XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la sanità pubblica italiana rappresenta ancora oggi, in Europa e nel mondo, un vero e proprio modello di tutela della salute, che ha garantito agli italiani, nel corso degli anni, il miglioramento delle condizioni di vita, la riduzione delle patologie, maggiore longevità e benessere e una risposta collettiva ai bisogni di salute e di vita di cittadini, famiglie e società nel suo complesso;
questo sistema oggi deve dare risposta a sfide e sollecitazioni nuove, anche legate al cambiamento demografico del nostro Paese con l'invecchiamento della popolazione e la conseguente crescita del numero di prestazioni richieste e la necessità di presa in carico della cronicizzazione delle malattie: l'Italia si conferma infatti il Paese con l'indice di vecchiaia più alto dell'Unione europea, con un rapporto di 187,6 anziani over 65 ogni cento giovani under 14. La media UE è pari a 138,4, quasi 50 punti in meno;
anche a fronte di tali sfide, il Servizio sanitario nazionale è entrato in una fase di crisi che corre il rischio di diventare irreversibile, con profonde ricadute sulla qualità e sull'aspettativa di vita di milioni di persone, mettendo a rischio la tenuta sociale del Paese;
sono diverse le criticità che affliggono il nostro Ssn, tra cui non può non richiamarsi il divario nella quantità e qualità dei servizi forniti dalle singole regioni, legato sia alla diversa dotazione infrastrutturale, sia a capacità di programmazione e gestionali non omogenee; l'insufficiente compensazione del ridimensionamento dei servizi ospedalieri ordinari con un rafforzamento di quelli territoriali, soprattutto in alcune, zone del Paese; le lunghe liste d'attesa, esplose nella fase pandemica che ha di fatto sospeso la presa in carico delle altre malattie, con effetti derivanti dalla mancanza di screening ancora non prevedibili nel medio-lungo periodo; l'ingente spesa privata dei cittadini, che ha raggiunto più di 40 miliardi all'anno comprensivi del costo per servizi socio-sanitari necessari per gestire patologie croniche, con un'incidenza della spesa sanitaria out of pocket di circa il 30 per cento rispetto a una media europea del 15 per cento (dati Eurostat); la carenza di personale e, non ultimo, l'assenza di investimenti e programmi di spesa di prospettiva nel settore;
la riforma del Titolo V ha comportato la creazione di 21 Sistemi sanitari regionali (Ssr) con situazioni di continui deficit, un alto livello di frammentazione ed eterogeneità, e differenze notevoli sia per quanto riguarda l'accesso alle cure sia per la qualità dell'assistenza sanitaria;
la mancanza di un piano coordinato di assistenza territoriale che garantisca ovunque servizi sanitari e sociosanitari diffusi capillarmente impedisce una presa in carico integrata della popolazione differenziata per fasce d'età e l'implementazione di quella «medicina personalizzata» che rappresenta una sfida del futuro; una delle conseguenze più evidenti è il sovraccarico dei pronto soccorso e della medicina d'urgenza, che merita quindi una riorganizzazione integrata;
per quanto concerne le liste d'attesa, in particolare, il Piano nazionale di Governo delle liste di attesa per il triennio 2019-2021 ha stabilito i tempi massimi d'attesa che le regioni si sono impegnate a rispettare per le prestazioni ambulatoriali, visite specialistiche e prestazioni strumentali, definendoli secondo criteri di priorità: «urgente» (U), da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore; «breve» (B) da eseguire entro 10 giorni; «differibile» (D) da eseguire entro 30 giorni per le visite o 60 giorni per gli accertamenti diagnostici; «programmata» (P) da eseguire entro 120 giorni;
dette tempistiche risultano costantemente disattese, rendendo plasticamente anche la forte disomogeneità nell'efficacia del Ssn su tutto il territorio nazionale: esse non vengono rispettate, in media, una volta su tre (nelle regioni del Nord) e due volte su tre (nelle regioni del Sud);
nel 2020-2021, a causa della pandemia da COVID-19, si è registrato un numero di prestazioni sanitarie effettuate inferiore di circa 100 milioni rispetto al 2019. Nel 2022, il Ministero della salute ha individuato 23 milioni di prestazioni sanitarie prioritarie da recuperare, con riferimento in particolare a ricoveri per interventi chirurgici programmati, screening oncologici e prestazioni ambulatoriali; ne sono state recuperate 13 milioni. Ancora oggi, rimangono in arretrato, dunque, almeno 10 milioni di prestazioni urgenti. Questo dato tiene conto solamente delle persone che erano in lista di attesa a dicembre 2021, senza considerare quindi le prestazioni non individuate come prioritarie, i nuovi pazienti inseriti in liste di attesa successivamente e i pazienti che non sono riusciti ad inserirsi in lista di attesa a causa di eventuali blocchi delle prenotazioni da parte delle regioni;
in base ai dati Istat, in Italia ogni anno 2,5 milioni di cittadini rinunciano a curarsi a causa della lunghezza dei tempi di attesa per accedere alle prestazioni sanitarie nel pubblico e la spesa privata in sanità (cosiddetta «out of pocket») è arrivata a toccare i 40 miliardi di euro: quasi un terzo della spesa pubblica nella sanità, se si considera che nel 2023 il Fondo sanitario nazionale ammonta a circa 129 miliardi di euro;
i dati Agenas-MeS Sant'Anna di Pisa mostrano una diminuzione media del 40 per cento delle attività di screening per condizioni cliniche il cui esito è fortemente condizionato dalla tempestività della diagnosi (es. mammografie); ciò incide negativamente su un sistema di prevenzione tradizionalmente carente in ragione della mancanza di risorse finanziarie, umane e strumentali adeguate, cui si potrebbe dare risposta attraverso l'elaborazione di un piano nazionale pluriennale di interventi nel campo della prevenzione, differenziando gli stessi in interventi «primari» (volti a prevenire l'insorgere della patologia), «secondari» (volti a garantire diagnosi precoci) e «terziari» (volti a prevenire complicanze o danni ulteriori rispetto alla patologia già individuata);
i lunghi tempi d'attesa non riguardano solo le tempistiche relative alla diagnosi, ma anche quelle relative agli interventi terapeutici e assistenziali-riabilitativi, che vengono posti in essere con ritardi che spesso finiscono inesorabilmente per aggravare il quadro clinico del paziente; si registrano criticità anche sul piano dell'assistenza di lungo termine prestata nelle strutture ospedaliere, che è scesa, del 2,5 per cento annuo, dal 2012 al 2021, confermando le difficoltà del Ssn di garantire cure e assistenza con continuità e al di là di un orizzonte emergenziale;
l'attuale processo di gestione delle liste di attesa prevede che i pazienti che non ricevono un appuntamento in ospedale nei tempi previsti per legge possano richiedere di ricevere la prestazione in intramoenia o presso strutture accreditate, chiedendo successivamente il rimborso del pagamento eccedente il ticket alla Asl di competenza. Questo sistema presenta alcune criticità; le modalità di prenotazione e rimborso sono non omogenee sul territorio nazionale; inoltre il paziente si trova a dover anticipare il pagamento, potendo richiedere solo in una fase successiva il rimborso alla Asl attraverso complesse pratiche burocratiche, sempre a condizione che i fondi non siano esauriti, considerando che le risorse stanziate dalle regioni per il rimborso di queste prestazioni sono spesso insufficienti; l'obiettivo deve essere l'abbattimento delle attuali liste di attesa entro il 2024, con particolare riferimento alle prestazioni sanitarie prioritarie di cui all'Allegato B del Piano nazionale di governo delle liste di attesa (Pingla);
in questa situazione, la spesa sanitaria in Italia continua ad essere insufficiente, molto minore rispetto agli altri Paesi europei. La spesa in rapporto al Pil nel 2023 è stata infatti pari al 6,7 per cento, addirittura in diminuzione rispetto al 2022, di circa un punto percentuale più bassa rispetto alla media europea, di 3 rispetto alla Germania e di 2,5 rispetto alla Francia; considerando la spesa sanitaria pro capite, il valore italiano (euro 2.473) è inferiore rispetto ai principali Paesi europei e alla media Ocse (euro 2.572);
al contrario, la legge di bilancio 2023 ha previsto, per il triennio 2023-2025, un percorso di riduzione della spesa in percentuale pari allo 0,38 per cento nel 2023, 0,30 per cento nel 2024 e 0,38 per cento nel 2025, in particolare prevedendo una riduzione di 51 milioni di euro per l'anno 2023 e 51,6 milioni di euro per l'anno 2024 dei finanziamenti previsti per il programma di ricerca per il settore della sanità pubblica, nonché una riduzione di 7,6 milioni di euro nel 2023, 11,2 milioni di euro nel 2024 e 14 milioni di euro nel 2025 per la vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure;
gli stanziamenti previsti (2,15 miliardi di euro per il 2023) sono stati rivolti interamente al contrasto dell'aumento dell'inflazione e dei costi dell'energia (1,4 miliardi di euro), nonché all'acquisto dei vaccini e farmaci per la cura del COVID-19 (650 milioni di euro), senza alcuna prospettiva di sostegno, investimento e rilancio in un settore fondamentale per il nostro ordinamento costituzionale;
risulta del tutto assente, dall'orizzonte della programmazione finanziaria, il potenziamento del sistema sanitario e anzi le proiezioni di spesa elaborate dal Governo prevedono un percorso di riduzione. La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF) 2023 certifica che la spesa sanitaria a legislazione vigente in rapporto al Pil, già scesa dello 0,1 per cento dall'anno precedente, scenderà dal 6,6 per cento al 6,1 per cento nel 2026. L'aumento nominale della spesa sanitaria – di poco più di 4 miliardi di euro nel prossimo triennio – non basterà quindi nemmeno a coprire l'aumento dei prezzi dovuto all'inflazione, benché si stimi una crescita media annua del Pil nominale del 3,5 per cento;
l'Eurogruppo il 9 aprile 2020 aveva dato avvio al Pandemic crisis support, un programma di supporto finanziato attraverso il Meccanismo europeo di stabilità (cosiddetto Mes sanitario) che consentiva agli Stati membri di accedere a finanziamenti agevolati volti a supportare i maggiori costi sanitari sopportati per lo scoppio della pandemia; il 31 dicembre 2022 è scaduto il termine per accedere al predetto Mes sanitario ed è quindi sfumata la possibilità di ottenere i circa 37 miliardi di euro la cui unica condizionalità sarebbe stata l'utilizzo di tali risorse esclusivamente per sostenere il finanziamento, diretto e indiretto, del sistema sanitario nazionale;
dette risorse avrebbero rappresentato puro ossigeno per il nostro sistema sanitario, che versa in condizioni critiche sotto molteplici aspetti sopra solo accennati e che ora risulta pure fortemente provato dagli sforzi profusi nel corso della pandemia; l'assenza di risorse, il tasso di turn over negativo, i pensionamenti e le politiche di «prepensionamento» (quota 100, quota 103 in primis) hanno determinato una situazione fortemente critica a livello di organico;
dal 2010 il personale a tempo indeterminato impiegato nel Servizio sanitario nazionale è diminuito di 25.641 unità (di cui circa 8.000 infermieri) e l'Ufficio parlamentare di bilancio ha evidenziato come la situazione dei servizi di pronto soccorso – e non solo – risulti ormai difficilmente sostenibile; anche per quanto riguarda gli infermieri, il tasso di infermieri attivi in rapporto alla popolazione residente è sensibilmente più basso rispetto alla media europea;
secondo le stime di SalutEquità nei prossimi anni la carenza di personale sanitario può stimarsi in circa 25.000 medici e 63.000 infermieri, indebolendo ulteriormente un sistema sanitario che, in ragione della crisi della natalità, sarà chiamato a rispondere a una popolazione che nel 2050 sarà costituita, per circa l'8 per cento, da persone con più di 85 anni;
la mancanza di risorse per immettere in servizio nuovo personale si deve anche alle misure di contenimento delle assunzioni adottate nelle regioni in piano di rientro, che negli anni ha aggravato un (già grave) percorso di riduzione del personale, privando detti enti territoriali della possibilità anche solo di compensare i pensionamenti, che per il solo prossimo quinquennio sono stimati in 21.050 unità per gli infermieri e 29.331 unità per i medici;
la difficoltà di immettere nuovo personale in ruolo è dovuta anche alla scarsa attrattività economica, di alcune professioni sanitarie e infermieristiche, che portano sia al depauperamento dell'organico che al mancato avvio, in apicibus, dei percorsi di specializzazione medica universitaria nei settori più scoperti, pregiudicando l'erogazione delle relative prestazioni per i pazienti; in base ai dati Fnopi, gli stipendi degli infermieri sono pari a 1.410 euro al mese, ben distanti dalla media europea di 1.900 euro mensili;
per tutte le ragioni illustrate, appaiono improcrastinabili interventi volti a potenziare il Ssn e i servizi socio-sanitari nel nostro Paese, anche tramite un efficace utilizzo delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di ricollocare al centro delle priorità del Paese la tutela della salute, vero e proprio cardine del nostro sistema di welfare e del nostro stato sociale,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per reperire le risorse finanziarie necessarie a rispondere alle criticità richiamate in premessa, volte, in particolare, a escludere qualsiasi forma di definanziamento del Servizio sanitario nazionale sul breve, medio e lungo periodo, incrementando l'organico del personale medico e sanitario;
2) ad assicurare il fondamentale diritto alla salute di cui all'articolo 32 della Costituzione e il carattere universale del sistema sanitario nazionale nel suo complesso con un piano straordinario di abbattimento delle liste d'attesa, adottando iniziative volte a prevedere che, qualora non sia possibile effettuare le visite specialistiche e le prestazioni strumentali o in regime di ricovero di cui all'allegato B del Piano nazionale di governo delle liste di attesa (Pngla) presso le strutture pubbliche entro i termini previsti dallo stesso Piano, l'assistito abbia diritto di ricevere tali prestazioni presso una struttura sanitaria accreditata ovvero, in mancanza di disponibilità, presso una struttura sanitaria privata autorizzata, al corrispettivo previsto per una prestazione analoga in un ospedale pubblico, disciplinando altresì le modalità operative attraverso le quali tale possibilità viene offerta agli assistiti dal Centro unico di prenotazione (Cup);
3) ad adottare le iniziative normative di competenza al fine di procedere all'armonizzazione dei sistemi Cup attraverso la definizione di caratteristiche minime ed uniformi a livello nazionale, nonché per rendere possibile la prenotazione di prestazioni presso varie tipologie di strutture, comprese quelle non accreditate, con l'obiettivo di superare la frammentazione attuale – che vede in alcune regioni sistemi di prenotazione operanti a livello di singola azienda sanitaria o struttura, con conseguente inefficienza allocativa e disagi ai pazienti – e la creazione di bacini territoriali omogenei dal punto di vista demografico e del numero e tipologia di strutture sanitarie pubbliche e private, accreditate e autorizzate, al cui interno opera un solo Cup;
4) ad adottare iniziative volte a rendere maggiormente attrattivo il Ssn per i professionisti tramite un aumento degli stipendi del personale medico e infermieristico, perseguendo al contempo l'obbiettivo di arginare il crescente fenomeno della fuga dagli ambiti specialistici considerati meno redditizi, prevedendo in tale ambito, un aumento dell'indennità di pronto soccorso e il riconoscimento dello status di lavoro usurante per i lavoratori dei pronto soccorso, limitando il ricorso ai cosiddetti «gettonisti»;
5) a prevedere un'adeguata formazione e aggiornamento delle professionalità operanti nel Ssn, nonché il consolidamento delle esperienze già acquisite, anche attraverso appositi percorsi di stabilizzazione, nell'ottica di un definitivo superamento delle diverse forme di precariato;
6) ad aumentare i posti disponibili nelle facoltà di infermieristica e a permettere l'assunzione di medici specialisti in formazione sin dal 1° anno, partendo dalle attività a minor rischio per il paziente, e garantendo un preciso percorso formativo sotto la supervisione dello specialista di riferimento, con responsabilità crescenti commisurate alla verifica delle competenze acquisite;
7) ad adottare iniziative volte ad aumentare il numero di posti letto in linea con la media europea, ad adottare un piano di riorganizzazione e risanamento della medicina d'urgenza e a strutturare un piano efficace di presa in carico delle malattie croniche attraverso l'avvio della rete di ospedali di comunità previsti nel Pnrr assicurando l'assunzione del personale necessario, senza gravare ulteriormente su quello attuale;
8) ad adottare, anche alla luce del punto precedente, un piano nazionale di edilizia ospedaliera che comporti il rinnovamento delle strutture sanitarie, considerando che il 60 per cento delle strutture ha più di 40 anni e la metà è di dimensioni troppo piccole, anche al fine di rafforzare le strutture dedicate e agevolare l'assistenza di parenti e congiunti, nonché per agevolare l'implementazione delle più avanzate tecniche mediche, della medicina di precisione e personalizzata;
9) a dare piena attuazione, per quanto di competenza, ai piani nazionali approvati in sede ministeriale ed europea, in coerenza con le indicazioni dell'Oms, a partire dalla riorganizzazione degli strumenti di prevenzione e screening;
10) a portare avanti una campagna di informazione ed una efficace organizzazione del sistema vaccinale, anche per garantire gli impegni assunti con l'Oms per la vaccinazione contro l'Hpv;
11) ad adottare iniziative volte ad introdurre strumenti innovativi di medicina personalizzata e telemedicina, anche tramite la completa attuazione del fascicolo sanitario elettronico;
12) a valutare, unitamente al Ministero dell'economia e delle finanze e nel rispetto dei vincoli di bilancio, la possibilità di aggiornare il vigente sistema in materia di payback sui dispositivi medici e sui farmaci;
13) ad adottare iniziative per garantire il pieno utilizzo delle risorse dedicate ai farmaci innovativi, continuando a sostenere la ricerca e la produzione farmaceutica nel nostro Paese, e ad aggiornare i livelli essenziali di assistenza (Lea), anche per la presa in carico delle malattie rare di cui alla legge 10 novembre 2021 n. 175;
14) a portare avanti un piano strutturato di servizi territoriali per la presa in carico della salute mentale, anche in collaborazione con il sistema scolastico ed educativo, e ad adoperarsi al fine di adottare i decreti attuativi di cui alla legge n. 32 del 2022 per prevedere ulteriori misure di sostegno e contributi vincolanti alle famiglie per le spese sostenute per i figli con disabilità, con patologie fisiche o psichiche invalidanti, compresi i disturbi del comportamento alimentare, ovvero con disturbi specifici all'apprendimento o con bisogni educativi speciali, comprese le spese di cura e di riabilitazione svolte da soggetti accreditati;
15) a garantire un'adeguata assistenza sanitaria alla popolazione detenuta incentivando il personale medico e sanitario operante nelle strutture penitenziarie, intervenendo sulle strutture e la strumentazione disponibile e potenziando i servizi di telemedicina e teleassistenza;
16) a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza volte a includere l'organizzazione e il finanziamento del Servizio sanitario nazionale nella discussione in materia di riforme costituzionali attualmente in corso.
(1-00194) «Bonetti, Richetti, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli».
La Camera,
premesso che:
il quadro della governance economica europea, definito con il Trattato di Maastricht del 1992 nell'ambito dell'Unione economica e monetaria, comprende un sistema di coordinamento e sorveglianza delle politiche economiche degli Stati membri e si basa sui principi di monitoraggio, prevenzione e correzione dei relativi squilibri di finanza pubblica;
il complesso di regole che compongono il quadro della governance economica europea si è evoluto negli anni, anche a seguito delle crisi economiche che hanno colpito l'Unione europea;
nel sistema di governance economica dell'Unione europea si colloca primariamente il Patto di stabilità e crescita (PSC), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16 e 17 giugno 1997, inerente al controllo delle politiche di bilancio pubbliche degli Stati membri e articolato secondo una duplice procedura: il braccio preventivo, che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'Obiettivo di Medio Termine (OMT), specifico per ogni Stato membro, e il braccio correttivo, finalizzato ad assicurare che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale superano i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del PIL;
le modifiche al Patto di stabilità e crescita (PSC) adottate nel novembre 2011 mediante il cosiddetto Six Pack, e richiamate nel Fiscal compact, rafforzano il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del PIL stabilendo che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al livello del 60 per cento, il tasso di riduzione debba essere pari ad 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi;
nel corso degli anni, l'impostazione del sistema di governance economica dell'Unione europea ha manifestato alcuni limiti in relazione al rispetto dei parametri di rientro dal debito pubblico, in particolare, la crisi finanziaria scoppiata nel 2008 ha messo in luce la necessità di rafforzare le regole di governance con il fine di rendere il sistema maggiormente efficiente con riguardo al coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e negli ultimi anni e recentemente a causa della pandemia da Covid-19;
in un contesto mutato rispetto a quello della richiamata crisi finanziaria, sia sotto il profilo economico che con riguardo alle nuove sfide dell'Unione, nel febbraio 2020 la Commissione ha avviato la discussione sulla riforma della governance dell'UE, pubblicando una comunicazione sul tema del riesame del quadro di governance economica. La discussione è stata poi sospesa a seguito dell'attivazione della clausola di salvaguardia generale (General Escape Clause), utilizzata per assicurare agli Stati membri lo spazio fiscale necessario per fronteggiare, per l'appunto, le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19;
l'elevatissimo livello di incertezza economica causato dalla guerra russa-ucraina ha poi determinato l'estensione temporale della clausola di salvaguardia generale, che sarà disattivata all'inizio del prossimo anno;
nel 2021 l'esame sulla riforma del sistema di governance dell'Unione europea è stato riavviato dalla Commissione europea, anche al fine di tenere conto del significativo aumento dei livelli di indebitamento determinato dalla grave recessione e dalla necessaria risposta di bilancio alla crisi pandemica, nonché dell'importanza della titolarità nazionale, degli investimenti e delle riforme, elementi peculiari dei nuovi strumenti che l'UE ha varato per fronteggiarla, su tutti Next Generation EU, finanziato con l'emissione di debito comune, e il suo principale programma, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, nel cui ambito si collocano i Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR);
il 26 aprile 2023 la Commissione europea ha presentato tre proposte legislative per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea:
a) proposta di regolamento sul coordinamento effettivo delle politiche economiche e sulla sorveglianza multilaterale di bilancio, che sostituisce l'attuale Regolamento del Consiglio 1466/1997 – cosiddetto braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita [COM(2023) 240];
b) proposta di modifica del regolamento del Consiglio n. 1467/97 (cosiddetto braccio correttivo del PSC) per l'accelerazione e il chiarimento dell'attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi [COM(2023) 241];
c) proposta di modifica della direttiva 2011/85/UE del Consiglio, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri direttiva [COM(2023) 242];
tuttavia, rispetto alle sopracitate proposte legislative, restano invariati i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il PIL e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il PIL. Tali valori, infatti, sono fissati dal Protocollo (12) del TFUE e la loro modifica richiederebbe l'unanimità degli Stati membri;
nel quadro della riforma, non viene proposta una golden rule finalizzata a escludere determinati investimenti dal computo dei saldi di finanza pubblica, specificamente quelli volti al sostegno della transizione ambientale ed energetica e della digitalizzazione o per aumentare le capacità di difesa, così come non è prevista una forma di capacità fiscale centrale comune;
il ruolo di variabili non osservabili come il Pil potenziale, l'output gap e i saldi strutturali, pur essendo ridotto in modo rilevante nel nuovo quadro di regole, non viene totalmente eliminato. In particolare, l'impiego di proiezioni di medio-lungo periodo del Pil rende indispensabile una stima o una ipotesi della crescita del prodotto potenziale. Risulta, inoltre, necessaria una stima del saldo strutturale, e dunque dell'output gap, all'inizio delle proiezioni al fine di poter determinare sia lo scenario a politiche invariate sia quelli con aggiustamento;
proprio l'impatto della pandemia da Covid-19 e il conflitto russo-ucraino, da cui è scaturita una forte crisi energetica, le mutate condizioni geopolitiche impongono la necessità di prevedere un quadro di regole che consenta una politica di bilancio in grado di sostenere l'economia durante le crisi ma al contempo in grado di costituire riserve di bilancio nei periodi di crescita economica, con regole certamente rigorose, ma anche in grado di sostenere la crescita;
emerge, in particolare, l'esigenza di stabilire un inquadramento politico comune per assicurare coerenza tra la revisione del sistema di governance economica europea, le priorità comuni europee e le regole sugli aiuti di Stato, considerata la necessità di sviluppare una politica industriale europea in risposta alle sfide globali e alle misure adottate da altri partner internazionali;
già in sede parlamentare, la V Commissione permanente (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei deputati e la 5a Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio) del Senato della Repubblica, al termine dell'esame della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea (COM(2022)583), hanno approvato, rispettivamente l'8 e il 9 marzo 2023, due distinti documenti con i quali si impegna il Governo a proseguire i negoziati in sede europea, indicando altresì le principali priorità individuate dal Parlamento italiano;
risulta, quindi, fondamentale definire un rinnovato schema di regole caratterizzato da maggiore flessibilità e specificità rispetto alle peculiarità di ciascuno Stato membro, basato su una più ampia titolarità nazionale in tutte le fasi del processo;
occorre, inoltre, nonostante la proposta legislativa della Commissione non modifichi la procedura di sorveglianza degli squilibri macroeconomici, ribadire l'opportunità di un rafforzamento di tale procedura, con particolare riferimento agli squilibri della bilancia commerciale e al livello del debito privato, scongiurando un eccessivo inasprimento del sistema correttivo e sanzionatorio;
nel corso dell'ultimo Ecofin informale tenutosi a Santiago de Compostela il 15 e 16 settembre 2023 i ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione europea hanno concordato sulla necessità di fare sforzi per giungere ad un accordo condiviso entro la fine dell'anno sulla riforma del Patto di stabilità e crescita;
nel corso della riunione il Ministro Giorgetti ha ribadito la proposta italiana di scorporare, selettivamente, temporaneamente (fino al 2026) e per quote determinate, dall'aggregato di spesa quelle effettuate nell'ambito del Pnrr e per la difesa,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative in sede negoziale europea in linea con l'obiettivo di garantire un maggior grado di titolarità nazionale delle regole di bilancio, sulla base di un percorso di aggiustamento di riferimento di medio periodo che tenga conto anche del dialogo bilaterale tra gli Stati membri e la Commissione europea in modo da tener conto, nella definizione del percorso di aggiustamento e rientro dal debito, della situazione specifica di ogni Paese;
2) a portare avanti il negoziato sulla riforma della governance economica europea, promuovendo l'adozione di regole più semplici, trasparenti e capaci di sostenere la crescita e promuovere gli investimenti pubblici strategici, nonché l'individuazione di percorsi di aggiustamento verso la riduzione del debito pubblico e controllo della spesa più realistici e graduali;
3) a sostenere, in sede di negoziazione europea e di rapporti bilaterali con i partner europei, un trattamento preferenziale per gli investimenti nei settori individuati come prioritari a livello europeo e la proposta italiana di scorporare, selettivamente, temporaneamente (fino al 2026) e per quote determinate, dall'aggregato di spesa quelle effettuate nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la difesa;
4) a promuovere durante il negoziato sulla revisione della governance economica europea una opportuna coerenza con le discussioni in corso sul Piano industriale del Green deal, sul quadro temporaneo di crisi e transizione e, in particolare, sulla nuova disciplina degli aiuti di Stato;
5) a proseguire, nell'ambito del negoziato sulla riforma della governance economica europea, con gli impegni assunti in sede di approvazione dei precedenti atti di indirizzo nei due rami del Parlamento italiano e con gli eventuali ulteriori indirizzi che saranno indicati all'esito dell'esame delle proposte legislative avanzate dalla Commissione europea;
6) con riferimento all'individuazione di un eventuale indicatore unico per la sorveglianza fiscale, a porre in essere ogni iniziativa, in sede di negoziazione a livello europeo, volta a mantenere un equilibrio e un contemperamento tra le diverse finalità delle regole fiscali in modo da coniugare la sostenibilità dei conti e il mantenimento di un profilo di crescita duraturo e inclusivo garantendo adeguati margini di flessibilità per l'adozione di interventi tesi alla stabilizzazione del ciclo economico;
7) ad assumere le opportune iniziative, in sede di negoziati europei, volte a prevedere che la definizione della traiettoria tecnica per la spesa netta debba avvenire con estrema attenzione, auspicabilmente assicurando una proficua interlocuzione tra la Commissione europea e i singoli Stati membri in base a chiari e trasparenti argomenti tecnici ed evidenze empiriche, per tenere conto altresì degli effetti delle riforme strutturali sul potenziale di crescita ed evitare una potenziale reintroduzione di variabili particolarmente complesse e poco osservabili;
8) a seguire con estrema attenzione l'evoluzione dei negoziati sulla riforma della governance UE, riservando, ove non soddisfacente, il proprio giudizio di merito;
9) in caso di mancata intesa a livello europeo, a sostenere, laddove ricorrano le condizioni, la rinnovazione della clausola di salvaguardia generale (General Escape Clause) e, in chiave permanente, una revisione dell'attuale Patto di stabilità e crescita che preveda una regola di riduzione del debito meno severa e irrealistica.
