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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 19 settembre 2024

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PORTA, AMENDOLA, SARRACINO, BOLDRINI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 15 luglio 2020 Mario Paciolla, cooperante dell'Onu che si trovava in Colombia come osservatore per monitorare gli accordi di pace tra il Governo colombiano e il gruppo armato delle Farc (Forze armate rivoluzionarie colombiane), è stato trovato morto con un cappio al collo e tagli sui polsi. Uno dei primi a ritrovare il corpo è stato il responsabile della sicurezza della missione cui partecipava lo stesso Paciolla. L'appartamento dell'avvenuto ritrovamento del corpo è stato ripulito con la candeggina e alcuni indumenti gettati via; oggetti con sopra campioni biologici sono stati fotografati, ma non acquisiti secondo le procedure previste. Il materasso e altri oggetti con liquido che sembrava sangue sono stati trasportati in una discarica, sono stati prelevati e mai più ritrovati le agende e i quaderni di Paciolla;

   la morte di Mario Paciolla è stata classificata come suicidio, dopo un'autopsia effettuata da un medico delle Nazioni Unite, in assenza, tuttavia, di un legale. L'ipotesi non convince famiglia e amici. Il caso giudiziario è stato prontamente chiuso in Colombia, ma la procura di Roma ha avviato un'indagine contro ignoti per omicidio. Il 14 giugno 2024, anche la procura di Roma ha chiesto, per la seconda volta, l'archiviazione dell'inchiesta in Italia. La famiglia, supportata dalle evidenze scientifiche dell'autopsia, da testimonianze e dagli stessi racconti di Mario, prima della morte, non crede a questa tesi e ha presentato opposizione all'ufficio del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, che dovrà esprimersi al riguardo;

   dopo anni di indagini e depistaggi, denunciati dalla sua famiglia, i genitori del cooperante sono stati auditi a marzo 2024 presso la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, dove hanno chiesto verità e giustizia per il figlio, auspicando l'accertamento della verità e che le istituzioni e la politica siano sempre in grado di garantire la sicurezza degli italiani che all'estero si adoperano per il rispetto dei diritti umani;

   Amnesty international ricorda che la Colombia nel 2019 è stato definito il Paese più letale, con almeno 106 omicidi di leader contadini, nativi e di discendenza africana, nel contesto di un conflitto armato interno ancora intenso, al quale Mario Paciolla stava lavorando. Secondo i dati dei rapporti annuali di Amnesty international, dalla firma degli accordi di pace del 2016 a L'Avana, sono stati uccisi più di 135 ex guerriglieri e 970 leader sociali e persone attiviste per i diritti umani;

   la famiglia attende anche la restituzione degli scritti del proprio figlio: osservazioni personali, articoli giornalistici, poesie e racconti che certamente esistevano, ma che non sono stati riportati in Italia insieme al suo feretro –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato, in raccordo con l'ambasciata italiana a Bogotà, intenda intraprendere affinché siano acquisiti, mediante le interlocuzioni necessarie con le competenti autorità colombiane, tutti gli elementi utili all'accertamento della verità;

   quali iniziative il Governo italiano abbia intrapreso, nei quattro anni trascorsi dalla scomparsa di Mario Paciolla, al fine di ottenere giustizia e verità, anche sostenendo la battaglia dei suoi familiari e della società civile mobilitatasi attorno alla memoria del cooperante e sollecitando una piena collaborazione da parte delle autorità colombiane.
(5-02828)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   è iniziata da poco in diverse regioni la stagione venatoria 2024-2025 e purtroppo, e ancora una volta, già si contano le vittime: tre tra i cacciatori e due persone ferite gravemente;

   si ricorda che, secondo i dati raccolti come di consueto dall'Associazione Vittime della caccia (A.v.c.), nel corso della precedente stagione venatoria 2023-2024 vi sono stati 12 morti e 56 feriti. Il più alto numero di vittime si è registrato in Toscana (10), seguono Calabria (6), Sardegna, Campania e Veneto (4). Fra i non cacciatori le vittime sono state complessivamente 28, di cui 6 morti e 22 feriti (dei quali 7 minori). Fra i cacciatori, le vittime sono state complessivamente 40, di cui 6 morti e 34 feriti;

   si è di fronte ad un tragico assurdo bollettino che si ripete ad ogni stagione venatoria e che non accenna a diminuire, contrariamente a quanto sostengono le associazioni venatorie. Le vittime oltre ai cacciatori sono molto spesso anche persone che abitano, o sono semplicemente di passaggio, nelle zone venatorie;

   alle vittime umane si vanno a sommare i tanti animali domestici e da cortile, feriti o uccisi accidentalmente. Ad aumentare il rischio di incidenti di caccia c'è anche, tra le tante norme, la possibilità per i cacciatori di cacciare nei terreni privati, anche contro la volontà dei proprietari o conduttori, arrecando loro disturbo con possibili danni e pericoli;

   ad aumentare i rischi di incidenti di caccia ha inoltre contribuito la norma contenuta nella legge di bilancio per il 2023 legge n. 197 del 2022). pensata per i cinghiali, che ha introdotto il «controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto», effettuato dai cacciatori previa frequenza di corsi di formazione autorizzati –:

   se non si ritenga necessario, a tutela della sicurezza e dell'incolumità dei cittadini adottare iniziative normative per una revisione in senso restrittivo della disciplina attuale in materia di prelievo venatorio, al fine di poter ridurre sensibilmente gli incidenti di caccia che purtroppo si ripropongono annualmente con l'avvio della stagione venatoria.
(4-03447)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PROVENZANO, BARBAGALLO, IACONO, MARINO e PORTA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   la Regione Siciliana si starebbe apprestando a dare il via libera alla realizzazione di un impianto agrivoltaico per la produzione di energia elettrica da fonte solare fotovoltaica in contrada «Le Forche» nel territorio del comune di Santa Ninfa su istanza della azienda Tozzi Green;

   in merito alla realizzazione e localizzazione del citato impianto, si sono già espressi negativamente il comune di Gibellina e la Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Trapani, mentre Legambiente ha espresso un parere condizionato;

   in particolare, la soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Trapani ha sottolineato come la vicinanza dell'impianto al centro abitato di Gibellina, e al Museo di Arte Contemporanea «Ludovico Corrao» costituisca una considerevole criticità non risolvibile con eventuali opere di mitigazione o compensazione e ciò al fine di preservare, in considerazione della storia di Gibellina e della tragica perdita dei propri valori identitari storico-tradizionali, la nuova identità che si è affermata nel tempo, attraverso la valorizzazione dell'arte contemporanea in connubio con il paesaggio agrario circostante riferibile alle tradizioni/consuetudini locali;

   nel territorio interessato, infatti, oltre al richiamato Museo di Arte Contemporanea «Ludovico Corrao», è localizzato il celeberrimo «Cretto di Burri», opera che rievoca la potenza del terremoto che nel 1968 rase al suolo la città di Gibellina e che costituisce un simbolo caratterizzante della storia del luogo e di grande richiamo turistico e culturale;

   la soprintendenza di Trapani paventa il rischio concreto di un impatto devastante, dal punto di vista ambientale, ma anche culturale, sull'inestimabile patrimonio identitario di Gibellina, città simbolo di rinascita artistica e architettonica;

   ai sensi del comma 4 dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, le regioni sono tenute, entro 180 giorni dall'approvazione del decreto ministeriale, ad individuare con legge le aree idonee;

   si fa presente che la normativa regionale in materia di individuazione di aree idonee deve ancora essere aggiornata a seguito dell'entrata in vigore del decreto ministeriale 21 giugno 2024 recante la «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili»;

   lo sviluppo di energie rinnovabili e la produzione di energia pulita non possono essere in antitesi alla tutela del patrimonio storico, culturale e ambientale dei territori interessati –:

   quali iniziative di competenza, anche attraverso l'esercizio dei poteri di impulso o sostitutivi ai sensi del comma 4 dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, intenda assumere tempestivamente il Governo in considerazione di quanto riportato in premessa al fine di tutelare l'identità ambientale e culturale del territorio in questione scongiurando la realizzazione del citato impianto fotovoltaico.
(5-02826)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   nel giugno 2024 è stato segnalato uno sversamento di enormi quantità di terra rilasciate dalla valvola di sfogo della diga di Lavagnina, oggetto di lavori di parte di Iren (società che gestisce il lago artificiale in comune di Casaleggio Boiro), nei torrenti Gorzente e Piota;

   il rilascio di materiale ha modificato gli argini del Gorzente cancellando i laghetti che erano presenti e provocando la moria dei pesci che vi vivevano;

   a mesi di distanza la situazione è rimasta la stessa e anche le acque del Piota, a seguito delle più recenti piogge, sono piene di fango e detriti;

   la diga rientra nel territorio dell'ente aree protette dell'Appennino piemontese e per i lavori sulla diga di Lavagnina lo stesso ente aveva comunicato per tempo a Iren numerose prescrizioni in difesa dell'ambiente e della fauna ittica, tra le quali la costruzione di una paratia per il contenimento del fango sedimentato sul fondo, opera mai realizzata;

   i lavori stanno continuando e, nell'agosto 2024, il consiglio dell'ente ha chiesto una relazione su quanto sta accadendo. Iren ha fatto sapere che i lavori proseguono in quanto non vi è stata né da parte del Ministero dell'ambiente, che ha rilasciato l'autorizzazione ai lavori, né da parte delle aree protette alcuna richiesta per lavoro sospensione. Il consiglio dell'ente, inoltre, ha anticipato che chiederà dei controlli sui fanghi sversati a dei professori universitari per verificare il loro eventuale stato di inquinamento;

   non è chiaro quando finiranno i lavori perché gli stessi dipendono molto dalle condizioni atmosferiche e, di conseguenza, se e quando Iren potrà intervenire per sistemare, come ha annunciato, i danni provocati dagli sversamenti;

   la situazione sta destando grande preoccupazione tra la popolazione ed è prevista a breve una manifestazione presso l'invaso, da parte del comitato in difesa del Gorzente e del Piota, per chiedere la sospensione dei lavori e la verifica di quanto fatto da Iren e dall'ente aree protette –:

   se e come intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in ordine ai lavori sulla diga e al rispetto delle indicazioni date a Iren, per tutelare le aree dei torrenti Gorzente e Piota sia sul piano ambientale che su quello faunistico venendo incontro alle preoccupazioni della popolazione del territorio e delle amministrazioni comunali.
(4-03438)

CULTURA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della cultura, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   in data 1° febbraio 2024, il Ministero della cultura ha comunicato la nomina di Fabio Tagliaferri come nuovo presidente amministratore delegato di Ales-Arte lavoro servizi s.p.a., società in house del Ministero della cultura che supporta le attività del Ministero nelle erogazioni di servizi presso le circa 150 sedi e nella gestione delle biglietterie di siti archeologici di assoluto rilievo culturale;

   da quanto riportano diversi organi di stampa, dopo poche ore dall'insediamento di Fabio Tagliaferri, si sarebbero presentati nel suo ufficio i funzionari del Monte Paschi di Siena per la sostituzione delle firme sui conti in vista del pagamento degli stipendi e altre incombenze;

   in quell'incontro Tagliaferri avrebbe preso atto che su quel rapporto bancario erano depositate decine di milioni di euro, ma, cosa sorprendente, gli «interessi a credito» dell'ultimo triennio avevano un tasso dello 0 per cento;

   in pratica è addirittura ALeS che, con una giacenza media di circa 40 milioni di euro, paga per farsi tenere i suoi milioni e nulla le è stato riconosciuto di interessi;

   pochi giorni dopo, a seguito delle perplessità emersa in quell'incontro, Monte dei Paschi di Siena, spontaneamente, indicava il nuovo tasso di interesse, indicizzato al 20 gennaio 2024, che da zero passava improvvisamente a circa il 3,5 per cento;

   a destare sorpresa c'è pure il conto presso la genovese Banca Passadore, di uno dei più importanti musei di Roma, le Scuderie del Quirinale, altra realtà sotto il controllo di ALeS, con una giacenza media di una decina di milioni di euro;

   all'apertura del rapporto, risalente al 31 dicembre 2022, Passadore pagava sul deposito un modesto tasso dell'1,2 per cento, per salire all'1,5 a febbraio 2024, non certamente un tasso di favore e in linea con i rialzi europei;

   dopo l'arrivo di Tagliaferri, in autonomia, anche la Passadore comunicava il nuovo «tasso creditore» che passava al 3,35 per cento, con data di decorrenza 4 marzo 2024;

   con questi nuovi tassi, considerato che sui due conti c'è una giacenza media di circa 55 milioni di euro, si può ipotizzare per ALeS, nell'ultimo triennio, un ammanco considerevole di diversi milioni di euro;

   di converso Mps e Passadore hanno ottenuto considerevoli profitti probabilmente anche grazie a quella che all'interrogante appare la poca accortezza del management di ALeS, perché qualcuno quei contratti, quelle clausole e quelle condizioni le ha accettate –:

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intendano avviare, per quanto di competenza, le verifiche necessarie, anche mediante l'attivazione dei servizi ispettivi di finanza pubblica circa i fatti in questione;

   se i Ministri interpellati intendano fornire i dati relativi ai mancati profitti di ALeS a seguito dei tassi di interessi tenuti a zero, affinché si possano accertare le perdite su un conto che ha visto transitare decine di milioni di euro, con picchi di 80-90 milioni, quando a inizio anno, lo Stato, trasferisce i fondi al Ministero della cultura per garantire tutti i servizi affidati ad ALeS.
(2-00434) «Giorgianni».

