturale.

PRESIDENTE. Il deputato Francesco Silvestri ha facoltà di replicare.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie Ministro, grazie Presidente. Dopo tanto tempo mi sarei aspettato un po' di più, sinceramente, invece il microfono si è acceso, ma le risposte no. Ancora una volta state ignorando un problema, come sottolineava il mio collega Santillo, che riguarda 3 milioni e mezzo di persone, vite reali, famiglie che sono alle prese con un aumento delle rate dei mutui di oltre il 40 per cento. Noi abbiamo fatto una proposta molto chiara, non capisco perché non ci rispondete su questo. Ci sono delle banche che stanno facendo, grazie a questo aumento delle rate, degli utili. Noi vi abbiamo presentato una proposta di legge per dire: tassate questi extraprofitti bancari e aiutate il Fondo morosità incolpevoli per rendere più facile l'accesso al contributo; tra l'altro, con la proposta di legge D'Orso che abbiamo presentato questo si sta anche snellendo e sburocratizzando. Invece, voi continuate a ignorare questo problema, continuate a non risponderci su delle proposte concrete, e, così facendo, scegliete di mettere, ancora una volta, una patrimoniale vera e di non intervenire su quello che sta diventando un dramma per tante famiglie. Quindi, non sono assolutamente soddisfatto di questa risposta, come non lo saranno tante persone che hanno avuto un aumento delle bollette. Non ci sentiamo per nulla rassicurati, ma, soprattutto, prendiamo atto che della destra sociale, che pochi mesi fa si è presentata alle elezioni con tanti slogan sul diritto all'abitare, oggi, visti i tanti svarioni, è rimasta la destra, ma di sociale vi rimane ben poco, se non nulla (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Elementi in merito alla riscossione e agli accertamenti relativi al contributo straordinario a carico dei produttori, importatori e rivenditori di energia di cui al decreto-legge n. 21 del 2022 - n. 3-00350)

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00350 (Vedi l'allegato A).

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, Presidente. Buongiorno signor Ministro, cercherò di tradurre questo quesito abbastanza complicato a chi ci sta guardando da casa. In sintesi - parliamo in maniera molto chiara - si tratta di una cosa molto semplice: la speculazione sul gas. Signor Ministro, lei sa che ad agosto 2022 il costo del gas, a megawattora, era sopra i 300 euro; oggi, mentre noi stiamo parlando, è a 38 euro a megawattora; però, a questo calo non è corrisposta assolutamente una riduzione delle bollette: secondo i dati dell'ARERA, le bollette continuano a salire. Allora, il punto è: le società energetiche in questo Paese hanno accumulato extraprofitti incredibili dalla speculazione sul gas; sono oltre 40 milioni di euro, quindi sono i soldi delle famiglie italiane, di quelle che ci stanno guardando in questo momento, che si vedono recapitare a casa bollette quadruplicate. Allora, chiediamo: chi ha pagato? C'è qualcuna di queste lobby energetiche, da ENI ad altre, che ha pagato la tassa sugli extraprofitti del Governo Draghi, che prevedeva 11 miliardi? Nella ultima interrogazione, lei ha detto che avevano pagato solo 2,7 miliardi, quindi con un'evasione di circa 8 miliardi.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Sì, signor Presidente. Onorevole Bonelli, con riferimento al quesito posto - che non è nuovo, ricordo la precedente interrogazione - connesso al contributo a titolo di prelievo straordinario posto a carico di produttori importatori e rivenditori di energia elettrica e di gas, nonché di prodotti petroliferi previsto dal decreto-legge n. 21 del 2022, il gettito dei versamenti, effettuati da circa 220 soggetti, nel 2022, è stato pari a 2.760,49 milioni di euro, di cui 1.279,11 milioni di euro a titolo di acconto e 1.481,38 milioni di euro versati a titolo di saldo. Nel 2023, alla luce delle modifiche apportate ai parametri del suddetto contributo, sono stati versati, da tre soggetti, ulteriori 82 milioni di euro quale maggiore contributo dovuto. La disposizione, come ricordato, è stata quindi oggetto di diverse modifiche, relative all'ambito soggettivo e oggettivo di applicazione. Pertanto, una finale ed esaustiva analisi della platea interessata al contributo, anche ai fini dell'avvio delle successive attività di accertamento nei riguardi dei contribuenti inadempienti, potrà essere effettuata solo utilizzando le informazioni che saranno fornite in sede di compilazione dello specifico quadro delle dichiarazioni IVA 2023, quadro CS, il cui termine di presentazione scade il 2 maggio 2023, fatta salva la possibilità per i contribuenti di presentare la dichiarazione entro 90 giorni dallo scadere di tale termine ordinario.

PRESIDENTE. Il deputato Bonelli ha facoltà di replicare.

ANGELO BONELLI (AVS). Grazie, signor Presidente. Io, ovviamente, non sono assolutamente soddisfatto di questa risposta; penso che non lo sia nemmeno il Ministro Giorgetti, che l'ha letta questa risposta; penso che non avrebbe mai voluto leggere questa risposta, il Ministro Giorgetti, perché, di fronte all'accumulazione di una quantità di risorse, che sono i soldi degli italiani, dovuta al caro bollette, il punto che deve essere detto con chiarezza è che c'è qualcuno che doveva pagare e che non ha pagato (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

Diciamo chiaramente agli italiani che, quando le tasse non le pagano, arriva l'accertamento immediato dell'Agenzia delle entrate e che ci sono, invece, poteri forti che oggi gestiscono la politica energetica di questo Paese, che non hanno pagato la tassa sugli extraprofitti fatta dal Governo Draghi, di cui Giorgetti era anche Ministro. Il dato che lei ha dato, Ministro, è noto, non è cambiato; non si capisce la ragione per la quale, quindi, questo Governo attenda di fare gli accertamenti in base a quanto previsto dalla legge. Poi, ricordiamolo, questo Governo ha ulteriormente diminuito, per il 2023, l'introito previsto dalla tassa sugli extraprofitti, facendola fissare a 2,7 miliardi; si è passati da 10,9 miliardi a 2,7. Inoltre, con il decreto Bollette, signor Ministro, avete operato un ulteriore sconto con i soldi degli italiani alle società energetiche di 404 milioni di euro.

E, allora mentre c'è un carovita che sta mettendo in ginocchio le famiglie, mentre c'è un carovita che ha messo in ginocchio anche le imprese, con l'aumento dei beni di prima necessità, si continua a creare una sacca di privilegi che sono inaccettabili per la qualità della vita del nostro Paese. Ecco perché noi continuiamo a sostenere con forza che bisogna cambiare politica energetica del nostro Paese e andare verso le rinnovabili, che leverebbe di mezzo questa speculazione sul gas, abbatterebbe il costo dell'energia e porterebbe una migliore qualità della vita per le famiglie italiane, diminuendo il costo dell'energia. Io la sollecito, signor Ministro: abbiate il coraggio di mandare gli accertamenti, di mandare la Guardia di finanza a chi non ha pagato la tassa sugli extraprofitti, perché questa tassa e queste risorse devono tornare nei conti correnti degli italiani e delle imprese italiane(Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

(Intendimenti del Governo in ordine alle politiche a sostegno della famiglia e della natalità, con particolare riferimento alle risorse da destinare a tale scopo - n. 3-00351)

PRESIDENTE. Il deputato Faraone ha facoltà di illustrare l'interrogazione n. 3-00351 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

DAVIDE FARAONE (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Signor Ministro, noi, come lei, abbiamo manifestato grande preoccupazione per il crollo delle nascite in Italia. Il dato del 2022, sotto i 400 mila nati nel nostro Paese, è inquietante. Signor Ministro, noi abbiamo ascoltato una sua battuta - e oggi vogliamo approfondirla in Parlamento, per questo abbiamo deciso di presentare questa interrogazione - su di un tema che riguarda l'intervento che il Governo vuole mettere in atto proprio per favorire le nuove nascite nel nostro Paese, che ci sembra, per certi versi, contraddittorio rispetto al Family Act, che ha avuto, nella passata legislatura, anche con il suo sostegno, luce e che sta riscontrando nel Paese risultati positivi. Per cui noi vogliamo capire, in primo luogo, se c'è effettivamente una contraddizione fra quello che è il Family Act e la proposta che ha abbozzato e, in secondo luogo, dove eventualmente si trovano le risorse per portare avanti ambedue le misure.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Onorevole Faraone, il Governo, nel Documento di economia e finanza, ha confermato la volontà di potenziare i servizi educativi per l'infanzia, promuovere iniziative di conciliazione dei tempi lavoro-famiglia, incrementare i congedi parentali anche attuando la legge n. 32 del 2022. Va in questa direzione l'ultima legge di bilancio, che prevede un aumento dell'importo dell'indennità di congedo parentale dal 30 all'80 per cento per un mese, da utilizzare entro il sesto anno di vita del bambino. Sempre a sostegno della conciliazione famiglia e lavoro, il Governo intende favorire la diffusione di centri e servizi di supporto nelle diverse fasi della vita familiare e di sostegno nelle scelte genitoriali. In tale quadro, si ritiene necessario lavorare sia in materia di conciliazione vita-lavoro, sia per una maggiore partecipazione delle donne, in particolare delle madri, al mercato del lavoro. Inoltre, nella legge di bilancio per il 2023 il Governo ha potenziato l'assegno unico; in particolare, da gennaio è stato incrementato del 50 per cento per le famiglie con figli di età inferiore a un anno e per i nuclei con 3 o più figli, per ciascun figlio di età compresa tra 1 e 3 anni con livelli di ISEE fino a 40.000 euro; è stata anche incrementata del 50 per cento la maggiorazione mensile riconosciuta per le famiglie con 4 o più figli. Sono state, infine, confermate e rese strutturali le maggiorazioni dell'assegno unico per ciascun figlio con disabilità a carico, senza limiti di età. Inoltre, il Governo destinerà, con un prossimo provvedimento d'urgenza, i margini di bilancio disponibili per finanziare, per l'anno in corso, un nuovo taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi e un innalzamento del limite dei fringe benefit per i lavoratori dipendenti con figli. Come si evince anche dal Programma nazionale delle riforme, la strategia complessiva del Governo in tema di politiche per la natalità non intende limitarsi agli incentivi fiscali, ma punta anche a supportare le famiglie, con un ampio ventaglio di strumenti. In conclusione, il Governo, anche nell'ambito dei lavori sulla delega fiscale, valuterà tutti gli interventi a sostegno delle famiglie, tenendo a riferimento il reddito disponibile delle stesse, consapevole dell'importanza di dare slancio alla natalità del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il deputato Faraone ha facoltà di rispondere.

DAVIDE FARAONE (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Io non posso che ritenermi soddisfatto della risposta del Ministro, nel senso che ha ribadito che il Family Act è uno strumento utile per il Paese e che il Governo intende sostenerlo e supportare tutte le misure che sono previste, dai congedi parentali, agli incentivi al lavoro femminile, all'autonomia dei giovani e delle giovani coppie, e poi anche l'assegno unico, che è indirizzato naturalmente a chi ne ha più bisogno e alle famiglie numerose. Quello che, però, suscita in me perplessità - e su cui avevo chiesto un maggiore approfondimento, ma naturalmente ci saranno altre occasioni per ascoltare il Ministro - è stata proprio la battuta che, invece, lei ha fatto sulla proposta dei due figli per famiglia, che sostanzialmente è una riproduzione del modello Orbán, che un po' contraddittoria. Non è un'offesa, la parola Orbán, Ministro. È semplicemente e oggettivamente così, nel senso che è quello che Orbán sta praticando nel suo Paese. Il tema, però, è che quel modello lì è alternativo, da un punto di vista fiscale, all'impegno per le famiglie, tenuto conto di quello che c'è scritto nel Family Act. Prendiamo atto che andiamo avanti sul Family Act e naturalmente troveremo altre occasioni di approfondimento.

(Iniziative normative in ordine all'attuazione della delega in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive - n. 3-00349)

PRESIDENTE. Il deputato Pastorino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00349 (Vedi l'allegato A).

LUCA PASTORINO (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro. Ritorno su un argomento sul quale già mi sono soffermato qualche mese fa. Il tema è quello del canone concessorio per le concessioni per attività sportive e ricreative, le attività senza scopo di lucro, anche quelle dei comuni che, con il decreto dell'agosto del 2020, hanno visto passare il canone concessorio da una cifra intorno ai 362 euro, ai 2.500 euro, e nel 2023, con un adeguamento Istat del 25 per cento, a 3.300 e rotti euro. Questo è un tema che penalizza fortemente questo tipo di attività, le quali, soprattutto nelle mie zone, ma anche in altre, rappresentano esperienze di lungo corso legate alla socialità e alla vita dei nostri territori. In quell'occasione, mi era stato detto che la legge in materia di concorrenza, all'articolo 4, aveva previsto una delega, da esercitarsi entro 6 mesi, per fare una ricognizione e capire, magari, chi dovesse pagare che cosa. Questa delega è scaduta e, quindi, chiedo a lei quali siano le iniziative che intende intraprendere.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, Presidente. Onorevole Pastorino, la vicenda effettivamente è stata già trattata. Io voglio semplicemente ricordare che, in tema di canone minimo demaniale marittimo, l'articolo 100 del decreto-legge n. 104 del 14 agosto 2020 ha stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2021, l'importo annuo del canone dovuto, quale corrispettivo dell'autorizzazione di aree di pertinenza demaniale marittima, non può essere inferiore a 2.500 euro l'anno. Quindi, solo per il 2021, ai sensi dell'articolo 6-bis del decreto-legge n. 73 del 2021, è stato previsto che tale importo, nel caso in cui l'utilizzo dei beni demaniali avvenga per attività sportive e ricreative legate a tradizioni locali, svolte in forma singola o associata, senza scopi di lucro e per finalità di interesse pubblico, individuate e deliberate dagli enti locali territorialmente competenti, non possa essere inferiore a euro 500. L'onorevole Pastorino ha richiamato l'articolo 4 della legge annuale per il mercato e la concorrenza, legge n. 118, recante la delega al Governo in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, ormai scaduta, nella quale è espressamente previsto che, fino all'adozione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all'emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni dei rapporti, di cui all'articolo 3 della legge n. 118 del 2022, e cioè le concessioni demaniali di cui si sta parlando. Questo è il quadro normativo di riferimento. Io faccio presente che il Governo, nell'elaborazione dei provvedimenti legislativi che disciplineranno la materia, terrà in adeguata considerazione la fattispecie, per quanto riguarda la destinazione di questi beni pubblici con finalità di carattere culturale, sociale e sportivo.

È altrettanto evidente e in qualche modo percepibile come la vicenda sia, in qualche modo, risucchiata da una vicenda molto più complessa sotto il profilo sia normativo, di rapporti con l'Unione europea, sia politico. Quello che posso aggiungere è che, anche al livello personale del Ministro, la vicenda è particolarmente cara e seguita.

PRESIDENTE. Il deputato Pastorino ha facoltà di replicare.

LUCA PASTORINO (MISTO-+EUROPA). La ringrazio e sono soddisfatto circa il fatto che la vicenda sia particolarmente cara, diciamo così. Dopodiché, spero che il tema sia ben presente. Mi rendo conto che il quadro normativo generale sulle concessioni balneari è un quadro estremamente delicato, sul quale si è perso “troppissimo” tempo e nel mezzo del quale stanno anche i comuni, oltre che i gestori. Sostanzialmente - anch'io ho l'onore di fare il sindaco di un comune costiero - la domanda, anzi, l'affermazione ricorrente è: ci dicano cosa dobbiamo fare perché le gare, eventualmente, devono farle i comuni. In più, abbiamo la beffa di vedere queste associazioni senza scopo di lucro che devono pagare un canone esageratamente alto rispetto a quanto accadeva nel passato e anche con sproporzioni rispetto ad altri tipi di concessione. Spiace dire che già nella scorsa interrogazione - poi ne feci un'altra in Commissione finanze, e la Sottosegretaria Lucia Albano rispose più o meno allo stesso modo - il Governo si era impegnato a risolvere, più o meno, il problema nel corso di quest'anno. Io ci credo ancora e confido che questo tema, comunque, stia anche in una politica che il Governo dovrebbe osservare in segno di rispetto non solo delle tradizioni ma anche delle peculiarità e della storia dei singoli territori. Quindi, è chiaro che io la ripresenterò. Lo sa, lo sa già. Su questo sono stati svolti tanti argomenti, questo forse è quello un po' più fuori dal coro, ma proprio per tale ragione, evidentemente, sarà riproposto alla prima occasione utile, non la prossima settimana, magari, ma tra qualche mese. Comunque, la ringrazio.

(Iniziative di competenza per assicurare la stabilità del sistema bancario italiano, alla luce delle recenti crisi di alcuni istituti di credito stranieri - n. 3-00352)

PRESIDENTE. Il deputato Bicchielli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lupi ed altri n. 3-00352 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, il 15 settembre 2008 è fallita la banca Lehman Brothers, dando l'avvio alla più grande crisi economica e finanziaria internazionale. Nel mese di marzo, Silicon Valley Bank e Signature Bank sono state dichiarate insolventi e il fallimento dei due istituti di credito è considerato il più grande dal 2008. Silicon Valley Bank era considerata una banca regionale dalle medie dimensioni, molto legata all'economia del territorio, al pari delle nostre banche di credito cooperativo. Le turbolenze provocate dal fallimento statunitense e i timori di contagio hanno portato, qualche giorno dopo, al crollo di Credit Suisse. Le ripercussioni non hanno tardato a manifestarsi anche sulla Borsa di Milano, segnando, il 10 marzo scorso, una chiusura in negativo dell'1,55 per cento, con perdite importantissime per tutti i titoli bancari. I recenti accadimenti hanno suscitato timori sempre più diffusi da parte dei correntisti e dei soci, in particolare delle banche di credito cooperativo. I fenomeni di contagio sulle Borse conducono al ritiro dei capitali dalle banche, che si traduce in breve tempo anche nel fallimento.

Il 20 marzo 2023, lei, signor Ministro, ha dichiarato: “Riteniamo che le ripercussioni per il sistema bancario italiano siano insignificanti (…) Mi sembra che adesso i mercati si siano (…) calmati (…) Soprattutto per il sistema bancario italiano noi siamo tranquilli”. Quindi, le chiediamo quali iniziative intenda assumere per assicurare la stabilità del sistema bancario italiano e quale sia l'esatto stato di salute delle banche italiane.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, signor Presidente. Onorevole Bicchielli, ritengo che gli episodi di crisi registratisi negli USA e in Svizzera rappresentino elementi legati alle caratteristiche specifiche degli intermediari coinvolti, non sintomatici dello stato di salute del sistema bancario italiano.

In particolare, nel caso delle banche statunitensi si tratta di intermediari con un'operatività molto specifica, focalizzata, sia sul lato della raccolta sia su quello degli impieghi, su una specifica fascia di mercato. Il sistema bancario italiano e più in generale quello dell'Unione europea sono stati notevolmente rafforzati dopo la crisi finanziaria del 2008. Sono stati avviati, infatti, importanti processi di revisione del quadro normativo; è stato introdotto un quadro di supervisione unico, imperniato sulla Banca centrale europea, per la vigilanza accentrata, all'interno della zona euro, delle banche più significative e, per la gestione delle crisi, è stato previsto un meccanismo di risoluzione unico.

Al di là del quadro normativo, gli ultimi dati indicano che le banche italiane hanno livelli di capitale e liquidità soddisfacenti, coerenti con quelli degli istituti europei. Negli anni essi hanno ridotto significativamente il livello dei non performing loans e la qualità degli attivi è molto migliorata. Inoltre, le vicende richiamate dagli interroganti, alla luce delle informazioni fornite dalla Banca d'Italia, non avranno effetti diretti, stante la contenuta esposizione delle nostre banche nei confronti degli intermediari statunitensi e svizzeri.

Il Ministero dell'Economia e delle finanze sta collaborando attivamente a livello europeo, al fine di rafforzare ulteriormente il quadro normativo in relazione alla revisione della disciplina in materia di rischio di credito e al completamento dell'Unione bancaria, affinché al primo e al secondo pilastro, i meccanismi unici di vigilanza e risoluzione, si aggiunga anche il terzo, quello della assicurazione sui depositi la cui adozione contribuirà in misura significativa alla ridefinizione del nostro quadro per la gestione delle crisi bancarie.

Ricordo, infine, che negli ultimi mesi le banche hanno fatto registrare anche significativi miglioramenti sul fronte della redditività grazie al miglioramento del margine di interesse, per effetto di un rapido adeguamento alle decisioni di politica monetaria della BCE, degli interessi sul credito erogato alla clientela, che non sta trovando un altrettanto solerte adeguamento degli interessi riconosciuti alla clientela sulla raccolta. Una dinamica, questa, che il Governo non può trascurare e che non trascurerà.

PRESIDENTE. Il deputato Francesco Saverio Romano, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, signor Ministro, Noi siamo particolarmente soddisfatti della sua risposta, soprattutto per quanto riguarda la parte finale. Noi sappiamo con quanto zelo lei stia seguendo la vicenda relativa alle banche e sappiamo pure quanto le sta a cuore l'economia reale del nostro Paese che ha come interlocutore un sistema del credito che spesso non è generoso con i suoi clienti. Anche perché sappiamo che, negli ultimi tempi, non molto tempo fa, le banche hanno goduto di un tasso di prelievo sotto lo zero e hanno venduto, invece, nonostante le garanzie di SACE e Mcc, ad interessi veramente elevati. Non vorrei che quella redditività di cui lei parla, che è positiva, e quella riduzione dei non performing loans siano dovuti al fatto che si è trasferito il rischio verso queste garanzie che sono state offerte dallo Stato. Perché dico questo? Perché ancora oggi c'è, in America, un crollo in borsa dalla First Republic Bank. Ebbene, non sono cose scollegate perché, se le banche non fanno più economia reale e fanno altri prodotti e poi pensano di ricoprire le loro perdite o, peggio, di ammortizzare i loro rischi attraverso l'intervento statale, io credo che questo Governo non debba più consentirlo. Per questa ragione siamo soddisfatti della sua presa di posizione. Noi ci faremo parte diligente verso questo Parlamento, affinché la Commissione sulle banche venga istituita al più presto, perché ci sono ancora tante cose da chiarire.

(Orientamenti del Governo in merito alla possibile riforma del sistema di elezione degli organi delle amministrazioni comunali – n. 3-00353)

PRESIDENTE. La deputata Bonafe' ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00353 (Vedi l'allegato A).

SIMONA BONAFE' (PD-IDP). Grazie, Presidente. Signora Ministra, noi da notizie a mezzo stampa abbiamo appreso l'intenzione di alcuni membri del Governo e della maggioranza di volere modificare l'attuale legge elettorale per i sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti, che prevede, tra le altre cose, che qualora nessun candidato al primo turno abbia raggiunto la soglia del 50 per cento si proceda al cosiddetto ballottaggio, nel quale passano solo i due candidati maggiormente votati al primo turno.

Questo sistema elettorale è improntato a principi autenticamente democratici perché consente agli elettori di scegliere al primo turno il candidato che piace di più, mentre - salvo chiaramente il raggiungimento della soglia del 50 per cento - al secondo turno sarà eletto sindaco quello che sarà riuscito a mobilitare maggiormente le preferenze e, quindi, otterrà la maggioranza assoluta dei voti. In questo modo, il candidato vincitore rappresenta quello che meglio riflette le opinioni degli elettori. Non le sfuggirà che questo è particolarmente importante…

PRESIDENTE. Concluda.

SIMONA BONAFE' (PD-IDP). …in un momento in cui noi registriamo tassi di astensionismo al voto che sono altamente preoccupanti. Noi vorremmo capire se il Ministro appoggia questo tentativo di riforma dell'unico sistema che ha dimostrato di essere efficace…

PRESIDENTE. La ringrazio, deve concludere.

SIMONA BONAFE' (PD-IDP). …e, in caso contrario, che cosa intenda fare per evitare questa modifica.

PRESIDENTE. La Ministra per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Ministra per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Grazie, Presidente. La ringrazio, onorevole Bonafe', per il quesito che ha il merito di accendere i riflettori su uno degli snodi centrali della vita democratica del nostro Paese, giacché il comune rappresenta il livello di governo più vicino ai cittadini e il sindaco occupa al suo interno un ruolo di assoluto primo piano.

È apprezzabile, pertanto, che il Parlamento si sia impegnato, sin dalle prime settimane della presente legislatura, in un esame della materia del sistema di elezione dei sindaci.

In particolare, al Senato, la I Commissione permanente sta procedendo al vaglio in sede referente di una serie di progetti di legge tra loro abbinati, vertenti sull'ordinamento delle province, alcuni dei quali contengono al loro interno anche norme sul sistema di elezione dei sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti.

Si tratta, dunque, di un segmento - pur molto rilevante - di una riflessione più vasta che le Commissioni parlamentari stanno svolgendo e che coinvolge l'assetto delle autonomie locali a più livelli.

La questione su cui il quesito si concentra dovrà trovare dunque uno sbocco coerente, anche in questa prospettiva, all'esito di un esame esaustivo e sistematico della materia. Il Governo, del resto, non ha adottato alcuna iniziativa di modifica del sistema elettorale dei comuni.

Come Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, seguo con attenzione e interesse lo svolgimento dei lavori parlamentari su un tema tanto significativo per la qualità della nostra democrazia e per la funzionalità delle nostre istituzioni. Proprio alla luce del doveroso rispetto per l'esame parlamentare in corso, è mia opinione che in questa fase il Governo debba anzitutto raccogliere le sollecitazioni e le istanze emerse in sede parlamentare.

PRESIDENTE. La deputata Ghio, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

VALENTINA GHIO (PD-IDP). Grazie, Presidente. La risposta del Ministro ha lasciato ampi margini interpretativi, naturalmente legati anche a un doveroso percorso parlamentare. Credo che non sia emersa in modo chiaro e inequivocabile l'opinione del Governo in merito all'esclusione della modifica di una legge che, come ha illustrato la collega, è una delle poche leggi elettorali che ha dimostrato concretamente il suo funzionamento, dando solidi risultati proprio in termini di democrazia e funzionalità.

Del resto, abbiamo visto recentemente al Senato un tentativo maldestro di proporre, nell'ambito di un provvedimento su un altro tema - peraltro, utilizzando una procedura d'urgenza -, un emendamento per far passare l'eliminazione del ballottaggio nel caso in questione. L'emendamento è stato poi ritirato fra le proteste dell'opposizione, ma crediamo che davvero così non si possa fare. Introdurre una sorta di riforma istituzionale per emendamento, senza nessuna condivisione con le opposizioni e neanche con i rappresentanti dei comuni italiani, per dare vita sostanzialmente ad una nuova riforma senza ragioni democratiche e funzionali, andrebbe a snaturare, a nostro avviso, l'unica legge elettorale che ha dimostrato efficacia. Un sistema introdotto dal 1993 che ha dato luogo a maggioranze ed esecutivi stabili nel tempo, con sindaci che spesso governano per 5 anni, diventando un riferimento saldo e concreto per l'intera comunità.

Noi crediamo che le riforme delle regole della democrazia non si possano fare a colpi di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), peraltro con modalità non condivise e quasi di straforo su una legge che funziona benissimo. Se il percorso che il Governo intende portare avanti è questo, prevedendo, quindi, la riduzione concreta dalla partecipazione democratica alla scelta del proprio sindaco, in un tempo di astensionismo crescente, faremo una battaglia di opposizione durissima in Aula e insieme agli amministratori locali che non condividono questa evoluzione normativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

(Iniziative di competenza in ordine alla nomina del commissario straordinario del Sin di Crotone-Cassano-Cerchiara – n. 3-00354)

PRESIDENTE. Il deputato Furgiuele ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00354 (Vedi l'allegato A).

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la bonifica dei territori crotonesi, la famosa bonifica di Crotone, di Cassano e di Cerchiara, è ferma al palo. Questa stagnazione sta diventando cronica e la questione è inaccettabile. Siccome l'attività di bonifica contempla anche la nomina di un commissario, questa cosa ci fa temere che, probabilmente, l'agognata bonifica che si attende da 30 anni su quei territori, difficilmente partirà di slancio. Perché? Perché ci vuole un commissario, signor Ministro, a tempo pieno e, invece, ancora si sta riflettendo di gravare ulteriormente il prefetto di turno di Crotone, così come era avvenuto già con il suo predecessore, dell'ulteriore e gravoso compito di sovrintendere questa bonifica.

Questa scelta sarebbe gravemente sbagliata. Il commissario della bonifica deve essere un ufficio unico, con competenze specifiche e, possibilmente, con tutto il tempo necessario da dedicare solo ed esclusivamente a questa emergenza, altrimenti signor Ministro, non se ne esce.

Allora, le chiedo quali siano le iniziative che, per il tramite dei suoi uffici, intenda intraprendere per avviare realmente e concretamente questa bonifica e se non intenda nominare un commissario che abbia i crismi della specificità.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente, grazie all'interrogante. Riguardo alla questione posta dall'onorevole interrogante, si condivide pienamente la necessità di riaffermare la presenza dell'amministrazione centrale nel risanamento del territorio di Crotone, attese le numerose criticità che devono essere affrontate nella gestione del sito di interesse nazionale.

A seguito della scadenza del mandato del commissario Belli, nel giugno del 2018, con riguardo alla nomina di un nuovo commissario, come ricordato dall'interrogante, si sono succedute numerose interlocuzioni tra i Ministri pro tempore, che hanno portato a diverse proposte di nomina mai concretizzatesi.

Considerata, ormai, l'improcrastinabile necessità ed urgenza di assicurare la prosecuzione delle attività già poste in essere, il Ministero dell'Ambiente, lo scorso gennaio, ha predisposto il necessario schema di DPCM di nomina (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri). Lo stesso schema è stato successivamente revisionato secondo le indicazioni formulate dalla Ragioneria generale dello Stato, insieme a una breve relazione, nella quale si è data evidenza delle risorse disponibili sulla contabilità speciale.

Lo schema di decreto con il quale il prefetto di Crotone era stato proposto come commissario straordinario è stato successivamente condiviso con la Presidenza del Consiglio e con le altre amministrazioni interessate.

Con nota dello scorso 10 febbraio, la Presidente del Consiglio ha chiesto al Ministero documentazioni integrative al fine dell'istruttoria di competenza. Il Ministero dell'Ambiente, con nota del 17 febbraio, ha richiesto al Ministero dell'Interno la conferma del nulla osta per la nomina del prefetto di Crotone. Con nota di ieri, 26 aprile, il Ministero dell'Interno ha chiesto di valutare la possibilità di individuare altre figure professionali, considerate le molteplici funzioni istituzionali già attribuite al prefetto di Crotone, soprattutto, nella gestione del fenomeno migratorio.

Sulla base di quanto esposto, abbiamo prontamente riavviato nella giornata di ieri le interlocuzioni con la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Calabria per addivenire rapidamente alla nomina di un'idonea figura di garanzia, di elevato profilo, per la gestione del SIN crotonese, che possa garantire la prosecuzione dell'attività di bonifica nell'interesse dei cittadini e consolidare un presidio di legalità nelle relative attività.

PRESIDENTE. Il deputato Furgiuele ha facoltà di replicare.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Grazie, signor Presidente. Grazie, signor Ministro, sono assolutamente soddisfatto di questa risposta. La ringrazio per le informazioni che lei ci dà e che, in qualità di rappresentante anche di quella porzione di territorio, andrò a condividere con tutti i cittadini. Voglio sottolineare il ragionamento alla base della problematica che volevo sollevare. Signor Ministro, non può esistere che l'ufficio del prefetto, come è accaduto, gestisca questo tipo di bonifica, perché questo territorio è fortemente compromesso dal punto di vista - come diceva lei - dei rifiuti, dal punto di vista del fenomeno criminale, ma anche e, soprattutto, dal punto di vista del fenomeno migratorio; ne abbiamo avuto contezza rispetto a quello che è accaduto con i tragici eventi di Cutro e, ovviamente, questo tipo di bonifica richiede specificità.

Come le lentezze, come le complicità, quasi istituzionali, del recente passato abbiano compromesso questo percorso noi lo sappiamo e ce lo dice la storia. Noi, signor Ministro, non possiamo alimentare nei cittadini il convincimento che lo Stato sia fermo e le sue risposte vanno nella direzione diametralmente opposta. Noi dobbiamo dare una lezione di pragmatismo, perché questo Governo che si è insediato, questo Governo di centrodestra va in quella direzione. Dunque, sia un professionista il commissario per la bonifica. Basta con le prassi dei prefetti e dei generali che vengono oberati di ulteriore lavoro quando hanno già di che lavorare su quei territori. Un commissario unico servirà ad indurre chi ha rovinato quei territori a liberarli da quelle scorie, quei territori che meritano rispetto, quei territori che sono fondamentali per la ripresa dello sviluppo non solo della Calabria, ma del Mezzogiorno d'Italia e possono essere anche punto di riferimento del Mediterraneo. Tagliamo il legame con certe prassi, signor Ministro, velocizziamo, sburocratizziamo e nominiamo un'autorità unica come commissario (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

(Intendimenti del Governo, di concerto con le regioni e le province autonome, circa le modalità di gestione della fauna predatoria in Trentino - n. 3-00355)

PRESIDENTE. La deputata Ambrosi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Foti ed altri n. 3-00355 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria.

ALESSIA AMBROSI (FDI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, innanzitutto, mi permetta di esprimere da parte mia e da parte del gruppo di Fratelli d'Italia tutto il cordoglio e la vicinanza alla comunità trentina tutta, alla Val di Sole e, in particolar modo, alla famiglia di Andrea Papi. Sono qui a rappresentarle non solo e non tanto la viva preoccupazione e il grido di dolore dei residenti, dei valligiani del Trentino e dell'Alto Adige dopo l'uccisione del runner Andrea Papi da parte di un orso, quanto l'assoluta necessità che dal Governo giungano indicazioni chiare e tutto il possibile supporto alle autorità locali sulla questione dei grandi carnivori. Ci rendiamo perfettamente conto che, magari, questa delicatissima situazione possa essere per chi vive nelle grandi città non immediatamente colta nella sua drammaticità, ma per noi, per la nostra gente lo è moltissimo.

Nel ringraziarla, intanto, per quanto già da parte sua prontamente disposto, le chiedo se e in che tempistica intenda concertare con le regioni e le province autonome decisioni quadro ampiamente condivise, relative alle modalità di gestione della fauna predatoria in Trentino, valutando l'ipotesi di adottare tutte le iniziative necessarie, al fine di garantire al meglio l'incolumità di tutte le cittadine e i cittadini, residenti o turisti, e così rassicurare anche gli operatori economici delle aree a rischio, già enormemente penalizzati.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha facoltà di rispondere.

GILBERTO PICHETTO FRATIN, Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente. Grazie agli interroganti. In merito alla questione esposta dall'onorevole interrogante, il Ministro dell'Ambiente ha prontamente attivato, lo scorso 21 aprile, sulla base delle funzioni di indirizzo riconosciute in materia dall'ordinamento, un tavolo tecnico sull'emergenza orsi in Trentino, presieduto, su delega mia, dal Sottosegretario Barbaro, al fine di garantire, attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interessati, a partire dagli amministratori locali - parti del tavolo naturalmente sono stati il Ministero dell'Ambiente, la provincia autonoma di Trento, naturalmente le amministrazioni locali, ISPRA, il CUFAA, le istituzioni scientifiche e sono state ammesse anche le associazioni ambientaliste -, tutte le opportune soluzioni relative al tema della convivenza tra la fauna selvatica e le attività antropiche.

Durante la riunione del tavolo tecnico, il Ministero ha individuato la prima decade di maggio come orizzonte temporale per effettuare una ricognizione normativa nazionale e comunitaria e successivamente proporre alle autorità politiche competenti le misure relative ai plantigradi in soprannumero nella provincia trentina.

La task force del MASE, in accordo con le indicazioni fornite dalle associazioni, si è resa disponibile all'elaborazione di un piano strategico che definisca la gestione dei plantigradi e, in generale, la convivenza con gli animali selvatici attraverso le necessarie valutazioni scientifiche e in conformità al quadro normativo vigente che riconosce all'orso una forma di protezione particolare in base alla direttiva Habitat. Inoltre, saranno avviate le idonee interlocuzioni, anche diplomatiche, volte a vagliare un eventuale ricollocamento dei plantigradi.

Durante la riunione del tavolo è emersa anche la richiesta di dotare gli operatori di pubblica sicurezza, così come avviene in altri Paesi, di dispositivi di difesa quali gli spray antiaggressione a principio attivo naturale. Su quest'ultimo aspetto il Ministero dell'Interno e ISPRA hanno espresso parere favorevole, per quanto di competenza, limitatamente al personale con compiti di sorveglianza territoriale in aree di presenza dell'orso bruno. Abbiamo avviato, in tal senso, un confronto per l'adozione del prescritto regolamento. Pertanto, il confronto permanente instaurato con il tavolo tecnico consentirà di adottare con tempestività ogni efficace misura per garantire l'incolumità di tutti i cittadini e la convivenza con gli animali selvatici.

PRESIDENTE. Il deputato Alessandro Urzi' ha facoltà di replicare.

ALESSANDRO URZI' (FDI). Egregio signor Ministro, grazie per la risposta e grazie per la chiara visione che lei ha rappresentato. La chiave di volta sarà, come ci siamo sentiti di farle presente nell'interrogazione, nella capacità di coordinare ogni intervento che da qui al futuro saremo chiamati ad intraprendere in modo virtuoso tra istituzioni nazionali, regioni ed enti locali, con un forte protagonismo di questi ultimi e in tempi rapidi, la stessa rapidità dimostrata nel costituire la cabina di regia ministeriale con tutti i soggetti coinvolti e l'attivazione immediata del Sottosegretario Claudio Barbaro.

Non ho bisogno sicuramente di convincerla, signor Ministro, perché lei sa già che il livello di prossimità al problema vede la dimensione dello stesso problema e spesso la soluzione è più chiara. L'orso è un grande problema; l'orso che si affaccia direttamente sulle porte di casa dei nostri concittadini che vivono non in montagna, ma nella montagna, cioè cittadini che vivono il bosco come il loro ambiente naturale alla pari degli orsi - non sotto gli orsi - e i boschi, come gli alpeggi e le coltivazioni d'alta quota, sono, insieme al turismo, la fonte di reddito di questi nostri concittadini. Pragmatismo, insomma.

Guardi, non si chiedono pistole o fucili fumanti, non necessariamente almeno, ma ad una selezione si deve arrivare: con la sterilizzazione, con il trasferimento, con l'abbattimento selettivo, come avviene già per altre specie. Non basterà, in ogni caso, tutto questo. Sappiamo che sono percorsi lunghi legati alla burocrazia, anche alla semplice esecuzione; pensiamo quanto tempo si impiega per il trasferimento di un orso. Per questo abbiamo bisogno - e lei ne ha parlato e di ciò la ringrazio - di presidi immediati che diano sollievo alle persone, che vivono il bosco, e all'economia.

Poi, ci sono gli spray di autodifesa, usati in tutti i grandi parchi d'America. Abbiamo presentato una proposta di legge proprio qui alla Camera per non essere nudi di fronte ad un problema che compare immediatamente.

PRESIDENTE. Concluda.

ALESSANDRO URZI' (FDI). Poi ci sono le delimitazioni con barriere fisiche di protezione di complessi residenziali, le guardie anti-orso debitamente destinate alla gestione dei luoghi più sensibili e attrezzature tecnologiche. Oggi abbiamo un Governo consapevole e determinato, un fatto non scontato nel passato.

PRESIDENTE. La ringrazio.

ALESSANDRO URZI' (FDI). Quindi, nello spirito di questo Governo sappiamo di poterci aspettare soluzioni in tempi relativamente brevi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)

PRESIDENTE. Grazie. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Riccardo De Corato. Ne ha facoltà.

RICCARDO DE CORATO (FDI). Grazie, Presidente. Ho chiesto di intervenire per dire che sabato 29 aprile ricorderemo a Milano un giovane di destra. Qui accanto a me c'è anche il Sottosegretario Paola Frassinetti e insieme lo abbiamo conosciuto. Lei lo ha ricordato qualche giorno fa all'Istituto Molinari e noi sabato lo ricorderemo al cippo che gli abbiamo dedicato. Come comune di Milano, gli abbiamo dedicato un parco nel centro di Milano, a pochi metri da dove fu massacrato da una squadra di Avanguardia Operaia. Poi sono diventati tutti professori di medicina. Il guaio è che qualcuno di questi è ancora al Niguarda e svolge la sua attività di medico.

Purtroppo, Presidente, abbiamo ascoltato lei qualche settimana fa ricordare la vicenda dei fratelli Mattei. Il mese di aprile, almeno in quegli anni, fu drammatico per noi. Per noi fu tale nel 1975 e a Roma fu con i fratelli Mattei. Fu un mese drammatico perché l'uccisione avvenne sotto casa sua e di fronte c'era sua madre, che ora non c'è più. Il fatto è che un anno dopo avvenne un altro omicidio, perché non furono contenti del massacro di questo ragazzo che passò 47 giorni all'ospedale Fatebenefratelli, 47 giorni in cui noi facevamo la spola con l'ospedale e sapevamo già che, purtroppo, non c'erano molte speranze, vista la profondità dei colpi inferti dall'Hazet 36. Così si chiamava e così scrivevano sui muri questi signori che venivano da lì, perché lì c'è l'università e la facoltà di medicina è a due passi. Lui posteggiò il suo Ciao in via Paladini, gli saltarono addosso e lo ammazzarono.

Un anno dopo ci fu un altro tremendo omicidio e questa volta fu un eletto del popolo, un uomo che rappresentava il Movimento Sociale Italiano a Palazzo Isimbardi, che era ed è il palazzo della provincia, che fu ammazzato dal gruppo di Prima Linea. Io ho letto con molta difficoltà quello che ha scritto sui social Galmozzi, che era il capo e che fu colui che gli sparò. Purtroppo, lo ha scritto sui social dopo la sentenza della Corte costituzionale francese. È una vergogna, perché non si può scrivere, tra virgolette: “Che goduria”. Così. Lo dico perché dimentichiamo, anche se per me è un po' difficile dimenticare, poiché quel 29 aprile del 1976 eravamo insieme in via Mancini, nella federazione del Movimento Sociale Italiano, in attesa di ricordare Sergio Ramelli. Avevo lasciato Enrico Pedenovi la sera prima, eravamo tutti in federazione per stabilire come ricordarlo e, signor Presidente, pensi che abbiamo avuto difficoltà a trovare un prete che celebrasse il ricordo, un anno dopo, del povero Sergio Ramelli.

PRESIDENTE. Concluda.

RICCARDO DE CORATO (FDI). Sto finendo. Devo dire che l'onorevole Servello, allora, si recò dal cardinale Colombo e dovette intervenire il cardinale Colombo per trovare un prete che ricordasse l'assassinio di questo ragazzo. Questo per dire il clima di quegli anni.

Da quel clima non furono esenti tanti ambienti e - lo ripeto - ci trovammo la mattina con Enrico Pedenovi ammazzato. Io sono stato uno di quelli che, non so se per caso, era lì. Un giornalista di un quotidiano del pomeriggio, La Notte, di Milano, mi chiamò, alle sette meno un quarto circa della mattina e mi chiese chi era – era! - Enrico Pedenovi. E io dissi: come “era”? Lo hanno ammazzato dieci minuti fa. Mi dovetti recare all'obitorio, a piazzale Gorini, dove vidi il povero Enrico Pedenovi, che la sera prima avevo lasciato, morto e con un colpo in faccia…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

RICCARDO DE CORATO (FDI). Ecco, volevo solo ricordare queste cose, perché sono passati 48 e 47 anni, però, la memoria rimane e credo che la memoria debba sempre insegnarci qualcosa (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 14,40, è ripresa alle 15,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 79, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,06).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 20 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione del Doc. LVII, n. 1.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del Documento di economia e finanza 2023.

Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione e il rappresentante del Governo ha accettato le risoluzioni Foti, Molinari, Barelli e Lupi nn. 6-00031 e 6-00030, rispettivamente riferite alla Relazione di cui all'articolo 6 della legge n. 243 del 2012 al Documento di economia e finanza 2023.