(1-00195) «Candiani, Lucaselli, Rossello, Romano, Bagnai, Mantovani, Battilocchio, Giglio Vigna, Trancassini, Cattaneo, Cecchetti, Cannata, Barabotti, Giorgianni, Cattoi, Mascaretti, Comaroli, Rampelli, Frassini, Angelo Rossi, Ottaviani, Tremaglia, Ambrosi, Caiata, Di Maggio, Donzelli, Giordano, Pietrella, Rotondi».
Risoluzione in Commissione:
La XII Commissione,
premesso che:
si stima che vi siano al mondo 1,3 miliardi di persone con disabilità, ossia una persona su sei, e che l'80 per cento di esse viva in Paesi a basso o medio reddito; dinanzi alla crescita esponenziale di tali numeri, conseguente all'invecchiamento della popolazione e all'aumento della povertà, appare fondamentale rendere inclusiva, equa e accessibile l'assistenza sanitaria;
circa un anno fa l'istituto Serafico di Assisi – centro per la riabilitazione, la ricerca e l'innovazione medico scientifica per bambini e giovani adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali gravi e gravissime – in occasione della Giornata mondiale della disabilità, ha reso noti i risultati di uno studio condotto sulle persone con disabilità che ha rivelato come il percorso di una persona disabile nelle strutture sanitarie sia, tutt'oggi, ancora un calvario per la persona stessa, per le famiglie e per i caregiver;
i dati emersi dal predetto studio hanno fatto emergere come il 49,8 per cento degli intervistati abbiano riscontrato l'assenza, nelle strutture sanitarie, di percorsi specifici per persone con disabilità e il 36,7 per cento li hanno trovati raramente; il 37,6 ha riscontrato la presenza delle barriere architettoniche nelle strutture sanitarie; lunghe ore d'attesa, ostacoli nella comunicazione dei bisogni specifici al personale e criticità correlate alla gestione dei comportamenti problematici delle persone con disabilità psichiche sono le ulteriori barriere con le quali le persone con disabilità si confrontano quotidianamente;
il 63,3 per cento del campione di intervistati ha dichiarato di dover uscire dalla propria regione per effettuare le cure necessarie o anche solo per delle semplici visite di routine, mentre il 79,6 per cento ha messo in evidenza la reiterata necessità di rivolgersi a più di una struttura sanitaria prima di ricevere un'assistenza adeguata;
«Sono numeri che restituiscono una situazione complessa, aggravata anche dalle difficoltà innescate dalla pandemia di coronavirus degli ultimi anni», ha spiegato Francesca Di Maolo, presidente dell'Istituto Serafico di Assisi, secondo cui: «nella maggior parte delle strutture sanitarie italiane mancano dei protocolli specifici per le persone con disabilità e c'è una forte carenza di personale adeguatamente formato»;
purtroppo le disuguaglianze sanitarie generano un tasso di mortalità due volte più elevato per le persone con disabilità le quali, in media, muoiono tra 10 e 20 anni prima delle persone senza disabilità; se taluni risultati sanitari dipendono dalle condizioni di salute sottostanti o dalle limitazioni che accompagnano la disabilità, tanti altri dipendono invece da elementi o fattori evitabili;
nonostante sia riconosciuto dalla Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD), il diritto al godimento del più alto standard di salute raggiungibile, le persone con disabilità sono ancora vittime di discriminazione nell'accesso all'assistenza sanitaria sia nell'Unione europea che a livello globale;
il 7 marzo 2023 il Comitato economico e sociale europeo (Cese) ha organizzato un'audizione pubblica sul tema dell'accesso alle cure per le persone con disabilità dal titolo «Verso un'Unione europea della salute e una strategia globale europea in materia di salute pienamente inclusiva per le persone con disabilità»; nel corso dell'audizione sono state discusse le azioni possibili per promuovere i diritti delle persone con disabilità nel campo della salute, nell'ambito dell'Unione europea e della strategia sanitaria globale; oltre ai membri del Cese hanno partecipato anche i rappresentanti delle associazioni di persone con disabilità e delle istituzioni dell'Unione europea, attivisti e pubblici funzionari;
l'audizione ha fornito purtroppo l'occasione per rappresentare come, malgrado i concreti progressi compiuti in molti Paesi negli ultimi anni in materia di diritti delle persone con disabilità, tali persone continuano a subire, nell'Unione europea e in tutto il mondo, gravi discriminazioni nell'accesso a servizi sanitari;
più in particolare, è emerso che la quota di esigenze mediche insoddisfatte è due volte e mezzo più elevata per le persone con disabilità che per la popolazione in generale, il che significa che ogni anno milioni di persone nell'Unione europea devono rinunciare all'assistenza sanitaria a causa della loro disabilità;
esse hanno risultati peggiori in termini di salute e una peggiore qualità della vita, muoiono prima, con un divario di aspettativa di vita compreso tra 10 e 20 anni, e risentono maggiormente delle emergenze sanitarie (il Covid lo ha dimostrato ampiamente); queste differenze sono ancora più marcate in Paesi a basso e medio reddito;
secondo gli studi presentati all'audizione da Hannah Kuper, docente ordinaria di epidemiologia alla London School of Hygiene e principale ricercatrice dell'iniziativa Missing Billion (il miliardo mancante), le persone con disabilità corrono un rischio tre volte maggiore di contrarre il diabete, un rischio due volte maggiore di essere vittime di malnutrizione infantile, di essere infettate dall'HIV o di contrarre l'Aids, e un rischio 10 volte maggiore di essere gravemente malate nell'infanzia. Esse sono esposte a un rischio del 50 per cento maggiore di dover far fronte a spese sanitarie catastrofiche. In circa il 40 per cento dei casi la causa della loro scarsa aspettativa di vita risiede in malfunzionamenti del sistema sanitario;
per rendere i sistemi sanitari più inclusivi è essenziale costruirli tenendo conto delle persone con disabilità ed è necessario finanziare adeguatamente la sanità, specie per garantire l'accessibilità delle infrastrutture sanitarie e creare consapevolezza, sia tra le persone con disabilità che tra gli operatori sanitari, circa i diritti e le esigenze delle persone con disabilità in questo campo;
Christine Redecker, della Commissione europea, ha spiegato che gli obiettivi di attuazione della Convenzione sono stati raggiunti solo in parte, e che in particolare l'accesso all'assistenza sanitaria per le persone con disabilità non ha una priorità sufficiente nelle politiche nazionali;
secondo Guadalupe Morales dell'Ong Mental Health Europe, gli impegni assunti dall'Unione europea nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità rimangono spesso lettera morta per quanto riguarda la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità, comprese quelle con disabilità mentali; le persone con disabilità continuano a essere vittime di stigmatizzazione, coercizione, trattamento forzato, ricovero contro la volontà dell'interessato e sterilizzazione forzata;
è stato stigmatizzato come la privazione della capacità giuridica e i regimi dei processi decisionali sostitutivi sono ancora considerati una soluzione praticabile in quasi tutti gli Stati membri dell'Unione europea, in aperta violazione del consenso libero e informato che dovrebbe stare sempre alla base di qualsiasi prestazione sanitaria, anche e soprattutto se rivolta alle persone con disabilità;
per ovviare alle lacune nell'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, l'Unione europea ha lanciato una strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030, che offre sostegno alle autorità nazionali, regionali e locali nei loro sforzi volti a deistituzionalizzare le persone con disabilità e a facilitare la vita indipendente; l'audizione ha rappresentato l'occasione per invitare gli Stati membri a colmare le specifiche lacune nazionali e a migliorare i loro sistemi sanitari impiegando i fondi disponibili come quelli del PNRR, per modernizzare i sistemi sanitari e migliorare l'accesso all'assistenza sanitaria;
Pirkko Mahlamàki del Forum europeo sulla disabilità ha sottolineato l'importanza di coinvolgere persone con diversi tipi di disabilità nella progettazione, nell'attuazione e nel monitoraggio delle politiche sanitarie, compresa la formazione degli operatori sanitari: con una formazione migliore e più specifica si potrebbero evitare la stigmatizzazione e la discriminazione da parte di chi presta assistenza sanitaria;
in questo quadro appare senz'altro necessario e strategico raccogliere dati sui sistemi sanitari e sulle possibili forme di discriminazione riscontrate dalle persone con disabilità; tuttavia si registra nel nostro paese l'assenza di un monitoraggio adeguato;
Satish Mishra dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha presentato il quadro d'azione europeo dell'Oms per l'adozione di norme sostenibili più rigorose in materia di salute delle persone con disabilità; il quadro persegue quattro obiettivi: garantire un accesso equo ai servizi, promuovere la salute e il benessere, sviluppare politiche e programmi inclusivi in materia di disabilità e creare una base di conoscenze comprovate in materia di disabilità e salute; il quadro è accompagnato da un piano di attuazione dettagliato e da un quadro di valutazione del monitoraggio con 14 obiettivi da realizzare e 51 indicatori di progresso e di successo, che dovrebbero aiutare i Paesi a raggiungere i traguardi perseguiti,
Jesus María Martín Bianco, del Ministero spagnolo degli affari sociali, ha presentato la strategia nazionale spagnola in materia di salute: un piano incentrato sulla prevenzione sanitaria e sulla promozione della salute per le persone con disabilità che dispone di un bilancio pari a quasi 140 milioni di euro; «La Spagna è impegnata ad attuare politiche sanitarie basate sulla fornitura universale e gratuita di servizi pubblici, sui diritti umani, su un approccio incentrato sulla persona, su una prospettiva di genere e su una vita indipendente, ha dichiarato Martín Blanco. Il piano mira a consentire alle persone con disabilità di vivere in modo indipendente e di essere incluse nella comunità grazie ad alloggi e servizi accessibili e basati sulla comunità; ha aggiunto che è stata dedicata particolare attenzione ai diritti sessuali e riproduttivi delle donne e delle ragazze con disabilità: abbiamo adottato garanzie giuridiche e abbiamo dichiarato che le sterilizzazioni e gli aborti coercitivi costituiscono violenza contro le donne».
non vi è dubbio, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, che il Sistema sanitario nazionale italiano abbia clamorosamente «dimenticato» il malato con disabilità che pure è l'avventore più frequente delle strutture sanitarie e socio-sanitarie;
l'istituzionalizzazione, la coercizione, il trattamento forzato, le sofferenze e il ricovero sono pratiche purtroppo ancora diffuse nonostante siano vere e proprie violazioni dei diritti umani;
il tema dell'accessibilità alle cure per ogni individuo è fondamentale e riguarda tutta la collettività, poiché discende proprio dall'articolo 32 della Costituzione che ha connotato il nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn), istituito con la legge n. 833 del 1978, di princìpi fondamentali come l'universalità, l'uguaglianza e l'equità; l'universalità comporta che le prestazioni sanitarie siano fruibili, uniformemente, da tutte le persone che si trovano nel nostro Paese attraverso i servizi erogati dalle strutture sanitarie dislocate nel territorio; l'uguaglianza comporta che tutti i cittadini devono poter accedere alle prestazioni del Ssn senza distinzione alcuna e l'equità, invece, comporta che tutti i cittadini possano accedervi con parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute;
è proprio dall'articolo 32 della Costituzione e dal connubio di universalità, uguaglianza ed equità che consegue il compito/dovere dello Stato di finanziare il Ssn e di sostenerlo economicamente e di garantire e tutelare la salute dell'intera collettività e dunque anche delle persone con disabilità;
il pieno riconoscimento della dignità e dei diritti delle persone con disabilità comporta la necessità di abbattere le disuguaglianze in tutti i settori, della sanità prima di tutto poiché è proprio la salute che segna il livello di civiltà di un popolo e senza di essa si torna indietro nella storia;
le disuguaglianze sanitarie sono generate dai costi rilevanti delle cure, dalla inaccessibilità di trasporti e strutture sanitarie, dalla stigma che colpisce la persona con disabilità e dalla inadeguata formazione del personale sanitario e socio-sanitario sulle modalità di relazione e di approccio alla disabilità;
il progetto Dama (Disabled Advanced Medical Assistance) è nato nel 2001 presso l'Ospedale S. Paolo di Milano ed è un modello di accoglienza ospedaliera in grado di prendersi cura dei problemi di salute delle persone con disabilità in maniera innovativa e flessibile e intelligente; si basa su soluzioni alternative al ricovero, più efficaci e più appropriate come i ricoveri in day Hospital e i percorsi ambulatoriali personalizzati, anche molto complessi; il progetto Dama fonda il proprio successo su di un legame coi medici del territorio;
il progetto Dama ha l'obiettivo di «adattare» e personalizzare il percorso sanitario della persona con disabilità e in attuazione della «Carta dei Diritti delle persone con disabilità in Ospedale» si propone di ridurre le difficoltà di accesso alle cure e di garantire il diritto alla salute tramite una équipe in grado di coordinare l'attività diagnostica e terapeutica all'interno della struttura ospedaliera, con un'adeguata attenzione all'ascolto e all'accoglienza; ideato in Lombardia si sta diffondendo anche in altre regioni come esperienza virtuosa da replicare, ove possibile, sull'intero territorio nazionale,
impegna il Governo:
a rendere il Ssn più inclusivo tenendo conto, in ogni processo decisionale, delle persone con disabilità e finanziando adeguatamente, in ottemperanza alla sentenza n. 275 del 2016 della Corte costituzionale, qualsiasi intervento che sia finalizzato a garantire l'accessibilità delle infrastrutture sanitarie, a creare consapevolezza, sia tra le persone con disabilità che tra gli operatori sanitari, circa i diritti e le esigenze delle persone con disabilità in questo campo e a garantire le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie delle persone disabili;
ad istituire un monitoraggio efficacie sull'adeguatezza e l'accessibilità alle cure per le persone con disabilità nelle strutture sanitarie e sulle possibili forme di discriminazione riscontrate dalle persone con disabilità;
ad incentivare le strutture sanitarie ad acquisire le migliori dotazioni strutturali ed organizzative per l'accessibilità e l'inclusione, anche attraverso la creazione di una rete di strutture pubbliche e convenzionate virtuose, prendendo ad esempio il progetto Dama descritto in premessa ovvero diffondendolo, quale esperienza virtuosa, in tutto il territorio nazionale;
ad adottare iniziative volte a prevedere che la predisposizione di un percorso dedicato per le persone con disabilità e di percorsi tattili e mappe tattili per i non vedenti e display luminosi per persone con disabilità uditiva sia un elemento qualificante e necessario per l'accreditamento e il convenzionamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie;
ad adottare le iniziative di competenza volte ad assicurare che tutte le strutture ospedaliere e soprattutto i pronto-soccorso abbiano locali e spazi idonei alla visita medica di persone con disabilità intellettiva/cognitiva e percorsi diagnostici e terapeutici adeguati, con équipe multidisciplinare dedicata che segua il paziente in continuità territoriale;
ad agevolare l'assistenza domiciliare per la persona con disabilità;
ad adottare iniziative volte ad assicurare, sia nella formazione di base delle università sia nell'ambito della formazione continua in medicina (Ecm) una formazione specifica del personale sanitario e socio-sanitario affinché sia in grado di relazionarsi e di assistere correttamente la persona con disabilità, tenendo conto delle diverse disabilità;
a coinvolgere persone con diversi tipi di disabilità nella progettazione, nell'attuazione e nel monitoraggio delle politiche sanitarie, compresa la formazione degli operatori sanitari;
ad adottare le iniziative di competenza volte ad autorizzare interventi edilizi sanitari solo ed esclusivamente se inclusivi della rimozione di ogni barriera architettonica;
ad adottare iniziative idonee a ridurre la mobilità sanitaria per le persone con disabilità;
ad intervenire con rigore affinché le persone con disabilità non siano in nessun caso vittime di stigmatizzazione, coercizione, trattamento forzato, ricovero contro la volontà dell'interessato e sterilizzazione forzata;
ad adottare iniziative volte ad eliminare ogni forma di privazione della capacità giuridica che non sia strettamente necessaria per il bene superiore della persona con disabilità, agevolando sempre l'espressione del consenso libero e informato che dovrebbe stare sempre alla base di qualsiasi prestazione sanitaria, anche e soprattutto se rivolta alle persone con disabilità;
a rafforzare percorsi sanitari di deistituzionalizzazione, incentivando l'assistenza domiciliare ove possibile;
(7-00157) «Marianna Ricciardi, Quartini, Sportiello, Di Lauro».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
BONAFÈ, FOSSI, MAURI, SIMIANI, BOLDRINI, FURFARO, GIANASSI, SCOTTO e DI SANZO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 2 gennaio 2023, numero 1 (convertito dalla legge numero 15 del 2023) reca disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare;
il provvedimento ha di fatto inasprito, ad avviso degli interroganti, in modo inaccettabile, il codice di condotta per i salvataggi in mare delle navi umanitarie prevedendo multe e sanzioni per i trasgressori;
la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa ha infatti chiesto ripetutamente all'Italia di ritirare il decreto sulle navi umanitarie o almeno di rivedere alcune norme perché in palese violazione dei trattati internazionali e dei diritti umani dei migranti;
nonostante le richieste europee navi umanitarie sono state multate e sottoposte a fermo amministrativo dopo aver salvato vite in mare: l'ultima in ordine temporale la nave Open Arms il 30 settembre 2020 «colpevole» di aver soccorso in tre differenti operazioni 176 persone (di cui 94 minori in un gommone, senza familiari e provati dal viaggio). In tutti e tre i casi Open Arms era l'unica nave nei pressi delle imbarcazioni in pericolo ed ha informato preventivamente le autorità competenti senza però ricevere alcuna risposta;
a seguito di tali operazioni di salvataggio Open Arms, dopo aver raggiunto il porto di Marina di Carrara, ha ricevuto un provvedimento di fermo amministrativo di 20 giorni ed una multa di migliaia di euro;
Open Arms sarebbe stata interdetta e multata solamente per aver soccorso alcune imbarcazioni in difficoltà, dopo aver effettuato il primo intervento di recupero coordinato con le autorità, durante la navigazione verso il porto di sbarco assegnato, peraltro uno degli approdi più lontani rispetto alle operazioni di salvataggio;
a quanto risulta agli interroganti il fermo creerebbe ulteriori problemi alla nave umanitaria confinata ad ormeggiare non al porto ma in rada e costretta ad utilizzare per gli spostamenti verso il porto un'agenzia che per ogni viaggio chiede 300 euro; nonostante Open Arms abbia gommoni abilitati ma non autorizzati a tali spostamenti;
si tratta peraltro di una nave umanitaria (che collabora fattivamente con il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto) già sanzionata dalle autorità italiane nello scorso mese di agosto 2023 soltanto per aver soccorso alcune imbarcazioni in difficoltà durante la navigazione verso il porto di sbarco assegnato;
punire e sanzionare le navi umanitarie è una condotta apertamente in contrasto con i principi e le norme consuetudinarie e pattizie del diritto internazionale che garantiscono il diritto a tutti gli individui di essere soccorsi in mare, parallelamente all'obbligo degli Stati di prestare soccorso; appare inoltre incomprensibile l'atteggiamento delle autorità italiane che vorrebbero imporre alle navi umanitarie quanti e quali imbarcazioni soccorrere, senza valutare preventivamente la gravità degli eventi;
è altrettanto palese come l'intervento delle navi umanitarie sia sempre più necessario, a causa dell'aumento incontrollato degli sbarchi di migranti, raddoppiato secondo i dati del Viminale rispetto al 2022 e pari a oltre 89 mila nei primi sette mesi dell'anno;
limitare, rallentare e bloccare le navi umanitarie non ha quindi come conseguenza la riduzione degli sbarchi ma soltanto l'aumento esponenziale di morti in mare, spesso bambini. A maggior ragione visto che, a fronte dell'aumento consistente degli arrivi, si registra una riduzione significativa della percentuale dei salvataggi da parte delle navi delle Ong, che passano dall'11 per cento del 2022 al 4 per cento del 2023;
sull'inasprimento delle sanzioni delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare è già stata presentata l'interrogazione a risposta in Commissione numero 5/01255 ad oggi ancora senza risposta –:
se il Governo non ritenga urgente e necessario, in relazione a quanto espresso in premessa, adottare le iniziative di competenza volte a sospendere le sanzioni pecuniarie e amministrative commutate a Open Arms (e alle altre navi umanitarie) perché contrarie agli indirizzi comunitari ed al diritto internazionale, ed al fine evitare soprattutto ulteriori perdite di vite umane.
(5-01454)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, per sapere – premesso che:
come riportato da diversi articoli di stampa, nelle scorse settimane il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha autorizzato, in deroga per i prossimi tre anni, l'immissione di larve di coregone – specie ittica nota anche con il nome di «lavarello» – dagli incubatoi nel lago di Como e nel lago d'Iseo, mentre questa possibilità non è stata concessa al lago di Garda;
tale decisione è stata giustificata con la volontà di tutelare una specie autoctona a rischio di estinzione come il carpione, nonostante le ricerche scientifiche non siano state completate e gli studi specifici sulla biomassa e sulle specie non abbiano finora dimostrato una effettiva relazione causale di rivalità tra le due specie;
ad oggi, il coregone è il pesce lacustre più richiesto e vale per circa l'80 per cento del pescato nel lago di Garda. Si tratta, quindi, di una risorsa estremamente importante per il mercato ittico locale, per il settore della ristorazione e in generale per il tessuto economico del Benaco;
la discriminazione decisa a detrimento degli operatori del lago di Garda, vista anche la chiusura da oltre due anni dell'incubatoio di Desenzano, non si può giustificare né sulla base della categorizzazione del coregone come specie «alloctona» né sul fatto che il lago di Garda, a differenza degli altri due, giaccia su tre diverse regioni;
l'estremismo ambientalista, che non deriva unicamente da direttive europee, non può essere usato come strumento ideologico a discapito di pescatori e ristoratori, i quali per decenni hanno condotto e sviluppato le proprie attività economiche basate in modo predominante sul coregone, e degli stessi consumatori –:
se non ritengano di concedere in deroga, al pari di quanto concesso ai laghi di Como e d'Iseo, l'immissione di larve di coregone nel lago di Garda, sia alla luce dell'importanza di questa specie ittica per il tessuto economico locale che dell'assenza di prove scientifiche inconfutabili che attribuiscano la responsabilità a tale specie della sopravvivenza di altre specie autoctone.
(2-00238) «Benzoni, Richetti».