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come annunciato dalla Financial Conduct Authority, il 29 luglio 2024 sono entrate in vigore le nuove regole sul processo di quotazione nel Regno Unito;

   le modifiche nascono da un progetto di revisione complessiva del regime di listing, con l'ambizioso obiettivo di semplificarlo e renderlo più competitivo, in un contesto di mercato che ha registrato una drastica riduzione del numero di società quotate sul London Stock Exchange e di nuove quotazioni;

   anche in Italia negli ultimi dieci anni si sono quotate circa 320 società sui mercati di Borsa Italiana con un incremento del 40 per cento del numero di società quotate (listing al netto dei delisting), in ragione della sensibile crescita sul mercato delle piccole medie imprese in Euronext Growth Milan;

   già con delibera n. 22455 del 21 settembre 2022, Consob aveva approvato le modifiche al Regolamento dei Mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana e alle relative Istruzioni (rispettivamente il «Regolamento» e le «Istruzioni»), raccogliendo gli stimoli emersi nel contesto del Libro Verde pubblicato dal Ministero dell'economia e delle finanze nel marzo 2022, allo scopo di semplificare il processo di quotazione e agevolare l'accesso ai mercati;

   più di recente, l'approvazione della legge sui capitali (legge n. 21 del 2024) ha rappresentato un importante e notevole passo in avanti nella direzione dello sviluppo del mercato finanziario e nell'avvio di un processo di revisione del Testo Unico sulla finanza volto a favorire la quotazione e la permanenza sul mercato delle imprese –:

   anche in considerazione dell'avvio dei lavori di riforma del Testo Unico sulla finanza, quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere con riferimento alle regole del listing italiano, al fine di mantenere alta la competitività del mercato a livello nazionale e internazionale a beneficio di società e risparmiatori.
(5-02830)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   SOUMAHORO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 17 settembre 2024 un uomo di cinquant'anni, arrestato lo scorso 25 agosto, per la prima volta in carcere, si è tolto la vita nel carcere di Regina Coeli;

   l'ennesimo suicidio è il terzo a Regina Coeli dall'inizio dell'anno e sempre nella stessa sezione, la VII;

   il sovraffollamento è certamente la causa principale di questa terribile sequenza di suicidi (a Regina Coeli ci sono attualmente 1168 detenuti per 626 posti regolamentari effettivamente disponibili;

   gli ultimi dati forniti dal Garante nazionale, riportano una situazione drammatica con un aumento del 19 per cento dei suicidi tra i detenuti dall'inizio dell'anno rispetto al 2023, e un indice di sovraffollamento del 131,77 per cento su scala nazionale;

   la VII sezione, da diverso tempo è al centro delle polemiche per le condizioni di vita disumane che i detenuti vivono al suo interno. Una sezione tristemente conosciuta per la sua durezza, il sovraffollamento e la carenza di servizi essenziali, che oggi da molte parti si chiede di chiudere, a partire dal Garante dei detenuti Stefano Anastasia;

   una situazione che il Garante descrive in questo modo: «nello stesso tempo una sezione di ingresso, di transito, disciplinare, di isolamento sanitario e chi più ne ha più ne metta. Per una ragione o per l'altra, quasi tutti i detenuti sono incompatibili con quasi tutti gli altri, e quindi sono costretti in cella tutto il giorno, salvo quell'oretta che riescono ad andare a turno in un cubicolo scoperto che chiamano aria, manco fossero al 41-bis»;

   Anastasia ha parlato di un luogo dove vi erano stanze completamente prive di «suppellettili, con una branda ancora parzialmente carbonizzata da un precedente incendio, la finestra che è stata forzata per poterla aprire, il bagno senza porta e così via. Solo ieri mattina, e solo sul lato destro della sezione, è partito il riscaldamento, dopo settimane di freddo che non può essere temperato neanche dall'acqua calda, che nelle stanze non c'è. Ci sono le coperte, certo, ma non sempre le consegne sono tempestive e più di un detenuto mi ha riferito di aver passato almeno una notte all'addiaccio, senza coperta, spesso senza lenzuola e senza cuscino. In settima sezione finanche il tavolo e le sedie sono un miraggio: i detenuti siedono e mangiano per terra o sul letto. Quelli più fortunati, che hanno avuto delle celle con armadietti in dotazione, li rimuovono e li mettono a terra, per sedersi, mangiare o giocare a carta con i coinquilini»;

   il carcere di Regina Coeli è quindi uno dei più sovraffollati d'Italia, con il 184 per cento di detenuti in più rispetto alla capienza. Le condizioni di detenzione, così come ho potuto appurare personalmente durante una visita ispettiva, in particolare nella sezione VII, sono disumane per cui occorrerebbe un intervento drastico e risolutivo –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare atti urgenti di competenza finalizzate alla immediata chiusura della sezione VII del carcere di Regina Coeli.
(4-03437)


   SOUMAHORO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella serata di sabato 31 agosto 2024 una maxi rissa è scoppiata all'interno del carcere minorile Beccaria di Milano, con i disordini che sono stati sedati nel corso della notte. Episodi simili erano avvenuti nei giorni precedenti:

   alcuni detenuti sarebbero rimasti feriti e uno è stato trasportato in codice giallo al San Carlo;

   tutto sarebbe iniziato intorno alle 21.40 quando alcuni detenuti avrebbero appiccato degli incendi nelle loro celle. Successivamente si sarebbero verificati alcuni tentativi di evasione. Le strade intorno al carcere sono state chiuse e sul posto sono intervenuti sia i vigili del fuoco che la polizia in tenuta anti sommossa;

   la situazione è rientrata nel corso della notte. Alcune delle persone detenute sono rimaste ferite durante i disordini, ma sono state medicate dai sanitari del 118, intervenuti sul posto con diverse ambulanze. Nessun detenuto è evaso dal carcere. «Da quanto abbiamo potuto apprendere, quattro reclusi mancavano all'appello in quanto nascosti sui tetti, ma sempre all'interno del perimetro del penitenziario, e sono stati rintracciati dopo qualche ora – ha fatto sapere nella mattinata di domenica 1° settembre Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria –. Sono state altresì rinvenute lenzuola annodate. Ingenti, inoltre, i danni alla struttura, che ci riferiscono essere ai limiti della praticabilità»;

   un episodio simile era avvenuto il 20 agosto 2024. In quella occasione cinque agenti di Polizia penitenziaria e tre detenuti erano stati portati in ospedale per una leggera intossicazione, e un agente anche per aver ricevuto un colpo alla testa. In una cella era stato appunto bruciato un materasso;

   a opinione dell'interrogante occorrerebbe pensare a percorsi alternativi al carcere per i minorenni –:

   quale sia la posizione del Ministro interrogato rispetto ai fatti riportati in premessa e se non intenda adottare misure urgenti per arrivare a una chiusura delle carceri minorili.
(4-03440)


   SOUMAHORO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 20 giugno 2024 all'aeroporto di Fiumicino la cantante maliana Rokia Traoré è stata arrestata e al momento è in carcere a Civitavecchia a causa di un mandato di arresto europeo in quanto il Belgio chiede all'Italia di consegnarla in quanto accusata di aver sottratto la figlia al marito, il drammaturgo Jan Goosens, a cui la bambina è stata affidata;

   secondo quanto si apprende, tutto sarebbe iniziato nel 2020 in Francia quando la cantante viene arrestata all'aeroporto di Roissy-Charles de Gaulle. La accusano di non aver consegnato la bambina di 9 anni che il tribunale belga ha affidato al padre. Viene comunque rilasciata ma Traoré vola in Mali con la figlia. Poi l'arresto del 20 giugno 2024 appena atterrata a Fiumicino per esibirsi in concerto al Parco del Colosseo. Da circa tre mesi è in carcere, a Civitavecchia, in attesa che le autorità decidano se estradarla o meno in Belgio;

   il 29 agosto 2024 durante una visita ispettiva nel carcere di Civitavecchia, l'interrogante ha incontrato Rokia Traoré detenuta in Italia dal mese di giugno ascoltando sia lei che le altre detenute del reparto femminile che ospita attualmente 43 persone per una capienza di 30 posti;

   l'interrogante ha visitato anche il sovraffollato reparto maschile. Attualmente l'istituto ospita 542 detenuti per una capienza di 356 posti. In alcune sessioni ci sono solo tre docce comuni per 62 detenuti. Oltre al sovraffollamento e a carenze strutturali, c'è una carenza di personale penitenziario ed amministrativo. Questo vanifica ogni iniziativa per miglioramento delle condizioni di vita umane nel carcere –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative urgenti al fine di risolvere le problematiche in premessa.
(4-03443)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CURTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ad aprile 2024, dopo mesi di attesa, è stato formalmente definito l'accordo di conferimento tra Beko BV, marchio turco di elettrodomestici afferente il gruppo Arçelik e Whirlpool EMEA Holdings LLC, controllata di Whirlpool Corporation. Tale operazione ha dato avvio a una nuova entità, Beko Europe, per il 75 per cento di proprietà di Beko BV e per il restante 25 per cento posseduta da Whirlpool Corporation;

   l'operazione ha visto Arçelik conferire alla nuova società due stabilimenti romeni mentre Whirlpool, da parte sua, ha trasferito il business dei grandi elettrodomestici gestito attraverso 7 stabilimenti in Europa e una forza lavoro complessiva pari a 14.000 dipendenti;

   in Italia, l'operazione ha coinvolto 5 siti produttivi di cui due ubicati nelle Marche, a Comunanza (Ascoli Piceno) e Fabriano (Ancona). Si tratta di stabilimenti insediati in un contesto socio-economico fragile, presso due Aree interne fortemente penalizzate dal sisma del 2016, che hanno rappresentato per anni un formidabile fattore di stabilità dal punto di vista occupazionale, anche in considerazione del progressivo sviluppo di un vivace indotto a supporto;

   si tratta altresì di due stabilimenti che a partire dal 2014, con l'avvenuta acquisizione delle quote Indesit in capo a Fineldo e Famiglia Merloni da parte di Whirlpool, hanno sperimentato un decennio di drammatiche incertezze. Ciò, non soltanto a causa dei tagli di personale o dei piani di razionalizzazione attuati dalla nuova proprietà ma, allo stesso tempo, in relazione alla totale mancanza di trasparenza circa le direttrici strategiche e il futuro degli insediamenti;

   l'avvento di Arçelik, in questo senso, non ha fornito un significativo contributo in termini di certezze. Al contrario, nonostante siano trascorsi mesi dall'avvenuto closing, permane a tutt'oggi totale indeterminatezza sui contenuti del piano industriale;

   il tavolo convocato dal Ministero nel mese di giugno 2024, alla presenza dei vertici Beko Europe e dei rappresentanti sindacali, ha avuto di fatto natura pressoché interlocutoria. L'azienda, infatti, si è limitata a confermare l'impegno a svolgere studi sulla produttività degli stabilimenti italiani, al fine di condividere nei prossimi mesi i piani industriali con le Istituzioni e le parti sociali;

   si tratta di un atteggiamento ondivago e assolutamente non conclusivo che, peraltro, alimenta un rinnovato clima di preoccupazione vista il recente annuncio della chiusura degli stabilimenti polacchi di Lodz e Wroclaw, con il coinvolgimento di ben 1.800 unità di personale;

   oltre al rischio di immediate ricadute occupazionali e produttive nei due stabilimenti marchigiani, dove operano lavoratori impiegati direttamente e indirettamente con il processo produttivo dei siti polacchi, il modus operandi della nuova proprietà desta forti perplessità;

   le organizzazioni sindacali hanno indetto per la giornata di giovedì 12 settembre 2024 due ore di sciopero su tutto il territorio nazionale (5 stabilimenti che impiegano circa 5000 dipendenti) per protestare contro le decisioni assunte dall'azienda –:

   quali iniziative intenda attuare al fine di sollecitare l'azienda circa l'immediata totale condivisione del piano industriale, richiedendo specifiche garanzie circa il mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi negli stabilimenti marchigiani della Beko Europe.
(5-02822)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAVANELLI e FERRARA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   Acciai speciali Terni S.p.A., acquistata da Arvedi in data 31 gennaio 2022, è attualmente uno dei quattro principali produttori europei di laminati piani di acciaio inossidabile, con una produzione di circa 1 milione di tonnellate e l'impiego di 2.300 dipendenti;

   da un'eventuale crisi aziendale scaturirebbero rilevanti conseguenze economico-occupazionali, non solo per la comunità ternana e per la regione Umbria, ma per l'intera area dell'Italia centrale;

   in data 9 settembre 2024 la direzione aziendale di Arvedi-Ast ha annunciato lo stop di uno dei due forni elettrici dell'acciaieria provocata dal «perdurare degli alti costi energetici che non consentono all'azienda di essere competitiva nei confronti delle crescenti importazioni dall'Asia a prezzi stracciati»;

   si tratta della prima occasione in cui l'area a caldo di Ast viene fermata per gli elevati costi dell'energia e non per motivi meramente produttivi. La temporanea sospensione comporterà l'attivazione di una settimana di cassa integrazione;

   la società lamenta di avere subito un costo dell'energia, nel semestre 1° gennaio-31 luglio 2024, di 97 euro per megawattora a fronte di 21 euro della Francia, 32 euro della Germania, 35 euro della Finlandia e dei 62 euro della Spagna;

   tale sperequazione si traduce in un evidente deficit concorrenziale con i competitor europei chiamati a sostenere costi fissi ben inferiori;

   sin dal momento della rilevazione di Ast, Arvedi aveva subordinato la realizzazione dei propri investimenti a una sostanziale riduzione del costo dell'energia. Tuttavia, risulta all'interrogante, dallo scorso inverno non si sono più tenuti incontri su tale dossier;

   in riscontro all'atto di sindacato ispettivo n. 3-01400 dell'11 settembre 2024, è risultato evidente che con la stagione invernale alle porte e, dunque, con l'accrescimento del fabbisogno energetico nazionale, non sussistono allo stato attuale misure idonee per porre a riparo il settore energivoro dagli elevati costi dell'energia –:

   se non intenda attivare un tavolo interistituzionale finalizzato a trovare soluzioni di breve e medio periodo a tutela delle imprese energivore in generale e per la gestione della situazione industriale e occupazionale del polo siderurgico di Terni.
(4-03436)


