XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la coltivazione, la vendita e il consumo di cannabis è un tema di rilevanza sociale che attraversa la giustizia, la salute pubblica, la sicurezza, la possibilità di impresa, la ricerca scientifica, le libertà individuali e, soprattutto, la lotta alle mafie e al terrorismo;
ogni politica pubblica di regolamentazione della cannabis, sia essa utilizzata per attività terapeutica, industriale o ludica, deve essere orientata a tutela della salute della persona;
sono decine di migliaia i pazienti che necessitano e utilizzano cannabis terapeutica in Italia, spesso lasciati soli dallo Stato e nell'impossibilità di ricevere la terapia, nonostante la regolare prescrizione;
sono 6 milioni i consumatori di cannabis in Italia e quasi 23 milioni nell'Unione europea;
seppure nel Paese il tema della regolamentazione dei derivati della cannabis abbia acquisito consensi sempre più vasti, fino ad oggi la possibilità di un confronto pragmatico ed equilibrato in Parlamento è stata resa vana dall'ostruzionismo manifestato dalle posizioni più faziose;
la questione se il regime di proibizione per la cannabis sia il più adatto a difendere la salute pubblica è stata affrontata a più riprese fin dal secolo scorso da commissioni di studio e comitati insediati dai Governi e dai Parlamenti in diverse parti del mondo;
nonostante i rapporti di organismi istituzionali e le più importanti revisioni della letteratura scientifica siano convergenti nell'indicare il superamento o l'alleggerimento della proibizione in virtù delle particolari caratteristiche farmacologiche della sostanza e dell'uso moderato, la regolamentazione della cannabis ha, per lo più, incontrato ostacoli ideologici a livello politico internazionale e nei singoli Stati;
tuttavia, negli ultimi anni si sono manifestati un'inversione di rotta e un cambiamento radicale di prospettiva. Sono molte le voci autorevoli che ormai certificano il fallimento della war on drugs, come testimonia il documento della «Commissione latino-americana su droghe e democrazia», un organismo di esperti promosso dagli ex Presidenti Cardoso del Brasile, Gaviria della Colombia e Zedillo del Messico, che chiedono un cambio di paradigma nella politica delle droghe; un altro organismo di indubbio prestigio è rappresentato dalla Global Commission on drug policy presieduta dall'ex Segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, che chiede un cambio di passo nelle politiche internazionali e una scelta a favore della regolamentazione della cannabis;
l'Alto commissariato per i diritti umani nel settembre 2023 ha rilasciato un rapporto nel quale chiede agli Stati di «adottare alternative alla criminalizzazione, alla “tolleranza zero” e all'eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell'uso; assumere il controllo dei mercati illegali delle droghe attraverso una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza». L'Alto commissario, nelle scorse settimane, ha ribadito che «la guerra alla droga è fallita completamente e inesorabilmente», non avendo ridotto né l'uso di droghe né il crimine correlato, aggravando la situazione per le comunità più vulnerabili;
si è davanti a un quadro internazionale molto diverso dal recente passato. Nel 2013 l'Uruguay ha legalizzato la produzione, la circolazione e il consumo dei derivati della cannabis. Il Canada ha regolamentato l'uso ricreativo nel corso del 2018. Negli Stati Uniti d'America – dove ben 24 Stati hanno, sino ad oggi, regolamentato la produzione e la vendita per qualsiasi tipo di consumo per gli adulti – la Camera dei rappresentanti ha votato per ben due volte (2020 e 2022) il More Act, una legge che toglie la cannabis dalla tabella nazionale delle droghe pericolose, cancellando le sanzioni federali e consentendone vendita e tassazione. Inoltre, il Presidente Biden ha avviato a fine 2023 il percorso di declassificazione della cannabis dalla tabella I alla III. Il processo terminerà a inizio 2025 ed è stato sostenuto anche dal Presidente eletto Trump;
a dicembre 2020, con una decisione storica, la Commissione droghe delle Nazioni Unite ha votato per cancellare definitivamente la cannabis dalla tabella IV delle sostanze sotto controllo internazionale più pericolose e senza utilità medica, riconoscendone il potere terapeutico. Nel pomeriggio dello stesso giorno, la Commissione europea ha chiarito che i prodotti contenenti cannabidiolo (frutto di gambi, foglie e fiori della pianta) possono essere inseriti nella lista dei novel food (nuovi alimenti) dell'Unione europea, dando il via libera per il loro finanziamento con i fondi della politica agricola comune;
altre riforme strutturali sulla cannabis avanzano in Australia, Israele, Georgia, Macedonia, Messico e Sudafrica, mentre nell'Africa subsahariana e in America latina molti Governi hanno adottato leggi per consentirne la produzione per fini terapeutici;
per quanto riguarda i Paesi europei, in seguito alla recente svolta storica della Germania, che ha regolamentato la coltivazione – anche in forma associata – e il consumo della cannabis, il processo di legalizzazione nel vecchio continente non sembra arrestarsi;
in particolare, Malta e Lussemburgo hanno legalizzato la cannabis anche a scopo ricreativo nel 2023; in Germania, da aprile 2024, è consentito coltivare fino a tre piante di cannabis per uso personale. Nei Paesi Bassi sono in corso sperimentazioni per regolarizzare la filiera che rifornisce i coffee-shop, con l'obiettivo di legalizzare la coltivazione, garantire un prodotto sicuro e recidere definitivamente il legame con il mercato nero; la Spagna ha un approccio unico alla cannabis rispetto all'Europa, in quanto, dal punto di vista legale, non vi è alcuna differenza tra uso ricreativo e terapeutico. In Portogallo, dal 2001, il consumo personale di cannabis è stato depenalizzato, con certe limitazioni circa la quantità, l'acquisto e la vendita (che rimangono illegali); in Francia, nel 2013, è stata legalizzata la cannabis per uso medicinale con prescrizione medica. Dal 2024 si è assistito a una legalizzazione anche del cannabidiolo;
in Italia, nel 2021 fu promosso da varie associazioni, partiti e realtà del Paese – Associazione Luca Coscioni, Forum droghe, Società della ragione, Antigone, Arci, Meglio legale e altri – un referendum, che raccolse oltre 630 mila firme, con il quale si chiedeva di depenalizzare la cannabis per uso personale;
il quesito referendario mirava a eliminare il reato di coltivazione, rimuovere la pena detentiva per qualsiasi condotta legata alla cannabis, con eccezione dell'associazione finalizzata al traffico illecito, e la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida;
nel febbraio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il requisito referendario perché, per come era stato formulato – nella sua interpretazione – avrebbe violato gli obblighi internazionali, perdendo così un'occasione per cambiare una normativa che a livello politico è divisiva e conduce ad un confronto che il più delle volte è soffocato da pregiudizi antiscientifici;
è ormai arrivato il tempo di predisporre un sistema di regolamentazione legale e sociale del fenomeno connesso all'uso della cannabis al fine di tutelare la salute dei consumatori, fino ad ora esposta ai rischi di un mercato libero e senza controlli, qual è quello illegale;
il 25 giugno 2024 è stata pubblicata la nuova relazione al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze, ridotta rispetto al passato, con assenza o incompletezza di dati e informazioni e con incongruenza nelle statistiche illustrate;
sul totale delle operazioni di polizia svolte nel 2023, il 47 per cento ha riguardato la cannabis, con quasi 10 mila sequestri per circa 67 tonnellate requisite, cui si aggiungono 156 mila piante;
sebbene la relazione non fornisca statistiche specifiche sui consumi presso la popolazione adulta, prendendo in considerazione esclusivamente la popolazione studentesca il 22 per cento (550 mila persone) riferisce di aver consumato cannabis nell'ultimo anno, con quasi 70 mila studenti che ne hanno fatto consumo frequente (20 o più volte nel mese);
si tratta della sola sostanza per la quale si è osservato un calo percentuale di utilizzo presso la fascia d'età più giovane, nonostante, prendendo in considerazione le segnalazioni riferite ai minori, la cannabis ricorra nel 97 per cento dei casi;
la cannabis conferma la sua netta predominanza in merito alle sanzioni amministrative ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, testo unico stupefacenti. Circa le denunce per articoli 73 e 74, invece, la cannabis influisce per il 37 per cento;
per quanto riguarda la presa in carico degli utilizzi problematici, la cannabis risulta la minor causa di trattamenti sanitari, con il 12 per cento di utenza nei SerD, il 6 per cento dell'utenza presso strutture private. Infine, il 6 per cento dei ricoveri ospedalieri per droghe è correlato alla cannabis, ovvero 393 casi su 6 milioni di consumatori;
infine, rispetto alle stime economiche, la relazione informa che alla cannabis è riconducibile il 40 per cento degli oltre 16 miliardi di euro di valore del mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi di euro, e resta la sostanza più sequestrata, con un dato costantemente superiore al 70 per cento;
il narcotraffico è una delle attività più redditizie della criminalità organizzata e la stessa relazione della Direzione centrale antidroga nel 2021 affermava che il narcotraffico è «il principale motore di tutte le attività illecite svolte dai grandi sodalizi criminali»;
deve chiarirsi, prima di tutto, che un'azione di contrasto efficace non è quella che tende al mero contenimento del fenomeno, bensì quella – ovviamente compatibile con le risorse del Paese – in grado di invertire il trend di continua crescita del narcotraffico, che, nel corso degli ultimi 40 anni, ha aumentato a dismisura il potere criminale e finanziario e che attualmente costituisce una preziosa risorsa anche per i terroristi;
è stato già in passato evidenziato come il crimine organizzato si sia rafforzato negli anni, sia nel nostro Paese che nel mondo intero, grazie proprio al controllo di un mercato che vale, annualmente, circa 560 miliardi di euro a livello globale: ricchezza illecita inevitabilmente destinata a refluire in gran parte sul mercato finanziario ed economico legale, alterandone le regole essenziali e, fra queste, la più importante che è quella che, in un sistema liberal-democratico, assicura giustizia, equità e progresso sociale, ossia la parità di partenza fra i diversi operatori economici;
sul punto, Unodoc (agenzia internazionale che si occupa di crimine organizzato) faceva proprio l'esempio della situazione italiana in cui le grandi organizzazioni mafiose mantengono intatte la loro capacità di condizionamento delle istituzioni pubbliche, proprio in quanto dispongono di risorse rilevanti provenienti dal traffico di stupefacenti;
le politiche repressive in materia di consumo di cannabis per uso ludico si sono dimostrate nel corso dei decenni del tutto inefficaci rispetto agli obiettivi che intendevano perseguire. Il proibizionismo ha generato costi pubblici ingenti, ma non ha minimamente ostacolato oltre 6 milioni di consumatori che si approvvigionano nel mercato nero;
si è infatti constatato che, sia in Italia che in Europa, le attività repressive sul traffico, sullo spaccio e sulla detenzione di cannabis hanno impegnano, come si evince anche dalla relazione presentata, sull'intero territorio nazionale (e non solo), un numero di appartenenti alle forze di polizia giudiziaria e di magistrati che è un multiplo di quello impegnato nelle azioni di contrasto all'eroina ovvero alla cocaina e alle droghe sintetiche, ben più pericolose;
i sequestri di quantitativi di cannabis sono, a seconda degli anni, 100 o 150 volte di più di quelli di eroina e cocaina e 8.000 volte maggiori dei sequestri delle droghe sintetiche. In pratica è sequestrata in misura infinitamente più ampia la sostanza meno dannosa rispetto a quelle ben più nocive, che possono essere in alcuni casi letali;
si impegna, sul fronte repressivo per il fenomeno cannabis, circa la metà delle forze che a disposizione sul campo per contrastare complessivamente il narcotraffico e il conseguente gravissimo fenomeno del riciclaggio;
non solo, quindi, non sarebbe pensabile impiegare più uomini e mezzi nella repressione del fenomeno, perché ciò sottrarrebbe le residue risorse all'azione di contrasto contro fenomeni che lo stesso legislatore ritiene più gravi (traffico di droghe pesanti, riciclaggio, corruzione, contrasto alle mafie e al terrorismo ed altri), ma sarebbe necessario dirottare risorse ed energie dalla repressione di fenomeni meno gravi (fra cui quello della cannabis) verso quelli ben più gravi che sono stati indicati;
la legislazione in Italia sulla cannabis è complessa e in continuo cambiamento e, nel nostro Paese, spesso non è possibile portare il discorso sulle sostanze illegali a un livello di dialogo razionale, che parli anche del coinvolgimento delle mafie nel traffico e nello spaccio;
in Italia sono vietati la produzione, la lavorazione, il traffico e l'impiego di foglie, infiorescenze, olio e resina di cannabis e delle preparazioni che li contengono, in forza del testo unico sugli stupefacenti del 1990. Eccezioni a questo divieto riguardano la cannabis per uso terapeutico e la cosiddetta cannabis light (anche se qui la normativa è attualmente oggetto di revisione da parte del Governo);
l'uso personale della cannabis rimane illegale in Italia. Il possesso di piccole quantità per uso personale è depenalizzato, il che significa che non comporta sanzioni penali, ma può comunque portare a sanzioni amministrative. Queste possono includere la sospensione della patente di guida, del passaporto o del permesso di soggiorno e la segnalazione alle autorità competenti;
basta il possesso per definire il reato («o comunque illecitamente detiene» articolo 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990) e la distinzione fra possesso per uso personale e per spaccio è molto labile ed incerta. Essa dipende nella pratica dei tribunali da fattori sociali ed economici che fanno sì che soggetti, con minori risorse sociali, culturali ed economiche, siano più facilmente accusati di spaccio con quantitativi anche di molto inferiori rispetto ad altre persone maggiormente inserite nella società o che possano provare di avere le risorse per permettersi il consumo;
nel suo rapporto sull'Italia l'International independent expert mechanism to advance racial justice and equality in the context of law enforcement promosso dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, tale organismo ha rilevato che l'approccio punitivo dell'Italia all'applicazione della legge sulla droga solleva notevoli preoccupazioni in materia di diritti umani;
anche il Comitato per i diritti economici e sociali dell'Onu nella sua revisione sull'Italia del 2023 ha espresso «preoccupazione per l'approccio punitivo al consumo di droghe e per l'insufficiente disponibilità di programmi di riduzione e del danno», raccomandando «che lo Stato riveda le politiche e le leggi sulle droghe, per allinearle alle norme internazionali sui diritti umani e alle migliori pratiche, e che migliori la disponibilità, l'accessibilità e la qualità degli interventi di riduzione del danno»;
la coltivazione di piante di cannabis per uso personale è dunque anch'essa illegale e può comportare sanzioni penali, inclusa la reclusione. Tuttavia, ci sono stati recenti sviluppi giurisprudenziali che hanno creato una certa ambiguità. Alcune sentenze della Corte di cassazione hanno stabilito che la coltivazione di poche piante per uso strettamente personale potrebbe non costituire un reato penale, purché non vi sia alcun intento di spaccio;
secondo la Corte di cassazione non integra il reato di coltivazione di stupefacenti una condotta di coltivazione svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto, se non ci sono significativi indici di un inserimento nel mercato illegale (Corte di cassazione, n. 12348 del 2020);
in realtà, la materia è ancora nebulosa e non esiste, infatti, un numero preciso di piante che è possibile tenere in casa, anche se la sentenza della Corte di cassazione ha dettato dei parametri ai quali far riferimento;
la Corte di cassazione ha infatti ritenuto che «integra una coltivazione domestica non punibile la messa a coltura di undici piantine di marijuana, collocate in vasi all'interno di un'abitazione, senza la predisposizione di accorgimenti, come impianti di irrigazione e/o illuminazione, finalizzati a rafforzare la produzione, le quali consentono l'estrazione di un quantitativo minimo di sostanze stupefacente ragionevolmente destinata all'uso personale» (Corte di cassazione, n. 6599 del 2021);
si tratta, però, di una singola pronuncia che non fa altro che alimentare il dibattito pubblico e legale sulla necessità di una riforma della normativa vigente;
la cannabis light è invece definita dalla legge n. 242 del 2016, che consente la coltivazione e la lavorazione della cannabis sativa per produrre alimenti, cosmetici, materie prime per l'industria, per svolgere attività didattiche o di ricerca e come pianta ornamentale, a condizione che il contenuto di Thc e dei suoi derivati commercializzati sia non superiore allo 0,2 per cento, con un margine di tolleranza nelle coltivazioni in campo sino allo 0,6 per cento;
in particolare, la legge n. 242 del 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», ha consentito in Italia la coltivazione della canapa (denominata scientificamente cannabis sativa L.) esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi dall'uso farmaceutico, con sementi certificate, in applicazione della normativa di settore, secondo le indicazioni dell'allora Ministero delle politiche alimentari, agricole e forestali. Le varietà di canapa che la legge consente di coltivare sono quelle iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE. Tali piante non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope sopra richiamato, poiché hanno un tenore di Thc inferiore o uguale allo 0,2 per cento. Infatti, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 242 del 2016, la coltivazione di tali varietà è consentita senza necessità di autorizzazione. I possibili usi del prodotto derivante dalla coltivazione senza la necessità di autorizzazione sono i seguenti: a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, olio carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; g) coltivazioni destinate al florovivaismo. Lo stesso articolo statuisce che l'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale, nei limiti e alle condizioni previste dall'allegato X alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni;
su tutto questo settore attualmente pende la scure della politica dell'attuale Governo, che prosegue la linea già tracciata dal decreto del Ministero della salute che aveva inserito le «composizioni per uso orale di cannabidiolo» tra le sostanze stupefacenti, decreto arrivato a inizio luglio 2024 dopo la sospensiva del tribunale amministrativo regionale del Lazio del 5 ottobre 2023;
la nuova normativa vuole proibire il commercio, la lavorazione e l'esportazione di foglie, infiorescenze, resine e di tutti i prodotti contenenti sostanze derivate dalla pianta di canapa, colpendo così diversi ambiti, dalla cosmesi all'erboristeria, dagli integratori alimentari al florovivaismo;
con tale politica, di fatto, si vuole vietare tutto il settore della cannabis light, mettendo così in difficoltà anche le altre filiere produttive della canapa: alimentare, tessile, bioedilizia, energetica;
anche il Forum droghe, l'associazione per la riforma delle politiche sulle droghe, ha pubblicato sul proprio sito un appello di 27 esperti di politiche sulle droghe, attivisti e organizzazioni non governative internazionali che chiedono all'Italia di fermare il provvedimento che vuole vietare la cannabis light;
l'appello sottolinea come la nuova normativa «produrrebbe il paradossale effetto giuridico di punire con le sanzioni penali e amministrative previste per le sostanze psicotrope anche chi produce o utilizza infiorescenze prive di effetti psicoattivi», una palese violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e offensività del diritto penale ed un «insulto al buon senso e alla scienza»;
le stesse associazioni di categoria, tra cui Confagricoltura, Coldiretti, Cia-Agricoltori italiani, Copagri, ma anche le associazioni di settore, tra le quali Assocanapa, Così, Federcanapa, Imprenditori canapa Italia, hanno espresso profonda preoccupazione per la nuova politica riguardante la cannabis light che renderebbe illegali le infiorescenze di canapa industriale e i suoi derivati con il rischio di colpire duramente non solo il settore alimentare (semi e proteine), ma anche quelli tessile ed edile, strettamente legati alla coltivazione della cannabis sativa industriale. L'effetto del divieto risulterebbe devastante, con la scomparsa nel nostro Paese di una filiera produttiva di eccellenza che impegna 3 mila aziende ed oltre 10 mila operatori, per un volume d'affari di 500 milioni di euro all'anno, con la particolarità che il settore si caratterizza per l'elevato impiego giovanile, anche imprenditoriale, e per la capacità di rivitalizzare aree rurali svantaggiate. Sarebbe, altresì, assurdo che l'eventuale coltivazione della canapa industriale fosse riservata solo al mercato estero, per poi vedere tornare nel nostro Paese la canapa trasformata, a costi decisamente maggiori, con qualità discutibili e con un mercato non certo a favore dei produttori e dei consumatori italiani;
anche l'Organizzazione mondiale della sanità ha confermato che la cannabis light, contenente principalmente cannabidiolo e con livelli di Thc inferiori allo 0,2 per cento, non ha effetti stupefacenti e non dovrebbe essere classificata come droga;