Interrogazioni a risposta immediata:
BATTISTONI, CORTELAZZO, MAZZETTI, BARELLI, ARRUZZOLO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BENIGNI, DEBORAH BERGAMINI, CALDERONE, CANNIZZARO, CAPPELLACCI, CAROPPO, CASASCO, CATTANEO, DALLA CHIESA, D'ATTIS, DE PALMA, FASCINA, GATTA, MANGIALAVORI, MARROCCO, MULÈ, NEVI, ORSINI, NAZARIO PAGANO, PATRIARCA, PELLA, PITTALIS, POLIDORI, ROSSELLO, RUBANO, PAOLO EMILIO RUSSO, SACCANI JOTTI, SALA, SORTE, SQUERI, TASSINARI, TENERINI e TOSI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'evoluzione dei modelli economici a livello globale ha evidenziato l'importanza di alcuni minerali ormai necessari in numerose filiere strategiche;
tali materiali – come rame, grafite, nichel, litio, silicio, manganese, titanio, cobalto e le altre terre rare – sono essenziali per realizzare componenti tecnologiche, magneti, batterie e semiconduttori;
i Paesi dell'Unione europea evidenziano una dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche superiore all'80 per cento, nonché un ruolo marginale nelle altre fasi delle catene del valore di tali tecnologie;
l'industria europea rischia di non riuscire a perseguire una leadership nelle filiere strategiche per la transizione ecologica e digitale, ma anche di compromettere la capacità di centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusivo e duraturo alla base di Green deal e Digital compass;
in uno scenario coerente con la neutralità climatica, la Commissione europea stima che al 2050 la domanda annua di litio da parte dell'Unione europea potrebbe aumentare di 20 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15, per le terre rare decuplicherebbe;
nella proposta quadro dell'Unione europea (marzo 2023) per garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle 34 materie prime considerate critiche, si prevedono al 2030 gli obiettivi di produrre internamente il 10 per cento del necessario e di ricavarne un altro 15 per cento dal riciclo;
nel suo parere su tale proposta (giugno 2023) la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) della Camera dei deputati ha giudicato irrealistico l'obiettivo del 15 per cento per il litio e ha chiesto di inserire nell'elenco delle materie prime strategiche l'alluminio e in quello delle materie prime critiche zinco, fosforo e neon;
l'Italia utilizza nella propria produzione tutte le materie prime considerate strategiche e critiche dall'Unione europea, ma sono dieci quelle principali: rame, manganese, silicio metallico, nichel, magnesio, grafite, cobalto, terre rare, litio e titanio;
a fronte di tali problematiche l'Italia sta lavorando per rafforzare conoscenza e governance tramite l'istituzione del «Tavolo nazionale per le materie prime critiche», che si concentra su linee di intervento, quali: l'analisi del potenziale geominerario tradizionale ed innovativo legato all'estrazione urbana; il rafforzamento dell'economia circolare; la ricerca e l'innovazione di prodotti e consumi;
la prospettiva del riciclo è una realtà per molte materie prime critiche. Esso costituisce una vera e propria «miniera urbana» che riduce la dipendenza e abbatte gli impatti ambientali. Sui raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) l'Italia ha un tasso di riciclo superiore al 35 per cento –:
quali ulteriori iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per rafforzare l'approvvigionamento interno delle materie prime considerate strategiche e critiche.
(3-00721)
ILARIA FONTANA, PAVANELLI, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO, APPENDINO, CAPPELLETTI, TODDE e SERGIO COSTA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
a giugno 2023 il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato, ai sensi dell'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, il catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (sad) e dei sussidi ambientalmente favorevoli (saf) riferito all'anno 2021, ossia l'elenco dei sussidi alle imprese e alle famiglie che sostengono in modo diretto o indiretto un'attività che reca un danno all'ambiente e di quelli ambientalmente sostenibili;
i sussidi ambientalmente dannosi, contravvenendo al principio del «chi inquina paga», rappresentano un doppio costo per la società, poiché, con incentivi pubblici, indirizzano le scelte di aziende e consumatori su modalità più inquinanti, per le quali la collettività deve pagare il costo delle esternalità (ambientali e sanitarie);
in base ai dati forniti dal catalogo, la spesa per i sussidi ambientalmente dannosi è cresciuta in modo significativo negli ultimi due anni di rilevazione, passando da 19,2 miliardi di euro nel 2020 a 22,3 miliardi di euro nel 2021, con una crescita percentuale di oltre il 16 per cento;
la comunità internazionale, già nel 2009 al G20 di Pittsburgh, si è impegnata ad «eliminare e razionalizzare nel medio termine gli inefficienti sussidi ai combustibili fossili», esigenza confermata nei successivi consessi internazionali (G7, G8, G20, Unione europea, Ocse), che si sono posti come obiettivo una riforma dei sussidi ambientalmente dannosi;
i sussidi ambientalmente dannosi devono essere cancellati completamente dall'ordinamento italiano, attraverso una transizione che preveda la trasformazione dei sussidi ambientalmente dannosi in sussidi ambientalmente favorevoli, per non danneggiare i settori economici interessati e favorire il percorso di conversione del sistema produttivo e di consumo verso un modello di sviluppo sostenibile;
gli impegni assunti dal nostro Paese a livello internazionale impongono l'adozione di politiche conseguenti e coerenti – finalizzate all'adozione di un modello economico ambientalmente sostenibile – che dovranno essere ribadite in occasione della prossima conferenza delle parti che si terrà a Dubai a partire dal 30 novembre 2023;
appare necessario e urgente l'aggiornamento del catalogo all'anno 2022 –:
se il Ministro interrogato intenda avviare una revisione organica degli incentivi al fine di convertire i circa 22 miliardi di euro di risorse pubbliche che compongono i sussidi ambientalmente dannosi – ad oggi previsti dall'ordinamento italiano e indicati nel catalogo – in risorse finalizzate allo sviluppo sostenibile e alla lotta al cambiamento climatico, ossia sussidi ambientalmente favorevoli, promuovendo equivalenti misure economiche di supporto green e accompagnando il processo riallocativo con azioni di compensazione economica nei confronti di imprese, cittadini e lavoratori.
(3-00722)
RUFFINO, BENZONI, RICHETTI, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA, GRIPPO, MARATTIN e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
a luglio 2023 il Governo ha trasmesso alla Commissione europea la proposta di aggiornamento del Pniec, il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, il quale recepisce i nuovi target imposti dal RePowerEu, ma mette correttamente in evidenza la difficoltà a raggiungerli nei tempi indicati dalla Commissione;
con riferimento all'accelerazione della produzione di energia da fonti rinnovabili, l'attuale proposta prevede un innalzamento, rispetto agli obiettivi «Fit for 55», della quota di rinnovabili sui consumi finali di energia dal 40 per cento al 45 per cento, in media Unione europea;
per quanto riguarda l'Italia, tuttavia, sia gli obiettivi del «Fit for 55» sia, a maggior ragione, gli obiettivi del REPowerEU sono di fatto irrealizzabili nei tempi previsti;
gli scenari elaborati dalla stessa Commissione europea per ciascun Paese membro, relativamente all'attuazione del pacchetto «Fit for 55», prima ancora delle modifiche di REPowerEU, confermano più in dettaglio le difficoltà;
nel settore dell'energia, in Italia, entro il 2030 l'intensità energetica dovrebbe ridursi del 22 per cento, con un tasso di riduzione annua quasi 5 volte superiore a quello medio dal 1990 ad oggi; si dovrebbe soddisfare con fonti rinnovabili il 36 per cento degli usi finali di energia;
sarebbe necessario installare, entro il 2030, 107 gigawatt aggiuntivi di fotovoltaico ed eolico, cioè in media 13 gigawatt all'anno (oltre 4 volte le installazioni record del 2022);
al tempo stesso, occorre procedere con lo sviluppo delle tecnologie a fonte rinnovabile, per aumentare la capacità installata; per gli impianti eolici e fotovoltaici onshore e offshore di taglia superiore a 2 megawatt, è necessario che il Governo solleciti le regioni a individuare al più presto le aree idonee ed eserciti rapidamente i propri poteri sostitutivi in caso di inadempienza;
le richieste di autorizzazione oggi pendenti relative a impianti di taglia superiore a 2 megawatt non potranno che essere valutate a valle dell'individuazione delle superfici e aree idonee –:
se intenda specificare nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima il percorso verso l'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica che l'Italia ritiene più sostenibile, indicando gli scenari da qui al 2050 – con tempi e contributi delle diverse tecnologie rinnovabili, inclusa quella nucleare – e, a tal fine, quale scadenza temporale intenda dare, per quanto di competenza, alle regioni per l'individuazione delle aree idonee ad ospitare i grandi impianti onshore e offshore a fonte rinnovabile di taglia superiore a 2 megawatt.
(3-00723)
ZINZI, PIERRO, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO e ZOFFILI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la Corte di giustizia europea ha condannato l'Italia al pagamento di una somma forfettaria di 20 milioni di euro e una penalità di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell'attuazione delle misure previste da sentenze di interesse della regione Campania, suddivisa in 3 quote che si riducono nel tempo, in seguito all'adozione di misure dirette ad assicurare sia che i rifiuti comunemente conosciuti come «ecoballe» siano recuperati o smaltiti senza pericolo per salute pubblica e ambiente, sia la creazione di una rete adeguata e integrata di impianti di trattamento e smaltimento;
l'articolo 2 del decreto-legge n. 185 del 2015 e il comma 475 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 hanno assegnato complessivamente alla regione Campania 450 milioni di euro per l'attuazione di un piano straordinario di interventi riguardanti lo smaltimento delle «ecoballe» e la bonifica e riqualificazione ambientale dei diversi siti del territorio campano interessati;
si tratta di 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti stoccati in balle da più di 20 anni in 16 siti del territorio regionale, che, con la perdita di peso e i roghi avvenuti, sono stati ricalcolati in 4,4 milioni;
anni addietro risultava rimosso appena il 13 per cento del totale dei rifiuti, mentre l'obiettivo del piano, annunciato nel 2016, era quello di rimuovere, nella prima fase, entro il 31 dicembre 2019, il 100 per cento delle «ecoballe» stoccate, anche grazie alla prevista implementazione di due nuovi impianti (a Caivano e Giugliano in Campania) all'avanguardia nel recupero di materiali riciclabili e produzione di css (combustibile da utilizzare in centrali elettriche e cementifici);
secondo i report della regione Campania, nonostante l'entrata in funzione dei suddetti impianti, sarebbero state smaltite circa 1.200.000 tonnellate di rifiuti stoccati in balle e, pertanto, ne resterebbe da smaltire ancora più del 70 per cento prima di poter tagliare la sanzione europea;
pertanto, a più di 8 anni dall'avvio del piano e nonostante gli ingenti finanziamenti statali autorizzati per la Campania e le penali giornaliere versate alla Commissione europea, lo smaltimento delle «ecoballe» non è ancora concluso e, soprattutto, mancano notizie circa l'effettiva riconversione dei siti che le hanno ospitate per 20 anni e che necessiteranno, con ogni probabilità, di operazioni di bonifica non finanziate nel piano originario –:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza per verificare lo stato di attuazione delle procedure di rimozione delle «ecoballe» e di recupero delle aree, per garantire risposte certe ai cittadini campani preoccupati sempre di più per la propria salute, il territorio e l'ambiente.
(3-00724)
FERRARI, SIMIANI, BRAGA, CURTI, SCARPA, FORNARO, CASU e GHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la transizione energetica, fondamentale per mitigare e rallentare l'evolvere della crisi climatica, è anche una priorità assoluta per lo sviluppo sostenibile del territorio;
in tal senso le comunità energetiche costituiscono un vero e proprio modello alternativo di sviluppo e di società che permette a persone, associazioni, scuole, comuni, imprese, case popolari di costituire una comunità per produrre e condividere energia pulita rinnovabile;
la costituzione delle comunità energetiche consente di raggiungere due obiettivi fondamentali: abbattere il costo delle bollette, obiettivo molto importante visto che il nostro Paese è dipendente dalle fonti fossili, soprattutto dal gas – e ciò ci espone a periodiche crisi energetiche – e aiutare il pianeta e la salute, riducendo le emissioni climalteranti e favorendo la decarbonizzazione;
il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, pur avendo annunciato l'avvio dell'iter con l'Unione europea sulla proposta di decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, pur rassicurando ciclicamente sul completamento imminente della normativa, non ha fornito alcun chiarimento in relazione agli incentivi e ai tempi di conclusione del procedimento;
intervenendo in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati il 6 settembre 2023, il presidente del Gestore dei servizi energetici Arrigoni, in realtà, ha dichiarato che la notifica formale della proposta di decreto alla Commissione europea è stata fatta solo nel mese di luglio 2023 e non il 23 febbraio 2023;
così pure il Ministro interrogato ha confermato, rispondendo ad un'interrogazione (n. 3-00480), che il 23 febbraio 2023 è stata avviata solo la fase di prenotifica e che la data di trasmissione formale alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, è avvenuta molto più tardi;
permangono, quindi, ritardi continui e incomprensibili sulle comunità energetiche che danneggiano pesantemente il nostro Paese, i cittadini e le imprese, ancora una volta pronti ad accettare la sfida della transizione ecologica;
mancano risposte anche sulle promesse fatte in relazione ai 2,2 miliardi di euro a fondo perduto per le comunità energetiche nei comuni sotto i 5.000 abitanti con l'attivazione di oltre quindicimila nuovi impianti –:
quali azioni di negoziazione abbia intrapreso o intenda intraprendere il Ministro interrogato per la progressiva condivisione con la Commissione europea del testo che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, al fine di consentire un'immediata attivazione delle comunità energetiche, garantendo, inoltre, l'attuazione delle misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per le comunità energetiche nei piccoli comuni.
(3-00725)
BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il terribile attacco terroristico di Hamas contro i civili israeliani ripropone drammaticamente la questione palestinese e la questione della sicurezza energetica. Tra i finanziatori del gruppo terroristico, oltre all'Iran, vi sono Paesi come il Qatar e l'Algeria, che politicamente lo sostengono;
nel 2022 il Qatar ha fornito all'Italia circa 7 miliardi di metri cubi di gas, l'Algeria 24;
di fronte a questo scenario d'instabilità geopolitica il Governo, invece di investire sull'autonomia energetica e tecnologica, ha deciso di trasformare l'Italia in un hub del gas;
tra i vari progetti di rigassificazione ci sono quello di Ravenna e Savona. Il primo prevede, a 8,5 chilometri dalle coste, l'ormeggio di una nave della Snam di stoccaggio e rigassificazione, con una capacità continua di 5 miliardi di metri cubi;
ad aprile 2023 è stata inviata alla regione Emilia-Romagna una petizione sottoscritta da ventuno gruppi, tra comitati, associazioni, organizzazioni sindacali e partiti, affinché venga sospesa l'autorizzazione all'installazione del rigassificatore fino a quando non sarà chiarita, in modo inequivocabile, la questione del nulla osta rilasciato dal Ministero delle imprese e del made in Italy che non avrebbe ottemperato alla condizione che prevedrebbe che tutte le opere siano realizzate in conformità al progetto «FSRU Ravenna e collegamento alla rete nazionale gasdotti numero REL-PROG-E 00001 di luglio 2022»;
il nulla osta conterrebbe una procedura di collaudo tecnicamente impossibile da superare, poiché sarebbe in contrasto con il fenomeno fisico della dilatazione termica dei materiali, il rischio d'esplosione del metano e una temperatura del gas troppo bassa per le tubazioni previste;
il rigassificatore di Savona insiste in un'area delicata sul piano ambientale, poiché sarebbe dentro il più bistrattato dei santuari, quello dei cetacei;
l'Italia ha un'ampia capacità d'approvvigionamento di gas: oltre 83 miliardi di metri cubi all'anno e i consumi sono in costante calo, da 76,4 miliardi di metri cubi nel 2021 si è scesi a 68,7 miliardi di metri cubi nel 2022 (a fine luglio 2023 si è a –15 per cento). Inoltre, il progressivo sviluppo delle fonti rinnovabili permetterà nel 2030 di fare a meno di altri 20 miliardi di metri cubi di gas –:
se il Ministro interrogato non ritenga di verificare, per quanto di competenza, anche sulla base delle premesse formulate, la correttezza tecnica e giuridica degli atti autorizzativi relativi al rigassificatore di Ravenna, questo a garanzia della sicurezza e in ottemperanza alla direttiva 2012/18/UE, recepita dal decreto legislativo n. 105 del 2015, e, nello stesso tempo, non autorizzare il rigassificatore a Savona preservando così il santuario dei cetacei.
(3-00726)
PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il progetto di ricollocamento della nave rigassificatrice Golar Tundra a 4 chilometri dalla costa di Vado e a 2,9 chilometri da quella di Savona sta sollevando grandi preoccupazioni. La decisione regionale appare incoerente con la pianificazione territoriale ed economica, sovraccaricando ulteriormente la Liguria di rischi sanitari e ambientali;
la quasi totalità degli amministratori locali a Ponente respingono il piano e i cittadini sono scesi più volte in piazza per manifestare la contrarietà all'operazione e la volontà di proteggere il proprio mare;
le associazioni ambientaliste a loro volta si oppongono, anche in considerazione del fatto che il rigassificatore verrà posizionato a 400 metri da un deposito coralligeno e all'interno dell'area marina che fino al 2022, su proposta della stessa regione Liguria, sarebbe dovuta rientrare nella riperimetrazione della zona speciale di conservazione «Fondali Noli-Bergeggi»;
oltre ciò, il progetto prevede una distanza da terra insufficiente, se confrontata con quella ritenuta necessaria per le altre unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione posizionate sulle coste italiane. Inoltre, la Liguria ospita già un rigassificatore; pertanto, in base al principio del burden sharing, la collocazione di un nuovo impianto andrebbe individuata tra le regioni ad oggi sprovviste;
ma l'interrogativo è se vi sia realmente necessità di un nuovo rigassificatore. Dai dati della recente analisi, redatta dai ricercatori di ReCommon, risulta che la domanda di gas nel nostro Paese è in costante diminuzione e la capacità infrastrutturale del sistema garantisce oggi quasi il doppio della domanda del gas prevista al 2026 (anno di inizio di operatività della Golar Tundra) nello scenario di consumo più alto. Vacilla, dunque, la tesi secondo cui si tratterebbe di un intervento strategico di pubblica utilità, indifferibile e urgente;
i dubbi sul tavolo sono molteplici. L'Istituto superiore di sanità ha presentato le proprie osservazioni, da cui emergono numerose matrici ambientali che non sono state prese in considerazione per la valutazione dell'impatto dell'impianto di rigassificazione. E i vigili del fuoco hanno chiesto chiarimenti sul progetto, articolando le osservazioni in 19 punti, sospendendo i termini dell'iter procedurale –:
se alla luce degli elementi esposti in premessa, relativamente alla domanda e all'offerta di gas, e delle problematiche in ordine alla tutela del paesaggio nonché della salute dei cittadini, intenda fornire i dati relativi alla valutazione tecnica ed economica circa la sostenibilità del ricollocamento della nave rigassificatrice Golar Tundra, con particolare riguardo alla tutela dei «Fondali Noli-Bergeggi».
(3-00727)
LUPI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la regione Liguria si è resa disponibile a ospitare al largo delle proprie coste la struttura del cosiddetto «rigassificatore», un'opera strategica per l'approvvigionamento di gas dello Stato italiano, essenziale per proseguire il percorso avviato nella XVIII legislatura di riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche della Federazione russa;
la previsione di ricorrere ai rigassificatori è parte integrante, infatti, dei Piani nazionali integrati per l'energia e il clima (Pniec), di cui il Paese si è dotato già con il precedente Esecutivo, per fornire una risposta adeguata alle emergenze energetiche;
la costruzione del cosiddetto «rigassificatore» rappresenta un elemento fondamentale, non alternativo, bensì complementare, agli investimenti nel settore delle energie rinnovabili;
il Mar Ligure occidentale è stato individuato come l'area adatta ad accogliere l'infrastruttura di rigassificazione, ai sensi del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91;
a questo proposito il gruppo parlamentare Noi Moderati, nel corso della seduta della X Commissione della Camera dei deputati del 13 settembre 2023, ha presentato un'interrogazione in risposta alla quale la Viceministro, onorevole Vannia Gava, ha definito il rigassificatore, che sarà collocato nelle acque antistanti il comune di Vado Ligure, di pubblica utilità, indifferibile e urgente;
la titolarità della declinazione dettagliata del progetto e la competenza sulla procedura di valutazione di impatto ambientale sono in capo al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, con riguardo agli aspetti relativi alla sicurezza;
il Ministro interrogato, inoltre, ha incontrato l'8 settembre 2023 a Genova il presidente della regione Liguria e commissario di Governo per il rigassificatore, Giovanni Toti, evidenziando come questa nave rigassificatrice nel Mar Ligure sia importante per il Paese e, al contempo, debba rappresentare un contributo alla valorizzazione delle aree interessate –:
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evidenziare la rilevanza strategica dell'opera, garantirne la sicurezza e assicurare le relative opere compensative per il territorio interessato.
(3-00728)
FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CARAMANNA, MATTIA, ZUCCONI, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, IAIA, LAMPIS, FABRIZIO ROSSI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l'ordinamento giuridico prevede norme per l'erogazione di contributi per l'acquisto e la messa in opera di colonnine elettriche, in particolare ci si riferisce a quelli destinati a persone fisiche nell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, nonché ai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società;
la misura consiste in un contributo per le spese di installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici, anche al fine di raggiungere specifici obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di punti di ricarica rapida;
in particolare, per l'acquisto e l'installazione delle infrastrutture di ricarica possono beneficiare del contributo le imprese che, sia alla data della concessione sia alla data dell'erogazione del contributo stesso, sono in possesso di determinati requisiti individuati nel decreto del 25 agosto 2021 contenente le norme per la «Erogazione di contributi per l'installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici effettuata da persone fisiche nell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, nonché da soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (Ires)»;
si precisa che sono ammesse le sole spese oggetto di fatturazione elettronica;
per avere accesso all'agevolazione, la norma prevede che le risorse siano assegnate all'esito di procedure di selezione nell'ambito del biennio 2023-2024 e ripartite per ambiti e lotti;
le procedure di selezione si devono svolgere in forma telematica nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, della più ampia partecipazione e della tutela della concorrenza, nonché secondo modalità non discriminatorie –:
quale sia lo stato dell'arte della misura citata in premessa.
(3-00729)
Interrogazione a risposta in Commissione:
SCARPA e FERRARI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
da alcuni mesi il dibattito sul tema della siccità in Veneto ha fatto riemergere l'ipotesi della costruzione della cosiddetta diga del Vanoi. Qualora venisse realizzata la diga, alta almeno 116 metri, verrebbe costruita in un'area compresa tra la provincia di Belluno (comune di Lamon) e quella di Trento (Canal San Bovo e Cinte Tesino);
con deliberazione n. 1529 del 17 novembre 2020 la Giunta regionale del Veneto ha approvato il Piano regionale per la ripresa e la resilienza, con il relativo parco progetti (Allegato A della delibera) ai fini del finanziamento con le risorse del Next Generation EU («Recovery Fund»). Tra le opere elencate nell'allegato vi è il progetto: «Difesa idraulica e tesaurizzazione idrica tramite il nuovo serbatoio del Vanoi nel bacino del fiume Brenta»;
il consorzio Brenta successivamente ha provveduto all'aggiornamento dello studio di fattibilità e ha presentato al Ministero delle politiche agricole, nell'ambito del bando Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, una richiesta di finanziamento della progettazione definitiva dell'opera;
ottenuta parte dei finanziamenti, lo stesso consorzio aggiudicava ed affidava la progettazione del «serbatoio del Vanoi» per un importo di 912.600,00 euro con un ribasso del 22 per cento;
in data 3 maggio 2023 con comunicato stampa n. 784, il Presidente della regione Veneto Zaia ha dichiarato che tra l'elenco delle opere per il contrasto della scarsità idrica e l'adeguamento delle infrastrutture idriche al Ministero delle infrastrutture la realizzazione della diga Vanoi è inserita al primo posto con una richiesta di finanziamento di 150.000.000,00 euro;
con nota ufficiale del 18 maggio 2023 la provincia autonoma di Trento esprimeva la sua contrarietà al progetto, lamentando il mancato coinvolgimento nelle operazioni che hanno portato all'affidamento dell'opera e facendo presente che l'invaso del Vanoi sorgerebbe in territorio trentino;
il progetto di fattibilità dell'opera si riferisce unicamente ad una valutazione fatta nel 1989 dallo studio Zollet Ingegneria;
si evidenziano almeno quattro considerazioni che porterebbero motivi di contrarietà al progetto, unitamente al fatto che lo studio di fattibilità preso in esame non tiene conto di nuovi elementi emersi nel tempo:
a) il 24 maggio 2010 si è staccata dalla parete dal monte Totoga una enorme massa di materiale. È crollata parte del versante della Val Cortella, facendo scomparire almeno un centinaio di metri dell'ex strada provinciale, oggi interdetta al traffico, zona che dovrebbe costituire il versante del bacino del Vanoi;
b) sul versante alla destra orografica del Vanoi sono ancora oggi visibili almeno tre frane di modeste dimensioni. Segno evidente dell'instabilità del terreno;
c) i precedenti progetti avviati negli anni 1922-1959-1985-1998 si sono tutti arenati per irrisolvibili problemi geologici della zona in questione;
d) la Carta di sintesi della pericolosità della provincia di Trento inserisce gran parte del territorio in cui dovrebbe costituirsi il bacino nel grado di penalità elevate (P4) sul piano idrogeologico. Tale considerazione è stata fatta pervenire dalla stessa provincia di Trento alla regione del Veneto in data 18 maggio 2023;
è mancato il coinvolgimento, in ogni passaggio che ha portato all'affidamento del progetto, delle comunità interessate delle province di Trento e Belluno, tanto che i sindaci hanno denunciato di avere appreso la notizia dalla stampa;
le procedure previste dalla normativa nazionale per questa tipologia di opere coinvolgerebbero fin da subito i territori, prima di avviare la progettazione vera e propria –:
se siano a conoscenza delle problematiche riportate in premessa riguardanti il progetto di serbatoio sul Torrente Vanoi e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare in relazione al progetto, al fine di garantire la sicurezza idrogeologica delle province di Trento e Belluno.