   DORI, ZANELLA, BORRELLI, BONELLI e ZARATTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   in Italia il settore della moda – tessile, abbigliamento e calzature – è in forte crisi e già nel primo semestre del 2024 si è registrato un calo del -5,3 per cento delle esportazioni delle imprese del settore, pari a una perdita di 1,8 miliardi di euro. Tra gennaio e giugno 2024 le aziende hanno quindi visto scendere di 9,7 milioni di euro al giorno i ricavi delle vendite all'estero;

   nella regione Marche la situazione è ancora più drammatica: infatti al 31 marzo 2024 sono solamente 4.451 le imprese attive nel settore moda, in diminuzione del 24,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019, pari a 1.412 imprese in meno;

   nel dicembre 2018 l'area fermano-maceratese, è stata riconosciuta come area di crisi industriale complessa dal Ministero delle imprese e del made in Italy, portando lo stesso a sottoscrivere nel 2020 un accordo con la provincia di Macerata per l'attuazione del progetto di riconversione e riqualificazione industriale (Prri), in un territorio di 42 comuni delle province di Macerata e Fermo, in base alla legge 15 maggio 1989, n. 181;

   ad oggi le diminuzioni sono consistenti in tutte le province: ad Ancona con il -31,7 per cento (pari a 246 imprese in meno), ad Ascoli Piceno con il -29,1 per cento (pari a 146 imprese in meno), a Pesaro e Urbino -24,1 per cento (pari a 160 imprese in meno), a Macerata si registra un calo del 23,6 per cento (pari a 361 imprese in meno) e a Fermo il -20,9 per cento (pari a 499 imprese in meno);

   la provincia di Pesaro è stata di fatto per anni molto fiorente, tanto da denominarla «Jeans Valley», e al 2024 il distretto marchigiano conta 327 aziende e 2.200 lavoratori tra Sant'Angelo in Vado, Urbania Fermignano, Peglio e Mercatello sul Metauro, Cagli, Pergola, Fossombrone e Urbino;

   la regione Marche ha aperto un tavolo di confronto con il Governo, nello specifico con il Ministero delle imprese e del made in Italy, per intensificare gli interventi nelle aree di crisi, nonché per estendere il perimetro delle aree di crisi industriali complesse che prevedono adozioni da parte del Ministero di progetti per la riconversione e la riqualificazione industriale (Prri) –:

   se il Ministro interrogato intenda portare avanti questo percorso proposto dalla regione Marche e se intenda adottare iniziative di competenza per rimodulare l'accordo di programma dell'area di crisi industriale complessa fermano-maceratese, estendendo il suo perimetro di applicazione anche alla provincia di Pesaro e Urbino.
(4-03450)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SOUMAHORO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'11 settembre 2024 un tragico incidente stradale è avvenuto a Santena, nei pressi della rotonda all'incrocio fra via Asti e via Circonvallazione (all'altezza dello stabilimento della Caffè Vergnano): un ciclista di origini nigeriane, 49enne, Godfrey Kelechi Alafuele, è stato travolto e ucciso da un camion;

   dopo l'impatto fra la bici e il mezzo pesante, l'uomo è stato trascinato per circa dieci metri sull'asfalto. Immediata la chiamata al 112: sul posto sono accorsi subito le ambulanze della croce verde di Villastellone e l'elicottero del 118. I sanitari hanno tentato di salvare la vita al ciclista ma hanno dovuto arrendersi e constatare il decesso;

   sul posto sono poi arrivati i carabinieri per dirigere il traffico e iniziare i rilievi di rito per accertare la dinamica del tragico incidente;

   Godfrey Kelechi Alafuele. Era uno dei tanti operai delle aziende – agricole, edili, artigiane e industriali – del bacino idrografico della Banna che transitano sulle strade la mattina presto e la sera tardi e che fanno un uso necessitato della bicicletta o del monopattino o della camminata per recarsi sul luogo di lavoro –:

   quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati per rendere sicure le strade, in particolare dei pedoni e ciclisti che si recano quotidianamente sul luogo di lavoro.
(4-03439)


   SOUMAHORO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Raffaele Varano, un ragazzo di 29 anni, è morto il 21 agosto 2024 a causa delle gravi lesioni riportate nello scontro frontale tra la moto che stava guidando, sulla quale viaggiava anche la fidanzata ventiduenne, ed un'automobile;

   l'incidente si è verificato lungo la statale 106 ionica, nel territorio di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio; Varano, che risiedeva nel vicino centro di Isca sullo Ionio, è deceduto nel pronto soccorso dell'ospedale di Soverato. La ragazza che era con lui sulla moto è stata trasferita in elisoccorso nell'ospedale «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro, dove è stata ricoverata con prognosi riservata. I rilievi sul luogo dell'incidente sono stati effettuati dai carabinieri della Compagnia di Soverato;

   il consiglio direttivo dell'organizzazione di volontariato «Basta Vittime Sulla Strada Statale 106» ha annunciato che si costituirà parte civile nel processo penale per la morte di Varano. «La morte di Raffaele Varano – è scritto nella nota –, il giovane di 29 anni che ha perso la vita nell'ultimo tragico scontro avvenuto sulla Statale 106 a Sant'Andrea Apostolo dello Jonio ieri 21 agosto, in un pomeriggio in cui, a qualche decina di chilometri più a sud, a Melito di Porto Salvo in provincia di Reggio Calabria, si stavano celebrando i funerali di Domenico Orlando, il 26enne deceduto sulla Statale 106 a Pellaro, frazione di Reggio Calabria il 15 agosto 2024 non lascia indifferenti i componenti del Consiglio Direttivo dell'organizzazione di Volontariato “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106”. Raffaele Varano, infatti, ha perso la vita a seguito di un impatto avvenuto con un'auto che, da una strada adiacente, si era immessa sulla Statale 106. Ciò che colpisce è che la visuale sulla strada di chi si è immesso sulla Statale 106 non era certamente buona in quanto in quel tratto è presente una folta vegetazione. Teniamo a precisare che a seguito della morte di Raffaele l'organizzazione di volontariato “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” è stata letteralmente invasa da messaggi di cittadini che, attraverso l'invio di foto e video, hanno segnalato il problema. Proprio per questa ragione – dopo aver sentito il legale della Famiglia di Raffaele Varano – il consiglio direttivo dell'organizzazione comunica la ferma volontà di costituirsi parte civile nel processo penale al fine di far evidenziare le responsabilità dell'Ente proprietario e gestore della strada che avrebbe dovuto garantire un perfetto stato della visibilità sulla Statale 106 e non l'ha fatto»;

   l'associazione aggiunge: «Ricordiamo, inoltre, che nel 2024 sono ad oggi 23 le vittime della famigerata e tristemente nota “strada della morte” in Calabria: 10 vittime in provincia di Catanzaro; vittime in provincia di Reggio Calabria; 5 vittime in provincia di Cosenza. Inoltre, 8 sono donne e 15 maschi mentre il dato, in assoluto più scoraggiante, riguarda l'età delle vittime: 9 vittime hanno meno di 30 anni; 6 vittime tra 31 e 45 anni; 4 vittime hanno meno di 55 anni; e 4 vittime hanno più di 56 anni. Ribadiamo, infine, la necessità di rimuovere i dirigenti dell'Anas spa in Calabria per manifesta e conclamata incapacità e confidiamo che la politica calabrese possa, in tal senso, intervenire al più presto, atteso che ormai da anni denunciamo lo stato comatoso in cui versa la Statale 106 che, per inciso, necessità di un piano urgente ed immediato di investimenti in termini di manutenzione ordinaria e straordinaria e di interventi di messa in sicurezza urgente» –:

   quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare i Ministri interrogati per prevenire le morti in strada e in particolare per mettere in sicurezza la strada statale 106.
(4-03444)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   SOUMAHORO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 9 settembre 2024 durante una visita ispettiva dell'interrogante effettuata al Centro di permanenza per i rimpatri di Roma Ponte Galeria, – mentre l'interrogante camminava tra rifiuti e raccoglieva le drammatiche testimonianze delle persone trattenute — un ragazzo si è avvicinato dicendo «qualcuno sta morendo, vieni!»;

   all'interno di un bagno c'era un uomo che penzolava con un lenzuolo legato al collo: lo aveva attaccato a una finestra utilizzando un contenitore del cibo per arrivare più in alto. A quel punto l'interrogante ha chiamato il direttore dell'istituto, dopodiché ha preso subito tra le braccia l'uomo per allentare la stretta del lenzuolo e ha chiesto al responsabile della struttura, che nel frattempo era accorso, di slegare il nodo, cosa che ha fatto arrampicandosi fino alla finestra. L'uomo è stato sollevato di peso e portato nel cortile esterno con l'aiuto di altri ragazzi, lasciandolo su uno dei materassi che erano lì abbandonati, in attesa dell'arrivo dei sanitari: era in condizioni gravi, non parlava e aveva un occhio aperto a malapena. Sul momento l'interrogante ha pensato che fosse morto;

   l'uomo è stato adagiato intorno alle 11.10 e l'interrogante ha subito chiesto di avvertire il presidio sanitario; non c'era neanche una barella in quel momento. La dottoressa è arrivata di corsa dopo circa cinque minuti, poi finalmente è arrivata la barella dove l'uomo è stato caricato dai presenti e dalle forze dell'ordine, non dagli operatori sanitari che non c'erano. Le sue condizioni sembravano sempre più gravi, apriva a malapena un occhio e non rispondeva alle domande fatte dall'interrogante e dal direttore del Centro di permanenza per i rimpatri. L'ambulanza è arrivata quasi un'ora dopo e lo ha trasportato all'ospedale Sant'Eugenio;

   questa persona chiusa nel centro lì da marzo 2024 e quel gesto di disperazione probabilmente è arrivato dopo la notizia di un ulteriore prolungamento della detenzione;

   durante la visita ispettiva, è stato riportato all'interrogante come il giorno precedente fosse anche scoppiata un'altra rivolta, poi sedata. Alcuni di loro mi hanno riferito che nei giorni precedenti un trattenuto è stato picchiato a sangue dalle forze dell'ordine per motivi che non hanno saputo spiegare. Pare che tutto sia iniziato perché aveva un cellulare e non si è capito cosa ci stesse facendo. Dopo essere stato pestato – hanno raccontato i compagni – sarebbe stato portato via;

   un ragazzo diabetico sarebbe stato per tre giorni privato del cibo adatto alla sua patologia. L'interrogante ha visto poi un uomo trascinato da un operatore del centro su una sedia da ufficio, di quelle con le rotelle, avendo una meniscopatia al ginocchio sinistro che non gli permette di camminare. E poi ci sono almeno due persone attualmente trattenute con forti disagi psichici; al momento della visita dell'interrogante, nella struttura erano internate 73 persone, di cui 5 donne. Sono originari della Nigeria, del Marocco, delle Filippine. C'era anche una donna russa che continuava a ripetere «Che fate, mi mandate da Putin?». E poi l'interrogante ha incontrato un ragazzo di 24 anni che ha riferito: «onorevole, io sono italiano, ma mi hanno rinchiuso dentro il Centro di permanenza per i rimpatri». È un ragazzo nato e cresciuto in Italia da genitori stranieri che però non ha il passaporto italiano, quindi viene trattato come un immigrato irregolare –:

   quale sia l'opinione del Ministro interrogato rispetto ai fatti riportati in premessa e se non intenda intraprendere iniziative urgenti al fine di chiudere definitivamente il Centro di permanenza per i rimpatri.
(3-01432)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SOUMAHORO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Oussama Darkaoui, è morto a 22 anni e mezzo nel centro di permanenza per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza il 5 agosto 2024;

   secondo la versione ufficiale, il giovane era un ragazzo «problematico»: nei giorni precedenti la sua morte, ha spiegato la direttrice Catia Candido, Oussama avrebbe «ingerito dei corpi estranei come gesto autolesivo ed era stato ricoverato presso l'ospedale San Carlo di Potenza». Un quadro clinico che mal si sarebbe conciliato con la detenzione all'interno di un centro di permanenza per il rimpatrio, aveva fatto notare il suo avvocato nel corso dell'ispezione, e a seguito della quale non è stata fatta alcuna rivalutazione dell'idoneità alla permanenza nel centro di permanenza per il rimpatrio prevista tra l'altro da una direttiva del Ministero dell'interno;

   tuttavia secondo la Asl: «Non risulta alcun ricovero e/o accesso in pronto soccorso e/o ambulatoriale inerente a Darkaoui Oussama (alias Oussama Beelman)»;

   secondo la famiglia si tratterebbe di omicidio. «Ho parlato con diversi suoi compagni di prigionia — ha raccontato al Corriere la madre del giovane, Leila Harmouch, che vive col resto della famiglia in Marocco –. Mi hanno riferito che Oussama è stato picchiato selvaggiamente e poi trascinato via come un animale e abbandonato per terra. E che dopo tutto questo, forse per farlo rinvenire, gli hanno fatto una iniezione endovenosa, che però gli è stata fatale: lo hanno visto scuotersi e morire lì, per terra, con la bava che gli fuoriusciva dalla bocca»;

