XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzioni in Commissione:
La VII Commissione,
premesso che:
il Cantico delle creature (Canticum o Laudes Creaturarum), anche noto come Cantico di Frate Sole, è un cantico di San Francesco d'Assisi composto intorno al 1224 ed è il testo poetico in volgare italiano di cui si conosca l'autore, il più antico della letteratura italiana, di cui segna l'inizio della tradizione letteraria;
la stesura più antica di questo capolavoro è su una pergamena datata al XIII secolo e custodita ad Assisi nella Biblioteca del Sacro Convento di san Francesco. Il tema di questa poesia è un riassunto della vita di Francesco: la scelta della povertà lo aveva portato ad un rapporto intimo, non solo con gli uomini e le donne, ma anche con la creazione, tanto che addomesticò un lupo a Gubbio e mentre viveva nei boschi dormendo sulla roccia nuda, intimò agli uccelli di smettere di cinguettare perché lo disturbavano nella meditazione, ed essi gli obbedirono;
il Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi è un'opera fondamentale della letteratura italiana e della spiritualità cristiana. Il cantico si presenta come una lauda, una forma poetica religiosa che ha lo scopo di lodare Dio. La sua struttura linguistica è particolarmente interessante, in quanto utilizza il volgare umbro, ma presenta anche influenze toscane e francesi, oltre a mantenere alcune desinenze latine. Questa mescolanza linguistica riflette la ricchezza culturale dell'Italia medievale e il periodo di transizione dal latino alle lingue volgari;
San Francesco, nel suo cantico, attribuisce i titoli di «fratello» e «sorella» alle creature di Dio, sottolineando il concetto di fratellanza universale che unisce l'uomo alla natura. Questo approccio riflette la profonda spiritualità di Francesco e la sua visione di un mondo in cui tutte le creature sono interconnesse e degne di rispetto in quanto creazioni divine;
è il testamento di un uomo maturo, che aveva mantenuto negli anni la purezza dell'innamoramento per Dio nonostante fosse consumato dalle malattie e da più di cinquanta giorni non riuscisse a sopportare né la luce del sole, di giorno, né quella del fuoco, la notte e fosse ormai quasi cieco, con un continuo dolore acuto agli occhi. Fu in queste condizioni che compose il Cantico due anni prima della morte;
il testo non si limita a celebrare la natura, ma include anche un elogio a coloro che sopportano malattie e sofferenze con pazienza, in vista della morte. Questo aspetto riflette la profonda compassione di Francesco per la condizione umana e la sua fede nella redenzione attraverso la sofferenza;
con la legge del 31 agosto 2022, n. 140 recante «Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi», che ricade nel 2026, è stato istituito un Comitato per le celebrazioni che ha il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi, nonché promuovere attività di ricerca, editoriali, formative, espositive e di organizzazione e gestione di manifestazioni in ambito culturale, storico, letterario, scientifico e artistico di elevato valore, in una prospettiva di internazionalizzazione, di promozione turistica e di innovazione tecnologica nonché di attenzione agli aspetti del messaggio francescano riguardanti il rispetto e la cura dell'ambiente, il dialogo tra le religioni e la pacifica convivenza tra i popoli, al fine di divulgare in Italia e all'estero, anche mediante piattaforme digitali, la conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del personaggio;
nel 2024 ricorre, invece, l'ottavo centenario dalla scrittura del Cantico e, in considerazione del messaggio universale contenuto nel testo, che abbraccia sia i temi dell'Agenda 2030 dell'Unione europea sia valori quali la condivisione, la fratellanza, la tolleranza, il rispetto reciproco e la pace fra i popoli, nonché dell'attualità degli stessi proprio a fronte al contesto geopolitico di questi giorni, lo studio di questa Lode può diventare volano per incentivarne la trasmissione efficace alle nuove generazioni,
impegna il Governo
ad adottare le iniziative di competenza volte a far sì che tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della relativa autonomia e degli obiettivi di apprendimento previsti per ciascun grado di istruzione, dedichino, nell'anno in cui ricorre l'ottavo centenario dalla stesura del Cantico di San Francesco d'Assisi, un percorso di approfondimento su questa opera per veicolare gli importanti valori ivi contenuti agli studenti.
(7-00261) «Latini».
La XII Commissione,
premesso che:
il tumore ovarico è considerato una delle malattie più pericolose, rappresentando circa il 30 per cento delle neoplasie ginecologiche e ponendosi al decimo posto tra tutti i tumori femminili;
secondo i dati de «i numeri del Cancro in Italia 2022», la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è di circa il 43 per cento e al momento della diagnosi circa il 75 per cento delle pazienti presenta una malattia in fase avanzata;
i dati del 2021, gli ultimi disponibili al momento, stimano in oltre 3000 i decessi dovuti al cancro ovarico, che si manifesta spesso senza alcuna sintomatologia se non quando è in fase avanzata;
a questo fattore si aggiunge, però, anche quello dovuto alla mancanza di strategie di screening validate e che consentano di avere una diagnosi precoce, evidentemente essenziale per salvare quante più pazienti possibile;
esistono tre tipi di tumore ovarico: epiteliale, germinale, staminale. Quello epiteliale presenta nelle forme sierose di alto grado (circa il 70 per cento della malattia) un grado di associazione almeno nel 50 per cento dei casi a deficit genetici che alterano i meccanismi riparatori del Dna;
le cause di questa instabilità genetica sono dovute all'alternazione dei geni Brca 1 e Brca 2, o dall'alterazione di altri geni coinvolti nel sistema riparatorio;
negli ultimi anni si è registrato un progresso importante nella ricerca scientifica e nella pratica clinica, e l'utilizzo dei cosiddetti «test predittivi» favorisce l'intervento precoce contro l'insorgenza e lo sviluppo della malattia;
in particolare, sono utilizzati il test Brca che verifica eventuali alterazioni dei citati geni Brca 1 e 2, e il test Hrd, che verifica eventuali deficit delle cellule tumorali nel riparare i danni subiti dal Dna;
quest'ultimo test, Hrd, è un'evoluzione significativa dei test Brca e consente di definire in maniera più appropriata la terapia, fondandosi sulle caratteristiche di ogni singola paziente;
l'accesso ai test è al momento l'unico strumento per prevenire o migliorare la condizione della donna una volta che essa sia stata colpita dal cancro, ma nel nostro Paese vi sono differenze non accettabili nell'erogazione dei test Brca e Hrd;
infatti, il test Brca è erogato dal Servizio sanitario nazionale con criteri di accesso, regimi di rimborsabilità e di tariffazione, però, disomogenei a seconda dei centri di riferimento e della regione di residenza della paziente;
il test Hrd non ha, invece, visto ancora nessun percorso di tariffazione e rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale, e ad oggi l'accesso al test è possibile solo laddove vi sia un autofinanziamento da parte delle strutture sanitarie e delle aziende farmaceutiche produttrici dei farmaci Parp utilizzati dopo il test in caso di positività alla malattia;
questa situazione determina una vera e propria barriera per l'accesso ai due tipi di test;
il test Hrd è anche collegato alla diffusione della tecnologia di nuovo sequenziamento genetico (Ngs), sul quale il legislatore è intervenuto per definire alcune prerogative organizzative per l'individuazione dei centri che possono effettuare prestazioni di Ngs;
inoltre, il decreto del Ministro della salute del 30 dicembre 2022 ha richiesto alle regioni di individuare centri di riferimento per l'esecuzione di test Ngs, rappresentando di fatto un passo importante verso la sperabile centralizzazione della governance dei laboratori adatti al test Ngs, solo strumento per evitare differenze dovute alla residenza o alla condizione economica delle pazienti;
la questione sopra esposta non è stata risolta nemmeno dal decreto del Ministro della salute del 23 giugno 2023 che ridefinisce le tariffe dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea);
il suddetto decreto, però, non ha previsto la codifica dei test oncologici Ngs. Manca così anche la codifica del carcinoma ovarico, con l'ennesima disomogeneità tra regioni in grado di offrire comunque il test ed altre che non ne hanno la possibilità economica;
gravi differenze tra regioni si registrano anche per quel che riguarda l'approccio chirurgico del carcinoma, essenziale per diagnosi e terapia;
solo tre centri in Italia riescono a compiere oltre 100 interventi l'anno, 11 ne effettuano da 50 ad 89. Infine, ben 286 operano meno di venti casi l'anno, e la metà solo uno i due;
a questo si aggiunge il fatto che solo sette regioni hanno definito e approvato un Pdta (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) per le pazienti ad alto rischio per eredità familiare, oltre ad avere identificato i Centri di riferimento regionali e le caratteristiche dei centri dei vari livelli;
la mancanza della definizione di Pdta causa ulteriori disomogeneità tra pazienti e pazienti. Infatti, laddove non è stata effettuata la definizione di cui sopra, spesso i pazienti sono costretti a cercare da soli i centri, con evidenti conseguenze negative per quel che riguarda i costi da sostenere e il tempo perso per la cura;
tra le differenze inaccettabili che si riscontrano vi è anche quella relativa all'esenzione D99, relativa a prestazioni diagnostiche precoci e dei tumori, riconosciuta anche, in alcune regioni, a coloro che sono risultati positivi ai test Brca1 o/e 2. Risulta che solo dieci regioni offrano ad oggi questo servizio fondamentale se si vuole prevenire concretamente il tumore ovarico;
il tema del carcinoma ovarico si inserisce in quello più generale della medicina di genere. È, infatti, ormai accertata la necessità di un approccio diverso in medicina per donne e uomini. Un approccio che non deve puntare all'eguaglianza ma alla equità, tenendo conto delle specificità di ogni persona, evitando stereotipi di genere,
impegna il Governo:
a prevedere, per quanto di competenza, iniziative volte ad identificare i requisiti per i laboratori chiamati ad eseguire i test Hrd, oltre a promuovere, sempre per quanto di competenza, la creazione di reti di laboratori regionali;
ad adottare iniziative volte a garantire, per quanto di competenza, la totale rimborsabilità e l'accesso omogeneo ed eguale per tutte e tutti, al test Hrd, inserendolo tra i Lea per consentire l'adozione di strategie di sorveglianza e/o riduzione del rischio;
ad inserire tra i Lea la cosiddetta «Chirurgia di riduzione del rischio» per le donne portatrici di variante patogenetica Brca, al fine di ridurre il rischio di sviluppo del tumore dell'ovaio e della mammella;
a favorire, per quanto di competenza, anche con campagna informative, la necessità di prevenzione dei tumori anche tramite l'utilizzo di test pelvici ed analoghi;
ad adottare iniziative volte a riconoscere, alla luce anche delle ultime ed importanti evidenze scientifiche, in maniera uniforme per tutte le regioni l'esenzione D99 in riferimento alle prestazioni diagnostiche correlate alla diagnosi precoce per le persone a rischio (donne e uomini), con riscontro di rischio eredo-familiare;
ad adottare iniziative di competenza volte a favorire la presa in carico globale di tutte le pazienti affette da carcinoma ovarico, mediante la definizione di un percorso che integri, in approccio multidisciplinare, le singole fasi di cura delle pazienti, favorendo anche l'offerta di una corretta informazione sulla patologia e di un giusto orientamento verso i centri di riferimento specializzati;
ad adottare, per quanto di competenza ed in raccordo con Agenas, nel tempo più rapido, i criteri e gli standard di selezione dei centri di riferimento, così da giungere a definire linee guida omogenee su tutto il territorio del nostro Paese.
(7-00262) «Girelli, Malavasi, Furfaro, Ciani, Stumpo».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta orale:
KELANY e FILINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 7 ottobre 2024 l'ufficio per il controllo degli asset stranieri del Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti (Ofac), incaricato di applicare le sanzioni economiche contro persone e organizzazioni considerate una minaccia per la sicurezza nazionale, ha inserito nell'elenco degli individui ed entità designati in modo specifico (Sdn), che comprende persone e gruppi con cui è proibito avere rapporti commerciali, una serie di individui e organizzazioni considerati finanziatori internazionali dell'organizzazione terroristica palestinese Hamas;
il Dipartimento del tesoro americano ritiene che gli attori inseriti il 7 ottobre 2024 nella lista degli individui ed entità designati in modo specifico abbiano un ruolo cruciale nel finanziamento esterno dell'organizzazione terroristica Hamas e delle sue attività terroristiche, spesso tramite attività umanitarie;
nella lista degli individui ed entità designati in modo specifico dell'Ofac è stato inserito Mohammed Hannoun, cittadino palestinese residente in Italia, fondatore dell'Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese (Abspp);
secondo il Dipartimento del tesoro americano Mohammed Hannoun è «un membro di Hamas», e l'Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese (Abspp) è «un ente di beneficenza fittizio che apparentemente raccoglie fondi per scopi umanitari, ma in realtà aiuta a finanziare l'ala militare di Hamas»;
secondo il Dipartimento del tesoro americano, come dirigente dell'Abspp, Mohammed Hannoun «ha inviato denaro a organizzazioni controllate da Hamas almeno dal 2018», oltre ad aver «sollecitato finanziamenti per Hamas con alti funzionari di Hamas», e «inviato almeno 4 milioni di dollari ad Hamas nell'arco di 10 anni»;
già in passato Mohammed Hannoun è stato coinvolto in un'inchiesta italiana su presunti finanziamenti ad Hamas attraverso la sua associazione;
Mohammed Hannoun in base a quanto risulta da fonti di stampa è in contatto con diversi parlamentari ed ex parlamentari italiani, di cui è stato ospite in sedi istituzionali e per il cui tramite, a giudizio dell'interrogante, ha perorato le proprie cause spacciandole per cause benefiche;
all'indomani dell'eccidio del 7 ottobre 2023 in Israele, lo stesso Hannoun ha, altresì, dichiarato ai microfoni della Rai che quello di Hamas era stato «un gesto di autodifesa» –:
se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, e se e quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire che il soggetto e le associazioni citati in premessa non costituiscano terminali in Italia per il finanziamento di organizzazioni terroristiche in Medio Oriente.
(3-01483)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta in Commissione:
ILARIA FONTANA, PAVANELLI, CAPPELLETTI, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO e SERGIO COSTA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
secondo i dati raccolti dall'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare (Isin) nella «Relazione annuale 2023», i rifiuti radioattivi stoccati presso depositi temporanei in Italia ammontano a 31.159 metri cubi di materiale, mentre il dato relativo all'attività radioattiva di rifiuti e combustibile nucleare esausto corrisponde in totale a oltre 36 milioni di GBq (Gigabecquerel);
tali rifiuti sono tuttora detenuti in 22 siti temporanei sparsi sul territorio nazionale, in attesa di essere trasferiti nel deposito unico nazionale, il cui iter di assegnazione e costruzione risulta, tuttavia, bloccato da anni di continui ritardi;
in data 13 dicembre 2023 il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato sul proprio sito istituzionale l'elenco delle aree presenti nella proposta di Carta nazionale delle aree idonee, che individua 51 zone (dalle iniziali 67) dove realizzare in Italia il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, al fine di permettere lo stoccaggio in via definitiva, elaborata dalla Sogin, sulla base delle osservazioni della consultazione pubblica e del seminario nazionale, condotti dopo la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, e approvata dall'Isin;
con le modifiche apportate dall'articolo 11 del decreto-legge n. 181 del 2023, cosiddetto «decreto energia», all'articolo 27 del citato decreto legislativo n. 31 del 2010, entro i successivi 90 giorni, secondo cui gli enti locali di tutto il territorio italiano interessati ad ospitare il deposito nazionale e parco tecnologico avrebbero potuto presentare la propria autocandidatura, il cui termine per l'inoltro era fissato per il 12 marzo 2024;
al giorno d'oggi, però, il Paese si trova in una situazione di blocco, determinata dal rifiuto di tutte le 51 aree potenzialmente idonee a ospitare l'infrastruttura e dalla mancata riuscita del processo di autocandidatura, a cui aveva aderito, senza che si concludesse con successo la procedura, il solo comune di Trino, nel Vercellese;
la situazione descritta pone di fatto il Paese di fronte all'impossibilità di rispettare una scadenza fondamentale: quella di far rientrare entro il 2025 al più tardi le 1.680 tonnellate di combustibile nucleare esaurito spedito nel Regno Unito e le 235 tonnellate dalla Francia, frutto di un accordo stipulato nel 2006;
la Francia si sarebbe dovuta far carico di trattare a La Hague altre 13 tonnellate di combustibile esaurito collocato nel deposito Avogadro a Saluggia, in uno degli impianti nazionali della filiera dell'atomo, ma ha bloccato l'intesa nel 2023 perché, scrive Isin: «l'Italia non ha potuto fornire alla Francia le garanzie richieste sui tempi di realizzazione del deposito nazionale» e le autorità francesi, prosegue la relazione, «richiedono la dimostrazione di effettivi progressi sulle procedure per la realizzazione del deposito nazionale, destinato a ricevere i residui derivanti dalle operazioni di ritrattamento, con prolungamento dei tempi necessari all'allontanamento del combustibile nucleare esaurito dal deposito Avogadro», concludendo «l'inosservanza di questo termine rischia di comportare ulteriori e gravosi oneri a carico dello Stato italiano»;
tutto ciò viene aggravato, a parere dell'interrogante, dalle ultime dichiarazioni del Ministro Pichetto Fratin riportate dall'Ansa, le quali, oltre a non fornire alcun ulteriore chiarimento circa il progresso delle citate procedure, esterna sempre ad avviso dell'interrogante inedite e discordanti ipotesi di soluzioni non riconducibili al citato quadro normativo e di non facile applicazione –:
se il Ministro interrogato intenda chiarire quale sia lo stato attuale del procedimento sia della costruzione del deposito unico, sia dei progetti di smantellamento dei depositi temporanei, nonché a quali fattori e soggetti sia riconducibile il grave ritardo dei lavori sopra descritto;
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di garantire una rapida e corretta risoluzione delle problematiche descritte in premesse.
(5-02945)
Interrogazioni a risposta scritta:
PAVANELLI, FEDE e FERRARA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il mercato dell'energia elettrica dell'unione europea si pone come obiettivo l'incentivazione della transizione energetica pulita promuovendo un approvvigionamento sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili;
in altri termini, la risposta europea prevede un mercato dell'energia integrato dotato di norme comuni in grado di favorire il transito dell'energia prodotta in un paese ai consumatori di un altro stato membro;
secondo le stime, la quota di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili (in prevalenza solare ed eolica) è destinata ad incrementarsi dal 37 per cento del 2020 a oltre il 60 per cento entro il 2030;
al fine di promuovere le energie rinnovabili in modo coerente con le esigenze di protezione dei consumatori e di competitività industriale, nel marzo 2023, la Commissione europea ha proposto una riforma delle attuali norme del mercato dell'energia elettrica nell'ambito del Green Deal, segnatamente, la direttiva di modifica UE/2024/1711 e regolamento di modifica UE/2024/1747 adottate il 21 maggio 2024 ed entrate in vigore il 16 luglio 2024;
la novella mira a rendere il mercato dell'energia più resiliente e le bollette energetiche destinate ai consumatori più indipendenti dal prezzo di mercato a breve termine dell'energia elettrica;
la determinazione del prezzo dell'energia avviene a monte sulla base di prezzi all'ingrosso che generano a valle il prezzo finale per i consumatori. Nel dettaglio, le offerte dei produttori di energia elettrica sono stabilite in base al loro prezzo di produzione: le fonti energetiche rinnovabili sono prodotte a costo zero e sono quindi più economiche. L'offerta va dalla fonte di energia più economica (che viene acquistata per prima) fino alle fonti costose. Soddisfatta l'intera domanda, tutti ottengono il prezzo dell'ultimo produttore da cui è stata acquistata l'elettricità;
il modello descritto, cosiddetto pay-as-clear, è efficiente, trasparente e incentiva il mantenimento al ribasso dei costi dell'energia:
l'alternativa è costituita dal modello cosiddetto pay-as-bid nel quale i produttori si limitano a presentare offerte al prezzo che si aspettano dal mercato e non correlati ai loro costi di generazione –:
se non ritenga opportuno – coerentemente con quanto proposto a livello eurounitario – promuovere un modello del mercato dell'energia basato sul meccanismo cosiddetto pay-as-clear in cui il prezzo dell'energia varia in base ai costi di produzione della stessa, e dunque, favorisce la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili.
(4-03578)
MARINO, FORATTINI, IACONO, GIRELLI, PROVENZANO, BARBAGALLO, PORTA, SIMIANI, MALAVASI, D'ALFONSO, MANZI, PRESTIPINO, CUPERLO, ANDREA ROSSI, FORNARO, LAUS, STEFANAZZI, SERRACCHIANI e CURTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
si legge a mezzo stampa su «La Sicilia» qualche giorno fa che, per quanto la decisione definitiva non ci sia ancora, vista la delicatezza della scelta, pare che la regione sia stata riconosciuta potenzialmente idonea a ospitare il cosiddetto deposito unico, anche per la presenza di miniere dismesse da tempo, alcune nella provincia di Enna;
se questo dovesse verificarsi sarà necessario innanzitutto adeguare il sito e sicuramente richiederà la realizzazione di un'infrastruttura rafforzata con il ricorso a determinati materiali che la rendano sicura;
in passato, era stata predisposta una Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnai) di sette regioni tra queste anche la Sicilia, in quell'occasione, dopo il via libera dei Ministeri competenti, vi erano state proteste e diffidenze nelle popolazioni dei comuni finiti nel radar della Sogin, la società pubblica che ha il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il deposito nazionale, in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010, perché, stando ai 28 criteri stabiliti dall'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) avrebbero le carte in regola per ospitare l'impianto;
la Sogin ha tenuto a precisare di recente che non vi è alcuna preferenza fra le aree contenute nella proposta di Cnai e, a oggi, nessuna scelta è stata fatta riguardo all'area dove realizzare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e parco tecnologico. La procedura di selezione dell'area dove realizzare il Deposito nazionale è tuttora in corso e la proposta di Cnai dovrà tener conto dei risultati della valutazione ambientale strategica;
i rifiuti radioattivi di medio e basso livello si trovano attualmente in una ventina di depositi temporanei sparsi per tutto il territorio nazionale;
in Francia e in Inghilterra, invece, si trovano le scorie radioattive, che sono state sottoposte a riprocessamento ma dovranno rientrare nel nostro Paese quanto prima dal momento che le normative europee prevedono che ogni Stato debba gestire i propri rifiuti radioattivi in autonomia;
più passa il tempo, più cresce l'allarme delle comunità locali, nessuna delle quali finora si è detta favorevole anzi, ha manifestato contrarietà ad averlo sul proprio territorio;
una cosa importante da non sottovalutare è che la Regione Siciliana è tra quelle con più siti Unesco al mondo; mancano realmente le aree idonee e l'interrogante è convinto che questa previsione sia assolutamente illogica –:
alla luce dei fatti esposti, si chiede al Ministro interrogato di adottare iniziative volte a escludere la localizzazione del cosiddetto deposito unico in Sicilia.