(5-01458)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle imprese e del made in Italy per sapere – premesso che:
Poste Italiane spa, in data 28 giugno 2023, con procedura di confronto competitivo, da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ha bandito gara pubblica per l'affidamento dei «servizi di trasporto, scorta, contazione, selezione, autenticazione e custodia di denaro e/o valori presso gli Uffici di Poste Italiane e le sedi di SDA Express Courier», di durata 36 mesi e suddivisa in 6 lotti, per un valore complessivo stimato dell'appalto di euro 165.711.219,70 (Iva esclusa);
tale procedura si differenzia nettamente dalle precedenti indette per il medesimo servizio, ed in particolare da quella del 2020 in scadenza, con specifico riguardo alla suddivisione in lotti che in quella ultima risultano notevolmente accorpati;
in particolare, mentre nella gara del 2020 la regione Campania era da sola in uno specifico lotto (quello indicato al n. 8) in ragione della notevole estensione territoriale, della densità abitativa e quindi dell'elevato numero di Uffici Postali di Poste Italiane Spa, nel nuovo appalto, in modo del tutto immotivato, si è proceduto all'istituzione di un unico maxilotto (n. 8) comprendente oltre la Basilicata, Puglia e Calabria, anche la Campania per un complessivo valore stimato in euro 40.567.885,00, oltre quinto d'obbligo;
tale nuovo accorpamento, per come strutturato comprende irragionevolmente un'amplissima estensione territoriale di circa 58.506 chilometri e comprende ben 1.795 uffici postali e filiali di poste italiane (nello specifico Campania 954 uffici postali e 9 filiali; Basilicata 167 uffici postali e 2 filiali; Puglia 472 uffici Postali e 9 filiali; Calabria 180 uffici postali e 2 filiali), escluse le sedi di SDA Express Courier, con una popolazione servita pari a 12.112.800 ed un valore economico di 40 milioni di euro per un solo lotto;
tra le modalità di assegnazione al paragrafo 5 era previsto che «Si specifica che il concorrente deve essere in possesso di licenza prefettizia ex articolo 134 T.U.L.P.S. e successive modificazioni e integrazioni, per le attività oggetto di gara, per almeno una delle province del territorio italiano e aver presentato, alla/e Prefettura/e competente/i, in data antecedente al termine di scadenza delle offerte, istanza di estensione ad altre province che, congiuntamente, consentano l'operatività su tutte le Province comprese nel/i Lotto/i per il/i quale/i il concorrente partecipa; resta fermo che prima della sottoscrizione dell'accordo quadro, pena l'annullamento dell'assegnazione, dovrà essere stata conseguita l'autorizzazione alle estensioni richieste e necessarie per assicurare l'operatività dell'intero territorio del/i Lotto/i oggetto di assegnazione»;
con riguardo alla regione Calabria vi è un solo operatore (sivurtransport Spa) in possesso dei suindicati quesiti di partecipazione alla gara, nello specifico 1) la licenza ex articolo 134 Tulps; 2) qualificazione all'albo fornitori di Poste italiane alla data di trasmissione della lettera di invito a presentare offerta; 3) provvedimento della Banca d'Italia di iscrizione nell'elenco degli operatori non finanziari in materia di antiriciclaggio;
tale monopolio di fatto, implica che solo con l'unione a tale operatore è possibile non solo accedere alla gara ma soprattutto potersi aggiudicare la stessa essendo condizioni suindicate ai numeri 1, 2 e 3 necessarie per l'aggiudicazione;
è innegabile, ad avviso dell'interpellante, che Poste Italiane, senza alcuna congrua motivazione che dia conto dei vantaggi economici e/o tecnico-organizzativi derivanti dall'opzione del lotto unico, ha di fatto conferito ad un unico operatore le sorti e gli esiti della gara pubblica in questione –:
se siano a conoscenza dei fatti denunciati;
quali siano le motivazioni a supporto di quella che ad avviso dell'interpellante è un inspiegabile scelta di Poste Italiane, che di fatto determina a priori il vincitore del lotto n. 5 con estrema compressione della concorrenza e del principio di libero mercato dettati dell'Unione Europea;
quali iniziative di competenza si intenda adottare al fine di assicurare una reale partecipazione dei soggetti economici interessati e tutelare la libera concorrenza.
(2-00237) «Auriemma».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FENU. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nell'anno 2023 si è intensificata l'attività di controllo dell'Agenzia delle entrate nei confronti dei contribuenti, cadendo spesso in evitabili eccessi;
è il caso, da ultimo verificatosi, dell'invio massivo di avvisi di regolarizzazione del quadro Rs del modello dei redditi Fp 2022 per i contribuenti forfetari;
l'invio delle lettere di compliance, non perfettamente aderente al principio (articolo 6-bis del decreto-legge n. 34 del 2019, cosiddetto «decreto semplificazioni») che esonera i contribuenti forfetari dall'indicazione dei dati del quadro RS già in possesso dell'amministrazione, ha sollevato accese polemiche da parte degli addetti ai lavori;
il Governo è prontamente intervenuto per placare le polemiche, nell'ambito dell'ultimo cosiddetto «decreto proroghe fisco», rinviando al 30 novembre 2024 il tanto discusso adempimento;
l'intervento del Governo, però, più che tacitare le proteste (ponendo peraltro nel nulla l'azione dell'Agenzia delle entrate, con evidente spreco di energie e risorse), ha alimentato nuove critiche mettendo anche in rilievo un aspetto allarmante per i contribuenti e che contraddice la stessa linea del Governo, a cui è tanto caro (ma per ora solo «sulla carta») il concetto «fisco amico»;
nel rinviare l'adempimento per i contribuenti, infatti, il Governo ha pensato bene di giustificare espressamente la scelta con la necessità di garantire il «miglior coordinamento delle esigenze informative... con i princìpi della legge 9 agosto 2023, n. 111, in materia di concordato preventivo biennale»;
di male in peggio; oltre a non rimediare alla stortura creatasi, rinviando un onere a cui i contribuenti già non sarebbero tenuti in virtù del principio di non richiedere informazioni già in possesso dell'amministrazione, il Governo mette in luce anche l'obiettivo (finora mai espressamente dichiarato) di richiedere il dato ai forfetari per poter applicare anche nei loro confronti il concordato preventivo biennale;
in sostanza, come già denunciato nelle scorse settimane dagli addetti ai lavori, lo strumento del concordato preventivo si appresterebbe ad essere utilizzato più come un'arma di induzione all'adesione (al fine di fare cassa e con lo spauracchio, in caso contrario, dell'accertamento fiscale) che come strumento di collaborazione, su base volontaria, tra amministrazione finanziaria e contribuenti;
oltre agli avvisi di irregolarità sul quadro RS, con il comunicato stampa pubblicato il 2 ottobre 2023, l'Associazione Nazionale dei commercialisti ha denunciato anche gli avvisi a pioggia che sarebbero in arrivo sul tema delle compensazioni F24, «soprattutto per coloro – si legge nel documento – che hanno aderito alla rottamazione dei ruoli e che solo ora si vedono applicare una sanzione del 50 per cento, a detrimento del vantaggio ottenuto con la rottamazione stessa»;
i disallineamenti tra attività di controllo e previsioni normative non sono più casi isolati; occorre ricordare quanto già accaduto in primavera con il recapito di avvisi bonari che omettevano le proroghe in tema di versamenti previdenziali per i soggetti Isa –:
se non ritenga l'intervento di proroga dell'adempimento al 2024, necessario per tamponare le conseguenze degli avvisi di irregolarità inviati, comunque non risolutivo della questione, con particolare riferimento all'applicazione del principio di cui all'articolo 6-bis del «decreto semplificazioni» del 2019, che esonera i contribuenti forfetari dall'indicare i dati del quadro Rs di cui l'amministrazione è già in possesso;
se non ritenga opportuno adottare iniziative di competenza volte a chiarire l'applicazione del richiamato articolo 6-bis e sanare gli avvisi di irregolarità;
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per evitare in futuro il verificarsi di casi analoghi e garantire una maggiore conformità dell'azione amministrativa con le disposizioni in favore del contribuente;
come intenda evitare che il concordato preventivo biennale si trasformi in uno strumento di «minaccia» del contribuente all'adesione.
(5-01455)
TESTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
il 5 gennaio 2021 la Commissione europea ha parlato di industria 5.0 presentando un documento intitolato «Industria 5.0: verso una industria europea sostenibile, umanocentrica e resiliente», che integra l'attuale paradigma dell'industria 4.0, indicando la ricerca e l'innovazione quali motori per la transizione verso un'industria europea sostenibile, incentrata sull'uomo e resiliente. L'Industria 5.0, quindi, ha le sue radici nel concetto di Industria 4.0, termine coniato in Germania nel 2011, ed è un'iniziativa che nei suoi dieci anni di vita si è concentrata sulla digitalizzazione e sulle tecnologie guidate dall'AI per aumentare l'efficienza e la flessibilità della produzione. Il concetto di Industria 5.0 sottolinea l'importanza della ricerca e dell'innovazione per sostenere l'industria nel suo servizio a lungo termine all'umanità entro i confini del pianeta;
in Italia, il Piano nazionale transizione 4.0 ha preso vita con legge di bilancio 2020 quale vera e propria riforma degli incentivi fiscali già introdotti dal precedente Piano impresa 4.0, varato nel 2016, proponendosi di sostenere ed incentivare l'innovazione tecnologica del tessuto industriale e imprenditoriale italiano, e prevedendo un fitto piano di investimenti grazie ai quali erogare, a sostegno delle imprese, crediti d'imposta finalizzati alla realizzazione di investimenti in beni strumentali, formazione 4.0 e ricerca e sviluppo;
nello specifico, il credito d'imposta per le spese di formazione 4.0 è stato istituito e disciplinato per la prima volta dalla legge di bilancio 2018, con la finalità di agevolare le spese per la formazione del personale dipendente finalizzate all'acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale previste dal Piano nazionale impresa 4.0;
l'agevolazione, inizialmente prevista in via sperimentale solo per il periodo d'imposta 2018, è stata più volte prorogata e modificata e, da ultimo, con la legge di bilancio 2021, il credito d'imposta è stato prorogato fino al 31 dicembre 2022;
il credito d'imposta per la Formazione 4.0 era riconosciuto nella misura del 70 per cento delle spese ammissibili nel limite massimo annuale di 300 mila euro per le piccole imprese, del 50 per cento delle spese ammissibili nel limite massimo annuale di 250 mila euro per le medie imprese e del 30 per cento delle spese ammissibili per le grandi imprese nel limite massimo annuale di 250 mila euro;
per quanto riguarda il 2023, invece, né la legge di bilancio 2023 né il cosiddetto decreto mille proroghe hanno previsto un'ulteriore proroga del termine di validità dell'agevolazione che, quindi, non essendo stato rifinanziato, ha concluso la sua operatività il 31 dicembre 2022;
in Italia diversi studi hanno dimostrato come i maggiori gap riguardino il capitale umano; solo il 42 per cento delle persone fra i 16 e i 74 ha, infatti, competenze digitali almeno di base mentre solo il 3,6 per cento degli occupati è specializzato a livello tecnologico. Secondo l'indice di digitalizzazione dell'economia e della società 2022 (Desi), l'Italia si colloca al diciottesimo posto su 27 Stati membri dell'Unione europea. Nel quinquennio 2017-2022 il punteggio dell'Italia è passato da 28,2 a 49,3 registrando il progresso più consistente tra tutti i Paesi dell'Unione europea, sebbene, però, resti inferiore alla media europea (52,3) e a Spagna (60,8), Francia (53,3) e Germania (52,9);
a fronte degli obiettivi caratterizzanti il concetto di Industria 5.0 e del programma europeo Formazione 5.0 è di fondamentale importanza concentrarsi, nella delineazione del nuovo Piano transizione 5.0, dunque, sulla formazione del capitale umano: per poter realizzare le aspirazioni europee, infatti, sarà imprescindibile investire sui lavoratori e sulle loro competenze, evidenziando la necessità che questi ultimi implementino le loro abilità, le quali, a fronte di una sempre maggiore automazione, diventano sempre più obsolete –:
se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative normative volte a ripristinare il credito d'imposta per la formazione nel Piano Transizione 5.0.
(5-01456)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
DI BIASE, SERRACCHIANI, GIANASSI, ZAN e LACARRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da un articolo del Domani si apprende che la Procura di Cuneo ha aperto un'inchiesta che coinvolge 23 agenti penitenziari della casa circondariale di Cerialdo, per gravissimi episodi di violenza avvenuti ai danni di alcuni detenuti nei mesi scorsi;
non si tratterebbe di episodi isolati, ma di più casi contestati;
al momento gli agenti coinvolti sono, a quanto risulta, tutti in servizio e nessuno di loro è stato al momento raggiunto da misure cautelari né tantomeno da provvedimenti disciplinari;
tra i reati contestati vi sarebbe il reato di tortura, reato finalmente istituito con la legge n. 110 del 2017, all'esito di un lungo e complesso iter parlamentare, la cui approvazione ha rappresentato un fondamentale passo avanti per la difesa dei diritti e per la civiltà del nostro Paese, fornendo, in questo modo, un segno concreto di civiltà e di allineamento all'Europa;
l'Italia è stata uno degli ultimi Paesi occidentali ad averlo introdotto;
va ricordato che il Ministro Nordio ha più volte detto di voler, se non abrogare, quantomeno «riformare» il reato di tortura, per intervenire su non meglio chiarite «carenze tecniche», e lo ha ribadito anche con la risposta in aula ad un'interrogazione del Partito democratico, e che il Partito della Presidente del Consiglio, con la proposta di legge Vietri e altri, n. 623, ha manifestato l'intenzione di abrogare gli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale, sostenendo che l'abrogazione del reato di tortura «aiuterebbe le forze dell'ordine nel loro lavoro quotidiana»;
al contrario, chi viola i principi democratici commettendo il reato di tortura offende proprio le istituzioni democratiche e il prestigio delle stesse forze dell'ordine e, di fronte a tali fatti, occorre una risposta dello Stato per l'accertamento della verità e per la tutela delle vittime;
in realtà il primo atto del Governo, cui appartiene il Ministro interrogato è stato, con la legge di bilancio per il 2023, quello di operare tagli molto pesanti per il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, e che lo stesso Governo, al di là delle dichiarazioni, respinge pervicacemente ogni proposta di ripristino e di incremento di risorse finanziarie ed organizzative da destinare al personale dell'amministrazione penitenziaria –:
quali iniziative, nel rispetto della azione della magistratura, che rientrino nella sua competenza abbia adottato per far luce su questa gravissima vicenda, al fine di accertare le responsabilità e adottare le necessarie misure anche di carattere disciplinare.
(5-01457)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta orale:
SCHLEIN, DE MARIA e MEROLA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
«La Perla» rappresenta un marchio di grandissimo valore per il made in Italy ed un presidio produttivo di rilievo nazionale;
la mancanza da parte della proprietà della predisposizione di un piano industriale, malgrado gli impegni assunti al tavolo di crisi del 5 settembre 2023, lascia nella incertezza le lavoratrici e i lavoratori;
sono a rischio i posti di lavoro e la continuità di una impresa di così grande valore per il Paese –:
se il Governo intenda assumere ulteriori iniziative urgenti, per quanto di competenza, per favorire un esito positivo della vertenza in atto a partire dalla riconvocazione urgente delle parti sociali.
(3-00730)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:
GHIRRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con un comunicato del 27 settembre 2023, l'Associazione sostenitori della polizia stradale (Asaps) ha reso pubblico i dati forniti dal suo Osservatorio in collaborazione con Sapidata, sulle vittime della strada. Dall'inizio dell'anno, in meno di nove mesi, i pedoni morti sulle strade italiane sono stati ben 301, di cui 37 solo in questo mese di settembre;
un ennesimo «eterno» bollettino di guerra, una strage inaccettabile a cui è indispensabile rispondere mettendo in campo tutte le iniziative più efficaci, che però non possono essere solamente quelle di un aumento delle sanzioni e delle pene;
dopo mesi di annunci, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Salvini, ha finalmente presentato in Parlamento il disegno di legge sulla sicurezza stradale. Come risulta dalle anticipazioni, la gran parte del disegno di legge si concentra principalmente sull'inasprimento delle pene, su sanzioni più pesanti, aumenti di multe, ritiro definitivo della patente e altro;
è evidente che l'aumento delle sanzioni e una maggiore severità, sono solamente alcuni degli strumenti che devono essere messi in atto per cominciare a ridurre in maniera strutturale le morti e gli incidenti sulla strada, ma non possono e non devono essere i principali strumenti per aumentare la sicurezza stradale;
è del 3 ottobre scorso il drammatico tragico incidente di Mestre dove un bus è precipitato intorno alle 20 dal cavalcavia Vempa, provocando la morte di 21 persone. Il pullman ha sfondato la prima protezione fatta da un guard rail e la seconda barriera in metallo, precipitando da oltre dieci metri;
come riportano diversi organi di stampa, gran parte della documentazione sul pessimo stato del cavalcavia di Mestre in cui è avvenuto l'incidente del pullman, costato la vita a 21 persone, si trovava già in procura a Venezia da più di un anno;
quest'ultima tragedia dimostra ancora una volta che la sicurezza stradale non si combatte con maggiori sanzioni e carcere, ma si contrasta anche e soprattutto mettendo in sicurezza le infrastrutture viarie e anche sostenendo a tal fine gli investimenti degli enti territoriali –:
se non ritenga urgente stanziare, già dalla prossima presentazione del disegno di legge di bilancio, ulteriori maggiori risorse anche in supporto degli enti territoriali, per il miglioramento della sicurezza stradale, con riferimento anche ad interventi infrastrutturali, rafforzando al contempo gli investimenti a favore del trasporto pubblico e in particolare quello su ferro, al fine di spostare la domanda di mobilità dalle auto private al trasporto pubblico e condiviso.
(5-01448)
RAIMONDO, MAERNA, PELLICINI, MASCARETTI, DE CORATO, DI MAGGIO, MALAGOLA, MANTOVANI, MAULLU, OSNATO, TREMAGLIA, COMBA, POZZOLO, AMICH, COPPO e MACCARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da molto tempo non vengono più effettuati i voli diretti per la tratta tra l'aeroporto di Milano Malpensa e quello di Roma Fiumicino, le cui conseguenze stanno determinando evidenti effetti negativi e penalizzanti per i viaggiatori, siano essi lavoratori pendolari o studenti in particolare universitari;
al riguardo, gli interroganti evidenziano che sia inizialmente l'Alitalia sia attualmente la nuova compagnia nazionale di bandiera Ita Airways hanno deciso di annullare i collegamenti tra la capitale italiana e il principale aeroporto della Lombardia e del Nord Italia, una scelta che oltre a provocare disagi anche per le imprese e il tessuto economico e produttivo (nei confronti di una parte fortemente industrializzata della Lombardia) appare ancora più incomprensibile a seguito della recente riapertura dopo oltre tre anni dall'emergenza pandemica, del Terminal 2 di Malpensa, inaugurato il 31 maggio 2023;
gli interroganti rilevano, altresì che non accadeva dal dopoguerra che la principale compagnia aerea nazionale deliberasse una progressiva riduzione sino ad arrivare ad una interruzione completa dei voli aerei per le tratte dall'aeroporto di Milano Malpensa verso quello di Roma Fiumicino, nonostante lo scalo aereo lombardo, alla fine degli anni ’90, fu immaginato come un hub intercontinentale e scelto come base operativa dalla ex compagnia di bandiera, per incrementare la domanda di trasporto aereo in termini di volume, sia di traffico passeggeri, che di traffico merci e sostenere al contempo il turismo nazionale ed internazionale –:
se il Ministro interrogato condivida le osservazioni in premessa citate e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza urgenti e necessarie intenda intraprendere, nei riguardi della compagnia nazionale aerea Ita Airways, al fine di ripristinare i voli aerei tra l'aeroporto di Milano Malpensa e lo scalo di Roma Fiumicino, senza tuttavia pregiudicare le tratte già esistenti con l'aeroporto di Linate e garantire agli utenti, l'indispensabile e atteso collegamento con la capitale d'Italia, la cui domanda di mercato appare in crescita.
(5-01449)
CAROPPO e BAGNASCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la storica linea ferroviaria Cuneo-Nizza, molto cara al nostro territorio, è diventata vitale durante la Tempesta Alex, soprattutto per le popolazioni francesi della Val Roya, rischia di essere dismessa;
infatti, ad oggi, malgrado i lavori eseguiti, non si ravvisa un regolare funzionamento di questa importante infrastruttura che collega l'Italia alla Francia;
la linea non è ancora perfettamente agibile ed in stato di sicurezza totale e ciò nonostante sia entrato in funzione il collaudo del sistema Scmt italiano sul territorio francese, tanto che non è possibile far circolare i treni alla «normale» velocità di 80 chilometri orari, ma si viaggia alla velocità ridotta di 40 chilometri orari: una velocità che comporta lunghi tempi di percorrenza, aumento dei costi sostenuti dalla regione Piemonte e di conseguenza una carenza di corse giornaliere;
inoltre, la riduzione delle corse a due coppie di treni, con orari scomodi e – come poc'anzi detto – tempi di percorrenza piuttosto lunghi, finiscono per rendere questo servizio estremamente disagevole;
a ciò si aggiunga che la «Convenzione italo-francese» per la gestione della linea ferroviaria, stipulata nel 1970, non è stata ancora rinnovata nonostante sia decorso da diversi anni il termine per il rinnovo –:
alla luce di quanto esposto in premessa, quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di rendere funzionale, efficiente e realmente fruibile tale servizio che per i cittadini frontalieri è di estrema rilevanza.
(5-01450)
BARBAGALLO, SIMIANI e BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nel documento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell'8 giugno 2023 intitolato «Primo atto integrativo al contratto di Programma 2022-2026 – parte Investimenti Informativa ai sensi dell'articolo 15, comma 2-bis, del decreto legislativo 5 luglio 2015, n. 112», vengono testualmente ridotte risorse pari ad oltre 2,5 miliardi di euro già stanziate per la realizzazione delle seguenti infrastrutture, definite prioritarie e funzionali agli obiettivi di decarbonizzazione del Paese:
a) 568 milioni di euro per la «Roma-Pescara Raddoppio tratte Interporto d'Abruzzo-Chieti-Pescara»;
b) 326 milioni di euro per la «Orte-Falconara raddoppio tratta PM228 – Castelplanio Lotto 3 (Serra San Quirico-Castelplanio)»;
c) 299 milioni di euro per il «Collegamento dell'interporto di Guasticce alla linea Pisa-Vada via Collesalvetti e bretella per il collegamento diretto tra la linea Firenze-Pisa e la linea Pisa-Vada via Collesalvetti (By-pass di Pisa)»;
d) 277 milioni di euro per la «Roma-Pescara Raddoppio tratte Sulmona-Pratola Peligna e Tagliacozzo-Avezzano»;
e) 250 milioni di euro per il «Raddoppio Maerne-Castelfranco 1ª fase»;
f) 234 milioni di euro per la «Roma-Viterbo 1ª fase: raddoppio tratta Cesano-Vigna di Valle»;
g) 175 milioni di euro per il «lotto 1B Nuova linea Vigna Clara-Tor di Quinto (salvaguardato lotto 1A Raddoppio Valle Aurelia-Vigna Clara)»;
h) 179 milioni di euro per il «Quadruplicamento Capannelle-Ciampino (salvaguardato PRG Ciampino)»;
i) 76 milioni di euro per il «Raddoppio Lunghezza-Guidonia 2ª fase (Bagni di Tivoli-Guidonia)»;
l) 77 milioni di euro per la «Sistemazione Novara Boschetto e PRG Vignale-fase»;
m) 40 milioni di euro per il «Completamento elettrificazione jonica tratta Catanzaro Lido-Reggio Calabria»;
tale scelta, motivata da «esigenze di finanza pubblica» sarebbe legata, ad avviso dell'interrogante, a pretestuosi e non ben individuati ritardi nella progettazione (imputabili quindi anche a Rfi) e finalizzati ad un reimpiego delle risorse sottratte per la realizzazione di altre opere situate prevalentemente nelle regioni del Nord;
si tratta di una decisione unilaterale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che interrompe l'iter progettuale e realizzativo di infrastrutture il cui finanziamento era già stato approvato dal CIPESS;
il Viceministro delle infrastrutture Rixi, con una nota stampa dell'8 luglio, sembra aver di fatto confermato tali tagli, non indicando però quando tali risorse verranno riassegnate –:
quando e con quali iniziative verranno reintrodotte le risorse pari ad oltre 2,5 miliardi di euro citate in premessa, considerato che lo sviluppo di un adeguato trasporto ferroviario è funzionale a rendere il sistema di mobilità più sostenibile e a ridurre le emissioni climalteranti.
(5-01451)
PASTORELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il bonus trasporti consiste in un contributo di 60 euro valido per l'acquisto di abbonamenti mensili, plurimensili o annuali ai mezzi del trasporto pubblico locale, ai treni regionali e interregionali riservato ai cittadini con un reddito inferiore ai 20.000 euro;
il sostegno, introdotto dal Governo Draghi nei 2022 (decreto-legge n. 50 del 2022) per far fronte all'emergenza contingente costituita dall'aumento dei prezzi del carburante, è stato riproposto a gennaio 2023 dall'attuale Governo con il decreto-legge n. 5 del 2023;
lo scorso 1° ottobre, attraverso la piattaforma digitale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si è svolto il cosiddetto «click day» per l'assegnazione di una nuova tranche dei bonus trasporti, finanziata dai fondi residui dei bonus richiesti a settembre 2023 e da ulteriori 12 milioni di euro stanziati dal decreto-legge n. 131 del 2023;
i nuovi bonus trasporti erogati sono stati 213.280 a fronte di più di 400.000 domande presentate, secondo fonti della stampa, e assegnati secondo l'ordine di arrivo della domanda;
si apprende che gli eventuali fondi residui, generati dal mancato utilizzo di bonus rilasciati nel mese di ottobre 2023, saranno resi disponibili per un nuovo click day previsto il 1° novembre 2023;
negli ultimi anni in diverse città italiane sono aumentate le tariffe dei mezzi pubblici e anche i biglietti dei treni regionali hanno subito progressivi aumenti di prezzo;
si rileva che secondo alcuni studi la mobilità è la seconda spesa più alta delle famiglie europee dopo l'abitazione. In generale in Europa il sistema di trasporto pubblico non è economicamente conveniente e accessibile a tutti, ma in Italia li problema è particolarmente rilevante, visto che su 30 Paesi presi in considerazione si colloca al 21esimo posto in quanto ad accessibilità;
alcuni Paesi europei, quali ad esempio Francia, Germania e Portogallo, hanno trovato soluzioni alternative per rendere i mezzi pubblici più accessibili per i propri cittadini, intervenendo con riduzioni significative del prezzo del biglietto e degli abbonamenti –:
se ritenga, per quanto di competenza, che il metodo di distribuzione del bonus tramite «click day» sia il metodo ottimale per un'equa distribuzione dei bonus trasporti tra i cittadini che necessitano di questa misura – con particolare attenzione alle vittime del divario digitale – o se, in alternativa, non preveda di ricorrere ad altri sistemi di accesso al sostegno che siano meno discriminanti e aleatori per favorire l'accessibilità dei trasporti pubblici.