   dopo la sua morte, nel centro di permanenza per il rimpatrio è scoppiata una rivolta, che ha portato poi alla visita ispettiva. Oussama era un ragazzo senza precedenti penali, un atleta – gli amici lo chiamavano Messi per la sua abilità col pallone –, che stava tentando di regolamentare la sua posizione in Italia. Era partito dal Marocco, passando poi per la Spagna, la Germania e infine in Italia, dove aveva raggiunto una zia a Sondrio. Ma nell'attesa di ottenere i documenti aveva deciso di lavorare ai mercati ortofrutticoli di Napoli, per mandare qualche soldo a casa. Lì è stato fermato e portato al centro di permanenza per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio il 26 maggio 2024, dove a seguito di una pronuncia del giudice di pace sarebbe dovuto rimanere per 90 giorni;

   a fine agosto 2024 avrebbe dovuto presenziare a un'altra udienza, che probabilmente gli avrebbe restituito la libertà;

   la struttura del centro di permanenza per il rimpatrio versa in uno stato disastroso. Secondo quanto si legge in una ispezione del Tavolo Asilo: Ambienti angusti e sporchi, carenza di materassi (i letti vengono chiamati «le bare» dai migranti presenti) e lenzuola che sembrano di carta, muffa, carenza di cibo, dalla qualità comunque scarsa («alcuni piatti emanavano cattivi odori»), assenza di attività creative, sociali o religiose, abuso e utilizzo di psicofarmaci in maniera massiccia per tenere i ragazzi tranquilli e farli stare sereni, tanto che «i ragazzi hanno paura della presenza di farmaci nel cibo»;

   un sistema finito nel mirino della magistratura, che ha iscritto sul registro degli indagati 27 persone. Ad essere accusati di tortura sono medici e poliziotti: secondo i pubblici ministeri sarebbero almeno 35 i casi di maltrattamenti, con l'uso di «farmaci tranquillanti» somministrati agli ospiti del centro «a loro insaputa», allo scopo di renderli «innocui e quindi neutralizzare ogni loro possibile lamentela per le condizioni disumane in cui spesso si trovavano a vivere» –:

   quali ulteriori informazioni disponga il Ministro interrogato sui fatti riportati in premessa, per quanto di competenza, anche per chiarire ruoli e responsabilità del personale del centro di permanenza per il rimpatrio e del prefetto nella morte di Oussama Darkaoui e se non intenda intraprendere iniziative urgenti finalizzate alla chiusura dei centri di permanenza per il rimpatrio.
(4-03441)


   SOUMAHORO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   il 4 maggio 2024 Nabu Dieng, senegalese d'origine e in Italia da 25 anni, suo marito Mbacke e i due figli di 9 e 18 anni, sono stati aggrediti verbalmente e fisicamente da un gruppo di persone fuori dal Candilejas di via Dentini, in zona Corticella. «Se avete paura dei cani tornatevene a casa vostra. Questa non è casa vostra», è ciò che Nabu e i suoi parenti si sono sentiti dire dopo che avevano chiesto al gruppo (sette uomini e due donne) di tenere al guinzaglio i due cani di grossa taglia che avevano con loro;

   «ho risposto – racconta Nabu – che questa è casa mia, ma una delle due donne ha insistito dicendoci “questa non è casa vostra negri di m...”». Insulti gravi a cui poi è seguita un'aggressione fisica, che il marito di Nabu ha ripreso con il cellulare e in cui sono rimasti coinvolti anche i figli, portati al Maggiore e dimessi con diversi giorni di prognosi. «Alla bimba hanno fatto male a collo e schiena – continua – mio figlio invece è stato colpito alla spalla e mio marito ha ancora un dito gonfio. Questo è razzismo, te lo sputano in faccia il razzismo. È triste». La donna ha sporto denuncia ai carabinieri –:

   quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare al fine di prevenire

   ulteriori episodi di razzismo come quello riportato in premessa.
(4-03442)


   STEFANAZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella serata di venerdì 13 settembre 2024, un turista australiano ha subito un linciaggio da parte di un gruppo di persone poiché, visibilmente alterato dall'assunzione di alcool, si aggirava completamente nudo per le strade del centro storico di Nardo;

   il giovane è stato trasportato in ospedale e dimesso poco dopo riportando ferite non gravi;

   nella notte tra domenica 15 e lunedì 16 settembre 2024, un bar situato nel pieno centro di Nardo è stato colpito da un grave incendio che, solo grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco, non ha causato gravi danni agli edifici e alle strutture circostanti;

   sebbene le cause dell'incendio siano ancora da accertare, gli inquirenti non escludono il dolo;

   come lamentato da molti cittadini, la sicurezza pubblica rappresenta un problema sempre più sentito tra la comunità neretina –:

   se e quali iniziative intenda adottare per supportare le autorità di pubblica sicurezza di Nardo nel garantire il ripristino della serenità minacciata dai recenti fatti di cronaca, di cui quelli in premessa rappresentano solo limitati esempi.
(4-03446)


   DE PALMA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la città di Altamura, in provincia di Bari, è diventata, negli ultimi tempi, teatro di numerosi e gravissimi episodi di violenza che evidenziano una situazione preoccupante legata alla mancanza di sicurezza in città;

   come riportato da recenti notizie di cronaca sul territorio si sta verificando un aumento dei reati predatori, con una recrudescenza dei reati di furto a danno delle attività produttive cittadine e rurali, degli uffici pubblici e privati, aggressioni e furti in abitazioni private, scippi, incendio di autovetture ed altri episodi che testimoniano una situazione sempre più allarmante per la comunità di Altamura;

   la situazione è aggravata dalla presenza di un elevato numero di soggetti di nazionalità estera che spesso sono stati protagonisti di risse avvenute anche in luoghi di ritrovo delle famiglie, come nel caso di quella scoppiata all'interno del luna park durante una festa patronale;

   i cittadini e i commercianti di Altamura sono ormai esasperati da questa situazione di degrado e di marginalità che investe sia il centro che la periferia della cittadina e che trasmette una forte sensazione di paura e di impotenza, oltre a creare allarme sociale –:

   alla luce di quanto descritto in premessa, quali iniziative urgenti e tempestive il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di garantire adeguati livelli di sicurezza sull'intero territorio della città di Altamura;

   se intenda adottare ogni opportuna iniziativa di competenza per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni, anche attraverso un maggiore impiego di uomini delle forze dell'ordine, con l'obiettivo di attuare un controllo capillare del territorio.
(4-03451)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO e GRIMALDI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 55 del 2024 ha istituito gli albi professionali per educatori e pedagogisti;

   tra i requisiti per l'iscrizione a tali albi, all'articolo 7 comma 1 lettera a) vi è quello di «essere cittadino italiano o di uno stato membro dell'unione Europea o di uno Stato rispetto al quale vige in materia la condizione di reciprocità»;

   numerose associazioni del settore dell'assistenza sociale hanno sollevato preoccupazioni riguardo a questa restrizione, evidenziando potenziali conseguenze negative sia per i lavoratori stranieri qualificati che per il funzionamento dei servizi educativi;

   molti educatori ed educatrici di origine straniera, pur avendo conseguito titoli di studio validi in Italia o equiparati, rischiano di trovarsi disoccupati a causa di questa restrizione;

   la verifica della condizione di reciprocità potrebbe risultare problematica, specialmente nei casi in cui la professione non sia regolamentata o non esista nel paese d'origine del lavoratore;

   la restrizione potrebbe contrastare con principi costituzionali fondamentali, come l'uguaglianza (articolo 3) e il diritto al lavoro (articolo 4), nonché con direttive europee che garantiscono parità di trattamento nell'accesso al lavoro per i cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nell'Unione europea –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta e quali valutazioni ne diano;

   se non ritengano opportuno adottare le opportune iniziative di competenza che chiariscano la condizione di reciprocità debba ritenersi sussistente per tutti i cittadini Paesi terzi regolarmente soggiornanti in Italia, al fine di consentire l'immediata ammissione dei cittadini stranieri qualificati agli albi professionali in questione;

   se non considerino necessario promuovere iniziative di carattere normativo volte a eliminare il requisito di cittadinanza per l'iscrizione agli albi professionali degli educatori e dei pedagogisti;

   quali misure intendano adottare per garantire che i servizi educativi non subiscano carenze di personale qualificato a causa di questa restrizione e per tutelare i diritti dei lavoratori stranieri già operanti nel settore.
(5-02821)


   RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge cosiddetto «sblocca cantieri» (decreto-legge del 18 aprile 2019, n. 32), recante «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici», convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, entrato in vigore il 18 giugno 2019, prevede, all'articolo 5-septies, l'installazione di impianti di videosorveglianza all'interno degli asili nido pubblici e privati, «al fine di assicurare la più ampia tutela a favore dei minori nei servizi educativi per l'infanzia e nelle scuole dell'infanzia statali e paritarie», istituendo, a tale scopo, presso il Ministero dell'interno un fondo pari a 5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024;

   affinché si proceda all'installazione di un impianto di videosorveglianza, ciascun istituto scolastico è tenuto a redigere una valutazione d'impatto sulla privacy, come sancito dal regolamento UE 2016/679 GDPR, e, alla presenza di lavoratori, deve far seguito una domanda di autorizzazione con l'Ispettorato del lavoro o un accordo con la rappresentanza sindacale;

   lo strumento della valutazione di impatto privacy si palesa come indispensabile, allo scopo di valutare i potenziali rischi per il benessere psico-fisico di «bambini indifesi per la loro tenera età» e, di contro, la riservatezza dei medesimi;

   il legislatore prevede, di conseguenza, che le immagini carpite tramite l'installazione dei suddetti impianti debbano essere registrati in maniere cifrata, allo scopo di impedire un comune riconoscimento, consentendone la visualizzazione esclusivamente alle forze dell'ordine e a seguito di necessaria denuncia;

   sulla scorta di rallentamenti burocratici e procedurali, le previsioni della legge in oggetto sono state solo parzialmente applicate e sussistono ancora numerose strutture deputate ai nidi d'infanzia sprovviste di sistemi di videosorveglianza;

   i recenti fatti di cronaca, come quello verificatosi a danno di 35 bambini nell'asilo nido privato di Vanzago (Milano) ad opera delle educatrici della struttura, rilevato proprio a mezzo di sistema di videosorveglianza, testimoniano la necessità di rendere pervasiva la presenza di suddetti impianti, allo scopo di impedire il verificarsi di qualsivoglia forma di violenza nei confronti dei bambini in tenera età che, più di chiunque altro, necessitano di tutela –:

   se i Ministri interrogati abbiano contezza dell'attuale situazione relativa all'installazione di videocamere di sorveglianza negli asili nido e alle motivazioni alla base dei rallentamenti nella diffusione delle suddette tecnologie;

   quali siano i risultati conseguiti in termini di sistemi di videosorveglianza installati nei nidi d'infanzia, tenendo conto del fatto che il fondo stanziato nel decreto altresì deputato all'installazione di impianti analoghi anche all'interno delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, nonché, in base alle somme predette, se sussista la possibilità, laddove necessario, di adottare iniziative per rifinanziare tali interventi per le scuole dell'infanzia statali e paritarie negli anni futuri.
(5-02831)

Interrogazione a risposta scritta:


   SANTILLO, MORFINO e PAVANELLI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza – Missione 2 – Componente 3 – Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici – Investimento 1.1: «Costruzione di nuove scuole mediante sostituzione di edifici» il comune di Benevento ha presentato il progetto di «Abbattimento degli edifici "Nicola Sala" e "Federico Torre" di Benevento e ricostruzione di un unico complesso scolastico»; delibera comune di Benevento n. 256 del 30 ottobre 2023; CUP j82c21003160006; CIG: B13FBF4313;

   per lo stesso il comune di Benevento ha ottenuto un finanziamento di euro 16.690.300;

   i lavori dovevano avere inizio a marzo 2024 mentre solo da poche settimane sono stati affidati;

   sulla base dell'accordo di concessione (registro ufficiale al n. U0073463); da quanto si apprende il comune di Benevento non avrebbe rispettato la norma secondo la quale era indispensabile la fase di informazione ai cittadini sui lavori previsti, sulle modalità, sui tempi di realizzazione, sull'ubicazione delle sedi per le attività didattiche durante la esecuzione del progetto e, soprattutto, nessuna comunicazione è stata data in merito alla eliminazione di un tratto di via Enzo Marmorale (peraltro senza la necessaria variante urbanistica);

   più esposti sono stati presentati al Ministro interrogato dai quali emergerebbero irregolarità nell'assegnazione della gara, evidenti errori e violazioni urbanistiche, aumento di volumetrie, insufficiente estensione delle aree destinate a verde, carenti aree di parcheggio; inesattezze insistenti anche nel Piano di sicurezza e coordinamento;

   tutto ciò, inoltre, in violazione degli strumenti urbanistici del comune di Benevento –:

   se risponda al vero la notizia secondo la quale sarebbe in essere una verifica da parte del Ministero dell'istruzione e del merito a seguito dei numerosi esposti presentati e se risulti che nell'ambito di tali verifiche si ritenga di dover sospendere i lavori nell'attesa del riscontro di tale accertamento.
(4-03448)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   nel corso del tavolo al Ministero convocato il 17 settembre 2024 e presieduto dal Ministro e alla presenza del presidente della regione Molise, dei rappresentanti dell'azienda, di Stellantis e dei sindacati, si è appreso, attraverso una nota di quest'ultimi che di fronte ad una «incertezza sui tempi di realizzazione delle gigafactory di Termoli», il Ministro per il made in Italy Adolfo Urso «ha comunicato che procederà a ricollocare i fondi PNRR destinati alla gigafactory verso altri investimenti coerenti con la transizione energetica del comparto» ma «ha assicurato che da parte del Governo c'è la disponibilità a valutare di destinare ulteriori fondi, di altra natura, quando Acc (Automotive cells company) sarà in grado di presentare il nuovo piano industriale per Termoli comprensivo della nuova tecnologia»;

   nel frattempo Stellantis ha assicurato in linea di principio che con la produzione degli attuali motori garantirà la continuità dello stabilimento di meccaniche, tuttavia non ha individuato nuovi prodotti in grado di compensare il progressivo calo dei volumi e la preannunciata fine del Fire ed oggi si ricorre in maniera massiccia all'utilizzo di ammortizzatori sociali –:

   quali iniziative urgenti di competenza vogliano intraprendere i Ministri interrogati affinché, alla luce della nuova situazione, lo stabilimento di Termoli mantenga i livelli occupazionali e produttivi concordati.
(5-02823)


   SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il bando per l'accoglienza dei lavoratori stagionali nell'Alto Bradano e nel Metapontino, decisa dalla regione Basilicata, è andato deserto così come era già accaduto a luglio 2024. Nessuna accoglienza dunque è stata quindi riservata ai lavoratori impiegati nelle campagne;

   secondo quanto ha riportato Pietro Simonetti del Centro studi e ricerche economiche e sociali, questo è accaduto perché i contenuti del bando erano assolutamente al di fuori della possibilità delle associazioni di trovare posti letto e servizi per almeno 250 persone nell'area del Bradano in case e strutture ricettive;

   l'avviso pubblicato all'inizio di luglio era sostenuto da un finanziamento triennale di oltre un milione di euro e altri 900.000 per attività collaterali per integrazione e iniziative varie di dubbia utilità. Il finanziamento di circa due milioni è stato ricevuto a febbraio del 2024 dalla regione Basilicata dal Ministero del lavoro. Gli uffici regionali e il Consorzio pugliese Nova, che gestisce l'assistenza tecnica, hanno impiegato 4 mesi per predisporre l'avviso. In questo quadro si colloca la decisione della stessa struttura regionale, senza nessuna delibera di giunta, come accade da 9 anni, di non aprire il Centro di Palazzo San Gervasio che l'anno scorso ha ospitato 450 migranti e garantito il trasporto e i servizi;

   nella zona di Palazzo San Gervasio oltre 150 migranti già vivono in alloggi di fortuna sparsi nel territorio mentre il sindaco tardivamente ha chiesto l'apertura della parte nuova ristrutturata con servizi e posti letto dell'ex tabacchificio ristrutturata tre anni fa con oltre 350.000 euro di fondi dell'Unione europea con un intervento della regione;

   occorrerebbe poi un intervento urgente per sbloccare la gravissima vicenda relativa alla mancata utilizzazione di circa 15 milioni di euro del finanziamento Ue Pon legalità, per la realizzazione, con appalti integrati dei nuovi centri di Boreano, Gaudiano e il completamento di quello di Scanzano per 450 posti e servizi che risolverebbe definitivamente la questioni dell'accoglienza annuale dei lavoratori stagionali assieme al recupero di circa 10 milioni di euro per abitazione previsti dal Pnrr e non ancora assegnati per mancanza di proposte dei comuni interessati e dell'Anci regionale –:

   se non intendano i Ministri interrogati avviare iniziative urgenti al fine di risolvere le problematicità esposte in premessa relative alla mancata accoglienza dei lavoratori stagionali impiegati nelle campagne della Basilicata.
(5-02824)


   SERRACCHIANI e SARRACINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come già segnalato con il precedente atto di sindacato ispettivo 5-01895, cui a tutt'oggi non è stata fornita risposta, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, convertito, con modificazioni dalla legge maggio 2023, n. 56, si è istituito, per gli anni 2023-2026, un cosiddetto «Fondo vittime amianto», con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro annui, cui dovrebbero accedere i lavoratori che hanno contratto patologie asbesto-correlate durante la prestazione di attività lavorative in cantieri navali o i loro eredi e le società partecipate pubbliche i cui dipendenti abbiano già usufruito delle disposizioni dell'articolo 13 della legge n. 257 del 1992. Un ulteriore fondo che ha natura e finalità del tutto diverse rispetto al Fondo vittime amianto, istituito con la legge n. 244 del 2007;

   si tratta di una misura che insieme al relativo decreto attuativo aveva suscitato molteplici critiche sia da parte delle organizzazioni sindacali, sia dalle associazioni delle vittime dell'amianto;

   il suddetto fondo, infatti, interviene solo nei confronti delle sentenze esecutive, dei verbali di conciliazione giudiziale e dei verbali di conciliazione in sede protetta a favore delle aziende che siano state condannate a risarcire il lavoratore, e/o gli eredi, per non aver applicato o rispettato le norme di sicurezza, risarcendole di quanto pagato al lavoratore;

   per di più, la generica espressione «società partecipate pubbliche» operanti nelle attività lavorative in cantieri navali, in realtà è riconducibile ad un solo soggetto imprenditoriale, perfettamente solvibile e leader mondiale nel suo settore;

   a fronte di una soluzione tanto discutibile, con il decreto interministeriale del 16 luglio 2024, a giudizio dell'interrogante, il Governo è riuscito a rendere ancora più squilibrato il quadro normativo che ne emerge;

   con tale decreto infatti, la misura è stata regolata per il prossimo triennio prevedendo l'estensione dell'operatività del Fondo anche nei confronti dei lavoratori che hanno svolto la loro prestazione in esecuzione di un appalto o subappalto o in somministrazione in favore della medesima società cantieristica pubblica. Una soluzione che amplia, quindi, l'ambito di risarcimento per la medesima società, tenuto conto che su 10.000 dipendenti diretti si contano 90.000 lavoratori degli appalti dell'indotto;

   per di più, con la revisione delle tabelle degli indennizzi, si è operato un incremento significativo dei rimborsi ottenibili dalla citata impresa per i risarcimenti dovuti a seguito di pronunciamenti;

   in un contesto di difficoltà per reperire risorse finanziarie per far fronte a importanti emergenze sociali, il Governo ha ritenuto di dover rafforzare le già discutibili misure che favoriscono una sola impresa, indennizzandola per i risarcimenti da questa dovuti a seguito di gravi inadempienze in materia di sicurezza sul lavoro che hanno comportato anche il decesso di molti lavoratori –:

   come si giustifichi una misura che fa gravare sulla fiscalità generale i costi dei risarcimenti posti in capo a una società da pronunciamenti giurisdizionali e verbali di conciliazione, in conseguenza di gravi violazioni della normativa in materia di sicurezza sul lavoro;

   quali siano i dati della gestione del fondo di cui in premessa relativi ai primi esercizi.
(5-02825)


   SOUMAHORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   il 4 luglio 2024, si è svolta la cabina di regia PNRR, convocata e presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, alla presenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, del Ministro dell'economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, del Sottosegretario dell'interno, Emanuele Prisco, del Presidente dell'Anci, Antonio Decaro e del Commissario straordinario in materia di superamento degli insediamenti abusivi e contro lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura, Maurizio Falco;

   all'ordine del giorno della riunione, il confronto in merito allo stato di attuazione della misura del piano connessa agli interventi per il superamento degli insediamenti abusivi in agricoltura. L'obiettivo finale, rispetto al quale sono stati individuati 37 comuni, ai quali sono state allocate le risorse in base alla mappatura degli insediamenti abusivi realizzata dal «Tavolo di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura», prevede il completamento delle attività entro marzo 2025. In seguito all'assegnazione delle risorse, l'amministrazione competente dovrà fornire un piano d'azione per ogni insediamento abusivo individuato;

   nel corso della cabina di regia è stato formalmente attivato un confronto operativo, con il Commissario di Governo, rispetto alle iniziative da intraprendere per superare alcune criticità emerse nelle interlocuzioni con l'Anci e per velocizzare il conseguimento del target, con particolare riferimento alle risorse economiche assegnate per la realizzazione delle opere infrastrutturali, pari al 70 per cento del valore complessivo della misura;

   complessivamente sono stati stanziati duecento milioni per contrastare il caporalato e per sostenere progetti per superare l'emergenza abitativa in 37 siti critici per il lavoro agricolo in tutta Italia –:

   a che punto siano le assegnazioni delle risorse in premessa, in particolare con riferimento ai comuni della provincia di Foggia e quindi se si ritenga di rispettare l'obiettivo di marzo 2025.
(5-02827)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIETRI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i malati che soffrono di gravi patologie psichiche neurologiche e sensoriali congenite totalmente invalidanti hanno bisogno di cure riabilitative senza le quali sono condannati a perdere i progressi acquisiti e a peggiorare in modo drammatico;

   se è vero che la normativa vigente prevede chiaramente che questi malati siano curati in modo adeguato (articolo 26, legge n. 833 del 1978), di fatto, per quanto consta all'interrogante, ciò non avverrebbe: dopo un lasso di tempo le tariffe vengono automaticamente declassate a quelle di Rsa e questi pazienti non possono più avere le cure di cui hanno assolutamente bisogno;

   in particolare, le regioni si limiterebbero a stabilire un tempo del ciclo riabilitativo, senza rispettare l'articolo 34 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 che prevede che il tempo è definito «a meno che la rivalutazione multidimensionale non rilevi il persistere del bisogno riabilitativo»;

   emblematico è il caso della Campania, dove, nel tentativo di risolvere il problema, è stata presentata a gennaio 2023 una proposta di legge di iniziativa popolare; la definizione in Consiglio della legge sarebbe dovuta avvenire entro 90 giorni, ma l'iter di approvazione si è bloccato perché è stata eccepita l'incongruenza con la legislazione nazionale;

   in particolare, sarebbe stato eccepito che le linee guida nazionali del 2021 nella loro appendice (articolo 5, comma 3, Appendice) segnalano l'obsolescenza dell'articolo 26 della legge 833 del 1978, mentre il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, articolo 34, prevederebbe la temporaneità del ricovero in 60 giorni anche per i disabili gravi;

   entrambi i riferimenti normativi impongono, però, che la durata del ciclo di terapie non possa essere automatica e non possa essere applicata nei casi di persistente bisogno riabilitativo, come nel caso, appunto, di malati con patologie congenite invalidanti di tipo psichico, neurologico e sensoriale;

   nel contratto 2024-2025 per i tetti di spesa in base alla delibera della giunta regionale della Campania n. 407 del 2024 l'amministrazione, per giustificare l'automatismo nel passaggio dalle tariffe ex articolo 26 a quelle Rsa, ricorre al vecchio decreto commissario ad acta n. 6 del 2010 Bassolino, travisando, anche in questo caso, la norma che parla di «prestazioni che superino i 240 giorni da remunerare con le tariffe socio sanitarie ai sensi del decreto commissario ad acta n. 6 del 2010», che, a sua volta, stabilisce che «il ciclo riabilitativo è contenuto di norma entro i 240 giorni fatta eccezione per ...» ed elenca le eccezioni che riguardano i pazienti «le cui esigenze non vengano soddisfatte dalle Rsa», che vanno valutate dalle apposite commissioni Unità di valutazione bisogni riabilitativi;

   sul tema è intervenuto anche il Consiglio di Stato n. 3377 del 2003, laddove ha chiarito che le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale a totale carico del Ssn non sono solo «quelle che lascino prevedere la guarigione o la riabilitazione del paziente» ma «i trattamenti rivolti al contenimento di esiti degenerativi o invalidanti da patologie congenite e o acquisite», aggiungendo «non conta il suo stato cronico o irreversibile. Conta invece che le forme di assistenza di cui necessita il soggetto non possono farsi rientrare tra le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria»;

   la distinzione tra i due tipi di prestazione è, quindi, netta, come è netto il riconoscimento del diritto del paziente alle «prestazioni sanitarie a rilevanza sociale» così come scritto nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2021 –:

   accertata la veridicità dei fatti esposti in premessa, se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per chiarire la portata applicativa della normativa di riferimento, laddove si precisa che la durata dei trattamenti non può superare un limite stabilito «a meno che la rivalutazione multidimensionale non rilevi il persistere del bisogno riabilitativo» e che, quindi, non possa applicarsi alcuna riduzione automatica delle tariffe se non a seguito di una rivalutazione da parte della commissione Unità di valutazione bisogni riabilitativi.
(5-02829)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PORTA. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i cittadini italiani che trasferiscono (o hanno trasferito) la residenza in uno Stato con il quale non è in vigore alcuna convenzione con l'Italia perdono il diritto all'assistenza sanitaria, sia in Italia che all'estero, all'atto della cancellazione dall'anagrafe comunale e della iscrizione all'Anagrafe italiana residenti all'estero;

   nell'ambito comunitario un cittadino italiano ha il diritto di ricevere l'assistenza sanitaria in un altro Paese dell'Unione europea o nei Paesi Efta (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) alle stesse condizioni degli assistiti dal Servizio sanitario del Paese in cui si trovi;

   il cittadino italiano residente all'estero con lo stato di emigrato (cioè secondo il Ministero della salute colui che ha acquisito la cittadinanza italiana sul territorio nazionale, nato in Italia) o un titolare di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani, che rientri temporaneamente in Italia senza avere una copertura assicurativa pubblica o privata, ha diritto, a titolo gratuita alle prestazioni ospedaliere urgenti per un periodo massimo di 90 giorni in un anno solare (decreto ministeriale 1° febbraio 1996);

   l'Italia ha stipulato accordi di sicurezza sociale che prevedono la tutela sanitaria con i seguenti Paesi: Argentina, Australia, Brasile, Capo Verde, Città del Vaticano, Ex Jugoslavia (Macedonia, Serbia, Montenegro, Serbia-Erzegovina), Principato di Monaco, San Marino, Tunisia;

   con l'Argentina un'assistenza sanitaria parziale è assicurata ad alcune categorie di soggetti nell'ambito delle previsioni socio-previdenziali stabilite dalla Convenzione di sicurezza sociale firmata tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina a Buenos Aires il 3 novembre 1981;

   i soggetti a cui è assicurata dalla convenzione la copertura sanitaria per malattia in entrambi i Paesi contraenti – Italia e Argentina – attraverso le procedure previste dall'accordo amministrativo sono esclusivamente i pensionati ed i loro familiari che si rechino in temporaneo soggiorno da uno Stato all'altro e i cittadini di uno Stato contraente titolari di pensione e familiari residenti nel territorio dell'altro Stato. Sono esclusi tutti gli altri soggetti e tutte le altre categorie di cittadini che per qualunque motivo si spostino da un Paese contraente all'altro;

   si tratta dunque di un accordo datato e parziale che non prevede alcuna forma di tutela sanitaria (compresa la copertura delle prestazioni di pronto soccorso) per lavoratori, turisti, studenti, e comunque tutti i soggetti che non siano pensionati e che si spostino da un Paese all'altro temporaneamente;

   l'Argentina è uno dei Paesi di maggiore emigrazione italiana e che negli ultimi due decenni si è registrato un nuovo considerevole flusso di italiani giunti in Argentina alla ricerca di un lavoro –:

  con riguardo alla procedura di aggiornamento della suddetta convenzione di sicurezza sociale tra Italia e Argentina avviata nell'aprile 2023, intesa ad ampliare in materia sanitaria la portata di quella vigente a favore dei soggetti esclusi, se possano eventualmente riferire l'esito dell'iniziativa o comunque lo stato delle eventuali trattative in corso;

   se non ritengano opportuno, nel caso in cui le trattative fossero state interrotte o sospese, riprendere i contatti con le autorità argentine competenti in materia sanitaria per verificare la possibilità di ampliare la platea degli aventi diritto alla tutela sanitaria attualmente prevista dalla convenzione per includere tra i soggetti tutelati anche altre categorie di persone, oltre ai pensionati, come i lavoratori, i turisti, gli studenti eccetera, che si recano per soggiorni temporanei dall'uno all'altro Paese contraente e garantire inoltre, in quanto ai rischi coperti, una più completa e adeguata tutela sanitaria.
(4-03445)


   UBALDO PAGANO, LACARRA, STEFANAZZI, BARBAGALLO, MADIA, PRESTIPINO, PROVENZANO, STUMPO, TONI RICCIARDI, SCOTTO, DI BIASE, GRAZIANO, CASU, DE LUCA, FURFARO, SARRACINO, MARINO, IACONO, GIRELLI e MANCINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), estremamente contagioso, provoca ogni anno, a livello mondiale, tra i bambini di età inferiore a 5 anni circa 33 milioni di casi di infezioni delle basse vie respiratorie che richiedono assistenza medica, 3,6 milioni di ospedalizzazioni e la morte di oltre 100.000 bambini;

   L'European Medicine Agency (EMA), in data 31 ottobre 2022, ha autorizzato la specialità medicinale Beyfortus a base l'anticorpo monoclonale Nirsevimab-Beyfortus, utilizzato per la cura delle infezioni di virus respiratorio sinciziale (VRS –Respiratory Syncytial Virus) in età pediatrica;

   in Italia, il suddetto medicinale è stato sottoposto per la prima volta all'attenzione della Commissione tecnico-scientifica (Cts) dell'Aifa nelle sedute di dicembre 2022;

   con determina AIFA n. 9 del 4 gennaio 2023, il farmaco è stato classificato tra i farmaci di classe «C» con ricetta ripetibile limitativa (RRL), e vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti;

   con una lettera del direttore generale del Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale del Ministero della salute indirizzata ai direttori generali della sanità delle regioni e delle province autonome, il Ministero ha fornito indicazioni sulla somministrazione del Nirsevimab;

   in particolare, constatando che «a livello nazionale, più regioni abbiano previsto, autonomamente, la somministrazione monodose dell'anticorpo monoclonale Nirsevimab senza oneri per i pazienti», il Ministero ha precisato che «le regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia), non possono, ad oggi, garantire la somministrazione dell'anticorpo monoclonale Nirsevimab (classificato in fascia "C" da AIFA) in quanto [...] trattasi di prestazione "extra LEA"»;

   contestualmente, si legge nella lettera, «le restanti regioni e province autonome possono, ad oggi, garantire la somministrazione dell'anticorpo monoclonale Nirsevimab, solo a condizione che la copertura finanziaria sia garantita con risorse a carico dei bilanci autonomi regionali aggiuntive rispetto al Fondo sanitario regionale»;

   tale decisione costituisce, nell'opinione degli interroganti, una gravissima disparità di trattamento tra cittadini delle regioni in piano di rientro e cittadini delle restanti regioni, in palese violazione degli articoli 3 e 32 della Costituzione, nonché dei princìpi di universalità, eguaglianza ed equità dettati dalla legge n. 833 del 1978 –:

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché il medicinale in premessa possa essere somministrato gratuitamente a tutti i bambini, in particolare neonati, che necessitano di questa specifica assistenza medica, in tutto il territorio nazionale.
(4-03449)

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Polidori n. 1-00204, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 179 del 17 ottobre 2023.

   La Camera,

   premesso che:

    dal 1992 ottobre è il mese della sensibilizzazione sul cancro al seno, il cosiddetto mese rosa, durante il quale vengono promosse azioni per informare e sensibilizzare un sempre maggior numero di donne sull'importanza della prevenzione del cancro al seno e della diagnosi precoce;

    dal 1° al 31 ottobre, operatori sanitari, istituzioni, organizzazioni di volontariato e associazioni, in tutto il mondo organizzano eventi e iniziative per sottolineare l'importanza dello screening per la diagnosi precoce dei tumori al seno, così da identificare la malattia nei primi stadi del suo sviluppo e rendere un eventuale trattamento più efficace;

    in Italia il cancro al seno rappresenta il 30 per cento dei tumori che colpiscono le donne con circa 60 mila nuovi casi l'anno, ma, grazie alla ricerca sulle terapie e nuove tecnologie diagnostiche, che permettono innovatività e specificità degli interventi terapeutici, e alla possibilità di intervenire in fase iniziale grazie alla maggiore sensibilità acquisita dalle donne in merito all'importanza della prevenzione, la guaribilità raggiunge l'85 per cento dei casi;

    il calo della mortalità è attribuibile alla ricerca e a migliori conoscenze della biologia dei tumori al seno che permettono maggiore velocità e precisione delle diagnosi, oltre alla maggiore diffusione dei programmi di diagnosi precoce;

    ciò nonostante, il cancro al seno è la prima causa di morte nelle diverse età della vita, rappresentando il 28 per cento delle cause di morte oncologica prima dei 50 anni, il 21 per cento tra i 50 e i 69 anni e il 14 per cento dopo i 70 anni. La mortalità, che supera i 12.000 decessi l'anno, si sta riducendo per tutte le classi di età, soprattutto nelle donne con meno di 50 anni;

    anche a livello europeo il cancro al seno è attualmente quello più comunemente diagnosticato nelle donne e la principale causa di morte correlata al cancro, con circa 530.000 nuovi casi e 140.000 decessi all'anno. Tuttavia, la situazione varia notevolmente da un Paese europeo all'altro: l'Europa settentrionale e occidentale presenta un tasso molto più elevato rispetto all'Europa meridionale o orientale di incidenza, ma la situazione si capovolge per quanto riguarda la mortalità che è significativamente inferiore nell'Europa settentrionale e occidentale rispetto all'Europa meridionale e orientale;

    secondo il Global cancer observatory – agenzia internazionale di ricerca sul cancro dell'organizzazione mondiale della sanità – se non si adottano interventi specifici entro il 2040 il numero di nuovi casi di cancro al seno a livello mondiale aumenterà ogni anno da circa 530.000 a 570.000. Allo stesso modo, seguirà lo stesso trend il numero di decessi annuali per cancro al seno, che da circa 140.000 arriveranno a circa 170.000 entro il 2040;

    nello specifico europeo, si prevede che l'incidenza e la mortalità del cancro al seno diminuiranno nelle donne di età inferiore ai 70 anni, ma, se non verranno adottate ulteriori misure specifiche per le donne anziane, l'incidenza e la mortalità del cancro al seno aumenteranno significativamente nelle donne di età superiore ai 70 anni;

    le donne sopra i 50 anni d'età, infatti, hanno un maggior rischio di sviluppare un tumore mammario, in quanto l'età è uno dei fattori di rischio non modificabili anche se, oggi, le diagnosi di cancro al seno riguardano donne sempre più giovani, il che comporta la necessità di sensibilizzare le ragazze a eseguire controlli non invasivi, quali l'ecografia mammaria, per individuare, già a partire dai 25 anni, eventuali anomalie – nelle donne anziane il tumore al seno viene diagnosticato in una fase successiva in cui la malattia ha raggiunto stadi già più difficili da curare;

    nelle donne più anziane il tumore si presenta con modalità diverse: in un contesto fisico di un sistema immunitario più debole spesso i tumori sono più grandi, coinvolgono i linfonodi ascellari e comportano maggiore rischio di mortalità;

    a ciò si aggiunge che a volte, in sede di esame, il tumore non viene diagnosticato per le difficoltà che comporta la struttura di un seno anziano, oltre a essere diffusa la convinzione che il cancro al seno nelle donne anziane non sia pericoloso, mentre, in realtà, questo tende a progredire più facilmente ed è quindi necessario diagnosticarlo nella fase iniziale;

    nelle giovani il cancro al seno si presenta in forme più aggressive: secondo l'American cancer society il tasso di carcinoma mammario è aumentato del 3 per cento ogni anno dal 2000 al 2019 per le donne con meno di 40 anni;

    le giovani donne colpite da tumore al seno hanno, inoltre, maggiori probabilità di ammalarsi di forme tumorali aggressive e in fase avanzata, un maggiore rischio di recidiva e tutto ciò si accompagna, spesso, con un disagio emotivo maggiore rispetto alle più anziane, con forti ripercussioni su lavoro e famiglia e possibili influenze sulla fertilità derivante da alcune terapie;

    la prevenzione primaria si propone la riduzione dell'incidenza dei tumori intervenendo sulla conoscenza e rimozione delle cause determinanti: in materia la ricerca sta cercando di individuare modalità per l'identificazione di gruppi di donne a più alto rischio e con più probabilità di sviluppare il tumore;

    gli sforzi della ricerca dovrebbero essere canalizzati e concentrati sull'individuazione dei fattori di rischio e sulla prevenzione primaria, in quanto alcuni fattori di rischio possono essere rimossi, riducendo così in misura considerevole il rischio di sviluppare un tumore mammario;

    per quanto riguarda i fattori di rischio, infatti, alcuni non sono modificabili, ma su alcuni è possibile intervenire riducendo in misura considerevole il rischio di sviluppare un tumore mammario: ci sono fattori di rischio ereditari e familiari, alcuni sono di natura ormonale e sono legati al ciclo mestruale (menarca precoce e menopausa tardiva), ma altri fattori, è ormai noto, sono legati allo stile di vita: incidono sul rischio di tumore l'obesità, il consumo di alcol, l'inattività fisica, un ridotto consumo di frutta e verdura e, in misura minore, il fumo. Accanto a questi fattori si pongono l'impatto di sostanze inquinanti, dei pesticidi e di cattive abitudini alimentari;

    la prevenzione secondaria si propone la riduzione della mortalità e l'aumento della sopravvivenza attraverso la diagnosi precoce, in quanto intervenire nella fase iniziale dello sviluppo del tumore permette di intervenire chirurgicamente con terapie meno invasive e aggressive, oltre a rendere maggiori le possibilità di guarigione: l'atto chirurgico assume un'importanza fondamentale e costituisce l'atto terapeutico determinante, cui si affiancano terapie mediche sistemiche finalizzate ad aumentare le chance di sopravvivenza e guarigione e una migliore qualità della vita della donna;

    i costi socioeconomici del tumore rischiano di esplodere se non si potenzia la prevenzione e non si riorganizza la spesa investendo sul bisogno di prevenzione e diagnosi precoce non ancora soddisfatti. Quello del cancro al seno è un problema che rischia di incidere fortemente sulla sanità pubblica, considerato che l'aspettativa di vita aumenterà nei prossimi decenni, è quindi fondamentale prevedere misure specifiche: la prevenzione dei tumori della mammella deve diventare prioritaria nell'agenda politica sanitaria per contenere sia l'insorgere della malattia che ridurre il tasso di mortalità e deve essere incentivata sia come prevenzione primaria che secondaria;

    assumono rilevanza, in tal senso, anche le campagne di sensibilizzazione per modificare abitudini di vita errate e iniziative per promuovere una corretta educazione alimentare che possono avere ricadute positive per la prevenzione dei tumori e per la salute in generale, con risultati di portata superiore a quelli ipotizzabili esclusivamente con interventi medicalizzati, costosi e con conseguenze a lunga distanza ancora non ben valutabili;

    intervenire sugli stili di vita, però, non basta ed è fondamentale sostenere e promuovere gli screening di senologia diagnostica: la mammografia può essere usata per lo screening. In Italia è raccomandata e offerta gratuitamente alle donne nella fascia di età tra i 50 e i 69 anni con frequenza biennale. Per quanto già evidenziato precedentemente, alcune regioni, su indicazione del Ministero della salute, stanno estendendo lo screening alle donne tra i 45 e 49 anni con intervallo annuale e alle donne tra i 70 e 74 anni con intervallo biennale;