(4-03580)
GHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la diga foranea di Genova è la prima opera in Italia per entità di finanziamenti collegati al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che impone il completamento entro il 30 novembre 2026, data prevista per la consegna dell'opera;
nonostante la «retorica del fare», i risultati della destra, anche sotto il profilo della realizzazione di infrastrutture strategiche, risultano ad avviso dell'interrogante pressoché nulli: lo si vede, in particolare, proprio per la Diga di Genova per la quale l'Autorità anticorruzione aveva già posto dubbi sulle procedure di appalto e sul fatto che l'opera potesse essere commissariata e finanziata con fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e sulla quale pende adesso il rischio di un nuovo slittamento legato all'assenza delle prescritte autorizzazioni ambientali e alle varianti progettuali;
si tratta, in particolare, dell'autorizzazione necessaria per l'utilizzo di materiale proveniente da dragaggi e scavi portuali per riempire i cassoni della Diga, al momento colmati solo di acqua marina, ma a rischio ribaltamento in caso di mareggiata;
su tale nulla osta, inoltre, non vi è certezza su quale sia l'ente titolare al rilascio, dato il sostanziale «rimpallo» di competenze tra Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e la regione Liguria;
nei giorni scorsi l'Autorità portuale di Genova-Savona ha inoltrato al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica il documento relativo al «bilancio materie» della nuova diga foranea con l'indicazione di quantitativi, provenienze, caratteristiche per i 9,2 milioni di metri cubi di materiale lapideo per la realizzazione della prima fase costruttiva (Fase A) dell'opera e per un milione di metri cubi per la sua Fase B, per un totale di 10,2 milioni di metri cubi richiesti;
il commissario per la costruzione della nuova Diga di Genova, Marco Bucci, ha annunciato una possibile variazione nella realizzazione dell'opera, ossia la realizzazione dei cantieri dei due lotti in contemporanea anziché in sequenza; tale soluzione, però, necessiterebbe di una nuova valutazione di impatto ambientale;
scenari come quelli sopra riportati destano profonda preoccupazione poiché potrebbero inevitabilmente comportare un danno economico gravissimo, oltre che un significativo ritardo nel cronoprogramma generale dell'opera –:
quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare che le tempistiche relative alle autorizzazioni ambientali per l'utilizzo dei materiali provenienti dai dragaggi e scavi di porto, unitamente a quelle necessarie per una eventuale nuova valutazione di impatto ambientale sul nuovo progetto che vedrebbe la realizzazione della «fase A» e della «fase B» in modo contestuale, garantiscano il rispetto delle tempistiche che prevedono il termine dei lavori per il 2026.
(4-03582)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
PATRIARCA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 31 dicembre 2024 scade la detrazione, cosiddetta «sismabonus acquisti (Sa)», introdotta dall'articolo 16, del decreto-legge n. 63 del 2013, che spetta agli acquirenti delle unità immobiliari ubicate nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, oggetto di demolizione e ricostruzione, eseguite da imprese immobiliari che provvedono entro 30 mesi alla successiva alienazione, per le quali derivi una riduzione del rischio sismico e il passaggio ad una o a due classi di rischio;
a partire dal 2017 innumerevoli preliminari di vendita sismabonus acquisti con cessione dei crediti ai costruttori o rogiti ovvero rogiti con permute sono stati stipulati da cittadini. Una serie di problematiche ben note stanno impedendo la conclusione dei lavori entro il 2024;
la correttezza della sola stipula dell'atto definitivo di compravendita per il mantenimento del sismabonus acquisti senza alcun requisito aggiuntivo di natura non fiscale è stata già chiarita con la risposta del Ministero dell'economia e delle finanze il 29 marzo 2022 all'interrogazione Camera n. 5-07778;
i documenti di prassi del notariato nel caso di «acquisto di immobili in costruzione» hanno adottato questa impostazione;
la risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 14 del 2024, nel confermare l'accesso immediato alle agevolazioni sismabonus acquisti per la compravendita di unità immobiliari collaudate e accatastate almeno in categoria F3 entro il 2024, non dà indicazioni sulla modalità di atto definitivo da stipulare entro tali scadenze o su quali procedure debbano seguire gli acquirenti privati e le imprese;
l'articolo 2-ter del decreto-legge n. 11 del 2023 ha chiarito che è sempre possibile sostenere le spese in acconto, entro il 2024, per le tipologie di lavori che consentono l'accesso alle detrazioni sismabonus o ecobonus e preservare i bonus edilizi secondo i principi di cassa o competenza, confermando quanto stabilito dall'Agenzia delle entrate nella risposta n. 565 del 2022;
la recentissima risposta dell'Agenzia delle entrate all'interpello n. 189 del 2024 conferma una costante impostazione in base alla quale le attestazioni di conformità (accatastamento, collaudi, asseverazioni B1 e B2, agibilità), non sono soggetti ad un termine perentorio rilevante fiscalmente per l'ottenimento del sismabonus acquisti, essendo sufficiente che risultino depositati al momento dell'esercizio in dichiarazione del diritto alla detrazione, senza ricorrere all'istituto della remissione in bonis –:
se non ritenga opportuno adottare iniziative volte a confermare la possibilità di fruire del sismabonus acquisti per gli atti di vendita delle unità immobiliari purché fatturate, sostenute le spese e rogitate entro il 2024, a prescindere dalla presenza delle attestazioni di conformità entro il 2024, individuando altresì quale tipo di atto definitivo debba essere stipulato entro tale data ai fini dell'accesso al sismabonus acquisti (rogito con trasferimento immediato dell'unità F3/F4 ovvero rogito con trasferimento futuro del bene con applicazione del principio di cassa e competenza).
(5-02944)
MEROLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il ricorso ai giochi telematici (online) sta registrando, da anni, una crescita considerevole a causa di molteplici fattori tra i quali l'avvento della pandemia da COVID-19, ma soprattutto la percentuale di ritorno in vincita al giocatore cosiddetto «pay out», molto più favorevole rispetto al gioco cosiddetto «fisico»;
secondo i dati dell'Agenzia dogane e monopoli pubblicati nel Bilancio d'esercizio 2023, il valore complessivo della raccolta 2023, ovvero il totale delle somme giocate (sia gioco fisico, sia online), è stato di 147,71 miliardi di euro con un incremento del 8,52 per cento rispetto all'anno precedente;
secondo una pubblicazione promossa da Federconsumatori e Cgil raccolta su rete fisica 2023 e stata pari a 67,9 miliardi di euro (+7,8 per cento rispetto al 2022) mentre su online è stata pari a 82,08 miliardi di euro (+12,3 per cento rispetto al 2022);
tra il 2004 e il 2023 la raccolta complessiva è stata di circa 1.617 miliardi di euro, un valore pressoché pari al valore del Pil italiano del 2021;
come emerso dalla risposta del rappresentante del Governo all'interrogazione presentata dal PD-IDP in Commissione il 26 settembre 2024, la raccolta riferita al periodo 1° gennaio-31 luglio 2024 ammonta a circa 90 miliardi di euro; in proiezione, dunque, a parere dell'interrogante, la raccolta complessiva supererà il record già toccato lo scorso anno;
la disciplina che regolamenta la materia prevede che ogni singolo utente/giocatore possa avere intestato a sé un solo conto-gioco per operatori –:
se intenda fornire per quanto di competenza, un quadro complessivo: della raccolta totale del 2023 suddivisa per gioco telematico e rete fisica, del numero di conti-gioco per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023 e di quanti ne risultano attivi ad oggi, del numero dei citati conti-gioco che hanno avuto movimentazioni di denaro e sono risultati attivi per ogni annualità; nonché di quale sia l'ammontare delle somme depositate nei citati conti-gioco, suddivise per annualità.
(5-02946)
LOVECCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (commi da 98 a 108) ha introdotto un credito d'imposta, di entità variabile, in favore di imprese che effettuavano investimenti dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2019 (esteso sino al 31 dicembre 2023) acquistando, anche mediante locazione finanziaria, beni strumentali nuovi, facenti parte di un progetto di investimento iniziale, come definito dall'articolo 2, punti 49, 50 e 51 del Regolamento UE 651/2014 della Commissione, destinati a strutture produttive ubicate nel Mezzogiorno;
il comma 100 dell'articolo 1, istitutivo del credito d'imposta per il Mezzogiorno, prevede che lo stesso non si applica ai soggetti che operano nei settori dell'industria siderurgica, carbonifera, della costruzione navale, delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, della produzione e distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche, nonché ai settori creditizio, finanziario e assicurativo;
il successivo comma 107 dispone che l'agevolazione sia «concessa nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Regolamento UE n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcuni aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ed, in particolare, dall'articolo 14 del medesimo regolamento che disciplina gli aiuti a finalità regionale agli investimenti»;
l'articolo 13 del suddetto Regolamento stabilisce che le agevolazioni non si applichino al settore «siderurgico, del carbone, della costruzione navale, delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, nonché della produzione e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche»;
secondo la tesi espressa dall'Agenzia delle entrate (in proposito esisterebbero due interpelli non pubblicati, rispettivamente della direzione centrale e della direzione regionale Puglia) il codice ATECO «421100» della tabella ATECO 2007 sarebbe ascrivibile al settore delle infrastrutture relative ai trasporti per cui tutte le imprese del settore non vedrebbero riconosciuto (ovvero qualificato come non spettante) il credito d'imposta Mezzogiorno, pur avendo ottenuto dall'Agenzia delle entrate l'autorizzazione all'utilizzo;
non esiste una definizione di «relative infrastrutture» dei trasporti nel testo della norma né all'interno del Regolamento UE 651/2014;
il settore espressamente escluso dovrebbe essere quello ATECO H – «trasporto e magazzinaggio» – che include i codici 49, 50, 51, 52 e 53;
non rientra nel settore H il codice divisione 42 «costruzione di strade, ferrovie, porti, campi d'aviazione»;
il settore 52 comprende i servizi di «gestione di infrastrutture ferroviarie, strade, ponti, gallerie», assimilabili alle «altre infrastrutture dei trasporti», per la tipologia di attività e poiché ricadenti nel settore ATECO H;
l'articolo 199 del decreto «Rilancio» al comma 5, chiarisce che: «Fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 107, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, l'agevolazione di cui ai commi da 98 a 106 del medesimo articolo 1 si applica anche ai soggetti operanti nei settori del magazzinaggio e supporto ai trasporti», per cui le attività riconducibili al codice 52 dovrebbero essere ammesse al credito d'imposta sopracitato;
l'articolo 16 del decreto-legge n. 124 del 2023 ha previsto per il 2024, un credito d'imposta per gli investimenti realizzati dal 1° gennaio al 15 novembre 2024, nella cosiddetta «ZES unica»;
il decreto 17 maggio 2024 definiva le disposizioni attuative dell'agevolazione: tra i soggetti esclusi rientravano quelli operanti nel settore «trasporti, esclusi i settori del magazzinaggio e del supporto ai trasporti, e delle relative infrastrutture». Anche nel caso di specie, la norma non individua i settori espressamente esclusi ricadenti nelle «relative infrastrutture» –:
se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti, alla luce di quanto descritto in premessa, relativamente alla volontà di escludere dalle agevolazioni le attività con settore 42 «costruzione di strade, autostrade», includendo quelle con settore 52, servizi di «gestione di infrastrutture ferroviarie, strade, ponti, gallerie».
(5-02948)
Interrogazione a risposta scritta:
ALMICI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
preoccupa l'emorragia di filiali bancarie sul territorio italiano, un tempo considerate traino economico e presidio di legalità sul territorio e oggi sacrificate da piani industriali focalizzati sulla digitalizzazione;
il trend negativo, confermato dai dati Bankitalia, aggiornati al 31 dicembre 2023, in continuità con gli anni precedenti, definisce un'ulteriore riduzione degli sportelli bancari e, di conseguenza, dei livelli occupazionali;
dall'analisi dei dati si evidenzia come l'intero sistema del credito nel 2018 operava tramite 25.404 sportelli, ridotti a 20.985 nel 2022 e 20.161 nel 2023; una contrazione percentuale del 20,6 per cento negli ultimi 5 anni e del 3,9 per cento nell'ultimo anno; stessi presupposti anche in relazione ai livelli occupazionali: 278.233 nel 2018, 264.288 nel 2022 e 261.425 nel 2023, pari a una riduzione percentuale rispettivamente del 6 per cento e dell'1 per cento;
in termini assoluti, negli ultimi 5 anni in Italia si sono persi 16.808 posti di lavoro (2.863 nel 2023) e chiuso 5.243 sportelli bancari (824 nel 2023);
nonostante nel marzo del 2015 Bankitalia avesse assegnato un ruolo di rilievo alla filiale di Brescia, annunciando il rafforzamento del ruolo delle 20 filiali situate nei capoluoghi di regione e delle altre 6 filiali «ad ampia operatività» (Brescia, Bolzano, Verona, Forlì, Salerno, Catania), è notizia che anche la filiale di Brescia chiuderà, come previsto dal piano di «Sviluppo delle funzioni e di adeguamento degli assetti della rete territoriali»;
tra le filiali Bankitalia distribuite lungo la penisola, quella di Brescia, in cui sono impiegati 29 addetti ed è un punto di riferimento per le province di Cremona e Mantova, assolve una vasta gamma di funzioni e, in particolare: la vigilanza sulle banche locali «minori» (ad esempio il CreLoVe e Banca S. Giulia); la gestione e il controllo di banconote e monete provenienti da diverse zone della Lombardia; l'analisi della situazione economico sociale a livello territoriale attraverso un confronto periodico dei componenti del Consiglio di reggenza della sede locale;
se il piano di riorganizzazione del Consiglio superiore della Banca d'Italia dovesse essere confermato, una parte delle attività svolte in città, come ad esempio quella relativa al trattamento del contante, verranno trasferite a Bergamo, e le rimanenti a Milano;
a parere dell'interrogante, il piano di riorganizzazione della rete della banca centrale italiana, trascura alcuni aspetti peculiari del territorio bresciano: Brescia è una delle province che producono maggior Pil in Italia, vantando un comparto manifatturiero tra i più prolifici in Europa, senza considerare l'alta densità demografica della provincia e la sua posizione geografica strategica, sicuramente più orientata a Est rispetto a Bergamo;
a parere dell'interrogante, la presenza delle banche sul territorio attraverso i servizi e le consulenze fornite tramite gli sportelli deve rimanere un servizio territoriale essenziale;
la rincorsa verso il digitale, amplificatasi ulteriormente in quest'ultimo periodo, determinata da piani industriali rivolti quasi esclusivamente al contenimento dei costi rischia di avere conseguenze pesanti sia sotto il profilo economico che sociale –:
ferma restando l'autonomia della Banca d'Italia, se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per scongiurare la chiusura della filiale della Banca d'Italia di Brescia.
(4-03577)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta in Commissione:
AMENDOLA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la Favorit, azienda italiana controllata dalla francese Hamelin, leader nella produzione di cancelleria, ha comunicato la decisione di chiudere lo stabilimento produttivo di Tito Scalo, in provincia di Potenza, che, attualmente occupa 41 addetti;
l'amministratore delegato del gruppo avrebbe giustificato la decisione con motivazioni legate alla riduzione dell'attività produttiva dovuta alla forte decrescita del mercato di riferimento, sia italiano che europeo, dei prodotti per ufficio puntando a concentrare la produzione in altri stabilimenti;
si tratta di una notizia drammatica per i lavoratori e le loro famiglie in un contesto territoriale in cui non è assolutamente facile trovare una ricollocazione;
si tratta di una realtà produttiva importante con numeri significativi, anche se non sufficienti a far scattare le misure antidelocalizzazione in essere, e le organizzazioni sindacali hanno chiesto di rivedere la decisione dando una prospettiva di continuità produttiva allo stabilimento lucano;
i lavoratori hanno avviato iniziative di protesta e di sensibilizzazione pubblica sulla loro vertenza –:
quali iniziative intenda assumere, con urgenza, il Governo, per quanto di competenza, al fine di scongiurare la chiusura dello stabilimento Favorit di Tito Scalo e di assicurarne la continuità produttiva e gli attuali livelli occupazionali.
(5-02943)
Interrogazioni a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la gigafactory di Termoli poteva e doveva essere il più grande investimento industriale in Italia per la transizione all'elettrico nel settore automotive, un investimento superiore ai 2 miliardi di euro, con cui trasformare lo stabilimento Stellantis in Molise in un impianto in grado di produrre batterie per auto elettriche;
allo stato attuale la trattativa sulla gigafactory di Termoli è interrotta da quando la joint venture Acc (automotive cells company), tra Stellantis, Mercedes e Total ha deciso di congelare il negoziato;
la gigafactory di Termoli rappresentava il progetto di Stellantis più importante per garantire un futuro produttivo a lungo termine allo stabilimento di Termoli e per testimoniare un impegno a mantenere un presidio produttivo di primo piano nel Paese;
le tempistiche annunciate in passato per la realizzazione della gigafactory, dunque, non sono state rispettate e la riconversione dello stabilimento è stata rimandata;
per la realizzazione della gigafactory era previsto un corposo finanziamento statale, anche attraverso una parte dei fondi del PNRR dedicati alla transizione energetica, fondi che, come noto, sono stati destinati ad altri investimenti, come recentemente comunicato dal ministro interrogato, il quale ha, comunque, confermato la disponibilità al finanziamento del progetto di riconversione e rilancio;
le organizzazioni sindacali, preoccupate per le sorti dello stabilimento di Termoli, continuano ad appellarsi con forza al Governo affinché chieda ad Acc di svelare definitivamente le proprie strategie e a Stellantis di assumersi fino in fondo le proprie responsabilità, di chiarire quali motori produrrà a Termoli e per quanti anni e di fornire precise garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali, ad oggi pari a poco più di duemila dipendenti;
nel frattempo preoccupa la notizia pubblicata dal quotidiano spagnolo «El Mundo», secondo cui: Stellantis potrebbe avviare a breve la realizzazione della nuova Gigafactory a Saragozza, grazie a un accordo di partnership con la cinese Catl;
tale ultima notizia mette ancora più a rischio la riconversione industriale dello stabilimento di Termoli, anche perché nel frattempo Stellantis ha già inaugurato una gigafactory in Francia e presto farà lo stesso in Germania, lasciando intravedere un progressivo disimpegno nei confronti di Termoli a dispetto dei numerosi annunci che dal marzo 2022 si sono succeduti sulla realizzazione della gigafactory in Molise a cui sono seguiti pochi fatti;
ad avviso dell'interrogante, preso atto dei colpevoli ritardi di Acc e di Stellantis e della volontà del Governo di destinare ad altri investimenti le risorse del PNRR inizialmente dedicate alla realizzazione della gigafactory a Termoli, rimane assoluta incertezza sul futuro produttivo dello stabilimento molisano e sulle prospettive economiche e di vita di duemila famiglie ed è inaccettabile che la situazione di grande incertezza che sta attraversando il settore dell'automotive ricada solo sulle spalle di migliaia di lavoratori;
è indispensabile che il Governo si interroghi e agisca per la salvaguardia e il rilancio dello stabilimento di Termoli, mantenendo la disponibilità dei fondi indispensabili al rilancio di un grande progetto industriale che salvaguardi l'attuale e la futura occupazione e chiedendo ad Acc e Stellantis di tenere fede agli impegni assunti e di confermare il progetto della gigafactory con tempi certi, la cui realizzazione non è solo essenziale per il futuro dei lavoratori ma di tutto il territorio –:
quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere per favorire il rilancio industriale dello stabilimento Stellantis di Termoli, confermando la volontà di destinare l'ammontare degli stessi fondi inizialmente previsti, poi riallocati su altri progetti, necessari a sostenere il progetto di riconversione del sito, anche al fine di salvaguardare l'attuale e futura occupazione, chiedendo ad Acc e Stellantis di tenere fede agli impegni assunti e di confermare il progetto della gigafactory da realizzarsi con tempi certi.
(4-03569)
PAVANELLI, FERRARA e FEDE. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
dallo studio commissionato da Motus-E e realizzato da Afry emerge che gli operatori delle colonnine di ricarica delle auto elettriche, in Italia, pagano, per l'acquisto dell'elettricità, tariffe fino a 7,5 volte più elevate rispetto ad altri Stati membri come Francia, Germania e Spagna;
nel dettaglio, nello studio è riportato che «la tariffa italiana è la più alta di tutte, soprattutto in media tensione dove gli oneri di sistema e generali rappresentano la gran parte di essa, mentre i termini in potenza generano la maggior parte dei costi nelle configurazioni in media tensione, soprattutto quando il fattore di utilizzo è basso»;
inoltre, l'Italia sarebbe il contesto più oneroso per gli operatori in tutte le cinque configurazioni di ricarica considerate e, segnatamente: i) Tipo 1, bassa tensione, punto di consegna (Pod) da 50 kilowatt, consumo 8.000 kilowattora/anno, fattore di utilizzo elettrico (Fue) dell'1,83 per cento; ii) Tipo 2, bassa tensione, Pod da 99 kilowatt, consumo 15.000 kilowattora/anno, Fue dell'1,73 per cento; iii) Tipo 3, media tensione, Pod da 250 kilowatt, consumo 37.000 kilowattora/anno, Fue dell'1,69 per cento; iv) Tipo 4, media tensione, Pod da 600 kilowatt, consumo 85.000 kilowattora/anno, Fue dell'1,62 per cento; v) Tipo 5, media tensione, Pod da 1.200 kilowatt, consumo 130.000 kilowattora/anno, Fue dell'1,24 per cento;
nella configurazione sub i), la tariffa italiana è pari a quella della Germania ma il doppio di quella spagnola e il triplo di quella francese. Nella configurazione sub ii) la tariffa italiana è raddoppiata rispetto a Spagna e Francia;
l'elevato costo dell'energia è uno dei fattori che frenano la diffusione di una rete di ricariche di veicoli –:
se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere per porvi rimedio;
come intendano favorire la capillare diffusione di colonnine di ricarica destinate ai veicoli elettrici in tutto il territorio nazionale.