al momento, quindi, le prospettive per il settore della canapa in Italia appaiono incerte e preoccupanti;
per scopi medici, in Italia, l'uso della cannabis è legale dal 2007. Il decreto ministeriale n. 98 del 2007 riconosce le proprietà terapeutiche del Thc (Delta-9-tetraidrocannabinolo), il principale principio attivo della cannabis, e di altri due farmaci di origine sintetica (Dronabinol e Nabilone);
tali sostanze sono elencate alla tabella II sezione B (articolo 2), che raccoglie le sostanze utilizzabili in terapia e prescrivibili ai sensi dell'articolo 72, comma 2, del testo unico n. 309 del 1990 («È consentito l'uso terapeutico di preparati medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope, debitamente prescritti secondo le necessità di cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto»);
in Italia dal 2006 è consentito ai medici di prescrivere preparazioni magistrali contenenti sostanze vegetali a base di cannabis per uso medico, da prepararsi in strutture preposte, mentre dal 2023 è anche prescrivibile dai neurologi un prodotto registrato come medicinale a base di estratti di cannabis per ridurre gli spasmi dolorosi della sclerosi multipla;
il decreto del Ministro della salute del 9 novembre 2015 afferma che l'impiego per uso medico della cannabis è considerato «un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati o hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi psicologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali»;
la legge consente, quindi, l'uso di cannabis terapeutica per alleviare i sintomi di varie condizioni mediche, come il dolore cronico, la sclerosi multipla, l'epilessia resistente ai trattamenti tradizionali e gli effetti collaterali della chemioterapia, e il decreto-legge n. 148 del 2017 dispone che le preparazioni magistrali a base di cannabis, prescritte dal medico per la terapia del dolore, nonché per gli altri impieghi previsti, siano a carico del Servizio sanitario nazionale;
nonostante questo, sono ancora poche le regioni che assicurano che la cannabis prescritta per le patologie previste sia rimborsabile dal rispettivo servizio sanitario regionale e, anche in quelle dove c'è una legge, spesso essa non copre tutte le patologie indicate dalla normativa nazionale;
se da una parte della comunità scientifica – in particolare da chi si occupa di terapia del dolore – arriva la richiesta di estendere la possibilità di prescrivere i prodotti terapeutici a base di cannabis a tutti i medici del Servizio sanitario nazionale, dall'altra non si può ignorare la necessità di una maggiore informazione che eviti speranze illusorie nei pazienti, riconduca su basi scientifiche l'impiego della cannabis, non ne sottostimi l'interferenza con altre terapie e supporti i medici in un percorso formativo ad hoc;
è necessario, infatti, prevedere a livello nazionale una adeguata rete di formazione del personale medico e sanitario, sia dipendente che convenzionato, del sistema sanitario sull'utilizzo dei farmaci cannabinoidi per finalità terapeutiche;
sempre il decreto del Ministro della salute del 9 novembre 2015, con riferimento anche alla Convenzione unica sugli stupefacenti adottata a New York il 30 marzo 1961, individua lo Stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze (Scfm) quale luogo di coltivazione e produzione della «sostanza attiva» che deve essere effettuata in conformità all'Active substance master file (Asmf) depositato presso l'Agenzia italiana del farmaco, con l'obiettivo di garantire unitarietà e sicurezza nella produzione e di evitare il ricorso a prodotti non autorizzati, contraffatti o illegali;
secondo il decreto del Ministro della salute pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 novembre 2023, lo stabilimento di Firenze è autorizzato a produrre 400 chilogrammi di cannabis, pari a quella stabilita per il 2022 e il 2023, e in diminuzione rispetto a quanto stabilito nel 2021, anno in cui la produzione fu mantenuta a 500 chilogrammi. Lo Stabilimento non ha però mai centrato i suddetti obiettivi produttivi;
gli accordi per l'importazione dall'estero della cannabis permettono di garantire una risposta rapida e concreta alle richieste dei pazienti; tuttavia, al fine di assicurare la continuità terapeutica, nonché un facile reperimento dei medicinali, risulta particolarmente opportuno adottare misure finalizzate ad incrementare la produzione nazionale di cannabis;
nonostante la disciplina presente nell'ordinamento italiano, ancora oggi la possibilità di accedere alla cannabis terapeutica è, di fatto, pregiudicata da vincoli amministrativo-burocratici, per superare i quali è necessario un intervento legislativo di semplificazione delle procedure, sia per l'approvvigionamento delle materie prime per la produzione nazionale, sia per la concreta messa a disposizione dei preparati per i pazienti, superando la disomogeneità del panorama legislativo regionale;
insufficiente disponibilità (tra importazione e produzione) di cannabis medica, problemi di produzione o di consegna, code di attesa, ridotto numero di farmacie che fanno preparazioni galeniche, inaccuratezza delle quote annuali di cannabis stimate dalle regioni rappresentano ostacoli quotidiani che impediscono a migliaia di pazienti di ottenere la terapia o di ottenere una continuità terapeutica;
di qui la conseguenza più naturale che è quella di spingere i pazienti a rivolgersi al mercato nero pur di alleviare le proprie sofferenze e trovare un po' di sollievo oppure, nel migliore dei casi, all'autoproduzione che lascia privi di tutela giuridica chi ne fa uso;
è pertanto, necessario, regolamentare in maniera omogenea sul territorio nazionale il regime di produzione, prescrizione e dispensazione di farmaci a base di cannabis, facilitando l'accesso alle cure;
è necessario partire dalla premessa che lo strumento sanzionatorio, penalistico e amministrativo è insufficiente da solo per disciplinare il fenomeno, in quanto agisce nella sua fase finale e non fornisce risposte significative alle diverse esigenze che sono alla base del fenomeno stesso;
è necessario incidere in funzione preventiva, favorendo la promozione di meccanismi di riduzione dei rischi e di autoregolazione nel consumo di cannabis e la predisposizione di un sistema di regole cautelari che tutelino i beni giuridici fondamentali nella produzione e nel commercio;
in definitiva, il dibattito sulla regolamentazione della cannabis in Italia è attivo e in continua evoluzione e, tra le argomentazioni a favore della legalizzazione, si possono annoverare i potenziali benefici economici, la riduzione del mercato nero e la promozione della sicurezza dei consumatori;
tuttavia, la legalizzazione, per essere davvero funzionale, deve mantenersi in binari chiari e pragmatici e rifuggire da ipocrisie, ideologismi, prese di posizione, che sarebbero più dannosi che utili,
impegna il Governo:
1) ad avviare campagne di prevenzione e informazione per rendere consapevoli sugli effetti del consumo ludico-ricreativo, in particolare tra i giovani e gli adolescenti;
2) ad adottare iniziative volte a collaborare con le associazioni di categoria, le organizzazioni scientifiche e le comunità locali, sulla base delle evidenze scientifiche e degli indirizzi dell'Organizzazione mondiale della sanità per diffondere una corretta informazione e promuovere una cultura del consumo responsabile;
3) ad adottare tutte le opportune iniziative normative al fine di modificare la disciplina attualmente vigente sulla cannabis, prevedendone la regolamentazione legale per permetterne la coltivazione, produzione, distribuzione e l'uso ludico-ricreativo, stroncando così anche il mercato illegale gestito dalla criminalità organizzata;
4) ad adottare iniziative volte a definire una normativa che regolamenti la coltivazione domestica di un numero limitato di piante per uso personale, definendo chiaramente i limiti quantitativi e qualitativi consentiti;
5) ad adottare iniziative volte a definire una normativa che escluda l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per chi coltiva o detiene cannabis per uso personale, senza intento di spaccio;
6) a promuovere un dibattito con gli altri Paesi dell'Unione europea finalizzato all'adozione di una disciplina normativa che permetta ai singoli Stati di esercitare la propria sovranità, così come previsto dalle convenzioni Onu, regolamentando secondo le proprie necessità il settore della cannabis;
7) ad assumere le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, al fine di provvedere alla riorganizzazione organica della materia relativa alla filiera agroindustriale della canapa per garantire a tutti gli operatori del settore una normativa certa cui attenersi;
8) ad adottare iniziative volte ad incentivare lo sviluppo del mercato della canapa industriale, soprattutto per le sue applicazioni benefiche per l'ambiente, senza esclusione di alcune parti della pianta come le inflorescenze;
9) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, che non equiparino la cannabis light a quella tradizionale, riconoscendo che il fiore di canapa industriale è un prodotto agricolo non stupefacente;
10) ad adottare iniziative volte ad assicurare in maniera omogenea sul territorio nazionale il regime di produzione, prescrizione e dispensazione di farmaci a base di cannabis, facilitando l'accesso alle cure;
11) ad adottare iniziative volte ad aumentare la produzione interna di cannabis, anche attraverso l'individuazione di nuovi poli di produzione e l'apertura di bandi a produttori privati nazionali, coinvolgendo piccole aziende agricole biologiche certificate, così da soddisfare la domanda di cannabis terapeutica, evitando allo stesso tempo di importarla dall'estero;
12) ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere misure a livello nazionale, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, volte ad assicurare un'adeguata formazione del personale medico e sanitario, sia dipendente che convenzionato, con il Servizio sanitario nazionale sull'utilizzo dei farmaci cannabinoidi per finalità terapeutiche;
13) a promuovere e aumentare la ricerca scientifica e l'informazione sulla cannabis medica;
14) ad adottare iniziative di competenza volte ad assicurare l'uniformità di applicazione su tutto il territorio nazionale delle norme riguardo alla copertura da parte del Servizio sanitario nazionale delle prescrizioni di cannabis terapeutica almeno per tutte le patologie già individuate dalle normative nazionali;
15) ad adottare iniziative normative volte a declassificare la cannabis terapeutica dalla tabella A alla tabella B del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, recante «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza», semplificando così le procedure di prescrizione e accesso;
16) ad adottare le opportune iniziative normative al fine di uniformare il trattamento dei conducenti/pazienti in cura con cannabis medica che risulterebbero sempre positivi con quei pazienti che si curano con altre tipologie di farmaci psicoattivi (benzodiazepine, antidepressivi maggiori, eccetera) per i quali non sussiste il giudizio di non idoneità alla guida, né sono previsti drug-test ad opera delle forze dell'ordine nei controlli sulla strada;
17) ad adottare iniziative normative volte ad apportare le opportune modifiche alle norme sul codice della strada, al fine di garantire un'efficace sicurezza stradale, ripristinando il principio che per essere sanzionati si debba dimostrare che la persona alla guida sia in uno stato psicofisico alterato, evitando così che chiunque possa essere punito per un uso passato di cannabis che non ha alcun rapporto con le condizioni effettive di guida.
(1-00383) «Furfaro, Vaccari, Gianassi, Forattini, Scarpa, Ferrari, Ghio, Roggiani, Gribaudo, Malavasi, Girelli, Stumpo, Di Sanzo, Fossi, Bakkali, Marino, Simiani, Scotto».
La Camera,
premesso che:
il 13 settembre 2023, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nel suo ultimo discorso sullo stato dell'Unione al Parlamento europeo, ricordava come le tre sfide europee, l'occupazione, l'inflazione e il contesto imprenditoriale, si fossero presentate in un momento in cui l'Europa chiede anche all'industria di svolgere un ruolo di primo piano nella transizione verde;
su richiesta della Commissione europea Mario Draghi nel settembre 2024 presentava al Parlamento europeo il Rapporto «Il futuro della competitività europea». Il rapporto è un documento nel quale vengono indicati i nodi di carattere istituzionale e politico che occorre affrontare per porre l'Unione europea in condizione di poter meglio competere con grandi realtà politico-economiche già esistenti e con quelle emergenti. Il rapporto è uno spaccato della situazione economica in Europa, nel quale, ad esempio, si evidenzia che sulle 50 più importanti società tecnologiche mondiali, solo quattro sono europee, e viene evidenziato il divario di crescita tra UE e Stati Uniti, l'aumento della competizione con la Cina e la mancanza di presenza europea nel settore tecnologico;
la proposta complessiva di Draghi è quella di affrontare la temperie politica ed economica di cui stiamo vivendo le prime fasi con una decisa accelerazione sul piano dell'integrazione europea. Tre sono le macroaree di intervento individuate e le conseguenti azioni: a) colmare il divario tecnologico dell'Europa rispetto a Usa e Cina; b) elaborare un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività; c) aumentare il livello di sicurezza europea e ridurre le dipendenze rispetto all'esterno, si propone di promuovere l'innovazione così come di ridurre i costi e le dipendenze nel settore dell'energia e della difesa. La Presidente Ursula von der Leyen ha già dichiarato la sua volontà di dare seguito alle raccomandazioni contenute nel rapporto;
nel rapporto però l'essenziale e primario tema delle diseguaglianze non assume alcuna centralità, poco o nulla viene detto riguardo la domanda di sanità, di migliori servizi pubblici, come poco o nulla c'è riguardo l'occupazione e la necessità di garantire una crescita in grado di ridurre le disuguaglianze e aumentare l'inclusione sociale; così come nulla viene evidenziato in relazione alla necessaria armonizzazione fiscale, al contrasto del dumping fiscale praticato da alcuni Paesi UE, nonché alla necessità di imposizione fiscale sugli extra profitti e sui grandi patrimoni;
riguardo al settore dell'energia, il terzo capitolo del rapporto Draghi approfondisce gli aspetti connessi alla necessità dell'Europa di affrontare alcune scelte fondamentali su come portare avanti il proprio percorso di decarbonizzazione preservando, tuttavia, la posizione competitiva della sua industria. Nel rapporto si sottolinea inoltre come gli alti costi dell'energia in Europa siano un ostacolo alla crescita e influenzino gli investimenti delle imprese molto di più che in altre grandi economie. Sotto questo aspetto la decarbonizzazione offre all'Europa l'opportunità di ridurre i prezzi dell'energia e di assumere un ruolo guida nelle tecnologie pulite («clean tech»), diventando al contempo più sicura in termini energetici;
è importante che venga ribadita la necessità che la UE persegua l'obiettivo della riduzione dei costi dell'energia per gli utenti finali, accelerando la decarbonizzazione nel settore energetico in modo efficiente mediante il ricorso alle energie rinnovabili, l'efficienza e il risparmio energetico, così come è condivisibile la necessità di dover semplificare e snellire le autorizzazioni e i processi amministrativi per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili. Il rapporto individua espressamente come ulteriore obiettivo centrale, l'accelerazione della decarbonizzazione in modo efficiente dal punto di vista dei costi adottando un approccio tecnologicamente neutrale, che include però tra le soluzioni disponibili anche il nucleare e lo stoccaggio della CO2;
non è condivisibile la dichiarata necessità di puntare anche sul nucleare nel mix energetico a cui la UE dovrà sempre più fare riferimento. Nella sezione relativa all'energia, contenuta nella parte B del rapporto, si propone infatti di mantenere l'approvvigionamento nucleare e accelerare lo sviluppo del «nuovo nucleare» (compresa la catena di approvvigionamento nazionale). Il rapporto però in questa analisi dimentica – tra l'altro – gli alti costi di questa energia, e che attualmente, il costo dell'energia nucleare in Europa supera i 170 euro/MWh. Il rapporto trascura infatti di ricordare che in Europa, a partire dalla Francia, il nucleare è finanziato dallo Stato. I dati dicono che il nucleare porta alla triplicazione dei costi dell'energia come dimostra l'accordo franco inglese che ha sterilizzato il prezzo dell'energia nucleare a 170 euro/Mwh. Tra 2009 e il 2022, i costi di produzione dell'energia onshore e del solare sono diminuiti rispettivamente del 70 per cento e del 90 per cento, mentre quelli del nucleare sono aumentati del 33 per cento;
il nucleare non è la risposta né per la competitività economica perché triplicherebbe i costi dell'energia per imprese e famiglie, né per la transizione ecologica perché sottrarrebbe investimenti alle rinnovabili e non sarebbe una soluzione per la decarbonizzazione visti i tempi lunghissimi per la realizzazione delle centrali, mentre la crisi climatica necessita di risposte oggi;
va valutata negativamente la proposta del rapporto, di estendere dette misure di semplificazione e accelerazione anche alla cattura e allo stoccaggio della CO2, in quanto questa tecnologia consente di fatto di continuare a estrarre idrocarburi e a perpetrare la produzione di gas serra, ritardando o compromettendo l'indispensabile conversione energetica a cui si deve puntare attraverso le energie rinnovabili;
positivo è invece l'esplicito riferimento alla necessità di accelerare sulle energie rinnovabili. Sotto questo aspetto il rapporto sottolinea come, senza un aumento della rapidità di erogazione di autorizzazioni per l'installazione, la maggior offerta di finanziamenti per diffondere l'energia pulita non potrà produrre i risultati desiderati, tra cui una più rapida installazione di nuova capacità;
il rapporto evidenzia inoltre come in Europa il sostegno pubblico alla transizione sia troppo limitato, e come le industrie ad alta intensità energetica soffrano attualmente la mancanza di sostegno pubblico per realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione e investire in combustibili sostenibili. Si propone quindi di destinare una quota maggiore dei proventi del sistema Ets alle industrie ad alta intensità energetica (Eii) e utilizzare tali proventi anche per sostenere la decarbonizzazione del settore dei trasporti;
affinché l'UE guidi la decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica sono necessarie risorse finanziarie sufficienti. Secondo il rapporto, la decarbonizzazione, infatti, costerà complessivamente 500 miliardi di euro alle quattro maggiori Eii (chimica, metalli di base, minerali non metalliferi e carta) nei prossimi 15 anni, mentre per le parti più «difficili da abbattere» del settore dei trasporti (marittimo e aereo) il fabbisogno di investimenti è di circa 100 miliardi di euro all'anno dal 2031 al 2050;
tra le principali aree di intervento individuate dal rapporto, vi è quella di ridurre i prezzi elevati continuando, al contempo, il processo di decarbonizzazione e di transizione a un'economia circolare. Il rapporto propone quindi un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività, in quanto ritiene che l'UE possa assumere un ruolo di guida nelle nuove tecnologie pulite e nelle soluzioni di circolarità, a condizione che tutte le politiche europee siano in sintonia con gli obiettivi di decarbonizzazione;
il rapporto Draghi ricorda inoltre come i trasporti siano responsabili di un quarto di tutte le emissioni di gas serra e come il settore automobilistico, sia un esempio centrale di mancata pianificazione da parte dell'UE, che applica una politica climatica senza una politica industriale; nonostante l'obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2035 porterà di fatto a mettere gradualmente fine alle nuove immatricolazioni di veicoli con motori a combustione interna, a favore di una rapida penetrazione dei veicoli elettrici sul mercato, l'UE non ha però dato seguito a queste ambizioni con una spinta sincronizzata verso la conversione della catena di fornitura. Le aziende europee, di conseguenza, stanno già perdendo quote di mercato. La quota di mercato delle case automobilistiche cinesi per i veicoli elettrici in Europa è passata dal 5 per cento nel 2015 a quasi il 15 per cento nel 2023, mentre la quota di case automobilistiche europee nel mercato dell'Ue dei veicoli elettrici è scesa dall'80 per cento al 60 per cento;
al di là del rapporto Draghi, va comunque evidenziato che, in questa fase di difficoltà complessiva del settore dell'automotive, una iniziativa importante potrà essere data dall'avvio di un «Dialogo strategico sul futuro dell'industria automotive europea», che la Presidente Ursula von der Leyen, il 27 novembre 2024 ha annunciato in Parlamento europeo, e che inizierà ufficialmente a gennaio 2025. L'obiettivo è quello di identificare e implementare rapidamente le misure necessarie per affrontare la transizione verde del settore. L'iniziativa coinvolgerà attivamente tutti gli attori principali dell'industria automobilistica, comprese le aziende automobilistiche, i fornitori, i sindacati e le associazioni imprenditoriali, con l'obiettivo di definire strategie concrete per affrontare le sfide più urgenti del settore. Riteniamo decisivo che al centro del dialogo strategico vi debba essere la conferma dei tempi previsti della transizione elettrica in linea con gli obiettivi climatici dell'Unione europea, ovviamente tutto questo potrà avvenire se si riesce ad aumentare la competitività internazionale anche attraverso un rafforzamento delle risorse finanziarie per il settore e per la resilienza della filiera produttiva dell'automotive;
questo è ancora più indispensabile anche alla luce del fatto che i mercati globali attualmente sono invasi da auto cinesi a buon mercato i cui prezzi sono mantenuti bassi artificialmente grazie a ingenti sovvenzioni statali, con tutto quello che ciò comporta in termini di distorsioni sul nostro mercato; nel frattempo, mentre il Governo italiano vorrebbe allungare oltre il 2035 lo stop UE alla vendita di auto e furgoni non a emissioni zero, la Norvegia ha già raggiunto quota 88,9 per cento di nuove immatricolazioni solo elettriche;
purtroppo con il nuovo Parlamento europeo si è avuto come primo risultato quello di veder mettere in discussione il Green deal e gli obiettivi ambientali già stabiliti dalla UE, ossia l'ambizioso progetto europeo per rivoluzionare l'economia del Vecchio continente nel nome dell'ecologia e della sostenibilità;
tra i primi provvedimenti decisi in ambito UE ad essere messi in discussione vi è sicuramente quello relativo ai modi e tempi per l'uscita di produzione delle auto a motore endotermico; la rivoluzione dell'auto elettrica in Europa deve invece rimanere un punto fermo e bisogna tenere fermi gli obiettivi fissati dal Green deal e dal percorso di decarbonizzazione deciso in sede UE;
il Green deal e la transizione all'elettrico devono continuare ad essere il faro della reindustrializzazione anche del settore dell'automotive, ma è evidente che per competere ai massimi livelli in un mondo sempre più rivolto all'elettrificazione serve una politica industriale nazionale ed europea pragmatica ed efficace, che aiuti la filiera a evolversi e a innovare e sostenga il mercato delle nuove tecnologie;
è preoccupante l'ampio spazio che viene dedicato dal rapporto alle spese militari, alla difesa e alla sicurezza europea e alla necessità di un loro maggiore finanziamento, ritenute il volano per un ruolo internazionale dell'Unione europea, e questo anche se, va ricordato, nel 2014 l'Europa spendeva in armamenti 211 miliardi di dollari, mentre il 2024 si chiude con una spesa di 476 miliardi di dollari;
nel rapporto l'industria bellica gioca un ruolo importante, non solo in quanto tale, ma in modo trasversale, con riferimento anche alla ricerca spaziale, ai trasporti e a quant'altro ne incroci le necessità, la difesa europea è individuata nel rapporto come un settore decisivo per assicurare l'autonomia strategica della UE di fronte a pericoli crescenti, sia con riferimento alla guerra in Ucraina, sia in altri scacchieri internazionali, nonché al settore trainante dell'innovazione tecnologica;
è evidente la netta contrarietà alla ricetta proposta dal rapporto Draghi per favorire la competitività europea, laddove propone un aumento del livello attuale della spesa militare e per la difesa; il futuro del nostro continente non può essere costruito sull'aumento delle spese militari, ma è necessario investire queste ingenti e sempre maggiori risorse per garantire sempre di più la sostenibilità ambientale, sociale ed economica dell'Europa;
riguardo al tema del finanziamento dell'economia, così come quello degli investimenti comuni e del sostegno a politiche industriali comuni, il rapporto sottolinea come «per massimizzare la produttività, sarà necessario un finanziamento congiunto negli investimenti in beni pubblici europei fondamentali, come per esempio i settori più innovativi»;
per raggiungere gli obiettivi indicati nel medesimo rapporto e per produrre una svolta servono ingenti risorse. Il rapporto stima il fabbisogno finanziario necessario all'UE per raggiungere i suoi obiettivi in almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, pari al 4,4-4,7 per cento del Pil dell'UE nel 2023. Per fare un confronto, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all'1-2 per cento del Pil dell'UE. La quota di investimenti dell'UE dovrebbe passare dall'attuale 22 per cento circa del Pil a circa il 27 per cento;
è quindi da valutare positivamente, la necessità che l'Unione europea si orienti verso l'emissione regolare di strumenti di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri così come è stato fatto con il NextGenerationEU, rinviando il rimborso del NGEU;
per essere competitiva sicuramente l'Europa ha bisogno di più investimenti comuni, in particolare nei settori legati alla transizione verde e alla decarbonizzazione dell'economia europea;
è condivisibile quindi la sollecitazione del rapporto a finanziare importanti progetti d'investimento anche attraverso il ricorso all'emissione di nuovo debito comune europeo. È infatti evidente che solo creando risorse comuni che sostengano un piano di politiche industriali continentali, saremo in grado come Europa di poter competere con i continenti asiatico e americano,
impegna il Governo:
1) a non sostenere l'attuazione delle misure proposte dal rapporto Draghi volte ad aumentare le risorse europee per l'acquisto di armi e per l'apparato militare europeo;
2) a farsi promotore e sostenere le opportune iniziative in ambito UE volte a individuare quanto prima strumenti di debito comune, come si è fatto con il NextGenerationEU dopo la pandemia, per garantire il sostegno pubblico e il finanziamento di progetti di investimento congiunti in alcuni ambiti strategici quali la decarbonizzazione, la transizione ecologica e digitale, politiche industriali sostenibili, al fine di poter competere con i continenti asiatico e americano;
3) a mettere in atto in ambito nazionale e in ambito UE politiche espansive volte a sostenere la crescita economica e l'industria europea in un contesto di transizione ecologica e digitale al fine di favorire la crescita economica e l'occupazione e ridurre le disuguaglianze sociali;
4) ad adottare iniziative volte a sostenere, anche in ambito UE, gli investimenti del settore dell'automotive per garantire nei tempi e modi attualmente previsti la transizione all'elettrico, e a farsi promotore di un piano per la gestione a livello europeo della transizione ecologica con strumenti comuni per salvaguardare l'occupazione anche dell'indotto e mantenere la capacità produttiva degli stabilimenti dell'automotive;
5) in ambito nazionale, ad adottare iniziative volte a ripristinare la dotazione del fondo automotive tagliato dal Governo, riportandolo almeno alla dotazione finanziaria esistente prima del taglio apportato con la legge di bilancio 2025-2027;
6) a sostenere le iniziative europee volte ad accelerare – come auspicato dal rapporto di cui in premessa – i processi di decarbonizzazione e lo sviluppo delle energie rinnovabili, anche attraverso una semplificazione e snellimento delle autorizzazioni e dei processi amministrativi per garantire la diffusione delle energie rinnovabili;
7) a contrastare la proposta evidenziata dal rapporto Draghi, di puntare anche sul nucleare nel mix energetico a cui la UE dovrà sempre più fare riferimento;
8) ad assumere iniziative contrarie alla proposta di introdurre misure di favore per la cattura e lo stoccaggio della CO2, in quanto questa tecnologia consente di fatto di continuare a estrarre idrocarburi e di perpetrare la produzione di gas serra, ritardando o compromettendo l'indispensabile conversione energetica a cui si deve puntare;
9) ad avviare le opportune iniziative, in ambito nazionale e dell'Unione europea, per garantire risorse per la decarbonizzazione e uno specifico sostegno per quei settori produttivi che, per le specifiche caratteristiche produttive, hanno oggettive difficoltà ad abbattere le emissioni e a riconvertirsi, con conseguenze negative in termini economici e occupazionali;
10) ad adottare le necessarie iniziative finalizzate a prevedere anche in ambito europeo una revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull'energia elettrica, anche in funzione delle emissioni di gas a effetto serra, individuando misure per l'orientamento del mercato verso modelli di produzione sostenibili.
(1-00384) «Bonelli, Ghirra, Zanella, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
CASO, AMATO, ORRICO e MORFINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
secondo i dati pubblicati dall'Istat, la povertà educativa in Italia rappresenta un fenomeno in crescita: nel 2023, il 70,5 per cento dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 19 anni non è mai entrato in una biblioteca (dato in aumento rispetto al 63,9 per cento del 2019), mentre il 39,2 per cento non ha praticato alcuno sport durante l'anno e il 16,8 per cento tra i 6 e i 19 anni non ha fruito di spettacoli fuori casa (12,9 per cento nel 2019), ovvero non sono mai andati al cinema, teatro, musei, mostre, siti archeologici, monumenti, concerti;
tra i principali fattori che alimentano le forme di disuguaglianza sociale, vi sono le difficoltà di accesso all'educazione: i dati mostrano che, nel 2023, il 10,5 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha interrotto il percorso formativo con la licenza media, mentre l'8,4 per cento degli studenti del quinto anno della secondaria di II grado ha un basso livello di competenze in italiano, matematica e inglese. A ciò si aggiunge il problema dell'accesso agli asili nido, che rimane limitato: nel 2021-22 solo il 28 per cento dei bambini di età compresa tra 0 e 2 anni ha avuto accesso a servizi educativi pubblici o privati per l'infanzia;
nonostante i dati evidenzino come l'emergenza appaia strutturale, la legge di bilancio per il triennio 2025-2027 non ha previsto il rifinanziamento del fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 392, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e prorogato dalla legge di bilancio per il triennio 2019-2021 e, da ultimo, dalla legge di bilancio per il triennio 2022-2024;
tale fondo, in scadenza nel 2024, ha garantito, negli ultimi otto anni, 800 milioni di euro, che hanno permesso di finanziare progetti contro la dispersione scolastica tramite un meccanismo sperimentale per cui il Governo riconosce alle fondazioni di origina bancaria un credito di imposta;
in un momento di grande incertezza economica e sociale, il mancato rifinanziamento del fondo rischia di interrompere l'attuazione dei progetti in corso, con conseguente aumento della povertà educativa, in quanto la garanzia di continuità nell'erogazione dei fondi è più che fondamentale per rendere efficaci i progetti di contrasto alla dispersione scolastica, che, per la loro complessità, richiedono una continuità d'azione –:
se il Governo non intenda adottare tutte le iniziative necessarie a reperire le risorse per rifinanziare il fondo per il contrasto della povertà educativa minorile al fine di garantire la continuità dei progetti volti a contrastare la dispersione scolastico e la povertà educativa.
(5-03308)
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazione a risposta scritta:
CARAMIELLO e PAVANELLI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:
l'Ente nazionale della cinofilia italiana (Enci), sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, ha l'obiettivo di tutelare le razze canine migliorandone ed incrementandone l'allevamento, disciplinandone la valorizzazione ai fini zootecnici e sportivi;
pur trattandosi di un Ente senza scopo di lucro, nell'anno 2023 ha registrato un flusso di cassa in entrata di euro 50 milioni;
il vicepresidente del Consiglio direttivo nazionale della Società italiana rottweiler sarebbe stato destinatario di una lettera intimidatoria con all'interno un bossolo di pistola inesploso, posto sotto sequestro dai carabinieri; inoltre un dipendente Enci avrebbe inviato alcune denunce al prefetto di Milano, alla Commissione parlamentare antimafia e all'Anac, portando alla loro attenzione una serie di problematiche che a parere dell'interrogante potrebbero profilare fattispecie penalmente perseguibili;
in data 21 settembre 2020, il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste approvava il disciplinare del corpo degli esperti giudici del libro genealogico del cane di razza, attraverso cui si costituiva un «Comitato consultivo esperti giudici», al cui interno, secondo quanto risulta agli interroganti, sembrerebbero esserci soggetti destinatari di esposti in sede disciplinare, denunce penali e sentenze di condanna in sede penale per importazione clandestina di cuccioli dall'estero e per maltrattamento e conseguente, morte di animali –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e delle denunce per i reati di maltrattamento animale e violazioni dei disciplinari in seno ad Enci e se non ritenga opportuno assumere iniziative al fine di svolgere le verifiche di competenza in relazione a quanto esposto in premessa, valutando altresì la sussistenza dei presupposti per l'adozione di ulteriori iniziative di competenza nei confronti dell'ente vigilato;
se, atteso che i consiglieri di collegamento col Ministero hanno il compito di vigilare sul buon andamento del consiglio direttivo di Enci, il rappresentante del Ministero abbia reso note le criticità esposte in premessa e le denunzie che vedono coinvolto l'Enci.
(4-04046)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta scritta:
GHIO e PANDOLFO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la nave gasiera Golar Tundra è stata acquistata da Snam S.p.A. nel giugno 2022 per un costo di 330 milioni di euro. Lunga 292 metri, dispone di una capacità di rigassificazione di 5 miliardi di metri cubi all'anno, da immettere nella rete nazionale attraverso una rete di condotte sottomarine e sotterranee;
l'allora presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, e il Governo, in accordo con Snam, hanno deciso nel 2023 di posizionare la nave, prevedendo il suo ancoraggio offshore a 2,9 chilometri dalla costa, in prossimità dell'area marina protetta di Bergeggi;
il rigassificatore di Vado Ligure da subito è stato considerato dalla comunità locale e da molti esperti un'opera dannosa per il territorio, con potenziali impatti negativi sull'ambiente e sulla qualità della vita delle comunità locali, data la contiguità con l'area marina protetta;
nel corso del Consiglio regionale della Liguria del 7 gennaio 2025, è stato votata all'unanimità una mozione, concordata e firmata da tutti i consiglieri regionali, che esprime contrarietà al posizionamento della nave rigassificatrice al largo del Savonese;
il voto del Consiglio regionale del 7 gennaio 2025 ha di fatto rappresentato una bocciatura bipartisan del progetto di trasferimento della nave Golar Tundra nel mar ligure, nella zona tra Savona e Vado Ligure;
la mozione impegna concretamente la giunta e la presidenza regionale a «trasformare in atti concreti e ufficiali» la contrarietà al progetto e a bloccare l'iter di trasferimento dell'impianto –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché si giunga ad una revisione della decisione relativa al posizionamento della nave così da rispettare la volontà del territorio e la decisione unanime del consiglio regionale della Liguria, ponendo fine a un progetto respinto all'unanimità da tutto il consiglio regionale ligure, oltreché da istituzioni e popolazione locali.
(4-04044)
IMPRESE E MADE IN ITALY
Interrogazione a risposta orale:
QUARTINI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
il 18 settembre 2024 il Ministero delle imprese e del made in Italy ha emanato la circolare n. 31577 recante le linee guida sulla dichiarazione della quantità degli ingredienti (articolo 22 del regolamento (UE) n. 1169/2011), nonché ulteriori informazioni per la corretta applicazione delle disposizioni riguardanti l'etichettatura di taluni prodotti alimentari;
le linee guida forniscono indicazioni per l'applicazione dell'indicazione quantitativa degli ingredienti – cosiddetto QUID – che figurano nella denominazione di vendita, che sono posti in rilievo nell'etichettatura o che sono essenziali per caratterizzare l'alimento;
inoltre, forniscono chiarimenti sulle previsioni normative che disciplinano specifiche categorie di alimenti quali, ad esempio, prodotti preimballati e non preimballati, latte e formaggi freschi a pasta filata, prodotti da forno ed etichettatura delle carni quali ingredienti;
il regolamento (UE) n. 1169/2011 considera in premessa che:
(1) l'articolo 169 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce che l'Unione deve contribuire ad assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori mediante gli strumenti che adotta in virtù dell'articolo 114;
(2) la libera circolazione di alimenti sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale del mercato interno e contribuisce in modo significativo alla salute e al benessere dei cittadini, nonché alla realizzazione dei loro interessi sociali ed economici;
(3) per ottenere un elevato livello di tutela della salute dei consumatori e assicurare il loro diritto all'informazione, è opportuno garantire che i consumatori siano adeguatamente informati sugli alimenti che consumano. Le scelte dei consumatori possono essere influenzate, tra l'altro, da considerazioni di natura sanitaria, economica, ambientale, sociale ed etica (...);
(8) i requisiti generali di etichettatura sono integrati da una serie di disposizioni applicabili a tutti gli alimenti in particolari circostanze o a talune categorie di alimenti. Vi sono, inoltre, diverse norme specifiche applicabili a specifici alimenti;
(9) anche se gli obiettivi originari e i principali componenti dell'attuale legislazione sull'etichettatura continuano a essere validi, è necessario che essa sia razionalizzata al fine di agevolarne il rispetto e aumentare la chiarezza per le parti interessate, modernizzandola allo scopo di tenere conto dei nuovi sviluppi nel settore delle informazioni sugli alimenti. Il presente regolamento gioverà sia agli interessi del mercato interno, semplificando la normativa, garantendo la certezza giuridica e riducendo gli oneri amministrativi, sia al cittadino, imponendo un'etichettatura dei prodotti alimentari chiara, comprensibile e leggibile;
(10) Il grande pubblico è interessato al rapporto tra l'alimentazione e la salute e la scelta di una dieta adeguata alle esigenze individuale (...);
l'allegato I del già menzionato regolamento specifica che debbano essere inserite informazioni che indicano «vitamine o sali minerali elencati all'allegato XIII, parte A, punto 1, quando sono presenti in quantità significative conformemente all'allegato XIII, parte A, punto 2»;
l'incidenza di fattori e patologie che implicano complicazioni a livello renale sono in aumento anche per la crescita dell'età media della popolazione italiana, con un conseguente aggravio per lo stato in termini di trattamenti e prestazioni sanitarie, tra le quali il concorso alle spese per l'acquisto di prodotti a basso contenuto di proteine e di fosforo;
il controllo della quantità di fosforo consumata nella giornata è fattore essenziale per la salvaguardia della funzionalità renale –:
se e come intenda porre in essere tutte le iniziative di competenza necessarie affinché l'indicazione della quantità di fosforo contenuta negli alimenti sia effettivamente apposta su tutti i prodotti che lo contengono per via diretta o per uso di additivi utilizzati in fase di preparazione.
(3-01648)
Interrogazione a risposta scritta:
FRIJIA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
la Corte dei conti ha analizzato il piano banda ultralarga (Bul), evidenziando ritardi e ricalibrazioni degli obiettivi iniziali;
la finalità strategica dell'intervento era molto ambiziosa: «garantire il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda digitale europea entro il 2020, coprendo fino all'85 per cento della popolazione con servizi di connettività ad almeno 100 Mbit/s e la restante parte con almeno 30 Mbit/s». La sua attuazione ha però comportato una rimodulazione, con una parziale revisione degli obiettivi qualitativi, quantitativi e temporali;
ad oggi, il quadro definito dovrebbe prevedere 7.413 comuni interessati dagli interventi, 4 milioni di unità immobiliari (rispetto all'obiettivo iniziale di 9,6 milioni, di cui circa 6,3 milioni per infrastrutture FTTH – 75 per cento del totale – e circa 2,1 milioni per quelle FWA – 25 per cento. Inoltre, è prevista la copertura di circa 30 mila sedi della pubblica amministrazione, nonché delle aree industriali;
la sintesi finale della Corte dei conti ribadisce la criticità nella programmazione finanziaria e delle attività, che rimane uno snodo fondamentale visto il forte ritardo accumulato, raccomandando che «ove la scadenza finale attualmente in essere non possa più essere considerata coerente con il progresso delle opere, andranno definiti i necessari interventi correttivi e adottato un nuovo puntuale cronoprogramma» [...], con il richiamo conclusivo «all'importanza di avviare ogni iniziativa necessaria ad affrontare il profilo in discorso, anche in coordinamento con altri enti competenti, nazionali o territoriali»;
in particolare, come si apprende da fonti di stampa, numerosi ritardi sarebbero stati registrati nell'avanzamento del piano banda ultralarga sul territorio ligure, dove i comuni da raggiungere con la fibra cablata dovevano essere 198, ma di questi ad oggi solo 36 sarebbero connessi, mentre in altri 63 i lavori sono terminati, ma manca ancora il collegamento tra reti locali e nazionali e nei restanti 99 i cantieri sono ancora in corso o in partenza;
per le «aree bianche», cioè «a fallimento di mercato» perché nessun operatore ha mostrato interesse a investire, l'intervento pubblico appare l'unica garanzia per la connessione ai servizi di rete;
sempre secondo quanto si apprende da fonti di stampa, sulla gara per Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta sarebbero stati applicati 6,2 milioni di euro di penali, pari all'11,4 per cento delle penali applicate sull'intero territorio nazionale –:
quale sia lo stato dell'arte rispetto al processo di digitalizzazione dei comuni italiani e, in particolare, di quello della regione Liguria;
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per garantire la realizzazione e la connessione delle opere del piano banda ultralarga necessarie per lo sviluppo dei comuni dell'entroterra collocati in aree a fallimento di mercato.
