XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta del 21 novembre 2024.
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Brambilla, Calderone, Calovini, Cantone, Cappellacci, Carè, Carloni, Casasco, Cattaneo, Cavandoli, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, D'Alessio, Dara, Deidda, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Marino, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Osnato, Nazario Pagano, Pellegrini, Pichetto Fratin, Pittalis, Polidori, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Rizzetto, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Stefani, Tajani, Trancassini, Tremonti, Urzì, Vaccari, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 20 novembre 2024 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE RICHETTI ed altri: «Introduzione dell'articolo 133-bis della Costituzione, concernente lo svolgimento contestuale delle elezioni e dei referendum» (2143).
Sarà stampata e distribuita.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge MASCHIO ed altri: «Disciplina del volo da diporto o sportivo» (822) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Iaia.
La proposta di legge QUARTINI ed altri: «Disposizioni in materia di terapie digitali» (2095) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Pavanelli.
Annunzio di sentenze
della Corte costituzionale.
La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
in data 14 novembre 2024, Sentenza n. 179 del 15 ottobre – 14 novembre 2024 (Doc. VII, n. 396),
con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall'articolo 554-ter, comma 3, del codice di procedura penale;
dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'articolo 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall'articolo 554-quater, comma 3, del codice di procedura penale:
alla II Commissione (Giustizia);
in data 15 novembre 2024, Sentenza n. 180 del 15 ottobre – 15 novembre 2024 (Doc. VII, n. 397),
con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 35, comma 5, della legge della Regione Sardegna 22 novembre 2021, n. 17 (Disposizioni di carattere istituzionale-finanziario e in materia di sviluppo economico e sociale):
alla I Commissione (Affari costituzionali);
in data 19 novembre 2024, Sentenza n. 181 del 30 ottobre – 19 novembre 2024 (Doc. VII, n. 398),
con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 44, commi da 7 a 11, del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, recante «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», dell'allegata Tabella 37 e della Tabella A, allegata al decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'articolo 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395), nella parte in cui distinguono secondo il genere, in dotazione organica, i posti da mettere a concorso nella qualifica di ispettore del Corpo di Polizia penitenziaria:
alla XI Commissione (Lavoro);
in data 21 novembre 2024, Sentenza n. 183 del 29 ottobre – 21 novembre 2024 (Doc. VII, n. 400),
con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 1, lettera i), della legge della Regione Umbria 14 giugno 1994, n. 17 (Norme per l'attuazione della legge 15 gennaio 1992, n. 21, in materia di trasporto di persone mediante mezzi di trasporto pubblici non di linea):
alla IX Commissione (Trasporti).
La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alla VIII Commissione (Ambiente), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
Sentenza n. 182 del 29 ottobre 2024 - 19 novembre 2024 (Doc. VII, n. 399),
con la quale:
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 87, comma 4, lettera a), numero 2), e 90, comma 1, lettera d), della legge della Provincia autonoma di Trento 4 agosto 2015, n. 15 (Legge provinciale per il governo del territorio), sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 31 della Costituzione, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento;
Sentenza n. 184 del 16 ottobre 2024 - 21 novembre 2024 (Doc. VII, n. 401),
con la quale:
dichiara non fondate, le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 148 e 149, della legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), sollevate, in riferimento agli articoli 3, sotto il profilo della intrinseca irragionevolezza, 24 e 41, commi secondo e terzo, della Costituzione, dalla Corte d'appello di L'Aquila;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 148 e 149, della legge n. 124 del 2017, sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento, dalla Corte d'appello di L'Aquila.
Trasmissione dal Ministero della giustizia.
Il Ministero della giustizia, con lettera del 20 novembre 2024, ha trasmesso la nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno ASCARI ed altri n. 9/1517/40, accolto dal Governo ed approvato dall'Assemblea nella seduta dell'8 novembre 2023, sull'opportunità di istituire un fondo destinato alla protezione e all'assistenza di soggetti minorenni coinvolti in reati di particolare allarme sociale o comunque provenienti da nuclei familiari legati alla criminalità organizzata, che abbiano manifestato la volontà di rifiutare il contesto criminale di provenienza, nonché sull'istituzione di una Commissione tecnica che valuti la sussistenza delle condizioni per l'applicazione di misure di protezione nei confronti di minorenni a rischio di ritorsioni nel percorso di fuoriuscita dal contesto criminale.
Nella medesima data del 20 novembre 2024, il Ministero della giustizia ha altresì trasmesso la nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno DE LUCA ed altri n. 9/2002/32, accolto dal Governo ed approvato dall'Assemblea nella seduta del 7 agosto 2024, sul reclutamento di nuovi magistrati, da destinare anche alla sorveglianza, eventualmente tramite lo scorrimento di graduatorie in corso di validità.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) competente per materia.
Annunzio di progetti
di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 20 novembre 2024, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio in vista dell'adozione di una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il regolamento (UE) n. 524/2013 e modifica i regolamenti (UE) 2017/2394 e (UE) 2018/1724 per quanto riguarda la dismissione della piattaforma europea per la risoluzione delle controversie online (COM(2024) 551 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
La Corte dei conti europea, in data 20 novembre 2024, ha comunicato la pubblicazione della relazione speciale n. 25/2024 – Digitalizzazione dell'assistenza sanitaria – Il sostegno dell'Unione europea agli Stati membri è stato nel complesso efficace, ma vi sono state difficoltà nell'utilizzo dei relativi fondi, che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XII Commissione (Affari sociali), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.