(5-01452)
IARIA, CANTONE, FEDE e TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il ciclo di programmazione, messa a gara e cantierizzazione delle infrastrutture di trasporto è un processo estremamente complesso, dai costi alti e che necessita una elevata capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni;
oltre alla programmazione di nuove infrastrutture, gli enti locali sono chiamati a una intensa attività istruttoria di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché alla eventuale progettazione e messa a gara di lotti ulteriori di ampliamento di opere già in essere, con particolare riguardo alle infrastrutture di trasporto rapido di massa e le tramvie;
considerato che negli ultimi due anni si è registrato un aumento esponenziale dei costi delle materie prime e conseguentemente delle opere pubbliche, con particolare riguardo alle infrastrutture di trasporto;
il decreto-legge del 21 marzo 2022, n. 21, recante ed in particolare l'articolo 23, comma 1, prevede, al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in relazione alle domande di accesso al Fondo per l'adeguamento dei prezzi di cui all'articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, può riconoscere, nel limite complessivo del 50 per cento delle risorse del medesimo Fondo e nelle more dello svolgimento dell'attività istruttoria relativa alle istanze di compensazione, un'anticipazione pari al 50 per cento dell'importo richiesto in favore dei soggetti di cui al comma 7 del medesimo articolo 1-septies;
è stato pubblicato con un grande ritardo, sulla Gazzetta Ufficiale n. 230 del 2 ottobre 2023 il decreto direttoriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 9 agosto 2023, relativo a «Ripartizione delle risorse, per il secondo semestre dell'anno 2021, di cui al decreto 5 aprile 2022, recante: “Modalità di utilizzo del Fondo per l'adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione”»; il provvedimento approva, in relazione alle istanze di compensazione relative alle variazioni in aumento dei prezzi dei materiali da costruzione verificatisi nel secondo semestre dell'anno 2021, la ripartizione delle risorse del Fondo per l'adeguamento dei prezzi dei materiali, di cui all'articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge del 25 maggio 2021, n. 73 –:
se, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda sostenere prioritariamente, anche attraverso l'imminente presentazione del disegno di legge di bilancio, gli enti locali, riguardo alla copertura degli extra costi relativi alle opere di messa in sicurezza dalle tramvie e ai progetti già finanziati inerenti al trasporto rapido di massa.
(5-01453)
Interrogazioni a risposta scritta:
SERGIO COSTA, CAPPELLETTI, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
con nota prot. 10832 del 22 dicembre 2015, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per le infrastrutture, i Sistemi informativi e statici - Direzione generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione e i progetti internazionali, in qualità di autorità proponente, ha presentato, ai sensi degli articoli 13, comma 5, e 14 del decreto legislativo n. 152 del 2006, istanza di pronuncia ai fini della procedura di Vas (valutazione ambientale strategica) statale per l'allegato infrastrutture 2015 al Def (Documento di economia e finanza) del 13 novembre 2015;
la pubblicazione dell'avviso al pubblico, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, è avvenuta in data 31 dicembre 2015 sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, parte seconda, n. 150, e, come previsto dal succitato articolo 14 del decreto legislativo n. 152 del 2006, la consultazione ha avuto una durata di 60 giorni a partire dalla data di pubblicazione dell'avviso in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana;
la tratta Verona-Padova della linea AV/AC compare nell'elenco delle 25 infrastrutture strategiche sottoposte a Vas, come si evince dall'Allegato infrastrutture 2015, edizione aggiornata a seguito della procedura di Vas (decreto di compatibilità ambientale n. 251 del 2016);
la commissione ha formulato il parere n. 2079 del 20 maggio 2016 pubblicato il 23 settembre 2016;
in data 10 novembre 2015 il consorzio IRICAV2 trasmetteva la documentazione, acquisita dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al prot. DVA-2015-29548 del 25 novembre 2015, relativa alla progettazione definitiva in previsione della convocazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della conferenza dei servizi;
in data 10 novembre 2015 il consorzio IRICAV2 trasmetteva la documentazione relativa alla progettazione definitiva ai soggetti (enti) interessati, i quali avevano a disposizione 60 giorni per formulare osservazioni;
in data 4 febbraio 2016, con (nota prot. DVA/2868) la Direzione comunicava alla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale Via e Vas l'avvenuto completamento delle verifiche preliminari in merito alla procedibilità dell'istanza di Via speciale ai sensi degli articoli 165, 167 e 183 e seguenti del decreto legislativo n. 163 del 2006 e trasmetteva contestualmente la documentazione per l'avvio dell'istruttoria-nota acquisita al prot. CTVA/451 dell'8 febbraio 2016;
la procedura di Via iniziata prima della pubblicazione del parere della commissione Vas;
l'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, afferma che «La VAS costituisce per i piani ed i programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge» –:
se il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica intenda adottare le iniziative di competenza volte a verificare la legittimità del parere della commissione VIA di approvazione del progetto;
se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda procedere ad un aggiornamento del monitoraggio del succitato piano infrastrutture ovvero se intenda procedere, alla luce di tutte le nuove opere realizzate anche in variante ed in progetto, ad una complessiva revisione del piano attraverso la procedura partecipativa della VAS che presuppone una collaborazione tra Autorità Competente (Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica) e Autorità Proponente (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) dal nascere del piano sino alla sua approvazione (articolo 15, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006) al suo monitoraggio (articolo 18 comma 1 del decreto legislativo n. 152 del 2006).
(4-01696)
SERGIO COSTA, CAPPELLETTI, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
in data 10 novembre 2015 il consorzio IRICAV2 trasmetteva la documentazione, acquisita dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al prot. DVA-2015-29548 del 25 novembre 2015, relativa alla progettazione definitiva in previsione della convocazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della conferenza dei servizi;
in data 13 novembre 2015 il consorzio IRICAV2 trasmetteva la documentazione relativa alla progettazione definitiva ai soggetti interessati;
in data 28 novembre 2015 Italferr, mediante un annuncio apparso sui quotidiani La Repubblica e il Corriere del Veneto dava «Avviso di avvio del procedimento finalizzato alla dichiarazione di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 166 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, nonché dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio con contestuale dichiarazione di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 167, comma 5 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni»;
ciò sarebbe avvenuto prima dell'approvazione del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota del 30 novembre 2015 (Uff. Prot. DVA-2015-0029939) rilevava che l'istanza presentata non è conforme, né corredata degli atti e della documentazione progettuale per l'avvio del procedimento di Verifica di Ottemperanza e di VIA speciale per le varianti previste, ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni. Pertanto nel comunicare l'irricevibilità dell'istanza ai fini dell'avvio dei procedimenti di competenza si chiede a questo Consorzio di adeguare quanto inviato;
nel frattempo gli enti interessati hanno presentato una serie di osservazioni tecniche su di un progetto dichiarato irricevibile;
in data 23 marzo 2016 si è tenuta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la conferenza dei servizi dei soggetti interessati sulla base dei documenti depositati il 13 novembre 2015 presso gli stessi soggetti e giudicati non conformi, non corredati dagli atti e dalla documentazione prevista e quindi irricevibili dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
manca la verifica di ottemperanza da parte del general contractor IRICAV2 relativamente alle raccomandazioni ed alle prescrizioni del Cipe sul progetto preliminare contenute nella delibera n. 94 del 2006, la quale è di competenza della commissione Via Speciale del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica;
la relazione di ottemperanza è a carico del general contractor ma la verifica spetta al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed anche questa deve essere completata prima che il progetto definitivo approdi al Cipe; tuttavia così non è stato –:
se i Ministri interrogati intendano adottare le iniziative di competenza volte a verificare la legittimità della procedura di approvazione del menzionato progetto definitivo.
(4-01697)
INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
da diversi giorni è in atto una aggressiva campagna mediatica e politica, fondata su articoli e servizi, cartacei e online, con la pubblicazione di contenuti denigratori e intimidatori, nei confronti di alcuni giudici, in servizio presso il tribunale di Catania, il tribunale di Firenze, e il tribunale di Roma;
particolarmente grave è stata la pubblicazione di fotografie, corredate da dettagli sulla vita privata e familiare di alcuni magistrati, e la diffusione di voci e illazioni su presunti condizionamenti politici ed economici nella trattazione dei procedimenti, in assenza di qualsiasi forma di contraddittorio, come nel caso di un video risalente a cinque anni fa, palesemente inconferente rispetto alla trattazione di procedimenti in corso nel momento attuale, in cui la giudice Apostolico veniva ripresa mentre partecipava a una manifestazione civica, non ascrivibile ad alcun partito politico, a difesa dei diritti umani di persone migranti;
senza entrare in questa sede nel merito dei provvedimenti assunti o di quanto accaduto, né tantomeno sull'opportunità o meno dei comportamenti filmati, per i quali si rimanda alle competenti sedi istituzionali e di autogoverno della magistratura, solleva grave allarme l'uso politico che è stato fatto di questa vicenda da parte di alcuni membri del Governo, tale da configurare un vero e proprio attacco alla funzione giudiziaria;
da notizie a mezzo stampa si è infatti appreso che tale video sarebbe stato girato da un Carabiniere, presente per ragioni di servizio alla manifestazione, che a titolo privato avrebbe ripreso la magistrata e conservato il video per cinque anni, per poi trasmetterlo al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito dell'adozione da parte della stessa di un provvedimento che, conformemente a quanto previsto dall'ordinamento comunitario, disapplicava una norma introdotta da questo governo in tema di protezione internazionale;
a parere degli interpellanti non è accettabile che un appartenente alle forze dell'ordine utilizzi la propria presenza, per ragioni di servizio, a una manifestazione pubblica, per girare filmati che ritraggono un giudice al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni, e conservi tale filmato per scopi personali, diffondendolo a distanza di cinque anni, al di fuori di canali e soprattutto di ragioni istituzionali; e che tale filmato possa essere utilizzato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per accendere una campagna politica e mediatica di odio personale nei confronti di un magistrato;
sorprende che tale aggressione politico mediatica nei confronti di singoli magistrati, colpiti nella loro dimensione personale, familiare e privata, oltre che professionale, sia avvenuta poco dopo l'adozione di provvedimenti che disapplicavano norme ritenute contrarie all'ordinamento comunitario, introdotte da questo Governo, determinando così una grave violazione del principio di separazione dei poteri e di reciproco bilanciamento tra gli stessi, essenziale alla tenuta democratica del nostro ordinamento soprattutto nel settore della protezione dei diritti umani;
il trattenimento dei migranti richiedenti asilo dà luogo peraltro ad una forma di detenzione amministrativa, sulla cui legittimità, sui cui limiti e sulle cui condizioni è determinante il vaglio autonomo e indipendente del giudice che, data la delicatezza della materia, deve essere il più rigoroso possibile;
la Corte europea dei diritti umani, nella nota sentenza Agrokompleks c. Ucraina (ric. n. 23465/03), del 6 ottobre 2011, ha affermato che «La portata dell'obbligo dello Stato di garantire un processo da parte di un “tribunale indipendente e imparziale” ai sensi dell'articolo 6, § 1, della Convenzione non si limita alla magistratura. Essa implica anche l'obbligo per l'esecutivo, il legislatore e qualsiasi altra autorità statale, a prescindere dal suo livello, di rispettare le sentenze e le decisioni dei tribunali, anche quando non siano d'accordo con esse»;
restano ferme le competenze della magistratura nel valutare se le condotte riportate dell'appartenente alle forze dell'ordine configurino l'eventuale sussistenza dei reati come l'abuso d'ufficio, in riferimento alla ripresa, alla conservazione e alla divulgazione del filmato o l'accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, nonché in relazione alla pubblicazione mediatica di contenuti estratti dai profili social del magistrato, quando gli stessi erano già stati chiusi dal titolare che aveva quindi già esercitato, con la chiusura del profilo, la volontà di escludere chiunque dall'accesso ai contenuti dello stesso; o ancora nel valutare la minaccia ad un corpo giudiziario in relazione al tenore aggressivo e intimidatorio dei contenuti mediatici cui si è fatto riferimento, atti a turbarne il sereno svolgimento, in piena indipendenza, dell'attività giurisdizionale –:
quali siano esattamente l'origine, le modalità e le finalità per le quali il video relativo alla dottoressa Apostolico sia stato girato, conservato e condiviso con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché per quali finalità sia stato pubblicato e diffuso sui profili social privati del Ministro;
al fine di garantire il pieno rispetto della separazione dei poteri sancito dalla nostra Costituzione, nonché il sereno svolgimento, in piena indipendenza, dell'attività giurisdizionale di tutti i magistrati, quali iniziative urgenti intendano adottare per evitare il ripetersi di fatti gravi come quelli riportati in premessa.
(2-00239) «Braga, Serracchiani, Cuperlo, Bonafè, Fornaro, Mauri».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:
PAOLO EMILIO RUSSO e TASSINARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco riveste un ruolo fondamentale in materia di soccorso pubblico, prevenzione e vigilanza, a sostegno della popolazione e del territorio nazionale;
la carenza strutturale di organico e di mezzi costituisce una grave problematica che ad oggi, nonostante i vari provvedimenti ad hoc susseguitisi nel corso degli anni, risulta essere ancora irrisolta e che ha portato ad uno sforzo straordinario da parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per soddisfare le diverse richieste di intervento legate alle piccole e grandi emergenze del nostro Paese;
il comma 287 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha autorizzato l'assunzione straordinaria (in aggiunta alle facoltà assunzionali previste per la legislazione vigente) di un contingente massimo fino a 7.394 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale di vigili del fuoco per il quinquennio 2018-2022 e comunque entro il limite della dotazione organica, mentre ai sensi del comma 295 è stata prevista una riserva, fino al 30 per cento dei contingenti annuali, in favore del personale con almeno 120 giorni di servizio ed iscritto da almeno tre anni nell'apposito elenco per le strutture centrali e periferiche del Corpo;
si apprende che entro il 18 ottobre 2023 verranno ultimate le riconvocazioni per la prova ginnico attitudinale del rimanente personale componente tale graduatoria e che, al termine di tale verifica, ci sarà un bacino di circa 2600 vigili del fuoco idonei a sostenere le visite mediche dirette ad accertarne l'idoneità psico-fisica, propedeutica all'assunzione in qualità di personale permanente del medesimo Corpo dello Stato;
poiché alla suddetta procedura è riservato soltanto il 30 per cento delle assunzioni straordinarie il risultato è l'estrema lentezza dello scorrimento della graduatoria –:
se non ritenga opportuno fornire i dati relativi all'attuale situazione della graduatoria sopracitata e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, alla luce di quanto descritto in premessa, si intenda porre in essere per eliminare tale forma di precariato e garantire la professionalità di tutti coloro che sono stati utilizzati nell'espletamento delle attività di soccorso pubblico e di prevenzione, con la previsione di un ampliamento al 50 per cento delle assunzioni ordinarie, per permettere in tempi brevi l'esaurimento della graduatoria, anche in considerazione della esiguità del personale del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco.
(5-01440)
FORNARO, GRIBAUDO, BRAGA, BONAFÈ, BERRUTO, BAKKALI, BOLDRINI, CARÈ, CIANI, DE LUCA, DI BIASE, FORATTINI, GHIO, LAI, MALAVASI, QUARTAPELLE PROCOPIO, TONI RICCIARDI, ROGGIANI, ANDREA ROSSI, SCARPA, ZAN, PORTA, GIRELLI e SIMIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella giornata di martedì 3 ottobre 2023, a Torino, in occasione della presenza della Presidente del Consiglio dei ministri al festival delle regioni e delle province autonome, si sono registrati violenti scontri tra manifestanti, quasi esclusivamente studenti, che contestavano le politiche del Governo, e le forze dell'ordine;
numerosi sono i video riportati dai media e divenuti virali sui social in cui si riprendono le immagini dei suddetti scontri che hanno segnato la giornata;
ve ne è uno in particolare che ha molto colpito l'opinione pubblica e riguarda un dirigente di pubblica sicurezza il cui labiale è inequivocabile e la cui traduzione è riportata in maniera unanime da tutti i media;
si tratta di parole a cui è seguita immediatamente la carica nei confronti di un corteo la cui testa aveva manifestanti a volto scoperto e senza oggetti che costituissero una effettiva minaccia per la sicurezza e l'ordine pubblico a differenza di altre circostanze;
altri video riportano manganellate da parte di poliziotti nei confronti di giovani manifestanti in cui colpisce la frase pronunciata da chi in quel momento sta filmando: «non vedi che è solo un ragazzino?»;
l'uso della forza da parte delle forze dell'ordine è apparso, alla luce delle immagini di cui in premessa, oggettivamente sproporzionato rispetto al contesto –:
quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di verificare gli accadimenti di Torino e se non ritenga che si sia registrato obiettivamente, anche alfa luce delle immagini riportate, un atteggiamento non conforme finanche al buonsenso, da parte di alcuni responsabili delle forze dell'ordine in servizio, e un uso sproporzionato della forza, anche in considerazione del numero dei manifestanti e del contesto nel quale si svolgeva la manifestazione di protesta studentesca.
(5-01441)
IEZZI, BORDONALI, RAVETTO, STEFANI e ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
le cronache degli ultimi mesi riportano di diversi casi di violenze e aggressioni ai danni di agenti delle Forze dell'ordine durante lo svolgimento di operazioni di vigilanza stradale o di controllo del territorio;
secondo l'Osservatorio ASAPS, che riporta i soli attacchi fisici che hanno provocato lesioni refertate presso il pronto soccorso agli operatori di polizia durante i controlli su strada (escluse quindi le aggressioni avvenute nella gestione dell'Ordine pubblico e le altre non conseguenti al controllo del territorio), nel 2022 sono stati ben 2.678 gli episodi registrati, ossia in media oltre 7 agenti feriti e ricoverati al giorno;
in base a quanto riferito dai sindacati di categoria, a farne maggiormente le spese sono quei reparti delle forze dell'ordine che più lavorano su strada, come le Volanti della Polizia, le pattuglie della Polizia Stradale o le Gazzelle dei Carabinieri, chi svolge servizi di Ordine Pubblico o il personale della Polfer nelle stazioni ferroviarie e a bordo dei treni, destinatari e vittime di una violenza sempre più arrogante;
benché i dati riportati dall'ASAPS siano solo parziali, in quanto escluse le aggressioni avvenute durante le operazioni di ordine pubblico e controllo del territorio, si tratta comunque di numeri elevati e inaccettabili e di atti, contro le donne e gli uomini che rappresentano lo Stato per la tutela della sicurezza dei cittadini, che vanno condannati con assoluta fermezza;
oggi più che mai, a fronte anche di un aumento epocale dei flussi migratori irregolari nel nostro Paese e della diffusione di nuovi fenomeni di microcriminalità, come quella delle baby-gang che, confidando su un senso generalizzato di impunità, diventano sempre più aggressive, gli operatori del comparto sicurezza sono chiamati a sfide sempre più impegnative e, pertanto, esposti a pericoli per la propria incolumità sempre maggiori;
grazie alla particolare attenzione dell'attuale Governo al tema della sicurezza, quest'ultima è tornata al centro del dibattito politico, intesa non più come un costo da tagliare, come avvenne con la spending review, ma come un investimento importante e fondamentale per la crescita e la civiltà nel nostro Paese –:
quali iniziative intenda assumere per tutelare l'incolumità degli agenti delle Forze dell'ordine dalle aggressioni subite durante le operazioni di servizio.
(5-01442)
URZÌ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a Villandro, comune della provincia autonoma di Bolzano, lo scorso giugno 2023 il comune ha sottoposto un questionario sul programma di sviluppo del paese per i prossimi 15 anni ai cittadini con età superiore a 14 anni, per raccoglierne le opinioni, stampando e inviando la documentazione esclusivamente in lingua tedesca e invitando, solo dopo l'eco negativa avuta sul differenziato trattamento riservato agli appartenenti al gruppo di lingua italiana, a recarsi presso il municipio per la versione tradotta o a inviare un WhatsApp al sindaco Walter Baumgartner (quotidiano Alto Adige del 14 giugno 23) per ottenere il riconoscimento di un diritto ineludibile;
la vicenda è stata denunciata da alcuni cittadini e da un consigliere comunale del comprensorio. La società, alla quale il comune si era rivolto per la realizzazione e somministrazione del questionario, si sarebbe giustificata sostenendo che per ragioni di privacy non avrebbe potuto conoscere la lingua di appartenenza e dunque differenziare i testi e che la scelta di stampare la documentazione in una sola lingua fosse dipesa dalla necessità di risparmiare carta;
lo Statuto di autonomia e le relative norme di attuazione prevedono che, in provincia di Bolzano, le comunicazioni da parte di enti pubblici rivolte alla generalità dei cittadini siano redatte obbligatoriamente nelle due lingue;
i maggiori oneri derivanti dal bilinguismo interessano una specifica previsione di finanziamento per gli enti pubblici;
a parere dell'interrogante, se ci fosse stata realmente l'intenzione di risparmiare della carta, sarebbe stato sufficiente somministrare il questionario online nella doppia lingua;
il risparmio effettivo appare, comunque, irrisorio e le giustificazioni di quella che, a parere dell'interrogante, è una vera e propria discriminazione, appaiono pretestuose e destituite di fondamento, costituendo al contrario una lesione del principio del bilinguismo posto a tutela di tutte le popolazioni residenti in Alto Adige;
la pretesa di ritenere insignificante o ridotta la minoranza di lingua italiana nell'ambito del comune di Villandro viola il principio assoluto dell'uguaglianza dei cittadini a prescindere dal gruppo linguistico di appartenenza, il medesimo principio posto a fondamento della stessa autonomia provinciale –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, per garantire il rispetto del bilinguismo per le comunicazioni rivolte alla generalità dei cittadini, con particolare riferimento al caso del comune di Villandro, e per evitare discriminazioni nei confronti di cittadini italiani appartenenti al gruppo linguistico italiano.
(5-01443)
MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la scorsa settimana il Ministro Salvini ha diffuso, attraverso i suoi profili social ufficiali, un video della giudice Apostolico in una manifestazione svoltasi il 25 agosto 2018 a Catania. In seguito sono stati diffusi altri filmati riguardanti il medesimo soggetto, anche tramite la pagina ufficiale «Lega – Salvini Premier»;
stando alla prospettiva, confermata da ricostruzioni giornalistiche, il video sembrerebbe registrato da qualcuno collocato tra le Forze dell'ordine. In articoli di stampa è stata ipotizzata l'identità dell'autore di una delle riprese, che risulterebbe un carabiniere in servizio di ordine pubblico, che avrebbe realizzato la ripresa con proprio device personale, poi diffusa in alcune chat di messaggistica istantanea. Il carabiniere, stando alle notizie di stampa, si sarebbe autodenunciato ai superiori;
dopo la diffusione del filmato la questura di Catania ha chiarito che «il video pubblicato non risulta tra gli atti d'Ufficio relativi all'evento. Inoltre, negli atti redatti dagli operatori a seguito del servizio relativo alla manifestazione, non risulta menzionata la presenza della dottoressa Apostolico»;
al di là della precisa ricostruzione dei fatti, il tema delle riprese fatte da Forze dell'ordine in servizio di ordine pubblico, eventualmente con dispositivi personali, durante manifestazioni, e l'ipotesi che le stesse siano diffuse in chat, è questione strettamente collegata al delicato rapporto tra sicurezza e tutela dei diritti e delle libertà individuali, tra cui vi è certamente compreso il diritto alla riservatezza;
sebbene nel corso di manifestazioni pubbliche chiunque possa essere registrato senza relativo consenso, la delicatezza della questione richiede approfondimenti in relazione al contenuto delle policies delle Forze dell'ordine in materia di privacy –:
cosa prevedano nel dettaglio le policies delle Forze dell'ordine, e quali siano le direttive del Ministero, in materia di riservatezza dei dati relativi a soggetti presenti a manifestazioni, in operazioni di ordine pubblico, con particolare riferimento alle previsioni relative alle finalità, ai termini di conservazione dei contenuti, alle modalità e all'obbligo di cancellazione, anche in caso di mancanza di utilità in relazione alle finalità, all'utilizzo di dispositivi personali quali smartphone da parte degli agenti, anche al fine di garantire che i dati non entrino nelle disponibilità di terzi e per scongiurare l'ipotesi di formazione di archivi non ufficiali di dati non menzionati negli atti, o di utilizzo degli stessi in software e sistemi di intelligenza artificiale che violerebbero la normativa in materia di diritto alla privacy, arrecando gravi lesioni ai diritti individuali costituzionalmente protetti.
(5-01444)
BOSCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'ex hotel Astor di via Maragliano, a Firenze, risulta occupato da una settantina di persone dal 19 settembre 2022, data a partire dalla quale la comunità cittadina segnala, a più riprese, numerosi situazioni di illegalità, racket, tensioni ed episodi violenti;
anche la bambina di cinque anni di origine peruviana, Chicllo Alvarex Mia Kataleya (detta «Kata»), scomparsa lo scorso 10 giugno 2023 abitava con la madre e i familiari all'interno dell'ex hotel Astor;
con riferimento a tale immobile è certa l'esistenza di plurimi procedimenti penali in relazione al reato previsto e punito dall'articolo 633 del codice penale e secondo quanto riportato dalla stampa, la DIGOS avrebbe chiesto all'autorità giudiziaria più volte, già dal secondo giorno di occupazione dello stabile, l'emanazione del decreto di sequestro preventivo, in ragione delle forti criticità rilevate sul piano della legalità e dell'ordine pubblico;
circostanza che la situazione fosse attenzionata dalla Digos sembrerebbe confermata indirettamente dal Ministro Nordio, che, rispondendo in Senato all'atto di sindacato ispettivo numero 3-00536 della senatrice Paita ha affermato: «Il 17 novembre del 2022, d'intesa tra la procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze e il dirigente della Digos di Firenze, la situazione veniva continuamente monitorata e sottoposta a complessiva ricognizione per censire gli occupanti e i relativi nuclei familiari»;
in caso di occupazione la disciplina vigente consente lo sgombero degli immobili occupati ex articolo 633 del codice penale ad opera della polizia giudiziaria ovvero sequestro da parte della Procura, che però nel caso di specie risulta sia stato disposto solo a metà giugno, cioè dopo la scomparsa di Kata;
non si comprendono le ragioni per cui la Procura di Firenze abbia ritenuto di attendere che una situazione di sì protratta illegalità esacerbasse al punto da portare alla sparizione di una bambina di cinque anni prima di intervenire –:
se il Ministro interrogato possa confermare le segnalazioni da parte della DIGOS alla Procura nell'immediatezza della occupazione e se risulti che siano stati presi ulteriori provvedimenti, oltre a quelli richiamati in premessa, anche in data antecedente la sparizione della piccola Kata, o se quanto meno risulti che siano pervenute alle Forze dell'ordine richieste di interventi straordinari di rafforzamento delle misure di sicurezza nei pressi dello stabile.