Avverto che nella premessa della risoluzione Foti, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00030, al 4° capoverso, le parole: “DPB 2024”, devono intendersi: “DPB 2023”, mentre al 15° capoverso le parole: “13 aprile”, devono intendersi: “7 aprile”.

(Dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Benedetto Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, noi abbiamo, come +Europa, presentato una nostra risoluzione e non voteremo la risoluzione di maggioranza a prima firma Foti. Intendiamoci, dal punto di vista dei dati di fondo della compatibilità finanziaria avete previsto uno scenario prudenziale, il rispetto dei diktat di Bruxelles, avreste detto un tempo e questo è molto importante, ma ci sono soprattutto elementi che mancano nella risoluzione di maggioranza che vanno esplicitati.

Il DEF apre a delle analisi molto serie e importanti riguardo alla sostenibilità del debito e la sostenibilità del debito l'abbiamo vista già con qualche scricchiolio, con qualche segnale arrivato dalle agenzie di rating; naturalmente, il quadro è ancora in movimento, alcune si sono espresse in modo positivo, altre con meno ottimismo sulla sostenibilità del debito pubblico, ma voi intervenite in questo DEF, mettendo in risalto due elementi molto importanti, signor Sottosegretario, e questi due elementi che guardano alla sostenibilità del debito sono, da una parte, il flusso netto di immigrati, la necessità che voi avete esplicitato con un certo rigore intellettuale nelle tabelle del DEF sul fatto che la sostenibilità o meno del debito dipenderà in modo rilevantissimo dall'aumento dei flussi netti di immigrati, e dall'altra parte, un secondo elemento è quello delle riforme, lo scenario con o senza riforme, con o senza riforme per la produttività, la competitività e la crescita che influiranno sulla sostenibilità del debito.

Ecco, noi proponiamo nella nostra risoluzione - e ci spiace che non ci siano in quella del Governo - le misure concrete da mettere in atto per aumentare i flussi netti di immigrati attraverso l'apertura di nuovi flussi, naturalmente, ma anche attraverso politiche sensate, pragmatiche e rigorose di regolarizzazione delle persone, degli stranieri che già sono in Italia, dando loro permessi di lavoro, quando ci sia una comprovata integrazione sociale o la disponibilità di un datore di lavoro all'assunzione.

Il secondo elemento che manca nel DEF e nella vostra Relazione è la necessità di spingere sulle riforme, ad esempio, sulla riforma della concorrenza, dove voi siete ancora lì, inchiodati, spiaggiati sulla necessità di difendere le vostre corporazioni, anziché aprire al mercato in modo intelligente, salvaguardando tutti.

PRESIDENTE. Concluda.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Mi avvio a concludere, signor Presidente. Non date nemmeno questo segnale e tutto questo vi porta a un'enorme difficoltà di credibilità nel negoziato che si aprirà sulla riforma del Patto di stabilità, non le riforme e soprattutto non la ratifica della riforma del MES. Fate questa ratifica, tanto la dovrete fare, dovrete dimenticare il mostro che avete creato, dovete ratificare il MES nell'interesse dell'Italia, altrimenti il negoziato sul Patto di stabilità sarà tutto in salita da parte di un Governo non credibile, che insegue le teorie complottiste ed è rimasto, in un vicolo cieco, l'unico Governo a non ratificare la riforma del MES.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Steger. Ne ha facoltà.

DIETER STEGER (MISTO-MIN.LING.). Presidente, colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, voglio fare una valutazione in premessa, ed è relativa alla diminuita funzione di indirizzo e programmazione del Documento di economia e finanza, sempre più orientato al quadro tendenziale, e non, come dovrebbe essere, a una prospettiva di medio termine entro cui definire gli obiettivi di finanza pubblica, e conseguentemente della legge di bilancio. Ciononostante, il DEF disegna un quadro ambizioso, scommettendo sul PNRR come leva per avviare un ciclo economico sostenibile e sostenuto, in grado di sciogliere le criticità strutturali che hanno caratterizzato l'economia italiana degli ultimi decenni.

Per raggiungere questi obiettivi occorre grande coraggio nelle riforme indicate nel percorso, velocizzare la macchina giudiziaria, ridurre il costo del lavoro e iniettare competenze nella pubblica amministrazione attraverso la formazione del personale e un piano di assunzioni che guardi soprattutto anche agli enti locali e alle strutture periferiche. Da più parti e profili di analisi si concorda in ordine a una visione prudente, potremmo dire realistica ed obiettiva dei dati contenuti nel DEF. La condividiamo, appare in continuità con il percorso di aggiustamento di bilancio coerente con le indicazioni della Commissione europea, in primo luogo per quello che riguarda la riduzione del debito pubblico nel medio periodo e pare in continuità con le politiche di bilancio del Governo Draghi, e di questo siamo soddisfatti.

Vi è, tuttavia, un punto interrogativo dal quale non si può prescindere: le risorse aggiuntive dovute al rialzo delle previsioni di crescita, 3 miliardi, destinate alla decontribuzione per i redditi medio-bassi nel 2023 - condividiamo questa impostazione - sono però solo una parte marginale delle risorse necessarie al raggiungimento dei diversi obiettivi della prossima legge di bilancio e alla loro effettiva copertura finanziaria. È in questo ambito che il gap al momento stimabile fra quanto dichiarato nel DEF e le misure annunciate dal Governo motiva interrogativi tutt'altro che infondati in ordine alla riduzione della pressione fiscale, che non è obiettivo che possa essere affidato a dati potenziali, ma deve essere fondato su coperture effettive.

Sappiamo, possiamo ragionevolmente osservare che le voci aggregate nel 2023 delineano una stima pari a circa 30 miliardi. Anche sotto questo profilo deve essere altrettanto importante la necessità di una seria spending review, ossia un occhio sempre alle spese, se si vogliono liberare ulteriori risorse, che sono assolutamente necessarie per garantire la sostenibilità del nostro debito. È dunque essenziale che una crescita sostenuta sia accompagnata da un contenimento delle spese pubbliche. Non vi è percorso di finanza pubblica che possa prescindere da un serio controllo della spesa pubblica anche in relazione al PNRR, che indica nel processo di revisione e valutazione della spesa pubblica un obiettivo strategico. Le nuove regole del Patto di stabilità europeo sono chiare al riguardo.

Non è un'operazione di contabilità perché uno dei presupposti decisivi, oltre al contenere, risiede in una maggiore qualità di spesa. Occorre, dunque, intervenire sui meccanismi e sulle dinamiche della spesa pubblica. Bene ha fatto il Ministro Giorgetti ad affermare che la prossima legge di bilancio dovrà essere compatibile con le regole del Patto di stabilità e crescita in discussione a livello europeo, e ancor più che sia obiettivo del Governo mantenere saldi gli equilibri di bilancio in riferimento alle misure di riduzione della pressione fiscale. È vero che non vi sono margini di finanza pubblica che consentano di dire il contrario, ma non sarebbe corretto disconoscere tali affermazioni.

L'impegno del Governo a ricorrere all'indebitamento senza modificare il profilo degli obiettivi programmatici nominali già previsti nel precedente quadro di finanza pubblica è in misura rilevante un impegno importante, ma sostanzialmente in gran parte da scrivere. È il tema fondamentale indicato dalle imprese, il perseguimento dell'equilibrio dei conti pubblici è cruciale per evitare ulteriori aumenti dei tassi di interesse sul debito pubblico e di quelli praticati a imprese e famiglie ed occorre tenerne conto nel valutare l'esiguità delle risorse pubbliche effettivamente disponibili per le misure annunciate o in previsione da parte del Governo.

Per questo motivo è essenziale riuscire ad impiegare le risorse previste dal PNRR, dal REPowerEU e dai fondi di coesione. Occorre con ancora maggiore determinazione utilizzarle tutte e nel modo più efficiente. Nella valutazione del DEF e nel rinvio alla Nota di variazione attribuiamo particolare rilievo all'impostazione che il Ministro Giorgetti ha inteso dare alle politiche in grado di contrastare la curva demografica negativa, che ha assunto un valore strategico. Condividiamo quanto affermato, è impensabile che solo un incentivo fiscale possa produrre un significativo effetto sulla natalità. Quello che dobbiamo fare è rimuovere gli ostacoli e i limiti per quanto riguarda la natalità.

Così come le previsioni di crescita e di finanza pubblica indicate in via prudenziale dal DEF appaiono credibili quanto più siano in continuità con il quadro precedente di finanza pubblica indicato dal Governo Draghi. Con la legge di bilancio il Governo ha avuto l'obiettivo dichiarato di voler superare le misure straordinarie in materia fiscale per imprimere un carattere strutturale e riformatore al sistema di aiuti nei confronti di famiglie e imprese, con particolare riferimento al caro energia.

Concludendo, solo attraverso una straordinaria spinta all'innovazione l'Italia potrà conseguire standard di crescita a livello europeo, una condizione quanto mai necessaria per la sostenibilità del nostro immenso debito pubblico. Serve, allora, l'Europa. Tutte le grandi questioni del nostro tempo, la geopolitica, l'economia, la salvaguardia del pianeta, la lotta alle disuguaglianze sociali mostrano l'insufficienza dei singoli Stati e quanto, invece, si possano vincere con un'Europa sempre più forte e sempre più unita. Serve qui, in Italia, massima consapevolezza nelle scelte e nelle decisioni dei prossimi mesi, la stessa che abbiamo dimostrato nella fuoriuscita dalla pandemia. Rimettiamoci allora su quella strada con lo stesso spirito, la stessa mentalità, la stessa coesione a livello nazionale ed europeo. È con questo auspicio che annuncio il voto favorevole delle Minoranze Linguistiche alla proposta di risoluzione della maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Saverio Romano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, signor Presidente. Intanto mi piace sottolineare il contesto in cui questo Documento di economia e finanza 2023 si colloca, e si colloca in un momento storico in costante evoluzione. L'Italia, infatti, tenta di superare la crisi dovuta al COVID-19 mentre affronta la grave crisi della guerra in Ucraina, conflitto che coinvolge direttamente il nostro Paese, dal caro merci e l'aumento delle materie prime, uno su tutti l'aumento del grano tenero, al caro energia, che coinvolge direttamente, indirettamente, dal punto di vista sociopolitico e socioeconomico.

Il DEF riprende, con le parole chiave di questo Governo, stabilità, credibilità, crescita, ambizione responsabile, le sfide che abbiamo davanti: natalità, istruzione, taglio del cuneo fiscale. Ed evidenzia, in controtendenza con le premesse, un buon segnale di ripresa, con un aumento tendenziale dello 0,9 per cento del prodotto interno lordo, perché certamente rafforzano le stime positive le misure, considerate coraggiose e responsabili, che il Governo ha messo e metterà in campo, soprattutto per rispondere tempestivamente alle sfide del calo demografico, dell'istruzione, del taglio del costo del lavoro e del cuneo fiscale. L'Istat ci dice che a fine 2022 abbiamo un calo dell'1,9 per cento, che dimostra che il nostro Paese ha necessità di riforme che incentivino l'aumento demografico. Riforme che devono essere in linea con le esigenze delle giovani famiglie, giovani coppie che spesso sono disincentivate nel costruire una famiglia dagli alti costi della vita, che passano dal costo degli affitti alle bollette, per non parlare dell'ingresso, sempre più difficoltoso e ritardato, nel mondo del lavoro.

Problematiche su cui il Governo sta già lavorando e a cui deve prestare attenzione, soprattutto incentivando iniziative di conciliazione dei tempi famiglia-lavoro, con particolare attenzione al lavoro femminile. E, poi, altro tema, strettamente collegato a quello del decremento demografico, della denatalità, è quello relativo al sistema pensionistico; è doveroso, però, non dimenticare che vi sono oltre 3 milioni di italiani pensionati incapienti, a cui bisogna dare una risposta seria, che non può risolversi con un bonus una tantum, come hanno tentato di fare i Governi precedenti, perché i bonus non risolvono i problemi, ma, purtroppo, posticipano soltanto le buone soluzioni.

Così come per l'istruzione; il Ministro Giorgetti, a proposito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha detto che bisogna lavorare su di un orizzonte più esteso rispetto a quello previsto dal Piano, che comunque dovrebbe vedere il suo epilogo nel 2026; per questo, ed è un punto che ha fortemente voluto il nostro gruppo, all'interno della relazione di maggioranza, è fondamentale guardare alle nostre giovani generazioni investendo in istruzione, per scuole migliori, per scuole sicure e innovative, e al passo con le sfide della globalizzazione e della digitalizzazione. Ciò al fine di gettare le basi per arginare la fuga dei cervelli che, dal 2000 al 2021 ha portato, per motivi di lavoro e di studio, con fine ultimo di cercare prospettive migliori, fuori dall'Italia il 3 per cento dei nostri concittadini.

Infine, ma non per ultimo, il sostegno ai lavoratori: il Documento prevede lo stanziamento di 3 miliardi e 400 milioni per il 2023 al fine di tagliare la quota di contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti; si tratta di un considerevole aumento dello sconto fiscale ai lavoratori dipendenti, sia del pubblico sia del privato. Sostenendo, così, il potere di acquisto delle famiglie, sosteniamo direttamente la nostra economia e le nostre imprese; pensiamo poi che il 94 per cento del tessuto economico del nostro Paese è fatto di piccole e medie imprese e che, di queste, oltre il 90 per cento sono imprese familiari, imprese che necessitano di riforme anche ambiziose per superare un forte momento di crisi, imprese fatte di cittadini che vogliono continuare a investire nel nostro Paese e che devono essere sempre sostenute non soltanto dallo Stato, ma anche dal sistema del credito, ultimamente lontano dalle dinamiche delle economie reali, in un gioco che, purtroppo, lo vede soccombere in ambito internazionale, come testimoniato anche oggi dal crollo della First Republic Bank, negli Stati Uniti, così come, qualche settimana fa, da quello del Credit Suisse. Stavo dicendo che si tratta di imprese fatte da cittadini che, ripeto, vogliono continuare a investire nel nostro Paese: che siano agevolate a rimanerci e che non debbano essere costrette ad andar via; ma vi sono anche imprese che vogliono tornare ad investire in Italia, con il fenomeno del back-reshoring, in aumento anche grazie alla pandemia del 2020.

In buona sostanza, ci sono tante ottime ragioni per cui il nostro voto a questa risoluzione di maggioranza sia favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marco Grimaldi. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Presidente, colleghe e colleghi, oggi in Italia circa il 13 per cento degli occupati può definirsi lavoratore povero. Parliamo di quasi 3 milioni di occupati. Oggi un giovane ha il doppio delle possibilità di ricevere un salario più basso rispetto a un lavoratore tra i 50 e i 65 anni. Oggi, in Italia, una donna su due viene assunta con un contratto part time e, di fatto, l'occupazione femminile è ferma al 51,3 per cento, uno dei dati peggiori dell'Unione europea.

Oggi, in Italia, chi cerca di prenotare una gastroscopia, una colonscopia deve aspettare fine anno, spesso del prossimo anno e in alcune regioni italiane, si arriva addirittura al 2025.

E, ancora: nel 2022, in Italia, gli eventi climatici estremi che hanno provocato danni e vittime sono aumentati del 55 per cento. Secondo l'Unione italiana vini, da qui al 2050 l'intero settore del vino italiano potrebbe perdere circa 2,7 miliardi di euro a causa del riscaldamento globale.

Non mi stanco e non ci stancheremo di dirvelo: il nostro Paese si trova a fronteggiare più crisi e gli effetti congiunti di tre grandi fenomeni, tutti e tre destabilizzanti. Il primo: una crisi sociale devastante, prolungata, che ha coinciso con l'aumento di sacche di povertà e l'aggravarsi progressivo delle disuguaglianze. A questo voi avete risposto con una lotta senza confini ai più poveri, da quelli che sono scappati da guerre, miseria e violenze a quelli che prendono il reddito di cittadinanza. Il secondo: la crisi climatica, che ha cominciato a colpire pesantemente ampie aree del nostro territorio, in particolare le zone e le fasce di popolazione maggiormente vulnerabili. Il terzo: la crisi sanitaria, scatenata dentro la pandemia, ma che ha messo in ginocchio un sistema sanitario pubblico già indebolito e ha inasprito i divari sociali e ha piegato chi si trovava in condizioni di fragilità; chi può, paga e passa, chi non può, aspetta. Ecco, a tutto ciò si aggiunge un'assurda guerra, l'assurda guerra di aggressione alle porte dell'Europa, di cui tutte e tutti conosciamo benissimo le ricadute sulla nostra tenuta economica. Oxfam ci dice che la pandemia e la crisi energetica stanno esacerbando i divari di lungo corso che caratterizzano la nostra società. Tra il 2020 e il 2021, la quota di ricchezza detenuta dal 10 per cento più ricco degli italiani è aumentata di 1,3 punti percentuali; la quota del 20 per cento più povero è rimasta ferma e sono calate le quote di ricchezza degli altri decili della popolazione. La ricchezza nelle mani del 5 per cento più ricco degli italiani a fine del 2021 era superiore a quella detenuta dell'80 per cento più povero dei nostri connazionali. La povertà assoluta riguarda ormai il 7,5 per cento delle famiglie; in sostanza, sono raddoppiate, in 16 anni, le famiglie con un livello di spesa insufficiente a garantire una vita dignitosa, dunque sono raddoppiate le famiglie maggiormente esposte all'aumento dei prezzi, soprattutto per i beni alimentari ed energetici.

Al contempo, il sesto rapporto di valutazione dei cambiamenti climatici certifica l'aumento degli eventi meteorologici estremi: ondate di calore, siccità, piogge torrenziali, alluvioni, con sempre maggiori rischi per la sicurezza e la salute umana; li abbiamo visti con i nostri occhi, proprio qui; lasciatemelo dire, il Piemonte potrebbe diventare davvero un hotspot dei cambiamenti climatici e dell'emergenza climatica. L'insicurezza alimentare e idrica - come dicevamo ieri –è destinata a crescere con l'aggravarsi del riscaldamento globale, e anche questo abbiamo cominciato a viverlo sulla nostra pelle.

Lasciatemi dire che, in una congiuntura del genere, il Documento di economia e finanza è totalmente insufficiente, è inadeguato, una vera miseria, non solo perché contiene previsioni di crescita del PIL che confermano una sostanziale coincidenza tra l'andamento tendenziale e la legislazione vigente e quella previsionale, ma, soprattutto, perché emerge una totale rinuncia a obiettivi di rilancio economico, sostegno al mondo del lavoro, contrasto alla povertà, ripresa dell'occupazione nel segno della transizione ecologica; invece, appaiono chiari e preoccupanti i probabili tagli alla spesa pubblica proprio su quel settore sanitario agonizzante; d'altra parte, il ministro Giorgetti ha tante volte utilizzato la parola prudenza, prudenza, ma, a tutti gli effetti, noi vediamo il ritorno dell'austerità. Ecco, secondo il Governo, le proiezioni più favorevoli di questo rapporto deficit/PIL porteranno ad uno scostamento, un margine di 3 miliardi, cifre lillipuziane, che il Governo dichiara di voler utilizzare per finanziare un taglio del cuneo fiscale, tra l'altro, di pochi mesi, perché, a fine anno, lo dico al Sottosegretario, ne dovrete trovare 11, di miliardi, per non aumentare il costo del lavoro. Al contempo, il Governo continua a promettere, urbi et orbi, tagli e tagli di tasse. Ovvio che le previsioni, che, peraltro, danno per assunta la piena e puntuale realizzazione dei progetti del PNRR, non sono confermate, e che, come abbiamo visto ieri, di sicuro non c'è proprio nulla.

La verità è che non volete e non sapete decidere dove e come trovare le risorse. La verità è che non volete e non sapete come chiedere a chi ha fatto profitti, a chi ha guadagnato di più, a chi non ha pagato la crisi, questi extraprofitti, come ha appena confermato la risposta di Giorgetti all'l'onorevole Bonelli, durante il question time. Non avete mai voluto davvero ragionare sulla tassazione di quegli extraprofitti alle compagnie energetiche, ma non avete neanche mai voluto discutere di grandi patrimoni. Non volete fermare chi paga à la carte le tasse, né, tanto meno, le multinazionali, che fanno ogni giorno dumping. E naturalmente, in tutto questo, non volete fare scelte, come quella di ridurre il quantitativo di risorse negli armamenti. E nel contesto di una corsa agli armamenti generalizzata, non avete alcuna intenzione di ridurre la spesa militare. Di fronte a un così sordo rifiuto a trarre le risorse da quelle ricchezze che si concentrano nelle mani di pochi, non potevamo che aspettarci il parto di questo topolino anemico.

C'è di peggio. Il Documento ribadisce che il Governo vuole superare le misure straordinarie di politiche fiscali che, negli ultimi 3 anni, hanno contribuito a evitare la disgregazione. E, infatti, è lì che si trovano le risorse: sul reddito di cittadinanza, sui bonus edilizi. Ma come pensate di fare, anche solo per mantenere il taglio del cuneo contributivo nel 2024? Per non parlare della sanità, su cui, infatti, si prevede una riduzione della spesa del 7 per cento. Io ringrazio tutti i nostri militanti che oggi, davanti a tanti ospedali, hanno iniziato a dire “basta!”, “basta!” a queste liste d'attesa infinite, e iniziamo a dirci che siamo stati troppo pazienti.

PRESIDENTE. Concluda.

MARCO GRIMALDI (AVS). Finisco. Come garantirete le cure alle persone con disabilità e non autosufficienti? Come spiegherete ai viticoltori, alle vittime di alluvioni e frane, e a chi lascia le città a causa dell'aria irrespirabile, che non avete avuto alcuna intenzione di investire sulla transizione ecologica? I nodi verranno al pettine, tutti purtroppo, e, a un certo punto, vi si chiederà il conto di un disastro annunciato. In questo DEF, infatti, non c'è nulla per le pensioni, nulla per alzare i salari, nulla nemmeno per le vostre promesse, come i bonus per chi ha i figli. Tutti i vostri bluff stanno per finire. Ma c'è una buona notizia: nel frattempo, le opposizioni, per la prima volta, depositano una risoluzione unitaria. Le cose stanno cambiando e cambieranno presto anche in questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato Matteo Richetti. Ne ha facoltà.