Il Ministro della cultura, con lettera in data 19 novembre 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 1° dicembre 1997, n. 420, la richiesta di parere parlamentare sull'elenco delle proposte di istituzione e finanziamento di comitati nazionali e di edizioni nazionali per l'anno 2024 (236).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 21 dicembre 2024.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
PROPOSTA DI LEGGE: MATTIA ED ALTRI: DISPOSIZIONI DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA IN MATERIA URBANISTICA ED EDILIZIA (A.C. 1987-A)
A.C. 1987-A – Questioni pregiudiziali
QUESTIONI PREGIUDIZIALI DI
COSTITUZIONALITÀ
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si compone di un articolo unico, recante disposizioni interpretative dell'articolo 41-quinquies, primo comma, della legge urbanistica n. 1150 del 1942 e dell'articolo 8 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, riguardanti gli obblighi di pianificazione attuativa nell'ambito del territorio comunale, e della definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
entrambi gli oggetti riguardano principi fondamentali della materia del governo del territorio e, dunque, sono riconducibili alla potestà legislativa dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
in particolare, attiene a un principio fondamentale del governo del territorio l'obbligo di formazione di piani particolareggiati di esecuzione della pianificazione urbanistica generale e il conseguente divieto di realizzare, in assenza del piano attuativo esteso all'intera zona, interventi eccedenti i limiti massimi di densità edilizia posti dal citato decreto ministeriale n. 1444 del 1968 a tutela del «primario interesse generale all'ordinato sviluppo urbano» (Corte costituzionale 1° dicembre 2022, n. 240). Allo stesso modo, operano in uno spazio di disciplina riservato allo Stato la qualificazione degli interventi edilizi e il loro regime abilitativo;
secondo quanto riportato nella relazione illustrativa a corredo del testo originario, la ratio della proposta di legge in esame si rinviene nella necessità di pervenire ad un chiarimento interpretativo in ordine alla possibilità di procedere in via diretta all'edificazione, dunque in assenza del necessario piano attuativo, ove l'area interessata dall'intervento sia già urbanizzata;
si osserva, tuttavia, che tale dilemma interpretativo non trova un idoneo riscontro nella più recente evoluzione giurisprudenziale che appare, al contrario, aver ormai superato e smentito l'orientamento emerso in concomitanza con l'emanazione della circolare del Ministero dei lavori pubblici 14 aprile 1969, n. 1501 e aver ribadito, in modo univoco e costante, l'obbligo della preventiva pianificazione urbanistica attuativa;
ad avviso dei firmatari del presente atto, l'urgenza impressa all'iter legislativo in questione suggerisce piuttosto che la ratio della disposizione debba essere ricercata nella necessità di definire in tempi brevi un quadro normativo che consenta di sanare le conseguenze dell'operato di quei comuni (vedi i casi del comune di Milano) che hanno consentito la formazione di titoli all'edificazione non preceduti dal piano particolareggiato prescritto dai citati articoli 41-quinquies, primo comma, della legge urbanistica e dall'articolo 8 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
la stessa proposta di legge muove infatti dal presupposto che gli interventi edilizi realizzati o assentiti sulla base di titoli abilitativi non preceduti dalla preventiva approvazione del prescritto piano particolareggiato non siano conformi alla sopracitata disciplina urbanistica e, riconoscendone il vizio, stabilisce nuovi casi e condizioni in presenza dei quali sia possibile ottenere un effetto sanante;
che il provvedimento in esame esaurisca la propria finalità nella definizione delle modalità per riportare a conformità determinate fattispecie è, d'altro canto, confermato dal comma 5 dell'articolo 1 che esclude dall'ambito di applicazione della norma gli interventi non più impugnabili ovvero confermati in via definitiva in sede giurisdizionale. Per tali interventi, posti in essere in violazione delle citate disposizioni, che, ratione temporis, non hanno accesso al beneficio previsto dalla nuova disciplina, permane infatti la sanzione della demolizione o della riduzione in pristino;
quanto rilevato porta ad escludere la portata interpretativa che si vorrebbe imprimere alla norma in questione, alla quale vanno attribuite piuttosto le caratteristiche di una nuova sanatoria dai contenuti, peraltro, ampiamente discrezionali;
purtuttavia, quand'anche si riconoscesse alla disposizione in questione una valenza interpretativa, occorre rilevare, come affermato dalla Corte costituzionale, che sebbene al legislatore non sia preclusa la possibilità di emanare norme retroattive, sia innovative sia di interpretazione autentica, «La retroattività deve, tuttavia, trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, al contempo potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata.» (così la sentenza n. 70 del 2024);
la relazione illustrativa non si sofferma sulle ragioni che giustificano la retroattività della nuova interpretazione data alle disposizioni urbanistiche ed edilizie richiamate, in discontinuità rispetto all'indirizzo giurisprudenziale prevalente, né sugli effetti che la disposizione in esame è destinata a produrre all'interno di un contesto normativo già radicato che rappresenta la sintesi del necessario bilanciamento con interessi antagonisti, costituzionalmente protetti, afferenti alla vivibilità del territorio e della «città pubblica»;
tale conclusione è avvalorata dalla circostanza che la nuova disciplina, nella sua veste interpretativa, avrebbe dovuto fare propri i principi della pianificazione urbanistica fino ad ora invalsi e ritenuti un parametro di legalità rispetto all'interesse pubblico sotteso al governo del territorio, al fine di scongiurare alterazioni idonee a danneggiare il benessere complessivo della collettività;
come ribadito dalla Corte costituzionale, la pianificazione urbanistica non è funzionale solo all'interesse all'ordinato sviluppo edilizio del territorio, ma è rivolta anche alla realizzazione contemperata di una pluralità di differenti interessi pubblici che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti (sentenze n. 219 e n. 202 del 2021 e similmente sentenze n. 90, n. 19 e n. 17 del 2023 e n. 229 del 2022). Il senso del principio di pianificazione risiede proprio nella esigenza di «una visione integrata di una determinata porzione di territorio, sufficientemente ampia da poter allocare su di esso tutte le funzioni che per loro natura richiedono di trovarvi posto» (da ultimo v. Corte costituzionale, 4 luglio 2024, n. 119);