(5-01445)
ALFONSO COLUCCI, AURIEMMA, PENZA e RICCARDO RICCIARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
le tensioni dello scenario internazionale pesano sulle condizioni del nostro Paese, già gravato da fattori di rischio interno – «l'elevata incertezza» del quadro economico con previsioni di peggioramento rispetto ai dati acquisiti, criticità che permangono sull'utilizzo delle risorse del PNRR – come si evince dalle audizioni sulla NADEF 2023;
dal Report sulla povertà (Istat e Caritas): nel 2023 un residente su dieci nel nostro Paese vive in condizioni di povertà assoluta; la fragilità economica è causata soprattutto da redditi insufficienti o assenti e, in seconda battuta, da precariato e lavoro nero;
dalle statistiche sulla criminalità (Dipartimento P.S.) del primo semestre 2023 emerge un quadro allarmante: si interrompe per la prima volta il progressivo calo della criminalità predatoria in corso dal 2013; i reati e gli illeciti tornano in strada, soprattutto nei contesti urbani densamente popolati, ove si rilevano «picchi»; allarma l'incremento di furti, rapine nelle abitazioni e nella pubblica via, in calo da molti anni, delle estorsioni;
illeciti strettamente connessi «alla congiuntura economica nazionale, al crescente disagio sociale», come dichiarato dal servizio Analisi criminale della P.S., che ha rilevato «segnali di preoccupazione»;
le recenti misure adottate dal Governo, concernenti la realizzazione di un numero indefinito di CPR in tutto il territorio nazionale, ove detenere i migranti fino a 18 mesi, con la facoltà di raddoppiarne le presenze rispetto alla capienza, oltre all'aggravio di costi altrettanto indefiniti, rischiano di creare problemi di sicurezza all'interno e all'esterno dei centri medesimi, non essendo previsto il contestuale rafforzamento della presenza delle forze dell'ordine;
ulteriore esempio concreto, l'assenza della previsione di un Commissariato di polizia, anche distaccato, nel comune di Caivano, territorio così gravato dalla criminalità e luogo di fatti abietti da essere protagonista del recente decreto-legge ad hoc;
preme, infine, agli interroganti, rammentare che, ai sensi dell'articolo 15 del recente decreto-legge n. 44 del 2023 (cosiddetto PA), le assunzioni straordinarie di agenti delle forze di polizia sono previste a decorrere dal settembre 2025 –:
se non intenda corrispondere alle accresciute esigenze connesse all'espletamento dei compiti istituzionali delle forze di polizia, riorganizzando tempestivamente i presìdi, alla luce di quanto esposto in premessa, adeguandoli alle necessità del territorio nazionale tutto e a quelle specifiche delle aree a rischio, potenziando gli organici, i servizi di prevenzione, di controllo del territorio, di tutela della sicurezza pubblica, di contrasto delle attività criminali nonché i relativi riconoscimenti economici.
(5-01446)
ZARATTI e BONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 30 settembre 2023 il giudice del Tribunale di Catania, Iolanda Apostolico, ha disapplicato le norme del decreto Cutro, nella parte che prevede il trattenimento dei richiedenti asilo nel Cpr, poiché violano gli articoli 3 e 10 della Costituzione e le norme dell'Unione europea;
l'Apostolico ha disapplicato anche la garanzia finanziaria da 4.938 euro ex decreto 14 settembre 2023, poiché non si configura come alternativa al trattenimento nel Cpr bensì come requisito amministrativo imposto al richiedente addirittura prima di riconoscere i diritti ex direttiva 2013/33/Ue – norme sull'accoglienza dei richiedenti asilo;
la sentenza ha immediatamente provocato le critiche della maggioranza di Governo, con polemiche diventate ancora più accese dopo la pubblicazione dei video che ritraggono l'Apostolico durante una manifestazione del 2018 per lo sbarco dei migranti dalla nave Diciotti;
a pubblicare sui social il filmato, girato da un carabiniere che ora rischia di essere indagato per abuso d'ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio, è stato addirittura il Vicepremier e Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Salvini;
l'articolo 21 della Costituzione è uno dei pilastri fondamentali della democrazia italiana, esso sancisce la libertà di pensiero e di espressione, nonché la libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero, diritto che dovrebbe valere anche per i magistrati;
l'8 ottobre 2023, situazione analoga si ripete, sempre a Catania, dopo che il questore di Ragusa, applicando il decreto Cutro, ha inviato al Tribunale ben sei provvedimenti di trattenimento di migranti e il giudice Cupri ha deciso di non convalidare il trattenimento nel centro di Pozzallo;
lo stesso aveva fatto qualche giorno prima il Tribunale di Firenze accogliendo il ricorso di un migrante tunisino a cui il Ministero dell'interno aveva negato la protezione umanitaria;
si ricorda una decisione della Corte di giustizia dell'Ue, come: «il trattenimento di un richiedente protezione internazionale sia una misura coercitiva che priva tale richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto»;
la Corte di cassazione ha stabilito che: «la normativa interna incompatibile con quella dell'Unione va disapplicata dal giudice nazionale» –:
se esistano apparati dello Stato che producono e conservano durante manifestazioni pubbliche video non ufficiali, se le riprese effettuate, laddove non utili per documentare atti illeciti, vengano distrutte ovvero, per quale fine verrebbero conservate e come siano finite in possesso del Ministro Salvini.
(5-01447)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta scritta:
DORI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il decreto ministeriale n. 694 del 30 maggio 2023, firmato dal Ministro dell'università e della ricerca, ha autorizzato nuovi posti per l'attivazione dell'VIII ciclo del corso di specializzazione sul sostegno didattico agli alunni con disabilità nella scuola dell'infanzia, nella scuola primaria, nella scuola secondaria di I grado e nella scuola secondaria di II grado per l'anno accademico 2022/2023;
ai sensi del decreto ministeriale 8 febbraio 2019, n. 92, l'accesso ai corsi di specializzazione su sostegno avviene in seguito al superamento rispettivamente di una prova preselettiva, una o più prove scritte e una prova orale conclusiva;
la problematica coinvolge coloro che hanno svolto e superato la prova preselettiva la scorsa primavera, superato lo scritto ma che sono ancora in attesa di fare la prova orale o di consultare la graduatoria per sapere se sono entrati a tutti gli effetti;
ad oggi, infatti, gli atenei universitari non hanno ancora pubblicato le graduatorie di ammissione all'VIII ciclo del corso di specializzazione;
nel mentre, gli uffici scolastici territoriali (Ust) hanno tuttavia già trasmesso le note relative alla presentazione delle domande ai fini dell'ottenimento dei permessi straordinari per il diritto allo studio, come previsto dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395, fissando a fine settembre il termine ultimo per presentare richiesta;
inoltre, molti Ust, come ad esempio in regione Lombardia, hanno anche proceduto a stilare le graduatorie degli ammessi ai permessi per diritto allo studio, di conseguenza molti docenti in attesa degli esiti del Tfa risultano esclusi o a causa dell'istanza di permesso pervenuta fuori dai termini prefissati dall'ufficio territoriale o poiché, al momento della presentazione della domanda, il richiedente non risulta ancora iscritto ad alcun corso;
le conseguenze negative che coinvolgeranno i docenti vincitori sono quindi evidenti: coloro che solo tra un mese o più scopriranno di essere stati ammessi al corso di specializzazione (cosiddetto Tfa) e potranno finalmente immatricolarsi avranno serie difficoltà a frequentarlo poiché impossibilitati ad accedere alle ore di permesso studio, problematica che si aggraverà per coloro che dovranno seguire le lezioni del Tfa presso università di una provincia o regione diversa rispetto a quella dove attualmente lavorano;
si ricorda che il diritto a prevedere turni di lavoro che agevolino la frequenza dei corsi e la preparazione degli esami è un diritto riconosciuto ai lavoratori studenti dall'articolo 10 dello Statuto dei lavoratori;
l'articolo 3, comma 4, del decreto ministeriale dell'8 febbraio 2019, n. 92 stabilisce che le assenze al corso di specializzazione sul sostegno didattico sono accettate nella sola percentuale del 20 per cento di ciascun insegnamento;
ne consegue che la mancata assidua frequenza al corso di specializzazione rischia concretamente di compromettere per i docenti l'acquisizione finale del titolo;
le sigle sindacali maggiormente rappresentative hanno già richiesto a gran voce la proroga per l'invio delle domande per le ore studio, originariamente previste entro il 21 settembre 2023, ottenendo tuttavia una mera e non sufficiente proroga di 6 giorni per l'immatricolazione, scaduta già lo scorso 27 settembre 2023 –:
quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano mettere in campo al fine di risolvere le criticità esposte in premessa e se intendano dialogare con i diversi uffici territoriali scolastici per prevedere una congrua proroga del termine ultimo per fare richiesta per le ore di diritto allo studio, sollecitando, nel mentre, tutte le università in merito all'urgenza di definire le prove orali e di pubblicare le graduatorie dei vincitori del corso sul sostegno didattico per l'anno accademico 2022/2023.
(4-01700)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
GHIO, FORNARO e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
l'attuale situazione in cui versa Acciaierie d'Italia desta profonde preoccupazioni, anche alla luce delle dichiarazioni dell'amministratrice delegata Lucia Morselli che vorrebbero descrivere l'ex Ilva come più forte di 4 anni fa, mentre la realtà è ben peggiore, dopo il record negativo di produzione nel 2022 di 3 milioni e mezzo di tonnellate di acciaio il 2023 si dovrebbe chiudere con meno di 3 milioni di tonnellate di produzione;
il 2 ottobre 2023 i lavoratori dello stabilimento di Acciaierie d'Italia di Genova hanno scioperato manifestando la loro preoccupazione per il futuro dell'azienda e della siderurgia in Italia, anche alla luce di un non soddisfacente incontro con il Governo, e per chiedere la fine dell'utilizzo della cassa integrazione;
nel corso del 2022 sono state denunciate dai sindacati delle irregolarità circa la gestione della cassa integrazione da parte di Acciaierie d'Italia, in particolare sarebbero state tramutate arbitrariamente le ferie programmate, varie assenze giustificate, nonché permessi retribuiti dei lavoratori in cassa integrazione, così facendo ricadere sullo Stato specifici oneri sociali a carico dell'azienda; secondo quanto emerso sulla stampa nel dicembre 2022 la procura di Taranto avrebbe delegato per accertamenti la Guardia di finanza;
nel giugno del 2022, a seguito di un incontro al Ministero dello sviluppo economico l'allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando aveva annunciato che sarebbero stati inviati gli ispettori del lavoro per verificare l'effettiva piena realizzazione degli investimenti effettuati dal Governo Draghi, condizione necessaria per la concessione e il mantenimento della cassa integrazione, nonché per la verifica che fosse effettivamente applicato nei termini previsti il piano di adeguamento e miglioramento delle condizioni di sicurezza degli impianti;
in queste settimane sono state denunciate dai rappresentanti dei lavoratori significative carenze di manutenzione agli impianti dello stabilimento di Cornigliano –:
quali siano i risultati degli accertamenti dell'ispettorato nazionale del lavoro, su tutti gli stabilimenti di Acciaierie Italia, quali siano i presupposti sulle cui basi l'azienda continua a beneficiare della cassa integrazione per i lavoratori di Acciaierie d'Italia e quali ulteriori investimenti il Governo italiano preveda per tutelare un settore di interesse strategico come quello della siderurgia.
(5-01459)
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
FURFARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dopo una battaglia durata anni, lo scorso 5 luglio 2023 con la conversione in legge del decreto-legge n. 51 del 2023 (Inps ed enti pubblici) si è provveduto, con l'articolo 3-ter, alla stabilizzazione del personale precario della ricerca sanitaria degli Irccs e Izs pubblici;
si è trattato di un atto doveroso nei confronti di lavoratrici e lavoratori che svolgono un'attività preziosa e strategica per il Paese sanandone un'ingiustizia che durava ormai da troppo tempo;
la norma prevede che il personale interessato, reclutato a tempo determinato ai sensi della legge n. 205 del 2017 (Piramide della Ricerca, LdB2018), che abbia maturato al 30 giugno 2023 alle dipendenze di un ente del Servizio sanitario nazionale almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi (ivi inclusi contratti flessibili e borse di studio) negli ultimi 8 anni, possa essere assunto a tempo indeterminato;
si tratta di una risposta positiva, dopo anni di precariato, nei confronti di biologi, chimici, fisici, farmacisti, statistici, ingegneri, data manager, grant officer, infermieri, tecnici e tanti altri lavoratori della ricerca sanitaria pubblica precari ormai da decenni con una anzianità media di contratti atipici (borse di studio, partita Iva e CoCoCo e altro) di 12 anni e con picchi di oltre 30 anni;
ad oggi però non si è avuto alcun riscontro alla normativa approvata e il personale precario di IRCCS pubblici e IZS si trova ancora in tale situazione di precarietà lavorativa vedendosi negato ancora una volta i diritti basilari di ogni lavoratore. Condizione che continua a perpetuare una grave emorragia di personale altamente qualificato dal Sistema sanitario pubblico;
è necessario far partire, senza alcun ulteriore ritardo né esitazione, la macchina della stabilizzazione in quanto 30 anni di precariato, 90 per cento dei quali in assenza di tutele minime, quali contributi pensionistici, ferie, congedi parentali, maternità, TFR, sono stati un tempo sufficiente di attesa –:
quali iniziative di competenza urgenti il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia dato seguito, quanto prima, alle disposizioni contenute nell'articolo 3-ter del decreto-legge n. 51 del 2023 consentendo finalmente al personale precario della ricerca sanitaria degli IRCCS e IZS pubblici di poter essere inquadrato con contratti a tempo indeterminato dopo anni di precariato.
(4-01698)
GHIRRA e ZANELLA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
risulta alle interroganti che di recente la capitaneria di porto di Cagliari abbia negato l'iscrizione alla prima categoria della matricola della gente di mare, ai sensi del regio decreto-legge del 14 dicembre 1933, n. 1773, applicando letteralmente l'articolo 4 del «Elenco delle infermità ed imperfezioni fisiche che sono causa di inidoneità per l'iscrizione nelle matricole della gente di mare», di cui al regio decreto-legge del 14 dicembre 1933, n. 1773, a un richiedente che – pur versando in ottime condizioni generali di salute – è risultato affetto da diabete;
ai fini dell'iscrizione negli elenchi della gente di mare, ai sensi dell'articolo 2 del citato regio decreto-legge è infatti richiesta una visita sanitaria, effettuata dal medico di porto, ufficio locale della Direzione generale della prevenzione sanitaria che fa capo al Ministro della salute;
in pratica, secondo l'applicazione letterale della disposizione mai esplicitamente abrogata, a una persona diabetica, per il solo fatto di esserlo, sarebbe proibito lo svolgimento di tutte le numerose attività lavorative per le quali è richiesta l'iscrizione nei suddetti elenchi;
la citata iscrizione infatti, costituisce presupposto per poter accedere a tutte le attività lavorative collegate a tale categoria (una sorta di lista di collocamento): solo chi sia iscritto può presentare la propria candidatura per la stipula di un contratto di lavoro per gran parte della attività lavorative che si svolgono nel mare;
a parere delle interroganti, l'anacronismo della disposizione è evidente anche in ragione dei progressi in campo medico negli ultimi decenni e del fatto che le patologie diabetiche, adottate le opportune accortezze, non impediscono a chi ne soffre di condurre una vita del tutto analoga a quella delle persone sane;
che la norma succitata potrebbe essere considerata tacitamente abrogata per la sopravvenienza di due norme successive l'articolo 8 della legge 16 marzo 1987, n. 115 e gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216;
la prima stabilisce che «La malattia diabetica priva di complicanze invalidanti non costituisce motivo ostativo al rilascio del certificato di idoneità fisica per la iscrizione nelle scuole di ogni ordine e grado, per lo svolgimento di attività sportive a carattere non agonistico e per l'accesso ai posti di lavoro pubblico e privato, salvo i casi per i quali si richiedano specifici, particolari requisiti attitudinali»; mentre la seconda (articoli 2 e 3, decreto legislativo n. 2016 del 2003) recepisce una direttiva dell'Unione europea, ispirata all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e stabilisce che nessuno può essere trattato diversamente dalle altre persone, in quanto portatore di un handicap, nel caso il diabete, fatto salvo il caso che «per la natura dell'attività lavorativa o per il contesto in essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell'attività medesima» –:
se non si ritenga opportuno accertare che i provvedimenti adottati dagli uffici periferici competenti in materia di riconoscimento alle persone diabetiche dell'idoneità all'iscrizione nelle matricole della gente di mare siano corretti e aderenti a quanto previsto dalla legge vigente.
(4-01699)
Apposizione di una firma ad una risoluzione.
La risoluzione in Commissione Furgiuele e altri n. 7-00156, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Loizzo.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta orale Bisa e altri n. 3-00712, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Molinari, Andreuzza, Angelucci, Bagnai, Barabotti, Bellomo, Benvenuto, Davide Bergamini, Billi, Bof, Bordonali, Bossi, Bruzzone, Candiani, Caparvi, Carloni, Cattoi, Cecchetti, Centemero, Coin, Comaroli, Crippa, Dara, Di Mattina, Formentini, Frassini, Furgiuele, Giagoni, Giglio Vigna, Gusmeroli, Iezzi, Latini, Lazzarini, Loizzo, Maccanti, Marchetti, Miele, Minardo, Montemagni, Morrone, Nisini, Ottaviani, Panizzut, Pierro, Pizzimenti, Pretto, Sasso, Stefani, Toccalini, Ziello, Zinzi, Zoffili.
L'interrogazione a risposta orale Braga e altri n. 3-00720, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ascani.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Braga n. 1-00191, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 173 del 6 ottobre 2023.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 32 della nostra Costituzione definisce espressamente la «salute» come un diritto fondamentale dell'individuo che deve essere garantito a tutti indipendentemente dall'essere cittadini italiani o meno, dal possedere un reddito o dall'essere indigenti;
sulla base di tale principio 45 anni fa la legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn) con l'obbiettivo di garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione sociale, economica o territoriale, configurandosi come uno strumento di giustizia e di coesione sociale, secondo i principi di universalità ed eguaglianza;
come recita l'articolo 1 della legge n. 833 del 1978: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il Servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana» mentre l'articolo 2, avendo ben presente le difformità territoriali presenti nell'accesso alle cure ed alla prevenzione incarica il Servizio sanitario nazionale nell'ambito delle sue competenze a perseguire il superamento degli squilibri territoriali;
universalità, uguaglianza e equità sono stati, quindi, una tappa fondamentale per lo sviluppo della sanità pubblica italiana, che ancora oggi, nonostante la crisi che sta passando negli ultimi decenni, tende ad assicurare il diritto alla salute per tutti a prescindere da censo o provenienza geografica. Ogni persona ha il diritto a essere curata e ogni malato deve essere considerato un legittimo utente di un pubblico servizio, di cui ha pieno e incondizionato diritto;
nonostante tali principi, tuttavia, un insieme di fattori politici, finanziari e organizzativi, a cui si è aggiunta infine la pandemia da Covid-19, hanno determinato l'aggravarsi di significative disparità sociali e difformità territoriali. Oggi ci si trova di fronte a poche realtà che sono in grado di assicurare servizi e prestazioni all'avanguardia e di eccellenza a cui se ne affiancano altre ove è difficoltoso, se non impossibile, garantire anche solo i livelli essenziali di assistenza, con la conseguenza che pochi riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono;
rispetto al 2019 nel triennio 2020-2022, a fronte dell'emergenza pandemica, sono stati stanziati 18 miliardi di euro aggiuntivi e il livello della spesa sanitaria ha superato il 7 per cento del prodotto interno lordo, mentre attualmente le stesse stime della Nadef 2023, con un rapporto spesa sanitaria/prodotto interno lordo in costante e rapida decrescita, spingono la sanità pubblica verso il collasso;
al finanziamento ordinario del Servizio sanitario nazionale vanno aggiunte poi le risorse previste per la sanità dalla Missione 6 del Pnrr pari a 15,63 miliardi di euro (l'8,16 per cento di 191,5 miliardi di euro previsti dal Piano), divisi in due obiettivi principali: M6C1: reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza territoriale sanitaria (7 miliardi euro), allo scopo di riformare gli standard strutturali, organizzativi e tecnologici per l'assistenza entro il 2021 con l'approvazione di uno specifico decreto ministeriale e definire un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in linea con l'approccio «One-Health», mediante un apposito disegno di legge entro la metà del 2022; M6C2: innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale (8,63 miliardi di euro);
la Missione 6 ha come obiettivo il diffondere di nuovi modelli per la tutela della salute attraverso lo sviluppo di diverse innovazioni organizzative tra cui l'istituzione e il potenziamento delle case della comunità, delle centrali operative e degli ospedali di comunità;
in particolare, nel documento originario della Missione 6 si prevedeva la costituzione di 1350 case della comunità, 600 centrali operative territoriali e 400 ospedali di comunità, con un totale di personale pari a circa 18.350 infermieri, 10.250 unità di personale di supporto, 2.000 operatori sociosanitari e 1.350 assistenti sociali e degli ospedali; lo sviluppo di reti di prossimità, della telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale; una più efficace integrazione tra tutti i servizi sociosanitari; la promozione dell'innovazione, della ricerca e delle digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale;
tutto questo è stato messo in discussione dall'attuale Governo che più volte ha ribadito la difficoltà di istituire le case e gli ospedali di comunità e nella sua bozza di riforma della Missione 6 uscita a fine luglio 2023 specifica che «il contesto attuale comporta difficoltà di attuazione non solo per le strutture sanitarie (Casa della Comunità, Ospedali della Comunità, Ospedali sicuri e sostenibili) ma anche per i progetti di transizione digitale (quali telemedicina, sostituzione delle grandi apparecchiature, digitalizzazione dei Dea di I e II livello) nella misura in cui richiedono lavori edili per la preparazione dei locali. Ulteriori criticità sono riconducibili a criticità nelle catene di nell'approvvigionamento delle materie prime, nella fornitura di attrezzature e nella logistica, riconducibili in parte alla mancanza di flessibilità degli strumenti contrattuali utilizzabili dai soggetti attuatori e in parte a strozzature dal lato dell'offerta (legate ad esempio alla concentrazione in capo a pochi operatori economici specializzati in ambito sanitario)»;
in particolare, nella bozza del piano di revisione del Governo il target per le case della comunità scende da 1.350 a 936, gli ospedali di comunità passano da 400 a 304. Le centrali operative territoriali (Cot) scendono da 600 a 524; il fascicolo sanitario elettronico dovrebbe essere integrato solo con l'inserimento dei documenti dei nativi digitali, escludendo dal perimetro dell'intervento la migrazione/trasposizione ad hoc di documenti cartacei attuali o vecchi; i progetti di telemedicina sono posticipati;
sempre nella bozza di revisione della Missione 6 si legge che allo stesso tempo il piano del Governo individua nuove «azioni tese ad affiancare e rafforzare le linee d'intervento preesistenti affinché si possano conseguire risultati sostenibili anche dal punto di vista organizzativo e gestionale. Per gli interventi parzialmente espunti dal Piano si propone, inoltre, la piena realizzazione attraverso risorse nazionali e secondo tempistiche che potranno essere successive a giugno 2026. Nel complesso, le modifiche proposte mirano a preservare l'ambizione della missione Salute e a realizzare appieno quanto previsto dal DM n. 77/22, rendendo le strutture territoriali pienamente funzionanti ed operative anche attraverso l'integrazione di figure professionali quali gli specialisti ambulatoriali interni e la dotazione di attrezzature e tecnologie innovative e sostenibili dal punto di vista energetico»;
in merito al documento di modifica della Missione 6 del Pnrr, le regioni hanno lamentato un loro mancato coinvolgimento, nonostante ogni presidente di regione avesse sottoscritto il Cis (contratto istituzionale di servizio) insieme al Ministro della salute, nonché la preoccupazione che la sostituzione delle risorse dell'Unione europea con quelle del bilancio nazionale (utilizzazione delle risorse per l'edilizia sanitaria ex articolo 20) potrebbe rappresentare un'incognita con il rischio di bloccare i cantieri;
il precedente Governo, nell'ambito delle riforme connesse al Pnrr, aveva adottato il decreto ministeriale n. 77 del 2022 «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» definendo così i nuovi modelli e i nuovi standard per l'assistenza territoriale, in un'ottica di avvicinamento della sanità al domicilio dei cittadini con l'obiettivo di introdurre un modello organizzativo per la rete di assistenza primaria che comprendesse standard strutturali, tecnologici e organizzati che garantissero ai cittadini e operatori del Servizio sanitario nazionale il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea);
il decreto n. 77 del 2022 mira, infatti, ad individuare le priorità d'intervento in un'ottica di prossimità e di integrazione tra le reti assistenziali territoriali, ospedaliere e specialistiche e alla continuità delle cure per coloro che vivono in condizioni di cronicità, fragilità o disabilità anche attraverso l'integrazione tra il servizio sociale e quello sanitario;
in tale ottica le case della comunità, le centrali operative territoriali, l'infermiere di famiglia e di comunità, le unità di continuità assistenziale, l'assistenza domiciliare, gli ospedali di comunità sono tutti elementi fondamentali per la buona riuscita del modello delineato dal Pnrr e dal decreto n. 77 del 2022;
è pur vero che la riorganizzazione della medicina territoriale si scontra con la carenza di medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta;
secondo l'ultimo rapporto Agenas sui medici di medicina generale emerge innanzitutto una progressiva diminuzione di quelli in attività: nel 2021 erano 40.250, ovvero 2.178 in meno rispetto al 2019 (-5,4 per cento) con notevoli variabilità regionali. A ciò si deve poi aggiungere il preoccupante quadro anagrafico che vede nel 2021 il 75,3 per cento dei medici di medicina generale in attività avere oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale;
secondo le rilevazioni della Struttura interregionale sanitari convenzionati (Sisac) al 1° gennaio 2022 c'erano 51,3 milioni di assistiti per 39.270 medici di medicina generale, con una media nazionale di 1.307 assistiti per medici di medicina generale. In realtà si va dai 1.073 della Sicilia ai 1.461 del Veneto, ai 1.466 della Lombardia, fino ai 1.545 della provincia autonoma di Bolzano. Tali numeri, al di là dei dati medi, fanno sì che per diverse migliaia di cittadini venga meno la possibilità di avere il medico di medicina generale, o di poterlo scegliere liberamente, non solo nelle zone con bassa densità abitativa, con condizioni geografiche disagiate o rurali ma anche nelle periferie delle grandi città;
una risposta concreta, seppur non sufficiente a colmare tale carenza, sono state le 900 borse aggiuntive annuali fino al 2025 finanziate con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che si aggiungono alle 1.879 finanziate con fondi ordinari, per un totale di 2.779 borse;
l'incremento di borse di studio di medicina generale è parte di un aumento complessivo di 30.800 nuove borse di studio che negli ultimi due anni è andato nella direzione di un superamento dello storico problema dell'imbuto formativo che limita l'accesso alle scuole di specializzazione dei neolaureati in medicina;
le difficoltà della medicina generale non scaturiscono solo dal numero insufficiente di medici di medicina generale, ma anche e soprattutto dalla debolezza di una rete che in tanti territori è costituita solo dallo studio del medico e dalla farmacia;
la riforma della medicina generale attesa da anni diviene, quindi, ancora più urgente per connettere l'attività della medicina di base alle nuove strutture e servizi previsti dalla Missione 6 del Pnrr;
nella riforma dell'assistenza territoriale è necessario prevedere la possibilità anche per le 96.000 persone senza dimora (secondo i dati Istat pubblicati a dicembre 2022), di cui il 62 per cento di nazionalità italiana di potersi iscriversi negli elenchi degli assistiti delle aziende sanitarie locali territoriali di riferimento allo scopo di effettuare la scelta del medico di medicina generale e accedere alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini residenti in Italia;
la riorganizzazione della rete territoriale incide anche sull'annosa questione degli accessi impropri al pronto soccorso e del recupero delle liste di attesa andatasi ad ingrossare durante il periodo pandemico nonostante gli interventi del legislatore e del Governo;
i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie costituiscono una delle principali criticità del Servizio sanitario nazionale con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente subendo gravi disagi (necessità di ricorrere alle strutture private, migrazione sanitaria, aumento della spesa out-of-pocket, impoverimento), sino alla rinuncia alle cure con pesanti conseguenze sulla salute;
la riduzione in volume delle prestazioni sanitarie durante gli anni della pandemia è stata generalizzata in tutte le regioni italiane e non sono bastati gli interventi emergenziali, l'immissione di personale in tutte le forme contrattuali possibili e, come sottolineato dalla Corte dei conti nel 2022, nessuna regione ha raggiunto in tutte le aree obiettivo (ricoveri, screening e prestazioni ambulatoriali) le quote di recupero previste nei piani operativi;
nell'ambito dell'organizzazione, a livello regionale, dell'offerta sanitaria, la gestione delle liste di attesa costituisce indubbiamente uno degli aspetti più critici di un sistema sanitario, quale quello italiano organizzato su base universalistica e istituzionalmente deputato a rispondere alla domanda di prestazioni mediche da parte dei cittadini in condizioni di parità di accesso e in tempi compatibili con le esigenze di cura richieste dalle specifiche condizioni di salute di ognuno di essi;
oltre al grave problema delle liste di attesa permane il fatto che nonostante i Livelli essenziali di assistenza siano stati modificati nel 2017 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017), ad oggi non sono ancora totalmente operativi, poiché pur essendo stato approvato il cosiddetto decreto tariffe (decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e della finanza, del 23 giugno 2023), con il consenso delle regioni, avendo avuto queste la promessa dal Governo che i maggiori costi stimati in 400 milioni di euro sarebbero stati assicurati mediante l'incremento del Fondo sanitario nazionale, questo entrerà in vigore il 1° gennaio 2024 per le tariffe dell'assistenza specialistica ambulatoriale e il 1° aprile 2024 per le tariffe dell'assistenza protesica, sempre che non subentrino ulteriori problemi di copertura e di gestione;
in un quadro già segnato da notevoli divari territoriali in materia di salute è irricevibile la proposta di autonomia differenziata che cancellerebbe il nostro il Servizio sanitario nazionale (Ssn), tradendone i principi di universalità, equità e solidarietà, per cui tutti i cittadini, indipendentemente da origini, residenza e censo devono essere curati allo stesso modo con oneri a carico dello Stato, mediante prelievo fiscale su base proporzionale come del resto affermato in occasione del discorso di fine anno 2022 dal Presidente della Repubblica Mattarella: «operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive»;
la pandemia da Covid-19 ha evidenziato la gravissima carenza di personale sanitario nel nostro Sistema con un crescendo di difficoltà a reperire sul mercato del lavoro personale dirigente medico ed infermieristico a seguito non solo del blocco del turn-over ma anche delle misure di contenimento delle assunzioni facendo sì che negli ultimi anni il personale a tempo indeterminato del Sistema sanitario nazionale sia fortemente diminuito;
secondo l'ultimo rapporto Agenas del novembre 2022 la criticità vera ed immediata riguarda il personale infermieristico poiché l'Italia ha un numero di infermieri inferiore rispetto a quello della media europea a cui segue una carenza di medici e di personale tecnico;
secondo i dati Oecd del 2020 nel sistema sanitario italiano operano 6,2 infermieri ogni 1.000 abitanti, rispetto a una media europea di 8,8 e a punte di 18 per la Svizzera e la Norvegia, 13 per la Germania, 11 per la Francia e 8,2 per il Regno Unito;
secondo il diciottesimo rapporto sanità del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (Crea) dell'Università di Roma Tor Vergata, la spesa sanitaria privata è arrivata a oltre 1.700 euro a famiglia, tanto che il 5,2 per cento dei nuclei familiari versa in disagio economico per le spese sanitarie; 378.627 nuclei (l'1,5 per cento) si impoveriscono per le spese sanitarie e 610.048 (il 2,3 per cento) sostengono spese sanitarie cosiddette «catastrofiche»;
sempre più cittadini rinunciano a prestazioni sanitarie nel pubblico a favore di strutture private che sono in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali (a volte anche inferiori) e soprattutto in tempi più rapidi rispetto alle lunghe liste di attesa della sanità pubblica; ma la «sanità privata accreditata» non ha l'obbligo dei Lea, può selezionare i pazienti, non si occupa di prevenzione, non deve svolgere attività di emergenza e urgenza;
secondo l'ultimo rapporto dell'Agenas l'intramoenia passa dall'8 per cento per le visite oncologiche e fisiatriche al 42 per cento per ecografie ginecologiche. In particolare, in 13 regioni su 20 il rapporto tra attività in Alpi (attività libero-professionale intramuraria) e in regime istituzionale risulta superiore al 100 per cento per alcune prestazioni, soprattutto in ambito ginecologico ed è ormai praticamente azzerata l'intramoenia «fuori le mura» poiché il 99 per cento dell'attività si svolge all'interno dell'azienda o in strutture in rete con prenotazioni centralizzate nella maggior parte delle regioni;
in questi anni di emergenza pandemica si è rafforzata nel Paese la consapevolezza che una rete integrata di servizi territoriali di base è indispensabile per assicurare capillarmente la presa in carico delle persone e delle comunità, garantendo l'accessibilità e la continuità delle cure anche alle fasce di popolazione socialmente più svantaggiate e più difficili da raggiungere;
la potenziale previsione di una popolazione ultra-65enne pari al 35 per cento del totale nel 2050 (23,5 per cento nel 2021), impone già oggi due azioni contemporanee: aumentare il più possibile gli anni di vita in salute e approntare prima possibile un sistema di cure di lungo periodo in grado di reggere in modo appropriato e consistente quel tipo di carico assistenziale;
dal punto di vista specifico dell'organizzazione dei sistemi di cura, i bisogni portati dalla condizione di non autosufficienza costringono a pensare l'assistenza primariamente in modo estensivo e di lungo termine, mentre al momento i nostri sistemi sono costruiti per lavorare soprattutto su bisogni acuti e intensivi;
da questo punto di vista, quindi, la riforma della non autosufficienza recata dalla Missione M5C2 del Pnrr deve essere direttamente collegata al decreto ministeriale n. 77 del 2022: «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» che a sua volta è collegato alla Missione M6C1 del Pnrr; questo perché, se da un lato viene affermata la specificità della materia e del suo «statuto assistenziale», dall'altro lato deve essere chiaro come lo sviluppo dei servizi dedicati alla non autosufficienza debbano essere inseriti nella più ampia trasformazione dei sistemi territoriali sanitari e sociali;
inoltre, è importante ridare slancio ai consultori istituti con la legge n. 405 del 1975 quali servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna, delle persone in età evolutiva e in adolescenza, delle coppie e delle famiglie inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr e dagli atti attuativi;
un sistema sanitario vicino a tutte le donne deve garantire, in tutte le regioni, il diritto all'interruzione di gravidanza come sancito dalla legge n. 194 del 1978, risolvendo definitivamente il grave contrasto tra il diritto all'obiezione di coscienza del personale sanitario e il diritto della donna di abortire in una struttura pubblica, in sicurezza e nei tempi previsti;
tra le tante conseguenze negative della pandemia Covid-19 c'è stato anche un notevole aumento del disagio psicologico nelle persone più fragili e tra i giovani, un problema urgente di cui solo un Sistema sanitario nazionale rafforzato con risorse e professionalità adeguate può farsi adeguatamente carico;
il benessere psicologico deve diventare un obiettivo fondamentale per il nostro Sistema sanitario nazionale, perché è un requisito fondamentale per la qualità della vita individuale, sociale e per la salute; a questo scopo vanno adottati programmi centrati sulla scuola come luogo dello sviluppo della persona e sui servizi sociali come strumenti di un welfare inclusivo;
i cittadini italiani, sia minorenni sia adulti, in base ai Livelli essenziali di assistenza vigenti hanno diritto al sostegno psicologico e alla psicoterapia e per garantire tale diritto occorre dotare il Paese di una rete di prevenzione e promozione psicologica pubblica, inserendo la figura dello psicologo di base all'interno del sistema sanitario territoriale come primo e più immediato presidio per le azioni di prevenzione e promozione della salute e per quelle di cura e assistenza;
l'obiettivo della psicologia delle cure primarie deve essere quello di garantire il benessere psicologico di qualità nella medicina di base, sul territorio, vicino alla realtà di vita dei pazienti, delle loro famiglie e delle loro comunità;
l'attenzione alla componente psicologica della salute è fondamentale e non si tratta solo di offrire cure al disturbo psicologico o di trattare il problema individuale ma si tratta di occuparsi del benessere e della salute psicofisica dei cittadini di un territorio, dei membri di una comunità, in modo equo e accessibile;
in tema di prevenzione l'istituzione della rete denominata Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici (Snps) sottolinea l'urgente necessità di un approccio «one health» nella tutela della salute pubblica;
tenendo conto di tale approccio nel settembre 2018 il Parlamento europeo ha adottato un piano d'azione europeo «one health» contro la resistenza antimicrobica (2017/2254 (INI)), rilevando che l'abuso di antibiotici compromette la loro efficacia, determina la diffusione di microbi estremamente resistenti, che mostrano una particolare resistenza agli antibiotici di ultima linea;
per dare seguito a tale piano è necessario sviluppare e consolidare la fondamentale collaborazione a livello dell'Unione europea in tema di antimicrobico-resistenza nonché mantenere aggiornato costantemente il prontuario farmaceutico nazionale, con particolare riguardo alle indicazioni d'uso degli antimicrobici a tutela dell'appropriatezza prescrittiva e a contrastare la vendita illegale di prodotti antimicrobici ovvero la loro vendita senza prescrizione medica o veterinaria;
sul piano strategico è assolutamente necessario un incremento del Fondo sanitario nazionale di almeno 4 miliardi l'anno per il prossimo quinquennio e il superamento del tetto di spesa per il personale,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a definire adeguate misure per ridurre le disparità territoriali in materia di sanità, rispettando i principi di universalità, uguaglianza e solidarietà che ispirano la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, rinunciando al progetto di autonomia differenziata;
2) a dare piena e completa attuazione al decreto ministeriale n. 77 del 2022, anche attraverso l'utilizzo di tutte le risorse previste dalla Missione 6 del Pnrr volte a realizzare, in ogni distretto sanitario, le centrali operative territoriali, le case della comunità dove i cittadini possano trovare assistenza ventiquattr'ore su ventiquattro ogni giorno della settimana e gli ospedali di comunità per la presa in carico dei pazienti nelle fasi post ricovero ospedaliero o in tutti quei casi dove c'è bisogno di una particolare assistenza vicino al domicilio del paziente;
3) a potenziare, sempre in relazione all'attuazione del decreto ministeriale n. 77 del 2022, il lavoro dei medici di medicina generale rendendoli pienamente protagonisti e connessi con la nuova rete territoriale, promuovendone la gestione associata ed accordi per la loro presenza all'interno delle case della comunità e prevedendo iniziative volte a incentivare i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e il personale infermieristico a svolgere la propria attività professionale in ambiti territoriali disagiati, al fine di assicurare anche in queste zone un'adeguata assistenza primaria;
4) a promuovere una forte integrazione tra attività territoriale e ospedaliera liberando così gli ospedali, e in particolare i pronto soccorso, dagli accessi impropri;
5) ad adottare un approccio preventivo e multidimensionale che non lasci indietro nessuno con una forte integrazione tra ospedale e territorio, tra cura ed assistenza che porti ad una reale integrazione dei servizi sociosanitari al fine di presidiare efficacemente le situazioni legate ad aree di fragilità sempre più complesse come la famiglia, i minori, l'età evolutiva, la salute mentale, la disabilità, la non autosufficienza, le dipendenze patologiche e le cure palliative anche attraverso équipe multidisciplinari e multiprofessionali che permettano una presa in carico della cronicità e delle diverse condizioni di fragilità in modo globale e sempre in ottica di integrazione dei servizi sociosanitari ad introdurre lo strumento del budget di salute volto a contrastare e a prevenire la cronicizzazione istituzionale o familiare, l'isolamento e lo stigma delle persone fragili, nonché favorire il loro inserimento socio-lavorativo;
6) a potenziare i servizi per la salute mentale destinando ad essi il 5 per cento del Fondo sanitario nazionale, dando anche seguito all'intesa Stato-regioni del 21 dicembre 2022 sulla «nuova metodologia per il calcolo dei fabbisogni di personale del SSN» nonché ad aggiornare, anche al fine di garantire l'effettiva tutela della salute mentale quale componente essenziale del diritto alla salute, i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, privilegiando percorsi di cura individuali in una prospettiva di presa in carico della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale secondo i principi della «recovery» e sulla base di un processo partecipato;
7) ad istituire, al fine di assicurare il benessere e la salute psicofisica delle persone promuovendo consapevolezza, promozione di salute e adozione di comportamenti positivi, la figura dello psicologo delle cure primarie, quale primo livello di servizi di cure psicologiche di qualità, accessibile, efficace, cost effective ed integrato con gli altri servizi sanitari per una presa in carico rapida del paziente ed a servizio di tutti e non solo per una particolare categoria di persone;
8) ad operare attivamente, al fine di evitare e ridurre i rischi e i danni alla salute correlati all'uso ed abuso di sostanze stupefacenti, sia promuovendo interventi di prevenzione con piani di azione integrati tra i dipartimenti e le varie realtà presenti sul territorio compreso il terzo settore e le associazioni di volontariato, sia rilanciando una rete di servizi mirati alla «riduzione del danno», una strategia che, distinguendo tra uso, abuso e dipendenza, introduca modelli di contrasto aderenti alla situazione in atto garantendo modelli di presa in carico differenziati con programmi terapeutici individualizzati e integrati con interventi di natura sociale per i minori.
9) a dare piena attuazione alla legge 23 marzo 2023 n. 33, in materia di non autosufficienza, adottando quanto prima i decreti legislativi sulla base di un confronto con il mondo associativo, le regioni e i comuni e prevedendo risorse economiche adeguate volte a rafforzare la prevenzione, la cura a domicilio e la riqualificazione delle strutture residenziali e semi residenziali al fine di assicurare cure e prestazioni più estese e di qualità.
10) ad adottare iniziative per sviluppare e potenziare la rete dei consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, delle coppie e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute, punto di raccordo tra le varie professionalità che aiutano le donne e le loro le famiglie anche alla luce delle nuove problematiche e dei nuovi scenari quali aumento della povertà e delle diseguaglianze, fenomeni di violenza e abuso, soprattutto di genere, solitudine, fragilità e disagi emotivi, precarietà, immigrazione, nuove forme familiari, con aumento di quelle mononucleari, senza legami stabili;
11) a presentare quanto prima la relazione annuale sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 già prevista per il mese di febbraio 2023, nonché ad adottare iniziative, per quanto di competenza, sui sistemi sanitari regionali affinché in ogni regione, nonostante il ricorso all'obiezione di coscienza del personale medico e sanitario, sia garantito in ogni struttura, nei tempi previsti dalla legge, l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza;
12) a predisporre linee guida nazionali volte a rendere omogeneo su tutto il territorio italiano l'utilizzo di mifepristone e prostaglandine (cosiddetto aborto farmacologico), nonché a predisporre, quanto prima, tutte le misure necessarie affinché la decisione assunta il 21 aprile 2023 dal Comitato prezzi e rimborso dell'Agenzia italiana del farmaco di rendere gratuita la contraccezione ormonale per tutte le donne sia resa finalmente operativa;
13) ad istituire la figura dell'ostetrica di comunità quale soggetto fondamentale anche al fine di accompagnare e sostenere al domicilio le mamme e entrambi i genitori nella fase post-parto, valorizzando tutte le professionalità sanitarie e sociali già esistenti piuttosto che istituendo una non meglio definita nuova figura di «assistente materna»;
14) ad attribuire ad Agenas, quale ente del Servizio sanitario nazione di supporto tecnico scientifico del Ministero della Salute, nell'ambito del Piano nazionale di governo delle liste di attesa, le funzioni di monitoraggio, verifica e controllo dei tempi medi di accesso alle prestazioni sanitarie ambulatoriali ed ospedaliere delle regioni, anche attraverso l'accesso diretto alle banche dati contenenti i flussi sanitari e l'invio di una relazione semestrale al Ministro della salute che a sua volta riferisce alle Camere;
15) a promuovere un approccio «one health» del Servizio sanitario nazionale mirante a riconoscere che la salute dell'uomo, degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell'ambiente in generale sono strettamente collegati e interdipendenti, riconoscendo che vi è la necessità comune di acqua pulita, energia e aria, alimenti sicuri e nutrienti nonché la necessità di contrastare il cambiamento climatico in quanto la qualità ambientale e il benessere animale sono elementi fondamentali nella tutela della salute pubblica;
16) a mettere in atto azioni per contrastare l'attuale ridimensionamento dei dipartimenti di prevenzione collettiva e salute pubblica verificando la piena operatività in tutte le sette aree previste dai Lea, implementando le risorse umane, strumentali e finanziarie anche a garanzia della promozione dei corretti stili di vita, l'esecuzione dei programmi di screening, oltre alla sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche e della tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro;
17) a dare seguito alla promessa rilasciata in sede di approvazione del «decreto tariffe» prevedendo, fin dal primo provvedimento utile, lo stanziamento di ulteriori 400 milioni di euro volti a coprire i maggiori costi derivanti dal decreto stesso.
(1-00191) (Nuova formulazione) «Braga, Furfaro, Ciani, Girelli, Malavasi, Stumpo, Bonafè, Casu, De Luca, De Maria, Ferrari, Fornaro, Ghio, Morassut, Toni Ricciardi, Roggiani».
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Tassinari n. 4-01678 del 5 ottobre 2023.
ERRATA CORRIGE
Nell'allegato B al resoconto della seduta n. 174 del 9 ottobre 2023, alla pagina 5195, prima colonna, dopo la prima riga, devono aggiungersi le seguenti:
«Mozione:»
Quartini ...................... 1-00193 5197
Conseguentemente, al medesimo allegato B:
alla pagina 5197, prima colonna, dopo la riga diciottesima, deve leggersi: «Mozione:»
La Camera,
premesso che:
il 2 ottobre 2023 il Presidente della Repubblica ha ribadito come il sistema sanitario sia un patrimonio prezioso da difendere;
l'articolo 32 della Costituzione italiana sancisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti;
i principi fondamentali del nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn), istituito con la legge n. 833 del 1978, sono l'universalità, l'uguaglianza e l'equità; l'universalità comporta che le prestazioni sanitarie siano fruibili, uniformemente, da tutte le persone che si trovano nel nostro paese attraverso i servizi erogati dalle strutture sanitarie dislocate nel territorio; l'uguaglianza comporta che tutti i cittadini devono poter accedere alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale senza distinzione alcuna e l'equità, invece, comporta che tutti i cittadini possano accedervi in condizione di parità in rapporto a uguali bisogni di salute; è proprio dall'articolo 32 della Costituzione e dal connubio di universalità, uguaglianza ed equità che consegue il compito/dovere dello Stato di finanziare il SSN, di sostenerlo economicamente e di garantire e tutelare la salute dell'intera collettività;
la deprivazione economica e lo stato di salute sono inestricabilmente legati e generalmente l'aspettativa di vita aumenta in modo molto evidente con l'aumentare della ricchezza media; dinanzi a questa indiscutibile verità appare evidente come le misure di contrasto alla povertà siano essenziali per assicurare lo stato di salute della popolazione;
la società è cambiata, ma i determinanti della salute restano gli stessi declinati nella conferenza di Alma Ata del 1978, la famosa «piramide dei determinati della salute»: ciò che fa salute sono prima di tutto la sicurezza economica e sociale e l'istruzione di ogni individuo, seguono le politiche sanitarie generali, come ad esempio quelle di igiene pubblica (potabilizzazione delle acque, impianti fognari, prevenzione ed altro);
coerentemente con i principi espressi dalla dichiarazione dei diritti umani dell'Onu, dalla nostra Carta costituzionale, dalla carta sociale europea, dalla dichiarazione di Alma Ata, dalla Carta di Ottawa dell'Oms, dalla legge n. 833 del 1978, occorre mettere al centro dell'agenda politica del Paese il benessere e la qualità di vita dei cittadini attraverso azioni che non transigano da i seguenti tre aspetti:
a) considerare la platea a cui di rivolge il Servizio sanitario nazionale fatta di cittadini esigibili di diritti e doveri e non di pazienti da curare (peraltro troppo spesso mercificati come clienti a cui erogare servizi);
b) promuovere e proteggere la salute intesa come completo benessere, piuttosto che la sanità;
c) considerare la spesa in salute non un costo ma un vero e proprio investimento per l'intero sistema Paese;
secondo le più accreditate analisi degli osservatori del sistema salute, alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro, di cui circa 25 miliardi di euro nel periodo 2010-2015, in conseguenza dei tagli lineari effettuati nelle diverse manovre finanziarie e oltre 12 miliardi di euro nel periodo 2015-2019, come processo di progressivo definanziamento che, per obiettivi di finanza pubblica, ha assegnato al Servizio sanitario nazionale meno risorse rispetto ai livelli programmati;
dopo una inversione di tendenza negli anni della pandemia, quando la spesa sanitaria era tornata a crescere progressivamente, dalla manovra economica per il 2023 la spesa sanitaria è tornata nuovamente a contrarsi, come peraltro rappresentato anche dalla Corte dei conti che proprio in occasione della predetta manovra 2023 ebbe a stigmatizzare il fatto che il rapporto fra spesa sanitaria e prodotto interno lordo si portava su livelli inferiori a quelli precedenti alla crisi sanitaria già dal 2024 (al 6,3 per cento), per ridursi ancora di un decimo di punto nell'anno terminale (2025);
nella Nota di aggiornamento al Def 2023, rispetto al 2022, la spesa sanitaria del 2023 aumenta del 2,8 per cento, in termini assoluti di 3.631 milioni di euro, ma si riduce dal 6,7 per cento al 6,6 per cento in termini di percentuale di prodotto interno lordo; a fronte di una crescita media annua del prodotto interno lordo nominale del 3,5 per cento, nella Nadef si stima la crescita media della spesa sanitaria all'1,1 per cento;
il rapporto spesa sanitaria/pil precipita quindi dal 6,6 per cento del 2023 al 6,2 per cento nel 2024 e nel 2025, e poi ancora al 6,1 per cento nel 2026; rispetto al 2023, in termini assoluti la spesa sanitaria del 2024 scende a 132.946 milioni di euro (-1,3 per cento), per poi risalire nel 2025 a 136.701 milioni di euro (+2,8 per cento) e a 138.972 milioni di euro (+1,7 per cento) nel 2026;
come rilevato anche dall'analisi indipendente della fondazione Gimbe, «è del tutto evidente che l'irrisorio aumento della spesa sanitaria di 4.238 milioni di euro (+1,1 per cento) nel triennio 2024-2026 non basterà a coprire nemmeno l'aumento dei prezzi, sia per l'erosione dovuta all'inflazione, sia perché l'indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all'indice generale di quelli al consumo» e che pertanto le stime previsionali sulla spesa sanitaria 2024-2026 «non lasciano affatto intravedere investimenti da destinare al personale sanitario, ma certificano piuttosto evidenti segnali di definanziamento. In particolare il 2024, lungi dall'essere l'anno del rilancio, segna un preoccupante -1,3 per cento»;
complessivamente le stime della Nadef 2023 confermano, come sottolineato anche dal presidente della fondazione Gimbe, che la sanità rimane la «cenerentola» dell'agenda politica e nonostante le dichiarazioni programmatiche sugli stanziamenti 2024-2026 da destinare al personale del Servizio sanitario nazionale, la Nadef 2023 non fa alcun cenno alla graduale abolizione del tetto di spesa per il personale sanitario e i numeri non lasciano intravedere affatto i fondi necessari, ma viceversa documentano segnali di definanziamento della sanità pubblica ancor più evidenti di quelli del Def 2023, le cui stime previsionali sulla spesa sanitaria sono state riviste al ribasso;
il decrescere dell'incidenza sul Pil della spesa sanitaria è un elemento preoccupante perché si traduce in «meno salute» e pone il nostro Paese al di sotto della media dei Paesi Ocse e al di sotto dell'accettabilità, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'efficacia dell'assistenza sanitaria e sull'aspettativa di vita, come già studi e ricerche hanno documentato in accreditati rapporti;
occorre restituire centralità e unitarietà al Sistema sanitario nazionale e superare l'attuale frammentazione in cui versano i servizi sanitari regionali, intervenendo per riportare allo Stato, in via esclusiva, la competenza in materia di tutela della salute, al fine di garantire la sostenibilità del sistema e una migliore equità nell'erogazione delle prestazioni e rispondere, così, ai principi di universalità, di uguaglianza e di globalità degli interventi, in osservanza e ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione;
soprattutto, per ovviare alla sperequazione territoriale, occorre ripensare totalmente l'autonomia differenziata nel senso e nella direzione di escluderla categoricamente per la sanità e salvaguardarne l'universalità;
al fine di superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, si dovrebbe altresì intervenire sulla ripartizione del Fondo sanitario nazionale, prevedendo che nello stabilire i pesi da attribuire ai diversi elementi si tenga conto anche di indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché, con un peso non inferiore al 10 per cento a valere sull'intera quota, dell'indice di deprivazione economica, individuato annualmente dall'Istat, che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;
nei consessi europei dovrebbe essere rappresentata la necessità di modificare le regole vigenti in Europa in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo, dal calcolo del deficit e dell'indebitamento, della spesa sanitaria, tenuto conto di come il COVID-19 abbia drammaticamente dimostrato che la salute sia un investimento assolutamente produttivo la cui carenza rischia di sacrificare ogni altro investimento e la sostenibilità del sistema Paese e del sistema Europa;
alla riduzione delle risorse economiche e alla compressione delle prestazioni sanitarie per i cittadini, si aggiungono le misure di contenimento della spesa sul personale che continuano a generare un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e insostenibili turni straordinari, nonché una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di lavoro flessibile e precarizzato anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione), determinando un progressivo indebolimento della sanità pubblica che in tal maniera e in queste condizioni emergenziali non è più in grado di rispondere ai bisogni della popolazione e perde terreno in favore della sanità privata o della sanità integrativa;
permane il grave ritardo nella erogazione delle prestazioni, anche ordinarie, ed è pertanto necessario procedere con sollecitudine al riassorbimento delle liste d'attesa, cresciute esponenzialmente con la pandemia;
il ricorso all'intramoenia è sempre più spesso una conseguenza obbligata per il cittadino dinanzi alle lunghe liste di attesa e alle inefficienze del Servizio sanitario nazionale, in netto contrasto con quanto previsto dalle norme che avevano introdotto tale istituto secondo cui il ricorso all'intramoenia deve essere la conseguenza della libera scelta del cittadino e non già la conseguenza di una carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale;
numerosi dati e ricerche rilevano come la spesa sanitaria privata sia aumentata sensibilmente e come siano sempre più numerosi i cittadini che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie nel pubblico: si fa sempre più dilagante la «fuga» dal Ssn verso strutture sanitarie private, spesso in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali rispetto alla compartecipazione dovuta o comunque in tempi più rapidi rispetto alle liste di attesa del servizio pubblico;
i cosiddetti fondi integrativi o le polizze assicurative non dovrebbero sostituirsi al primo pilastro del nostro sistema pubblico di salute che è il Servizio sanitario nazionale, basato sui principi di universalità, equità e solidarietà, come diretta attuazione dell'articolo 32 della Costituzione; tuttavia, diverse forme di sanità integrativa si stanno con il tempo proponendo come le uniche forme risolutive del problema dell'inaccessibilità alle cure e all'assistenza e come l'unica forma di superamento delle difficoltà in cui versa il sistema pubblico di tutela della salute;
in tale quadro, dunque, di fronte a questo tangibile smantellamento del servizio sanitario pubblico, prendono corpo e s'inseriscono le diverse soluzioni o proposte di partenariato pubblico-privato, se non addirittura chiaramente «di copertura assicurativa» dei bisogni assistenziali: l'idea di «cedere» prestazioni incluse nei Lea a soggetti privati, attraverso accreditamenti oramai resi strutturali, rende il sistema sanitario debole di fronte a eventuali richieste accessorie o mancate prestazioni da parte del privato, inaccettabili alla luce dei principi costituzionali;
in sanità il rapporto pubblico/privato mostra aspetti decisamente sfavorevoli; riteniamo che il sistema delle convezioni ed esternalizzazioni che erode fino al 40 per cento del Fondo sanitario nazionale in favore del privato, debba essere rivisto in modo sostanziale;
il Servizio sanitario nazionale deve erogare le prestazioni e non acquistarle: ciò è fondamentale anche per limitare lo stesso consumismo sanitario e le richieste inappropriate; le stime rilevano che al privato convenzionato vadano circa 50 miliardi di euro del Fondo sanitario nazionale e a questi si aggiunge la spesa out of pocket, 40 miliardi di euro, che gli italiani spendono di tasca propria per curarsi privatamente; dunque, in Italia la sanità privata vale complessivamente 90 miliardi, cioè più di quella pubblica;
oltretutto, la sanità privata convenzionata si riserva le prestazioni più remunerative mentre la sanità pubblica che deve garantire pronto soccorso, dialisi, oncologia, trapiantologia, rianimazioni, medicina trasfusionale, resta di fatto la parte meno remunerativa; a riguardo, vari studi di Hta hanno documentato che producendo in modo virtuoso in house le prestazioni, queste costerebbero meno e avremmo in garanzia maggior personale assunto;
nell'offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo, l'Italia (3,7 posti ogni mille abitanti) si colloca al di sotto della media europea (5,5 posti letto) e si penalizzano, nella programmazione della dotazione dei posti letto, quelle regioni italiane che, con un saldo positivo di mobilità, di fatto finanziano il sistema sanitario di regioni ritenute virtuose proprio attraverso le risorse provenienti dalla mobilità attiva;
per quanto riguarda il processo di riorganizzazione dell'assistenza territoriale, è evidente come questa si scontri con il problema della progressiva carenza dei medici di famiglia, rispetto alla quale già da oltre 10 anni sia l'Enpam sia la Fimmg forniscono dati drammatici sui pensionamenti e sulle conseguenti carenze assistenziali, stimando che dal 2015 al 2025 sarebbero andati in pensione complessivamente circa 40.000 tra medici di medicina generale, guardie mediche e pediatri, con 25.000 pensionamenti che rischiano di non essere sostituiti; in prospettiva, il rischio è che 25 milioni di italiani possano rimanere senza assistenza;
la riorganizzazione territoriale, dunque, richiede necessariamente una riforma della medicina generale e in tal senso è necessario costruire un dialogo costruttivo con le categorie interessate al fine di conciliare il ruolo che i medici di medicina generale avranno nelle costituende case di comunità;
la riorganizzazione delle cure primarie e il processo di de-ospedalizzazione richiedono, peraltro, oltre che un concreto rafforzamento dell'assistenza territoriale, anche un robusto investimento in prevenzione, da garantirsi con risorse economiche adeguate e con professionisti dedicati, mentre, in tale ottica, si assiste quotidianamente all'accorpamento di distretti e presidi sul territorio che finiscono per essere ben lontani dai cittadini;
occorre che la riorganizzazione territoriale sia sostenuta, oltre che da un adeguato potenziamento del fabbisogno del personale sanitario e amministrativo e da un'idonea copertura finanziaria, anche dall'implementazione di ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile e l'assistenza psicologica di base; altresì, dovrebbe essere accompagnata da una riorganizzazione dei posti letto, secondo una logica ripartizione tra l'ambiente ospedaliero «tradizionale» e gli ospedali di comunità;
l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha stimato che i costi diretti e indiretti conseguenti al mancato investimento in salute mentale, ammontano per l'Italia al 3,3 per cento del prodotto interno lordo, cioè a circa 55 miliardi di euro: non investire sul benessere psicologico comporta infatti maggiori spese sia dirette (esempio: farmaci, cure, ricoveri) che indirette;
nel nostro Paese persiste il cronico sotto finanziamento della salute mentale la cui spesa si attesta, ormai da oltre un decennio, intorno al 3 per cento del Fondo sanitario nazionale (Fsn), con una flessione in diminuzione ove si consideri la spesa riportata a consuntivo, nonostante fosse stato assunto l'impegno, già nel 2001, di destinare alla salute mentale almeno il 5 per cento del Fondo sanitario nazionale; eppure, come autorevolmente raccomandato, nel 2018, dalla «Lancet Commission sulla salute mentale globale e lo sviluppo sostenibile» mentre i Paesi a basso-medio reddito dovrebbero aumentare la loro allocazione per la salute mentale ad almeno il 5 per cento, i Paesi ad alto reddito come l'Italia dovrebbero invece aumentarle ad almeno il 10 per cento del bilancio sanitario totale;
nell'ambito della riorganizzazione territoriale occorre rafforzare i presidi esistenti dando completa e capillare attuazione alla legge n. 405 del 1975 sui consultori quali presidi indispensabili per l'integrazione socio-sanitaria e di prevenzione, garantendo che siano dotati di risorse economiche adeguate e di professionisti in grado di realizzare un approccio multidisciplinare compiuto, assicurando altresì, su tutto il territorio nazionale, una completa esigibilità dei diritti delle donne in relazione alla legge n. 194 del 1978 e, superando ogni problema organizzativo legato all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore;
riguardo la spesa farmaceutica, dato che essa rappresenta una tra le voci più consistenti della spesa sanitaria rientrante nel fabbisogno nazionale standard, dovrebbero essere introdotti più efficaci strumenti di monitoraggio per la governance ed il controllo sull'appropriatezza dell'uso dei farmaci; per raggiungere la sostenibilità della spesa farmaceutica sarebbe auspicabile la trasparenza sul prezzo e rimborso dei farmaci, sui costi di ricerca e sviluppo sostenuti delle aziende e sul contributo pubblico oltreché una condivisione a livello europeo e internazionale delle informazioni sui prezzi dei farmaci; per sopperire alla carenza di farmaci dovrebbe esserci un sistema di ricerca e produzione farmaceutica, compreso il ciclo di fornitura e distribuzione, di tipo pubblico;
occorre rescindere il legame tra le nomine dei dirigenti della sanità e la politica, con l'intento di attuare la decisa separazione tra politica e amministrazione nella gestione del Servizio sanitario nazionale, in quanto la commistione tra le due sfere rappresenta la causa più rilevante delle inefficienze in questo settore; più in particolare occorre intervenire sul sistema vigente di conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore sanitario e di direttore amministrativo e, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di disciplinare le procedure di nomina, valutazione e decadenza in base a princìpi di trasparenza e di merito, azzerando la discrezionalità, in capo ai presidenti di regione, nella nomina dei predetti direttori;
bisogna intervenire sull'inappropriato utilizzo delle risorse del Ssn attraverso la ridefinizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per il rilascio delle autorizzazioni, dell'accreditamento istituzionale e per la stipulazione degli accordi contrattuali, per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie, rafforzando e uniformando il sistema di rilevazione del fabbisogno territoriale, con efficaci misure di trasparenza e con rigorosi controlli caratterizzati da terzietà e indipendenza degli organi ispettivi e assicurando un rigoroso sistema sanzionatorio che contempli anche la revoca e la sospensione, in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alla tipologia e alla qualità delle prestazioni;
occorre un intervento coordinato sulle colonne portanti del nostro Servizio sanitario nazionale, incidendo su: finanziamento, appropriatezza dei Lea, risorse umane, accreditamento delle strutture sanitarie, sanità integrativa, tracciabilità della spesa sanitaria, nomine della dirigenza sanitaria, liste di attesa e attività intramoenia, ricerca sanitaria, digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale e riordino del sistema di emergenza sanitaria territoriale e ospedaliero,
impegna il Governo:
1) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, al fine di pervenire allo scorporo, dal calcolo del deficit e del debito pubblico, della spesa sanitaria ovvero degli investimenti ad essa riconducibili;
2) ad adottare iniziative volte a reintrodurre più efficaci misure di contrasto alla povertà e alla deprivazione economica e sociale affinché sia conseguentemente assicurato lo stato di salute e benessere di tutta la popolazione che si trova nel nostro territorio e affinché le persone siano messe in condizioni di accedere alle prestazioni sanitarie, inclusi gli indigenti e i senza dimora;
3) al fine di salvaguardare il Servizio sanitario nazionale, garantire una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza (Lea) e soddisfare in modo più efficace le esigenze di pianificazione e di organizzazione nel rispetto dei princìpi di equità, di solidarietà e di universalismo, ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere che l'incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo sia in linea con i Paesi del G7 e che non sia, comunque, inferiore alla media europea;
4) ad introdurre misure idonee ad assicurare che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato sia in ogni caso aumentato su base annua di una percentuale pari al doppio del tasso di inflazione, anche in un contesto macroeconomico anticiclico, contraddistinto da una riduzione del prodotto interno lordo;
5) al fine di superare la sperequazione esistente nel territorio nazionale, a garantire che nell'ambito della ripartizione del Fondo sanitario nazionale siano presi in considerazione fattori ambientali, socioeconomici e culturali, attribuendo un peso non inferiore al 50 per cento a valere sull'intera quota capitaria all'indice di deprivazione economica, individuato annualmente dall'Istituto nazionale di statistica tenendo conto delle carenze strutturali, delle condizioni geomorfologiche e demografiche presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;
6) ad intervenire sull'appropriatezza delle prestazioni sanitarie eliminando le prestazioni sanitarie obsolete, incrementando le risorse per l'aggiornamento dei Lea nei termini prescritti dalle norme vigenti e a ridefinendo gli indicatori e i parametri di riferimento per il monitoraggio del rispetto dei Lea, assicurando che, per ciascun periodo di monitoraggio, alcuni indicatori e parametri siano fissi e altri variabili;
7) al fine di garantire l'equità distributiva attraverso un efficace sistema di remunerazione e adeguati livelli della qualità dei servizi erogati nonché di ridurre l'utilizzo inappropriato delle risorse del Servizio sanitario nazionale e i casi di scelta delle procedure di selezione dei pazienti sulla base della minore complessità dei casi o dell'attribuzione di tariffe più remunerative, a ridefinire il sistema remunerativo delle prestazioni sanitarie che includa i risultati di qualità e di salute conseguiti e la presa in carico complessiva del paziente;
8) a rivedere il criterio di calcolo per la definizione del numero di posti letto in ragione delle esigenze epidemiologiche e della riorganizzazione territoriale, comunque assicurando un numero di posti letto di degenza ordinaria non inferiore alla media europea, pari a circa 500 per 100.000 abitanti, e un numero di posti letto di terapia intensiva non inferiore a 25 per 100.000 abitanti;
9) in accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, a definire una nuova metodologia per la gestione, il contenimento del costo e la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale ai fini della valutazione dell'adeguatezza delle risorse utilizzate, in coerenza con gli standard organizzativi, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera e territoriale;
10) al fine di assicurare il potenziamento dell'assistenza territoriale nei termini previsti per l'attuazione degli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, con riferimento anche ai maggiori oneri per la spesa di personale dipendente da assumere nelle case e negli ospedali di comunità e per l'assistenza domiciliare, a consentire alle regioni una maggiore spesa per il personale sanitario e a incrementare il finanziamento del Servizio sanitario nazionale per l'assunzione di personale;
11) a stanziare adeguate risorse per il rinnovo della contrattazione collettiva nazionale e per i miglioramenti economici del personale impiegato nelle strutture che operano nel Servizio sanitario nazionale, al fine di adeguare le retribuzioni ai livelli europei e di incentivare le assunzioni negli ambiti con maggiore carenza di organico;
12) a riequilibrare il rapporto pubblico/privato rivedendo in modo sostanziale il sistema delle convenzioni ed esternalizzazioni affinché il Servizio sanitario nazionale sia messo nelle condizioni prevalenti di erogare le prestazioni sanitarie e non acquistarle, anche al fine di limitare il consumismo sanitario e le richieste inappropriate e incrementare le assunzioni di personale;
13) ad intervenire in materia di assistenza sanitaria integrativa affinché, nel rispetto dei principi di universalità, uguaglianza ed equità nell'accesso alle prestazioni e ai servizi sanitari, le forme di assistenza sanitaria integrativa possano fornire esclusivamente le prestazioni sanitarie non comprese nei Lea, assicurando che le forme di assistenza sanitaria integrativa operino esclusivamente con finalità assistenziali e senza scopo di lucro, inibendo qualsiasi beneficio fiscale ove vi sia una gestione anche indiretta da parte di soggetti che operino sul mercato con finalità di lucro (come le assicurazioni) e rimuovendo ogni forma di conflitto d'interesse nella gestione di fondi e polizze;
14) al fine di ridurre l'utilizzo inappropriato delle risorse del Servizio sanitario nazionale, a stabilire i requisiti minimi e le modalità organizzative per il rilascio delle autorizzazioni e dell'accreditamento istituzionale nonché per la stipulazione degli accordi contrattuali, per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie sull'intero territorio nazionale, garantendo la trasparenza nella determinazione del fabbisogno, con l'evidenza dei territori saturi e di quelli in cui l'offerta risulti carente e con la previsione di un puntuale piano di controlli sul rispetto dei contenuti degli accordi contrattuali e un efficace monitoraggio per la valutazione delle attività erogate, contemplando anche la revoca e la sospensione in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali;
15) al fine di garantire la trasparenza e l'economicità della spesa sanitaria nonché la concorrenzialità della filiera produttiva di beni e servizi in ambito sanitario, a rendere tracciabile e uniforme nel territorio nazionale l'intero processo di acquisizione di beni e servizi in ambito sanitario;
16) ad integrare le disposizioni sulla trasparenza nella pubblica amministrazione affinché siano pubblici i dati concernenti l'attività libero-professionale intramuraria e affinché le disposizioni sulla tracciabilità finanziaria siano estese anche alle concessioni e convenzioni relative alle attività sociosanitarie;
17) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, in materia di nomina dei direttori generali, dei direttori amministrativi e dei direttori sanitari affinché le predette nomine siano rigorosamente disgiunte dalla politica e affinché gli incarichi siano revocati per gravi e comprovati motivi, per gestione di disavanzo grave o in caso di manifesta violazione di norme di legge o regolamento o del principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione e siano sospesi in caso di condanna, anche non definitiva, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose da parte della Corte dei conti;
18) ad abbattere le liste di attesa prevedendo che il rispetto del Piano nazionale di governo delle liste di attesa sia un adempimento ai fini della verifica dell'erogazione dei Lea, rafforzando l'obbligo di pubblicazione dell'elenco delle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera e i relativi tempi massimi di attesa, assicurando la gestione informatizzata, trasparente e tracciabile, la totale visibilità nonché l'unicità dell'agenda di prenotazione delle strutture pubbliche e private accreditate, nonché quelle dell'attività istituzionale e dell'attività libero-professionale intramuraria, da parte dei sistemi informativi aziendali e regionali;
19) a consentire l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria solo nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie che hanno provveduto all'informatizzazione e all'aggiornamento periodico delle liste di attesa, all'obbligo di prenotazione di tutte le prestazioni attraverso il centro unico di prenotazione regionale, con gestione informatizzata delle agende dei professionisti e in relazione alla gravità della patologia;
20) al fine di potenziare la ricerca e lo sviluppo sui farmaci, ad adottare iniziative normative volte ad incrementare dello 0,50 per cento la quota del Fondo sanitario nazionale complessivo da destinare al finanziamento delle attività di ricerca corrente di cui alla lettera a) del medesimo comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 502 del 1992, aumentando a tal fine il contributo delle aziende farmaceutiche finalizzato alla realizzazione di ricerche sull'uso dei farmaci e in particolare di sperimentazioni cliniche comparative tra farmaci, tese a dimostrare il valore terapeutico aggiunto, nonché sui farmaci orfani e salvavita;
21) a dare piena e completa attuazione alla riorganizzazione territoriale al fine di garantire un'assistenza adeguata ventiquattro ore su ventiquattro ed assicurare la presa in carico multidimensionale dei pazienti anche dopo le dimissioni ospedaliere e in ogni situazione deistituzionalizzata, promuovendo una forte integrazione tra attività territoriale e ospedaliera;
22) a prevedere, in una logica di risposte integrate a vantaggio della comunità, la declinazione e l'impiego delle professioni sanitarie ad alta valenza comunitaria (ad esempio, fisioterapista di comunità, psicologo di comunità, ostetrica di comunità, dietista di comunità), oltre al coinvolgimento attivo dei tecnici sanitari per le competenze specifiche sui temi della sanità digitale e del connected health;
23) a promuovere, in specie nelle aree interne e montane, nelle piccole isole, nelle zone di confine e nelle altre aree nelle quali, per le caratteristiche geografiche e morfologiche del territorio, le case della comunità possano risultare distanti, il rafforzamento dello studio del medico di medicina generale, attraverso strumenti di prima diagnostica, rete e telemedicina nonché mediante l'integrazione con figure professionali dipendenti dall'azienda sanitaria di riferimento, al fine di garantire un'assistenza di prossimità adeguata e non accrescere le diseguaglianze territoriali;
24) al fine di garantire una idonea presa in carico globale e un'adeguata assistenza domiciliare dei pazienti con malattie rare o croniche complesse, ad adottare iniziative per facilitare ed estendere l'assistenza e la terapia domiciliare per i pazienti cronici e i malati rari, nel rispetto della sicurezza dei pazienti, ottemperando alla realizzazione di una sanità di prossimità, con un coordinamento tra specialisti dei centri di riferimento e i medici di medicina generale;
25) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a potenziare l'odontoiatria pubblica, per consentire l'accesso alle cure a tutta la popolazione;
26) ad investire maggiori risorse per la prevenzione, attuando l'approccio integrato one health, rafforzando il paradigma secondo cui la salute delle persone, degli animali, delle piante e dell'ambiente sono strettamente interdipendenti e consolidando l'approccio trasversale ai determinanti di salute;
27) ad investire maggiori risorse, non inferiori al 10 per cento del Fondo sanitario nazionale, all'attuazione del Piano nazionale della prevenzione 2020-2025, approvato con intesa Stato-regioni del 6 agosto 2020, al fine di contrastare la morbosità, mortalità e disabilità delle malattie croniche non trasmissibili attraverso la promozione di corretti stili di vita nella popolazione e nei soggetti a rischio;
28) a produrre campagne e azioni di educazione alla salute per combattere i fattori di rischio rimovibili, capaci di generare oltre l'80 per cento dei costi sanitari e la maggior parte delle morti evitabili, che sono: tabacco, alcol, sovrappeso/obesità, controllo della malattia diabetica (ed eccesso nel consumo di zuccheri semplici), controllo dell'ipertensione e eccesso nel consumo di sale, sedentarietà, riducendo la medicalizzazione di molte fasi e aspetti della vita umana e il disease mongering (malattie create per profitto) come meccanismo per allargare sempre più il mercato sanitario;
29) ad adottare iniziative per promuovere, con la popolazione a rischio, incontri di prevenzione in relazione ai corretti stili di vita e all'evoluzione delle malattie croniche in modo da ridurre l'evoluzione verso la grave disabilità e il rischio di perdita dell'autonomia, sostenendo il mantenimento delle funzionalità e autonomie residue per le persone non autosufficienti;
30) a sostenere ulteriormente le attività dei servizi pubblici (Serd), degli enti del terzo settore e dei sistemi di auto-mutuo-aiuto, che si occupano della prevenzione, diagnosi, cura, trattamento e recupero dei disturbi da uso di sostanze e comportamentali, anche implementando strategie di «riduzione del danno» e soprattutto di «riduzione del rischio»;
31) ad integrare, nelle case di comunità, anche i consultori familiari quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;
32) ad adottare iniziative volte a dare completa e capillare attuazione alla legge n. 405 del 1975 sui consultori quali presidi indispensabili per l'integrazione socio-sanitaria e di prevenzione, garantendo che siano dotati di risorse economiche adeguate e di professionisti in grado di realizzare un approccio multidisciplinare compiuto, assicurando altresì una completa esigibilità dei diritti delle donne in relazione alla legge n. 194 del 1978 e su tutto il territorio nazionale, superando ogni problema organizzativo legato all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore;
33) ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere, nell'ambito del Fondo sanitario nazionale, l'impiego dello standard minimo del 5 per cento delle risorse al fine di investire in maniera sistemica sul benessere psicologico e contenere le disuguaglianze ed i costi diretti e indiretti del disagio psicologico;
34) a prevedere lo psicologo di base, con la finalità di sostenere e integrare l'azione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, nell'intercettare e rispondere ai bisogni assistenziali di base dei cittadini, anche promuovendo efficaci strategie di prevenzione e di presa in carico dei soggetti maggiormente fragili e ad inserire la figura dello psicologo nei servizi di assistenza sanitaria primaria, assicurando che lo stesso abbia un'adeguata formazione per promuovere il benessere psicologico, identificare precocemente le situazioni di disagio psicologico e costruire percorsi di cura integrati che coinvolgano altri professionisti della salute;
35) a monitorare per quanto di competenza, lo stato di attuazione del Piano d'azione nazionale salute mentale (Pansm) nelle regioni, attraverso indicatori specifici che siano in grado di rilevare la congruità o meno tra quanto programmato e quanto poi attuato;
36) ad attivarsi per una politica efficace di prevenzione sull'uso degli antibiotici, dotando gli ospedali di servizi di microbiologia permanente, adottando iniziative efficaci che mirino a riportare in tutte le prescrizioni di farmaci antibiotici, la diagnosi, la posologia e la durata della terapia, prevedendo una banca dati di tutte le prescrizioni di antibiotici e programmi di screening attivo con tecnologie diagnostiche rapide al fine di individuare i pazienti infetti con batteri multifarmacoresistenti, predisponendo adeguate misure di controllo delle infezioni, e incentivando un sistema di confezionamento dei farmaci, con dosi unitarie o pacchetti personalizzati, al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;
37) ad assicurare in tutto il territorio nazionale la dematerializzazione della ricetta medica, della cartella clinica e del percorso di cura, a tal fine sfruttando le potenzialità del fascicolo sanitario elettronico, della telemedicina e degli strumenti di medicina digitale (Digital Health) a supporto alle decisioni cliniche e assicurando altresì l'interoperabilità dei dati e delle informazioni e la loro disponibilità in favore dei pazienti, dei professionisti sanitari e delle aziende sanitarie, prevedendo che la piena realizzazione del fascicolo sanitario elettronico consenta l'accesso alle forme premiali nell'ambito del riparto del Fondo sanitario nazionale e rappresenti un adempimento ai fini della verifica dell'erogazione dei Lea;
38) ad adottare iniziative volte a riordinare il sistema di emergenza sanitaria territoriale e ospedaliero al fine di assicurare l'integrazione funzionale del sistema «118» con il dipartimento di emergenza urgenza e accettazione, e il collegamento tra i rispettivi sistemi informatici per la gestione dei dati sanitari e dei flussi di attività a bordo dei mezzi di soccorso, definendo le dotazioni organiche idonee a garantire un livello ottimale di dotazione in base al fabbisogno standard comprensivo del sistema di emergenza-urgenza sanitaria e di continuità assistenziale integrata tra ospedale e territorio, nonché i profili professionali e giuridici dei medici, degli infermieri e degli autisti-soccorritori del sistema «118».
(1-00193) «Quartini, Sportiello, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu».