XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
il settore della moda, fiore all'occhiello del made in Italy, ha subìto negli ultimi anni diversi shock esogeni che vanno dalla chiusura del mercato globale a causa dell'emergenza epidemiologica da Sars-Cov-2, al rialzo dei prezzi dell'energia e delle materie prime fino alla forte diminuzione degli scambi internazionali determinati dall'instabilità geopolitica e dal basso profilo della domanda di alcuni tra i maggiori mercati dei prodotti della moda, quali Germania e Giappone;
nel 2024 il settore della moda ha registrato la performance peggiore del made in Italy, con una produzione del tessile, abbigliamento e pelli che ha segnato un calo dell'8,8 per cento su base annua, con una grave accentuazione (-9,3 per cento) nel mese di marzo, pari a una perdita di ricavi pari di 15 milioni di euro al giorno rispetto al 2023;
la filiera della moda nazionale è estesa e articolata, caratterizzata da una fase produttiva in cui prevalgono le piccole e medie imprese e una fase finale post-produzione operata in prevalenza da grandi marchi;
la crisi colpisce in modo particolare il sistema della piccola impresa e dell'artigianato. Nel settore sono attive 49.593 micro e piccole imprese con 279.000 addetti, il 61,5 per cento del totale del settore. Le 34.000 imprese artigiane attive danno lavoro a 139.000 addetti, pari al 30,6 per cento dell'occupazione della moda;
a partire dall'inizio degli anni '90 alcune parti della filiera, quelle a più basso valore aggiunto e ad alta intensità di lavoro, sono passate nelle mani di imprenditori stranieri o sono state delocalizzate in paesi con un minor costo del lavoro. L'industria nazionale della moda ha però mantenuto in Italia le produzioni relative alle prime linee, ossia quelle che riguardano i prototipi e i campioni, le produzioni di nicchia e quelle posizionate sulla fascia alta del mercato, per le quali il made in Italy rappresenta un valore apprezzato dal consumatore, soprattutto straniero. Ed è proprio alle produzioni relative alle prime linee che le imprese finali medio-grandi con marchi a elevata visibilità e riconoscibilità si affidano per le loro forniture;
aver mantenuto all'interno dei confini gran parte del processo produttivo e delle competenze di qualità ha garantito al sistema moda italiano un vantaggio competitivo indiscutibile che si registra anche in termini di capacità innovativa: l'innovazione caratterizza da sempre il sistema e contribuisce a renderlo particolarmente resiliente di fronte alle crisi;
anche la filiera della moda, specie nelle fasi di ricerca delle materie prime, fabbricazione e distribuzione, potrebbe essere resa più efficiente e trasparente con l'introduzione di nuovi metodi digitali. In particolare, la digitalizzazione può essere intesa – altresì – anche come driver della stessa sostenibilità permettendo di costruire una catena di fornitura più veloce e flessibile, in modo da ridurre gli sprechi e rendere l'industria fashion meno inquinante;
in molte regioni d'Italia il comparto tessile ha una rilevanza cruciale sotto il profilo economico, sociale e occupazionale, in alcuni casi, come nel distretto umbro, le aziende del settore sono presenti con produzioni di elevata qualità, in grado di coprire tutte le fasi del processo produttivo, dalla filatura al confezionamento. In particolare, il tessile-abbigliamento è uno dei settori di riferimento per la realizzazione di capi di molte griffe francesi, grazie alla presenza di diversi laboratori artigianali al servizio di imprese e brand di lusso nazionali e internazionali;
la «Strategia dell'Unione europea per prodotti tessili sostenibili e circolari», adottata dalla Commissione europea con una Comunicazione del 30 marzo 2022, evidenzia un crescente aumento della produzione e del consumo di prodotti nella filiera del tessile. Secondo quanto riportato dalla Commissione europea, a livello globale, la produzione di prodotti tessili è passata da 58 milioni di tonnellate del 2000 a 109 milioni di tonnellate nel 2020 e si stima possa arrivare a 145 milioni di tonnellate entro il 2030;
secondo i dati forniti dall'Agenzia europea dell'ambiente, gli acquisti di prodotti tessili nell'Unione europea, nel 2020, hanno generato circa 270 chili di emissioni di CO2 per persona, pari a complessive 121 milioni di tonnellate;
il 5 luglio 2023 la Commissione europea ha pubblicato una proposta di revisione della direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/EC), rivolta in particolare ai comparti dei rifiuti alimentari e tessili, che rappresentano settori ad alta intensità di risorse, che presentano significativi impatti in termini economico-finanziari e ambientali, e nei quali si rilevano molteplici ostacoli nella transizione verso un'economia circolare e una decarbonizzazione. In particolare, la proposta di direttiva introduce norme volte a rendere i produttori responsabili dell'intero ciclo di vita dei prodotti tessili e a sostenere la gestione sostenibile dei relativi rifiuti in tutta l'Unione europea, attraverso sistemi di responsabilità estesa del produttore (Epr), anche al fine di contrastare la fast fashion e di prevedere nuovi strumenti per la gestione del post consumo, che privilegino la prevenzione dei rifiuti e il riutilizzo e riciclaggio dei prodotti, nel rispetto dei principi di circolarità;
l'innovazione tecnologica e, segnatamente lo sviluppo di sistemi basati sull'intelligenza artificiale generativa, si sta imponendo anche nel settore moda e da questo discende direttamente la necessità di procedere con tempestività e determinazione verso l'upskilling e reskilling degli occupati, adottando e rendendo operative azioni condivise per sostenere processi di innovazione nel campo della formazione e del trasferimento delle competenze, in favore dei lavoratori e delle imprese del settore, volte a migliorare la capacità produttiva delle aziende;
un'ulteriore preoccupazione per il futuro del settore tessile, abbigliamento e pelli – da tutti riconosciuto come strategico per il made in Italy – discende dall'impatto della mancanza del ricambio generazionale che in questo settore, caratterizzato dal trasferimento delle conoscenze tra il lavoratore più esperto e il giovane neoassunto, può facilitare la dispersione di competenze essenziali lungo tutta la filiera produttiva;
gli interventi finora messi a punto appaiono insufficienti, per durata e requisiti dimensionali, e non inclusivi di tutti i settori che compongono la filiera; in particolare, i sindacati hanno evidenziato come il ricorso agli ammortizzatori sociali rischia di risultare inutile se non esteso e rafforzato, nonché accompagnato da politiche industriali mirate, investimenti specifici sulla filiera e sui distretti che favoriscano anche l'aggregazione di impresa, progetti di valorizzazione energetica e interventi di contrasto all'illegalità, al lavoro nero, al dumping contrattuale, ai fenomeni di sfruttamento e alla gravissima piaga della contraffazione a favore della buona e piena occupazione, a partire dalla salute e sicurezza sul lavoro,
impegna il Governo:
1) nel quadro di una complessiva strategia di sostegno e di potenziamento dell'operatività del settore della moda, ad intraprendere tempestive iniziative, anche normative, finalizzate:
a) ad elaborare interventi di politica industriale di lungo periodo a sostegno del comparto della moda e del relativo indotto, anche attraverso un percorso virtuoso che ristabilisca equilibrio e competitività, a beneficio dei marchi ancora a capitale italiano e dell'intera filiera tessile, moda e accessori, anche preservando le prospettive di ripresa della domanda in un'ottica di medio termine, a garanzia degli attuali livelli occupazionali;
b) a porre in essere, al fine della tutela del mercato unico e dell'economia europea, tutte le necessarie, tempestive iniziative di competenza affinché l'Europa dia una risposta efficace e proporzionata all'apposizione di dazi da parte degli Stati Uniti, esplorando al contempo l'apertura dell'Italia a nuovi mercati per il settore della moda in direzione di una maggiore diversificazione degli scambi commerciali;
c) a supportare, attraverso un programma mirato di incentivi di carattere finanziario e fiscale, la creazione di ecosistemi produttivi in cui attivare percorsi di formazione e di affiancamento finalizzati a potenziare le specifiche competenze e professionalità richieste e a favorire la nascita di nuove imprese, anche attraverso accordi di collaborazione tra enti locali, camere di commercio, associazioni di categoria delle micro-piccole e medie imprese, università e istituti tecnici secondari;
d) a potenziare le misure di tutela della competitività delle aziende titolari dei marchi storici attraverso strumenti di rafforzamento patrimoniale e di sostegno all'internazionalizzazione, nonché a definire agevolazioni di natura fiscale e finanziaria per l'acquisizione da parte di imprese nazionali di aziende titolari di marchi storici in crisi, al fine di tutelarne la proprietà industriale;
e) a promuovere, per quanto di competenza, in ambito europeo, un'azione coordinata e un approccio comune degli Stati membri nella gestione sostenibile dei prodotti tessili, a cominciare dal regime di responsabilità estesa del produttore (Epr), al fine di superare la frammentazione normativa e le conseguenti difficoltà applicative derivanti dalla mancanza di definizioni armonizzate che consentano di individuare soluzioni efficaci a supporto delle piccole e medie imprese, anche nella definizione degli incentivi alla progettazione sostenibile dei prodotti tessili e dei mercati delle materie prime secondarie;
f) in ossequio al principio di responsabilità estesa del produttore (Epr), a introdurre un ecotassa da applicare ai prodotti del fast fashion, attraverso la previsione di un sovrapprezzo iniziale per ogni capo prodotto e importato in Italia, al fine di utilizzare i proventi derivanti dalla medesima per finanziare politiche volte a premiare realtà locali che producono capi più durevoli, riciclabili e sostenibili, così disincentivando la vendita e l'acquisto di abbigliamento a basso costo non soggetto agli stessi standard sociali e ambientali vigenti nell'Unione europea;
g) a qualificare le imprese virtuose anticipando l'introduzione del passaporto digitale di prodotto di cui al regolamento UE 2024/1781 al fine di rendere accessibili per i consumatori informazioni complete sull'intero ciclo di vita dei prodotti tessili, nonché di migliorare la trasparenza, la tracciabilità end to end e la sostenibilità lungo l'intera filiera produttiva nonché rafforzare la tutela dei diritti di proprietà intellettuale;
h) a incentivare investimenti in tecnologie e impianti in grado di recuperare materia dagli scarti di lavorazione della frazione tessile e ridurre le emissioni di CO2 con riguardo all'intera filiera, e a definire una strategia nazionale volta a prevenire la produzione di rifiuti tessili in modo strutturale e uniforme sull'intero territorio nazionale;
i) ad adottare iniziative volte a promuovere la coltivazione della canapa, incrementando la capacità produttiva nazionale, per la realizzazione di tessuti 100 per cento made in Italy nonché a sostenere gli investimenti, la ricerca, la sperimentazione ed innovazione sul territorio nazionale riguardanti i processi relativi alla lavorazione e alla semi-lavorazione a scopo industriale della canapa e delle fibre di canapa, quali prodotti tessili di origine naturale o provenienti da processi di riciclo connotati da una elevata sostenibilità;
l) a promuovere la ricerca e l'innovazione di nuovi filati di provenienza organica e di nuove tecnologie digitali volte alla riparazione e all'upcycling dei prodotti, anche prevedendo misure di supporto e contributi economici a copertura dei costi di registrazione e protezione della proprietà intellettuale;
m) a supportare e considerare strategico il settore merceologico dei tessuti per arredamento che comprende produttori di materassi e divani, attraverso un programma mirato di incentivi e norme specifiche per prodotti multimateriali e di grandi volumi che necessitano di un'attenzione particolare nella creazione dei sistemi di responsabilità estesa del produttore (Epr), sistemi di raccolta e trattamento per il riciclo delle materie prime seconde e la creazione di un mercato secondario delle stesse;
n) a reperire nel primo provvedimento utile di natura finanziaria ulteriori risorse che consentano di prorogare il riconoscimento dell'integrazione salariale a favore dei lavoratori del comparto, estendendone altresì la platea dei beneficiari, ricomprendendo anche i lavoratori delle imprese facenti parte degli altri codici Ateco strettamente correlati con il settore della moda e rimasti esclusi dal beneficio, in un'ottica di valorizzazione e aggregazione di impresa, nonché ad attivare una politica industriale volta a favorire la buona e piena occupazione e a valorizzare l'intero settore, a partire dalla garanzia della salute e della sicurezza sul lavoro;
o) a prevedere misure agevolative, con particolare riferimento all'abbattimento degli oneri contributivi e alla formazione nelle tecnologie innovative, in favore dei giovani tra i 18 e i 35 anni che vogliano avviare in forma autonoma l'attività di sartoria.
(1-00435) «Pavanelli, Ilaria Fontana, Barzotti, L'Abbate, Cappelletti, Morfino, Appendino, Santillo, Ferrara, Aiello, Carotenuto, Tucci».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
ASCARI e FERRARA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con sentenza resa in data 10 aprile 2025, la prima sezione della Corte europea dei diritti dell'uomo ha accertato nei confronti dell'Italia, la violazione dell'articolo 3 della Convenzione nei confronti di Giuseppe Morabito, detto «u tiradrittu» (in ragione della sua capacità balistica);
secondo la Corte EDU, l'aver trattenuto in carcere – in regime di carcere duro ai sensi dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario – il Morabito anche a seguito di documentazione medica che ne attestava il declino cognitivo, dovuto anche all'età (il boss Morabito oggi ha 91 anni), ha violato il divieto di trattamenti inumano e degradanti;
il Morabito ha subito plurime condanne definitive per reati gravissimi tra cui la promozione e la direzione di associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti. È stato latitante per molti anni ed è attualmente detenuto a Opera;
sebbene in qualche misura conforme a un precedente (Provenzano c. Italia del 2018), a giudizio dell'interrogante la sentenza si spinge a criticare implicitamente l'istituto del carcere duro e a sovrapporre la valutazione astratta della Corte alle delicate analisi sui fatti, svolte dall'autorità giudiziaria che conduce l'istruttoria e dal Ministro che firma i decreti di rinnovo di tale regime;
per di più, la sentenza è costretta a dare atto che i medici penitenziari hanno fornito nel corso degli anni adeguata assistenza medica al condannato e gli hanno prescritto persino un intervento per un'ernia, al quale tuttavia egli si è rifiutato di sottoporsi. Essi hanno sempre certificato una situazione psichica e cognitiva normale; nel maggio 2023 è stato sottoposto a un intervento all'addome, su indicazione delle medesime autorità mediche; soltanto le perizie mediche di parte hanno dato responsi diversi e solo a questi la Corte EDU pare aver dato credito;
la Corte EDU ha ritenuto pertanto infondato il ricorso del Morabito laddove riferito alla compatibilità del suo stato di salute con la detenzione tout court ma lo ha accolto con riferimento al regime del carcere duro, con ciò omettendo completamente di considerare la specificità dei reati mafiosi e la ratio del controllo intensificato sul condannato volto a recidere i collegamenti con l'esterno –:
se non ritenga di adottare iniziative volte a promuovere l'impugnativa della sentenza alla Grande Chambre, il cui termine scade il 10 luglio 2025.
(4-04883)
PAVANELLI e CHERCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 18 del decreto-legge n. 48 del 2025, ha novellato la legge n. 242 del 2016, prevedendo il divieto «di importazione, di cessione, di lavorazione, di distribuzione, di commercio, di trasporto, di invio, di spedizione e di consegna delle infiorescenze della canapa coltivata anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati» (confronta nuovo articolo 2, comma 3-bis) applicando in tali casi le sanzioni di cui al titolo VIII del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990;
le infiorescenze di canapa sono le parti della pianta femmina della Cannabis sativa in cui si concentrano i cannabinoidi, come il Cbd;
il loro utilizzo, oltre per la produzione di Cbd (sostanza naturale non psicoattiva), è diffuso nel settore della cosmetica, nonché per la produzione di tisane, estratti oltre che per uso medico (con Thc al di sotto dello 0,3 per cento);
l'articolo 18 del sopracitato decreto-legge (già presente nell'Atto Senato n. 1236), sarebbe a parere dell'interrogante in contrasto con gli articoli 34 e 36 del Tfue;
tali preoccupazioni sono state evidenziate nella petizione n. 1144 del 2024, ritenuta ammissibile dalla vice presidente della commissione per le petizioni del Parlamento europeo, che ha confermato l'avvio dell'indagine europea sulle restrizioni imposte dal Governo italiano alla canapa industriale;
la soprariportata normativa restrittiva in tema di infiorescenze solleva diverse perplessità applicative, in particolare nell'ambito della coltivazione della canapa, la cui produzione in Italia risulta fondamentale per taluni settori di massima rilevanza quali tessile, alimentare, industriale e farmaceutico;
inoltre, l'assenza di una disciplina transitoria opportuna per garantire lo smaltimento dei residui di magazzino già in possesso di diverse aziende e attività commerciali può determinare ingenti danni economici e finanche la paralisi con conseguente fallimento di numerose attività commerciali –:
se non ritenga opportuno, in sede di conversione del citato decreto-legge, promuovere, per quanto di competenza, iniziative volte a superare quanto disposto dall'articolo 18, al fine di evitare una disciplina fortemente penalizzante per l'intera filiera della canapa industriale, ad avviso dell'interrogante in contrasto con i principi del diritto europeo, in particolare con gli articoli 34 e 36 del Tfue;
quale sia la ratio sottesa al divieto generalizzato di importazione, commercio, trasformazione e detenzione delle infiorescenze di canapa, considerato che le varietà coltivabili in Italia sono quelle certificate con basso contenuto di Thc (inferiore allo 0,2 per cento) e che il Cbd non è una sostanza psicoattiva, né considerata stupefacente dalla normativa internazionale e nazionale vigente;
quali siano, nel dettaglio, i rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico che si intendono prevenire con tale disposizione, e se vi siano dati o evidenze scientifiche che dimostrino un nesso tra la libera circolazione dei prodotti derivati dalle infiorescenze di canapa industriale e comportamenti pericolosi per l'incolumità pubblica o la sicurezza stradale;
se non si ritenga necessario e urgente adottare iniziative normative volte a prevedere una disciplina transitoria, al fine di consentire alle imprese già operanti nel settore di smaltire le scorte di magazzino e tutelare gli investimenti economici effettuati in buona fede sulla base della normativa vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge;
se siano state consultate le associazioni di categoria e le imprese del settore prima dell'adozione di tale misura, e se il Governo sia a conoscenza dell'indagine in corso presso la Commissione Peti del Parlamento europeo a seguito della petizione n. 1144 del 2024;
quali iniziative si intendano adottare per tutelare la filiera agroindustriale della canapa, riconosciuta come strategica per la transizione ecologica, la bioeconomia e la riconversione sostenibile di intere aree agricole del Paese;
se il Governo non ritenga che tale divieto possa determinare un contenzioso giurisdizionale a livello nazionale e sovranazionale, con potenziali ricadute negative sulla certezza del diritto e sulla stabilità normativa per gli operatori del settore.
(4-04889)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta in Commissione:
CAPPELLETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
a margine del Forum Confcommercio tenuto il 16 aprile 2025 il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin riferendosi sulla produzione di energia dal carbone in Italia ha sottolineato che «la cessazione della produzione c'è già stata nel 2024, ma lo smantellamento è un altro discorso»;
per il Ministro «dobbiamo mantenere in stand-by le nostre centrali, senza produzione perché non c'è convenienza economica, ma il quadro geopolitico è ancora tale che nessuno è in grado di garantirci che il gas non arrivi a 70 €/MWh o ci sia qualche disfunzione nelle pipeline che ci riforniscono»;
le centrali a carbone attualmente funzionanti sono quelle Enel di Brindisi, Civitavecchia e Sulcis e quella EP Produzione di Fiumesanto con una potenza di 4,7 GW, di cui 1 GW in Sardegna per il quale è previsto un cronoprogramma graduale di phase-out: 445 MW dismessi nel 2025 in corrispondenza con l'entrata in servizio delle Bess contrattualizzate nel capacity 2024; 250 MW nel gennaio 2028 con l'entrata in esercizio del primo cavo ramo Ovest Tyrrhenian Link; 265 MW nel gennaio 2029 con il completamento del Tyrrhenian;
il rapporto di adeguatezza della rete, Terna ha indicato che le azioni già messe in atto e pianificate «sono adeguate ad abilitare il phase-out delle centrali a carbone ancora in esercizio sul Continente entro gennaio 2026».
tra le centrali, quella di Fiumesanto e del Sulcis rientrano tra le centrali essenziali per il sistema, godendo quindi di una remunerazione dall'Arera;
le centrali di Brindisi e Civitavecchia non ricevono un sostegno economico, tanto che la società aveva avviato la procedura per chiudere in anticipo i due impianti rispetto alla scadenza di dicembre. Inoltre, va tenuto presente che per entrambe le centrali nel dicembre 2025 scade autorizzazione integrata ambientale per il funzionamento;
l'amministratore delegato di Enel Flavio Cattaneo il 16 aprile 2025 ha indicato che si potrebbe cedere la gestione delle centrali «anche al Gse o a chiunque se l'utilizzo è quello della sicurezza del sistema e non della produzione»;
il proseguimento dell'attività dei due impianti potrebbe esser garantito economicamente solamente attraverso una estensione del meccanismo del capacity market o il riconoscimento alle centrali di essere individuati come impianti essenziali, con costi che vengono socializzati nella bolletta elettrica degli utenti;
un eventuale rinvio della deadline del 2025 per il phase-out potrebbe anche impattare sui piani di riconversione delle aree già avviati con progetti alternativi sulla transizione energetica per il reimpiego dei lavoratori;
a Civitavecchia, la cittadinanza insieme alla politica locale, ai sindacati e alle associazioni hanno individuato e sostenuto con forza un progetto di eolico offshore galleggiante da 540 MW incrementabili, elaborato da un gruppo di ricercatori e sostenuto finanziariamente da imprese italiane;
nel marzo 2025 sono state presentate al Mimit (Ministero delle imprese e del made in Italy) oltre 50 manifestazioni di interesse pervenute da diversi soggetti industriali, per la riconversione e la reindustrializzazione dell'area dell'ex centrale a carbone nel porto di Brindisi. I progetti riguardano settori chiave come energia da fonti rinnovabili, logistica, trasporti, ICT-datacenter, aeronautica, agroalimentare, turismo, economia circolare, navale e cantieristica –:
quali siano le cause che giustificherebbero i ritardi dello smantellamento degli impianti, quali iniziative saranno impiegate per la remunerazione dei costi per il mantenimento in vita e se questi ultimi saranno posti a carico degli utenti della bolletta elettrica.
(5-03898)
Interrogazione a risposta scritta:
SERGIO COSTA, ALIFANO, AMATO, CARAMIELLO e CASO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'Oasi dei Variconi, situata nel comune di Castel Volturno (Caserta), è una zona umida di rilevanza ambientale e faunistica, riconosciuta come sito di interesse comunitario (Sic) e parte della rete Natura 2000, oltre che zona di sosta per numerose specie di uccelli migratori;
nelle scorse settimane si sono verificati ripetuti incendi che hanno distrutto diversi capanni di osservazione utilizzati da cittadini, naturalisti e scolaresche per attività di birdwatching, educazione ambientale e ricerca scientifica;
secondo le segnalazioni di associazioni ambientaliste e comitati locali, gli atti sono in tutta evidenza di natura dolosa, volti a intimidire o scoraggiare la fruizione pubblica dell'area e le attività di tutela ambientale svolte da volontari e operatori del territorio;
l'oasi ha già subìto in passato atti vandalici, abbandono di rifiuti e interventi abusivi, in un contesto territoriale segnato da criticità ambientali e sociali;
la distruzione dei capanni non solo rappresenta un danno al patrimonio pubblico e naturalistico, ma anche un attacco alla funzione educativa e di presidio civico svolta da chi si prende cura dell'Oasi –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per contrastare eventuali fenomeni criminali o intimidatori legati alla gestione dell'area;
se il Governo intenda promuovere iniziative urgenti di competenza per ripristinare i capanni distrutti, sostenendo enti locali e associazioni impegnate nella tutela dell'Oasi;
se si ritenga opportuno adottare iniziative di competenza volte a rafforzare l'azione di vigilanza e monitoraggio nella zona, nonché la presenza delle istituzioni in aree naturali esposte a rischio degrado o illegalità, come nel caso dell'Oasi dei Variconi.
(4-04879)
CULTURA
Interrogazioni a risposta scritta:
SANTILLO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
la società Pufin s.p.a. dichiara di essere la proprietaria dell'area denominata «ex Olivetti» situata nella zona area di sviluppo industriale di Caserta, nel comune di Marcianise (provincia di Caserta);
il 18 aprile 2025 si è svolta una manifestazione presso tale area, intitolata «Nuovo Valore all'ex Olivetti»;
durante tale evento, sarebbe stata apposta una targa di intitolazione di uno spazio a Roberto Olivetti, alla presenza anche del Ministro della cultura Alessandro Giuli;
la Pufin s.p.a. sostiene che l'apposizione della targa sia avvenuta su suolo di proprietà privata della Pufin s.p.a., come si evincerebbe da una foto della cerimonia disponibile in rete (https://casertace.net/), e non su suolo pubblico come indicato dagli organizzatori;
la proprietà (Pufin s.p.a.) afferma di non essere stata informata dell'evento;
la Pufin s.p.a. dichiara di aver comunicato la propria considerazione sulla proprietà privata dell'area prima dell'evento, inviando due note PEC il 15 aprile 2025 (ad Asi Caserta, comune di Marcianise, Soprintendenza Caserta) e il 16 aprile 2025 (al prefetto di Caserta e agli stessi enti). Entrambe le note sarebbero rimaste prive di riscontro;
l'area è sottoposta a dichiarazione di interesse culturale, sebbene su un'area ridotta rispetto all'avvio iniziale del procedimento. Tale dichiarazione, secondo Pufin s.p.a., non ha trasferito la proprietà, e pende un ricorso contro di essa presso il Tar Campania –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti riguardanti l'area «ex Olivetti» di Marcianise e, in particolare, dell'apposizione di una targa su un'area che la proprietà privata rivendica come propria;
quale valutazione venga fatta dal Governo in merito all'apposizione di una targa commemorativa su un'area che la proprietà privata dichiara essere di sua esclusiva pertinenza, non essendo stata preventivamente informata né avendo dato il proprio consenso, e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché sia garantito il rispetto della proprietà privata e della legalità.
(4-04886)
MARI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il progetto di installazione di un'antenna telefonica alta circa 18-20 metri in località Saline di Palinuro, in un'area sottoposta a tutela paesaggistica, ha visto una vasta mobilitazione da parte dei residenti;
l'installazione dell'antenna andrebbe ad invadere uno dei tratti più suggestivi della costa cilentana, già tutelato dal parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, un'area tra le più belle d'Italia che sarebbe deturpata da un'opera invasiva che pregiudicherebbe il paesaggio e il turismo locale; nelle scorse settimane si sono svolti vari sit-in nei pressi del cantiere, con cittadini e imprenditori turistici schierati contro il progetto di installazione dell'antenna, iniziative che proseguiranno anche nelle prossime settimane, in quanto i residenti e le imprese temono l'impatto ambientale e le ripercussioni sul turismo, settore vitale per l'economia della zona;
l'autorizzazione ai lavori era stata concessa, inizialmente, dal comune di Centola attraverso il meccanismo del silenzio-assenso, senza una valutazione esplicita da parte delle autorità competenti, ora il comune di Centola ha avviato un procedimento per annullare, in autotutela, il parere rilasciato, segno di una doverosa attenzione verso le preoccupazioni dei cittadini;
Il Tar di Salerno ha confermato la sospensione dei lavori in attesa della prossima udienza, fissata per il 7 maggio 2025, in questo mantenendo in atto una tutela dell'area interessata dall'antenna di grande rilevanza paesaggistica;
con tutta evidenza, trattandosi di un'area sottoposta a vincoli paesaggistici e a stringenti limitazioni edilizie, vanno aravate tutte le iniziative necessarie alla tutela paesaggistica, tenuto conto che il paesaggio è una delle più straordinarie ricchezze del nostro Paese e la sua tutela è uno degli obiettivi fondamentali della legislazione italiana, in quanto rappresenta un elemento chiave per il benessere delle comunità locali;
l'articolo 21 del decreto legislativo n. 42 del 2004, Codice dei beni culturali, prevede che l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere che impattano sul paesaggio è subordinata ad autorizzazione del soprintendente –:
se sia conoscenza dei fatti citati in premessa;
se la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino, che ha il compito di proteggere il paesaggio, abbia valutato l'impatto dell'intervento di installazione di tale manufatto, in tutta evidenza fortemente invasivo in un'area sottoposta a tutela paesaggistica, stante la necessità di verificarne la compatibilità con le normative e le disposizioni dei piani paesaggistici;
quali iniziative di competenza intenda assumere a salvaguardia di uno dei tratti più suggestivi della costa cilentana che sarebbe deturpata dall'installazione dell'antenna.
(4-04887)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
MICHELOTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
a far data dal 2012 il comando stazione carabinieri di Buonconvento (Siena) ha sede in un appartamento di dimensioni estremamente ridotte (due stanze e un bagno), ubicato al primo piano di uno stabile di edilizia popolare messo a disposizione all'arma gratuitamente dall'amministrazione comunale;
tuttavia, all'interno della costruzione si trovano numerosi appartamenti abitati da soggetti che nel corso degli anni sono stati oggetto di indagine, o addirittura di misura cautelare eseguita proprio dai militari, andando ad accrescere le difficoltà abitative di una situazione già di per sé poco confortevole;
a seguito di segnalazioni e richieste di intervento avanzate negli anni, l'amministrazione comunale ha rinvenuto una soluzione abitativa aggiuntiva, senza però risolvere il problema alla radice;
il piano si incentrerebbe sull'adozione di un secondo appartamento destinato ad eventuali militari accasermati che, però, risulta anch'esso ubicato in altro stabile adibito a edilizia popolare che ospita una ventina di appartamenti destinati a nuclei familiari indigenti. Soluzione che, anche in questo caso, non sarebbe risolutiva;
la stazione carabinieri di Buonconvento, risulta operativa su un territorio interessato da vie di transito (strada statale 2 Cassia), stazione ferroviaria e di trasporto su ruote ed è, conseguentemente, un importante crocevia per l'intera parte Sud della provincia di Siena. Ruolo sicuramente delicato ma che deve esser svolto con l'ulteriore disagio di non poter posteggiare l'auto di servizio all'interno dello stabile non essendoci posto, e quindi sia a circa un chilometro di distanza, con tutte le conseguenze del caso –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se il Ministro interrogato ritenga dignitosa e funzionale la soluzione abitativa del comando stazione carabinieri di Buonconvento (Siena);
quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato affinché sia reso migliore il servizio svolto dai militari nel comune di Buonconvento.
(4-04880)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta scritta:
DELLA VEDOVA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 25 novembre 2024 il Ministro interrogato, successivamente alle dichiarazioni del leader del suo partito e vicepremier Salvini che era arrivato a definire la milanese Unicredit «banca straniera», ha esplicitamente evocato la possibilità di usare il golden power contro l'Offerta pubblica di scambio (Ops) sulla totalità delle azioni di Banco Bpm;
il Ministero dell'economia e delle finanze e Banco Bpm partecipano al capitale di Banca Monte dei Paschi di Siena, che a sua volta ha lanciato – con il sostegno del Ministero dell'economia e delle finanze e di Banco Bpm – una Ops su Mediobanca, circostanza questa che a giudizio dell'interrogante mette il Ministero dell'economia e delle finanze e il Governo nella inevitabile condizione di agire in una condizione di palese conflitto di interessi soprattutto nel caso di attivazione del golden power sull'operazione Unicredit/Banco Bpm e di non attivazione della medesima procedura sull'operazione Mps/Mediobanca;
il 12 marzo 2025, rispondendo ad analoga interrogazione a svolgimento immediato in assemblea alla Camera dei deputati, il Ministro interrogato ha rivendicato la sua evocazione del golden power come atto dovuto, limitandosi a garantire – senza menzionare l'evidenza del conflitto di interessi né le dichiarazioni del vicepremier Salvini contro l'Ops di UniCredit su Banco Bpm – che tutte le valutazioni sarebbero state «effettuate in conformità con quanto previsto dalla legge, quindi in modo ragionevole, proporzionato e nel rispetto del principio di non discriminazione»;
il 13 aprile 2025 un comunicato di Mps informava che «la Presidenza del Consiglio dei ministri ha deliberato, in accoglimento della proposta del Ministero dell'economia e delle finanze, il non esercizio dei poteri speciali [...] con riferimento all'offerta pubblica di scambio di Mps sulla totalità delle azioni ordinarie di Mediobanca»;
il 18 aprile 2025 UniCredit informava della decisione del Governo di utilizzare il golden power sull'operazione UniCredit/Banco Bpm approvando l'offerta «con prescrizioni il cui merito non è chiaro» secondo il comunicato di UniCredit;
il giorno seguente Bper Banca ha annunciato che la Presidenza del Consiglio, su proposta del Ministero dell'economia, ha deciso di non attivare i poteri speciali previsti dal golden power in relazione all'Ops volontaria lanciata sull'intero capitale di Banca Popolare di Sondrio;
secondo un comunicato di UniCredit del 22 aprile 2025 le prescrizioni imposte da Palazzo Chigi a Unicredit in merito all'Ops su Banco Bpm «potrebbero danneggiare la sua piena libertà e capacità di adottare decisioni conformi ai princìpi di sana e prudente gestione in futuro» e «l'uso dei poteri speciali in un'operazione domestica tra due banche italiane non è comune e non è chiaro perché sia stato invocato in relazione a questa specifica operazione, ma non per le altre operazioni simili attualmente in corso sul mercato italiano»;
come già ricordato dall'interrogante in occasione della precedente interrogazione del 12 marzo 2025, un uso estensivo e arbitrario del golden power, concepito per tutelare interessi strategici e non per interferire con le normali dinamiche di mercato domestico del settore bancario, oltre a risultare giuridicamente dubbio, crea un precedente pericoloso, scoraggia gli investimenti minacciando in questo modo la competitività del nostro Paese –:
in base a quali criteri e valutazioni il Governo abbia utilizzato i poteri del golden power per imporre prescrizioni a UniCredit in relazione all'Ops su Banco Bpm mentre si è giustamente astenuto dal suo utilizzo nei due altri casi di scalate non concordate attualmente in corso nel mercato bancario, cioè l'Ops di Mps nei confronti di Mediobanca e quella di Bper nei confronti di Banca Popolare di Sondrio;
se non ravveda che l'utilizzo del golden power interferendo in operazioni sul mercato bancario in cui il Ministero dell'economia e delle finanze è coinvolto in quanto azionista, non configuri un conflitto di interessi e di fatto un abuso del potere di regolamentazione attribuito al Governo, destinato a nuocere sulla trasparenza e reputazione dell'intero mercato finanziario italiano.
(4-04878)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta orale:
SCARPA, GIANASSI, SERRACCHIANI e DI BIASE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 29 marzo 2025 è deceduto presso la Casa Circondariale di Treviso il detenuto Gennaro Martino, 46 anni, detenuto in attesa di giudizio;
il decesso è stato inizialmente ricondotto a cause naturali, come da relazione di ispezione esterna sul cadavere redatta dal consulente del pubblico ministero, dottor Alberto Furlanetto, secondo cui «non evidenti lesioni da difesa o comunque riferibili all'azione violenta di altre persone» risultavano osservabili, e «non si può escludere come possibile concausa l'assunzione di sostanze stupefacenti»;
la madre del detenuto, dopo aver visto il corpo del figlio, ha sporto querela presso la questura di Napoli in data 2 aprile 2025 denunciando la presenza di lesioni visibili, e ha chiesto l'esecuzione di un'autopsia, ritenendo non esaustiva l'ispezione esterna;
la perizia medico-legale di parte, redatta dal dottor Michele Cottin il 10 aprile 2025, su incarico dell'avvocato della famiglia, ha evidenziato importanti elementi di criticità rispetto alle risultanze ufficiali: tra cui lesioni traumatiche al volto (deviazione del setto nasale, ecchimosi labiali, escoriazioni zigomatiche), sangue nelle narici e ampie ecchimosi addominali, non interamente compatibili con le sole cause naturali;
tale relazione suggerisce la necessità di esame autoptico per chiarire le cause effettive del decesso e non esclude né l'ipotesi di asfissia meccanica, né quella di aggressione da parte di terzi;
nella stessa perizia si documenta che il detenuto era già stato aggredito in cella da un altro detenuto pochi mesi prima del decesso, in particolare nel dicembre 2024, riportando traumi agli arti e alla testa, e che soltanto pochi giorni prima della morte risultano nuovamente annotazioni di lesioni escoriate al volto, apparentemente riferite come autoprocurate, ma seguite poi da nuove lesioni non documentate nel diario clinico;
il diario sanitario della casa circondariale non riporta alcuna annotazione negli ultimi tre giorni di vita del detenuto, nonostante la presenza di nuove ecchimosi visibili al momento dell'ispezione cadaverica;
la procura della Repubblica di Treviso, pur prendendo atto delle osservazioni dei familiari, ha disposto l'archiviazione del procedimento non ravvisando elementi di reato e ritenendo l'ispezione esterna sufficiente a stabilire la causa naturale del decesso;
il caso ha suscitato un certo allarme pubblico, come documentato anche dalla stampa locale, e pone interrogativi sulla trasparenza e l'adeguatezza delle verifiche svolte in caso di decessi in ambito carcerario –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del caso in oggetto quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare piena chiarezza sulla morte del detenuto Martino e fugare ogni dubbio su eventuali responsabilità interne;
se si intenda promuovere una verifica interna sulle condizioni detentive nella, casa circondariale di Treviso;
se il Ministro interrogato non ritenga necessario rafforzare i protocolli di gestione e sorveglianza nei casi di detenuti con precedenti di dipendenza da sostanze, al fine di prevenire situazioni analoghe;
se non ritenga di dover istituire un monitoraggio sistematico e trasparente delle morti in carcere, garantendo che le famiglie siano informate in modo esaustivo.
(3-01922)
Interrogazione a risposta scritta:
GRIMALDI e DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la giustizia minorile soffre di un'endemica disorganizzazione, generata da alcune riforme risalenti agli anni passati, alle quali si fa fatica a porre rimedio;
dopo l'approvazione del cosiddetto «decreto Caivano», risultano evidenti gli effetti negativi di un provvedimento che sta trasformando drasticamente il sistema della giustizia minorile, allontanandolo da un modello che aveva attirato le attenzioni dell'Europa, spostandolo verso un paradigma criminalizzante, carcerocentrico e purtroppo privo di prospettive, come è troppo spesso già la detenzione per gli adulti;
dall'insediamento dell'attuale Governo, nell'ottobre 2022, le presenze nelle carceri minorili sono aumentate quasi del 50 per cento;
i posti in Istituti penali per i minorenni sono 516 e il tasso di affollamento medio è dunque pari al 110 per cento: dei 17 Istituti penali per i minorenni presenti sul territorio, ben 12 ospitano più persone di quelle che dovrebbero;
attualmente, negli Istituti penali per i minorenni, i ragazzi e le ragazze minorenni rappresentano il 61 per cento del totale dei reclusi: una tendenza invertita rispetto a poco tempo fa, quando in maggioranza erano i giovani adulti (ragazzi fino a 25 anni entrati nel sistema della giustizia minorile da minorenni);
il decreto-legge Caivano ha infatti reso più facile il trasferimento dei ragazzi che hanno compiuto la maggiore età a un carcere per adulti, misura troppo spesso applicata per problemi di sovraffollamento o per gestire situazioni problematiche, ma che va a interrompere un percorso educativo magari risalente e rende ben più difficile la reintegrazione sociale del giovane;
dopo il trasferimento di due detenuti alla struttura per adulti di Modena e Reggio Emilia, nel carcere minorile del Pratello (Bologna), nel tardo pomeriggio di venerdì 19 aprile 2025, alcuni ragazzi hanno protestato contro i trasferimenti, barricandosi nelle stanze, il che ha determinato uno stato di allerta; la consigliera regionale di Alleanza Verdi Sinistra, Simona Larghetti, ha tentato, esercitando una propria prerogativa, un'ispezione a sorpresa, per capire la situazione del carcere e dei ragazzi dopo i disordini;
l'accesso le è stato tuttavia negato con la motivazione che vi fosse ancora in corso un'operazione di trasferimento dei detenuti;
tuttavia, l'ispezione richiesta dalla consigliera Larghetti avrebbe potuto tranquillamente svolgersi nelle aree sicure del carcere, dal momento che non tutto l'istituto era interessato dai disordini; sono sempre più forti i dubbi che sui giovani adulti detenuti sia in atto una strategia tesa a giustificarne i trasferimenti in strutture per adulti, interrompendo i fruttuosi percorsi di rieducazione e scolarizzazione per consegnarli a un destino da criminali;
la Camera penale di Bologna col proprio osservatorio ha espresso preoccupazione per le tensioni al carcere minorile di Bologna, avendo potuto constatare direttamente la gravità della situazione dell'Istituto, connotata in primis da un'importante impennata di presenze rispetto agli anni scorsi e conseguentemente da serie difficoltà di gestione e organizzazione interne, nonché delle pessime condizioni strutturali delle celle e degli spazi comuni e dalla cronica carenza di personale;
purtroppo le storie romanzate di «Mare fuori» non trovano riscontro in nessuno degli Istituti penali per i minorenni presenti sul territorio e a oggi il numero dei suicidi in carcere è arrivato a 29;
nonostante ciò da più parti, soprattutto tra le forze di maggioranza, si chiede una modifica normativa che destinerebbe strutturalmente alle carceri per adulti gli ultra-ventunenni –:
se corrisponda a indirizzi ministeriali il progetto di destinare alle carceri per adulti i minori ultra-ventunenni e se il Ministro interrogato intenda dunque chiarire la strategia del Governo in merito ai detenuti fra i 21 e i 25 anni, per i quali il trasferimento nelle carceri per adulti significa un'interruzione della continuità del percorso di reinserimento, oltre a comportare un aumento delle tensioni nelle strutture di arrivo.
(4-04888)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
il nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 36 del 2023), già all'articolo 1, impone alla pubblica amministrazione di perseguire il risultato in ambito contrattuale con la massima tempestività, nel migliore rapporto tra qualità e prezzo e nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza;
l'articolo 4 configura il risultato in ambito contrattuale come parametro di riferimento per l'interpretazione e l'applicazione sistematica del codice, determinando conseguenze di carattere pratico che incidono sulle disposizioni disciplinanti l'attività di tutte le amministrazioni, dai Ministeri agli enti locali, indipendentemente dalla loro dimensione;
l'obbligo di adesione alle convenzioni Consip rappresenta, a giudizio dell'interrogante un retaggio normativo che limita gli spazi di discrezionalità e ostacola le opportunità di semplificazione nei processi amministrativi;
la norma di cui all'articolo 1, commi 510 e 516 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, dispone infatti che tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute ad avvalersi delle convenzioni stipulate da Consip o da centrali regionali in osservanza delle leggi di revisione della spesa del 2012;
deroghe a tale obbligo sono ammissibili esclusivamente in presenza di una motivata autorizzazione dell'organo di vertice dell'amministrazione, previa trasmissione degli atti alla Corte dei conti, in taluni casi anche all'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e all'Agenzia per l'Italia digitale (Agid);
il confronto tra le modalità di acquisto tramite le convenzioni Consip e quelle sul libero mercato, evidenziato anche da uno studio recente dell'Università Bocconi «Public procurement: mappare e ridurre gli oneri degli Enti Locali», e da un'analisi del Politecnico di Milano nel 2019, ha messo in luce come, in diversi settori il libero mercato offra generalmente condizioni economiche più vantaggiose per la pubblica amministrazione, smentendo l'assunto che l'obbligo di acquisizione tramite Consip sia sempre la scelta più conveniente;
la rigida normativa in materia di acquisti pubblici, che prevede la trasmissione degli atti agli organi di controllo in caso di deroghe alle convenzioni Consip, limita la discrezionalità amministrativa, disincentivando i funzionari a ricercare soluzioni alternative più efficaci ed economiche, per timore di possibili contestazioni;
un quadro normativo semplificato consentirebbe di rispondere in modo più efficace alle esigenze dei cittadini e di promuovere lo sviluppo dei territori, garantendo al contempo una gestione efficiente delle risorse pubbliche nell'ambito di rigorosi principi di trasparenza e rendicontazione;
la lettera aperta promossa da Asmel, l'Associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli Enti locali, mette in luce, in maniera bipartisan, la contraddittorietà di tale disposizione normativa, emblematica di quel fenomeno insidioso definito col termine «paura della firma» che impedisce agli enti locali di valutare discrezionalmente se sia utile o meno avvalersi delle convenzioni applicando la «diligenza del buon padre di famiglia»;
la presente lettera, che Asmel ha posto all'attenzione dell'intergruppo parlamentare Sviluppo Sud, Aree Fragili e Isole Minori, è stata sottoscritta da 1015 Sindaci italiani, tra cui 876 civici, 12 di destra, 9 di centrodestra, 20 di centrosinistra, come riferito da Asmel direttamente all'interrogante;
la promozione della concorrenza nel settore degli acquisiti pubblici anche con riferimento alle micro, piccole e medie imprese come richiesto dal codice e dallo Small Business Act europeo è indispensabile per stimolare l'innovazione e favorire l'individuazione di soluzioni più efficienti ed economiche, superando rigidità burocratiche che ostacolano il progresso;
l'eccessiva rigidità del quadro normativo in materia di acquisti pubblici, unitamente all'elevato rischio di responsabilità a carico dei dirigenti, determina una limitazione della discrezionalità amministrativa, disincentivando l'adozione di soluzioni innovative e più vantaggiose per l'amministrazione –:
quali siano le iniziative che il Governo intenda adottare per favorire una maggiore efficienza della spesa pubblica e se non ritenga di dover valutare l'opportunità – limitatamente agli acquisti che, pur essendo effettuati al di fuori del circuito Consip e centrali regionali, siano valutati, in base a requisiti oggettivi, vantaggiosi dalle amministrazioni – di adottare iniziative volte a introdurre meccanismi di deroga delle disposizioni di cui ai commi 510 e 516 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015;
quali urgenti e necessarie iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di promuovere la digitalizzazione e l'innovazione nei processi di acquisto, favorendo l'utilizzo di strumenti informatici sul modello di quelli in uso nei marketplace privati che consentano una comparazione trasparente e tempestiva delle diverse soluzioni disponibili.
(2-00592) «Caramiello».
Interrogazione a risposta scritta:
AMATO, PENZA, DI LAURO, CARAMIELLO e CASO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
Castellammare di Stabia è una città della provincia di Napoli che ha, tra le sue innumerevoli bellezze, la possibilità di passare dal mare ai monti in soli 7 minuti, grazie a una funivia che collega il centro città con il monte Faito, a ben 1131 metri di altezza. Venne aperta al pubblico il 24 agosto 1952 con lo scopo prevalentemente turistico di collegare il monte con la linea costiera. La montagna, divisa in giurisdizione tra i comuni di Castellammare di Stabia e quello di Vico Equense, a seconda del versante della stessa, dispone di ulteriori vie d'accesso stradali ma, la preferita da autoctoni e turisti, è certamente la funivia, una cabinovia gestita dall'Eav, ente autonomo del Volturno, che a partire generalmente dalla primavera e fino a settembre inoltrato, collega la città di Castellammare con la vetta del monte con un percorso sospeso e panoramico. Anche nel 2025 la funivia solo pochi giorni fa, il 10 aprile 2025, ha dato il via alle corse giornaliere verso il monte, il 17 aprile 2025, durante una normale corsa, qualcosa è andato storto e una delle due cabine, quella a monte, è precipitata causando la morte di 4 persone –:
si chiede al Ministro interrogato se sia a conoscenza di quanto descritto e quali iniziative di competenza intenda porre in essere per contribuire a fare luce su quanto accaduto, verificando se siano stati effettuati collaudi e verifiche prima di autorizzare le regolari corse.
(4-04885)
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
ASCARI, FERRARA e MORFINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi due giovani donne, Sara Campanella e Ilaria Sula, sono state brutalmente uccise per mano di uomini, in episodi che presentano i tratti evidenti del femminicidio;
a seguito di questi tragici eventi, sui social network e in diversi forum online si sono moltiplicati commenti carichi di odio, violenza e disprezzo verso le vittime, attribuendo loro una presunta «colpa» per essere state libere di scegliere con chi intrattenere relazioni affettive. In particolare, tali commenti provengono da soggetti che si autodefiniscono «Incel» (involontariamente celibi), individui che manifestano apertamente posizioni misogine, sessiste, patriarcali e violente, ritenendo legittimo l'odio verso le donne e, in alcuni casi, arrivando a giustificare i femminicidi;
queste manifestazioni d'odio non sono episodi isolati, ma si articolano in decine di gruppi, pagine e forum online, alcuni dei quali agiscono indisturbati, alimentando una narrativa che trasfonda gli autori di violenza in «vittime» del rifiuto femminile, e le donne in «colpevoli» da punire;
tale fenomeno è incompatibile con i principi fondamentali della nostra Costituzione e con l'impegno dello Stato nella tutela dei diritti e della dignità della persona;
appare sempre più urgente avviare interventi normativi e culturali, anche attraverso l'introduzione dell'educazione affettiva e sessuale nelle scuole, per contrastare la cultura patriarcale e prevenire fenomeni di violenza di genere fin dalla giovane età –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della proliferazione di gruppi e contenuti ordine a sfondo misogino e violento riconducibili al fenomeno «Incel» e quali iniziative intendano adottare per contrastare tali condotte, anche in collaborazione con le autorità giudiziarie competenti e la polizia postale;
se non ritengano opportuno promuovere, in sinergia tra loro, l'avvio di percorsi educativi obbligatori nelle scuole primarie e secondarie, volti alla promozione della cultura del rispetto, dell'uguaglianza e della non violenza tra i generi;
se non ritengano di sostenere, per quanto di competenza, l'iter legislativo delle proposte di legge già presentate in materia di educazione affettiva e sessuale nelle scuole, considerata la rilevanza strategica della prevenzione culturale nella lotta alla violenza di genere.
(3-01921)
Interrogazioni a risposta scritta:
ASCARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in data recente, l'emittente internazionale Al Arabiya ha pubblicato un servizio video in lingua araba, diffuso anche su YouTube, nel quale si riportano presunte dichiarazioni e testimonianze di cittadini tunisini sbarcati in Italia e successivamente rimpatriati;
secondo quanto riportato nel suddetto servizio giornalistico, le autorità italiane, in particolare agenti di polizia, avrebbero somministrato una «misteriosa sostanza» ai migranti tunisini, tale da alterare la loro volontà e renderli passivi in vista della deportazione;
la denuncia, sebbene proveniente da una fonte mediatica estera e non ancora confermata da autorità italiane o internazionali, solleva gravi interrogativi in merito al rispetto dei diritti umani, all'uso di sostanze psicotrope o sedative senza consenso e alla trasparenza delle procedure di rimpatrio coattivo;
eventuali pratiche di somministrazione forzata di farmaci, o di sostanze atte ad alterare la coscienza, sarebbero in evidente contrasto con l'articolo 32 della Costituzione, che tutela il diritto alla salute come fondamentale diritto dell'individuo, nonché con le norme penali e deontologiche relative all'uso di trattamenti sanitari senza consenso;
la notizia sta suscitando forti reazioni nell'opinione pubblica internazionale e tra le associazioni per i diritti umani, richiedendo un chiarimento ufficiale e trasparente da parte delle istituzioni italiane per scongiurare danni d'immagine e garantire la tutela dei diritti fondamentali dei migranti –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti denunciati nel servizio dell'emittente Al Arabiya e se siano in corso approfondimenti interni;
se esistano protocolli ufficiali o disposizioni operative che prevedano la somministrazione di sostanze farmacologiche a cittadini stranieri sottoposti a rimpatrio, e con quali garanzie sanitarie, etiche e giuridiche;
se il personale medico eventualmente coinvolto in tali procedure sia inquadrato nel Servizio sanitario nazionale, e con quale grado di responsabilità e autonomia;
quali iniziative si intendano adottare per assicurare la massima trasparenza, legalità e tutela della dignità umana nelle operazioni di controllo, trattenimento e rimpatrio dei cittadini stranieri, in particolare nei confronti dei migranti tunisini menzionati nel servizio.
(4-04881)
SERGIO COSTA, ALIFANO, AMATO, CARAMIELLO e CASO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
secondo notizie di stampa e dichiarazioni del sindaco di Bacoli (Napoli), nei giorni scorsi due buste anonime contenenti proiettili sono state recapitate al comando della polizia municipale della città, a poche ore di distanza l'una dall'altra;
si tratta di atti gravemente intimidatori, che minano l'incolumità degli agenti coinvolti e rappresentano un attacco diretto alle istituzioni democratiche locali, in particolare a chi è impegnato in azioni di contrasto all'illegalità;
il sindaco di Bacoli ha espresso piena fiducia nell'operato delle forze dell'ordine, confermando al tempo stesso l'impegno dell'amministrazione nel portare avanti le proprie «battaglie di legalità», nonostante i tentativi di intimidazione;
simili episodi rischiano di creare un clima di tensione e insicurezza, non solo per gli operatori della polizia municipale, ma per l'intera comunità locale, minando la fiducia nelle istituzioni e nel principio di legalità –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali iniziative siano state assunte per rafforzare la sicurezza pubblica del comando di polizia municipale di Bacoli e garantire l'incolumità degli agenti e degli amministratori locali;
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per sostenere concretamente gli enti locali impegnati nella difesa della legalità, anche nei contesti più esposti a fenomeni criminali o intimidatori.
(4-04882)
ASCARI, FERRARA e MORFINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia Dire in data 16 aprile 2025, nell'articolo dal titolo «Caso Monteverde, i servizi sociali alla mamma con Stella: “Faccia come nel film La vita è bella”», si sarebbe verificato un episodio preoccupante nel corso dell'esecuzione di un provvedimento di allontanamento della minore Stella dalla madre, con collocamento in casa famiglia. La vicenda, avvenuta nel quartiere romano di Monteverde, riguarda l'attuazione di una misura disposta all'esito di una lunga controversia giudiziaria, e ha suscitato profondo allarme nell'opinione pubblica. Secondo quanto riferito, gli operatori sociali avrebbero fatto riferimento al film La vita è bella, sostenendo che stava alla madre convincere la figlia ad accettare di essere allontanata dalla sua famiglia, anche ricorrendo, se necessario, all'uso di una «buona bugia», come, appunto, Roberto Benigni nel suo film. Tale condotta, se confermata, a giudizio degli interroganti solleva interrogativi significativi in ordine alla trasparenza, alla correttezza delle relazioni tra servizi sociali e famiglie, ma anche alla efficacia e professionalità degli operatori nello svolgimento delle loro funzioni e alla tutela dell'ineludibile diritto del minore, a prescindere dalla sua età ad essere correttamente informato in relazione al provvedimenti che lo riguardano, nel rispetto della sua dignità e del suo sviluppo psico-emotivo. La vicenda pone altresì l'accento sulla mancanza di un adeguato accompagnamento e sostegno psicologico formativo e informativo alle famiglie chiamate a gestire momenti di grande fragilità, come quelli legati all'allontanamento forzato dei figli. È essenziale, infatti, che i servizi sociali non si limitino a eseguire provvedimenti dell'autorità giudiziaria, ma forniscano supporto concreto e strumenti relazionali ed emotivi, tanto ai genitori quanto ai minori, affinché tali eventi non diventino traumatici o indebitamente opachi –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati e se risultino in corso verifiche amministrative da parte degli enti preposti circa le modalità operative adottate dai servizi sociali coinvolti, o quali iniziative si intendano promuovere, per quanto di competenza, e in raccordo con gli enti territoriali affinché sia garantito che l'attività dei servizi sociali, specie nei casi di allontanamento di minori, si svolga sempre nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, della verità relazionale e dell'obbligo di informazione corretta verso i minori e le loro famiglie;
se non si ritenga necessario adottare iniziative di competenza, anche normative, volte a predisporre protocolli operativi nazionali e linee guida dettagliate e vincolanti per evitare l'uso di strategie comunicative inappropriate o disinformanti, e per assicurare formazione e sostegno alle famiglie coinvolte in provvedimenti di affidamento o allontanamento;
se siano previste iniziative normative volte a rafforzare i controlli sulle modalità con cui vengono informati e preparati i minori, affinché sia sempre salvaguardato il loro diritto alla verità, alla comprensione del proprio percorso e alla tutela della propria integrità emotiva.
(4-04890)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
SCOTTO e BAKKALI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
Poltronesofà è un gruppo leader nella commercializzazione di divani;
i divani in tessuto sono prodotti nei distretti di Forlì e Faenza, mentre quelli in pelle vengono realizzati nei distretti in Puglia e Basilicata;
il fatturato del 2023 risulta essere pari a 550 milioni di euro, con un utile di quasi 43 milioni di euro;
Poltronesofà ha oltre 150 negozi in Italia, più di 100 negozi in Francia e altri negozi nel resto d'Europa, ha inoltre acquistato il rivenditore britannico ScS (per 114 milioni di euro) per aprire anche quel mercato;
Poltronesofà si occupa direttamente della commercializzazione, del design e del marketing, mentre la produzione dei divani è totalmente esternalizzata alla rete di fornitori, appaltatori e subappaltatori;
i dipendenti in forza a Poltronesofà risultano essere circa 800 non impiegati in produzione e le lavoratrici e i lavoratori impiegati nell'indotto risultano essere almeno 5.000;
la rete di fornitori e terzisti è composta da alcune aziende di grandi e medie dimensioni come Atl group di Faenza, con oltre 600 dipendenti, e da un elevato numero di piccole e piccolissime imprese che operano su catene di fornitura, appalti e subappalti in relazione diretta con Poltronesofà o tramite la fornitura intermedia ad Atl;
moltissimi lavoratori impiegati in queste imprese sono migranti, a giudizio degli interroganti in condizioni di forte ricatto occupazionale;
a quanto risulta da alcune fonti di stampa, le condizioni di lavoro e di sicurezza in queste imprese sarebbero drammatiche (condizioni contrattuali, inadempienze su ssl, mancate visite mediche, assenza dpi, lavoro irregolare) e si sarebbero verificati casi di vere e proprie forme strutturate di illegalità e criminalità;
Giuliani arredamenti srl, secondo quanto denunciano i sindacati, sarebbe un esempio plastico di come funziona il sistema Poltronesofà;
Giuliani arredamenti srl ha 11 dipendenti diretti ed è iscritta a Cna e all'albo delle imprese artigiane;
in quanto impresa dell'artigianato artistico potrebbe avere in base all'articolo 4 della legge n. 443 del 1985 fino a massimo 32 dipendenti (elevabili a 40 con gli apprendisti);
l'azienda avrebbe nel tempo messo in piedi un sistema per aggirare il limite dimensionale previsto dalla legge sull'artigianato, utilizzando la somministrazione in quanto la legge del 1985 non è mai stata modificata e quindi non prende nemmeno in considerazione la somministrazione;
attualmente ci risultano impiegati circa 150 lavoratori somministrati;
a questo si aggiungerebbe anche l'utilizzo massiccio di tirocini nell'ultimo anno: risultano esserci agli interroganti 11 avviamenti in tirocinio;
dal 14 aprile 2025 i lavoratori sono entrati in sciopero ad oltranza;
sempre secondo quanto denunciano i sindacati, l'impresa starebbe già minacciando i lavoratori, per costringerli a interrompere lo sciopero, di non rinnovare i contratti di somministrazione in scadenza e sarebbe emerso il tentativo di sostituire i lavoratori in sciopero con altri gruppi di lavoratori e vi sarebbe inoltre il fondato sospetto di un sistema di sostanziale caporalato;
a quanto risulta agli interroganti, l'impresa non sarebbe disponibile ad adottare soluzioni che stabilizzino l'intera forza lavoro;
l'azienda non vuole andare oltre i 32 dipendenti diretti perché perderebbero lo status di impresa artigiana e non vorrebbe applicare il Contratto collettivo nazionale di lavoro legno industria, che comporterebbe migliori condizioni economiche e normative –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di promuovere migliori condizioni lavorative, salariali e in termini di sicurezza sul lavoro e se non ritenga di voler adottare iniziative normative volte a rivedere la legge n. 443 del 1985 al fine di far ricomprendere il lavoro somministrato nel computo dimensionale.
(5-03899)
Interrogazione a risposta scritta:
FRASSINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'Inail il 15 aprile 2024 ha aperto la procedura informatica per la compilazione delle domande del Bando Isi Inail 2023 che prevedeva 508 milioni di euro circa per finanziare progetti di miglioramento della sicurezza e salute dei lavoratori;
il bando, con scadenza il 30 maggio 2024, è rivolto «alle imprese, anche individuali, iscritte alla Camera di Commercio, secondo le distinzioni di seguito specificate in relazione ai diversi Assi di finanziamento» e prevede un contributo del 65 per cento dell'importo delle spese ritenute ammissibili con un finanziamento massimo erogabile di 130.000 euro;
da una verifica della graduatoria risultano in elenco per l'asse 1.1 (progetti per la riduzione dei rischi tecnopatici) 196 domande con uno stanziamento complessivo di 13.062.508 euro che va a coprire totalmente le richieste presentate e che figurano nella graduatoria definitiva pubblicata il 17 ottobre 2024;
in questi giorni alcune imprese edili richiedenti stanno ricevendo dall'Inail gli avvisi di pre-rigetto delle domande perché i macchinari da cantiere oggetto di contributo non rientrerebbero «fra i beni contemplati dalla tipologia di intervento previsto dall'allegato 1.1»;
da una verifica risulterebbero rigettate ben 38 domande su 196, di cui 34 della provincia di Bergamo, 1 della Liguria e 3 del Lazio;
la presentazione delle 38 domande respinte era stata eseguita, per conto delle imprese richiedenti, dalla sede di Roma di Casa Artigiani, associazione di categoria con oltre 200.000 soci a livello nazionale;
la motivazione del rigetto sta nell'esclusione da parte dell'Inail, sebbene non fosse esplicitamente indicato nel bando, di apparecchi di sollevamento come sollevatori telescopici, minigru ed escavatori provvisti di gancio di sollevamento di supporto al lavoro nell'edilizia che, tra l'altro, risulta essere tra i settori con il più alto indice di infortuni sul lavoro;
molte delle imprese «rigettate», dopo la pubblicazione delle graduatorie (la provvisoria il 31 maggio 2024 e la definitiva il 17 ottobre 2024), hanno provveduto all'acquisto dei macchinari confidando nel futuro rimborso del 65 per cento della spesa;
la maggior parte di queste sono piccole e medie imprese che hanno fatto ricorso a finanziamenti bancari specifici per tale bando per sostenere l'investimento nei macchinari, al fine di migliorare la sicurezza sul cantiere;
l'annullamento del contributo Inail pone in grandissime difficoltà le imprese coinvolte e gli oltre mille lavoratori occupati; alcune di tali aziende, peraltro, sono impegnate in cantieri di opere finanziate dal PNRR, quindi con scadenze tassative ormai prossime che in caso di inosservanza e ritardi porterebbero al grave danno per gli enti pubblici di dover restituire i fondi europei;
Casa Artigiani per le pratiche inerenti al rischio vibrazione ha controdedotto facendo riferimento a quanto riportato nell'asse 1.1 poiché per sostituire martelli demolitori si è preso il caso delle condizioni specificate nel punto a) e c), mentre per la tipologia d'intervento inerente alla movimentazione manuale dei carichi mediante interventi di automazione ha fornito all'ente dettagli delle macchine che lavorano secondo lo schema dell'allegato del bando effettuando operazioni di scarico e carico integrandole con le altre macchine all'interno della zona cantiere (vedi pagina 20 allegato 1.1) –:
se non ritenga importante sospendere immediatamente i termini di 10 giorni per l'invio delle controdeduzioni per le comunicazioni di rigetto già trasmesse e annullare l'invio di quelle non ancora inoltrate al fine di rivalutare le controdeduzioni;
se non ritenga opportuno riconsiderare la valutazione soggettiva dei tecnici istruttori che vedono questo intervento esclusivamente ad appannaggio del settore manifatturiero, nonostante il bando non escluda i codici Ateco dell'edilizia al fine di non mettere a rischio fallimento le imprese coinvolte e le oltre mille famiglie dei lavoratori di queste aziende.
(4-04884)
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione De Corato e altri n. 5-03885, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 aprile 2025, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mascaretti, Osnato.
L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Bonetti e altri n. 3-01911, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2025, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ruffino, Pastorella.
L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Bignami e altri n. 3-01912, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2025, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Matteoni, Milani.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
come si legge dal report pubblicato da Sanitari per Gaza-Italia, il Kamala Adwan Hospital, situato nel nord di Gaza, è stato distrutto, lasciando l'intera area priva di strutture sanitarie operative;
la distruzione dell'ospedale ha causato la morte e lo sfollamento di numerosi pazienti, con gravi violazioni delle convenzioni internazionali che tutelano le strutture sanitarie e il personale medico;
tra le persone arrestate durante l'attacco, vi è anche il direttore sanitario dell'ospedale, dott. Abu Safiya, oltre a pazienti vulnerabili, tra cui un paraplegico con una lesione spinale instabile;
le convenzioni di Ginevra e altri strumenti internazionali impongono la protezione delle strutture sanitarie anche durante i conflitti armati;
rapporti di organizzazioni internazionali, come quello pubblicato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani del 30 dicembre 2024, confermano una prassi di impunità per le violazioni dei diritti umani commesse nella zona;
le condizioni sanitarie e l'accesso all'assistenza sanitaria rappresentano un elemento essenziale di sopravvivenza per la popolazione civile durante i conflitti armati –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere a livello internazionale per richiedere un'indagine indipendente sulla distruzione del Kamala Adwan Hospital e perché siano accertate le responsabilità;
quali iniziative diplomatiche siano in corso o previste per sollecitare la liberazione immediata del direttore sanitario, dott. Abu Safiya, e delle altre persone detenute in violazione delle norme di diritto internazionale umanitario;
se il Governo intenda promuovere sanzioni mirate e misure restrittive nei confronti degli autori delle gravi violazioni segnalate nell'ambito dei competenti organismi europei e internazionali;
quali iniziative si intendano intraprendere per sostenere e proteggere il diritto alla salute della popolazione civile a Gaza, anche attraverso il potenziamento degli aiuti umanitari e sanitari nella regione.
(4-04063)
Risposta. — Sin dall'inizio del conflitto nella Striscia di Gaza, il Governo italiano ha sempre ribadito a tutte le parti coinvolte il proprio appello per il rispetto del diritto internazionale umanitario.
L'Italia ha coordinato numerosi esercizi in materia. Penso alla lettera inviata a maggio 2024 all'allora Ministro degli esteri israeliano Katz, a firma del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, on. Tajani, insieme agli omologhi di altri 12 Paesi, in cui si suggerivano, tra le altre, misure concrete per potenziare meccanismi di tutela di civili e personale umanitario e per incrementare gli aiuti.
Si tratta di temi che hanno trovato ampio spazio in tutti i comunicati dei leader e dei Ministri degli esteri del G7 sul Medio Oriente e che abbiamo affrontato, in qualità di Presidenza G7, insieme ai Paesi del quintetto arabo a Fiuggi, durante l'ultima ministeriale esteri tenutasi il 26 novembre 2024.
Sin dall'inizio della crisi, l'Italia è stata inoltre in prima linea per contribuire alla risposta umanitaria a favore della popolazione civile palestinese.
Come ricordato in più occasioni dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, on. Tajani, la priorità del Governo italiano è chiara: fare tutto il possibile per alleviare le sofferenze della popolazione civile presente nella Striscia.
Sul piano finanziario, a partire dal 7 ottobre 2023, abbiamo stanziato oltre 106 milioni di euro per interventi umanitari e di immediata ripresa a sostegno della popolazione palestinese, per rispondere al conflitto nella Striscia e per lo sviluppo della Cisgiordania. In particolare, in quanto Vice Ministro delegato alla cooperazione allo sviluppo, ho stanziato 80 milioni di euro quale specifica risposta all'emergenza umanitaria.
Particolare attenzione è stata prestata agli aiuti alimentari e sanitari nella Striscia. Ne è un esempio l'iniziativa «Food for Gaza», lanciata dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, on. Tajani, l'11 marzo 2024, con l'obiettivo di garantire l'invio di aiuti alimentari e sanitari a Gaza, coinvolgendo il Programma alimentare mondiale (PAM), l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), la Federazione internazionale delle società di croce rossa e mezzaluna rossa (FICROSS) e le componenti del sistema Paese.
È un progetto che ha il pieno sostegno di Israele e dell'autorità nazionale Palestinese. Proprio nel corso del Consiglio di associazione UE-Israele del 24 febbraio 2025, il Ministro degli esteri israeliano Sa'ar ha indicato «Food for Gaza» come modello da seguire.
L'iniziativa si è fin dall'inizio sviluppata su diversi canali operativi, dalla consegna di beni, al supporto logistico, ai finanziamenti per iniziative degli organismi internazionali coinvolti, con l'obiettivo in prospettiva di contribuire anche alla ricostruzione materiale e sociale della Striscia.
Per questo abbiamo deciso di lavorare per allargarne i settori di intervento immediato. In ambito sanitario, abbiamo disposto vari trasporti umanitari, assicurando ad oggi l'uscita da Gaza di 89 minori palestinesi e relativi nuclei familiari, per essere curati presso diversi ospedali italiani. L'Italia ha anche contribuito al programma FICROSS «Health for Gaza», parte integrante dell'iniziativa «Food for Gaza», che prevede il rafforzamento delle attività della Federazione in ambito sanitario a favore della popolazione palestinese.
Nelle prossime fasi ci sarà un'attenzione particolare proprio al settore della salute. A seguito dell'ultima missione del Vice-Presidente del Consiglio e Ministro degli esteri Tajani ad Ashdod, insieme al Ministro dell'università e della ricerca Bernini, un team medico del policlinico Umberto I di Roma e dell'ospedale Regina Margherita di Torino si sono recati in Cisgiordania per rafforzare il dialogo con l'Autorità Palestinese nell'identificazione dei bisogni, con focus su settori prioritari come ortopedia, ostetricia, protesica.
Nel quadro dei pacchetti disposti a favore della popolazione palestinese, in campo sanitario l'Italia ha inoltre contribuito alle attività dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) e del Comitato internazionale della croce rossa (CICR) per interventi che si estendono dalla salute materna ai servizi assistenziali salvavita, all'assistenza sanitaria e alla prevenzione delle malattie. Sono inoltre attualmente in negoziato due accordi per contributi a favore dell'autorità palestinese nel settore della salute per 3,5 milioni di euro.
Tutte queste iniziative sono state portate avanti con successo grazie all'intensa attività diplomatica del Governo, che ha saputo mantenere ottimi rapporti con tutti gli interlocutori nella regione: Israele, autorità palestinese, Egitto e Giordania.
Nell'auspicio che l'accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza possa reggere, il Governo intende rafforzare il proprio impegno e valutare nuovi interventi per contribuire a ripristinare una piena assistenza umanitaria e sanitaria a Gaza.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
ASCARI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
il 10 gennaio 2025 si è concluso, presso la Corte d'Assise di Novara, il processo contro ventisei imputati coinvolti nel caso della cosiddetta «psicosetta delle bestie di Novara»;
il procedimento, svolto a porte chiuse a tutela delle vittime, ha avuto inizio nel febbraio 2023 ed è scaturito dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Torino, iniziate a seguito della denuncia di una giovane donna, all'epoca dei fatti minorenne, che si è costituita parte civile insieme ad altre presunte vittime;
secondo l'accusa, la comunità in questione avrebbe messo in atto un sistema di manipolazioni psicologiche, abusi sessuali estremi e pratiche degradanti, coinvolgendo anche minori;
la sentenza di primo grado ha stabilito una sola condanna nei confronti di Barbara Magnani per violenza sessuale di gruppo avvenuta nel 2012, mentre ventuno imputati sono stati prosciolti e nove assolti per non aver commesso il fatto;
il reato di associazione a delinquere finalizzata agli abusi sessuali, pur riconosciuto come sussistente fino al 2010, è risultato prescritto;
la Corte non ha riconosciuto l'aggravante della riduzione in schiavitù connessa al reato di associazione a delinquere;
la dichiarazione d'illegittimità dell'articolo 603 del codice penale, operata con la sentenza della Corte costituzionale n. 96 dell'8 giugno 1981, ha lasciato un vuoto normativo riguardante i fenomeni di «plagio» e condizionamento psicologico;
la vicenda giudiziaria ha evidenziato ancora una volta la difficoltà di sanzionare condotte manipolative all'interno di contesti settari, spesso assorbite sotto altre fattispecie penali che non garantiscono adeguata protezione alle vittime;
secondo la giornalista Olga Mascolo, in un articolo pubblicato su Fanpage il 14 gennaio 2025, il processo è stato caratterizzato da un clima ostile nei confronti della stampa, con accuse di linciaggio mediatico rivolte agli organi di informazione da parte della difesa –:
se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per colmare il vuoto normativo relativo ai reati di condizionamento psicologico e manipolazione mentale;
se siano previste misure specifiche per prevenire e contrastare abusi sui minori in contesti comunitari caratterizzati da dinamiche coercitive e manipolative;
se non si ritenga necessario adottare iniziative di carattere normativo volte a eliminare la prescrizione dei reati sessuali contro i minori, garantendo così una tutela più efficace e duratura delle vittime;
quali iniziative di competenza intendano assumere per salvaguardare la libertà di stampa e il diritto all'informazione in relazione a vicende analoghe a quelle di cui in premessa.
(4-04140)
Risposta. — L'atto di sindacato ispettivo in esame fa riferimento alla vicenda processuale che ha visto coinvolti ventisei imputati nel caso della cosiddetta «psicosetta delle bestie di Novara», i cui adepti si sarebbero resi responsabili di numerosi e gravi reati in ambito sessuale, anche in danno di minori.
Dopo aver ripercorso la vicenda giudiziaria, conclusasi, peraltro, con una sentenza di primo grado con una sola condanna per violenza sessuale ed assolutoria per tutti gli altri imputati, prosciolti od assolti per non avere commesso il fatto, nel corso dell'atto di sindacato ispettivo, si fa riferimento alla dichiarazione d'illegittimità dell'articolo 603 del Codice penale, operata con la sentenza della Corte costituzionale n. 96 dell'8 giugno 1981, in ragione del fatto che la stessa avrebbe determinato un vuoto normativo riguardante i fenomeni di plagio e condizionamento psicologico.
Preliminarmente si rappresenta che, sulla vicenda giudiziaria richiamata dagli interroganti, con nota del 10 febbraio 2025, il Presidente del tribunale di Novara, opportunamente interpellato dalla direzione generale degli affari interni del dipartimento per gli affari di giustizia, ha trasmesso una relazione che, per completezza di esposizione, si riporta di seguito: «Con riferimento a quanto in oggetto indicato e a riscontro (...) comunico quanto segue.
All'esito delle indagini preliminari la Procura della Repubblica – DDA di Torino depositava la richiesta di rinvio a giudizio (...) per i reati di associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti contro la sfera sessuale – anche in danno di Camera dei minori — e riduzione in schiavitù, nonché per plurimi reati di riduzioni in schiavitù e violenza sessuale di gruppo aggravata commessi fino al 19.7.2020.
All'udienza preliminare il GUP del Tribunale di Torino disponeva la sospensione del procedimento nei confronti (di due) degli imputati a seguito dell'accertamento della loro incapacità di partecipare coscientemente al processo, emettendo nei confronti di tutti gli altri 26 imputati il decreto che dispone il giudizio davanti alla Corte di Assise di Novara per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù e alle violenze sessuali, nonché, solo per taluni imputati, del reato di violenza sessuale di gruppo.
Iniziato il processo davanti alla Corte di Assise di Novara (...) è stato emesso il dispositivo della sentenza con cui la Corte di Assise (...) Inoltre, per ventuno imputati, (...) la Corte di Assise ha emesso sentenza di improcedibilità per intervenuta prescrizione del reato.
Per tutte le residue posizioni in contestazione è stata emessa sentenza di assoluzione (...) la motivazione relativa alla ricostruzione dei fatti e alle ragioni della decisione, nel termine di giorni novanta, tuttora in corso».
Passando all'analisi della normativa di settore riguardante, in particolare, la protezione dei minori da abusi, sia comunitaria che nazionale, la stessa è complessa e si articola su diversi livelli.
La stessa convenzione di Istanbul, ratificata in Italia con la legge 27 giugno 2013 n. 77, pur principalmente orientata verso la violenza domestica e la violenza di genere, ha implicazioni rilevanti per la protezione dei minori e stabilisce misure per prevenire e contrastare le violenze in ambito familiare e comunitario, incluse le dinamiche coercitive e manipolative che potrebbero verificarsi nei contesti di protezione o recupero dei minori. In tale contesto, è intervenuta anche la legge del 19 luglio 2019, cosiddetta «Codice Rosso», che, nel modificare l'articolo 572 del codice penale, ha previsto, all'ultimo comma, che il minore che assista ai maltrattamenti sia considerato persona offesa dal reato. Tra le aggravanti, introdotte al comma 2, c'è l'ipotesi dei maltrattamenti sui minori, laddove questi siano realizzati in presenza o in danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona disabile. Inoltre, la legge 24 novembre 2023 n. 168 recante «Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica» il cui impianto è frutto di una scelta di coerenza con il quadro normativo sovranazionale, in particolare con la convenzione di Istanbul, e con le diverse pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, ha esteso la definizione di violenza domestica, attraverso l'inserimento della cosiddetta violenza assistita, ossia la violenza commessa in presenza di minori di età, in grado di produrre effetti traumatici di pari intensità rispetto a quelli prodotti dalle violenze subite in maniera diretta.
D'altronde, la legge n. 168 del 2023 ha introdotto incisive disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori di carattere processuale volte a contrastare la violenza sulle donne e domestica e rappresenta un decisivo cambio di passo. L'intervento normativo è stato fortemente voluto dal Governo ed è stato elaborato anche sulla base delle risultanze dei lavori e delle istanze più urgenti formulate dall'assemblea e dal comitato tecnico-scientifico dell'osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica nel corso delle riunioni convocate nel 2023. Tra le numerose disposizioni, il Governo ha voluto introdurre per la prima volta misure per contenere i tempi processuali e volte alla velocizzazione delle valutazioni preventive sui rischi che corrono le potenziali vittime di femminicidio o di reati di violenza contro le donne o in ambito domestico, ma anche rendere più efficaci le azioni di protezione preventiva, rafforzare le misure contro la reiterazione dei reati a danno delle donne e la recidiva e, ancora, migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza. Il legislatore è intervenuto potenziando le misure di prevenzione, ed anche introducendo una norma che, per la prima volta, prevede una crono scansione dell'iter di adozione della misura cautelare.
È stato inoltre introdotto un «binario privilegiato» per la definizione dei procedimenti iscritti per reati afferenti alla «violenza sulle donne e domestica» con la modifica delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
L'impegno, inoltre, non è limitato all'intervento legislativo appena illustrato ma è, altresì, orientato a un costante monitoraggio e controllo dei fenomeni criminosi nei confronti dei cosiddetti soggetti fragili e ad una efficace formazione degli operatori.
Sul versante formativo, è stato anche rafforzato l'osservatorio permanente interno al Dicastero, che va ad affiancarsi alla cabina di regia interistituzionale e all'osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica.
In conclusione, con l'impianto normativo messo in campo e gli investimenti e le risorse stanziate nella formazione, questo Governo ha attivato un percorso trasversale atto a diffondere i valori del rispetto e del rifiuto di ogni forma di abuso e sopraffazione.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
si apprende da fonti di stampa il caso di una madre T.T. che si è vista sottrarre la possibilità di esercitare appieno la propria genitorialità a seguito di diagnosi psicologiche controverse che hanno invocato concetti come il «conflitto di lealtà» e riferimenti alla pseudoscientifica «alienazione parentale» (Pas), fenomeno non riconosciuto scientificamente in ambito giuridico e fortemente criticato a livello internazionale;
tale situazione ha comportato per T.T. la separazione dai figlio per un periodo prolungato, durante il quale gli incontri si sono svolti in regime di «controllo protetto», con modalità percepite dalla donna come fortemente punitive e lesive dei diritti umani fondamentali, al punto da definirle comparabili a un trattamento carcerario;
la vicenda ha portato la sig.ra T.T. dopo aver ottenuto la progressiva liberalizzazione degli incontri ed aver constatato l'improvviso rifiuto del figlio minore di vederla, ad adire nuovamente il Tribunale di Venezia per richiedere un percorso con l'esperto e la revoca dell'affidamento esclusivo al padre, vedendosi rigettare la richiesta di affido condiviso e condannata al pagamento di ingenti somme di denaro come sanzione per un preteso abuso dello strumento processuale, con grave impatto sulla sua condizione economica e familiare;
la sentenza in questione, come emerge dalle dichiarazioni della madre e da documenti pertinenti, risulta rappresentare un ulteriore esempio di «vittimizzazione secondaria», fenomeno riconosciuto a livello giuridico e istituzionale come una forma di violenza istituzionale che può aggravare la condizione delle persone coinvolte, in particolare delle donne;
la questione solleva interrogativi sull'efficacia delle procedure di tutela dei minori e sulla necessità di un aggiornamento delle modalità di intervento in materia di conflitti familiari, al fine di assicurare che la giustizia promuova la ricostruzione delle relazioni familiari anziché accentuare conflitti e distacchi –:
quali iniziative di carattere normativo intenda assumere il Ministro interrogato affinché, in particolare nell'ambito dei procedimenti di affidamento dei minorenni nei casi di conflitti familiari complessi, non assumano rilevanza teorie non riconosciute dalla comunità scientifica;
se non intenda promuovere iniziative di monitoraggio delle pronunce relative all'affido dei minori che si basino su tali teorie, in modo da individuare eventuali anomalie ricorrenti e prevenire casi di ingiustizie o trattamenti lesivi della dignità dei soggetti coinvolti;
se non ritenga necessario adottare iniziative di competenza volte ad evitare forme di violenza economica nei confronti delle parti soccombenti, soprattutto quando già sono state vittime di violenza o comunque si rivolgono al tribunale per recuperare il rapporto con il figlio minore, prevedendo meccanismi di supporto economico e legale a tutela dei soggetti che subiscono condanne pecuniarie di rilevante entità in contesti di conflitto familiare.
(4-04298)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante affronta nuovamente il tema della validità della cosiddetta «sindrome da alienazione parentale» – tema di cui sia la giurisprudenza che il legislatore si sono già ampiamente occupati — richiamando la vicenda giudiziaria di una donna cui sarebbe stato impedito l'esercizio pieno ed effettivo della responsabilità genitoriale nei confronti del figlio minore proprio a causa del ricorso a tale teoria.
L'onorevole formula, dunque, quesiti specifici in ordine alle eventuali iniziative, di varia natura, intraprese o programmate per impedire che gli uffici giudiziari abbandonino qualsiasi riferimento a siffatta teoria, priva di basi scientifiche, nonché in ordine ad iniziative «volte ad evitare forme di violenza economica nei confronti delle parti soccombenti, soprattutto quando già sono state vittime di violenza o comunque si rivolgono al tribunale per recuperare il rapporto con il figlio minore, prevedendo meccanismi di supporto economico e legale a tutela di soggetti che subiscono condanne pecuniarie di rilevante entità in contesti di conflitto familiare».
Preliminarmente, pare opportuno rappresentare che del caso citato dall'interrogante è stata investita la competente articolazione ministeriale che ha, dunque, provveduto ad acquisire dettagliata relazione dal tribunale vicario di Vicenza.
Trattandosi di vicenda che involge un soggetto ancora minorenne, in proposito si ritiene di poter riferire soltanto che il caso è stato trattato in modo molto approfondito dall'autorità giudiziaria competente, avendo sempre di mira il superiore interesse del minore in un contesto di conflittualità intra-familiare cui sembra essere rimasta però estranea qualsiasi forma di violenza domestica (fenomeno cui tuttavia l'onorevole pare impropriamente alludere).
Ciò detto, con riferimento al tema richiamato in apertura pare innanzitutto opportuno premettere che — come evidenziato in precedenti risposte ad atti di sindacato ispettivo presentati sullo stesso argomento – l'Istituto superiore di sanità ha segnalato che la locuzione «Sindrome da alienazione parentale» non compare nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali Dsm 5 (pubblicato nel 2013), documento — questo – che rappresenta il gold standard internazionale della diagnosi dei disturbi mentali.
Ed invero, la proposta di Bernet (Bemet W. Parental alienation disorder and Dsm-V american journal of family therapy 2008;36:349-66) al working committee del Dsm-5 di inserire la categoria Parental alienation disorder (Pas) non è stata accolta, in quanto si è ritenuto che l'esclusione e l'alienazione di un genitore non corrispondesse ad una sindrome né ad un disturbo psichico individuale definito, ma piuttosto ad un disturbo relazionale tra più soggetti, ossia ad una relazione disfunzionale alla quale contribuiscono il genitore alienante, quello alienato e il figlio/la figlia, ciascuno con le proprie responsabilità e con il proprio contributo, che può variare da caso a caso.
Tale orientamento della comunità scientifica internazionale è rimasto immutato negli anni, sicché detta teoria continua a non essere accettata come disturbo mentale in alcun sistema diagnostico.
In particolare, l'organizzazione mondiale della sanità si è rifiutata di includerla nella Icd (https://www.who.int/standards/classifications/frequently-asked-questions/parental-alienation). È stata, inoltre, severamente criticata nel 2023 da un rapporto speciale dello United Nations' Human Rights Council, che approfondisce l'argomento definendolo uno «pseudo-concetto» e raccomandando agli Stati membri di proibirne l'utilizzo nei processi.
Tanto premesso, occorre evidenziare che la giurisprudenza della Corte di cassazione, nella nota pronuncia n. 9691 del 2022 ha chiarito che compete all'autorità giudiziaria l'accertamento puntuale, attraverso i comuni mezzi di prova, di eventuali comportamenti di un genitore volti all'allontanamento, morale e materiale, del figlio dall'altro genitore, e ciò a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta teoria.
Del resto, già con le pronunce n. 13274/2019 e n. 13217/2021 la corte di legittimità aveva statuito, in sintesi: 1) la censurabilità di una adesione acritica alla diagnosi di alienazione parentale del Ctu, poiché, in caso di risultanze peritali discordanti o non coincidenti con la letteratura scientifica sul tema, il giudice deve valutare in concreto i rilievi sulla «Pas» anche sulla base di proprie competenze, traendo spunto pure dall'audizione del minore; 2) la non condivisibilità di valutazioni (cosiddette tatertyp) volte a configurare una sorta di colpa d'autore, dovendosi invece effettuare un vaglio più ampio ed equilibrato, volto a considerare «ogni possibilità di intraprendere un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali della madre, nell'ambito di un equilibrato rapporto con il padre, e che soprattutto valorizzasse il positivo legame di accudimento intrattenuto con la figlia» (cfr. Cass. civ. n. 13217/21); 3) la necessaria ponderazione, in ogni caso, dell'eventuale lesione dell'interesse del minore, posto che l'affido super-esclusivo ad un genitore può produrre sul figlio gravi conseguenze, col rischio di effetti ancor più pregiudizievoli di quelli che si intende scongiurare.
Del recepimento di tali precetti si è poi fatto puntualmente carico il legislatore delegato nel contesto della riforma del processo civile già in vigore, che al nuovo articolo 473-bis.25 del codice di procedura civile ha riservato un apposito spazio al tema delle valutazioni sulla capacità genitoriale, prescrivendo che il consulente tecnico che sia chiamato ad esprimersi sulla personalità dei genitori in funzione della verifica della loro capacità genitoriale dovrà supportare i giudizi tecnici con una precisa indicazione sia delle metodologie seguite sia dei protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica.
Il legislatore delegato ha, dunque, inteso definire il perimetro e le finalità dei mezzi di indagine, assicurando che l'apporto del consulente tecnico sia effettivamente funzionale a fornire al giudice soltanto gli strumenti e le informazioni tecnico-scientifiche utili, unitamente ad ulteriori elementi di indagine, a formulare valutazioni e adottare soluzioni il più possibile idonee a soddisfare e tutelare i diritti delle parti e dei minori.
Inoltre, con gli articoli 473-bis.4, 473-bis.5 e 473-bis.6 del codice di procedura civile, il legislatore delegato è intervenuto anche sulla disciplina relativa all'istituto dell'ascolto del minore, il quale vanta un vero e proprio diritto di esprimere il proprio pensiero in tutte le questioni e le procedure finalizzate ad incidere sulla sua sfera individuale. In particolare, nei casi di rifiuto del minore di aver contatti con uno o entrambi i genitori è stato previsto il dovere del giudice di accertare senza ritardo le cause del rifiuto, procedendo personalmente all'ascolto del minore e assumendo ogni informazione ritenuta necessaria (articolo 473-bis.6 del codice di procedura civile), fatta salva la possibilità di farsi assistere da un esperto o altro ausiliario.
Ancora, nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere (articoli 473-bis.40 e successivi del codice di procedura civile), si prevede che gli esperti e gli altri ausiliari dei quali il giudice si avvalga in sede di interrogatorio libero delle parti siano «dotati di competenze specifiche in materia» (articolo 473-bis.44, comma 1, codice di procedura civile); analogamente, il comma 2 prevede che i consulenti tecnici siano scelti «tra quelli dotati di competenza in materia di violenza domestica e di genere»; infine, l'articolo 473-bis.45 codice di procedura civile disciplina l'ascolto del minore in questi procedimenti, cui deve procedere il giudice personalmente secondo quanto previsto dagli articoli 473-bis.4 e 473-bis.5 citati.
Pertanto, alla luce del quadro appena esposto in ordine all'attuale stato dell'arte, normativo e giurisprudenziale, non si ravvisa la necessità di un nuovo intervento normativo sul tema indicato dall'interrogante.
Quanto poi all'attività di monitoraggio sull'applicazione di tale normativa, pure auspicata dall'interrogante, basti rammentare che – come noto – il Ministero della giustizia, per il tramite del suo ispettorato generale, svolge attività ispettiva ordinaria presso tutti gli uffici giudiziari nazionali in maniera periodica, come previsto dalla legge.
In particolare, l'articolo 7 legge n. 1311 del 1962, in materia di organizzazione e funzionamento dell'ispettorato generale presso il Ministero della giustizia prevede che «il Capo dell'ispettorato generale dispone, in conformità delle direttive impartite dal Ministro, le ispezioni in tutti gli uffici giudiziari allo scopo di accertare se i servizi procedono secondo le leggi, i regolamenti e le istruzioni vigenti», aggiungendo, al terzo comma, che «il Ministro può in ogni tempo, quando lo ritenga opportuno, disporre ispezioni negli uffici giudiziari. Il Ministro può altresì disporre ispezioni parziali negli uffici giudiziari, al fine di accertare la produttività degli stessi, l'entità e la tempestività del lavoro di singoli magistrati nonché il rispetto delle prescrizioni di sicurezza negli accessi alle banche di dati in uso presso gli uffici giudiziari».
Il successivo articolo 10 dispone, poi, che «se nel corso delle ispezioni vengono accertati abusi o irregolarità gravi, l'ispettore ne informa immediatamente il Capo dell'ispettorato generale, formulando le proposte circa i provvedimenti da adottare».
Ora, è implicito nel tenore delle disposizioni appena richiamate che in sede di ispezione ordinaria l'ispettorato generale accerti la regolarità e la conformità alle norme vigenti, ivi comprese quelle sopra richiamate, di tutti i «servizi» svolti dagli uffici giudiziari.
Ove, dunque, nel corso della verifica in ordine alla regolarità dell'andamento dei servizi giudiziari gli ispettori incaricati abbiano, in qualunque modo, occasione di constatare una situazione astrattamente riconducibile a qualsiasi illecito disciplinare posto in essere da magistrati, essi devono segnalarla al capo dell'ispettorato con la formulazione delle proposte circa i provvedimenti da adottare (cfr. articolo 10 legge n. 1311 del 1962).
Ciò non toglie, comunque, che il Ministro, nell'esercizio dei suoi poteri di «alta vigilanza» ex citato articolo 13 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, possa delegare all'ispettorato Generale monitoraggi su specifiche attività, ispezioni mirate o parziali (eventualmente anche contestualmente allo svolgimento delle ispezioni ordinarie), ovvero inchieste, secondo quanto previsto dagli articoli 7, comma 3 e 12 citata legge n. 1311 del 1962, per lo svolgimento di specifici accertamenti.
A ciò si aggiunga che l'ispettorato generale, nell'ambito della sua attività cosiddetta «interna», è ordinariamente destinatario di notizie di potenziale interesse disciplinare, acquisite attraverso molteplici veicoli: oltre alle eventuali segnalazioni degli ispettori incaricati delle verifiche ispettive presso gli uffici giudiziari, si considerino ancora le segnalazioni dei capi degli uffici giudiziari, gli esposti di privati cittadini o quelli di organi di informazione.
Il sistema congegnato dal legislatore appare, dunque, già adeguatamente strutturato per rilevare eventuali criticità, nei limiti – si intende – in cui esse si siano tradotte in provvedimenti abnormi ossia in soluzioni giuridicamente non plausibili, nell'applicazione di qualsivoglia normativa, senza necessità di immaginare un sistema di monitoraggio specifico per il genere di casi di cui all'atto di sindacato ispettivo in oggetto.
Venendo infine all'ultimo quesito formulato dall'interrogante, ribadito preliminarmente che la vicenda richiamata nell'atto di sindacato ispettivo non pare involgere alcuna forma di violenza domestica (né fisica né economica), sicché la sollecitazione rivolta a questo Dicastero ad assumere iniziative che si muovano nella direzione di offrire forme di supporto economico alle vittime di violenza pare non appropriata rispetto al caso concreto citato in premessa, ad ogni buon conto si rappresenta quanto segue.
Questa amministrazione è impegnata da tempo con lo stanziamento di proprie risorse finanziarie impiegate per la promozione e il sovvenzionamento di progetti per l'assistenza a favore di (tutte) le vittime di reato, nella cornice di diritti e tutele della Direttiva 2012/29/UE (del Parlamento europeo e del Consiglio, istitutiva di norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI). Si tratta di creare o potenziare (ove già esistenti sul territorio, anche in partnership con gli attori pubblici e del privato sociale) strumenti di sostegno multidisciplinare, professionale e gratuito riservati alle vittime di tutte le tipologie di reato, uniformemente sviluppati sul territorio in vista di una efficace «rete di servizi» a garanzia dei diritti informativi/difensivi delle vittime, del loro supporto emotivo-psicologico e a prevenzione di forme di vittimizzazione secondaria, secondo gli obiettivi primari della citata normativa sovranazionale.
Le regioni, destinatarie dei fondi in questione per la elaborazione, il rafforzamento e la finalizzazione di percorsi progettuali per le vittime, sono tenute ad operare secondo una logica di «rete» per un dialogo proficuo fra tutti gli operatori coinvolti e per la più armoniosa diffusione degli interventi sul territorio. Di frequente, le proposte progettuali (rivolte, va da sé, anche alle fasce più vulnerabili, data la platea «generalista» dei destinatari delle misure di assistenza), si sono concretizzate in attività formative per le figure preposte alla sicurezza e sussidio alle vittime di reato e in iniziative meritorie di sensibilizzazione per la collettività, sui temi del supporto onnicomprensivo alla vittima (in via esemplificativa, gli interventi meglio e più frequentemente strutturati si declinano nell'apertura e/o consolidamento di punti di primo accesso quali sportelli informativi o di orientamento per il reindirizzamento delle vittime alle specializzazioni più adatte; attivazione di linee telefoniche di ascolto dedicato; implementazione ed ampliamento – in logica «generalista» – di centri di sostegno già presenti ma calibrati su tipologie di reato più settoriali).
In particolare, nell'ambito della periodica reportistica e nel monitoraggio (anche contabile) cui sono soggette le regioni beneficiarie, si segnala il significativo raccordo con preesistenti centri locali anti-violenza, per la collaborazione delle équipe multidisciplinari, in un confronto foriero di buone prassi e accresciute competenze, grazie ai percorsi di accompagnamento mirati e alla presa in carico delle vittime prima, durante tutto l'arco e anche successivamente alla definizione del procedimento penale.
Del resto, nonostante il menzionato stampo generalista dei servizi erogati, focalizzandosi la stessa direttiva UE sulla protezione delle vittime più «fragili» (come quelle oggetto di violenza di genere o di violenza reiterata, nelle relazioni strette, vedi anche considerando 58 ivi, sul rischio di maggiore vulnerabilità di tali fasce) fra i molti progetti attivi spiccano le iniziative dirette ai soggetti più esposti a rischi di «danno», inclusi quelli derivanti da intimidazione, ritorsione, vittimizzazione secondaria, e la dichiarata prospettiva di «rete» per l'ottimizzazione di tutte le risorse (umane/materiali) disponibili, la professionalizzazione costante delle unità dedicate e la più capillare proiezione delle misure di aiuto presso le comunità locali, fattivamente coinvolte nell'iter di recupero della vittima.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 3 dicembre 2024, la testata giornalistica Dire ha riportato la vicenda della signora F., madre di due minori, che recandosi presso la scuola per andare a prendere i propri figli non li ha trovati, venendo successivamente informata che gli stessi erano stati prelevati dai servizi sociali in circostanze che evidenzierebbero gravi violazioni dei diritti dei minori, tra cui la mancata audizione degli stessi;
il prelievo sarebbe avvenuto sulla base di una diagnosi di «sindrome da alienazione parentale» (Pas), un concetto privo di validità scientifica, come ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e dalla comunità scientifica internazionale;
i minori, identificati come M. e L., sarebbero stati allontanati per ben due volte per le medesime ragioni: una prima volta in data 8 novembre 2022 in modo coattivo, venendo ricollocati dopo 43 giorni di permanenza in comunità a seguito di un decreto di secondo grado; e successivamente, il 14 ottobre 2024, sarebbero stati prelevati da scuola e collocati in due comunità distinte, nelle quali tuttora risiedono separati;
tale separazione avrebbe causato ai minori gravi conseguenze, al punto da richiedere il loro inserimento in un percorso di neuropsichiatria infantile;
in sede civile, il consulente tecnico d'ufficio (CTU) non avrebbe proceduto all'ascolto diretto dei minori, violando il loro diritto di esprimersi in relazione alle proprie condizioni e volontà;
la curatrice speciale, nominata dal Tribunale, avrebbe prodotto memorie senza mai incontrare personalmente i minori né raccogliere informazioni dirette dall'ambiente scolastico o familiare, in violazione dell'articolo 473-bis.6 del codice di procedura civile, introdotto dalla cosiddetta riforma Cartabia, che prevede l'obbligo di ascolto dei minori nei procedimenti civili che li riguardano;
anche in sede penale, nonostante gli esposti presentati dalla madre nel febbraio 2020 per presunti abusi paterni, la richiesta di incidente probatorio sarebbe stata rigettata, precludendo di fatto l'audizione dei minori;
la gestione complessiva del caso solleva interrogativi sulla corretta applicazione delle norme della cosiddetta riforma Cartabia, le quali mirano a garantire la centralità del minore nei procedimenti giudiziari attraverso il suo ascolto;
attualmente, i minori hanno rispettivamente nove e otto anni e non sono stati ancora ascoltati, nonostante le gravi ripercussioni psicologiche subite –:
se il Ministro interrogato intenda promuovere iniziative di monitoraggio delle attività del CTU e dei curatori speciali nei procedimenti di affidamento dei minori;
quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare per garantire che i minori siano tempestivamente ascoltati nei procedimenti pendenti.
(4-04299)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame l'interrogante prende spunto dalla vicenda, riportata dalla stampa, di una donna cui sarebbero stati sottratti i due figli minori, poi collocati dai servizi sociali presso due comunità diverse, per tornare ancora una volta sul tema della validità della cosiddetta «sindrome da alienazione parentale» ed invocare misure atte a garantire «che i minori siano tempestivamente ascoltati nei procedimenti pendenti».
L'interrogante rinnova inoltre la richiesta, già veicolata con precedenti atti di sindacato ispettivo di analogo tenore, per l'adozione di iniziative atte ad avviare un monitoraggio delle attività dei consulenti tecnici d'ufficio, oltre che dei curatori speciali, nominati nell'ambito di procedimenti aventi ad oggetto il regime di affidamento dei minori.
Preliminarmente, pare opportuno rappresentare che del caso citato dall'interrogante è stata investita la competente articolazione ministeriale che ha, dunque, provveduto ad acquisire dettagliata relazione dal Presidente vicario del tribunale di Vicenza.
Trattandosi di vicenda che involge soggetti ancora minorenni, in proposito si ritiene di poter riferire soltanto che il caso è stato trattato in modo molto approfondito — tanto in ambito civile quanto in sede penale – dall'autorità giudiziaria competente, che si è mossa assicurando sempre la tutela del superiore interesse dei minori in un contesto di elevata conflittualità intra-familiare.
Pare opportuno aggiungere, inoltre, che l'autorità procedente non ha mancato di valutare attentamente l'opportunità di ascoltare i due minori (all'epoca di soli 3 e 5 anni), determinandosi infine in senso negativo proprio al fine di salvaguardare l'integrità psichica ed emotiva di bambini di così tenera età.
Ciò detto, con riferimento alla questione della validità scientifica della teoria suddetta pare innanzitutto opportuno ribadire che – come evidenziato in precedenti risposte ad atti di sindacato ispettivo presentati sullo stesso argomento – l'istituto superiore di sanità si è allineato all'orientamento manifestato più volte dalla comunità scientifica internazionale nel non riconoscere l'alienazione parentale come disturbo mentale.
In questo senso si è poi espressa anche la giurisprudenza di legittimità, che con la nota pronuncia n. 9691 del 2022 ha chiarito che compete all'autorità giudiziaria l'accertamento puntuale, attraverso i comuni mezzi di prova, di eventuali comportamenti di un genitore volti all'allontanamento, morale e materiale, del figlio dall'altro genitore, e ciò a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta teoria.
Del resto, già con le pronunce n. 13274/2019 e n. 13217/2021 la Corte di legittimità aveva statuito, in sintesi: 1) la censurabilità di una adesione acritica alla diagnosi di alienazione parentale del Ctu, poiché, in caso di risultanze peritali discordanti o non coincidenti con la letteratura scientifica sul tema, il giudice deve valutare in concreto i rilievi sulla «PAS» anche sulla base di proprie competenze, traendo spunto pure dall'audizione del minore; 2) la non condivisibilità di valutazioni (cosiddetto tatertyp) volte a configurare una sorta di colpa d'autore, dovendosi invece effettuare un vaglio più ampio ed equilibrato, volto a considerare «ogni possibilità di intraprendere un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali della madre, nell'ambito di un equilibrato rapporto con il padre, e che soprattutto valorizzasse il positivo legame di accudimento intrattenuto con la figlia» (cfr. Cass. civ. n. 13217/21); 3) la necessaria ponderazione, in ogni caso, dell'eventuale lesione dell'interesse del minore, posto che l'affido super-esclusivo ad un genitore può produrre sul figlio gravi conseguenze, col rischio di effetti ancor più pregiudizievoli di quelli che si intende scongiurare.
Del recepimento di tali precetti si è poi fatto puntualmente carico il legislatore delegato nel contesto della riforma del processo civile già in vigore, che al nuovo articolo 473-bis.25 codice di procedura civile ha riservato un apposito spazio al tema delle valutazioni sulla capacità genitoriale, prescrivendo che il consulente tecnico che sia chiamato ad esprimersi sulla personalità dei genitori in funzione della verifica della loro capacità genitoriale dovrà supportare i giudizi tecnici con una precisa indicazione sia delle metodologie seguite sia dei protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica.
Il legislatore delegato ha, dunque, inteso definire il perimetro e le finalità dei mezzi di indagine, assicurando che l'apporto del consulente tecnico sia effettivamente funzionale a fornire al giudice soltanto gli strumenti e le informazioni tecnico-scientifiche utili, unitamente ad ulteriori elementi di indagine, a formulare valutazioni e adottare soluzioni il più possibile idonee a soddisfare e tutelare i diritti delle parti e dei minori.
Inoltre, con gli articoli 473-bis.4, 473-bis.5 e 473-bis.6 del codice di procedura civile il legislatore delegato è intervenuto anche sulla disciplina relativa all'istituto dell'ascolto del minore, il quale vanta un vero e proprio diritto di esprimere il proprio pensiero in tutte le questioni e le procedure finalizzate ad incidere sulla sua sfera individuale. In particolare, nei casi di rifiuto del minore di aver contatti con uno o entrambi i genitori è stato previsto il dovere del giudice di accertare senza ritardo le cause del rifiuto, procedendo personalmente all'ascolto del minore e assumendo ogni informazione ritenuta necessaria (articolo 473-bis.6 del codice di procedura civile), fatta salva la possibilità di farsi assistere da un esperto o altro ausiliario.
Ancora, nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere (articoli 473-bis.40 e successivi del codice di procedura civile), si prevede che gli esperti e gli altri ausiliari dei quali il giudice si avvalga in sede di interrogatorio libero delle parti siano «dotati di competenze specifiche in materia» (articolo 473-bis.44, comma 1, del codice di procedura civile); analogamente, il comma 2 prevede che i consulenti tecnici siano scelti «tra quelli dotati di competenza in materia di violenza domestica e di genere»; infine, l'articolo 473-bis.45 del codice di procedura civile disciplina l'ascolto del minore in questi procedimenti, cui deve procedere il giudice personalmente secondo quanto previsto dagli articoli 473-bis.4 e 473-bis.5 citati.
Il legislatore delegato ha avuto però cura di riversare anche nella nuova disposizione codicistica il principio – già contemplato dalla previgente disposizione di cui all'articolo 336-bis del codice civile e ora esplicitato in modo più dettagliato – per cui il diritto del minore all'ascolto presuppone sempre che costui, ancorché non ancora dodicenne, dimostri di essere «capace di discernimento», ovvero risulti in grado di esprimere una propria opinione sulla questione che lo interessa, salvo che l'ascolto non appaia contrario al suo interesse o manifestamente superfluo.
Invero, come chiarito dalla Corte di cassazione, nel caso del minore infradodicenne costui «deve essere ascoltato solo se ritenuto capace di discernimento. [...] In questi casi, dunque: 1) il giudice ha il potere discrezionale officioso di disporre l'ascolto del minore, anche al fine di verificarne la capacità di discernimento; 2) il giudice deve disporre l'ascolto o motivarne l'omissione se vi è un'istanza di parte che indichi gli argomenti e i temi di approfondimento sui quali si ritiene necessario l'ascolto, scattando in mancanza la sanzione della nullità processuale; 3) il giudice non ha l'obbligo, senza sollecitazione di parte, di giustificare la scelta omissiva» (cfr. Cass. civ. Sez. 1 – , ordinanza n. 32359 del 13 dicembre 2024).
Pertanto, alla luce del quadro appena esposto in ordine all'attuale stato dell'arte, normativo e giurisprudenziale, non si ravvisa la necessità di un nuovo intervento normativo su nessuno dei due temi toccati nell'atto di sindacato ispettivo, in quanto per entrambi risultano esservi stati recentissimi interventi normativi chiarificatori ed in ogni caso coerenti con gli orientamenti già espressi dalla Corte di legittimità.
Quanto poi all'attività di monitoraggio sull'applicazione di tale normativa, pure auspicata dall'interrogante, basti rammentare che – come noto – il Ministero della giustizia, per il tramite del suo Ispettorato generale, svolge attività ispettiva ordinaria presso tutti gli uffici giudiziari nazionali in maniera periodica, come previsto dalla legge.
In particolare, l'articolo 7 legge n. 1311 del 1962, in materia di organizzazione e funzionamento dell'Ispettorato generale presso il Ministero della giustizia prevede che «il capo dell'Ispettorato generale dispone, in conformità delle direttive impartite dal Ministro, le ispezioni in tutti gli uffici giudiziari allo scopo di accertare se i servizi procedono secondo le leggi, i regolamenti e le istruzioni vigenti» aggiungendo, al terzo comma, che «il Ministro può in ogni tempo, quando lo ritenga opportuno, disporre ispezioni negli uffici giudiziari. Il Ministro può altresì disporre ispezioni parziali negli uffici giudiziari, al fine di accertare la produttività degli stessi, l'entità e la tempestività del lavoro di singoli magistrati nonché il rispetto delle prescrizioni di sicurezza negli accessi alle banche di dati in uso presso gli uffici giudiziari».
Il successivo articolo 10 dispone, poi, che «se nel corso delle ispezioni vengono accertati abusi o irregolarità gravi, l'ispettore ne informa immediatamente il Capo dell'Ispettorato generale, formulando le proposte circa i provvedimenti da adottare».
Ora, è implicito nel tenore delle disposizioni appena richiamate che in sede di ispezione ordinaria l'Ispettorato generale accerti la regolarità e la conformità alle norme vigenti, ivi comprese quelle sopra richiamate, di tutti i «servizi» svolti dagli uffici giudiziari.
Ove, dunque, nel corso della verifica in ordine alla regolarità dell'andamento dei servizi giudiziari gli ispettori incaricati abbiano, in qualunque modo, occasione di constatare una situazione astrattamente riconducibile a qualsiasi illecito disciplinare posto in essere da magistrati, essi devono segnalarla al Capo dell'Ispettorato con la formulazione delle proposte circa i provvedimenti da adottare (cfr. articolo 10 legge n. 1311 del 1962).
Ciò non toglie, comunque, che il Ministro, nell'esercizio dei suoi poteri di «alta vigilanza» ex citato articolo 13 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, possa delegare all'Ispettorato generale monitoraggi su specifiche attività, ispezioni mirate o parziali (eventualmente anche contestualmente allo svolgimento delle ispezioni ordinarie), ovvero inchieste, secondo quanto previsto dagli articoli 7, comma 3 e 12 citata legge n. 1311 del 1962, per lo svolgimento di specifici accertamenti.
A ciò si aggiunga che Ispettorato generale, nell'ambito della sua attività cosiddetta «interna», è ordinariamente destinatario di notizie di potenziale interesse disciplinare, acquisite attraverso molteplici veicoli: oltre alle eventuali segnalazioni degli ispettori incaricati delle verifiche ispettive presso gli uffici giudiziari, si considerino ancora le segnalazioni dei capi degli uffici giudiziari, gli esposti di privati cittadini o quelli di organi di informazione.
Il sistema congegnato dal legislatore appare, dunque, già adeguatamente strutturato per rilevare eventuali criticità, nei limiti — si intende – in cui esse si siano tradotte in provvedimenti abnormi ossia in soluzioni giuridicamente non plausibili, nell'applicazione di qualsivoglia normativa, senza necessità di immaginare un sistema di monitoraggio specifico per il genere di casi di cui all'atto di sindacato ispettivo in oggetto.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
ASCARI e CHERCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 6 febbraio 2025 è stata pubblicata un'ordinanza della Corte di cassazione che ha annullato una precedente sentenza, con cui una minore di 11 anni era stata riportata presso la madre nella città di origine, dopo essere stata precedentemente affidata al padre e trasferita a 900 chilometri di distanza;
la decisione ha suscitato preoccupazione in quanto ritenuta lesiva del diritto del minore a una crescita serena e stabile, in violazione del principio del superiore interesse del minore sancito dall'articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176;
il provvedimento giudiziario appare ad avviso dell'interrogante in contrasto con le linee guida internazionali sulla protezione dei minori e ha rinnovato il dibattito sull'utilizzo, nei tribunali italiani, di teorie prive di validità scientifica, come quella dell'alienazione parentale, già escluse dall'Organizzazione mondiale della sanità e dall'American psychiatric association;
in più occasioni la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per violazioni dell'articolo 8 del Convenzione europea dei diritti dell'uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare) in materia di affidamento e tutela dei minori, evidenziando il mancato rispetto del principio di non traumatizzazione del minore nei procedimenti di affidamento;
la prassi giudiziaria che porta a decisioni traumatiche per i minori, senza un'adeguata valutazione del loro benessere psicofisico, evidenzia la necessità di una riforma che rafforzi la protezione dei bambini nei procedimenti giudiziari, garantendo che il loro interesse prevalga su qualsiasi altra considerazione –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda in questione e quali siano le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, che intenda adottare per rafforzare il rispetto dei principi di tutela del minore nei procedimenti giudiziari;
quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda intraprendere per garantire che l'interesse superiore del minore sia effettivamente prevalente nelle decisioni di affidamento, evitando il ricorso a teorie prive di validazione scientifica e comunque al fine di garantire che le decisioni in materia di affido rispettino i principi sanciti dalla normativa nazionale e internazionale in tema di protezione dell'infanzia.
(4-04379)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti, richiamata una recente ordinanza della Corte di cassazione resa in un procedimento avente ad oggetto il regime di affidamento di una minore di 11 anni, ricollocata presso la madre dopo che era stata affidata in via esclusiva al padre e trasferita a 900 chilometri di distanza dalla residenza materna, tornano di nuovo sul tema della validità della cosiddetta «sindrome da alienazione parentale» sollecitando iniziative, anche di carattere normativo, che siano tese a dare piena attuazione al principio della tutela del superiore interesse del minore ed al suo corollario della non traumatizzazione del medesimo nei procedimenti giudiziari vertenti sul suo affidamento.
Preliminarmente, pare opportuno evidenziare che, come evincibile da un'attenta lettura dell'ordinanza della Corte di cassazione richiamata nell'atto di sindacato ispettivo, la Suprema Corte nel determinarsi nel senso indicato dagli interroganti è partita proprio dal richiamo ai princìpi sovranazionali cui gli onorevoli fanno riferimento.
In particolare, la Corte ha osservato che la corte Edu, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all'articolo 8 Cedu, ha precisato che «in tutte le decisioni che riguardano dei minori il loro interesse superiore debba prevalere [...] e che nelle cause in cui sono in gioco questioni di affidamento di minori e di restrizioni del diritto di visita, l'interesse del minore deve prevalere su qualsiasi altra considerazione». Ha inoltre aggiunto che, come rammentato dalla Corte Edu, «[...] gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, ma comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentono di pervenire a tale risultato [...]», così onerando sostanzialmente «[...] le autorità nazionali ad adottare tutte le misure atte ad assicurare il mantenimento dei legami tra il genitore ed i figli [...]».
Muovendo da tali supremi ed inviolabili principi la Corte perviene dunque alla decisione sintetizzata dagli interroganti, previa censura della decisione della Corte territoriale per aver fatto assurgere le dichiarazioni rese dalla minore (nel caso, infradodicenne) in sede di ascolto ad «esclusivo elemento in base al quale valutare il [suo] superiore interesse».
Invero, come rammentato dalla stessa Corte di legittimità nella pronuncia in discussione, la corte Edu, «in un caso in cui vari rapporti indicavano [come nel caso esaminato dalla Corte di cassazione] che il minore era influenzato da sua madre, ha affermato “A questo proposito, la Corte rammenta che il parere di un minore non è necessariamente immutabile, e che le obiezioni che quest'ultimo formula, anche se devono essere debitamente prese in considerazione, non sono necessariamente sufficienti per prevalere sull'interesse dei genitori, in particolare sul loro interesse ad avere contatti regolari con il loro figlio. Il diritto di un minore di esprimere la propria opinione non deve essere interpretato nel senso che conferisce effettivamente un diritto di veto incondizionato ai minori senza che siano presi in considerazione altri fattori e senza che sia condotto un esame per determinare il loro interesse superiore [...]”».
È muovendo da tali premesse e citazioni, infatti, che la Corte arriva ad osservare che è da considerarsi «[...]errata la identificazione del superiore interesse della minore con la volontà da questa espressa, ove – come nel caso in esame – la valutazione sia stata compiuta decontestualizzandola da tutti gli altri fattori che il giudice deve necessariamente prendere in considerazione, ai fini della adozione delle misure idonee a creare le condizioni necessarie per la piena realizzazione del diritto di visita del genitore pregiudicato, nel caso in cui si controverta del diritto del minore alla bigenitorialità fortemente ostacolata da continue condotte manipolative e ostruzionistiche di uno dei due genitori avverso l'altro nell'ambito di un contesto familiare conflittuale».
Tanto premesso, con riferimento alla questione della validità scientifica della teoria suddetta pare innanzitutto opportuno ribadire nuovamente che – come evidenziato in precedenti risposte ad atti di sindacato ispettivo presentati sullo stesso argomento – l'Istituto superiore di sanità si è allineato all'orientamento manifestato più volte dalla comunità scientifica internazionale nel non riconoscere l'alienazione parentale come disturbo mentale.
In questo senso si è poi espressa anche la giurisprudenza della stessa corte di legittimità, che con la nota pronuncia n. 9691 del 2022 ha chiarito che compete all'autorità giudiziaria l'accertamento puntuale, attraverso i comuni mezzi di prova, di eventuali comportamenti di un genitore volti all'allontanamento, morale e materiale, del figlio dall'altro genitore, e ciò a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta teoria.
Del resto, già con le pronunce n. 13274/2019 e n. 13217/2021 la corte di legittimità aveva statuito, in sintesi: 1) la censurabilità di una adesione acritica alla diagnosi di alienazione parentale del Ctu, poiché, in caso di risultanze peritali discordanti o non coincidenti con la letteratura scientifica sul tema, il giudice deve valutare in concreto i rilievi sulla «Pas» anche sulla base di proprie competenze, traendo spunto pure dall'audizione del minore; 2) la non condivisibilità di valutazioni (cosiddetta tatertyp) volte a configurare una sorta di colpa d'autore, dovendosi invece effettuare un vaglio più ampio ed equilibrato, volto a considerare «ogni possibilità di intraprendere un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali della madre, nell'ambito di un equilibrato rapporto con il padre, e che soprattutto valorizzasse il positivo legame di accudimento intrattenuto con la figlia» (cfr. Cassazione civile n. 13217/21); 3) la necessaria ponderazione, in ogni caso, dell'eventuale lesione dell'interesse del minore, posto che l'affido super-esclusivo ad un genitore può produrre sul figlio gravi conseguenze, col rischio di effetti ancor più pregiudizievoli di quelli che si intende scongiurare.
Del recepimento di tali precetti si è poi fatto puntualmente carico il legislatore delegato nel contesto della riforma del processo civile già in vigore, che al nuovo articolo 473-bis.25 del codice di procedura civile ha riservato un apposito spazio al tema delle valutazioni sulla capacità genitoriale, prescrivendo che il consulente tecnico che sia chiamato ad esprimersi sulla personalità dei genitori in funzione della verifica della loro capacità genitoriale dovrà supportare i giudizi tecnici con una precisa indicazione sia delle metodologie seguite sia dei protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica.
Il legislatore delegato ha, dunque, inteso definire il perimetro e le finalità dei mezzi di indagine, assicurando che l'apporto del consulente tecnico sia effettivamente funzionale a fornire al giudice soltanto gli strumenti e le informazioni tecnico-scientifiche utili, unitamente ad ulteriori elementi di indagine, a formulare valutazioni e adottare soluzioni il più possibile idonee a soddisfare e tutelare i diritti delle parti e dei minori.
Inoltre, con gli articoli 473-bis.4, 473-bis.5 e 473-bis.6 del codice di procedura civile il legislatore delegato è intervenuto anche sulla disciplina relativa all'istituto dell'ascolto del minore, il quale vanta un vero e proprio diritto di esprimere il proprio pensiero in tutte le questioni e le procedure finalizzate ad incidere sulla sua sfera individuale. In particolare, nei casi di rifiuto del minore di avere contatti con uno o entrambi i genitori è stato previsto il dovere del giudice di accertare senza ritardo le cause del rifiuto, procedendo personalmente all'ascolto del minore e assumendo ogni informazione ritenuta necessaria (articolo 473-bis.6 del codice di procedura civile), fatta salva la possibilità di farsi assistere da un esperto o altro ausiliario.
Ancora, nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere (articoli 473-bis.40 e successivi del codice di procedura civile), si prevede che gli esperti e gli altri ausiliari dei quali il giudice si avvalga in sede di interrogatorio libero delle parti siano «dotati di competenze specifiche in materia» (articolo 473-bis.44, comma 1, del codice di procedura civile); analogamente, il comma 2 prevede che i consulenti tecnici siano scelti «tra quelli dotati di competenza in materia di violenza domestica e di genere»; infine, l'articolo 473-bis.45 del codice di procedura civile disciplina l'ascolto del minore in questi procedimenti, cui deve procedere il giudice personalmente secondo quanto previsto dagli articoli 473-bis.4 e 473-bis.5 citati.
Il legislatore delegato ha avuto però cura di riversare anche nella nuova disposizione codicistica il principio – già contemplato dalla previgente disposizione di cui all'articolo 336-bis del codice civile e ora esplicitato in modo più dettagliato – per cui il diritto del minore all'ascolto presuppone sempre che costui, ancorché non ancora dodicenne, dimostri di essere «capace di discernimento», ovvero risulti in grado di esprimere una propria opinione sulla questione che lo interessa, salvo che l'ascolto non appaia contrario al suo interesse o manifestamente superfluo.
Invero, come chiarito dalla Corte di cassazione, nel caso del minore infradodicenne costui «deve essere ascoltato solo se ritenuto capace di discernimento. [...] In questi casi, dunque: 1) il giudice ha il potere discrezionale officioso di disporre l'ascolto del minore, anche al fine di verificarne la capacità di discernimento; 2) il giudice deve disporre l'ascolto o motivarne l'omissione se vi è un'istanza di parte che indichi gli argomenti e i temi di approfondimento sui quali si ritiene necessario l'ascolto, scattando in mancanza la sanzione della nullità processuale; 3) il giudice non ha l'obbligo, senza sollecitazione di parte, di giustificare la scelta omissiva» (cfr. Cass. civ. Sez. 1 –, Ordinanza n. 32359 del 13 dicembre 2024).
Pertanto, alla luce del quadro appena esposto in ordine all'attuale stato dell'arte, normativo e giurisprudenziale, non si ravvisa la necessità di un nuovo intervento normativo su nessuno dei due temi toccati nell'atto di sindacato ispettivo, in quanto per entrambi risultano esservi stati recentissimi interventi normativi chiarificatori ed in ogni caso coerenti con gli orientamenti già espressi dalla corte di legittimità.
Del resto, vai la pena evidenziare che nel caso citato dagli interroganti la Corte di cassazione non si è affatto discostata da tali princìpi, anzi risulta aver argomentato la propria decisione muovendosi rigorosamente entro i confini da essi tracciati, indicando quale obiettivo da perseguire l'identificazione dell'effettivo superiore interesse della minore alla luce di tutti gli elementi emersi nel corso del giudizio di merito e già valorizzati dalla corte territoriale.
Significativo in tal senso il passaggio in cui la corte, soffermandosi sul tema dell'ascolto del minore, ha censurato la decisione della corte distrettuale di modificare il regime di collocazione della minore e dare così seguito al desiderio da questa espresso in sede di ascolto di far ritorno a Napoli, e ciò per non aver adeguatamente valorizzato il permanere della conflittualità tra i genitori e dell'incapacità degli stessi di giungere ad una decisione condivisa sulla residenza della figlia.
Secondo la Corte, infatti, la decisione impugnata «non ha dato retta applicazione ai princìpi espressi perché, una volta prese in esame le dichiarazioni della minore, avrebbe dovuto vagliare in maniera complessiva e non atomistica tutti gli altri fattori a sua conoscenza per determinare il concreto interesse del minore e non lo ha fatto, pur avendo dato atto della permanenza del livello conflittuale e del permanere delle criticità relazionali già accertate in primo grado — e non smentite da alcuna positiva evenienza nonostante il tempo trascorso – e avrebbe dovuto valutare le possibili ripercussioni sulla minore della modifica richiesta e la congruità ed adeguatezza della misura da adottare».
Invero, come chiaramente espresso dalla corte in questa pronuncia, il superiore interesse del minore passa necessariamente attraverso la realizzazione di un'effettiva bigenitorialità che preservi davvero il diritto dei genitori e dei figli al rispetto della vita familiare, apprestando rimedi adeguati atti a scongiurare il rischio che la relazione tra il minore ed il genitore non collocatario subisca interruzioni irrimediabili.
Ciò in perfetta coerenza proprio con i dettami, sopra richiamati, della corte Edu e con il principio della tutela della vita familiare di cui all'articolo 8 Cedu, richiamato nell'atto di sindacato ispettivo.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
ASCARI, PELLEGRINI, BARZOTTI, LOMUTI, BOLDRINI, SCARPA, GHIO, SCOTTO, BAKKALI, VACCARI, FERRARI e STUMPO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
l'Accordo di associazione UE-Israele, entrato in vigore nel 2000, stabilisce all'articolo 2 che il rispetto dei diritti umani e dei princìpi democratici come elementi essenziali della cooperazione tra le parti;
attualmente, diverse organizzazioni della società civile, tra cui Oxfam e altre 117 associazioni, hanno evidenziato come le violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani da parte di Israele siano incompatibili con gli obblighi derivanti dall'articolo 2 dell'Accordo;
la lettera inviata da tali organizzazioni alle istituzioni europee e agli Stati membri del Consiglio di associazione UE-Israele richiede: l'inserimento della violazione dell'articolo 2 come punto essenziale nell'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio di associazione; la sospensione dell'Accordo di associazione qualora Israele non affronti positivamente le preoccupazioni sollevate; la predisposizione di una proposta di sospensione da parte della Commissione europea, da approvare in caso di persistente inadempienza; una revisione di tutte le relazioni commerciali e di altro tipo tra l'Unione europea e Israele per garantirne la conformità al parere consultivo della Corte internazionale di giustizia e alle risoluzioni dell'Onu;
l'Italia, in qualità di Stato membro dell'Unione europea e parte del Consiglio di associazione, ha la facoltà di influenzare l'agenda della prossima riunione, prevista per il 24 di febbraio 2025;
è fondamentale conoscere la posizione del Governo italiano in merito a tali questioni, considerando che per formalizzare l'agenda del Consiglio è necessario l'assenso unanime degli Stati membri –:
se il Governo italiano intenda sostenere la richiesta di inserire la violazione dell'articolo 2 dell'Accordo di associazione UE-Israele nell'ordine del giorno del prossimo Consiglio di associazione UE-Israele;
quali iniziative di competenza il Governo abbia adottato o intenda adottare per assicurarsi che l'Accordo di associazione UE-Israele sia pienamente rispettoso del diritto internazionale e dei diritti umani;
se il Governo ritenga opportuno valutare una revisione delle relazioni commerciali e di cooperazione con Israele in conformità alle disposizioni internazionali e al parere della Corte internazionale di giustizia;
quali interlocuzioni siano in corso con le istituzioni europee e con gli altri Stati membri in merito alle richieste avanzate dalle organizzazioni della società civile, di cui in premessa.
(4-04404)
Risposta. — Il Governo considera l'Accordo di Associazione tra l'Unione europea e Israele un concreto strumento di dialogo. Abbiamo quindi lavorato perché il Consiglio di Associazione del 24 febbraio 2025 fosse un'occasione di scambio costruttivo, nell'ambito di un'agenda positiva. L'incontro ha visto anche un confronto sul conflitto in corso a Gaza, sulla situazione in Cisgiordania, sull'assistenza umanitaria e sulle altre complesse dinamiche regionali, oltre agli aspetti bilaterali delle relazioni UE-Israele.
Nella posizione comune Unione europea sul Consiglio di Associazione, frutto del negoziato tra i 27 Stati membri, l'Unione riconosce la centralità della democrazia e del rispetto dei diritti umani nel partenariato con Israele.
Consideriamo che la prospettiva bi-statuale e l'obiettivo di una pace durevole possano più efficacemente essere raggiunti tramite il dialogo, piuttosto che attraverso una posizione di chiusura. Un dialogo che il Governo italiano intende continuare a coltivare con tutti i partner dell'area mediorientale, sia sul piano bilaterale, sia in ambito multilaterale, valorizzando – e non sospendendo – gli strumenti che lo facilitano e lo incentivano, come l'Accordo di associazione Unione europea-Israele.
Anche sulla base di questo approccio il nostro Paese, in prima linea nella risposta umanitaria a Gaza sin dall'inizio della crisi, è riuscito a fornire un contributo significativo alla popolazione civile palestinese colpita dal conflitto nella Striscia.
Per questa crisi abbiamo mobilitato 80 milioni di euro per interventi umanitari. Con l'iniziativa «Food for Gaza» abbiamo fatto arrivare oltre 110 tonnellate di aiuti alimentari, sanitari e beni di prima necessità. È un progetto che ha il pieno sostegno di Israele e dell'Autorità nazionale palestinese. Proprio nel corso del Consiglio di associazione UE-Israele dello scorso 24 febbraio, il Ministro degli esteri israeliano Sa'ar ha indicato «Food for Gaza» come modello da seguire.
Tra le varie iniziative volte ad alleviare la sofferenza dei civili, vorrei citare gli 89 bambini palestinesi giunti nel nostro Paese insieme alle loro famiglie per ricevere assistenza medica. L'Italia è l'unico Paese occidentale ad avere dispiegato un'operazione di queste dimensioni ed il primo dell'Unione europea a riprendere i trasferimenti dopo la tregua tra Israele ed Hamas. Stiamo lavorando per effettuare altri trasferimenti sanitari nelle settimane a venire.
Con l'auspicio di arrivare a un consolidamento della tregua, il Governo continuerà a mettere al centro della propria azione il sostegno concreto e immediato alla popolazione civile di Gaza.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
BIGNAMI. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
desta sconcerto la notizia secondo cui l'Unione europea avrebbe «pagato segretamente gruppi ambientalisti per promuovere i piani verdi dell'ex commissario Frans Timmermans»;
in particolare, secondo quanto rivelato da un'inchiesta del quotidiano olandese De Telegraaf, Bruxelles avrebbe «utilizzato denaro da un fondo per sussidi climatici e ambientali da miliardi di euro» per finanziare una «lobby ombra» al fine di portare le politiche, green in cima all'agenda europea;
sempre secondo le informazioni riportate nell'inchiesta, «Alle organizzazioni sono stati addirittura assegnati obiettivi per risultati concreti di lobbying presso eurodeputati e Paesi membri», come, ad esempio, una campagna a favore della contestata Nature restoration law, fortemente voluta da Timmermans e «promossa da un'organizzazione coordinata di 185 associazioni ambientaliste»;
come spiegato al Telegraaf dall'eurodeputato olandese, Dirk Gotink, membro della commissione Bilancio dell'Eurocamera, «C'erano persino liste redatte dalle lobby con nomi di tutti i politici che dovevano essere contattati» e le associazioni coinvolte erano tenute anche a «rendicontare i risultati», come, a esempio, l'European Environmental Bureau, l'organizzazione ombrello europea dell'attivismo green, esplicitamente incaricata di fornire almeno 16 casi in cui il Parlamento europeo ha reso la legislazione verde più ambiziosa grazie alla loro attività lobbistica;
a giudizio dell'interrogante se la notizia fosse confermata, sarebbe gravissimo e potrebbe essere, purtroppo, solo la punta dell'iceberg di un sistema collaudato che ha, di fatto, influenzato le politiche nazionali dei vari Paesi e sensibilizzato l'opinione pubblica su un tema complesso e su un controverso piano, il Green Deal appunto, ricorrendo all'utilizzo improprio, per usare un eufemismo, di fondi comunitari;
quello che sembrava essere un approccio ideologico ai temi della transizione energetica si sta rivelando a giudizio dell'interrogante, invece, un approccio monetario che avrebbe impegnato risorse pubbliche non nell'interesse pubblico e degli Stati membri, ma a danno di migliaia di allevatori e contadini, stremati dalle clausole ecologiste del piano, e degli operai delle grandi imprese automobilistiche europee, che stentano a raggiungere gli obiettivi di produzione e vendita di veicoli elettrici imposti dalla Commissione, a vantaggio delle produzioni cinesi;
pur rispettando il diritto delle lobby ambientaliste di promuovere i loro legittimi interessi, non è ammissibile che le istituzioni utilizzino risorse pubbliche per finanziare segretamente centri di interesse e, soprattutto, indirizzare le priorità politiche dell'Unione europea, promuovendo quella che, a parere dell'interrogante, è sempre apparsa una folle politica ambientale, che ha devastato il sistema industriale nazionale ed europeo con evidenti ripercussioni sul piano occupazionale;
quello che sta emergendo a livello europeo è un quadro inquietante e sconcertante, che non può lasciare indifferenti e inerti –:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere affinché sia fatta piena chiarezza sulla grave vicenda di cui in premessa, al fine di accertare, in particolare, se e quante risorse pubbliche siano state versate a soggetti non istituzionali per condizionare il dibattito pubblico sul piano ambientalista dell'olandese Franz Timmermans, il Green Deal, nonché se tale modus operandi sia stato adottato anche su altri temi europei.
(4-04206)
Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante, sulla base delle risultanze dell'inchiesta condotta dal giornale olandese The Telegraph e relativa al presunto riconoscimento da parte della Commissione europea di finanziamenti nei confronti di lobby ecologiste per esercitare pressioni a favore del cosiddetto Green deal europeo, ha chiesto al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione ed al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica di conoscere le iniziative che si intende assumere affinché sia fatta piena chiarezza sulla suindicata vicenda, al fine di accertare «se e quante risorse pubbliche siano state versate a soggetti non istituzionali per condizionare il dibattito pubblico sul piano ambientalista dell'olandese Franz Timmermans, il Green Deal, nonché se tale modus operandi sia stato adottato anche su altri temi europei».
Preliminarmente, si condivide l'esigenza di riservare la massima attenzione e preoccupazione per la vicenda emersa a seguito della citata inchiesta richiamata dall'interrogante. Tuttavia, allo stato attuale, appare prematuro esprimere valutazioni di merito fino a quando non saranno concluse le necessarie attività di indagine ed accertamento da parte delle competenti autorità giudiziarie e vengano rimossi tutti i profili di opacità.
Cionondimeno, è indubbio che la Commissione europea debba fare chiarezza sul caso in questione con la massima urgenza e, in tale direzione, risulta che la stessa stia cooperando con la Corte dei conti europea nell'ambito dell'attività di audit in corso sulla trasparenza dei finanziamenti concessi alle ONG nel settore delle politiche interne dell'Unione europea. I risultati dell'audit della Corte sono attesi per la prima metà del 2025.
In ordine alle iniziative che il Governo intende adottare in relazione alla richiamata politica europea del Green deal, è indispensabile evidenziare come sussista una significativa discrepanza tra le politiche di riduzione di emissioni di CO2 adottate da alcuni Paesi e l'incremento delle emissioni registrato in altre economie.
Se l'Europa, insieme ad altre Nazioni industrializzate come gli Stati Uniti e il Giappone, ha intrapreso un percorso di riduzione delle proprie emissioni, contribuendo attivamente alla transizione ecologica, altri grandi produttori di CO2, tra cui la Cina, l'India e la Russia, continuano invece ad aumentare le proprie emissioni, determinando un complessivo incremento su scala globale. Questa situazione genera un'evidente asimmetria competitiva, penalizzando i sistemi industriali – come il nostro – che si impegnano nella decarbonizzazione rispetto a quelli che non adottano misure altrettanto restrittive. I costi necessari per raggiungere gli ambiziosi obiettivi della transizione verde sono altissimi e non possono gravare in misura sproporzionata sulle imprese, mettendone a rischio sopravvivenza e competitività, né possono ricadere esclusivamente sui Governi, vincolati al rispetto del Patto di stabilità.
Ne deriva la necessità di una nuova strategia di decarbonizzazione in grado di calibrare in modo equilibrato l'obiettivo della neutralità climatica con quello della neutralità tecnologica, affinché le imprese europee possano affrontare le sfide della competitività internazionale senza subire condizioni di svantaggio strutturale.
In tale prospettiva, si attende una significativa rivalutazione da parte della nuova Commissione del Green deal europeo e il Governo sta operando in tal senso.
È, infatti, essenziale che le politiche ambientali siano bilanciate con le esigenze di crescita e sviluppo, evitando squilibri che possano compromettere la posizione competitiva dell'Europa – e dell'Italia – nel contesto globale.
Il Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione: Tommaso Foti.
BONIFAZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 3 e 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con legge 15 luglio 2011, n. 111 definisce il servizio per i voli di Stato: essi sono riservati a particolari soggetti e possono essere utilizzati esclusivamente per fini istituzionali, motivi di sicurezza, ragioni umanitarie e sanitarie;
al fine di verificare che i voli di Stato siano utilizzati dai soggetti e secondo le situazioni e gli scopi indicati dalla legge, pare importante che la Presidente del Consiglio chiarisca quali siano i criteri con i quali vengono autorizzati i voli di Stato;
per una maggior trasparenza, appare necessario inoltre che siano resi pubblici tutti i voli di Stato autorizzati dal sottosegretario Alfredo Mantovano da novembre 2022 a dicembre 2024 –:
con quali criteri vengano concessi i voli di Stato ai magistrati, a quali sì e a quali no, nonché se non intendano fornire una lista di tutti i voli di Stato autorizzati – Ministri inclusi – dal sottosegretario Mantovano da novembre 2022 a dicembre 2024.
(4-04216)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si ricorda che la materia dei voli di Stato è disciplinata dall'articolo 3 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011 (in Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 155 del 6 luglio 2011) recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», nonché da ultimo da una direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 settembre 2011 (in Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 289 del 13 dicembre 2011).
Con riguardo al primo quesito – riguardante i criteri con i quali vengono autorizzati i voli di Stato – la regola generale, stabilita a livello di fonte primaria, è che i «voli di Stato devono essere limitati al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Corte costituzionale» (comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 98 del 2011).
Per espressa previsione legislativa, dunque, il trasporto aereo di Stato è sempre disposto nei confronti delle predette autorità, senza che occorra alcuna valutazione amministrativa, all'evidente fine di conferire certezza nei tempi e nella celerità nei trasferimenti, di consentire alle stesse di attendere più efficacemente allo svolgimento dei propri compiti istituzionali e di garantire il massimo livello di sicurezza e il trattamento protocollare connesso al rango della carica rivestita (così recita la direttiva all'articolo 1, comma 2).
Rispetto a tale regola, in tutti gli altri casi, trattandosi di eccezioni, occorre una specifica e preventiva procedura di autorizzazione (articolo 3, comma 2, del decreto-legge e articolo 2, commi 2 e 3, della direttiva).
Con riguardo ai componenti del Governo, in particolare, le disposizioni prevedono che, ai fini della concessione dell'autorizzazione, devono congiuntamente sussistere:
la disponibilità degli aeromobili;
comprovate, imprevedibili ed urgenti esigenze di trasferimento connesse all'efficace esercizio delle funzioni istituzionali;
l'impossibilità di provvedere ai trasferimenti con voli di linea;
l'accertata indisponibilità di altre modalità di trasporto compatibili con lo svolgimento di dette funzioni.
In concreto, la prassi amministrativa è volta a verificare una serie di condizioni, tra cui ad esempio:
la difficoltà di prenotare sul volo di linea posti sufficienti per l'intera delegazione;
l'impossibilità di conoscere, per tempo, i dettagli degli incontri istituzionali, che potrebbe comportare la necessità di protrarre la permanenza delle autorità nelle località di missione, con conseguenti oneri aggiuntivi;
l'impossibilità, su alcune compagnie aeree, di imbarcare personale di scorta con armi al seguito;
l'impossibilità di raggiungere la località di missione con un tempo di volo non compatibile con gli impegni internazionali, oppure quando si tratti di raggiungere località isolate o disagiate (ad esempio teatri operativi delle Forze armate e ambasciate in località remote);
la necessità per l'autorità di Governo di soddisfare gli impegni in agenda, assicurando il rientro nella sede governativa in tempi certi.
In ogni caso, la direttiva (articolo 4) non ammette il trasporto aereo di Stato per le tratte sulle quali sia presente il trasporto ferroviario e tale servizio risulti idoneo ad assicurare il trasferimento in tempi ed orari compatibili con gli impegni istituzionali della personalità interessata.
L'autorizzazione al trasporto aereo di Stato è quindi rilasciata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri delegato all'esito di un'articolata istruttoria, che tiene conto, nel bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti, dei criteri di economicità e di impiego razionale delle risorse, previa rigorosa valutazione dell'impossibilità, dell'inopportunità o della non convenienza dell'impiego di differenti modalità di trasporto e previa verifica delle specifiche esigenze di alta rappresentanza connesse alla natura della missione istituzionale (articolo 7, comma 1, della direttiva) in ossequio ai princìpi costituzionali di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione.
Con riferimento al secondo quesito riguardante i criteri per la concessione di voli di Stato in favore dei Magistrati, si fa presente che il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 settembre 2011 prevede (articolo 3, comma 2) che il trasporto aereo di Stato possa essere altresì disposto in favore dei soggetti, che siano destinatari del massimo livello di tutela e protezione, individuati con decreto del Ministro dell'interno emanato ai sensi del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito dalla legge 2 luglio 2002, n. 133 (cosiddetto decreto Ucis sulla sicurezza personale), sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica e d'intesa con la Presidente del Consiglio dei ministri.
Il Ministro dell'interno e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, come chiarito dall'avvocatura generale dello Stato, si esprimono su ambiti valutativi non sovrapponibili, in quanto delineati da differenti fonti attributive dei rispettivi poteri:
la competenza del Ministro dell'interno (e dell'ufficio centrale per la sicurezza personale) è incentrata nell'individuazione delle persone che, per le funzioni esercitate o per altri comprovati motivi, risultino soggette a pericoli o minacce e siano pertanto destinatarie del livello di tutela e protezione sulla base della normativa di riferimento (decreto Ucis);
la competenza del Sottosegretario di Stato si fonda sulla più ampia e complessa valutazione di carattere amministrativo descritta al punto 1.
In ragione della autonomia delle valutazioni delle predette autorità, non può mai determinarsi una pretesa correlazione tra i profili di tutela della personalità e un conseguente «diritto» al volo di Stato, essendo l'autorizzazione di quest'ultimo condizionata al rigoroso rispetto dei citati criteri, recati dal decreto-legge n. 98 del 2011 e dalla direttiva del 23 settembre 2011, in relazione alle situazioni concrete e contingenti (si pensi semplicemente alla disponibilità degli aeromobili).
Da questo punto di vista, è onere dei magistrati interessati quanto meno attestare la ricorrenza dei presupposti normativamente prescritti.
Resta fermo che – nei casi in cui il volo di Stato non venga autorizzato – sono sempre assicurate, da parte delle competenti autorità di pubblica sicurezza, idonee modalità operative per la tutela della Personalità interessata.
Con riferimento al terzo quesito riguardante la lista di tutti i voli autorizzati – Ministri inclusi – si rappresenta che le relative informazioni sono regolarmente pubblicate sul sito istituzionale (http./presidenza.governo.it/UVGU/voli_archivio.html) in ossequio a quanto previsto dalla direttiva all'articolo 12.
Non sono pubblicati i voli relativi al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Presidenti di Camera e Senato e al Presidente della Corte costituzionale, né quelli per i quali ricorrono specifiche ragioni di sicurezza nazionale, sicurezza pubblica, difesa, indagini e altro, che ne giustificano la sottrazione agli obblighi di pubblicazione sulla base di specifiche norme di legge (articolo 5-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013) che prevalgono, per il rango di fonte primaria, sulle disposizioni della direttiva.
Si fa presente che nei confronti di magistrati, nel periodo ricompreso da novembre 2022 a gennaio 2025, sono stati autorizzati complessivamente n. 87 voli di Stato, di cui:
n. 40 dal 23 ottobre 2022 al 31 dicembre 2022;
n. 15 dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023;
n. 28 dal 1 ° gennaio al 31 dicembre 2024;
n. 4 dal 1° gennaio al 31 gennaio 2025.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Alfredo Mantovano.
CARMINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione. — Per sapere – premesso che:
tenuto conto dell'articolo 18, comma 2, del Regolamento Ue n. 2021/241 è stata prevista la Riforma 1.9.1 volta ad accelerare l'attuazione della politica di coesione, nell'ambito della Missione 1 della componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza approvato con Decisione di esecuzione del Consiglio dell'Unione europea del 13 luglio 2021 e successivamente modificato;
in attuazione della citata riforma è stato adottato il decreto-legge 7 maggio 2024 n. 60 convertito con modificazioni dalla legge n. 95 del 2024, con l'intento di rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse della politica di coesione europea relative al periodo di programmazione 2021-2027 rafforzandone il coordinamento con gli interventi finanziati dal PNRR e dal Fsc;
ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del summenzionato decreto-legge, le regioni sono tenute a trasmettere al Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud per ciascuno dei settori strategici individuati dall'articolo 2 del già citato decreto, l'elenco degli interventi prioritari individuati già selezionati per il finanziamento o in fase di pianificazione;
nel dossier comunicato dalla Regione Siciliana sono stati individuati dieci progetti per un totale di circa 560 milioni di euro. Nessuno di essi si rivolge a porre rimedio alla grave crisi idrica che affligge l'isola, nonostante le «risorse idriche» fossero una delle sei aree strategiche previste;
inoltre, nessuno dei progetti selezionati interessa le province centro-meridionali dell'isola agli ultimi posti in Italia in termini ricchezza e servizi e ai primi posti se si considera il tasso di emigrazione;
al netto delle perplessità sul procedimento decisionale adottato, a fronte di opere in via oggettiva parimenti o maggiormente prioritarie rispetto a quelle individuate, è noto all'interrogante che, al 31 ottobre 2024, a fronte di uno stato di avanzamento della spesa nazionale del Piano 2021-2027 pari al 3,39 per cento il dato della Sicilia era pari a zero;
è di tutta evidenza che le strutture tecnico-amministrative della Regione Siciliana non sono in grado di garantire l'attuazione di questi interventi esponendo la regione al rischio di perdere l'occasione di realizzare opere infrastrutturali essenziali per la sopravvivenza del territorio;
tale condizione risulta attuale vieppiù in virtù delle ormai prossime scadenze connesse all'attuazione del PNRR che si sovrappongono a quelle previste dalla politica di coesione 2021-2027;
com'è noto, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), è stato oggetto di diverse modifiche. In particolare, l'Italia è attualmente l'unico Stato membro ad aver presentato quattro richieste di modifica basate sull'esigenza di riparametrare le scadenze da conseguire;
in effetti, dalla Relazione semestrale al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR della Corte dei conti, al 30 settembre 2024, risultavano spesi soltanto il 30 per cento delle risorse totali assegnate all'Italia nell'ambito del PNRR, pari a 57,7 miliardi di euro;
il mancato rispetto delle scadenze previste per l'utilizzo dei fondi europei, a vario titolo assegnati, rischia di compromettere definitivamente ogni occasione per la Sicilia di colmare il divario infrastrutturale con il resto del Paese –:
se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in via preventiva, ovvero in via immediata al ricorrerne dei presupposti normativi, mediante l'esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti della Regione Siciliana per garantire l'attuazione dei progetti finanziati con fondi europei, al fine di evitare il disimpegno automatico dei fondi erogati e i conseguenti effetti devastanti per il territorio siciliano;
se non si ritenga di dover adottare iniziative volte a classificare come prioritari anche i progetti che interessano le province centro-meridionali dell'isola, in ragione della notoria carenza infrastrutturale di tali aree.
(4-04337)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in oggetto, si rappresenta quanto segue.
La riforma 1.9.1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano si pone l'obiettivo di incrementare l'efficienza delle politiche di coesione, rafforzando il livello di efficacia e di impatto degli interventi prioritari cofinanziati.
In attuazione di tale riforma, il Governo ha adottato il decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante «Ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione», convertito, con modificazioni, dalla legge 4 luglio 2024, n. 95.
Tale intervento normativo, nel rispetto e nei limiti di quanto previsto dai regolamenti europei sulla politica di coesione, mira ad accelerare l'attuazione degli interventi finanziati dalla politica di coesione 2021-2027, con particolare riguardo alla realizzazione delle azioni dei programmi ricadenti nei seguenti settori strategici: risorse idriche; infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell'ambiente; rifiuti; trasporti e mobilità sostenibile; energia; sostegno allo sviluppo e all'attrattività delle imprese, anche per le transizioni digitale e verde.
Allo scopo di assicurare la tempestiva esecuzione di tali interventi, il decreto-legge in esame ha previsto, in particolare:
a) la trasmissione al dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri (di seguito «DPCOES») da parte delle amministrazioni titolari dei programmi della politica di coesione 2021-2027 (amministrazioni centrali e regioni) dell'elenco degli interventi prioritari selezionati o pianificati nell'ambito dei programmi, ai fini della relativa verifica di coerenza con settori strategici della politica di coesione e con gli indici di priorità stabiliti dalla riforma;
b) l'individuazione di dettagliati cronoprogrammi procedurali e finanziari, associati agli interventi prioritari, recanti l'indicazione degli obiettivi iniziali, intermedi e finali, in relazione alle seguenti principali fasi di realizzazione degli investimenti (cosiddetti tappe procedurali):
1. completamento delle procedure di selezione delle operazioni e di individuazione dei beneficiari a valere sui programmi nazionali e regionali;
2. assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti (aggiudicazione dei contratti, approvazione dei provvedimenti di concessione di sostegni finanziari, eccetera);
3. completamento dell'intervento;
c) la possibilità di procedere all'aggiornamento dei cronoprogrammi procedurali e finanziari solo in caso di impossibilità di rispettare le tempistiche indicate a causa di circostanze oggettive e non imputabili all'amministrazione, titolare del programma ovvero al soggetto attuatore dell'intervento; eventuali ritardi e criticità dovranno essere comunicati al Dpcoes unitamente alle misure che si intendono attuare per superare i fattori ostativi riscontrati;
d) l'esecuzione di un monitoraggio rafforzato da parte del Dpcoes, finalizzato alla verifica dell'andamento degli investimenti e al rispetto dei cronoprogrammi ad essi associati, nonché al raccordo ed alla prevenzione di sovrapposizioni tra programmi nazionali e regionali;
e) la promozione di specifiche azioni finalizzate al rafforzamento della capacità amministrativa e al supporto tecnico-specialistico dei soggetti e degli organismi incaricati dell'attuazione degli investimenti e del coordinamento dei programmi;
f) l'applicazione di meccanismi di premialità in caso di raggiungimento dei risultati previsti, con la possibilità di utilizzare risorse aggiuntive nazionali, provenienti dalle economie delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione maturate in relazione agli interventi che risultano conclusi all'interno degli strumenti di Programmazione definiti «Accordi per la coesione».
L'articolo 7 del decreto-legge in questione prevede, inoltre, che, fermi i compiti e le funzioni dell'autorità di gestione, in caso di inerzia o inadempimento dei soggetti attuatori degli interventi prioritari, anche con riferimento al mancato rispetto delle scadenze dei cronoprogrammi trasmessi e, comunque, ove si renda necessario, il Dpcoes assegna, sentita l'autorità di gestione, al soggetto attuatore interessato un termine per provvedere non superiore a quindici giorni.
Si prevede, altresì, che, in caso di perdurante inerzia, la cabina di regia di cui all'articolo 1, comma 703, lettera c) della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come integrata ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del richiamato decreto-legge n. 60 del 2024, richieda al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione di proporre al Consiglio dei ministri l'esercizio dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, secondo le modalità ivi previste.
Premesso quanto sopra, quanto al procedimento di selezione degli interventi prioritari effettuati dalla Regione Siciliana, si evidenzia che, con nota prot. n. 3066 del 5 marzo 2025 il Dipartimento della programmazione della presidenza della Regione Siciliana ha rappresentato di avere provveduto, nel mese di luglio 2024, nell'esercizio del proprio ruolo di coordinamento dell'Autorità di Gestione del PR FESR Sicilia 2021/2027, a richiedere ai Dipartimenti e ai Centri di Responsabilità (CdR) del Programma, ciascuno nell'ambito di propria competenza, la segnalazione degli interventi prioritari, nonché l'individuazione degli investimenti strategici tra quelli già oggetto di valutazione e non finanziabili a valere su altri strumenti di intervento europei e nazionali, tra cui il PNRR, con particolare riguardo a quelli relativi alla Missione 2 «rivoluzione verde e transizione ecologica» e alla Missione 5 «inclusione e coesione», afferenti a: contrasto del rischio idrogeologico; riduzione delle perdite idriche; a messa in sicurezza delle dighe (e, in via prioritaria, di quelle ad uso idrico civile); realizzazione di nuovi impianti per il trattamento dei rifiuti; mobilità sostenibile, incluse le ciclovie; rigenerazione urbana; infrastrutture sociali e sanitarie.
In riscontro a tale richiesta, la regione ha rappresentato di avere ricevuto dai CdR l'elenco degli interventi prioritari, successivamente approvato con deliberazione della Giunta regionale di Governo n. 318 dell'11 ottobre 2024.
Trattasi di un elenco costituito da dieci interventi prioritari, individuati nel contesto del Programma FESR 2021-2027, del valore complessivo di euro 576.454.934, di cui: n. 1 già selezionato, di importo pari a euro 14.560.000, afferente al Settore strategico «Trasporti e mobilità sostenibile» e n. 9 interventi non ancora selezionati, afferenti ai seguenti settori strategici previsti dal decreto: «Energia» (6 progetti); «Trasporti e mobilità» (2 progetti); «Sostegno allo sviluppo sostenibile e all'attrattività delle imprese, anche per transizioni digitale e verde» (1 progetto).
In attuazione dell'articolo 4, comma 3, del citato decreto-legge n. 60 del 2024, è attualmente in corso l'istruttoria degli interventi trasmessi dalle Autorità di gestione dei programmi interessati, compreso il programma regionale FESR Sicilia, con le Amministrazioni centrali competenti per settore, per le valutazioni di competenza ai fini dell'approvazione dell'elenco degli interventi da parte della suddetta cabina di regia.
Al contempo, con lettera del Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione del 16 gennaio 2025 indirizzata a tutti i presidenti delle regioni, è stato richiesto di integrare l'elenco degli interventi trasmessi affinché siano rappresentativi di tutti i settori contemplati dalla riforma.
A tale riguardo, la Regione Siciliana, con la sopra menzionata nota prot. n. 3066 del 5 marzo 2025, ha evidenziato, con specifico riguardo al settore idrico, che il mancato inserimento nell'elenco degli interventi prioritari inviati al Dpcoes è scaturito da un allungamento dei tempi di selezione degli interventi nativi ricadenti nel predetto settore originato, a sua volta, dalla mancata piena realizzazione della condizione abilitante 2.5 «Pianificazione aggiornata degli investimenti necessari nel settore idrico e nel settore delle acque reflue», prevista dall'allegato IV del regolamento (Ue) 2021/1060, applicabile all'intero OS 2.5 del Programma (cui corrisponde una dotazione finanziaria di 232 milioni di euro) ex se impeditiva della possibilità di ottenere il rimborso da parte della Commissione europea delle spese sostenute in tale ambito.
Avendo la Regione Siciliana rappresentato di aver posto in essere tutte le iniziative necessarie per la piena realizzazione della sopra descritta condizionale abilitante, la stessa potrà indicare procedere all'integrazione dell'elenco degli interventi prioritari, così come peraltro richiesto con la nota ministeriale del 16 gennaio 2025.
Ad ogni buon conto, con specifico riguardo agli interventi relativi al settore idrico, finanziate con le risorse europee e nazionali della politica di coesione, nonché con le risorse del PNRR, si evidenzia che:
nell'ambito del piano sviluppo e coesione Sicilia, approvato con la delibera Cipess n. 32/2021, così come aggiornata dalla delibera Cipess n. 40/2024, nel quale sono confluiti gli interventi finanziati dalle risorse FSC afferenti ai cicli di programmazione 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020, sono destinati agli interventi nel settore del servizio idrico integrato risorse per oltre un miliardo di euro;
per quanto concerne il ciclo di programmazione 2021-2027:
la Regione Siciliana ha comunicato di avere affidato al commissario straordinario unico per la depurazione l'attuazione di interventi per complessivi 130 milioni di euro, ammessi al cofinanziamento «del FESR 2021/2027 in quanto scaglionabili con il precedente periodo di programmazione o finanziati con altre risorse della Politica Unitaria di Coesione (PUC) ma coerenti con obiettivi, strategie e criteri di ammissibilità dei Programmi»;
nell'ambito dell'accordo per la coesione per la Regione Siciliana, sono state destinate ingenti risorse all'area tematica «Ambiente e risorse naturali», tra cui si segnala: la rifunzionalizzazione di n. 3 impianti di dissalazione ad osmosi inversa nei comuni di Gela, Trapani e Porto Empedocle per complessivi euro 90.000.000 (la cui realizzazione è stata attribuita al Commissario straordinario nazionale per l'adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica di cui al decreto-legge 14 aprile 2023, n. 39); la realizzazione di n. 9 interventi per la manutenzione straordinaria delle dighe per un importo complessivo di euro 146.701.596; la realizzazione di n. 21 interventi per complessivi euro 229.619.643,80 (una consistente percentuale di tale importi è destinata all'area centro meridionale della Sicilia) finalizzati alla realizzazione e modernizzazione delle infrastrutture irrigue di competenza dei consorzi di bonifica;
in relazione gli investimenti previsti dalla missione 4, componente 2, del PNRR, 368 milioni di euro sono destinati alla realizzazione di n. 17 interventi di manutenzione straordinaria degli invasi e delle infrastrutture idriche per l'approvvigionamento delle acque esistenti nel territorio della Regione Siciliana.
Quanto alle iniziative assunte dal Governo per velocizzare l'attuazione degli interventi finanziati con le risorse europee della politica di coesione, si segnala che il Dpcoes, in accordo con i servizi della Commissione europea, è attualmente impegnato in un'attività di supporto e di monitoraggio rafforzato in favore della Regione Siciliana, diretta tra l'altro al soddisfacimento delle condizioni abilitanti connesse agli investimenti nei settori della gestione delle acque e dell'economia circolare, nonché nel contesto dell'iniziativa Step, alla quale la Regione Siciliana ha aderito con la riprogrammazione del programma regionale. L'obiettivo è quello di assicurare la certificazione dell'impiego di tutte le risorse dell'Unione europea assegnate alla regione entro i termini previsti dai pertinenti regolamenti di settore.
Da ultimo, per quanto riguarda l'esercizio dei poteri sostitutivi, si evidenzia che l'articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 60 del 2024, pur autorizzandolo anche nell'ipotesi di mancato rispetto dei cronoprogrammi di spesa, lo prevede con esclusivo riguardo ai soggetti attuatori degli interventi e, pertanto, con salvezza delle funzioni e dei compiti dell'Autorità di Gestione (nel caso di specie, la Regione Siciliana). Al riguardo, è appena il caso di ricordare che l'articolo 73 del regolamento (UE) 2021/1060, in alcun modo derogabile dalla legislazione dei singoli Stati membri, riserva in via esclusiva all'Autorità di gestione del programma la selezione delle operazioni, l'ammissione a finanziamento degli interventi e l'adozione delle cosiddette condizioni di sostegno, con conseguente impossibilità di esercitare qualunque forma di potere sostitutivo nei riguardi della stessa.
Il Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione: Tommaso Foti.
CARMINA e CHERCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dalla Relazione semestrale al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR della Corte dei conti è emerso che, al 30 settembre 2024, sono state spese soltanto il 30 per cento delle risorse totali assegnate all'Italia nell'ambito del PNRR, pari a 57,7 miliardi di euro;
secondo quanto noto all'interrogante, circa un terzo dei progetti risulta in ritardo, presentando un rallentamento medio di circa tredici mesi. Inoltre, il 14 per cento dei progetti non è stato ancora avviato o si trova nelle prime fasi di avvio;
secondo i dati resi noti da Openpolis, il settore che meno degli altri ha utilizzato le risorse del Piano è quello della pubblica amministrazione, con un investimento di 37,8 milioni di 535,5 (pari al 7,06 per cento). Anche con riferimento al settore della salute la spesa effettiva risulta particolarmente esigua con 2,3 miliardi di risorse utilizzate a fronte di 15,6 miliardi complessivi (14,79 per cento);
con particolare riferimento all'ambito sanitario, la spesa effettiva sulla medicina territoriale risulta limitata a 877,2 milioni di euro a fronte di 7,8 miliardi complessivi (pari a solo l'11,32 per cento). Pari al 22,33 per cento la spesa effettiva relativa agli ospedali e al 21,06 per cento quella relativa all'ammodernamento tecnologico nell'ambito sanitario;
la medicina territoriale, considerata come l'insieme delle prestazioni sanitarie di primo livello e pronto intervento erogate al di fuori delle strutture ospedaliere con l'obiettivo di prevenire l'aggravarsi delle condizioni di salute, rappresentando un'alternativa all'ospedalizzazione, potrebbe avere riflessi positivi sui tempi di attesa nei pronto soccorso, in particolare quelli siciliani gravati da carenze di personale e strutture inidonee all'elevato flusso di utenza;
più in generale, dopo anni di tagli, la sanità pubblica – in particolare nelle regioni del meridione – necessita di investimenti indispensabili per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini;
tuttavia, appare ormai evidente che in assenza di interventi correttivi immediati e urgenti, finanche incidenti sull'accentramento delle procedure di affidamento, l'Italia non riuscirà a spendere tutte le risorse provenienti dal PNRR entro il termine previsto per il 2026;
ai fini di un raffronto comparativo, la Spagna, Stato membro che dopo l'Italia ha beneficiato del maggior quantitativo di risorse assegnate, ha già avviato progetti per un valore di 77,5 miliardi di euro (pari a circa il 47 per cento del totale). Tale livello attuativo ha avuto un impatto diretto sul prodotto interno lordo spagnolo, salito del 3,2 per cento, quattro volte più alto della media europea –:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per porre rimedio ai gravi ritardi e garantire un'accelerazione nell'attuazione dei progetti finanziati nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza con particolare riferimento alle risorse destinate alla sanità;
se siano state avviate iniziative volte a richiedere una proroga del termine finale previsto per il 2026 al fine di scongiurare il rischio di dover rinunciare alle risorse previste PNRR.
(4-04352)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti chiedono di conoscere:
a) quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per porre rimedio a ritardi e garantire l'accelerazione dell'attuazione dei progetti finanziati nell'ambito del PNRR, con particolare riferimento alle risorse destinate alla sanità;
b) se siano state avviate iniziative volte a richiedere una proroga del termine finale previsto per il 2026.
Tanto premesso, in relazione al primo quesito formulato e sulla base degli elementi informativi resi dal Ministero della salute anche attraverso le risultanze della Banca dati REGIS, si rappresenta quanto segue.
Il PNRR destina alla missione M6-Salute complessivamente 15,6 miliardi di euro, pari a circa l'8 per cento della dotazione finanziaria totale del Piano.
A seguito della revisione del PNRR, approvata dal Consiglio Ecofin l'8 dicembre 2023, la dotazione finanziaria assegnata alla missione M6 Salute non ha subito alcuna riduzione; di talché, non solo sono stati mantenuti gli impegni con le regioni nell'ambito dei Contratti istituzionali di sviluppo (CIS) ma è stato anche possibile finanziare un numero maggiore di progetti attraverso l'impiego delle economie di gara realizzatesi.
Inoltre, per far fronte all'incremento dei costi delle materie prime determinato dalla crisi energetica, il Governo è intervenuto ad integrare le risorse nazionali da destinare agli investimenti in edilizia sanitaria con ulteriori 500 milioni di euro.
Con particolare riguardo ai CIS, si rappresenta che detti contratti costituiscono lo strumento di programmazione identificato dalla normativa nazionale per la Missione Salute del PNRR (articolo 56 del decreto-legge n. 77 del 2021), al fine di garantire un utilizzo efficiente ed efficace delle risorse del PNRR.
I CIS, sottoscritti tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome, individuano gli interventi da attuare e gli obblighi delle parti.
Ogni CIS contiene l'elenco dei soggetti responsabili dell'attuazione degli interventi e i rispettivi obblighi. Sono inoltre allegati al CIS i documenti tecnici vincolanti per i soggetti attuatori: (i) il Piano operativo regionale, documento tecnico redatto e approvato dalla regione, su indicazione e con il supporto del Ministero della salute, tramite l'Agenas, contenente gli Action Plan per gli investimenti di attuazione regionale; (ii) gli Action Plan che contengono il cronoprogramma di ogni singola linea d'investimento, con l'indicazione delle milestone e dei target vincolanti.
Entro il 31 maggio 2022, con un mese di anticipo rispetto alla milestone prevista dal PNRR (30 giugno 2022) il Ministero della salute ha provveduto a sottoscrivere tutti i CIS (complessivamente ventuno Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Bolzano, Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto) con tutte le regioni e le province autonome. Nel corso del 2024, undici regioni hanno deliberato l'aggiornamento dei propri CIS al fine di fronteggiare e risolvere specifiche problematiche medio tempore verificatesi.
Il Governo, attraverso il Ministero della salute nell'ambito dei tavoli e dei nuclei tecnici previsti dal CIS, assicura il costante monitoraggio rafforzato di tutti gli interventi attuati da regioni e aziende sanitarie, al fine di individuare tempestivamente eventuali criticità e adottare le azioni necessarie per il pieno raggiungimento degli obiettivi.
Secondo i dati forniti dal Ministero della salute aggiornati al 20 gennaio 2025, l'attuazione delle misure previste dai CIS evidenzia un avanzamento significativo dei lavori.
In particolare:
Case della Comunità: risultano attivati cantieri per un numero di interventi corrispondente all'84 per cento del target da conseguire al 30 giugno 2026 (1038);
Ospedale di Comunità: risultano attivati cantieri per un numero di interventi corrispondente all'85 per cento del target da conseguire al 30 giugno 2026 (307);
Centrali Operative Territoriali (COT): sono entrate in funzione tutte le 480 COT previste dal PNRR entro il termine del 31 dicembre 2024;
Ospedale Sicuro e Sostenibile: risultano attivati cantieri per un numero di interventi corrispondente al 94 per cento del target (84);
Grandi apparecchiature: sono state collaudate n. 2341 apparecchiature pari al 75,5 per cento del target da conseguire entro il 30 giugno 2026 (3100);
Progetti in essere ex decreto-legge 34 del 2020:
posti di terapia intensiva: risulta realizzato il 59 per cento del target europeo (2692);
posti di terapia semintensiva: risulta realizzato il 59 per cento del target europeo (3230);
pronto soccorso (milestone italiana e, pertanto, non prevista dal PNRR): risulta realizzato il 52 per cento dei posti letto sul target piani operativi regionali (440).
Complessivamente, quindi, grazie alla revisione del PNRR richiesta dal Governo nel 2023 – che ha previsto un allineamento dei diversi obiettivi alla necessità di far fronte all'incremento dei costi delle materie prime e a circostanze oggettive ed imprevedibili che non consentivano il rispetto delle condizionalità anche di tipo temporale previste dal Piano medesimo – e il concorso dei fondi nazionali, l'attuazione di tutti gli interventi inseriti nei CIS mostra un livello di avanzamento molto significativo.
In relazione alla spesa, è importante sottolineare che la stessa non rappresenta l'unico elemento di valutazione dello stato di attuazione delle misure in quanto la Commissione europea verifica l'effettiva realizzazione degli obiettivi e sino ad oggi l'Italia ha raggiunto tutti gli obiettivi nei tempi previsti.
A ciò aggiungasi che, con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 6 dicembre 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2025, sono state introdotte misure di semplificazione in materia di trasferimento di fondi in favore dei soggetti attuatori degli interventi previsti dal PNRR che consentiranno di accelerare la rilevazione della spesa.
Quanto al secondo quesito, si evidenzia che l'eventuale differimento del termine finale del PNRR costituisce una prerogativa esclusiva delle Istituzioni europee e che un'eventuale decisione in tale senso è subordinata alla verifica da parte delle medesime Istituzioni della sussistenza di oggettive difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi da parte dei vari Stati membri titolari di Piani di ripresa e resilienza approvati ai sensi del regolamento (UE) UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021.
Il Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione: Tommaso Foti.
CARMINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la procura della Repubblica presso il tribunale di Agrigento e il tribunale medesimo versano in una condizione di grave scopertura organica, con riflessi pregiudizievoli sulla funzionalità degli uffici giudiziari e sul tempestivo esercizio della giurisdizione;
in particolare, presso la procura della Repubblica risultano in servizio soltanto 6 sostituti procuratori sui 12 previsti nella pianta organica, con la contemporanea vacanza della figura del procuratore aggiunto;
presso il tribunale di Agrigento, la scopertura riguarda 6 magistrati giudicanti su 26 previsti, mentre nell'ambito della magistratura onoraria risultano attualmente in servizio soltanto 7 vice procuratori onorari (Vpo) su 15 previsti;
il deficit organico risulta particolarmente allarmante in considerazione della rilevanza del circondario di Agrigento, caratterizzato da un elevato tasso di criminalità, dalla presenza di fenomeni di criminalità organizzata e da un considerevole carico di procedimenti, anche in relazione ai reati connessi ai flussi migratori;
per far fronte alla scopertura organica, si sta valutando l'applicazione temporanea di magistrati provenienti da altre sedi giudiziarie, tra cui la procura della Repubblica di Sciacca, la quale, tuttavia, è una struttura di dimensioni ridotte e potrebbe subire ripercussioni negative sul proprio regolare funzionamento;
analoghe criticità interessano altri uffici giudiziari della Regione Siciliana, tra cui la procura della Repubblica presso il tribunale di Trapani, che registra una scopertura del 63 per cento dei sostituti procuratori, con la contemporanea vacanza del procuratore aggiunto, determinando un significativo rallentamento nell'esercizio dell'azione penale –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione di scopertura organica che interessa la procura della Repubblica e il tribunale di Agrigento e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per garantire il tempestivo ripristino della piena funzionalità di tali uffici giudiziari;
se siano previste iniziative di competenza straordinarie per la copertura delle vacanze in organico, anche mediante l'assegnazione di magistrati in tirocinio o il ricorso ad altre forme di potenziamento temporaneo, al fine di evitare un ulteriore aggravamento delle già critiche condizioni operative;
quali iniziative strutturali siano state programmate per garantire la copertura degli organici della magistratura togata e onoraria specificamente nei distretti giudiziari siciliani caratterizzati da particolari carenze di personale e da elevati carichi di lavoro;
se, in considerazione della particolare gravità della situazione, si intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, volte a favorire la realizzazione di un piano straordinario di nomina e assegnazione di magistrati, anche attraverso la revisione delle piante organiche, adeguando la dotazione di personale alle effettive esigenze del territorio;
se siano stati previsti stanziamenti straordinari o misure di supporto organizzativo e logistico per evitare che il ricorso alle applicazioni temporanee di magistrati tra procure limitrofe determini ulteriori disfunzioni nel sistema giudiziario regionale.
(4-04528)
Risposta. — Con riguardo alle segnalate scoperture nelle piante organiche del personale di magistratura degli uffici del tribunale di Agrigento, della procura della Repubblica presso il tribunale di Agrigento e della procura della Repubblica presso il tribunale di Trapani, si rappresenta quanto segue.
Il Ministero della giustizia ha in corso un'intensa attività di reclutamento del personale di magistratura ordinaria per assicurare entro il 2026 il conseguimento di un risultato storico, ovvero la pressoché completa copertura degli organici.
Molteplici, infatti, sono le procedure di assunzione intraprese dall'amministrazione della giustizia per assicurare l'efficienza degli uffici giudiziari e colmare le lacune di organico.
Con decreto ministeriale del 22 ottobre 2024 sono stati nominati 589 neo-magistrati ordinari (MOT); il 4 marzo 2025 si è conclusa un'ulteriore procedura per il reclutamento di magistrati ordinari a seguito della quale hanno conseguito l'idoneità n. 360 candidati e sono inoltre in corso le prove orali del concorso a 400 posti di magistrato ordinario bandito con decreto ministeriale 9 ottobre 2023.
Pertanto, entro la fine del 2025, compatibilmente con l'esito delle procedure concorsuali, è prevedibile l'assunzione di oltre 750 ulteriori magistrati ordinari.
Si evidenzia ancora che è in corso la correzione degli elaborati scritti del concorso a 400 posti di magistrato ordinario indetto con decreto ministeriale 8 aprile 2024, che verosimilmente si concluderà entro la prima metà dell'anno 2025, e che, con decreto ministeriale 10 dicembre 2024, è stato bandito un ulteriore concorso a 350 posti di magistrato ordinario, le cui prove scritte si svolgeranno nel mese di luglio 2025.
Inoltre, la legge 9 agosto 2024, n. 114, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare», stabilisce che, a decorrere dal 1° luglio 2025, il ruolo organico della magistratura ordinaria è aumentato di duecentocinquanta unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado.
E ancora, proprio per assicurare una più celere assunzione delle funzioni dei nuovi magistrati presso gli uffici giudiziari e così contribuire alla copertura delle vacanze si segnala il decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini normativi», approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 9 dicembre 2024 che prevede, tra l'altro, la riduzione da diciotto a dodici mesi del periodo di tirocinio dei magistrati assunti con i concorsi indetti fino al 31 dicembre 2024.
Venendo nello specifico agli uffici giudiziari del distretto di Palermo, nel cui ambito sono compresi il tribunale di Agrigento, la procura della Repubblica di Agrigento, la procura della Repubblica di Sciacca e la procura della Repubblica di Trapani, che vengono menzionati nel testo dell'interrogazione parlamentare, si evidenzia che sono stati destinatari negli ultimi anni di interventi significativi assunti proprio per far fronte alle esigenze operative.
Il decreto ministeriale 23 marzo 2022, così come modificato dal decreto ministeriale 22 novembre 2023, ha provveduto all'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali, individuando sia il contingente nazionale complessivo delle piante organiche flessibili, determinato in 176 unità – di cui 123 con funzioni giudicanti e 53 requirenti — sia i contingenti destinati ai singoli distretti.
Per il distretto di Palermo è stata prevista l'assegnazione di un contingente di 6 unità di magistrato, di cui 4 destinate alle funzioni giudicanti e 2 a quelle requirenti.
Con i provvedimenti attuativi dell'incremento di 82 unità del ruolo organico del personale di magistratura disposto dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, avvenuti con i decreti ministeriali 23 novembre 2022 e 22 dicembre 2022, le piante organiche dell'ufficio di sorveglianza di Palermo e del tribunale di Palermo sono state ampliate, rispettivamente, di 1 posto di magistrato di sorveglianza e di 1 posto di giudice.
Con il decreto ministeriale 11 luglio 2023 è stata disposta una modifica compensativa nell'ambito della pianta organica del tribunale di Termini Imerese che ha determinato l'incremento di 1 posto di presidente di sezione e la contestuale riduzione di 1 posto di giudice.
Il Ministero della giustizia ha messo in campo, quindi, con decisione ed incisività, tutti gli strumenti di propria competenza per recuperare l'efficienza e funzionalità degli uffici giudiziari, fermo restando che l'individuazione dei posti da coprire nonché le successive procedure di tramutamento rientrano nell'esclusiva competenza del Consiglio superiore della magistratura.
Per quel che concerne, poi, la magistratura onoraria, si rappresenta che le procedure di reclutamento rientrano nella competenza esclusiva del Csm.
In considerazione delle possibili ricadute sugli uffici giudiziari derivanti dall'ampliamento delle competenze giurisdizionali degli uffici del giudice di pace previsto dal decreto legislativo n. 116 del 2017, il Ministero ha avviato una fattiva interlocuzione con il C.s.m.
In particolare, il Ministero ha chiesto di conoscere:
lo stato e la data di presumibile completamento della terza e ultima procedura valutativa, di cui alla delibera consiliare del 24 aprile 2004, finalizzata alla stabilizzazione dei magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del menzionato decreto legislativo n. 116 del 2017, atteso che solo all'esito della relativa definizione il Ministero potrà procedere alla rideterminazione della pianta organica dei magistrati onorari ai sensi dell'articolo 1, comma 630, della legge 30 dicembre 2021, n. 234;
lo stato e la data di presumibile completamento delle procedure selettive per il reclutamento di magistrati onorari indette con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale, n. 28 dell'11 aprile 2023, sulla base delle delibere consiliari del 12 dicembre 2022 e del 22 dicembre 2022 per complessivi 1042 posti, di cui n. 657 giudici onorari di pace.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
COLOMBO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
esistono numerose criticità relative al comando dei vigili del fuoco di Rimini che stanno mettendo in grossa difficoltà il dispositivo di soccorso;
nella provincia di Rimini vi è una elevatissima presenza di hotel, residence e pensioni, circa 2000, e la maggior parte di queste ha altezze oltre i 3 piani fuori terra;
specialmente nel periodo estivo, la provincia di Rimini vede aumentare notevolmente la presenza di cittadini che soggiornano nel territorio;
nonostante il rilevante flusso turistico, il comando dei vigili del fuoco di Rimini è dotato di una sola autoscala, con venti anni di servizio, per coprire tutto il territorio di sua competenza ed eventualmente quello della Repubblica di San Marino;
l'automezzo, data la sua vetustà, è spesso in avaria ed inutilizzabile, costringendo il comando a richiedere l'utilizzo di un'autoscala ai comandi con più autoscale a disposizione, limitando quindi la loro operatività;
per trasferire questi automezzi, precisando che negli ultimi mesi il fatto è avvenuto più volte, occorre impegnare personale per il prelievo e la restituzione dello stesso, impedendone la presenza presso il dispositivo di soccorso, creando quindi disagi all'operatività, già compromessa dalla carenza di personale;
per tali compiti, può essere inviato personale libero dal servizio in orario straordinario. Questa ultima ipotesi è però sempre meno utilizzata per ragioni economiche;
secondo quanto consta all'interrogante, in passato la direzione regionale vigili del fuoco ha scritto al Dipartimento dei vigili del fuoco per segnalare questa grave carenza, senza risultato;
il territorio è soggetto ad episodi di forte vento e caduta alberi, alle alluvioni, come quella di maggio 2023, e ad incidenti estivi;
proprio all'inizio del 2024, il comando ha incontrato difficoltà nella gestione degli eventi climatici che hanno interessato il territorio. In tale frangente stava infatti utilizzando l'autoscala messa a disposizione dal comando di Parma, che è andata incontro a guasti meccanici, costringendo il comando a rivolgersi a quello di Sondrio;
sul territorio, che va dalla costa adriatica alla montagna, fino al comune di Montecopiolo che ha una altitudine pari a 1415 sopra il livello del mare, si sono abbattuti forti venti i quali hanno sradicato piante, spezzato pali dell'energia elettrica e delle telecomunicazioni, scoperchiato i tetti delle case e sono stati centinaia gli interventi richiesti;
in quei scenari l'autoscala riveste una funzione di fondamentale importanza dal momento che la maggior parte delle operazioni viene svolta in altezza;
si consideri che è molto alto il numero di interventi che richiedono un'autoscala per operare in altezza e che, anche in assenza di emergenze dovute agli eventi climatici, la fornitura di una seconda autoscala è talmente necessaria da essere considerata ormai improrogabile –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del problema e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intenda valutare per dotare il comando dei vigili del fuoco di Rimini di un'ulteriore nuova autoscala.
(4-02167)
Risposta. — In relazione a quanto evidenziato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
Si premette che il dispositivo di soccorso del Corpo nazionale dei vigili del fuoco si fonda sul concetto di mutualità delle risorse che, pur essendo assegnate ad una specifica area territoriale, possono essere temporaneamente redistribuite in base alle necessità delle varie aree del territorio nazionale.
La riallocazione dei cosiddetti mezzi speciali di appoggio, tra i quali le autoscale, rientra tra le normali attività di gestione; in particolare le autoscale coprono usualmente un'area superiore a quella di competenza della sede di assegnazione.
Con specifico riguardo alla situazione segnalata dall'interrogante, è opportuno evidenziare che l'autoscala con sviluppo di 37 metri, assegnata al Comando provinciale di Rimini, è stata oggetto di approfonditi lavori di manutenzione ed è attualmente operativa; in ogni caso entro il mese di giugno 2025 saranno assegnate all'Emilia-Romagna 3 autoscale, di cui una a Rimini.
Si rappresenta inoltre che, sono state assegnate due piattaforme aeree del tipo «non antincendio» ai Comandi di Rimini e Ravenna rispettivamente nel febbraio e nel giugno 2024. Tali automezzi, seppur in maniera più limitata, sono in grado di ridurre l'impiego di autoscale, svolgendo alcuni tipi di interventi tecnici in elevazione.
Per quanto riguarda la situazione dell'Emilia-Romagna, va evidenziato che, su indicazione della competente Direzione regionale dei vigili del fuoco sono state assegnate due piattaforme aeree autocarrate antincendio rispettivamente al Comando di Bologna nel 2023 e di Ferrara nel giugno 2024 e ulteriori due alla sede di Forlì e Piacenza lo scorso ottobre. Anche questi automezzi potranno svolgere alcuni degli interventi per i quali sono normalmente utilizzate le autoscale, alleggerendone il carico di lavoro.
In vista della conclusione delle procedure relative alle programmate acquisizione di ulteriori autoscale sarà comunque ulteriormente preso in considerazione il territorio dell'Emilia-Romagna.
Su un piano più in generale, si sottolinea che il Ministero dell'interno è costantemente impegnato a garantire l'efficientamento organizzativo e l'ammodernamento delle risorse strumentali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, grazie ad una serie di investimenti ed acquisti di notevole rilevanza, sia nel settore dei mezzi che in quello dell'innovazione tecnologica.
In particolare, attraverso specifici fondi del Pnrr, sono in fase esecutiva i contratti di fornitura di circa 4.000 veicoli per i servizi d'istituto.
Mediante i fondi ordinari sono state inoltre programmate le forniture di 90 autoscale delle quali 60 consegnate nel 2023, 10 nel 2024 e 10 in consegna nell'anno 2025, nonché 40 piattaforme aeree (30 consegnate nel 2024 e 10 in consegna nel corrente anno).
Inoltre, a seguito degli investimenti effettuati negli ultimi anni, grazie ai fondi pluriennali messi a disposizione dalle specifiche leggi di bilancio, sono in fase avanzata le attività di potenziamento dei mezzi e delle attrezzature in dotazione, con l'obiettivo di aumentare il numero dei mezzi di soccorso a disposizione dei Comandi e ridurre l'età media del contingente di mezzi a disposizione, fornendo in tal modo un servizio più efficace e mezzi più sicuri per gli operatori del soccorso.
Per quanto attiene al settore dei mezzi di soccorso, si evidenzia che nel 2024 sono stati sottoscritti impegni contrattuali relativi a nuovi automezzi per un importo ulteriore pari a 84 milioni di euro e sono stati stanziati complessivi 80 milioni di euro per le relative spese di manutenzione (ordinaria e periodica), di fornitura del carburante e di copertura assicurativa.
Si assicura, infine, che il Governo proseguirà sulle linee di intervento già tracciate per assicurare standard qualitativi sempre più elevati nell'attività di soccorso pubblico.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Emanuele Prisco.
ENRICO COSTA e CALDERONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno del 23 gennaio 2025 ha pubblicato il contenuto di intercettazioni di conversazioni captate nel febbraio 2024 tra il vicepresidente della provincia Bat, Marchio Rossi, e il dirigente della viabilità Lorenzo Fruscio;
da quanto riportato dal quotidiano sembra che tali conversazioni siano contenute negli atti di un procedimento oggetto di proroga delle indagini preliminari, che pertanto non sarebbero concluse;
se così fosse si tratterebbe di atti coperti dal segreto la cui pubblicazione non sarebbe consentita ai sensi dell'articolo 114 del codice di procedura penale –:
se il Ministro intenda approfondire quanto illustrato in premessa, anche mediante l'attivazione dei suoi poteri ispettivi, per chiarire la vicenda anche ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione disciplinare.
(4-04162)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti, richiamato il caso della pubblicazione ad opera di un quotidiano del contenuto delle intercettazioni compiute nell'ambito di un procedimento penale iscritto nei confronti del Presidente della provincia Bat, esprimono perplessità rispetto all'effettiva osservanza della disciplina dettata a garanzia della segretezza delle indagini preliminari in quanto tuttora in corso.
Chiedono, dunque, se il Ministro della giustizia «intenda approfondire quanto illustrato in premessa, anche mediante l'attivazione dei suoi poteri ispettivi, per chiarire la vicenda anche ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione disciplinare».
Sul tema pare opportuno preliminarmente rammentare che questo Governo ha messo in campo diversi interventi normativi di stampo garantista, finalizzati a rendere effettivi i principi costituzionali della riservatezza delle comunicazioni e del giusto processo e, al contempo, ad evitare le negative ripercussioni, processuali e personali, del cosiddetto processo penale mediatico, con misure dirette a tutelare, non soltanto l'imputato e la vittima, ma anche i terzi che si trovino eventualmente coinvolti nelle operazioni investigative, sia all'interno del processo che fuori dallo stesso.
Innanzitutto, è stato incisivamente modificato, a più riprese, il regime delle intercettazioni: prima con la legge n. 137 del 2023 e poi con la legge n. 114 del 2024 sono stati introdotti, all'articolo 268 codice procedura penale rigorosi limiti all'attività di trascrizione e perciò di documentazione dell'attività captativa. Nel verbale è, dunque, consentita soltanto la trascrizione del contenuto delle intercettazioni rilevanti per le indagini, anche a favore dell'indagato, ed è vietata la trascrizione del contenuto non rilevante neppure sommariamente.
Inoltre, sono stati consolidati e potenziati il controllo e la vigilanza preventiva, da parte del pubblico ministero e dei giudici dell'udienza stralcio, sia implementando i profili di riservatezza del terzo estraneo rispetto alla circolazione delle intercettazioni sia ampliando i divieti di pubblicazione del materiale intercettato (articolo 114 codice procedura penale, consentendone la pubblicazione solo se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento.
Con il novellato articolo 291, comma 1-ter, del codice di procedura penale si è inteso, poi, assicurare, anche nelle richieste di misura cautelare, che la riproduzione delle conversazioni e comunicazioni intercettate sia epurata dai dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salva l'indispensabilità per la compiuta esposizione delle ragioni della richiesta stessa.
In questa direzione si muove, da ultimo, anche la legge di delegazione europea 2022-2023 (legge n. 15 del 2024), che all'articolo 4 reca delega al Governo di modificare ulteriormente l'articolo 114 codice procedura penale, prevedendo il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell'ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, allo scopo precipuo di evitare che la collettività possa essere indotta, dalla lettura dell'ordinanza applicativa della misura cautelare custodiale, a ritenere come effettivamente responsabile l'indagato destinatario della misura, malgrado il procedimento si trovi ancora in una fase affatto preliminare.
Ebbene, il 10 dicembre 2024 è stato finalmente adottato il decreto legislativo n. 198, con cui è stata data attuazione alla predetta delega recependo parzialmente le indicazioni dei pareri resi dalle Camere nel senso di vietare la pubblicazione di tutte le ordinanze che applicano misure cautelari personali fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.
Ciò detto, per dare compiuta risposta all'atto di sindacato ispettivo in oggetto si è prontamente dato incarico all'articolazione competente di svolgere gli opportuni accertamenti in merito al caso citato dagli interroganti.
È stata quindi acquisita dettagliata nota trasmessa dal procuratore generale presso la corte d'appello di Bari, che per completezza di esposizione si riporta integralmente di seguito:
«l'intercettazione di conversazione di che trattasi è stata depositata in Procura in data 8 febbraio 2024 con nota n. 75319/2024 dal nucleo PRF G di F di Bari in relazione al procedimento penale n. 12389/2023 mod. 21. Tale atto, unitamente ad altra documentazione supportante gli elementi probatori a carico degli indagati, sono stati trasmessi, a mezzo TIAP (con discovery) all'ufficio GIP in data 30.10.2024 con richiesta di misura cautelare personale.
A seguito di detta richiesta il GIP del Tribunale di Bari in data 8.11.2024 emetteva ordinanza di custodia cautelare per 10 soggetti con successiva esecuzione da parte della P.G. delegata in data 12.11.2024.
Si evidenzia che ad esecuzione avvenuta, gli atti trasmessi risultavano legittimamente posti a disposizione della difesa, nonché degli indagati, a cura dell'ufficio GIP, che ne hanno preso visione ed estratto copia».
Pertanto, dalla ricostruzione dei fatti appena riportata sembra emergere che la documentazione pubblicata sul quotidiano fosse stata fatta già oggetto di regolare discovery, in conformità alla normativa codicistica, e posta a fondamento della richiesta di misura cautelare avanzata dall'autorità inquirente, poi concessa dal Giudice per le indagini preliminari.
Ad ogni modo, il Dicastero non mancherà di compiere le opportune valutazioni in merito alla necessità di disporre eventuali ulteriori accertamenti per fare luce sulla vicenda.
Tanto chiarito, si coglie con favore la nuova opportunità offerta dall'atto di sindacato ispettivo in oggetto per ribadire ancora una volta che questo Governo continuerà a lavorare nella direzione del rafforzamento dei meccanismi per l'attuazione del principio di presunzione di non colpevolezza, ma sempre avendo cura di ricercare un giusto punto di equilibrio con l'esigenza di assicurare tutela anche alla libertà di stampa.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall'articolo 4 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, prevede l'obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare il piano triennale dei fabbisogni di personale;
il piano triennale dei fabbisogni di personale rappresenta un fondamentale strumento di natura organizzativa della pubblica amministrazione, indispensabile per la programmazione triennale delle assunzioni;
il 16 gennaio 2025 il Ministero della giustizia ha emanato il piano triennale dei fabbisogni di personale relativo all'organizzazione giudiziaria per il periodo 2025-2027;
il piano, a parere sia della presidente di Confintesa Funzione Pubblica sia dell'interrogante, presenta diverse criticità;
una delle criticità principali è il riconoscimento implicito della carenza di personale, specialmente nell'Area III, senza tuttavia prevedere soluzioni concrete per colmarla nonché la mancanza di una riforma strutturale per attrarre nuovi lavoratori e trattenere il personale in organico. Il turnover medio di 1.700 cessazioni annue e l'insuccesso delle assunzioni evidenziano la necessità e l'urgenza di riformare il sistema esistente;
l'ulteriore proroga fino al 2027 del blocco delle progressioni economiche, ferme ormai da 15 anni, rappresenta un duro colpo per la motivazione del personale e incoraggia i lavoratori che da anni fanno parte del comparto giustizia a trasferirsi in altri settori. Anche il mancato rispetto del protocollo d'intesa del 2017 e il rinnovo del Ccni, lasciando così irrisolte le problematiche di inquadramento e valorizzazione del personale, aumenta la demoralizzazione dell'organico attuale;
il piano prevede inoltre una drastica riduzione dei posti dedicati alle «elevate professionalità» e l'assenza di un piano per valorizzare i direttori interni, andando a favorire i dirigenti esterni a discapito di chi da anni svolge funzioni dirigenziali, spesso senza gli adeguati riconoscimenti;
ormai da tempo le principali associazioni di categoria chiedono un ampliamento significativo della dotazione organica e la stabilizzazione dei lavoratori del comparto, oltre alla valorizzazione delle figure professionali qualificate esistenti, e il piano triennale presentato sembra ancora una volta andare in tutt'altra direzione –:
se il Ministro interrogato non intenda rivedere il piano triennale dei fabbisogni di personale 2025-2027 al fine di risolvere le criticità esposte in premessa e garantire una maggiore valorizzazione e stabilità di tutti i lavoratori del comparto giustizia.
(4-04200)
Risposta. — Con riguardo all'atto di sindacato ispettivo in esame con il quale l'interrogante avanza specifici quesiti in relazione al Piano triennale dei fabbisogni di personale 2025-2027, si espone quanto segue.
Si rimarca in apertura che il piano triennale dei fabbisogni di personale è lo strumento attraverso il quale l'organo di vertice dell'amministrazione assicura le esigenze di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse umane necessarie per il miglior funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e con i vincoli normativi alle assunzioni di personale.
Con il piano triennale dei fabbisogni di personale 2025-2027 il Ministero della giustizia dunque attua una pianificazione dei reclutamenti, rispondente alle regole costituzionali di buona amministrazione, efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa alla luce delle risorse finanziare riconosciute e della scopertura di organico.
In merito si evidenzia anche che il Ministero della giustizia, per il tramite della competente articolazione ministeriale (Dog), è costantemente impegnato nella definizione della trattativa negoziale sul contratto integrativo.
Tale attività risulta prodromica ad una serie di iniziative tese a comporre innanzitutto l'assetto definitivo delle famiglie professionali, così come previsto nel Contratto collettivo nazionale di lavoro 2019-2022 e, conseguentemente, ad avviare i processi di reclutamento nel rispetto dell'impianto emergente dal nascente accordo.
A tal proposito, si evidenzia che i tavoli negoziali hanno prodotto, da parte di questa amministrazione, 11 proposte di contratto integrativo in relazione alle richieste di revisione ed alle indicazioni delle organizzazioni sindacali, agli orientamenti dell'Aran ed alle linee guida emanate dal dipartimento della funzione pubblica.
Le misure programmate dal Ministero della giustizia si inseriscono in un quadro organico che coniuga interventi normativi e investimenti adeguati.
Si rammentano in questo senso gli investimenti in capitale umano attuati per mezzo delle risorse PNRR per la stabilizzazione delle risorse assunte con rapporto di lavoro a tempo determinato tra i quali si registra una maggiore quota nell'area Funzionari.
Al fine di ottemperare alle previsioni normative contenute dapprima nel piano di bilancio strutturale di medio termine di mantenimento di 6.000 unità di personale PNRR e poi nell'articolo 1, comma 135, della legge 30 dicembre 2024 n. 207, di autorizzazione alla stabilizzazione a tempo indeterminato di 2.600 unità in area funzionari e 400 unità in area assistenti di personale PNRR a decorrere dal 1° luglio 2026, si rende necessaria la rimodulazione della pianta organica.
A ciò va aggiunta la riserva di posti in area funzionari prevista per salvaguardare la possibilità di progressioni tra aree, in linea con l'articolo 18 Ccnl 2019-2022, già finanziate e autorizzate utilmente prorogate al 30 giugno 2026, come disposto dalla novella legislativa dell'articolo 19 Ccnl 2022-2024.
Tutto ciò va letto tuttavia in combinato disposto con il comma 833 dell'articolo 1 della stessa legge 30 dicembre 2024 n. 207 il quale, oltre ad aver previsto il taglio del 25 per cento delle facoltà assunzionali per l'anno 2025, ha altresì imposto il relativo adeguamento della pianta organica.
In aggiunta, va rilevato che, tenuto conto della determinazione finanziaria dell'attuale pianta organica del personale non dirigenziale, della normativa vigente e dei relativi oneri di spesa, nella rimodulazione occorrerà tenere in debito conto anche l'organico della nuova area delle elevate professionalità anch'essa materia di contrattazione.
Il Ministero della giustizia prevede una poderosa opera assunzionale entro il prossimo triennio 2025-2027, di oltre 16.000 unità di personale comprensivo di qualifiche di area funzionari, area assistenti, area operatori e dirigenti di II fascia.
Sono attualmente in corso le procedure concorsuali per l'assunzione di 1.000 unità di personale non dirigenziale, a tempo pieno e indeterminato, nel profilo di conducente di mezzi a motore per trasporto di persone e cose; di 54 unità di personale dirigenziale di seconda fascia a tempo indeterminato; di 236 unità in profili tecnici: 23 funzionari statistici, 30 funzionari informatici, 47 funzionari tecnico-edili e 136 assistenti tecnici-geometra.
Nell'anno 2025 saranno banditi un concorso per circa 3.000 unità in area assistenti ed un altro di circa 380 unità di funzionari Unep.
Nel piano triennale dei fabbisogni di personale è stata anche tracciata la strada per l'indizione di concorsi unici per l'amministrazione giudiziaria, preferibilmente su base distrettuale, per fronteggiare le criticità riscontrate nello scorrimento delle graduatorie.
Si rappresenta infine che, in attuazione dell'Accordo del 22 marzo 2023 sugli sviluppi economici all'interno delle aree, con avviso del 21 settembre 2023, è stata indetta una procedura per l'attribuzione della fascia economica superiore per il personale dell'amministrazione della giustizia in vari profili professionali per la copertura di complessivi 8.896 posti.
Con avvisi del 19 e del 22 dicembre 2023 sono state pubblicate le 52 graduatorie definitive di merito e dei vincitori per i corrispondenti profili.
In ultimo, con avviso del 26 giugno 2024, sono stati pubblicati i provvedimenti di inquadramento nella fascia economica superiore per ciascun profilo e sono state successivamente liquidate le relative spettanze.
In definitiva si ribadisce l'impegno profuso da questo Ministero per attuare tutte le misure strategiche per un piano strutturale di adeguamento e di implementazione dell'organico presente negli uffici nella consapevolezza di fornire ogni supporto utile al miglioramento dei servizi nonché alla valorizzazione del personale.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con legge n. 247 del 31 dicembre 2012 è stata definita la nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense;
posto che la determinazione dei compensi degli avvocati è affidata alla libera pattuizione con il cliente, l'articolo 13 della suddetta legge prevede l'emanazione di un decreto da parte del Ministero della giustizia che intervenga quando si presentano determinate condizioni, come la liquidazione da parte del giudice delle spese al termine dei giudizi, la mancanza di determinazione del compenso in forma scritta tra avvocato e cliente o quando il compenso non viene determinato consensualmente;
il decreto è composto da tabelle parametriche, una per ogni tipo di procedimento civile e per il processo penale, divise nelle quattro fasi procedimentali alle quali è assegnato un valore per il pagamento del contributo unificato;
gli attuali parametri forensi in vigore sono quelli previsti dalle tabelle del decreto ministeriale n. 147 datato 13 agosto 2022, nonostante il comma 6 dell'articolo 13 preveda che sia aggiornato ogni due anni;
il medesimo comma sopra citato prevede il potere di proposta del Consiglio nazionale forense;
negli ultimi due anni, inoltre, vi è stata una inflazione «cumulata» di circa il 7 per cento e già il decreto n. 147 non aveva recuperato tutta l'inflazione persa nel biennio precedente, con un danno sugli attuali parametri e redditi reali degli avvocati, in particolare coloro con i redditi più bassi giacché tali parametri impattano anche sui compensi derivanti dal patrocinio a spese dello Stato;
l'aggiornamento dei parametri permette a chi esercita la professione forense di ricevere un compenso adeguato per le proprie prestazioni –:
se il Ministro della giustizia abbia ricevuto la proposta dal Consiglio nazionale forense e quando lo stesso Ministro interrogato intenda adottare il decreto per l'aggiornamento dei parametri forensi, in linea con quanto previsto dall'articolo 13 comma 6 della legge 247 del 2012.
(4-04388)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante chiede di conoscere le tempistiche di adozione del decreto di aggiornamento dei parametri forensi secondo quanto previsto dall'articolo 13 comma 6 della legge 247 del 2012, si rappresenta quanto segue.
In apertura si rimarca che il Ministero della giustizia è particolarmente attento alla tematica del compenso spettante ai professionisti, quotidianamente impegnati nell'attività giudiziaria, nella consapevolezza che la determinazione di un compenso non congruo non valorizzi adeguatamente l'attività professionale posta in essere.
Gli sforzi in questo senso profusi hanno consentito, a titolo esemplificativo, di assumere un'importante iniziativa che sinora non era mai stata intrapresa: con l'obiettivo di predisporre il testo delle nuove tabelle per la determinazione degli onorari degli ausiliari del magistrato è stata data finalmente attuazione al disposto di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
È stata dunque costituita, presso il Ministero della giustizia, un'apposita commissione per rideterminare la misura degli onorari fissi, variabili e a tempo, degli ausiliari del magistrato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario.
Sin dall'avvio, l'attività di rideterminazione è risultata considerevole ma l'impegno costante che i preposti uffici con i loro rappresentanti stanno ponendo in essere, consentirà di portare a termine i lavori già nei prossimi mesi.
Una volta conclusa l'attività di elaborazione del testo di un nuovo regolamento a norma dell'articolo 50 del testo unico sulle spese di giustizia, con rideterminazione delle tabelle, il Ministero della giustizia potrà avviare il lavoro di aggiornamento dei compensi di altri professionisti.
In questo senso verrà certamente tenuta in considerazione la prioritaria esigenza di coloro che esercitano la professione forense, in linea con quanto previsto dall'articolo 13 comma 6 della legge n. 247 del 2012.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
FRATOIANNI e GRIMALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende, negli ultimi mesi, circa 1.000 studenti turchi ammessi a corsi di laurea e post-laurea in Italia stanno affrontando gravi difficoltà nell'ottenere i visti necessari per iniziare i loro studi nel nostro Paese;
nonostante l'accettazione da parte delle università italiane e in possesso della documentazione completa, molti giovani attendono da mesi la finalizzazione delle loro domande;
tale ritardo nel rilascio dei visti per motivi di studio mette a rischio il loro diritto all'istruzione, poiché il termine ultimo per ottenere i visti è il 30 novembre 2024 e dopo questa data, non potranno più iniziare l'anno accademico e perderanno l'opportunità di proseguire gli studi, sia in Italia che in Turchia;
le domande di visto richiedono mesi per essere valutate e molte vengono respinte in assenza di chiare motivazioni;
si riscontrano inoltre numerose difficoltà nel fissare appuntamenti con le autorità consolari italiane e anche questo ostacola l'intero iter per il rilascio dei visti;
l'istruzione è un diritto umano universale riconosciuto da trattati internazionali, tra cui la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (articolo 28) e la Dichiarazione universale dei diritti umani (articolo 26) e ad avviso degli interroganti gli studenti in questione, avendo adempiuto ad ogni obbligo e rispettato i tempi previsti dalle norme per la richiesta dei visti per motivi di studio, meritano una risposta tempestiva e una concessione del visto in tempo utile per poter frequentare i corsi universitari in Italia;
l'Italia è conosciuta per la sua cultura dell'accoglienza e per l'importanza attribuita alla cooperazione internazionale e allo scambio culturale e situazioni come quella descritta rischiano di compromettere tali valori –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei gravi ritardi e delle difficoltà che circa 1.000 studenti turchi ammessi a università italiane stanno affrontando nell'ottenimento dei visti necessari a frequentare i corsi universitari in Italia e quali iniziative straordinarie e urgenti, anche di carattere normativo, intendano assumere per garantire che gli studenti di cui in premessa possano iniziare i loro percorsi di studi universitari entro il 30 novembre 2024;
se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda chiarire le motivazioni dei ritardi riscontrati nelle procedure di rilascio dei visti per studenti provenienti dalla Turchia e quali iniziative intenda assumere per affrontare e risolvere eventuali criticità manifestate dalle rappresentanze consolari italiane in Turchia, così da poter garantire tempi certi nell'espletamento delle richieste di visto;
quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di individuare opportune soluzioni volte a semplificare le procedure di rilascio dei visti per studenti internazionali, in particolare per coloro che abbiano già ricevuto un'accettazione ufficiale da parte delle università italiane, così da garantire il diritto all'istruzione e la centralità del dialogo interculturale nella nostra politica estera.
(4-03846)
Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è pienamente consapevole del ruolo fondamentale che gli scambi culturali rivestono nel rafforzare le relazioni tra popoli e Stati.
In tale contesto, l'eccellente rapporto tra Ankara e Roma è riflesso anche dal forte interesse dimostrato dagli studenti turchi nei confronti del nostro Paese e dal significativo contributo che questi studenti apportano al sistema universitario italiano, contribuendo a consolidare legami di amicizia e cooperazione sempre più stretti tra l'Italia e la Turchia.
Voglio pertanto sottolineare lo sforzo profuso dalle rappresentanze diplomatico-consolari italiane in Turchia per rendere possibili questi scambi, processando nel più breve tempo possibile le domande di visto per studio, compatibilmente con le verifiche previste dal decreto legislativo n. 286 del 1998 in materia di valutazione del rischio di immigrazione illegale.
Tale sforzo è tanto più significativo se si prendono in considerazione i dati relativi alle domande di visto per studio presentate presso le tre Sedi (Ambasciata d'Italia ad Ankara, Consolato Generale di Istanbul e Consolato di Izmir) alla data del 31 dicembre 2024:
Ankara: 1.285 domande di visto nazionale per studio, +41,5 per cento rispetto al 2023;
Istanbul: 3.317 domande di visto nazionale per studio, +29 per cento rispetto al 2023;
Izmir: 1.577 domande di visto nazionale per studio, +50 per cento rispetto al 2023.
Rispetto al biennio pre-Covid 2018-2019, nel 2022-2023 la quota di visti studio trattati è cresciuta in media in Turchia di quasi il 40 per cento. Anche l'anno appena trascorso ha registrato un ulteriore significativo incremento rispetto al precedente con un aumento del 36,6 per cento.
Per rispondere a questa crescente domanda di studio in Italia, le nostre Sedi in Turchia hanno aumentato gli appuntamenti di visto per studio e smaltito entro la fine dell'anno tutti gli arretrati nelle pratiche in trattazione, che comunque si sono attestati al massimo intorno alle 300 domande.
Per quanto riguarda le tempistiche, il decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 all'articolo 5.8 prevede che il visto per studio sia «rilasciato entro 90 giorni dalla richiesta», così da dare il tempo agli uffici competenti di portare a compimento un'accurata e precisa istruttoria relativa alla documentazione presentata a corredo della domanda. A fronte di ciò, i tempi medi di trattazione delle domande di visto per studio da parte delle nostre sedi in Turchia sono di circa 19 giorni.
È doveroso inoltre precisare come la preiscrizione presso tutte le Istituzioni della formazione superiore e la conseguente validazione dei titoli esteri indicati nella domanda di preiscrizione sia da considerarsi di supporto alle procedure di valutazione del visto di studio e non ne implichi automaticamente il rilascio. Le rappresentanze diplomatico-consolari, infatti, oltre a verificare il possesso dei requisiti per il rilascio di un visto di studio/immatricolazione, hanno altresì, come già sottolineato, l'obbligo di valutare l'assenza del rischio migratorio dello studente (decreto-legge n. 850 del 2011 articolo 4 comma 2).
Guardando al futuro, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in sinergia con il Ministero dell'università e della ricerca, è già impegnato nella definizione delle procedure per l'anno accademico 2025-2026 che consentano agli studenti di preparare per tempo la propria domanda di visto di studio per immatricolazione universitaria già a partire dai primi mesi dell'anno, consentendo così di distribuire in modo più efficiente le richieste.
Siamo al contempo consapevoli che ogni miglioramento del servizio di ricezione e valutazione delle stesse non può prescindere da un rafforzamento della presenza di personale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nelle sedi diplomatiche e consolari sottoposte a forti sollecitazioni da parte dell'utenza, qual è il caso delle nostre tre rappresentanze in Turchia.
È per questo motivo che nel corso degli ultimi anni sono stati banditi concorsi tramite i quali è stato possibile assegnare un maggior numero di risorse umane in sedi estere particolarmente impegnate sul fronte dei servizi consolari e delle necessarie verifiche di sicurezza per l'emissione di visti di ingresso per l'Italia.
Una sfida che la Farnesina continua ad affrontare, con lo scopo ultimo di garantire un servizio efficiente a tutti coloro che coltivano un forte interesse nei confronti del nostro Paese, a partire dai giovani.
Il nostro lavoro è animato infatti dalla convinzione che investire nei giovani significhi investire in un futuro di cooperazione e sviluppo condiviso. Per questo, il nostro impegno resta quello di migliorare continuamente l'accesso ai percorsi formativi in Italia, con l'obiettivo di attrarre talenti, promuovere la nostra cultura e contribuire alla costruzione di ponti tra le nazioni anche attraverso l'istruzione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Maria Tripodi.
GNASSI, BAKKALI, DE MARIA, DE MICHELI, MALAVASI, MEROLA, ANDREA ROSSI e VACCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:
si apprende da notizie di stampa che in data 12 ottobre 2024 si sarebbe svolta, a Faenza, una riunione, a porte chiuse, tra la candidata alla presidenza della regione per il centrodestra, Elena Ugolini, e i comitati degli alluvionati, sia di quelli relativi ai recenti eventi che di quelli del 2023;
a seguito di questa riunione risulta essere stato redatto un verbale che, per quanto riportato dalle stesse fonti di stampa dimostrerebbe l'esistenza di un rapporto diretto tra il commissario Figliuolo e la candidata del centro destra alla presidenza della regione Emilia-Romagna, candidata che non riveste alcun ruolo istituzionale;
la suddetta riunione sarebbe stata aperta dalla candidata Ugolini che comunica – si riporta testualmente nell'articolo – «che il generale Figliuolo e il tenente colonnello Martella le hanno mandato migliaia di documenti così come è riuscita ad avere accesso a tanti documenti anche della regione, per cui è disponibile a metterli a disposizione in caso di richiesta»;
se confermata, ad avviso degli interroganti si tratterebbe oggettivamente di una circostanza anomala e fuori da ogni ordine di rapporti istituzionali corretti e delle norme, in considerazione del fatto che la candidata Ugolini ad oggi è una privata cittadina che non riveste alcun incarico istituzionale e che lo stesso generale Figliuolo è commissario per l'alluvione del 2023 e non per gli eventi calamitosi delle scorse settimane –:
cosa riguardino «le migliaia» di documenti che sarebbero stati inviati dalla struttura commissariale alla dottoressa Elena Ugolini nonché in che modo e a quale titolo sarebbero stati trasmessi a quest'ultima come il Governo ritenga di fare chiarezza e, nel caso, di censurare un comportamento a giudizio degli interroganti non corretto avuto dalla struttura commissariale, che tra l'altro non ha competenze sui recenti eventi calamitosi, al fine di fare, appunto, doverosa chiarezza e di evitare che si possano innescare speculazioni di natura elettorale vista la prossimità della scadenza per il rinnovo del consiglio regionale.
(4-04550)
Risposta. — L'interrogazione in esame interessa la notizia appresa da fonti di stampa riguardante la trasmissione – a detta dell'Interrogante – dei documenti relativi alla vicenda dell'alluvione in Emilia-Romagna, da parte del Commissario straordinario di Governo alla ricostruzione nei territori colpiti dall'alluvione verificatasi in Emilia-Romagna, Toscana e Marche e da un suo collaboratore, alla privata cittadina Elena Ugolini, candidata alle elezioni del 17-18 novembre 2024 a Presidente della Regione Emilia-Romagna, la quale sembrerebbe avere avuto, inoltre, accesso a ulteriori documenti della Regione.
Nel merito, sulla base dell'istruttoria svolta, si evidenzia che non esiste alcuna documentazione riservata e che gli atti cui fa riferimento l'interrogante corrispondono esclusivamente a quelli pubblicati sul sito web istituzionale.
Il Commissario straordinario di Governo alla ricostruzione nei territori colpiti dall'alluvione verificatasi in Emilia-Romagna, Toscana e Marche ha infatti a disposizione apposito sito web: alla voce «Amministrazione trasparente» sono pubblicati dati e documentazione relativi all'organizzazione, ai consulenti e collaboratori, al personale, ai provvedimenti adottati, ai bandi di gara e contratti, a sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici, nonché alla raccolta dei fondi, alle donazioni e alle determine di riscossione.
Il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare: Nello Musumeci.
GRIMALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 29 gennaio 2025 un tribunale egiziano ha confermato in appello la condanna a 25 anni nei confronti di Luigi Giacomo Passeri, il trentunenne di Pescara arrestato in Egitto il 23 agosto del 2023, e ancora detenuto, perché accusato di possesso e traffico di sostanze stupefacenti, secondo la famiglia perché in possesso di una piccola quantità di sostanze stupefacenti per uso personale; con le stesse accuse Passeri era stato condannato in primo grado a 25 anni di carcere lo scorso agosto: i suoi legali avevano fatto ricorso contro la condanna, ma il ricorso è stato respinto e la condanna confermata;
Passeri viveva a Londra ed era stato arrestato al Cairo mentre era in vacanza. La famiglia da tempo chiede il suo trasferimento in Italia, senza ottenerlo, e ha denunciato le condizioni detentive degradanti in cui si troverebbe Passeri, chiedendo al Governo di intervenire: i fratelli, in particolare, hanno raccontato di aver avuto contatti diretti con lui dopo il suo arresto, con una telefonata e alcune lettere in cui Passeri diceva di essere stato maltrattato e di aver ricevuto scarse cure mediche dopo essere stato operato per un'appendicite acuta, come da certificato medico;
in una prima lettera, in particolare, Passeri descriveva i primi tre giorni di detenzione, fino all'avvenuta comunicazione del suo arresto all'ambasciata, scrivendo alla famiglia di essere stato «torturato», «rinchiuso per ore in una cella piena di feci, urine, scarafaggi, con le manette talmente strette da non far più scorrere il sangue nelle dita»;
risulta agli interroganti che la famiglia avrebbe chiesto all'ambasciata di ricostruire la difficile situazione detentiva subita da Passeri, ma la risposta sarebbe stata che non si hanno i necessari elementi per stilare una relazione;
da quanto si apprende, domenica 2 febbraio 2025, in videoconferenza, ci sarà il colloquio tra i familiari, l'avvocato di Luigi Giacomo Passeri e i funzionari dell'ambasciata durante il quale la famiglia potrà avere ulteriori informazioni sulla sentenza di secondo grado;
nei mesi scorsi il caso è già stato trattato da diverse interrogazioni, alle quali il Governo ha risposto etichettando Passeri come un criminale e negando la difficile situazione carceraria che, invece, il nostro connazionale ha più volte lamentato;
purtroppo non si può non avere riserve sulla collaborazione prestata dalle autorità egiziane, che già nei casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki hanno manifestato gravi criticità in materia di rispetto delle regole essenziali dello Stato di diritto;
ci si aspetterebbe una mobilitazione del Governo per riportare al più presto Passeri in Italia –:
quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere affinché siano verificate le condizioni di detenzione e di salute psicofisica di Luigi Giacomo Passeri, per assicurare che l'Ambasciata italiana gli garantisca adeguata assistenza e per ottenere in tempi rapidi che venga trasferito in Italia.
(4-04235)
Risposta. — Sin dal suo arresto, la vicenda del signor Luigi Giacomo Passeri è stata seguita con la massima attenzione dalla nostra ambasciata d'Italia al Cairo che, in stretto raccordo con i competenti uffici della Farnesina, si è immediatamente attivata per fornire ogni possibile assistenza consolare al connazionale, mantenendo costanti contatti con la sua famiglia e i suoi legali.
Nonostante il connazionale avesse richiesto di non avvertire le autorità diplomatiche e la famiglia in Italia, la procura egiziana ha deciso di informare il 26 agosto 2023 la nostra ambasciata dell'avvenuto arresto, data l'estrema gravità dei reati contestati, a partire dal traffico internazionale di stupefacenti.
Appena appresa la notizia detrarreste, un funzionario dell'ambasciata si è recato presso la procura di New Cairo per incontrare il connazionale, già allora apparso in buone condizioni.
Ad oggi, la nostra Rappresentanza ha effettuato dieci visite consolari presso il penitenziario ove il signor Passeri è recluso, da ultimo il 24 febbraio 2025, rilevando nel complesso soddisfacenti condizioni di salute e un netto miglioramento nelle sue condizioni detentive, nonostante nell'ultima visita il connazionale sia apparso psicologicamente provato dalla recente conferma in appello a 25 anni di reclusione. Il signor Passeri ha a più riprese ringraziato il personale dell'ambasciata per l'assistenza fornita e per le regolari visite consolari, in occasione delle quali sono state sensibilizzate le autorità penitenziarie sulle sue condizioni detentive (attenzione confermataci anche dal direttore del centro in cui il Passeri è detenuto), portando alla risoluzione delle problematiche in passato sollevate dal connazionale.
Al contempo, abbiamo mantenuto contatti stretti e regolari con i familiari del signor Passeri e con l'avvocato assunto dalla famiglia.
Relativamente al procedimento giudiziario, il 19 agosto 2024, a conclusione del giudizio di primo grado, il signor Passeri è stato condannato a 25 anni di detenzione per traffico internazionale di stupefacenti e al pagamento di un'ammenda di 500.000 EGY (circa 10.000 euro), sentenza poi confermata in data 28 gennaio 2025 dalla Corte di appello del Cairo.
Già in data 4 settembre 2024 l'ambasciata d'Italia aveva formalmente sostenuto una prima istanza dell'avvocato per consentire il trasferimento in Italia del connazionale. Ai sensi dell'Accordo sul trasferimento delle persone condannate vigente tra Italia ed Egitto, tuttavia, la possibilità di scontare la pena in Italia è subordinata al definitivo passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Allo stato attuale, la sentenza non è ancora definitiva e rimane per il signor Passeri la possibilità di esperire un ricorso in Cassazione, che giudicherebbe esclusivamente sugli aspetti procedurali del processo e della sentenza. Una volta concluso il procedimento in sede giudiziaria, il Governo è comunque pronto a sostenere un'istanza di trasferimento in Italia del signor Passeri.
Sin dall'arresto del connazionale, l'ambasciatore d'Italia e il Console al Cairo hanno sensibilizzato a più riprese l'Assistant Foreign Minister per gli affari consolari per ribadire l'attenzione con la quale l'Italia sta seguendo la vicenda. Il tema è stato altresì sollevato in più occasioni dal direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie del Ministero degli affari esteri con l'ambasciatore egiziano a Roma, il quale ha fornito assicurazioni che da parte egiziana, al termine del giudizio, verrà favorito il più sollecito trasferimento in Italia del signor Passeri.
L'ambasciata continuerà a seguire il caso con la massima attenzione, prestando al connazionale e alla famiglia ogni necessaria assistenza consolare, sia nell'eventualità di un ricorso in Cassazione che per sostenere un'istanza di trasferimento in Italia.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.
IACONO, BARBAGALLO, PROVENZANO, MARINO, PORTA, MANZI, ORFINI e BERRUTO. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
da notizie a mezzo stampa si apprende dell'avvenuta riprogrammazione dei cosiddetti fondi dell'accordo di coesione che la Regione Siciliana avrebbe tolto dai fondi destinati, tra gli altri, agli asili nidi per destinarli all'assistenza tecnica per la spesa dei fondi per lo sviluppo e la coesione;
risulterebbero cancellati, come riportato dai quotidiani, tre importanti progetti che prevedevano la ristrutturazione, il recupero o l'adeguamento di alcuni locali dei comuni di Marsala, Grammichele e San Giuseppe Jato che sarebbero stati poi utilizzati per le finalità previste appunto dalla rubrica «sociale e salute»;
sembrerebbe che si tratti di interventi «ai quali i comuni avrebbero rinunciato – per quanto riportato dall'assessorato alla famiglia e alle politiche sociali – perché nel frattempo finanziati anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza», rendendo disponibile circa 2,6 milioni di euro;
in sostituzione dei tre progetti la Regione Siciliana avrebbe inserito solo due progetti per mettere a punto due asili nido a Comiso e Ravanusa, per un totale di 1,120 milioni di euro e destinato, invece, il residuo, pari, per l'esattezza a 1.507.343,17 euro «alla linea di azione “Assistenza tecnica all'accordo per la coesione e rafforzamento governance e capacità amministrativa”, con motivazione, si leggerebbe nella delibera approvata che “il Governo non ha presentato altri progetti da finanziare”»;
tale riprogrammazione, proposta appunto dalla Regione Siciliana, sarebbe stata accolta dal Governo e dal Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud;
inoltre, nonostante la centralità del tema del «Piano asili nido e scuole dell'infanzia», solo il 25 per cento dei fondi, cioè 816,7 milioni su 3,24 miliardi di euro risultano essere stati effettivamente utilizzati al 2024; solo circa il 3 per cento dei progetti è concluso e a causa dei ritardi sembra a rischio l'obiettivo di realizzare più di 150 mila posti entro il 2026 –:
se siano a conoscenza, per quanto di competenza, delle motivazioni che avrebbero determinato la riprogrammazione dei cosiddetti fondi dell'accordo di coesione di coesione della Regione Siciliana;
in ogni caso se non intenda adottare iniziative volte a riconsiderare l'accordo di coesione e mantenere la destinazione dei fondi agli asili nido al fine di dare centralità a progetti volti a sostenere le famiglie e la natalità.
(4-04223)
Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'onorevole interrogante ha posto taluni quesiti al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione ed al Ministro dell'istruzione e del merito concernenti la riprogrammazione dell'Accordo per la coesione della Regione Siciliana, assentita dal Comitato tecnico di indirizzo e vigilanza (organismo di governance dell'Accordo) in data 20 dicembre 2024 e perfezionata in data 31 dicembre 2024.
In particolare, è stato richiesto di conoscere:
1) «le motivazioni che avrebbero determinato la riprogrammazione dei fondi dell'accordo di coesione della Regione Siciliana» già destinati agli asili nidi e rifinalizzati all'assistenza tecnica per la spesa dei fondi per lo sviluppo e la coesione;
2) «se non si intendano adottare iniziative volte a riconsiderare l'accordo di coesione e mantenere la destinazione dei fondi agli asili nido al fine di dare centralità a progetti volti a sostenere le famiglie e la natalità.».
Tanto premesso, in ordine ai quesiti sopra riferiti si rappresenta che, in sede di riprogrammazione delle risorse dell'Accordo di coesione della Regione Siciliana, si è provveduto ad espungere gli interventi di rifunzionalizzazione di immobili da destinare ad asili nido nei comuni di Marsala, San Giuseppe Jato e Grammichele, per un valore complessivo di circa 2,6 milioni di euro, in quanto detti interventi risultano già finanziati nell'ambito delle misure previste dal PNRR.
Conseguentemente, stante l'impossibilità di riconoscere un doppio finanziamento per la realizzazione di un medesimo intervento, si è provveduto a riallocare le risorse previste dall'Accordo per la coesione.
A tal fine, la Regione Siciliana ha scelto di:
finanziare n. 2 ulteriori interventi di rifunzionalizzazione di immobili per asili nido nei comuni di Comiso e Ravanusa, per un importo complessivo di circa 1,1 milioni di euro;
assegnare le restanti risorse, pari a 1,5 milioni di euro, alle linee di azione relative all'assistenza tecnica e rafforzamento della capacità amministrativa.
Con riguardo alle linee di azioni relative all'assistenza tecnica e rafforzamento della capacità amministrativa, si precisa che, tenuto conto dell'importo di 1,5 milioni di euro sopra menzionato, l'Accordo per la coesione della Regione Siciliana prevede uno stanziamento complessivo di 91 milioni di euro, corrispondente a meno del 2 per cento del totale delle risorse FSC 21-27 dell'Accordo e ben al di sotto della percentuale massima consentita (corrispondente al 4 per cento dell'assegnazione totale di risorse FSC).
Da ultimo, si rappresenta che l'assistenza tecnica e il rafforzamento della capacità amministrativa costituiscono degli strumenti fondamentali per garantire un adeguato supporto alla gestione e all'attuazione di tutti gli interventi e le linee d'azione inseriti nell'Accordo, e, per tale via, assicurare il raggiungimento dei risultati attesi e il rispetto dei vincoli temporali stabiliti nel piano finanziario, escludendo il rischio di revoca delle risorse. Ciò a beneficio di tutti i progetti previsti nell'ambito dell'Accordo, ivi inclusi quelli volti al sostegno delle famiglie e della natalità.
Il Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione: Tommaso Foti.
LOMUTI. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
su impulso dell'allora Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, Carlo Azeglio Ciampi, nel 1998 fu istituito il «Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e di Coesione» (DPS), in attuazione dell'articolo 119 comma 5 della Costituzione, per supportare gli interventi volti al riequilibrio economico e sociale delle aree meno sviluppate del Paese;
nel 2006, il suddetto dipartimento, prese il nome di «Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica» e dato in avvalimento al Ministero per la coesione sociale;
il Dipartimento venne poi soppresso nel 2013 e le sue funzioni vennero trasferite all'Agenzia per la Coesione Territoriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
con decreto del Presidente del Consiglio del 10 novembre 2023, venne soppressa l'Agenzia per la Coesione e le funzioni vennero trasferite al «Dipartimento per le Politiche di Coesione e per il Sud» della Presidenza del Consiglio;
l'Agenzia per la Coesione Territoriale, nei suoi anni di funzione, ha prodotto i dati dei conti pubblici territoriali, facilmente fruibili nel sito internet dell'Agenzia;
in questi conti, vennero ripartite le spese correnti per circa 1.103,00 miliardi di euro per le 21 regioni italiane e province autonome. Da una loro analisi, si rileva facilmente come la tanto predicata abnorme spesa al Sud sia nel concreto una falsa rappresentazione molto lontana dalla realtà. La Valle d'Aosta, ad esempio, nel 2021 ha avuto una spesa pubblica pro capite di 36.208 euro, la Lombardia di 20.703, la provincia autonoma di Bolzano 28.710, mentre la Campania solo di 13.875 euro;
nel loro complesso, i dati (la cui pubblicazione è ferma all'anno 2021) mostrano una differenza di spesa pubblica nettamente a sfavore del Mezzogiorno;
la correlazione con le entrate tributarie, anch'esse ripartite per le 21 regioni e province autonome, mostra che già oggi, dove esiste maggiore entrata tributaria, c'è maggiore spesa pubblica e addirittura conferma che le spese per la coesione sociale sono maggiori dove maggiore è il PIL pro capite;
tali rilievi sono importanti nella discussione inerente alla legge a prima firma del Ministro Calderoli in materia di cosiddetta autonomia differenziata e livelli essenziali delle prestazioni, per arrivare a scelte il più possibile consapevoli, trasparenti e motivate –:
se tra le competenze trasferite tramite decreto del Presidente del Consiglio del 10 novembre 2023, ci sia anche l'aggiornamento del sito internet dell'Agenzia;
quali siano le ragioni del ritardo nella pubblicazione dei dati dei conti pubblici territoriali, pubblicati dal richiamato sito, riguardo agli anni 2022 e 2023;
quando questi saranno aggiornati e resi disponibili e quali siano le ragioni per le quali questi dati non saranno aggiornati e resi pubblici.
(4-04163)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante ha chiesto al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione e al Ministro dell'economia e delle finanze di conoscere in merito all'aggiornamento dei dati rilevati dal Sistema dei conti pubblici territoriali.
In particolare, l'interrogante pone i seguenti quesiti:
se con il decreto del Presidente del Consiglio del 10 novembre 2023, che ha soppresso l'Agenzia per la coesione e trasferito le relative competenze al Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, sia stata trasferita al medesimo Dipartimento anche l'attività di aggiornamento del sito internet dell'Agenzia, con particolare riferimento ai dati dei conti pubblici territoriali;
quali siano le ragioni del ritardo nella pubblicazione dei dati dei conti pubblici territoriali, relativamente agli anni 2022 e 2023 e quando gli stessi potranno essere resi disponibili.
Al riguardo, si rappresenta che, a seguito della soppressione dell'Agenzia per la coesione territoriale, in forza delle previsioni di cui all'articolo 50 del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, e del trasferimento delle relative funzioni al Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, come disciplinato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2023 e successive modifiche e integrazioni, la gestione del sistema dei conti pubblici territoriali (Cpt) è attualmente di titolarità dell'ufficio IV del citato Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, sul cui sito istituzionale sono reperibili tutti i dati e tutte le informazioni già pubblicate sul sito della soppressa Agenzia.
Quanto alla pubblicazione dei dati relativi ai Conti pubblici territoriali afferenti agli anni 2022 e 2023, si rappresenta che, a seguito della soppressione dell'Agenzia per la coesione territoriale, non vi è stata alcuna soluzione di continuità né nell'attività di rilevazione da parte dei nuclei Cpt regionali, né in quella di analisi e di verifica degli stessi da parte del subentrante dipartimento.
Cionondimeno, le attività di analisi e di verifica dei dati rilevati dai nuclei Cpt regionali, attualmente in fase di conclusione, sono state condizionate sia dalla riorganizzazione del dipartimento per le politiche di coesione e per il sud, resasi necessaria a seguito del trasferimento allo stesso di tutte le attività e le funzioni già di titolarità dell'agenzia per la coesione territoriale, sia dalla circostanza che le stesse hanno riguardato contemporaneamente gli anni 2022 e 2023 e, dunque, un numero di dati e di informazioni estremamente elevato.
Da ultimo, si comunica che i dati dei Conti pubblici territoriali (Cpt) relativi alle annualità sopra indicate, nonché quelli afferenti all'anno 2024 e successivi, saranno resi disponibili non più sul solo sito istituzionale del dipartimento per le politiche di coesione e per il sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, ma anche sul portale web unico nazionale per la trasparenza delle politiche di coesione OpenCoesione (www.opencoesione.gov.it) gestito dal medesimo dipartimento.
Il Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione: Tommaso Foti.
MANZI, SARRACINO, ORFINI, BERRUTO, FORATTINI, VACCARI, IACONO, GRIBAUDO, LAI, DI BIASE, CASU, TONI RICCIARDI, MALAVASI, GIRELLI, GHIO, ASCANI, SCARPA, MARINO, SIMIANI e SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione e del merito. – Per sapere – premesso che:
proprio perché ritenuti responsabili dell'aggravamento del divario fra Nord e Sud, da oltre cinquant'anni, in Italia non vi sono più stipendi differenziati su base regionale o provinciale per prestazioni di lavoro dello stesso tipo;
tale evoluzione culturale, in più riprese, ad avviso degli interroganti, è stata messa in discussione dall'Esecutivo: nel febbraio 2023, a pochi mesi dall'insediamento, il Ministro Valditara ipotizzava di varare stipendi diversi per gli insegnanti a seconda delle zone dove prestano servizio e – in fase di approvazione della proposta di legge delega sul salario minimo – il Governo si è sostanzialmente impegnato, con l'approvazione di un ordine del giorno, a firma del Gruppo Lega, ad introdurre una «quota variabile» di stipendio per i dipendenti pubblici, in particolare nel settore scolastico;
tali proposte, che vanno nella stessa direzione del progetto di autonomia differenziata, prefigurano la volontà dell'Esecutivo di far rientrare anche l'istruzione tra le materie oggetto di trasferimento dallo Stato alle regioni, con il rischio di avviare un processo di regionalizzazione della scuola che deve, invece, continuare ad essere nazionale e pubblico, presidio insostituibile per garantire e rafforzare l'unitarietà dello Stato, senza penalizzare ulteriormente le regioni del Sud a vantaggio di quelle del Nord;
lo Stato già investe per un cittadino del Nord circa 18 mila euro l'anno, mentre per un cittadino del Mezzogiorno circa 13 mila euro; anche solo portare, con un atto di indirizzo, il tema delle «gabbie salariali» ad avviso degli interroganti conduce a classificare come inferiori i cittadini del meridione e delle aree interne;
preoccupa l'impostazione dell'ordine del giorno di cui in premessa perché secondo gli interroganti mina ad indebolire l'intero comparto del pubblico impiego, partendo da sanità e scuola, puntando sulla disarticolazione salariale su base territoriale;
una riflessione sulle retribuzioni variabili per i docenti, in base al territorio, produrrebbe discriminazioni inaccettabili, legittimando la presenza di scuole di serie A e scuole di serie B. Una tale proposta avrebbe l'effetto di accentuare ancora di più l'esodo degli insegnanti del Sud verso istituti del Nord, producendo un danno incalcolabile per il sistema scolastico del Mezzogiorno;
la questione relativa alla retribuzione dei docenti rimane tuttavia un'emergenza da affrontare partendo non dalle differenze di costi che gli insegnanti sostengono a seconda di dove vivano, ma dalle retribuzioni che rimangono tra le più basse dell'Unione europea;
l'ultimo rapporto promosso dall'Ocse, che analizza e confronta i sistemi scolastici dei principali Paesi d'Europa e del mondo, conferma il dato negativo delle retribuzioni degli insegnanti italiani che risultano essere molto distanti rispetto a quelle dei colleghi degli altri Paesi. Queste differenze sono presenti ed evidenti in tutti i gradi di scuola, dalla scuola dell'infanzia alle scuole superiori;
le risorse previste per i rinnovi contrattuali nella legge di bilancio, presentata dal Governo, che pure sono presenti, non sono assolutamente sufficienti a coprire l'inflazione di questi anni –:
se e in che termini i Ministri interrogati intendano dare seguito all'impegno assunto in fase di approvazione dell'ordine del giorno in premessa e – in ogni caso – quali iniziative di competenza intendano attuare a garanzia della contrattazione collettiva nazionale del pubblico impiego, scongiurando ogni forma di discriminazione retributiva territoriale, in particolare al fine di dare centralità al comparto, a partire da quello dell'istruzione, anche avviando iniziative volte a reperire risorse adeguate ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo, e a definire incarichi e progressione di carriera del personale scolastico, attraverso un incremento, stabile, delle risorse stanziate dall'articolo 1, comma 561, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) per il rinnovo contrattuale.
(4-04486)
Risposta. — L'interrogante, con l'atto di sindacato ispettivo in esame, chiede di conoscere gli intendimenti del Governo circa l'impegno programmatico assunto mediante approvazione di un ordine del giorno del Governo, relativo all'introduzione di una «quota variabile» di stipendio per i dipendenti pubblici differenziato in ragione geografica, nonché quali iniziative si intendano attuare a garanzia della contrattazione collettiva del pubblico impiego, al fine di recuperare il gap retributivo sussistente, in particolare, nel comparto dell'istruzione.
In merito, giova chiarire, in via preliminare, che il trattamento giuridico ed economico del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni è regolato dai contratti collettivi sulla base della legge e, nello specifico, anzitutto dal decreto legislativo n. 165 del 2001.
In particolare, la retribuzione, corrisposta in ragione della prestazione lavorativa erogata, è composta da varie voci individuate e regolate dal contratto collettivo nazionale di riferimento, stipulato per ciascun settore della pubblica amministrazione come individuato dalla legge (nel caso del personale cosiddetto ad ordinamento pubblicistico, come forze di polizia, forze armate o vigili del fuoco) ovvero direttamente dalle parti sociali attraverso appositi accordi collettivi (comparti, per il personale dipendente non dirigente, e di area, per il personale con qualifica dirigenziale o equiparata).
I contratti collettivi, nell'ambito delle disponibilità economiche appositamente definite, individuano direttamente l'importo della voce retributiva corrispondente al trattamento economico fondamentale (stipendio tabellare) ed individuano e regolano l'esistenza delle ulteriori voci retributive collegate allo svolgimento del rapporto di lavoro che intercorre con la singola amministrazione, corrisposte a titolo di trattamento accessorio. Queste ultime vengono concretamente definite tramite la contrattazione collettiva di secondo livello, previsto per singola amministrazione o per gruppi di amministrazioni omogenee. Quindi le voci accessorie della retribuzione sono definite dalla contrattazione di secondo livello o «integrativa», sulla base, in ogni caso, delle previsioni e della «cornice» definita dagli stessi contratti collettivi nazionali.
Premesso l'attuale quadro normativo e contrattuale vigente, si evince come l'impegno programmatico contenuto nell'ordine del giorno oggetto della presente interrogazione, non essendo collegato a specifiche modifiche normative della struttura della retribuzione e delle fonti che ne prevedono la disciplina, non intenda intervenire sull'assetto vigente, ledendo il principio dell'uguaglianza retributiva a parità di prestazioni lavorative in ogni settore contrattuale. Immutato il regime delle fonti, si pone invece l'obiettivo di valorizzare la contrattazione collettiva di secondo livello nel cui ambito potranno trovare accoglimento le esigenze specifiche dei diversi contesti territoriali e delle singole amministrazioni.
Ne discende che il contratto collettivo nazionale di lavoro è – e rimane – centrale rispetto alla definizione della retribuzione del lavoratore, dovendosi escludere l'ipotesi della reintroduzione del modello delle cosiddette «gabbie salariali». Ferma restando l'autonomia delle parti sociali in sede contrattuale, è invece la sede decentrata che potrà meglio articolare, nell'ambito delle disposizioni di legge e delle disponibilità finanziarie, le componenti accessorie della retribuzione, che potranno tenere conto delle esigenze peculiari sussistenti, per rispondere alle esigenze del personale impegnato sul territorio che costituisce il luogo dell'ambientazione della specifica prestazione lavorativa.
È, quindi, con la contrattazione di secondo livello e nell'ambito delle risorse date, definite dai Ccnl, che è possibile riconoscere, in modo coerente, le peculiarità dell'area in cui viene svolta l'attività lavorativa, valorizzare il merito e l'impegno individuale, e rispondere alle esigenze specifiche derivanti dai territori.
Rispetto poi alla richiesta di reperimento di adeguate risorse atte ad innalzare le retribuzioni, si evidenzia come, pur nell'ambito delle contingenze della situazione economica nazionale, soggetta alla congiuntura sfavorevole, sia la legge di bilancio per l'anno 2024, sia la legge di bilancio per l'anno 2025 hanno individuato le risorse da destinare al rinnovo dei contratti collettivi nazionali dei dipendenti pubblici. In particolare, per l'anno 2024, sono stati stanziati oltre 8 miliardi di euro per il rinnovo dei contratti nazionali relativi al triennio 2022-2024 (cioè un terzo di tutte le risorse disponibili in manovra, buona parte delle quali finanziate a debito). Per effetto di tali rinnovi, complessivamente, i pubblici dipendenti percepiranno un incremento retributivo percentuale di quasi due punti in più rispetto a quanto previsto dai precedenti Governi per i contratti relativi alla tornata 2019-2021.
Per l'anno 2025, per la prima volta viene disposto il finanziamento dei rinnovi contrattuali in anticipo rispetto alla formale scadenza del triennio di contrattazione (2025-2027) e si provvede già ad allocare specifiche risorse per il rinnovo che riguarderà il triennio 2028-2030. Gli stanziamenti determineranno un aumento delle retribuzioni dell'1,8 per cento per ciascuno degli anni del triennio 2025-2027, dell'1,9 per cento nel 2028 e del 2 per cento per ciascuno degli anni del biennio 2029-2030.
Gli stanziamenti approvati dimostrano, ancora una volta, l'impegno significativo e continuativo posto in essere dall'attuale Governo al fine di migliorare le condizioni di lavoro pubblico, dando continuità alla contrattazione nazionale e rappresentando il giusto riconoscimento al personale e nel caso di specie, in particolare, al personale del comparto dell'Istruzione.
Il Ministro per la pubblica amministrazione: Paolo Zangrillo.
ONORI, PASTORELLA, BENZONI, SOTTANELLI e RUFFINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il diritto internazionale umanitario, sancito dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai loro Protocolli aggiuntivi, garantisce la protezione dei civili e del personale sanitario durante i conflitti armati, in particolare agli articoli 18-19 della IV Convenzione di Ginevra e agli articoli 12 e 16 del I Protocollo aggiuntivo del 1977;
secondo un report dell'organizzazione mondiale della sanità Oms del 28 dicembre 2024, il Kamal Adwan Hospital, ultima struttura sanitaria operativa nel Nord di Gaza, è stato distrutto, causando l'interruzione totale dei servizi sanitari nella regione e il trasferimento forzato di pazienti critici, personale sanitario e caregiver verso strutture inadeguate o già danneggiate, con grave rischio per la loro incolumità e sopravvivenza;
l'Oms ha inoltre documentato almeno 50 attacchi contro strutture sanitarie e personale medico nei pressi dell'ospedale dall'ottobre 2023, configurando gravi violazioni del diritto internazionale umanitario;
un rapporto dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) del 31 dicembre 2024 ha denunciato un modello di violenza arbitraria contro ospedali e operatori sanitari a Gaza, a ulteriore aggravio della crisi sanitaria e umanitaria in atto;
tali azioni compromettono l'accesso ai servizi sanitari per decine di migliaia di persone, con pesanti conseguenze per la salute pubblica e i diritti fondamentali di un'intera comunità –:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario, proteggere il sistema sanitario di Gaza e ripristinarne le capacità operative, anche attraverso il coordinamento con partner internazionali, garantendo in particolar modo priorità all'assistenza delle vittime e dei pazienti critici.
(4-04109)
Risposta. — Sin dall'inizio del conflitto nella Striscia, il Governo italiano ha sempre ribadito a tutte le parti coinvolte il proprio appello per il rispetto del diritto internazionale umanitario.
L'Italia ha coordinato numerosi esercizi in materia. Penso alla lettera inviata a maggio 2024 all'allora Ministro degli esteri israeliano Katz, a firma del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Tajani, insieme agli omologhi di altri 12 Paesi, in cui si suggerivano, tra le altre, misure concrete per potenziare meccanismi di tutela di civili e personale umanitario e per incrementare gli aiuti.
Si tratta di temi che hanno trovato ampio spazio in tutti i comunicati dei leader e dei Ministri degli esteri del G7 sul Medio oriente e che abbiamo affrontato, in qualità di Presidenza G7, insieme ai Paesi del Quintetto arabo a Fiuggi, durante l'ultima ministeriale esteri tenutasi il 26 novembre 2024.
Sin dall'inizio della crisi, l'Italia è stata inoltre in prima linea per contribuire alla risposta umanitaria a favore della popolazione civile palestinese.
Come ricordato in più occasioni dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Tajani, la priorità del Governo italiano è chiara: fare tutto il possibile per alleviare le sofferenze della popolazione civile presente nella Striscia.
Sul piano finanziario, a partire dal 7 ottobre 2023, abbiamo stanziato oltre 106 milioni di euro per interventi umanitari e di immediata ripresa a sostegno della popolazione palestinese, per rispondere al conflitto nella Striscia e per lo sviluppo della Cisgiordania. In particolare, in quanto Vice Ministro delegato alla cooperazione allo sviluppo, ho stanziato 80 milioni di euro quale specifica risposta all'emergenza umanitaria.
Particolare attenzione è stata prestata agli aiuti alimentari e sanitari nella Striscia. Ne è un esempio l'iniziativa «Food for Gaza», lanciata dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Tajani, l'11 marzo 2024, con l'obiettivo di garantire l'invio di aiuti alimentari e sanitari a Gaza, coinvolgendo il Programma alimentare mondiale (PAM), l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), la Federazione internazionale delle società di Croce rossa e Mezzaluna rossa (FICROSS) e le componenti del sistema Paese.
È un progetto che ha il pieno sostegno di Israele e dell'Autorità nazionale palestinese. Proprio nel corso del Consiglio di associazione Unione europea-Israele del 24 febbraio 2025, il Ministro degli esteri israeliano Sa'ar ha indicato «Food for Gaza» come modello da seguire.
L'iniziativa si è fin dall'inizio sviluppata su diversi canali operativi, dalla consegna di beni, al supporto logistico, ai finanziamenti per iniziative degli organismi internazionali coinvolti, con l'obiettivo in prospettiva di contribuire anche alla ricostruzione materiale e sociale della Striscia.
Per questo abbiamo deciso di lavorare per allargarne i settori di intervento immediato. In ambito sanitario, abbiamo disposto vari trasporti umanitari, assicurando ad oggi l'uscita da Gaza di 89 minori palestinesi e relativi nuclei familiari, per essere curati presso diversi ospedali italiani. L'Italia ha anche contribuito al programma FICROSS «Health for Gaza», parte integrante dell'iniziativa «Food for Gaza», che prevede il rafforzamento delle attività della Federazione in ambito sanitario a favore della popolazione palestinese.
Nelle prossime fasi ci sarà un'attenzione particolare proprio al settore della salute. A seguito dell'ultima missione, del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli esteri Tajani ad Ashdod, insieme al Ministro dell'università e della ricerca Bernini, un team medico del Policlinico Umberto I di Roma e dell'ospedale Regina Margherita di Torino si sono recati in Cisgiordania per rafforzare il dialogo con l'Autorità palestinese nell'identificazione dei bisogni, con focus su settori prioritari come ortopedia, ostetricia, protesica.
Nel quadro dei pacchetti disposti a favore della popolazione palestinese, in campo sanitario l'Italia ha inoltre contribuito alle attività dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) e del Comitato internazionale della Croce rossa (CICR) per interventi che si estendono dalla salute materna ai servizi assistenziali salvavita, all'assistenza sanitaria e alla prevenzione delle malattie. Sono inoltre attualmente in negoziato due accordi per contributi a favore dell'Autorità palestinese nel settore della salute per 3,5 milioni di euro.
Tutte queste iniziative sono state portate avanti con successo grazie all'intensa attività diplomatica del Governo, che ha saputo mantenere ottimi rapporti con tutti gli interlocutori nella regione: Israele, Autorità palestinese, Egitto e Giordania.
Nell'auspicio che l'accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza possa reggere, il Governo intende rafforzare il proprio impegno e valutare nuovi interventi per contribuire a ripristinare una piena assistenza umanitaria e sanitaria a Gaza.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
RAVETTO e CAVANDOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 13 gennaio 2025 la Corte di assise di Modena ha condannato a trenta anni di reclusione Salvatore Montefusco, imputato per aver ucciso a fucilate moglie e figlia di lei il 13 giugno 2022; non è stato condannato all'ergastolo, bensì a 30 anni di carcere, perché, secondo la Corte di Assise di Modena, aveva «motivi umanamente comprensibili» per i due femminicidi commessi;
da notizie di stampa, infatti, pare che nella motivazione siano state considerate le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti: «arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate»;
la Procura di Modena aveva chiesto per lui l'ergastolo, ma i giudici hanno concesso le attenuanti generiche equivalenti rispetto alle aggravanti riconosciute (i legami familiari e l'aver commesso il fatto davanti al figlio minore della coppia); sono state escluse premeditazione, motivi abietti e futili e la crudeltà. I giudici hanno ritenuto assorbiti i maltrattamenti nell'omicidio;
qualora quanto finora riportato a mezzo stampa trovasse conferma, quello che emerge come messaggio dalla sentenza con cui la Corte di assise di Modena ha condannato a 30 anni – e non all'ergastolo – Salvatore Montefusco, reo di duplice femminicidio, è la vanificazione di leggi come il codice rosso e il lavoro di prevenzione, mandando messaggi culturali devastanti;
dalla narrazione dei media sembrerebbe, infatti, che i giudici non abbiano riconosciuto la specificità della violenza contro le due donne e dunque il duplice femminicidio; addirittura, – stando sempre alla sintesi riportata a mezzo stampa – secondo i giudici il movente è da riferirsi «alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione ed enorme frustrazione vissuta dall'imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell'ambito del ménage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l'abitazione familiare»; cioè secondo i giudici la circostanza che Gabriela Trandafir, la moglie vittima di femminicidio, abbia chiesto al marito di andarsene di casa, possa aver in qualche modo provocato la reazione violenta di lui; a parere dell'interrogante le motivazioni della Corte d'Assise di Modena rappresentano un oltraggio alle donne, costituiscono un pericoloso precedente nel contrasto alla violenza di genere ed esprimono tutto il pregiudizio con cui alla fine si giustifica la violenza maschile –:
se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative di carattere normativo volte ad evitare che, in caso di femminicidio, si possa pervenire a esiti analoghi a quelli richiamati in premessa, e in particolare al fine di introdurre, specificamente per tali casi, limiti più stringenti al bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti.
(4-04079)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, il deputato interrogante – traendo spunto da notizie di stampa relative al duplice femminicidio commesso il 13 giugno 2022 da Salvatore Montefusco nei confronti della moglie e della di lei figlia e, in particolare, condannato dalla Corte di assise di Modena a «30 anni di carcere» a fronte della richiesta di ergastolo avanzata dalla procura di Modena — solleva specifico quesito in ordine «ad iniziative di carattere normativo volte ad evitare che, in caso di femminicidio, si possa pervenire a esiti analoghi a quelli richiamati in premessa, e in particolare al fine di introdurre, specificamente per tali casi, limiti più stringenti al bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti».
Sulla specifica vicenda giudiziaria, con nota del 3 febbraio 2025, il presidente del tribunale di Modena, opportunamente interpellato dalla competente articolazione ministeriale, ha trasmesso la relazione che, per completezza di esposizione, si riporta integralmente di seguito.
«Il 9.10.2024 è stata pronunciata dalla Corte di assise di Modena, sentenza di condanna a carico di Salvatore Montefusco. In data 9.1.2025, entro i termini di legge, è stata depositata la relativa motivazione, che consta di 213 pagine [...]. Il Montefusco è stato condannato alla pena di anni 30 di reclusione nonché alle pene accessorie di legge. Lo stesso è stato ritenuto responsabile dei delitti di omicidio aggravato:
1. dall'essere una delle vittime legata al predetto da rapporto di coniugio;
2. in quanto il delitto veniva commesso in presenza del minore Salvatore Montefusco Junior, figlio dell'imputato e di una delle vittime, all'epoca diciassettenne;
3. ulteriormente aggravato ex art. 576, comma 1, n. 5 c.p. per l'assorbimento del delitto di maltrattamenti in famiglia nel reato complesso circostanziato di omicidio ex art. 576, comma 1, n. 5 c.p., in quanto integrato in occasione della commissione del delitto di maltrattamenti previsto dall'articolo 572 c.p.
L'istruttoria, consistita nella escussione di 41 persone nella veste di testimoni e consulenti tecnici, ha permesso di accertare la ricorrenza del delitto di maltrattamenti in famiglia, ex art. 572 c.p., come integrato in condizione di reciprocità sia dall'imputato Montefusco che da entrambe le vittime [...]. Si riporta un passo della motivazione avente ad oggetto l'accertata ricorrenza dei maltrattamenti reciproci: "[...] Tutte le predette condotte agite reciprocamente da ciascuna parte in danno dell'altra, sono state obiettivamente lesive della integrità fisica del Montefusco e della sfera morale di tutti e tre soggetti; hanno indubitabilmente reso oltremodo dolorose per tutti gli abitanti della villa [...], le relazioni familiari; attraverso l'offesa del decoro e della dignità delle rispettive persone, hanno determinato quelle sofferenze morali e quello stato di soggezione reciproca e di completo svilimento ben descritti da tutte le testimonianze in atti". Risulta altresì dagli atti che, a differenza delle due persone offese che non avevano mai denunciato di aver subito dall'imputato alcuna violenza fisica, il Montefusco era stato due volte aggredito dalle predette riportando lesioni personali refertate con attestazioni dei sanitari del pronto soccorso, ritualmente versate in atti, la cui integrazione veniva confermata dai testi escussi sul punto. Nella ipotesi di accertata reciprocità dei maltrattamenti, la Corte di cassazione aveva avuto modo di precisare, nel recente passato, come il reato ex art. 572 c.p. non ricorresse qualora le violenze, le offese e le umiliazioni fossero state reciproche, con un grado di gravità e intensità equivalenti (Cass. sez. 6, n. 4935 del 23/1/2019, Rv. 274617). [...] La Corte di assise, tuttavia, ha aderito al più recente e condivisibile arresto giurisprudenziale della Suprema Corte, foriero di conseguenze deteriori per l'imputato avendone comportato la condanna per il predetto titolo, che, escludendo la fondatezza della dianzi esposta esegesi, riteneva configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche nel caso, analogo a quello che oggi ci occupa, in cui le condotte violente e vessatorie fossero poste in essere dai familiari in danno reciproco gli uni degli altri, evidenziando come la norma incriminatrice non preveda il ricorso a forme di sostanziale autotutela, mediante un regime di "compensazione" fra condotte penalmente rilevanti reciprocamente poste in essere (Cassazione penale sez. III n. 12026 del 24/01/2020). E, per l'effetto, la Corte di assise ha ritenuto il Montefusco responsabile, oltre che del duplice omicidio aggravato, altresì dei maltrattamenti nei confronti delle due parti offese, se pure integrati attraverso una sola quota parte delle vessazioni psichiche allo stesso addebitate al capo d) della epigrafe, e cioè quelle in effetti accertate. La Corte di assise, indi, in ossequio al principio espresso dalla Suprema Corte di cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 38402/2021 e ribadito con la sentenza 24/10/2023, n. 10592, ha riconosciuto nel caso di specie, la ricorrenza della aggravante speciale del delitto di omicidio volontario, ex art. 576, comma 1, n. 5 c.p., che comporta la pena dell'ergastolo [...]. Sono state escluse le aggravanti della premeditazione, quella dei motivi abietti e futili e quella di aver adoperato sevizie in quanto la Corte di assise ha ritenuto non ricorrenti i presupposti di legge per il loro riconoscimento. La Corte di assise ha poi ritenuto di concedere all'imputato le attenuanti c.d. generiche ex articolo 62-bis c.p. attribuendo alle stesse pari valenza rispetto alle residue aggravanti contestate. Le attenuanti generiche sono state riconosciute in virtù della sostanziale incensuratezza del prevenuto, che riporta sul casellario giudiziale di pertinenza una condanna per fatti di bancarotta integrati nell'anno 2016; per la confessione; per il buon contegno processuale; nonché per la peculiare situazione familiare, caratterizzata da maltrattamenti reciproci, nel cui contesto anche l'imputato è stato vessato e umiliato, come ben hanno rappresentato le prove raccolte in dibattimento, tra le quali si segnalano le dichiarazioni rese dall'unico testimone diretto e oculare degli accadimenti avvenuti tra le mura domestiche. [...] L'inciso relativo alla concessione delle attenuanti generiche equivalenti anche "in ragione della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l'autore a commettere il fatto reato, è stato decontestualizzato dagli organi di stampa dalla complessiva struttura motivazionale, con l'esito di tradirne il reale significato che pure si evince in modo evidente dalla narrazione del paragrafo in cui esso risulta inserito. La predetta espressione indica che, a seguito dell'espletamento della intera istruttoria dibattimentale e segnatamente all'esito della escussione dei testi addotti, è emerso in modo "intellegibile" alla ragione umana, il contesto di disagio e sofferenza nel quale è maturato il proposito omicida, elemento che, pur ovviamente non costituendo in alcun modo neanche una parvenza di giustificazione dell'azione delittuosa, necessitava di essere considerato in punto di determinazione e di graduazione della pena. Tale contesto, come già indicato, si è concretizzato in tutta quella serie di condotte unilaterali e reciproche che, susseguitesi nel tempo e cumulativamente considerate, se pure non abbiano integrato la provocazione per il lampante difetto di proporzionalità tra offesa e difesa, hanno costituito un significativo fattore di determinazione della condotta criminosa integrata dall'imputato. La Corte costituzionale, con la sentenza in data 30.10.2023, n. 197 pure citata nel corpo della motivazione Montefusco in correlazione con l'inciso soggetto a censura, dichiarava la illegittimità costituzionale dell'art. 577, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui vietava al giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti di cui agli artt. 62, primo comma, numero 2), e 62-bis cod. pen., in tal senso argomentando: "Non l'intensità della spinta psicologica è infatti decisiva ai fini del giudizio di minore colpevolezza, ma la valutazione in termini di umana comprensibilità delle ragioni che spingono il soggetto ad agire, seppure in maniera contraria alla legge penale". Il predetto inciso utilizzato dalla Corte costituzionale, lungi dall'intendersi quale espressione di una inclinazione del giudice a giustificare razione delittuosa, meramente descrive la possibilità per la ragione umana di "intelligere" i motivi e i meccanismi che abbiano condotto l'imputato a delinquere in ogni singolo caso di specie esaminato a fini processuali. Motivi e meccanismi su cui il giudice ha l'obbligo di indagare, onde appurarli e vagliarli al fine sia dell'eventuale riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e del loro bilanciamento, che della corretta applicazione dell'art. 133 c.p. che afferma come, nell'esercizio del potere discrezionale di determinazione della pena, si debba tener conto anche della capacità a delinquere del colpevole, desunta dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; dai precedenti penali e giudiziali e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; dalla condanna contemporanea e susseguente al reato; dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo. Intendendosi per motivi a delinquere, secondo il costante e pacifico orientamento giurisprudenziale espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, quelle cause psichiche, quei meccanismi psicologici, quelle ragioni, quelle spinte, quegli stimoli, in altri termini, quegli impulsi che hanno indotto, nei singoli casi di specie, i soggetti imputati, a delinquere».
Tanto premesso sulla specifica vicenda giudiziaria, il contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica è da tempo all'attenzione del legislatore, il quale ha costruito – specie negli ultimi anni – un solido impianto normativo, lavorando con continuità, pur nel succedersi delle diverse compagini governative, con la più ampia e trasversale convergenza politica.
Nonostante l'incessante impegno, i numeri di questo fenomeno continuano ad essere drammaticamente significativi, sintomo che le misure già esistenti non sono ancora sufficienti a prevenirlo e a contrastarlo in maniera adeguata.
Alla luce dell'aumento esponenziale dei numeri di questo fenomeno, questo Governo è intervenuto, con vigore e determinazione, approvando, in occasione della riunione del 7 marzo scorso del Consiglio dei ministri, il disegno di legge proposto dal Ministro della giustizia, dal Ministro dell'interno, dal Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità e dal Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, per rispondere, in modo più ampio e sistematico, alle esigenze di tutela contro il fenomeno di drammatica attualità delle condotte e manifestazioni di prevaricazione e violenza commesse nei confronti delle donne.
Il disegno di legge introduce la nuova fattispecie penale di femminicidio che viene sanzionata con la pena dell'ergastolo. In particolare, si prevede che sia punito con tale pena chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l'esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l'espressione della sua personalità.
In linea con tale intervento, le stesse circostanze di commissione del reato sono introdotte quali aggravanti per i delitti più tipici di codice rosso, con la previsione di un aumento delle pene previste di almeno un terzo e fino alla metà o a due terzi, a seconda del delitto.
Inoltre, il testo prevede: - l'audizione obbligatoria della persona offesa da parte del pubblico ministero, non delegabile alla polizia giudiziaria, nei casi di codice rosso; - specifici obblighi informativi in favore dei prossimi congiunti della vittima di femminicidio; - il parere, non vincolante, della vittima in caso di patteggiamento per reati da codice rosso e connessi obblighi informativi e onere motivazionale del giudice; - nei casi in cui sussistano esigenze cautelari, l'applicazione all'imputato della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari.
Il disegno di legge, interviene, altresì, sui benefici penitenziari per autori di reati da codice rosso, mentre introduce, in favore delle vittime di reati da codice rosso, un diritto di essere avvisate anche dell'uscita dal carcere dell'autore condannato, a seguito di concessione di misure premiali; rafforza, infine, gli obblighi formativi dei magistrati, previsti dall'articolo 6, comma 2, della legge n. 168 del 2023, ed introduce una disposizione di coordinamento che prevede l'estensione al nuovo articolo 577-bis dei richiami all'articolo 575 contenuti nel codice penale.
In definitiva, questo Governo continuerà in questa direzione al fine di rendere più efficaci le azioni di protezione preventiva, rafforzare le misure contro la reiterazione dei reati in danno delle donne e la recidiva, migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
ANDREA ROSSI, MALAVASI, VACCARI, MEROLA, BAKKALI, DE MARIA, DE MICHELI e GNASSI. — Al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:
la forte ondata di maltempo che negli ultimi giorni ha colpito il Centro-Nord del Paese ha particolarmente interessato l'Emilia-Romagna con violente precipitazioni;
numerosi sono i disagi occorsi alle popolazioni dei territori appenninici delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna con anche una vittima;
diversi corsi d'acqua sono esondati e molte aree sono state interessate da frane, strade e ferrovie interrotte, case allagate, cittadini evacuati, impianti industriali danneggiati e coltivazioni agricole compromesse;
straordinario è stato l'impegno dei soccorritori, della regione Emilia-Romagna e della protezione civile con la colonna mobile tempestivamente giunta sui luoghi d'emergenza che hanno fatto tutto il possibile per mettere in sicurezza le persone;
le piene dei fiumi in queste ore sono costantemente monitorate in quanto per la portata d'acqua possono determinare ancora danni ai territori con enorme mole di detriti e fango trascinati a valle –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda attivare al fine di sostenere le comunità colpite dalla intensa ondata di maltempo procedendo al riconoscimento dello stato di calamità naturale come richiesto dalle istituzioni e dalle forze economiche e sociali dei territori interessati.
(4-04548)
Risposta. — Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 7 agosto 2024, ha deliberato lo stato di emergenza per la durata di dodici mesi nel territorio delle province di Bologna, Forlì, Cesena, Modena, Parma, Piacenza e Reggio Emilia prevedendo uno stanziamento di euro 21.530.000,00 per l'attuazione dei primi interventi.
Con ordinanza del 13 agosto 2024 è stata disposta la nomina del vicepresidente della regione Emilia-Romagna facente funzioni di Presidente, come Commissario delegato per fronteggiare l'emergenza e, al medesimo, è stata demandata la predisposizione di un Piano di interventi urgenti.
A fronte della proposta trasmessa in data 11 settembre 2024 dal Commissario delegato pari ad euro 21.530.000,00, il Dipartimento della protezione civile ha approvato il 30 settembre 2024, il piano per l'importo di euro 20.941.789,27, rimanendo in attesa di un'ulteriore proposta relativa all'utilizzo della parte residua del finanziamento inizialmente assegnato, pari ad euro 588.210,73.
Il 10 dicembre 2024 il Commissario delegato ha così trasmesso la proposta di rimodulazione del primo stralcio del Piano degli interventi urgenti con riferimento alla somma residua di euro 588.210,73 che, con nota dipartimentale del 24 dicembre 2024, è stata approvata.
Al fine di fronteggiare l'emergenza, è stato quindi approvato il Piano degli interventi urgenti per l'importo di euro 21.530.000,00, pari all'intero importo assegnato con la delibera del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2024.
Il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare: Nello Musumeci.
SCARPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
l'articolo del 26 ottobre 2024 pubblicato da Melting Pot denuncia gravi disservizi delle ambasciate d'Italia nel mondo nelle pratiche di rilascio di visti d'ingresso per motivi familiari. Ad esempio si è riscontrato che alcune ambasciate (in particolare, quella ad Islamabad in Pakistan) accumulano ritardi di oltre un anno nel rilascio del visto di ingresso di familiari a seguito di ottenimento del nulla osta al ricongiungimento familiare rilasciato dalle competenti prefetture italiane, mentre la normativa prevede un termine massimo di 30 giorni per il rilascio del visto di ingresso;
il 4 ottobre 2024 è stata inviata da parte di alcune associazioni una diffida al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dove si legge che sono diverse le condanne subite dal Ministero per i disservizi dell'ambasciata d'Italia ad Islamabad (da ultimo: decreto del 29 agosto 2024 del tribunale di Roma; oppure tribunale di Roma, ordinanza del 21 maggio 2024). Ancor prima, il tribunale di Roma, con la sentenza del 4 aprile 2024, riportava che «è fatto notorio che il sistema di prenotazione degli appuntamenti e di concessione dei visti di ingresso da parte dell'ambasciata d'Italia a Islamabad ha ormai da anni serie problematiche, al punto che è stata predisposta una ispezione dal Ministero degli affari esteri»;
come da ultimo affermato dal Consiglio di Stato, con sentenza del 20 settembre 2024, n. 7704, i termini previsti per i procedimenti relativi al diritto dell'immigrazione godono delle stesse regole previste per i procedimenti relativi ai cittadini italiani. Da qui il corollario che, una volta spirato il termine di legge ed una volta provata la sistematicità del ritardo, la pubblica amministrazione deve essere condannata al ripristino della funzione pubblica;
anche presso altre ambasciate italiane nel mondo si riscontrano analoghi disservizi. Inoltre, sempre nella diffida collettiva già richiamata si legge un'esplicita doglianza nei confronti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in ordine alla sistematica impossibilità di potersi avvalere del potere sostitutivo per lamentare l'inerzia delle singole ambasciate;
un ulteriore dato allarmante è rappresentato dal fatto che in numerose ambasciate vi sia la prassi illegittima di consentire la presentazione della domanda di visto esclusivamente per mezzo delle agenzie private vincitrici delle relative gare di appalto e sono numerose le denunce sia in ordine ai ritardi e disservizi perpetrati dalle agenzie, sia sulle richieste di somme di denaro non dovute. Sul punto la normativa vigente, come confermato dalla giurisprudenza, prevede quale unico responsabile del procedimento la singola ambasciata interessata e, in via gerarchica, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (tribunale di Roma, sentenza del 16 luglio 2024) –:
se il Ministro interrogato abbia piena contezza delle problematiche prassi delle ambasciate italiane nel mondo ed anche dell'ufficio ispettivo del Ministero, che deve attivarsi nei casi di cui all'articolo 2, comma 9-ter legge n. 241 del 1990 (esercizio del potere sostitutivo); quali siano le ragioni e le decisioni dei vertici delle amministrazioni che hanno determinato e determinano sistematici ritardi, mancato esercizio del potere sostitutivo e disservizi in danno dei diretti interessati; se non ritenga, dunque, opportuno ed urgente fare piena luce sui fatti esposti, per quanto di competenza, riguardanti in particolare l'operato dell'ambasciata d'Italia a Islamabad in Pakistan.
(4-03746)
Risposta. — Con riferimento alle procedure di rilascio dei visti d'ingresso per l'Italia e per lo spazio Schengen europeo, le nostre Ambasciate e Consolati si trovano in alcuni casi a operare in contesti particolarmente complessi, soprattutto a causa della forte pressione migratoria e dell'alto numero di documenti falsi presentati dai richiedenti. Attraverso circostanziati controlli documentali, imperativi a livello comunitario, le sedi all'estero si accertano che i soggetti rispettino tutti i requisiti previsti dalla normativa. Le tempistiche di trattazione delle pratiche, pertanto, risentono inevitabilmente anche di queste circostanze.
In particolare, l'Ambasciata d'Italia ad Islamabad, richiamata nella sua interrogazione, sta profondendo rilevanti sforzi al fine di incrementare il numero di richieste di visto trattate, con particolare attenzione a quelle per ricongiungimento familiare.
Per questa categoria, al fine di tutelare il diritto all'unità familiare dei richiedenti, l'Ambasciata ha avviato un programma di smaltimento delle pratiche arretrate, senza perdere di vista l'ordinaria trattazione delle nuove domande, anche per altri tipi di visto (studio, turismo, lavoro, eccetera), i cui volumi in Pakistan sono ragguardevoli.
La comunità pakistana in Italia, con circa 300 mila persone, è la più numerosa nell'Unione europea, seguita da quella in Spagna con circa 120 mila persone. Questo si traduce in un livello crescente di richieste di visto.
Occorre tenere in considerazione anche l'alto livello di rischio migratorio e falsificazione documentale che caratterizza il Paese asiatico, i cui effetti provocano un aggiramento della normativa e l'ingresso irregolare di cittadini pakistani che possono muoversi facilmente all'interno dello spazio Schengen, creando ripercussioni nelle relazioni con gli altri Paesi Schengen.
Nel corso del 2024 l'Ambasciata a Islamabad ha processato in totale 14.580 domande di visto, il 34 per cento in più rispetto all'anno precedente. È un valore in linea con quello delle altre Ambasciate Schengen in Pakistan.
Con riferimento a una delle premesse della sua interrogazione, il ricorso a operatori in regime di esternalizzazione per la sola presentazione delle domande di visto è previsto dall'articolo 43 del Codice comunitario visti (Regolamento CE n. 810/2009, emendato dal Regolamento UE 2019/1155 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019) ed è applicato da tutti i Paesi Schengen.
Tale ricorso a compagnie private (opportunamente selezionate a seguito di procedura ad evidenza pubblica) è uno strumento finalizzato proprio a incrementare la produttività delle Ambasciate e Consolati, a partire da quelle caratterizzate da elevata richiesta di visti. Resta ben inteso che la rappresentanza diplomatico-consolare esercita un attento monitoraggio sulle attività dell'operatore in regime di esternalizzazione e rimane l'unica responsabile del procedimento nella sua interezza, mantenendo il pieno controllo della documentazione richiesta, della fase istruttoria e della decisione finale.
Ogni sede è tenuta a riservare possibilità di accesso per la presentazione di una minima quota di domande di visto direttamente presso i propri uffici; non risultano prassi difformi rispetto a questa previsione.
In merito al potere sostitutivo ex articolo 2, comma 9-bis della legge n. 241 del 1990, questo è esercitato nell'ambito di ciascuna sede all'estero, in linea con le disposizioni sull'autonomia organizzativa delle stesse e in applicazione del principio di sussidiarietà. La richiesta di esercizio di potere sostitutivo può pertanto essere attivata presso la sede estera.
All'Amministrazione centrale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è invece affidata una cruciale funzione ispettiva, volta a verificare l'attività delle, sedi all'estero e a richiedere interventi correttivi in caso di difformità.
Su impulso del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri, on. Tajani, nell'ultimo biennio sono state effettuate complessivamente 136 visite ispettive presso le rappresentanze diplomatico-consolari all'estero (67 nel 2023 e 69 nel 2024). Oltre alle verifiche di carattere generale, le ispezioni hanno riguardato la materia consolare, in particolare visti e cittadinanza.
Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale continuerà a vigilare sull'operato delle sedi all'estero, anche nel perseguimento di una più trasparente politica di ingresso nel nostro Paese, che sia scevra da infiltrazioni criminali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.
SCARPA. — Al Ministro per lo sport e i giovani, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
si apprende a mezzo stampa e su segnalazione dei soggetti coinvolti, che il 9 e 10 settembre 2024, durante il congresso del Coordinamento italiano danza sportiva (Cids), alla presenza di una platea di 800 professionisti, della presidente Lunetta Laura e dell'intero Consiglio federale della Fidesm, il direttore del comitato Ferruccio Galvagno ha proferito pubblicamente dichiarazioni gravi e offensive, di stampo sessista e profondamente omofoba, che sarebbe inopportuno menzionare fedelmente;
il discorso di Galvagno ha incluso giudizi denigratori verso l'identità di genere e la comunità LGBTQ+, come l'affermazione che le «danze di coppia tra uomo e donna» rappresentino un combattimento contro il «genderless» e che ciò debba essere addirittura il fondamento educativo della danza;
Galvagno ha anche proposto, in modo inaccettabile, l'uso di uno slogan volgare come «Balla e tromba», sottolineando un approccio riduttivo, sessista e volgare alla disciplina della danza;
recentemente è emersa una lettera pubblica, indirizzata, tra le altre, alla Presidente del Consiglio, che denuncia una serie di comportamenti discriminatori, sessisti e omofobi all'interno della Federazione italiana danza e sport musicali (Fidesm), nonché, si dice nella lettera, un sistema di corruzione e gare truccate, che penalizzano atleti e famiglie;
le dichiarazioni e gli atteggiamenti denunciati, compresi quelli difensivi da parte di altri dirigenti della Federazione, come riportato nelle immagini condivise, rappresentano una violazione dei valori fondamentali dello sport, che devono basarsi su inclusività, rispetto e tutela della dignità personale;
la danza sportiva, riconosciuta e sostenuta dal Coni, riceve finanziamenti pubblici, il che impone il rispetto di standard etici e comportamentali adeguati da parte dei suoi rappresentanti;
la posizione rivestita da Galvagno come direttore del Coordinamento italiano danza sportiva, già radiato ed attualmente in sospensione federale, non permette di giustificare tali uscite come semplici «battute infelici». La sua condotta ha avuto effetti dannosi, contribuendo a rafforzare stereotipi discriminatori e ledendo la dignità di molti atleti, famiglie e addetti ai lavori;
tali episodi sono stati poi amplificati dai social media, aumentando la portata del danno arrecato all'immagine della danza sportiva e alle persone coinvolte;
a fronte di gravi dichiarazioni e condotte come quelle riportate durante il congresso del Coordinamento italiano danza sportiva, che ad avviso dell'interrogante si inseriscono all'interno di un più generale contesto di discriminazione e inadeguata gestione della Federazione italiana danza e sport musicali da parte del direttore Galvagno e della presidente Laura Lunetta, si rendono necessari interventi volti, oltre che a contrastare e sanzionare, a prevenire efficacemente, anche attraverso l'adozione di codici etici rafforzati, episodi di discriminazione e abuso di potere, salvaguardando i valori dell'inclusività, del rispetto e della correttezza nello sport –:
quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo e in raccordo con il Coni, si intendano intraprendere per prevenire e contrastare comportamenti discriminatori, sessisti e omofobi come quelli segnalati in premessa, promuovendo anche la formazione obbligatoria su etica e inclusività per tutti i dirigenti e gli operatori delle federazioni sportive, nonché per assicurare la destinazione dei finanziamenti pubblici esclusivamente in favore di enti che garantiscono il rispetto dei predetti valori fondamentali dello sport.
(4-04551)
Risposta. — Ringrazio l'onorevole interrogante che, con l'atto di sindacato ispettivo in esame, mi offre la possibilità di tornare ad esprimermi sul tema delle discriminazioni, purtroppo sempre attuale anche nei recenti fatti di cronaca, da non sottovalutare anche in ambito sportivo, ove è parimenti importante «fare muro» contro episodi inaccettabili, per affermare e difendere il diritto di praticare sport in un ambiente sicuro e libero da ogni forma di violenza, ribadendo la supremazia del rispetto, in tutte le sue forme.
Innanzitutto, voglio ribadire che di fronte a simili eventi, ancor di più da rappresentanti delle istituzioni, non ci si può limitare all'indignazione e alla contrarietà verso ogni forma di discriminazione, ma è indispensabile dare contributi concreti perché il contrasto a questo odioso fenomeno sia, da un lato, il frutto di una costante azione educativa e, dall'altro, condotto attraverso interventi tempestivi ed efficaci che tutelino le vittime e sanzionino i responsabili.
Lo sport è un fenomeno sociale in costante crescita, è un vettore di valori importanti che hanno bisogno di essere promossi e interpretati, per poter contribuire efficacemente allo sviluppo e alla realizzazione della persona e del contesto nel quale vive e opera. Ma nello sport si manifestano, purtroppo, anche insidie e minacce come quelle legate proprio alle varie forme di discriminazioni, di fronte alle quali non dobbiamo più farci sorprendere e trovare impreparati.
Per quanto attiene all'episodio oggetto dell'interrogazione, mi preme, innanzitutto, evidenziare che la vicenda risulta essere al momento al vaglio dei competenti organi di giustizia sportiva.
Sul punto vorrei sottolineare che la procura generale dello sport presso il Coni ha ricevuto, nel mese di ottobre 2024, un esposto nell'ambito del quale veniva denunciata una condotta discriminatoria tenuta dal direttore del Coordinamento italiano danza sportiva (Cids), signor Ferruccio Galvagno, in occasione del congresso di tale comitato, svoltosi a Riccione in data 9 e 10 settembre 2024.
Nell'esposto si evidenziava la gravità delle dichiarazioni sessiste ed omofobe rese dal signor Galvagno in tale contesto, alla presenza della Presidente della Federazione italiana danza sportiva e sport musicali (Fidesm) Laura Lunetta e del consiglio federale.
Sul punto, la presidente Lunetta ha dichiarato di aver pubblicato sul sito istituzionale della Fidesm, in data 16 settembre 2024, un comunicato in cui affermava la distanza propria e della Federazione rispetto alle dichiarazioni del signor Galvagno, e in cui ribadiva che lo sport è – e deve sempre essere – un momento di libera espressione della personalità di chiunque vi prenda parte, senza che alcuna discriminazione possa trovarvi spazio o essere tollerata.
Segnalo, inoltre, che la procura federale Fidesm ha provveduto ad aprire un procedimento, che, allo stato attuale, si trova nella fase delle indagini; laddove il signor Galvagno dovesse essere deferito, verrà instaurato il relativo giudizio disciplinare dinanzi agli organi di giustizia federali (Tribunale Federale Nazionale, in primo grado, e Corte federale d'appello, in secondo grado) ed eventualmente dinanzi al collegio di garanzia dello sport presso il Coni (terzo grado).
Desidero evidenziare che lo sport, per i suoi valori pedagogici e culturali, e per la sua diffusione, costituisce una «chiave» di integrazione, inclusione, prevenzione e contrasto dei fenomeni discriminatori e di violenza, e che l'attività sportiva rappresenta uno dei pilastri delle prassi educative. Proprio su questa concezione di sport ho improntato il mio mandato da Ministro, nell'esercizio delle deleghe che mi sono state attribuite, e la mia attività istituzionale continuerà ad essere orientata verso tali princìpi, al fine di valorizzare al massimo la dimensione costituzionale dello sport, riconoscendola dal punto di vista educativo, sociale e di promozione del benessere psico-fisico.
A tal proposito, ricordo che il Coni, con la delibera della giunta nazionale n. 255 del 25 luglio 2023, ha adottato un modello di regolamento per la prevenzione e il contrasto ad abusi, violenze e discriminazioni sui tesserati (regolamento «Safeguarding»), predisposto quale riferimento per le federazioni sportive nazionali, e ha istituito l'osservatorio permanente per le politiche di «Safeguarding», avente, tra gli altri, il compito di formulare raccomandazioni sulle iniziative e sulle relative politiche dell'Ente, al fine di prevenire qualsivoglia fenomeno di abuso, violenza di genere e ogni altra condizione di discriminazione.
In questo quadro, segnalo che il «Safeguarding Office» della Fidesm, dopo essere stato interessato della vicenda in esame, ha provveduto ad aprire un procedimento specifico, nell'ambito del quale la Presidente Lunetta ha evidenziato che la Federazione non ha preso parte in alcun modo all'evento – escludendo la presenza di loghi o altri elementi riferibili alla Federazione stessa sulla locandina, dell'evento – e che il coordinamento italiano danza sportiva non è un soggetto affiliato alla Fidesm.
Al di là delle specificità della vicenda in esame, in qualità di Ministro per lo sport e i giovani voglio sottolineare l'importanza anche del monitoraggio sull'applicazione integrale della normativa introdotta tramite le politiche sul «Safeguarding», verso la quale continueremo a garantire il massimo impegno. Inoltre, ritengo fondamentale che a quest'attività segua un'approfondita analisi dei risultati ottenuti, al fine di implementare il sistema in qualunque maniera si riterrà utile.
Desidero ribadire che solo attraverso una reale consapevolezza dell'importanza della cultura del rispetto, partendo dalla scuola, sarà possibile ottenere risultati concreti nel contrasto alle discriminazioni, anche nel mondo dello sport. Solo attraverso un'impostazione culturale e pedagogica improntata al rispetto in tutte le sue forme, come valore fondante della convivenza civile, così come della competizione sportiva – che deve esserne un'occasione di veicolo naturale – si può affrontare la piaga delle discriminazioni attraverso lo strumento più efficace, ovvero quello della prevenzione, oltre che della repressione. Episodi di cronaca come quello in premessa – e come quelli recentemente accaduti durante un incontro di basket a Motta di Livenza (Treviso), sospeso per insulti sessisti all'arbitra purtroppo proprio in occasione della giornata nazionale delle donne, e nel corso della partita di calcio tra il Badia Polesine e il Merlara, anch'essa sospesa per ripetuti insulti razzisti a giocatori ospiti – possono e devono essere, infatti, preceduti da un impegno corale più strutturato e costante, ben oltre il naturale sdegno postumo. L'impegno del Governo in questa direzione è totale, perché sono convinto che solo unendo le forze possiamo generare quel cambiamento nella società che rappresenta, per me, la massima aspirazione, come Ministro per lo sport e i giovani, come cittadino e come genitore.
Il Ministro per lo sport e i giovani: Andrea Abodi.
SOUMAHORO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
un detenuto di 28 anni napoletano è stato ritrovato impiccato nel carcere di Poggioreale a Napoli il 21 novembre 2024. È il quarto detenuto a togliersi la vita nel 2024 nell'istituto penale partenopeo, l'undicesimo in tutta la regione Campania. A denunciare l'accaduto è Samuele Ciambriello, Garante dei detenuti della Campania. «Il sistema penitenziario – dice Ciambriello – è sull'orlo del baratro, una strage continua ma la politica tace ed è assente. Nessun argine da provvedimenti governativi o parlamentari, solo populismo mediatico e penale anche contro la dignità delle persone detenute, dei diversamente liberi. Celle sovraffollate e tensione alle stelle, condizioni difficili che favoriscono atti di autolesionismo, scioperi della fame, scioperi sanitari. Nessun commento pubblico sui suicidi di Stato, che interrogano anche l'opinione pubblica»;
«sono 81 in tutta Italia – prosegue Ciambriello – con il carcere di Prato e quello di Poggioreale al primo posto per numero di detenuti che si sono tolti la vita. Dall'inizio dell'anno ad oggi sono 1.842 i tentativi di suicidio, 11.503 gli atti di autolesionismo. Tra gli 81 detenuti che si sono suicidati l'età media è di 40 anni, tra questi 8 avevano un'età compresa tra i 18 e 25 anni. Ci sono omissioni di Stato, questi suicidi e gli atti di autolesionismo e le proteste rilevano un quadro inquietante che è sotto gli occhi di tutti. Indignarsi non basta più»;
l'ennesimo suicidio all'interno delle mura del penitenziario napoletano ha scosso la cittadinanza e le istituzioni. Anche l'Ordine dei medici di Napoli, guidato dal presidente Bruno Zuccarelli, ha deciso di intervenire sulle condizioni di vita dei detenuti all'interno del carcere di Poggioreale: «Le condizioni in cui i detenuti del carcere di Poggioreale sono costretti a vivere sono una ferita aperta per tutti noi e una mortificazione della vita umana. Sovraffollamento, mancanza di igiene, strutture fatiscenti e condizioni che annientano la dignità non possono essere ignorati o tollerati. La situazione dell'assistenza sanitaria all'interno degli istituti penitenziari italiani, a partire da Poggioreale, in particolare per quanto riguarda il supporto psicologico e psichiatrico ai detenuti è a dir poco carente; una condizione che di fatto nega l'applicazione dell'articolo 32 della Costituzione nei confronti dei detenuti, oltre a rappresentare un serio problema per la salute pubblica e la sicurezza. Le carceri ospitano un numero crescente di individui con problemi di tossicodipendenza e disturbi mentali, spesso aggravati dalle condizioni di detenzione, dall'isolamento sociale e dallo stress emotivo. L'assenza di un adeguato supporto psicologico e psichiatrico contribuisce ad aumentare il rischio di suicidi, autolesionismo, e difficoltà nella riabilitazione e reinserimento sociale»;
«non possiamo più restare a guardare mentre altre vite si spengono. I continui suicidi tra i detenuti non sono semplici tragedie isolate: sono il grido disperato di chi è stato abbandonato da un sistema che dovrebbe garantire giustizia e rieducazione, non disperazione. È nostro dovere morale e civile agire. Le istituzioni, la società civile e ognuno di noi devono impegnarsi per una riforma radicale del sistema, perché le condizioni che si vivono a Napoli sono le stesse di molte altre carceri in Italia. Poggioreale è il simbolo di un fallimento che non possiamo più permetterci di ignorare. Restare in silenzio equivale a essere complici. I diritti umani non sono un privilegio, ma un diritto inviolabile anche per chi ha sbagliato. Un cambiamento è necessario e deve avvenire ora» –:
se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative di competenza urgenti al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa e porre rimedio al problema del sovraffollamento in carcere e alla mancanza di servizi di base.
(4-03915)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, partendo dal verificarsi di un evento critico/suicidio di un detenuto, occorso di recente presso la casa circondariale di Napoli «Poggioreale», si sollevano specifici quesiti in ordine agli aspetti di criticità dell'istituto medesimo, tra cui il sovraffollamento, le carenze strutturali e sanitarie.
Partendo dalla specifica e drammatica vicenda indicata in premessa dell'atto di sindacato ispettivo, dalle notizie fornite dalla competente articolazione del DAP, risulta che V.B., di anni 28, ha fatto ingresso presso la casa circondariale di Napoli Poggioreale il 19 giugno 2024, a seguito di arresto operato dai Carabinieri del Nucleo radiomobile di Napoli.
Il detenuto, allocato nel reparto «Torino», verso le ore 18:30 circa del 20 novembre 2024, si rifiutava di rientrare nella propria camera di pernottamento, dichiarando di avere ricevuto minacce da alcuni detenuti di quel reparto. Il ristretto dichiarava, dunque, di temere per la propria incolumità e si riservava di sporgere denuncia per quanto accadutogli. La sorveglianza generale, pertanto, disponeva l'allocazione del detenuto presso il reparto «Milano», sezione ex articolo 32 decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, per ragioni di sicurezza.
Il 21 novembre 2024, alle ore 02:40 circa, il personale addetto alla vigilanza del terzo piano del reparto «Milano» veniva chiamato dal detenuto M.M. che, recatosi in bagno, aveva notato che il compagno di camera, ossia V.B., aveva posto in essere un tentativo di impiccamento, legandosi a una sbarra della finestra con una corda rudimentale ricavata da un lembo di lenzuolo.
Immediatamente, veniva informata la sorveglianza generale, che disponeva l'intervento del medico di turno che, giunto sul posto, constatava il decesso del detenuto alle ore 03:05. Si notiziava dell'accaduto il pubblico ministero di turno presso la procura di Napoli, che disponeva la traslazione della salma presso l'obitorio del Policlinico cittadino, per il successivo esame autoptico. La camera di pernottamento veniva sottoposta a sequestro.
Dall'esame degli atti d'ufficio, risulta che il detenuto V.B., il 20 ottobre 2024, si era procurato dei piccoli tagli superficiali sull'avambraccio sinistro; condotto presso l'ambulatorio di primo soccorso, era stato visitato e medicato, dichiarando di sentire delle voci che lo inducevano a compiere simili gesti. Gli erano stati prescritti degli psicofarmaci ed era stato disposto nei suoi confronti un provvedimento di attenzionamento.
Il 22 ottobre 2024, si riuniva lo staff multidisciplinare, che disponeva la presa in carico congiunta del detenuto, confermando il provvedimento di attenzionamento e disponendo un sussidio per le condizioni economiche disagiate del ristretto; il detenuto veniva inserito, infatti, nell'elenco dei soggetti indigenti e nelle attività laboratoriali del progetto IV piano.
Il ristretto, seguito dal servizio per le dipendenze di Nola dal 23 ottobre 2023, continuava a essere seguito dal SERD dell'istituto; era stato sottoposto a visita psichiatrica il 24 settembre 2024, non emergendo, in quel frangente, acuzie ascrivibili a patologia psichiatrica né il 21 ottobre 2024, quando era stata certificata l'assenza di idee, intenti e propositi autolesivi ascrivibili a malattia mentale.
L'8 novembre 2024, il difensore di fiducia del detenuto presentava istanza al Tribunale di Napoli, al fine di ottenere l'autorizzazione all'ingresso presso la casa circondariale di Napoli Poggioreale del responsabile e psicologo della comunità terapeutica «Il Camino», onde effettuare un colloquio valutativo con il detenuto. L'autorizzazione veniva concessa dal Tribunale il 14 novembre 2024.
Allo stato, la competente direzione generale dei detenuti e del trattamento, è in attesa di conoscere gli esiti dell'indagine ispettiva delegata al provveditorato regionale di Napoli volta ad accertare le cause, le circostanze e le modalità del decesso del detenuto.
Passando all'analisi dei dati nazionali relativi agli eventi critici menzionati nell'atto di sindacato ispettivo, risulta che nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 dicembre 2024 si sono purtroppo verificati 2.071 tentativi di suicidio, 12.846 episodi di autolesionismo, 7.232 scioperi della fame e 2.639 episodi di rifiuto del vitto delle terapie e altro.
In relazione, in particolare, ai suicidi avvenuti nell'anno 2024, si evidenzia che l'età media è effettivamente pari a 40 anni.
Con specifico riferimento agli eventi suicidari complessivamente rilevati dall'inizio dell'anno e, con particolare riguardo, a quelli verificatisi nell'ambito del provveditorato regionale per la Campania e presso gli istituti di Napoli Poggioreale e Prato, si evidenzia invece che il dato nazionale conta, nell'anno 2024, 82 suicidi, 11 nel provveditorato dell'amministrazione penitenziaria Campania, 4 presso l'istituto di Poggioreale e 4 presso la casa circondariale di Prato.
Nella piena consapevolezza del drammatico fenomeno dei suicidi, numerosi sono stati, nel corso degli anni, gli interventi dell'amministrazione in materia di gesti anticonservativi della popolazione detenuta.
Per citare solo gli interventi più recenti, si rappresenta che il 20 ottobre 2022 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra il Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Tra le tante finalità di tale accordo, si prevede di «definire un diverso e più strutturato coinvolgimento degli esperti ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario nel trattamento, oltre che nell'osservazione, e, in particolare, nella prevenzione del rischio suicidario».
Al fine di realizzare una serie di interventi operativi atti non solo a ripristinare, bensì a incrementare ulteriormente l'assistenza psicologica negli istituti a livello nazionale, si è proceduto alla presentazione alla Cassa delle ammende di due appositi progetti, già approvati.
Il primo, denominato «Integrando Mediazione 2024», per l'importo di 1.000.000,00 di euro, al fine di incrementare l'assunzione di mediatori culturali; il secondo, denominato «Integrando Osservazione 2024», per l'importo di 4.000.000,00 di euro, per l'incremento delle assunzioni di esperti ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario.
Inoltre, il Ministero della giustizia ha procurato un'integrazione di risorse pari a 5.000.000,00 di euro sul bilancio, relativamente al capitolo di spesa 1766 p.g. 2, pertinente, per l'appunto, all'osservazione psicologica.
Pertanto, le risorse messe a disposizione per il corrente esercizio finanziario sono state più che triplicate rispetto al 2023 (nel totale di 14.491.406,00 di euro, a fronte di 4.491.406,00 di euro), al fine di fornire un valido supporto anche e soprattutto nell'ottica della prevenzione del rischio suicidano negli istituti penitenziari.
I componenti del consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi sono stati coinvolti, altresì, anche in uno specifico Gruppo di lavoro per lo studio e l'analisi degli eventi suicidari delle persone detenute, istituito il 14 marzo 2023, con il compito di definire protocolli operativi ed elaborare momenti di formazione per il personale penitenziario.
Il 26 ottobre 2023 il citato gruppo di lavoro ha reso una relazione finale dopo aver effettuato un'analisi accurata delle diverse tipologie di eventi suicidari avvenuti nell'anno 2022 sulla base della nazionalità, dell'età, del sesso, della posizione giuridica, del titolo di studio e anche con riferimento all'eventuale stato di tossicodipendenza. Un'attenzione particolare è stata dedicata anche all'allocazione dei detenuti che si sono tolti la vita.
Nonostante il tema della prevenzione del suicidio sia stato continuamente sostenuto, studiato e sviluppato dall'amministrazione penitenziaria, emerge, abbastanza chiaramente, l'esigenza di rafforzare la formazione del personale e la necessità di stabilire chiare regole di ingaggio con tutti gli operatori coinvolti nel piano di prevenzione, tanto che, per consentire di migliorare l'approccio al fenomeno e aggiungere valore a quanto già in essere nell'amministrazione, il gruppo ha proposto di:
1. elaborare uno strumento di valutazione del rischio che possa essere utilizzato su scala nazionale in modo da facilitare l'omogeneità degli interventi e la loro misurazione;
2. individuare e adottare strumenti di screening periodico per la presa in carico congiunta delle persone classificate «a rischio»;
3. consolidare la formazione del personale, anche in forma congiunta con le altre realtà istituzionali che ruotano all'interno del mondo penitenziario;
4. ideare momenti di formazione/sensibilizzazione dei detenuti peer supporter poiché possibili antenne di individuazione del particolare momento di disagio vissuto dai compagni di pena.
Nella prosecuzione dei lavori del gruppo, allo stesso sono stati attribuiti ulteriori obiettivi quali: l'individuazione di un linguaggio comune descrittivo dei fatti, del rischio e degli interventi da porre in essere; la costante collaborazione con il Gruppo di lavoro che sta sviluppando il progetto della cartella sanitaria informatizzata; il consolidamento dei rapporti di collaborazione con il Ministero della salute per soluzioni condivise, anche in tema di protocolli sanitari preventivi, come si dirà a breve.
È stata avviata, altresì, nell'ottica della multidisciplinarità, una recente interlocuzione con il Consiglio nazionale dell'ordine forense, con il Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi e con l'ispettore generale dei cappellani penitenziari, per allargare la platea dei soggetti che possano concorrere fattivamente a compiere tutti gli interventi possibili per la prevenzione dei suicidi.
Si menziona, altresì, la recente circolare 12 febbraio 2024, recante: «Fenomeno suicidario. Azioni di prevenzione in ambiente penitenziario», con la quale sono stati sensibilizzati tutti i provveditori regionali e i direttori penitenziari al coinvolgimento di tutti gli operatori che lavorano negli istituti affinché si prosegua in tutte le azioni utili allo scopo prefissato: l'attivazione della sensibilità di ciascuno a recepire e individuare per tempo le condizioni di alert dei soggetti a rischio, la scrupolosa osservanza delle disposizioni sulle regole di accoglienza e monitoraggio dei detenuti.
L'8 marzo 2024, con provvedimento del DAP, il Gruppo di lavoro per lo studio e l'analisi degli eventi suicidari delle persone detenute è stato integrato, tra l'altro, con un esperto psichiatra forense e con un associato in sociologia del diritto.
Nell'ambito delle azioni di prevenzione del fenomeno dei suicidi, si è inoltre immaginato di valutare l'uso di particolari tecnologie. Per questo motivo, è stata avviata una interlocuzione con l'Agenzia per l'Italia digitale (AGID), per valutare lo studio delle potenzialità della tecnologia applicata alla prevenzione dei suicidi negli istituti penitenziari, in modo da facilitare agli operatori un intervento preventivo e rapido. Considerata la delicatezza dell'argomento e la necessaria natura multidisciplinare del problema, si è proceduto a formare un apposito tavolo tecnico. Si evidenzia, inoltre, che la direzione generale dei detenuti e del trattamento monitora costantemente la presenza dei piani locali e regionali di prevenzione del suicidio attraverso la consultazione dell'applicativo informatico 12 «presidi sanitari negli istituti penitenziari», a disposizione dell'amministrazione, alimentato dalle stesse direzioni penitenziarie.
Si è dato, inoltre, un grande impulso alla diffusione e all'implementazione degli osservatori regionali permanenti sulla sanità penitenziaria e all'istituzione dei tavoli locali permanenti, attraverso l'attività congiunta delle direzioni di ciascun istituto penitenziario e delle competenti aziende sanitarie locali.
Parallelamente, in aderenza alle linee programmatiche per l'anno in corso, altrettanta priorità è stata data al lavoro.
In particolare, l'avvio del PN 2021-2027, ovvero il Piano di utilizzo dei finanziamenti in attuazione della Convenzione stipulata il 31 maggio 2024 tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero della giustizia, volto a favorire l'inclusione socio-lavorativa delle persone sottoposte a misura penale, anche tramite la riqualificazione degli spazi da adibire a laboratori produttivi e di formazione professionale.
Sono, inoltre, in corso ulteriori iniziative interistituzionali volte ad attuare gli accordi e i protocolli d'intesa siglati con grandi gruppi industriali, al fine di realizzare percorsi formativi specifici volti all'inserimento lavorativo esterno.
L'obiettivo primario che si intende perseguire è l'incremento del numero di detenuti occupati e l'acquisizione di competenze professionali che possano migliorare la gestione del tempo detentivo e favorire il reinserimento sociale. Anche sotto il profilo dell'istruzione sono stati implementati i piani di intervento, basti pensare che solo per gli studi universitari, nell'anno accademico 2023/2024, sono risultati iscritti n. 1.509 detenuti, di cui 177 stranieri, per complessivi 586 corsi universitari, con un incremento di iscrizioni ai corsi universitari di oltre il 18 per cento rispetto all'anno accademico precedente.
Proprio in tale ottica, con decreto ministeriale 10 dicembre 2023, è stato istituito, nell'ambito della direzione generale dei detenuti e del trattamento, il nuovo ufficio VI – «Promozione e coordinamento del lavoro penitenziario», quale articolazione interna strategica per perseguire l'obiettivo di strutturare sempre più il lavoro penitenziario con meccanismi stabili, che attraggano realtà imprenditoriali esterne.
Attraverso i citati interventi, ad oggi, i detenuti occupati in attività lavorative rappresentano circa il 33 per cento dei presenti (circa 20.240 detenuti lavoratori al 30 giugno 2024) e all'incirca l'85 per cento di essi lavora alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria.
Da ultimo, per incentivare l'ingresso dell'imprenditoria all'interno degli istituti, nell'anno 2024, è stato assegnato sul capitolo 1765 l'importo complessivo di oltre 19 milioni di euro in termini di sgravi fiscali e contributivi ai datori di lavoro che assumono detenuti.
La direzione generale dei detenuti e del trattamento si è adoperata inoltre anche con l'obiettivo di contrastare il decremento delle attività trattamentali specie nei periodi estivi, anche attraverso il prezioso contributo delle Associazioni di volontariato presenti sul territorio; nello specifico, il 24 giugno 2024 è stato rinnovato il Protocollo d'intesa con «CRIVOP Italia ODV», con particolare focus sulle condizioni della popolazione detenuta, operando per il sostegno ai percorsi di risocializzazione e coinvolgendo con particolare attenzione sia i detenuti affetti da disagio psico-fisico che le sezioni femminili che accolgono madri e bambini.
Sulla scorta del suddetto Protocollo d'intesa è stata proposta l'attivazione della progettualità denominata «Summer Days 2024», espressamente pensata per garantire una maggiore presenza di attività culturali, ricreative e sportive durante i mesi estivi, atta anche ad arginare il fenomeno suicidano e autolesivo.
In totale, gli istituti coinvolti dalla progettualità sono stati 19, dislocati nel territorio di competenza del Provveditorato della Sicilia, del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e della Calabria.
Da ultimo, atteso l'incremento dei fenomeni suicidari in ambito detentivo durante l'anno in corso, con nota 29 luglio 2024, sono state individuate ulteriori strategie preventive, sensibilizzando le articolazioni competenti a una revisione dei Piani locali di prevenzione.
A tal proposito, si rappresenta che la casa circondariale di Napoli Poggioreale è provvista del piano locale di prevenzione delle condotte suicidarie aggiornato e valido sino al 10 aprile 2026.
Infine, sempre sulla specifica tematica dell'assistenza sanitaria e psicologica dei detenuti, merita porre in evidenza la costante interlocuzione con il Ministero della salute, coinvolto a pieno titolo nella gestione della sanità penitenziaria; infatti, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008 disciplina «le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di lavoro, delle attrezzature, arredi e beni strumentali relativi alla sanità penitenziaria». Si evidenzia che nell'allegato A, in particolare, viene riservata un'attenzione specifica al tema della presa in carico dei nuovi giunti e della prevenzione del rischio suicidano. Prevenire il rischio di suicidi in ambito carcerario, così come presso le strutture minorili, è un obiettivo condiviso tanto dalla Amministrazione della giustizia quanto dalla Amministrazione della salute, ed è caratterizzato dalla scelta di metodologie di lavoro con caratteristiche di innovatività, comune perseguimento degli obiettivi ed integrazione delle reciproche competenze. La stessa normativa di riforma della sanità penitenziaria prevede espressamente che i presidi sanitari presenti in ogni istituto penitenziario e servizio minorile debbano adottare procedure di accoglienza che consentano di attenuare gli effetti potenzialmente traumatici della privazione della libertà.
In merito alle attività di monitoraggio previste nel Piano nazionale, si segnala, altresì, un recente provvedimento normativo volto ad intervenire sul tema dei sistemi informativi, seppur circoscritto all'ambito specifico dei soggetti detenuti affetti da patologia da dipendenza o da patologia psichica diagnosticate.
Si tratta della legge 112 del 8 agosto 2024 recante misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia che, all'articolo articolo 6-bis – Disposizioni in materia di dati sanitari dei detenuti – prevede che «Il Ministero della salute e il Ministero della giustizia conferiscono reciprocamente, tramite interoperabilità ai sensi del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, i dati conservati nelle banche dati relative ai flussi, rispettivamente, del sistema informativo per le dipendenze (SIND) e del Sistema informativo per la salute mentale (SISM), nell'ambito del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), e del Sistema informativo anagrafica penitenziaria SIAP/AFIS, limitatamente ai soggetti detenuti affetti da patologia da dipendenza o da patologia psichica diagnosticate, esclusivamente per le seguenti finalità: a) costante monitoraggio, dell'attività dei servizi dell'amministrazione penitenziaria e delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale b) analisi dell'andamento delle misure e degli esiti dei programmi di trattamento; c) supporto alle attività gestionali dei servizi dell'amministrazione penitenziaria, per valutare il grado di efficienza e di utilizzo delle risorse; d) supporto all'emanazione delle direttive tecniche per l'intervento dei servizi dell'amministrazione penitenziaria, nel rispetto dei princìpi di uniformità, appropriatezza e qualità, nonché alla relativa valutazione; e) produzione di dati aggregati e di analisi statistiche, supporto alla costruzione di indicatori e alla ricerca; f) redazione di relazioni o rapporti, comunque denominati, richiesti dalle Camere o da organismi europei o internazionali, mettendo a disposizione i dati in forma aggregata».
Tornando, nello specifico, all'istituto penitenziario di Poggioreale, ulteriore analisi va' riservata ai dati relativi alle presenza detentive: alla data del 31 dicembre 2024, si registra la presenza di un totale di 2.095 detenuti (n. 2.068 effettivamente presenti in istituto), rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi 1.624 posti, di cui 266, allo stato, non disponibili a vario titolo, rilevandosi, quindi, un indice percentuale di affollamento pari al 154,27 per cento, in linea con altri istituti del distretto. Nello specifico, dei 2.095 detenuti presenti, 223 sono ascritti al circuito Alta sicurezza 3 e sul totale, 1.788 sono i detenuti di nazionalità italiana e 307 sono stranieri.
Relativamente alla posizione giuridica: 641 sono i detenuti in attesa di primo giudizio, 308 i condannati senza definitivo, 932 i definitivi e 214 coloro che hanno una posizione giuridica mista con definitivo.
Non si registrano, peraltro, violazione dei parametri minimi stabiliti dalla Corte europea per i diritti dell'uomo, atteso che tutti i detenuti risultano avere a disposizione uno spazio di vivibilità superiore ai 3 metri quadri.
Con riferimento alle asserite criticità strutturali della casa circondariale di Napoli «Poggioreale», si evidenzia che, nell'ambito del piano generale di edilizia penitenziaria da attuarsi anche a mezzo del Commissario straordinario nominato e previsto dal decreto-legge «carcere sicuro», sono numerosi gli interventi di manutenzione ordinaria/straordinaria in atto e/o di futura realizzazione per il miglioramento della struttura e delle relative condizioni di igienico-sanitarie e di vivibilità interna, nonché gli interventi previsti nell'ambito del distretto territoriale di competenza del medesimo provveditorato regionale.
In via preliminare, si ritiene opportuno sottolineare che ogni intervento strutturale sull'istituto di Poggioreale è inevitabilmente condizionato dalla vetustà dell'immobile, oltre che dall'elevato carico detentivo che lo ha storicamente contraddistinto.
Riguardo alle criticità di ordine prettamente edilizio della casa circondariale di Napoli «Poggioreale», la cui costruzione risale ai primi del ‘900, si fa cenno anche alle considerevoli limitazioni circa le possibilità d'intervento sulla struttura anche in ragione dei vincoli storico-monumentali gravanti su di essa; invero, per ogni intervento che si intende eseguire, si rende necessario acquisirne il relativo parere ai sensi degli articoli 21 e 22 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
Ciò premesso, si ritiene opportuno segnalare che gli interventi più significati risultano: la ristrutturazione e adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 dei padiglioni «Napoli», «Salerno», «Italia» e «Genova» (piano terra), da parte del MIMS - sezione operativa OO.PP. Napoli; la manutenzione straordinaria e adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 del padiglione «Genova» Il padiglione sarà fruibile anche dalle persone diversamente abili; la ristrutturazione, adeguamento e ampliamento della cucina centrale dell'istituto; la ristrutturazione di nuovi locali da adibire a scuole e laboratori, per la realizzazione di spazi destinati al trattamento dei ristretti e la manutenzione straordinaria del muro di cinta.
Relativamente, infine, all'implementazione di nuovi posti detentivi nel contesto regionale, si evidenzia infine che, entro la fine del 2026, è prevista, nell'ambito del piano d'intervento di cui al Piano nazionale complementare (Pnc) al PNRR, la realizzazione di 1 nuovo padiglione detentivo da 80 posti (definito «ad alta vocazione trattamentale») presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
SOUMAHORO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
durante la visita ispettiva al carcere di Regina Coeli del 2 dicembre 2024, già oggetto dell'interrogazione n. 4-03923, l'interrogante aveva modo di incontrare il detenuto Michael Paludi, il quale appariva estremamente provato e vulnerabile;
Michael Paludi era stata da poco vittima di una aggressione in carcere, la quale ha peggiorato la sua condizione fisica ed emotiva e ha fatto cadere il detenuto in grave stato depressivo e angosciante;
il detenuto soffre di una patologia di disturbo da deficit dell'attenzione/iperattività (Attention-deficit/hyperactivity disorder, Adhd), la quale aggrava la già di per sé pesante condizione detentiva –:
se al detenuto siano state garantite le cure necessarie ai fini della sua patologia, e se risulti sia stato valutato il possibile trasferimento dello stesso presso un altro istituto dove siano garantite le cure.
(4-04104)
Risposta. – Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'onorevole interrogante solleva specifici quesiti in ordine alle condizioni di salute di un detenuto allo stato ristretto presso la casa circondariale di Roma «Regina Coeli».
Preliminarmente, pare opportuno rappresentare che del caso citato dall'interrogante è stata investita la competente articolazione ministeriale che ha provveduto ad inviare le seguenti informazioni.
Il detenuto, cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, ha fatto ingresso presso la casa circondariale di Roma «Regina Coeli», proveniente dalla libertà, il 27 novembre 2024, a seguito di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, per i reati di concorso in associazione per delinquere, concorso in truffa, concorso in estorsione, etc.
Sulla base delle informazioni rese dalla direzione dell'istituto romano, con nota 22 gennaio 2025, non risulta, né agli atti né dalle informazioni assunte dall'area sanitaria, alcuna dichiarazione del ristretto in cui questi rappresenti di essere stato vittima di aggressione.
Inoltre, fin dall'ingresso in istituto, il detenuto è stato sottoposto a tutti gli accertamenti del caso, anche sotto il profilo sanitario, e non sono risultate segnalazioni degne di nota nei suoi confronti.
Ciononostante la predetta direzione generale, a fronte delle missive pervenute dal difensore di fiducia del ristretto e dai genitori dello stesso, relativamente alle sue condizioni di salute, ha interessato il provveditorato regionale di Roma affinché effettuasse le dovute valutazioni circa l'idoneità dell'attuale sede di assegnazione e adottasse le eventuali iniziative di competenza.
Dalla relazione sanitaria del 30 dicembre 2024 redatta, dopo la visita in carcere da parte dell'interrogante, dal responsabile Unità operative semplici di dipartimento salute mentale e dipendenze dell'azienda sanitaria locale Roma 1, emerge che il detenuto è affetto da disturbo da deficit di attenzione/iperattività, pregresso disturbo oppositivo provocatorio e pregressa dipendenza da sostanze stupefacenti.
In definitiva, sulla base del parere espresso dal dirigente sanitario come sopra riportato, il detenuto appare adeguatamente seguito presso l'istituto penitenziario di Roma «Regina Coeli».
Va comunque evidenziato che, seppure la problematica relativa all'assistenza sanitaria all'interno degli istituti di reclusione esuli totalmente dalle prerogative del Ministro della giustizia — in virtù del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, che ha previsto il trasferimento definitivo al Sistema sanitario nazionale, e quindi alle singole regioni, della competenza in ordine all'assistenza sanitaria in favore delle persone detenute — questa amministrazione, al fine di garantire percorsi di cura, il più possibile appropriati e celeri, si è da sempre adoperata nei limiti dell'attuale assetto normativo ed operativo in materia di assistenza sanitaria in carcere.
La strategia perseguita dal Ministero in questo delicato frangente storico è costituita dal potenziamento della sinergia fra il sistema della giustizia, le aziende sanitarie e gli enti locali, al fine di garantire un sempre maggiore innalzamento del livello di presidi e misure in questo ambito.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.
ZANELLA e GRIMALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il bacino imbrifero del fiume Isonzo ha un'estensione complessiva di circa 3.400 chilometri quadrati, un terzo della sua superficie (pari a circa 1.150 chilometri quadrati) ricade in territorio italiano, mentre il territorio residuo si trova in territorio sloveno;
in quanto fiume internazionale, è sottoposto all'obbligo giuridico della cooperazione transfrontaliera nei distretti idrografici condivisi, come stabilito dall'articolo 13 della cosiddetta direttiva acque (2000/60/CE); e ribadito anche ai due Paesi dalla Commissione petizioni del Parlamento europeo, alla quale si sono rivolte associazioni, comitati e cittadini per chiedere ragione della mancata osservanza della specifica norma da parte di Italia e Slovenia;
in mancanza di un approccio integrato alla gestione dell'Isonzo, così da evitare che sia utilizzato solo come una risorsa, ma sia anche oggetto di tutela in quanto ecosistema di proprietà pubblica, come stabilito dalla citata direttiva, il corso del fiume che scorre in territorio italiano subisce le variazioni di portata causate dalla gestione della centrale idroelettrica slovena, subito a monte del confine di Stato, a Salcano – Solkan, costruita dalla Jugoslavia, ed ora di proprietà della Repubblica di Slovenia, in base al Trattato di Osimo e alle condizioni di gestione da questo stabilite, inadeguate alle mutate condizioni climatiche e alle diverse esigenze dell'ecosistema Isonzo e degli utilizzi della risorsa acqua da parte di agricoltura e produzione idroelettrica;
per risolvere le criticità si ritiene, da parte di amministrazioni pubbliche e dal Consorzio di bonifica della pianura isontina, di dover ulteriormente antropizzare il corso del fiume – già gravato da numerose alterazioni nel contesto della pianura isontina, modificato da intense urbanizzazioni e agricoltura convenzionale, riduzione degli habitat naturali, della biodiversità e delle fondamentali funzioni ecosistemiche – con interventi che vanno in prospettiva esattamente contraria alla previsione del regolamento europeo sul ripristino della natura, che impone agli Stati membri la realizzazione di misure per rimuovere le barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali, non risulta agli interroganti che si stia lavorando concretamente in questa direzione, a cominciare dall'esistente e, a giudizio degli interroganti, opaca commissione mista permanente per l'idroeconomia, organo di coordinamento individuato tra i due Paesi al quale sarebbe il caso di cambiare il nome, esso stesso obsoleto rispetto gli obiettivi dell'Unione europea in materia di tutela delle acque;
le direttive dell'Unione europea hanno valore giuridico prevalente sugli accordi bilaterali fra Stati membri e il piano di gestione transfrontaliere può essere lo strumento adatto per superare il Trattato di Osimo e quindi ridurre le oscillazioni di portata prodotte dalla diga di Salcano in Slovenia ed evitare ulteriori interventi per risolvere il problema dell'hydropeaking –:
quali iniziative di competenza abbiano assunto o intendano assumere i Ministri interrogati nei confronti della Repubblica di Slovenia, sul piano diplomatico, scientifico e tecnico, per favorire lo sviluppo di un progetto di gestione transfrontaliera del fiume Isonzo, in osservanza della direttiva acque e del regolamento (UE) 2024/1991 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 giugno 2024 sul ripristino della natura.
(4-03643)
Risposta. — Le relazioni tra Italia e Slovenia sono eccellenti e riguardano vari ambiti di cooperazione su vari temi. Tra questi, assumono particolare rilievo quelli relativi alla protezione dell'ambiente e la gestione delle risorse naturali, di cui l'acqua rappresenta un aspetto fondamentale per entrambi i Paesi.
La gestione del bacino imbrifero del fiume Isonzo, per la sua natura transfrontaliera, viene seguita con particolare attenzione a livello sia governativo, sia regionale.
L'attenzione con cui i due Paesi seguono tale questione è stata ribadita da ultimo in occasione della riunione del Comitato dei Ministri Italia-Slovenia che si è svolta a Brdo pri Kranju, in Slovenia, il 29 ottobre 2024. Essa è stata presieduta dai Ministri degli affari esteri, con la partecipazione – tra gli altri – dei Ministri dell'ambiente dei due Paesi.
La dichiarazione congiunta finale, firmata dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e della Ministra degli esteri slovena, Tanja Fajon, riafferma l'impegno dei due Paesi a realizzare una più stretta cooperazione con riguardo all'utilizzo e alla tutela delle risorse idriche del bacino imbrifero dell'Isonzo e la salvaguardia dell'intero ecosistema che lo caratterizza.
Questa cooperazione si esplicherà, in particolare, attraverso l'azione svolta dalla Commissione permanente italo-slovena per l'idroeconomia e nei gruppi di lavoro di cui essa si avvale.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Edmondo Cirielli.
ZANELLA. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:
sussiste il rischio di perdere 17.400 posti nella realizzazione degli asili nido, rispetto all'obiettivo di 150.480 nuovi posti complessivi previsti dal PNRR, già rimodulati al ribasso rispetto al target iniziale di 264.480 unità in seguito alla revisione di fine 2023, finanziati nel complesso con 4,57 miliardi di euro, dei quali 3,24 del PNRR;
secondo lo studio dell'ufficio parlamentare di bilancio, basato sui dati della piattaforma ReGiS aggiornati al 9 dicembre 2024, si registrano evidenti criticità nella realizzazione dell'intervento nonostante la centralità che hanno i servizi per i più piccoli hanno nel contenere il calo demografico, nel diminuire i divari fra territori e favorire la parità di genere nonché l'occupazione femminile;
a causa delle gravi carenze strutturali è stato necessario ripetere più volte le procedure di assegnazione dei fondi, tali difficoltà si sono riflettesse sullo stato di avanzamento dei 3.199 progetti censiti;
ad ora sono fermi al 25,2 per cento di spesa delle risorse messe in campo. Secondo il cronoprogramma finanziario, risultano effettivamente utilizzati solo 816,7 milioni dei 3,24 miliardi delle risorse del PNRR, di queste 1,7 miliardi avrebbero dovuto essere spese entro il 2024, mentre i rimanenti 2,4 miliardi di euro dovranno ricadere dunque nel prossimo biennio, oggi nonostante che la quasi totalità degli interventi avviati nel 2020 o nel 2021 sia nella fase esecutiva, solo circa il 3 per cento dei progetti risulta concluso;
nel dettaglio delle singole macro aree si è evidenziato un andamento differente nelle fasi di avanzamento dei progetti. Nel Centro Italia e nel Settentrione si segnala una leggera prevalenza di progetti in esecuzione, rispettivamente 72,7 e 70,9 per cento, rispetto al Mezzogiorno, 69 per cento. Nel Nord si registra la quota maggiore di progetti, 18 per cento nella fase conclusiva. Restano le incertezze sul conseguimento dell'obiettivo PNRR sia in termini quantitativi che temporali del giugno 2026;
l'Ufficio parlamentare di bilancio ha elaborato quattro scenari. In quello più favorevole, la distanza dall'obiettivo dei 150 mila posti sarebbe marginale, circa 500 posti, fino a salire a circa 26 mila posti in quello meno favorevole. Nella stima che introduce le minori correzioni rispetto ai dati dichiarati, lo scarto, come anticipato, sarebbe pari a circa 17.400 posti;
lo studio rileva che nel complesso la piena realizzazione degli interventi finanziati dall'Europa riguardo la realizzazione degli asili nido, ridurrebbe i divari tra le regioni meridionali e quelle del Centro-Nord ma, nonostante il cambio di strategia nell'assegnazione dei fondi, aumenterebbe le disuguaglianze nell'offerta di questi servizi pubblici all'interno delle regioni stesse. In particolare l'81,4 per cento dei territori che non aveva alcun asilo continuerebbe a non averlo –:
quali siano i dati aggiornati in relazione alla realizzazione degli asili nido derivanti dai programmi del PNRR;
se non ritengano che vi sia il serio rischio che si riscontrino criticità nel rispettare l'attuazione degli obiettivi del PNRR in materia di asili nido entro il giugno 2026;
quali iniziative intendano assumere sia rispetto alla piena attuazione del programma PNRR in materia di realizzazione degli asili nido, ma anche rispetto al fatto che come segnalato dall'ufficio parlamentare bilancio nell'81,4 per cento dei territori continuerebbero a non avere alcun asilo nido, fatto che con tutta evidenza pone in essere il mantenimento di disuguaglianze territoriali inaccettabili.
(4-04154)
Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'onorevole interrogante ha posto taluni quesiti al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione ed al Ministro dell'istruzione e del merito concernenti lo stato di attuazione degli interventi, inclusi nel PNRR diretti alla realizzazione di nuovi asili nido e riferibili, nello specifico, alla Missione 4 «Istruzione e ricerca» – Componente 1 «Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università» – Investimento 1.1 «Piano per asili nido e scuole dell'infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia».
In particolare, è stato richiesto di conoscere:
1) «quali siano i dati aggiornati in relazione alla realizzazione degli asili nido derivanti dai programmi del PNRR»;
2) «se non ritengano che vi sia il serio rischio che si riscontrino criticità nel rispettare l'attuazione degli obiettivi del PNRR in materia di asili nido entro il giugno 2026»;
3) «quali iniziative intendano assumere sia rispetto alla piena attuazione del programma PNRR in materia di realizzazione degli asili nido, ma anche rispetto al fatto che come segnalato dall'ufficio parlamentare bilancio nell'81,4 per cento dei territori continuerebbero a non avere alcun asilo nido».
Tanto premesso, con specifico riguardo allo stato di attuazione della misura M4C1-I 1.1 del PNRR, si rappresenta che, secondo le risultanze del sistema ReGIS, l'investimento consta di 3.627 interventi autorizzati, di cui n. 3.201 interventi attivi, per un importo complessivo, comprensivo delle risorse del fondo per le opere indifferibili e delle quote di cofinanziamento a valere su altre risorse non PNRR, di oltre 4,57 miliardi di euro.
Il 25 per cento degli interventi attivi sopra indicati è costituito da interventi autorizzati nei mesi di settembre/ottobre 2024 nell'ambito del nuovo piano asili da 735 milioni di euro e finanziato con le risorse nazionali messe a disposizione da questo Governo.
Ne deriva che la quasi totalità degli interventi autorizzati è in fase in esecuzione. Di questi: circa il 3 per cento risulta concluso, il 2,8 per cento è in fase di collaudo; i rimanenti interventi stanno procedendo secondo i rispettivi cronoprogrammi procedurali.
Quanto all'andamento della spesa, occorre rilevare che, così come avviene in tutte le opere pubbliche, l'avanzamento finanziario della misura è strettamente correlato alla progressione nella contabilizzazione delle lavorazioni da parte delle imprese esecutrici, cui consegue la maturazione del diritto al pagamento del corrispettivo contrattuale. In questo senso, i dati aggiornati del sistema ReGiS evidenziano, in corrispondenza con l'avanzamento materiale delle lavorazioni, un costante e significativo incremento del livello di spesa che si attesta, attualmente, a circa 1 miliardo di euro.
Con specifico riguardo alla sussistenza di possibili ostacoli nell'ottica del conseguimento entro il giugno 2026 degli obiettivi previsti dall'investimento PNRR in discorso, si rappresenta che i dati sopra riportati in merito all'avanzamento materiale e finanziario della misura delineano un quadro positivo nell'ottica del conseguimento di tutti gli obiettivi attualmente previsti dal Piano.
Come già si è avuto modo di affermare dinnanzi al Parlamento rispondendo a diversi atti di sindacato ispettivo sull'argomento, il Governo ha instaurato, fin dal suo insediamento, un continuo e costante dialogo con la Commissione europea con il precipuo fine di individuare per tempo le criticità connesse a eventi oggettivi e imprevedibili, nel pieno rispetto delle condizioni poste dai regolamenti europei, e di definire soluzioni condivise.
Nell'ambito di tale costruttiva dialettica con la Commissione europea è stata proposta e condivisa la revisione del PNRR, approvata nel mese di dicembre 2023, che ha portato all'individuazione di un nuovo target quantitativo (150.480 nuovi posti) e ad un differimento della data di scadenza dell'obiettivo PNRR (30 giugno 2026). Ciò in ragione del fatto che, diversamente da quanto ipotizzato in sede di individuazione del target originariamente inserito nel PNRR, la Commissione non ha ritenuto ammissibili e, dunque, finanziabili gli interventi di messa in sicurezza, riqualificazione e demolizione e ricostruzione, selezionati nel 2021 e 2022, da cui non derivasse un incremento dei posti negli asili nido e nelle scuole materne.
Con specifico riguardo alle iniziative che il Governo intende assumere anche nell'ottica di un'equa distribuzione territoriale delle infrastrutture, si rappresenta, da un lato, che il vincolo di destinazione in favore delle regioni del Mezzogiorno previsto dal PNRR è stato ampiamente rispettato e, dall'altro, che il Ministero dell'istruzione e del merito ha comunicato che, sulla base dei posti attualmente autorizzati, la percentuale di copertura del fabbisogno complessivo di asili nido sull'intero territorio nazionale ha già raggiunto il 36 per cento.
Inoltre, il nuovo piano asili nido di cui al decreto del Ministero dell'istruzione e del merito n. 79 del 30 aprile 2024 ha come finalità precipua quella di ridurre i divari territoriali nei servizi per l'infanzia, con una particolare attenzione verso i territori nei quali sussiste un maggiore necessità di potenziamento dell'offerta.
Infine, si comunica che è prossima la pubblicazione di un nuovo bando del valore complessivo di 800 milioni di euro, derivanti da economie originate da altri interventi PNRR di competenza del Ministero dell'istruzione e del merito, con l'obiettivo di garantire, tra l'altro, la massima capillarità nella diffusione degli asili nido sul territorio nazionale, mediante la costruzione di ulteriori 30.000 nuovi posti soprattutto nelle aree caratterizzate da specifici fabbisogni.
Il Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione: Tommaso Foti.