autorevoli audizioni svolte nel corso dell'esame in sede referente hanno ravvisato nella proposta di legge in oggetto numerosi profili di incostituzionalità che permangono nel testo approdato all'esame dell'Assemblea, nonostante i ripetuti tentativi di riscrittura della norma;
quanto sopra rileva, in particolare, con riferimento all'articolo 97 della Costituzione e ai connessi principi di ragionevolezza, proporzionalità, adeguatezza, chiarezza, imparzialità e buon andamento dell'amministrazione;
la formulazione della norma presenta infatti ampi margini di incertezza in ordine alla definizione dei casi e delle condizioni individuati come idonei a produrre i medesimi effetti della pianificazione attuativa mancante. Oltre all'uso di una terminologia che non restituisce significati univoci o desumibili per analogia da altre disposizioni normative, nel testo presentato non viene definita in alcun modo la disciplina del procedimento e del provvedimento volto all'accertamento della conformità urbanistica degli interventi in oggetto, né si dà atto delle implicazioni della stessa nel complessivo sistema sanzionatorio previsto nei casi di accertamento del reato di lottizzazione abusiva, da cui consegue, ai sensi dell'articolo 44, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite;
si aggiunga che, ai sensi del comma 2, l'esonero dalla preventiva approvazione di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata, che la disposizione estende a tutte le tipologie di interventi edilizi configurabili (edificazione di nuovi immobili, sostituzione di edifici esistenti e interventi su edifici esistenti), soggiace alla condizione della verifica di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici «sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali». In altri termini, la legittimazione degli interventi eseguiti in difformità avviene prendendo in considerazione non già la normativa statale ma i livelli di regolazione regionale e comunale che possono contenere norme derogatorie rispetto al livello statale;
il Consiglio di Stato ha avuto modo di illustrare la «pericolosità» di questo sistema normativo derogatorio nel sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, concludendo che «pur in un quadro costituzionale e legislativo caratterizzato dai principi di sussidiarietà verticale e di prossimità territoriale, in ragione dei quali la regolazione dell'assetto del territorio è rimessa quanto più possibile ai livelli di governo più vicini alle comunità di riferimento, deve ritenersi che la determinazione delle dotazioni infrastrutturali pubbliche o di interesse generale resti riservata al legislatore statale, in quanto ragionevolmente riconducibile all'ambito delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali; in tale prospettiva, al legislatore statale spetta non soltanto individuare i principi fondamentali della materia, sibbene fissare i livelli minimi delle predette prestazioni, rispetto ai quali le normative regionali potrebbero intervenire esclusivamente in senso “rafforzativo”» (Sezione IV del Consiglio di Stato, ordinanza n. 1949 del 2022);
la stessa Corte costituzionale ha ribadito che disposizioni derogatorie delle leggi regionali sono consentite «a condizione che le deroghe siano recepite da strumenti urbanistici attuativi (funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio).» (v. sentenza n. 142 del 2024);
anche con riferimento alla definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) dell'articolo 3, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, l'interpretazione fornita dal comma 3 della disposizione in esame, che prevede un termine di retroattività decorrente dal 22 giugno 2013, data di entrata in vigore del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, non trova riscontro nella più recente giurisprudenza penale della Corte di cassazione e nella giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato e, da ultimo, la sentenza del Tar Lombardia, Milano, II, 7 agosto 2024, n. 2353) che hanno confermato la necessità di un'interpretazione aderente alla finalità di conservazione del patrimonio edilizio esistente, preservando, nei casi di demo-ricostruzione il nesso di continuità tra quanto demolito e quanto ricostruito, affinché non si verifichino variazioni significative di carico urbanistico o tali da configurare l'elusione degli standard urbanistici vigenti al momento della riedificazione ed applicabili ai casi nuova costruzione;
la definizione proposta rende ancor più confuso il confine tra intervento di ristrutturazione edilizia e intervento di nuova costruzione, nella sottospecie della sostituzione edilizia, generando inevitabili incertezze in sede applicativa, senza considerare che la qualificazione degli interventi edilizi come ristrutturazione, comporta vantaggi fiscali per il richiedente rispetto a quelli di nuova costruzione, con grave danno per le finanze comunali e in spregio al principio della parità di trattamento nei confronti dei soggetti che hanno sostenuto oneri più ingenti per la realizzazione di interventi di demolizione e ricostruzione qualificati come di nuova costruzione;
la disparità di trattamento è ravvisabile anche nella formulazione del comma 8 dell'articolo 1 che intende neutralizzare i sopravvenuti oneri indiretti per la finanza pubblica derivanti dall'interpretazione temeraria delle disposizioni della legge urbanistica e del testo unico dell'edilizia richiamate nei commi 1 e 3 escludendo il beneficio dello sconto sul corrispettivo e della cessione del credito d'imposta per gli interventi comportanti la demolizione e ricostruzione di edifici effettuati nelle zone sismiche 1, 2 e 3, compresi in piani di recupero del patrimonio edilizio esistente o di riqualificazione urbana, per i quali alla data del 17 febbraio 2023 non risultavano approvati i piani attuativi, con l'effetto paradossale di generare uno svantaggio a carico di situazioni già definite, in violazione del principio del legittimo affidamento garantito dall'articolo 3 della Costituzione;
a fronte della evidenza di un provvedimento che, spogliato dalle effimere e contraddittorie dichiarazioni di intenti tratteggiate nella relazione illustrativa, persegue la sola finalità di riportare a legittimità una situazione contingente contra legem, che ha coinvolto una specifica realtà territoriale, con l'effetto di ulteriormente indebolire e vanificare il principio fondamentale della pianificazione urbanistica unitaria del territorio e la positiva attuazione di valori costituzionalmente garantiti, e di fornire una connotazione fortemente riduttiva della nozione di rigenerazione urbana che risulta travisata nel concetto rinnovamento edilizio finalizzato alla riqualificazione non già di ambiti urbanizzati ma di singoli edifici;
per tutte le ragioni esposte,
delibera
di non procedere all'esame della proposta di legge n. 1987-A.