    si aggiunge, a tutto quanto già espresso, l'importanza dell'assistenza e del sostegno alle donne nel corso della malattia, nel periodo del follow up e dopo: la qualità della vita della donna operata al seno è un fine che bisogna perseguire sottolineando il valore della femminilità che si persegue, mediante l'utilizzo di protesi oggi anche meno invasive in quanto predisposte con materiali meno nocivi per la salute della donna;

    l'11 ottobre 2022, il gruppo Women@Pace, costituito dal Segretario generale dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa nel 2022 in occasione della Giornata internazionale della donna, nell'ambito della campagna di sensibilizzazione sul cancro al seno, ha organizzato un dibattito in merito agli ostacoli nell'individuazione e nel trattamento del cancro al seno. Nello specifico, l'incontro ha sviluppato il tema delle numerose ricerche che si stanno conducendo volte a individuare la correlazione tra l'ambiente e lo sviluppo del cancro al seno;

    il dibattito ha preso il via dalla premessa che la nozione di ambiente non è univoca e presenta aspetti di complessità; comprende diversi fattori di rischio, come stili di vita e comportamenti (attività fisica, sedentarietà, sovrappeso), influenze culturali e sociali (consumo di alcol, fumo, cure ormonali), vita riproduttiva (età della prima gravidanza, numero di figli, allattamento, gravidanze tardive), senza dimenticare gli agenti chimici come pesticidi, inquinanti industriali e metalli;

    nel corso delle iniziative di sensibilizzazione adottate nel corso del cosiddetto «mese rosa» verrà, tra l'altro, distribuito materiale informativo e illustrativo finalizzato, da una parte, a ridurre i fattori di rischio e, dall'altra, a fornire l'adeguata conoscenza affinché ogni donna possa acquisire quel minimo di conoscenze adeguate a effettuare in autonomia una corretta autopalpazione con l'autoesame mensile, che costituisce una pratica fondamentale per conoscere meglio il proprio corpo e riconoscere il carcinoma della mammella nella sua fase iniziale, seguito da controlli clinico-diagnostico-strumentali di fondamentale importanza (ecografia-mammografia-risonanza magnetica), indispensabili, visto che, la possibilità di guarigione per tumori al seno che misurano meno di un centimetro è di oltre il 90 per cento,

impegna il Governo:

1) ad assicurare l'uniformità territoriale dello screening, a partire dai 40 anni e sino ai 75 anni di età, con cadenza annuale;

2) ad adottare iniziative volte a prevedere la dotazione, presso tutte le strutture ospedaliere, di strumentazione di ultima generazione come quella digitale, supportata da algoritmi di intelligenza artificiale basata su tecnologie validate da un punto di vista clinico-scientifico, al fine di poter sviluppare una migliore capacità diagnostica in grado di individuare con sufficiente anticipo anche piccolissime anomalie, così da intervenire con diagnosi precoci e, ove possibile, evitare ulteriori esami che esporrebbero le pazienti a quantità di radiazioni nocive proprie di macchinari più antiquati e analogici;

3) a incentivare la diffusione e l'accesso ai test diagnostici molecolari al fine di permettere l'accesso a terapie target personalizzate, utilizzando in modo appropriato le risorse del Servizio sanitario nazionale e distribuendole omogeneamente sul territorio nazionale;

4) a implementare campagne mirate a migliorare l'adesione ai programmi di screening mammario già esistenti, al fine di ridurre le differenze regionali e a migliorare l'aderenza alle terapie adiuvanti per ridurre i rischi di recidiva e/o metastasi e, di conseguenza, il tasso di mortalità per questo tipo di tumore;

5) ad avviare, di concerto con il Ministero dell'istruzione e del merito, progetti di informazione e sensibilizzazione nelle scuole, finalizzate a educare le ragazze all'adozione di stili di vita salutari e all'importanza della prevenzione anche attraverso la pratica dell'autoesame.
(1-00204) (Nuova formulazione) «Polidori, Benigni, Cappellacci, Patriarca, Barelli, Bagnasco, Deborah Bergamini, Dalla Chiesa, De Palma, Gatta, Mangialavori, Marrocco, Pittalis, Rossello, Paolo Emilio Russo, Saccani Jotti, Tassinari, Tosi, Battilocchio, Tenerini, Nevi, Mulè, Colombo, Mura, Vietri, Ciocchetti, Ciancitto, Colosimo, Lancellotta, Maccari, Morgante, Rosso, Schifone».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Bakkali n. 1-00314, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 342 del 7 agosto 2024.

   La Camera,

   premesso che:

    con «cittadinanza» s'intende il rapporto tra individuo e Stato, uno status denominato «civitatis» al quale l'ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici, ed è elemento essenziale per far sì che le persone possano godere in maniera piena e completa dei diritti fondamentali ed è, quindi, indispensabile per una democrazia realmente inclusiva;

    la Costituzione italiana, oltre a proclamare nella sua prima parte in capo ai cittadini la titolarità di alcuni diritti e di alcuni doveri, si occupa specificatamente della cittadinanza all'articolo 22, stabilendo il principio per cui non si può essere privati di essa, così come del nome e della capacità giuridica, per motivi politici. La ratio di questa disposizione va inquadrata nella contestazione degli arbìtri compiuti dal fascismo, che non solo aveva privato della cittadinanza italiana tutti gli antifascisti in esilio (legge n. 108 del 1926), ma aveva altresì stabilito (regio decreto-legge n. 1728 del 1938) delle gravi limitazioni alla cittadinanza e alla capacità giuridica nei confronti dei cittadini di cosiddetta «razza ebraica»;

    attualmente la cittadinanza è disciplinata dalla legge 5 febbraio 1992 n. 91 e relativi regolamenti di esecuzione;

    ai sensi della citata legge acquistano di diritto la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche solo la madre o il padre) siano cittadini italiani. Si tratta della modalità di acquisizione della cittadinanza per «ius sanguinis»;

    esistono alcune procedure più veloci per l'acquisizione della cittadinanza italiana per gli stranieri di origine italiana che possono acquisirla facendo espressa richiesta se l'interessato discenda da un cittadino italiano (sino al secondo grado di parentela) e sia in possesso di almeno un requisito tra quelli previsti dalla legge;

    nell'ordinamento italiano è previsto anche un altro riconoscimento della cittadinanza, ma solo in via residuale e per casi limitati: quello dello «ius soli»;

    questo diritto viene di norma riconosciuto solo a coloro che nascono in Italia e i cui genitori siano da considerarsi ignoti o apolidi, a coloro che nascono in Italia e che non possono acquisire la cittadinanza dei genitori, in quanto lo Stato di origine dei genitori non consente che chi nasce all'estero possa acquisire quella cittadinanza; per chi, infine, non abbia genitori noti e che venga trovato, a seguito di abbandono, in territorio italiano, e per il quale si possa dimostrare da parte di qualunque soggetto interessato, il non possesso di altra cittadinanza;

    la persona nata in Italia può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e che dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età di voler acquisire la cittadinanza italiana;

    l'acquisizione della cittadinanza può avvenire, inoltre, per matrimonio o unione civile con cittadino italiano o, infine, per naturalizzazione;

    al| riguardo di quest'ultima modalità, l'articolo 9 della citata legge 91 del 1992 prevede che la cittadinanza possa essere concessa se la persona che ne faccia richiesta abbia trascorso legalmente ed ininterrottamente un periodo di tempo di almeno dieci anni in Italia, qualora non appartenga all'Unione europea, e di quattro se, invece, sia cittadino di un Paese che appartiene alla Comunità europea. Se apolide la persona che voglia ottenere la cittadinanza italiana deve risiedere nel nostro Paese da almeno cinque anni;

    il periodo di 10 anni di residenza legale ininterrotta per i non appartenenti all'Unione europea è tra i più severi in Europa, e in questi giorni è in corso la raccolta di firme per la promozione del Referendum Cittadinanza, volto proprio a ridurre tale termine da 10 a 5 anni, come già previsto negli ordinamenti di Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Lussemburgo e Svezia, e com'era previsto anche in Italia fino al 1992;

    secondo l'articolo 14 della legge n. 91 del 1992 i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza. L'acquisto interviene, quindi, avviene automaticamente alla sola condizione della convivenza e sempre che si tratti di un soggetto minorenne secondo l'ordinamento italiano. Perché il genitore divenuto italiano possa trasmettere lo «status civitatis» al figlio, occorrono pertanto che ricorrano tre condizioni: a) il rapporto di filiazione; b) la minore età del figlio; c) la convivenza con il genitore;

    va osservato che la previsione della convivenza con il genitore non appare idonea a riconoscere il diritto di acquisizione della cittadinanza italiana, in quanto esclude di fatto coloro che per qualunque motivo non convivano con il genitore nonostante questi conservi la responsabilità genitoriale;

    ad esempio, in Francia la naturalizzazione viene decisa dall'autorità pubblica e può essere concessa dallo straniero maggiorenne che dimostri la propria residenza abituale in Francia nei cinque anni precedenti la domanda e che vi risieda al momento della domanda stessa. Ma questo termine, che è la metà di quello italiano, può anche essere ridotto a due anni, qualora il richiedente abbia ultimato due anni di studi in un istituto di istruzione universitaria francese;

    come in molti altri Paesi, anche la Francia considera essenziale per la cittadinanza la conoscenza della lingua del Paese di cui si vuole diventare cittadini. Sino ad un recente passato la valutazione della capacità meno di comprendere, scrivere e parlare in francese era lasciata all'arbitrio del singolo funzionario statale incaricato dell'esame. Adesso, grazie a recenti modifiche normative la discrezionalità della pubblica amministrazione è stata almeno ridotta, dovendo il funzionario chiamato a giudicare la conoscenza linguistica del richiedente attenersi ad una «griglia di valutazione» che stabilisce criteri chiari per la valutazione stessa;

    inoltre, a condizione che il nome sia menzionato nel decreto di naturalizzazione del genitore, o sulla dichiarazione di acquisizione, il figlio minore, legittimo o naturale, della persona naturalizzata francese, diventa automaticamente cittadino francese di pieno diritto, sempre che sia a sua volta residente in Francia. Ciò vale anche per il bambino oggetto di adozione piena, mentre nel caso di divorzio o separazione precedente l'acquisizione di cittadinanza da parte del genitore, il minore acquisisce la cittadinanza se risiede attualmente o alternativamente con il genitore divenuto francese;

    per effetto della legge 16 marzo 1998 ogni bambino nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza francese al momento della maggiore età se a quella data ha propria residenza in Francia o vi ha avuto la propria residenza abituale durante un periodo, continuo o meno, di almeno 5 anni dall'età di 11 anni in poi;

    l'acquisizione automatica della cittadinanza può essere anticipata ai 16 anni da parte dell'interessato con dichiarazione sottoscritta dinanzi l'autorità competente o può essere chiesta dai suoi genitori a partire dal 13° anno di vita e previo consenso dell'interessato. Nel quale caso il requisito della residenza abituale dei 5 anni sopra ricordato viene conteggiato a partire dall'ottavo e non dall'undicesimo anno di vita;

    per quel che riguarda il caso della Germania, invece, la legislazione tedesca prevede che la cittadinanza possa essere acquisita per nascita, adozione e naturalizzazione. Dal 1° gennaio 2000 acquisiscono la cittadinanza non solo i figli di cittadini tedeschi, ma anche chi, figlio di stranieri, nasca in Germania, purché almeno uno dei genitori risieda stabilmente nel Paese da almeno otto anni e sia in possesso di regolare autorizzazione al soggiorno o di illimitato permesso di soggiorno da almeno tre anni;

    per quel che riguarda la naturalizzazione, in Germania essa non avviene in via automatica ma presuppone una richiesta da parte dell'interessato, che può presentarla alle autorità competenti dopo il compimento del sedicesimo anno di età;

    nel gennaio 2024 il Bundestag ha approvato una riforma della legge sulla cittadinanza che potrà ridurre il termine di residenza in Germania previsto per l'ottenimento della cittadinanza tedesca, che passa da otto a cinque anni;

    la nuova legge sulla cittadinanza prevede anche che in futuro, i figli di genitori stranieri riceveranno la cittadinanza tedesca alla nascita se padre o madre hanno risieduto legalmente in Germania per cinque anni (anche in questo caso il termine precedentemente in vigore era di otto anni);

    inoltre, le persone che diventano tedesche potranno mantenere la loro precedente cittadinanza: questo era già possibile, ad esempio, per i cittadini di altri Paesi dell'Unione europea ed ora viene esteso anche a coloro che non fanno parte dell'Unione europea;

    passando rapidamente ad esaminare la situazione in Gran Bretagna, si osserva che, pur con molte eccezioni, vige il principio prevalente che chi nasce in territorio britannico acquisisca in via automatica la cittadinanza;

    per coloro che, invece, non sono nati in Gran Bretagna, la possibilità di essere naturalizzato è legata ad una serie di condizioni: avere almeno 18 anni, non avere precedenti penali, aver vissuto in Gran Bretagna almeno cinque anni prima della richiesta di naturalizzazione, non avendo trascorso più di 450 giorni fuori dal Regno Unito nei cinque anni, e meno di 90 giorni nell'anno precedente la domanda di naturalizzazione. È anche necessario conoscere là lingua e superare un test;

    i criteri di idoneità sono leggermente diversi qualora si richieda la cittadinanza avendo sposato o avendo un'unione civile con un cittadino britannico. In questo caso, il richiedente deve aver vissuto nel Regno Unito per almeno tre anni e, negli ultimi tre, non deve aver trascorso più di 270 giorni fuori dal territorio nazionale;

    in Spagna, infine, il presupposto generale per poter richiedere la cittadinanza per residenza si basa sulla possibilità di dimostrare di essere residenti in Spagna regolarmente da almeno dieci anni, continuativamente. Ma vi sono numerose ed importanti eccezioni che riducono sensibilmente i tempi;

    ad esempio, coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato possono fare domanda dopo cinque anni di permanenza in Spagna, mentre coloro che sono nati in determinati Paesi possono fare domanda dopo soli due anni di residenza;

    appare particolarmente significativa la fattispecie che consente, tra l'altro, a chi sia nato in territorio spagnolo di richiedere la cittadinanza dopo solo un anno di residenza;

    questo breve confronto con alcuni Paesi europei evidenzia come di fatto la situazione più complessa sia proprio quella italiana, sia per quel riguarda i tempi di residenza nel Paese sia per quel che riguarda l'ampia discrezionalità della pubblica amministrazione che anche quando fornisce le motivazioni per il rigetto, si limita sovente ad una sintesi eccessiva e che di fatto non chiarisce le motivazioni del rifiuto;

    ad esempio, non appare sempre chiaro su cosa si basi la valutazione circa l'esistenza di un'avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poter affermare la sua appartenenza effettiva alla comunità nella quale vive. Soprattutto perché questo esame e le relative decisioni sono in capo ad un'autorità, il Ministero dell'interno, che ben difficilmente può decidere su ogni singolo caso con la dovuta attenzione, trattandosi di un'autorità posta troppo in alto nella scala gerarchica e troppo lontana per sua natura dalle persone interessate;

    ai comuni, che sono, invece, l'ente più di prossimità per le persone e che hanno di norma anche maggiore conoscenza della realtà locale rispetto ad un centro lontano, sono confinati a ruoli residuali;

    si tratta di un paradigma che andrebbe rovesciato, mettendo al cento, appunto, il ruolo dei comuni, enti di prossimità più efficaci nella valutazione delle domande e delle situazioni ad esse sottese, in un'ottica di decentramento amministrativo particolarmente auspicabile sia in ottica di maggiore rapidità delle procedure, sia anche per quel che riguarda la chiarezza delle decisioni;

    si ritiene, quindi, che andrebbe delegato il sindaco del comune dove è stata fatta la domanda di cittadinanza sia per quel che riguarda la ricezione della domanda sia anche per la predisposizione della relativa istanza da inviare al Presidente della Repubblica, ancorandosi, così, ad un principio di territorialità con procedure più efficaci e sicure;

    è necessario intervenire anche per ridurre i tempi di residenza in Italia previsti attualmente per poter richiedere la cittadinanza: infatti, appare evidente che il periodo di dieci anni, praticamente unico nella sua rigidità almeno per quel che riguarda i maggiori Paesi d'Europa, del tutto eccessivo, e non si giustifica nell'ottica di consentire un'integrazione effettiva nella comunità che diverrà quella della persona straniera;

    non è, inoltre, accettabile la pretesa che il richiedente la cittadinanza garantisca una specie di cauzione di sé stesso, dovendo dimostrare di avere un reddito tale da potersi mantenere. Questa pretesa, tra l'altro, colpisce i più fragili, i minori, che ben difficilmente possono garantire un reddito, e che in realtà nemmeno lo devono, essendo impegnati di norma nello studio e nella formazione;

    proprio i minori sono, invece, coloro che devono essere aiutati maggiormente in un processo virtuoso d'inclusione che non può avere alla base che la scuola e l'istruzione in generale, nel vero senso che si deve dare all'espressione «ius culturae»;

    infatti, l'istruzione, la cultura, la scuola, sono gli elementi fondamentali di ogni sana inclusione, in quanto insegnano non solo nozioni (fondamentali ovviamente) ma anche il rispetto delle diverse culture, la conoscenza degli altri e di se stessi, il senso di comunità. Per questo è lo Stato, in collaborazione con le regioni e gli altri enti locali, che deve agire per garantire un'adeguata offerta formativa volta alla conoscenza della lingua e delle istituzioni italiane, oltre che riconoscere tutte quelle iniziative che sono volte a sostenere il processo d'integrazione linguistica e sociale;

    lo «ius soli» e lo «ius culturae» non sono tra loro in contraddizione, ma anzi possono rafforzarsi l'un l'altro. Ad esempio, potrebbe ottenere automaticamente la cittadinanza italiana il minore straniero nato in Italia o che risieda nel nostro Paese da un certo numero di anni, e che abbia frequentato almeno per cinque anni uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale d'istruzione, o fattispecie analoghe che siano volte, appunto, alla formazione e all'integrazione culturale del giovane italiano di nuova generazione;

    appare, invece, francamente inaccettabile proseguire su una visione meramente economica dell'integrazione, con, appunto, la sopra ricordata pretesa di una garanzia di reddito da parte del richiedente, a monte della procedura di naturalizzazione, ma anche per l'intollerabile balzello imposto ai richiedenti la cittadinanza, che deve essere evitato quantomeno per le richieste che riguardano i minori;

    si fa, tra l'altro notare che la concessione o il rinnovo del permesso di soggiorno, i cittadini stranieri residenti in Italia versano allo Stato italiano somme considerevoli, come evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo n. 5-02285 presentato il 18 aprile 2024 e nel quale si evidenziava come esempio che nel 2012 l'ammontare complessivo delle imposte dovuto ad immigrati era pari a 182.750.072 milioni di euro (fonte Ministero dell'interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale dell'immigrazione e della Polizia di frontiera);

    non è dunque immaginabile introdurre una specie di «ius pecuniae», analogo a quello messo in atto in un recente passato da Paesi dell'Unione europea, e che consentiva a chi era in grado di pagare di acquisire la cittadinanza senza troppi intralci burocratici, mentre coloro che non avevano abbastanza risorse si trovavano sottoposti a vincoli ingiustificati in una sorta di inaccettabile divisione tra richiedenti di «serie A» e di «serie B»;

    lo «ius soli» e lo «ius culturae» sono, invece, come detto, le fondamenta sulle quali basarsi per un cambiamento reale e volto all'inclusione effettiva di chi è nato e vive in quello che oggi è il suo Paese. Il principio deve essere quello di collegare cittadinanza e legalità di soggiorno, anche prescindendo dalla formale residenza, superando quelle difficoltà burocratiche che attualmente ostacolano l'integrazione;

    a maggior ragione deve essere previsto un sistema che consenta ai figli nati in Italia da genitore straniero ma nato nel nostro Paese, di essere di per sé cittadini italiani, essendo evidente il legame tra la persona e il territorio in cui nasce e cresce, evitando forme di ghettizzazione inaccettabili e pericolose;

    sono inoltre inaccettabili i tempi lunghi che di solito si accompagnano all'esame e alla eventuale accettazione delle domande di naturalizzazione, tempi che a volte fanno pensare più che ad un'inefficienza degli uffici demandati ad una specie di ostruzionismo latente ma concretamente operante;

    inaccettabile è anche l'attuale situazione che riguarda il riconoscimento della cittadinanza italiana per coloro che sono giunti in Italia da minori. Attualmente per questa specifica categoria viene applicato il criterio della naturalizzazione, che, però, espone molte e molti al rischio di non ottenere la cittadinanza qualora divengano maggiorenni durante l'iter che riguarda i propri genitori, dovendo, quindi, presentare istanza individualmente nonostante siano giunti in Italia in tenera età. Si tenga presente che al 31 agosto 2023, ultimo dato disponibile sul sito del Ministero dell'istruzione e del merito, le studentesse e gli studenti non di cittadinanza italiana erano nelle scuole italiane 894.624,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, in particolare di carattere normativo, volte:

  a) a riconoscere la cittadinanza italiana per i minori nati nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno è regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno al momento della nascita del figlio, senza legare questo criterio, valevole per i minori, alcun parametro reddituale ma solo territoriale e di stanzialità di almeno uno dei genitori e senza assoggettare il diritto alla cittadinanza per nascita sul suolo italiano a scadenze ma consentendo di esercitarlo in qualsiasi momento;

  b) a individuare modalità specifiche per il riconoscimento della cittadinanza per coloro che giungano in Italia da minori, riconoscendo la cittadinanza italiana a coloro che, soggetti all'obbligo scolastico, abbiano compiuto almeno un ciclo d'istruzione, ad esempio tre anni di scuola dell'infanzia, un ciclo di primaria, secondaria superiore, o di un percorso d'istruzione e formazione professionale, intendendo il compimento del ciclo in termini di frequenza del corso e non di rendimento;

  c) ad informare la disciplina e la sua applicazione al principio secondo il quale la concessione della cittadinanza è un incentivo per favorire l'inclusione sociale, lavorativa e orientata alla partecipazione attiva nelle proprie comunità territoriali, prevedendo, quindi, criteri più accessibili ed allineati alla maggioranza dei Paesi europei più significativi per quel che riguarda la popolazione e i flussi migratori per la concessione della cittadinanza;

  d) nell'ottica di cui all'impegno precedente, a semplificare le procedure di concessione della cittadinanza, prevedendo, tra l'altro, la riduzione del vincolo della residenza continuativa, rispettivamente a:

   1) cinque anni per lo straniero o la straniera non appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea;

   2) a tre anni se appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea;

   3) a due anni se riconosciuto come rifugiato, o persona cui è stata accordata la protezione sussidiaria (o analoghe) o se apolide;

  e) a rivedere il criterio della residenza continuativa anagrafica, semplificando le forme e i vincoli che attualmente sono spesso escludenti per coloro che, seppur stabili sul territorio italiano, abbiano avuto interruzioni involontarie dell'iscrizione all'anagrafe, riconoscendo altre forme per dimostrare la continuità della permanenza sul territorio italiano, quali ad esempio, certificazioni scolastiche e formative, contratti di lavoro, documentazione sanitaria, e altro;

  f) ad abrogare il contributo previsto attualmente per le pratiche di acquisizione della cittadinanza per i minori, commisurandolo ai costi comunque non superiori a quelli per il rilascio del passaporto per le pratiche di naturalizzazione, prevedendo, tuttavia, esenzioni/riduzioni/decontribuzioni per soglie reddituali Isee inferiori ai 15.000 euro annui;

  g) a predisporre, per quanto di competenza ed eventualmente anche in collaborazione con le regioni e gli altri enti locali, l'offerta formativa per i richiedenti la cittadinanza e volta alla conoscenza della lingua e delle istituzioni italiane, individuando e riconoscendo nel contempo quelle iniziative ed attività messe in atto a sostegno dell'integrazione linguistica e sociale degli stranieri;

  h) a procedere alla riorganizzazione, semplificazione ed accorpamento delle disposizioni di natura regolamentare in materia di cittadinanza, emanando un unico regolamento relativo in particolare alla disciplina dei procedimenti amministrativi, indicando i termini improrogabili dello stesso e prevedendo che, in caso di superamento dei termini sopra citati, la domanda di cittadinanza debba essere considerata accolta;

  i) a modificare la disciplina dell'acquisizione della cittadinanza da parte dei figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana eliminando in particolare l'attuale previsione della convivenza del minore con il genitore, sostituendola con la più razionale disposizione relativa alla non decadenza del genitore dalla responsabilità genitoriale;

  l) a disporre che, in coerenza con il principio dell'unità familiare, ai fini del conseguimento della cittadinanza da parte del figlio di chi ottiene la cittadinanza italiana, sia rilevante la minore età al momento della presentazione della domanda, anche qualora tale figlio, nel corso dell'iter di esame della domanda, sia divenuto maggiorenne;

  m) a disporre, per quanto di competenza, che siano demandati ai sindaci dei comuni nei quali sia stata presentata l'istanza di concessione della cittadinanza, tanto la ricezione dell'istanza stessa, quanto la predisposizione della relativa istanza da inviare al Presidente della Repubblica, per la concessione della cittadinanza, nell'ottica di un vero decentramento amministravo volto ad una maggiore efficienza ed efficacia ed ancorato al principio di territorialità;

  n) a riconoscere a tutti i minori nati in Italia, o con background migratorio, senza cittadinanza, inclusi i rifugiati e richiedenti asilo, il diritto di accesso alla pratica sportiva, garantendo altresì, per quanto di competenza, la possibilità di essere tesserati presso le federazioni sportive nazionali (Fsn) e di competere in tutti i campionati italiani, per evidente interesse sportivo confermato da un'apposita commissione Coni e di avere anche la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana nel caso in cui abbiano completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni in Italia, ovvero almeno uno dei genitori sia nato in Italia (cosiddetto «doppio ius soli»), ovvero siano nati da genitori stranieri, dimostrando almeno un anno di residenza regolare di almeno uno dei genitori.
(1-00314) (Nuova formulazione) «Bakkali, Zanella, Magi, Berruto, Braga, Schlein, Ascani, Boldrini, Bonafè, Carè, Ciani, Cuperlo, Curti, De Micheli, Di Biase, Fassino, Ferrari, Forattini, Fornaro, Furfaro, Ghio, Girelli, Graziano, Gribaudo, Iacono, Lai, Laus, Madia, Malavasi, Manzi, Marino, Mauri, Morassut, Orfini, Peluffo, Porta, Prestipino, Quartapelle Procopio, Toni Ricciardi, Roggiani, Romeo, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Scotto, Serracchiani, Simiani, Speranza, Stefanazzi, Vaccari, Di Sanzo, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Zanella n. 1-00317 del 16 settembre 2024;

   risoluzione in Commissione Onori n. 7-00255 del 16 settembre 2024.