(4-03570)
UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
Hiab è un'azienda che opera a livello mondiale nella fornitura di attrezzature per la movimentazione di carichi su strada, servizi intelligenti e soluzioni smart per la connettività;
tra le altre, l'azienda conta una sede a Statte (Ta) in cui sono occupati 102 dipendenti;
come già evidenziato dall'interrogante con l'interrogazione n. 4-03143, il 10 luglio 2024 la direzione dell'azienda ha comunicato l'intenzione di trasferire a Minerbio (Bo) le attività manifatturiere per la produzione gru attualmente prodotte nello stabilimento di Statte, con conseguente apertura di una procedura di proroga della cassa integrazione a zero ore per tutto il personale in forza;
tale decisione fu «motivata semplicemente da ragioni di crescita dei profitti» e maturata «al di fuori di un qualsiasi progetto industriale preventivamente discusso con le organizzazioni sindacali, nonostante sia stato richiesto più volte da quest'ultime un confronto in merito»;
come comunicato in data 8 ottobre 2024 dalle organizzazioni sindacali, nell'ambito dell'incontro presso la regione Puglia, alla presenza del comitato Sepac, i vertici di Hiab hanno inteso rigettare la proposta relativa all'attivazione di un pacchetto integrato di agevolazioni che, a fronte di un cospicuo finanziamento regionale mirato al rilancio e a una eventuale riconversione produttiva, avrebbe garantito la continuità lavorativa del sito e il conseguente mantenimento del bacino occupazionale altrimenti messo in discussione da una dichiarazione di esubero strutturale e conseguente dismissione dello stesso sito produttivo di Statte (Ta);
a fronte di tale inaccettabile decisione, accolta con sgomento dalle parti politiche e sindacali, le organizzazioni sindacali hanno deciso di proclamare lo sciopero nelle ultime 2 ore per ogni turno di lavoro a partire dal 9 ottobre 2024, non escludendo un ulteriore inasprimento delle iniziative –:
se e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per scongiurare la delocalizzazione dell'azienda di cui in premessa;
se intendano istituire, come da tempo richiesto dai sindacati, un tavolo di confronto e negoziazione per la definizione di un vero piano industriale delle attività dell'azienda, quale luogo di risoluzione delle problematiche esistenti, in un'ottica di difesa dell'occupazione e qualificazione del sistema industriale del territorio della provincia di Taranto.
(4-03571)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nelle prime ore di giovedì 26 settembre 2024 in via Andrea Cesalpino, a Milano in zona Ponte Nuovo, è andato a fuoco un intero capannone, causando numerose esplosioni sentite distintamente dai residenti;
stando alle prime informazioni, il grave incendio sarebbe divampato pochi minuti prima delle 5 in un magazzino ormai in disuso, che era solitamente utilizzato come rifugio dai senzatetto e da immigrati irregolari che fino ad agosto 2024 occupavano abusivamente gli ex bagni pubblici di via Esterle, gestito da Rete Solidale Noi Ci Siamo, poi sgomberati per costruirvi una grande moschea;
secondo quanto riportato dalla stampa, pare che il rogo sia stato causato proprio da qualche occupante che potrebbe aver appiccato un fuoco nel tentativo di riscaldarsi, allontanatosi poi dal magazzino appena sono divampate le fiamme;
solo il tempestivo intervento dei vigili del fuoco, che hanno subito evacuato a scopo precauzionale anche due palazzine nelle immediate vicinanze, ha evitato ulteriori e più gravi conseguenze e che si registrassero feriti;
è di tutta evidenza che, se l'immobile venisse nuovamente occupato, potrebbero verificarsi altri episodi come quello accaduto il 26 settembre, mettendo a serio rischio la sicurezza dei cittadini che vivono lì accanto –:
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di evitare che l'edificio di cui in premessa possa essere di nuovo occupato abusivamente.
(4-03572)
STUMPO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
al comune di Fagnano Castello (Cosenza) è stato stanziato un contributo di circa 1.000.000,00 di euro, con decreto ministeriale 28 ottobre 2022 del Ministero dell'interno, nell'ambito del PNRR per i servizi di ingegneria e geologia afferenti alla progettazione definitiva ed esecutiva lavori di interventi di messa in sicurezza opere di presa sorgente Paladino (procedura aperta prot. n. 460 del 2 febbraio 2023), interventi di messa in sicurezza strade comunali Sciolte e Pantani (procedura aperta prot. n. 461 del 2 febbraio 2023), interventi di messa in sicurezza località Fontanelle (procedura aperta prot. n. 462 del 2 febbraio 2023);
si tratta di un finanziamento diretto a sovvenzionare i progetti definitivi, esecutivi e coordinamento della sicurezza degli interventi per circa cinque milioni di euro, tutti importanti, strategici e urgenti in quanto riguardanti la sicurezza del territorio;
il termine di apertura delle buste contenenti le offerte dei tecnici risulta scaduto dall'ormai lontano 12 marzo 2023 e vi è la preoccupazione che siano state violate le disposizioni previste per l'efficacia delle offerte sia del vecchio codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016), in vigore al momento dell'avvio della procedura, che del nuovo codice degli appalti (decreto legislativo n. 36 del 2023) oggi in vigore;
da almeno sei mesi i consiglieri e le forze politiche di opposizione stanno pubblicamente denunciando che il finanziamento concesso per le sole progettazioni sia a rischio di revoca, prevedendo il decreto ministeriale con il quale è stato concesso il contributo che, tra le altre ipotesi, la revoca possa intervenire anche quando l'Ente beneficiario incorra in violazioni o negligenze in ordine a quanto stabilito da norme di legge o regolamenti, a disposizioni amministrative e alle stesse norme di buona amministrazione, e proprio in questi specifici casi rientrerebbero le violazioni del Codice degli appalti che stabilisce che le offerte siano vincolanti solo 180 giorni, termine scaduto da tempo e per il quale non risulta che l'Ufficio tecnico comunale abbia chiesto ai partecipanti il differimento del termine;
la mancata progettazione delle opere potrebbe non solo portare alla revoca del contributo concesso per la sola progettazione, pare già accreditato, ma anche l'impossibilità di attingere al finanziamento per le opere pari a circa cinque milioni di euro, con la conseguente responsabilità politica verso tutti i fagnanesi ed erariale verso lo stesso comune;
più volte sono stati richiesti chiarimenti sulla situazione senza che né il sindaco né i responsabili tecnici del comune abbiano dato risposta certa e argomentata su una questione di grande importanza per quella comunità –:
di quali elementi disponga in ordine alla situazione dell'iter relativo ai progetti sopra menzionati, se risulti che la procedura prevista sia stata accuratamente rispettata, in modo da poter fare chiarezza sulle gravi preoccupazioni sulla realizzazione di progetti così rilevanti per il comune di Fagnano Castello.
(4-03579)
LA PORTA e MICHELOTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 1° ottobre 2024 si è verificato l'ennesimo atto violento all'interno della comunità cinese di Prato già tristemente conosciuta per alcuni componenti dediti allo sfruttamento del lavoro, immigrazione clandestina ed estorsioni legate agli ambiti imprenditoriali;
in orario notturno ed in zona residenziale prossima al Tribunale di Prato, è stata data alle fiamme la vettura di un imprenditore di pellame cinese ed adagiata a poca distanza una bara vuota con la fotografia del proprietario: simbologia, questa, che riporta alle pagine più buie della cronaca nera e di faida mafiosa;
secondo le prime ricostruzioni operate dagli agenti di polizia intervenuti, il macabro ritrovamento è da attribuirsi ad un atto intimidatorio per contrasti all'interno del mondo della criminalità organizzata cinese, circostanza nuova per questo fenomeno criminale che in passato adottava metodologie differenti e meno simboliche;
questo è solo l'ultimo degli episodi che coinvolge la suindicata comunità, dopo i procedimenti penali che si celebrano al Tribunale di Prato denominati «China Truck» e «Money Transfer» con decine di imputati, e le indagini in corso per il cosiddetto «racket delle grucce» che dal luglio del corrente anno ha dato il via ad una serie di estorsioni ed aggressioni per regolamenti di conti legati all'imprenditoria tessile e logistica cinese;
tale consorteria criminale a giudizio degli interroganti è da considerarsi a tutti gli effetti una forma mafiosa, come quelle già presenti nel nostro territorio. In tal senso è opportuno prendere le mosse dalla sentenza della Cassazione del 30 maggio 2001 n. 35914 che avalla l'applicazione del delitto di associazione mafiosa a un gruppo criminale cinese operante in Toscana e dedito al controllo anche violento delle attività dei connazionali: benché non sia, infatti, il primo arresto giurisprudenziale sulla questione, in tale occasione i giudici di legittimità hanno avuto modo di fissare alcune regole di giudizio in qualche misura innovative nel quadro di una argomentata rilettura della fattispecie incriminatrice;
gli ermellini rilevano che: «la realtà mafiosa – all'origine caratterizzata da struttura vasta e monolitica operante in ben individuati territori – è venuta trasformandosi e articolandosi in una molteplicità di organizzazioni col mutare e l'ampliarsi del genere di interessi parassitari perseguiti e con l'estendersi delle zone territoriali di influenza: fenomeno questo ricollegabile anche alle aperture via via crescenti di ogni collettività locale verso altre realtà sociali, come all'assottigliamento delle frontiere o riconducibile, per rimanere al nostro Paese, ai grandi fenomeni di immigrazioni da paese dell'est europeo e addirittura dall'estremo oriente»;
ne discende che il fenomeno mafioso cinese, talvolta difficile da accertare a causa delle numerose sentenze di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è ben radicato nel sistema nazionale e necessita di misure specifiche e calibrate sul fenomeno che ha usi e metodologie ben diverse da quelle in uso ad altre consorterie –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali misure di competenza intendano applicare al crescente problema della mafia cinese nel Paese e in particolare nella provincia di Prato;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare iniziative di carattere normativo affinché siano istituite sezioni distaccate della Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Prato al fine di meglio conoscere ed affrontare i nuovi fenomeni mafiosi.
(4-03581)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazione a risposta scritta:
PICCOLOTTI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI e ZARATTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
l'ufficio scolastico regionale per il Lazio ha avviato un provvedimento disciplinare contro lo scrittore e insegnante romano, Christian Raimo, ancora una volta sotto accusa per aver criticato le politiche del Ministro dell'istruzione e del merito;
ad avviso degli interroganti è grave l'idea che un lavoratore della scuola possa essere sanzionato, fino al licenziamento, per aver criticato, sempre al di fuori delle aule scolastiche, non la persona ma il pensiero e soprattutto le politiche portate avanti dal Ministro dell'istruzione;
la scelta dell'Ufficio scolastico regionale per il Lazio di avviare un procedimento disciplinare e sanzionatorio nei confronti di Christian Raimo appare totalmente antidemocratica e prefigura inquietanti scenari in cui a tutti i dipendenti pubblici può essere impedita la libera espressione delle proprie opinioni politiche, anche fuori dal luogo di lavoro e dall'esercizio delle funzioni;
a parere degli interroganti ciò può determinare degli effetti intimidatori non solo nei confronti del destinatario ma di un'intera categoria di lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego che, in futuro, per evitare di incorrere in procedimenti disciplinari, potrebbero rinunciare a muovere critiche, di natura politica, nei confronti dell'esponente politico posto pro tempore al vertice dell'amministrazione, che sia statale nel caso di un Ministro o comunale nel caso di un sindaco; Christian Raimo insegna storia e filosofia in un liceo, si occupa di storia della scuola e di pratica pedagogica, è anche uno scrittore e giornalista, un intellettuale che per professione e passione fa l'insegnante ed è grave e allarmante che, in Italia, possa rischiare il licenziamento solo per aver criticato, fosse anche con toni aspri, l'idea di scuola condivisa dall'intero Governo della Presidente Meloni e che il Ministro dell'istruzione sta tentando di realizzare;
ha dell'incredibile, ad avviso degli interroganti, che Raimo sia stato raggiunto dall'istruttoria di un procedimento disciplinare che rischia di provocarne la sospensione dall'insegnamento senza stipendio, fino ad arrivare al licenziamento, solo per aver paragonato, con una citazione tanto popolare quanto immediatamente comprensibile, le politiche del ministro Valditara alla «Morte Nera» che nella saga di Star Wars l'alleanza ribelle colpisce mentre se ne sta ultimando la costruzione;
Raimo, nell'episodio contestato dall'Ufficio scolastico regionale per il Lazio ha semplicemente utilizzato una metafora per indicare, nell'idea di scuola dell'attuale Esecutivo, il punto debole del Governo;
tali dichiarazioni vengono impropriamente utilizzate per paventare a Raimo la sua possibile estromissione dalla scuola, adducendo come ragione il fatto che avrebbe leso l'immagine dell'istituzione scolastica durante manifestazioni pubbliche e sui social;
l'articolo 21 della Costituzione recita che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, l'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea recita che ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera;
l'iniziativa dell'Ufficio scolastico regionale per il Lazio appare palesemente in contrasto con i principi sopra richiamati;
la scuola pubblica è e deve rimanere un luogo di confronto di idee e crescita democratica e una democrazia veramente liberale non può che avere come principio fondante la libertà di espressione e di critica –:
quali chiarimenti possa fornire il Ministro circa i fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la libertà di espressione e di critica, anche nei confronti dello stesso Ministro interrogato, anche attraverso l'utilizzo di toni che possono apparire aspri, ritenendo gli interroganti l'iniziativa dell'Ufficio scolastico regionale per il Lazio lesiva delle libertà citate.
(4-03574)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta scritta:
MARI, GHIRRA e PICCOLOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
a seguito del perdurare della vertenza in corso, le organizzazioni sindacali e i lavoratori e le lavoratrici della Vingi shoes srl di Barletta hanno proclamato dal 7 all'11 ottobre 2024 uno sciopero con astensione dal lavoro e dall'8 ottobre 2024 tengono un sit-in davanti alla sede dell'azienda;
la Vingi shoes è una realtà affermata a livello nazionale nella produzione di stivali antipioggia e canadesi;
le lavoratrici e i lavoratori della Vingi shoes, circa un centinaio, a maggioranza donne, sono stati costretti a scioperare, visto il mancato pagamento da parte dell'azienda dei versamenti ai fondi di previdenza complementare delle quote di trattamento T.F.R. maturato nel corso del rapporto di lavoro, nonostante che il 29 giugno 2023 tra la Vingi shoes ed i lavoratori era stato sottoscritto un verbale di accordo, con il quale la società aveva riconosciuto l'erroneità nella determinazione degli importi del trattamento di fine rapporto, indicati nel modello C.U., impegnandosi a comunicare all'Agenzia delle entrate il modello C.U. rettificato per ogni singolo lavoratore, cosa che non è mai avvenuta;
inoltre, le organizzazioni sindacali sarebbero venute a conoscenza di un atto con cui l'azienda avrebbe venduto tutti i cespiti immobiliari di cui era proprietaria e dal 1° ottobre 2024 sono in corso le operazioni di dismissione dei macchinari presenti all'interno dello stabilimento di produzione;
come ricordano le stesse organizzazioni sindacali, il 29 gennaio 2024 la Vingi shoes ha sottoscritto un verbale di accordo dinanzi ad Arpal Puglia ed ha ottenuto il riconoscimento dello stato di crisi aziendale con i conseguenti benefìci della cassa integrazione straordinaria, che è partita il 4 marzo 2024 per 12 mesi;
nel verbale sottoscritto dinanzi all'Arpal Puglia l'azienda si era impegnata ad attuare un piano di rilancio e risanamento che chiaramente sta per essere disatteso, visto ciò che sta accadendo dopo solo 8 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria;
l'intenzione delle lavoratrici e dei lavoratori della Vingi shoes è quella di scioperare ad oltranza, sino a quando l'azienda per cui lavorano da decenni non farà chiarezza sul loro futuro occupazionale;
quella che sembrava una crisi temporanea si sta rivelando sempre di più in una vera e propria operazione di dismissione della fabbrica senza nessuna garanzia per i 96 dipendenti, i quali, dopo aver appreso che il sito produttivo sta cambiando proprietà ed è in via di dismissione e in assenza di alcuna comunicazione ufficiale da parte dell'azienda, temono per il proprio futuro occupazionale, facendosi sempre più concreto il rischio che oltre al danno della perdita del lavoro possa aggiungersi la beffa di vedersi ritirata la cassa integrazione –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sta avvenendo alla Vingi shoes di Barletta e quali iniziative urgenti di competenza intendano assumere perché la proprietà faccia chiarezza sul futuro produttivo dell'azienda e su quello occupazionale dei quasi 100 dipendenti coinvolti, anche al fine di assicurare che l'azienda provveda alla rideterminazione degli importi corretti del trattamento di fine rapporto per ogni singolo lavoratore e lavoratrice, così come si era già impegnata a fare il 29 giugno 2023;
quali iniziative di competenza intendano assumere a fronte del moltiplicarsi di crisi industriali che riducono o rischiano di ridurre i livelli occupazionali, in particolare nel Mezzogiorno e tra le donne, che rimangono le più penalizzate.
(4-03573)
FARAONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le disabilità, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
la Corte di Giustizia europea, nell'ambito dell'applicazione della normativa antidiscriminatoria, ha stabilito che la definizione di «disabilità» deve essere interpretata alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006, ratificata in Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18, e dall'Unione europea con la decisione del Consiglio europeo n. 2010/48/UE del 26 novembre 2009;
l'articolo 1, comma 1, della Convenzione Onu stabilisce, tra i suoi obiettivi fondamentali, la promozione, la protezione e la garanzia del pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per le persone con disabilità, promuovendo il rispetto per la loro intrinseca dignità;
il comma 2, definisce come persone con disabilità coloro che presentano «durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di uguaglianza con gli altri»;
con sentenza n. 9095 del 2023, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che i contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) che non prevedono un periodo di comporto più lungo per i lavoratori con disabilità configurano una discriminazione indiretta, in violazione dell'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216;
conseguentemente, un licenziamento basato sul superamento del periodo di comporto, che non tenga conto di tale condizione, è da considerarsi nullo;
la maggior parte dei Ccnl attualmente in vigore prevede:
un periodo di comporto uniforme per tutti i lavoratori, sia essi con disabilità accertata che non;
che i ricoveri ospedalieri, i servizi di day hospital e i controlli di follow-up siano conteggiati come assenze per malattia ordinaria e inclusi nel computo del periodo di comporto;
a giudizio dell'interrogante tali disposizioni determinano una evidente disparità di trattamento a danno dei lavoratori con disabilità, che necessitano più frequentemente di periodi di ricovero e cure mediche rispetto ai lavoratori in salute –:
se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, anche in sede di dialogo con le organizzazioni sindacali e datoriali, l'adozione nei rinnovi dei Ccnl, sia nel settore pubblico che in quello privato, di disposizioni coerenti con i principi stabiliti dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia con la legge 18 del 3 marzo 2009, per evitare disparità di trattamento tra lavoratori senza e con disabilità accertata;
quali iniziative di competenza anche di carattere normativo il Governo intenda adottare per garantire il pieno rispetto della Convenzione Onu del 13 dicembre 2006, in particolare per quanto riguarda le clausole dei Ccnl riferite al pubblico impiego, al settore privato e ai lavoratori autonomi, in modo da assicurare un trattamento equo e inclusivo per i lavoratori con disabilità.
(4-03575)
DAVIDE BERGAMINI, BOF e CAVANDOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
Berco, industria italiana operante nel settore metalmeccanico specializzata nella fabbricazione di componenti e sistemi sottocarro per macchine movimento-terra cingolate e attrezzature per la revisione e la manutenzione del sottocarro, storica azienda di Copparo, in provincia di Ferrara, ha annunciato, suo malgrado, un rilevante numero di esuberi;
«l'azienda, leader mondiale nella produzione di sottocarri – si legge nel comunicato – si trova a dover affrontare una fase di profonda trasformazione, resa necessaria dalle difficili condizioni di mercato e dal contesto geopolitico globale. A fronte di una crescente richiesta di localizzazione della produzione vicino ai clienti, a discapito della globalizzazione, l'azienda si vede costretta a prendere misure straordinarie per salvaguardare la propria competitività nel medio-lungo periodo»;
l'azienda, in sostanza, dichiara di trovarsi in forti difficoltà per tutte le dinamiche che si sono susseguite negli ultimi tempi correlate ai conflitti in Ucraina e in Medioriente, all'inflazione, ai rincari energetici, ritrovandosi a doversi «preparare a una fase di profonda trasformazione»;
nello specifico, su un totale di 1.200, le persone che rischiano il posto di lavoro sembrerebbe siano 550, di cui solo 480 a Copparo, mentre i restanti 70 in quello di Castelfranco veneto; addirittura per chi resta è stata prospettata la revisione del contratto integrativo aziendale, con la cancellazione delle parti economiche ivi previste;
una riduzione in massa di oltre 400 persone avrà inevitabilmente un forte impatto negativo in termini socio-economici sul territorio ferrarese; la grande paura tra i lavoratori, infatti, è proprio quella di non avere possibilità di ricollocazione all'interno del territorio, stante che quasi tutte le aziende ricorrono al momento agli ammortizzatori sociali e molte di esse sono a rischio chiusura a fine anno –:
se il Governo non ritenga opportuno avviare un tavolo istituzionale con tutte le parti coinvolte, (Ministeri, proprietà, sindacati, rappresentanti dei lavoratori, rappresentanti delle amministrazioni locali), al fine di individuare soluzioni alternative ai licenziamenti, nell'ottica di salvaguardia dei livelli occupazionali.
(4-03576)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ALFONSO COLUCCI, DONNO, AMATO, MORFINO e FEDE. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
gli interroganti hanno appreso del fatto che, con atto unilaterale, nella forma dell'interpretazione autentica, Aran ha stabilito che al contratto di lavoro sottoscritto dagli idonei non vincitori, assunti con bando del 17 ottobre 2023 di scorrimento della graduatoria del concorso RIPAM – per la copertura di 2293 posti di personale non dirigenziale di area seconda, fascia retributiva F2 nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'interno, del Ministero della cultura e dell'Avvocatura dello Stato – non si applichino gli incrementi degli stipendi tabellari di cui all'articolo 52 del Contratto collettivo nazionale lavoratori delle funzioni centrali (Ceni fc) 2019-2021, derivanti dal nuovo sistema di classificazione professionale; incrementi riconosciuti, invece, ai vincitori del medesimo concorso, in forza del disposto dell'articolo 18 del medesimo Ccnl fc, il quale ha disposto espressamente il riconoscimento del nuovo ordinamento professionale, in sede di prima applicazione, ai (soli) vincitori di procedure concorsuali concluse o avviate prima della sua entrata in vigore, il 1° novembre 2022;
in base alla predetta interpretazione, gli incrementi degli stipendi tabellari sono stati riconosciuti anche agli idonei non vincitori, reclutati per il tramite di autorizzazioni allo scorrimento di graduatorie intervenute prima del 1° novembre 2022, sulla base della «ratio logico-giuridica che non può essere che quella di salvaguardare tutte quelle determinazioni relative al reclutamento di nuovo personale poste in essere prima dell'entrata in vigore del nuovo ordinamento professionale»;
dalla predetta interpretazione discende, tuttavia, una grave discriminazione tra partecipanti alla medesima procedura concorsuale e per la medesima figura professionale, in ordine al trattamento giuridico unitamente al pregiudizio economico, e, in molti casi, un aperto e netto contrasto con il contenuto dei contratti già sottoscritti dai neoassunti, essendo l'interpretazione di Aran intervenuta successivamente;
gli interroganti stigmatizzano, altresì, l'irritualità della condotta di Aran e la legittimità dell'adozione e dell'applicazione della conseguente interpretazione autentica, l'assenza di preintese negoziali e di comunicazione ai lavoratori che, stando a quanto si è appreso, rischiano di vedersi decurtare o dover restituire parte degli stipendi oggetto di contratto –:
se anche al fine di evitare ricorsi giurisdizionali, non intenda adottare tempestivamente iniziative di competenza, anche di carattere normativo, al fine di riparare, ad avviso degli interroganti, alla discriminazione perpetrata in ordine al trattamento giuridico e al riconoscimento economico del personale idoneo non vincitore di cui al concorso citato in premessa, sulla base della mera data di avvio delle procedure assunzionali;
di quali elementi disponga in ordine alle ragioni dell'unilateralità dell'adozione e la natura giuridica del ricorso stesso ad una sostanziale interpretazione autentica da parte di Aran illustrata in premessa e alla sua compatibilità con l'ordinamento nonché con le regole e le procedure negoziali.
(5-02947)
UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta scritta:
LOIZZO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la direzione generale degli ordinamenti della formazione superiore del Ministero dell'università e della ricerca ha diramato una circolare interpretativa in merito alle recenti e assai importanti modifiche normative che hanno innovato la disciplina in tema di reclutamento dei medici specializzandi;
la circolare citata fa riferimento, in particolare, alla disposizione di cui all'articolo 1, comma 548-bis, della legge n. 145 del 2018, come da ultimo modificata dal decreto-legge n. 19 del 2024. La norma, nella nuova formulazione, trasferisce espressamente alle aziende sanitarie il compito di certificare le «competenze acquisite dallo specializzando» e prevede altrettanto espressamente che la certificazione in esame «sostituisce la prova» finale annuale ed è «valida ai fini del rilascio del diploma»;
a giudizio dell'interrogante la disposizione è chiarissima e non lascia spazio a interpretazioni. Secondo la direzione che ha emanato la circolare, tuttavia, il suo senso non sarebbe quello di trasferire la certificazione delle competenze in capo alle aziende sanitarie. Secondo l'interpretazione della direzione, il senso della novella sarebbe, invece, quello di lasciare «invariata» la necessità che gli specializzandi «si sottopongano alla valutazione delle attività formative teoriche acquisite» da parte delle università;
è stata quindi reintrodotta, per mezzo di una circolare, una prova annuale che il legislatore ha sostituito espressamente con la certificazione delle competenze acquisite durante la formazione sul lavoro, attestata dal direttore della struttura in cui lo specializzando presta servizio;
le associazioni dei medici specializzandi hanno inviato una lettera al Ministero dell'università e della ricerca hanno evidenziato le gravi conseguenze che potrebbero derivare dalla circolare, incluso il rischio di interruzione dei contratti, qualora gli specializzandi si trovassero a ricevere valutazioni contrastanti di idoneità sulla parte teorica e pratica;
è evidente la necessità di valorizzare i medici specializzandi e il contributo che gli stessi garantiscono al Servizio sanitario nazionale –:
se non ritenga di dover disporre, con urgenza, il ritiro o la rettifica della circolare di cui in premessa.
(4-03583)
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Richetti n. 1-00316, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 344 dell'11 settembre 2024.
La Camera,
premesso che:
l'Unione europea si è impegnata a diventare un'area a «impatto climatico zero» entro il 2050; il settore dei trasporti, che rappresenta un quarto delle emissioni totali di gas serra della stessa Unione europea, è un ambito su cui è prioritario intervenire, per raggiungere l'obiettivo europeo di neutralità climatica;
nel 1992 l'Italia era tra i primi produttori al mondo per autovetture prodotte. Secondo i dati Anfia, nel 2022 ha prodotto solo 473 mila vetture – rispetto alle 743 mila del 2019 – a riprova di una drastica diminuzione della produzione negli ultimi dieci anni, ulteriormente aggravata dalla pandemia. Nel 2024 non si arriverà a 350 mila auto, a 650 mila se si aggiungono i veicoli commerciali. Un dato estremamente preoccupante se paragonato con quello di altri Paesi UE – Germania (3,5 milioni), Francia (1 milione), Spagna (1,7 milioni) – e con quello del Regno Unito (764 mila);
è indispensabile che, sia in ambito nazionale sia in ambito UE, l'erogazione di benefici e misure di vantaggio, volte a favorire la produzione e vendita di autoveicoli elettrici e il passaggio alla mobilità elettrica, sia condizionata e vincolata a una percentuale minima di componentistica che deve essere comunque prodotta nel mercato italiano ed europeo;
il settore delle auto sta attraversando un periodo difficile in tutta l'Unione europea: gli ordini di auto nuove sono in calo (nel 2023 le vendite di veicoli nell'unione europea, considerando anche la Svizzera e la Norvegia, sono state meno di 13 milioni, mentre erano circa 16 milioni nel 2019); se nel 2008 in Europa si vendeva un terzo delle auto prodotte nel mondo, oggi siamo a un quinto; mentre nel 2008 si produceva in Cina solo il 4 per cento del totale mondiale dei veicoli, nel 2023 l'Europa ha prodotto quasi il 17 per cento di veicoli e la Cina il 32 per cento;
le novità provenienti dalla Germania, che interessano il gruppo Volkswagen, che intende chiudere per la prima volta nella storia uno stabilimento con decine di migliaia di esuberi, se non adeguatamente affrontate rischiano di produrre un autentico terremoto per tutta l'industria dell'automotive europea, mentre Usa e Cina difendono l'industria con fortissimi investimenti;
è pertanto evidente che i produttori europei devono colmare rapidamente il gap in termini di offerta di prodotto, senza illudersi che uno spostamento dei termini del phase out al 2035 li protegga realmente dalla competizione. L'unico effetto, in negativo, sarebbe sull'ambiente;
in questo quadro l'Italia non solo risente della crisi tedesca, considerato che gran parte del successo dell'industria italiana dell'auto deriva dal mercato della componentistica che riforniva soprattutto l'industria tedesca dell'auto, ma soprattutto dalle scelte industriali di Stellantis, il gruppo automobilistico nato nel 2021 dalla fusione tra l'azienda francese Psa (ex Peugeot-Citroën) e quella italo statunitense Fca (a sua volta nata dalla fusione tra Fiat e Chrysler);
il settore comprende tutte le imprese che producono materie prime e macchine utensili, passando per le imprese più strettamente produttive, fino ad arrivare alle aziende che si occupano di imballaggi, trasporto merci e servizi legati agli autoveicoli, e quella dei servizi automotive;
la componentistica rappresenta una filiera produttiva in cui operano 5.439 imprese, risultano occupati oltre 272.000 addetti e che genera un fatturato di poco superiore a 100 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento del Pil nazionale, con un contributo al gettito fiscale per oltre 76 miliardi (dati Anfia 2023);
negli ultimi 17 anni (2007-2024) la produzione di auto in Italia di Fiat-Fca-Stellantis si è ridotta di quasi il 70 per cento, da 911.000 auto alle 300.000 stimate quest'anno, se continuerà l'attuale trend; delle 505.000 auto vendute in Italia, meno della metà è stata prodotta nel nostro Paese (225.000);
l'Italia, insomma, sta pagando un prezzo molto alto per la presenza di un solo produttore di automobili;
nei primi sei mesi del 2024, considerando sia auto che veicoli commerciali, Stellantis Italia ha prodotto 303.510 veicoli, facendo registrare una riduzione di oltre il 25 per cento rispetto al primo semestre 2023. Ad agosto, finito l'effetto degli incentivi di giugno e luglio, le vendite di auto in Italia hanno fatto registrare un calo del 13,4 per cento, Stellantis è arrivata quindi a perdere oltre il 30 per cento delle vendite e il marchio Fiat, ancora primo in Italia negli otto mesi, è stato superato da Toyota, Volkswagen e Dacia. Se tale andamento produttivo dovesse riconfermarsi nei mesi a venire, la produzione annuale si attesterebbe intorno alle 500.000 unità, un calo di oltre il 33 per cento rispetto ai 751.000 veicoli del 2023. Un risultato simile corrisponderebbe ad appena la metà dell'obiettivo di produzione fissato per il 2030 dal Governo e concordato con Stellantis, pari a 1 milione di veicoli l'anno;
se si guarda alla situazione produttiva dei singoli stabilimenti il quadro è allarmante: a Cassino si è passati da 30.006 vetture prodotte nel primo semestre del 2023 a 18.375 nel 2024; a Melfi da 99.085 nel 2023 a 56.935 nel 2024; a Mirafiori da 52.000 a 18.500; a Modena da 600 a 160. L'unico stabilimento dove si registra una leggera crescita è Pomigliano, dove nel primo semestre del 2023 sono state prodotte 71.520 auto, mentre 85.080 nello stesso periodo di quest'anno. Infine, per quanto riguarda i veicoli commerciali leggeri prodotti alla Sevel il calo è, da 115.250 nel 2023 a 114.670 nel 2024;
il calo produttivo e delle relative commesse ha coinvolto recentemente persino lo storico stabilimento di Atessa, dove negli ultimi 40 anni erano stati prodotti oltre 7,3 milioni di furgoni e veicoli commerciali: a partire dal giugno 2024, con un calo produttivo arrivati a circa 800 veicoli, dapprima è stata richiesta una cassa integrazione parziale, seguita dalla fermata del turno pomeridiano e da un nuovo ricorso alla cassa integrazione fino al 15 settembre 2024;
tra gennaio e settembre 2024, a Mirafiori sono state prodotte 18.500 auto, contro le 52 mila dello stesso periodo 2023, con un calo dell'83 per cento rispetto ai primi otto mesi del 2023. La produzione di auto al suo interno si è drasticamente ridotta nel corso degli anni: oggi è limitata alla 500 elettrica e a due modelli di Maserati;
naturalmente, tutto quanto suesposto ha effetti devastanti sull'occupazione;
se nel 2017 la produzione di veicoli aveva superato il milione di unità, nel 2023 la cifra è scesa fino a toccare quota 751 mila, con un calo occupazionale del 30 per cento. Dal 2014 a oggi sono 11.500 i lavoratori diretti usciti dagli stabilimenti italiani di Stellantis, di cui 2.800 dagli enti centrali. E nel 2024 sono previste ulteriori 3.800 uscite incentivate. A questi vanno aggiunti gli oltre 3.000 lavoratori in somministrazione che risultano licenziati al giugno 2024. Un andamento sull'occupazione che dimostra in maniera esplicita che il problema della crisi di Stellantis non è determinato dalla transizione, bensì da una chiara strategia di disinvestimento;
dal 2014 sono andati via 11.500 dipendenti ed è massiccio l'utilizzo di ammortizzatori sociali – che sta crescendo ovunque e sta coinvolgendo anche gli stabilimenti che negli anni precedenti non erano stati coinvolti in situazioni di crisi – come il peggioramento delle condizioni di lavoro negli stabilimenti;
analogamente, prosegue la strategia di riduzione del numero di dipendenti attraverso lo strumento degli incentivi all'esodo (poco meno di 4.000 solo nella primavera scorsa) e il contestuale blocco a nuove assunzioni, così determinando un progressivo svuotamento degli stabilimenti;
nel 2025, quando scadrà la cassa integrazione per i lavoratori di Melfi, si rischia di perdere circa 25 mila posti di lavoro. A Cassino da gennaio si lavora su un solo turno. A Mirafiori gli addetti alla linea di assemblaggio hanno lavorato cinque giorni a luglio, altrettanti a settembre. Solo pochi giorni fa, Stellantis ha annunciato l'ennesima sospensione fino al 4 novembre 2024 della produzione della Fiat 500 elettrica nello stabilimento: un duro colpo per gli operai già impegnati in contratti di solidarietà e cassa integrazione fino a dicembre;
a partire dal 2008, nella componentistica torinese più di 500 aziende hanno cessato l'attività e 35 mila persone hanno perso il lavoro; ma le crisi si estendono e si moltiplicano in tutto il Paese, dall'area industriale di Melfi, alla cessione della Marelli a Crevalcore (Bologna), alla gravissima crisi della Lear a Grugliasco (Torino);
lo stop alla produzione della 500 elettrica avrà inevitabilmente un impatto anche sulla filiera dell'indotto, da tempo in grave sofferenza nella cerchia torinese. I 1.400 lavoratori della Denso di Poirino, dove si producono sistemi di condizionamento, sono già in cassa integrazione, e i problemi potrebbero non essere finiti, perché anche i volumi di commesse da Iveco e New Holland non stanno rispettando le attese, motivo per il quale non si esclude l'annuncio di esuberi nelle prossime settimane;
non va meglio alla Novares di Riva di Chieri, dove si sfornano particolari in plastica per la 500 e la Panda: i 150 operai sono in cassa integrazione e non lavorano più su tre turni. Rallentamenti nella produzione sono stati notati anche nello stabilimento di Magna Olsa, gruppo tedesco con uno stabilimento a Moncalieri dedicato alla produzione di gruppi faro e sistemi di illuminazione. Infine, la Sfc Solutions di Ciriè, che produce guarnizioni per auto e camion, ha annunciato, il 3 settembre 2024, otto settimane di cassa integrazione per tutti i 316 dipendenti;
è evidente quindi che la crisi della vendita di auto e il calo di commesse interne si riflette inevitabilmente sullo stesso settore della componentistica. Un settore che sconta ovviamente soprattutto la riduzione della produzione Stellantis in Italia e la partenza lenta dei nuovi prodotti previsti negli stabilimenti italiani;
per contro, negli ultimi anni diverse produzioni sono state spostate all'estero, mentre in altri Paesi come la Francia sono stati aperti nuovi stabilimenti e assunti dipendenti, grazie anche ai 15 modelli prodotti (contro i 7 dell'Italia);
gli stabilimenti italiani sono divenuti ormai l'ottava produzione europea, mentre quelli francesi sono pressoché tutti pronti alla produzione di veicoli elettrici o ibridi e in corso di riconversione (in Italia nemmeno la metà). Per quanto riguarda la ricerca, nel 2021 la divisione italiana ricerca e sviluppo ha depositato appena un decimo dei brevetti rispetto all'omologa francese;
la stessa Presidente del Consiglio, nel rispondere ad un question time il 29 gennaio 2024, ha ribadito come si debba avere «il coraggio di criticare alcune scelte che sono state fatte dalla proprietà e dal management del gruppo quando sono stati distanti dagli interessi italiani» e che, anche alla luce del fatto che nel CdA di Stellantis sieda un rappresentante del Governo francese, «le scelte industriali del gruppo tengano in considerazione molto più le istanze francesi rispetto a quelle italiane»;
gli investimenti annunciati nel 2023 da Stellantis per lo stabilimento di Torino risultano marginali rispetto alla produzione e all'assemblaggio di nuovi modelli che verranno e già vengono costruiti all'estero;
a Pomigliano, secondo le uniche notizie ufficiali, il 2029 sarà l'ultimo anno di produzione della Panda, modello che ha consentito la sopravvivenza dello stabilimento, e che dal 2025 sarà in diretta concorrenza con la nuova Grande Panda, elettrica e ibrida, costruita in Serbia;
dei diversi modelli del gruppo Fiat un tempo prodotti in Italia e oggi delocalizzati in altri Paesi, si ricordano la 500 algerina, la Panda serba, la Topolino prodotta anche in Marocco, l'Alfa Romeo Junior realizzata in Polonia;
lettere sono state inviate dallo stesso gruppo ai fornitori circa le opportunità di investimento in Africa ed è esemplificativa l'apertura di uno stabilimento nella città di Orano (Algeria) lo scorso dicembre 2023, alla presenza del Viceministro italiano Valentini;
Torino è la città più esposta al grave declino e disimpegno di Stellantis, con conseguenze pesantissime sull'occupazione e sulla stessa città e i suoi abitanti;
a luglio del 2024 Stellantis ha avviato la vendita della quota di maggioranza di Comau – azienda specializzata nell'automazione industriale – al fondo di investimento statunitense One Equity Partners, privandosi così di un comparto ad alto contenuto tecnologico e innovativo, che conta circa 750 dipendenti solo a Grugliasco, di cui circa 70 operai e operaie;
risulta che il Governo italiano non eserciterà il veto sull'acquisizione del 51 per cento di Comau da parte del fondo statunitense One Equity Partners;
in precedenza, era successo con la Marelli che dopo la cessione nell'ottobre 2018 da Fca alla giapponese Calsonic Kansei, a sua volta integralmente controllata dal fondo di investimento americano Kkr, vi sia stato un percorso di licenziamenti e chiusure, anche nello stabilimento piemontese di Venaria;
recentemente è trapelata l'indiscrezione secondo la quale la dirigenza di Stellantis intenderebbe trasferire in Polonia una decina di lavoratori di Mirafiori, ulteriore drammatico segnale di un'azienda senza strategia e che intende disimpegnarsi dall'Italia;
sulla linea Maserati la situazione della produzione è critica. Sul fronte produttivo si sono raggiunte 1.850 unità; una diminuzione del 70 per cento rispetto al 2023. Negli anni migliori di Maserati, la produzione, tra Grugliasco e Mirafiori, nel 1° semestre raggiungeva oltre le 27.000 unità (anno 2017). Oltre ai 65 giorni di stop produttivo nel primo semestre, dal 3 aprile 2024 fino al 31 dicembre 2024 viene utilizzato il contratto di solidarietà per circa 968 lavoratori in base agli ordinativi da evadere; dal 2° trimestre vengono prodotte solo le Maserati GT e GC anche nelle versioni Folgore full-electric, ma a tutt'oggi non riescono a compensare il fermo produttivo di Ghibli, Quattroporte e Levante;
l'apertura del battery center e del cosiddetto hub dell'economia circolare denominato Sustainera nel corso del 2023 a Torino non hanno portato a nessuna nuova assunzione;
anche la quota di partecipazione del 20 per cento acquisita nel 2023 dal marchio cinese Leapmotor non affiancherà infine nuove vetture elettriche alla produzione della Cinquecento elettrica a Mirafiori, perché a quanto pare la produzione di tali modelli si svolgerà in Ungheria;
nonostante tale quadro desolante, la società ha iniziato il secondo semestre del 2024 confermando il secondo posto nella classifica europea, con una quota di mercato totale di quasi il 18 per cento. Il gruppo risulta al vertice in Francia, Italia e Portogallo in agosto e dall'inizio dell'anno, mentre in Austria, Germania e Polonia registra una crescita costante;
Stellantis Pro One, in particolare, conferma la propria leadership nel settore dei veicoli commerciali, con una quota di mercato che sfiora il 29 per cento e un incremento dei volumi dell'1,4 per cento. Nel mercato Lev (Low-Emission-Vehicle), Stellantis ha registrato un aumento continuo delle vendite, con una crescita delle elettriche (Bev) in Francia e Regno Unito nel corso dell'anno;
la filiera automotive italiana si posiziona infatti nei segmenti a più elevato valore aggiunto grazie non solo alle eccellenze nella produzione di autoveicoli di alta gamma e di autoveicoli commerciali, ma anche in virtù delle specializzazioni produttive che caratterizzano in particolare i distretti della componentistica;
da una ricerca condotta da Cassa depositi e prestiti, Ernst & Young e Luiss Business School, emerge come circa il 20 per cento del valore aggiunto generato dalla filiera della componentistica risulti fortemente radicato nei mercati internazionali (la Germania resta il primo cliente nell'unione europea) e inglobato dai prodotti esportati dagli altri partner commerciali. Nel 2022, il nostro Paese ha esportato il 12,5 per cento di tutte le produzioni manifatturiere nazionali, per un valore di circa 73 miliardi di euro e, con riferimento alla sola componentistica per autoveicoli, circa il 21 per cento per un valore intorno ai quattro miliardi;
in parallelo vi è una crescita esponenziale degli utili di esercizio e del valore aggiunto per addetto realizzati da Stellantis;
a seguito della fusione già in corso tra Fca e il gruppo francese Psa – finalizzata nel gennaio 2021 con la nascita di Stellantis – e a un anno dall'erogazione del prestito garantito dallo Stato, Fca e Psa hanno riconosciuto ai propri azionisti un maxi-dividendo di circa 5,5 miliardi di euro, rivisti poi a 2,9 miliardi;
a livello mondiale Stellantis ha chiuso il 2023 con un utile netto di 18,6 miliardi, in crescita dell'11 per cento sul 2022, e ricavi netti per 189,5 miliardi, annunciando un dividendo di 1,55 euro per azione ordinaria, circa il 16 per cento in più del 2022. Exor, la holding della famiglia Elkann che detiene il 14 per cento delle azioni di Stellantis, ha incassato per il 2023 circa 700 milioni di euro di dividendi, contro i 140 milioni di euro del 2020. Tavares nel 2023 ha percepito 23 milioni di euro, pari alla retribuzione di quasi 1.000 operai;
Stellantis sta continuando a ridurre il numero dei veicoli prodotti negli stabilimenti italiani nonostante gli aiuti di cui continua a beneficiare sotto forma di incentivi al settore delle auto e di cassa integrazione per i dipendenti;
secondo uno studio di Federcontribuenti, dal 1975 al 2012 Fiat ha ricevuto dallo Stato italiano 220 miliardi di euro per cassa integrazione, sviluppo industriale, sussidi, implementazione degli stabilimenti;
nel corso del 2020, sfruttando l'inedito strumento «Garanzia Italia» stanziato dal decreto-legge cosiddetto «liquidità» (decreto-legge n. 23 del 2020), Fca Italy, controllata del gruppo Fca avente sede legale in Olanda ha ottenuto un prestito di circa 6,3 miliardi di euro, pari a circa il 25 per cento del fatturato, limite massimo ottenibile;
tale prestito, da ripagare con interessi entro tre anni, prevedeva alcune condizionalità, tra cui la rinuncia alla distribuzione di un dividendo di circa 1,1 miliardi di euro nel primo anno e la destinazione esclusiva delle risorse verso il finanziamento delle attività produttive e industriali di Fca Italy, inclusi quindi gli stabilimenti localizzati in Italia. Il prestito è stato restituito, ma senza che i livelli di produzione tornassero mai a quelli precedenti la pandemia;
nemmeno i 950 milioni di incentivo all'acquisto stanziati nel 2024 hanno in alcun modo invertito la rotta;
all'inizio dell'anno Stellantis si era impegnata ad aumentare la produzione negli stabilimenti italiani, con l'obiettivo di arrivare a un milione di veicoli all'anno;
rispondendo al già citato question time, la stessa Presidente Meloni ha sottolineato come sia intenzione dell'attuale Governo «difendere [...] i livelli occupazionali e tutto l'indotto dell'automotive» anche con l'obiettivo di «tornare a produrre in Italia almeno un milione di veicoli l'anno». Va sottolineato che sarebbe comunque un obiettivo insufficiente. Peraltro noi avremmo la capacità produttiva e di ricerca e sviluppo per due milioni di veicoli;
tali dichiarazioni di intenzione, nonostante l'apertura del tavolo automotive presso il Ministero delle imprese e del made in Italy avvenuto il 6 dicembre 2023 e i successivi incontri del tavolo stesso, dove Stellantis ha confermato ancora una volta l'impegno nei confronti dell'Italia e la centralità del nostro Paese nella strategia globale del gruppo, e dove il Ministero ha discusso con gli altri attori della filiera l'introduzione di nuovi incentivi per le produzioni ad elevato contenuto di componentistica italiana ed europea, non hanno trovato riscontro nella realtà, come evidenziato dai risultati produttivi del primo semestre 2024;
al Tavolo che si è tenuto lo scorso 20 febbraio 2024 a Torino con il sindaco, l'assessore regionale alle attività produttive del Piemonte, le organizzazioni sindacali e Stellantis non sono emersi impegni concreti da parte dell'azienda;
nonostante, poi, le recenti dichiarazioni del Ministro Urso – secondo cui «la priorità è il sostegno alla filiera nazionale e all'occupazione [...]» – e la dotazione del fondo automotive che può contare ancora su quasi 6 miliardi di euro fino al 2030, i vertici del gruppo Stellantis seguitano con quella che potrebbe essere definita una vera e propria «fuga» dai confini nazionali anche per mezzo di una campagna comunicativa polemica e di natura ricattatoria, come dimostrato recentemente fa dall'invito agli operai di Mirafiori di trasferirsi in Polonia;
i toni ricattatori seguono una lunga scia del gruppo, confermata anche dalle parole del febbraio 2024 dell'amministratore delegato Carlos Tavares, il quale reclamava a gran voce sussidi per l'elettrificazione, pena il rischio di chiusura degli stabilimenti italiani;
le promesse evidentemente non mantenute da Stellantis circa gli investimenti e i livelli occupazionali degli stabilimenti italiani sono incompatibili con le rassicurazioni date per mezzo stampa e durante gli incontri tenuti al Ministero e, oltretutto, risultano inaccettabili alla luce delle garanzie pubbliche ottenute nel corso del 2020;
il 17 settembre 2024 il Ministro Urso ha reso noto che il Governo ha deciso di spostare su altri progetti i fondi del Pnrr destinati a co-finanziare la gigafactory di Stellantis a Termoli, annunciata nel 2021;
a fronte delle sfide ambientali e tecnologiche che si prospettano per il settore, l'unico orientamento che sembra emergere da parte del Governo è tuttavia la sola richiesta di un rinvio delle scadenze previste dall'Europa per gli autoveicoli in termini di emissioni di CO2, mentre sarebbe necessario farsi promotori di un piano per la gestione a livello europeo della transizione ecologica con strumenti comuni e avviare immediatamente una trattativa con Stellantis per salvaguardare l'occupazione e mantenere la capacità produttiva degli impianti,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative di competenza volte a sostenere la transizione all'elettrico, in quanto le novità introdotte nel contesto normativo europeo, l'evoluzione tecnologica nella propulsione elettrica, delle batterie di ricarica e dei circuiti e le nuove esigenze di mobilità dei cittadini impongono alle grandi aziende automobilistiche l'avvio immediato di un processo di ulteriore profonda trasformazione del loro assetto produttivo e della filiera di distribuzione;
2) ad avviare le opportune iniziative anche in ambito Ue, al fine di prevedere che l'erogazione di bonus, benefici e altre misure di vantaggio volte a favorire la produzione e la vendita di autoveicoli elettrici e il passaggio alla mobilità elettrica siano condizionate e vincolate a una percentuale minima di componentistica che deve essere comunque prodotta nel mercato italiano ed europeo (come già sperimentato in altri Paesi dell'Unione europea, cosiddetto local content);
3) a mettere in atto una seria ed efficace politica industriale, finora assente nell'azione di Governo, proprio in un contesto in cui questa fase di trasformazione, se ben supportata, potrebbe rappresentare un'opportunità di ritornare a crescere;
4) ad adottare iniziative di competenza volte a sviluppare per la filiera dell'industria automobilistica ecosistemi, tramite anche il coinvolgimento delle università, per sostenere la riconversione produttiva verso l'elettrico, la ricerca e lo sviluppo di prodotti e tecnologie, in modo da poter assecondare la domanda emergente nel mercato di riferimento e competere a livello globale, nonché a promuovere la riqualificazione professionale degli addetti;
5) a predisporre un pacchetto di iniziative a supporto della filiera produttiva automotive con interventi sull'energia (con l'inclusione di tutto il settore nella categoria energivori con ammissione all'utilizzo di interconnector), una linea dedicata di accordi di programma e di innovazione senza limitazione territoriale, l'accesso semplificato per Transizione 5.0, la possibilità di garantire cash flow per investimenti;
6) a prevedere per Stellantis, al fine di poter accedere al suddetto pacchetto di supporto alla filiera produttiva automotive, di sottoscrivere precisi impegni, quali il reshoring dei modelli Fiat programmati su Serbia, Polonia e Marocco;
7) ad adottare iniziative volte a prorogare al 2025 la cassa integrazione straordinaria;
8) ad adottare iniziative di competenza volte a varare un piano pluriennale stabile per il rinnovo del parco circolante, prevedendo a tal fine:
a) le necessarie iniziative in ambito Ue volte a ottenere una deroga alla normativa sugli aiuti di Stato;
b) la conferma dei tempi di realizzazione della gigafactory di Termoli;
c) la visibilità sui nuovi modelli;
d) l'interruzione del processo di spinta alla delocalizzazione degli investimenti dei fornitori;
e) la tutela di posti di lavoro stabili e a tempo indeterminato e la cessazione del ricorso al lavoro somministrato;
f) un piano di assunzioni anche per determinare un necessario ricambio generazionale;
g) il mantenimento in Italia dei settori della progettazione;
h) la garanzia da parte delle aziende della componentistica di un piano industriale e formativo e della stabilità del personale;
9) ad adottare urgentemente politiche volte a svecchiare i veicoli commerciali e il parco autovetture circolanti, fra i più vetusti, insicuri e inquinanti d'Europa;
10) ad adottare iniziative volte ad aumentare l'infrastrutturazione per la mobilità sostenibile, dal momento che la media di colonnine di ricarica ogni 100 chilometri è di 12,3 in Unione europea e in Italia è a 7,9;
11) ad adottare iniziative volte a sostenere, anche in ambito Ue, gli investimenti del settore dell'automotive per garantire nei tempi e modi previsti la transizione all'elettrico, e a farsi promotore di un piano per la gestione a livello europeo della transizione ecologica con strumenti comuni e avviare immediatamente una trattativa con Stellantis per salvaguardare l'occupazione e mantenere la capacità produttiva degli impianti;
12) a sostenere l'innovazione e la trasformazione dell'industria automobilistica, a partire dalla digitalizzazione fino al cambio delle motorizzazioni e allo sviluppo delle nuove tecnologie, alle attività di ricerca e sviluppo (anche aumentando la copertura dedicata nella ricerca e sviluppo di prodotto e processo), al trasferimento tecnologico e alla nascita di nuove imprese innovative;
13) a pretendere da Stellantis un serio e credibile progetto industriale che indichi espressamente gli investimenti, i nuovi modelli e le garanzie sotto il profilo produttivo e occupazionale, dal momento che i nostri siti produttivi potrebbero produrre un milione e mezzo di auto e il Governo si è impegnato a farne produrre almeno un milione;
14) ad adottare le necessarie iniziative volte a tutelare il lavoro, anche alla luce del fatto che nel 2025 sia l'indotto che Stellantis esauriranno gli ammortizzatori sociali e, se non si interviene per tempo, ci saranno licenziamenti di massa, e che in meno di 10 anni la maggior parte dei lavoratori di Mirafiori andrà in pensione e un piano di assunzioni risulta essenziale perché possa restare aperto, adottando:
a) le opportune iniziative per la proroga degli ammortizzatori sociali nel settore dell'automotive allo scopo di impedire licenziamenti di massa, nonché iniziative volte a prevedere forme di integrazione al reddito per le lavoratrici e i lavoratori in cassa integrazione da lungo tempo;
b) tutte le forme di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, anche attraverso l'introduzione di misure quali incentivi per favorire accordi tra le parti per la riduzione di orario di lavoro a parità di salario, nonché piani per la riqualificazione del personale;
15) ad adottare iniziative volte a prevedere la concessione di incentivi vincolati all'impegno che le produzioni che negli ultimi due anni sono state trasferite all'estero, in particolare tra l'Europa e la zona mediterranea, vengano riportate in Italia;
16) a favorire la produzione di modelli mass market, avviando tutte le iniziative, anche in ambito europeo, necessarie a ridurre il gap con i produttori soprattutto cinesi e coreani, ed esigere che Stellantis porti in Italia la progettazione e la produzione di nuovi modelli di massa al fine di garantire il milione di autoveicoli prodotti a più riprese promesso;
17) a sostenere l'indotto e il comparto della componentistica;
18) ad adottare tutte le iniziative utili ad attrarre altri produttori, favorendo a tal fine, anche attraverso semplificazioni burocratiche e opportuni incentivi, l'attrazione di investimenti stranieri e lo stabilimento sul territorio nazionale di almeno un secondo produttore, che operi nel pieno rispetto di salari, norme e contratti di lavoro, valorizzando l'indotto nazionale, ossia appoggiandosi alla catena di fornitura presente nel nostro Paese;
19) ad adottare iniziative volte a favorire l'attrattività dell'Italia per gli investimenti nella filiera e l'ingresso di nuovi produttori;
20) a rendere permanente il tavolo automotive già costituito presso il Ministero delle imprese e del made in Italy e a spostarlo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, allo scopo di mantenere costante il dialogo tra le parti sociali, i rappresentanti delle regioni, le associazioni di categoria, le case produttrici e le istituzioni;
21) a convocare i sindacati per discutere del futuro di Stellantis e, più in generale, delle prospettive produttive e occupazionali del settore automotive.
(1-00316) (Nuova formulazione) «Richetti, Schlein, Conte, Bonelli, Fratoianni, Braga, Francesco Silvestri, Zanella, Benzoni, Peluffo, Appendino, Ghirra, Grimaldi, Bonetti, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino, Guerra, Barbagallo, Scotto, Simiani, Gribaudo, Berruto, Fornaro, Bakkali, Casu, Curti, De Micheli, Di Sanzo, Evi, Ferrari, Fossi, Ghio, Gnassi, Laus, Morassut, Orlando, Sarracino, Pavanelli, Cappelletti, Ferrara, Auriemma, Lomuti, Torto, Ilaria Fontana, Borrelli, Dori, Mari, Piccolotti, Zaratti».
Ritiro di documenti di indirizzo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Appendino n. 1-00327 del 20 settembre 2024;
mozione Grimaldi n. 1-00328 del 20 settembre 2024;
mozione Peluffo n. 1-00338 del 2 ottobre 2024.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ALMICI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
risulta ancora irreperibile Giacomo Bozzoli, il 39enne condannato il 1° luglio 2024 all'ergastolo in via definitiva dalla Corte di cassazione per un brutale omicidio dello zio, avvenuto nel 2015, corredato da un altrettanto agghiacciante occultamento di cadavere, con il corpo della vittima carbonizzato nel forno dell'azienda di famiglia;
la sera della sentenza, quando i Carabinieri si sono presentati alla casa di Bozzoli a Soiano, sul Lago di Garda, dove avrebbe dovuto essere, di lui non c'era traccia: tentando di ricostruire la fuga, gli inquirenti avrebbero scoperto che alle 5.51 del 23 giugno 2024 la sua Maserati Levante è passata dal portale di Manerba, nel Bresciano; due minuti più tardi sarebbe passata da quello di Desenzano e alle 6.03, sempre a Desenzano del Garda, sotto il varco che porta all'ingresso in A4; mentre il suocero avrebbe riferito che la famiglia sarebbe «in una località imprecisata della Francia»;
secondo gli ultimi accertamenti «validati da risultanze investigative», Giacomo Bozzoli potrebbe trovarsi all'estero, così come riportato nel decreto di latitanza firmato dal presidente della prima sezione penale;
in questi nove anni di indagini e processi, prima della sua latitanza, Bozzoli ha sempre condotto la propria esistenza da uomo libero, perché né pubblico ministero né giudice hanno mai deciso per l'applicazione di una misura cautelare, nemmeno nelle forme dell'obbligo di dimora o di firma, nonostante le pesanti accuse a suo carico;
se è pur vero che la nostra Costituzione prevede la presunzione di innocenza fino a sentenza di condanna definitiva e la custodia in carcere, così come ogni altra misura cautelare, venga applicata solo se sussistono, oltre i gravi indizi di colpevolezza, le esigenze cautelari, è altrettanto vero che l'imputato avrebbe già dato segni di volersi allontanare da casa;
in particolare, l'ex di Giacomo Bozzoli quando venne sentita nell'udienza del 17 novembre 2021, ma anche in precedenza, nel corso di un incidente probatorio, avrebbe riferito di un piano svelatole da Giacomo e anche in quel caso c'entravano un'auto e un passaggio davanti alle telecamere: «Lui mi ha sempre detto che io avrei dovuto prendere la sua macchina, all'epoca la Mercedes ML, transitare in autostrada e andare a dormire a casa mia, mentre lui doveva... a detta sua aspettare lo zio fuori casa»;
tale piano ricorda la fuga del 23 giugno 2024 quando la vettura intestata a Giacomo tra le 5.51 e le 6.03 è transitata sotto tre portali stradali sulla sponda bresciana del Garda e oggi gli inquirenti non escludono che sull'auto dieci giorni potessero esserci solo la compagna e il figlio e lui invece si fosse già spostato prima, così da guadagnare ancora più vantaggio –:
se e quali iniziative, per quanto di competenza, anche di carattere ispettivo, il Ministro interrogato intenda assumere in relazione ai fatti esposti in premessa, e se comunque non intenda adottare iniziative di carattere normativo al fine di rendere più stringente la disciplina sull'applicazione delle misure cautelari.
(4-03117)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame l'interrogante richiama la nota vicenda di cronaca relativa alla condanna di Giacomo Bozzoli per l'omicidio e la distruzione di cadavere dello zio Mario Bozzoli, confermata da ultimo in Cassazione con sentenza del 1° luglio 2024, e alla iniziale sottrazione del predetto all'esecuzione della pena. Questi infatti, che non aveva presenziato alla lettura in aula della sentenza, non veniva rinvenuto presso la sua abitazione dalle forze dell'ordine che si erano ivi recate per tradurlo in carcere in esecuzione di quella pronuncia. L'interrogante esprime, dunque, perplessità rispetto alla mancata adozione, durante tutto il corso del procedimento penale, di una misura cautelare che scongiurasse il rischio, poi per l'appunto concretizzatosi, che il Bozzoli si potesse sottrarre volontariamente alla pena.
L'interrogante chiede, pertanto, quali iniziative, anche di carattere ispettivo, il Ministro intenda adottare per far luce sulla vicenda e per rendere più stringente la normativa dettata in tema di misure cautelari per reati di particolare gravità ed efferatezza.
Con riguardo alla vicenda richiamata dall'interrogante, va innanzitutto dato atto – quale elemento di novità rispetto alla ricostruzione dei fatti compiuta dall'interrogante – che l'11 luglio 2024 il Bozzoli è stato finalmente arrestato e tradotto in carcere.
Tanto premesso, si rappresenta che questo Dicastero, non appena appresa la notizia di stampa relativa ai fatti cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, ha prontamente incaricato le competenti articolazioni ministeriali di svolgere gli opportuni accertamenti.
Ebbene, con nota del 13 agosto 2024 il procuratore generale presso la corte d'appello di Brescia ha fornito i primi riscontri, trasmettendo una relazione che, per completezza di esposizione, si riporta integralmente quanto alle parti concernenti gli aspetti evidenziati nell'interrogazione:
«non è mai stata applicata una misura cautelare nei confronti di Giacomo Bozzoli posto che dal momento della avocazione – disposta con provvedimento del 19 marzo 2018 – e sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza non sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per l'integrazione delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274 codice procedura penale»;
«nel corso del processo di primo e secondo grado non è pervenuta alcuna segnalazione da parte della polizia giudiziaria volta ad evidenziare la sussistenza di esigenze cautelari».
L'istruttoria sino ad ora svolta sembrerebbe, dunque, escludere condotte inerti e/o omissive ascrivibili ai magistrati occupatisi della vicenda.
Secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica di Brescia, infatti, nel corso della celebrazione dei diversi gradi di giudizio l'autorità procedente non ha mai ritenuto, nell'esercizio della discrezionalità che le è riconosciuta dalla legge, che ricorressero le condizioni per ravvisare la sussistenza di una delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274 codice procedura penale. In atti non risultava, del resto, segnalato e/o documentato nessun tentativo di fuga messo in atto dal Bozzoli durante il corso del procedimento e neppure dopo 1'emissione delle sentenze di condanna, di primo e secondo grado.
Peraltro, la procura della Repubblica di Brescia risulta aver provveduto ad emettere l'ordine di carcerazione nei confronti del Bozzoli lo stesso giorno in cui è stata pronunciata la sentenza della Corte di cassazione che ne ha confermato la condanna all'ergastolo.
Emblematica appare poi la circostanza che al momento della sua cattura, avvenuta a dieci giorni di distanza dall'emissione del predetto ordine, il Bozzoli si trovava proprio presso la sua abitazione.
Nondimeno, le articolazioni ministeriali già incaricate stanno proseguendo ogni doverosa verifica per escludere qualsivoglia condotta negligente dell'autorità procedente. Pertanto, se all'esito di tali accertamenti dovessero emergere comportamenti di rilievo disciplinare, saranno doverosamente esercitate le prerogative istituzionali che la legge attribuisce al Ministro della giustizia.
Il quesito posto dall'interrogante offre, peraltro, l'occasione per ribadire ancora una volta che è intendimento di questo Governo intervenire sulla materia delle misure cautelari e, in particolare, di quelle custodiali, ma sempre garantendo che per i reati più gravi – come quello di cui il Bozzoli è stato ritenuto responsabile – il sistema sia in grado di fornire un'adeguata risposta all'esigenza di scongiurare il pericolo, non soltanto che crimini dal forte allarme sociale possano essere reiterati, ma anche che i loro autori siano lasciati nelle condizioni di potersi sottrarre alla risposta punitiva dello Stato.
Una delle priorità del Governo Meloni, infatti, è stata sin dall'inizio della legislatura e resterà sempre quella della sicurezza dei cittadini, materia sulla quale le iniziative del Governo proseguono senza sosta, come dimostra da ultimo il cosiddetto «disegno di legge Sicurezza», in corso di approvazione alla Camera, che interverrà efficacemente su svariati temi di sicurezza pubblica.
Ogni iniziativa sul terreno della custodia cautelare avrà, dunque, sempre di mira la salvaguardia del sacrosanto diritto dei cittadini a vivere in un Paese sicuro e nel quale sia garantito il rispetto del dogma della certezza della pena, per cui una volta emessa una sentenza definitiva di condanna la pena inflitta va scontata.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
ASCARI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 24 giugno 2024 l'arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Fortunato Morrone, ha ufficializzato alcune nuove nomine relative a parrocchie, seminario e cappellanie tra cui quella, decorrente dal 1° luglio 2024, di don Carmelo Perrello quale amministratore parrocchiale di S. Maria del Buon Consiglio in Concessa di Reggio Calabria;
il 29 giugno 2024, invece, il giornale «Il Dispaccio» in un articolo a firma del giornalista Claudio Cordova, ha riportato gravi accuse riguardanti proprio don Carmelo Perrello, in quanto prete già imputato per pedofilia e successivamente è stata dichiarata la prescrizione del reato con sentenza del giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria n. 182 del 20 marzo 2019 Dottor Domenico Santoro;
l'indagine (e il processo) che ha riguardato don Perrello riguarda fatti avvenuti a cavallo tra il 2007 e il 2008 di natura sessuale perpetrati dal parroco nei confronti di un bambino di nazionalità rumena di 13 anni, suicidatosi dopo aver raccontato la vicenda agli inquirenti;
dalla citata inchiesta della procura di Reggio Calabria sono emersi tratti della personalità di don Perrello che comprendevano la sistematica ricerca del sesso (anche previo compenso e/o regali) o, comunque di situazioni equivoche, frequentazioni con prostitute e chat erotiche;
la diocesi di Reggio Calabria-Bova in risposta agli articoli di stampa pubblicati ha rilasciato una nota di commento che, secondo quanto riportato, non avrebbe smentito le accuse, ma anzi avrebbe evidenziato una mancanza di sensibilità e di rispetto verso le vittime;
tale nota rappresenta una sorta di «riabilitazione» ecclesiale di don Perrello da parte della curia, la quale gli rinnova la fiducia a seguito di un asserito percorso di psicoterapia. Ciò ha suscitato forte indignazione nell'opinione pubblica, in particolare per la percepita freddezza e burocraticità con cui la curia stessa ha trattato la questione, senza considerare adeguatamente la sofferenza delle vittime e dei loro familiari;
tale nomina ad avviso dell'interrogante potrebbe rappresentare un grave pericolo per la comunità e per la tutela dei minori;
la Chiesa Cattolica ha una responsabilità morale e pastorale verso i suoi fedeli, che richiede l'adozione di standard etici elevati e la protezione dei più vulnerabili;
a parere dell'interrogante, va in ogni caso prestata particolare attenzione, da parte della Santa Sede, anche nella nomina di sacerdoti cui vengono affidati incarichi di responsabilità, affinché sia scongiurato il rischio di qualsivoglia segnale di tolleranza verso fenomeni e comportamenti di straordinaria gravità che vanno contrastati con il massimo rigore;
è indispensabile garantire trasparenza e giustizia in casi di così grave rilevanza morale e sociale –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se non intenda promuovere, per quanto di competenza, nell'ambito dei rapporti bilaterali con la Santa Sede ogni iniziativa utile volta al rafforzamento degli strumenti finalizzati alla prevenzione e al contrasto di reati di molestie e abusi sessuali nei confronti di minori.
(4-03101)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, riferito alla nomina di don Carmelo Perrello quale amministratore parrocchiale di Santa Maria del Buon Consiglio in Concessa di Reggio Calabria, che ad avviso del deputato interrogante, «potrebbe rappresentare un grave pericolo per la comunità e per la tutela dei minori» alla luce dei trascorsi giudiziari del sacerdote, imputato di reati di natura sessuale perpetrati tra il 2007 e il 2008 in danno di un bambino rumeno di 13 anni, suicidatosi dopo aver raccontato la vicenda agli inquirenti, si rappresenta quanto segue.
Sulla specifica vicenda giudiziaria, con nota del 24 luglio 2024, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, opportunamente interpellato dalla direzione generale degli affari interni di questo Dicastero, ha trasmesso la relazione che, per completezza di esposizione, si riporta di seguito.