N. 1. Santillo, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Fede, Iaria, Pavanelli.
La Camera,
premesso che:
la proposta di legge in esame, che si compone di un unico articolo, reca disposizioni di interpretazione autentica di norme in materia urbanistica ed edilizia, riguardanti da una parte gli obblighi di pianificazione urbanistica attuativa posti dall'articolo 41-quinquies, primo comma, della legge urbanistica n. 1150 del 1942 (di seguito Legge urbanistica) e dall'articolo 8 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (di seguito decreto ministeriale n. 1444 del 1968) e dall'altra la definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia, secondo quanto attualmente disposto dall'articolo 3, comma 1, lettera d), del vigente testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380);
il comma 1 introduce un'interpretazione autentica dell'articolo 41-quinquies, primo comma della Legge urbanistica e dell'articolo 8 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, che subordina a piano attuativo (d'iniziativa pubblica o privata) le previsioni urbanistiche di piano regolatore, ove queste comportino la realizzazione di interventi con altezza superiore ai 25 metri e la concentrazione delle volumetrie con indice fondiario superiore ai 3 metri cubi per metro quadrato di area edificabile. La norma proposta mira a ridurre l'impatto di tale disposizione, escludendo l'obbligo di tale pianificazione attuativa nei casi di nuova edificazione, sostituzione edilizia o interventi su edifici esistenti, insistenti su singoli lotti situati in ambiti edificati e urbanizzati;
il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur avendo operato diverse abrogazioni riguardo la Legge urbanistica e nello specifico proprio all'articolo 41-quinquies, ha espressamente escluso l'abrogazione del sesto comma di tale articolo (attuale primo comma). In seguito non è intervenuta alcun'altra disposizione che, esplicitamente o anche solo implicitamente, abbia abrogato, l'attuale primo comma dell'articolo 41-quinquies della legge urbanistica, che pertanto è sempre rimasto in vigore e continua a essere riportato in tutte le raccolte di legislazione urbanistica. Si osserva altresì come il combinato disposto dell'articolo 41-quinquies, primo comma, della Legge urbanistica e il decreto ministeriale n. 1444 del 1968, individua già con precisione i casi in cui è necessario adottare un piano particolareggiato e quindi risulta difficilmente comprensibile la necessità di una interpretazione autentica, se non quella di intervenire a posteriori su singoli casi di trasformazione urbanistiche avvenute senza la predisposizione di tali strumenti attuativi;
il comma 3 reca una interpretazione autentica, con termine di retroattività fissato al 22 giugno 2013, data di entrata in vigore del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, quindi con oltre undici anni di retroattività, degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del vigente decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
la definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 è stata ripetutamente modificata (in particolare col citato decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, poi con il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120 – articolo 10, comma 1, lettera b), n. 2) – successivamente con il decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito in legge 27 aprile 2022, n. 34 – articolo 28, comma 5-bis, lettera a) – e infine con il decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito in legge 15 luglio 2022, n. 91 – articolo 14, comma 1-ter);
l'attuale definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia è stata finora univocamente e concordemente interpretata dalla giurisprudenza penale della Corte di Cassazione e dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cass. pen., Sez. III, 10 gennaio 2023, n. 91669; C.d.S., Sez. IV, 22 giugno 2021, n. 4791; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 841, T.A.R. Lombardia Sez. II 7 agosto 2024, n. 2353) nel senso che la ristrutturazione nella forma della demolizione e ricostruzione (demo-ricostruzione, nel linguaggio corrente) richiede un nesso di continuità tra quanto demolito e quanto ricostruito, senza variazioni significative di carico urbanistico. Diversamente si ha non ristrutturazione edilizia, bensì nuova costruzione, nella sottospecie della sostituzione edilizia. Peraltro lo stesso testo unico dell'edilizia all'articolo 10 (comma 1 lettera c)) include gli interventi di ristrutturazione edilizia cosiddetta «pesante» tra gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, subordinati a permesso di costruire e quindi risulta difficilmente comprensibile la necessità di una interpretazione autentica, se non quella di intervenire a posteriori su singoli casi di trasformazione urbanistiche avvenute senza i necessari titoli autorizzativi previsti per tale tipologia d'intervento;
entrambi gli oggetti delle interpretazioni autentiche introdotte dalla proposta di legge all'esame dell'Assemblea, riguardano principi fondamentali della materia del governo del territorio, che rientra nella potestà legislativa dello Stato. In particolare attiene a un principio fondamentale del governo del territorio lo speciale obbligo di formazione di piani particolareggiati di esecuzione della pianificazione urbanistica generale, posto all'articolo 8 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968. Al riguardo la Corte costituzionale ha affermato che: «(...) I limiti fissati dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, il quale trova il proprio fondamento nell'articolo 41-quinquies, commi 8 e 9, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), hanno efficacia vincolante anche verso il legislatore regionale, (...) costituendo essi principi fondamentali della materia, in particolare come limiti massimi di densità edilizia a tutela del “primario interesse generale all'ordinato sviluppo urbano”» (Corte costituzionale 20 ottobre 2020, n. 217; 1° dicembre 2022, n. 240);
il testo all'esame dell'Assemblea si inserisce a pieno titolo e con particolare spregiudicatezza nella recente produzione legislativa, anche di carattere regionale, che mira esplicitamente a deregolamentare la materia urbanistica, con l'obiettivo di ridurre, attraverso l'eliminazione dei piani attuativi (piano particolareggiato e piano di lottizzazione esecutiva), la strumentazione a disposizione dei comuni per il controllo delle trasformazioni urbane nei casi di elevato carico urbanistico;
in questo caso, attraverso norme d'interpretazione autentica con effetti retroattivi, si introduce peraltro una forma di sanatoria a posteriori e senza alcuna sanzione pecuniaria, sia per quegli interventi realizzati (o anche assentiti) in eccesso dei limiti di altezza e di volumetria previsti dalla norma attualmente in vigore, senza essere preventivamente oggetto di un previsto strumento attuativo, sia per quelli che, pur non rientrando nella tipologia d'intervento di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del vigente decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, potranno ora rientrare nella categoria della ristrutturazione edilizia in virtù di una ridefinizione retroattiva della tipologia d'intervento;
l'esegesi normativa, in primo luogo, pone questioni di compatibilità con il principio di separazione dei poteri, dal quale discende il divieto di ingerenza del potere legislativo nell'ordinario esercizio di quello giudiziario. In secondo luogo, le disposizioni di carattere interpretativo si collocano nell'ambito delle leggi retroattive, di modo che, sebbene la legittimità costituzionale ne sia ammessa con l'unico limite della materia penale (articolo 25, comma 2, Costituzione), queste non possono incidere, se non a determinate condizioni, sulle situazioni giuridiche soggettive pregresse;
in merito al profilo della retroattività della disposizione interpretativa, la Corte costituzionale riconosce la legittimità costituzionale dell'esegesi normativa là dove non vi sia un pregiudizio per i principi di legittimo affidamento dei cittadini, da considerarsi «elemento fondante lo Stato di diritto» (Corte costituzionale n. 166 del 2012), e di certezza del diritto. La disposizione interpretativa, quindi, non solo non deve ingerirsi nella sfera riservata al potere giudiziario, ma deve altresì essere ragionevolmente giustificata da motivi imperativi di interesse generale, in modo da bilanciare gli effetti retroattivi che potrebbero pregiudicare i diritti acquisiti dai soggetti interessati o determinare una diversità di trattamento tra i cittadini a causa della sopraggiunta interpretazione della norma;
ancora la Corte costituzionale, con sentenza n. 282 del 2005, chiarisce come la riconosciuta natura effettivamente interpretativa di una legge non esclude che da essa possano derivare violazioni costituzionali. Invero, al di fuori della materia penale (dove il divieto di retroattività della legge è stato elevato a dignità costituzionale dall'articolo 25 Costituzione), l'emanazione di leggi con efficacia retroattiva da parte del legislatore incontra una serie di limiti che questa Corte ha da tempo individuato, e che attengono alla salvaguardia, tra l'altro, di fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto e il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (da ultimo, sentenze n. 376 del 2004, n. 291 del 2003 e n. 446 del 2002);
in particolare, al legislatore è precluso intervenire, con norme aventi portata retroattiva, «per annullare gli effetti del giudicato» (sentenza n. 525 del 2000): se vi fosse un'incidenza sul giudicato, la legge di interpretazione autentica non si limiterebbe a muovere, come ad essa è consentito, sul piano delle fonti normative, attraverso la precisazione della regola e del modello di decisione cui l'esercizio della potestà di giudicare deve attenersi, ma lederebbe i principi relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale e le disposizioni relative alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (cfr. sentenze n. 374 del 2000 e n. 15 del 1995);
al riguardo si richiama il parere espresso dalla I Commissione del 26 giugno 2024 sul disegno di legge A.C. 1896, di conversione in legge del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, nel quale si fa presente che: «(...) la Corte costituzionale ha affermato che al legislatore “non è preclusa la possibilità di emanare norme retroattive sia innovative sia di interpretazione autentica. La retroattività deve, tuttavia, trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, al contempo potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso delle norma adottata”» (in merito si vedano la sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2020, ma anche le sentenze n. 133 del 2020 e n. 4 e n. 77 del 2024);
la relazione alla proposta di legge non indica la situazione di fatto, gli obiettivi che si intendono raggiungere, né le ragioni che motivano le nuove disposizioni e ne giustificano la retroattività, né tantomeno il puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne motivano la previsione e i valori costituzionalmente tutelati, mentre le disposizioni normative così come proposte entrano a gamba tesa nelle 14 inchieste aperte dalla Procura di Milano, con decine di sequestri di edifici in costruzione, su diverse trasformazioni urbanistiche portate a termine nel capoluogo lombardo, vanificando la potestà pubblica della programmazione territoriale e della pianificazione attuativa;
la nuova definizione, con efficacia retroattiva, degli interventi di ristrutturazione edilizia posta dal comma 3 della proposta all'esame dell'Assemblea, unitamente a quella introdotta al comma 1 sull'articolo 41-quinquies, primo comma, della Legge urbanistica e dell'articolo 8 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, avrebbe come ulteriore effetto un grave danno erariale per la pubblica Amministrazione che ha visto diminuire dal 40 al 60 per cento il valore degli oneri concessori e di urbanizzazione incassati per le tipologie d'intervento realizzate con autorizzazioni semplificate in violazione della normativa urbanistica vigente e che registrerà anche in futuro gravi perdite economiche per effetto a regime della norma;
alla luce del quadro complessivo fin qui esposto,
delibera
di non procedere all'esame della proposta di legge n. 1987-A.
N. 2. Bonelli, Zanella, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.
A.C. 1987-A – Parere della I Commissione
PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
NULLA OSTA
sugli emendamenti contenuti nel fascicolo.
A.C. 1987-A – Parere della V Commissione
PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
Sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1:
PARERE CONTRARIO
sull'emendamento 1.113, in quanto suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sulle restanti proposte emendative.
A.C. 1987-A – Articolo unico
ARTICOLO UNICO DELLA
PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO
DELLA COMMISSIONE
Art. 1.
1. Il primo comma dell'articolo 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si interpreta nel senso che l'approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata non è obbligatoria nei casi di edificazione di nuovi immobili su singoli lotti situati in ambiti edificati e urbanizzati, di sostituzione, previa demolizione, di edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati e di interventi su edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati, che determinino la creazione di altezze e volumi eccedenti i limiti massimi previsti dall'articolo 41-quinquies, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, ferma restando l'osservanza della normativa tecnica per le costruzioni. Il numero 2) dell'articolo 8 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, si interpreta nel senso che l'approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata non è obbligatoria nei casi di edificazione di nuovi immobili su singoli lotti situati in ambiti edificati e urbanizzati, di sostituzione, previa demolizione, di edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati e di interventi su edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati, che determinino la creazione di altezze eccedenti l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, ove ciò non contrasti con un interesse pubblico concreto e attuale al rispetto dei predetti limiti di altezza, accertato dall'amministrazione competente con provvedimento motivato, o comunque ove ciò sia previsto dagli strumenti urbanistici, e fermi restando l'osservanza della normativa tecnica per le costruzioni nonché il rispetto dei limiti di densità fondiaria di cui all'articolo 7 del medesimo decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.
2. Nei casi di cui al comma 1, restano fermi il rispetto dei parametri di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici, sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali, nonché il rispetto, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, della distanza minima tra fabbricati, derogabile tra fabbricati inseriti all'interno di piani attuativi e di ambiti con previsioni planivolumetriche oggetto di convenzionamento unitario.
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, la lettera d) del comma 1 dell'articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, fermo restando quanto disposto dal sesto periodo della medesima lettera d), si interpreta nel senso che rientrano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia gli interventi di totale o parziale demolizione e ricostruzione che portino alla realizzazione, all'interno del medesimo lotto di intervento, di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, purché rispettino le procedure abilitative e il vincolo volumetrico previsti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali.
4. Nei casi di cui al comma 3, resta fermo il rispetto dei parametri di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali.
5. Sono fatti salvi gli effetti dei provvedimenti attinenti ai procedimenti di cui ai commi 1 e 3 non più impugnabili ovvero confermati in via definitiva in sede giurisdizionale alla data di entrata in vigore della presente legge. Si applica, in ogni caso, la disposizione del comma 8.
6. L'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.
7. Resta ferma la disciplina del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
8. Al fine di escludere l'insorgenza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le disposizioni dell'articolo 2, comma 2, lettera c), secondo periodo, del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38, in relazione alle costruzioni rientranti nella disciplina dell'articolo 41-quinquies, primo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si applicano esclusivamente alle spese sostenute per interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione di edifici per i quali risultino approvati, entro il 17 febbraio 2023, nelle forme previste dalla disciplina urbanistica applicabile, anche di livello regionale, i relativi piani attuativi, anche mediante piani di lottizzazione convenzionata, e risulti comprovata l'avvenuta presentazione entro la data del 29 dicembre 2023, della richiesta del titolo abilitativo legittimante all'esecuzione dei lavori. Nei casi di cui al presente comma non si applica l'articolo 2-bis del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 aprile 2023, n. 38.
PROPOSTE EMENDATIVE
EMENDAMENTI SEGNALATI
PER LA VOTAZIONE
ART. 1.
Sopprimerlo.
1.101. Santillo, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Iaria.
Sopprimere i commi 1 e 2.
Conseguentemente, al comma 5, sostituire le parole: ai commi 1 e 3 con le seguenti: al comma 3.
1.103. Santillo, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Ferrara.
Sopprimere i commi 2, 3, 5 e 6.
Conseguentemente, sostituire il comma 4, con il seguente:
4. All'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, dopo le parole: «efficientamento energetico» sono aggiunte le seguenti: «purché presentino elementi di continuità con l'edificio oggetto di demolizione e non comportino variazioni significative del carico urbanistico.».
1.23. Santillo, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino, Fede.
Sopprimere il comma 2.
1.25. Morfino, Ilaria Fontana, L'Abbate, Santillo.
Sopprimere i commi 3 e 4.
Conseguentemente, al comma 5, sostituire le parole: ai commi 1 e 3 con le seguenti: al comma 1.
1.102. Santillo, Ilaria Fontana, L'Abbate, Morfino.
Al comma 3, sostituire le parole: anche integralmente differenti da quelli originari, con le seguenti: purché sussista un nesso di continuità tra l'edificio demolito e quello di nuova costruzione e.
1.107. Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.
Dopo il comma 8, aggiungere il seguente:
9. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
1.77. Manes, Schullian, Steger, Gebhard, Pizzimenti, Fornaro, Lai, Serracchiani.
Dopo il comma 8, aggiungere il seguente:
8-bis. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
1.77.(Testo modificato nel corso della seduta) Manes, Schullian, Steger, Gebhard, Pizzimenti, Fornaro, Lai, Serracchiani.
(Approvato)
EMENDAMENTI NON SEGNALATI
PER LA VOTAZIONE
ART. 1.
Al comma 1, primo periodo, sostituire, le parole: o di lottizzazione convenzionata non è obbligatoria con le seguenti: è obbligatoria qualora essa sia prevista dai piani regolatori generali comunali, comunque denominati,.
Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo:
sostituire, le parole: o di lottizzazione convenzionata non è obbligatoria con le seguenti: è obbligatoria qualora essa sia prevista dai piani regolatori generali comunali, comunque denominati,;
sopprimere le parole da: , accertato dall'amministrazione competente fino a: dagli strumenti urbanistici.
1.112. Bonelli.
Al comma 1, primo periodo, sostituire, ovunque ricorrano, le parole: in ambiti edificati e urbanizzati, con le seguenti: nelle zone territoriali omogenee B così come definite alla lettera B) dell'articolo 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani regolatori generali comunali, comunque denominati.
Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire, ovunque ricorrano, le parole: in ambiti edificati e urbanizzati, con le seguenti: nelle zone territoriali omogenee B così come definite alla lettera B) dell'articolo 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani regolatori generali comunali, comunque denominati.
1.114. Bonelli.
Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: che determinino la creazione fino alla fine del periodo con le seguenti: qualora le altezze e i volumi rispettino i limiti massimi previsti dal medesimo articolo 41-quinquies, sesto comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150.
1.115. Bonelli.
Al comma 1, secondo periodo, sostituire le parole da: che determinino la creazione di altezze fino alla fine del periodo con le seguenti: qualora le altezze dei nuovi edifici rispettino i limiti di altezza degli edifici circostanti.
1.116. Bonelli.
Al comma 2, sostituire la parola: territoriali con le seguenti: minime inderogabili di cui all'articolo 3 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968.
Conseguentemente, al comma 4, sostituire la parola: territoriali con le seguenti: minime inderogabili di cui all'articolo 3 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968.
1.104. Bonelli.
Al comma 2, sostituire le parole da: derogabile tra fabbricati, fino alla fine del comma con le seguenti: e dei limiti inderogabili di densità edilizia di cui all'articolo 7, punto 2, del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968 o definiti in base alla normativa regionale e ai piani regolatori generali comunali, comunque denominati.
1.105. Bonelli.
Al comma 3, sostituire le parole: del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 con le seguenti: della presente legge.
1.106. Bonelli.
Al comma 3, dopo le parole: procedure abilitative aggiungere le seguenti: di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
1.108. Bonelli.
Al comma 3, sostituire le parole: il vincolo volumetrico con le seguenti: i limiti inderogabili di densità edilizia.
1.109. Bonelli.
Al comma 5, sopprimere le parole: non più impugnabili ovvero.
Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le parole: in via definitiva.
1.111. Bonelli.
Al comma 5, sopprimere le parole: Si applica, in ogni caso, la disposizione di cui al comma 8.
Conseguentemente sopprimere il comma 8.
1.113. Bonelli.
A.C. 1987-A – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
considerato che:
il provvedimento in esame reca misure volte e semplificare e a chiarire l'applicazione della normativa edilizia, nell'ottica di avviare a breve una complessiva riscrittura delle disposizioni sull'edilizia, sull'urbanistica e sulla rigenerazione urbana, la cui inadeguatezza è ormai evidente, a fronte delle mutate esigenze dello sviluppo territoriale e delle nuove competenze in materia assunte dalle regioni e dagli enti territoriali;
l'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 riguarda gli interventi eseguiti in base a permesso annullato. L'annullamento di un titolo edilizio – in sede giurisdizionale o in autotutela – produce l'effetto di rendere l'opera nel frattempo realizzata sine titulo;
la posizione di chi ha realizzato opere sulla scorta di un titolo edilizio successivamente annullato, almeno in linea teorica, non si differenzierebbe da quella di chi ha realizzato l'opera senza alcun titolo edilizio e, quindi, abusivamente, essendo in entrambi i casi le opere realizzate in forza del titolo edilizio annullato soggette alle sanzioni demolitorie che il Comune sarebbe tenuto ad irrogare;
sussiste, tuttavia, un'evidente differenza che distingue un'opera edilizia abusiva, ma realizzata conformemente ad un titolo edilizio rilasciato e poi annullato, da un'opera parimenti abusiva ma realizzata, sin dall'origine, senza alcun titolo;
nell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, la «fiscalizzazione dell'abuso» è ammessa ad una duplice condizione prevista dal legislatore: quando non possano essere rimossi i «vizi delle procedure amministrative» e quando la rimessione in pristino sia, per ragioni oggettive, inattuabile;
in considerazione della formulazione generica della norma, la giurisprudenza ha dato luogo a diversi, contrastanti, filoni interpretativi;
il Consiglio di Stato con la sentenza n. 17 del 7 settembre 2020 ha chiarito che il meccanismo di «compensazione» monetaria, o «fiscalizzazione dell'abuso», costituisce, in ragione degli opposti interessi in rilievo «un eccezionale temperamento al generale principio secondo il quale la costruzione abusiva deve essere sempre demolita». Tale temperamento va interpretato in maniera restrittiva, non potendosi consentire l'ingresso nell'ordinamento di «una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell'amministrazione»;
lo stesso Consiglio di Stato successivamente ha preso in considerazione l'ipotesi in cui i profili di contrato che hanno portato all'annullamento del titolo edilizio possano essere rimossi e, quindi, che i vizi riscontrati, benché non riconducibili nell'alveo dei «vizi delle procedure amministrative», siano comunque emendabili;
con la sentenza sez. VI, 11 ottobre 2023, n. 8869 il Consiglio ha affermato che «in esito all'annullamento di un titolo edilizio l'amministrazione comunale non può adottare, direttamente, un ordine di ripristino, piuttosto che la sanzione pecuniaria sostitutiva, dovendo prima pronunciarsi sulla possibilità di esitare, con il rilascio di un permesso di costruire postumo, l'originaria istanza presentata dal privato»;
solo all'esito di tale valutazione, e se e nella misura in cui il rilascio del permesso di costruire postumo non sia ritenuto possibile, l'amministrazione comunale può sanzionare con l'ordine di ripristino, o con la sanzione pecuniaria sostitutiva, le opere edilizie nel frattempo realizzate sulla base del titolo annullato;
in sostanza, la più recente giurisprudenza amministrativa, ha chiarito quale sia il corretto procedimento che i Comuni sono tenuti a seguire in presenza di titoli edilizi annullati sulla scorta di vizi sostanziali rimovibili,
impegna il Governo
a introdurre disposizioni generali volte a impedire disparità di trattamento rispetto a situazioni analoghe riconducibili all'applicazione dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, riguardante gli interventi eseguiti in base a permesso annullato, prevedendo l'introduzione di un procedimento consolidato che le amministrazioni competenti debbano svolgere prima dell'adozione del provvedimento definitivo, procedimento nel quale:
l'istanza deve essere riconsiderata secondo le disposizioni normative che vigevano al momento della sua presentazione da parte del privato;
si valuti se attraverso la rimozione di parte delle opere già realizzate, può essere rilasciato un nuovo titolo edilizio.
9/1987-A/1. Sala.
La Camera,
considerato che:
il provvedimento in esame reca misure volte e semplificare e a chiarire l'applicazione della normativa edilizia, nell'ottica di avviare a breve una complessiva riscrittura delle disposizioni sull'edilizia, sull'urbanistica e sulla rigenerazione urbana, la cui inadeguatezza è ormai evidente, a fronte delle mutate esigenze dello sviluppo territoriale e delle nuove competenze in materia assunte dalle regioni e dagli enti territoriali;
l'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 riguarda gli interventi eseguiti in base a permesso annullato. L'annullamento di un titolo edilizio – in sede giurisdizionale o in autotutela – produce l'effetto di rendere l'opera nel frattempo realizzata sine titulo;
la posizione di chi ha realizzato opere sulla scorta di un titolo edilizio successivamente annullato, almeno in linea teorica, non si differenzierebbe da quella di chi ha realizzato l'opera senza alcun titolo edilizio e, quindi, abusivamente, essendo in entrambi i casi le opere realizzate in forza del titolo edilizio annullato soggette alle sanzioni demolitorie che il Comune sarebbe tenuto ad irrogare;
sussiste, tuttavia, un'evidente differenza che distingue un'opera edilizia abusiva, ma realizzata conformemente ad un titolo edilizio rilasciato e poi annullato, da un'opera parimenti abusiva ma realizzata, sin dall'origine, senza alcun titolo;
nell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, la «fiscalizzazione dell'abuso» è ammessa ad una duplice condizione prevista dal legislatore: quando non possano essere rimossi i «vizi delle procedure amministrative» e quando la rimessione in pristino sia, per ragioni oggettive, inattuabile;
in considerazione della formulazione generica della norma, la giurisprudenza ha dato luogo a diversi, contrastanti, filoni interpretativi;
il Consiglio di Stato con la sentenza n. 17 del 7 settembre 2020 ha chiarito che il meccanismo di «compensazione» monetaria, o «fiscalizzazione dell'abuso», costituisce, in ragione degli opposti interessi in rilievo «un eccezionale temperamento al generale principio secondo il quale la costruzione abusiva deve essere sempre demolita». Tale temperamento va interpretato in maniera restrittiva, non potendosi consentire l'ingresso nell'ordinamento di «una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell'amministrazione»;
lo stesso Consiglio di Stato successivamente ha preso in considerazione l'ipotesi in cui i profili di contrato che hanno portato all'annullamento del titolo edilizio possano essere rimossi e, quindi, che i vizi riscontrati, benché non riconducibili nell'alveo dei «vizi delle procedure amministrative», siano comunque emendabili;
con la sentenza sez. VI, 11 ottobre 2023, n. 8869 il Consiglio ha affermato che «in esito all'annullamento di un titolo edilizio l'amministrazione comunale non può adottare, direttamente, un ordine di ripristino, piuttosto che la sanzione pecuniaria sostitutiva, dovendo prima pronunciarsi sulla possibilità di esitare, con il rilascio di un permesso di costruire postumo, l'originaria istanza presentata dal privato»;
solo all'esito di tale valutazione, e se e nella misura in cui il rilascio del permesso di costruire postumo non sia ritenuto possibile, l'amministrazione comunale può sanzionare con l'ordine di ripristino, o con la sanzione pecuniaria sostitutiva, le opere edilizie nel frattempo realizzate sulla base del titolo annullato;
in sostanza, la più recente giurisprudenza amministrativa, ha chiarito quale sia il corretto procedimento che i Comuni sono tenuti a seguire in presenza di titoli edilizi annullati sulla scorta di vizi sostanziali rimovibili,
impegna il Governo
a considerare prioritaria una ridefinizione delle procedure di cui all'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sulla base degli indirizzi più recenti della giurisprudenza amministrativa, riportati in premessa, e delle recenti modifiche introdotte con il decreto-legge n. 69 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 105 del 2024.
9/1987-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Sala.
La Camera,
premesso che:
la proposta di legge in esame reca disposizioni di interpretazione autentica di norme in materia urbanistica ed edilizia, riguardanti da una parte gli obblighi di pianificazione urbanistica attuativa posti dall'articolo 41-quinquies, primo comma, della legge urbanistica n. 1150 del 1942 (di seguito Legge urbanistica) e dall'articolo 8 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (di seguito decreto ministeriale n. 1444 del 1968) e dall'altra la definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia, secondo quanto attualmente disposto dall'articolo 3, comma 1, lettera d), del vigente testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380);
il comma 3 reca una interpretazione autentica, con termine di retroattività fissato al 22 giugno 2013, data di entrata in vigore del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, quindi con oltre 11 anni di retroattività, degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del vigente decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
la definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 è stata ripetutamente modificata (in particolare col citato decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, poi con il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120 – articolo 10, comma 1, lettera b), n. 2) – successivamente con il decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito in legge 27 aprile 2022, n. 34 – articolo 28, comma 5-bis, lettera a) – e infine con il decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito in legge 15 luglio 2022, n. 91 – articolo 14, comma 1-ter);
l'attuale definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia è stata finora univocamente e concordemente interpretata dalla giurisprudenza penale della Corte di Cassazione e dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cass. pen., Sez. III, 10 gennaio 2023, n. 91669; C.d.S., Sez. IV, 22 giugno 2021, n. 4791; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 841, T.A.R. Lombardia Sez. II 7 agosto 2024, n. 2353) nel senso che la ristrutturazione nella forma della demolizione e ricostruzione (demo-ricostruzione, nel linguaggio corrente) richiede un nesso di continuità tra quanto demolito e quanto ricostruito, senza variazioni significative di carico urbanistico. Diversamente si ha non ristrutturazione edilizia, bensì nuova costruzione, nella sottospecie della sostituzione edilizia;
lo stesso decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, all'articolo 10, comma 1 lettera c) include gli interventi di ristrutturazione edilizia cosiddetta «pesante» tra gli interventi trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, subordinati a permesso di costruire,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge una norma sull'arresto del consumo di suolo e di riordino in materia urbanistico-edilizia che disciplini la tipologia degli interventi sul patrimonio edilizio esistente, con efficacia vincolante anche sulla legislazione regionale, definendo, in particolare, limiti di densità edilizia e titoli autorizzativi, a tutela del primario interesse generale orientato all'ordinato sviluppo urbano del territorio e nel rigoroso rispetto delle dotazioni territoriali degli spazi pubblici e/o riservati alle attività collettive negli ambiti urbani.
9/1987-A/2. Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti.