XIX LEGISLATURA
ATTI DI CONTROLLO
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:
DELLA VEDOVA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 1° giugno 2023 entra in vigore il cosiddetto «Accordo TUB», la nuova disciplina del brevetto unitario europeo;
la città di Milano, allo stato dei fatti, dovrebbe ospitare la terza Divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti, in sostituzione della città di Londra;
il Governo Draghi – in particolare il MAECI, in stretta collaborazione con i Ministeri di giustizia, economia e sviluppo economico –, l'azione diplomatica, il cosiddetto «tavolo di Milano» – che coinvolge tra gli altri comune, regione Lombardia e Corte d'appello di Milano –, il settore industriale e gli operatori del mondo della proprietà industriale hanno svolto con successo ogni attività volta al raggiungimento dell'obiettivo di individuare la città di Milano come sede della Divisione centrale;
la risposta del Governo all'interrogazione 5-00352, a prima firma Quartapelle Procopio, in data 16 marzo 2023, è stata una mera elencazione cronologica dei risultati ottenuti dal Governo precedente, senza nulla dire sull'effettiva individuazione di Milano come sede della Divisione centrale né tanto meno sulle possibilità che questa sede mantenga le competenze già attribuite alla sede di Londra –:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia adottato per portare, in tempo utile, definitivamente a termine nelle sedi competenti, anche mediante trattativa con gli Stati membri dell'Unione europea, il percorso di individuazione di Milano quale terza sede della divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti, indicando, al contempo, quali competenze assumerà la divisione centrale di Milano.
(5-00857)
ONORI e LOMUTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dall'agosto 2021, a seguito del ritiro dall'Afghanistan delle Forze statunitensi e NATO e del ritorno al potere dei Talebani, si assiste a una drammatica e ormai costante violazione dei diritti umani a vari livelli;
secondo il report, di febbraio 2023, di Bennett, relatore speciale dell'ONU sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, lo scenario nel tempo è ulteriormente peggiorato. Nel contesto, inoltre, la sistematica violazione dei diritti umani di donne e ragazze si è aggravata: le libertà fondamentali, compresi i diritti di riunione e associazione pacifica, di espressione così come il diritto alla vita e alla protezione dai trattamenti abusivi, sono stati sempre più spesso violati. In generale le autorità hanno, infatti, reintrodotto tipologie di pene tipiche della sharia quali le pene «hudud» (previste per i cosiddetti «crimini contro Dio», tra cui figurano la pena morte, la lapidazione e le frustate) e le pene «qisas» (una tipologia di punizioni retributive che segue il principio «occhio per occhio» ed è applicabile a fattispecie di reato quali l'omicidio o le gravi lesioni personali intenzionali);
la barbarie perpetrata dai talebani riguarda anche il tema delle vendette contro le persone che hanno collaborato con Istituzioni e Forze armate di Paesi stranieri, Italia inclusa, in primis nel contesto delle missioni internazionali svolte in Afghanistan;
nel contesto delle dinamiche afferenti al ruolo dell'Italia nei consessi internazionali, desta inquietudine il fatto che Roma non sia stata invitata a prendere parte al summit sull'Afghanistan, organizzato sotto l'egida del Segretario Generale dell'ONU Antonio Guterres, svoltosi a Doha a inizio maggio. A fronte della partecipazione all'evento di rappresentanti europei, inclusi quelli di Francia e Germania, il mancato invito dell'inviato speciale per l'Afghanistan dell'Italia ha acuito la percezione di una sempre maggiore marginalizzazione italiana nei fora di maggiore respiro internazionale. Al di là delle giustificazioni di rito in merito a tale sgradevole episodio, a parere degli interroganti, emerge il dato di fatto della scarsa rilevanza italiana in uno scenario strategico sia per gli equilibri regionali sia per l'impatto degli stessi anche a livello europeo –:
a fronte dell'evidente marginalità attuale, quali iniziative intenda intraprendere per conseguire un deciso rilancio del coinvolgimento e del protagonismo italiano nei più importanti fora e consessi internazionali incentrati sull'Afghanistan e sulla regione, considerato, altresì, il delicato tema dell'evacuazione delle persone che hanno collaborato con personale delle istituzioni italiane.
(5-00858)
QUARTAPELLE PROCOPIO e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
nel 2019, il presidente Conte, durante il Governo «Conte-I», aveva firmato il Memorandum d'intesa tra Italia e Cina sulla collaborazione nell'ambito della cosiddetta «via della seta». Da allora, l'Italia è entrata a far parte del gruppo di Paesi partner della «Belt and Road Initiative» (BRI), un programma di investimenti infrastrutturali che punta a sviluppare la connettività e la collaborazione tra la Cina e almeno altri 70 Paesi;
l'Italia è stata il primo e, ad oggi l'unico, Paese del G7 a firmare il Memorandum, valido fino a marzo 2024, e che si rinnoverà automaticamente, a meno che allo scadere del quarto anno, una delle due parti non decida di revocarlo;
come riportato dalla stampa, le ventilate maggiori opportunità commerciali – tra le ragioni più citate dei benefici dell'intesa – non si sono ancora concretizzate. Secondo dati ICE, la quota di mercato dell'Italia in Cina è rimasta costante (e relativamente bassa) scendendo allo 0,99 per cento nel 2022. La Cina è oggi il nostro secondo maggiore fornitore, ma l'Italia resta un partner commerciale secondario per Pechino: il 24° fornitore e il 22° cliente;
inoltre, quattro anni dopo la firma del memorandum (MOU), le informazioni precise sui contenuti degli accordi tra i due Paesi sono scarse, per una richiesta di riservatezza da parte di Pechino;
Michele Geraci, allora sottosegretario allo Sviluppo Economico «in quota» Lega, affermò rispetto al dibattito pre-adesione: «stiamo accelerando, perché temo che possa sfuggirci questa opportunità di fare affari con la Cina e di far sì che l'Italia si giochi un ruolo importante nel Mediterraneo» e ancora nel 2021, quando non ricopriva più il ruolo, alla domanda se firmerebbe ancora il memorandum (MOU), disse «Altro che memorandum, ne firmerei dieci»;
la presidente Meloni ha definito, in una intervista dello scorso settembre alla Cna – agenzia stampa di Taiwan – la sottoscrizione dell'accordo con la Cina un «grosso errore» e sulla conferma dell'adesione ha dichiarato che «se mi trovassi a dover firmare il rinnovo di quel memorandum domani mattina, difficilmente vedrei le condizioni politiche»;
il Ministro Crosetto, nel settembre 2022 ha dichiarato «la nostra posizione non cambierà, per cui un eventuale rinnovo lo vedo improbabile»; mentre il Ministro Tajani ha dichiarato in merito al rinnovo dell'accordo: «stiamo valutando» –:
quali siano i reali intendimenti del Governo in merito al rinnovo del memorandum di adesione alla «Belt and Road Initiative».
(5-00859)
FORMENTINI, BILLI, COIN e CRIPPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
l'Italia ha ottenuto nel 2013 lo status di Paese osservatore nel Consiglio Artico;
all'epoca, si riteneva che l'interesse nazionale italiano per l'Artico avesse essenzialmente una duplice dimensione, economica e scientifica;
su queste basi, nel 2015-2016 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale elaborò un documento, noto sotto il titolo «Verso una Strategia italiana per l'Artico» che a tutt'oggi è il punto di riferimento dell'azione governativa;
successivamente, nel 2016-2017, la Commissione affari esteri della Camera promosse un'indagine conoscitiva, nelle cui conclusioni si legge che «la partecipazione dell'Italia alle dimensioni di cooperazione politica in Artico rappresenta una priorità strategica alla luce dei mutamenti in atto nella regione, causati dai cambiamenti climatici e dall'interazione stretta che in Artico si registra tra i maggiori attori internazionali»;
la tutela degli interessi delle imprese italiane attive nella regione ed il sostegno alle attività di ricerca sembrano tuttavia rimasti preponderanti nell'orientamento dell'azione italiana nell'Artico;
nel frattempo, tuttavia, sono intervenuti eventi di grande portata politica e strategica, che hanno profondamente modificato lo scenario;
il 24 febbraio 2022 la Federazione russa ha attaccato l'Ucraina, occupandone provvisoriamente parte del territorio;
in conseguenza dell'aggressione perpetrata da Mosca, Finlandia e Svezia hanno avviato le procedure necessarie alla loro accessione all'Alleanza Atlantica;
in una prospettiva di accentuata contrapposizione tra Russia ed Occidente, l'Artico è destinato a recuperare buona parte della valenza strategica detenuta durante la Guerra Fredda, circostanza che non potrà non incidere significativamente sulle modalità di presenza dell'Italia nella regione –:
se il Governo intenda o meno procedere alla rielaborazione del documento d'indirizzo strategico per l'azione nell'Artico varato nel 2015-2016, in modo tale da adeguarne le linee guida al mutamento di scenario intervenuto nel 2022.
(5-00860)
Interrogazione a risposta in Commissione:
QUARTAPELLE PROCOPIO, ZAN, GRIBAUDO, MEROLA, MALAVASI, ROGGIANI, MANZI, CASU, CURTI, STEFANAZZI, FORATTINI, VACCARI, LACARRA, MARINO, FERRARI, SCOTTO, ASCANI, TABACCI e TONI RICCIARDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
lo scorso martedì, il 9 maggio 2023, il tribunale di Mansura in Egitto ha rinviato, per la decima volta e senza che il giudice si presentasse in aula, la nuova udienza del processo a carico di Patrick Zaki, fissandola al prossimo 18 luglio;
Amnesty Italia, che segue attentamente la vicenda di Zaki, ha commentato il fatto che il giudice non si sia neppure presentato in udienza come «un'ennesima prova del disprezzo per i diritti umani da parte della magistratura egiziana»;
Patrick Zaki è tornato in libertà l'8 dicembre 2021, dopo 22 mesi di custodia cautelare passati in carcere: da allora è in attesa di giudizio e soggetto al divieto di espatrio. Non potendo lasciare il suo Paese gli è, pertanto, impossibile fare rientro a Bologna per proseguire i suoi studi;
val la pena ricordare come Patrick Zaki, già tra il febbraio 2020 e il settembre 2021, avesse subito lo stillicidio di ben 18 udienze, slittate peraltro nove volte, in cui sono stati decisi prolungamenti della sua custodia cautelare, svoltasi per tutta la sua durata nel carcere di Tora al Cairo, tristemente noto per le condizioni disumane in cui si versano i detenuti;
come Zaki, altri attivisti egiziani hanno subito misure restrittive di «travel ban»: tra gli altri Hossam Bahgat, direttore della Ong «Egyptian Initiative for Personal Rights», Eipr, con cui collabora lo stesso Zaki, o l'attivista politica Mahienour el-Massry che il 14 ottobre 2022 ha scoperto di essere nella lista dei cittadini su cui pende il divieto di espatrio nonostante la Procura Generale del Cairo le avesse garantito il contrario, proprio mentre era in viaggio verso l'Italia per ritirare l'Aurora Prize for Awakening Humanity;
come denunciato da diverse organizzazioni internazionali, il regime egiziano starebbe vietando ai dissidenti politici di recarsi all'estero per impedire loro di denunciare le ripetute violazioni dei diritti umani di fronte alla comunità internazionale;
nell'aprile e nel luglio 2021, il Parlamento italiano all'unanimità e dunque con il voto favorevole delle attuali forze di maggioranza, ha approvato due atti di indirizzo con cui è stato impegnato il Governo ad intraprendere le iniziative necessarie al fine di riconoscere la cittadinanza onoraria a Patrick Zaki –:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, nell'ambito dei rapporti bilaterali con l'Egitto, affinché le autorità egiziane revochino il divieto di espatrio per Patrick Zaki consentendogli così di concludere il suo ciclo di studi in Italia.
(5-00870)
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazione a risposta orale:
IACONO, PROVENZANO, MARINO, BARBAGALLO e PORTA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
la pesca nazionale ed in particolare il comparto siciliano versa in una condizione di rilevante crisi, in particolare, le misure per la pesca e l'acquacoltura presentate dalla Commissione europea il 21 febbraio 2023 prevedono un piano d'azione per la protezione e il ripristino degli ecosistemi marini che impone un progressivo divieto della pesca a strascico nei mari italiani;
il piano d'azione, come richiamato in precedenza, se però non adeguatamente supportato con ulteriori misure di sostegno rischia di indebolire ancor di più il settore pesca e di danneggiare fortemente le marinerie italiane, già pesantemente colpite dall'attuale crisi economica e di favorire l'importazione di pesce da Paesi stranieri, del bacino del Mediterraneo, che risultano non sottoposti a tali limiti;
se si dovesse perseverare in questa dinamica come denunciato anche dalle organizzazioni di categoria del settore si rischia perdita di circa 20.000 posti di lavoro e la riduzione della produzione ittica di almeno il 25 per cento –:
quali iniziative il Governo intenda assumere in sede comunitaria al fine di tutelare adeguatamente le marinerie siciliane e l'economia ittica del nostro Paese per attutire gli impatti del piano d'azione riportato in premessa implementando le misure compensative e ponendo in essere misure che prevedano chiusure alla pesca di tratti di mare e l'individuazione di aree specifiche in grado di dare continuità alle attività delle marinerie siciliane.
(3-00415)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta orale:
BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende da organi di stampa, recentemente la Capitaneria di porto di Trapani ha posto sotto sequestro una struttura in ferro ancorata sugli scogli di un tratto di costa dell'isola di Levanzo, per la realizzazione di una piattaforma, di proprietà della società Ma.ce.tra S.p.A., dell'ex deputato regionale di Forza Italia Giuseppe Maurici;
la piattaforma, già autorizzata dal demanio marittimo nel 2020, avrebbe ottenuto l'autorizzazione paesaggistica della Sovrintendenza ai beni culturali, il parere favorevole del Genio civile di Trapani, l'autorizzazione dell'Agenzia delle dogane di Trapani e il permesso di costruire del comune di Favignana;
l'isola di Levanzo, insieme a Favignana e Marettimo, fa parte dell'arcipelago delle Isole Egadi, la più grande Area Marina Protetta del Mediterraneo gestita, per conto del Ministero dell'ambiente, dal comune di Favignana, che per la sua altissima valenza naturalistica, data dalla presenza della prateria di Posidonia oceanica, habitat protetto a livello internazionale, rappresenta un elemento cruciale nell'equilibrio dell'ecosistema marino;
l'isola di Levanzo, individuata con codice ITA010003 ai sensi della Direttiva 92/43/CEE «Habitat» quale Zona Speciale di Conservazione della rete europea Natura 2000, è interessata da obiettivi di conservazione sito-specifici, sulle cui misure di tutela è prevista la procedura di VIncA subordinata dallo screening ambientale;
la grande struttura in ferro, ancora non completata, di circa 800 metri quadrati con un'area coperta di circa 70 che dovrebbe diventare un grande solarium «elioterapico» con discesa a mare a servizio della struttura alberghiera Pensione dei Fenici, rappresenta, a parere dell'interrogante, un vero e proprio scempio ambientale che deturpa un bene paesaggistico soggetto a specifici vincoli di tutela –:
se i Ministri interrogati risultino a conoscenza dei fatti richiamati in premessa, se non ritengano doveroso accertare per quale ragione l'intervento non sia stato sottoposto alla procedura di screening ambientale, ai fini della valutazione di incidenza – ai sensi del comma 3, articolo 6, del decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120 – se non ritengano altresì di dover valutare la sussistenza dei presupposti per procedere in autotutela all'annullamento delle autorizzazioni relative alla struttura posta sotto sequestro dalla Capitaneria di porto di Trapani e di dover accertare, anche attraverso l'invio di ispettori, le ragioni per le quali siano stati rilasciati pareri favorevoli alla realizzazione di un'opera gravemente lesiva dei beni paesaggistici e ambientali nell'isola di Levanzo.