MATTEO RICHETTI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Governo, noi ci riproviamo. Riproviamo a fare l'opposizione che parla dell'oggetto di cui stiamo discutendo e che voteremo tra poco. La risoluzione a cui faceva riferimento il collega immagino sia sottoscritta dalla maggior parte delle opposizioni, ma non da tutte. Vede, Sottosegretario, parlare del merito del provvedimento significa fare due valutazioni. La prima è che la tanto temuta recessione internazionale forse è scongiurata, quanto meno per il momento. E il fatto che la tanto temuta recessione sia scongiurata ci porta qualche margine di azione, che voi avete utilizzato: 3 miliardi nel 2023, l'anno in corso, e 4 miliardi sul prossimo anno. Ci lascia molto perplessi come voi avete utilizzato queste risorse, Sottosegretario. Sa perché?

Perché con i 3 miliardi di quest'anno voi ridurrete il cuneo contributivo. Banca d'Italia, in audizione, ha stimato in circa 15 euro al mese il beneficio che avranno i lavoratori che usufruiranno di questo taglio contributivo. Io rispetto anche i 15 euro, perché quando i salari sono bassi, bisogna andarci con i guanti della festa a parlare di entità economiche, ma c'è un dato di fatto: al 31 dicembre, i 3 miliardi sono finiti, e per rinnovarli, dal 1° gennaio, i 3 miliardi che riguardano il semestre giugno-dicembre diventano 6. A questi 6 miliardi, Sottosegretario, si aggiungono i 5 che il Governo Draghi aveva messo e che il Governo Meloni ha riconfermato, e siamo a 11: 11 miliardi che dal 1° gennaio ci servono non per abbassare le tasse, ma per mantenere la situazione che avremo il 31 dicembre.

In più, a pagina 81 del DEF, voi scrivete: è opportuno menzionare che le proiezioni di finanza pubblica a legislazione vigente non comprendono le cosiddette politiche invariate, che coprono una serie di spese, che giustamente voi definite obbligatorie, tra cui il rifinanziamento delle missioni internazionali. Per coprire queste spese stiamo parlando di altri 6 miliardi, che dal 1° gennaio, nel DEF non l'abbiamo previsto, ma sono da assicurare: 11 più 6, siamo a 17, che dobbiamo trovare al 1° gennaio.

Ma non è finita qui, perché non abbiamo previsto neanche un centesimo per rinnovare i contratti di lavoro del pubblico impiego: gli insegnanti, i dipendenti dei comuni, delle regioni, dei ministeri. E poiché anche dalle vostre rilevazioni l'inflazione sta pesantemente erodendo questi salari, immagino che sia un intervento “necessario”. Ebbene, 5 più 6 siamo a 11, più 6 siamo a 17, la stima del rinnovo dei contratti è di 8-9 miliardi: quindi, dal 1° di gennaio, per non fare sostanzialmente nulla che non sia conservare la situazione esistente, abbiamo bisogno di 25-26 miliardi.

Vede, Sottosegretario, una volta il DEF si chiamava di DPEF, cioè Documento di programmazione economica e finanziaria. Io non vorrei che, avendo tolto la “P”, vi fosse sfuggito che la programmazione va fatta, perché in questa fotografia la programmazione non c'è. Infatti, stiamo sostanzialmente assumendo una posizione economica, dei conti pubblici, che porterà a dover riconfermare una situazione - altro che la discussione che stiamo facendo sulle detrazioni sui figli, sui nuovi provvedimenti - per mantenere la situazione, per conservare la situazione attuale.

Torno al DEF, per parlare delle vostre previsioni che avete introdotto in questo documento. Pagina 121. Nel DEF avete inserito proiezioni su cosa accadrà nel futuro del nostro Paese. Ci sono scritte quattro condizioni necessarie per evitare problemi finanziari molto seri, che dopo descriverò.

La prima: entro la fine della legislatura si tagliano una cinquantina di miliardi di spesa pubblica o, di converso, si aumentano le tasse di pari importo e si raggiunge un avanzo primario pari al 2 per cento del PIL. L'ultima volta che ce l'abbiamo fatta è stato nel 2012, più di 10 anni fa.

Condizione n. 2: se poi questo livello di prudenza fiscale si mantiene costante nei prossimi decenni, allora possiamo raggiungere gli obiettivi, cioè senza più tentazioni di deviare a questo percorso.

Condizione n. 3: fare riforme giuste per fare crescere la produttività ad un tasso dello 0,8 per cento annuo. Negli ultimi cinquant'anni il tasso della produttività è stato sostanzialmente pari a zero.

Condizione n. 4, posta da voi: resistere alle tentazioni di modificare o cambiare la legge Fornero sulle pensioni. Potevate scrivere una condizione, cioè che non governiamo noi e allora tutta questa roba si fa. Se tutte queste quattro condizioni vengono esaudite, comunque il rapporto debito-PIL - scrivete voi - nei prossimi decenni sfonderà quota 180 per cento. Se solo una di queste quattro condizioni non venisse soddisfatta, sfonderà quota 200 per cento. Ragazzi, io capisco che parlare del futuro e delle previsioni economiche del nostro Paese può essere elemento di interesse di una sola parte dell'opposizione.

Voglio far notare, Sottosegretario, che è lo stesso DEF a indicarci cosa fare per evitare questa catastrofe che voi avete descritto: fare riforme strutturali più incisive e coraggiose in modo che la produttività cresca - ripeto, negli ultimi cinquant'anni è sostanzialmente rimasta ferma - almeno dell'1 per cento l'anno, aumentare il flusso netto di immigrati, che vuol dire aumentare gli immigrati regolari o diminuire gli emigrati, cioè ragazzi italiani, o fare - sarebbe il caso di cominciare a ragionarci - entrambe le cose.

Ho fatto il quadro che voi restituite al Paese per dire tre cose. La prima: se volete contrastare la crisi demografica e non banalizzarla con la sostituzione etnica, forse, non occorre reintrodurre, come pensa il Ministro Giorgetti, il sistema di detrazioni che lui, da Ministro del Governo Draghi, ha superato con il Family Act dell'allora Ministra Bonetti. Il Ministro Giorgetti e molte forze politiche qui presenti hanno dato un contributo a razionalizzare il sistema di detrazioni ed arrivare all'assegno unico, che il Presidente Draghi ha realizzato nel decreto attuativo al Family Act dopo 4 mesi, mentre voi ci state facendo aspettare gli altri decreti attuativi dello stesso Family Act. A meno che non ci diciate che non lo volete più realizzare, perché smontiamo l'assegno e reintroduciamo il sistema di detrazioni. È una scelta politica, ma ce la dovete comunicare, perché nel DEF ci dite che gli volete dare corso, ma non ci mettete i soldi. Come dare corso al Family Act in termini di misure lo ha ricordato il Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica - parole sue - ha detto che le misure previste dalla legge n. 32 del 2022 - se il Presidente non si arrabbia lo chiamo “Piano per la famiglia”, così usiamo termini italiani - “meritano di essere rapidamente rese esecutive, per contribuire alla ripartenza del Paese”. Renderlo esecutivo significa emanare i decreti che riguardano: implementazione dei servizi educativi, sostegno economico alle famiglie per spese per crescita e cura dei figli, incentivi alle imprese per welfare e contrattazione di secondo livello, riforma dei congedi parentali, incentivi significativi al lavoro femminile e le politiche di sostegno per i giovani, casa, formazione, lavoro. Serve questo, non 10.000 euro di detrazioni! Non c'è da inventare nulla! Sottosegretario, volete far crescere la produttività quale obiettivo di questo DEF? Non c'è da inventare nulla: prendete i soldi del PNRR e rimontate industria 4.0. Come ho avuto modo di dire brevi manu anche al Ministro Fitto, i fondi del PNRR vanno destinati alla transizione ecologica e digitale, possiamo riconoscere le imprese che investono in quella direzione, perché non è scritto da nessuna parte che devono essere tutti investimenti pubblici, e possiamo prevedere una premialità per l'occupazione femminile e giovanile. Ricordo che questi erano gli obiettivi del Next Generation EU.

Sottosegretario, veniamo alla sanità. Se non intervenite con urgenza il sistema crolla, perché avete ridicolizzato il MES sanitario, le regioni sono in uno stato finanziario disastroso e i giovani medici stanno scappando dalle strutture pubbliche, in particolare dai pronto soccorso. Non può essere una situazione da prendere sottogamba, come viene fatto all'interno del Documento di economia e finanza. Bisogna cambiare profondamente registro. Lo lasci dire a quella parte di opposizione che fa sempre lo sforzo di stare al merito, di proporre cose concrete, di rispondere, anche se si trova in Toscana, sui termovalorizzatori.

È ora, per scomodare un testo un pochino più significativo di questo DEF: che il vostro parlare sia sì, sì, no, no, tutto il resto appartiene al demonio. Si può cominciare a introdurre altro nel dibattito pubblico e politico e non solo la sostituzione etnica, il fatto che in via Rasella ci fosse la banda e le parole di Delmastro Delle Vedove? Possiamo cominciare a porre questioni sulle quali avere posizioni puntuali? Sul MES state facendo un balletto di cui vergognarci come Paese agli occhi dell'Europa! Sul MES dovete prendere una posizione - io, tra l'altro, immagino quale possa essere - che sia definitiva e, invece, stiamo perdendo tempo e credibilità.

In conclusione, Presidente, siccome ad ogni curva ci ricordate che finalmente c'è un Governo politico in questo Paese, per definizione fare politica è avere un disegno, avere un progetto e programmare: tutto quello che manca in questo DEF. Se siete un Governo politico, iniziate a farla la politica (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mangialavori. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TOMMASO VINCENZO MANGIALAVORI (FI-PPE). Grazie, Presidente. Governo, il DEF che ci accingiamo ad approvare è il primo documento organico di programmazione economica e finanziaria di questo Governo, pertanto, assume una prospettiva di legislatura, anche andando oltre le previsione elaborati in questo momento di grande incertezze per la guerra in Ucraina e impostando un lavoro che dovrà essere compiuto e sviluppato nei prossimi anni.

Dunque, questo Documento contiene alcune risposte importanti, attraverso la previsione di interventi che potranno e dovranno naturalmente essere rafforzati e sviluppati con altri provvedimenti, da prendere in futuro. In particolare, grazie al miglioramento dell'andamento delle finanze pubbliche rispetto alle stime precedenti, sarà possibile destinare 3 miliardi di euro al taglio del cuneo fiscale, operando una riduzione soprattutto nelle fasce medio-basse di lavoratori dipendenti. Per l'anno prossimo sarà possibile destinare 4 miliardi di euro al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Questa è una scelta di campo, in un momento in cui ci apprestiamo a un generale processo di revisione delle regole della tassazione con il recente avvio dell'esame del disegno di legge delega per la riforma fiscale. Tale processo dovrà portare, tra l'altro, come indicato dal DEF, ad una diminuzione del carico fiscale, in particolare per i redditi medi, e più in generale a un sistema più equo e favorevole alla crescita economica. Si tratta di due indicazioni importanti, che segnano la direzione degli interventi che saranno realizzati in un futuro e che testimoniano l'impegno della maggioranza a sostenere la ripresa economica italiana e a fronteggiare le conseguenze dell'inflazione.

Ci sono ancora importanti capitoli da scrivere per raggiungere l'obiettivo e creare le condizioni per una ripresa significativa e duratura dell'economia italiana in tutte le sue componenti produttive e per un miglioramento economico dei cittadini, di tutti i cittadini. Ringraziamo il Governo, a nome di Forza Italia, perché noi abbiamo lo proposto e il Governo ha mantenuto l'impegno per l'innalzamento delle pensioni minime (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE), un cavallo di battaglia di Forza Italia. All'interno di questo DEF c'è un impegno preciso in tal senso da parte del Governo. È fondamentale colmare progressivamente i divari che da troppo tempo ostacolano la crescita economica e assicurare uno sviluppo più inclusivo che punti sulle donne e sui giovani, con interventi che aiutino le famiglie, specialmente quelle con redditi più bassi, e favoriscano la ripresa della natalità, che è una condizione essenziale per garantire un futuro stabile, anche sul piano economico, al nostro Paese. Dobbiamo poi supportare il mondo delle imprese, innanzitutto con un sistema fiscale più semplice e più razionale che favorisca il lavoro e le attività produttive. Dobbiamo proseguire e rafforzare la semplificazione delle procedure, avviata con la riforma del codice degli appalti, e ridurre gli adempimenti burocratici, sfruttando fino in fondo le potenzialità della digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Questi sono solo alcuni degli obiettivi che anche il DEF richiama nell'ambito del Programma nazionale di riforma. Nei prossimi mesi dovremo continuare a concentrarci su due grandi temi. Il primo è il tema della governance economica e finanziaria dell'Unione europea. Come sappiamo, a partire dal prossimo anno cesserà la sospensione delle regole del Patto di stabilità e crescita, avviata per fronteggiare le conseguenze della crisi derivate dalla pandemia, prima, e dalla grande incertezza creata dalla guerra in Ucraina, dopo. In queste ore la Commissione europea ha presentato le proprie proposte legislative in materia al termine di un dibattito al quale il Parlamento italiano, in particolare la Camera dei deputati, ha dato un contributo importante. Esamineremo le proposte della Commissione, ma possiamo già ora confermare che è essenziale che le nuove regole assicurino realmente che l'obiettivo della stabilità delle finanze pubbliche vada di pari passo con quello della crescita, superando così le criticità che finora hanno portato all'adozione di politiche procicliche e non hanno favorito il raggiungimento di un livello adeguato di investimenti e di sviluppo economico. La Camera e il Senato, come ho detto, non hanno fatto mancare indicazioni e proposte su tali temi e bene ha fatto il Governo a valorizzare questi contributi anche nelle premesse del documento che stiamo oggi per approvare. Anche nei prossimi mesi, quando saranno formalizzate le proposte legislative della Commissione europea, il Parlamento dovrà farsi ancora una volta trovare pronto e supportare il Governo in una trattativa fondamentale per creare le condizioni finanziarie necessarie a sostenere la crescita. Lo stesso dovrà accadere per altre trattative strategiche per l'economia del nostro Paese, da quella per la riforma sulle regole degli aiuti di Stato a quelle relative alla creazione di un Fondo per la sovranità europea, volto a sostenere gli investimenti nei settori strategici, o al piano industriale del Green Deal.

In questo quadro di regole ancora in divenire, la seconda parte - grande priorità da affrontare - riguarda le scelte di politica economica e di bilancio. Dobbiamo spendere tempestivamente e in modo efficiente le risorse che abbiamo a disposizione, e non mi riferisco solo al bilancio dello Stato ma anche e, forse, soprattutto ai fondi europei. Oltre alle ordinarie risorse del bilancio pubblico, abbiamo a disposizione le risorse del PNRR, i 30 miliardi del Piano nazionale complementare e i fondi per la coesione.

Se chiediamo, in sede europea, regole che favoriscano il raggiungimento di un livello adeguato di investimenti, dal canto nostro dobbiamo, con tutte le nostre forze, dimostrare di essere capaci di spendere. Più in generale, come evidenzia anche il DEF, dobbiamo fare un bilancio delle misure emergenziali di questi anni e individuare nuovi interventi per il sostegno dei soggetti più vulnerabili e per il rilancio dell'economia. In questo senso si può parlare di revisione della spesa, che non è un taglio lineare o una riduzione indiscriminata. In tal senso le misure del PNRR sono fondamentali ma, proprio perché il nostro obiettivo deve essere quello di spendere le risorse nel miglior modo possibile, è opportuna - forse è indispensabile - l'opera di revisione che il Governo sta conducendo, mentre sta definendo il capitolo del REPowerEU relativo all'indipendenza e all'efficienza energetica.

Auspichiamo che questa opera possa concludersi in tempi brevi, in modo che i suoi esiti siano condivisi quanto prima con le Camere per raccogliere le nostre proposte e indicazioni, per sottoporre quindi al più presto il Piano, integrato e rivisto, alle istituzioni europee. Infatti, solo se sapremo utilizzare in modo efficiente le risorse a disposizione e assicurare che le spese siano produttive potremo dare forza al progetto di un ridisegno complessivo della normativa tributaria e di un alleggerimento del carico fiscale, riducendo gli sforzi necessari sul piano della finanza pubblica. Come Parlamento e come Commissione bilancio continueremo a lavorare affinché questi obiettivi si realizzino e si rafforzino già nei provvedimenti che saranno esaminati a partire dai prossimi giorni. Per questo annuncio, con convinzione, il voto favorevole del gruppo Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianmauro Dell'Olio. Ne ha facoltà.

GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghe e colleghi, nelle premesse del DEF, che è il principale documento di programmazione economica e politica e sulla cui base si dovrà impostare la legge di bilancio, avete scritto che è necessario adottare misure urgenti con cui contrastare tali effetti, riferendovi alla prolungata inflazione e al rialzo dei tassi d'interesse che hanno un impatto sui margini delle aziende e sui redditi delle famiglie. Ma quali misure avete adottato? Questo è un DEF che trasuda austerità e immobilismo dappertutto. Avete dichiarato, a più riprese e in più sedi, che questo è un DEF prudente e moderato. Addirittura, il Ministro Giorgetti ha detto che la prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Ma il segno di responsabilità sarebbe stato proseguire con le azioni che hanno portato questo Paese a una crescita del PIL del 10,7 per cento negli ultimi due anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Voi parlate di crescita del Paese ma per la crescita occorrono degli investimenti e, mentre a parole lo riconoscete, nella legge di bilancio e in questo DEF state facendo l'esatto contrario. C'è una crescita ipotizzata del PIL dell'1 per cento, che è lontana anni luce dal 7 per cento del 2021 ma anche dal 3,7 per cento del 2022, e la vostra stima di crescita del 2023 gode dell'effetto trascinamento del 2022 e anche della discesa dei prezzi del gas, su cui questo Governo non è intervenuto - non ne ha merito -, altrimenti la crescita da inserire nel DEF sarebbe stata pari allo zero.

In tutto questo il Ministro Giorgetti - cito testualmente - dice: “È realistico puntare per i prossimi anni ad un aumento del tasso di crescita del PIL e dell'occupazione”. Realistico? Ci sembra doveroso! È il minimo sindacale, altrimenti questo Paese ritornerà in quella spirale asfittica in cui è stato negli ultimi 30 anni.

Però, è lo stesso DEF a non supportare il Ministro, perché nelle previsioni del 2024 la previsione di crescita è dell'1,5 per cento. Il Fondo monetario internazionale addirittura stima la crescita allo 0,8 per cento. Ernst & Young nelle sue previsioni macroeconomiche dice che, se non si spendono i soldi del PNRR al 70 per cento quest'anno e al 90 per cento nel 2024, il PIL potrebbe non crescere affatto. Se arriviamo a spendere il 50 per cento andremo in recessione (meno 0,3 per cento).

Perché faccio questa correlazione con il PNRR? Perché il Ministro Giorgetti non sembra che parli con il Ministro Fitto e non sembra che abbiate letto quello che ha scritto l'Ufficio parlamentare di bilancio, cioè che valida le previsioni tendenziali solo nel caso di piena e tempestiva realizzazione dei progetti del PNRR. Quindi, fate un favore all'Italia: trovate un punto d'incontro fra voi del Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Poi, Sottosegretario Freni, una cosa preoccupante è la discesa del deficit prevista nel DEF. Il deficit certo va ridotto, ma ridurlo di due punti percentuali dal 2022 al 2024 significa una riduzione fra i 40 e i 50 miliardi di euro. Ditemi voi se questa non è austerità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Mi fa piacere vedere che c'è una buona parte del Governo e vi ringrazio.

Passerei, a questo punto, a un altro grande nuovo invitato in questo DEF, che è l'avanzo primario, cioè la differenza fra le entrate e le uscite dello Stato, fatte salve le spese per gli interessi del debito pubblico. Certo, se c'è un avanzo primario e c'è un aumento delle entrate rispetto alle uscite sembra cosa buona, ma per ottenere un avanzo primario bisogna aumentare le entrate e, quindi, aumentare la tassazione o ridurre le spese dello Stato e quelle per i servizi. Va da sé che, quindi, una cosa positiva, in teoria, per lo Stato come l'avanzo primario è una cosa negativa per i cittadini.

Ma lo Stato non è forse composto dai cittadini? E noi siamo qui a curare gli interessi dei cittadini o no? Vogliamo ricordarcelo? O meglio: noi ce lo ricordiamo, ma voi ve lo ricordate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Porsi come obiettivo un progressivo e costante aumento dell'avanzo primario ci può portare dritti in quel tunnel in cui siamo stati negli ultimi 30 anni. Dal 1990 al 2019, per ben 26 di questi 30 anni, abbiamo avuto un avanzo primario. La crescita del PIL medio in questo periodo è stata dello 0,7 per cento. L'aumento del rapporto tra deficit e PIL del 40 e, in tutto questo, i salari sono scesi del 2,9 per cento, l'unico caso fra i Paesi OCSE.

Quindi, è chiaro che sia empiricamente che storicamente con l'avanzo primario non abbiamo una crescita del Paese, il debito pubblico cresce e, ciononostante, voi volete continuare su questa strada. Questo mi sembra veramente assurdo, anche perché se non ci sono politiche espansive - e non ce ne sono, né in legge di bilancio né qui nel DEF - non si può ottenere una crescita del Paese e, quindi, la riduzione prevista che avete indicato del rapporto debito-PIL non ci sarà.

Per quanto riguarda il famoso taglio del cuneo fiscale, di cui si è parlato, c'è da dire che certamente tagliare il cuneo fiscale porta soldi in tasca ai lavoratori, ma nel DEF avete scritto che c'è un margine di espansione delle politiche economiche. Ebbene, passiamo dal 4,35 per cento del tendenziale al 4,5 del programmatico, quindi dove ci sono le vostre azioni. Questo margine è lo 0,15 per cento del PIL, cioè 3,4 miliardi di euro, solo per quest'anno, perché per l'anno prossimo avete deciso di destinare questi soldi alla riduzione della pressione fiscale. Ma la questione è che questi 3,4 miliardi per tutti i lavoratori significa dai 15 ai 20 euro al mese in busta paga, in un periodo in cui abbiamo un'inflazione ancora del 7 per cento. Tra l'altro, in questo DEF non attaccate assolutamente l'inflazione.

Il Ministro Giorgetti, nel comunicato che ha accompagnato l'emanazione del DEF nel Consiglio dei ministri, si premura di scrivere (cito testualmente) che il taglio del cuneo sosterrà il potere d'acquisto delle famiglie e contribuirà alla moderazione della crescita salariale.

Il Ministro Giorgetti non c'è, quindi lo chiedo a lei, Sottosegretario Freni: vogliamo andare avanti ancora con questa storia della moderazione salariale, una pratica che, nel tempo, ha dimostrato tutta l'incapacità di far crescere il Paese? Anzi, il principale esito storico della moderazione salariale è stato proprio quello di creare un drammatico incremento del tasso di disoccupazione. Lei, Ministro, ha il coraggio di spiegare questo ai lavoratori oppure, come altri membri del Governo della sua maggioranza, in questi giorni, con queste parole voleva intendere altro? La realtà è che nel DEF vi barcamenate tra il pontificare rispetto all'opposizione e le operazioni di Governo.

Avete promesso così tante cose durante la campagna elettorale, che ora avete la necessità di mettere da parte i soldini da destinare a misure per persone cui, probabilmente, con la riforma fiscale, avete promesso cose tipo il concordato preventivo biennale, una misura a fronte della quale, con il pagamento di un minimo di imposte, si evitano controlli e accertamenti per i due anni successivi: una cosa folle.

Come ho detto prima, in questo DEF è mortificata ulteriormente la spesa sanitaria e avete cominciato già nella legge di bilancio: passate da 6,9 per cento nel 2022 al 6,2 per cento nel 2025, quando la media europea oscilla fra il 7 e l'8 per cento, per non parlare di Austria, Francia e Germania, che stanno stabilmente sopra il 10 per cento.

Nel DEF mancano molti altri punti, vediamone alcuni. Oggi, ci chiedete di votare su un impegno di spesa, ma non avete assolutamente deciso di rafforzare il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Continuate a non parlare di salario minimo legale. Avete smantellato il reddito di cittadinanza per guadagnare 1 miliardo, probabilmente, da mettere nella riforma fiscale, buttando nello sconforto le fasce deboli della popolazione. Non vi siete resi conto dell'incremento dei tassi di interesse, non avete fatto alcuna previsione per tutelare le persone che hanno problemi per il pagamento dei mutui. Dite di essere pronti a governare, ma, nella realtà, non avete pensato o voluto inserire politiche di supporto alla famiglia, rilanciare le politiche di innovazione per favorire la crescita economica, rifinanziare Transizione 4.0, per estenderla agli investimenti per la transizione ecologica, e neanche prevedere qualcosa per le politiche di riduzione dei divari territoriali. A proposito di quest'ultimo tema, sostenete, invece, il disegno di legge Calderoli sull'autonomia differenziata, che sconquasserà ulteriormente questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Come se non bastasse, Presidente, proprio ieri la Commissione europea, nell'ambito della proposta di riforma del Patto di stabilità, ha effettuato le simulazioni da cui partire per i negoziati e per vedere da dove deve partire l'Italia per la riduzione del proprio debito. È un punto di partenza che rischia di bloccare le aspettative di crescita.

Il Ministro Giorgetti, finora, è sempre stato ossequioso nei confronti dell'Unione europea, e, in questo caso, si è dimostrato contrariato, ma siamo onesti: questo dossier l'avete gestito in maniera un po' troppo morbida.

PRESIDENTE. Concluda.

GIANMAURO DELL'OLIO (M5S). Sì, chiudo, Presidente. Dov'è finita la pacchia per l'Unione europea? Non la troviamo da nessuna parte.

Presidente, questo DEF manca di tutti quegli elementi che possano permettere a questo Paese di continuare un percorso di crescita, iniziato proprio con l'uscita dalla pandemia. Per questi motivi, Presidente, ribadisco con fermezza il voto contrario del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bagnai. Ne ha facoltà.

ALBERTO BAGNAI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, membri del Governo, mi accingo a dichiarare il voto favorevole del gruppo Lega-Salvini Premier sulla risoluzione sul Documento di economia e finanza.

Una dichiarazione di voto, per sua natura, è un atto politico che richiederebbe un discorso politico, un discorso acceso, che infiammi le masse.

Questo è il compito che, come è naturale che sia in una dialettica democratica, lascio ai colleghi dell'opposizione, di cui apprezziamo il contributo critico. Mi limiterò a dare qualche numero noioso per inquadrare, in prospettiva, l'esercizio che questo Governo ha fatto con questo suo primo Documento di economia e finanza (come ricordava il collega Mangialavori) e per aiutare chi ci osserva da fuori a contestualizzare la discussione che si è svolta e il senso delle dichiarazioni.

Ogni anno, si arriva, con puntualità, a questa liturgia del DEF, che, sostanzialmente, può essere assolta in due modi: c'è l'anno in cui l'opposizione accusa il Governo di essere irresponsabile, di mandare a rotoli il Paese con politiche spregiudicate e imprudenti e c'è l'anno in cui, invece, il Governo viene accusato di fare troppo poco, di non rilanciare il Paese, di non preoccuparsi della disuguaglianza e della povertà. Credo sia evidente che siamo in quell'anno; evidentemente, in questo senso, la natura delle precedenti dichiarazioni di voto è assolutamente esplicita.

Naturalmente, ci sarebbe da fare anche un po' di memoria storica. Nei gruppi, che oggi lamentano la prudenza del Governo e la sua eccessiva mancanza di ambizione, vedo colleghi che, qualche anno fa, si estasiavano, perché, sull'empito della correzione richiesta dai mercati, un altro Governo aveva fatto la correzione dal 2,4 al 2,04 del deficit programmato: quello era l'anno in cui il Governo veniva accusato, pensate un po', di essere un Governo prodigo e spendaccione, ma era anche l'anno in cui venne conseguito il rapporto deficit-PIL più basso degli ultimi 17 anni, che non so se sia un merito o un demerito (ero nella maggioranza, quindi, mi verrebbe da dire, dovrei dire, per difendere la bandiera, che sia stato un merito), però, sicuramente, è un fatto che non quadrava con le richieste che, all'epoca, faceva l'opposizione.

Questo esercizio previsionale è utile, serve per riflettere sulla coerenza dei flussi macroeconomici, ma diventa sterile, se gli si chiede più di quello che può dare e, quindi, bisogna ragionare su quanto possano essere realmente attendibili le previsioni sottostanti a questo esercizio. Infatti, con tutto il rispetto per le autorità indipendenti chiamate a certificarle, le previsioni macroeconomiche hanno sempre un certo margine di incertezza.

Il DEF si sviluppa su un orizzonte di 3 anni. Se noi, senza toccare le previsioni italiane, prendiamo quelle del Fondo monetario internazionale, vediamo che, dal 2008 al 2021, sull'orizzonte di 3 anni, normalmente, l'errore medio assoluto è stato del 3 per cento, che, alle cifre attuali, rappresenta quasi una sessantina di miliardi di errore. Quindi, bisogna essere consapevoli dei limiti dell'esercizio che si sta facendo. Bisogna esserne consapevoli anche alla luce del quadro di riforma delle regole europee, perché non deve sfuggire a nessuno di noi il fatto che questo quadro implica che un paese, oggi, sia giudicato sui risultati che conseguirà nei prossimi 17 anni (perché sono 7 anni di piano di rientro, che devono assicurare ulteriori 10 anni di discesa credibile del rapporto debito-PIL). Non so se sia chiaro di cosa stiamo parlando. Parliamo di una previsione a 17 anni. La prima cosa che mi viene da dire è che auguro a tutti noi di potere vedere se il primo round di queste previsioni sarà azzeccato: spero che tutti noi, fra 18 anni, saremo qui e faremo un discorso sul senso o sul non senso di questa operazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Però, vorrei rivendicare alcuni meriti di questo Governo e di questa maggioranza. Forse il primo può sembrare banale, ma, secondo me, vale la pena di ricordarlo e di ricordarlo oggi. Abbiamo dimostrato che la democrazia poteva essere esercitata nel rispetto delle scadenze e abbiamo dimostrato che il fatto che fosse imminente la legge di bilancio non doveva sospendere il diritto di voto e siamo riusciti a fare una legge di bilancio che ha superato il vaglio dei mercati e stiamo pianificando il prossimo futuro. Mi viene da dire che quello che i dati dimostrano, visto che stiamo parlando di regole, è che se dobbiamo osservare i risultati forse l'Italia non ha tutto questo bisogno di regole altrui, se guardiamo alla sua performance, e vorrei che ne fossimo consapevoli, almeno qui, che fossimo consapevoli di non essere l'anello debole della catena, che fossimo consapevoli del fatto di avere un tessuto produttivo sano, che è capace di assorbire gli shock più e meglio di altri Paesi, che fossimo consapevoli del fatto che la migliore assicurazione che abbiamo della nostra stabilità finanziaria è nel carattere e nella natura dei nostri cittadini che sono prudenti e che sono risparmiatori, è il loro risparmio che garantisce la nostra stabilità finanziaria.

Abbiamo fatto male, per anni, ad accettare un quadro di regole strabico, dal cui monitor risulta un'immagine distorta del nostro Paese, esclusivamente focalizzato sulla finanza pubblica e senza alcuna attenzione a quella finanza privata da cui poi storicamente, invece, originano gli squilibri. Sono i fallimenti delle banche a mettere spesso in crisi la finanza pubblica; non mi ricordo un caso in cui la finanza pubblica sia fallita mettendo in crisi la finanza privata, almeno non in epoca recente, nel secondo dopoguerra e, ovviamente, in Europa.

Quindi, siamo molto contenti che questo Governo stia chiedendo che la procedura sugli squilibri macroeconomici, cioè quell'aspetto del quadro di regole europee che si sofferma anche sui fondamentali dell'economia privata, venga finalmente presa sul serio; ma se anche ci confinassimo al solito, sterile esercizio di ragionare esclusivamente in termini di finanza pubblica, forse è il caso di ricordare che il nostro Paese non ha fatto peggio di altri. Io voglio ricordare che, se prendessimo la cumulata, nei 31 anni dal 1992 al 2022, quindi, dal Trattato di Maastricht in poi, del saldo primario del deficit pubblico, avremmo un totale di 438,3 miliardi, cioè il 23 per cento del PIL dell'anno scorso, contro i 103 miliardi della Germania, Paese portato sempre ad esempio di grande risparmio e che in realtà fa un quarto di quello che abbiamo fatto noi in 31 anni di risparmio pubblico, il 2,7 per cento del PIL del 2022. La Francia, se si vanno a cumulare i suoi saldi primari dal 1992 al 2022, ci restituisce meno 1.105 miliardi di euro, cioè meno il 41,8 per cento del PIL francese, alla fine dello scorso anno. In questi 31 anni la Francia ha avuto un deficit primario, quindi un saldo primario negativo, per 27 anni, la Germania per tredici anni, l'Italia, il nostro Paese, per soli cinque anni.

E le violazioni della regola del 3 per cento sono state 17 in Francia, 9 in Germania e solo 11 in Italia: più che in Germania, molto meno che in Francia. Com'è che allora ci viene continuamente inflitta questa immagine negativa del nostro Paese? Dal 1995 al 2007 il rapporto debito/PIL è disceso a una media di poco meno di due punti all'anno…

PRESIDENTE. Concluda.

ALBERTO BAGNAI (LEGA). Ho un minuto? Grazie, Presidente. Quindi, noi non siamo preoccupati delle minacce tedesche, che poi sono state respinte al mittente, di sentieri di discesa del rapporto debito/PIL di un punto l'anno, abbiamo già fatto tranquillamente discese di due punti l'anno e non c'erano le tensioni sociali che ci sono adesso, c'era un quadro diverso.

L'Italia ha il principio di equilibrio di bilancio inscritto nella Costituzione, grazie a un relatore della Lega, che è l'attuale Ministro dell'Economia e delle finanze, e da prima di avere questo principio in Costituzione ha ottenuto i risultati che vi ho riportato. Storicamente, si riscontra che è stata solo l'obbedienza pedissequa alle regole di Bruxelles, che qui qualcuno ha sempre criticato, che ha portato all'esplosione del rapporto debito/PIL.

Questo dicono i dati. Sostanzialmente, se, dal 2008 ad oggi, il PIL fosse cresciuto alla stessa media tenuta dal 1999 al 2008, quindi, se l'austerità non avesse ucciso la crescita del PIL, nel 2022, il rapporto debito/PIL sarebbe stato al 101 per cento. Tutta la crescita, quei 50 punti, sono il male che ci siamo fatti, uccidendo la crescita del PIL.

Probabilmente, quello che dispiace di questo Governo è che, interpretando con intelligenza e misura, il senso dell'esercizio del DEF, sta comunicando senza alimentare tensioni nei mercati; quindi, resta frustrato chi ha cercato, storicamente, negli anni, l'appoggio del podestà straniero per volgere a proprio vantaggio una tensione politica che lo avrebbe visto fatalmente sconfitto in patria. Ci ricordiamo tutta la successione di Governi tecnici che sono serviti a far fare politica a quelli che avevano perso le elezioni.

Voglio anche sottolineare che è un luogo comune che l'Italia non abbia fatto e debba continuamente fare nuove riforme. Le circostanze cambiano, la modernità avanza, ma quello che ci dice la storia non è che non sono state fatte riforme; magari, sono state fatte riforme sbagliate da Governi sbagliati, perché tecnici. Voglio ricordare le tante riforme del mercato del lavoro, delle pensioni, del mondo della scuola e delle banche che ci hanno accompagnato nei meravigliosi anni dal 2011 ad oggi.

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

ALBERTO BAGNAI (LEGA). Concludo, Presidente. Non ci può essere rimproverato di non aver fatto le riforme. In meno di 6 anni, abbiamo riformato il codice degli appalti e stiamo procedendo con la riforma fiscale.

È per questo che torniamo ad esprimere il nostro sostegno convinto al Documento di economia e finanza di un Governo, che sta dando stabilità e credibilità al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ubaldo Pagano. Ne ha facoltà.

UBALDO PAGANO (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, se guardiamo ai frutti del vostro operato, sembrano passati anni da quando avete preso le redini del Governo e, invece, vi va dato atto che questa lunghissima serie di disastri l'abbiate inanellata in tempo di record.

Avete preso un Paese che stava risalendo la china, dopo anni di grandissima difficoltà, l'economia procedeva verso il pieno recupero del PIL perso durante la pandemia, con prospettive addirittura migliori grazie al PNRR e alle tante risorse messe in campo che avete ereditato, ma dopo soli 6 mesi di Governo Meloni, invece, torniamo a parlare di crescita zero, di progetti al palo, di imprese ferme, di potere d'acquisto che arretra sempre di più.

Sarà forse perché, in questo tempo, eravate impegnati a bandire i rave party, le ONG, a blaterare di immigrazione, mentre gli sbarchi decuplicavano, a trovare, sì, la quadra sui posti da distribuirvi nello scacchiere delle partecipate di Stato. Nel frattempo, però, le cose sono andate avanti e questo Paese non l'ha governato nessuno.

Da mesi, infatti, lamentiamo picchi di inflazione che non vedevamo da trent'anni. Oggi, di quella inflazione vediamo le conseguenze: beni e servizi di base con prezzi alle stelle, banche centrali che aumentano i tassi di interesse, linee di credito che si interrompono e mutui che costano sempre di più. Ma mentre tutto ciò accadeva, il vostro Governo varava la legge di bilancio più incolore del XXI secolo e, con questo DEF, segnate la vostra resa incondizionata. Dopo anni e anni a contestare i falchi di Bruxelles, l'austerity, le cattivissime agenzie di rating, i famigerati mercati, state facendo l'esatto opposto di quanto, sbraitando, promettevate fino a ieri. Gli urlatissimi comizi di settembre sembrano film in bianco e nero, i video indignati sui social network sembrano spezzoni dell'Istituto Luce.

Oggi, il Governo ci presenta un Documento di economia e finanza i cui contenuti sono degni degli scioglilingua del conte Mascetti. Infatti, proponete stime di crescita molto più ottimistiche di qualsiasi altro istituto nazionale e internazionale e, nonostante questo, ci ritroviamo a parlare al massimo di una crescita che, in termini reali, non arriva all'1 per cento. Persino lo scarto tra il quadro tendenziale e quello programmatico sembra un manifesto al fallimento, un'autocertificazione d'inadeguatezza, l'acquisita consapevolezza di non essere capaci, in alcun modo, di stimolare l'economia. È un sintomo chiaro, questo, di una totale impreparazione e di un'imbarazzante mancanza di coraggio, che non può che portare a questo, a non avere la più pallida idea del futuro che si vuole dare al Paese. Il coraggio no, proprio non c'è, ma la fede, a dire il vero, quella non manca. Già, perché siamo anche stati costretti a leggere che il Governo confida che si ripeta il sorprendente rialzo dell'economia che abbiamo visto in questi anni (Commenti)

PRESIDENTE. Colleghi, non si può parlare con il Governo, quindi, vi prego di allontanarvi.

UBALDO PAGANO (PD-IDP). Come a dire: noi non sappiamo da dove cominciare, ma speriamo che gli italiani ci pensino da soli.

D'altronde, non sapete nemmeno dove prendete le risorse per le politiche invariate, visto che, anche per quelle, vi affidate alla speranza. Persino l'UPB e la Banca d'Italia vi hanno ammonito, non si possono affidare i conti pubblici e le legittime aspettative delle persone a formule talmente generiche da far impallidire il peggiore dei cartomanti. Sì, perché, per il semplice mantenimento del taglio del cuneo contributivo anche per il 2024, saranno necessari oltre 11 miliardi di euro, a cui dovranno aggiungersi, come affermato dallo stesso Ministro per la Pubblica amministrazione, altri 7-8 miliardi di euro per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego. Per non parlare delle risorse per la riforma del sistema pensionistico, per Opzione donna, per la sanità, l'istruzione, la non autosufficienza e per l'attuazione della delega fiscale. Al momento li coprite solo con i 4 miliardi derivanti dalla revisione dell'obiettivo di deficit. Tutti gli altri dove sono? E allora pare evidente che o dobbiamo prepararci a nuovi tagli secchi dei servizi pubblici, un po' come state facendo in sanità, scaricando sulle regioni la responsabilità di risparmiare sui servizi ai cittadini, perché non rimborsate neanche gli extracosti energetici, oppure dobbiamo leggere la maggiore collaborazione fiscale, che citate nel DEF, tra Stato e cittadini come l'annuncio dell'ennesimo maxi condono per i grandi evasori di questo Paese. Francamente, se ne avessi la possibilità, vorrei non sapere mai la risposta, ma penso che, alla fine, vedremo percorrere entrambe le strade, perché questo Governo ha già dimostrato grande tenacia, sia nell'occhieggiare agli evasori fiscali, sia nel togliere ai cittadini più svantaggiati ogni opportunità di un'esistenza migliore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

Dietro agli annunci roboanti di un incremento della spesa sanitaria, viene alla luce la palese decisione di definanziare la sanità pubblica, prevedendo, per i prossimi anni, stanziamenti che, in termini reali, scendono sempre di più. Non solo la pandemia ci avrebbe dovuto insegnare una lezione, che però voi dimostrate di non avere imparato, ma ci fate persino fare passi gravi indietro rispetto al resto d'Europa. Nel vostro manifesto economico pluriennale, il DEF, di quest'anno, le diseguaglianze non sono più un fatto da combattere, ma qualcosa da valorizzare per non dare troppo fastidio ai più forti, mentre è dalle politiche di superamento delle disuguaglianze e, aggiungerei, dalla conversione ecologica che passa lo sviluppo pieno del Paese.

Manca, infatti, qualsiasi intervento efficace per sostenere i redditi di lavoratori e pensionati, falcidiati da un'odiosa tassa iniqua chiamata inflazione, che, invece, oggi utilizzate per fare i tagli lineari, perché non veniteci a dire che il nuovo taglio del cuneo è sufficiente a recuperare il potere di acquisto. Tre miliardi di euro sono una goccia nel mare. Per carità, tutto fa brodo, ma stiamo parlando, in media, di aumenti tra i 15 e i 20 euro al mese in più in busta paga, e, nel mentre, non sappiamo nemmeno se e come verrà rifinanziato il taglio delle tasse sul lavoro che abbiamo introdotto lo scorso anno.

Sul fronte delle pensioni, potremmo stendere un velo pietoso, non servirebbe nemmeno un'opposizione che vi ricordi i vostri impegni con gli elettori…

PRESIDENTE. La fermo un attimo, le chiedo scusa. Fermiamo, ovviamente, anche il cronometro. Colleghi deputati, siete pregati di riprendere la vostra postazione e, soprattutto, di fare silenzio in Aula per consentire a chi sta parlando di svolgere il proprio ragionamento in maniera lineare e senza essere disturbato. Prego, prosegua.

UBALDO PAGANO (PD-IDP). Sul fronte delle pensioni potremmo stendere un velo pietoso, non servirebbe nemmeno un'opposizione che vi ricordi i vostri impegni con gli elettori, perché penso che il senso di vergogna per avere illuso milioni di italiani sia già sufficiente. Il Ministro Salvini gioca a tombola da anni, sulla pelle dei lavoratori più anziani, ma, appena arrivato al Governo, la sua unica preoccupazione è stata mettere in piedi il solito carrozzone pubblico per il Ponte sullo Stretto, senza, però, dirci nulla su dove prenderete i soldi necessari per realizzarlo. Basterebbe questo a dimostrare che la vostra non è un'esperienza di Governo, ma pura e lecita improvvisazione. Come anche improvvisata è stata la recente uscita sulla denatalità, un problema serio, ma che ancora una volta non siete capaci di affrontare seriamente. Invece di fare proposte assolutamente irrealizzabili, perché non potenziate gli strumenti che ci sono, per esempio favorendo una gestione ordinata dei flussi migratori, che risponda alle richieste di lavoratori del mondo imprenditoriale, o raddoppiando l'assegno unico e diminuendo le tasse sul secondo percettore di reddito in famiglia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)?

Sul Mezzogiorno vorremmo avere qualcosa da dire, ma nel DEF, così come nella scorsa manovra, non ne abbiamo trovato traccia, quindi non pervenuto. Come ha detto la satira, di recente, nemmeno troppo ironicamente, quando affidi a taluni Ministri certi dossier è perché in fondo, non ti interessano granché. Ed è questa la fine che state facendo fare al PNRR, ai Fondi strutturali e al Fondo per lo sviluppo e la coesione, bloccato da mesi. Il destino cui avete relegato il PNRR rappresenta perfettamente quello che non siete in grado di fare. Per la prima volta nella storia d'Italia, grazie a un Governo di centrosinistra, avevamo convinto l'Europa al debito comune, a un grande piano di rilancio e di transizione dei nostri sistemi economici. E, invece, di approfittare di questa miniera d'oro per far partire investimenti e cantieri, sono mesi che parlate di revisione, rimodulazione, rinunce, senza mai spiegarci cosa davvero intendete fare con i soldi e i progetti del PNRR. Insomma, dopo la legge di bilancio mancate anche il secondo appuntamento.

Allora, signor Presidente, nel dichiarare il voto contrario del Partito Democratico alla risoluzione di maggioranza, voglio concludere il mio intervento elencando il solo numero che emerge da questo DEF: zero come le risposte che date a chi oggi è in difficoltà, zero come le soluzioni che trovate sulle pensioni, zero come il coraggio che non avete, zero come la crescita a cui ci avete condannato, zero come le promesse che avete mantenuto, zero quanto alla credibilità che vi rimane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lucaselli. Ne ha facoltà.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Inizio a parlare di questo Documento di economia e finanza riportando all'Aula un aneddoto divertente, perché qualche giorno, fa parlando con un collega proprio di economia, mi ha raccontato questa storia di un giovane ragazzo che va in una libreria e chiede al commesso: “avete qualcosa sull'economia?”. E il commesso gli dice: “sì, sì, lì dietro, dopo i libri di fantascienza”. Questo aneddoto serve per ricordare a tutti in quest'Aula, ai colleghi che hanno parlato prima di me, quello che è successo in tutti questi anni, perché i numeri e le cifre presenti nei documenti programmatici economici di questi ultimi anni sono stati terribilmente distanti dalla vita reale. Sono stati distanti per l'incapacità dei Governi che si sono succeduti a seguire i cambiamenti dell'Italia, perché quei Governi sono rimasti inermi di fronte alla richiesta di visione dei cittadini e sonnambuli nelle scelte decisive.

Su questo DEF avete sentito dire qualunque cosa, probabilmente il collega Pagano deve farsi rifare un po' l'elenco che ha fatto il collega Grimaldi, delle cose che non vanno. Il collega Grimaldi ha parlato, ha fatto un elenco puntualissimo di tutto ciò che in Italia ancora non c'è, di tutto ciò che dovrebbe esserci e nessuno ha fatto. E, poi, il collega Pagano dovrebbe guardarsi indietro e ricordarsi che lui ha ancora la tessera del Partito Democratico (Commenti).

Vede Presidente (Commenti)… Vede Presidente…No, ma l'animosità dei colleghi….

PRESIDENTE. Colleghi…

YLENJA LUCASELLI (FDI). …che capisco e nei confronti dei quali provo anche diciamo una sorta di tenerezza e inevitabilmente (Commenti)…. No, Presidente, però continuano…

PRESIDENTE. Sarebbe opportuno far proseguire senza interruzioni la dichiarazione di voto della collega Lucaselli. Siamo sicuramente d'accordo.

YLENJA LUCASELLI (FDI). Presidente, dicevo appunto che provo tenerezza su queste lamentele da parte dei colleghi, perché io capisco che non hanno davvero nulla da dire, poiché su questo DEF hanno detto tutto e il contrario di tutto, ma una cosa non l'hanno potuta dire e su questo punto hanno dovuto tacere, perché proprio non avrebbero saputo cosa dire. Questo DEF, per la prima volta, dopo anni, parla dell'Italia reale, parla dell'Italia fatta da genitori che ogni mattina accompagnano i propri figli a scuola, parla dell'Italia fatta dai nonni che insegnano ai propri nipoti a leggere a scrivere, parla dell'Italia dei giovani che vogliono intraprendere una nuova attività, parla dell'Italia fatta da persone che, anche se non più giovani, a un certo punto possono ritrovarsi ad avere difficoltà personali e professionali. Ecco, questo DEF parla a quell'Italia e lo fa con realismo, con pragmatismo e con visione di futuro, prudenza; questo è un termine che è stato utilizzato dal Ministro Giorgetti e che è stato riportato più volte dalle opposizioni, quasi fosse un insulto e, invece, non lo è, perché la prudenza è quella che porta questo Documento di economia e finanza a fare un quadro chiaro della situazione nella quale ci troviamo a fare i conti, con le politiche economiche che questo Governo vuole attuale, da ora alla fine della legislatura.

Questo DEF parla di sostegno contro l'inflazione, di taglio della pressione fiscale e di crescita di una nuova economia che guarda alle famiglie e al lavoro, di aiuto sul caro energia, di riduzione del deficit della pubblica amministrazione in rapporto al PIL. E mi viene, sinceramente, da chiedere, colleghi: cosa non vi è chiaro di questo Documento? Cosa non avete capito? I dati Istat, i dati della Banca d'Italia, tutti i dati degli istituti indipendenti nell'ultimo mese indicano che gli italiani hanno fiducia e questa fiducia è riposta in un Governo democraticamente - e credo che questa, per voi, sia una parola piuttosto nuova - eletto dai cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Questo DEF parla di crescita, in ogni sua coniugazione: crescita delle famiglie, crescita della produttività, degli investimenti, della competitività. Il nostro non è un Paese che arranca, ma è certamente un Paese che deve riscrivere le proprie regole, e da qui dobbiamo partire. Ed è questo che viene indicato nel Documento di economia e finanza che, attraverso gli indicatori economici, mostra quali sono i prossimi appuntamenti ai quali assolutamente non possiamo mancare e sui quali assolutamente non possiamo fallire.

Vede, Presidente, quando viene raccontato, il Documento di economia e finanza, come la pietra miliare della politica economica di un Governo, in realtà si dimentica che è, appunto, un Documento programmatico, all'interno del quale si devono evidenziare i valori attuali, si deve dare una prospettiva, con lungimiranza e con ambizione; dobbiamo crescere proporzionalmente alla diminuzione del nostro debito.

Di questo il Governo si è occupato: mantenere il debito a livelli accettabili e sostenibili e, contemporaneamente, sviluppare politiche economiche che possano dare un futuro alla nostra economia e alle nostre famiglie; attenzione per le famiglie, attenzione per i nostri giovani, attenzione per tutti quei fattori che, di qui a qualche anno, faranno la differenza fra noi e il resto d'Europa, nonostante l'Europa, ancora una volta, cerchi di bloccare il cammino dell'Italia; investimenti nella sanità, investimenti nella crescita demografica. Questo DEF è prudentemente ambizioso, sì, fuori dagli slogan elettorali però, interamente rivolto al benessere dell'Italia.

Concludo, Presidente. C'è una frase attribuita a San Francesco d'Assisi, che recita: cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e, all'improvviso, vi sorprenderete a fare l'impossibile. Noi faremo l'impossibile. Buon lavoro a tutti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sono così concluse le dichiarazioni di voto.

(Votazioni - Doc. LVII, n. 1)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Foti, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00031, riferita alla Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, accettata dal Governo.

Ricordo che, a norma dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012, per l'approvazione di tale risoluzione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Camera.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati del gruppo Misto) (Vedi votazione n. 1).

Colleghi, capisco l'euforia dell'opposizione.

Non essendo stata raggiunta la prescritta maggioranza assoluta, la risoluzione Foti, Molinari, Barelli e Lupi n. 6-00031 si intende respinta, non risultando pertanto autorizzato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati del gruppo Misto) il ricorso all'indebitamento ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012.

Non potranno conseguentemente essere poste in votazione le risoluzioni riferite al Documento di economia e finanza 2023.

A questo punto, anche per consentire l'installazione delle cabine di votazione, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17.

La seduta, sospesa alle 16,45, è ripresa alle 17.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Prego i colleghi di tornare nelle proprie postazioni. A questo punto, le modalità di esame del Documento di economia e finanza saranno definite in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, una volta acquisite tutte le necessarie informazioni da parte del Governo.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Braga.

CHIARA BRAGA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Quello che è accaduto pochi minuti fa in quest'Aula è un dato politico clamoroso (Commenti). La maggioranza, con i numeri che ha, che aveva promesso al Paese di essere pronta a governare questo Paese, si è dimostrata incapace di approvare il principale atto di programmazione economica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle, Azione-Italia Viva-Renew Europe, Alleanza Verdi e Sinistra e Misto-+Europa). Al primo banco di prova avete fallito, avete dimostrato come, dietro la propaganda che avete raccontato in questi giorni annunciando un decreto sul lavoro il 1° maggio, siete persino incapaci di garantire il lavoro dei vostri deputati, che dovevano essere qui ad approvare lo scostamento di bilancio per approvare il DEF (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle, Azione-Italia Viva-Renew Europe, Alleanza Verdi e Sinistra e Misto-+Europa)! Noi siamo basiti, ma soprattutto, fuori, il Paese, le persone, non si meritano questo spettacolo indecoroso di questa maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle, Azione-Italia Viva-Renew Europe, Alleanza Verdi e Sinistra e Misto-+Europa)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Grimaldi. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Deputata Colosimo, le avevo quasi creduto che eravate pronti all'impossibile (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle, Azione-Italia Viva-Renew Europe e Misto-+Europa)… Lucaselli, Lucaselli, Lucaselli, Lucaselli. Siete riusciti a fare l'impossibile, già! Ed eravate pronti! Pensate se non lo foste stati! Prontissimi, prontissimi (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle, Azione-Italia Viva-Renew Europe e Misto-+Europa)!

Presidente, torno serio. Mi pare che, davanti a una maggioranza al collasso, tra l'altro con dei numeri davvero preoccupanti, non basti, lo dico così, anche solo immaginare di riscrivere magari lo stesso DEF, con qualche virgola e qualche cambiamento maquillage, e riportarlo al Consiglio dei ministri. Sommessamente, proprio perché non ci sono precedenti, per molto meno un Governo è andato di nuovo con il Presidente del Consiglio davanti al Colle, Ecco, non si può (Commenti). Chi fa “oh” dovrebbe ricordare che è appena stato bocciato il principale documento economico e finanziario del Paese. Io lo dico sommessamente: almeno oggi tacete (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Misto-+Europa) e rispettate quest'Aula e la Costituzione! Subito al Colle, subito (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Verdi e Sinistra, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Misto-+Europa)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Silvestri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Grazie, Presidente. Io e tutto il nostro gruppo sono mesi che lo diciamo: noi non siamo preoccupati per le derive fasciste, noi siamo preoccupati perché siete un governo di incapaci. Lo stiamo dicendo da mesi (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra), non riuscite nemmeno a organizzare le pagliacciate il 1° maggio, perché vi è saltato anche questo giochino. Vi è saltato perché oggi non avete i numeri e sono mesi - mesi! - che ci sentiamo la vostra morale sul fatto che i percettori del reddito di cittadinanza dovrebbero andare a lavorare? Ma veniteci voi a lavorare (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra)! Veniteci voi! Allora, dopo questa retorica insopportabile, di cui oggi avete mostrato la faccia, noi vi chiediamo un atto politico. Il Presidente Meloni deve tornare subito, deve andare al Quirinale, deve farsi guidare, perché voi state creando un'instabilità finanziaria che noi non ci possiamo permettere (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra)! Le famiglie che in questo momento stanno vivendo la crisi non possono in nessun modo permettersi questa sciatteria istituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra), che continuate a mostrare dal primo giorno (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Alleanza Verdi e Sinistra)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, signor Presidente. Oltre a quanto detto dai colleghi, lasciatemi dire che oggi la parola da utilizzare per il comportamento della maggioranza e del Governo è una: siete degli “irresponsabili” (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). Nel contesto in cui siamo, che era anche fotografato - lo dico al Ministro Giorgetti - da un DEF sincero dal punto di vista dei numeri, in cui si mette in guardia sulla sostenibilità del debito pubblico - poi magari urlerete contro il prossimo segnale che arriverà dalle agenzie di rating - voi state minando la credibilità di questo Paese e io credo signor Presidente, che il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni farebbe bene a venire al più presto in quest'Aula, scusandosi non tanto con i parlamentari, naturalmente, ma scusandosi con gli italiani per il danno gravissimo di credibilità che il vostro comportamento irresponsabile oggi ha prodotto per questa Nazione, come direbbe lei (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Richetti. Ne ha facoltà.

MATTEO RICHETTI (A-IV-RE). Grazie, Presidente. Io non so se la maggioranza è al collasso, non so se siete in crisi. Francamente l'unica cosa che oggi emerge è la mancanza del senso delle istituzioni, quando in un momento come questo la maggioranza non garantisce i numeri per approvare un provvedimento di questa importanza (Applausi dei deputati dei gruppi Azione-Italia Viva-Renew Europe, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle). Io non do giudizi di merito, Presidente, voglio solo rivolgere ai colleghi un invito, perché questo è il modo migliore per introdurre il punto successivo dei nostri lavori. Per mesi avete utilizzato le argomentazioni che questo è un Governo politico e ha la forza dei numeri per imporre logiche di rottura del dialogo tra maggioranza e opposizione. La forza dei numeri oggi dimostra che non porta bene, per cui forse è meglio riorientare questa legislatura verso un atteggiamento di dialogo, disponibilità e rispetto, perché a forza di ridere non si va da nessuna parte (Applausi dei deputati dei gruppi Azione-Italia Viva-Renew Europe, Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento, sospendo, quindi, la seduta per venti minuti... Ha chiesto di parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà. Sull'ordine dei lavori, immagino.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Molto pacatamente, signor Presidente - e mi rivolgo ai colleghi della maggioranza -, dopo quello che è avvenuto e i necessari passaggi che ci dovranno essere per mettere in sicurezza il Paese, io credo che sarebbe un segno di responsabilità e di rispetto non passare al prossimo punto all'ordine del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Abbiamo recepito. Ha chiesto di parlare la deputata Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA (AVS). Presidente, a questo punto, io chiedo se non sia il caso di convocare la Conferenza dei capigruppo.

PRESIDENTE. Abbiamo ascoltato due messaggi indirizzati all'Aula tutta. Non so se qualche deputato della maggioranza intenda fornire delle risposte, altrimenti vado avanti. Non c'è unanimità su questa richiesta, altrimenti avremmo avuto parole rassicuranti in tal senso e di adesione alle proposte sopraggiunte dall'opposizione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Ha chiesto di parlare il deputato Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, io avevo capito - ma forse avevo capito male - che potesse esserci una Conferenza dei capigruppo. Se la Conferenza dei capigruppo non viene convocata, a questo punto, per quanto ci riguarda, penso che non possiamo non finire l'ordine del giorno, che all'unanimità la Conferenza dei capigruppo aveva determinato, anche perché avevamo preso un impegno; poi, se la votazione sarà infruttuosa, così sarà. Tuttavia, se tutti i gruppi dicono che non vogliono partecipare, questo è un altro paio di maniche, però è una responsabilità che va presa collettivamente, non va chiesto alla maggioranza, perché questa non è solo una questione di maggioranza (Commenti).

PRESIDENTE. Allo stato mi pare che non ci sia un'intesa. Se c'è una richiesta di rinvio dell'ordine del giorno ad altra seduta, occorre formalizzarla e la mettiamo in votazione con un intervento a favore e uno contro. Il deputato Foti, dicendo di aver capito che ci sarebbe stata la Conferenza dei presidenti di gruppo, la richiede?

TOMMASO FOTI (FDI). Signor Presidente, io pensavo che la capigruppo servisse, se però nessuno oltre me la chiede, ne prendo atto (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Deputato Foti, è stata chiesta dalla deputata Zanella, poco prima che lei intervenisse. Se siete d'accordo… Ha chiesto di parlare il deputato Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (NM(N-C-U-I)-M). Grazie, Presidente. Mi sbracciavo dopo l'intervento del collega Foti perché anche il nostro gruppo intervenisse. È successo in altri casi, ci sono precedenti in cui il Parlamento si è trovato in una situazione anche molto grave di responsabilità.

Credo che la cosa migliore - proprio per decidere come proseguire non solo nel merito delle comunicazioni che il Governo ci farà sul tema dello scostamento e poi del nuovo DEF, che immagino sarà presentato, ma anche come proseguire sul resto - sia la convocazione urgente di una Conferenza dei capigruppo, perché quello è il luogo dove ascoltare le osservazioni e decidere eventualmente una modifica del calendario, che - ha ragione il collega Foti - ricordo abbiamo concordato tutti all'unanimità. Infatti, anche l'atto successivo, come quello precedente, è un atto importante cui adempiere; però, la decisione spetta solo alla Conferenza dei capigruppo. Quindi, anche il nostro gruppo rivolge l'invito, a lei in persona e suo tramite al Presidente della Camera, perché al più presto si convochi la Conferenza dei capigruppo e, quindi, nel frattempo, si sospenda l'Aula.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Anche il gruppo del Partito Democratico si associa alla proposta che è stata fatta poc'anzi dalla collega Zanella e ribadita dal collega Foti. Credo che in questo momento il passaggio istituzionalmente più corretto sia una Conferenza dei presidenti di gruppo, per capire come andare avanti sia rispetto al DEF sia, in questo contesto, visti i numeri, vista la necessità dei 201 voti, cioè della maggioranza assoluta anche per l'elezione dei giudici, se andare avanti con l'ordine del giorno previsto oppure no.

Mi sembra che una Conferenza dei presidenti di gruppo in questo momento sia dovuta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Mi pare che, a questo punto, si possa concludere che la richiesta di convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo è condivisa.

La Conferenza dei presidenti di gruppo - abbiamo ascoltato il Presidente della Camera - è immediatamente convocata.

Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 17,15, è ripresa alle 20.

Trasmissione di una nuova Relazione ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, annessa al Documento di economia e finanza 2023 e sua assegnazione alla V Commissione (Doc. LVII, n. 1).

PRESIDENTE. Il Vice Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 27 aprile 2023, ha trasmesso una nuova Relazione ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, annessa al Documento di economia e finanza 2023 (Doc. LVII, n. 1 - Annesso-bis).

La nuova Relazione è assegnata, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 1, del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio) nonché, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti. Le Commissioni dovranno concluderne l'esame in sede consultiva e in sede referente in tempi compatibili con l'esame in Assemblea, il cui inizio è previsto per venerdì 28 aprile 2023 alle ore 9, secondo quanto stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, secondo quanto convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, l'esame del Documento di economia e finanza 2023 (Doc. LVII, n. 1) e della nuova Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Doc. LVII, n. 1 – Annesso-bis) avrà luogo nella seduta di domani, a partire dalle ore 9.

In particolare, la discussione avrà luogo dalle ore 9 alle ore 10.

Entro la conclusione della discussione (ore 10) potranno essere presentate le risoluzioni relative alla nuova Relazione.

Restano confermate le risoluzioni già presentate nella seduta odierna e riferite al Documento di economia e finanza 2023.

Fermo restando il parere già reso dal Governo su tali ultime risoluzioni, seguirà il parere del Governo sulle risoluzioni presentate con riferimento alla nuova Relazione.

Seguiranno le dichiarazioni di voto dalle ore 10 alle ore 11,30, con ripresa televisiva diretta degli interventi dei rappresentati dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

Si passerà quindi alla votazione – a maggioranza assoluta – della risoluzione riferita alla nuova Relazione e accettata dal Governo e, quindi, alla votazione della risoluzione riferita al Documento di economia e finanza 2023 e accettata dal Governo.

La relativa organizzazione dei tempi sarà pubblicata nell'allegato A al Resoconto stenografico della seduta odierna (Vedi l'allegato A).

È stato altresì stabilito che, dopo la votazione dei suddetti documenti, seguirà la votazione per l'elezione di due componenti il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, di due componenti il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti e di due componenti il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.

L'esame degli altri argomenti già previsti all'ordine del giorno della seduta odierna è rinviato alla prossima settimana.

Lo svolgimento delle interpellanze urgenti, previsto per la seduta di domani, non avrà luogo.  

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Grimaldi. Ne ha facoltà.

MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Vorrei prendere la parola per quanto è avvenuto e, invece, proprio per quello che è successo oggi e proprio per quello che abbiamo fatto stamattina e proprio per questo banco, che mi onoro di presidiare in memoria di un personaggio pubblico di questo Paese, in realtà sono qui a ricordare che Antonio Sebastiano Francesco Gramsci è morto il 27 aprile 1937 proprio qui a Roma. Con tanti deputati del nostro gruppo e con diverse personalità e autorità oggi abbiamo visitato il cimitero dove lui è sepolto.

Antonio Gramsci è considerato uno dei più importanti pensatori del Novecento, una delle persone più autorevoli, una delle persone più originali, anche della tradizione filosofica marxista, uno dei più grandi pensatori, anche della struttura culturale e politica della società.

Lo ricordiamo oggi, ricordando anche che la sera dell'8 novembre di tanti anni fa, esattamente nel 1926, fu incarcerato mentre partecipava a una riunione, da deputato del Regno d'Italia; lo ricordiamo perché, dopo aver partecipato a una riunione con altri colleghi, venne fermato e arrestato.

Pensate che il 25 aprile del 1937, proprio nel giorno in cui sarebbero state sospese le misure di detenzione, ebbe un ictus, che il 27 aprile portò alla sua morte.

Insomma, come compagno dei nostri banchi, dove sediamo indegnamente, compagno anche della nostra storia culturale, ci può ancora insegnare tanto e abbiamo ancora di nuovo e di meglio da capire e apprendere dal concetto di egemonia culturale e dalla profondità di un pensiero rigoroso. A pochi giorni dal 25 aprile possiamo dirlo dov'è la tensione antifascista e dov'è la memoria della nostra ricerca costituzionale: “(…) la tua tensione, sento quale torto - qui nella quiete delle tombe - e insieme quale ragione - nell'inquieta sorte nostra - tu avessi (…)”(Applausi).

Ho finito, Presidente. Credo che oggi ci abbia dato un insegnamento in più: lui ci diceva di istruirci, perché abbiamo bisogno di tutta la nostra intelligenza, di agitarci, perché abbiamo bisogno di tutto il nostro entusiasmo, ma, soprattutto, di organizzarci, perché abbiamo bisogno di tutta la nostra forza. Di certo, da questa lezione noi trarremo un grande insegnamento (Applausi).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 28 aprile 2023 - Ore 9:

1. Discussione del Documento di economia e finanza 2023 (Doc. LVII, n. 1 e Annesso-bis).

2. Votazione per l'elezione di:

- due componenti il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa;

- due componenti il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti;

- due componenti il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.

La seduta termina alle 20,10.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ROBERTO PELLA (DOC. LVII, N. 1)

ROBERTO PELLA, Relatore. (Relazione – Doc. LVII, n. 1). Il Documento di economia e finanza 2023, nel quadro di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea nel contesto del cosiddetto Semestre europeo, traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano della politica economica e della programmazione finanziaria, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche.

Per quanto riguarda la cornice delle regole dell'Unione europea, il DEF 2023 si inserisce in un contesto nel quale la Commissione europea ha dichiarato di voler determinare, a partire dal 2024, la cessazione dell'operatività della clausola di salvaguardia generale prevista dal Patto di stabilità e crescita, la cosiddetta general escape clause, attivata nel 2020 e progressivamente estesa fino al 2023, in risposta alle conseguenze economiche della pandemia da COVID-19 al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra, nell'ambito dei propri bilanci, per il sostenimento delle spese necessarie ad affrontare l'emergenza epidemiologica e a contrastare gli effetti recessivi da essa provocati.

Già prima del manifestarsi degli effetti della pandemia da COVID-19, la Commissione europea aveva avviato un dibattito sulla riforma delle regole del Patto di stabilità e crescita e della governance economica dell'Unione europea, che è poi ripreso, da ultimo, nel novembre 2022, con la presentazione degli orientamenti per la revisione delle regole della governance economica europea, incentrati sulla fissazione di una regola di spesa riferita alla cosiddetta spesa primaria netta i cui valori-obiettivo sono modulati diversamente per ciascuno Stato membro, in base al diverso grado di sostenibilità del debito pubblico di quest'ultimo, e sulla definizione di piani strutturali di bilancio a medio termine, comprensivi di obiettivi riferiti alla realizzazione di riforme e investimenti.

Ricordo che, in merito, questa Commissione Bilancio, al termine di un ciclo di audizioni, svolto anche unitamente alle Commissioni Politiche dell'Unione europea della Camera e del Senato, e alla Commissione Bilancio del Senato, ha formulato le proprie considerazioni nel documento finale approvato l'8 marzo scorso e che analoghe conclusioni sono contenute nella risoluzione approvata dalla Commissione Bilancio dell'altro ramo del Parlamento il 9 marzo.

Il Consiglio ECOFIN, il 14 marzo 2023, ha esaminato a sua volta gli orientamenti della Commissione europea, e in tale sede il Governo italiano, raccogliendo gli impegni più qualificanti indicati nel documento finale approvato da questa Commissione e nella risoluzione approvata dalla omologa Commissione del Senato, pur sostenendo le linee principali della proposta della Commissione europea, ne ha evidenziato alcuni punti critici, riferiti, in particolare, alla suddivisione degli Stati membri in tre categorie in base all'analisi di sostenibilità del debito condotta dalla Commissione stessa e alla necessità di rafforzare il ruolo degli Stati nella determinazione di tali analisi. Si è inoltre richiamata l'esigenza di rafforzare le interazioni tra la sorveglianza macroeconomica e quella di bilancio, di raccordare la revisione della governance economica con le discussioni in corso a livello europeo sul Green Deal e sulla riforma delle regole sugli aiuti di Stato, nonché la necessità di riservare un trattamento preferenziale agli investimenti pubblici volti a contrastare i cambiamenti climatici e a promuovere la transizione digitale, che rappresentano i due pilastri portanti del PNRR, e a quelli volti a sostenere le spese per la difesa derivanti dagli impegni internazionali assunti.

In esito a questo dibattito, la Commissione europea nelle scorse ore ha formalizzato le proprie proposte legislative in materia. Tali proposte dovranno essere oggetto di particolare attenzione anche in sede parlamentare, perché le nuove regole sono cruciali per definire le traiettorie delle principali grandezze di finanza pubblica, a partire da quelle relative al rapporto tra debito e indebitamento netto, da un lato, e prodotto interno lordo, dall'altro.

In questo scenario si colloca il DEF 2023, trasmesso alle Camere lo scorso 13 aprile, unitamente alla relazione, elaborata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, che richiede l'autorizzazione all'indebitamento, che dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da ciascuna Camera.

Con la relazione, in particolare, il Governo chiede l'autorizzazione a ricorrere all'indebitamento, al fine di utilizzare gli spazi finanziari resisi disponibili per effetto dell'andamento tendenziale dei conti pubblici più favorevole, nel 2023 e nel 2024, rispetto agli obiettivi programmatici di indebitamento netto per i medesimi anni, per i quali sono confermati i valori già autorizzati con la NADEF 2022. Il margine di bilancio, pari a circa 0,15 punti percentuali di PIL per il 2023 e a 0,2 punti nel 2024, che corrispondono, rispettivamente, a circa 3,4 miliardi di euro per l'anno 2023 e a 4,5 miliardi di euro per l'anno 2024, sarà utilizzato, come specificato dal Governo, nel 2023 per la copertura di un provvedimento normativo di prossima adozione, finalizzato a realizzare un taglio dei contributi sociali a carico dei lavori dipendenti con redditi medio-bassi, con un intervento volto alla riduzione del cuneo fiscale al fine di sostenere il potere d'acquisto e contenere la rincorsa tra prezzi e salari. Per il 2024, invece, il margine sarà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Per quanto concerne il quadro macroeconomico internazionale, nella prima sezione del DEF 2023, che reca lo schema del programma di Stabilità, si rileva come, malgrado il graduale ritorno alla normalità dopo lo shock pandemico e gli effetti prodotti da quest'ultimo sull'economia mondiale nel triennio 2020-2022 le prospettive di crescita restino ancora fortemente incerte per i prossimi anni, principalmente per effetto delle dinamiche del conflitto in corso tra Russia e Ucraina. Ulteriori fattori di rischio futuri per l'economia mondiale potrebbero derivare dai recenti segnali di fragilità manifestatisi sul fronte della stabilità del sistema finanziario e bancario, dagli effetti delle politiche monetarie restrittive recentemente adottate dalle banche centrali e dalle possibili future tensioni sui prezzi dei beni energetici, in particolare del petrolio.

Per effetto di questi fattori, il tasso di crescita dell'economia globale è passato dal 6 per cento nel 2021 al 3,2 per cento nel 2022, con una decelerazione riconducibile essenzialmente all'elevata incertezza innescata dal conflitto in Ucraina e dalle dinamiche geopolitiche ad esso connesse, quali la crisi energetica, nonché la conseguente pressione inflazionistica, già in atto prima della guerra, ma ulteriormente acuita da quest'ultima, specialmente per quanto riguarda i prodotti energetici.

A tale riguardo, i prezzi delle materie prime e dei beni energetici, dopo il picco raggiunto nell'agosto 2022, hanno iniziato una rapida discesa, favorita, da un lato, dalla strategia di diversificazione delle forniture perseguita dai Paesi europei, i quali hanno ridotto le importazioni di gas naturale dalla Russia da un livello iniziale del 40 per cento all'attuale 7 per cento, e, dall'altro, dal calo della domanda europea di gas registratosi nel 2022, pari al 13 per cento rispetto al 2021.

La dinamica inflattiva, inizialmente originata dall'aumento dei prezzi delle materie prime, si è successivamente propagata sui prezzi alla produzione e su quelli al consumo, dando luogo, nei Paesi dell'area OCSE, a un'inflazione al consumo complessiva del 9,6 per cento in media nel 2022, mentre l'inflazione di fondo, al netto dell'energia e degli alimentari freschi, si è collocata su un livello pari al 6,8 per cento e risulta ancora piuttosto persistente.

Il commercio mondiale è cresciuto del 3,3 per cento nel 2022, rispetto al 10,5 per cento del 2021, in un contesto nel quale, tuttavia, le sanzioni alla Russia hanno inciso in misura inferiore alle attese. Il DEF evidenzia come i principali fattori che hanno consentito agli scambi commerciali di mantenersi su livelli più elevati delle attese risiedano nella domanda relativamente sostenuta, nella resilienza del mercato del lavoro nelle economie avanzate e nella graduale sostituzione della Russia con altri Paesi come fornitori di alcune categorie di beni, in particolare, nel settore energetico.

Con specifico riferimento alla situazione macroeconomica nell'area dell'euro, la pur sfavorevole congiuntura economica e le tensioni inflazionistiche non hanno impedito all'attività economica di registrare, nel 2022, una crescita pari al 3,5 per cento, che ha portato il tasso di disoccupazione a raggiungere un nuovo minimo storico nei mesi di gennaio e febbraio 2023, con dato pari al 6,6 per cento.

L'inflazione al consumo, risentendo dell'aumento eccezionale dei prezzi dei beni energetici ha raggiunto il picco a ottobre 2022, per poi attestarsi all'8,5 per cento a febbraio 2023 e al 6,9 per cento a marzo di quest'anno. Se si guarda, invece, all'inflazione di fondo, si nota un ritmo tuttora crescente, che ha raggiunto nel mese di marzo 2023 un valore pari al 7,5 per cento su base annua.

In questo contesto, l'orientamento di politica monetaria della BCE si è orientato nell'ultimo anno, analogamente a quanto osservato per la maggior parte delle autorità di politica monetaria a livello internazionale, in senso progressivamente restrittivo, avviando cicli molto rapidi di aumento dei tassi di interesse e una moderata riduzione del proprio bilancio, al fine di ridurre l'ammontare di liquidità presente nel mercato e reagire, così, alle dinamiche inflazionistiche in corso. Nell'ultima monetary policy decision della BCE, pubblicata a marzo 2023, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamenti principali, su quelle di rifinanziamento marginale e sui depositi sono stati innalzati, rispettivamente, al 3,50 per cento, al 3,75 per cento e al 3 per cento. Contemporaneamente, il bilancio della BCE è stato gradualmente ridotto di oltre l'11 per cento, attraverso la progressiva riduzione del portafoglio dell'Asset Purchase Program (APP).

Per quanto attiene al quadro macroeconomico italiano il Documento, con riferimento all'anno 2022, registra una crescita del PIL in termini reali del 3,7 per cento, dopo il rimbalzo del 7 per cento registrato nel 2021. L'economia italiana si è mantenuta su un sentiero di espansione fino all'estate del 2022, facendo segnare una leggera contrazione del PIL nell'ultimo trimestre dello scorso anno, con un calo dello 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente.

La crescita nel 2022, particolarmente accentuata nei trimestri centrali dell'anno, è stata trainata dalla domanda interna, cresciuta del 4,6 per cento, e dall'aumento notevole registrato sul fronte degli investimenti, aumentati del 9,4 per cento, in particolare nel settore delle costruzioni, nel quale l'aumento è stato dell'11,6 per cento. Per quanto riguarda gli scambi con l'estero, nel 2022 si registra una crescita delle importazioni, trainate dalla domanda interna, dell'11,8 per cento, a fronte della crescita del 14,2 per cento del 2021, e un aumento delle esportazioni del 9,4 per cento, a fronte del 13,3 per cento dell'anno precedente.

Nonostante il reddito disponibile lordo delle famiglie sia cresciuto in termini nominali in misura pari al 6,3 per cento, il robusto aumento dei prezzi, misurato dal deflatore dei consumi, pari al 7,4 per cento, ha determinato una complessiva riduzione del potere di acquisto nel 2022 pari all'1,1 per cento.

Dal lato dell'offerta, la produzione industriale ha risentito degli effetti della guerra in Ucraina, dell'incremento dei prezzi dei beni energetici e della progressiva normalizzazione della politica monetaria. A fronte di un più sostenuto incremento del settore dei servizi, in misura pari al 4,8 per cento, l'industria manifatturiera ha registrato un aumento dello 0,3 per cento, in linea con la crescita della produzione industriale, pari allo 0,4 per cento.

Il mercato del lavoro nel 2022 ha registrato dati positivi. Il numero di occupati, rilevato dalla contabilità nazionale, è cresciuto dell'1,7 per cento, ritornando al di sopra dei valori precedenti alla crisi pandemica, con un aumento della produttività dello 0,2 per cento. In valore assoluto il numero di occupati ha superato la soglia di 23,3 milioni di addetti, che corrispondono a un tasso di occupazione del 60,1 per cento, che rappresenta il valore più elevato dal 2004. Analogamente, il tasso di disoccupazione è sceso all'8,1 per cento, con una riduzione di 1,4 punti rispetto al 2021. I redditi da lavoro dipendente hanno registrato nel 2022 una crescita dell'1,1 per cento.

Con riferimento all'andamento del credito, il DEF evidenzia il rallentamento della dinamica dei prestiti a partire dalla metà del 2022, in correlazione all'aumento dei tassi da parte della BCE. I tassi di interesse al pubblico, a seguito dell'andamento della politica monetaria seguito dalla BCE per contrastare l'inflazione, sono progressivamente cresciuti per le famiglie e per le imprese: per le famiglie a gennaio 2023 il valore era pari al 3,95 per cento contro l'1,75 per cento del gennaio 2022, mentre per le imprese il tasso medio sulle nuove operazioni è stato del 3,72 per cento rispetto all'1,12 praticato nel gennaio 2022.

Il quadro macroeconomico tendenziale per il periodo 2023-2026, validato dall'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) in data 7 aprile 2023, prefigura un ritorno del PIL su un sentiero positivo già nel primo trimestre, con una ripresa economica più rapida di quanto non si prevedesse a novembre, grazie alla discesa dei costi energetici e all'allentamento delle strozzature dell'offerta a livello globale lungo le catene di approvvigionamento. Dopo la contrazione congiunturale dello 0,1 per cento registrata nel quarto trimestre del 2022, ci si attende ora un moderato aumento del PIL sia nel primo che nel secondo trimestre 2023, sostenuto dal settore manifatturiero e delle costruzioni, seguito da una lieve accelerazione nella seconda parte dell'anno. Nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il PIL per il 2023 è pertanto previsto crescere, in termini reali, dello 0,9 per cento, in rialzo di 0,3 punti percentuali rispetto allo 0,6 per cento prospettato nello scenario programmatico della NADEF 2022.

La crescita del PIL attesa per l'anno in corso sarebbe sostenuta principalmente dalla domanda interna, che aumenterebbe dello 0,8 per cento, e dalle esportazioni nette, che incrementerebbero dello 0,3 per cento.

Anche le indicazioni favorevoli derivanti dal clima di fiducia, in particolare del settore manifatturiero, e la fase di discesa dei prezzi alla produzione prefigurano uno scenario di recupero dell'attività produttiva già nei prossimi mesi. Le indagini presso le imprese segnalano, in particolare, un miglioramento delle attese su ordinativi e produzione e un incremento degli investimenti rispetto allo scorso anno, mentre nei primi due mesi dell'anno in corso le vendite al dettaglio, in volume, hanno mostrato nell'insieme un andamento positivo. Per quel che concerne la domanda estera, si riscontrano prospettive positive per l'export, grazie alla ripresa della domanda mondiale, nonostante il proseguire della guerra in Ucraina.

Nel complesso, le prospettive per l'anno in corso risultano nel DEF 2023 moderatamente più favorevoli rispetto al quadro sottostante le previsioni ufficiali riportate lo scorso novembre nella NADEF, soprattutto in considerazione del calo dei prezzi energetici più rapido delle attese.

Gli investimenti manifestano una espansione nel quadriennio dell'orizzonte di previsione, in media di circa il 2,7 per cento all'anno, trainati principalmente dalla componente dei macchinari e attrezzature e dalle costruzioni. Tale previsione di crescita tiene conto della marcata discesa dei prezzi del petrolio e del gas e dell'ipotesi che le imprese, beneficiando anche delle risorse previste nel PNRR, sostengano la domanda d'investimenti, nonostante condizioni di finanziamento meno favorevoli, dovute al rialzo dei tassi di interesse, facendo anche leva sui recenti margini di profitto accumulati. Si potrebbero, peraltro, presentare rischi connessi alla revisione al rialzo dei tassi e all'inasprimento delle condizioni dell'offerta di credito.

Anche l'industria e le costruzioni continuerebbero ad espandersi a ritmi sostenuti grazie all'attuazione dei piani di spesa del PNRR, mentre i servizi proseguirebbero il loro recupero beneficiando della riduzione dei prezzi in corso d'anno.

La dinamica dei consumi delle famiglie nel 2023, invece, si mantiene ancora inferiore a quella del PIL, segnando una previsione di crescita dello 0,6 per cento, principalmente in considerazione degli effetti dell'inflazione che è ancora complessivamente elevata.

Il DEF reca, infatti, una stima del tasso di inflazione leggermente più elevata di quanto previsto nella NADEF lo scorso novembre. In particolare, il deflatore dei consumi delle famiglie è stimato al 5,7 per cento nel 2023, rispetto al 5,5 ipotizzato nella NADEF 2022, sebbene in decisa decelerazione rispetto al 7,4 per cento osservato nel 2022.

La previsione di inflazione del DEF 2023 risulta in deciso calo nel prossimo triennio, stimandosi un deflatore del PIL e dei consumi pari al 2,7 nel 2024 e al 2 per cento in ciascuno degli anni 2025 e 2026, con un dato che sarebbe confermato anche nel quadro programmatico. La stima tiene conto dell'allentamento delle pressioni inflazionistiche manifestatosi già nei primi mesi del 2023. I prezzi al consumo, misurati dall'indice NIC, hanno toccato il massimo a ottobre e novembre 2022 (+11,8 per cento), per poi scendere gradualmente. Secondo i dati ISTAT, a marzo è proseguita la fase di rapido rientro dell'inflazione, scesa al 7,6 per cento, guidata dalla dinamica decrescente dei prezzi dei beni energetici. Riguardo a questi ultimi, il DEF 2023 evidenzia come ci siano le premesse perché nei prossimi mesi prosegua il processo di rientro dei prezzi delle materie prime energetiche, iniziato a fine 2022 e accentuatosi a marzo 2023, quando i prezzi del gas e dell'elettricità sono risultati inferiori, rispettivamente, del 62,5 per cento e del 54 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente Si prevede, invece, un più lento e graduale rientro dell'inflazione di fondo. I dati ISTAT evidenziano, a marzo 2023, una componente di fondo pari al 6,3 per cento, prevedendo un calo più significativo nella seconda parte dell'anno.

Venendo alla previsione tendenziale per gli anni successivi al 2023, la crescita del PIL reale per il 2024 è prevista all'1,4 per cento, più sostenuta rispetto al 2023, ma inferiore rispetto all'1,9 per cento previsto a novembre nella NADEF, in considerazione di un previsto peggioramento delle variabili esogene per il 2024, in particolare sul fronte degli effetti negativi della politica monetaria più restrittiva seguita dalle banche centrali, nonché in ragione delle revisioni al ribasso delle previsioni di crescita della domanda mondiale e del commercio internazionale. La crescita per il 2025 resta invece invariata all'1,3 per cento, come già previsto dalla NADEF 2022. La previsione per il 2026 viene fissata, invece, all'1,1 per cento, un dato che si avvicina alla stima di crescita del PIL potenziale prevista dall'Unione europea, che supera di poco l'1 per cento.

Il raggiungimento di livelli di crescita maggiori rispetto a quelli prospettati nell'attuale quadro macroeconomico riportato dal DEF 2023 è legato anche alla effettiva realizzazione del piano di investimenti e di riforme contenuti nel PNRR, i cui effetti sulla produttività e sull'offerta di lavoro sono stati incorporati solo parzialmente nelle stime di crescita.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il DEF stima che nel quadriennio 2023-2026 proseguirà la crescita dell'occupazione, portando il numero di occupati alla fine dell'orizzonte temporale di programmazione a 23,9 milioni, con un incremento di ottocentomila unità rispetto al 2022. Il tasso di disoccupazione scenderebbe dall'8,1 per cento del 2022 al 7,7 nell'anno in corso per poi decrescere ulteriormente nell'intero periodo di riferimento e raggiungere il 7,2 per cento a fine periodo. Per quanto riguarda, la produttività, in rapporto al PIL, a fronte di un calo di 01, punti percentuali nel 2023, si registra una crescita dello 0,4 per cento annuo nel 2024 e nel 2025 e dello 0,3 per cento nel 2026.

Sul piano programmatico, il Governo nell'introduzione al Documento manifesta l'intenzione di coniugare una riduzione graduale, ma sostenuta, del deficit e del debito in rapporto al prodotto interno lordo con il sostegno della ripresa dell'economia italiana e il conseguimento di tassi di crescita del prodotto interno lordo e del benessere economico dei cittadini più elevati di quelli registrati nei due decenni scorsi. In questo quadro, il Governo intende perseguire una stabile riduzione dell'inflazione e il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni e superare gradualmente alcune delle misure straordinarie di politica fiscale attuate nell'ultimo triennio per individuare nuove forme di intervento sia per il sostegno ai soggetti più vulnerabili sia per il rilancio dell'economia.

Sul piano macroeconomico e di finanza pubblica, questi obiettivi si traducono in primo luogo nella conferma, nel quadro programmatico, delle previsioni della NADEF 2022, che prevedeva un deficit pari al 4,5 per cento del PIL nel 2023, al 3,7 per cento nel 2024 e al 3 per cento nel 2025. Per il 2026 il nuovo obiettivo di deficit è fissato, invece, al 2,5 per cento del PIL.

Le proiezioni più favorevoli del rapporto tra deficit e PIL a legislazione vigente per il 2023 rendono possibile, come accennato precedentemente, la determinazione di un margine di oltre 3 miliardi di euro, pari a circa 0,15 punti percentuali del prodotto interno lordo, che il Governo intende utilizzare per finanziare un nuovo provvedimento d'urgenza volto a ridurre gli oneri contributivi a carico dei lavoratori dipendenti. Nello scenario programmatico per il 2024, invece, vengono allocate risorse pari a circa 0,2 punti percentuali di PIL, che corrispondono a oltre 4 miliardi di euro, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Si prevede che con i suddetti interventi la crescita del PIL reale salirà all'1 per cento nel 2023, con un incremento dello 0,1 per cento rispetto al dato tendenziale, e all'1,5 per cento nel 2024, anche in questo caso con un incremento rispetto al dato tendenziale dello 0,1 per cento. Per effetto di tali variazioni, sul piano programmatico il rapporto tra debito e PIL sarebbe pari nel 2023 al 142,1 per cento, a fronte del 142 per cento del dato tendenziale, mentre nel 2024 scenderebbe al 141,4 per cento, con un incremento di 0,2 punti percentuali rispetto al quadro tendenziale, che si riassorbirebbe progressivamente nel 2025, quando il rapporto sarebbe pari al 140,9 per cento, contro il 140,8 per cento del dato tendenziale, e nel 2026, quando il dato programmatico coinciderebbe con quello tendenziale e sarebbe pari al 140,4 per cento. Per tutto il periodo di previsione, in ogni caso, ci si collocherebbe su valori inferiori a quelli contenuti nel quadro programmatico della NADEF 2022.

L'aumento del reddito disponibile porterebbe un incremento rispetto allo scenario tendenziale dello 0,1 per cento dei consumi delle famiglie, che crescerebbero dello 0,7 per cento. La maggiore domanda verrebbe accompagnata da una più vivace attività delle imprese, con un impatto positivo sulla produttività e sui fattori di produzione, quali gli investimenti fissi lordi e l'occupazione. Nel 2024, poi, le misure di riduzione della pressione fiscale continuerebbero a sostenere la crescita dei consumi delle famiglie e dell'occupazione rispetto alla previsione tendenziale, favorendo l'innalzamento della crescita del PIL. Le altre grandezze macroeconomiche confermano sostanzialmente il quadro tendenziale, salvo che per un leggero incremento dell'occupazione, sia nella misurazione delle unità standard di lavoro sia della forza di lavoro, che nel 2023 e nel 2024 registrerebbe incrementi annui aggiuntivi dello 0,1 per cento, e per un miglioramento dello 0,1 per cento nell'anno 2024 della bilancia delle partite correnti.

Venendo alla seconda sezione del DEF, dedicata all'analisi e alle tendenze della finanza pubblica, con riferimento ai dati di consuntivo 2022 si segnala, innanzitutto, che l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel 2022 è stato pari, in valore assoluto, a 151,9 miliardi, corrispondente all'8 per cento del PIL. La NADEF 2022 aveva previsto un indebitamento netto pari al 5,1 per cento in termini di PIL, mentre la Nota tecnico-illustrativa alla legge di bilancio per il 2023 un indebitamento netto pari al 5,6 per cento del PIL.

Lo scostamento rispetto alle precedenti stime è attribuibile principalmente alla riclassificazione contabile secondo il criterio della competenza economica dei crediti d'imposta per bonus edilizi, la quale, insieme ad altri aggiornamenti e revisioni, determina una revisione del saldo primario in peggioramento per circa 39 miliardi di euro, attribuibile praticamente per intero a un peggioramento dal lato delle spese, al netto degli interessi, e una revisione della spesa per interessi in peggioramento per circa 6 miliardi di euro.

Il dato dell'indebitamento netto per il 2022 evidenzia, comunque, un miglioramento rispetto al 2021, in cui questo dato era risultato pari a circa 161,2 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 9 per cento del PIL.

Il rapporto tra debito e PIL nel 2022 è stato pari al 144,4 per cento, con una riduzione dell'1,3 per cento rispetto alle previsioni del Documento programmatico di bilancio di novembre 2022 e del 5,5 per cento rispetto al dato del 2021, con una riduzione cumulata nel biennio 2021-2022 del 10,5 per cento, che ha portato al riassorbimento di oltre la metà dell'incremento del debito registrato nel 2020 per effetto della pandemia.

Sul versante delle entrate, il DEF evidenzia come le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche siano risultate pari, nel 2022, a circa 931 miliardi di euro, in aumento di 68 miliardi di euro rispetto al 2021, corrispondenti a circa 8 punti percentuali. Anche in rapporto al PIL si registra un valore pari al 48,8 per cento, in crescita di 0,5 punti percentuali rispetto al dato del 2021. In particolare, le entrate tributarie aumentano, in valore assoluto, di circa 39,2 miliardi di euro, da 529,4 miliardi di euro del 2021 a 568,6 miliardi di euro nel 2022, attestandosi al 29,8 per cento in rapporto al PIL rispetto al 29,6 per cento del 2021. Nel dettaglio, le entrate da imposte dirette sono aumentate dell'8,5 per cento, principalmente in virtù dell'aumento del gettito di IRPEF e IRES, dovuto anche all'inflazione. Rispetto alle stime per il 2022 contenute nella Nota tecnico-illustrativa, i dati del DEF rilevano un aumento delle entrate tributarie di circa 1,4 miliardi di euro derivante essenzialmente dalla riclassificazione come maggiore spesa dei crediti d'imposta precedentemente contabilizzati come minori entrate. Al netto della riclassificazione, le entrate tributarie presentano, invece, uno scostamento negativo di circa 4 miliardi di euro.

Un andamento crescente è registrato con riferimento alle entrate per contributi sociali, i quali registrano, nel 2022, un incremento del 6,1 per cento sul 2021, passando in valore assoluto da 246 a 261 miliardi di euro. Rispetto alle stime contenute nella Nota tecnico-illustrativa, il DEF 2023 evidenzia come le entrate contributive siano risultate inferiori per poco meno di 3,4 miliardi di euro, in ragione soprattutto di una dinamica delle retribuzioni e del mercato del lavoro più contenuta rispetto a quanto scontato nei profili previsionali.

Per quanto riguarda, invece, le imposte indirette, cresciute del 6,3 per cento rispetto al 2021, i dati ISTAT registrano un aumento significativo del gettito IVA, sostenuto dall'incremento notevole dei prezzi al consumo, così come del gettito IRAP e dell'imposta sul Lotto e lotterie. È in calo, invece, l'imposta sull'energia elettrica, per effetto della riduzione delle aliquote di alcune accise.

Un incremento significativo si registra per le altre entrate in conto capitale, che passano da 8,3 miliardi di euro nel 2021 a 15,9 miliardi di euro nel 2022, principalmente per effetto dei contributi agli investimenti provenienti dall'Unione europea relativi al PNRR.

La pressione fiscale complessiva si attesta, nel 2022, al 43,5 per cento, con un aumento dello 0,1 per cento rispetto all'anno precedente, per effetto di una crescita delle entrate fiscali e contributive, pari al 7 per cento, superiore rispetto a quella del PIL a prezzi correnti, pari al 6,8 per cento.

Per quanto riguarda il versante delle spese, quelle totali si attestano nel 2022 a 1.083 miliardi di euro, con un aumento del 5,7 per cento rispetto al dato del 2021, quando le spese complessive furono pari a 1.025 miliardi di euro. L'incidenza delle spese totali rispetto al PIL scende, tuttavia, dal 57,3 per cento del 2021 al 56,7 per cento del 2022, in ragione della riduzione dell'incidenza sul PIL della spesa in conto capitale, che passa dall'8,2 per cento del 2021 al 7,6 per cento del 2022, e della spesa corrente primaria, che passa dal 45,6 per cento del 2021 al 44,8 per cento del 2022. La spesa per interessi in rapporto al PIL, invece, aumenta dal 3,6 per cento del 2021 al 4,4 per cento del 2022, essenzialmente in relazione ai maggiori rendimenti dei titoli indicizzati all'inflazione.

Per quanto riguarda le previsioni tendenziali per il periodo 2023-2026, il DEF 2023, incorporando, rispetto alla precedente stima contenuta nella Nota tecnico-illustrativa, le informazioni sul consuntivo 2022 diffuse dall'ISTAT e gli effetti finanziari associati ai provvedimenti legislativi approvati fino a tutto il mese di marzo 2023, prospetta per il 2023 un indebitamento netto pari a circa 87,8 miliardi di euro, corrispondenti al 4,4 per cento del PIL. Negli anni successivi, inoltre, si stima un costante decremento di tale parametro, sia in termini quantitativi sia in rapporto al PIL. Per il 2024, si prospetta un indebitamento netto pari al 3,5 per cento del PIL (73,9 miliardi di euro), per il 2025, al 3 per cento del PIL (66,1 miliardi di euro), per il 2026, al 2,5 per cento del PIL (56,9 miliardi di euro). Ai fini del rapporto va considerata, altresì, l'incidenza della crescita del PIL nominale, che passa dai 2.018 miliardi di euro del 2023 ai 2.241 miliardi di euro nel 2026.

L'indicata evoluzione dell'indebitamento netto è ricondotta al miglioramento del saldo primario, il quale, ancora negativo nel 2023, torna in terreno positivo nel 2024 e migliora nei successivi anni del quadriennio di previsione tendenziale, passando da un disavanzo primario di circa 12,2 miliardi di euro nel 2023 a un avanzo di 11,3 miliardi di euro nel 2024, di 25,5 miliardi di euro nel 2025 e di 43,7 miliardi di euro nel 2026.

Per quanto riguarda le differenti componenti del conto economico delle pubbliche amministrazioni, il DEF 2023 stima un incremento delle entrate tributarie nel 2023, pari a 31,6 miliardi di euro rispetto ai valori del 2022. Tale incremento è legato, in parte, al miglioramento delle principali variabili macroeconomiche, che genera effetti positivi sulle entrate, in parte, al recupero di gettito su alcune voci d'imposta che nel 2022 erano state oggetto di misure di riduzione volte a mitigare gli effetti degli aumenti del prezzo dell'energia. Contribuiscono a tale andamento tanto le imposte dirette quanto quelle indirette: per le imposte dirette è atteso un incremento nel 2023 rispetto al 2022 di quasi 4,8 miliardi di euro, mentre per le imposte indirette l'aumento stimato, che è ancora più marcato, è pari a 26,6 miliardi di euro.

In rapporto al PIL, invece, il gettito delle entrate tributarie è atteso scendere progressivamente nell'anno in corso e nei tre successivi, passando dal 29,8 per cento del 2022 al 29,1 per cento del 2026. In particolare, le imposte dirette passano da un'incidenza del 15,2 per cento nel 2022 al 14,2 per cento nel 2026, mentre quelle indirette, dopo essersi incrementate dal 14,5 del 2022 al 15 per cento nell'anno 2023, discendono lievemente fino a raggiungere il 14,8 per cento nel 2026.

Con riferimento ai contributi sociali, le previsioni rispetto ai dati di consuntivo 2022 indicano un incremento del 4,9 per cento nel 2023, mentre nel 2024 l'incremento stimato in termini percentuali risulta del 5,3 per cento. Il gettito derivante dai contributi sociali è previsto in ulteriore crescita nel 2025, con un incremento del 3 per cento, e nel 2026, con un incremento del 2,7 per cento. In rapporto al PIL, le previsioni indicano una percentuale del 13,6 per cento nel 2023, in calo di un decimale rispetto al 2022. La percentuale risalirà al 13,7 per cento negli anni 2024 e 2025, per ritornare al 13,6 per cento nel 2026.

Le altre entrate correnti sono previste in aumento di 2,2 miliardi di euro nel 2023, per l'effetto combinato delle maggiori entrate derivanti dalle risorse dell'Unione europea e dei minori introiti per dividendi e altri trasferimenti. Per il 2024, la previsione è in linea con l'anno precedente, mentre per l'ultimo biennio si prevede un aumento di poco meno di 2 miliardi di euro nel 2025 e una diminuzione di circa 1,5 miliardi di euro nel 2026. Tale dinamica, come sottolineato dal DEF 2023, riflette sostanzialmente quella dei contributi dell'Unione europea. In rapporto al PIL, le previsioni mostrano percentuali decrescenti, dal 4,4 per cento nel 2023 al 3,9 per cento nel 2026.

Le entrate in conto capitale non tributarie registrano, in valore assoluto, un incremento nel 2023 di circa 8 miliardi di euro e una riduzione nel 2024 di poco meno di 13 miliardi di euro, un lieve aumento di 1,6 miliardi di euro nel 2025 e una nuova contrazione pari a 2,9 miliardi di euro nel 2026. In termini di PIL, l'incidenza passa dall'1,2 per cento nel 2023 allo 0,4 per cento nel 2026.

In conseguenza dei descritti andamenti delle entrate, nonché dell'andamento del PIL, la pressione fiscale si riduce costantemente durante tutto il periodo di previsione, con un'incidenza del 43,3 per cento nel 2023, del 43 per cento nel 2024, del 42,9 per cento nel 2025 e del 42,7 per cento nel 2026.

Con riguardo alle spese, in valore assoluto i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono rispettivamente pari a: 1.074 miliardi di euro, 1.076,8 miliardi di euro, 1.101,5 miliardi di euro e 1.111,9 miliardi di euro. Rispetto all'esercizio precedente, l'aggregato mostra una flessione nel 2023: il valore annuo stimato diminuisce dello 0,9 per cento nel 2023, pari a circa 9,3 miliardi di euro. Nel triennio 2024-2026 la spesa stimata cresce per tutto il periodo di previsione: dello 0,3 per cento nel 2024, con un incremento di 2,8 miliardi di euro, del 2,3 per cento nel 2025, con un incremento di 24,6 miliardi di euro, e dell'1 per cento nel 2026, con un incremento di 10,5 miliardi di euro. L'incidenza delle spese rispetto al PIL si riduce di quasi 3,5 punti percentuali nel 2023 rispetto al precedente esercizio, raggiungendo il 53,2 per cento per poi contrarsi ulteriormente di 2 punti percentuali nel 2024, di 0,5 punti percentuali nel 2025 e di 1,1 punti percentuali nel 2026, anno in cui l'incidenza rispetto al PIL scende al 49,6 per cento.

Riguardo alle principali componenti di spesa, per le spese correnti al netto degli interessi i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono, rispettivamente, pari a 886,3 miliardi di euro, 886,4 miliardi di euro, 899,9 miliardi di euro e 914,3 miliardi di euro, con incrementi annui pari al 3,6 per cento nel 2023, allo 0,01 per cento nel 2024, all'1,5 per cento nel 2025 e all'1,6 nel 2026.

In particolare, per la spesa per redditi da lavoro dipendente i dati stimati per gli anni 2023, 2024, 2025 e 2026 prevedono una diminuzione costante dell'incidenza di tale spesa rispetto al PIL, passando dal 9,4 per cento nel 2023 all'8,4 nel 2026.

Relativamente alle prestazioni sociali in denaro, le nuove previsioni tendenziali stimano per l'aggregato una crescita del 4,4 per cento nel 2023 rispetto all'anno precedente, pari a circa 17,8 miliardi di euro in valore assoluto; per il 2024 è stimato un incremento del 5,7 per cento, pari a 24,3 miliardi di euro in valore assoluto; per il 2025, un aumento del 2,5 per cento, pari a 11,2 miliardi di euro in valore assoluto, mentre per il 2026, un ulteriore aumento del 2,6 per cento, pari a 12,1 miliardi di euro in più rispetto al 2025.

Con riferimento alla spesa sanitaria, il DEF 2023 reca per l'anno in corso una previsione di spesa pari a circa 136 miliardi di euro, con un tasso di crescita in valore assoluto del 3,8 per cento rispetto all'anno precedente, quando la spesa era incrementata del 2,9 per cento rispetto al 2021. Nel triennio 2024-2026 la spesa sanitaria incrementa a un tasso medio annuo dello 0,6 per cento. Dopo una riduzione del 2,4 per cento rispetto al valore previsto nel 2023, dovuta al venir meno dell'erogazione degli arretrati dovuti ai rinnovi contrattuali 2019-2021 e alla cessazione dei costi relativi all'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia, nel biennio 2025-2026 la spesa sanitaria è prevista crescere, rispettivamente, dell'1,7 per cento e del 2,5 per cento. In rapporto al PIL, l'andamento dell'aggregato di spesa passa dal 6,7 per cento del 2023 al 6,3 per cento del 2024 fino ad arrivare al 6,2 per cento nel 2025 e nel 2026.

Per la spesa in conto capitale i dati stimati per gli anni dal 2023 al 2026 sono rispettivamente pari a 112,1 miliardi di euro, 105,3 miliardi di euro, 110 miliardi di euro e 97,1 miliardi di euro. L'incidenza di tali spese rispetto al PIL si riduce di circa 2 punti percentuali nel 2023 rispetto all'anno precedente arrivando al 5,6 per cento, per attestarsi al 4,3 per cento nel 2026. In tale ambito, va tuttavia segnalato che la quota relativa agli investimenti fissi lordi presenta nel 2023 e nel 2024 una forte crescita, passando da 51,4 miliardi di euro nel 2022 a 66,6 miliardi nel 2023 e a 78,96 miliardi nel 2024, per poi stabilizzarsi a 80,8 miliardi di euro nel 2025 e contrarsi a 75,2 miliardi nel 2026. Tale crescita, che porta gli investimenti fissi lordi a un livello costantemente superiore al 3 per cento del PIL durante l'intero orizzonte di programmazione è fortemente connessa all'attuazione dei progetti del PNRR. Si riducono, invece, in modo notevole i contributi agli investimenti, che subiscono una contrazione di oltre il 40 per cento annuo sia nel 2023 sia nel 2024 in relazione alla nuova modalità di contabilizzazione dei crediti di imposta cedibili, considerati come pagabili, e della progressiva scadenza delle misure del piano Transizione 4.0.

Si riscontra, infine, un aumento della spesa per interessi, che passerebbe dai 75,6 miliardi di euro del 2023, in calo di 7,6 miliardi rispetto all'anno precedente, ai 100,6 miliardi di euro del 2026.

Per quanto attiene alle previsioni di spesa relative alle politiche invariate, non incluse nelle previsioni tendenziali, le risorse necessarie sono indicativamente pari a 7 miliardi di euro nell'anno 2024, 7,5 miliardi di euro nell'anno 2025 e 8 miliardi di euro nell'anno 2026.

Infine, la terza sezione del DEF contiene lo schema del Programma nazionale di riforma (PNR), che anche per il 2023 si inserisce nel più ampio programma di riforma, innovazione e rilancio degli investimenti rappresentato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che potrà arricchirsi del nuovo capitolo concernente l'iniziativa REPowerEU, adottata a livello europeo al fine di ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili di provenienza russa, accelerando al contempo la transizione verde.

Nel Programma nazionale di riforma il Governo, oltre a illustrare gli obiettivi programmatici rispetto alle diverse politiche pubbliche, presenta, tra le altre cose, una stima aggiornata dell'impatto macroeconomico del PNRR che si basa sulle spese effettuate nel triennio 2020-2022, non tenendo conto della ridefinizione del Piano in corso di elaborazione. La valutazione dell'impatto macroeconomico del PNRR è stata effettuata considerando solo le risorse che finanziano progetti aggiuntivi, escludendo le misure contenute nel Piano che si sarebbero comunque realizzate anche senza l'introduzione del PNRR, per un totale di 184,7 miliardi di euro, considerando i prestiti e le sovvenzioni del Dispositivo di ripresa e resilienza, i fondi REACT-EU, le risorse anticipate del Fondo per lo sviluppo e la coesione e quelle stanziate attraverso il Fondo complementare al PNRR.

Il DEF 2023 prevede, in particolare, un impatto positivo del PNRR sul PIL pari all'1 per cento nel 2023, all'1,8 per cento nel 2024, al 2,7 per cento nel 2025 e al 3,4 per cento nel 2026. I settori che contribuiranno maggiormente alla crescita del PIL saranno le costruzioni (2,4 per cento), l'industria manifatturiera (1,4 per cento), le attività immobiliari (1 per cento) e le attività professionali, scientifiche e tecniche (1 per cento).

Il PNR reca anche un aggiornamento della valutazione di impatto macroeconomico delle riforme comprese nel PNRR riferite ai settori dell'istruzione e della ricerca, delle politiche attive del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione, della giustizia, della concorrenza e degli appalti, attribuendo una maggiore incidenza sia nel breve che nel lungo periodo a quella relativa alle politiche attive e a quella dell'istruzione e della ricerca.

In tale quadro, contestualmente alla definizione del capitolo REPowerEU, il Governo dichiara di voler rivedere, ai sensi del Regolamento RRF e delle linee guida della Commissione europea, alcuni degli investimenti del PNRR che, in fase attuativa, si sono rivelati più difficoltosi da realizzare nei tempi originariamente previsti, anche in considerazione delle condizioni economiche e geopolitiche profondamente mutate.

Le misure relative all'attuazione del PNRR e all'adozione di politiche energetiche conformi al piano REPowerEU costituiscono anche una risposta sul piano delle politiche nazionali alle raccomandazioni specifiche per Paese formulate nei confronti dell'Italia nel 2022. In particolare, erano state formulate tre raccomandazioni. Con la prima, si è raccomandato di seguire una politica di bilancio prudente, tenendo conto anche delle spese connesse ai sostegni temporanei per imprese e famiglie in relazione agli aumenti dei prezzi dell'energia. In questo campo, è stato sollecitato l'incremento degli investimenti pubblici per le transizioni verde e digitale e per la sicurezza energetica, tenendo conto dell'iniziativa REPowerEU, nonché l'adozione e l'attuazione della legge delega sulla riforma fiscale per ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro e aumentare l'efficienza del sistema.

Con la seconda, si è richiesto di procedere con l'attuazione del PNRR, in linea con i traguardi e gli obiettivi indicati, e di concludere rapidamente i negoziati con la Commissione sui documenti di programmazione della politica di coesione per il periodo 2021-2027, al fine di avviarne l'attuazione. Con la terza, in linea con gli obiettivi di REPowerEU, si è chiesto di ridurre la dipendenza complessiva dai combustibili fossili e diversificare le importazioni di energia, superare le strozzature per accrescere la capacità di trasporto interno del gas, sviluppare interconnessioni delle reti di energia elettrica, accelerare il dispiegamento di capacità supplementari in materia di energie rinnovabili e adottare misure per aumentare l'efficienza energetica e promuovere la mobilità sostenibile.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 i deputati Davide Bergamini e Andrea Giaccone hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale REL. ART. 6 L. 243/2012 - RIS. 6-31 319 214 105 201 195 19 32 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.