Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 17 marzo 2025

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    a meno di un anno e mezzo dalla sua conclusione, prevista per giugno 2026, i ritardi fatti registrare dal Governo nello stato di avanzamento delle riforme e degli investimenti contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza rimangano allarmanti, così come il mancato rispetto degli obiettivi prefissati e i rallentamenti nella messa a terra delle relative risorse finanziarie;

    dalla consultazione della banca dati ReGiS emerge come i dati che riguardano il nostro Paese, aggiornati al 31 dicembre 2024, siano oltremodo preoccupanti: dei 120 miliardi di euro già incassati dall'Unione europea, ne risultano essere stati spesi appena 62,2 miliardi, pari a solo il 32 per cento dei 194 miliardi complessivi ottenuti grazie all'operato del Governo Conte; ma il dato più allarmante è quello riferito al drastico rallentamento della spesa negli ultimi mesi: dalla fine di settembre 2024 a gennaio 2025, sono stati messi a terra solo 5 miliardi di euro in quattro mesi, un ritmo assolutamente insufficiente a garantire la spesa di tutti i fondi previsti per raggiungere gli obiettivi prefissati entro giugno 2026;

    il completamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza richiede ancora la realizzazione di 284 traguardi e obiettivi previsti nei prossimi tre semestri, di cui 177 da conseguire nell'ultimo semestre che avrà scadenza il 30 giugno 2026; secondo le valutazioni economiche effettuate dall'Osservatorio Recovery plan, ipotizzando un andamento costante del regime di spesa, sarebbero infatti 94 i miliardi di euro di spesa a rischio del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    questo trend negativo è confermato anche dall'ultima Relazione semestrale della Corte dei conti al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza pubblicata il 9 dicembre 2024, in cui si evidenzia come l'avanzamento finanziario del Piano, seppur in linea con le scadenze concordate, continui a segnalare – come peraltro già messo in luce in occasione di precedenti relazioni – scostamenti significativi rispetto al cronoprogramma: al 30 settembre 2024, il livello della spesa si era attestato sui 57,7 miliardi di euro, il 30 per cento delle risorse del Piano e circa il 66 per cento di quelle che erano programmate entro il 2024;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato oggetto di successive modifiche – che hanno comportato il definanziamento totale o parziale di numerose misure – e il Governo sembrerebbe intenzionato, in tempi brevi, ad avanzare alla Commissione europea l'ennesima richiesta di revisione del Piano, la quinta in due anni, a pochi mesi dall'approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea – nel novembre del 2024 – dell'ultima modifica, con il rischio di un ulteriore posticipo degli obiettivi o una loro revisione al ribasso, con conseguente complessiva rimodulazione che coinvolgerebbe inevitabilmente anche gli investimenti del Piano destinati al Mezzogiorno;

    finora, le modifiche apportate hanno infatti determinato uno spostamento generalizzato della spesa negli ultimi anni di attuazione del Piano medesimo, diffondendo incertezza tra i soggetti attuatori. Secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio, l'ultima modifica avrebbe ritardato la pubblicazione dei bandi e il loro affidamento, rallentando l'esecuzione dei progetti del 14,2 per cento; criticità sono inoltre state riscontrate dagli enti locali nel funzionamento della piattaforma ReGiS – tra cui disallineamenti nelle informazioni, difficoltà nell'accesso alla piattaforma, nonché di navigazione, inserimento dati e ritardi nella registrazione delle operazioni – che, se da un lato rischiano di sottostimare i risultati raggiunti, dall'altro includono nella spesa anche le anticipazioni finanziarie, ovvero investimenti non ancora realizzati;

    a differenza del preoccupante andamento della spesa fatto registrare a livello nazionale, parte del successo del Piano nazionale di ripresa e resilienza è dovuto invece ai comuni, che stanno dando un contributo decisivo nel rispetto della riserva del 40 per cento di investimenti destinati al Mezzogiorno: il 54 per cento di tutti i progetti comunali viene infatti proprio dal Sud. Il problema principale in questo momento, come denunciato a livello degli enti locali, risiede nella certezza e nella puntualità dei pagamenti dall'amministrazione centrale verso i comuni che hanno anticipato dalle proprie casse e che spesso sono in grave difficoltà, così come nelle difficoltà riscontrate dai medesimi enti locali nel monitoraggio della spesa delle risorse destinate alle regioni del Mezzogiorno, ai fini del rispetto del richiamato vincolo di destinazione di almeno il 40 per cento delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza alle regioni del Sud;

    nonostante il vincolo di destinazione di almeno il 40 per cento delle risorse complessive a favore dei territori del Mezzogiorno previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – che si aggiunge alle soglie del 37 per cento delle risorse per interventi per la transizione ecologica e del 25 per cento per la transizione digitale – preoccupano i divari fra i territori a livello di macroaree e fra le regioni del Mezzogiorno che continuano a sussistere, mettendo in dubbio uno dei pilastri del Piano, ovvero la coesione territoriale: la riduzione delle disuguaglianze territoriali è infatti un elemento essenziale non solo dei fondi strutturali e di investimento europei ma anche del Next generation EU e, quindi, dei Piani nazionali di ripresa e resilienza;

    proprio con riguardo alla clausola di salvaguardia si denuncia inoltre la mancata pubblicazione della Relazione periodica sul rispetto della clausola di almeno il 40 per cento delle risorse territorialmente allocabili del Piano nazionale di ripresa e resilienza da destinare al Mezzogiorno, con dati relazionati fermi ormai al dicembre 2022, nonostante le numerose richieste in sedi formali e atti di sindacato ispettivo del MoVimento 5 Stelle;

    la mancanza di trasparenza e l'assenza di informazioni sui dati sull'avanzamento finanziario della spesa dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza pregiudica ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo le stesse prerogative del Parlamento, oltre che rappresentare una violazione dei fondamentali diritti di informazione e partecipazione democratica. L'accesso a queste informazioni è essenziale per verificare quale sia l'effettivo stato di realizzazione degli interventi e, di conseguenza, per ricostruire a che punto siano le misure del Piano. La pubblicazione tempestiva e completa di questi dati in formato aperto consentirebbe, inoltre, di verificare le informazioni prodotte e quindi segnalare eventuali problemi nei dati e, soprattutto, intervenire nei processi attuativi tempestivamente;

    le risorse finanziarie del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono preziose e limitate e consentono anche di intervenire sui nodi storici dei divari territoriali, favorendo lo sviluppo, la coesione sociale e la competitività economica e accelerando i processi di transizione ecologica e digitale; per questo motivo è imprescindibile, anche nell'ottica di un corretto impiego dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, scongiurare l'ipotesi contenuta nel piano di riarmo «Rearm EU» dell'utilizzo dei suddetti fondi, su cui poggia anche la programmazione dell'intero Piano nazionale di ripresa e resilienza, per il finanziamento delle spese militari;

    affinché il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenti effettivamente un'occasione storica, probabilmente unica e irripetibile, per investire sul futuro, per fornire ai giovani nuove opportunità di lavoro e, più in generale, disegnare, innestare e realizzare, a tutti i livelli di governo, un nuovo percorso di crescita sostenibile del Paese, sia essa di tipo economico, sociale che ambientale, è fondamentale che il Parlamento, istituzione rappresentativa per eccellenza, svolga maggiormente una funzione di indirizzo e controllo sugli atti del Governo connessi alla relativa attuazione secondo il cosiddetto cronoprogramma; in questo senso, la funzione di monitoraggio, indirizzo e controllo parlamentare sull'attuazione del Piano rimane centrale ed imprescindibile, anche per fornire indicazioni al Governo sui profili sostanziali inerenti al processo di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e al monitoraggio dei relativi traguardi e obiettivi;

    anche con riferimento al Piano Transizione 5.0 si ravvisa inoltre come, ad oggi, solo il 6,3 per cento del totale dei fondi disponibili sia stato allocato, segnale evidente delle difficoltà incontrate dalle imprese nell'accesso agli incentivi previsti; numerose aziende continuano, infatti, a segnalare criticità burocratiche che ostacolano la fruizione della misura, con particolare riguardo alla rendicontazione e alla certificazione dei progetti e del conseguente risparmio energetico;

    rimangono infine alte le preoccupazioni dovute al rischio di un uso irregolare dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza – quantificabili in circa 1,8 miliardi di euro – e delle indebite interferenze della criminalità organizzata sulle risorse, come denunciato da ultimo dalla Commissione europea nella relazione annuale dell'Unione europea 2024 sullo Stato di diritto, che fanno dell'Italia il Paese dell'Unione europea con più indagini per frodi, rispetto ai livelli delle altre nazioni;

    il fallimento nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza significherebbe far perdere al sistema Paese la possibilità del suo definitivo rilancio, lasciarsi sfuggire una capillare rivoluzione in termini di riforme e maggiori investimenti nella sanità, nelle scuole, nelle infrastrutture, in tutto ciò che può consentire all'Italia di affrontare una impegnativa transizione ecologica e digitale, nel segno di una maggiore inclusione sociale, nonché al sistema sovranazionale europeo di tradursi in un'Europa più solidale, capace di allontanare lo spettro di tagli e politiche di austerità, suscettibili solo di rinnovare il senso di sfiducia verso l'Italia e verso l'Europa intera,

impegna il Governo:

1) a pubblicare senza indugio, nel rispetto dell'articolo 2, comma 2, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, la sesta relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, recante ogni elemento utile a valutare lo stato di avanzamento degli interventi, il loro impatto e l'efficacia rispetto agli obiettivi perseguiti, con specifico riguardo alle politiche di sostegno economico-sociali;

2) ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, al fine di garantire l'integrale, tempestivo ed efficiente utilizzo da parte dell'Italia dei fondi europei del programma Next generation EU, come previsto da Piano nazionale di ripresa e resilienza e Piano nazionale complementare in tempi celeri e rispettosi del cronoprogramma, in particolare assicurando prioritariamente il raggiungimento di obiettivi trasversali, come la sostenibilità economica, sociale e ambientale degli interventi, incluso il rispetto delle clausole in materia di pari opportunità e inclusione lavorativa dei giovani e delle donne, nonché la relativa attuazione nell'ambito delle transizioni digitali e green e del riparto bilanciato delle risorse con la destinazione minima del 40 per cento delle stesse al Sud;

3) a pubblicare e ad inviare senza indugio al Parlamento la IV Relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse territorialmente allocabili, al fine di mantenere l'ambizione di riequilibrio territoriale del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché ad assicurare il rispetto della destinazione minima del 40 per cento dei finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza al Sud ed il vincolo di concentrazione delle risorse nelle regioni del Mezzogiorno previsto dal Fondo di sviluppo e coesione, al fine di consentire, nell'ottica dell'obiettivo della coesione territoriale, il pieno superamento delle disuguaglianze e dei divari territoriali a livello di macroaree e fra le regioni del Mezzogiorno, che rappresenta proprio uno degli obiettivi più qualificanti del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

4) ad opporsi, altresì, in tutte le competenti sedi istituzionali nazionali ed europee, alla possibilità di reindirizzare i fondi della politica di coesione verso le spese relative alla difesa, distogliendo tali fondi dalla finalità del rafforzamento della coesione economico e sociale, in quanto pilastro fondamentale su cui poggia la programmazione e il contenuto dell'intero Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha tra i suoi obiettivi proprio il riequilibrio territoriale e il rilancio del Sud, come priorità trasversale a tutte le missioni del Piano;

5) ad adottare, per quanto di competenza, le necessarie iniziative volte ad imprimere un deciso miglioramento nella gestione della spesa a valere sulle risorse di provenienza europea di cui al Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche favorendo, per quanto di competenza, l'iter dell'iniziativa legislativa riferita all'istituzione di una Commissione parlamentare per l'indirizzo, la vigilanza e il controllo dell'attuazione del suddetto Piano, al fine di superare le difficoltà nell'utilizzo dei fondi del Next generation EU, a partire dalla scarsa capacità del loro impiego integrale;

6) a garantire, altresì, per quanto di competenza, il coinvolgimento pieno e tempestivo del Parlamento nel processo di definizione di un'eventuale proposta di modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza, assicurando una puntuale e corretta informazione nei confronti delle competenti Commissioni parlamentari, su quali siano i cambiamenti richiesti, nonché le conseguenti previsioni in termini di effetti degli investimenti e di crescita del sistema Paese, così come sulla definizione del capitolo dedicato al piano REPowerEU all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di assicurare la coerenza dello stesso rispetto all'evoluzione dell'economia verso un modello sostenibile;

7) a fronte delle segnalazioni di cui alla citata relazione della Corte dei conti, ad assumere altresì tutte le iniziative di competenza volte a contrastare con azioni effettive le irregolarità e le frodi a danno del bilancio europeo, per scongiurare la possibilità di perdere, anche parzialmente, i fondi già ottenuti, essenziali per il nostro Paese per investimenti in sanità, nell'istruzione, nelle infrastrutture, verso una autentica transizione ecologica e digitale, nel segno di una maggiore inclusione sociale;

8) ad assumere urgenti iniziative, anche di carattere normativo, affinché vengano superate le difficoltà legate alla rendicontazione degli investimenti e ai criteri di risparmio energetico ad essi correlati, nonché quelle connesse, laddove non sia ottenuto il risparmio energetico richiesto per l'accesso al Piano 5.0, del passaggio dal medesimo al Piano 4.0, prevedendo per quest'ultimo uno stanziamento aggiuntivo oppure una riserva di fondi utili a scongiurare che le imprese restino escluse da entrambi i benefici fiscali.
(1-00416) «Scerra, Torto, Appendino, Bruno, Cantone, Carmina, Dell'Olio, Donno».


   La Camera,

   premesso che:

    il settore dei dispositivi medici è molto complesso e variegato, composto da ben 13 categorie di prodotto: dal biomedicale, al biomedicale strumentale, ai dispositivi a base di sostanze, alla diagnostica in vitro fino ad arrivare all'elettromedicale, agli ausili e alla telemedicina;

    in Italia, la filiera industriale dei dispositivi medici ha un'incidenza dello 0,8 per cento sul Pil e, nel solo 2022, ha generato un mercato pari a 18,3 miliardi di euro;

    nel nostro Paese vi sono 4.641 aziende (di cui quasi il 94 per cento Pmi e il 6,5 per cento grandi imprese, a cui si aggiungono circa 300 tra startup e Pmi innovative): si tratta di una filiera composta da produttori e distributori che opera in totale sinergia e riesce per questo ad essere capillare sul territorio e a far arrivare i dispositivi in ogni ospedale e ambulatorio del Servizio sanitario nazionale;

    l'Italia è il 2° Paese in Ue per numero di occupati nel settore occupando 117.607 addetti. Si tratta di occupazione altamente qualificata: circa la metà degli addetti sono in possesso di una laurea e il 7,8 per cento è occupato in attività di ricerca e sviluppo;

    la concentrazione numerica maggiore – circa l'80 per cento del totale – si trova al Nord, in particolare sull'asse Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto. Tuttavia, vi sono cluster industriali e aree di specializzazione rilevanti distribuiti in tutta Italia (ad esempio in Toscana, Campania, Puglia e Sicilia), intorno ai quali sono cresciuti parchi tecnologici di eccellenza;

    gli investimenti in ricerca e sviluppo ammontano a 997,9 milioni di euro nel 2022. La capacità di investimento è calata – a causa del contesto normativo incerto e sfavorevole (payback, prelievo 0,75 per cento sui fatturati) – di circa il 30 per cento rispetto al 2021, quando ammontavano a 1,4 miliardi di euro;

    secondo i più accreditati analisti economici, il comparto dei dispositivi medici rappresenta uno dei settori con maggiori potenzialità di crescita a livello globale, tanto che alcuni Paesi d'oltreoceano lo qualificano e lo supportano come settore strategico, che – in condizioni di normalità e agibilità economica (al momento non presenti in Italia) – può garantire percentuali di crescita e capacità di attrazione di investimenti esteri non trascurabili;

    il payback sui dispositivi medici nasce come strumento di governo della spesa introdotto nella normativa italiana nel 2015 pensato per far fronte all'emergenza finanziaria dell'epoca, che aveva portato gran parte delle regioni ad essere in disavanzo, con l'obiettivo di rientrare nei parametri del Patto di stabilità relativi al 2015. La disciplina principale è contenuta nell'articolo 9-ter del decreto-legge n. 78 del 2015. Il payback per i dispositivi medici è rimasto inapplicato fino all'approvazione del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 (articolo 18);

    tale meccanismo ha dato luogo a contenziosi in sede giudiziaria da cui sono derivati notevoli difficoltà sia per le regioni, che hanno iscritto in bilancio le somme derivanti dall'applicazione della norma senza ricevere il corrispettivo, sia per le imprese che sono state chiamate ad essere «corresponsabili» degli sforamenti della spesa sanitaria in dispositivi medici;

    nell'attuale legislatura il Parlamento è intervenuto in più occasioni: a gennaio 2023, attraverso l'approvazione di un apposito decreto-legge (decreto-legge n. 4 del 2023) con cui è stato differito, al 30 aprile 2023, il termine per gli adempimenti da parte delle imprese nei confronti delle regioni e delle province autonome; successivamente, a marzo 2023, con l'approvazione del decreto-legge n. 34 del 2023 è stato istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni di euro per l'anno 2023, esplicitamente raccordato al ripiano del tetto di spesa regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018; il suddetto provvedimento ha, poi, introdotto una misura a beneficio delle aziende fornitrici dei dispositivi medici che non avessero instaurato controversie, o che avessero intenzione di abbandonarle, avverso i provvedimenti regionali di recupero, prevedendo per esse il pagamento di un importo ridotto (solo il 48 per cento della quota di ripiano determinata nei loro confronti), da versarsi entro la data del 30 novembre 2023; da ultimo, il decreto-legge n. 51 del 2023, come convertito, ha previsto la possibilità di modificare la vigente disciplina sul controllo della spesa in materia di dispositivi medici, nelle more della «definizione di una nuova disciplina per la gestione della spesa relativa ai dispositivi medici, che consideri le evoluzioni tecnologiche e le innovazioni nel settore, anche tenendo conto delle iniziative dirette a promuovere l'attuazione del programma di valutazione delle tecnologie sanitarie (Health technology assessment) di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 5 agosto 2022, n. 137, e all'articolo 18 del decreto legislativo 5 agosto 2022, n. 138»;

    a seguito dei circa 2000 ricorsi al Tar presentati sulla norma di attivazione del payback da parte delle aziende, il Tribunale amministrativo ha adito alla Corte costituzionale che il 22 luglio 2024 si è pronunciata con due sentenze (n. 139 e n. 140) in merito al meccanismo del payback;

    con la sentenza n. 139 del 2024, è stata riconosciuta a tutte le imprese fornitrici la riduzione dei rispettivi pagamenti al 48 per cento. Con la successiva sentenza n. 140 del 2024, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9-ter del decreto-legge n. 78 del 2015 (quanto al periodo 2015-2018), mantenendo, perciò, in vigore il meccanismo che pone a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici una quota del ripiano del superamento del tetto di spesa regionale;

    in questa occasione la Corte ha anche evidenziato la criticità della norma e ha legato la propria pronuncia di legittimità costituzionale (riferita agli anni 2015-18) a tre elementi: la proporzionalità, la circoscrizione temporale del contributo straordinario richiesto, l'urgenza di trovare soluzioni strutturali per affrontare il sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale e di una revisione organica del sistema di controllo della spesa sanitaria;

    la conferenza delle regioni ha più volte sollecitato il Governo ad affrontare il tema e alcune regioni, come ad esempio l'Emilia-Romagna, hanno istituito tavoli tecnici con le imprese;

    è necessario affrontare urgentemente il quadro finanziario del triennio 2015/2018 dando certezza alle regioni e venendo incontro alle legittime preoccupazioni delle imprese interessate;

    è indispensabile superare per il futuro l'attuale meccanismo del payback dispositivi, individuando altri strumenti idonei a monitorare la spesa per tali investimenti,

impegna il Governo

1) ad istituire immediatamente un tavolo nazionale con il coinvolgimento delle regioni, dei Ministeri della salute e delle imprese e del made in Italy, delle rappresentanze delle imprese del settore per individuare soluzioni condivise, sia per il pregresso che per il futuro, che consentano di salvaguardare le imprese, i bilanci delle regioni e la qualità delle forniture al Servizio sanitario nazionale.
(1-00417) «Vaccari, Furfaro, Braga, Peluffo, Malavasi, De Maria, Girelli, Ciani, Stumpo, Ferrari, Forattini, Ghio».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito della mancata convalida dell'arresto di Osama Almasri Njeem avvenuto il 19 gennaio 2025 da parte della polizia giudiziaria di Torino su mandato della Corte penale internazionale, da parte della Corte d'appello di Roma in data 21 gennaio 2025, la Corte penale internazionale il 22 gennaio 2025 ha diffuso un comunicato;

   nel comunicato, tra l'altro, può leggersi che «Su richiesta e nel pieno rispetto delle autorità italiane, la Corte si è deliberatamente astenuta dal commentare pubblicamente l'arresto del sospettato»;

   nel provvedimento del 25 febbraio 2025 del Procuratore della Cpi con il quale è stata richiesta alla stessa Corte di dichiarare formalmente la violazione da parte dell'Italia degli obblighi di cooperazione per la mancata esecuzione dell'arresto e della consegna di Osama Elmasry Njeem (Almasri) ai sensi dell'articolo 92 dello Statuto di Roma, possono, inoltre, apprendersi le seguenti circostanze:

    dal 18 gennaio 2025 la Cpi aveva informato l'Italia del mandato di arresto nei confronti di Almasri attraverso i canali designati come indicato dall'Italia sulla base di consultazioni precedenti, vale a dire l'ambasciata d'Italia a L'Aja;

    il 19 gennaio 2025 dopo la comunicazione alla Cpi dell'arresto di Almasri sono intercorsi tre contatti tra la Cpi e l'Ambasciata d'Italia a L'Aja rispettivamente la mattina, il pomeriggio e la sera;

    il pomeriggio del 20 gennaio 2025 la Cpi richiedeva sempre tramite l'Ambasciata d'Italia a L'Aja se, oltre alla trasmissione di una traduzione italiana riveduta, vi fossero altri ostacoli o impedimenti per l'esame del mandato d'arresto, ricevendo come risposta che non era stato identificato nessuno;

    il pomeriggio del 21 gennaio 2025 come si legge nel provvedimento del 25 febbraio 2025 del procuratore della Cpi, «il Ministero della Giustizia ha rilasciato un comunicato stampa affermando: “Abbiamo ricevuto la richiesta della Cpi di arrestare Najeem Osema Almasri Habish. Alla luce della complessità del dossier, il Ministro sta valutando la trasmissione formale della richiesta della Cpi alla Procura generale di Roma ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 237 del 2012”. A quel tempo, l'aereo falcon 900 del Governo italiano che avrebbe trasportato Njeem a Tripoli aveva già lasciato Roma ed era atterrato a Torino, dove Njeem era stato trattenuto» –:

   a parere dell'interrogante, al fine di acquisire da parte del Parlamento ogni elemento utile sulla gravissima vicenda della mancata convalida dell'arresto di Almasri, è necessario che venga chiarito:

    quale dicastero e/o autorità delegato abbia interloquito tramite l'Ambasciata d'Italia a L'Aja con la Corte penale internazionale ed in particolare quale dicastero e/o autorità delegata abbia designato, sulla base di consultazioni intervenute con la Cpi, l'Ambasciata d'Italia a L'Aja quale canale designato per le necessarie interlocuzioni e richieste tra il Governo italiano e la stessa Corte relative al mandato di arresto emesso nei confronti di Osama Almasri Njeem;

    quale dicastero e/o autorità delegata abbia dato istruzioni all'Ambasciata d'Italia a L'Aja di richiedere alla Cpi di astenersi dal rendere pubblico e commentare l'arresto di Almasri, come si evince dal comunicato del 22 gennaio 2025 della stessa Corte, e se tale richiesta sia stata avanzata il 19 gennaio 2025, in uno o più dei tre contatti che sarebbero intercorsi in questa giornata tra l'Ambasciata e la Cpi, come riportato nel provvedimento del Procuratore di quest'ultima citato in premessa;

    a quale dicastero e/o autorità delegata sia stata trasmessa dall'Ambasciata d'Italia a L'Aja la richiesta del 20 gennaio 2025 della Cpi nella quale si richiedeva se, oltre alla trasmissione di una traduzione italiana riveduta, vi fossero altri ostacoli o impedimenti per l'esame del mandato d'arresto e quale dicastero e/o autorità delegata abbia dato istruzione di rispondere che non era stato identificato nessuno.
(4-04617)


   ZANELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   recentemente il Governo ha stanziato 40 milioni di euro per garantire la sopravvivenza di Spid (Servizio Pubblico di Identità Digitale), almeno fino al prossimo anno. Una somma che serve a finanziare l'attività dei 12 provider al momento impegnati sul progetto, quelli che forniscono ai cittadini le credenziali per l'accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione;

   l'ipotesi di un addio non è da escludere, poiché la volontà dell'Esecutivo è nota già da tempo e ribadita in più occasioni dai suoi esponenti: rimpiazzare il sistema con Cie (carta di identità elettronica), contando sulla diffusione ormai capillare del nuovo documento che in alcune città come Roma sta riscontrando gravi carenze e difficoltà;

   la decisione di chiudere Spid è giustificata con la volontà di eliminare uno strumento nel nome dell'ottimizzazione, per tagliare una spesa ed efficientare così la cosa pubblica. Nell'eventualità che un simile scenario possa arrivare a concretizzarsi, ci sarà una questione da affrontare ben più ostica rispetto a quella economica: come lo spiegheremo ai cittadini, poiché c'è una fetta di utenza che ha faticato e non poco a prendere confidenza con Spid e che, fattore non meno importante, ha pagato per entrare in possesso delle credenziali o sta continuando a farlo per mantenerle attive;

   non è affatto semplice rendere obsoleto il sistema a chi, per anni, se l'è visto imporre in modo quasi forzato per accedere, ad esempio, a servizi come quelli di Inps o dell'Agenzia delle Entrate, che di fatto lo hanno reso un obbligo, abbandonando i metodi di un tempo per spingere in questa direzione; stando ai numeri ufficiali, oggi sono quasi 40 milioni le identità Spid rilasciate dai 12 gestori, con una crescita costante fatta registrare da fine 2016 a oggi. È merito delle campagne di informazione e di sensibilizzazione messe in campo, promuovendone l'adozione nel nome di una svolta di cui abbiamo beneficiato tutti. Il volume di Cie emesse è circa 51 milioni;

   il dipartimento per la trasformazione digitale ha comunicato che sono stati stanziati altri 40 milioni di euro per mantenere attivo lo Spid. La somma coprirà le spese sostenute dai provider per fornire l'identità digitale ai cittadini, ma questo potrebbe essere l'ultimo contributo statale. L'obiettivo del Governo è spingere i cittadini all'uso della Cie (Carta d'identità elettronica) e di IT Wallet;

   Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'Innovazione, ha dichiarato: «Abbiamo ascoltato e recepito le istanze dei gestori Spid, rimaste inascoltate per anni dai governi precedenti. Con questo decreto, riconosciamo il valore dello sforzo fatto dai privati per sviluppare e gestire un'infrastruttura essenziale per milioni di cittadini. Il nostro obiettivo è rafforzare il sistema di identità digitale in un'ottica di efficienza e interoperabilità, garantendo continuità e sostenibilità agli operatori del settore»;

   la prima versione di IT Wallet su app IO viene usata da circa 4,5 milioni di cittadini. Nel 2026 arriverà il portafoglio digitale europeo, del quale IT Wallet è l'implementazione italiana. A quel punto, Spid potrebbe scomparire per lasciare posto alla Cie –:

   se il Governo non ritenga opportuno effettuare una valutazione approfondita circa l'impatto e l'utilizzo che questi nuovi strumenti digitali avranno sui cittadini, sia circa l'opportunità di cancellare dal 1° gennaio 2026 l'utilizzo dello Spid;

   se non ritenga necessario predisporre una efficace campagna di informazione al fine di facilitare l'utilizzo in sicurezza di questi nuovi e indispensabili strumenti d'identità digitale, visto anche il crescente volume di truffe e raggiri effettuati attraverso attacchi informatici.
(4-04620)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta orale:


   CARAMIELLO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   nel dicembre 2022, in risposta ad una interrogazione sulla possibilità che il nostro Paese adegui le disposizioni nazionali alla recente normativa UE relativa alla produzione di vini low o no alcol, il Ministro interrogato ha dichiarato di dover attendere i risultati di un gruppo di lavoro costituito per far fronte anche a tale istanza;

   dopo alcuni incontri del gruppo suddetto, nonché diverse comunicazioni tra uffici ministeriali e Commissione europea, ad oggi la situazione sul punto appare ferma, mentre al contempo, l'attuale fotografia della produzione vitivinicola nazionale presenta un Paese in cui le giacenze di vino sono in crescita del 5,1 per cento – oltre 60 milioni di ettolitri paragonabili ad una intera vendemmia;

   consentire la produzione dei vini dealcolati o parzialmente dealcolati aprirebbe anche uno sbocco di mercato alternativo, a beneficio dell'intera filiera vitivinicola, considerando che le regole comunitarie stabiliscono che la materia prima di partenza per l'elaborazione di questi prodotti è esclusivamente vitivinicola;

   secondo una recente stima dell'IWSR, il segmento dei vini dealcolati è destinato a crescere nei prossimi anni al ritmo dell'8 per cento dei volumi delle bevande alcoliche consumate l'anno;

   la normativa europea – di fatto direttamente applicabile già da quattordici mesi – consente la produzione di tali «nuovi» vini, ma la normativa nazionale andrebbe adeguata al fine di consentire la produzione all'interno delle cantine, al pari di altri prodotti vitivinicoli della medesima famiglia; tale discrasia comporta incertezza per le aziende nazionali che temono di incorrere in sanzioni avviando tali innovative produzioni;

   ostacolare le aziende italiane nella produzione di vini low o no alcol significherebbe compromettere gli investimenti degli operatori italiani nel settore e lasciare fette di mercato a prodotti di altri Paesi nonché a multinazionali che acquistano vino con la sola finalità di dealcolizzarlo e rivenderlo;

   le associazioni, i produttori, le imprese chiedono a gran voce al Governo di intervenire con una modifica del Testo Unico del Vino, al fine di regolamentare la produzione di vini dealcolizzati all'interno del comparto vitivinicolo dando garanzie alle aziende –:

   se intenda quanto prima adottare iniziative di competenza per chiarire le modalità di gestione della produzione di vini dealcolizzati o parzialmente dealcolizzati anche in Italia, facendo fronte al problema delle crescenti giacenze, garantendo alle imprese di operare con regolarità all'interno di una normativa nazionale armonizzata con quella europea ed evitando di porre le aziende vitivinicole italiane in uno svantaggio competitivo rispetto agli altri competitor europei.
(3-01814)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOSCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nell'interrogazione n. 4-04296 del 7 febbraio 2025 del medesimo interrogante, sono state sollevate questioni critiche relative al mancato rinnovo dell'incarico della direttrice Antonella Tuoni nel carcere di Sollicciano, senza alcuna motivazione, e al suo trasferimento nel carcere di Arezzo, che ha lasciato il carcere fiorentino senza una direzione stabile né una chiara visione a medio e lungo termine;

   da fonti di stampa si apprende della morte in data 12 marzo 2025 di un detenuto trentenne per una sospetta overdose di stupefacenti e il ritrovamento di siringhe e materiale per l'uso di droghe nella sua cella. Questo drammatico evento si aggiunge a due suicidi verificatisi da inizio 2025, evidenziando ulteriormente il deterioramento delle condizioni di sicurezza e controllo all'interno della struttura;

   la suddetta serie di eventi tragici non è solo una coincidenza isolata, ma la manifestazione di un cronico stato di disordine e mancanza di controllo strettamente riconducibili alla persistente assenza di una guida effettiva, nonché ad una gestione precaria e non adeguata ad affrontare le complesse sfide di un penitenziario di massima sicurezza come quello di Sollicciano –:

   quali misure immediate intende adottare il Ministero al fine di colmare il vuoto direzionale attualmente presente al carcere di Sollicciano, di garantire la sicurezza pubblica nonché prevenire il ripetersi di tali drammatici eventi che rappresentano a tutti gli effetti una sconfitta per l'Amministrazione penitenziaria, che ha il compito costituzionale di recupero e reinserimento dei detenuti.
(4-04618)


   GHIRRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da recenti notizie di stampa si è appreso della proposta, avanzata dal segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, di trasferire i detenuti più critici nell'ex carcere dell'Asinara, che, istituito nel 1885, venne dismesso definitivamente nel 1998. Dapprima colonia penale, poi penitenziario infine carcere di massima sicurezza, dal 2002 l'isola è parco nazionale e area marina protetta: decenni di isolamento ne hanno preservato l'ambiente, oggi ospita almeno 30 specie vegetali endemiche e oltre 300 specie di animali terrestri;

   l'associazione Socialismo diritti riforme ha diramato un comunicato con il quale evidenzia che le persone detenute considerate più problematiche siano in grandissima parte dei casi affette da disturbi psichici e andrebbero destinate a luoghi di recupero e cura, non detenute in condizioni di isolamento. «Buona parte delle problematiche degli istituti penitenziari, con specifico riferimento agli atti di intolleranza e di violenza contro il personale (agenti, medici funzionari) derivano anche da una costante depauperazione dei servizi territoriali per le persone e le famiglie e dei Centri di salute mentale» si legge nel comunicato;

   al 16 marzo 2025, in Italia sono 62.135 le persone detenute, a fronte di una capienza regolamentare di 51.323 posti. Di questi, 4.486 posti non sono disponibili. Questo fa sì che il tasso di affollamento sia del 132,662 per cento. La capienza reale è diminuita negli anni, aggravata dall'incuria e dalla mancanza di manutenzione, rendendo le strutture sempre più fatiscenti e invivibili. Nel 2024 si sono registrati 90 suicidi, un record negativo, e 245 decessi totali. Crescono anche gli episodi di autolesionismo, tentati suicidi e aggressioni. Nei primi due mesi del 2025 si registrano 18 suicidi, un numero mai raggiunto prima. Solo negli ultimi tre giorni si sono verificati quattro suicidi, l'ultimo dei quali nel carcere di Verona, dove un uomo senegalese di 69 anni si è impiccato. A questi si aggiungono altre due morti sospette nei penitenziari di Bologna e Poggioreale;

   il fenomeno colpisce sempre più detenuti giovani e con problemi psichici, che spesso non dovrebbero trovarsi in carcere. Occorrerebbe, a parere dell'interrogante, un piano di supporto psicologico con la presenza di psicologi, psichiatri e mediatori culturali a sopperire la mancanza di comunicazione che di certo è un fattore determinante. Oltre all'emergenza suicidi, cresce anche la violenza contro gli agenti: 30 aggressioni a settimana, il numero più alto mai registrato;

   per quanto riguarda le Rems, delle 1.400 persone circa per le quali ogni anno viene disposto il ricovero, solo la metà possono farvi ingresso, per mancanza di posti letto. Di questi, ogni anno una cinquantina rimangono reclusi nelle carceri e, per questo, l'Italia è stata ripetutamente condannata dalla Cedu e anche la Corte costituzionale, già dal 2022, ha invitato il legislatore a promuovere una revisione integrale della normativa, predisporre un numero adeguato di posti letto e inoltre, risulterebbe necessaria una integrazione tra i giudici e il Dap e i sistemi sanitari regionali –:

   se, in merito alla proposta di riaprire il carcere dell'Asinara, si intenda darvi corso o meno;

   se non si ritenga indispensabile un piano di investimenti sul sistema penitenziario per migliorarne le condizioni, garantendo percorsi rieducativi efficaci e rispettosi dei diritti umani;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative di carattere normativo volte a introdurre misure alternative efficaci che favoriscano il reinserimento sociale, evitando il sovraffollamento e la disperazione che porta ai drammatici numeri di suicidi e atti violenti anche contro il personale;

   se non si intenda promuovere la riforma della normativa relativa alle Rems secondo le indicazioni della Cedu e della Corte costituzionale.
(4-04622)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI e CURTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che la Fedrigoni Group abbia concesso a terzi la licenza d'uso del marchio «Fabriano»;

   un'operazione meramente commerciale che non tiene in alcun modo conto della storia di una carta, fabbricata e diffusa in tutto il mondo da quasi otto secoli, che identifica Fabriano come «la città della carta» e che avviene a seguito della chiusura della società del gruppo Giano 1264 che a Fabriano produceva fino a tre mesi fa lo stesso prodotto con lo storico marchio «Fabriano»;

   una decisione che ha comportato la cassa integrazione per i 173 lavoratori impiegati negli stabilimenti di Fabriano e Rocchetta che attendono, come prevede l'accordo definitivo sottoscritto a livello regionale, di essere ricollocati entro il prossimo anno;

   si è già ribadito con altri atti di sindacato ispettivo che Fabriano è la carta e le ripercussioni di questa crisi – in un distretto già pesantemente coinvolto da altre vicende occupazionali e dalle conseguenze del sisma del 2016/2017 – hanno un rilievo non solo locale ma nazionale;

   a giudizio dell'interrogante la decisione del gruppo Fedrigoni è stata irrituale nelle forme di un rapporto istituzionale, precipitosa nei tempi e nelle modalità previste per la dismissione e carente nel delineare implementazioni e prospettive alternative di sviluppo future;

   per tali ragioni, si ritiene gravissimo che – al di fuori di ogni accordo preso in sede di confronto ministeriale e regionale – la carta che fino a ieri si realizzava a Fabriano e che Fedrigoni ha cessato di produrre, dichiarandola priva di margini di profitto e quindi antieconomica, venga ora realizzata, su richiesta della stessa Fedrigoni, da altre società straniere con lo stesso nome e lo stesso marchio;

   in questo modo non si salvaguarda in alcun modo il patrimonio che il settore della carta rappresenta per Fabriano e l'intera comunità marchigiana;

   si ritiene che si debba tutelare il Made in Italy e impedire un uso speculativo del marchio Fabriano che non può essere scisso dalla produzione nella città di cui si fregia di portare il nome, ricercando tutte le possibili soluzioni affinché la produzione torni a Fabriano riavviando la storica macchina industriale F3;

   invece accade l'esatto contrario: si sfrutta il nome della città di Fabriano per produzioni a fini commerciali di carte prodotte in altri territori, addirittura all'estero –:

   quali iniziative di competenza intendano avviare per tutelare e difendere il nome di Fabriano e la dignità di una produzione secolare simbolo del Made in Italy, che non può essere svilita da logiche di profitto puramente commerciali che nulla hanno a che vedere con la nostra storia e la nostra tradizione.
(5-03733)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MAZZETTI e CORTELAZZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'uso ancora diffuso del criterio del massimo ribasso negli appalti pubblici incentiva l'acquisto di prodotti a basso costo, spesso non conformi agli standard qualitativi italiani ed europei, con effetti negativi sulla competitività dell'industria nazionale ed europea e sulla sicurezza delle infrastrutture;

   con la direttiva 2014/25/UE sugli appalti nei settori strategici dell'acqua, dell'energia e dei trasporti, recepita nell'ordinamento italiano con l'articolo 170 del codice degli appalti, l'Unione europea ha introdotto norme per garantire reciprocità e concorrenza leale tra operatori europei e non europei, a tutela del «Made in Europe» e, di conseguenza, del «Made in Italy»;

   la direttiva è concepita per promuovere la libera concorrenza, stimolando i Paesi terzi non firmatari di accordi di reciprocità, a rimuovere le restrizioni che limitano l'accesso ai loro mercati;

   ma anche in presenza di un quadro normativo chiaro, persiste un'applicazione non ancora piena ed efficace del principio di reciprocità, che espone le imprese italiane alla concorrenza sleale di operatori di Paesi terzi come India e Cina, non soggetti alle stesse regolamentazioni ambientali e di sicurezza e tutela dei lavoratori;

   nonostante il recente intervento di correzione del codice degli appalti sull'articolo 170, tali operatori, non soggetti ad accordi di reciprocità, possono inserirsi nel mercato con offerte che penalizzano il «Made in Italy», ostacolando l'applicazione dell'articolo 170 attraverso ricorsi al Tar;

   in Italia, tali contestazioni sono già state respinte in diversi casi, ma questa strategia genera incertezza tra gli enti gestori, che temono ritardi nelle procedure e quindi esitano ad applicare la norma;

   anche quando gli enti decidono di applicarla, i fornitori di Paesi terzi sfruttano le limitate capacità di controllo interno, in particolare con riferimento alla corretta ripartizione tra il 50 per cento di forniture europee e il 50 per cento extraeuropee;

   la scarsità di verifiche adeguate consente alle imprese esecutrici di superare i limiti previsti, eludendo la normativa vigente. Questa situazione crea uno svantaggio competitivo per le imprese italiane ed europee, con ricadute sull'occupazione e sul tessuto produttivo –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare per rafforzare la ratio dell'articolo 170 del codice appalti al fine di assicurare l'applicazione sistematica e vincolante del principio di reciprocità nelle procedure di gara, valutando altresì se non sia opportuno estendere il principio di reciprocità anche al settore agricolo e all'approvvigionamento idrico per usi irrigui, attualmente esclusi dalle disposizioni comunitarie sugli appalti, nonostante la loro rilevanza.
(5-03725)


   SANTILLO, MORFINO, ILARIA FONTANA, L'ABBATE e SERGIO COSTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, promosso dal Governo è destinato a produrre un impatto rilevante sui conti pubblici nonché importanti conseguenze sull'ambiente e sugli ecosistemi interessati;

   ai sensi del comma 8 dell'articolo 3 del decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, l'approvazione del progetto definitivo è demandata al Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) organismo che, tuttavia, sembra non disporre delle competenze tecniche specifiche necessarie per valutare adeguatamente un'infrastruttura di così complessa natura;

   come evidenziato da alcuni articoli di stampa, un'analisi dei curricula dei membri del Comitato e dei suoi consulenti, pubblicati dalla Presidenza del Consiglio, evidenzia che, tra oltre cento profili, è presente un solo ingegnere civile in attività e due architetti;

   tuttavia, l'ingegnere civile, pur vantando esperienze nell'ambito aeroportuale, non sembra possedere a giudizio degli interroganti le competenze specifiche richieste per la valutazione di un'opera complessa come un ponte sospeso;

   la composizione del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, in cui sono presenti consulenti con legami economici con la società promotrice dell'opera «Stretto di Messina», pone seri interrogativi sulla reale indipendenza e imparzialità del Comitato nella valutazione del progetto;

   il contratto di appalto espone lo Stato italiano a un rischio finanziario significativo, prevedendo una penale di circa 1,45 miliardi di euro, pari al 10 per cento del valore totale dell'opera, nel caso in cui il progetto non venisse portato a termine;

   ad avviso degli interroganti non vi è stata un'adeguata divulgazione delle informazioni relative alla clausola penale e agli atti contrattuali correlati, in evidente contrasto con il principio di trasparenza, considerato l'impatto potenzialmente significativo di tali disposizioni sul bilancio pubblico;

   l'assenza del parere del Consiglio superiore dei Lavori pubblici – organo istituzionale preposto alla valutazione di opere infrastrutturali di rilevanza nazionale e che costituisce il massimo organo tecnico consultivo dello Stato, la cui azione è improntata alla piena indipendenza di giudizio e di valutazione – rappresenta una lacuna significativa nell'iter procedurale di approvazione del progetto definitivo del Ponte –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario di adottare iniziative, anche di carattere normativo, al fine di prevedere un coinvolgimento formale del Consiglio superiore dei Lavori pubblici per la valutazione del progetto definitivo, al fine di garantire che tutte le decisioni siano prese sulla base di criteri tecnico-scientifici oggettivi e verificabili.
(5-03726)


   CURTI e SIMIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la città di Pesaro necessita con urgenza di interventi infrastrutturali strategici, funzionali alla mobilità urbana, interurbana e soprattutto per consentire miglior collegamento tra i quartieri e le aree industriali della città e gli accessi all'autostrada, quali: circonvallazione di Santa Veneranda; potenziamento della strada provinciale 423 Urbinate; rotatoria di Borgo Santa Maria; nuova bretella di adduzione Ovest di Pesaro sud (cosiddetta Bretella Fratelli Gamba); ampliamento a 4 corsie della strada interquartieri;

   tali opere sono oggetto di una Convenzione stipulata nel 2013 tra il comune di Pesaro, la provincia di Pesaro e Urbino, la regione Marche e la Società Autostrade attraverso un investimento inizialmente quantificato in 74 milioni di euro (come da decreto n. 7362 del 21 marzo 2022 con cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali ha approvato il progetto esecutivo relativo ai lavori di opere ritenute di «pubblica utilità a tutti gli effetti di legge») incrementato a febbraio 2024 a 170 milioni di euro con l'aggiornamento dello schema aggiuntivo alla convenzione (il consiglio comunale ha approvato la delibera n. 14 del 26 febbraio 2024, «Approvazione dello schema di atto aggiuntivo alla convenzione stipulata il 2 agosto 2013» per la realizzazione di «opere compensative»). Facendo seguito agli impegni formalizzati nel documento, ad oggi è stata realizzata e inaugurata la sola Bretella di Muraglia (aprile 2024), primo tassello del progetto infrastrutturale;

   nonostante siano nelle disponibilità di Società Autostrade le risorse necessarie per realizzare parte degli interventi sopra evidenziati, a tutt'oggi non risulta alcuna volontà della stessa di voler avviare le opere previste. Opere che, seppur in ritardo rispetto al cronoprogramma, secondo anche quanto dichiarato dai vertici di Società Autostrade, sarebbero dovute partire entro dicembre 2024;

   tali ritardi potrebbero determinare un aggravio dei costi – aggravio già accaduto e a cui lo schema di atto aggiuntivo del febbraio 2024 aveva dato risposta – e una ridefinizione delle tempistiche di realizzazione, determinando ricadute negative sulla programmazione delle attività economiche e amministrative, con conseguenti disagi per imprese e cittadini;

   il rispetto degli impegni assunti rappresenta un prerequisito essenziale per la corretta pianificazione urbanistica e infrastrutturale –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire l'avvio immediato di opere programmate che ad oggi hanno sia il progetto esecutivo approvato, sia le risorse necessarie a disposizione.
(5-03727)


   FABRIZIO ROSSI, MATTIA, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, CAIATA, IAIA e LAMPIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale numero 1 Aurelia è interessata durante l'intero anno da ingenti flussi di traffico pesante, subendo notevoli incrementi durante il periodo estivo ed in particolare durante i giorni del fine settimana;

   gli incrementi di traffico sono dovuti al fatto che aumenta il traffico verso il territorio costiero storicamente frequentato da consistenti flussi di turismo;

   il tratto di superstrada interessata, detto anche «Corridoio Tirrenico», è più precisamente quello della E80 o Ss1 Aurelia, con riferimento particolare al tratto compreso tra San Pietro in Palazzi-Tarquinia, pari a circa 187 chilometri, la cui gestione in concessione è passata da poco da Sat spa ad Anas spa;

   il tratto è palesemente inadeguato a garantire la sicurezza per la presenza di pericolosi incroci a raso, con numerosi accessi privati diretti in strada e mancanza di guardrail, nonché caratterizzato da uno stato manutentivo assai carente. Problematiche, quest'ultime, che rallentano la circolazione degli automezzi in transito arrecando notevoli disagi agli utenti e favorendo situazioni di pericolo;

   la Ss1 Aurelia è stata inserita come priorità nazionale nel libro bianco redatto dalle camere di commercio Toscane e da Uniontrasporti, anche a causa dell'elevato tasso di mortalità riscontrato nel corso degli anni, con tratte ancora a singola carreggiata e picchi di traffico imponenti, determinando notevoli criticità per la sicurezza stradale. Numerosi sono i sinistri riscontrati, anche con vittime, causati anche da scarsa illuminazione e segnaletica mancante;

   particolare preoccupazione desta il tratto a sud della città di Grosseto in direzione di Tarquinia, con ampie problematiche riscontrabili soprattutto in un tratto di circa 12 chilometri sito nel comune di Capalbio, dove la carreggiata si restringe passando da quattro a due corsie di marcia;

   per superare i problemi sono stati presentati progetti di ammodernamento del tratto in questione, completi e cantierabili, con il chiaro obbiettivo di innalzare gli standard di sicurezza del tracciato, migliorare la viabilità dell'arteria stradale con notevole beneficio per gli utenti;

   si ribadisce che vi è stato il passaggio delle competenze e gestione della Ss1 ad Anas spa e si ricorda la nomina del commissario straordinario, avente ampi poteri, nella persona dell'amministratore delegato di Anas spa;

   in risposta all'interrogazione n. 5-03032, il 30 ottobre 2024, il Governo ha affermato che «è previsto che all'atto della firma del Contratto di Programma MIT-ANAS 2021-2025, l'Amministratore delegato di ANAS sia nominato Commissario straordinario per i lavori sulla Tirrenica» e che «tale circostanza consentirà di imprimere un'ulteriore accelerazione alle fasi approvative e realizzative dell'intervento, come auspicato dai deputati interroganti» –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di realizzare i lotti del tratto della Ss1 Aurelia citati in premessa, già definiti cantierabili e i cui progetti sono stati approvati dal consiglio superiore dei lavori pubblici, anche in considerazione di quanto già rappresentato dal Governo nella risposta del 30 ottobre 2024.
(5-03728)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BICCHIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 marzo 2025, organi di stampa locali e nazionali, riportano che, nell'ambito di un'indagine della Guardia di finanza, i militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Salerno hanno eseguito misure cautelari personali e reali nei confronti di 28 persone. Di queste, 12 sono state sottoposte a custodia cautelare in carcere, 12 agli arresti domiciliari e 4 hanno ricevuto misure interdittive che vietano loro l'esercizio di attività professionali;

   gli indagati sono accusati, a vario titolo, di reati gravi, tra cui associazione per delinquere, usura, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, estorsione, favoreggiamento, truffa ai danni dello Stato e riciclaggio. Le indagini hanno individuato il fulcro delle attività illecite a Sarno;

   tra i soggetti interessati figurano, Massimo Graziano, considerato a capo delle attività illecite già condannato nel 2013 per associazione mafiosa e ritenuto vicino all'omonimo clan camorristico attivo nella Valle del Lauro (Avellino) e l'avvocato Rubina Pignataro, moglie di Massimo Graziano e componente del nucleo di valutazione (Ndv) del comune di Sarno;

   in data 13 marzo 2025, il Sindaco di Sarno, dottor Francesco Squillante, al fine di garantire il regolare svolgimento delle funzioni del nucleo di valutazione, in ordine ai diversi procedimenti, tra i quali, in primis, quello della valutazione della performance dei dirigenti – relativa all'esercizio 2024 – ha decretato la revoca, in autotutela, del decreto relativo alla nomina dell'avvocato Rubina Pignataro, per la «violazione dei doveri di comportamento», ai sensi dell'articolo 11 del Regolamento disciplinante le competenze e le attività del Nucleo di valutazione, per gli effetti della normativa in materia di prevenzione della corruzione ex legge n. 190 del 2012 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda emersa dagli organi di stampa e se intendano adottare iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, affinché sia garantita la trasparenza dell'attività amministrativa delle istituzioni coinvolte, nell'interesse dei cittadini di Sarno.
(4-04619)


   ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'11 giugno 2024 è entrato in vigore il nuovo sistema comune europeo per la gestione della migrazione e dell'asilo, il cosiddetto «Patto europeo sulla migrazione e l'asilo»;

   gli strumenti giuridici del patto, alcuni dei quali erano già stati proposti nel 2016, diventeranno applicabili dopo due anni, ossia a partire dal 12 giugno 2026, ad eccezione del regolamento quadro dell'Unione per il reinsediamento e l'ammissione umanitaria, che è già applicabile;

   il 12 giugno 2024 la Commissione europea ha presentato il piano di attuazione comune del Patto sulla migrazione e l'asilo. Infatti, alla Commissione spetta il compito di coordinare il lavoro collettivo per l'attuazione delle norme del Patto;

   entro fine del 2024 i Paesi dell'Unione europea avrebbero dovuto elaborare i loro piani di attuazione nazionali, in cui presentano misure concrete e spiegano in che modo metteranno in pratica la legislazione europea;

   come stabilito nella comunicazione della Commissione del 12 giugno 2024 sul «Piano di attuazione comune del patto sulla migrazione e l'asilo» gli Stati membri dovevano comunicare alla Commissione i rispettivi piani di attuazione nazionali entro il 12 dicembre 2024;

   la comunicazione della Commissione incoraggia inoltre gli Stati Membri «a interagire con le parti sociali, le autorità locali e regionali e altri portatori di interessi, in particolare i rappresentanti delle organizzazioni della società civile, attraverso scambi regolari e consultazioni» –:

   se il Governo abbia già predisposto o presentato entro dicembre 2024 il Piano nazionale di implementazione del patto europeo sulla migrazione e l'asilo e se non ritenga di metterlo a disposizione del Parlamento;

   se e quali organizzazioni della società civile siano state coinvolte nella discussione e creazione del piano di implementazione nazionale.
(4-04621)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUERINI e BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   la Flexotecnica fondata nel 1979 e con inizio produttivo nel 1980 è specializzata nella costruzione di macchine rotative per la stampa flessografica;

   l'azienda ha rapidamente guadagnato una solida reputazione nel settore, esportando l'85 per cento della produzione all'estero, con mercati principali in Oriente e negli Stati Uniti;

   nel 2013, è stata acquisita dalla tedesca Koenig & Bauer AG, leader mondiale nella produzione di macchine da stampa, con l'obiettivo di espandere la propria presenza nel settore del packaging flessibile;

   attualmente la Flexotecnica la cui sede operativa è a Tavazzano in provincia di Milano, sviluppa, assembla, vende e fornisce assistenza per moderne rotative flessografiche CI utilizzate per la stampa su carta, plastica e altri materiali da imballaggio flessibili;

   dal 2021 sono emerse una serie di difficoltà finanziarie che hanno portato la società dapprima a richiedere l'accesso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi dovuta alla cessazione di attività e da ultimo nel gennaio 2025, ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 24 dipendenti su circa 48 occupati, a causa di una grave crisi di bilancio;

   nel corso del confronto con le organizzazioni sindacali per la gestione degli esuberi, l'azienda ha avanzato una serie di proposte ritenute inaccettabili dalla platea dei lavoratori;

   le offerte risulterebbero essere state un incentivo all'uscita pari a una settimana di salario per ogni anno lavorato e la possibilità di ricollocazione per quattro lavoratori in Germania presso la sede principale –:

   quali tempestive e opportune iniziative i ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di convocare un tavolo istituzionale di confronto con le parti, con l'obiettivo di scongiurare i licenziamenti e di attivare tutti gli strumenti utili per tutelare i lavoratori durante la fase di ristrutturazione aziendale e richiedere all'azienda di avanzare un nuovo piano industriale salvaguardando gli attuali livelli occupazionali della sede di Tavazzano.
(5-03724)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   MANZI, ORFINI, BERRUTO e IACONO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è recente l'approvazione della legge delega al Governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina veterinaria;

   già in fase di discussione, nel corso delle audizioni, dalla conferenza dei rettori, dalle associazioni di medici e docenti, da esperti e dagli stessi studenti sono emersi non pochi dubbi e critiche sulle modalità di avvio della riforma e sul rischio del ricorso alla didattica a distanza;

   non risulta nessuna indicazione, nonostante il tema sia stato posto dalle opposizioni, circa l'avvio del prossimo anno accademico, per il quale già dal mese di aprile 2025 è possibile sostenere le prove Tolc per l'ammissione;

   l'impegno e il lavoro svolto da migliaia di studenti non può essere vanificato da modifiche che rischiano di alterare, o addirittura annullare, il sistema universitario senza certezze –:

   se non ritenga urgente chiarire quali siano per il prossimo anno accademico le modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina, al fine di garantire il diritto allo studio e riconoscere l'impegno e il lavoro svolto da migliaia di studenti.
(5-03729)


   TASSINARI e DALLA CHIESA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   le tecnologie quantistiche rappresentano, nel panorama internazionale, un settore emergente potenzialmente in grado di innescare una nuova rivoluzione tecnologica, al punto che la Commissione europea, nel Competitiveness Compass, le inserisce tra i settori tecnologici all'avanguardia per l'economia del futuro, in grado di migliorare la sovranità tecnologica e la competitività;

   la ricerca scientifica e tecnologica svolge un ruolo cruciale per lo sviluppo del settore, considerato il minore livello di maturità di queste tecnologie rispetto ad altri settori cosiddetti deep tech;

   occorre che l'Italia, nello scenario geo-politico attuale, stabilisca, in un'ottica di autonomia strategica, una propria capacità indipendente per lo sviluppo, la produzione e la diffusione delle tecnologie quantistiche ed ambisca a creare un ecosistema nazionale, che sia leader a livello mondiale e supporti un ampio ventaglio di applicazioni scientifiche e industriale;

   dati gli ingenti finanziamenti a livello unionale e la prossima adozione di un Quantum Act europeo, il nostro Paese deve tenersi al passo con gli altri Stati membri;

   è necessario che le istituzioni pubbliche promuovano altresì, attraverso un intervento di alta formazione mirato, lo sviluppo delle competenze necessarie, anche attraendo ricercatori dall'estero e trattenendo i migliori talenti all'interno del Paese –:

   quali iniziative di competenza di carattere strategico abbia adottato o intenda adottare per assicurare al Paese un adeguato sviluppo della ricerca scientifica e contribuire alla creazione di un ecosistema nazionale forte e competitivo nell'ambito delle tecnologie quantistiche.
(5-03730)


   ORRICO, CASO e AMATO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'università per stranieri «Dante Alighieri» è un'università privata legalmente riconosciuta, istituita con decreto ministeriale del 17 ottobre 2007, con sede in Reggio Calabria;

   è una delle tre università del Paese, insieme all'università per stranieri di Perugia e l'università per stranieri di Siena, dedicate allo studio della lingua e della cultura italiana per cittadini stranieri in Italia;

   l'ateneo, che nasce da un consorzio che aveva coinvolto soggetti istituzionali e privati, ha svolto un ruolo importante nella promozione della lingua e della cultura italiana attirando studenti di provenienza internazionale e contribuendo al prestigio culturale della città di Reggio Calabria;

   l'istituzione, negli ultimi anni, ha affrontato una crisi significativa, con importanti ripercussioni non solo sulla didattica e sulla gestione quanto sulla governance della stessa;

   ad oggi, si vive una situazione paradossale poiché si hanno due soggetti antagonisti, l'attuale consiglio di amministrazione della «Dante Alighieri» da un lato ed un nuovo consorzio promotore con soci istituzionali dall'altra, che ambiscono alla governance dell'ateneo determinando controversie legali e amministrative;

   a riprova di tali controversie il consiglio di amministrazione dell'ateneo aveva nominato un nuovo Rettore, il professore Fulvio Gismondi ed emanato un nuovo statuto nel quale veniva modificato il nome dell'università che perdeva il riferimento alla città di Reggio Calabria ed approvava l'ingresso di un socio privato legato al mercato delle università telematiche, nonostante, come si evince da organi di stampa, una nota del 25 novembre 2024 in cui il Ministero dell'università e della ricerca avrebbe chiesto di sospendere la nomina del rettore fino alla conclusione di un'istruttoria avviata per approfondire la legittimità del consiglio di amministrazione, ed un'altra del 4 dicembre 2024 in cui chiedeva ulteriori documenti per verificare la legittimità del consiglio di amministrazione a deliberare sulla modifica statutaria;

   il Ministero dell'università e della ricerca ha chiarito con una ulteriore nota che la recente modifica allo statuto dell'università per stranieri «Dante Alighieri» di Reggio Calabria, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 20 dicembre 2024, è priva di effetti poiché l'approvazione di tale atto non ha completato l'iter di controllo richiesto dalla normativa vigente;

   la crisi dell'ateneo ha portato ad un calo delle iscrizioni, la perdita di rilevanza internazionale, la condizione di instabilità del personale amministrativo –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare, per quanto di competenza, nell'ambito dei poteri di cui all'articolo 6, commi 9 e 10, della legge n. 168 del 1989, considerata la necessità che sia risolto il conflitto amministrativo in essere all'università per stranieri «Dante Alighieri» in modo da garantire una governance stabile ed efficace, preservandone la funzione strategica e rilanciandone l'attività didattica.
(5-03731)


   AMORESE e GAETANA RUSSO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   sul sito dell'università degli studi di Parma è possibile ancora oggi leggere in home page il seguente messaggio «promozionale»: «L'Università di Parma ha organizzato un pullman per studentesse, studenti e personale che desiderino partecipare alla manifestazione Una piazza per l'Europa, nata dall'appello lanciato circa due settimane fa da Michele Serra su "Repubblica" e prevista per sabato 15 marzo alle 15 a Roma, in piazza del Popolo. Il pullman dell'ateneo è da 50 posti. La partenza è prevista alle 7 all'autostazione a fianco della stazione ferroviaria, con un'ulteriore tappa di raccolta passeggeri alle 7.15 al parcheggio scambiatore Nord (nei pressi del Roadhouse). A chi parteciperà è richiesta la massima puntualità. Sarà possibile iscriversi fino alle 10 di venerdì 14 marzo compilando il forum ad hoc. Dopo le 12 di venerdì 14 marzo all'indirizzo e-mail inserito per l'iscrizione sarà comunicato se si rientra o meno nei posti disponibili. Saranno avvisati anche coloro che non rientrano nei posti disponibili.»;

   il citato messaggio fa evidentemente riferimento all'iniziativa organizzata per sabato 15 marzo 2025 in Piazza del Popolo, veicolando l'invito tramite i canali istituzionali dell'università, che mai dovrebbero essere piegati ad iniziative politiche – partitiche di parte, e offrendo peraltro a chiunque avesse voluto partecipare, assistenza nel viaggio (parrebbe gratuita) con l'organizzazione di un bus messo all'occorrenza a disposizione tramite l'università, e cioè a carico del contribuente;

   diversi studenti hanno denunciato sui social l'invito alla partecipazione da parte dell'Ateneo;

   è di tutta evidenza la gravità dei fatti sopraesposti che denotano un uso arbitrario, distorto e inopportuno del sistema universitario pubblico;

   la vocazione formativa, propria dell'università non ha nulla a che vedere con una manifestazione reArmEurope. Il valore educativo dell'università italiana pubblica, non si addice all'occorrenza a manifestazione convocate con intenti politici inneggianti peraltro l'uso delle armi;

   la citata iniziativa dell'università, finanziata in tutto o in misura agevolativa con i soldi dei contribuenti, avrebbe dovuto quanto meno rappresentare ed egualmente tutelare tutti gli studenti, qualunque fosse stata l'idea alla base –:

   se sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa.
(5-03732)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Bonifazi n. 3-01666, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2025, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Boschi.

  L'interrogazione a risposta orale Bonifazi n. 3-01667, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2025, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Boschi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazioni a risposta scritta Sergio Costa n. 4-03878 del 28 novembre 2024;

   interrogazioni a risposta in Commissione Orrico n. 5-03417 del 23 gennaio 2025;

   interrogazioni a risposta in Commissione Manzi n. 5-03525 del 10 febbraio 2025;

   interrogazioni a risposta in Commissione Curti n. 5-03580 del 17 febbraio 2025;

   interrogazioni a risposta in Commissione Mazzetti n. 5-03688 del 6 marzo 2025.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Caramiello e altri n. 5-00829 del 15 maggio 2023 in interrogazione a risposta orale n. 3-01814.