(3-00416)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:
TOCCALINI, ANDREUZZA, BARABOTTI e DI MATTINA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
settore italiano della carta da macero, eccellenza dell'economia circolare: l'Italia è seconda in Europa per quantità di carta riciclata; nel 2009 raggiunto l'obiettivo comunitario di riciclo di imballaggi cellulosici al 2025 (75 per cento) nel 2020 superato target al 2030 (85 per cento). Nel 2021 il tasso di riciclo degli imballaggi cellulosici è stato dell'85,08 per cento, trend consolidato nel 2022;
l'Italia, inoltre, è stata pioniera nella normativa ambientale, grazie al decreto ministeriale del 5 febbraio 1998 che introduce il concetto di materia prima secondaria e decreto ministeriale n. 188 del 2020 che disciplina l'end of waste;
un settore che rischia di essere fortemente penalizzato dal nuovo regolamento europeo sulle spedizioni dei rifiuti, proposto dalla Commissione e approvato dal Parlamento, con emendamenti, lo scorso 16 gennaio 2023;
nella sua attuale formulazione, il nuovo regolamento priverebbe di ogni utilità la normativa italiana sull'end of waste, stabilendo che in caso di disaccordo tra le autorità competenti di spedizione e destinazione sulla classificazione di un oggetto, il medesimo venga trattato come rifiuto ai fini della spedizione;
inoltre, il regolamento esclude un reciproco riconoscimento delle classificazioni nazionali tra gli Stati membri e, anzi, stabilisce la prevalenza, in caso di disaccordo, dello status di rifiuto su quello di end of waste;
tale classificazione della carta da macero end of waste prodotta in Italia, infatti, andrebbe ad incidere in termini di costi, anche per le differenti regole di trasporto e di spedizione; il conseguente crollo del valore economico dei materiali recuperati porterebbe inevitabili ripercussioni economiche sui settori di tutta la filiera e sui costi dei servizi di raccolta differenziata;
il nuovo regolamento impatterà negativamente dal punto di vista economico, sociale e ambientale: rischio concreto di fortissima riduzione di questo importante settore economico, che in questi anni ha garantito lo sbocco sul mercato estero del surplus nazionale, incremento delle raccolte differenziate, il raggiungimento degli obiettivi di riciclo, oltre ad aver apportato risorse economiche al Paese e posti di lavoro –:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia adottato o intenda adottare per tutelare il sistema industriale italiano della carta da macero e l'intera filiera al fine di preservare il mercato delle materie end of waste e se intenda avviare interlocuzioni interistituzionali proponendo modifiche volte a prevedere l'esclusione dall'ambito di applicazione del regolamento dei materiali che hanno cessato di essere rifiuti e sono classificati «end of waste» nello Stato di origine, in linea con i dettami della direttiva 2008/98.
(5-00861)
BENZONI e RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la grave crisi energetica ancora in essere dimostra che un grande Paese industriale deve possedere un sistema energetico affidabile, stabile, con tecnologie e fornitori diversificati all'interno di una strategia di decarbonizzazione razionale, basata su valutazioni tecnico-economiche e non ideologiche;
per questo è necessario e urgente ridefinire la strategia energetica nazionale, in modo da individuare il mix ottimale tra fonti e tecnologie low carbon incluse nella tassonomia europea approvata lo scorso anno: rinnovabili, nucleare della migliore generazione oggi disponibile e, in fase transitoria, gas naturale, con cattura e sequestro della CO2 emessa;
il mix ottimale low carbon dev'essere sostenibile non solo dal punto di vista dei costi, ma anche con riferimento all'occupazione di suolo e al fabbisogno di materiali per la realizzazione degli impianti e delle infrastrutture necessari;
è altrettanto urgente un riassetto normativo che definisca i criteri per l'individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti e delle infrastrutture necessari, le procedure di autorizzazione, le modalità di remunerazione che valorizzino le caratteristiche ed i profili di generazione, premiando le tecnologie che hanno un minore impatto sui costi di sistema e, infine, un organismo indipendente di programmazione strategica, che individui priorità e programmi di sviluppo della capacità da installare, inclusa la loro distribuzione regionale;
per quanto riguarda la gestione dei rifiuti radioattivi, il processo di localizzazione del deposito nazionale di superficie è in oggettivo ritardo; tuttavia, la pubblicazione della Carta delle Aree Idonee e la localizzazione e costruzione del deposito richiede che il soggetto attuatore goda della fiducia delle popolazioni interessate con le quali dovrà intensamente interloquire, caratteristica che purtroppo non può essere riconosciuta a Sogin; a tal proposito, il decreto-legge n. 73 del 2022 ha disposto il commissariamento, prendendo atto delle evidenti criticità gestionali della Società, sotto gli occhi di tutti da molti anni, che hanno prodotto enormi ritardi in tutte le attività di smantellamento, molte delle quali sono in siti contigui alle aree idonee per il deposito; tuttavia l'illogica decisione dell'organo commissariale di confermare tutta la prima linea dei direttori, incluso colui che svolgeva la funzione di amministratore delegato al momento del commissariamento, ha vanificato il provvedimento, persino peggiorando le criticità che lo avevano reso necessario, come più volte denunciato negli ultimi mesi da tutte le organizzazioni sindacali –:
quali iniziative intenda adottare per risolvere i gravi problemi gestionali legati a SOGIN, considerato che evidentemente il commissariamento non ha avuto gli effetti positivi auspicati.
(5-00862)
CAPPELLETTI, PAVANELLI, APPENDINO e TODDE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
per affrontare le sfide emergenti dal conflitto in Ucraina, la Commissione europea ha proposto la Comunicazione – COM(2022) 231 che riguarda l'inserimento di un nuovo capitolo nei PNRR (Piani per la ripresa e la resilienza) dedicato al piano REPowerEU, volto ad eliminare gradualmente la dipendenza dell'Unione europea dalle importazioni di combustibili fossili in particolare da quelli russi. Tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto ben prima del 2030, in coerenza con il Green Deal europeo e con gli obiettivi climatici per il 2030 e il 2050 sanciti dal regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio;
nello specifico del piano REPowerEU, la Commissione europea ha proposto per il 2030 di innalzare gli obiettivi del pacchetto Fit for 55%. Si dovrà incrementare dal 40 al 45 per cento la quota di energia rinnovabile ed aumentare dal 9 al 13 per cento l'obiettivo in materia di efficienza per ridurre di circa il 40 per cento i consumi energetici rispetto al 2007. Nel breve periodo, il piano dovrà comportare la rapida riduzione di circa 80 miliardi di metri cubi delle importazioni di gas, che richiede un notevole impegno nella decarbonizzazione per il nostro Paese, da sempre fortemente legato al consumo del gas naturale rispetto agli altri Stati europei;
nel capitolo dedicato al piano REPowerEU, le cui risorse ammontano ad oltre 8 miliardi, gli Stati membri devono indicare le nuove riforme e i nuovi investimenti, a partire dal 1° febbraio 2022, da realizzare entro il 2026, che contribuiranno ad aumentare la quota di energie sostenibili e rinnovabili nel mix energetico e ad affrontare le strozzature delle infrastrutture energetiche. Le indicazioni sulle riforme e i progetti, che avrebbero dovuto essere presentati alla CE lo scorso 30 aprile, per stessa ammissione del Ministro Fitto verranno inviate il 31 agosto 2023;
secondo alcuni studi, in Italia si potrebbe arrivare ad allacciare alla rete 85 GW di nuove rinnovabili al 2030, portando all'84 per cento le rinnovabili nel mix elettrico e l'elettrificazione pari a circa 360 TWh: un traguardo che consentirebbe di ridurre di 160 miliardi di metri cubi le importazioni di gas e di risparmiare 110 miliardi di euro –:
se, per quanto di competenza, intenda fornire informazioni puntuali sui progetti e le riforme che ritiene di inserire nel capitolo del REPowerEU quale integrazione del PNRR, considerato che il prolungarsi dei tempi nella predisposizione dello stesso ritarda il processo di valutazione da parte della Commissione e il conseguente avvio dei relativi progetti.
(5-00863)
PELUFFO, DI BIASE, DE MICHELI, GNASSI e ORLANDO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la crisi energetica e la conseguente volatilità dei prezzi acuitasi con la guerra in Ucraina hanno creato grosse difficoltà al mondo industriale: si è trattato principalmente di una «crisi del gas», sia lato prezzi che lato sicurezza di approvvigionamento che si è rapidamente trasferita sul prezzo dell'energia elettrica in Italia, facendo ulteriormente lievitare i costi energetici delle imprese industriali. Le imprese ad elevato utilizzo di gas naturale, in mancanza di alternative tecnologiche disponibili, hanno avvertito in maniera più significativa queste difficoltà;
per ridurre la dipendenza dal gas russo, già nella scorsa legislatura sono state adottate norme per favorire una crescita della produzione nazionale di gas e la sua destinazione, per gli anni dal 2022 al 2031, a clienti finali industriali a forte consumo di gas, anche in forma aggregata tra loro (cosiddetti «gasivori»): il cosiddetto «Gas release» che prevede che il gas prodotto da titolari di concessioni di coltivazione nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale nazionale sia acquistato – sulla base di contratti di acquisto di lungo termine – dal GSE, il quale, a sua volta, offre, allo stesso prezzo di acquisto, i diritti sul gas così acquisiti ai clienti finali industriali a forte consumo di gas (cosiddetti «energivori»);
è dunque strategica l'attuazione del «gas release», per la quale sarebbe necessario rivedere il meccanismo di prezzo, stante il fatto che la norma è ancora da realizzare, con scenari di prezzo cambiati numerose volte ed in modo significativo: con un prezzo del gas inferiore a 50 euro/MWh, il valore previsto dall'articolo 4 del decreto-legge Aiuti-quater (tra 50 e 100 euro/MWh) è fuori mercato e andrebbe necessariamente adeguato al ribasso visto che i costi di produzione siano notevolmente più bassi, circa 10 euro/MWh;
inoltre, le imprese oggi possono assicurarsi una fornitura «future», non per una quota del proprio consumo (come nel caso della gas release), ma per il quantitativo totale di gas consumato al prezzo di 50 euro/MWh, ovvero a quello minimo previsto oggi dalla gas release: nessuna impresa troverà conveniente legarsi ad un contratto a lungo termine che è oggi meno interessante di una semplice operazione di acquisto «a termine»;
sarebbe quindi necessario rivedere il tetto di prezzo, posizionandolo ad un valore prossimo ai 10 euro/MWh del costo di estrazione –:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative urgenti per rivedere al ribasso il meccanismo di formazione del prezzo del «gas release».
(5-00864)
SQUERI, CASASCO e POLIDORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'evoluzione dei modelli economici e industriali ha evidenziato l'importanza cruciale di alcuni materiali, ormai necessari in numerose filiere strategiche a livello nazionale. Tali materiali infatti – rame, grafite, nichel, litio, silicio, manganese, titanio, cobalto e le altre terre rare – sono essenziali, per realizzare la componentistica tecnologica collegata alla duplice transizione ecologica e digitale, come le batterie e semiconduttori;
la necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento di questi materiali, promuovendone ove possibile l'autoproduzione, è stata riconosciuta prima dall'adozione da parte del Parlamento Europeo della Strategia europea per le materie prime critiche, e in seguito dalla Proposta di Regolamento sulle materie prime critiche, presentata dalla Commissione europea lo scorso 16 marzo, che prevede, tra le altre cose, che entro il 2030 il 10 per cento del consumo annuo di materie prime strategiche dell'Unione sia coperto dalla capacità estrattiva europea;
l'attività estrattiva nel nostro Paese è ferma da oltre trent'anni, e con essa la legislazione in merito, mentre l'evoluzione delle tecnologie ha fatto grandi passi avanti. Nonostante ciò, l'impianto normativo che regola quest'attività in Italia risulta obsoleto e non tiene in considerazione la rinnovata strategicità del comparto, risultando in una forte disincentivazione agli investimenti, specie nei numerosi casi in cui sono coinvolti parchi naturali, a prescindere dall'effettiva tutela degli aspetti ambientali;
i rischi di approvvigionamento e l'aumento dei consumi in vista dell'attuazione delle politiche climatiche impongono la redazione di un Piano nazionale Minerario al fine di garantire un livello adeguato di approvvigionamento all'industria italiana –:
quali iniziative di competenza intenda assumere per semplificare la normativa nazionale al fine di permettere i necessari investimenti da parte degli operatori per riattivare le attività di estrazione mineraria, anche mediante stesura di uno specifico Piano nazionale Minerario, con particolare riferimento ai minerali e alle terre rare, essenziali ai processi di transizione ecologica e digitale, al fine di rendere quanto più indipendenti dall'estero le catene del valore nazionali.
(5-00865)
ZUCCONI e CARAMANNA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'Italia deve installare 80 gigawatt di nuove fonti rinnovabili entro il 2030, ma al momento non si è stabilito ancora una mappatura per organizzarle nonostante il decreto energia del marzo 2022 e il recente decreto PNRR (decreto-legge n. 13 del 2023) abbiano semplificato le procedure per le autorizzazioni degli impianti di fonti rinnovabili nelle aree giudicate idonee ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021;
è sempre più urgente individuare princìpi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, altrimenti le regioni sono impossibilitate ad emanare i rispettivi provvedimenti che devono indicare tali aree, per le quali sono previste importanti semplificazioni degli iter autorizzativi; non possono muoversi lasciando le aziende del settore nell'incertezza;
nell'ultimo anno l'energia solare è cresciuta rapidamente, con 41 gigawatt di nuova capacità installata, mentre la capacità eolica è aumentata di 15 gigawatt e il 39 per cento della nostra elettricità proviene da fonti rinnovabili. Inoltre, le emissioni di carbonio in Europa sono diminuite del 2,5 per cento;
per installare un impianto solare ci vogliono dai 2 ai 4 anni, per uno eolico in media 6 anni, e si arriva a 10 a causa di procedure burocratiche complicatissime e di veti frequenti da parte di Soprintendenze ed enti locali;
il Governo Meloni ha velocizzato gli iter e sbloccato diversi progetti ma purtroppo l'anno scorso sono stati installati appena 3 gigawatt di nuova potenza rinnovabile, contro i 5 della Francia, i 9 della Spagna e gli 11 della Germania;
il piano energetico nazionale (Pniec), prevede al momento 70 gigawatt di nuova potenza rinnovabile al 2030, ma per adattarlo ai nuovi obiettivi europei di emissioni del Fit for 55, tutti danno per certo che bisognerà salire a 80 gigawatt, dunque più di 10 gigawatt all'anno da installare, più del triplo di quello che si è fatto finora;
per quanto riguarda il fotovoltaico, con le misure previste nel decreto-legge PNRR è cambiato il regime di autorizzazione del fotovoltaico a terra nelle aree industriali, ora posto in edilizia libera; in agricoltura il nuovo decreto sull'agrivoltaico, in fase di notifica a Bruxelles, consentirà l'installazione di pannelli fotovoltaici avanzati che non precludono l'attività agricola sugli stessi terreni, garantendo la continuità della produzione agricola –:
se il Ministro interrogato possa fornire compiuti elementi in merito alla realizzazione di una mappatura delle aree idonee legate alle fonti rinnovabili e sui tempi di attuazione delle misure che intenda adottare al riguardo.
(5-00866)
CULTURA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della cultura, per sapere – premesso che:
l'articolo 9 della Costituzione recita al primo comma che «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»;
l'articolo 108 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, stabilisce che i canoni di concessione ed i corrispettivi connessi alle riproduzioni di beni culturali sono determinati dall'autorità che ha in consegna i beni tenendo conto di determinati criteri, tra cui l'uso e la destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefìci economici che ne derivano al richiedente. Il comma 3 sancisce che tali canoni però non siano imposti «per le riproduzioni richieste o eseguite da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro. I richiedenti sono comunque tenuti al rimborso delle spese sostenute dall'amministrazione concedente»;
inoltre il medesimo articolo 108, al comma 3-bis, ribadisce che sono in ogni caso libere alcune attività, quali la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, riprodotte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa e promozione della conoscenza del patrimonio culturale;
in questi giorni il Ministero della cultura, con decreto ministeriale (decreto ministeriale n. 161 dell'11 aprile 2023) ha diramato «le Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d'uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali», comprendenti le tabelle necessarie per stabilire i criteri dei tariffari. L'intento appare principalmente quello di incrementare il gettito, in maniera coerente con le ultime linee di indirizzo del Ministero, con l'aumento del costo dei biglietti dei musei o con l'imposizione di ticket per l'ingresso in alcuni monumenti simboli della nostra civiltà;
nella redazione di queste tabelle sembra che il Dicastero, in contrasto al Codice dei beni culturali, abbia valutato a scopo di lucro attività di riproduzione invece finalizzate alla promozione della cultura e della ricerca scientifica. Inoltre sembra non abbia tenuto conto, non solo della normativa nazionale, ma anche europea che ha introdotto il principio dell'«Open Access» ovvero la diffusione immediata, gratuita e libera di tutta la letteratura scientifica, a beneficio della comunità, grazie all'abolizione di alcune tra le restrizioni dettate dalle licenze editoriali per i diritti di sfruttamento economico;
in particolare, tale difformità alla legge, è possibile constatarla nella tabella 3, che fa ricomprendere tra le riproduzioni a scopo di lucro anche editoria e riviste scientifiche di settore in canali commerciali online/cartacea e pubblicazioni online, senza ulteriori specificazioni. Questa disposizione è molto contraddittoria se si pensa che le ricerche finanziate sulla base di fondi nazionali o europei devono essere obbligatoriamente pubblicate secondo queste modalità, in quanto i risultati di queste ricerche realizzate a spese dei cittadini non possono essere pagati due volte dai fruitori: come cittadini contribuenti, e poi come studiosi che hanno bisogno delle pubblicazioni per la loro ricerca;
inoltre, scendendo più nel dettaglio dell'analisi, alcune norme appaiono di sicura inapplicabilità e rivelano scarsa conoscenza dell'editoria contemporanea e di quella accademica. L'Open Access, infatti, viene fatto rientrare tra le pubblicazioni online cui si applica una ulteriore disposizione che prevede che «in caso di e-book, la nozione di "tiratura" si intende quale "numero di download stimati"». In questo modo se un autore pubblica su una rivista scientifica di diffusione internazionale viene penalizzato giacché dovrà monitorare i download del suo articolo per pagare il sovrapprezzo. E questo dovrebbe essere un impegno permanente perché l'articolo non ha un «ciclo vitale» ma resta online per sempre;
sulla base di questo decreto altresì riviste scientifiche edite direttamente da istituti di ricerca, accademie o dipartimenti universitari, le cui pubblicazioni impegnano fondi pubblici verrebbero classificate a scopo di lucro. A parere dell'interpellante l'incongruità del provvedimento si manifesta nel trascurare le pubblicazioni «print on demand», una realtà sempre più diffusa tra gli editori scientifici, tra cui istituti di assoluto prestigio o case editrici di molte università. In questi casi, la pubblicazione è consultabile in open access, ma è anche possibile acquistarne una copia cartacea, non si comprende nel dettato del decreto quale dei due canali incide per la determinazione della tariffa;
il provvedimento in questione ha già sollevato le proteste delle Consulte di archeologia e di storia dell'arte, dell'Associazione italiana per la promozione della scienza aperta nonché le contestazioni molto precise e dettagliate dell'Associazione Italiane Biblioteche e di una lunga serie di società scientifiche che ne hanno mostrato l'inadeguatezza;
le disposizioni ivi contenute a parere dell'interpellante, non solo risultano in contrasto con la legge in vigore, ma mostrano evidenti incongruenze con l'attuale contesto legato alla la diffusione del sapere –:
se il Ministro interrogato non valuti opportuna l'immediata revisione del decreto, con una più scrupolosa riformulazione delle tabelle in modo da renderle conformi al Codice dei beni culturali e del paesaggio, alla normativa europea e maggiormente aderenti alle esigenze della ricerca e dell'editoria.
(2-00152) «Scerra».
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
FOSSI e FURFARO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'approvvigionamento e l'uso della cannabis in Italia sono regolamentati dal decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 il quale dispone che le preparazioni magistrali a base di cannabis, prescritte dal medico per la terapia contro il dolore (nonché per gli altri impieghi previsti) siano a carico del Servizio sanitario nazionale;
in Italia l'unico soggetto autorizzato alla produzione nazionale di cannabis per uso medico è lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (Scfm). Si tratta di una struttura con oltre 170 anni di storia e che svolge un ruolo sociale e strategico di grande rilevanza per tutto il Paese, sia nelle emergenze sanitarie, sia nel rendere disponibili medicinali destinati a pazienti affetti da malattie rare;
lo stabilimento di Firenze non è comunque in grado di garantire un approvvigionamento sufficiente a soddisfare la domanda di cannabis terapeutica, che risulta in continua crescita e costringe il nostro Paese a procedere, per buona parte, tramite importazione dall'estero ed in particolare dall'Olanda;
l'Agenzia Industria e Difesa aveva infatti previsto per il 2023 un aumento della produzione fino a 500 chilogrammi (dopo i 300 chilogrammi del 2022), a fronte di un fabbisogno stimato in 1.400 chilogrammi annui;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha comunque giudicato in 3 tonnellate annue il fabbisogno annuale di cannabis terapeutica (in alcune regioni infatti tale farmaco non viene rimborsato o somministrato soltanto in ospedale);
nello Scfm di Firenze, anche se il 90 per cento della produzione riguarda la cannabis, vengono inoltre fabbricati ulteriori medicinali necessari, ma economicamente non vantaggiosi e quindi non reperibili sul libero mercato, destinati a pazienti affetti da malattie rare;
a beneficio del Servizio sanitario nazionale e dei pazienti affetti da gravi patologie, in stretta collaborazione con l'Agenzia italiana del farmaco, lo Scfm sta infatti producendo i seguenti medicinali non altrimenti disponibili: Mexiletina per la terapia delle miotonie distrofiche e non distrofiche e di alcune aritmie cardiache; Colestiramina per il morbo di Crigler-Najjar; D-penicillamina, per il morbo di Wilson; Tiopronina: per la cistinuria; Niaprazina: disturbi del sonno; Ioduro di potassio, antidoto nell'esposizione ad isotopi radioattivi dello iodio;
con il Ministero della salute e con l'Agenzia italiana del farmaco sono stati inoltre stipulati accordi per la produzione di alcuni medicinali considerati carenti dall'organizzazione sanitaria nazionale, (cosiddetti «farmaci orfani») notoriamente negletti dalle case farmaceutiche: in particolare Chinina Cloridrato in fiale e Metile Salicilato;
da tempo le organizzazioni sindacali stanno denunciano gravi preoccupazioni legate alla carenza strutturale di risorse umane all'interno dello stabilimento di Firenze, che avrebbe bisogno del doppio del personale attualmente impiegato;
nei mesi scorsi è emerso sulla stampa che tali criticità potrebbero portare a «una possibile sospensione della produzione di cannabis a scopo terapeutico»: sospensione che è stata poi annunciata dallo scorso 5 aprile fino a metà giugno;
le Rsu dello stabilimento hanno inoltre denunciato che «quattro linee di produzione sono attualmente ferme: si tratta di penicillamina, mexiletina, niaprazina, tiopronina; farmaci utili contro patologie come l'artrite reumatoide, aritmie, disturbi del sonno, calcoli renali». È stato inoltre nuovamente stigmatizzato dai sindacati «lo stato di degrado in cui versa buona parte delle altre strutture, della carenza cronica di personale a vari livelli ma, soprattutto, della mancanza di diverse figure chiave, come segnalato anche dall'autorità regolatoria (Aifa), necessarie per gestire un'officina farmaceutica secondo le norme di buona fabbricazione dei medicinali»;
tale situazione di incertezza appare incomprensibile, proprio in virtù dell'importanza dei farmaci prodotti e della loro certificata carenza nel panorama nazionale. Desta inoltre preoccupazione il futuro di un centro storico di eccellenza come lo Scfm di Firenze e la salvaguardia e la continuità delle competenze e professionalità coinvolte –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza urgenti intendano conseguentemente assumere al fine di sostenere le attività dello Scfm di Firenze, garantendo ed implementando la produzione dei farmaci prodotti (ed in particolare a base di cannabis) tale da soddisfare la richiesta nazionale, e salvaguardando i livelli occupazionali interessati.
(5-00867)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
CURTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
sulla base delle disposizioni contenute nell'articolo 1, commi 231 e seguenti della legge 29 dicembre 2022, n. 197, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025», i singoli carichi affidati alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, possono essere estinti attraverso la Definizione agevolata (cosiddetta «Rottamazione-quater»), versando esclusivamente la somma dovuta a titolo di capitale e spese esecutive, al netto di sanzioni, interessi, compensi di riscossione;
il Ministero dell'economia e delle finanze, con il comunicato n. 68 del 21 aprile 2023, ha annunciato che il termine per la presentazione della domanda di adesione alla Definizione agevolata, inizialmente fissato dalla legge n. 197 del 2022 al 30 aprile 2023, è stato differito al 30 giugno 2023;
il decreto ministeriale 1° settembre 2016 aveva disposto la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli atti di accertamento esecutivi, scadenti nel periodo compreso tra il 24 agosto 2016 ed il 16 dicembre 2016, termine quest'ultimo successivamente prorogato, a favore dei contribuenti colpiti dagli eccezionali eventi sismici del giorno 24 agosto 2016, verificatisi nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria;
con il venir meno di tale sospensione, è stato riavviato l'affidamento alla riscossione dei carichi gravanti sui contribuenti dei predetti territori. L'emissione delle relative notifiche, tuttavia, si è concentrata in massima parte nel periodo successivo al 30 giugno 2022 ed è tutt'ora in corso. Ciò comporta, di fatto, l'impossibilità per i soggetti destinatari di poter usufruire della Definizione agevolata («Rottamazione quater») per regolarizzare il pagamento;
tale situazione crea una grave e penalizzante disparità a danno dei cittadini e delle imprese delle aree del sisma, anche in considerazione del fatto che, per effetto della sospensione, i carichi accumulati negli anni richiedono oggi il pagamento di somme impegnative –:
quali iniziative urgenti intenda porre in atto al fine di consentire ai contribuenti dei territori del sisma di usufruire della Definizione agevolata, prevista dell'articolo 1, commi 231 e seguenti, della legge 29 dicembre 2022 n. 197.
(5-00869)
Interrogazione a risposta scritta:
SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'Agenzia delle dogane nel suo Piano integrato di attività e organizzazione evidenzia un personale ridotto di un terzo a livello nazionale con punte più anche più alte in vari livelli locali e un'età media alta;
si stanno moltiplicando in tutta Italia, da Aosta al Lazio, passando per Genova, Livorno, Ravenna e Trieste, le denunce di carenza d'organico negli Uffici delle dogane da parte di lavoratori, Rsu e sigle sindacali;
in particolare nel comune di Trieste, capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia, l'Ufficio delle dogane versa in condizioni di grave sottorganico, a causa di un progressivo calo degli organici, scesi da 182 nel 2012, a 161 nel 2016 e ridottisi agli attuali 99. Numeri destinati ulteriormente comprimersi, a causa dei nuovi pensionamenti previsti entro la fine del 2023;
la crescente espansione delle attività portuali ha avuto un diretto impatto sull'attività doganale: il turno h24 presso la piattaforma logistica, con 10 addetti dedicati, la crescita esponenziale delle operazioni dedicate alla contabilizzazione dei consumi energetici per le accise (dichiarazioni per ambiti), la presenza fissa di un operatore alla Wartsila, la riapertura (da tre anni) del varco al punto franco nuovo, la fortissima crescita dei flussi crocieristici, con 4 ormeggi settimanali nel 2022, di fatto quadruplicati rispetto alla media degli anni precedenti, l'avvio dell'attività di Bat al Punto Franco e in generale il progressivo trend di espansione di tutte le attività portuali;
il 15 maggio 2023 i sindacati, in stato di agitazione da novembre 2022 per sollecitare un programma strutturale di rafforzamento del personale, hanno indetto una giornata di sciopero e convocato un presidio dei lavoratori a sostegno di una richiesta d'incontro formalmente inviata al Prefetto, per sollecitare nuove assunzioni, che consentano un alleggerimento dei carichi di lavoro, divenuti insostenibili;
le Rsu aziendali e le segreterie territoriali dei sindacati di categoria Fp Cgil, Cisl Fp, Confsal Unsa, Flp, Usb e Confintesa hanno segnalato che l'intenzione è quella di «Richiamare l'attenzione non solo del proprio datore di lavoro, ma di tutti gli enti, le istituzioni e le realtà collegate alle attività dell'ufficio Dogane di Trieste, auspicando il loro coinvolgimento nel rimarcare l'esigenza, non più procrastinabile, di interventi mirati sugli organici per assicurare la regolare operatività dell'Ufficio Dogane» (cfr. articolo di FriuliSera 13 maggio 2023);
i sindacati sottolineano l'esigenza di intervenire sugli organici, «procedendo a interventi mirati, aventi se necessario anche carattere straordinario, per colmare in modo stabile le carenze di personale e assicurare l'adeguata fornitura di un servizio essenziale per le prospettive di sviluppo della città e per un efficace funzionamento della rete logistica regionale, nazionale ed europea»;
in particolare i sindacati chiedono «una procedura concorsuale regionalizzata in modo che chi viene selezionato vada a colmare i vuoti di organico del Fvg» come spiegato dalla referente centralizzate di Trieste Luigi Marciano (cfr. Il Piccolo 15 maggio 2023) –:
se il Ministro interrogato, sicuramente a conoscenza della grave situazione di sottorganico nazionale e delle singole criticità locali, abbia in essere iniziative intese a permettere che le Dogane accompagnino lo sviluppo delle attività portuali e crocieristiche e in genere la vigilanza cui sono preposte;
se il Ministro interrogato intenda promuovere un programma strutturale di rafforzamento del personale, superando le difficoltà assunzionali che si sono manifestate in occasione dell'ultimo concorso, riportando l'Agenzia alla piena e necessaria operatività, valutando la possibilità di procedure concorsuali regionalizzate.
(4-01002)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata:
CALDERONE, PITTALIS e PATRIARCA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da un articolo de Il Corriere della Sera del 15 maggio 2023 si apprende che il Ministero della giustizia starebbe lavorando a una serie di riforme nella materia penale e processual-penalistica che dovrebbero essere varate entro il mese di giugno 2023;
nello specifico dell'ambito processual-penalistico le riforme annunziate ribadiscono l'impianto garantista più volte affermato dal Ministro interrogato e di salvaguardia del fondamentale principio di riservatezza del cittadino indagato (articolo 15 della Costituzione);
strettamente connesso a tali istanze, si segnala il tema della pubblicazione degli atti d'indagine, vietata sia per quelli coperti dal segreto istruttorio, sia per quelli non più coperti da tale segreto, ma non «pubblici», a mente dell'articolo 114, comma 2, del codice di procedura penale che reca: «È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, fatta eccezione per l'ordinanza indicata dall'articolo 292»;
la pubblicazione di atti di indagine, a prescindere dal venir meno del segreto istruttorio, mina alle radici il principio di riservatezza di cui all'articolo 15 della Costituzione;
si assiste quotidianamente alla violazione del disposto dell'articolo 114, comma 2, del codice di procedura penale tramite la pubblicazione da parte dei diversi media di atti che non potrebbero essere pubblicati e simili pubblicazioni costituiscono un'intollerabile compressione dei diritti dei cittadini indagati;
è da considerare, altresì, l'esigenza di salvaguardare il diritto, di pari rango costituzionale, di cronaca –:
se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di rendere effettivo il precetto di cui all'articolo 114, comma 2, del codice di procedura penale.
(3-00409)
MAGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in una precedente interpellanza urgente n. 2-00094 rivolta alla Presidenza del Consiglio dei ministri, l'interrogante chiedeva informazioni circa l'operatività della piattaforma per la raccolta digitale delle firme degli elettori necessarie per i referendum previsti dagli articoli 75 e 138 della Costituzione, nonché per i progetti di legge di iniziativa popolare di cui all'articolo 71, secondo comma, della Costituzione, istituita dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023);
come ricostruito dall'interrogante nella citata interpellanza urgente, l'articolo 1, comma 343, della medesima legge impegnava la Presidenza del Consiglio dei ministri entro il 31 dicembre 2021 ad assicurare l'entrata in funzione della piattaforma, nonché ad emanare un proprio decreto che definisse le caratteristiche tecniche, i requisiti di sicurezza e le modalità di funzionamento della stessa, scadenza che risultava superata da circa quattordici mesi;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato infine emanato il 9 settembre 2022 e poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 novembre 2022, nel quale sono state illustrate caratteristiche e modalità di funzionamento della piattaforma. Lo stesso decreto ha affidato al Ministero della giustizia e, in particolare, alla Corte di cassazione un ruolo operativo nel funzionamento della stessa;
la Sottosegretaria di Stato all'interno, onorevole Wanda Ferro, delegata a rispondere alla citata interpellanza urgente, ha informato che la piattaforma in oggetto era stata realizzata in una sua prima versione nel 2021 dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con il supporto del Dipartimento per la trasformazione digitale, completando, inoltre, le attività di test;
la Sottosegretaria di Stato Ferro, inoltre, in riferimento alle previsioni sulla piena operatività della piattaforma, ha comunicato che «la Presidenza del Consiglio dei ministri, da tempo, ha avviato le necessarie interlocuzioni con il Ministero della giustizia, finalizzate a definire una collaborazione tesa a far sì che sia quest'ultimo a prendere in carico la gestione», nonché, in riferimento ai tempi richiesti per il rilascio, che gli adeguamenti tecnologici necessari richiedono circa 4-5 mesi, attribuendo la responsabilità allo stesso Ministero della giustizia –:
quali siano gli adeguamenti tecnologici necessari per contenere i tempi che hanno già provocato un intollerabile ritardo nella piena operatività della piattaforma, come previsto dalla legge, per non pregiudicare ulteriormente il diritto costituzionale della raccolta delle firme per i referendum nei prossimi mesi, circostanza che avrebbe a parere dell'interrogante il «sapore» del boicottaggio degli strumenti di democrazia diretta.
(3-00410)
LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'amministrazione della giustizia in Italia sconta da decenni ritardi e tempi superiori alla media europea, sia nella durata dei procedimenti sia nello smaltimento dell'arretrato;
una raccomandazione della Commissione europea dell'8 dicembre del 2022 ha ribadito la necessità di ricorrere alla carcerazione preventiva solo in casi eccezionali: «Gli Stati membri dovrebbero imporre la custodia cautelare solo se strettamente necessario e come misura di ultima istanza, tenendo in debita considerazione le circostanze specifiche di ogni singolo caso. A tal fine, ove possibile, gli Stati membri dovrebbero applicare misure alternative»;
il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede l'introduzione di riforme della giustizia civile, penale, tributaria e dell'insolvenza, nonché investimenti per l'assunzione di personale dei tribunali e la digitalizzazione del sistema giudiziario;
secondo i dati del Ministero della giustizia, nel corso dell'anno 2021 sono state emesse 32.805 misure di custodia cautelare in carcere;
in occasione dell'inaugurazione della terza sede della scuola superiore di magistratura a Castel Capuano, avvenuta il 15 maggio 2023, il Ministro interrogato si è espresso in merito alla presentazione delle prime misure di riforma anticipate in parte nei mesi scorsi: «Un primo pacchetto di provvedimenti – improntati a garantismo e pragmatismo – è pronto per essere sottoposto al Consiglio dei Ministri e poi al dibattito parlamentare» –:
quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per favorire un processo di riforma della giustizia che riduca la durata dei procedimenti e contrasti il ricorso eccessivo alla carcerazione preventiva.
(3-00411)
FOTI, MESSINA, GARDINI, ANTONIOZZI, RUSPANDINI, VARCHI, MASCHIO, BUONGUERRIERI, DONDI, PALOMBI, PELLICINI, POLO, PULCIANI e VINCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
tra i disegni di legge collegati alla manovra di bilancio indicati nel Documento di economia e finanzia c'è quello inerente alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie e, dunque, alla riforma dell'intervento sulla geografia giudiziaria del 2012;
con la riforma del 2012 erano state soppresse 31 sedi di tribunale e 220 sezioni distaccate di tribunale, in un'ottica di presunta razionalizzazione delle risorse;
il risultato primario di quell'intervento legislativo, che ha privato interi territori di fondamentali presidi di legalità, non è stato l'efficientamento previsto della spesa, ma la generazione di significativi squilibri nell'ambito dell'erogazione uniforme della giustizia per intere aree della penisola;
inoltre, l'accorpamento dei tribunali minori a quelli siti nei capoluoghi di provincia ha determinato un sovraccarico di lavoro per questi ultimi, sia dal punto di vista del personale amministrativo che per quello di magistratura, il che ha a sua volta generato anche notevoli ritardi nella definizione dei procedimenti;
la riforma del 2012 non ha tenuto conto delle specificità delle realtà territoriali, sotto diversi aspetti come:
a) la presenza di un sistema infrastrutturale che consentisse ai cittadini di raggiungere gli unici presidi giudiziari rimasti operativi – basti pensare alla soppressione degli uffici giudiziari insulari (o a quelli posti in aree montane), che comporta la necessità per gli abitanti di spostarsi sulla terraferma, con un dispiego economico e temporale non irrilevante;
b) la presenza della criminalità organizzata in alcune zone, soprattutto del Sud Italia, e il rischio di infiltrazioni mafiose nei territori contigui;
c) le specificità dell'apparato produttivo e industriale locale, la vocazione produttiva dei territori e i rischi connessi alla criminalità economica;
è necessario un importante intervento normativo che inverta la rotta nella geografia giudiziaria, archiviando la stagione delle soppressioni e delle riduzioni degli uffici giudiziari per ridare ai cittadini una vera ed efficace giustizia di prossimità –:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla riforma della geografia giudiziaria.
(3-00412)
Interrogazione a risposta orale:
DI BIASE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
gli organi di stampa hanno dato notizia il 10 maggio 2023 del decesso di due detenuti presso il carcere di Augusta, in Sicilia, morti a distanza di quindici giorni l'uno dall'altro;
i due detenuti sono deceduti in ospedale, ridotti in condizioni disperate dopo uno sciopero della fame sostenuto da entrambi, il primo di 60 giorni e l'altro di 41 giorni, come appreso a seguito delle denunce dei sindacati di polizia penitenziaria e del Garante nazionale delle persone detenute e private della libertà, Mauro Palma;
un terzo detenuto, sempre presso la stessa struttura circondariale, avrebbe invece tentato il suicidio, sempre come si apprende dagli organi di informazione;
in particolare, il Garante dei detenuti ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica «sulla necessità della completa informazione che deve fluire dagli Istituti penitenziari all'amministrazione regionale e centrale affinché le situazioni problematiche possano essere affrontate con l'assoluta attenzione che richiedono. Sembra ci sia una sorta di timore verso l'opinione pubblica. E invece serve sapere», perché affrontare certe questioni può aiutare a prevenire gli esiti più tragici;
un recente rapporto dell'associazione Antigone, che da sempre si occupa della condizione dei detenuti, evidenzia come l'Italia sia tra i Paesi europei con il tasso più basso di suicidi tra la popolazione ed abbia invece numeri in controtendenza tra la popolazione carceraria: solo nel 2023 si sono già registrati 21 casi di suicidi in carcere e 85 nel corso del 2022;
i penitenziari italiani registrano una situazione di sovraffollamento che ha comportato diverse condanne per il nostro Paese da parte della Corte Edu di Strasburgo. Infatti, su 51.261 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 56.605, con una percentuale di sovraffollamento del 110 per cento, numeri allarmanti e che fanno dell'Italia uno dei Paesi con gli istituti penitenziari più affollati dell'Unione europea;
anche a fronte del dramma registrato e riportato dall'interrogante risulta del tutto evidente la criticità che riguarda la casa circondariale di Augusta –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti ed in particolar modo di quanto avvenuto presso il carcere di Augusta, in maniera tale da ricostruire, per quanto di competenza, tutta la vicenda che ha portato al decesso dei due detenuti, e quali iniziative intenda intraprendere affinché siano garantite ai detenuti presso l'istituto penitenziario di Augusta condizioni di vite massimamente dignitose e sicure, conformemente al dettato costituzionale.
(3-00413)
Interrogazione a risposta in Commissione:
GIULIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la provincia di Foggia, come anche il Ministro Piantedosi ha constatato e dichiarato nella sua recente visita nel capoluogo, è funestata dalla presenza di una criminalità organizzata violenta e pervasiva, riconosciuta come emergenza nazionale; ne sono prova lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei comuni di Monte Sant'Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia e, da ultimo, del comune di Foggia, nonché i plurimi attentati dinamitardi e gli omicidi di stampo mafioso che stanno insanguinando il territorio foggiano;
il deputato ed ex procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho, quando era in carica, ha più volte affermato che la «Mafia Foggiana» è divenuta il primo nemico dello Stato;
ugualmente il dottor Rossi, appena è stato nominato a capo della direzione distrettuale antimafia di Bari, ha dichiarato che la mafia foggiana è in cima all'elenco delle emergenze;
il perpetrarsi di episodi gravissimi, nonostante l'incessante lavoro di magistratura e forze di polizia, impone di intervenire urgentemente con strumenti di contrasto alla criminalità organizzata più incisivi;
la provincia di Foggia, tra le più vaste d'Italia, non ha la Corte d'appello; infatti, la direzione distrettuale antimafia è attualmente sita a Bari, città che dista circa 150 chilometri da Foggia e più di tre ore di auto dal Gargano;
i pubblici ministeri baresi addetti al territorio foggiano sono costituiti in un pool, che, se fosse fisicamente presente presso il palazzo di giustizia di Foggia, anche come ufficio distaccato della direzione distrettuale antimafia di Bari, lavorerebbe ancor più proficuamente;
vi sono state nella XVIII legislatura proposte di legge del Movimento 5 Stelle per l'istituzione a Foggia della sezione distaccata della Corte d'appello e della direzione distrettuale antimafia di Bari, per la riattivazione di presìdi giudiziari in provincia, nonché per un finanziamento per la realizzazione della cittadella giudiziaria di Foggia –:
considerata l'emergenza nazionale della criminalità organizzata foggiana, se il Ministro interrogato stia provvedendo ad adottare le iniziative di competenza per accelerare e rendere effettiva la istituzione dell'ufficio/sede distaccata della direzione distrettuale antimafia di Bari a Foggia, già prevista dalla Ministra Cartabia con la sottoscrizione dell'accordo del 2022 tra l'Università di Foggia, la regione Puglia ed il Ministero della giustizia, a seguito del lavoro svolto in tal senso dall'interrogante e dall'ex Sottosegretario di Stato al Ministero della giustizia, Onorevole Anna Macina, nonché la riattivazione di alcuni uffici giudiziari soppressi, al fine di garantire ai cittadini della Capitanata una pronta ed efficace risposta di giustizia.
(5-00872)
Interrogazioni a risposta scritta:
ASCARI e AMATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
si apprende da organi di stampa (La Stampa del 1° maggio 2023) della grave situazione in cui versa il tribunale di Spoleto a causa soprattutto della carenza di organico che ne compromette il regolare funzionamento;
secondo il quotidiano torinese, a seguito della revisione della geografia giudiziaria, il tribunale di Spoleto «assorbì le competenze di Todi e Foligno. Da 80 mila a 217 mila cittadini serviti. Peccato che contestualmente non abbiano adeguato le piante organiche, però. Chi lavorava a Todi e Foligno fu spostato a Perugia»;
«Su 19 assistenti previsti in pianta organica, ce ne sono 8 in servizio. Su 7 ausiliari previsti, sono appena in due» e secondo la testimonianza di un Pubblico ministero raccolta dal quotidiano: «Nel vecchio ufficio, ognuno di noi aveva una piccola squadra a disposizione. Qui facciamo noi magistrati il loro lavoro, per dare una mano» (La Stampa del 1° maggio 2023);
mancano i cancellieri e secondo Felicia Russo, che coordina l'area giustizia per la Cgil, «È tutto clamorosamente fermo. Le assunzioni dei nuovi cancellieri e direttori sono ancora bloccate. Ci dicono che si è in attesa di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri della Funzione pubblica» e così si accumulano ritardi nel trasferimento dei fascicoli dal primo grado all'Appello perché «mancano le braccia»;
secondo il presidente dell'Ordine degli avvocati di Spoleto avvocato Pietro Morichelli «Per di più a fronte di una pianta organica sbagliata in partenza, sono subentrati gravissimi vuoti tra il personale amministrativo. Per molti anni chi è andato in pensione non è stato sostituito» e così aumenta l'arretrato del tribunale mettendo in seria difficoltà la cittadinanza, le imprese, l'avvocatura e la magistratura;
il Tribunale di Spoleto svolge un ruolo indispensabile e un servizio essenziale alla cittadinanza dell'intera area, in considerazione del suo posizionamento nel centro della regione, della superficie e del numero dei cittadini e delle imprese rientranti nella giurisdizione-competenza del tribunale –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di potenziare e adeguare gli organici presso il tribunale di Spoleto in modo da garantire le esigenze di giustizia dei cittadini e delle imprese, abbattere l'arretrato e migliorare l'efficienza operativa della struttura giudiziaria spoletina.
(4-01004)
VIETRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
i dibattiti che si generano attorno alle criticità del sistema giustizia e, in particolare, degli uffici giudiziari non riguardano solo gli addetti ai lavori, ma anche i comuni cittadini, posto che quando si parla di Tribunale non si può prescindere dal ricordare che esso costituisce un presidio di legalità per l'intero territorio e come tale va attenzionato;
preoccupante è la situazione in cui versa il Tribunale di Vallo della Lucania, punto di riferimento per la maggior parte del territorio cilentano e in particolare la Sezione Specializzata Lavoro, presso cui opererebbe un solo magistrato;
i tempi per la definizione dei procedimenti – anche a carattere monitorio – sono lunghi, non essendo infrequente che tra il deposito di un ricorso per ingiunzione e l'emissione del decreto trascorrano anche undici mesi, a cui devono i termini aggiuntivi per ottenere la declaratoria di esecutività definitiva per non interposta opposizione, che possono arrivare ad ulteriori due mesi: per ottenere un'ingiunzione definitiva, quindi, anche in assenza di opposizione da parte del debitore, è necessario attendere più di un anno;
alla data del 27 aprile 2023, risulterebbero emessi per il tutto il 2023 solo 39 ingiunzioni di pagamento, di cui l'ultima risulterebbe al 26 aprile 2023 con riferimento a un procedimento attivato ad agosto 2022, mentre i precedenti provvedimenti emessi ad aprile 2023 riguardano tutti procedimenti avviati tra maggio ed agosto 2022;
tale situazione lede in primis le necessità di tutela e la dignità dei lavoratori, parte debole del rapporto e la cui protezione è necessaria specie in un momento di crisi economica come l'attuale, ma rischia di esporre lo Stato italiano a possibili condanne da parte della Corte europea dei Diritti dell'Uomo per ingiusta durata del processo monitorio –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per potenziare il livello di funzionamento del servizio giustizia nel plesso giudiziario e nella Sezione specializzata del Tribunale di Vallo della Lucania;
se non ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a modificare l'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, in materia di diritto all'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, prevedendo un termine ragionevole anche per i giudizi monitori.
(4-01005)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:
MACCANTI, BARABOTTI, DARA, FURGIUELE, MARCHETTI e PRETTO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 178, operante dal 2011, è stato istituito il Registro delle opposizioni presso il Ministero dello sviluppo economico che, all'epoca, si riferiva esclusivamente alle numerazioni telefoniche inserite nei pubblici elenchi;
la legge 11 gennaio 2018, n. 5, ha previsto nuove norme per l'iscrizione degli utenti nel Registro delle opposizioni e per il suo funzionamento intendendo rafforzare la tutela degli utenti dalle chiamate indesiderate a scopo di promozione commerciale;
con decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 2018, n. 149, in vigore dal 3 febbraio 2019, sono state introdotte modifiche al decreto del Presidente della Repubblica istitutivo del Registro delle opposizioni estendendo la disciplina anche alle comunicazioni commerciali inviate col mezzo postale;
con decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 2022, n. 26, si è estesa la disciplina di salvaguardia di cittadini anche con riferimento alle utenze di telefonia mobile;
il Registro pubblico delle opposizioni, che si riferisce ora a tutti i numeri telefonici nazionali, fissi e cellulari, consente al cittadino di opporsi alle chiamate di telemarketing indesiderato;
la violazione del diritto di opposizione dei contraenti telefonici, o la mancata osservanza del Registro da parte degli operatori di telemarketing, è disciplinata dal decreto legislativo n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e dal GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), prevedendo l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie fino a 20 milioni di euro o, per le imprese, fino al 4 per cento del fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente, qualora maggiore;
a quanto consta all'interrogante, sono molti i cittadini che nonostante l'iscrizione al registro lamentano ancora di essere raggiunti da operatori di telemarketing spesso riconducibili all'operatore telefonico Tim;
tale illegittima pratica affievolisce la tutela degli utenti e l'adeguata applicazione della volontà del legislatore;
quali siano i risultati ottenuti ad un anno dall'entrata in vigore dalla nuova disciplina e quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di accordare una più efficace tutela ai cittadini dal fenomeno di telemarketing aggressivo.