«Aderendo alla richiesta formulata dalla S.V. in data 12 luglio 2024, si comunica quanto segue: [...]
PERRELLO Carmelo è stato iscritto, unitamente ad altro soggetto, nel procedimento penale n. 5543/17/21, instaurato a seguito delle denunce sporte dal minore D.I.A.;
nell'ambito del predetto procedimento penale, in data 3 luglio 2018 è stata esercitata l'azione penale nei confronti del PERRELLO Carmelo in relazione alle seguenti ipotesi delittuose:
a. reato p. e p. dagli articoli 81, cpv., e 609-quater (in relazione all'articolo 609-bis codice penale), 609-ter, n. 2, codice penale [...] in Reggio Calabria, negli anni 2007 e 2008, con denuncia del 5 febbraio 2016; [...]
c. reato p. e p. dagli articoli 81, cpv., 110 e 610 codice penale per avere, in concorso con persone allo stato rimaste ignote e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, minacciato la p.o. D.I.A., minore, affinché non rendesse pubblica la relazione sessuale intercorsa fra i due così come esplicata sub a); in Reggio Calabria, nel settembre del 2017;
d. reato p. e p. dagli articoli 110 e 610 codice penale per avere, in concorso con una persona allo stato ignota, minacciato la p.o. R.M. - all'epoca fidanzata di M.M. (ragazzo col quale il Perrello aveva una relazione amicale a sfondo sessuale) [...]; in Reggio Calabria, nel settembre del 2017.
Il G.U.P. di Reggio Calabria, in data 20 marzo 2019, con sentenza n. 182 [...], ha dichiarato nei confronti del PERRELLO Carmelo il non luogo a procedere in ordine al reato di cui al capo a) per essersi lo stesso estinto per intervenuta prescrizione e, nel contempo, lo ha rinviato al giudizio del locale Tribunale in composizione monocratica per i capi c) e d). [...]. In relazione ai capi c) e d), prima riportati, il Tribunale di Reggio Calabria in composizione monocratica, con sentenza n. 1152/24 [...] del 19 aprile 2024, ha dichiarato il non doversi procedere nei confronti di PERRELLO Carmelo perché l'azione penale non deve essere proseguita per difetto di querela».
Questa la vicenda giudiziaria, si rappresenta inoltre che l'Arcivescovo di Reggio Calabria, pur avendo pubblicamente riferito che il presbitero aveva seguito un percorso terapeutico, ha provveduto, il 2 luglio 2024, a revocare la predetta nomina a causa del malcontento manifestato dai fedeli.
Ciò posto, i rapporti fra la Repubblica italiana e la Santa Sede, disciplinati com'è noto dai Patti Lateranensi, sono caratterizzati da forte collaborazione, nell'azione internazionale e nel quadro multilaterale, per la salvaguardia della dignità umana e la tutela dei soggetti vulnerabili, tra cui i minori.
La Santa Sede ha aderito ai principali strumenti internazionali pattizi a tutela dei minori, fra cui, nel 1990, la convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e, nel 2001, i protocolli opzionali sulla protezione dei bambini nei conflitti armati e sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia rappresentante bambini.
Nell'ambito di tali rapporti bilaterali con la Santa Sede, numerose sono le iniziative, promosse o partecipate da quest'amministrazione, volte al rafforzamento degli strumenti finalizzati alla prevenzione ed al contrasto di reati di molestie e abusi sessuali nei confronti di minori.
È fermo convincimento, infatti, che la cooperazione sia l'unica arma vincente per promuovere la cultura della tutela, in quanto il fenomeno degli abusi sui minori, nelle sue molteplici declinazioni, riguarda tutta la società e chiede una collaborazione a ogni livello e in qualunque ambito.
Ciò è stato ribadito a maggio 2024 all'evento «La dignità dei bambini nel mondo digitale» promosso dalla fondazione Sos Telefono Azzurro in collaborazione con l'ambasciata d'Italia presso la Santa Sede e la fondazione Child in occasione della giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, e ancora prima al «V Convegno nazionale dei cappellani e degli operatori della Pastorale penitenziaria», tenutosi ad Assisi, e personalmente a Papa Francesco, accolto nel carcere femminile della Giudecca a Venezia, che ha ospitato il padiglione della Santa Sede della Biennale.
Occuparsi e preoccuparsi dei minori è una priorità del nostro mandato e deve diventare interesse condiviso dell'intera società al precipuo scopo di delineare una più ampia strategia di azione e di contrasto a quest'emergenza globale.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
CAVANDOLI, BISA e MATONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da notizie di stampa si apprendeva che l'8 ottobre 2015, l'imprenditore Mario Bozzoli, titolare insieme al fratello Adelio della fonderia di famiglia, la Bozzoli srl, scompariva nel nulla a Marcheno (Brescia);
il corpo di Mario Bozzoli non veniva rinvenuto. Secondo gli inquirenti il nipote Giacomo Bozzoli avrebbe ucciso lo zio gettandolo nell'altoforno;
nel 2020 Giacomo Bozzoli veniva rinviato a giudizio, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e distruzione di cadavere. L'uomo veniva poi condannato all'ergastolo in primo grado nel 2022 e in secondo grado nel 2023. Infine, il 1° luglio 2024 la cassazione confermava l'ergastolo in via definitiva; Giacomo Bozzoli non presenziava in aula alla lettura della sentenza in cassazione;
quando, a seguito della sentenza di terzo grado, le forze dell'ordine si recavano nella sua abitazione a Soiano, per tradurlo in carcere, non lo rinvenivano constatando altresì l'assenza della moglie e del figlio di 9 anni;
la sua auto veniva avvistata il 23 giugno 2024 in provincia di Brescia, si sarebbe dunque allontanato volontariamente con la moglie e il figlio prima della lettura della sentenza;
conseguentemente nei suoi confronti veniva emesso un mandato di arresto europeo;
nei suoi confronti non è mai stata emessa alcuna misura cautelare, tanto che oggi risulta latitante essendosi sottratto all'esecuzione della pena –:
quali iniziative, per quanto di competenza, anche di carattere ispettivo, il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare in relazione alla fuga dell'imputato, e se comunque non intenda adottare iniziative di carattere normativo al fine di rendere più stringente la disciplina sull'emissione di misure cautelari per reati di particolare gravità ed efferatezza.
(4-03106)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame gli interroganti richiamano la nota vicenda di cronaca relativa alla condanna di Giacomo Bozzoli per l'omicidio e la distruzione di cadavere dello zio Mario Bozzoli, confermata da ultimo in Cassazione con sentenza del 1° luglio 2024, e alla iniziale sottrazione del predetto all'esecuzione della pena. Questi infatti, che non aveva presenziato alla lettura in aula della sentenza, non veniva rinvenuto presso la sua abitazione dalle forze dell'ordine che si erano ivi recate per tradurlo in carcere in esecuzione di quella pronuncia. Gli interroganti esprimono, dunque, perplessità rispetto alla mancata adozione, durante tutto il corso del procedimento penale, di una misura cautelare che scongiurasse il rischio, poi per l'appunto concretizzatosi, che il Bozzoli si potesse sottrarre volontariamente alla pena.
Gli interroganti chiedono, pertanto, quali iniziative, anche di carattere ispettivo, il Ministro intenda adottare per far luce sulla vicenda e per rendere più stringente la normativa dettata in tema di misure cautelari per reati di particolare gravità ed efferatezza.
Con riguardo alla vicenda richiamata dagli interroganti, va innanzitutto dato atto – quale elemento di novità rispetto alla ricostruzione dei fatti compiuta dagli interroganti – che l'11 luglio 2024 il Bozzoli è stato finalmente arrestato e tradotto in carcere.
Tanto premesso, si rappresenta che questo Dicastero, non appena appresa la notizia di stampa relativa ai fatti cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, ha prontamente incaricato le competenti articolazioni ministeriali di svolgere gli opportuni accertamenti.
Ebbene, con nota del 13 agosto 2024 il procuratore generale presso la Corte d'appello di Brescia ha fornito i primi riscontri, trasmettendo una relazione che, per completezza di esposizione, si riporta integralmente quanto alle parti concernenti gli aspetti evidenziati nell'interrogazione:
«non è mai stata applicata una misura cautelare nei confronti di Giacomo Bozzoli posto che dal momento della avocazione – disposta con provvedimento del 19.03.2018 – e sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza non sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per l'integrazione delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274 c.p.p.»;
«nel corso del processo di primo e secondo grado non è pervenuta alcuna segnalazione da parte della polizia giudiziaria volta ad evidenziare la sussistenza di esigenze cautelari».
L'istruttoria sino ad ora svolta sembrerebbe, dunque, escludere condotte inerti e/o omissive ascrivibili ai magistrati occupatisi della vicenda.
Secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica di Brescia, infatti, nel corso della celebrazione dei diversi gradi di giudizio l'autorità procedente non ha mai ritenuto, nell'esercizio della discrezionalità che le è riconosciuta dalla legge, che ricorressero le condizioni per ravvisare la sussistenza di una delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale. In atti non risultava, del resto, segnalato e/o documentato nessun tentativo di fuga messo in atto dal Bozzoli durante il corso del procedimento e neppure dopo 1'emissione delle sentenze di condanna, di primo e secondo grado.
Peraltro, la procura della Repubblica di Brescia risulta aver provveduto ad emettere l'ordine di carcerazione nei confronti del Bozzoli lo stesso giorno in cui è stata pronunciata la sentenza della Corte di cassazione che ne ha confermato la condanna all'ergastolo.
Emblematica appare poi la circostanza che al momento della sua cattura, avvenuta a dieci giorni di distanza dall'emissione del predetto ordine, il Bozzoli si trovava proprio presso la sua abitazione.
Nondimeno, le articolazioni ministeriali già incaricate stanno proseguendo ogni doverosa verifica per escludere qualsivoglia condotta negligente dell'autorità procedente. Pertanto, se all'esito di tali accertamenti dovessero emergere comportamenti di rilievo disciplinare, saranno doverosamente esercitate le prerogative istituzionali che la legge attribuisce al Ministro della giustizia.
Il quesito posto dagli interroganti offre, peraltro, l'occasione per ribadire ancora una volta che è intendimento di questo Governo intervenire sulla materia delle misure cautelari e, in particolare, di quelle custodiali, ma sempre garantendo che per i reati più gravi – come quello di cui il Bozzoli è stato ritenuto responsabile – il sistema sia in grado di fornire un'adeguata risposta all'esigenza di scongiurare il pericolo, non soltanto che crimini dal forte allarme sociale possano essere reiterati, ma anche che i loro autori siano lasciati nelle condizioni di potersi sottrarre alla risposta punitiva dello Stato.
Una delle priorità del Governo Meloni, infatti, è stata sin dall'inizio della Legislatura e resterà sempre quella della sicurezza dei cittadini, materia sulla quale le iniziative del Governo proseguono senza sosta, come dimostra da ultimo il cosiddetto «Ddl Sicurezza», che interverrà efficacemente su svariati temi di sicurezza pubblica.
Ogni iniziativa sul terreno della custodia cautelare avrà, dunque, sempre di mira la salvaguardia del sacrosanto diritto dei cittadini a vivere in un Paese sicuro e nel quale sia garantito il rispetto del dogma della certezza della pena, per cui una volta emessa una sentenza definitiva di condanna la pena inflitta va scontata.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
CESA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Giulia C. è una bambina di 14 anni, nata ad Aprilia l'11 agosto 2010, attualmente in casafamiglia, a cui viene impedito di vedere i nonni con la frequenza che desidera e soprattutto non le viene consentito di vivere con loro, come vorrebbe e come ha ripetutamente ribadito. Il nonno materno, Domenico S. ufficiale della Guardia di finanza dal dicembre 1989 ad agosto 2012, in servizio presso la procura della Repubblica di Roma, sezione polizia giudiziaria, attualmente in pensione, rappresenta che in data 30 novembre 2020 è stato attivato un codice rosso che ha condotto madre e figlia in una casa famiglia, per tutelare entrambe da possibili episodi di violenza perpetrati dal padre della bambina. Nel marzo 2021 il pubblico ministero presso la procura della Repubblica dei minori di Roma, su richiesta dei servizi sociali di Aprilia, ha chiesto l'allontanamento dalla casa famiglia della minore Giulia C. e della madre Antonella S. pur non avendo riscontrato nessun reato. In data 26 aprile 2021 Giulia e sua madre vengono collocate nella casa famiglia «Gardenia» di Latina Scalo, contro la volontà di Giulia, che sarebbe voluta tornare nella casa dei nonni materni. Il 3 giugno 2021 la casa famiglia Gardenia ha allontanato madre e figlia, perché la madre non era in grado di adeguarsi alle richieste poste dalla direzione della Casa Famiglia. In questo caso alla madre di Giulia viene diagnosticato dal dottor Schifano del Centro di salute mentale di Aprilia un grave disturbo borderline;
nel frattempo Giulia continuava ad esprimere il desiderio di tornare a casa dei nonni materni, ripetendolo in tutti i contesti in cui poteva esprimere formalmente il suo disagio. Per esempio nel Centro neuropsichiatria infantile di via dei Sabelli e parlando con il giudice Onorario Gizzi. Giulia C. ha chiesto sempre di rientrare in famiglia, presso i nonni materni, come risulta dalle numerose testimonianze sintetizzati nella relazione di aggiornamento del 15 settembre 2021 a firma delle dottoresse Bonomi e Altobelli che scrivono: «la minore manifesta in più occasioni la volontà di rientrare a casa dei nonni materni»;
ciò nonostante la curatrice speciale, avvocato De Toma, dal 26 aprile 2023 sta attivando un processo di adozione etero-familiare, che sottrarrebbe definitivamente la bambina alla tutela dei nonni. La curatrice ha incontrato Giulia solo attraverso videochiamata;
l'affido temporaneo dei minori ai nonni come attuazione del diritto del minore a crescere nella propria famiglia è sancito e garantito sia a livello internazionale dalla Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dalla Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, sia a livello interno dall'articolo 30 della Costituzione, dagli articoli 28, 29 e 39 del Testo unico immigrazione e dagli articoli 1, 2 e 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il cui titolo è stato cambiato nel 2001 in «Diritto del Minore ad una famiglia». Giulia vuole rientrare nella casa dove da sempre è cresciuta, ovverosia quella dei nonni materni. La richiesta di Giulia è un diritto sancito dalla Costituzione e da norme che sanciscono il diritto del minore di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia –:
quali iniziative, anche di carattere normativo, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere affinché si tenga sempre più conto della volontà del minore per quanto attiene al suo futuro, alla sua stessa vita, valorizzando l'adozione intra-familiare come l'ambito più naturale ed adeguato a garantire al minore stabilità negli affetti e nel contesto socio-scolastico.
(4-03147)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante richiama una vicenda giudiziaria relativa al collocamento di una minore il cui peculiare contesto familiare avrebbe indotto l'autorità giudiziaria competente a collocarla, insieme alla madre di lei, in due diverse case famiglia.
Ciò, malgrado il desiderio più volte espresso dalla giovane di tornare ad abitare presso i nonni materni i quali si sarebbero mostrati ben lieti di accoglierla e di provvedere alla sua crescita ed educazione.
L'interrogante formula, dunque, quesiti in ordine alle eventuali iniziative intraprese, anche di carattere normativo, «affinché si tenga sempre più conto della volontà del minore per quanto attiene al suo futuro, alla sua stessa vita, valorizzando l'adozione intra-familiare come l'ambito più naturale e adeguato a garantire al minore stabilità negli affetti e nel contesto socio-scolastico».
Tanto premesso, si rappresenta che la competente articolazione ministeriale è stata prontamente incaricata di compiere tutti gli opportuni accertamenti sulla vicenda portata all'attenzione dall'interrogante.
È stata, quindi, acquisita una dettagliata relazione del procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Roma, delle cui risultanze si dà conto nei limiti di quanto ostensibile, in ragione della delicatezza del caso e del rilievo degli interessi coinvolti.
Ebbene, nei limiti di quanto ostensibile per la delicatezza del caso, dalla relazione risulta che dei fatti menzionati nell'atto di sindacato ispettivo l'autorità giudiziaria è stata compiutamente investita.
Nell'ambito del procedimento in discussione è stata svolta un'accurata istruttoria all'esito della quale sono stati assunti provvedimenti che hanno tenuto nella debita considerazione la volontà espressa dalla minore in sede di ascolto, tanto che la stessa risulta ora avviata a un percorso di collocamento presso l'abitazione dei nonni, con le doverose cautele disposte dall'autorità giudiziaria, a tutela delle sue condizione fisio-psichiche.
Quanto all'auspicato intervento normativo, si rappresenta che la disciplina vigente, nei diversi ambiti richiamati dall'interrogante, già tutela adeguatamente il diritto del minore a essere ascoltato e a crescere nella propria famiglia d'origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psico-fisico, individuando la dichiarazione di adottabilità – preludio all'adozione extra-familiare del minore – come soluzione del tutto estrema.
Invero, l'articolo 1 della legge n. 183 del 1984, come novellata dalla legge n. 149/2001, sancisce la preminenza del diritto del minore a vivere e crescere nella sua famiglia di origine, quale corollario del principio fondamentale del superiore interesse del minore.
Tale diritto viene garantito, oltre che mediante la predisposizione di interventi diretti a rimuovere, ove possibile, situazioni di difficoltà e di disagio familiare, attraverso il diritto all'ascolto, uniformemente ai principi sanciti, sul piano internazionale, dall'articolo 12 della convenzione di New York del 1989 e dagli articoli 3 e 6 della convenzione di Strasburgo del 1965 e, in ambito europeo, dalle prescrizioni dell'articolo 24, comma 1°, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2006 e dal regolamento CE n. 2201/2003.
In conclusione, la normativa vigente preclude pronunce di adottabilità extrafamiliare in assenza di una preventiva e compiuta verifica, da attuarsi anche mediante l'ascolto del minore, della possibilità di recupero della funzione genitoriale.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
COLOMBO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'attuale ordinamento della classe è conforme a quanto richiesto dalla normativa europea;
il tirocinio in una farmacia (territoriale o ospedaliera) è coerente con le richieste comunitarie ovvero è di 30 CFU;
affinché la laurea possa essere abilitante ai sensi degli articoli 1 e 3 della legge 8 novembre 2021, n. 163, è sufficiente prevedere che l'esame finale per il conseguimento della laurea magistrale comprenda lo svolgimento di una prova pratica valutativa delle competenze professionali acquisite con il tirocinio interno ai corsi di studio, volta ad accertare il livello di preparazione tecnica del candidato per l'abilitazione all'esercizio della professione;
tale prova precede la discussione della tesi di laurea ed è svolta in accordo con l'articolo 2 del decreto interministeriale n. 651 del 5 luglio 2022 e permetterebbe di ottemperare a quanto atteso dagli studenti iscritti ai corsi di laurea magistrale previsti dalla classe in accordo con l'articolo 5, comma 2 del citato decreto che prevede che coloro che sono già iscritti possano optare per la laurea abilitante;
il fabbisogno nazionale di farmacisti eccede abbondantemente l'offerta di professionisti abilitati;
è quindi indispensabile che il secondo, terzo, quarto e quinto anno delle attuali lauree della classe LM-13 possano diventare abilitanti per favorire l'ingresso nel mondo del lavoro degli abilitati nello spirito della legge n. 163 del 2021 previa introduzione dell'esame del tirocinio e modifica delle commissioni di laurea –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del problema e quali iniziative intenda intraprendere per consentire agli studenti attualmente iscritti al secondo, terzo, quarto e quinto anno del corso di laurea in Farmacia/C.T.F. di poter optare per la laurea abilitante al fine di procedere all'iscrizione all'ordine e allo svolgimento della professione non appena ottenuto il titolo.
(4-01235)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 1, della legge 8 novembre 2021, n. 163 {Disposizioni in materia di titoli universitari abilitanti) dispone che l'esame finale per il conseguimento delle lauree magistrali a ciclo unico in odontoiatria e protesi dentaria (classe LM-46), in farmacia e farmacia industriale (classe LM-13), in medicina veterinaria (classe LM-42), nonché della laurea magistrale in psicologia (classe LM-51) abilita all'esercizio delle professioni, rispettivamente, di odontoiatra, di farmacista, di medico veterinario e di psicologo.
La norma prevede, inoltre, che, nell'ambito delle attività formative professionalizzanti previste per le classi di laurea magistrale richiamate precedentemente, almeno 30 crediti formativi universitari siano acquisiti con lo svolgimento di un tirocinio pratico-valutativo interno ai corsi di studio.
Per la classe LM-13 (Farmacia e farmacia industriale), tale tirocinio è definito dall'articolo 2 del decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, 5 luglio 2022, n. 651 come un percorso formativo a carattere professionalizzante finalizzato all'acquisizione delle competenze necessarie per lo svolgimento delle attività del farmacista nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.
Nello specifico, sulla base di quanto previsto dall'articolo 44, comma 2, lettera b), della direttiva 2005/36/CE, i corsi di laurea magistrale a ciclo unico in farmacia e farmacia industriale comprendono un periodo di sei mesi, anche non continuativi, di tirocinio professionale da svolgersi presso una farmacia aperta al pubblico e/o una farmacia ospedaliera o presso i servizi farmaceutici territoriali posti sotto la sorveglianza del servizio farmaceutico. L'attività di tirocinio è svolta per non più di 40 ore a settimana, per un totale di 900 ore, di cui almeno 450 da svolgersi presso una farmacia aperta al pubblico, e corrisponde a 30 crediti formativi universitari.
Premesso ciò, atteso che la transizione della classe di laurea magistrale LM-13 da non abilitante ad abilitante ha intersecato anche l'aggiornamento degli obiettivi formativi qualificanti – nell'ambito della definizione delle nuove classi di laurea e laurea magistrale – definiti, con il successivo decreto ministeriale n. 1147 del 10 ottobre 2022, il Ministero dell'università e della ricerca conferma l'impegno a promuovere, con atti di propria competenza, il passaggio per gli studenti attualmente iscritti al secondo, terzo, quarto e quinto anno dei corsi di laurea in farmacia e farmacia industriale del previgente ordinamento didattico non abilitante al nuovo percorso formativo abilitante, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, del decreto interministeriale n. 651 del 2022.
Ciò consentirà a tali studenti, non appena ottenuto il titolo di laurea, di procedere all'iscrizione al relativo ordine professionale e allo svolgimento della professione.
La revisione del piano di studi universitario degli aspiranti farmacisti permetterà, quindi, di integrare le conoscenze e le competenze di base dei laureati con un percorso altamente professionalizzante, coerente con le nuove funzioni di questi professionisti, in tutti gli ambiti in cui operano, riducendo lo spazio tra la fine della loro formazione universitaria e l'accesso al mondo del lavoro.
Il Ministro dell'università e della ricerca: Anna Maria Bernini.
FURFARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 19 dicembre 2023 il Ministro interessato ha avviato il tavolo per la definizione di un piano casa, del quale nel nostro Paese ci sarebbe assoluto bisogno, tenuto conto delle 650.000 famiglie nelle graduatorie per l'accesso ad una casa popolare; delle oltre 40.000 sentenze di sfratti emesse ogni anno; delle 983.000 famiglie stimate dall'ISTAT in povertà assoluta e in affitto; del caro affitti e della assoluta insufficienza di residenze per studenti;
al tavolo aperto al Ministero delle infrastrutture e trasporti per definire un piano casa risultano invitati e partecipanti: cooperative edilizie, costruttori, associazioni dei proprietari, ordini professionali, fondazioni, agenzie immobiliari, operatori economici, regioni, comuni ed enti gestori di edilizia residenziale pubblica;
dal tavolo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, gli unici esclusi risultano essere l'Unione inquilini e tutti gli altri sindacati inquilini, quindi i rappresentanti di coloro che dovrebbero essere i beneficiari del piano casa;
anche nella seconda riunione del tavolo tenutasi il 16 gennaio 2024 si è assistito alla scelta di escludere dagli inviti i soli sindacati inquilini;
non era mai avvenuto in passato che soggetti rappresentativi, quali sono i sindacati inquilini, fossero esclusi da un tavolo istituzionale presso il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il che lascia perplessi in quanto si escludono soggetti che sono centrali e rappresentativi, di un vasto settore sociale ai quali viene preclusa la possibilità di fornire un contributo di merito;
l'esclusione dei sindacati inquilini dal tavolo istituzionale avviato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha alcuna motivazione plausibile e, all'interrogante, appare necessario superare questa esclusione procedendo, da parte del Ministro delle infrastrutture e trasporti, ad invitare anche i sindacati maggiormente rappresentativi degli inquilini –:
quali siano i motivi che hanno portato all'esclusione dell'Unione inquilini dalla convocazione alla partecipazione del tavolo di lavoro di definizione di un piano casa presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
se non ritenga opportuno e necessario procedere ad invitare a tale tavolo anche l'Unione inquilini e gli altri sindacati inquilini, dando così completezza alla rappresentanza del tavolo di lavoro a tutti i soggetti interessati al piano casa, visti i contributi che tutti i soggetti, compresi i sindacati inquilini, possono dare.
(4-02205)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta in premessa che la legge di bilancio 2024 (articolo 1, commi 282-284) ha stabilito, al fine di contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale, che vengano definite le linee guida per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica, coerenti con le seguenti linee di attività:
contrasto al disagio abitativo mediante azioni di recupero del patrimonio immobiliare esistente e di riconversione di edifici aventi altra destinazione pubblica;
destinazione a obiettivi di edilizia residenziale pubblica o sociale delle unità immobiliari di edilizia privata rimaste invendute, in accordo con i proprietari;
realizzazione di progetti di edilizia residenziale pubblica tramite operazioni di partenariato pubblico-privato, finalizzate al recupero o alla riconversione del patrimonio immobiliare esistente.
Dunque, al fine di rilevare le priorità e i fabbisogni sul tema dell'abitare nonché di valutare, conseguentemente, le strategie e gli investimenti da porre in campo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha effettuato delle consultazioni con i maggiori stakeholders del settore, potenzialmente interessati ad ipotesi di investimenti privati complementari alle risorse pubbliche, in considerazione dell'importanza dell'housing sociale che affiancherà l'edilizia residenziale pubblica nell'ambito della redazione del nuovo Piano casa.
Le molteplici proposte pervenute hanno portato all'individuazione di specifiche tematiche che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ritenuto di dover approfondire attraverso la costituzione di appositi tavoli di lavoro, con il coinvolgimento di professionalità interne ed esterne all'Amministrazione. Nello specifico, sono stati istituiti sei tavoli tematici che hanno riguardato le attività preliminari volte alla definizione degli aspetti finanziari dello stesso. Nel dettaglio, i tavoli hanno:
riordino e semplificazione delle procedure relative alla disciplina edilizia/urbanistica;
riordino delle attività degli enti strumentali regionali;
quantificazione fabbisogno abitativo ERP ed ERS;
individuazione e mappatura del patrimonio immobiliare pubblico da recuperare: in disuso, in stato di degrado e abbandono da riconvertire a edilizia residenziale;
individuazione e mappatura del patrimonio immobiliare privato invenduto;
nuova edilizia residenziale ERP-ERS: edilizia residenziale pubblica, housing sociale, senior-housing, housing intergenerazionale, studentato, lavoratori fuori sede, Forze dell'ordine.
Le organizzazioni rappresentative dei proprietari e degli inquilini potranno essere coinvolte in futuri tavoli di confronto, successivamente alla definizione dell'aspetto finanziario.
L'obiettivo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è quello di garantire la più ampia partecipazione possibile di tutte le parti sociali interessate per la definizione del Piano, per un'ampia condivisione dello stesso in considerazione dell'importanza sociale del provvedimento.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Matteo Salvini.
GHIRRA, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, EVI, FRATOIANNI, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 19 dicembre 2023 il Ministro interrogato ha avviato il tavolo per la definizione di un piano casa, del quale nel nostro Paese ci sarebbe assoluto bisogno, tenuto conto delle 650.000 famiglie nelle graduatorie per l'accesso ad una casa popolare; delle oltre 40.000 sentenze di sfratti emesse ogni anno; delle 983.000 famiglie stimate dall'Istat in povertà assoluta e in affitto; del caro affitti e della assoluta insufficienza di residenze per studenti;
al tavolo aperto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per definire un piano casa risultano invitati e partecipanti: cooperative edilizie, costruttori, associazioni dei proprietari, ordini professionali, fondazioni, agenzie immobiliari, operatori economici, regioni, comuni ed enti gestori di edilizia residenziale pubblica;
dal tavolo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti gli unici esclusi risultano essere l'Unione Inquilini e tutti gli altri Sindacati inquilini, nonché le associazioni degli studenti universitari, quindi i rappresentanti di coloro che dovrebbero essere i beneficiari del piano casa;
anche nella seconda riunione del tavolo tenutasi lo scorso 16 gennaio 2024 si è assistito alla scelta di escludere dagli inviti i soli sindacati inquilini e le associazioni degli studenti universitari;
non era mai avvenuto in passato che soggetti rappresentativi, quali sono i sindacati inquilini, fossero esclusi da un tavolo istituzionale presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il che lascia perplessi in quanto si escludono soggetti che sono centrali e rappresentativi, di un vasto settore sociale ai quali viene preclusa la possibilità di fornire un contributo di merito;
l'esclusione dei sindacati inquilini e delle associazioni degli studenti universitari dal tavolo istituzionale avviato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha alcuna motivazione plausibile e, all'interrogante, appare necessario superare questa esclusione procedendo, da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ad invitare anche i sindacati maggiormente rappresentativi degli inquilini e le associazioni degli studenti universitari –:
quali siano i motivi dell'esclusione dal tavolo ministeriale dei sindacati inquilini e delle associazioni degli universitari, per la definizione di un piano casa e se non ritenga opportuno e necessario procedere ad invitare al tavolo anche l'Unione inquilini e gli altri sindacati inquilini, nonché le associazioni degli studenti universitari, dando completezza al tavolo e rappresentanza a tutti i soggetti interessati al piano casa, tenendo conto dei contributi che possono venire da tutti i soggetti partecipanti, comprendendo così in maniera esaustiva anche i sindacati inquilini e le associazioni degli studenti universitari.
(4-02208)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta in premessa che la legge di bilancio 2024 (articolo 1, commi 282-284) ha stabilito, al fine di contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale, che vengano definite le linee guida per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica, coerenti con le seguenti linee di attività:
contrasto al disagio abitativo mediante azioni di recupero del patrimonio immobiliare esistente e di riconversione di edifici aventi altra destinazione pubblica;
destinazione a obiettivi di edilizia residenziale pubblica o sociale delle unità immobiliari di edilizia privata rimaste invendute, in accordo con i proprietari;
realizzazione di progetti di edilizia residenziale pubblica tramite operazioni di partenariato pubblico-privato, finalizzate al recupero o alla riconversione del patrimonio immobiliare esistente.
Dunque, al fine di rilevare le priorità e i fabbisogni sul tema dell'abitare nonché di valutare, conseguentemente, le strategie e gli investimenti da porre in campo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha effettuato delle consultazioni con i maggiori stakeholders del settore, potenzialmente interessati ad ipotesi di investimenti privati complementari alle risorse pubbliche, in considerazione dell'importanza dell'housing sociale che affiancherà l'edilizia residenziale pubblica nell'ambito della redazione del nuovo Piano casa.
Le molteplici proposte pervenute hanno portato all'individuazione di specifiche tematiche che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ritenuto di dover approfondire attraverso la costituzione di appositi tavoli di lavoro, con il coinvolgimento di professionalità interne ed esterne all'Amministrazione. Nello specifico, sono stati istituiti sei tavoli tematici che hanno riguardato le attività preliminari volte alla definizione degli aspetti finanziari dello stesso. Nel dettaglio, i tavoli hanno:
riordino e semplificazione delle procedure relative alla disciplina edilizia/urbanistica;
riordino delle attività degli enti strumentali regionali;
quantificazione fabbisogno abitativo ERP ed ERS;
individuazione e mappatura del patrimonio immobiliare pubblico da recuperare: in disuso, in stato di degrado e abbandono da riconvertire a edilizia residenziale;
individuazione e mappatura del patrimonio immobiliare privato invenduto;
nuova edilizia residenziale ERP-ERS: edilizia residenziale pubblica, housing sociale, senior-housing, housing intergenerazionale, studentato, lavoratori fuori sede, Forze dell'ordine.
Le organizzazioni rappresentative dei proprietari, degli inquilini e degli studenti universitari potranno essere coinvolte in futuri tavoli di confronto, successivamente alla definizione dell'aspetto finanziario.
L'obiettivo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è quello di garantire la più ampia partecipazione possibile di tutte le parti sociali interessate per la definizione del Piano, per un'ampia condivisione dello stesso in considerazione dell'importanza sociale del provvedimento.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Matteo Salvini.
GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 9 novembre 2023, Cristiano Scardella, assistito dagli avvocati Silvia Marzot e Mauro Trogu, avanzava richiesta di accesso agli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari in merito all'arresto, alla cattura, alle indagini e alla morte per suicidio di suo fratello Aldo, avvenuta nel carcere Buoncammino di Cagliari il 2 luglio 1986;
Aldo Scardella fu arrestato il 29 dicembre del 1985 nel corso delle indagini relative al tentativo di rapina perpetrato presso la rivendita Bevimarket a Cagliari culminato con l'uccisione del titolare Giovanni Pisanu;
nel 1996, per i tragici fatti, a seguito di nuove indagini, furono inquisite, processate e alla fine condannate altre persone riconosciute colpevoli dell'omicidio del commerciante: la sentenza della Corte d'assise di Cagliari fu confermata dalla Corte di cassazione il 20 settembre 2002;
nel luglio 1986, a seguito del suicidio di Aldo avvenuto dopo sei mesi di totale isolamento, furono svolte varie inchieste: il 30 settembre 1986 il Pg della Corte di cassazione esercitava l'azione disciplinare nei confronti della dottoressa C. Pugliese; il CSM il 5 giugno 1987 sanzionava con una censura la dottoressa Pugliese; diverse furono le interrogazioni parlamentari presentate al Ministro della giustizia in merito alla morte e alle modalità di carcerazione del giovane Aldo che, all'epoca dei fatti, aveva 25 anni;
il 15 novembre 2023, il Procuratore della Repubblica di Cagliari Rodolfo Maria Sabelli, riconosciuto l'interesse del richiedente, autorizzava l'ostensione degli atti nella disponibilità dell'ufficio e, se richiesto, di rilasciare copia;
all'avvocato Mario Trogu, quale delegato dell'avvocato Silvia Marzot, venivano messi a disposizione due faldoni relativi ai procedimenti penali n. 1389/1997 R.N.R. e n. 2160/1985 R.N.R. della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Cagliari;
il 22 dicembre 2023 l'avvocato Trogu estraeva copia di una prima parte del fascicolo n. 2160/1985 R.N.R. che restava custodito presso gli uffici della Procura della Repubblica;
nel mese di febbraio 2024 l'avvocato Trogu chiedeva di poter accedere nuovamente al fascicolo ma gli veniva spiegato che lo stesso era stato riportato nell'archivio della Procura dal quale il legale chiedeva fosse nuovamente prelevato;
i fascicoli venivano poi rimessi a disposizione nel marzo del 2024 ma sia l'avvocato Trogu, sia i funzionari della Procura, constatavano la mancanza del faldone del procedimento penale n. 2160/1985 a carico di Aldo Scardella in precedenza visionato ma fotocopiato solo in parte; ogni tentativo di rintracciare il faldone dava esito negativo;
il 12 luglio 2024, di fronte al silenzio della Procura, i legali di Cristiano Scardella, Marzot e Trogu, chiedevano al Procuratore Generale, Dottor Sabelli, in via preliminare il compimento di ogni attività e accertamento utili a reperire il suddetto fascicolo smarrito e, in via subordinata, l'acquisizione, presso chi li detiene, delle copie autentiche in luogo degli originali degli atti smarriti –:
se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
quali iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, intenda adottare in relazione ai fatti esposti in premessa, considerata l'esigenza che Cristiano Scardella possa avere accesso alla documentazione riguardante la tragica vicenda del fratello Aldo.
(4-03162)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, il deputato interrogante – ricostruita la vicenda giudiziaria del giovane Aldo Scardella, arrestato per l'omicidio di un commerciante, proclamatosi innocente durante il corso della detenzione, culminata nel suo suicidio, e risultato dopo anni estraneo ai fatti per essere stata accertata la responsabilità penale di altre persone — solleva specifico quesito in ordine all'adozione di eventuali «iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo» in merito allo smarrimento di parte degli atti relativi alle indagini all'epoca condotte, al quale il fratello Cristiano Scardella, per il tramite dei suoi avvocati, aveva chiesto l'accesso regolarmente autorizzato dal procuratore della Repubblica di Cagliari.
Con nota del 26 luglio 2024 il procuratore generale presso la corte di appello di Cagliari, opportunamente interpellato dalle competenti articolazioni ministeriali, precisato che «La Procura Generale ha messo a disposizione degli istanti tutta la documentazione in possesso all'ufficio [...] sarà cura di quest'ufficio informare, infine, le SS.LL. sull'esito delle ulteriori disposte ricerche degli atti di cui all'interrogazione», ha trasmesso la relazione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Cagliari che, per completezza di esposizione si riporta di seguito.
[...] Nel mese di novembre 2023, Cristiano Scardella, fratello di Aldo, tramite il proprio legale, ha presentato alla Procura Generale, alla Procura della Repubblica e al Tribunale di Cagliari istanza per prendere visione degli atti relativi alle indagini concernenti Aldo Scardella. Con provvedimento del 15 novembre 2023, il Procuratore sottoscritto, per quanto di propria competenza, ha autorizzato la visione e l'eventuale rilascio di copia degli atti rinvenuti, dopo accurate ricerche, all'interno del fascicolo del procedimento n. 1389/1997, relativo al procedimento iscritto nei confronti dei responsabili dell'omicidio. A memoria del sottoscritto, che aveva personalmente verificato il fascicolo, si trattava almeno in parte di copie formate su carta velina.
Nella primavera del 2024, la responsabile della sezione penale della Procura (ufficio di segreteria incaricato, di regola, di curare la visione e il rilascio delle copie agli avvocati) e il legale di Cristiano Scardella, avvocato Mauro Trogu, hanno informato il sottoscritto che gli atti non si trovavano più. In particolare, quegli atti erano stati già visionati nel dicembre 2023 dall'avvocato Trogu, il quale si era riservato di tornare per completare la visione e l'acquisizione delle copie ma, una volta tornato nel mese di marzo 2024, non erano stati più rinvenuti.
Chieste spiegazioni, la responsabile della sezione penale ha riferito al procuratore sottoscritto che gli atti del proc. n. 1389/1997, composto di diversi faldoni, erano stati lasciati provvisoriamente in un locale al terzo piano della Procura, abitualmente destinato ad archivio provvisorio, a disposizione del legale, in attesa che facesse ritorno. Gli atti di interesse, relativi alle indagini degli anni ’80, tuttavia, non erano stati più rinvenuti. La funzionaria non era in grado di precisare se tali atti fossero contenuti in un sesto, separato faldone, o fossero inseriti in uno dei cinque rimasti.
La medesima funzionaria, su disposizione del procuratore, procedeva alle ricerche all'interno degli uffici del terzo piano della Procura, ma senza esito; quindi, il sottoscritto ha disposto per iscritto di effettuare nuove e approfondite ricerche estese anche a tutti gli archivi e, in caso di mancato rinvenimento, di procedere alla ricostruzione degli atti, previe ricerche anche presso gli uffici di polizia giudiziaria. Tali attività sono state affidate all'ufficio di segreteria e ai responsabili delle sezioni di polizia giudiziaria dei Carabinieri e della Polizia di Stato della Procura della Repubblica. Si è tuttora in attesa della conclusione degli accertamenti disposti, al fine di una ricostruzione dell'accaduto, e si fa riserva, all'esito, di ulteriori, eventuali iniziative.
Per doverosa completezza di informazione, si aggiunge che nel mese di marzo 2024 una ditta esterna, su incarico della Corte di appello, a seguito di scarto ha provveduto allo smaltimento di vecchi atti giudiziari. Tuttavia, per errore, la ditta provvedeva a prelevare e avviare alla distruzione atti della Procura della Repubblica, custoditi in un archivio situato al piano terra del palazzo e in uso a diversi uffici giudiziari; in particolare, si trattava di procedimenti penali da lungo tempo definiti e risalenti agli anni 1996/1997. Di tale attività di smaltimento — in relazione alla quale sono in corso accertamenti — la Procura non era informata. Tuttavia, lo smaltimento degli atti, pur presentando una probabile coincidenza temporale rispetto alla sparizione — finora — degli atti richiesti in visione dal legale di Cristiano Scardella, ha avuto a oggetto atti conservati in locali situati al piano terra del palazzo, quindi locali completamente diversi da quelli (uffici della Procura situati al terzo piano dell'edificio), dove erano custoditi gli atti relativi al «caso Scardella». Quindi, un collegamento tra i due fatti deve ritenersi allo stato meramente ipotetico e sembrerebbe anzi da escludere, non risultando né essendo stato disposto alcuno spostamento degli atti chiesti in visione dall'avvocato Trogu dal terzo piano all'archivio del piano terra.
Entrambi i fatti sono tuttora oggetto di approfonditi accertamenti, del cui esito mi riservo di riferire alla S. V.
Così riepilogati gli esiti dell'istruttoria, allo stato non appaiono emergere condotte suscettibili di rilievo disciplinare a carico di magistrati coinvolti nella vicenda, né si ravvisa la necessità e/o l'opportunità per sollecitare eventuali iniziative di carattere ispettivo.
E infatti il procuratore della Repubblica di Cagliari ha assunto tutte le iniziative di sua competenza al fine di approfondire l'attività di ricerca degli atti processuali andati dispersi nonché per procedere, eventualmente, alla ricostruzione degli atti medesimi con ricerche mirate presso gli uffici di polizia giudiziaria, delegando all'uopo i responsabili delle lezioni di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica e lo stesso ufficio di segreteria e tali attività risultano tuttora in corso di svolgimento e il loro esito sarà debitamente comunicato.
A ogni buon conto, sarà cura di questo Dicastero monitorare doverosamente gli sviluppi della vicenda e assumere, se del caso, laddove dovessero emergere condotte suscettibili di rilevo disciplinare, le opportune iniziative nell'esercizio dei poteri riconosciuti dalla legge.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
MANZI, CURTI e SIMIANI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
le nuove modalità per l'ottenimento dei Cig, introdotte da inizio 2024, sono particolarmente complesse e generano nuovo carico burocratico per le amministrazioni;
occorre poter disporre di piattaforme semplici, poco onerose, interfacce chiare, che garantiscano tempi rapidi di lavoro a carico dei collaboratori dei comuni per compilare form on line: le ultime novità e le nuove piattaforme rallentano e in molte situazioni bloccano gli enti locali;
di amministratori denunciano come, eliminata la vecchia semplice piattaforma per la richiesta di Cig, usare il Mepa con credenziali nuove e interfacce non chiare, stia bloccando i comuni;
si ritiene necessario che le amministrazioni possano usufruire di piattaforme semplici, procedure e codici brevi, immediati;
andare in questa direzione rappresenta anche un aiuto alle imprese locali, dalle quali i comuni si servono, acquistando beni e servizi e sostenendo il mercato territoriale;
oggi, con il nuovo sistema, per avere un Cig si impiega molto tempo, quando la piattaforma funziona mentre prima occorrevano pochi minuti;
semplificare realmente, garantendo efficienza alla Pa, consentendo massima trasparenza, non significa rendere più complessa – come sta avvenendo – l'operatività dei comuni, degli enti sovracomunali e di tutta la pubblica amministrazione;
la situazione denunciata dagli enti locali merita approfondimenti e interventi operativi che semplifichino l'attuale quadro –:
se non si ritenga di reintrodurre gli «smart Cig», che si sono dimostrati più semplici e chiari nell'ottica della semplificazione del sistema;
quali iniziative si intenda realizzare per consentire alle amministrazioni di poter disporre di piattaforme semplici, poco onerose, che garantiscano tempi rapidi di lavoro.
(4-02243)
Risposta. — L'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo in esame chiede chiarimenti in merito relazione alla complessità della nuova procedura per l'ottenimento del codice identificativo di gara (CIG) presso i comuni, e quali iniziative si intenda adottare, per consentire agli enti locali di disporre di piattaforme chiare che garantiscano tempi di lavoro rapidi nell'ottica della semplificazione del sistema.
Al riguardo, non si riscontrano atti di precedente trattazione, infatti, è solo dal 1° gennaio 2024 che la digitalizzazione integrale del ciclo degli appalti ha acquisito piena efficacia, come previsto dal decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (nuovo Codice dei contratti pubblici) e dagli impegni presi con il PNRR.
In particolare, secondo l'articolo 23 del nuovo Codice dei contratti pubblici, l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) è titolare in via esclusiva della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (prevista all'articolo 62-bis del Codice dell'amministrazione digitale, decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82), abilitante l'ecosistema nazionale di e-procurement, e ne sviluppa e gestisce i servizi. La Banca dati nazionale dei contratti pubblici è interoperabile con le piattaforme di approvvigionamento digitale utilizzate dalle stazioni appaltanti e rende disponibili ad esse i servizi e le informazioni necessari allo svolgimento delle fasi dell'intero ciclo di vita dei contratti pubblici, anche ai fini del rispetto di quanto previsto dal decreto trasparenza (decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33) e si integra con la piattaforma unica della trasparenza istituita presso l'ANAC.
Fino al 31 dicembre 2023 ogni stazione appaltante utilizzava direttamente i servizi ANAC per l'ottenimento del Codice identificativo di gara (CIG). Per gli importi fino a euro 40.000 ANAC concedeva un ulteriore servizio denominato Smart CIG con modalità operative semplificate. Successivamente la stazione appaltante gestiva la procedura di approvvigionamento con altri strumenti. Dal 1° gennaio 2024, il servizio CIG è stato unificato (non esiste più lo Smart CIG) e non si utilizzano più direttamente i servizi ANAC. Il CIG viene richiesto dalle stazioni appaltanti solo per il tramite della piattaforma di acquisizione a scelta adottata e la trasmissione di dati (incluso il CIG) e documenti tra la piattaforma di acquisizione e i sistemi ANAC sono assicurati da servizi di interoperabilità tra essi operanti.
Infatti, il nuovo Codice prevede che tutto il processo sia digitalizzato in un unico ecosistema integrato, costituito da piattaforme e servizi digitali infrastrutturali (Banca dati e servizi per l'interoperabilità messi a disposizione da ANAC), dalle piattaforme di e-procurement (certificate da AgID ed elencate sul sito dell'ANAC) utilizzate dalle stazioni appaltanti e dalle piattaforme di interoperabilità, scambio e riuso di informazioni. La nuova procedura, quindi, riduce gli oneri a carico delle stazioni appaltanti e dei rispettivi Responsabili unici di progetto (RUP), trasferendoli ad un dialogo tra sistemi informativi interoperanti. Le stazioni appaltanti oggi devono impiegare sin dall'inizio della procedura di acquisizione una delle piattaforme di e-procurement certificate e, tramite essa, emettere le richieste di CIG ai sistemi ANAC che sono interoperanti.
Nella fase di avvio – iniziata da poco più di un mese – non è inusuale che le nuove modalità abbiano comportato qualche rallentamento. I processi organizzativi interni ad ogni stazione appaltante, infatti, possono avere necessità di una revisione in funzione della digitalizzazione completa del processo di acquisizione. Non v'è dubbio, però, che a regime il sistema porterà a una riduzione delle operazioni in carico a ciascuna stazione appaltante. In questa prima fase alcune amministrazioni comunali hanno riscontrato criticità nella applicazione della digitalizzazione dell'ecosistema dei contratti pubblici, in particolare per l'acquisizione del CIG per affidamenti diretti di valore inferiore a 5.000 euro.
A tal proposito, come pubblicato da ANAC sul proprio sito, con il comunicato del Presidente ANAC del 10 gennaio 2024, è stato chiarito che fino al 30 settembre 2024, per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro, il CIG potrà essere acquisito, oltre che attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale certificata utilizzata per la gestione dell'affidamento, anche con l'interfaccia web messa a disposizione direttamente dall'ANAC tramite la piattaforma contratti pubblici (PCP). Tale strumento rappresenta una modalità suppletiva che può essere utilizzata in caso di impossibilità o difficoltà di ricorso alle piattaforme di approvvigionamento digitale certificate, per il primo periodo di operatività della digitalizzazione.
Infine, ANAC, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri stanno progettando un intervento formativo di carattere generale rivolto alle pubbliche amministrazioni, con l'obiettivo di supportarle nella fase iniziale del processo di digitalizzazione dell'intero ciclo degli appalti e dei contratti pubblici.
Il Ministro per la pubblica amministrazione: Paolo Zangrillo.
MONTARULI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nelle carceri italiane sono avvenute diverse rivolte da parte dei detenuti, volte a creare pressioni e ottenere misure più clementi nei loro confronti;
in particolare, spicca la rivolta nel carcere di Torino della quale sono anche state diffuse le immagini riprese dal telefono cellulare di un detenuto nonostante il divieto di possesso di strumenti comunicazione verso l'esterno;
le immagini sono state diffuse nei social network quale strumento di propaganda della rivolta e delle relative pretese;
questo particolare rappresenta una sensazione di pretesa impunità da parte del detenuto;
nel corso della rivolta alcuni agenti di polizia penitenziaria sarebbero stati feriti, e in ogni caso è preoccupante il clima nel quale essi si trovano costretti a lavorare;
il Garante dei detenuti del comune di Torino avrebbe dichiarato che la rivolta è legata ad una delusione circa l'aspettativa di amnistia prospettata dalle istituzioni, nonostante il Governo abbia sempre negato tale provvedimento e fin dal suo insediamento abbia sempre mantenuto una posizione contraria a misure simili;
a parere dell'interrogante, le rivolte, per i tempi, i modi e gli strumenti utilizzati, sembrerebbero legate da un'unica strategia e organizzazione;
il disegno di legge del Governo recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario», attualmente esame della Camera dei deputati, attraverso alcune modifiche del codice penale introduce diverse misure riguardanti la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari, tra le quali figura anche l'introduzione del delitto di rivolta all'interno di un istituto penitenziario –:
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di ricostruire le responsabilità dei recenti episodi di violenza all'interno degli istituti penitenziari, e, con specifico riferimento a quanto avvenuto nel carcere di Torino, anche nel rispetto al grave fatto dell'introduzione di telefonini nella struttura.
(4-03159)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale il deputato interrogante, traendo spunto dalla rivolta occorsa di recente nella casa circondariale di Torino, le cui immagini riprese da un telefono cellulare sarebbero state poi diffuse sui social network, solleva specifici quesiti in ordine all'introduzione di telefoni cellulari all'interno degli istituti di pena, si rappresenta quanto segue.
Sulla specifica vicenda, dalle notizie comunicate dalle articolazioni centrali, opportunamente interessate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, è emerso che la protesta in esame, messa in atto il 12 luglio 2024 da alcuni ristretti ospitati presso la casa circondariale di Torino, è consistita nel lancio di specchi e bastoni, nella battitura dei blindi e nell'incendio di indumenti e lenzuola dell'amministrazione; ragion per cui, si è reso necessario l'utilizzo dell'idrante ma non l'evacuazione della sezione.
In particolare, la protesta è iniziata alle ore 21.15 circa ed è terminata alle ore 00.05, allorché si riusciva a riportare i detenuti alla calma e si provvedeva a spegnere i piccoli focolai accesi.
Durante la manifestazione di protesta non si verificavano danni né ai detenuti né al personale operante.
Venivano individuati due detenuti quali principali promotori dei disordini, per i quali la direzione penitenziaria ne richiedeva l'immediato allontanamento per motivi di ordine e sicurezza; di questi uno solo veniva trasferito presso la casa circondariale di Biella, mentre l'altro permaneva presso la casa circondariale di Torino, poiché istituto dotato dei presidi necessari confacenti alle caratteristiche dello stesso.
Nei confronti di tutti i detenuti coinvolti, veniva avviata l'azione disciplinare e si disponeva la chiusura della XII sezione (in regime ordinario di custodia aperta) per giorni sette.
La direzione ha svolto i necessari accertamenti al fine di individuare i responsabili della pubblicazione dei contenuti video della protesta sulla piattaforma social network «TikTok», contenuti ripresi fraudolentemente con dispositivi elettronici interdetti all'interno dell'istituto penitenziario. Dalla visione di detti contenuti, si riuscivano a individuare alcuni dei detenuti che, resisi responsabili della manifestazione di protesta, davano luogo ad azioni incendiarie; gli stessi venivano opportunamente deferiti alla locale procura della Repubblica.
Con riferimento, invece, all'episodio del ferimento di alcuni agenti, pure menzionato dall'interrogante, esso si verificava il 14 luglio 2024 presso la X sezione. Nello specifico, alle ore 19.50 circa, il detenuto C.A., dalla propria camera di pernottamento, iniziava a insultare e lanciare sputi contro il personale di polizia penitenziaria impegnato, in quel frangente, a ripristinare l'ordine e la sicurezza, atteso che, dalle ore 18.30, circa alcuni detenuti della sezione avevano posto in esser una manifestazione di protesta, urlando e lanciando oggetti vari all'interno del corridoio, unico luogo di transito.
I detenuti ponevano in essere anche tentativi di incendio, ma il personale interveniva prontamente per far sì che non fossero portati a compimento.
L'agente addetto alla vigilanza della sezione cercava di interloquire con il detenuto C.A. ma senza esito, poiché questi prima gli lanciava contro un bicchiere, poi, mentre l'agente era impegnato nella chiusura della porta blindata, lo colpiva al capo con il fornello del tipo consentito. L'agente riportava una lesione da taglio, per cui veniva prontamente soccorso e trasportato in ambulanza al locale nosocomio, da cui veniva dimesso alle ore 22.46 con una prognosi di dieci giorni.
Il detenuto veniva sottoposto a isolamento cautelare ai sensi dell'articolo 78 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000; veniva redatta, altresì, informativa di reato e inoltrata richiesta di trasferimento del detenuto al provveditorato regionale di Torino.
Queste le vicende specifiche, con particolare riferimento al contrasto del fenomeno dell'introduzione illegale di telefonini all'interno degli istituti penitenziari, si osserva che, sin dal 2020, questa amministrazione ha attivato una serie di azioni finalizzate all'acquisizione di strumenti di rilevazione e schermatura dei telefoni cellulari illegittimamente posseduti dalla popolazione detenuta: metal detector a portale, cell-phone detector, metal detector manuali (a paletta), altri rilevatori di metalli, rilevatori di segnali radio, macchine a raggi X, diverse tipologie di jammer per l'inibizione dei segnali radio. Tutti i predetti dispositivi sono stati equamente distribuiti negli istituti penitenziari dell'intero territorio nazionale.
Con particolare riferimento alla dotazione dell'istituto penitenziario di Torino, si riportano i dati delle singole strumentazioni assegnate:
n. 8 metal detector e cell phone detector a portale (rileva anche cellulari);
n. 35 metal detector manuale a paletta (rileva metalli);
n. 10 metal detector e cell phone detector manuale a paletta (rileva anche cellulari);
n. 4 metal detector e cell phone detector ad asta (rileva cellulari Ceia MSD);
n. 3 rilevatori trasmissioni radio;
n. 7 rilevatori manuali di cellulari;
n. 4 macchine raggi X – controllo pacchi.
Si evidenzia, inoltre, che la competente divisione della direzione generale per la gestione dei beni, dei servizi e degli interventi in materia di edilizia penitenziaria, di concerto con la direzione generale dei detenuti e del trattamento e in collaborazione con i provveditorati regionali, a seguito di diverse sperimentazioni negli istituti di pena del Paese, tra cui anche la casa circondariale di Torino – relative all'individuazione di strumenti di sicurezza tecnologici idonei all'utilizzo in ambito civile per la protezione delle strutture penitenziarie dall'introduzione di oggetti non consentiti a mezzo di aeromobili a pilotaggio remoto, meglio noti come droni – ha da tempo avviato uno strutturato programma di individuazione e acquisizione di speciali strumentazioni tecnologiche anti-drone per numerosi istituti penitenziari.
Da informazioni ricevute dal provveditorato regionale del Piemonte, il sistema anti-drone per la casa circondariale di Torino risulta essere stato acquisito e sono imminenti le attività relative all'installazione e collaudo dello stesso nei termini contrattuali stabiliti.
È in via di completamento, altresì, la fase esecutiva del primo programma di acquisizioni e installazioni di tali strumentazioni negli istituti individuati con priorità.
La suddetta direzione generale è impegnata, inoltre, nelle attività di supporto tecnico e procedurale alle direzioni e ai provveditorati regionali interessati per le acquisizioni delle diverse strumentazioni di contrasto e protezione, provvedendo, al contempo, alle attività di impulso, stimolo e coordinamento delle articolazioni territoriali volte alla sicurezza delle strutture penitenziarie.
Attesi i variegati contesti strutturali, morfologici e territoriali ove insistono gli istituti interessati, ad oggi, risultano installati e operativi n. 20 sistemi anti-drone, ai quali si aggiungeranno, entro l'anno corrente, ulteriori dotazioni di sistemi di protezione anti-drone per diversi altri istituti penitenziari, per i quali sono state espletate e già definite le procedure di acquisizione. Entro l'anno corrente, dunque, si prevede l'installazione e messa in opera delle dotazioni del primo programma di acquisizioni per ulteriori n. 20 istituti penitenziari.
La direzione generale ha provveduto, altresì, a mettere a disposizione degli istituti penitenziari e dei reparti speciali una speciale strumentazione trasportabile e «itinerante» per la cattura dei droni e l'individuazione dei responsabili, con finalità di supporto alle attività di investigazione e repressione di reati perpetrati a mezzo drone in ambito penitenziario.
Tale particolare strumentazione, attesi gli elevati costi hardware e software e trascorso il periodo di utilizzo a noleggio, è in procinto di essere definitamente acquisita dalla competente direzione generale, a seguito dell'attivazione di apposite procedure di gara.
Giova, altresì, informare che la competente direzione generale, sta analizzando, anche attraverso sperimentazioni, idonee soluzioni tecniche e procedurali finalizzate all'acquisizione di speciali impianti di «schermatura» degli istituti penitenziari, volti a prevenire e contrastare le telecomunicazioni non autorizzate e/o illecite all'interno delle strutture penitenziarie, per cui è già in corso una specifica idea progettuale con carattere di priorità.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
SANTILLO e ALIFANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il giorno 15 gennaio 2024, durante le prime ore del mattino, si è verificato un incidente stradale in provincia di Caserta, tra il bivio Acerra-Afragola e Caserta Sud, in direzione Roma, nei pressi del casello autostradale di Caserta Sud;
l'incidente ha visto coinvolto un tir che si è ribaltato lungo la strada, nel territorio del comune di Marcianise (CE);
l'area a ridosso della città di Caserta, in particolare nei pressi dell'uscita autostradale di Caserta Sud, è interessata storicamente da un intenso traffico stradale, dovuto all'alta densità di popolazione residente in zona e alla presenza di numerose imprese e aziende, tra cui: uno dei centri commerciali più grandi del paese (il «Campania»); un grande parco commerciale («La Reggia Outlet»); l'area industriale di Marcianise; il consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta (Asi); l'Interporto Sud Europa;
il proliferare di autorizzazioni per la realizzazione delle innumerevoli imprese, aziende e centri commerciali nell'area, è a carico di un'ampia varietà di enti, apparentemente privi di un coordinamento tra loro, ovvero senza un quadro unitario di regia;
le uscite autostradali di Caserta (Nord e Sud), costituiscono due importanti collegamenti per il flusso turistico verso la città e, in particolare, verso la Reggia di Caserta, che nel 2023 ha fatto registrare oltre un milione di visitatori, oltre che ai fini di protezione civile;
il quotidiano provinciale Cronache di Caserta, nell'edizione del 16 gennaio 2024, ha raccontato di ben «12 ore di paralisi» degli automobilisti a seguito dell'incidente, con «tre strade bloccate, traffico congestionato in due province, Caserta e Napoli», con un numero altissimo di «prigionieri del traffico» bloccati in circa 8 chilometri di coda –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;
se si stia procedendo ad un'attenta valutazione dei flussi di traffico, alla luce della presenza e dell'apertura di così tanti insediamenti produttivi e commerciali nell'area;
quali iniziative di competenza si intendano adottare per evitare il ripetersi di disagi e possibili paralisi al verificarsi di incidenti stradali.
(4-02166)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In premessa, si rappresenta che l'episodio rilevato dagli interroganti è avvenuto il 15 gennaio 2024 sulla strada provinciale 335 e, per tale motivo, sono stati richiesti elementi informativi dalla prefettura di Caserta, sentita per il tramite del Ministero dell'interno.
Secondo quanto riferito dal Comando provinciale dei Carabinieri e dalla Polizia stradale di Caserta, il conducente di un autoarticolato ha perso il controllo del veicolo, causando il ribaltamento dello stesso e la fuoriuscita del carico. L'automezzo è stato, quindi, rimosso dai Vigili del Fuoco di Caserta, con il supporto di una ditta specializzata, nella stessa giornata del 15 gennaio 2024.
Per quanto concerne la circolazione veicolare, si segnala che essa è stata garantita, nel corso della giornata, sull'intero tratto della strada e in tutte le direzioni, seppur con inevitabili rallentamenti, ad eccezione dell'intervallo tra le ore 15 e le 16, in cui si sono svolte le operazioni di rimozione del veicolo.
Con riferimento, invece, alla valutazione dei flussi di traffico nell'area dell'agglomerato industriale di Marcianise, si evidenzia che la prefettura di Caserta ha svolto vari incontri e sopralluoghi con i referenti dei centri commerciali, del consorzio ASI di Caserta e dell'interporto Sud Europa, allo scopo di pianificare i dispositivi di prevenzione lungo le arterie stradali e autostradali nell'area interessata. Tali attività hanno consentito l'individuazione di percorsi in entrata e in uscita dai centri commerciali della zona, potenziando l'itinerario verso Caivano, al fine di decongestionare il casello di Caserta Sud, e prevedendo un presidio da parte della Polizia municipale di Marcianise presso la rotatoria Fontanelle per favorire il deflusso delle auto nei picchi di traffico.
Inoltre, nell'area di proprietà del consorzio ASI, è in corso la bonifica, la caratterizzazione e la rimozione dei rifiuti lungo la strada alle spalle del centro commerciale, al fine di collegarlo alla viabilità dell'interporto Sud Europa, alleggerendo, dunque, il flusso veicolare sulle altre strade.
Si segnala, altresì, che ulteriori miglioramenti nella gestione del traffico potranno registrarsi grazie all'imminente apertura del nuovo svincolo autostradale «Maddaloni» lungo la A30 Caserta-Salerno, che faciliterà l'accesso all'interporto Sud Europa e all'intero agglomerato industriale di Marcianise.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha attivato specifici tavoli tecnici con società concessionarie ed enti territoriali competenti nella gestione della circolazione per fronteggiare, anche in via preventiva, le crisi legate alla viabilità in seguito ad incidenti stradali, in coordinazione con il Centro nazionale viabilità Italia, operante presso il Ministero dell'interno.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Matteo Salvini.
SANTILLO, D'ORSO, ILARIA FONTANA, FRANCESCO SILVESTRI, CASO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 19 dicembre 2023 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha avviato il tavolo per la definizione di un piano casa, del quale nel nostro Paese ci sarebbe assoluto bisogno, tenuto conto delle 650.000 famiglie nelle graduatorie per l'accesso ad una casa popolare; delle oltre 40.000 sentenze di sfratti emesse ogni anno; delle 983.000 famiglie stimate dall'Istat in povertà assoluta e in affitto; del caro affitti e della assoluta insufficienza di residenze per studenti;
al tavolo aperto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per definire un piano casa risultano invitati e partecipanti: cooperative edilizie, costruttori, associazioni dei proprietari, ordini professionali, fondazioni, agenzie immobiliari, operatori economici, regioni, comuni ed enti gestori di edilizia residenziale pubblica;
dal tavolo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti gli unici esclusi risultano essere l'Unione inquilini e tutti gli altri sindacati inquilini, quindi i rappresentanti di coloro che dovrebbero essere i beneficiari del Piano casa;
anche nella seconda riunione del tavolo, tenutasi lo scorso 16 gennaio 2024, si è assistito alla scelta di escludere dagli inviti i soli sindacati inquilini;
non era mai avvenuto in passato che soggetti rappresentativi, quali sono i sindacati inquilini, fossero esclusi da un tavolo istituzionale presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il che lascia perplessi in quanto si escludono soggetti che sono centrali e rappresentativi, di un vasto settore sociale ai quali viene preclusa la possibilità di fornire un contributo di merito;
l'esclusione dei sindacati inquilini dal tavolo istituzionale avviato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha alcuna motivazione plausibile e, agli interroganti, appare necessario superare questa esclusione procedendo, da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ad invitare anche i sindacati maggiormente rappresentativi degli inquilini –:
quali siano i motivi dell'esclusione dell'Unione inquilini e degli altri sindacati inquilini dal tavolo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la definizione di un piano casa;
se non ritenga opportuno e necessario procedere ad invitare al tavolo anche l'Unione inquilini e gli altri sindacati inquilini, dando completezza al tavolo e rappresentanza a tutti i soggetti interessati al piano casa, tenendo conto dei contributi che possono venire da tutti i soggetti interessati, compresi i sindacati inquilini.
(4-02203)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta in premessa che la legge di bilancio 2024 (articolo 1, commi 282-284) ha stabilito, al fine di contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale, che vengano definite le linee guida per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica, coerenti con le seguenti linee di attività:
contrasto al disagio abitativo mediante azioni di recupero del patrimonio immobiliare esistente e di riconversione di edifici aventi altra destinazione pubblica;
destinazione a obiettivi di edilizia residenziale pubblica o sociale delle unità immobiliari di edilizia privata rimaste invendute, in accordo con i proprietari;
realizzazione di progetti di edilizia residenziale pubblica tramite operazioni di partenariato pubblico-privato, finalizzate al recupero o alla riconversione del patrimonio immobiliare esistente.
Dunque, al fine di rilevare le priorità e i fabbisogni sul tema dell'abitare nonché di valutare, conseguentemente, le strategie e gli investimenti da porre in campo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha effettuato delle consultazioni con i maggiori stakeholders del settore, potenzialmente interessati ad ipotesi di investimenti privati complementari alle risorse pubbliche, in considerazione dell'importanza dell'housing sociale che affiancherà l'edilizia residenziale pubblica nell'ambito della redazione del nuovo Piano casa.
Le molteplici proposte pervenute hanno portato all'individuazione di specifiche tematiche che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ritenuto di dover approfondire attraverso la costituzione di appositi tavoli di lavoro, con il coinvolgimento di professionalità interne ed esterne all'Amministrazione. Nello specifico, sono stati istituiti sei tavoli tematici che hanno riguardato le attività preliminari volte alla definizione degli aspetti finanziari dello stesso. Nel dettaglio, i tavoli hanno:
riordino e semplificazione delle procedure relative alla disciplina edilizia/urbanistica;
riordino delle attività degli enti strumentali regionali;
quantificazione fabbisogno abitativo ERP ed ERS;
individuazione e mappatura del patrimonio immobiliare pubblico da recuperare: in disuso, in stato di degrado e abbandono da riconvertire a edilizia residenziale;
individuazione e mappatura del patrimonio immobiliare privato invenduto;
nuova edilizia residenziale ERP-ERS: edilizia residenziale pubblica, housing sociale, senior-housing, housing intergenerazionale, studentato, lavoratori fuori sede, Forze dell'ordine.
Le organizzazioni rappresentative dei proprietari e degli inquilini potranno essere coinvolte in futuri tavoli di confronto, successivamente alla definizione dell'aspetto finanziario.
L'obiettivo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è quello di garantire la più ampia partecipazione possibile di tutte le parti sociali interessate per la definizione del Piano, per un'ampia condivisione dello stesso in considerazione dell'importanza sociale del provvedimento.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Matteo Salvini.