(4-04045)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta scritta:
PAVANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con atto di sindacato ispettivo n. 4-02638, allegato al resoconto di seduta n. 277 del 10 aprile 2024, è stata portata all'attenzione del Ministro interrogato la denuncia di un passeggero sulle presunte condizioni di inadeguatezza, sotto il profilo della sicurezza, dell'aeromobile utilizzato per eseguire il volo, servito da AeroItalia XZ4422, da Perugia a Bergamo del 1° aprile 2024;
nei mesi a seguire, tale collegamento aereo, inaugurato nel marzo 2024, ha ricevuto pessime recensioni a causa dei non infrequenti ritardi e di un improvviso cambio di destinazione (da Milano a Bergamo) fino all'annuncio della sua definitiva cancellazione da parte della compagnia aerea, scelta operata «nell'ambito di una riorganizzazione operativa» che permetterà al vettore di «concentrare gli investimenti su progetti di sviluppo mirati nel Sud Italia»;
l'improvvisa cancellazione di un collegamento già di dubbia utilità conferma l'assenza di una strategia nazionale unitaria relativa al trasporto integrato tra i vari mezzi in grado di consentire un collegamento capillare tra tutte le Regioni, in particolare, per talune aree del Paese;
anche a causa di un collegamento diretto con la linea ferroviaria cosiddetta Direttissima, la regione Umbria sconta un grave divario infrastrutturale nei collegamenti con le altre regioni. Le tratte aeree si rivelano inutili in assenza di investimenti e collegamenti di ultimo miglio tra lo scalo aeroportuale e i centri abitati;
per i motivi più compiutamente individuati nell'atto di sindacato ispettivo n. 4-03714, pubblicato in allegato al resoconto della seduta n. 375 del 04 novembre 2024, la realizzazione a Creti della stazione dell'Alta velocità cosiddetta Medio Etruria non contribuirà a risolvere le criticità sopra descritte –:
quali iniziative di competenza urgenti abbia intenzione di adottare per superare l'isolamento nella mobilità che affligge la regione Umbria;
se non ritenga imprescindibile adottare un Piano nazionale dei trasporti che preveda la connettività tra i vari mezzi di trasporto come strumento in grado di garantire un collegamento capillare tra tutte le regioni, ivi comprese le aree interne.
(4-04035)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
ZINZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la sera del 31 dicembre 2024 a Villa Verucchio, in provincia di Rimini, un giovane egiziano, Muhammad Sitta, dopo aver accoltellato e ferito gravemente per strada almeno quattro persone, è deceduto a seguito dei colpi di arma da fuoco esplosi dal comandante della stazione dei carabinieri, Luciano Masini, intervenuto nel tentativo di fermare il ragazzo ed evitare una strage;
stando alla ricostruzione ufficiale riportata dalla stampa, dopo aver intimato al giovane di fermarsi e di gettare il coltello, il carabiniere ha seguito il protocollo, sparando prima colpi di avvertimento verso il suolo e successivamente, quando l'aggressore si è avvicinato pericolosamente, esplodendo cinque colpi che hanno colpito Sitta alla spalla, al torace e al capo, uccidendolo;
attualmente sono ancora in corso le indagini per eccesso di difesa avviate nei confronti del comandante Masini;
la vicenda, riportata da tutti i quotidiani, oltre ad aver colpito fortemente l'opinione pubblica, tanto che diverse sono state le dimostrazioni di solidarietà verso il comandante, ha sollevato un acceso dibattito circa l'attuale normativa in materia di legittima difesa per le forze dell'ordine;
come noto, la cornice normativa è rappresentata dagli articoli 52 e 53 del codice penale, che, tuttavia, non sono sufficienti a garantire l'operatore sulle possibili conseguenze delle condotte compiute nell'esercizio delle proprie funzioni, esponendolo, anche per gli orientamenti giurisprudenziali difficilmente costanti in materia, a conseguenze pregiudizievoli e, talvolta, non prevedibili;
a parere dell'interrogante, delimitando scrupolosamente il campo di legittimità dell'uso di tali strumenti, si eviterebbero, da un lato, le criticità derivanti dall'incertezza del poter fare e del non dover fare da parte degli operatori di polizia e, dall'altro, sarebbe più semplice individuare eventuali contestazioni non fondate a danno di questi ultimi –:
se si ritenga opportuno assumere iniziative, anche di carattere normativo, per determinare in via preventiva ed inequivocabile le modalità di utilizzo legittimo delle armi e degli altri mezzi di coazione fisica in uso agli operatori della sicurezza, con particolare riguardo ai profili della legittima difesa.
(4-04036)
ASCARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la Commissione di accesso agli atti, nominata dal prefetto di Vibo Valentia con proprio decreto in data 5 dicembre 2023 per verificare eventuali infiltrazioni mafiose nel comune di Mileto, ha concluso i propri lavori proponendo il commissariamento dell'ente. Il prefetto di Vibo Valentia, Giovanni Paolo Grieco, sulla base delle risultanze, ha espresso parere favorevole allo scioglimento del consiglio comunale di Mileto per infiltrazioni mafiose;
tale posizione è stata condivisa dai vertici delle forze dell'ordine provinciali di Vibo, dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e dalla procura della Repubblica di Vibo Valentia, riuniti nel Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica allargato – come da prassi – anche al sindaco del comune capoluogo ed al presidente della provincia. Nonostante tali indicazioni unanimi di commissariamento del consiglio comunale di Mileto per infiltrazioni mafiose, il Ministro dell'interno ha recentemente deciso di non procedere al commissariamento degli organi elettivi del comune di Mileto per infiltrazioni mafiose;
tale decisione, apertamente difforme dalle valutazioni dell'ufficio territoriale del Governo di Vibo Valentia, desta forti perplessità sulla coerenza delle azioni ministeriali rispetto alle indicazioni provenienti dalle istituzioni locali, allargate nel caso di specie anche alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e alla procura di Vibo;
varie vicende ed elementi sono emersi ripetutamente sugli organi di stampa (Il Vibonese.it, 12 dicembre 2023) e agenzie di stampa, vale a dire:
1) la presenza di un assessore comunale in un ristorante alla festa privata di un pluripregiudicato per anni, narcotraffico e rapine, attualmente sotto processo – insieme al padre ed al fratello – per l'operazione della Direzione distrettuale antimafia denominata «Maestrale-Carthago» con l'accusa di associazione mafiosa;
2) a tale compleanno, svoltosi in un ristorante di Mileto (di cui gli organi di stampa hanno persino pubblicato le foto, incluse nell'operazione Maestrale-Carthago, che documentano come seduti allo stesso tavolo si siano ritrovati l'assessore, un suo zio e diversi pregiudicati della zona) si è registrata pure la presenza di una cantante melodica calabrese nota alle cronache nazionali per i testi di diverse sue canzoni inneggianti ad esponenti di mafia e ‘ndrangheta;
3) il legame tra il figlio di altro assessore del comune di Mileto che risulta sposato con la figlia di un soggetto arrestato, ed attualmente sotto processo nell'operazione «Maestrale-Carthago», con l'accusa di associazione mafiosa e l'aggravante di essere uno dei capi promotori del clan di ‘ndrangheta di Mileto, nonché il finanziatore della cosca;
4) la partecipazione di alcuni consiglieri comunali al funerale di Giuseppe Mesiano – indicato quale capo dell'omonimo clan di Mileto ucciso in un agguato il 17 luglio 2013 –, mentre altri legami riguarderebbero un altro assessore con un giovane del luogo ben noto alle forze dell'ordine;
risulta inoltre che il prefetto di Vibo Valentia, Giovanni Paolo Grieco, con missiva datata 4 novembre 2024, nel comunicare al sindaco del comune di Mileto la decisione del Ministro di non voler procedere allo scioglimento degli organi elettivi dell'ente per infiltrazioni mafiose ha imposto comunque un termine di 15 giorni al primo cittadino per adottare precise determinazioni in ordine a:
a) «ripristino della correttezza e della legalità – si cita testualmente il documento del prefetto – nello svolgimento delle attività amministrative del comune di Mileto»;
b) «riorganizzazione del sistema dei controlli volti ad assicurare il rispetto dei princìpi di legalità e trasparenza dell'azione amministrativa, nonché l'adozione di atti al fine di contrastare l'evasione dei tributi locali e il loro recupero»;
c) misure da adottare da parte del sindaco di Mileto atteso che «l'accesso ispettivo ha fatto emergere situazioni di irregolarità sicuramente indicative di una diffusa mala gestio nel comune di Mileto che hanno determinato disfunzioni nelle procedure di appalto di lavori, forniture, servizi e nella riscossione dei tributi comunali» –:
quali siano le motivazioni che hanno portato il Ministro interrogato a non procedere al commissariamento del comune di Mileto e se non ritenga necessario chiarire i criteri utilizzati per giungere a una valutazione difforme rispetto a quella della Prefettura di Vibo e dei vertici provinciali delle forze dell'ordine nonché in apparente contrasto rispetto agli elementi raccolti dalle Procure di Catanzaro e Vibo Valentia;
quali iniziative anche di carattere normativo il Governo intenda adottare per garantire che situazioni di infiltrazioni mafiose negli enti locali siano contrastate efficacemente e tempestivamente al fine di non svilire il prestigio che un comune deve sempre conservare anche all'esterno evitando frequentazioni e rapporti inopportuni da parte dei propri amministratori;
quale rilievo abbia attribuito il Ministro interrogato, nell'operare le valutazioni di competenza, alle frequentazioni degli amministratori dello stesso comune di Mileto con ambienti controindicati;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quali azioni di «ripristino della legalità» abbia intrapreso l'attuale sindaco di Mileto, Salvatore Fortunato Giordano, rieletto l'11 giugno 2024, in osservanza della missiva del prefetto di cui in premessa.
(4-04039)
SOUMAHORO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
Stephane Omeonga, calciatore belga ex Genoa, Avellino e Pescara, il giorno di Natale è stato prelevato dagli agenti della Polizia di frontiera da un aereo in transito a Fiumicino, poiché «era nella black list della compagnia aerea e di Israele»;
secondo quanto ricostruito dagli investigatori nell'immediato, il comandante avrebbe chiesto l'intervento del capo scalo e Omeonga si sarebbe opposto. A quel punto sarebbe arrivata la polizia e, dopo circa 40 minuti di mediazione, sarebbe stato ammanettato e fatto sbarcare perché non voleva scendere. Accompagnato negli uffici di polizia di Fiumicino è poi stato identificato e denunciato per resistenza e oltraggio;
Stephane Omeonga ha smentito le dichiarazioni della polizia in merito al suo fermo;
il giocatore della squadra israeliana del Bnei Sakhnin, dichiara di essere stato ammanettato, buttato a terra e successivamente malmenato dagli agenti prima di essere lasciato poi in una stanza senza né cibo né acqua;
in un'intervista al giornale belga La dernière heure il calciatore ha replicato a quanto sostenuto dalle forze dell'ordine: «Hanno cercato di dare la colpa all'immigrazione israeliana che mi ha negato l'accesso al Paese. Ma li ho contattati il giorno dopo il fermo per sapere se era vero e mi hanno detto che non lo era. Ho un permesso di lavoro valido e posso andare lì quando voglio». Il tutto senza considerare che «nessuno mi aveva detto nulla al check-in e al controllo di frontiera»;
per il belga si è trattato di un bruttissimo episodio di razzismo: «Come essere umano non posso tollerare la minima forma di discriminazione. Questo arresto è solo la punta dell'iceberg. Molte persone come me non possono trovare lavoro, non possono accedere a un alloggio o non possono praticare lo sport che amano semplicemente perché sono nere. Dobbiamo unirci e alzare la voce per educare coloro che ci circondano (colleghi, vicini, amici) su questo problema che sta rovinando la nostra società e ne ostacola il progresso»;
alla luce di quanto avvenuto è opportuno domandarsi perché il giovane calciatore sia stato trattato in modo così violento; perché la polizia abbia arrestato una persona in assenza di un mandato di cattura emesso dalla autorità giudiziaria o di un mandato di cattura internazionale;
ad opinione dell'interrogante, l'episodio riportato è di una gravità estrema e occorre fare piena luce quanto prima su quanto accaduto perché il sospetto che possa essersi trattato di un'azione razzista, come sostenuto da Stephane Omeonga, è più che legittimo –:
se il Ministro interrogato non intenda, per quanto di competenza, spiegare gli eventi e chiarire le circostanze che hanno portato al fermo di Stephane Omeonga.
(4-04041)
ISTRUZIONE E MERITO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARINO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
con il decreto-legge n. 71 del 31 maggio 2024, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2024, n. 106, sono state avviate le procedure per regolarizzare la posizione di migliaia di docenti di sostegno specializzati presso università estere. Tali docenti rappresentano oggi una preziosa risorsa per l'intero sistema scolastico nazionale;
molti di questi insegnanti, peraltro, lavorano da anni già nelle nostre scuole, facendosi valere con le loro competenze e generando soddisfazione presso le famiglie che hanno figli con bisogni educativi speciali;
lo strumento individuato dal citato decreto per compiere tale regolarizzazione sono alcuni percorsi erogati dall'Indire (Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa) e da enti convenzionati. Ai docenti con specializzazione estera viene chiesto di partecipare a un corso finalizzato all'acquisizione di alcuni cfu (crediti formativi universitari) integrativi quale misura compensativa affinché il loro titolo diventi equipollente alla specializzazione italiana conseguibile attraverso il tirocinio formativo attivo di sostegno. In cambio, ai docenti interessati, viene chiesto di rinunciare ad ogni eventuale contenzioso in sospeso col Ministero dell'istruzione inerentemente al riconoscimento della propria specializzazione estera. Il citato decreto offre inoltre un'analoga possibilità anche a quei docenti che, nelle istituzioni scolastiche statali e paritarie, hanno svolto un servizio su posto di sostegno per almeno tre anni scolastici, anche non continuativi, nei cinque anni precedenti, nel medesimo grado di istruzione del percorso di specializzazione scelto;
da quanto si apprende dai media nelle riunioni con i sindacati di categoria era stato inizialmente proposto e informalmente sancito che il numero di cfu da conseguire per queste due categorie di docenti da regolarizzare sarebbe stato disuguale. Nello specifico per i docenti con specializzazione estera i cfu da integrare sarebbero stati dieci, mentre per i docenti non specializzati ma con tre anni di servizio sarebbero stati trenta;
si apprende sempre dai media che tali indicazioni siano oggi mutate e che queste due categorie sarebbero state parificate per quanto riguarda i cfu da integrare (che dovrebbero essere quindi trenta per entrambe);
le associazioni dei docenti con abilitazione straniera hanno subito protestato per questa decisione che penalizzerebbe di fatto eccessivamente tale categoria e andrebbe di fatto contro alcune disposizioni comunitarie;
la direttiva dell'Unione europea n. 55 del 2013 prevede infatti, all'articolo 13, comma 1, che uno Stato membro dell'Unione abbia il dovere di assumere, alle stesse condizioni, i cittadini di altri Paesi. Tale direttiva e le conseguenti sentenze italiane confermano l'obbligo di riconoscere questi titoli se equivalenti, prevedendo misure compensative per eventuali discrepanze –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e – in ogni caso – quali siano i tempi e le modalità di avvio dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità di cui all'articolo 7 del decreto-legge n. 71 del 31 maggio 2024, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2024, n. 106.
(5-03305)
CASO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
l'11 dicembre 2024 sono stati pubblicati i DDG n. 3059 e n. 3060 concernenti, rispettivamente, i concorsi ordinari per titoli ed esame per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado su posto comune e di sostegno e del personale docente della scuola dell'infanzia e primaria su posto comune e di sostegno;
durante l'apertura della finestra per inoltrare le domande di partecipazione, alcuni aspiranti docenti hanno riscontrato una problematica nella piattaforma Concorsi e procedure selettive, in particolare per quanto riguarda il possesso dell'abilitazione e la relativa procedura specifica;
infatti, per coloro che hanno conseguito l'abilitazione tramite i percorsi da 30 CFU, non è stato possibile dichiarare se il percorso seguito fosse quello previsto dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, articolo 2-ter, comma 4, ovvero quello per coloro che erano già in possesso di un'abilitazione o specializzazione su sostegno, oppure quello previsto dal medesimo articolo, ma al comma 4-bis, che riguarda i triennalisti;
tale distinzione è importante perché il percorso riservato ai triennalisti, ai sensi della Faq ministeriale n. 17, è da considerarsi «selettivo di accesso», in quanto è a numero programmato e, di conseguenza, dà diritto all'attribuzione del punteggio aggiuntivo di 12,5 punti previsto dal punto A.1.2. della tabella di valutazione titoli, mentre il percorso riservato a coloro che sono già in possesso di un'abilitazione o specializzazione, ai sensi della Faq ministeriale n. 17-bis, non essendo a numero programmato, non è da considerarsi selettivo e quindi si otterrebbe un punteggio aggiuntivo di 5 punti, ai sensi del punto A.1.3. della tabella di valutazione titoli;
il Ministero interrogato ha provato a chiarire la questione pubblicando la Faq n. 29, specificando che «il punteggio di cui ai punti A.1.2 o A.1.3 della tabella di valutazione non è dichiarabile, in quanto verrà riconosciuto a cura della commissione sulla base della tipologia di abilitazione dichiarata»;
tuttavia, per le due tipologie di percorsi, la piattaforma ministeriale predisposta per la compilazione delle domande non consente di indicare con quale delle due tipologie di percorsi da 30 CFU è stata conseguita l'abilitazione, nonostante la distinzione risulti importante in quanto il punteggio aggiuntivo è differente, pertanto le commissioni dovranno inevitabilmente richiedere successivamente ai candidati di autocertificare quale dei due percorsi è stato frequentato oppure verificare direttamente tramite gli atenei coinvolti –:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non intenda adottare le necessarie iniziative affinché si possa garantire una reale verifica delle tipologie di abilitazioni conseguite dai candidati ed evitare errori nell'attribuzione dei punteggi per le valutazioni dei titoli, nonché aggiornare la piattaforma anche alla luce delle procedure concorsuali future.
(5-03306)
CASO, AMATO, ORRICO e MORFINO. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito con modificazioni dalla legge n. 106 del 2024, all'articolo 6, prevede dei nuovi percorsi di specializzazione sul sostegno straordinari e transitori, gestiti in autonomia dall'Indire è destinati soltanto ai docenti che hanno prestato servizio su posto di sostegno della durata di almeno tre anni scolastici, anche non continuativi, nei cinque anni precedenti, mentre all'articolo 7, prevede l'attivazione di percorsi di specializzazione per le attività di sostegno per i possessori di titolo conseguito all'estero, ma in attesa di riconoscimento; dunque, presentando rinuncia ad ogni istanza di riconoscimento sul sostegno e con il superamento del percorso gestito da Indire, si consegue un solo titolo di specializzazione;
tali percorsi si aggiungono all'ordinario percorso del Tfa per sostegno erogato tradizionalmente dalle università, che, oltre al costo sostenuto dagli aspiranti docenti, pari a tremila euro, prevede una prova d'ingresso, esami di psicologia e pedagogia, nove laboratori, trecento ore di tirocinio e la costante presenza, per un totale di 1500 ore di corso, al fine di acquisire i 60 Cfu per la specializzazione su sostegno;
i percorsi erogati dall'Indire, invece, appaiono semplificati, con soli 30 Cfu richiesti, una differenza sostanziale che ha sollevato legittime preoccupazioni sulla qualità della preparazione dei futuri insegnanti di sostegno e ha scatenato proteste per la discriminazione che si verrà a creare tra docenti appartenenti alla stessa categoria, i quali otterranno lo stesso titolo seguendo due percorsi completamente diversi;
nonostante l'urgenza di avviare i percorsi da parte del Ministero e considerati i numeri degli insegnanti non ancora specializzati (67 mila a fronte di 228 mila insegnanti di sostegno), il decreto attuativo di definizione dei criteri di ammissibilità, dei contenuti dei percorsi formativi, delle modalità di attivazione e dei costi massimi dei percorsi non è ancora stato pubblicato, pertanto, ad oggi, non è possibile determinare con certezza quando saranno attivati questi nuovi percorsi;
le criticità strutturali determinate dalla carenza di docenti di sostegno e dalla conseguente disparità territoriale, nonché l'incapacità, da parte del Ministero, di valutare nei tempi richiesti dalla legge i titoli acquisiti all'estero, richiederebbero una programmazione seria degli organici, con una pianificazione territoriale adeguata e non una sanatoria discriminatoria che rischia di frammentare e sminuire il ruolo fondamentale della formazione dei docenti di sostegno –:
se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative di carattere normativo volte a rivedere le disposizioni che introducono i nuovi percorsi di specializzazione erogati da Indire, al fine di evitare discriminazioni tra docenti e porre al centro i bisogni educativi degli studenti con disabilità.
(5-03309)
Interrogazione a risposta scritta:
GHIRRA. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
l'interrogante ha appreso da notizie di stampa della critica situazione logistica sofferta dal liceo T. Gullace di Roma, il quale, in condizioni regolari, usufruirebbe di due edifici per svolgere le attività didattiche, ovvero la sede centrale in Piazza Cavalieri del Lavoro 18 e la sede succursale in Via Deportati del Quadrare 27;
in relazione alla sede centrale di recente sono stati intrapresi lavori di ristrutturazione i quali non sono terminati in tempo per il rientro delle classi a settembre, e hanno comportato notevoli rischi e problemi per gli studenti, certificati anche dall'intervento dell'Asl Roma 2, i quali hanno condotto alla sospensione del cantiere e allo spostamento di tutte le attività all'interno del solo plesso succursale, con conseguente turnazione delle lezioni fino al tardo pomeriggio;
la mobilitazione della comunità studentesca, provata da queste condizioni di disagio, ha portato il 14 ottobre 2024 all'occupazione dell'edificio succursale. Pochi giorni dopo, terminata l'occupazione, nei locali è stato appiccato un incendio che ha danneggiato diverse aree rendendole inagibili, provocando complessivamente danni alla struttura per due milioni di euro;
da allora la comunità scolastica è stata costretta a proseguire le lezioni alternando modalità di Dad e divisione delle classi presso altri plessi scolastici del territorio, con notevole penalizzazione dell'offerta formativa e della qualità del lavoro per i docenti;
risulta all'interrogante che la città metropolitana di Roma, responsabile della edilizia scolastica, ha attivato un tavolo interistituzionale per discutere della situazione, con la partecipazione dell'Usr, della preside del liceo Gullace, della presidente del consiglio d'istituto, dei rappresentanti degli studenti e dei genitori, dell'assessore alla scuola del VII Municipio di Roma Capitale e del presidente del coordinamento dei presidenti dei consigli d'istituto di Roma e del Lazio. Con perizia tecnica la città metropolitana ha evidenziato l'entità dei danni, che comportano un impegno oltre la semplice ripulitura dei locali e la riparazione del solaio danneggiato poiché sarebbero compromessi gli impianti e l'intero arredamento;
sempre da notizie di stampa si apprende che il sindaco di Roma Capitale ha inviato una lettera al Ministro interrogato sollecitando uno stanziamento straordinario di due milioni di euro, viste le condizioni di straordinaria emergenza che non possono essere assunte dalle casse di città metropolitana, prossime all'esaurimento poiché impegnate nelle numerose criticità degli istituti superiori romani –:
se il Ministro interrogato ritenga di adottare iniziative volte ad uno stanziamento straordinario di fondi per risolvere tempestivamente la condizione emergenziale che coinvolge oltre settecento studentesse e studenti e tutto il personale del liceo Gullace e, laddove ritenesse opportuno l'intervento, quali siano le tempistiche dello stesso.
(4-04042)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta scritta:
DORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 23 maggio 2024 con delibera del comitato dei delegati n. 13 Cassa Forense ha apportato modifiche al regolamento unico della previdenza forense, la cosiddetta riforma previdenziale, a seguito di interlocuzioni col Ministero del lavoro e delle politiche sociali, col Ministero dell'economia e delle finanze e col Ministero della giustizia;
fra le modifiche apportate vi è, all'articolo 30, l'aumento dell'aliquota del contributo soggettivo rispettivamente al 16 per cento nel 2025, al 17 per cento nel 2026 e al 18 per cento nel 2027, sia per gli avvocati sia per i praticanti;
la riforma prevede anche un sostanziale aggravamento del diritto di riscatto degli anni di laurea, servizio militare e/o civili e di praticantato, in quanto dal 1° gennaio 2025 l'onere minimo non potrà essere inferiore, per ciascun anno riscattato, ad importo pari al doppio dei contributi minimi previsti per l'anno di presentazione della domanda, andando conseguentemente ad incrementare l'onore;
dal 1° gennaio 2025, inoltre, i praticanti avvocati che optano per la facoltà di iscrizione a Cassa Forense non potranno più usufruire del dimezzamento del contributo minimo soggettivo, previsto per i primi sei anni di iscrizione, e dell'esonero dal pagamento del contributo integrativo minimo. Tale decisione ha applicazione retroattiva, portando quindi gli iscritti degli anni precedenti che usufruivano di tali agevolazioni a dover pagare sia il contributo integrativo minimo sia un contributo soggettivo minimo raddoppiato, assieme al contributo di maternità, differentemente da quanto previsto al momento della loro iscrizione;
come segnalato da Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) Cassa Forense sta già comunicando ai praticanti iscritti negli anni precedenti che non potranno più usufruire di tali agevolazioni;
in data 2 gennaio 2025 Aiga ha inoltre chiesto, con lettera indirizzata al presidente di Cassa Forense, di valutare la reintroduzione delle agevolazioni per i praticanti e di rimuovere la retroattività;
le modifiche introdotte nel regolamento scoraggiano ulteriormente i praticanti ad iscriversi a Cassa Forense e ciò diventa ulteriore ostacolo all'accesso alla professione;
l'avvocatura sta affrontando un momento di crisi ed «invecchiamento» della professione, infatti secondo l'ultimo rapporto annuale sull'avvocatura di Cassa Forense gli iscritti alla data del 31 dicembre 2023 sono 236.946 (-1,3 per cento rispetto al 2022) e, tra iscrizioni e cancellazioni, si registrano 8.043 avvocati in meno rispetto all'anno precedente, trend negativo che permane da diversi anni. Le cancellazioni riguardano in particolare le donne con meno di 15 anni di anzianità di iscrizione (il 54,2 per cento);
è necessario rivedere con urgenza le modifiche apportate al regolamento in modo da agevolare ai giovani l'avvicinamento alla professione –:
se i Ministri interrogati intendano promuovere, per quanto di competenza, idonee agevolazioni per i praticanti avvocati che scelgono di iscriversi alla Cassa.
(4-04043)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
GRIMALDI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
in data 12 luglio 2024 sul portale inPA è stato pubblicato il bando di concorso per titoli ed esami, approvato dalla Commissione Ripam, per l'assunzione di 308 funzionari – a tempo pieno e indeterminato – nei ruoli dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail);
la selezione, su base territoriale, riguarda 293 unità con il profilo di funzionario amministrativo e 15 unità con il profilo di funzionario assistente sociale;
successivamente, il 29 settembre 2024, è stato pubblicato il diario delle prove scritte per la data del 14 ottobre 2024 i cui esiti, da quanto riportato nel bando, sarebbero stati resi noti, al singolo candidato, accedendo nella propria area riservata sul sito https://formez.concorsismart.it/ui/publicarea/login. Pertanto, senza nessuna graduatoria di merito pubblica, ma solamente un singolo codice per singolo candidato;
risulta all'interrogante che, precedentemente allo svolgimento delle prove orali, che si sono tenute dal 18 novembre 2024 al 23 dicembre 2024, vi è stata la creazione di gruppi Telegram ad opera di una organizzazione sindacale che, in assenza di graduatorie di merito pubbliche redatte agli esiti della prova scritta – che, come già ricordato, risulterebbero essere «codificate» per prevenire eventuali pericolose ingerenze – sembrerebbe essere riuscita ad intercettare numerosi candidati ammessi alle prove orali;
considerato che, ad oggi, non vi sono prove certe di eventuali fughe di notizie, risulta quantomeno irrituale che ad una organizzazione sindacale sia permesso l'accesso a dati ed elementi conoscitivi dei candidati alla procedura concorsuale –:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di intercettare e contrastare eventuali irregolarità;
se i risultati delle prove scritte e i relativi contatti di chi le ha superate siano stati resi pubblici e, quindi, fruibili dalle organizzazioni sindacali e di tutti coloro che avessero avuto interessi legittimi ad accedervi;
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di contrastare condotte che rischiano di minare la credibilità e la trasparenza delle procedure concorsuali.
(4-04040)
SALUTE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
dall'anno 2010 la regione Calabria è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali e allo stato il presidente pro tempore della regione ne è il commissario ad acta;
le aree montane della Calabria, tra cui il comune di San Giovanni in Fiore, versano in una condizione di grave marginalità nell'accesso ai servizi sanitari essenziali, a causa delle distanze dai più vicini ospedali hub e spoke, delle difficoltà infrastrutturali e delle condizioni climatiche avverse, in particolare nei mesi invernali;
gli ospedali di San Giovanni in Fiore, Acri, Soveria Mannelli e Serra San Bruno rappresentano l'unico presidio sanitario per migliaia di persone che vivono in quelle aree montane, ma essi sono stati gravemente depotenziati a partire dal Dpgr-Dca n. 18 del 2010, di riordino della rete dell'assistenza ospedaliera regionale nell'ambito del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Calabria; di conseguenza, tali presìdi ospedalieri non hanno più i reparti di pediatria e chirurgia generale e le attività diagnostiche sono ivi fortemente limitate;
il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, prevede che, negli ospedali di area disagiata in contesti montani o insulari, sia garantita la funzione di pronto soccorso e con il supporto delle discipline di medicina interna, chirurgia generale ove attivata detta funzione, anestesia, ortopedia, radiologia, laboratorio ed emoteca;
il suddetto decreto ministeriale peraltro, definisce le tipologie di ospedale sulla base dei bacini di utenza legati al numero di abitanti nei singoli territori;
il 4 gennaio 2025, un uomo di 48 anni è deceduto per arresto cardiaco sopraggiunto durante il trasporto all'ospedale hub di Cosenza, dopo aver atteso per oltre tre ore un'ambulanza medicalizzata presso il pronto soccorso di San Giovanni in Fiore e a causa dell'indisponibilità dell'elisoccorso per condizioni di scarsa visibilità;
in altri casi, le carenze sanitarie del territorio hanno concorso al decesso di altri pazienti, per esempio di Antonio Loria, morto nel giugno 2023 per incidente stradale nei pressi del comune di San Giovanni in Fiore, il cui ospedale necessiterebbe di una chirurgia generale e di un'emodinamica;
la carenza di personale medico nella pet 118 di San Giovanni in Fiore, con soli due medici su una pianta organica prevista di sei, ha contribuito alla recente tragedia, evidenziando le gravi lacune nell'organizzazione della rete sanitaria territoriale;
di recente, in Calabria il servizio di emergenza-urgenza è stato centralizzato, con l'attivazione di due centrali operative: una a Cosenza, l'altra a Catanzaro;
la rapidità di intervento, nei casi di sindrome coronarica acuta, è cruciale per la sopravvivenza e il successo delle cure;
il suddetto episodio evidenzia l'urgenza di interventi strutturali e organizzativi per garantire il diritto alla salute nelle aree montane della Calabria, potenziando gli organici e i presìdi sanitari e adottando modelli di eccellenza già sperimentati in altre regioni –:
se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti in premessa;
se, in relazione all'episodio descritto in premessa, risulti che per il trasporto del paziente non vi fosse un'ambulanza medicalizzata disponibile a partire da Crotone;
se il Ministro interpellato sia a conoscenza delle gravi carenze di personale e di mezzi che interessano l'emergenza-urgenza nel territorio di San Giovanni in Fiore nonché negli altri comuni montani della Calabria in cui sono presenti ospedali sanitari montani;
quali iniziative urgenti intenda assumere, anche per il tramite del commissario ad acta, per assicurare il rispetto degli standard previsti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 e garantire un servizio sanitario adeguato nelle riferite aree;
se non ritenga opportuno adottare iniziative volte a modificare il decreto ministeriale citato in modo da consentire alle aree montane di avere degli ospedali attrezzati per la chirurgia generale e gli interventi di emodinamica, dunque prevedendo apposite eccezioni normative al superamento del criterio dei bacini di utenza ivi definiti;
se non ritenga opportuno avviare un piano straordinario per il potenziamento delle strutture sanitarie montane, includendo incentivi per il personale medico;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere perché in Calabria venga adottato un modello integrato, per rafforzare l'assistenza ospedaliera nelle aree montane calabresi, migliorando l'accesso ai servizi e garantendo il diritto alla salute dei cittadini;
quali iniziative immediate, per quanto di competenza, intenda adottare, anche per il tramite del commissario ad acta, per evitare che tragedie come quella accaduta il 4 gennaio 2025 si ripetano, assicurando risorse adeguate al pronto soccorso di San Giovanni in Fiore e agli ospedali di montagna della Calabria.
(2-00503) «Baldino, Auriemma».
Interrogazione a risposta in Commissione:
VIETRI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
desta preoccupazione la drammatica situazione in cui versa il pronto soccorso dell'ospedale Umberto I di Nocera Inferiore, come documentato da un paziente nella notte tra il 3 e 4 gennaio 2025 e confermato anche da fonti interne alla struttura sanitaria: non solo attese estenuanti con pazienti abbandonati per ore su lettini e barelle, spesso insufficienti, ma anche file di ambulanze, posti letto insufficienti e perenne carenza di personale;
una situazione ormai fuori controllo, che purtroppo accomuna l'Umberto I di Nocera Inferiore ad altri ospedali del territorio regionale, frutto, a parere dell'interrogante, di oltre dieci anni di blocco del turnover, in cui i vari Governi che si sono succeduti hanno preferito strapagare gettonisti esterni, invece di valorizzare i medici del Servizio sanitario nazionale, e di una decennale malagestione della sanità da parte dell'amministrazione regionale con assenza di una pianificazione e di un'organizzazione efficace, che inevitabilmente comporta disagi intollerabili sia per l'utenza sia per il personale sanitario, costretto a svolgere turni massacranti;
a tali criticità, si aggiunge la chiusura del pronto soccorso di Scafati, che avrebbe potuto contribuire a decongestionare l'ospedale di Nocera Inferiore, costretto a dover gestire pazienti provenienti non solo dall'area nord della provincia di Salerno, ma anche da altre zone, tra cui l'area vesuviana e il nord della provincia di Napoli;
tale situazione, che perdura ormai da troppo tempo, mina alla base quel diritto alla salute dei cittadini, costituzionalmente garantito, e costringe il personale sanitario e socio-sanitario a uno stress emotivo cronico e persistente insostenibile –:
in ragione della gravità dei fatti esposti in premessa, se e quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, il Ministro interrogato intenda assumere in ordine allo stato in cui versa il pronto soccorso dell'ospedale Umberto I di Nocera Inferiore e alle complessive criticità evidenziate in premessa.
(5-03307)
Interrogazioni a risposta scritta:
BUONGUERRIERI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato da organi di stampa, un paziente affetto da insufficienza aortica severa si sarebbe visto negare un intervento chirurgico dal polo cardiologico Cattinara di Trieste, gestito dall'Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina, a causa del suo rifiuto di sottoporsi a vaccinazione contro Covid, influenza, herpes zoster e pneumococco;
più precisamente nella lettera spedita dall'ospedale, sottoscritta dal primario competente, al paziente triestino, si legge: «Lei è stato registrato in lista di attesa elettiva con diagnosi di cardiopatia valvolare con sufficienza aortica severa. Non è stato poi operato per rifiuto di sottoporsi a vaccinazioni. Le saremmo grati se ci restituisse la presente lettera firmandola in calce per essere cancellato dalla lista di attesa. La informiamo che, in caso di mancata risposta, procederemo comunque alla sua cancellazione dalla lista. Qualora lei lo desiderasse saremo lieti di rivalutare la sua situazione in futuro. Cordiali saluti.»;
in seguito alle uscite sulla stampa, Asugi, azienda sanitaria che gestisce il polo cardiologico, ha inviato una nota stampa con cui ha ricostruito la dinamica dei fatti e precisato che, seppur non citato nella suddetta missiva, il motivo preponderante ai fini della uscita dalle liste d'attesa del paziente in questione sarebbe da rinvenire nel rifiuto a sottoporsi a procedura chirurgica espresso, si legge nella nota, verbalmente dal paziente in sede di convocazione telefonica per intervento;
la suddetta nota, smentita dal paziente, non fuga le perplessità originate dalla lettera summenzionata e dalle dichiarazioni del paziente;
è intervenuto il Ministro della salute, Schillaci, che ha dichiarato di seguire la vicenda al fine di assicurare il diritto alla salute di tutti i cittadini;
tale episodio, avvenuto per giunta in una fase storica ormai lontana dall'emergenza pandemica e perpetrato nei confronti di un soggetto fragile, da una prima analisi, a giudizio dell'interrogante, appare ingiustificato e discriminatorio e, se confermato, rappresenterebbe un fatto grave che contrasta con il dettato costituzionale che, all'articolo 32, garantisce il diritto alla salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;
nel frattempo, si sono moltiplicati deprecabili attacchi, in particolare offese e minacce, indirizzati sia al medico sia al paziente, ai quali va la solidarietà dell'interrogante;
si ritiene doveroso far luce sulla esatta dinamica dei fatti e chiarezza su tale episodio sia per fugare ogni ombra su di un centro, quello triestino, che rappresenta una vera eccellenza italiana in cui prestano la loro attività medici, infermieri, operatori sanitari che ogni giorno salvano vite e affinché sia rispettato il dettato costituzionale sulla tutela della salute come diritto dell'individuo e interesse della collettività –:
se il Ministro interrogato, intenda adottare iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, al fine di fare chiarezza sulla vicenda riportata dalla stampa sopra descritta e quali iniziative siano state già adottate o si intendano adottare in generale al fine di garantire il rispetto del dettato costituzionale che, all'articolo 32, stabilisce che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» ed evitare così episodi di discriminazione nell'accesso alle cure in danno ai cittadini.
(4-04034)
CANNATA. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione. — Per sapere – premesso che:
il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) Missione 6, prevede interventi specifici per il potenziamento e la modernizzazione del sistema sanitario in Sicilia, inclusa la provincia di Siracusa;
secondo il documento fornito dall'Assessorato della salute della Regione Siciliana (versione del 17 settembre 2024), risultano programmati lavori di realizzazione e adeguamento di strutture sanitarie nella provincia di Siracusa, in particolare nei comuni di Siracusa, Augusta, Avola, Floridia, Lentini, Noto, Pachino, Palazzolo Acreide e Rosolini;
si evidenziano lavori già avviati, certificati o ancora in fase di avvio in alcune delle sedi su indicate, con date previste come il 31 ottobre 2024 per alcuni interventi;
è fondamentale monitorare il rispetto delle scadenze previste dal PNRR per garantire la conformità agli obiettivi nazionali ed europei –:
quale sia lo stato di attuazione degli interventi del PNRR, Missione 6, nella provincia di Siracusa, con particolare riferimento alle date previste per l'avvio o la conclusione dei lavori delle strutture sanitarie citate in premessa, come indicato dal piano regionale;
se intendano chiarire l'andamento del cronoprogramma previsto, specificando, nel caso di ritardi, le relative motivazioni.
(4-04037)
ZANELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'ospedale Camposampiero di Padova e il Movimento Pro Vita hanno siglato una convenzione che prevede una attività informativa alle donne a fronte di una specifica richiesta da parte della donna interessata; inoltre il Movimento Pro Vita avrà, tra le altre, la possibilità di inserire materiale informativo all'interno delle bacheche interne all'ospedale;
il Movimento Pro Vita è noto per le sue posizioni antiabortiste e la Ulss 6 Euganea con una convenzione datata 23 dicembre 2024 si è impegnata ad informare, attraverso i propri dipendenti, dell'attività di sostegno alle donne incinte, partorienti o che hanno praticato l'interruzione volontaria di gravidanza, dell'associazione Movimento per la Vita;
è necessario conoscere la situazione di Padova, sulla quale interviene la citata convenzione, dove secondo i dati della Regione nella Ulss 6 il 56,52 per cento di ginecologi è obiettore di coscienza e il dato sale al 73,08 per cento nell'Azienda ospedaliera universitaria di Padova, mentre i consultori che rappresentano un presidio che hanno come mission garantire la libera scelta delle donne oltre alla loro salute, la situazione appare critica, con il numero di sedi passato da 65 nel 2017 a 44 nel 2023 in provincia di Padova;
la legge prevede un consultorio ogni 20.000 abitanti, mentre il Veneto è una delle tre regioni con minore presenza di consultori familiari per abitante: una ogni 50.000 abitanti residenti, numero che secondo i regolamenti regionali sarebbe accettabile;
tenuto conto anche delle gravi carenze di personale specializzato, la scelta ulteriore di inserire una fonte unilaterale informativa, quale può essere quella proveniente dal Movimento Pro Vita, a scapito di quella che può fornire il consultorio pubblico, rischia di creare un contesto che più che accompagnare le donne nelle scelte e nei percorsi di vita, tende ad escludere la piena attuazione della legge n. 194 del 1978, attivando una propaganda anti aborto all'interno degli ospedali e minando così i principi della legge n. 194 del 1978 –:
come intenda attivarsi, per quanto di competenza, il Ministro interrogato in relazione ad iniziative che a parere dell'interrogante non appaiono favorire l'assunzione di una libera scelta delle donne anche rispetto alla propria salute, e che sembrano inserirsi all'interno di un percorso che in sostanza tende ad ostacolare l'attuazione completa della legge n. 194 del 1978, con il rischio di minare la salute delle donne;
quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, affinché sia data piena attuazione alla disposizione di legge che prevede l'istituzione di un consultorio ogni 20.000 abitanti nella Regione Veneto, come su tutto il territorio nazionale, nonché a garantire negli ospedali una presenza adeguata di personale formato e di medici non obiettori;
quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire l'effettiva praticabilità dell'interruzione volontaria di gravidanza in ogni struttura ospedaliera, tenuto conto che la legge n. 194 del 1978 prevede che il Servizio sanitario regionale debba in ogni caso assicurare l'effettuazione di questi interventi.
(4-04038)
D'ALFONSO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il Centro diurno, inaugurato nel 2016 nel comune di Alanno, si occupa di adulti e giovani adulti neurodiversi, supportati da professionisti, al fine di favorire l'integrazione sociale e lavorativa e costituisce una risorsa essenziale per i territori abruzzesi, considerato il contesto rurale e la scarsa disponibilità di servizi specialistici;
attualmente una ventina di giovani adulti neurodiversi convergono quotidianamente al Centro dai 22 paesi limitrofi, ansiosi di svolgere le attività socializzanti e riabilitative previste da un progetto socio-sanitario, operante dal 2009 e gestito da psicologi ed educatrici;
purtroppo il diretto regionale del Dipartimento di salute mentale, con nota prot. 110502 del 6 dicembre 2024, ha comunicato che non sarebbe stata rinnovata per le prossime annualità la convenzione per il rinnovo di detto progetto del Centro diurno di Alanno, in quanto, dice testualmente «allo stato attuale non permangono i bisogni sanitari di cui alla precedente convenzione»;
la motivazione addotta appare priva di ogni riscontro oggettivo, ignorando la realtà quotidiana di decine di giovani adulti neurodiversi che, proprio grazie al Centro diurno e al supporto qualificato dell'organizzazione di volontariato «Vittoria – la città dei ragazzi», hanno trovato uno spazio di formazione inclusione, crescita e socializzazione, indispensabili per il loro benessere psico-sociale e per la costruzione di opportunità lavorative concrete, nella prospettiva del «Dopo di noi», già in fase concreta di realizzazione in collaborazione con la provincia di Pescara, l'Università degli Studi «G. D'Annunzio», il dipartimento di architettura e il comune di Alanno con il progetto «Borgo Più»;
la regione, in seguito all'approvazione della legge di bilancio regionale 2025, si è fatta carico delle quota di finanziamento necessaria a dare continuità al Centro diurno;
la futura interruzione del finanziamento comunale comprometterebbe gravemente il percorso di riabilitazione e inclusione avviato negli anni, generando isolamento sociale e privando le famiglie di un supporto insostituibile –:
se intendano, per quanto di competenza, adottare iniziative volte a stanziare risorse statali, in maniera strutturale, a favore del Centro diurno di Alanno e di altre realtà analoghe che favoriscano l'integrazione sociale e lavorativa.
(4-04047)
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Di Biase e altri n. 4-04029, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 gennaio 2025, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Morassut.
Cambio di presentatore di mozione.
La mozione n. 1-00374, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 dicembre 2024, è da intendersi presentata dall'On. Braga, già cofirmatario della stessa.
Pubblicazione di testi riformulati.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Quartini n. 1-00369, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 390 del 2 dicembre 2024.
La Camera,
premesso che:
nel mese di giugno 2024 è stata presentata la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2024 (dati raccolti nel 2023), prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, dalla quale emerge che:
a) le violazioni per possesso di sostanze stupefacenti per uso personale nel corso del 2023 sono state 34.679 e hanno riguardato 32.346 persone;
b) quanto ai reati droga-correlati, nel 2023, sono state denunciate all'autorità giudiziaria complessivamente 27.674 persone, con un aumento di quasi il 3 per cento rispetto al 2022 (dati, tuttavia, in continuo aggiornamento) dopo un trend in diminuzione dal 2018: il 76 per cento delle sostanze riportate nelle segnalazioni riguarda cannabis e derivati, percentuale che raggiunge valori pari al 97 per cento fra i minorenni e al 78 per cento fra le persone straniere;
c) sul totale delle operazioni di polizia svolte nel 2023, il 47 per cento ha riguardato la cannabis, con quasi 10 mila sequestri per circa 67 tonnellate requisite, cui si aggiungono 156 mila piante;
d) per quanto riguarda la presa in carico degli utilizzi problematici, la cannabis risulta la minor causa di trattamenti sanitari, con il 12 per cento di utenza nei SerD, il 6 per cento dell'utenza presso strutture private e il 5 per cento di ricoveri presso i pronto soccorso;
e) quanto alla componente economica la relazione informa che alla cannabis è riconducibile il 40 per cento degli oltre 16 miliardi di valore del mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi;
i numeri sopra richiamati sono la conseguenza di un quadro normativo e regolamentare sulla cannabis estremamente punitivo e in disequilibrio rispetto a un'analisi costi-benefici che sempre deve guidare il legislatore o il decisore pubblico in ordine ai fenomeni sociali che interessano la collettività tutta;
i predetti dati dimostrano ancora una volta che una legislazione incentrata sulla repressione penale non consente di arginare un fenomeno ampiamente diffuso e con forti radicamenti sociali e culturali, la cui rilevanza richiede che siano disciplinati e regolamentati piuttosto che vietati o puniti;
nel nostro Paese vige un quadro normativo di fatto punitivo, che discende già dalla fine degli anni '80 e che è stato ulteriormente aggravato nel corso degli anni, estendendolo non solo al commercio illecito ma anche al consumo personale di droga, prescindendo da una valutazione obiettiva e scientifica sulla effettiva pericolosità sociale e sanitaria delle diverse droghe o sostanze, soggette a una continua revisione della loro classificazione, assai spesso per ragioni ideologiche o propagandistiche invece che per ragioni scientifiche, di salute pubblica o di effettiva pericolosità sociale;
nella storia del nostro Paese si sono dunque delineati diversi orientamenti o filoni di pensiero sulla necessità o meno di proibire ovvero legalizzare la cannabis e nel 1993 fu approvato un referendum popolare abrogativo che aveva mitigato l'impianto sanzionatorio allora vigente; con il referendum popolare il 55,3 per cento, oltre 19.000.000 di cittadini, si espresse contro la repressione penale del consumo;
successivamente, nel 2014, sempre nell'acceso dibattito/confronto sulle diverse posizioni di legalizzazione e di proibizionismo, intervenne anche la sentenza della Corte costituzionale n. 32 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli della cosiddetta legge Fini-Giovanardi che aveva equiparato le droghe leggere, quali l'hashish e la marijuana, e quelle pesanti, come l'eroina e in genere gli oppiacei, la cocaina, le anfetamine e gli allucinogeni;
la Suprema Corte di cassazione, in forza del principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale per cui una condotta non può avere rilevanza penale se non offende alcun bene giuridicamente protetto, ha consolidato il principio secondo cui «ai fini della configurabilità del reato non è sufficiente la mera coltivazione di una pianta conforme al tipo botanico vietato, ma è altresì necessario verificare se tale attività sia concretamente idonea a ledere la salute pubblica» (confronta Sezioni Unite n. 12348/2020; terza sezione penale n. 20238/2022);
con la su citata sentenza (n. 12348 del 16 aprile del 2020), le Sezioni Unite hanno sancito, inoltre, un nuovo fondamentale principio di diritto in materia di coltivazione e detenzione di cannabis a uso personale, stabilendo che dal reato di coltivazione di stupefacenti «devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili nell'ambito della norma penale: le attività di coltivazioni di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore»;
in senso conforme, sempre la Corte di cassazione (n. 20238/2022) ha rappresentato che «(...) dal punto di vista meramente economico, la produzione di un bene per il suo esclusivo autoconsumo è fattore che, lungi dall'incrementare la vivacità di un mercato, tende a deprimerlo (...)»;
in sostanza, i giudici ermellini hanno più volte ritenuto che le attività di minima coltivazione non sono riconducibili nell'ambito di rilevanza penale perché prive di offensività, esattamente come avviene nelle ipotesi del consumo e della detenzione per uso personale di sostanza stupefacente;
grazie all'esito del referendum del 1993 e ai successivi orientamenti giurisprudenziali, attualmente il consumo e la detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti non hanno rilevanza penale mentre la detenzione per uso personale può essere oggetto di sanzione amministrativa; tuttavia non risulta ancora conformato agli orientamenti giurisprudenziali il trattamento della coltivazione della cannabis, poiché la stessa è sanzionata penalmente la coltivazione di piante dalle quali possano estrarsi sostanze stupefacenti e a ciò consegue che nei casi di coltivazione per autoconsumo, anche terapeutico, possa essere instaurato un procedimento penale;
dalle conclusioni della VI Conferenza nazionale sulle dipendenze svoltasi nel 2021 è emersa forte l'esigenza di modificare l'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti e, nello specifico, di sottrarre all'azione penale sia la coltivazione di cannabis a uso domestico sia la cessione di modeste quantità per uso di gruppo oltre che diverse misure di depenalizzazione;
è necessario che il legislatore intervenga per armonizzare le diverse istanze sociali ben tradotte nei consessi giurisprudenziali e tuttavia rimaste disattese nelle norme vigenti, al fine di garantire il diritto ad accedere ai benefici terapeutici della cannabis per tutti i pazienti che lo richiedano e per escludere la criminalizzazione di una condotta che contempla l'uso ricreativo della cannabis, che non viene sentita o ritenuta illecita dalla maggioranza dei cittadini e che non è lesiva della salute pubblica;
l'adozione di un modello di repressione indifferenziata, che proibisce allo stesso modo tutte le sostanze e punisce in modo analogo o identico tutti i consumatori, ha accresciuto in modo esponenziale i costi e quindi ha aggravato l'inefficienza delle legislazioni proibizioniste;
ai firmatari del presente atto di indirizzo occorre ovviare al dispendioso quanto inefficace coinvolgimento dell'apparato giudiziario e burocratico che appare essere inadeguato, sproporzionato e talvolta anche dannoso nonché evitare processi giudiziari che intralciano la giustizia a discapito di ben più rilevanti necessità e che, ove riguardino giovanissimi, arrivano a criminalizzazioni più dannose che riparative;
si consideri, infatti, che, sia in Italia che in Europa, le attività repressive sul traffico, lo spaccio e la detenzione di cannabis – che rappresenta certamente la sostanza meno pericolosa – impegnano sull'intero territorio nazionale (e non solo) un numero di appartenenti alle forze di polizia giudiziaria e di magistrati che è un multiplo di quello impegnato nelle azioni di contrasto all'eroina ovvero alla cocaina, alle droghe sintetiche, ben più micidiali;
occorre contare sia le risorse impegnate nella repressione del traffico di cannabis attraverso interventi sul territorio, sia gli ufficiali di polizia giudiziaria che redigono le relative informative e verbali e, infine, carabinieri, finanzieri, poliziotti, quotidianamente impegnati nei tribunali per deporre in udienza;
i sequestri di quantitativi di cannabis, sono, a seconda degli anni, 100 o 150 volte di più di quelli di eroina e cocaina e 8.000 volte maggiori dei sequestri delle droghe sintetiche; in pratica si sequestra in misura infinitamente più ampia la sostanza meno dannosa rispetto a quelle ben più nocive, se non letali;
anche dai dati già citati emerge come, a fronte di un eccezionale impegno della magistratura e delle forze dell'ordine, l'azione di contrasto del fenomeno non abbia invertito il trend relativo al consumo della sostanza;
è necessario rescindere il legame illecito tra il consumatore e il fornitore, sottraendo alle organizzazioni criminali fonti illecite di guadagno, come più volte evidenziato dalla stessa Direzione nazionale antimafia (Dna), impiegando le risorse che si risparmierebbero per contrastare in maniera più diretta e più efficace i reati e le attività criminose legate al traffico illecito di sostanze stupefacenti;
proprio la richiamata Direzione nazionale antimafia, nella relazione annuale afferente all'annualità 2017, aveva affermato che «sembra coerente l'adozione di una rigorosa e chiara politica di legalizzazione della vendita della cannabis, accompagnata da una parallela azione a livello internazionale e in particolare europeo, che consenta la creazione, in prospettiva, di una più ampia aerea in cui il fenomeno sia regolato in modo omogeneo», pronunciandosi favorevole alla legalizzazione alla luce dei numeri, fatti, indagini e processi e del fallimento delle politiche proibizioniste e sottolineando la necessità di concentrare le risorse dello Stato sulla repressione di fenomeni più gravi ed allarmanti;
in questo quadro fattuale, è stata proprio la Direzione nazionale antimafia, dunque, a proporre politiche di depenalizzazione che potrebbero dare buoni risultati «in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell'ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite»;
nel nostro Paese solo nella XVIII legislatura è stato possibile affrontare il tema con un approccio più laico e proprio in questo ramo del Parlamento si è giunti ad una proposta di legge condivisa finalizzata a superare una legislazione orientata alla esclusiva repressione penalistica del fenomeno; segnatamente, il 29 giugno 2022 è stato avviato l'esame in Aula del provvedimento volto alla depenalizzazione della coltivazione domestica della cannabis per uso personale, già approvato dalla Commissione giustizia in sede referente (testo unificato Magi-Licatini A.C. 2307-A);
il predetto provvedimento, recante modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati, da un lato, ha recepito i più recenti orientamenti della giurisprudenza in materia di produzione e detenzione di cannabis di lieve entità per uso personale, in modo da rendere lecita la coltivazione domestica di 4 piantine per uso esclusivamente personale, dall'altro, ha superato anche l'applicazione della sanzione amministrativa, in presenza di determinate condizioni fissate dalla legge; tra le novità introdotte, oltre alla riforma della disciplina sanzionatoria della produzione e del traffico di cannabis e dell'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, vi è altresì la previsione di pene detentive più basse per i fatti più lievi – con una disciplina autonoma per i fatti di lieve entità – prevedendo, al contempo, l'esclusione del fatto di lieve entità nei casi di cessione di sostanze commessa nei confronti di un minore;
l'approvazione in II Commissione (Giustizia) della Camera dei deputati del su citato provvedimento ha certamente rappresentato un fondamentale passo in avanti verso la depenalizzazione della coltivazione per uso personale della cannabis, specie a seguito della dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte costituzionale del referendum che proponeva l'abrogazione di alcune parti del testo unico in materia di stupefacenti, a febbraio 2022;
non può non rilevarsi, invero, come vi sia stata una grande partecipazione della popolazione sul tema, in considerazione della circostanza che a sole 72 ore dal deposito del quesito referendario da parte dei promotori, fossero state raccolte già circa 330 mila sottoscrizioni, a riprova del forte interesse mostrato dai cittadini rispetto alla necessità di rimodulare la disciplina relativa al consumo di cannabis; tale istanza non può rimanere inevasa da parte del legislatore e dunque, appare opportuno che il Parlamento si assuma le proprie responsabilità anche in questa legislatura e porti a termine il lavoro già iniziato nella precedente;
in Europa e negli altri Paesi del mondo si sta affermando, in maniera sempre più estesa, il superamento del proibizionismo; in Germania, ad esempio, dal 1° aprile 2024 è entrata in vigore la legge che legalizza la cannabis, consentendo agli adulti sopra i 18 anni di coltivare legalmente un massimo di tre piante per il consumo privato e di possedere quantità limitate della sostanza, fino a un massimo di 25 grammi, consentendo la coltivazione anche ai cosiddetti «Cannabis club», associazioni senza scopo di lucro con non più di 500 membri; le persone con più di 21 anni potranno acquistare un massimo di 50 grammi al mese, mentre per i giovani tra i 18 e i 21 anni il limite è di 30 grammi; prima della Germania, altri Paesi come Malta e il Lussemburgo avevano già legalizzato la cannabis anche a scopo ricreativo: Malta nel 2023 e il Lussemburgo nel 2021; in Spagna la coltivazione personale e il consumo in casa sono legali solo per un massimo di 3 piante e fuori casa sono i social club ad offrire l'unica alternativa di consumo; in Portogallo, dal 2001, il consumo personale di cannabis è stato depenalizzato; in Francia e nel Regno unito è stata legalizzata la cannabis per uso medico-terapeutico;
questo approccio pragmatico sulla legislazione delle droghe leggere ha riguardato anche gli Stati Uniti, dove è cresciuto rapidamente il numero degli Stati che hanno legalizzato la produzione e la vendita di cannabis per uso ricreativo, quali il Colorado, Washington, Oregon e Alaska e il distretto di Columbia;