(5-00845)
PASTORELLA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 3 comma 1 del Regolamento «Open Internet» (Regolamento UE 2015/2120) stabilisce che «gli utenti finali hanno il diritto di (...) utilizzare apparecchiature terminali di loro scelta, indipendentemente dalla sede dell'utente finale o del fornitore o dalla localizzazione, dall'origine o dalla destinazione delle informazioni, dei contenuti, delle applicazioni o del servizio, tramite il servizio di accesso a Internet»;
la delibera AGCOM 348/18/CONS, in linea con il principio del «punto passivo terminale di rete», prevede che «nell'ambito delle apparecchiature terminali (...) ricadono tutti gli apparati per l'accesso ad Internet installati presso la sede dell'utente che siano alimentati elettricamente», con il conseguente riconoscimento della libera scelta per tutti gli apparati in sede utente a valle della presa a muro;
tuttavia, nel luglio 2019 AGCOM ha concesso una parziale deroga alla suddetta delibera che, sulla base delle «condizioni di scenario tecnologico e di mercato attuale» allora riscontrate, deroga il principio di libertà di scelta per gli apparati terminali da parte dell'utente per quanto riguarda le linee di connessione FTTH-PON;
ad oggi non pare sussistere alcuna «obiettiva necessità tecnologica», così come prevista dalle linee guida del BEREC (inter alia, BoR (20) 46), idonea a giustificare tale persistente limitazione della libertà di scelta degli apparati terminali per le linee FTTH;
significativo, in tal senso, è che in altri paesi europei, come Paesi Bassi e Germania, la libera scelta degli apparati sia invece pienamente riconosciuta, anche per servizi FTTH-PON;
la diffusione della fibra ottica FTTH-PON cresce a ritmi accelerati, anche grazie agli investimenti diretti all'obiettivo del PNRR di raggiungere la piena copertura del territorio in banda ultralarga ad almeno 1 Gbps entro il 2026;
di conseguenza, in assenza di interventi correttivi, parte dei cittadini e delle imprese italiane vedrà limitata la propria libertà di scelta e di controllo sulla propria rete privata;
al contempo, le limitazioni all'interoperabilità tra gli apparati FTTH danneggiano la concorrenza sul mercato dei servizi di accesso ad Internet in banda ultralarga, sui mercati delle apparecchiature terminali e dei servizi di rete privata, oltre a pregiudicare la resilienza delle reti nazionali in fibra ottica –:
se sia a conoscenza di questa limitazione e quali iniziative, in particolare di carattere normativo, intenda adottare per definire in via generale il principio del «punto passivo terminale di rete», al fine di assicurare una più ampia attuazione della libera scelta dell'utente su tutti gli apparati attivi presso il proprio domicilio, indipendentemente dalla natura della linea di connessione.
(5-00846)
GHIRRA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2022 recante «Modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 2022 – Riconoscimento degli incentivi per l'acquisto di veicoli non inquinanti», ha previsto per il 2022 il riconoscimento per gli utenti domestici di un contributo pari all'80 per cento del prezzo di acquisto e posa in opera per la ricarica dei veicoli elettrici, nel limite massimo di 1.500 euro per persona richiedente. Nel caso di posa nelle parti comuni di edifici condominiali il limite di spesa riconosciuto è di 8.000 euro;
lo sconto dell'80 per cento era reso applicabile sugli acquisti effettuati dal 4 ottobre al 31 dicembre 2022 di infrastrutture di potenza standard (ovvero sotto ai 22 kilowattora);
il comma 2 della medesima disposizione prevede che, con decreto direttoriale del Ministero dello sviluppo economico, debbano essere individuate le disposizioni procedurali per l'erogazione dei benefici di cui al succitato decreto;
ad oggi, risulta all'interrogante che non sia ancora stato emanato il decreto attuativo, e il Ministero delle imprese e del made in Italy non vi abbia ancora provveduto, con la conseguenza che la disposizione non ha mai avuto concreta attuazione e il contributo non è mai stato erogato;
in seguito, l'articolo 12 del decreto-legge 29 dicembre del 2022 n. 198 ha esteso il beneficio alle annualità 2023 e 2024;
conseguentemente le risorse assegnate dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 2022 per gli anni 2023 e 2024 alla concessione di incentivi per l'acquisto di nuovi veicoli, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a) del citato decreto, sono ridotte di 40 milioni per ciascuna delle annualità 2023 e 2024 per essere destinate alla misura di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f-bis) del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
ritiene l'interrogante, anche in considerazione dell'importanza di incentivare l'acquisto e l'utilizzo di mezzi elettrici in luogo di quelli alimentati in modo tradizionale con carburanti inquinanti, che sussista la necessità di emanare con urgenza la normativa attuativa, che permetterebbe agli utenti interessati di presentare le domande e ottenere il beneficio –:
quali siano le ragioni del ritardo e se non si ritenga urgente avviare quanto prima, al fine di accelerare e sostenere realmente la mobilità sostenibile nel nostro Paese, l'iter necessario per l'adozione del decreto ministeriale attuativo del beneficio di cui in premessa.
(5-00847)
MORASSUT e TONI RICCIARDI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
il Comitato autotutela ambientale di Acquappesa e il Wwf Calabria Citra area tirrenica da svariato tempo sollecitano, con varie iniziative, una risposta pubblica circa le azioni concrete che si intendono attuare per garantire ai cittadini di Acquappesa la tutela della salute pubblica e l'applicazione del principio di precauzione;
la questione riguarda l'installazione della stazione radio mobile della Wind 3 molto vicino sia al centro abitato che ad un istituto scolastico comprensivo da cui dista meno di 50 metri. Proprio quest'ultimo tema strettamente legato alla fragilità dei bambini nell'esposizione dei campi elettromagnetici ha indotto il gruppo ad organizzare un convegno a cui hanno partecipato medici esperti nella materia;
in tale occasione i medici dell'associazione Isde International Medici per l'Ambiente hanno sottolineato come i campi elettromagnetici interferiscono con l'attività cellulare degli esseri umani creando alterazioni delle stesse e dando luogo a malattie. Inoltre hanno ribadito che i bambini e le persone «fragili» sono maggiormente esposte a questi rischi;
come afferma l'Oms, il 24 per cento delle persone si ammala per esposizione ambientale. Pertanto è indispensabile la prevenzione primaria ed agire sui determinanti ambientali, tra i quali l'elettrosmog;
l'amministrazione comunale ha concesso alla società di telefonia Wind l'area di proprietà comunale denominata «Ex Mercatale», con un contratto di locazione di 12 anni dietro corrispettivo di 10.000 euro annui, affermando che l'infrastruttura è in possesso di tutti i permessi necessari, ma senza aver comunicato mai niente ai cittadini che hanno saputo della decisione solo a cose fatte –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione esposta in premessa e se, per quanto di competenza, ritenga che in tale situazione trovi piena applicazione il principio di precauzione e prevenzione primaria in relazione all'esposizione a campi elettrici e magnetici (cem) prodotti da apparati di radiofrequenza, favorendo, per quanto di competenza, l'individuazione di una soluzione che possa superare le controversie in atto.
(5-00848)
IARIA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
è evidente l'importanza strategica dell'idrogeno come fonte di energia pulita per il settore dei trasporti;
in relazione all'articolo recentemente pubblicato su Affari e Finanza di Repubblica, riguardante un presunto flop sull'idrogeno da trazione su strada, appare dunque indispensabile un chiarimento sullo stato di avanzamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in relazione a tale tematica –:
in che modo il Ministro interrogato collabori con gli attori industriali, le università e le istituzioni di ricerca per sostenere lo sviluppo e l'implementazione dell'idrogeno nel settore dei trasporti.
(5-00849)
CANGIANO e RAIMONDO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
stando ai numeri dell'Osservatorio trimestrale dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) n. 1 del 2023, nel periodo dicembre 2021 – dicembre 2022, i cambi di operatore telefonico sarebbero stati 8,6 milioni. Le percentuali di uscite ed entrate, per WindTre, sono state rispettivamente del 25,7 per cento e del 19 per cento, per Vodafone del 24,1 per cento e del 18,6 per cento per Tim del 17,8 per cento e del 15,8 per cento per Iliad dell'8,7 per cento e del 17 per cento per gli MVNO (operatori virtuali) del 23,7 per cento e del 29,6 per cento;
con la delibera AGCOM 86/21/CIR, entrata in vigore il 15 novembre 2022, sono state apportate modifiche e integrazioni della procedura di portabilità del numero mobile (MNP), di cui alla delibera n. 147/11/CIR, e connesse misure finalizzate ad aumentare la sicurezza nei casi di sostituzione della SIM (SIM swap);
ferme restando le misure introdotte per prevenire fenomeni di frode (quali ad esempio l'obbligo di verificare che il richiedente MNP sia in possesso della SIM Attiva, ed altre misure quali la necessità di presentare la denuncia alle autorità competenti in caso di smarrimento o furto), le nuove misure prevedono che la portabilità del numero mobile verso un nuovo operatore, contrariamente a quanto avvenuto fino ad oggi, possa essere richiesta esclusivamente dall'intestatario del numero da portare, ossia da chi ha sottoscritto il contratto con il vecchio operatore. Fino ad oggi, la richiesta di MNP poteva essere effettuata anche dal reale utilizzatore della SIM, ovvero il soggetto che ne è il legittimo possessore, previa nuova procedura di identificazione ai sensi della legge Pisanu da parte del nuovo operatore. Oggi, invece, se l'utilizzatore di una SIM, che non è l'originario soggetto intestatario della SIM titolare vuole effettuare la portabilità, non può farlo in quanto deve prima richiedere il cambio di intestatario (cosiddetto subentro) al suo attuale operatore sostenendone in molti casi costi addizionali. I «reali utilizzatori» ad oggi rappresentano fino al 20-30 per cento del totale mercato delle SIM prepagate;
come riportato da fonti stampa, si stima che nelle prime due settimane di applicazione delle nuove regole, in tutto il mercato si sarebbero bloccate circa 100.000 portabilità, equivalenti a più di 2,5 milioni di richieste MNP bloccate in un anno;
nei mesi scorsi, anche l'Unione Nazionale Consumatori ha deciso di presentare un esposto all'Antitrust e all'AGCOM in relazione a numerose segnalazioni di consumatori che lamentano difficoltà o impossibilità in alcuni casi a effettuare la portabilità del numero di telefono mobile, con anche ripercussioni negative sui consumatori legate a doppie fatturazioni e costi aggiuntivi di subentro –:
se corrisponda al vero quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza si intenda adottare per porre rimedio a tale situazione.
(5-00850)
INTERNO
Interrogazioni a risposta immediata:
CATTOI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
ad aprile 2023 un runner trentino di 26 anni è stato aggredito mortalmente da un orso nei boschi di Caldes, in provincia di Trento, e solo un mese prima, il 5 marzo 2023, un uomo di 38 anni aveva subito un'aggressione da parte di un orso mentre passeggiava con il proprio cane in Val di Rabbi, a pochi chilometri da Caldes, rimanendo ferito alla testa e al braccio;
in particolare, sulle montagne del territorio alpino e prealpino da tempo oramai si sta assistendo ad un proliferare incontrollato di grandi carnivori, come lupi e orsi, che crea non poche difficoltà ai territori medesimi, mettendo a repentaglio l'incolumità di cittadini e turisti;
da tempo le regioni e, in particolare, la provincia di Trento chiedono la possibilità di intervenire con urgenza nei confronti dei grandi carnivori problematici, nell'ottica di predisporre un piano sicurezza;
in diversi Paesi del mondo, in aree con presenza di orsi, sono utilizzati i cosiddetti bear spray, proprio al fine di prevenire possibili rischi di attacco da parte degli animali e di escludere la necessità di utilizzare armi da sparo nel caso di tali aggressioni;
lo spray «anti-orso» è un prodotto a base di capsaicina, impiegato come strumento di autodifesa e/o di rinforzo negativo nei confronti dell'orso, indicato, peraltro, anche dalla Commissione europea nel report tecnico del 2015 in merito agli orientamenti e alle raccomandazioni specifiche per la gestione di tale mammifero tra le misure efficaci per prevenire o mitigare i conflitti uomo-orso e bloccarne il comportamento offensivo –:
se non ritenga necessario riconoscere al personale del Corpo forestale delle province autonome di Trento e Bolzano l'autorizzazione a portare strumenti di autodifesa da possibili aggressioni da parte di plantigradi durante l'attività istituzionale nelle zone montane, come per l'appunto, il cosiddetto spray anti-orso.
(3-00406)
RUFFINO, GADDA, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GRIPPO, MARATTIN e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il contrasto alla mafia, pur incardinato nell'attività investigativa e giudiziaria, costituisce un ciclo che non può definirsi completo ed efficace se non coronato da una concreta attività di restituzione dei beni oggetto di proprietà mafiosa al territorio, per il previsto riuso sociale degli stessi; è questo l'obiettivo della normativa italiana, che tuttavia si è stratificata nel tempo con cambiamenti frequenti e non sempre lineari;
come affermato il 5 maggio 2023 dalla Corte dei conti nella delibera n. 34/2023/G sulle funzioni svolte dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, i provvedimenti di sequestro o confisca dei beni della criminalità organizzata sono in continuo aumento e superano costantemente i provvedimenti di riutilizzo;
gli ostacoli maggiori nel destinare a nuovo uso i beni sequestrati alle mafie sono legati, oltre che alla lunghezza dei procedimenti, alla ridotta disponibilità finanziaria dei comuni e degli enti del terzo settore, che rende difficoltoso l'avvio dei progetti di reimpiego sociale delle strutture sottratte alle organizzazioni criminali, soprattutto nel caso di immobili in cattivo stato manutentivo o soggetti a spese di gestione;
inoltre, il volume delle informazioni raccolte sui beni sequestrati o confiscati non è ancora confluito in un sistema di dati affidabile, completo e pienamente consultabile; così la scarsa conoscenza dell'esistenza di beni confiscati e delle modalità di acquisizione ostacolano il riutilizzo sociale dei beni;
è sempre la Corte dei conti a chiedersi se – considerato che fra le difficoltà emerse quella che certamente incide maggiormente sui processi di destinazione dei beni è quella della disponibilità finanziaria dei comuni e degli enti del terzo settore, sovente carente ed invece indispensabile ad avviare i progetti di riutilizzo sociale delle strutture immobiliari – non occorra potenziare l'approccio recentemente adottato con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (250 milioni di euro, più 50 milioni di euro per la destinazione di almeno 200 interventi sui beni confiscati) con altre risorse pubbliche, anche europee, connotate da certezza e durata pluriennale –:
come intenda superare le criticità esistenti in materia di gestione e riutilizzo degli immobili sequestrati alla criminalità organizzata, anche tramite lo stanziamento di ulteriori e idonee risorse per la riqualificazione e rigenerazione dei beni a favore dei comuni e degli enti del terzo settore.
(3-00407)
BAKKALI, BONAFÈ, CUPERLO, FORNARO, MAURI, CASU, FERRARI, GHIO e FORATTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da notizie a mezzo stampa si è appreso che da diversi mesi si sono registrate code interminabili e tempi lunghissimi – da due a sei mesi – per l'ottenimento del passaporto in diverse questure in varie parti d'Italia, da Milano a Genova, a Bergamo, a Napoli, in Toscana e in Sardegna solo per citare alcuni esempi;
nonostante le ripetute rassicurazioni offerte nei mesi scorsi dal Ministro interrogato e dalla Ministra del turismo Santanchè e il piano straordinario, con una task force dedicata al disbrigo delle pratiche, continuano le segnalazioni di disservizi da parte dei cittadini e il cosiddetto «caos passaporti» non è ancora stato superato, rischiando di aggravarsi ulteriormente in vista delle vacanze estive;
tale situazione non solo sta impedendo a migliaia di persone di ricevere il documento essenziale per potersi liberamente muovere per lavoro, salute o turismo o per i ricongiungimenti familiari, ma sta aggravando pesantemente anche la situazione di molte imprese addette al settore del turismo, che si sono viste recapitare disdette e mancate prenotazioni o rinvii a data da destinarsi da parte di viaggiatori impossibilitati a rinnovare in tempi congrui il proprio passaporto;
secondo alcune stime riportate sulla stampa i viaggi annullati a causa dei ritardi delle questure, e conseguentemente dei meccanismi di prenotazione, sarebbero stati finora più di 100 mila, corrispondenti a 180 milioni di euro di mancate vendite per il sistema italiano delle agenzie di viaggio, e rischiano di frenare seriamente la ripresa del settore dopo i due anni di pandemia;
tali ritardi sembrerebbero in buona parte imputabili alla carenza di personale e alla lentezza della macchina amministrativa e burocratica e continuano a protrarre i loro effetti, nonostante lo stesso Ministro interrogato abbia già avuto modo di richiamare in questo ramo del Parlamento le best practices messe in campo da alcune questure italiane o la re-ingegnerizzazione in atto dell'applicazione Agenda online, attraverso la quale si prenota l'appuntamento per il rilascio dei passaporti –:
quali iniziative urgenti intenda adottare per risolvere i gravi ritardi in atto sulla questione non più prorogabile del rinnovo dei passaporti, anche prevedendo iniziative straordinarie sia sotto il profilo del potenziamento del personale impiegato in tali rinnovi, sia sotto il profilo dell'implementazione delle tecnologie disponibili per semplificare e accelerare tutte le procedure necessarie.
(3-00408)
Interrogazione a risposta orale:
PATRIARCA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:
Palazzo Fienga è un'antica dimora sita nella città di Torre Annunziata. Come per quasi la totalità degli edifici gentilizi torresi nel dopoguerra, è stato lottizzato e suddiviso a terzi e poi è divenuto vittima della decadenza della forza economica e industriale locale;
negli anni '80 e '90 del secolo scorso il sito è diventato una vera e propria roccaforte del clan Gionta, con la chiusura di alcuni accessi per facilitare il controllo da parte delle sentinelle, affiancate da diverse tecnologie di sorveglianza per l'epoca piuttosto avanzate;
il sito web dell'Agenzia per la coesione territoriale riporta che il 20 luglio 2021 è stato siglato un accordo tra l'Agenzia stessa, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e l'Agenzia del demanio, per realizzare opere di adeguamento e ristrutturazione dell'edificio, al fine di trasformarlo in un presidio per la sicurezza pubblica a renderlo in parte fruibile alla collettività;
l'Accordo, che riguarda un'area di 12.000 metri quadri e 72 appartamenti, prevede la realizzazione di uffici e alloggi della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della Polizia giudiziaria, della Polizia metropolitana e della Polizia locale di Torre Annunziata, nonché spazi da destinare a parco pubblico e parcheggi;
un progetto considerato altamente simbolico dagli ultimi Governi ma anche dalle associazioni anticamorra, da ex prefetti e dai magistrati oplontini e «blindato» dal Viminale con frequenti dichiarazioni pubbliche, in particolare del Ministro del Governo Draghi Luciana Lamorgese;
la gestione del complesso è stata affidata a un commissario straordinario con un impegno economico stimato in circa 25 milioni di euro. Dalla data di stipula dell'Accordo non si registrano progressi sostanziali;
recentemente sono state sollevate perplessità sulla opportunità di tale progetto, in particolare da parte dei commissari straordinari che reggono il Comune, che hanno sollevato la questione dei costi ingenti, a fronte della ristrutturazione di un edificio che non ha alcun valore storico o architettonico. Sono inoltre espresse perplessità sul fatto che si concentrano tutte le forze dell'ordine in un'area ristretta;
l'idea proposta in sede redazione del piano urbanistico comunale (PUC) è quella di abbattere l'edificio, demolizione «che avrebbe una forza simbolica ancora maggiore del riutilizzo», per destinare l'area in chiave pubblica e turistica, stante la vicinanza del porto e degli Scavi di Oplonti –:
quali ulteriori informazioni siano in grado di fornire i Ministri interrogati sul progetto di riutilizzo di palazzo Fienga, sulle risorse o disponibili e sul cronoprogramma dei lavori eventualmente previsti;
quale posizione si esprima in merito all'osservazione relativa all'inopportunità di concentrare tutte le Forze dell'ordine in un unico edificio collocato in un'area facilmente isolabile e in una zona sensibile sotto il profilo della criminalità organizzata;
quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati in merito alla proposta, autorevolmente rappresentata, di procedere alla demolizione della struttura, con l'obiettivo di utilizzare gli spazi per finalità pubbliche e turistiche.
(3-00414)
Interrogazione a risposta scritta:
ALMICI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
dopo lo scandalo legato a un diffuso fenomeno di assenteismo tra i dipendenti, una vicenda giudiziaria torna a scuotere l'azienda per la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani della Capitale;
in particolare, secondo quanto emerso dalle indagini, condotte dagli uomini della Guardia di finanza e coordinate dai magistrati della procura capitolina, gli incaricati di pubblico servizio coinvolti si sarebbero appropriati tra il 2017 e il 2021 di 294 mila litri di carburante, sia prelevandolo direttamente dai serbatoi dei mezzi della municipalizzata, sia utilizzando indebitamente schede carburante in uso alla società per il rifornimento dei mezzi di servizio;
in base a quanto accertato dagli inquirenti, il gruppo aveva anche una struttura logistica, una associazione sportiva in zona Lunghezza, dove avvenivano gli incontri operativi tra i soggetti coinvolti, ognuno con un ruolo ben definito: c'era chi era addetto al furto della benzina e chi materialmente si occupava di travasarlo nelle taniche e trasportarlo in depositi di stoccaggio per poi essere venduto;
l'indagine ha portato all'arresto di sette persone accusate di attività criminale finalizzata al peculato e nel registro degli indagati sarebbero finite altre 26 persone, rea i quali anche un dirigente che avrebbe prelevato tramite la propria carta di credito quantità importanti di carburante; il Gip ha, inoltre, disposto il sequestro preventivo di beni per oltre 200 mila euro;
la vicenda, all'attenzione dell'autorità giudiziaria, preoccupa per il numero dei dipendenti coinvolti, 2.064 secondo la procura, e soprattutto per un sistema che, nonostante le significative dimensioni assunte, rimaneva incredibilmente sconosciuto agli organi apicali della società e del comune di Roma, suo socio unico;
al di là della rilevanza penale del caso, in merito al quale la magistratura avrà modo di accertare le singole responsabilità, un sistema criminale così imponente ha prodotto danni erariali consistenti, quantificabili non solo in termini di costo del bene sottratto, ma anche, e soprattutto, di servizio reso al cittadino;
sulla vicenda sta indagando anche la Corte dei conti, mentre i giudici inquirenti si starebbero soffermando sui mancati controlli da parte della municipalizzata, uno degli aspetti forse più delicati e che meriterebbe una riflessione da parte delle istituzioni, ovvero il tema della gestione, efficienza ed economicità delle società partecipate e, soprattutto, del controllo stringente cui dovrebbero essere sottoposte da parte dei comuni, in veste di soci maggioritari, se non, spesso, come in questo caso, di soci unici;
in particolare, a parere dell'interrogante, i comuni dovrebbero verificare periodicamente, con maggiore attenzione, le procedure interne di controllo e valutare scrupolosamente l'efficienza e l'economicità del servizio fornito –:
valutati i fatti di cui in premessa, se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo ritenga di dover assumere al fine di promuovere meccanismi virtuosi di controllo e monitoraggio delle società partecipate da parte dei relativi enti locali.
(4-01006)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VII Commissione:
MANZI, ORFINI, BERRUTO e ZINGARETTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
da quanto appreso presso la Commissione Cultura della Camera dei deputati, in risposta all'interrogazione 5-00755 presentata dal Gruppo Pd, il Ministro interrogato avrebbe avviato, dal mese di novembre 2022, un confronto con il Ministro dell'università, su una prima bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla formazione iniziale, di cui all'articolo 44, comma 4, della legge 29 giugno 2022, n. 79 che sarebbe stata sottoposta, inoltre, anche al vaglio della Commissione europea;
sembrerebbe, da notizie a mezzo stampa, che la Commissione europea abbia richiesto una maggiore coerenza dei percorsi formativi ed universitari di formazione iniziale con le professionalità richieste al docente;
il target attualmente previsto dal PNRR è quello dell'assunzione entro il 2024 di 70 mila docenti formati con le nuove regole, per quanto da notizie di stampa sembrerebbe che il Ministero sia intenzionato a chiedere uno spostamento in avanti di tale scadenza;
inoltre, sempre da notizie pubblicate dalla stampa di settore, i Ministeri competenti, in seguito anche ad un confronto avviato con la CRUI, starebbero prospettando la possibilità di ricorrere a un significativo innalzamento della modalità telematica di erogazione dei corsi di formazione;
altro aspetto, che richiederebbe un confronto, è quello relativo al costo di partecipazione al corso di formazione, che verrebbe interamente attribuito ai corsisti;
in fase di conversione del decreto-legge 30 aprile, n. 36, il gruppo Pd ha proposto di introdurre, relativamente al costo dei percorsi di abilitazione, una norma volta a sottoporre la contribuzione ai regime della no tax area, riprendendo un principio già previsto per i corsi di studio e come accadeva, anche, per il conseguimento dei 24 cfu;
con tale norma si potrebbe contenere l'eventuale impatto negativo sulla regolarità degli studi e quindi sui requisiti per ottenere le provvidenze del diritto allo studio –:
definiti i tempi certi fissati per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 44, comma 4, della legge 29 giugno 2022, n. 79, quali siano i tempi ed i contenuti del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in ordine, in particolare, ai costi dei percorsi formativi a carico dei partecipanti, alle modalità di erogazione dei percorsi e di selezione in accesso ai medesimi nel caso in cui le domande siano superiori al fabbisogno individuato dalle singole università, agli elementi individuati per garantire l'omogeneità dei percorsi a garanzia degli standard professionali previsti dalla norma.
(5-00840)
AMATO, CHERCHI, CASO e ORRICO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
in data 18 aprile 2023, il Comitato Nazionale della CDC A007 (discipline audiovisive e laboratorio) ha pubblicato un appello per informare l'opinione pubblica del mondo scuola sulla disparità di trattamento che la stessa classe di concorso sta vivendo alla luce anche degli ultimi risultati dei concorsi e delle immissioni in ruolo;
il suddetto insegnamento è previsto nei Licei Artistici ad indirizzo Audiovisivo e Multimediale, nei Professionali Nuovo Ordinamento ad indirizzo Servizi Culturali e dello Spettacolo e nei Tecnici ad indirizzo Grafica e Comunicazione;
nel pubblico appello evince che nei Licei Artistici ad indirizzo Audiovisivo e Multimediale si ritrovano solo docenti di A-10 di Discipline Grafiche, che non hanno nulla a che vedere con l'Audiovisivo, due mondi della comunicazione assolutamente differenti o da A-61 che hanno una natura tecnico-pratica e non teorica-grafico/progettuale;
secondo il decreto ministeriale n. 259 del 2017 e il decreto ministeriale n. 39 del 1998 (vecchio ordinamento) solo gli ex 7/A (ovvero più specificatamente ex 3/A, ex 3/D, ex 4/D, ex 10/D) che hanno conseguito il titolo accademico entro il 1° settembre 1991 – per l'insegnamento di Arte dell'animazione, Arte dello sviluppo e stampa del cartone, Arte della ripresa cinematografica e montaggio – possono insegnare Discipline Grafiche e anche Discipline Audiovisive e Multimediali, ma non gli attuali docenti di Discipline Grafiche di A-10;
sembrerebbe che nelle scuole si ritrovino docenti di A-10 (anche se hanno conseguito il titolo dopo il 1991), che non hanno i titoli accademici specifici e nemmeno l'abilitazione sulla classe di concorso di Discipline Audiovisive, contravvenendo alla legge e alla scrupolosa verifica dei titoli;
appare auspicabile dunque che il Ministero intervenga per far rispettare le linee guida dell'insegnamento delle Discipline Audiovisive e per non creare ulteriori discriminazioni e malintesi con i laureati di Scienze dello Spettacolo e Produzione Multimediale –:
se il Ministro non ritenga urgente adottare iniziative di competenza per rispondere all'accorato appello del Comitato nazionale di discipline audiovisive della classe d'insegnamento A-07 e quindi mettere fine alle discriminazioni che ormai da alcuni anni si perpetuano a danno di questa classe di concorso e tutelare il diritto al lavoro dei docenti interessati anche al fine di un generale beneficio rispetto alla qualità didattica e nel rispetto delle linee guida dell'insegnamento delle discipline audiovisive.
(5-00841)
CANGIANO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
uno dei temi che da anni caratterizza il sistema di istruzione del nostro Paese è quello dei cosiddetti docenti «ingabbiati», ovvero insegnanti assunti in ruolo che vorrebbero cambiare ruolo o grado di istruzione ma che sono impossibilitati a farlo a causa dell'assenza di un corso abilitante;
i docenti «ingabbiati» hanno infatti i titoli per poter accedere ad altra classe di concorso rispetto a quella di ruolo, ma non possono insegnarla senza conseguire l'abilitazione richiesta;
negli ultimi anni i docenti già di ruolo sono stati esclusi da ogni procedura per conseguire l'abilitazione in altra classe di concorso, fatta eccezione per un concorso straordinario regolarmente bandito ma che poi non ha mai avuto seguito;
anche il decreto-legge n. 36 del 2022, poi convertito nella legge n. 79 del 2022, in materia di reclutamento e formazione del personale docente, di fatto non considera la specificità della condizione di chi è già di ruolo e chiede di conseguire una ulteriore abilitazione, senza prove di accesso e senza requisiti specifici di servizio;
i docenti «ingabbiati» con sempre maggiore frequenza fanno riferimento all'articolo 36 del CCNL che consente loro di congelare il ruolo di appartenenza ed accedere comunque all'insegnamento su altra classe di concorso e su grado superiore di scuola, ma di fatto in regime di precariato;
detti docenti rivendicano il diritto a partecipare a corsi-concorso abilitanti riservati, che consentano loro di sanare un vulnus normativo lungo ormai 20 anni –:
quali iniziative intenda adottare, a breve termine, per non vedere vanificati anni di studio, di abnegazione e di sacrificio di migliaia di docenti come quelli individuati in premessa, che comunque contribuiscono a garantire il buon funzionamento del nostro sistema scolastico.
(5-00842)
BOSCHI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
le linee guida per l'orientamento adottate con il decreto ministeriale n. 328 del 22 dicembre 2022 prevedono la figura del docente tutor, che sarà retribuita per il solo anno scolastico 2023/2024 e solo per gli ultimi tre anni della scuola secondaria di secondo grado con le risorse di cui all'articolo 1, comma 561, della legge n. 197 del 2022;
il tutor per l'orientamento è solo una delle figure di questo tipo introdotte nella normativa da Governi e Parlamenti di diverso colore e orientamento politico, delineando una linea di scuola abbastanza uniforme in linea con gli obiettivi della Missione 4 del PNRR, ma sopratutto coerente con la necessità di mettere lo studente al centro dell'azione riformatrice;
le altre figure con finalità analoghe sono il tutor interno dei percorsi di alternanza, oggi (PCTO) previsto dal decreto legislativo n. 77 del 2005 e, per quel che riguarda gli istituti professionali, il tutor responsabile della personalizzazione del curricolo di cui al decreto legislativo n. 61 del 2017;
da ultimo, il cosiddetto «decreto lavoro», decreto-legge n. 48 del 2023, ha istituito una nuova figura, che dovrà coordinare la progettazione dei PCTO e ribadito la necessaria coerenza di detti percorsi con il piano triennale dell'offerta formativa di ogni singola scuola;
la maggior parte di queste figure, ma non tutte, prevedono una specifica retribuzione; in pochissimi casi è prevista anche una specifica formazione e ove non sono previsti finanziamento ad hoc la valorizzazione economica delle figure è demandata alla contrattazione di istituto, a vale sui fondi per il miglioramento dell'offerta formativa o altri fondi con analoga finalità;
per lo svolgimento della funzione loro affidata, le figure sopra richiamate devono tutte instaurare un rapporto di natura fiduciaria con le famiglie e con le studentesse e gli studenti loro affidati; sarebbe utile che per ciascuno studente e la sua famiglia ci fosse solo una figura di riferimento, al fine di conoscerne nel modo più approfondito possibile le caratteristiche, il percorso di studi, le aspirazioni e le debolezze –:
quali iniziative ritenga opportuno adottare per non moltiplicare le figure che svolgono a vario titolo funzioni di tutoraggio o analoghe al fine di raggiungere con maggiore efficacia gli obiettivi loro assegnati, garantirne una congrua retribuzione il più possibile uniforme e lo sviluppo professionale, consentire alle studentesse e dagli studenti di esse seguiti più attentamente perché venga sempre più garantito loro il successo formativo in una scuola veramente per tutti e per ciascuno.
(5-00843)
DALLA CHIESA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
da notizie stampa pubblicate nei giorni scorsi in merito all'utilizzo dei fondi PNRR, si apprende che tali fondi non permetteranno di raggiungere l'obiettivo di colmare i divari territoriali per quanto riguarda gli asili nido;
l'Italia risulta essere agli ultimi posti in Europa per numero di servizi educativi per la prima infanzia: i comuni privi di nidi sarebbero circa 3790, cioè il 46,1 per cento del totale e, secondo dati Istat, i bambini che frequentano gli asili sarebbero circa il 27 per cento;
gli asili nido mancano soprattutto in quelle zone dell'Italia che presentano i più alti tassi di dispersione scolastica e di povertà educativa nonostante frequentare il nido rappresenti, per un bambino, una grande opportunità e rivesta rilevante importanza in quanto aiuta lo sviluppo cognitivo e relazionale;
con gli obiettivi di Barcellona, l'Europa aveva fissato il traguardo di una copertura dei servizi educativi all'infanzia di almeno il 33 per cento. Lo scorso settembre 2022 la Commissione europea ha presentato una nuova proposta di strategia europea che contiene, tra l'altro, la raccomandazione ad una revisione degli obiettivi di Barcellona in materia di educazione e cura della prima infanzia indicando, quale obiettivo, il raggiungimento entro il 2030 di un numero di posti nei nidi di almeno il 50;
il PNRR ha stanziato ingenti risorse per il potenziamento degli asili nido ma risulta che i comuni non sarebbero in grado di utilizzarli entro la data di scadenza fissata dall'Europa al 30 giugno 2023;
problemi in merito all'assegnazione dei fondi sarebbero sorti sin dall'inizio della procedura, già nella fase di espressione di interesse da parte dei comuni a ricevere le risorse: a fine aprile risultavano avanzate richieste soltanto per 1,2 miliardi e, quel che più preoccupa, sarebbero proprio i comuni del Meridione quelli che avrebbero presentato meno domande;
la definizione degli interventi e la distribuzione delle risorse sarebbe avvenuta sulla base di quanto disposto in sede di definizione del PNRR, tenendo conto del vincolo della destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse ma non con una mappatura del fabbisogno a livello locale –:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, in quanto titolare delle linee di intervento sui nidi scolastici e per quanto di competenza, al fine di evitare che i fondi del PNRR destinati ai nidi possano andare perduti, tenendo conto delle reali necessità dei singoli comuni.
(5-00844)
Interrogazione a risposta in Commissione:
ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
il Ministero dell'istruzione e del merito attribuisce una carta nominativa a tutti gli studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado statali e paritarie, denominata «IoStudio – Carta dello Studente». La Carta consente di attestare lo status di studente e di accedere in modo agevolato al mondo della cultura e a una serie di servizi utili a chi studia. Il progetto è promosso dal Ministero, sotto l'Alto patronato del Presidente della Repubblica, su richiesta delle maggiori rappresentanze istituzionali e associative degli studenti e dei genitori;
IoStudio è diventato lo strumento di potenziamento del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale. Ha avviato il programma di ampliamento dei servizi collegati, lanciando nuove partnership, nuove offerte per gli studenti e nuove esperienze, destinate a sensibilizzare la comunità studentesca verso le tematiche del diritto allo studio collegato alla digitalizzazione;
secondo le segnalazioni riportate dagli operatori del settore, gli studenti beneficiari relativamente all'anno scolastico 2021-2022, in possesso dei requisiti previsti, non hanno ancora potuto effettuare la riscossione. Tale ritardo sta generando di fatto un disagio enorme per gli studenti in tutto il territorio nazionale ai quali, seppur in regola con i criteri di condizione economica, viene di fatto negato un diritto –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del numero effettivo degli studenti risultati idonei alla Carta IoStudio e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di reperire risorse adeguate a garantire il diritto allo studio a tutti gli aventi diritto.
(5-00873)
Interrogazione a risposta scritta:
FURFARO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:
l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità dovrebbe costituire un punto qualificante del nostro sistema scolastico che deve essere una comunità accogliente nella quale tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali e adattive, possano realizzare esperienze di crescita individuale e sociale;
sulla carta, varie sono le misure di accompagnamento per favorire l'integrazione: docenti di sostegno, finanziamento di progetti e attività per l'integrazione, iniziative di formazione del personale docente di sostegno e curriculare nonché del personale amministrativo, tecnico e ausiliare;
nella realtà sempre più spesso si sente parlare di ragazzi con disabilità, specialmente nelle scuole superiori, a cui viene rifiutata l'iscrizione nell'istituito che hanno scelto a causa del sovrannumero di studenti in ciascuna classe, della mancanza di insegnanti di sostegno, di spazi adeguati, di un adeguato trasporto scolastico e altro;
inoltre, vi è la prassi per la quale all'atto dell'iscrizione vi è quasi una «trattativa» con le famiglie per sapere se accettino che lo studente con disabilità faccia un PEI o se pretendano di perseguire un percorso scolastico per obiettivi minimi nonché la preferenza ad accettare ragazzi con disabilità riconosciuta ai sensi della legge 104 del 1992, articolo 1, e non quelli con disabilità grave ai sensi dell'articolo 3 comma 3 della stessa legge poiché le dotazioni professionali previste sono le stesse;
per l'anno scolastico 23/24 i termini del bando di adesione nella città di Roma scadono lunedì 15 maggio e numerosi sono i ragazzi che ancora non hanno trovato un istituto secondario pronto ad accogliere la loro iscrizione come i 4 ragazzi (E.M.; R.A.; L.F.; e R.P.) con disabilità riconosciuta ex legge 104 del 1992, articolo 3, comma 3, frequentanti l'ultimo anno della scuola media presso I.C. Via F.S. Nitti (Municipio XV) di Roma che con le loro famiglie e con l'aiuto dell'ufficio VI – ambito di Roma – dell'USR Lazio stanno cercando;
alcuni di questi ragazzi con disabilità vista l'impossibilità di proseguire i loro studi alle superiori sono costretti a permanere alle scuole «medie» in attesa di soluzioni diverse oppure ad iscriverli lontano da casa con tutti i problemi logistici che questo comporta o ancora a accettare scuole con indirizzi di studio diversi rispetto a quello scelto ed adatto a loro;
in particolare i licei classici, scientifici e linguistici sembrano non essere minimamente toccati dall'inclusione dei ragazzi con disabilità grave e sono rarissimi i casi di questi istituti che possano vantare esperienze di accoglimento di questi ragazzi che vengono tutti dirottati verso i tecnici e professionali: agrario e alberghiero in primis, che raggiungono proporzioni di iscritti con disabilità eccessive e non consone a garantire un giusto livello di inclusione;
in altre parole, l'offerta formativa per i ragazzi con disabilità intellettivo relazionale si riduce a pochi indirizzi scolastici diminuendo così in concreto il numero dei posti disponibili per proseguire la propria carriera scolastica –:
quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano adottare per risolvere la situazione di tutti quei ragazzi con disabilità che non riescono ad iscriversi alla scuola superiore al pari dei propri coetanei;
se siano a conoscenza della situazione dei quattro ragazzi (E.M.; R.A.; L.F.; e R.P.) con disabilità riconosciuta ex legge 104 del 1992, articolo 3, comma 3, frequentanti l'ultimo anno della scuola media presso I.C. Via F.S. Nitti e delle loro impossibilità di continuare un percorso di studi poiché non c'è un solo istituto superiore nel territorio pronto ad accoglierli;
quanti siano gli alunni con disabilità che ogni anno si vedono rifiutare l'iscrizione alle scuole superiori, sono costretti ad iscriversi ad istituti lontani o diversi da quelli richiesti in prima battuta.
(4-01003)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:
BARZOTTI, BALDINO, AIELLO, CAROTENUTO, TUCCI, FENU e DELL'OLIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
con il decreto-legge n. 51 del 2023, si è disposto il «commissariamento» di INPS e INAIL senza una motivazione oggettiva: ciò costituisce una scorrettezza istituzionale tale da compromettere l'imparzialità ed il buon andamento delle amministrazioni interessate;
l'istituto del «commissariamento» è congegnato, nel nostro ordinamento, come risolutivo rispetto ad una situazione di dissesto o grave crisi finanziaria/organizzativa, stato in cui non versano affatto le strutture richiamate;
l'INPS ha dimostrato ottime perfomance, anche durante la fase pandemica: 60 milioni di utenti nei momenti di massima emergenza; rilancio dell'istituto (12 mila assunzioni), il 75 per cento sotto i 40 anni; aumento del 20 per cento di produttività; 75 per cento degli obiettivi del Pnrr raggiunti; investimenti in tecnologia raddoppiati con servizi sempre più digitali e personalizzati;
mentre l'articolo 1, comma 1, della legge n. 88 del 1989, modificando l'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1979, ha sancito che la vigilanza dell'INPS da parte del Ministero del lavoro è esercitata nel rispetto dell'autonomia e delle finalità dell'Istituto, il «commissariamento» si pone nel solco di uno spoil system indiscriminato ed irragionevole, strumento di gestione di cariche e incarichi che non riguarda solo gli enti in oggetto, ma le società a partecipazione pubblica, compresa quella radiotelevisiva;
la Corte costituzionale, in numerose pronunce, ha ribadito come un siffatto sistema, se applicato in modo troppo esteso, comporta una precarizzazione del ruolo della dirigenza, contrasta con i principi di imparzialità e di buon andamento, nonché con il principio del giusto procedimento, posto che la cessazione dall'incarico avviene senza alcun contraddittorio con l'interessato (sentenze nn. 103 e 104 del 2007 e n. 228 del 2011);
principi rispettati allorché, con l'articolo 25 del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019, si operò una riforma della governance che, per garantire maggiore pluralità nella rappresentanza INPS, non comportò l'interruzione di alcun incarico rispetto alla scadenza naturale e non operò alcuna «destituzione» a livello dirigenziale del tipo di quella in esame oggi –:
quali siano le motivazioni di carattere oggettivo, funzionale, economico ed amministrativo che hanno indotto al commissariamento di INPS ed INAIL e se non ritenga che i Presidenti in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 51 risultino persone di comprovata competenza e professionalità, nonché indiscussa moralità e indipendenza, nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento della PA.
(5-00851)
SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il Movimento «Lottiamo Insieme» nasce per segnalare la situazione di numerosi (9.320) ex lavoratori di Poste Italiane a tempo determinato, inseriti attualmente in una lunga graduatoria e di cui solo pochissimi assunti a tempo indeterminato;
tali lavoratori erano naturalmente consapevoli delle condizioni contrattuali a termine, da un minimo di sei fino ad un massimo di dodici mesi, ma erano stati informati che, completato il percorso lavorativo, avrebbero potuto fare richiesta di inserimento in una graduatoria nazionale;
l'esistenza di una graduatoria dovrebbe presupporre, in caso di necessità, l'utilizzo di lavoratori che hanno già prestato servizio presso Poste Italiane, formati e con competenze acquisite sul campo;
ad oggi, tuttavia, Poste Italiane S.P.A., società controllata dallo Stato, senza tener conto della graduatoria, porta avanti la sua campagna di «arruolamento» di nuovi lavoratori con contratto a termine: si parla di circa 25.000 assunzioni entro il 2024;
molti ex lavoratori in graduatoria hanno quindi, paradossalmente, presentato una nuova domanda di assunzione, proprio perché la selezione non avviene attingendo alla graduatoria di persone formate, bensì assumendo nuovi lavoratori precari che andranno probabilmente ad allungarla ulteriormente;
la graduatoria, come detto, conta già circa diecimila ex lavoratori, i cui sacrifici per sperare di ottenere un rinnovo contrattuale e gli ostacoli incontrati sono stati enormi: ore di lavoro straordinarie (non richieste in via ufficiale) non retribuite, spostamenti dalla regione d'origine, costi esorbitanti per l'alloggio, caro vita nelle città sedi del posto di lavoro;
nel verbale di accordo del 21 novembre 2022 tra POSTE ITALIANE S.P.A. e SLC-CGIL, SLP-CISL, UILposte, FAILP-CISAL, CONFSAL Comunicazioni e FNC UGL Comunicazioni, non si fa riferimento alla graduatoria esistente come fonte a cui attingere per le nuove assunzioni in programma;
in sostanza, invece di stabilizzare con contratti part-time e full-time a tempo indeterminato lavoratori già precedentemente selezionati e assunti a tempo determinato, fino ad esaurimento della graduatoria, si lasciano senza lavoro quasi diecimila ex dipendenti e si crea ulteriore, nuova precarietà con l'assunzione, si presume prevalentemente a tempo determinato, di nuovi dipendenti –:
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga di adottare con urgenza le iniziative di competenza affinché le nuove assunzioni in Poste Italiane avvengano esclusivamente attingendo alla corposa graduatoria nazionale esistente, che non può che essere chiusa e bloccata, onde garantire, nel tempo, l'assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori inseriti nella stessa.
(5-00852)
SARRACINO, SCOTTO, GRIBAUDO, FOSSI e LAUS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
presso lo stabilimento Stellantis di Pomigliano si sono tenute tre giornate consecutive di sciopero, indette dalla Fiom-CGIL, cui avrebbero aderito oltre l'80 per cento delle maestranze, determinando il fermo delle linee di produzione dei modelli Panda e Tonale;
la protesta è stata adottata a seguito della decisione dell'azienda di incrementare sensibilmente i ritmi in catena di montaggio, anziché aumentare il numero dei dipendenti impegnati in dette produzioni;
la mobilitazione ha denunciato che tali incrementi dei ritmi di produzione comportano crescenti rischi per la salute dei lavoratori, per di più se si considera che negli ultimi tempi, a fronte di quattro incidenti in soli due mesi, si è registrato un contestuale calo degli investimenti in salute, sicurezza e prevenzione;
i reparti dove le condizioni di lavoro sono più pesanti sono il montaggio/verniciatura, la logistica e la plastica;
la dirigenza aziendale si rifiuta di convocare ai tavoli di confronto la Fiom-CGIL, a causa della mancata sottoscrizione del contratto collettivo specifico di lavoro, nonostante sia la sigla che, nelle ultime elezioni di inizio anno, sia risultata ampiamente maggioritaria con centinaia di voti in più rispetto alla seconda lista più votata;
più volte la Fiom-CGIL ha sollecitato la direzione aziendale per un confronto su una più attenta gestione dei carichi di lavoro, delle condizioni di sicurezza e delle condizioni igieniche generali dello stabilimento;
la politica della riduzione dei costi non può passare attraverso il peggioramento delle condizioni di lavoro, mettendo a repentaglio anche la sicurezza dei lavoratori;
occorre la massima attenzione di tutti i soggetti sociali presenti nell'impianto di Pomigliano, così come degli organismi pubblici preposti alla verifica delle condizioni di lavoro in impianti industriali di tale rilevanza;
a tali preoccupazioni si sommano quelle relative alle conseguenze occupazionali conseguenti all'attivazione della cessione di ramo d'azienda in favore di Genpact, che coinvolge 28 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano –:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di favorire il pieno coinvolgimento e confronto con tutte le più rappresentative sigle sindacali dello stabilimento Stellantis di Pomigliano, al fine di rivedere scelte organizzative che, anziché prevedere incrementi occupazionali complessivi, possano comportare gravi carichi di lavoro e rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori o riduzione degli occupati, assicurando, in ogni caso, tutti gli opportuni controlli da parte degli enti pubblici preposti al rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
(5-00853)
D'ALESSIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge n. 4 del 2019 aveva introdotto, tra le altre cose e in via sperimentale per il triennio 2019-2021, la possibilità di riscattare, in tutto o in parte e per un massimo di cinque anni anche non continuativi, i periodi precedenti non coperti da contribuzione presso forme di previdenza obbligatoria né soggetti ad alcun obbligo contributivo;
con questo istituto (cosiddetto «pace contributiva») si è consentito, quindi, ai lavoratori di ricostruire in modo omogeneo i propri profili pensionistici, raggiungendo così l'approdo alla fine della carriera con minore tortuosità, soprattutto per quei casi caratterizzati da periodi di precariato o di contribuzioni intermittenti;
questa facoltà, per ragioni obiettivamente difficili da comprendere, non è stata prorogata né resa strutturale, facendo sì che si venisse a creare una condizione di squilibrio tra lavoratori, in particolare tra chi ha potuto usufruirne all'epoca e chi, invece, non cogliendo questa opportunità per una serie di possibili motivazioni, è rimasto a suo modo prigioniero di una condizione contributiva saltuaria;
tra le altre cose, occorre ricordare come per i cosiddetti «buchi contributivi» derivanti da periodi di lavoro a tempo determinato precedenti al 1992 non esistesse alcuna forma di sostegno al reddito né di contribuzione figurativa come, invece, avviene al giorno d'oggi;
la copertura di tali periodi era in ogni caso volontaria e a pagamento a totale carico del contribuente – con l'onere spalmato fino ad un massimo di 120 rate mensili – e, quindi, pare assolutamente necessario quantomeno riaprire una finestra temporale per una nuova «pace contributiva» –:
se e quali iniziative, anche di natura normativa, intenda porre in essere per far sì che i lavoratori interessati possano rimediare a buchi contributivi presenti all'interno delle proprie storie professionali, eventualmente contemplando anche il ripristino della «pace contributiva» per un ulteriore triennio ovvero in modo strutturale.
(5-00854)
NISINI, GIACCONE, CAPARVI e GIAGONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il decreto interministeriale n. 1 del 7 marzo 2023 del Ministero del lavoro e delle politiche sodali di concerto con Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e il Ministero dell'economia e delle finanze, in applicazione della legge di bilancio 2023, riconosce un'indennità giornaliera onnicomprensiva fino ad un importo massimo di 30 euro ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima e ai soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nel caso di una sospensione temporanea dell'attività lavorativa obbligatoria e non, deciso dalle autorità pubbliche;
le indennità verranno erogate a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione dello stesso Ministero del lavoro, il quale provvede all'istruttoria delle domande, all'autorizzazione delle prestazioni ed ai trasferimenti delle risorse in favore dei funzionari delegati delle capitanerie di porto sede di direzione marittima;
l'articolo 4 del suddetto decreto interministeriale prevede, da parte delle imprese beneficiarie, l'invio di una singola istanza per ogni unità di pesca presente in azienda entro il 15 marzo 2023 in modalità telematica sul portale CIGSonline e all'istanza, tra gli altri documenti, dovrà essere allegata la «scheda 9» ovvero la dichiarazione dell'avvenuto fermo comprensiva dell'attestazione dell'autorità marittima nella cui giurisdizione è stata effettuata l'interruzione temporanea;
risultano all'interrogante segnalazioni circa le difficoltà di acquisire in tempo utile dalle autorità marittime le suddette «schede 9» comprensive del prescritto visto dell'autorità marittima;
nel 2022, risulta che sia stato concesso alle imprese beneficiarie di inviare la sola «scheda 9» entro i successivi 30 giorni rispetto alla scadenza prevista dal decreto interministeriale –:
se, per quanto di competenza, non ritenga opportuno prevedere, anche per le domande del 2023, di inviare la sola «scheda 9» priva dell'attestazione dell'autorità marittima competente per territorio, ovvero prorogare il termine per la presentazione delle domande, in scadenza il 16 maggio 2023, al fine di consentire la più ampia partecipazione alla fruizione dei beneficiari della relativa indennità giornaliera onnicomprensiva.
(5-00855)
MARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro parte dal riconoscimento dell'importanza centrale dei servizi per l'impiego, una infrastruttura primaria del mercato del lavoro;
i centri per l'impiego rivestono un ruolo primario per l'accesso e l'avvio degli interventi e delle misure di politica attiva, nonché per i servizi specialistici per l'inserimento/reinserimento occupazionale. È quindi necessario che le piante organiche previste siano coperte anche attraverso lo scorrimento delle graduatorie di idonei;
la regione Campania ha effettuato 548 assunzioni a tempo indeterminato, a fronte di un contingente potenziale di assumere fino a 1.840 nuove unità;
il comitato idonei Cpi chiede che per il potenziamento dei centri per l'impiego si proceda in primo luogo con lo scorrimento e esaurimento delle graduatorie di idonei, stimabili in circa 800 unità, dei concorsi Cpi indetti dalla Campania nel 2019 e nel 2021;
le assunzioni permetterebbero di strutturare adeguatamente i centri per l'impiego e renderli volano delle politiche attive del lavoro;
occorre procedere all'assunzione degli idonei prima che le graduatorie vadano a scadenza, evitando di dover attendere l'avvio di nuova procedura concorsuale che impiegherebbe anni prima di concludersi con nuove assunzioni;
l'articolo 1, comma 318 della legge n. 197 del 2022 ha stabilito l'abrogazione, dal 1° gennaio 2024, degli articoli da 1 a 13 del decreto-legge n. 4 del 2019, e questo, in assenza di un intervento correttivo del legislatore, comporterebbe l'abrogazione dell'articolo 12, con effetti devastanti sul completamento del piano straordinario per regioni che non lo realizzano entro il 2023;
la regione Campania, nel corso di un incontro con le delegazioni sindacali e del comitato idonei Cpi, ha manifestato problematiche rispetto a quanto previsto dalle norme e dal collegato decreto ministeriale n. 74 del 2019, le quali sono state oggetto di una richiesta di chiarimenti al Ministero del lavoro fin dal febbraio 2023 –:
quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare che, a seguito dell'abrogazione dell'articolo 12 del decreto-legge n. 4 del 2019 venga pregiudicata per le regioni la possibilità di portare a compimento i relativi piani di rafforzamento degli organici dei centri dell'impiego, fornendo contestualmente alle regioni i chiarimenti in merito alle problematiche sollevate dalla regione Campania rispetto a quanto previsto dal collegato decreto ministeriale n. 74 del 2019, dato che la mancata risposta da parte del Ministero del lavoro frena l'assunzione di centinaia di idonei Cpi.
(5-00856)
SPORT E GIOVANI
Interrogazione a risposta in Commissione:
BERRUTO, MANZI, ORFINI e ZINGARETTI. — Al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:
il Governo, tra i primi interventi approvati sullo sport, all'articolo 1, comma 3, della legge 24 febbraio 2023, n. 14, cosiddetto milleproroghe, ha previsto lo slittamento di 2 mesi dei termini per l'adozione delle disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi attuativi della legge n. 86 del 2019 (recante «Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione»), facendo slittare l'entrata in vigore della legge al 1° luglio 2023;
gli interroganti hanno da subito mostrato preoccupazione circa il rinvio della piena attuazione della riforma del lavoro sportivo;
si tratta di una legge attesa da decenni da milioni di persone che finalmente vedranno riconosciute alcune tutele e diritti fondamentali e la propria dignità di lavoratrici e lavoratori del settore;
decine e decine di sentenze della Corte di cassazione si sono più volte espresse, in maniera univoca, sul tema invitando fortemente a rispettare i tempi stabiliti di approvazione;
a soli quarantacinque giorni dall'entrata in vigore del provvedimento, senza che le Commissioni competenti si siano espresse rispetto all'istruttoria avviata per proporre interventi migliorativi, il mondo delle associazioni esprime grande preoccupazione per la mancanza di informazioni;
in più occasioni il Ministro ha confermato il 1° luglio quale la data di entrata in vigore della riforma e ha accennato ad eventuali modifiche per «migliorare» l'attuale decreto;
l'associazionismo sportivo, rappresentato per lo più da piccole società, oltre a svolgere una funzione sociale, permettendo ai giovani di dedicarsi ad un'attività sportiva e di maturare quelle attitudini, non solo fisiche ma anche umane, educative e di aggregazione, svolge un importante ruolo imprenditoriale con alto tasso occupazionale –:
confermata l'entrata in vigore del 1° luglio, quali aggiornamenti il Ministro interrogato intenda fornire in merito alle disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi per la piena attuazione della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante «Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione».
(5-00871)
UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta immediata:
PICCOLOTTI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, EVI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI e ZARATTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nelle ultime settimane, grazie alla protesta degli studenti accampati con le tende fuori dalle università, è tornato agli onori delle cronache il problema del «caro affitti» per gli studenti universitari fuori sede;
con l'articolo 25 del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 175 del 2022, il Governo disegna un nuovo housing universitario, assegnando 660 milioni di euro (dei complessivi 960 milioni) che il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina all'aumento dell'offerta di residenze studentesche, a vantaggio dei soggetti privati che, anche in convenzione o in partenariato con le università, mettano a disposizione nuovi posti letto per universitari. Il finanziamento si sostanzia in un contributo a fondo perduto per la copertura dei costi di gestione del posto letto nei primi tre anni. Il corrispettivo per la locazione è stabilito dal tavolo tecnico interistituzionale di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto ministeriale n. 1437 del 2022 e si determina con uno sconto del 15 per cento rispetto al prezzo di mercato. A questo esiguo sconto fanno fronte, come stabilito dal decreto ministeriale n. 1437 del 2022, finanziamenti a privati sostanzialmente esentasse;
l'obiettivo è quello di realizzare 52.500 posti letto entro il 2026, da assegnare in via prioritaria ai «capaci e meritevoli anche se privi di mezzi idonei al conseguimento della borsa di studio e dei prestiti d'onore»;
i soggetti aggiudicatari, imprese o operatori economici, devono assicurare la destinazione d'uso prevalente degli immobili utilizzati per le finalità di alloggio o residenza per studenti, con possibilità, però, di destinare ad altre finalità, anche a titolo oneroso, le parti della struttura eventualmente non utilizzate, ma anche gli stessi alloggi o residenze nei periodi non correlati allo svolgimento delle attività didattiche;
a parere degli interroganti, il programma del Governo contraddice il senso del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che dovrebbe essere destinato a interventi strutturali e pubblici. In questo modo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza rischia di essere una mancata opportunità per la tutela del diritto allo studio e di mettere tra soli tre anni il Parlamento in condizione di dover scegliere tra tagliare di netto 52.000 posti letto o rifinanziare per oltre 300 milioni di euro l'anno società immobiliari private che godranno anche di fortissime agevolazioni fiscali –:
se non si ritenga opportuno adottare iniziative di competenza per rivedere l'utilizzo e la destinazione dei 660 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza per la realizzazione di residenze studentesche pubbliche nell'ambito di programmi definiti tra università, regioni e comuni, che restino nella disponibilità in maniera strutturale, attraverso un piano di recupero di immobili pubblici inutilizzati.
(3-00404)
CASO, ORRICO, AMATO, CHERCHI, SCUTELLÀ, MORFINO, BALDINO e FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la tematica del «caro affitti», tornata agli onori delle cronache grazie alla studentessa del Politecnico di Milano che si è accampata con una tenda fuori dall'università, ha raggiunto le principali grandi città, con studenti che, da Nord a Sud, rivendicano il proprio diritto allo studio;
secondo gli ultimi dati disponibili pubblicati dal Ministero dell'università e della ricerca, in Italia nel 2022 risultano esserci poco meno di seicentomila studenti fuorisede, ovvero quasi un terzo degli studenti universitari complessivi;
la residenzialità universitaria è oggetto di una specifica riforma del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha stanziato circa 1 miliardo di euro per raggiungere, entro dicembre 2026, il target di sessantamila posti letto aggiuntivi rispetto a quelli attuali (47.500), ovvero il 125 per cento in più, tramite un innalzamento della percentuale di cofinanziamento ministeriale previsto dalla legge n. 338 del 2000 e una riforma della legislazione sugli alloggi finalizzata ad introdurre forme di partenariato pubblico-privato e ad una revisione degli standard attuali;
il Governo, con una nota ufficiale dell'11 maggio 2023, ha annunciato la presentazione di un emendamento al decreto-legge «assunzioni pubblica amministrazione» sull'housing universitario per avviare le misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che vedono la disponibilità di risorse per 660 milioni di euro da destinare ad alloggi universitari;
sconcerta la notizia che l'emendamento, tanto declamato per giorni, sia stato presentato e subito ritirato dal Governo;
ad oggi risulta sempre più difficile il raggiungimento del target previsto per dicembre 2026;
gli strumenti messi in campo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza porterebbero ad una riduzione delle tariffe per posto letto del 10-15 per cento, percentuale non sufficiente a soddisfare la domanda proveniente dagli studenti delle graduatorie del diritto allo studio delle principali città universitarie;
la scelta di puntare sul settore privato, che ragiona con logiche di mercato, rischia di far disperdere le risorse stanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e di non tutelare in maniera efficace il diritto allo studio;
il MoVimento 5 Stelle aveva promosso il finanziamento, con la legge di bilancio per il 2021, del Fondo annuale per la copertura delle spese di locazione sostenute dagli studenti fuorisede, con un contributo di 15 milioni di euro; tale fondo è stato rifinanziato nella legge di bilancio per il 2023 con appena 4 milioni di euro, insufficienti a sostenere il diritto allo studio –:
se il Governo non intenda, parallelamente alle misure poste in essere dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, adottare iniziative per aumentare il finanziamento del «Fondo affitti» per studenti fuorisede, al fine di aiutare concretamente e in maniera tempestiva gli studenti che versano in condizioni di difficoltà a causa del «caro affitti» e della penuria di posti letto negli studentati.
(3-00405)
Interrogazione a risposta in Commissione:
FOSSI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
le radici del diritto allo studio universitario sono rinvenibili negli articoli 3 e 34 della Costituzione;
in particolare il comma 2 dell'articolo 3 affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese;
l'articolo 34, ai commi 3 e 4, prevede che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e stabilisce che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso;
si stanno moltiplicando in tutta Italia le iniziative di protesta degli studenti universitari fuori sede contro il caro affitti: a Milano in media una camera singola costa infatti 628 euro al mese, a Bologna 467 e a Roma 452. Sit-in con tende sono stati promossi davanti agli atenei di Roma, Milano, Firenze, Pavia, Padova, Venezia, Bologna, Perugia, Bari, Torino e Cagliari;
secondo l'ultimo Rapporto del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari sulla condizione studentesca è emerso come, a livello nazionale, solamente 36.478 studenti possano contare su un alloggio d'ateneo, a fronte di una richiesta potenziale di circa 764 mila sistemazioni. In pratica, meno del 5 per cento del totale;
secondo il Rapporto di Scenari Immobiliari e Camplus attualmente in Italia la copertura dei posti letto offerti agli studenti universitari fuori sede, pari al 40 per cento degli iscritti, si attesta intorno al 10,5 per cento e deriva da enti specifici che però coprono solo l'8,1 per cento del totale. Considerando che il fabbisogno stimato dell'offerta strutturata di posti letto deve essere pari ad almeno il 20 per cento degli studenti fuori sede (tasso di copertura medio europeo), sarebbero quindi necessari almeno 130 mila posti letto;
il PNRR, nell'ambito della Riforma 1.7, ha previsto due traguardi e due obiettivi su questo tema. Il target da conseguire entro dicembre 2026 è il raggiungimento di 60 mila posti letto aggiuntivi, ovvero il 125 per cento di posti in più rispetto al dato iniziale (47.500);
il PNRR prevede di utilizzare i 960 milioni di euro stanziati attraverso due strumenti: da un lato, l'incremento della percentuale di cofinanziamento ministeriale dei posti letto realizzati nelle residenze universitarie attraverso la partecipazione ai bandi previsti dalla legge n. 338 del 2000, il principale strumento legislativo finora esistente nel nostro ordinamento per la realizzazione e la ristrutturazione delle residenze universitarie. L'intervento legislativo dovrebbe consentire di realizzare circa 7.500 posti letto aggiuntivi. Dall'altro lato, il PNRR prevede di agire attraverso la riforma della legislazione sugli alloggi, al fine di introdurre nuove forme di partenariato pubblico-privato, agevolazioni fiscali e ridefinizione degli standard. A questo secondo intervento il PNRR affida gli ulteriori 52.500 posti letto da conseguire entro dicembre 2026;
la Riforma 1.7 del PNRR ha quindi l'obiettivo di incentivare la realizzazione di nuove strutture per gli alloggi degli studenti e triplicare i posti per gli studenti fuorisede, elevandoli da 40.000 a oltre 100.000 entro il 2026. Fino ad ora sono stati stanziati 300 milioni di euro per realizzare i primi 7.500 posti letto; il Governo l'11 maggio scorso ha poi manifestato la volontà di sbloccare i bandi da 660 milioni di euro per creare ulteriori 52.500 posti letto;
appare evidente che tali progetti, finalizzati ad un incremento nel medio-lungo periodo, non rappresentino una risposta in termini immediati per le attuali necessità degli studenti e che siano quindi necessarie, oltre alle risorse del PNRR, iniziative urgenti ed efficaci per calmierare i prezzi vigenti ed offrire soluzioni alternative repentine –:
se non ritenga urgente e necessario promuovere un censimento ufficiale sugli attuali posti letto pubblici disponibili sul territorio nazionale riservati agli studenti universitari;
quanti saranno nel dettaglio i posti letto aggiuntivi realizzati con il PNRR e con quale tempistica;
quali iniziative urgenti intenda conseguentemente assumere al fine di dare risposte immediate ed efficaci agli studenti il cui diritto allo studio, tutelato dalla Costituzione, viene oggi compromesso dal caro affitti.
(5-00868)
Apposizione di firme ad una risoluzione.
La risoluzione in Commissione Maschio e altri n. 7-00098, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 maggio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ambrosi, Gardini, Giovine.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta in Commissione Manzi e altri n. 5-00830, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Serracchiani.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Cappelletti n. 5-00691 del 13 aprile 2023;
interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-00777 del 28 aprile 2023;
interrogazione a risposta orale Soumahoro n. 3-00396 del 15 maggio 2023;
interrogazione a risposta scritta Barabotti n. 4-00984 del 15 maggio 2023;
interrogazione a risposta in Commissione Baldino n. 5-00839 del 15 maggio 2023.