nel gennaio del 2019, l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato sei raccomandazioni relative alla cannabis in cui raccomanda la rimozione della cannabis dalla tabella IV della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 (che contiene le sostanze «particolarmente dannose e di valore medico o terapeutico estremamente ridotto») e l'inserimento di determinate preparazioni farmaceutiche a base di cannabis nella tabella III della stessa Convenzione (che elenca le sostanze con valore terapeutico e con basso rischio di abuso); anche il tetraidrocannabinolo (Thc) viene rimosso dalla Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 e ricondotto alla sola tabella I della Convenzione del 1961;
in sostanza l'Organizzazione mondiale della Sanità ha così riconosciuto le applicazioni mediche della cannabis e dei cannabinoidi, che vengono reintegrati nella farmacopea e ha chiarito che le preparazioni di cannabidiolo puro, con meno dello 0,2 per cento di Thc, non devono essere sotto controllo internazionale;
in seguito, le raccomandazioni dell'Oms sono state inoltrate alle Nazioni Unite per essere votate dalla Commission on Narcotic Drugs, l'organo esecutivo per la politica sulle droghe con sede a Vienna; la Commissione, nella sua riunione annuale, ha preso in considerazione, ed accolto, soltanto la raccomandazione del 2019 dell'Oms, che chiedeva di togliere la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione del 1961, dove era elencata insieme a sostanze stupefacenti quali l'eroina e la cocaina;
l'Italia ha legalizzato l'uso di cannabinoidi per finalità mediche nel 2006, tuttavia la prescrizione di cannabis ad uso medico in Italia è stata disciplinata solo nel 2015 e riguarda l'impiego nel dolore cronico e di quello associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale; nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per Hiv; come stimolante dell'appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell'appetito in pazienti oncologici o affetti da Aids e nell'anoressia nervosa; l'effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette; le prescrizioni si effettuano quando le terapie convenzionali o standard sono efficaci;
con il decreto-legge n. 148 del 2017, convertito, con modificazioni, della legge n. 172 del 2017, è stata poi disciplinata in maniera più organica la produzione di cannabis prevedendo che lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, autorizzato alla fabbricazione di infiorescenze di cannabis in osservanza delle norme di buona fabbricazione (Good manufacturing practices – GMP) secondo le direttive dell'Unione europea, provvede alla coltivazione e alla trasformazione della cannabis in sostanze e preparazioni vegetali per la successiva distribuzione alle farmacie, al fine di soddisfare il fabbisogno nazionale di tali preparazioni e per la conduzione di studi clinici;
per assicurare la disponibilità di cannabis a uso medico sul territorio nazionale, anche al fine di garantire la continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, può altresì essere autorizzata l'importazione di quote di cannabis da conferire allo stesso Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, ai fini della trasformazione e della distribuzione presso le farmacie e qualora risulti necessaria la coltivazione di ulteriori quote di cannabis possono essere individuati uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione, con l'obbligo di operare secondo le Good agricultural and collecting practices (Gacp);
le preparazioni magistrali a base di cannabis prescritte dal medico sono a carico del Servizio sanitario nazionale, nei limiti del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, e la Commissione nazionale per la formazione continua (Ecm) deve prevedere l'aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e socio-sanitario impegnato nella terapia del dolore, anche attraverso il conseguimento di crediti formativi per acquisire una specifica conoscenza professionale sulle potenzialità terapeutiche delle preparazioni di origine vegetale a base di cannabis nelle diverse patologie e in particolare sul trattamento del dolore;
nonostante la maggiore organicità della disciplina della cannabis terapeutica e nonostante la Commissione nazionale Ecm abbia dato seguito alla predetta disposizione, tutt'oggi esistono ancora diffuse carenze formative e informative tra il personale medico e sanitario sulle potenzialità terapeutiche della cannabis ed ancora oggi è difficile trovare medici disposti a prescriverne la somministrazione;
nel nostro Paese la carenza di cannabis terapeutica, la mancata continuità delle cure, unitamente al fatto che pochi medici ne conoscono la prescrivibilità, creano un allarme costante per i pazienti; oggi si aggiunge anche il fondato timore della chiusura della produzione presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, l'unico ad oggi autorizzato in Italia per questo tipo di produzione e vista l'insufficiente produzione interna, l'Italia continua ad importare prodotti a base di cannabis, in particolare dai Paesi Bassi e dal Regno Unito;
occorre potenziare la coltivazione della cannabis terapeutica per far fronte alla carenza di cannabis medica; tale carenza infatti è diventata sempre più una priorità, in quanto i pazienti evidenziano frequenti casi di indisponibilità del prodotto e rischia di non poter garantire la continuità terapeutica per i pazienti; tale difficoltà di reperimento risiede in parte nella incapacità del nostro Paese di produrre un quantitativo di cannabis che sia in grado di far fronte all'attuale domanda di prodotto e in parte proprio nel divieto di coltivazione personale per finalità terapeutiche;
coltivare piante di cannabis con Thc superiore allo 0,6 per cento è infatti un reato, anche se in presenza di prescrizione medica; tuttavia su tale divieto è intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite penali della Cassazione n. 12348 del 2020 che renderebbe possibile che tale condotta non assuma rilevanza penale laddove la coltivazione domestica sia svolta in maniera rudimentale (senza una predisposizione sofisticata di mezzi e strutture), con un limitato numero di piante e finalizzata al solo consumo personale; ovviamente si tratta di condizioni e parametri fissati in via giurisprudenziale e non normativa, e che dunque non escludono la punibilità tout court;
con legge n. 242 del 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», nel nostro Paese è iniziato il rilancio di un settore che per decenni era stato dimenticato, consentendo nuovamente la coltivazione della canapa (cannabis sativa) per utilizzo agricolo e industriale;
a seguito dell'approvazione di tale provvedimento, in Italia moltissime nuove aziende hanno avviato la propria attività, e tante imprese si sono specializzate nella trasformazione dei derivati: ad oggi parliamo di una filiera che vale mezzo miliardo di euro, con 3.000 aziende agricole e 30.000 posti di lavoro e un peso rilevante sull'innovazione green e sul rilancio delle zone interne;
la succitata legge, tuttavia, reca ancora incertezze interpretative e vuoti legislativi, in particolare relativi alla possibilità di commercializzazione dei prodotti, che compromettono l'attività delle imprese agricole e commerciali coinvolte e che arrestano la crescita, lo sviluppo e la stabilità di un compartimento economico oggi di spicco;
al riguardo, sono note le antinomie giurisprudenziali insorte nel corso del 2019, le quali hanno condotto la IV sezione penale della Corte di cassazione a emettere un'ordinanza di remissione alle Sezioni Unite (ordinanza n. 8654 del 27 febbraio 2019) per risolvere proprio il contrasto interpretativo sulla liceità della commercializzazione al dettaglio della «cannabis light»; da un lato, infatti, l'interpretazione restrittiva della norma ricondurrebbe astrattamente, ed in ogni caso, la commercializzazione di prodotti diversi da quelli elencati nell'articolo 2 della legge n. 242 del 2016 (tra cui, ad esempio, le infiorescenze di cannabis sativa L. o le resine) tra le condotte penalmente rilevanti ai sensi del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti, dall'altro, l'opposto indirizzo, di tipo estensivo, stabilisce che la legge n. 242 del 2016, avendo lo scopo di promuovere e sostenere l'intera filiera produttiva della canapa industriale, contempla, come necessario corollario logico-giuridico, anche la commercializzazione dei prodotti ottenuti da tale filiera, tra i quali rientrano ugualmente le infiorescenze;
in un tale contesto, anche la Suprema corte, con la sentenza n. 4920 del 2019, si è espressa sia sulla possibilità di commercializzazione dei prodotti derivanti dalla stessa finalità della legge, sia sul contenuto di Thc degli stessi;
diverse sono state le sentenze, nonché le circolari e le direttive ministeriali susseguitesi sui punti controversi nel corso degli anni e appare quindi evidente che – anche considerando l'attuale orientamento restrittivo del Governo relativo alla coltivazione e produzione della canapa – è quanto mai necessario e urgente apportare delle modifiche alla legge 242 del 2016, presupponendo anche la possibilità di commercializzare tali prodotti ed estendendo l'applicazione della legge anche alle infiorescenze fresche ed essiccate, di prodotti e preparati da esse derivati e di oli il cui contenuto di tetraidrocannabinolo (Thc) risulti uguale o inferiore allo 0,5 per cento;
è invece tra gli intendimenti dichiarati di questo Governo modificare il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa (cannabis sativa L.), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati;
nelle ipotesi di modifica attualmente all'esame del Parlamento si prevede infatti l'applicazione delle sanzioni previste al Titolo VIII del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza;
con lo scopo evidente di rendere illegale la canapa light, si vogliono spostare i derivati della cannabis a uso terapeutico nella tabella B delle sostanze stupefacenti, con la conseguenza che anche per la cannabis terapeutica si determinerà una inevitabile compressione nella vendita o diffusione;
sono inoltre diversi i tentavi ministeriali, sospesi ripetutamente dai tribunali amministrativi per carenza di evidenze scientifiche, di inserire le composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo (Cbd), ottenuto da estratti di cannabis, nella tabella B dei medicinali ossia nella tabella degli stupefacenti in modo da vietare la vendita nei negozi, nelle erboristerie e nei tabaccai (ad esempio sotto forma di olio in gocce), ma solo nelle farmacie con ricetta medica non ripetibile;
a riguardo, gli operatori del settore sottolineano come le evidenze scientifiche internazionali, comprese quelle dell'Oms, dimostrano chiaramente che il cannabidiolo è una sostanza sicura senza rischio di abuso e dipendenza ed esprimono «seri dubbi sul fatto che questa serie di manovre legislative possa essere volta a favorire indebitamente le case farmaceutiche, consegnando loro un mercato dal grande potenziale economico. Questa preoccupazione nasce dall'apparente intenzione del Governo di restringere l'accesso al cannabidiolo attraverso la medicalizzazione forzata, un'azione che sembra avvantaggiare esclusivamente le grandi aziende farmaceutiche a discapito dei piccoli produttori e degli operatori del settore della canapa»;
recentemente il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulla sicurezza stradale e modifiche al Codice della strada; il provvedimento si articola in due sezioni: la prima è dedicata alle modifiche specifiche al Codice della strada, la seconda riguarda un'ampia delega al Governo per la revisione del sistema normativo in materia di motorizzazione e circolazione stradale; tra le variazioni introdotte nella prima sezione, vi è la modifica all'articolo 187, che omette – diversamente dall'articolo 186, relativo allo stato d'ebbrezza – la statuizione di principio riguardante il divieto di porsi alla guida di un veicolo in stato di alterazione psico-fisica, passando direttamente a incriminare (mediante una fattispecie contravvenzionale) la guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope;
il reato – prima dell'approvazione – consisteva appunto nel porsi alla guida della vettura in stato di alterazione psico-fisica dovuto all'assunzione della sostanza; essenziale per l'accertamento del fatto-reato è, dunque, l'accertamento del nesso causale tra consumo della sostanza ed effetto di alterazione sull'organismo; la Cassazione è consolidata su questo orientamento (si veda da ultimo Cassazione, sez. IV penale, 25 gennaio 2023, n. 5890 e Cassazione, sez. IV penale, 18 aprile 2023, n. 22682 e ancora tribunale di Vicenza 4 febbraio 2022, n. 129); i controlli per la rilevazione del principio attivo del tetraidrocannabinolo (Thc), vengono effettuati attraverso test salivari, che possono dare risultato positivo anche a tre giorni di distanza dall'effettivo uso della sostanza; stessa cosa, se si usano altri test: nelle urine ad esempio, il tetraidrocannabinolo rimane anche un mese dall'ultima assunzione, nel capello fino a tre mesi, nel sangue fino a tre settimane,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative normative volte a razionalizzare la disciplina sanzionatoria delle varie condotte illecite previste dall'articolo 73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ridefinendo i fatti di lieve entità e stabilendo che non possa costituire illecito amministrativo la detenzione di prodotto derivante dalla coltivazione domestica di un numero definito di piante qualora si accerti che sia per uso esci usi esclusivamente personale;
2) ad adottare iniziative normative volte a legalizzare la cannabis per uso terapeutico e ricreativo, affermando e disciplinando la liceità della coltivazione della cannabis, da parte di soggetti maggiorenni, di un numero limitato di piante femmine e della detenzione per uso personale del relativo prodotto, condotta che non dovrà più essere considerata illecita, neanche dal punto di vista amministrativo;
3) ad adottare iniziative normative volte ad intervenire sul Testo unico stupefacenti, al fine di introdurre una disciplina di rango primario autonoma rispetto ai fatti di «lieve entità», prevedendo, nello specifico, limiti edittali inferiori in caso di produzione, acquisto e cessione illeciti considerati di «lieve entità», in base ai mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione, ovvero per la quantità delle sostanze, distinguendo tra le droghe pesanti e le droghe leggere; escludendo, tuttavia, la sussistenza del fatto di lieve entità nei casi di cessione di sostanza commessa nei confronti di un minore;
4) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre una disciplina specifica per consentire, al giudice, ove il fatto lieve sia commesso da un tossicodipendente, la cui condizione sia stata certificata da una struttura sanitaria pubblica, di applicare, in luogo delle pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità per una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva, insieme alla frequentazione di un programma terapeutico di recupero presso strutture a ciò dedicate;
5) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre una riduzione di pena per coloro che si adoperano concretamente, insieme all'autorità giudiziaria, per l'identificazione o la cattura dei concorrenti o associati, estendendo la previsione contenuta nel comma 7 dell'articolo 73 Testo unico stupefacenti;
6) ad adottare iniziative normative, con il primo provvedimento utile, per abrogare la norma che sanziona anche sul piano amministrativo il consumo di cannabis, se derivante dalla coltivazione che sarà considerata consentita;
7) ad adottare iniziative volte ad incrementare le risorse a favore delle investigazioni sul riciclaggio dei proventi del traffico, e, prima ancora, sui movimenti finanziari che muovono e alimentano i traffici, da svolgersi anche attraverso l'impiego delle operazioni sotto copertura in contesti economici e finanziari;
8) ad adottare iniziative di competenza volte a contrastare la vera criminalità legata al traffico di stupefacenti, reinvestendo i risparmi ottenuti dallo Stato, pari a circa 600 milioni l'anno, tra spese per forze di polizia, processi e carceri, conseguenti alla legalizzazione della cannabis per uso ricreativo e terapeutico e alla sottrazione alle mafie e alle organizzazioni criminali, per finanziare e potenziare le attività di contrasto e di indagine per le droghe pesanti;
9) ad adottare iniziative volte a reintrodurre, anche con futuri provvedimenti normativi, il nesso causale tra l'alterazione psicofisica e il divieto di porsi alla guida di un veicolo, evitando che vi sia una sanzione per mera assunzione contestata da soggetti deputati al rispetto delle regole della strada;
10) a facilitare l'introduzione di linee guida uniformi per le commissioni mediche locali, per coloro che utilizzano medicinali a base di cannabinoidi per fini terapeutici al fine di valutare l'idoneità alla guida;
11) ad adottare iniziative, con la necessaria urgenza, a tutela delle persone in cura con farmaci psicotropi, come la cannabis terapeutica, convocando il tavolo tecnico già istituito nel 2021 presso il Ministero della salute, per disciplinare adeguatamente le condizioni in base alle quali sia possibile consentire ai malati in cura con tetraidrocannabinolo (Thc) e cannabidiolo (Cbd) di poter guidare;
12) ad adottare iniziative di competenza volte a potenziare ulteriormente la formazione del personale sanitario ed in particolare dei medici di medicina generale e dei sanitari che operano nel territorio, avviando anche campagne informative sull'uso terapeutico della cannabis;
13) ad adottare iniziative normative, con il primo provvedimento utile, affinché l'uso, la produzione e la diffusione della cannabis non sia intaccata nei suoi obiettivi terapeutici, rendendo il suo impiego accessibile a chi ne ha bisogno per motivi di salute e ad assicurare una regolamentazione che sostenga la crescita sostenibile dell'industria della canapa in Italia, tutelando al contempo la salute pubblica con misure che siano in armonia con le evidenze scientifiche nazionali ed internazionali;
14) ad adottare iniziative di competenza volte a potenziare la coltivazione della cannabis terapeutica per far fronte alla carenza di cannabis medica, garantendo la continuità terapeutica per i pazienti e rafforzando la capacità produttiva dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze ovvero di altri soggetti produttori autorizzati e controllati dallo stabilimento medesimo secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 148 del 2017;
15) ad adottare iniziative, anche normative, volte a garantire che la fornitura dei farmaci e delle preparazioni a base di tetraidrocannabinolo (Thc) e cannabidiolo (Cbd) per le patologie per le quali è riconosciuto il valore terapeutico sia a carico del Servizio sanitario nazionale e il relativo trattamento sia incluso nei livelli essenziali di assistenza (Lea);
16) ad adottare iniziative normative volte ad ampliare il campo di applicazione della legge n. 242 del 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», in particolare intervenendo affinché il sostegno e la promozione riguardino la coltura della canapa finalizzata non solo alle attività di coltivazione e di trasformazione ma anche a quelle attinenti alla commercializzazione nonché estendendo la portata della stessa legge all'intera pianta, comprese le infiorescenze fresche o essiccate;
17) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative, anche di carattere fiscale, al fine di regolamentare il circuito di commercializzazione della cannabis ad uso ricreativo, fatta salva la coltivazione per uso personale.
(1-00369) (Nuova formulazione) «Quartini, Baldino, D'Orso, Francesco Silvestri, Caramiello, Iaria, Riccardo Ricciardi, Alfonso Colucci, Fenu, Pellegrini, Torto, Caso, Ilaria Fontana, Pavanelli, Barzotti, Scutellà, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Sportiello, Aiello, Carotenuto, Tucci, Appendino, Cappelletti, Ascari, Giuliano».
Si pubblica il testo riformulato della mozione Pavanelli n. 1-00376, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 395 del 9 dicembre 2024.
La Camera,
premesso che:
il nostro Paese retrocede sul fronte della produzione industriale e del prodotto interno lordo. I dati Istat evidenziano il calo per la produzione industriale per il ventesimo mese consecutivo e una crescita stagnante del Pil, – con risultati sotto la media europea – e fotografano uno stato dell'arte già denunciato a più riprese da quasi tutte le organizzazioni sindacali;
in particolare, i dati forniti dall'Istat mostrano a settembre 2024 come la produzione industriale italiana registri una diminuzione dello 0,4 per cento rispetto ad agosto, confermando il trend negativo che persiste ormai da mesi. L'indice destagionalizzato mostra una contrazione su base annua del 4 per cento, in linea con la stagnazione che sta caratterizzando il settore produttivo italiano;
la narrazione di un Paese in crescita, che ha riconquistato un forte ruolo europeo e internazionale e che ha invertito la tendenza, non è credibile. Dietro i dati sull'occupazione esaltati da questo Governo si nascondono precarietà e part-time involontari, diminuzioni delle ore lavorative, ricorso continuo alla cassa integrazione ordinaria, un macroscopico problema salariale e di capacità economica delle famiglie, sempre più in difficoltà; la totale assenza di politiche industriali capaci di rendere competitive le nostre imprese;
lo scopo principale della politica industriale risiede nella creazione di un ambiente favorevole all'industria in grado di stimolare l'innovazione, aumentare la produttività, creare posti di lavoro e promuovere la crescita economica sostenibile;
l'industria rappresenta il settore economico di riferimento del tessuto economico italiano. Le attuali difficoltà nel mantenimento e nello sviluppo dei livelli produttivi di questo comparto rendono necessari interventi di politica industriale volti all'eliminazione delle diseconomie strutturali, legate a normative nazionali, che contribuiscono alla perdita di competitività del nostro Paese;
le piccole e medie imprese, volano del sistema produttivo italiano, negli anni passati hanno potuto contare su assetti distributivi e su politiche di espansione determinate da interventi sui redditi e a favore della piena occupazione che ne hanno favorito anche la persistenza sul mercato interno;
attualmente le criticità maggiori riscontrate riguardano proprio il mercato domestico, in cui risultano evidenti le debolezze del sistema produttivo, imputabili, inter alia, ad un sistema fiscale sbilanciato su imprese e famiglie, gravi ritardi infrastrutturali, la presenza invasiva della burocrazia, la stretta al credito da parte di banche, il pessimo funzionamento dei servizi, le poche risorse destinate alla ricerca e sviluppo, la presenza di forti squilibri tra il Nord e il Sud del Paese unita agli scarsi incentivi allo sviluppo della green economy;
è necessario che siano ripristinate le condizioni affinché le realtà industriali di maggior peso e vocazione internazionale, insieme alle piccole e medie imprese allocate nei settori strategici e in altri comparti possano svilupparsi in termini di innovazione nel prodotto e nei sistemi produttivi;
esistono ampi margini per lo sviluppo di comparti trascurati e suscettibili di forte innovazione quali, ad esempio, quello della produzione automobilistica legata ai motori a zero impatto ambientale, ad altissimo valore aggiunto che andrebbe preso in considerazione nel contesto di una pianificazione industriale mai realizzata e attuata nel nostro Paese;
a partire da dicembre 2022 il Consiglio europeo ha sottolineato l'importanza di una politica industriale europea ambiziosa per adeguare l'economia alle transizioni verde e digitale per ridurre le dipendenze strategiche. A tal fine, la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo «Un piano industriale del Green Deal per l'era a zero emissioni nette» al fine di accelerare la trasformazione a zero emissioni nette dell'industria e porre l'Europa sulla strada verso la neutralità climatica con l'obiettivo di rendere le sue industrie più competitive a livello mondiale e ad aumentarne l'autonomia e la resilienza ed affidare al settore industriale la guida del cambiamento, dell'innovazione e della crescita nelle transizioni verde e digitale nonché e ridurre le dipendenze strategiche;
con l'adozione, nel maggio 2024, del regolamento sull'industria a zero emissioni nette, il Consiglio ha inteso accelerare i progressi verso gli obiettivi 2030 dell'Unione europea per l'energia e il clima e la transizione verso la neutralità climatica rafforzando, al contempo, la competitività dell'industria europea attraverso la creazione di posti di lavoro di qualità ed aumentare indipendente dal punto di vista energetico;
in un contesto di importanti cambiamenti tecnologici, economici e geopolitici, l'Europa ha bisogno di un'industria competitiva che abbia una solida base manifatturiera per stimolare l'innovazione, la produttività, la creazione di posti di lavoro, la sostenibilità e la crescita nei settori chiave della transizione verde e digitale indicati dal quadro programmatico e regolatorio di lungo termine dell'Unione europea;
l'elezione di Donald Trump e l'ombra di una nuova svolta protezionistica degli Stati Uniti mettono a serio rischio la sopravvivenza di molte imprese nazionali e di diversi comparti produttivi (ad esempio macchinari, autoveicoli e prodotti chimici) – già alle prese con una situazione difficile a livello congiunturale e strutturale;
gli Stati Uniti costituiscono il secondo mercato di sbocco per il made in Italy e, per alcuni settori in particolare, gli Usa restano un Paese-chiave a livello di export. Un problema per il nostro Paese il cui sistema industriale negli ultimi anni è stato tenuto in piedi dalla domanda di beni e servizi dei due partner commerciali storici, Francia e Germania che, specie nell'attuale momento storico, si trovano in crisi;
secondo le stime di Goldman Sachs, riportate da Euronews, un dazio del 10 per cento sull'import Usa dall'Europa farebbe calare il Pil dell'Eurozona dell'1 per cento. Proiezioni ancora più plumbee stimano che le misure di Trump rallenterebbero la crescita europea dell'1,5 per cento entro il 2028, spingendo il Vecchio Continente verso una spirale recessiva;
alla predetta situazione si aggiungono i prezzi alti delle materie prime utilizzate da vari settori manifatturieri, prezzi che penalizzano fortemente la competitività delle nostre imprese, non solo nei settori più energivori. Nell'ottobre del 2024 il prezzo del gas in Europa è arrivato a 40 euro/mwh, un balzo del +57 per cento dai 26 euro di febbraio 2024: ciò agisce al rialzo sui prezzi dell'elettricità pagati dalle imprese italiane e sulla competitività delle medesime rispetto ad altre economie;
il 2025 sarà un anno cruciale per l'industria nazionale, considerato il rallentamento economico, le crisi geopolitiche in atto e gli alti costi dell'energia che continuano a gravare su famiglie e imprese. I conflitti in Ucraina e Medio Oriente aumentano l'incertezza, frenano gli investimenti e aggravano la situazione di molti settori strategici. Sfida non facile, considerata la forte crisi del manifatturiero, dell'automotive (che quest'anno fermerà la produzione sotto al 50 per cento dell'obiettivo di un milione di autoveicoli rilanciato a più riprese dal Governo) e della siderurgia (in uno scenario dell'acciaio in cui dall'Ilva di Taranto a Piombino le incertezze dominano);
con particolare riferimento al settore dell'automotive, secondo recenti dati Anfia, la produzione di autovetture è crollata del 35,5 per cento nei primi sette mesi dell'anno e del 54,7 per cento nel mese di luglio 2024. Sono inoltre slittati anche gli investimenti da parte di Stellantis nella gigafactory di batterie di Termoli anche a seguito del dirottamento su altri progetti da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy dei 250 milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza che vi erano stati destinati. Si tratta di un comparto produttivo nel quale si sta producendo il 29 per cento in meno che nel 2023, è cresciuto significativamente l'utilizzo degli ammortizzatori sociali, l'indotto sta vivendo una crisi senza segnali di inversione a causa delle scelte strategiche di Stellantis di spostare la catena di fornitura in Paesi con minor costo del lavoro e si prosegue nello spezzettamento del gruppo, con l'annunciato spin off di Comau ad un fondo di investimento;
anche il settore siderurgico nazionale in generale e la questione ex Ilva, in particolare, risultano privi di un piano industriale di prospettiva. Eppure, il mantenimento della produzione di acciaio primario nel processo di decarbonizzazione rappresenta un impegno importante per lo sviluppo dell'economia nazionale. L'Italia è il secondo produttore d'acciaio in Europa e l'11° al mondo: nel 2019 nel nostro Paese sono state prodotte 23,2 Mt di acciaio. L'82 per cento di questo è acciaio da riciclo, prodotto cioè fondendo prevalentemente rottami ferrosi nei forni elettrici ad arco, insieme ad aggiunte di ghisa e spugna di ferro. Il restante 18 per cento è acciaio primario, prodotto con ciclo integrale a partire dai minerali ferrosi presso lo stabilimento Acciaierie d'Italia di Taranto;
il rapido progresso dell'intelligenza artificiale (IA) sta cambiando lo scenario imprenditoriale. Si tratta di una tecnologia trasformativa che ha il potenziale per rivoluzionare i settori industriali e di accompagnare le imprese nella doppia transizione, ma che, al contempo, ancora manca di finanziamenti pubblici adeguati in grado di sostenere il tessuto imprenditoriale e renderlo più reattivo all'innovazione, nonché di competenze specifiche da parte delle stesse piccole e medie imprese per comprenderne l'impatto e le potenzialità nell'immediato futuro;
a legislazione vigente, il 2025 sarà anche l'anno in cui terminano misure fondamentali quali Transizione 4.0, Transizione 5.0, l'accesso ai crediti d'imposta per l'attività di innovazione tecnologica (sia nella versione base sia nella versione maggiorata per tecnologie 4.0 e per la transizione energetica) e quelle di design e ideazione estetica nonché Decontribuzione Sud, misure che favoriscono le imprese nazionali attraverso la previsione di un insieme di misure organiche e complementari in grado di sostenere gli investimenti e lo sviluppo tecnologico del tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato in prevalenza da realtà produttive piccole e medie;
le predette misure, come confermano i dati dell'Osservatorio Mecspe, hanno avuto un impatto significativo sulla crescita delle aziende sotto il profilo della trasformazione digitale (31 per cento), della ricerca e sviluppo (14 per cento), della formazione (26 per cento) e della sostenibilità (14 per cento) consentendo un miglioramento della produttività aziendale (44 per cento), della strumentazione tecnologica (35 per cento) e delle condizioni di lavoro generali (25 per cento);
a parere dell'interrogante, il timido disegno di legge di bilancio 2025, approvato dal Consiglio dei Ministri e attualmente in esame presso la Camera, prevede poco o nulla, nel biennio 2026-2027, in materia di investimenti capaci di consentire alle imprese di avere un orizzonte programmatico, limitandosi a concentrare le scarse risorse disponibili sulla realizzazione di specifici progetti infrastrutturali, primo fra tutti il Ponte sullo Stretto di Messina, e solo residuali misure di sostegno agli investimenti di portata generale, fatta eccezione per la conferma della legge Sabatini per gli acquisti o per il leasing di beni strumentali; i cosiddetti contratti di sviluppo gestiti da Invitalia per i grandi investimenti soprattutto al Sud e infine i cosiddetti accordi per l'innovazione, ovvero i contributi diretti per i progetti di ricerca industriale;
l'attuale Governo non è andato oltre le solite dichiarazioni generali, prevedendo generiche «misure di sostegno alle micro e piccole imprese nel rinnovamento dei loro processi produttivi», anche per favorire la diffusione delle tecnologie avanzate. Intenti che, de facto, non hanno visto concreta realizzazione. Prova ne è il summenzionato calo della produzione industriale, quale segno evidente dell'assenza di politiche industriali capaci di dare respiro e rilancio alle imprese tramite investimenti urgenti per modernizzazione, la transizione ecologica e digitale dei processi produttivi e un piano nazionale che sappia valorizzare i settori strategici produttivi attraverso cui le piccole e medie imprese possono guadagnare competitività sui mercati internazionali;
le transizioni digitale ed ecologica costituiscono dei driver di sviluppo che impattano su una molteplicità di interessi generali i quali richiedono una visione d'insieme per il sistema industriale italiano, fatto di imprese anche piccole e medie (Pmi). Ciò implica non solo «programmare» l'innovazione ma anche fare scelte mirate e consapevoli rispetto a dinamiche che toccano la società e l'ambiente nel loro complesso e che esigono una nuova governance nazionale basata su un efficace coordinamento, suscettibile di consentire il dialogo tra i diversi livelli di governo del territorio nelle sedi istituzionali deputate, e al contempo una sintesi dei diversi interessi;
l'offerta industriale dovrà avere un ruolo fondamentale, non tanto e non solo per le prestazioni ambientali dei suoi impianti, quanto per il mutamento qualitativo della produzione che, condizionato dalla domanda green, influenzerà la struttura produttiva nel suo insieme. Il sistema produttivo e industriale è influenzato da una correlazione positiva tra diminuzione della CO2 da un lato, e aumento degli investimenti in ricerca-sviluppo, nonché innovazione tecnologia dall'altro: è, pertanto, anzitutto strategico «aggredire» i settori più inquinanti, responsabili del 75 per cento delle emissioni di CO2 delle attività industriali, a loro volta responsabili di circa il 20 per cento delle emissioni totali, ma capaci di produrre solo l'11 per cento del valore aggiunto e il 9 per cento degli occupati del comparto industriale. Il percorso di transizione energetica e digitale in questi settori è, infatti, elemento essenziale alla loro stessa futura capacità di competizione nel mercato globalizzato;
sarà fondamentale promuovere e rafforzare strumenti quali i power purchase agreements (Ppa) per garantire le imprese dalla volatilità dei prezzi dell'energia e minimizzare gli oneri in bolletta;
coerentemente con il processo di transizione ecologica in atto, occorre puntare poi sull'idrogeno da fonti rinnovabili il cui utilizzo, commisurato alla sua funzione di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, è da prevedersi solo nei settori «hard to abate» (siderurgia, raffinazione del petrolio, chimica, cemento, vetro e cartiere) e non in quelli dove l'elettrificazione è già ora la soluzione più idonea e conveniente. A tal fine, è fondamentale dare vita ad una filiera nazionale di tecnologie connesse alla sua produzione (elettrolizzatori, celle a combustibile e componenti ancillari al processo produttivo);
per ridurre in modo significativo la dipendenza energetica dalle importazioni di energia di combustibili fossili, l'approvvigionamento energetico dovrà essere orientato verso un cambiamento strutturale nel mix delle fonti energetiche a favore di un sempre più diffuso aumento di nuova capacità rinnovabile e di un incremento di produzione elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Una maggiore diffusione di energie rinnovabili e un maggiore ricorso a forme di autoconsumo collettivo e alla costituzione di comunità energetiche rinnovabili, oltre a contribuire alla decarbonizzazione dell'approvvigionamento energetico, determinano prezzi accessibili per le piccole e medie imprese e i consumatori domestici;
con specifico riguardo al settore automotive, settore italiano con il più elevato numero di eccellenze nella produzione di autoveicoli di alta gamma e commerciali e relativa componentistica, sarà necessario sviluppare un piano industriale serio e di lungo periodo per accompagnare la riconversione dell'intera filiera, ivi inclusa la riconversione, la riqualificazione e lo sviluppo delle competenze dei lavoratori del comparto, ponendo tuttavia la dovuta attenzione, sia sotto il profilo industriale che occupazionale, alla risoluzione delle crisi aziendali in atto per scongiurare un effetto critico moltiplicatore anche sulle aziende dei servizi e della componentistica,
impegna il Governo:
1) a non intraprendere iniziative tese a consentire nuovamente lo sfruttamento e l'impiego dell'energia nucleare con le tecnologie attualmente disponibili, incapaci di abbattere i costi energetici per le imprese e di renderle competitive nel breve-medio periodo e ad adottare opportune iniziative per un piano di investimenti volto ad incrementare i finanziamenti pubblici per le realtà imprenditoriali che investono nella ricerca scientifica in materia di efficienza energetica, di fonti rinnovabili, di trasmissione, distribuzione e stoccaggio dell'energia elettrica, destinando la gran parte dei fondi disponibili alla ricerca nei predetti campi, da considerare predominanti e con vantaggi maggiori su scala temporale, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e 2050 e la riduzione dei costi energetici del tessuto industriale;
2) al fine di massimizzare il consumo locale di energia e condividere l'energia prodotta tra imprese, enti locali e cittadini, ad adottare iniziative, anche normative, volte a rimuovere le barriere territoriali, legislative e regolatorie che ancora ostacolano una adeguata diffusione delle comunità energetiche rinnovabili, semplificando al contempo alcuni meccanismi tecnici delle regole operative del Gestore dei servizi energetici e valutando l'introduzione di misure capaci di garantire il credito per le piccole e medie imprese che devono sostenere gli investimenti;
3) ad adottare iniziative normative volte a modificare il Piano «Transizione 4.0» prevedendo:
a) la maggiorazione del credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali (materiali ed immateriali) e contestualmente l'incremento delle relative aliquote;
b) la modifica dell'elenco dei beni agevolabili al fine di adeguarlo, se necessario, alle più avanzate tecnologie;
c) l'introduzione della cessione del credito verso banche per i soli crediti beni strumentali, trattandosi di investimenti certificati e verificabili;
d) l'incremento delle aliquote dei crediti in ricerca e sviluppo, innovazione, design e ideazione estetica, innovazione green nonché l'innalzamento del 20 per cento dell'aliquota per le attività di ricerca e sviluppo nell'ambito della Zes unica;
e) l'istituzione di un fondo per la formazione in nuove tecnologie teso a favorire l'acquisizione o a consolidare le competenze nelle tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale del personale dipendente delle imprese con l'obiettivo di rispondere all'esigenza di queste ultime di ammodernamento dei processi produttivi;
4) ad adottare iniziative normative volte a differire il termine per il completamento degli investimenti del Piano «Transizione 5.0» nonché a semplificare la fruibilità per le imprese degli incentivi previsti dal predetto meccanismo al fine di accelerarne la transizione, di stabilizzare i segnali di crescita dell'economia e scongiurare la frenata degli investimenti;
5) a valorizzare il potenziale sistemico delle imprese partecipate dallo Stato, anche attraverso l'introduzione di un nuovo modello di governance, che favorisca il dialogo su temi comuni (energia, digitale, tecnologie ingegneristiche, logistica e trasporti) per il coordinamento dei piani industriali e l'adozione di nuove iniziative;
6) a favorire interventi che facilitino le reti di impresa ed i processi di aggregazione, in particolare nelle filiere proiettate sui mercati esteri, anche attraverso una riforma del cosiddetto bonus aggregazioni;
7) ad adottare iniziative normative volte a ripristinare l'aiuto alla crescita economica (Ace) con agevolazione al 15 per cento per sostenere la crescita economica e la patrimonializzazione delle imprese;
8) ad adottare iniziative normative volte ad estendere il bonus ristrutturazioni edilizie per rilanciare un settore strategico per la crescita del Paese;
9) ad adottare iniziative di competenza volte ad allineare le tariffe di energia agli altri Paesi europei, in modo da favorire sia gli utenti domestici che le imprese;
10) a costituire un Osservatorio sulle applicazioni dell'intelligenza artificiale per le Pmi che promuova, in collaborazione sinergica, l'elaborazione di protocolli, progetti di ricerca e linee guida riguardanti le applicazioni dell'IA in ambito produttivo e che favorisca l'utilizzo dell'intelligenza artificiale suggerendo azioni adottabili dalle start-up e dalle Pmi per adeguare i propri sistemi alle tecniche di machine learning di intelligenza artificiale;
11) a farsi promotore, in sede unionale, delle opportune iniziative, anche normative, volte all'istituzione di un Fondo europeo per il sostegno al settore dell'automotive e per la competitività dell'industria europea – con un modello di finanziamento basato sull'emissione di debito comune da parte dell'Unione europea, ispirato al fondo Sure – in luogo della creazione di un fondo da 500 miliardi di euro destinato alla difesa e al riarmo militare con conseguente escalation sul fronte bellico, quale misura strategica e temporanea finalizzata a salvaguardare l'industria automobilistica europea e i relativi livelli occupazionali, in un contesto sempre più competitivo, a tutela del modello economico-sociale dell'Unione europea, nonché a garanzia della competitività europea e della transizione tecnologica e digitale, in un'ottica di sviluppo sostenibile;
12) ad adottare iniziative volte a ripristinare con urgenza la dotazione del fondo automotive, notevolmente definanziato delle risorse destinate al rilancio in chiave green del settore;
13) a definire appositi piani per una «transizione giusta» e una maggiore competitività, nel medio e lungo periodo, dei lavoratori del settore automobilistico, garantendo continuità occupazionale e produttiva attraverso misure di sostegno per il comparto e i dipendenti, di concerto con le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, con le parti sociali, le istituzioni interessate e i sindacati, nonché ad adoperarsi per la risoluzione delle varie crisi aziendali, ivi incluse quelle afferenti il settore della componentistica, mediante un serio e lungimirante piano industriale volto ad un rilancio del settore nel processo di transizione verso la produzione di nuovi mezzi di trasporto a zero emissioni, anche mediante l'introduzione di investimenti strategici e di lungo periodo volti alla realizzazione di nuove piattaforme produttive di modelli cosiddetti small, di nuovi modelli nonché di investimenti in ricerca e sviluppo;
14) a condizionare la concessione di ulteriori contributi, prestiti o investimenti al mantenimento della produzione di nuovi modelli sul territorio nazionale e alla difesa dei livelli occupazionali e produttivi;
15) a promuovere interventi di riqualificazione produttiva e diversificazione industriale, mediante la progressiva decarbonizzazione del processo produttivo dell'acciaio, incentivando la realizzazione di forni elettrici alimentati con idrogeno verde da installare presso gli impianti siderurgici nazionali;
16) a favorire e sostenere, con particolare riferimento alle filiere a valle della produzione di acciaio primario, partnership industriali garantite dallo Stato con strumenti quali, inter alia, i contratti per differenza, al fine di abbattere i costi di acquisto dell'acciaio verde e renderlo competitivo rispetto a quello prodotto da altiforni a carbone;
17) ad adottare iniziative volte ad incentivare la produzione e l'utilizzo di idrogeno da fonti rinnovabili solo per settori specifici per i quali l'elettrificazione sia tecnicamente difficile o altamente inefficiente e per i quali il ricorso a questo vettore sia la soluzione economicamente ed ambientalmente più efficace (ad esempio settori «hard-to-abate» e trasporti pesanti) nonché a prevedere aiuti agli investimenti e stimolare la domanda di acciaio «verde», facendo leva sugli appalti pubblici e incoraggiando un medesimo comportamento anche nel settore privato;
18) ad implementare misure volte a incentivare tecnologie per la produzione e lo stoccaggio dell'idrogeno prodotto da fonti rinnovabili;
19) a promuovere interventi volti allo sviluppo di una politica industriale aerospaziale che rafforzi il ruolo strategico dell'Italia e del suo tessuto produttivo, anche nell'ambito spaziale europeo, nonché ad astenersi da qualsivoglia iniziativa, sotto il profilo normativo e amministrativo, volta ad affidare asset strategici – rappresentati dalla rete infrastrutturale dei trasporti e delle telecomunicazioni e relativi servizi – a soggetti privati stranieri, al fine di assicurare il corretto funzionamento e l'assetto concorrenziale del mercato interno delle telecomunicazioni e garantire la costante tutela dell'interesse nazionale, costituito anche dalla protezione dei dati quale bene strategico non negoziabile.
(1-00376) (Nuova formulazione) «Pavanelli, Appendino, Cappelletti, Ferrara, Ilaria Fontana, L'Abbate».