XIX LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta del 23 aprile 2025.
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bicchielli, Bignami, Bitonci, Bonetti, Boschi, Braga, Calderone, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Sergio Costa, D'Alessio, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Fassino, Ferrante, Ferro, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Michelotti, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Orsini, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pellegrini, Pichetto Fratin, Pittalis, Polidori, Prisco, Rampelli, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Siracusano, Sportiello, Stefani, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bicchielli, Bignami, Bitonci, Bonetti, Boschi, Braga, Caiata, Calderone, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Dori, Ferrante, Ferro, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lucaselli, Lupi, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Michelotti, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Orsini, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pellegrini, Pichetto Fratin, Pittalis, Polidori, Prisco, Rampelli, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rosato, Angelo Rossi, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Siracusano, Sportiello, Stefani, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zanella, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
(Alla ripresa notturna della seduta).
Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Battistoni, Bellucci, Benvenuto, Bicchielli, Bignami, Bitonci, Bonetti, Boschi, Braga, Caiata, Calderone, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Sergio Costa, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Dori, Ferrante, Ferro, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lucaselli, Lupi, Maccari, Magi, Mangialavori, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Mollicone, Molteni, Morrone, Mulè, Nordio, Orsini, Osnato, Nazario Pagano, Patriarca, Pichetto Fratin, Pittalis, Polidori, Prisco, Rampelli, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rotelli, Scerra, Schullian, Semenzato, Siracusano, Sportiello, Stefani, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zanella, Zaratti, Zoffili, Zucconi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 22 aprile 2025 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
MOLLICONE ed altri: «Delega al Governo per la definizione di una strategia nazionale per il contrasto degli attacchi informatici a scopo di estorsione» (2366).
Sarà stampata e distribuita.
Assegnazione di progetto di legge
a Commissione in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
XII Commissione (Affari sociali):
S. 1241. – «Misure di garanzia per l'erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria» (approvato dal Senato) (2365) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Richieste di parere parlamentare
su proposte di nomina.
Il Ministro della difesa, con lettera in data 14 aprile 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1482-bis, comma 2, lettera a), del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, le richieste di parere parlamentare sulle seguenti proposte di nomina:
proposte di nomina del dottor Glauco Zaccardi (66) e dell'avvocato Valeria Romano (67) rispettivamente a primo e secondo presidente della Commissione centrale di conciliazione presso il Ministero della difesa;
proposte di nomina dell'avvocato Sara Bordet (68) e dell'avvocato Emilio Barile La Raia (69) rispettivamente a primo e secondo presidente della Commissione periferica Difesa nord-ovest;
proposte di nomina del professor Enrico Gragnoli (70) e della dottoressa Claudia Maria Ardita (71) rispettivamente a primo e secondo presidente della Commissione periferica Difesa nord-est;
proposte di nomina della professoressa Silvia Ciucciovino (72) e del dottor Antonio Massimo Marra (73) rispettivamente a primo e secondo presidente della Commissione periferica Difesa centro;
proposte di nomina dell'avvocato Michele Minichini (74) e dell'avvocato Lydia Fiandaca (75) rispettivamente a primo e secondo presidente della Commissione periferica Difesa sud;
proposte di nomina dell'avvocato Elisa Saccà (76) e del dottor Giuseppe Caruso (77) rispettivamente a primo e secondo presidente della Commissione periferica Difesa sud-ovest.
Queste richieste sono assegnate, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere i prescritti pareri entro il 13 maggio 2025.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 17 aprile 2025, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina dell'avvocato Matteo Paroli a presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare Ligure occidentale (65).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 13 maggio 2025.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 14 MARZO 2025, N. 25, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI RECLUTAMENTO E FUNZIONALITÀ DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI (A.C. 2308-A)
A.C. 2308-A – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 15, comma 1, dispone che la Struttura commissariale costituita per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025 può utilizzare, per garantire il regolare svolgimento del Giubileo dei Giovani e l'accoglienza dei pellegrini, gli edifici scolastici ubicati nella regione Lazio, assumendone la gestione per tutto il periodo di utilizzazione;
l'articolo 13 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, come convertito dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 stabilisce che al fine di assicurare gli interventi funzionali alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 nella Città di Roma Capitale, tenuto anche conto di quanto disposto dall'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, il Commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, limitatamente al periodo del relativo mandato e con riferimento al territorio di Roma Capitale, esercita le competenze assegnate alle regioni ai sensi degli articoli 196 e 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
con ordinanza n. 7 del 1 dicembre 2022 il Commissario straordinario di Governo ha approvato il Piano di Gestione dei rifiuti di Roma Capitale e i relativi documenti previsti dalla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) di cui alla Direttiva 2001/42/CE recepita con decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, prevedendo che il 90 per cento dei rifiuti indifferenziati vengano avviati interamente al recupero energetico diretto, tramite un impianto di termovalorizzazione della potenza di 600 mila t/a, senza alcun pre-trattamento dei rifiuti residui indifferenziati;
la scelta di indirizzare i rifiuti indifferenziati alla termovalorizzazione, senza alcun pre-trattamento, non è accompagnata da alcuna significativa analisi comparativa delle diverse opzioni di trattamento, che consideri vantaggi e svantaggi dell'opzione zero, con la valutazione delle opportune alternative impiantistiche capaci di ricevere e trattare i rifiuti urbani residui, per trasformarli in materie prime seconde (MPS), sottoprodotti e prodotti, che incorpori tutte le migliori BAT (Best Available Tecniques) e BRef (Best References) dell'Unione europea, in coerenza con gerarchia comunitaria e nazionale dei rifiuti;
in coerenza con il quadro normativo vigente di livello europeo (Pacchetto Economia Circolare UE del 2018) recepito nel TUA con il decreto legislativo n. 116 del 2020, va invece il vigente piano regionale di gestione dei rifiuti del Lazio, approvato il 5 agosto 2020, che definisce in maniera integrata le politiche in materia di prevenzione, riciclo, recupero e smaltimento dei rifiuti, perseguendo l'obiettivo di decommissioning dal 2030 dell'incenerimento e prediligendo il recupero di materia a quello energetico;
il Regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF, Recovery and Resilience Facility) stabilisce che nessuna misura inserita nel Piano per la ripresa e la resilienza di uno stato membro (RRP, Recovery and Resilience Plan) debba arrecare danno agli obiettivi ambientali. Ai fini del regolamento RRF, il principio DNSH va interpretato ai sensi dell'articolo 17 del Regolamento Tassonomia (UE) 2020/852, che definisce il «danno significativo» per i sei obiettivi ambientali, tra i quali: «4. si considera che un'attività arreca un danno significativo all'economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, se conduce a inefficienze significative nell'uso dei materiali o nell'uso diretto o indiretto di risorse naturali, o se comporta un aumento significativo della produzione, dell'incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti oppure se lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno significativo e a lungo termine all'ambiente»;
la stessa UE nel 2020 nel dettare i criteri d'impiego del Just Transition Fund (Jtf) e del Cohesion Fund nel periodo 2021-2027 ha escluso l'impiego dei fondi strutturali per finanziare nuovi inceneritori e nuove discariche nei paesi membri, indirizzo confermato dall'esclusione dalla tassonomia della finanza UE degli impianti che bruciano rifiuti per produrre energia,
impegna il Governo
ad accompagnare le misure recate dall'articolo 15 del provvedimento in esame con ulteriori iniziative normative, volte ad escludere dai poteri del Commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, quello di autorizzare nuovi impianti di incenerimento nel territorio di Roma Capitale la cui entrata in esercizio è prevista dopo il 6 gennaio 2026, nel rispetto del Pacchetto Economia Circolare dell'Unione europea e del principio di non arrecare danno agli obiettivi ambientali (DNSH).
9/2308-A/1. Zaratti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 117 del decreto legislativo n. 36 del 2023, al comma 1, disciplina che: «Per la sottoscrizione del contratto l'appaltatore costituisce una garanzia, denominata “garanzia definitiva”, a sua scelta sotto forma di cauzione o fideiussione, con le modalità previste dall'articolo 106»;
l'articolo 106 del decreto legislativo 36/2023, ai commi 2 e 3, stabilisce che: «La cauzione è costituita presso l'istituto incaricato del servizio di tesoreria o presso le aziende autorizzate, a titolo di pegno a favore della stazione appaltante, esclusivamente con bonifico o con altri strumenti e canali di pagamento elettronici previsti dall'ordinamento vigente», ed ancora, «La garanzia fideiussoria a scelta dell'appaltatore può essere rilasciata da imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano le rispettive attività, oppure dagli intermediari finanziari iscritti nell'albo di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.»;
l'ultima modifica del codice degli appalti ha inserito all'interno del comma 3 dell'articolo 106 la seguente disposizione: «La garanzia fideiussoria deve essere emessa e firmata digitalmente; essa deve essere altresì verificabile telematicamente presso l'emittente ovvero gestita in tutte le fasi mediante ricorso a piattaforme operanti con tecnologie basate su registri distribuiti ai sensi dell'articolo 8-ter, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, o su registri elettronici qualificati ai sensi del Regolamento (UE) n. 910/2014. Le piattaforme, operanti con tecnologie basate su registri distribuiti o su registri elettronici, sono conformi alle caratteristiche stabilite dall'AGID con il provvedimento di cui all'articolo 26, comma 1»;
in sede referente è stato approvato un emendamento al decreto-legge n. 25 del 2025 recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni (A.C. 2308) che istituisce la Cabina di regia per il coordinamento strategico e la definizione di politiche e direttive efficaci in materia di valorizzazione e sviluppo del mercato dei capitali;
la cabina di regia è presieduta dal Ministro dell'economia e delle finanze e composta dai rappresentanti del Ministero delle imprese e del made in Italy, del Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, della Presidenza del Consiglio dei ministri, della Banca d'Italia, della Commissione nazionale per le società e la borsa e della Guardia di finanza;
i soggetti che compongono la cabina di regia sono, altresì, interessati dagli accadimenti in premessa;
risulta necessario intervenire al fine di evitare un danno alle casse dello Stato garantendo il rispetto della legalità anche attraverso la revoca degli appalti per le imprese che utilizzano tali compagnie consapevolmente, tutelando invece le imprese che agiscono in buona fede,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prevedere tra i compiti della cabina di regia anche il controllo e la verifica delle garanzie fideiussorie rilasciate dagli operatori nei confronti della pubblica amministrazione, anche avvalendosi di società di certificazione specializzate, attraverso piattaforme telematiche.
9/2308-A/2. Romano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 reca disposizioni per il superamento del precariato dei giovani nella pubblica amministrazione;
solo pochi giorni fa i dati ISTAT che riportano che nel 2024 sono 93.410 i ragazzi e le ragazze italiane fuggite all'estero, il 30 per cento in più rispetto all'anno precedente;
dal 2011 al 2023, 550mila giovani tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato l'Italia. Di questi, solo 172mila hanno fatto ritorno, con un saldo negativo di 377 mila unità;
per ogni giovane che arriva in Italia, otto italiani fanno le valigie e vanno all'estero. L'Italia si piazza all'ultimo posto in Europa per attrazione di giovani, accogliendo solo il 6 per cento di europei;
numerosi sono i giovani che se ne vanno fuori dall'Italia per intraprendere percorsi di studio sia partendo già con un percorso di laurea triennale fuori, sia per completare gli studi universitari già conseguiti in Italia. Il fenomeno è stato influenzato anche dalla mobilità internazionale e dai programmi di scambio, come Erasmus ed Erasmus+, che hanno visto una partecipazione elevata;
è molto complicato, per chi ha studiato all'estero e decida di tornare in Italia, ottenere il riconoscimento del titolo di studio e quindi poterlo utilizzare per lavorare. La procedura per il riconoscimento è lunga, farraginosa e molto costosa, con vari problemi burocratici e di inefficienza delle istituzioni che se ne occupano: c'è chi ha desistito dal chiedere il riconoscimento, e chi dopo anni di studi, anche molto prestigiosi, se l'è visto negare;
l'articolo 3, comma 1, lettera f), dispone, sino all'adozione di una regolamentazione della materia da parte dell'Unione europea, nuove modalità di riconoscimento dei titoli di studio esteri ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici destinati al reclutamento di personale dipendente;
al 1° gennaio 2024 si contano ufficialmente in Italia 5.307.598 stranieri residenti, che rappresentano il 9 per cento della popolazione complessiva, molti di questi hanno figli e figlie nati in Italia, che sono in possesso di titoli di studio che gli permetterebbero di partecipare ai concorsi pubblici se solo fossero cittadini italiani;
inoltre, solo nel 2023, in Italia sono state presentate oltre 196.000 domande di cittadinanza italiana da parte di cittadini non comunitari, molti convivono o sono coniugati da tempo con cittadini italiani, ma a causa delle lentezze burocratiche ancora non hanno ottenuto la cittadinanza nonostante ne abbiano pieno diritto;
sarebbe opportuno favorire l'integrazione graduale dei cittadini di Stati extracomunitari nati in Italia, dando loro la possibilità di accedere a posizioni non sensibili, favorendo così l'inclusione sociale senza compromettere la sicurezza nazionale,
impegna il Governo:
ad accompagnare le misure di cui agli articoli 2 e 3, comma 1, lettera f) del provvedimento in esame, con ulteriori iniziative di competenza volte a far sì che coloro che hanno ottenuto, con merito, diplomi di laurea e coloro che hanno presentato domanda di cittadinanza ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 91, avendone i requisiti, possano accedere ai concorsi pubblici che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale;
ad adottare un iter abbreviato e meno costoso per il riconoscimento di lauree e Master degree conseguiti all'estero.
9/2308-A/3. Zanella, Zaratti, Mari.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare un iter abbreviato per il riconoscimento di lauree e Master degree conseguiti all'estero.
9/2308-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Zanella, Zaratti, Mari.
La Camera,
premesso che:
in sede di esame dell'Atto Camera 2308 recante: «Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni» nelle commissioni referenti sono emerse molteplici criticità;
il comma 1 dell'articolo 8 estende agli enti del comparto funzioni locali ricompresi nei crateri sisma 2009 (l'Aquila) e 2016 (Amatrice, Abruzzo e Marche), a prescindere dalla relativa dimensione demografica, e agli Uffici speciali per la ricostruzione la possibilità di servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali;
tali strutture hanno funzioni emergenziali e di pianificazione urbana connessa alla ricostruzione post-sisma;
i Campi Flegrei sono una vasta area di origine vulcanica situata a nord-ovest della città di Napoli, dove è presente un supervulcano (o grande caldera) tra i più pericolosi al mondo ed è famoso per il fenomeno del bradisismo, con fenomeni di innalzamento e abbassamento del livello del terreno;
i cittadini di questa zona, soprattutto della città di Pozzuoli, convivono da tempo con il bradisismo. Negli ultimi due anni il fenomeno di si è accentuato con sciami sismici più frequenti e terremoti con magnitudo anche di 4.4;
il territorio flegreo è occupato dai comuni di Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida, nonché da buona parte del comune di Quarto e da alcuni settori dei comuni di Napoli (i quartieri di Bagnoli, Chiaia, Vomero, Arenella, Chiaiano, Pianura, Fuorigrotta, Agnano, Posillipo e Soccavo), di Giugliano in Campania (la frazione Lago Patria) e di Marano di Napoli. Gli abitanti complessivi sono circa 550.000;
sulla base della geometria delle faglie, dei dati di letteratura scientifica, e altre considerazioni geologiche, geofisiche e di ingegneria sismica, potrebbero verificarsi rotture in grado di produrre eventi con magnitudo anche intorno ai 5,5. Resta il fatto che terremoti di magnitudo cinque in un contesto densamente popolato, con un costruito esistente per lo più progettato con norme sismiche obsolete o in totale assenza di esse, rappresenta un rischio rilevante da considerare per le comunità locali,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative normative volte ad estendere anche alla caldera dei Campi Flegrei la possibilità, prevista dall'articolo 8 del provvedimento in esame, di servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali al fine di analizzare lo stato delle abitazioni e predisporre, ove fosse necessario, interventi idonei a tutela degli abitanti e dell'immenso patrimonio archeologico presente nell'area.
9/2308-A/4. Borrelli, Zaratti, Mari, Zanella.
La Camera,
premesso che:
in sede di esame dell'Atto Camera 2308 recante: «Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni» nelle commissioni referenti sono emerse molteplici criticità;
i commi 5 e seguenti dell'articolo 10, prevedono che il Commissario unico nominato per fronteggiare le procedure d'infrazione in materia ambientale provvede, anche alla bonifica dell'area denominata «Terra dei fuochi» mediante lo svolgimento delle seguenti attività: a) ricognizione degli interventi di indagine ambientale, caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica effettuati e programmati, nonché delle iniziative volte a garantire la salubrità dei 15 prodotti agroalimentari, il monitoraggio ambientale e il monitoraggio sanitario delle popolazioni ricadenti nell'area interessata; b) ricognizione delle risorse stanziate e di quelle disponibili per l'attuazione degli interventi e delle iniziative di cui al punto a); e) individuazione degli interventi e delle iniziative ulteriori da porre in essere nel breve, medio e lungo periodo, nonché stima delle risorse finanziarie necessarie e attuazione degli interventi medesimi; d) individuazione e perimetrazione dei siti oggetto di contaminazione; e) realizzazione di interventi di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza operativa o permanente; f) comunicazione e informazione pubblica in merito agli interventi e alle iniziative attuate e programmate;
trattasi di una terra martoriata da incuria, abbandono e degrado. Un'area di 1.474 chilometri quadrati – di cui 832 in provincia di Napoli e 641 in provincia di Caserta – e 90 comuni;
lo studio Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento) dell'Iss ha analizzato il profilo di salute dei cittadini con un approccio multi-esito basato su fonti di dati correnti accreditati per la mortalità, i ricoveri ospedalieri, l'incidenza dei tumori, le malformazioni congenite;
l'aggiornamento dello studio Sentieri riguarda 45 siti, che includono 319 Comuni, su un totale di circa 8mila Comuni italiani, con una popolazione complessiva di 5.900.000 abitanti. Per la prima volta, Sentieri ha valutato anche lo stato di salute di bambini e adolescenti (1.160.000 soggetti di età 0-19 anni) e di giovani adulti (660mila di età 20-29 anni). Nel primo anno di vita è stato rilevato un eccesso di 7mila ricoveri, 2mila dei quali per condizioni di origine perinatale. In età pediatrica (0-14 anni) è stato osservato un eccesso di 22mila ricoveri per tutte le cause: 4mila dovuti a problemi respiratori acuti e 2mila ad asma. Per l'incidenza oncologica, sono disponibili dati relativi a 22 siti coperti da Registri Tumori per la popolazione generale, e a sei siti coperti da Registri Tumori pediatrici (0- 19 anni). Nella fascia d'età compresa tra 0 e 24 anni sono stati diagnosticati 666 nuovi casi, pari a un eccesso del 9 per cento, prevalentemente dovuti a sarcomi dei tessuti molli nei bambini, leucemie mieloidi acute nei bambini e nei giovani adulti, linfomi non Hodgkin e tumori del testicolo in giovani adulti;
gli eccessi tumorali si osservano prevalentemente nei siti con presenza di impianti chimici, petrolchimici e raffinerie, e nelle aree nelle quali vengono abbandonati rifiuti pericolosi, come appunto il litorale domitio-flegreo (1,5 milioni di abitanti) e l'area del Vesuviano (circa 800 mila abitanti);
ogni giorno, l'Iss con «Sentieri» conferma che i cittadini campani si ammalano e muoiono di inquinamento. La Corte europea dei diritti dell'uomo, lo scorso 30 gennaio, ha condannato l'Italia per non aver fatto tutto ciò che poteva per proteggere il «diritto alla vita» di chi vive nella «Terra dei fuochi», tra le province di Napoli e Caserta: 2,9 milioni di persone, distribuite in 90 comuni, vittime di un sistematico e diffuso smaltimento illegale di rifiuti, dalle discariche abusive ai roghi;
l'inquinamento da diossina dei terreni può essere molto pericoloso perché in grado di introdurre sostanze tossiche nella catena alimentare degli animali da allevamento, che possono raggiungere anche l'essere umano;
ora la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sulla Terra dei Fuochi richiama con forza il nostro governo alle proprie responsabilità. Il diritto a vivere in un ambiente sano e a non ammalarsi deve diventare la priorità delle istituzioni, di quelle stesse istituzioni che per troppo tempo hanno colpevolmente sottovalutato una bomba ambientale innescata da illegalità e criminalità organizzata. Non ci sono più scuse per non agire nei confronti di un'emergenza ambientale di proporzioni mastodontiche; le istituzioni devono rispettare quanto disposto dalla Corte e avviare immediatamente un piano straordinario di bonifica e contrasto ai crimini ambientali, con azioni concrete per tutelare la salute e l'ambiente e restituire ai cittadini di quest'area, troppo a lungo martoriata da un inquinamento criminale, un futuro più sicuro;
è assolutamente necessario predisporre una accurata indagine epidemiologica sugli animali presenti nel perimetro della terra dei fuochi e adottare conseguentemente tutti i provvedimenti necessari,
impegna il Governo:
in sede di attuazione di quanto previsto dall'articolo 10, comma 5, del provvedimento in esame, ad adottare tutti i provvedimenti necessari per ottemperare alle prescrizioni e raccomandazioni della recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo avviando con urgenza un piano straordinario di bonifica ambientale e di contrasto ai crimini ambientali;
a predisporre una accurata indagine epidemiologica sugli animali presenti nel perimetro della terra dei fuochi e conseguentemente adottare tutti i provvedimenti necessari.
9/2308-A/5. Bonelli, Borrelli, Zanella, Zaratti, Mari.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
in particolare, il decreto contiene una serie di misure per gli enti locali e le regioni oltre che iniziative a supporto delle attività di ricostruzione nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Marche e Toscana colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal mese di maggio 2023;
il conseguente stato di calamità che ha colpito la regione Emilia-Romagna nel corso degli anni 2023 e 2024 ha determinato la necessità di urgenti interventi infrastrutturali tali da consentire il risanamento idrico ambientale di determinati territori;
ad integrazione delle opere finora previste, la riqualificazione dell'invaso del Lago di Quarto – ormai quasi completamente interrato – situato tra i comuni di Sarsina e Bagno di Romagna, rappresenterebbe un intervento strategico per l'aumento della capacità di laminazione del fiume Savio, contribuendo concretamente al principio della ritenzione idrica a monte.
Tale intervento garantirebbe una maggiore sicurezza idraulica a valle e renderebbe l'invaso fruibile anche a fini irrigui per l'agricoltura. Inoltre, la riqualificazione del lago offrirebbe una significativa opportunità per lo sviluppo turistico e agricolo dell'intero territorio;
in un precedente ordine del giorno (9/01937-A/092) il Governo aveva già assunto l'impegno a valutare la possibilità della realizzazione degli invasi del Lago di Quarto e del Pieve Salutare in Emilia-Romagna,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di accompagnare le misure recate dall'articolo 10 del provvedimento in esame con le iniziative di competenza volte a realizzare l'invaso del Lago di Quarto attraverso uno stanziamento iniziale di 1 milione di euro.
9/2308-A/6. Buonguerrieri.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
in particolare, il decreto contiene una serie di misure per gli enti locali e le regioni oltre che iniziative a supporto delle attività di ricostruzione nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Marche e Toscana colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal mese di maggio 2023;
il conseguente stato di calamità che ha colpito la regione Emilia-Romagna nel corso degli anni 2023 e 2024 ha determinato la necessità di urgenti interventi infrastrutturali tali da consentire il risanamento idrico ambientale di determinati territori;
ad integrazione delle opere finora previste, la riqualificazione dell'invaso del Lago di Quarto – ormai quasi completamente interrato – situato tra i comuni di Sarsina e Bagno di Romagna, rappresenterebbe un intervento strategico per l'aumento della capacità di laminazione del fiume Savio, contribuendo concretamente al principio della ritenzione idrica a monte;
tale intervento garantirebbe una maggiore sicurezza idraulica a valle e renderebbe l'invaso fruibile anche a fini irrigui per l'agricoltura. Inoltre, la riqualificazione del lago offrirebbe una significativa opportunità per lo sviluppo turistico e agricolo dell'intero territorio;
in un precedente ordine del giorno (9/01937-A/092) il Governo aveva già assunto l'impegno a valutare la possibilità della realizzazione degli invasi del Lago di Quarto e del Pieve Salutare in Emilia-Romagna,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di porre in essere, qualora ne ricorrano le condizioni di fattibilità tecnico-economica, le iniziative di competenza volte a realizzare l'invaso del Lago di Quarto.
9/2308-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta)Buonguerrieri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca misure urgenti per la funzionalità e l'efficienza di taluni settori della pubblica amministrazione;
la sede di Genova dell'Ispettorato territoriale del Ministero delle imprese e del made in Italy si caratterizza per un'importante vocazione marittima, svolgendo funzioni specifiche legate al territorio;
in particolare, tra le attività di competenza della citata sede si annovera la visita di ispezione e collaudo alle stazioni radio delle unità navali battenti bandiera italiana (unità commerciali);
a seguito dell'accorpamento delle sedi che ha dato vita all'Ispettorato Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, il ridotto personale della sede di Genova (passato dalle 5 unità nel 2022 ad una sola unità attuale) si ritrova a gestire un carico di circa 500 ispezioni all'anno con un'organizzazione interna di risorse umane e materiali che penalizza l'efficienza del servizio, causando tempi di attesa significativamente più lunghi e disservizi alle imprese;
il verbale di ispezione e collaudo, infatti, è prodromico al rilascio da parte delle autorità competenti dei relativi Certificati di Sicurezza, imprescindibili per poter garantire la piena operatività delle unità interessate, dalla piccola imbarcazione da pesca alle grandi navi passeggeri,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di ripristinare la sede di Genova dell'Ispettorato territoriale del Ministero delle imprese e del made in Italy affinché possa svolgere in modo funzionale ed efficiente le sue specifiche funzioni.
9/2308-A/7. Frijia.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca misure urgenti per la funzionalità e l'efficienza di taluni settori della pubblica amministrazione;
la sede di Genova dell'Ispettorato territoriale del Ministero delle imprese e del made in Italy si caratterizza per un'importante vocazione marittima, svolgendo funzioni specifiche legate al territorio;
in particolare, tra le attività di competenza della citata sede si annovera la visita di ispezione e collaudo alle stazioni radio delle unità navali battenti bandiera italiana (unità commerciali);
a seguito dell'accorpamento delle sedi che ha dato vita all'Ispettorato Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, il ridotto personale della sede di Genova (passato dalle 5 unità nel 2022 ad una sola unità attuale) si ritrova a gestire un carico di circa 500 ispezioni all'anno con un'organizzazione interna di risorse umane e materiali che penalizza l'efficienza del servizio, causando tempi di attesa significativamente più lunghi e disservizi alle imprese;
il verbale di ispezione e collaudo, infatti, è prodromico al rilascio da parte delle autorità competenti dei relativi Certificati di Sicurezza, imprescindibili per poter garantire la piena operatività delle unità interessate, dalla piccola imbarcazione da pesca alle grandi navi passeggeri,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di potenziare il nucleo del personale presso la sede di Genova affinché possa svolgere in modo funzionale ed efficiente le sue specifiche funzioni.
9/2308-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta)Frijia.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca disposizioni in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
la legge di bilancio 2024 (legge 30 dicembre 2023, n. 213), all'articolo 1, commi 225, 226 e 227, stabilisce il nuovo sistema di remunerazione delle farmacie per l'erogazione dei medicinali in regime convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (SSN), basato sul riconoscimento di quote variabili e di quote fisse analiticamente riportate al richiamato comma 225, nonché di ulteriori quote aggiuntive a favore di determinate categorie di farmacie a più basso fatturato, come stabilite al comma 227;
del citato quadro normativo, riferito al nuovo sistema di remunerazione delle farmacie, sono chiamate a dare concreta attuazione le pubbliche amministrazioni territoriali (regioni e province autonome), legislativamente tenute alla liquidazione delle competenze a favore delle farmacie per la dispensazione del farmaco in regime convenzionale con il Servizio sanitario;
la Relazione Tecnica a corredo della legge di bilancio 2024 rende chiaro che il nuovo sistema di remunerazione delle farmacie determina oneri aggiuntivi – rispetto al sistema di remunerazione vigente – e quantifica questi oneri in 227 milioni annui, spiegando, altresì, come si giunga a valutare l'onere annuo sulla base dell'«ausilio di AIFA» e cioè del documento dell'Agenzia Italiana del Farmaco, rubricato «Nuovo metodo di remunerazione delle farmacie per la dispensazione del farmaco nell'ambito del SSN», redatto dall'Ufficio Monitoraggio della spesa e rapporti con le regioni, che sostiene che «Il nuovo metodo di calcolo della remunerazione delle farmacie è destinato ad essere applicato esclusivamente alle forniture di farmaci erogati dalle farmacie in regime convenzionato SSN. Nulla cambia per la filiera del farmaco, per cui continuano a valere i margini previsti dalla vigente normativa a favore delle aziende produttrici (66,65 per cento sul prezzo al pubblico al netto di IVA) e a favore della distribuzione intermedia (3 per cento sul prezzo al pubblico al netto di IVA). La farmacia, pertanto, continuerà a godere della restante quota del 30,35 per cento, sempre sul prezzo al pubblico e al netto dell'IVA, esclusivamente per le vendite in regime privato». Di tale assunto sono espressa riprova le tabelle da 1 a 5, organiche al documento AIFA, che, per tabulas, riportano sempre la dizione «valore netto IVA» e «quota netto IVA»;
è di tutta evidenza che – in ragione del rilevante impatto economico a regime delle nuove disposizioni – né il Legislatore, né gli Organismi Tecnici (in primis la Ragioneria Generale dello Stato), né la magistratura contabile (cfr. Relazione della Corte dei conti che richiama sempre la Relazione Tecnica e lo studio AIFA) abbiano mai inteso «le somme (quote) erogate dal SSN ... già comprensive di IVA...». Se così fosse, infatti, ne conseguirebbe la totale erroneità del quadro finanziario recato dalla norma e analiticamente descritto nella Relazione Tecnica;
nonostante ciò, dall'entrata in vigore delle previsioni della Legge di bilancio 2024, si sono registrati taluni casi, seppur limitatissimi, di difforme assoggettamento al regime IVA delle richiamate quote di spettanza delle farmacie, da parte di talune Amministrazioni territoriali;
qualsiasi diversa applicazione del regime IVA, da parte delle pubbliche amministrazioni territoriali, alle quote di cui all'articolo 1, comma 225, lettere da a) a e); comma 226; comma 227, lettere da a) a c), della legge di bilancio 2024, varrebbe ad alterare l'impatto finanziario della nuova remunerazione, ponendosi in palese contrasto con le previsioni della legge di bilancio stessa,
impegna il Governo
ad adottare ogni necessaria iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di conseguire, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, l'uniforme applicazione del sistema di remunerazione delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale, chiarendo definitivamente che le quote di cui all'articolo 1, comma 225, lettere da a) a e); comma 226; comma 227, lettera da a) a c), della legge 30 dicembre 2023, n. 213, sono da intendersi al netto dell'imposta di valore aggiunto e assoggettate ad IVA.
9/2308-A/8. Gabellone.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca disposizioni in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
la legge di bilancio 2024 (legge 30 dicembre 2023, n. 213), all'articolo 1, commi 225, 226 e 227, stabilisce il nuovo sistema di remunerazione delle farmacie per l'erogazione dei medicinali in regime convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (SSN), basato sul riconoscimento di quote variabili e di quote fisse analiticamente riportate al richiamato comma 225, nonché di ulteriori quote aggiuntive a favore di determinate categorie di farmacie a più basso fatturato, come stabilite al comma 227;
del citato quadro normativo, riferito al nuovo sistema di remunerazione delle farmacie, sono chiamate a dare concreta attuazione le pubbliche amministrazioni territoriali (regioni e province autonome), legislativamente tenute alla liquidazione delle competenze a favore delle farmacie per la dispensazione del farmaco in regime convenzionale con il Servizio sanitario;
la Relazione Tecnica a corredo della legge di bilancio 2024 rende chiaro che il nuovo sistema di remunerazione delle farmacie determina oneri aggiuntivi – rispetto al sistema di remunerazione vigente – e quantifica questi oneri in 227 milioni annui, spiegando, altresì, come si giunga a valutare l'onere annuo sulla base dell'«ausilio di AIFA» e cioè del documento dell'Agenzia Italiana del Farmaco, rubricato «Nuovo metodo di remunerazione delle farmacie per la dispensazione del farmaco nell'ambito del SSN», redatto dall'Ufficio Monitoraggio della spesa e rapporti con le regioni, che sostiene che «Il nuovo metodo di calcolo della remunerazione delle farmacie è destinato ad essere applicato esclusivamente alle forniture di farmaci erogati dalle farmacie in regime convenzionato SSN. Nulla cambia per la filiera del farmaco, per cui continuano a valere i margini previsti dalla vigente normativa a favore delle aziende produttrici (66,65 per cento sul prezzo al pubblico al netto di IVA) e a favore della distribuzione intermedia (3 per cento sul prezzo al pubblico al netto di IVA). La farmacia, pertanto, continuerà a godere della restante quota del 30,35 per cento, sempre sul prezzo al pubblico e al netto dell'IVA, esclusivamente per le vendite in regime privato». Di tale assunto sono espressa riprova le tabelle da 1 a 5, organiche al documento AIFA, che, per tabulas, riportano sempre la dizione «valore netto IVA» e «quota netto IVA»;
è di tutta evidenza che – in ragione del rilevante impatto economico a regime delle nuove disposizioni – né il Legislatore, né gli Organismi Tecnici (in primis la Ragioneria Generale dello Stato), né la magistratura contabile (cfr. Relazione della Corte dei conti che richiama sempre la Relazione Tecnica e lo studio AIFA) abbiano mai inteso «le somme (quote) erogate dal SSN ... già comprensive di IVA...». Se così fosse, infatti, ne conseguirebbe la totale erroneità del quadro finanziario recato dalla norma e analiticamente descritto nella Relazione Tecnica;
nonostante ciò, dall'entrata in vigore delle previsioni della Legge di bilancio 2024, si sono registrati taluni casi, seppur limitatissimi, di difforme assoggettamento al regime IVA delle richiamate quote di spettanza delle farmacie, da parte di talune Amministrazioni territoriali;
qualsiasi diversa applicazione del regime IVA, da parte delle pubbliche amministrazioni territoriali, alle quote di cui all'articolo 1, comma 225, lettere da a) a e); comma 226; comma 227, lettere da a) a c), della legge di bilancio 2024, varrebbe ad alterare l'impatto finanziario della nuova remunerazione, ponendosi in palese contrasto con le previsioni della legge di bilancio stessa,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare ogni necessaria iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di conseguire, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, l'uniforme applicazione del sistema di remunerazione delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale, chiarendo definitivamente che le quote di cui all'articolo 1, comma 225, lettere da a) a e); comma 226; comma 227, lettera da a) a c), della legge 30 dicembre 2023, n. 213, sono da intendersi al netto dell'imposta di valore aggiunto e assoggettate ad IVA.
9/2308-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta)Gabellone.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca disposizioni in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
in particolare, l'articolo 20 introduce modifiche al Codice degli appalti pubblici. In merito si ricorda che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha previsto un processo di riforma in due macro-tappe del settore dei contratti pubblici: una prima tappa, attuata in via d'urgenza con il decreto-legge n. 77 del 2021, e una seconda tappa da attuare mediante una riforma complessiva dell'allora vigente Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016);
tale riforma si è caratterizzata per una serie di novità normative, tra le quali anche quella di aver delineato un sistema di revisione dei prezzi obbligatorio e permanente valido per l'intera durata del contratto, in modo tale da consentire alle stazioni appaltanti di monitorare costantemente l'andamento dell'affidamento;
gli acquisti pubblici, tutta quella parte cioè di spesa pubblica destinata all'acquisto di beni e servizi da parte della Pubblica Amministrazione, rappresentano un'enorme leva di potenziale sviluppo economico e benessere sociale;
attraverso l'acquisto di beni e servizi la pubblica amministrazione può immettere nel sistema risorse economiche, contribuire a creare occupazione, garantire servizi per i cittadini adeguati alle nuove crescenti esigenze di una società avanzata, e potrebbe anche intervenire per «proteggere» le imprese nazionali dalla competizione globale favorendone la crescita, così come può diminuire le disparità regionali;
si tratta di uno dei meccanismi più delicati e nevralgici che un'economia moderna può utilizzare;
l'affermazione di un Public procurement strategico non è solo questione di parte, di interesse legittimo degli operatori economici privati, è al contrario ad un tempo una questione che riguarda l'organizzazione del potere pubblico, lo sviluppo economico del sistema, l'erogazione di opere e servizi adeguati ai mutati bisogni dei cittadini;
in questo contesto ben si inserisce il nuovo Codice dei contratti pubblici con il quale il legislatore ha affermato in maniera esplicita il rapporto tra affidamento pubblico (appalto) e salario (CCNL), in particolare, ma non solo, con l'articolo 11. La centralità riconosciuta dall'impianto del nuovo codice al CCNL e, quindi, alla contrattazione collettiva potrebbe e dovrebbe coerentemente responsabilizzare i decisori pubblici in relazione sia alla qualità delle opere e dei servizi erogati sia al salario ad essi collegato; sono pertanto necessarie tariffe adeguate a garantire il mantenimento dell'equilibrio contrattuale nel settore dei servizi e delle forniture;
l'obiettivo è quello di permettere di aggiornare il costo di un contratto pubblico durante la sua esecuzione in relazione alle variazioni dei prezzi di mercato; risulta, quindi, determinante per salvaguardare l'equilibrio contrattuale tra le stazioni appaltanti e le imprese, assicurando che l'appaltatore non subisca perdite economiche a causa di aumenti inattesi dei costi;
la conservazione dell'equilibrio contrattuale è uno dei principi fondamentali dell'attività negoziale della pubblica amministrazione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel rispetto dei limiti della finanza pubblica, di accompagnare le misure recate dall'articolo 20 del provvedimento in esame con ogni necessaria iniziativa normativa per garantire una sempre maggiore qualificazione della domanda pubblica ed il mantenimento dell'equilibrio contrattuale con specifico riferimento alle diverse attività del settore dei servizi e delle forniture.
9/2308-A/9. Malagola.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del provvedimento in esame reca misure urgenti per la funzionalità della Commissione RIPAM, attiva per supportare lo sviluppo di percorsi formativi professionalizzanti da parte delle pubbliche amministrazioni e valorizzare le buone pratiche dell'amministrazione centrale e degli Enti Locali in materia di formazione;
il Sistema terziario di istruzione tecnologica è costituito dagli ITS Academy, istituti di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica, istituiti con la legge 15 luglio 2022, n. 99, per rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche e per potenziare l'occupazione;
essi rappresentano una strategia formativa che unisce formazione e mondo del lavoro, attraverso un'offerta formativa altamente dinamica e qualificata che risponde al mercato del lavoro con livelli di competenza adeguati. Sono realizzati attraverso il modello della Fondazione di partecipazione in collaborazione con imprese, università/centri di ricerca scientifica e tecnologica, sistema scolastico e formativo;
gli ITS Academy garantiscono alti livelli di occupazione ai loro diplomati, operando per il successo occupazionale di tecnici in settori tecnologici d'avanguardia. Chiave del successo è proprio il fatto di puntare all'innovazione nei contenuti, nei metodi di insegnamento e nella strumentazione a supporto della didattica, infatti ad un anno dal diploma, l'86,5 per cento degli studenti degli ITS Academy che ha concluso il proprio percorso di studi ha trovato un'occupazione e di questi il 93,6 per cento svolge un lavoro coerente con gli studi effettuati;
le Fondazioni ricevono fondi pubblici e le Amministrazioni regionali nell'ambito della loro competenza adottano i provvedimenti necessari per l'applicazione delle Unità di costo standard, individuate dal decreto direttoriale del MIUR n. 1284 del 2017, al fine di rendere uniforme su tutto il territorio nazionale la rendicontazione dei percorsi ITS, anche in rapporto alle operazioni finanziate con i Fondi Europei, considerando sia la UCS ora percorso, legata al processo quale svolgimento del percorso in termini di numero di ore erogate sia la UCS allievi formati, legata al risultato quale svolgimento del percorso in termini di numero degli allievi formati;
in alcuni casi una attenta ed efficiente gestione delle risorse permette alle Fondazioni stesse di ottenere alcune economie che sarebbe opportuno utilizzare per valorizzare l'attività delle stesse soprattutto in relazione alle nuove sperimentazioni introdotte dal Decreto concernente l'attivazione dei percorsi sperimentali di istruzione di secondo ciclo nell'ambito della filiera formativa tecnologico-professionale per l'anno scolastico e formativo 2025/2026 in attuazione dell'articolo 25-bis, comma 2, del decreto-legge 23 settembre 2022 n. 144, convertito con modificazioni dalla legge 17 novembre 2022, n. 175, introdotto dall'articolo 1, comma 1, della legge 8 agosto 2024, n. 121, del 16 dicembre 2024;
si tratta di sperimentazioni coerenti con l'area tecnologica e le figure professionali di filiera già previste dal decreto ministeriale n. 203 del 20 ottobre 2023, allegato 1, recante disposizioni in merito a Aree Tecnologiche ITS Academy, figure professionali nazionali di riferimento, ambiti di articolazione e standard minimi di competenze tecnologiche e tecnico-professionali;
in relazione a dette sperimentazioni, le economie di spesa potrebbero risultare utili all'organizzazione di open day ed altre attività di promozione presso le scuole secondarie di primo grado, alla realizzazione di piattaforme digitali e di contenuti per l'orientamento integrate con il Sistema Informativo del Ministero dell'università e della ricerca, alla formazione e l'aggiornamento di docenti ed orientatori, con priorità per le aree interne e le zone a rischio di dispersione scolastica nonché alla realizzazione di seminari informativi ed interventi di orientamento in uscita dei diplomati ITS finalizzati all'inserimento nella Pubblica Amministrazione, senza che sia ridotto il monte ore obbligatorio minimo dei percorsi formativi;
incentivare i giovani ad intraprendere questi percorsi di studio per ridurre la distonia fra domanda e offerta di lavoro nonché il numero dei giovani che non studiano e non lavorano, risponderebbe senza dubbio agli obiettivi di questo Governo oltre che a quelli dell'Agenda 2030 dell'Unione europea,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza al fine di permettere alle Fondazioni ITS Academy di utilizzare eventuali economie di spesa per attività di orientamento e promozione della propria offerta formativa.
9/2308-A/10. Nisini, Giaccone.
La Camera,
premesso che:
il CAPO II del TITOLO II del decreto-legge contiene disposizioni urgenti in materia di enti locali;
le amministrazioni comunali lamentano un enorme ammontare di risorse proprie impiegate per l'illuminazione pubblica e minacciano di dover tagliare servizi essenziali della popolazione, come il riscaldamento delle scuole e il servizio scuolabus per farvi fronte;
l'Italia rappresenta il paese più illuminato dell'Europa e infatti produce un flusso di luce da illuminazione esterna notturna che è il triplo, pro capite, della Germania. Ciò significa che il nostro Paese, nell'attuale momento di crisi economica ed energetica, potrebbe risparmiare i due terzi della spesa energetica per l'illuminazione pubblica, semplicemente imitando gli standard tedeschi;
da oltre 10 anni, con eccezione del calo non strutturale del 2020, i consumi italiani per la sola illuminazione pubblica sono attorno ai 6000 GWh elettrici all'anno che corrispondono a quasi il 2 per cento del consumo elettrico nazionale, peraltro prodotto con fonti fossili, non potendo utilizzare il fotovoltaico di notte; si tratta di oltre un miliardo di metri cubi di metano e tutte le conseguenze della corrispondente CO2 sul riscaldamento globale;
il Parlamento europeo per la strategia sulla biodiversità chiede alla Commissione di fissare un ambizioso obiettivo di riduzione dell'uso di illuminazione artificiale esterna per il 2030;
anche le leggi regionali per il risparmio energetico e contro l'inquinamento luminoso impongono di abbassare le luci non più tardi della mezzanotte e di spegnere le luci dei monumenti (tranne le pochissime lampade completamente schermate) e comunque consigliano l'utilizzo di lampade con tecnologia a LED che hanno un impatto minore sull'ambiente notturno e il vantaggio della possibilità di abbassarne il flusso;
c'è da tenere conto che migliaia di comuni francesi spengono parzialmente o totalmente la luce pubblica, di solito alle 23, nonostante la Francia abbia grande disponibilità di energia elettrica da fonte nucleare;
sebbene i sindaci rappresentino la massima autorità di pubblica sicurezza, in assenza di una caserma di carabinieri, gli stessi, attualmente, non hanno l'autonomia di poter spegnere le luci notturne su determinate aree del proprio territorio, fatta salva la possibilità di emanare una apposita ordinanza, esclusivamente per motivi di necessità e urgenza;
occorre modificare tale condizione per ragioni sia ambientali che di risparmio energetico e di finanza pubblica,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di accompagnare le misure recate dall'articolo 6-ter del provvedimento in esame con le opportune iniziative di carattere legislativo per consentire ai sindaci l'autonomia e la discrezionalità di poter spegnere le lampade dell'illuminazione pubblica notturna, su determinate aree del territorio di competenza, fatta salva la garanzia dell'ordine e della pubblica sicurezza.
9/2308-A/11. Bof.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca misure urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni, prevede diverse disposizioni funzionali al miglioramento dell'organizzazione della pubblica amministrazione;
in particolare, gli istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), quali enti sanitari di diritto pubblico che fanno parte del Servizio sanitario nazionale in Italia, assumono particolare rilievo al fine di garantire la sanità animale e la sicurezza alimentare, e con le 10 sedi principali distribuite uniformemente sul territorio nazionale e oltre 80 sezioni diagnostiche territoriali, tale attività assume maggiore importanza non semplicemente nel quadro del sistema sanitario nazionale, vieppiù ad assumere rilievo proprio per le competenze acquisite nel contesto del benessere della popolazione, e ciò ove si consideri che questi istituti svolgono anche un ruolo importante non semplicemente nella sanità animale, bensì anche nell'igiene degli alimenti e nell'igiene zootecnica, fungendo da centri di referenza nazionale;
molti dei predetti Istituti si trovano in una condizione di positività dei propri bilanci che, agendo in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009 e all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 60 del 2019, potrebbero obiettivamente migliorare le proprie prestazioni così aumentando significativamente le proprie prestazioni ove questi procedessero ad assunzioni di nuovo personale;
in specie, gli istituti zooprofilattici sperimentali, detti IZS, sono enti sanitari di diritto pubblico con autonomia gestionale e amministrativa, e pertanto ogni attività, finanche ove si abbia riguardo di assunzioni di personale, esse graverebbero esclusivamente sul bilancio dell'Istituto in alcun modo intaccando altre situazioni contabili diverse da quelle dell'IZS interessato;
nella previsione normativa, all'articolo 4 sono previste disposizioni afferenti proprio all'espletamento nella pubblica amministrazione centrale e periferica procedure concorsuali funzionali al miglioramento dei servizi resi dalla pubblica amministrazione,
impegna il Governo
in linea con le disposizioni recate dal provvedimento in esame in materia di assunzioni presso le pubbliche amministrazioni, a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di finanza pubblica, misure di deroga agli attuali limiti assunzionali di personale e così favorire il potenziamento degli organici per il miglioramento della propria capacità di risposta sanitaria, negli istituti zooprofilattici sperimentali che dimostrino, nei propri bilanci, una situazione di complessivo utile e che, comunque, abbiano ottenuto parere favorevole del Collegio dei Revisori dei conti.
9/2308-A/12. La Salandra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca all'articolo 12 ulteriori misure urgenti per la funzionalità della pubblica amministrazione, intervenendo, tra l'altro, anche in materia di società a controllo pubblico;
sempre con riferimento alla disciplina delle società a partecipazione pubblica, l'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, ne esclude l'applicazione, salvo espressa previsione di legge, alle società quotate nonché alle società da esse controllate;
tuttavia, l'AGCM e alcune sezioni della Corte dei conti hanno, invece, sostenuto di recente che sono comunque sempre applicabili le norme che si riferiscono alle amministrazioni pubbliche socie indipendentemente dalle tipologie societarie che vengono di volta in volta in rilievo;
il principio fondamentale sancito dal TUSP relativo alla citata esclusione delle società quotate ha rilevanti effetti sulle numerose iniziative industriali sia in Italia sia all'estero, anche in termini assunzionali, considerato che un espresso chiarimento normativo in merito gioverebbe in termini di maggiore flessibilità operativa delle medesime società e maggiore capacità concorrenziale sul mercato,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative volte a chiarire espressamente il campo di applicazione del decreto legislativo n. 175 del 2016 (cosiddetto TUSP) con riferimento alle società controllate dalle pertinenti società quotate e agli enti pubblici titolari di partecipazioni per le decisioni ad essi spettanti in qualità di soci.
9/2308-A/13. Lazzarini.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi, desta forti perplessità in ordine al soddisfacimento del requisito dell'omogeneità dei decreti-legge;
rispetto al titolo e agli obiettivi che si propone il provvedimento, appare incoerente, in particolare, la presenza delle disposizioni relative al piano di riqualificazione delle aree caratterizzate da degrado giovanile, il programma Hub per l'intelligenza artificiale connesso al cosiddetto «piano Mattei», la sospensione dei pedaggi autostradali, l'utilizzo delle risorse del fondo di sviluppo e coesione, e la procedura di riversamento dei crediti di imposta, cui sono dedicati ben 5 articoli;
il provvedimento è costellato, altresì, di disposizioni che introducono nuove strutture e ruoli anche dirigenziali presso il Governo, in deroga (tacita) alle procedure disposte dalla disciplina vigente di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge ordinamentale n. 400 del 1998, che prevede l'emanazione di regolamenti governativi adottati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia;
l'articolo 4 reca una norma di interpretazione autentica – con effetto, quindi, retroattivo – in base alla quale il reclutamento dei soli vincitori dei concorsi pubblici, con esclusione dello scorrimento delle graduatorie, è sufficiente per considerare le amministrazioni esonerate dal motivare e giustificare il ricorso a nuove procedure selettive – oltre all'inopportunità di siffatta norma in un decreto-legge, essa si presenta alla stregua di un «lodo», impatta su eventuali contenziosi, anche in corso;
l'articolo 8 dispone una causa di non applicabilità delle sanzioni interdittive previste per gli amministratori locali in caso di dissesto dell'ente: viene esclusa la sanzione dell'ineleggibilità e di inconferibilità di incarichi per gli amministratori purché, anche nel caso di colpa grave, avviino la procedura di riequilibrio (predissesto) entro due anni dal loro insediamento;
preme ai firmatari rappresentare, una questione gravemente critica, concernente le procedure di reclutamento in combinato disposto con le condizioni giuridiche riservate agli assunti per le quali si profila una lesione del principio di non discriminazione e della parità di trattamento, determinato dal fatto che unità di personale che hanno partecipato e superato la stessa procedura concorsuale, ma assunti in momenti diversi a causa dello scorrimento della graduatoria, percepiscono emolumenti differenti in forza di un inquadramento disomogeneo,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad assumere ogni iniziativa utile, sotto il profilo legislativo e amministrativo, al fine di garantire pari trattamento giuridico- economico per tutti i soggetti reclutati nell'ambito dei medesimi concorsi pubblici, se pur assunti in tempi differiti, anche per il tramite di scorrimento di graduatoria.
9/2308-A/14. Penza, Aiello, Alifano, Auriemma, Barzotti, Carotenuto, Alfonso Colucci, Tucci, Casu, Soumahoro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame reca, all'articolo 6, disposizioni urgenti per il reclutamento e la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, mentre, all'articolo 10, dispone in merito al rafforzamento temporaneo della capacità operativa dell'azione pubblica nei territori colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal mese di maggio 2023, nonché per la situazione emergenziale della Terra dei fuochi;
dall'estate 2023, la caldera dei Campi Flegrei è interessata dall'intensificarsi del fenomeno del bradisismo;
nel corso degli ultimi due anni i terremoti sono stati oltre 10 mila, con 54 eventi che hanno superato magnitudo 3.0. Di questi, ben 5 hanno avuto magnitudo maggiore o uguale a 4.0. Le scosse più intense si sono verificate il 20 maggio 2024, con magnitudo Md=4.4, e il 13 marzo 2025 con Md=4.6 (la più elevata mai registrata) ed hanno prodotto danni a strutture ed infrastrutture. Al 31 marzo 2025 gli edifici inagibili sono 129 con 249 nuclei familiari sgomberati;
in seguito agli eventi sismici le richieste d'intervento e di assistenza da parte dei cittadini sono aumentate in maniera esponenziale, mettendo in seria difficoltà le amministrazioni locali ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che non sempre riescono a fornire risposte tempestive a causa del sottodimensionamento della pianta organica. Dopo il sisma del 13 marzo, le richieste d'intervento ai vigili del fuoco sono state oltre 1.300 in 9 giorni. Ad oggi sono ancora in corso le verifiche di agibilità;
per fornire una risposta all'acutizzarsi della crisi bradisismica, il Governo è dapprima intervenuto con il decreto-legge n. 140 del 12 ottobre 2023 e successivamente con il decreto-legge n. 91 del 2 luglio 2024 fatto poi confluire nel decreto-legge 76 dell'11 giugno 2024. In entrambi i decreti sono state varate misure urgenti di prevenzione e mitigazione del rischio sismico;
esclusivamente per la zona d'intervento bradisismico, il decreto 140/2023 ha previsto il potenziamento della risposta di protezione civile comunale, consentendo assunzioni aggiuntive a tempo determinato (per 12 mesi poi estesi a 24) del personale tecnico, escludendo dalla misura il Corpo della polizia municipale;
gli effetti del bradisismo stanno generando notevoli difficoltà anche nei comuni limitrofi, come Monte di Procida e Quarto, non rientranti nella zona d'intervento bradisismica ma ricompresi nella zona rossa per rischio vulcanico dei Campi Flegrei, a causa della carenza di personale;
nessun provvedimento è stato predisposto per il potenziamento in termini di uomini e mezzi per i vigili del fuoco,
impegna il Governo:
ad adottare urgentemente disposizioni normative volte a prolungare la durata dei contratti per il personale tecnico comunale, previsti dal decreto n. 140 del 2023, prevedendo anche la possibilità di potenziare il Corpo della polizia municipale;
ad estendere le misure di potenziamento della risposta della protezione civile comunale, attualmente applicate ai comuni ricadenti nella zona d'intervento bradisismico, anche ai comuni limitrofi (quali Monte di Procida e Quarto), anch'essi soggetti agli effetti del bradisismo e compresi nella zona rossa per il rischio vulcanico;
ad adottare disposizioni normative urgenti per consentire il rinnovamento delle dotazioni e dei mezzi e l'incremento stabile dell'organico del Comando dei vigili del fuoco di Napoli, con particolare attenzione ai distaccamenti di Monteruscello, Giugliano, Ischia e alla sede «Mostra», al fine di garantire una risposta adeguata alle emergenze.
9/2308-A/15. Caso, Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, Sarracino, Borrelli, D'Alessio, Carotenuto, Simiani, De Luca, Toni Ricciardi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame, all'articolo 8, comma 8, prevede disposizioni inerenti all'utilizzo di risorse per la realizzazione del piano straordinario di interventi infrastrutturali e di progetti di riqualificazione sociale e ambientale in comuni o aree metropolitane ad alta vulnerabilità sociale, prevedendo, laddove occorra, anche una semplificazione per le procedure di concessione di immobili pubblici per fini sociali, con particolare riferimento al sostegno a enti del terzo settore operanti in ambito artistico e culturale, di contrasto alla povertà educativa e per l'integrazione;
i progetti di riqualificazione sociale sono significativi per contrastare il preoccupante fenomeno della povertà educativa, il quale, secondo gli ultimi dati Istat, risulta in crescita: nel 2023, il 70,5 per cento dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 19 anni non è mai entrato in una biblioteca, un dato in aumento rispetto al 63,9 per cento del 2019. Inoltre, il 39,2 per cento non ha praticato alcuno sport durante l'anno e il 16,8 per cento tra i 6 e i 19 anni non ha fruito di spettacoli fuori casa (12,9 per cento nel 2019), ovvero non sono mai andati nell'arco del 2023 al cinema, teatro, musei, mostre, siti archeologici, monumenti, concerti;
la rigenerazione culturale delle periferie rappresenta, dunque, uno degli strumenti fondamentali per riutilizzare spazi pubblici in stato di abbandono o dismessi, comprese le aree industriali, con l'obiettivo di restituirli alla comunità per utilizzarli per attività culturali, sociali ed educative, tramite il coinvolgimento degli enti del terzo settore e delle associazioni locali che già operano per le medesime finalità;
un esempio di come lo Stato possa contribuire alla rigenerazione culturale è rappresentato dal progetto «Piano Cultura Futuro Urbano», ideato nel 2019 per promuovere iniziative culturali nelle periferie delle città metropolitane e nei capoluoghi di provincia di tutta Italia tramite l'investimento negli spazi a uso pubblico delle scuole e biblioteche, per offrire agli abitanti dei quartieri complessi nuovi servizi;
in questo modo, è possibile coinvolgere anche le nuove generazioni, educandoli al rispetto degli spazi comuni e al riuso creativo di aree o spazi in stato di abbandono,
impegna il Governo
ad accompagnare le misure recate dall'articolo 8, comma 8, del provvedimento in esame, con tutte le ulteriori iniziative necessarie per promuovere azioni e strategie finalizzate al riuso, anche temporaneo, degli spazi pubblici in stato di abbandono e/o dismessi, comprese le aree industriali, su tutto il territorio nazionale, con l'obiettivo di riconvertirle per finalità culturali e sociali, coinvolgendo gli enti del terzo settore tramite attività di co-progettazione ai sensi dell'articolo 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.
9/2308-A/16. Orrico, Amato, Caso.
La Camera
impegna il Governo
nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad accompagnare le misure recate dall'articolo 8, comma 8, del provvedimento in esame, con tutte le ulteriori iniziative necessarie per promuovere azioni e strategie finalizzate al riuso, anche temporaneo, degli spazi pubblici in stato di abbandono e/o dismessi, comprese le aree industriali, su tutto il territorio nazionale, con l'obiettivo di riconvertirle per finalità culturali e sociali, coinvolgendo gli enti del terzo settore tramite attività di co-progettazione ai sensi dell'articolo 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.
9/2308-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta)Orrico, Amato, Caso.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della disposizione all'esame reca diverse modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (TU del pubblico impiego), intervenendo anche sulle procedure di mobilità tra le pubbliche amministrazioni;
in particolare si vincolano le procedure di mobilità tra pubbliche amministrazioni, ad eccezione della Presidenza del Consiglio dei ministri, solo per una percentuale del 15 per cento delle facoltà assunzionali;
in caso di mancata attivazione delle procedure di mobilità entro l'anno di riferimento, le facoltà assunzionali autorizzate per l'anno successivo sono ridotte del 15 per cento, con conseguente adeguamento della dotazione organica, e i comandi in essere presso l'amministrazione cessano allo scadere del termine di sei mesi dall'avvio delle procedure concorsuali e non possono essere riattivati per diciotto mesi, nemmeno per il personale diverso da quello cessato;
prima della modifica introdotta dal decreto-legge all'esame, la regola generale era che le pubbliche amministrazioni erano tenute ad effettuare sempre le procedure di mobilità prima di effettuare procedure concorsuali;
la disposizione all'esame prevede altresì la prioritaria immissione in ruolo di coloro che prestano servizio da almeno dodici mesi e che abbiano conseguito una valutazione della performance pienamente favorevole;
la ratio della mobilità mira all'ottimizzazione della gestione del personale ed al contenimento della spesa pubblica attraverso la copertura dei posti disponibili in organico con dipendenti in servizio presso altre amministrazioni che abbiano personale in eccedenza;
in sostanza la disposizione all'esame limita e penalizza fortemente l'istituto della mobilità, consentendo tra l'altro l'immissione in ruolo solo dopo appena 1 anno di servizio,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 3 del provvedimento in esame, al fine di rivalutare l'eccessiva compressione dell'istituto della mobilità, quanto meno vincolando le amministrazioni pubbliche ad utilizzare le procedure di mobilità per almeno l'80 per cento delle facoltà assunzionali e disponendo che la prioritaria immissione in ruolo di coloro che prestano servizio sia possibile ove sia trascorso almeno un periodo di trentasei mesi nella medesima amministrazione.
9/2308-A/17. Tucci, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Dell'Olio.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della disposizione all'esame reca diverse modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (TU del pubblico impiego), intervenendo anche sulla validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale;
tra le diverse misure vi è anche un chiarimento circa la durata della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale che è pari, per quelli relativi agli enti locali, a tre anni, in base al termine già previsto dal relativo testo unico, anziché alle durate inferiori stabilite per le altre pubbliche amministrazioni; in base alla disciplina generale, le graduatorie dei concorsi pubblici sono valide per un periodo di due anni dalla data di approvazione, fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali e fatta eccezione per gli enti locali;
inoltre, con riferimento agli idonei non vincitori delle graduatorie, si conferma l'applicazione del vigente limite numerico 20 per cento, fatte salve le numerose esclusioni vigenti; si sopprime quindi la norma che riconosceva la possibilità di reclutamento degli idonei nei soli casi di rinuncia all'assunzione o di non superamento del periodo di prova o di dimissioni entro sei mesi dall'assunzione; si esplicita che lo scorrimento delle graduatorie, al fine dell'assunzione di idonei non vincitori, è ammesso entro il termine di validità delle graduatorie;
anche altre pubbliche amministrazioni possono avvalersi della quota di graduatoria relativa agli idonei non vincitori, previo accordo con l'amministrazione titolare della procedura concorsuale, ed anche per il reclutamento a tempo determinato;
si dettano poi disposizioni sulle modalità di redazione delle graduatorie; si estendono le clausole di riserva ad un quinto del totale degli idonei non vincitori; infine si precisa che l'esaurimento della graduatoria, entro il limite temporale di validità, si ha quando l'amministrazione titolare individua, o cede ad amministrazioni terze, candidati idonei individuati nominativamente, in ordine di graduatoria, per la successiva convocazione da parte dell'amministrazione procedente, a nulla rilevando il momento della stipula del contratto di assunzione,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
unificare il termine di validità di tutte le graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale, prevedendo per tutte la durata di tre anni;
sopprimere definitivamente la cosiddetta norma taglia idonei, consentendo il reclutamento di tutti gli idonei non vincitori delle graduatorie, fino al termine di validità delle graduatorie medesime.
9/2308-A/18. Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della disposizione all'esame reca diverse modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (TU del pubblico impiego), tra le quali la modifica per l'accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici;
agli enti pubblici non economici si applicano quindi anche le modifiche relative alla validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale ivi inclusa l'applicazione del vigente limite numerico 20 per cento; si applicano poi le disposizioni sulle modalità di redazione delle graduatorie e si estendono anche ad essi le clausole di riserva ad un quinto del totale degli idonei non vincitori;
tra gli enti pubblici non economici, vi sono anche gli ordini professionali, come il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro (CNCL), ente pubblico non economico, istituito con la legge 11 gennaio 1979, n. 12, che è di fatto in una situazione di dubbia imparzialità nel suo agire istituzionale;
la predetta legge istitutiva all'articolo 25 dispone che la vigilanza sul CNCL è esercitata dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con il Ministro della giustizia,
impegna il Governo
al fine di tutelare i presidi e gli istituti giuridici posti a presidio della pubblica amministrazione, ad impegnare tutti gli ordini professionali, nella loro qualifica di enti pubblici non economici, ai quali le disposizioni in esame si rivolgono, ad agire nel rigoroso rispetto delle più elementari norme riconducibili al principio generale di imparzialità e di trasparenza ex articolo 97 della Costituzione e di superamento del conflitto d'interesse anche prevedendo espressamente ipotesi di incompatibilità di ruoli quale causa ostativa della corretta esplicazione dell'interesse pubblico fondamentale che gli stessi sono chiamati a tutelare, rimuovendo le cause che gettano ombre sul loro corretto agire.
9/2308-A/19. Barzotti, Aiello, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
complessivamente il provvedimento non presenta un progetto soddisfacente volto ad efficientare la Pubblica Amministrazione né garantisce la continuità e l'omogenea applicazione delle procedure di reclutamento e la funzionalità delle amministrazioni pubbliche;
il provvedimento all'esame si disinteressa totalmente del personale sanitario e sulle necessità assunzionali specifiche del comparto, e preferisce destinare ingenti risorse alla sanità integrativa a discapito della sanità pubblica, sottraendo tra l'altro risorse al funzionamento delle istituzioni scolastiche;
si autorizza la spesa di euro 20.000.000 per l'anno 2025, di euro 50.000.000 per l'anno 2026 e di euro 50.000.000 per ciascuno degli anni 2027, 2028, 2029, per l'affidamento del servizio di copertura assicurativa integrativa delle spese sanitarie del personale della scuola, demandando la definizione dei criteri e delle modalità di accesso al sistema di assistenza integrativa per il personale della scuola alla contrattazione collettiva integrativa a livello nazionale. Ai relativi oneri si provvede prevalentemente mediante corrispondente riduzione del «Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche»;
la disposizione appare fortemente critica nella misura in cui si destinano ingenti risorse alla sanità integrativa a discapito della sanità pubblica, sottraendo tra l'altro le risorse al funzionamento delle istituzioni scolastiche;
in tal maniera il personale della scuola si troverà a pagare le prestazioni sanitarie per ben 2 volte: con le proprie tasse per il servizio pubblico e con le risorse che sono sottratte al funzionamento scolastico per essere destinate alla sanità privata;
il comma 1 dell'articolo 12-quater del provvedimento in esame interviene sul limite massimo di età per lo svolgimento dei rapporti di convenzione dei medici con il Servizio sanitario nazionale, al fine di soddisfare le esigenze del SSN e di garantire i livelli essenziali di assistenza;
il comma 1 dell'articolo 14 reca misure in materia di trattamento economico accessorio del personale ministeriale e della Presidenza del Consiglio dei ministri,
impegna il Governo
a reperire, nel primo provvedimento utile di natura finanziaria, per far fronte alle finalità di cui agli articoli 12-quater, comma 1, e 14, comma 1 del provvedimento in esame, risorse congrue destinate all'incremento dei fondi del trattamento economico accessorio nell'ambito della contrattazione integrativa del personale appartenente al SSN e all'assunzione di personale sanitario nell'ambito delle strutture pubbliche del SSN.
9/2308-A/20. Quartini, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Sportiello.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento all'esame detta disposizioni urgenti per il superamento del precariato dei giovani nella pubblica amministrazione;
tra le diverse disposizioni, ai fini della stabilizzazione cosiddetta «Madia» degli assistenti sociali dei comuni, si differisce dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il requisito della permanenza in servizio di almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni;
nel corso dell'esame in sede referente, era stato presentato un articolo aggiuntivo all'articolo 8, successivamente ritirato, con il quale si intendeva introdurre ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche sociali finalizzate a rafforzare i Punti unici di accesso (PUA) e le relative Unità di valutazione multidimensionale, autorizzando gli ambiti territoriali sociali e i comuni, anche in forma associata, che ne facciano parte, ad assumere «personale con qualifica di operatore sociale qualificato», con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, anche a tempo parziale e anche in qualità di lavoratori sovrannumerari, in deroga alla dotazione organica, al piano triennale dei fabbisogni di personale e ai vincoli assunzionali previsti dalla vigente normativa;
la confusa indicazione di «personale con qualifica di operatore sociale qualificato» ignorava che proprio la disciplina sui PUA fa esplicito riferimento agli assistenti sociali e pertanto non si comprende questo riferimento sommario a personale non ben identificato;
la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021, articolo 1, comma 163) ha ridisegnato la funzione dei PUA affidandogli l'accesso alle prestazioni delle persone non autosufficienti; in particolare viene aggiunta ai Punti unici di accesso la funzione della valutazione multidimensionale incardinando all'interno dei PUA l'attività delle Unità di Valutazione multidimensionali (UVM); con il DM della salute n. 77/2022 sui modelli e standard dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale viene stabilita la presenza obbligatoria del Punto unico di accesso all'interno di tutte le Case della Comunità;
il PUA svolge funzioni di accoglienza qualificata al pubblico e di supporto amministrativo-organizzativo alle persone garantendo risposta e accesso unitario ai servizi; rappresenta il luogo fisico in cui il cittadino trova accoglienza, informazione, orientamento e una prima valutazione in risposta alla richiesta di intervento per bisogni sociosanitari;
come indicato nel Piano nazionale per la non autosufficienza, la composizione minima delle Unità di valutazione multidimensionale (che può variare in relazione al bisogno) comprende: il medico di medicina generale, ovvero il pediatra di libera scelta; il medico di distretto; l'infermiere di comunità; l'assistente sociale dell'ATS;
la professione di assistente sociale subisce da sempre una non appropriata attenzione al suo profilo professionale e alle competenze essenziali che esso ricopre per il corretto funzionamento delle politiche sociali;
come indicato nella relazione tecnica la disposizione è oltretutto «ad invarianza finanziaria» poiché finalizza allo scopo le risorse del Piano nazionale per la non autosufficienza, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 ottobre 2022, nell'ambito del quale sono state individuate e ripartite le risorse destinate al rafforzamento dei PUA attraverso l'assunzione di personale sociale per un ammontare complessivo di euro 20 milioni per il 2022, euro 50 milioni per il 2023 ed euro 50 milioni per il 2024; tra l'altro, come precisato dal Governo, sempre in sede di relazione tecnica, a decorrere dal 2025, al fine di offrire il maggior sostegno possibile per tali assunzioni, è prevista la destinazione di 50 milioni di euro a gravare sul FNA;
si ricorda che il Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza, FNA, è stato istituito nel 2006 per sostenere economicamente i disabili e i malati gravi non più autosufficienti che necessitano di assistenza domiciliare continua,
impegna il Governo
al fine di rafforzare i Punti unici di accesso (PUA) e le relative Unità di valutazione multidimensionale e garantire per ogni Comune o ambito territoriale la composizione minima delle Unità di valutazione multidimensionale richiesta per il corretto funzionamento del PUA, a completare le misure recate dal provvedimento in esame e, in particolare all'articolo 2, adottando ulteriori iniziative di competenza volte a supportare l'assunzione di assistenti sociali presso i servizi sociali dei comuni o degli ambiti territoriali, destinando allo scopo risorse congrue che non gravino sul Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza (le cui risorse non sono destinate per soddisfare i bisogni assunzionali dei comuni)
9/2308-A/21. Sportiello, Di Lauro, Quartini, Marianna Ricciardi, Ruffino.
La Camera
impegna il Governo
nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di rafforzare i Punti unici di accesso (PUA) e le relative Unità di valutazione multidimensionale anche prevedendo l'assunzione di ulteriore personale allo scopo destinato.
9/2308-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta)Sportiello, Di Lauro, Quartini, Marianna Ricciardi, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della disposizione all'esame reca diverse modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (TU del pubblico impiego);
tra le predette modifiche vi è quella che interviene sull'accesso alla dirigenza di seconda fascia, attribuendo la possibilità di effettuare i concorsi pubblici unici organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, tramite la Commissione RIPAM; in sostanza si centralizzano le procedure concorsuali presso la Funzione pubblica/Ripam, assumendo di fatto una sorta di controllo governativo;
come rilevato diffusamente dai diversi osservatori del sistema salute, il SSN è il grande assente di questo provvedimento; non ci sono disposizioni per l'assunzione di personale sanitario né ci sono interventi sull'accesso alla dirigenza nell'ambito delle strutture del SSN;
eppure, sarebbe stata l'occasione ottimale per mettere mano alla dirigenza sanitaria e rimuovere il legame che purtroppo lega la sanità alla politica, compromettendo l'efficacia e la corretta funzionalità del SSN;
in tal senso sono stati proposti articolati emendamenti puntualmente bocciati dalla maggioranza, finalizzati a rimuovere l'ingerenza della politica nelle nomine dei direttori generali, sanitari e amministrativi del SSN nominando direttore il candidato che abbia ottenuto il più valido punteggio nella graduatoria di merito e rimuovendo la possibilità di nominare coloro che abbiano ricoperto l'incarico di direttore generale, per due volte consecutive, presso la medesima azienda sanitaria locale, la medesima azienda ospedaliera o il medesimo ente del Servizio sanitario nazionale; abbiamo proposto che il meccanismo delle nomine e delle revoche sia pubblico e trasparente;
abbiamo proposto che l'incarico conferito ai direttori generali, ai direttori amministrativi, ai direttori sanitari e, ove previsto dalla legislazione regionale, ai direttori dei servizi socio-sanitari nonché a tutte le figure dirigenziali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale sia sospeso in caso di condanna, anche non definitiva, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose da parte della Corte dei conti,
impegna il Governo
a completare le misure recate dal provvedimento in esame adottando le opportune iniziative normative volte a separare in modo netto la gestione della sanità dalla politica, prevedendo nuovi e diversi criteri di nomina, sia dei direttori generali, sia dei direttori sanitari e amministrativi, e, ove previsto dalle leggi regionali, dei direttori dei servizi socio-sanitari delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, criteri che siano basati su graduatorie di merito e senza alcuna discrezionalità né da parte del presidente di regione né da parte del direttore generale degli enti del Servizio sanitario nazionale.
9/2308-A/22. Marianna Ricciardi, Di Lauro, Quartini, Sportiello, Dell'Olio.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 19 del provvedimento all'esame detta disposizioni in materia di rafforzamento della capacità amministrativa relativa alla gestione ed utilizzazione dei fondi europei e delle risorse delle politiche della coesione nonché in materia di procedure di riversamento dei crediti d'imposta;
tra le diverse misure si dispone che la quota non utilizzata delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020 destinate al sostegno al Terzo settore nel Mezzogiorno, in Lombardia e nel Veneto, disposto durante la pandemia da COVID-19 è destinata all'imputazione delle riduzioni del FSC 2014-2020;
il contributo al terzo settore si è sostanziato in una sovvenzione diretta per diverse progettualità rivolte alle fragilità e alla povertà educativa; tuttavia a fronte dei 100 milioni di euro autorizzati per l'anno 2020 e dei 20 milioni stanziati per l'anno 2021 in favore degli enti del Terzo settore, 87,9 milioni di euro risultano non utilizzati, risorse che il provvedimento all'esame ripristina per destinarle alla copertura delle riduzioni del medesimo Fondo sviluppo e coesione 2014-2020;
in sostanza si sottraggono ben 87,9 milioni per il sostegno al Terzo settore che erano destinate a diverse progettualità sulla povertà educativa;
la legge di bilancio 2025 non ha rinnovato il fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e il cantiere educativo messo in campo negli ultimi otto anni in tutto il Paese, con più di 800 progetti finanziati e mezzo milione di minori coinvolti, rischia così di fermarsi, nonostante gli appelli del Forum del Terzo settore; ad alimentare il fondo per il contrasto della povertà educativa minorile erano le fondazioni di origine bancaria attraverso un meccanismo sperimentale, inedito e innovativo, per cui il Governo riconosce loro un credito di imposta: in questi anni il fondo ha raccolto 800 milioni di euro, di cui 466 già impegnati sui progetti già realizzati o già approvati;
in sostanza, il Governo non rinnovando il Fondo scaduto nel 2024 e addirittura sottraendo, con il provvedimento all'esame ben 87,9 milioni che erano destinati al contrasto della povertà educativa, sembra essere particolarmente insensibile alla problematica,
impegna il Governo
ad adottare le iniziative normative di competenza al fine di destinare gli 87,9 milioni di euro di cui in premessa, a iniziative volte a contrastare la dispersione scolastica, le disparità nelle opportunità educative, per garantire l'accesso allo sport, alla cultura, al benessere psicologico.
9/2308-A/23. Di Lauro, Quartini, Marianna Ricciardi, Sportiello.
La Camera
impegna il Governo
ad adottare iniziative normative, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, al fine di destinare adeguate risorse a iniziative volte a contrastare la dispersione scolastica, le disparità nelle opportunità educative, per garantire l'accesso allo sport, alla cultura, al benessere psicologico.
9/2308-A/23. (Testo modificato nel corso della seduta)Di Lauro, Quartini, Marianna Ricciardi, Sportiello.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi, desta forti perplessità in ordine al soddisfacimento del requisito dell'omogeneità dei decreti-legge;
l'articolo 12, comma 14, autorizza il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ad assumere a tempo pieno e indeterminato 96 unità di personale non dirigenziale. Il comma in esame autorizza il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), a partire dal 2026, ad assumere a tempo pieno e indeterminato 96 unità di personale non dirigenziale. La disposizione specifica l'inquadramento delle 96 unità nella sezione di ruolo Agricoltura: 68 unità nell'area assistenti; 28 unità nell'area funzionari;
per quanto riguarda il settore giustizia, l'atto in esame si limita a prevedere all'articolo 12, comma 3, l'applicazione anche ai magistrati fuori ruolo titolari di incarichi dirigenziali presso il Ministero della giustizia del sistema di valutazione relativo al raggiungimento degli obiettivi annuali relativi al rispetto dei tempi di pagamento, introdotto dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 13 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023, sistema in base al quale quota parte della retribuzione di risultato (in misura non inferiore al 30 per cento ai fini dell'erogazione dell'indennità accessoria annua da corrispondere per l'incarico ricoperto ai sensi dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011) è direttamente legata al raggiungimento dei suddetti obiettivi;
durante l'esame in sede referente, con un emendamento del Relatore, è stata altresì introdotta una disposizione volta alla stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo, per il potenziamento e la funzionalità del Ministero della giustizia;
il provvedimento difetta tuttavia, di qualsivoglia previsione per porre rimedio alla gravissima scopertura di organico del personale della polizia penitenziaria;
appare opportuno e improcrastinabile agli scriventi, al fine di garantire il perseguimento degli stessi obiettivi indicati nella relazione al provvedimento in esame – ovvero di implementare la funzionalità delle pubbliche amministrazioni – destinare risorse adeguate per il potenziamento della pianta organica della polizia penitenziaria;
secondo i dati riportati nelle schede trasparenza del Ministero aggiornate al 2024, manca il 16 per cento delle unità previste in pianta organica. In totale il personale effettivamente presente è pari a 31.068. Il rapporto detenuti agente attuale è pari ad 1,96 detenuti per ogni agente, a fronte di una previsione di 1,5. Tra le regioni italiane questo rapporto varia fra l'1,2 e il 2,5 detenuti per ogni agente e suggerisce una distribuzione disomogenea del personale. Le regioni che hanno in media un rapporto più elevato di detenuti per agente sono la Lombardia, il Lazio e la Puglia, con rispettivamente 2,5, 2,4 e 2,2 detenuti; presentano la situazione contraria il Molise e il Friuli, con un numero di detenuti per agente pari a 1,3 e 1,4;
la legge 27 settembre 2021, n. 134, recante Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, alla lettera g) contempla, tra i tanti, anche il coinvolgimento degli uffici per l'esecuzione penale esterna, al fine di consentire l'applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel giudizio di cognizione;
occorre incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, al fine di incidere positivamente sui livelli di sicurezza, operatività e di efficienza degli istituti penitenziari e di incrementare le attività di controllo dell'esecuzione penale esterna; nonché per implementare la funzionalità delle pubbliche amministrazioni, che si esplica anche attraverso le attività poste in essere dalla polizia penitenziaria;
purtroppo sono noti alle cronache i numerosi suicidi che hanno visto protagonisti agenti di polizia penitenziaria. Sette solo nel 2024;
tali fenomeni pongono con urgenza l'attenzione sulla necessità di interventi concreti anche per il supporto psicologico e il miglioramento delle condizioni lavorative degli agenti di Polizia penitenziaria, che rappresentano tristemente la categoria di dipendenti pubblici con maggior tasso di suicidi;
è fondamentale che si instauri un sistema di supporto adeguato per affrontare lo stress e le difficoltà che quotidianamente gli agenti affrontano nel loro delicato ruolo,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di accompagnare le misure contenute all'articolo 12 commi 3 e 14, con ulteriori iniziative volte a potenziare l'organico del Corpo di Polizia penitenziaria, attraverso un piano straordinario di assunzione, per arrivare a coprire la gravissima carenza di organico di circa 10.000 unità, anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente; nonché ad accompagnare gli interventi contenuti agli articoli richiamati in premessa, con ulteriori iniziative volte ad assicurare la destinazione di specifiche risorse all'introduzione in via strutturale del servizio di supporto psicologico per gli agenti di polizia penitenziaria presso ciascun istituto di pena, al fine di favorire il miglioramento delle condizioni lavorative degli agenti di Polizia penitenziaria, in considerazione dell'elevato livello di stress e difficoltà che quotidianamente gli stessi sono costretti a fronteggiare.
9/2308-A/24. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.
La Camera
impegna il Governo
a verificare l'effettiva carenza di organico relativo al personale della Polizia penitenziaria e a valutare gli interventi conseguenti al fine di eliminare le scoperture, nonché ad inserire, ove non già previste o in corso di istruttoria, previsioni relative all'offerta di supporto psicologico per il personale della Polizia penitenziaria.
9/2308-A/24. (Testo modificato nel corso della seduta)Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi, desta forti perplessità in ordine al soddisfacimento del requisito dell'omogeneità dei decreti-legge;
rispetto al titolo e agli obiettivi che si propone il provvedimento, appare incoerente, in particolare, la presenza delle disposizioni relative al piano di riqualificazione delle aree caratterizzate da degrado giovanile, il programma Hub per l'intelligenza artificiale connesso al cosiddetto «piano Mattei», la sospensione dei pedaggi autostradali, l'utilizzo delle risorse del fondo di sviluppo e coesione, e la procedura di riversamento dei crediti di imposta, cui sono dedicati ben 5 articoli;
il provvedimento è costellato, altresì, di disposizioni che introducono nuove strutture e ruoli anche dirigenziali presso il Governo, in deroga (tacita) alle procedure disposte dalla disciplina vigente di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge ordinamentale n. 400 del 1998, che prevede l'emanazione di regolamenti governativi adottati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia;
l'articolo 4 reca una norma di interpretazione autentica – con effetto, quindi, retroattivo – in base alla quale il reclutamento dei soli vincitori dei concorsi pubblici, con esclusione dello scorrimento delle graduatorie, è sufficiente per considerare le amministrazioni esonerate dal motivare e giustificare il ricorso a nuove procedure selettive – oltre all'inopportunità di siffatta norma in un decreto-legge, essa si presenta alla stregua di un «lodo», impatta su eventuali contenziosi, anche in corso;
l'articolo 8 dispone improvvidamente una causa di non applicabilità delle sanzioni interdittive previste per gli amministratori locali in caso di dissesto dell'ente: viene esclusa la sanzione dell'ineleggibilità e di inconferibilità di incarichi per gli amministratori purché, anche nel caso di colpa grave, avviino la procedura di riequilibrio (predissesto) entro due anni dal loro insediamento;
con riguardo agli obiettivi perseguiti dal testo in titolo – costellato, si segnala, di cospicui incrementi di unità di personale dirigenziale nonché degli uffici di diretta collaborazione di dicasteri e di Ministri per così dire anche «minori»;
l'articolo 14, al comma 1, al fine di proseguire il processo di progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri, istituisce, a decorrere dall'anno 2025, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con una dotazione pari a 190 milioni di euro annui destinata all'incremento dei fondi del trattamento economico accessorio destinati alla contrattazione collettiva integrativa. Si rinvia ad uno o più decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, la ripartizione delle risorse del fondo tra le predette amministrazioni, contemplando altresì la relativa copertura finanziaria;
l'articolo 14, comma 4, consente la destinazione di una quota, non superiore a 5.455.680 euro per l'anno 2025 e a 5.000.000 euro per l'anno 2026, del bilancio dell'Ispettorato nazionale del lavoro per la corresponsione, entro il 31 dicembre 2026 e con modalità tali da garantire il rispetto dei suddetti limiti massimi, al personale del medesimo Ispettorato della quota non ancora erogata dell'indennità di amministrazione relativa al periodo 1° marzo 2022-31 dicembre 2022;
l'articolo 14, comma 5, autorizza la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025 per adeguare le retribuzioni del personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari di prima categoria, dagli istituti italiani di cultura e dalle delegazioni diplomatiche speciali ai parametri specificati dal decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, recante Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri;
si rileva, infine, che in data 27 gennaio 2025, concluse le procedure di controllo, l'Aran e le parti sindacali hanno sottoscritto in via definitiva il testo del Contratto collettivo nazionale di lavoro – Comparto funzioni centrali periodo 2022/2024. Il contratto è quindi entrato definitivamente in vigore ed esplica i suoi effetti nei confronti di tutti i dipendenti rientranti nel comparto delle Funzioni centrali;
tuttavia, non può non segnalarsi come in generale, gli stipendi dei dipendenti pubblici continuino a diminuire, non essendo tra l'altro stato ancora applicato per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni il nuovo regime del cuneo fiscale in vigore da gennaio 2025;
appare indispensabile adeguare al costo della vita il valore nominale del buono pasto, fermo dal 2012 ed estendere la tassazione agevolata al 5 per cento sul salario accessorio, già prevista da anni per il settore privato,
impegna il Governo
in linea con le finalità del provvedimento e analogamente a quanto disposto dagli articoli su richiamati, a destinare maggiori ed ulteriori risorse con il primo provvedimento utile per adeguare gli emolumenti di tutti i dipendenti pubblici al costante aumento del costo della vita, adeguando al contempo il valore nominale di buoni pasto, immutati dal 2012, ed estendendo la tassazione agevolata al 5 per cento sul salario accessorio, provvedendo al contestuale incremento del salario accessorio stesso.
9/2308-A/25. Alfonso Colucci, Alifano, Ascari, Auriemma, Cafiero De Raho, D'Orso, Giuliano, Penza, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi, desta forti perplessità in ordine al soddisfacimento del requisito dell'omogeneità dei decreti-legge;
l'articolo 1 è finalizzato a consentire alle regioni, alle province, città metropolitane e agli enti locali, l'acquisizione di professionalità di tipo tecnico necessarie a garantire il buon andamento e il corretto funzionamento dell'attività amministrativa;
più nello specifico, in base a quanto previsto dall'articolo 1, che reca misure per l'assunzione di giovani da parte degli enti territoriali, fino al 31 dicembre 2026, i suddetti enti territoriali possono assumere a tempo determinato, con contratto di apprendistato di durata massima di trentasei mesi e nel limite percentuale già detto, i soggetti in possesso del diploma di specializzazione per le tecnologie applicate, ovvero del diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate rilasciato dagli Istituti tecnologici superiori (ITS Academy) (di cui all'articolo 5, comma 2, legge n. 99 del 2022), nonché dei diplomi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2008), ove strettamente conferenti ai profili tecnici banditi;
ai fini della formazione del personale reclutato ai sensi dell'articolo 1, i suddetti enti territoriali e il Dipartimento della funzione pubblica stipulano un protocollo d'intesa per l'applicazione – nel limite massimo di 3 milioni di euro per il triennio 2025-2027 – del progetto denominato «PA 110 e lode» volto ad incentivare l'istruzione terziaria dei dipendenti pubblici;
si ricordi che l'iniziativa P.A. 110 e lode – strettamente connessa alla Riforma della P.A. prevista dal PNRR (Missione 1, Componente 1, R. 1.9) – ha preso le mosse dal protocollo d'intesa firmato il 7 ottobre 2021 tra il Ministri per la Pubblica amministrazione e dell'Università e della Ricerca, ed è volto a consentire a tutti i dipendenti pubblici che lo vorranno di usufruire di un incentivo per l'accesso all'istruzione terziaria (corsi di laurea, corsi di specializzazione e master) al fine di accrescere il livello di formazione e aggiornamento professionali;
sotto altro profilo, l'articolo 8, comma 9 reca norme sulla formazione sulle politiche di coesione per il personale pubblico assunto e sulle modalità del suo impiego nell'ambito delle convenzioni tra enti locali,
impegna il Governo
ad accompagnare gli interventi contenuti agli articoli citati in premessa, con ulteriori iniziative volte a destinare maggiori ed ulteriori risorse nella formazione dei dipendenti pubblici, specie in virtù degli effetti derivanti dalla futura entrata in vigore della proposta di legge in materia di funzionamento e organizzazione della Corte dei conti, provvedendo, al contempo, all'assunzione di nuovi segretari comunali, al fine di assicurarne la presenza in ogni Comune.
9/2308-A/26. Giuliano, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Dell'Olio.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di accompagnare gli interventi contenuti agli articoli citati in premessa, con ulteriori iniziative volte a destinare maggiori ed ulteriori risorse nella formazione dei dipendenti pubblici, specie in virtù degli effetti derivanti dalla futura entrata in vigore della proposta di legge in materia di funzionamento e organizzazione della Corte dei conti, provvedendo, al contempo, all'assunzione di nuovi segretari comunali, al fine di assicurarne la presenza in ogni Comune.
9/2308-A/26. (Testo modificato nel corso della seduta)Giuliano, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Dell'Olio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi, desta forti perplessità in ordine al soddisfacimento del requisito dell'omogeneità dei decreti-legge;
l'articolo 12, comma 14 autorizza il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ad assumere a tempo pieno e indeterminato 96 unità di personale non dirigenziale. La disposizione specifica l'inquadramento delle 96 unità nella sezione di ruolo Agricoltura: 68 unità nell'area assistenti; 28 unità nell'area funzionari;
per quanto riguarda il settore giustizia, l'atto in esame si limita a prevedere all'articolo 12, comma 3, l'applicazione anche ai magistrati fuori ruolo titolari di incarichi dirigenziali presso il Ministero della giustizia del sistema di valutazione relativo al raggiungimento degli obiettivi annuali relativi al rispetto dei tempi di pagamento, introdotto dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 13 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023, sistema in base al quale quota parte della retribuzione di risultato (in misura non inferiore al 30 per cento ai fini dell'erogazione dell'indennità accessoria annua da corrispondere per l'incarico ricoperto ai sensi dell'articolo 23-ter del decreto-legge 201 del 2011) è direttamente legata al raggiungimento dei suddetti obiettivi;
durante l'esame in sede referente, con un emendamento del Relatore, è stata altresì introdotta una disposizione volta alla stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo, per il potenziamento e la funzionalità del Ministero della giustizia;
il provvedimento difetta tuttavia, di qualsivoglia previsione rispetto al rafforzamento della pianta organica della magistratura ordinaria;
siamo di fronte ad una situazione di scopertura dell'organico magistratuale senza precedenti: circa 1.500 unità su 10.900. Ciò impedisce ineludibilmente la piena attuazione del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'articolo 111 della Costituzione, posto che appare evidente come il vero e unico antidoto alla lentezza dei processi sia costituito dall'incremento delle risorse umane, per rafforzare l'organico della magistratura e consentire di smaltire l'annoso problema dell'arretrato degli uffici giudiziari. Una parte non indifferente della progettualità richiesta per lo smaltimento dell'arretrato negli uffici ed il contenimento in termini fisiologici della durata media dei procedimenti passa per la disponibilità di adeguate risorse umane;
al riguardo, si consideri altresì che la legge del 9 agosto 2024 n. 114 cosiddetto disegno di legge Nordio, ha introdotto la collegialità decisionale per l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o di una misura di sicurezza provvisoria quando essa è detentiva;
sebbene sia stato previsto, per un adeguato rafforzamento dell'organico, che tali norme si applichino decorsi 2 anni dall'entrata in vigore della legge e l'aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado, l'incremento voluto dal Governo in carica non appare sufficiente a sopportare il carico di lavoro degli organi giudicanti, considerando, altresì, l'ingente quantità di arretrato, cui ancora non si è potuto far fronte, specie in grado di appello;
è grave anche la carenza di personale amministrativo, con il 75 per cento di effettivi in servizio rispetto alle piante organiche, per le quali sarebbe auspicabile almeno un aggiornamento, specie a seguito dell'accorpamento degli Uffici giudiziari, seguito alla revisione della geografia giudiziaria del 2014;
a peggiorare lo scenario contribuiscono, certamente, anche le molte domande di pensionamento presentate per il biennio 2024/2025 e non seguite da un ricambio di personale;
non è più procrastinabile – per una giustizia ed un'amministrazione efficiente, a misura di cittadino – dotare il sistema giustizia degli strumenti e delle risorse, economiche ed umane, necessarie alla definizione di tutti i procedimenti,
impegna il Governo
in linea con le finalità complessive del provvedimento in esame e analogamente a quanto disposto dagli articoli richiamati in premessa, ad investire nel comparto giustizia per rilanciare l'amministrazione della giustizia e il rapporto tra giustizia e cittadino, colmando le scoperture negli uffici giudiziari attraverso una massiccia e mirata attività assunzionale – in continuità con le leggi di bilancio degli anni 2018-2020 – stanziando nello specifico, con il primo provvedimento utile, ulteriori risorse volte a consentire l'immediata assunzione di 250 giudici di pace, anche attraverso lo scorrimento delle graduatorie eventualmente già esistenti, nonché ad espletare procedure concorsuali, in aggiunta a quelle già previste a legislazione vigente, al fine di procedere all'assunzione di ulteriori 250 unità di magistrati ordinari, da destinare alle funzioni giudicanti e requirenti; nonché all'assunzione di personale amministrativo per ovviare alle gravi carenze illustrate in premessa.
9/2308-A/27. Cafiero De Raho, D'Orso, Ascari, Giuliano, Dell'Olio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi, desta forti perplessità in ordine al soddisfacimento del requisito dell'omogeneità dei decreti-legge;
rispetto al titolo e agli obiettivi che si propone il provvedimento, appare incoerente, in particolare, la presenza delle disposizioni relative al piano di riqualificazione delle aree caratterizzate da degrado giovanile, il programma Hub per l'intelligenza artificiale connesso al cosiddetto «piano Mattei», la sospensione dei pedaggi autostradali, l'utilizzo delle risorse del fondo di sviluppo e coesione, e la procedura di riversamento dei crediti di imposta, cui sono dedicati ben 5 articoli;
il provvedimento è costellato, altresì, di disposizioni che introducono nuove strutture e ruoli anche dirigenziali presso il Governo, in deroga (tacita) alle procedure disposte dalla disciplina vigente di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge ordinamentale n. 400 del 1998, che prevede l'emanazione di regolamenti governativi adottati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia;
l'articolo 4 reca una norma di interpretazione autentica – con effetto, quindi, retroattivo – in base alla quale il reclutamento dei soli vincitori dei concorsi pubblici, con esclusione dello scorrimento delle graduatorie, è sufficiente per considerare le amministrazioni esonerate dal motivare e giustificare il ricorso a nuove procedure selettive – oltre all'inopportunità di siffatta norma in un decreto-legge, essa si presenta alla stregua di un «lodo», impatta su eventuali contenziosi, anche in corso;
l'articolo 8 dispone improvvidamente una causa di non applicabilità delle sanzioni interdittive previste per gli amministratori locali in caso di dissesto dell'ente: viene esclusa la sanzione dell'ineleggibilità e di inconferibilità di incarichi per gli amministratori purché, anche nel caso di colpa grave, avviino la procedura di riequilibrio (predissesto) entro due anni dal loro insediamento;
con riguardo agli obiettivi perseguiti dal testo in titolo – costellato, si segnala, di cospicui incrementi di unità di personale dirigenziale nonché degli uffici di diretta collaborazione di dicasteri e di Ministri per così dire anche «minori» – preme ai firmatari sottolineare l'esigenza di una immediata risposta in termini di rafforzamento degli organici e di potenziamento della capacità delle amministrazioni pubbliche, a fronte della perdurante grave carenza di organico, acuita dalle centinaia di migliaia di pensionamenti attesi nel prossimo futuro, come riferito dal Ministro per la pubblica amministrazione;
proprio a fronte dei numeri citati dal Ministro in ordine ai pensionamenti, sembra che si debba ricorrere a tutte le energie disponibili, essendoci oltretutto spazio sia per gli idonei sia per i vincitori dei nuovi concorsi;
in proposito, ha destato viva preoccupazione la mancata proroga della graduatoria del Concorso unico funzionari amministrativi (cosiddetto CUFA) – preme ribadire che trattasi di una recentissima graduatoria, da non annoverarsi tra quelle «vecchie di quindici anni», come stigmatizzato dal predetto Ministro;
lo scorrimento della graduatoria permetterebbe di assicurare alle Amministrazioni interessate di disporre del personale necessario affinché gli Uffici possano svolgere le proprie attività istituzionali e garantire i servizi ai cittadini, assicurando al contempo il necessario ricambio generazionale nella pubblica amministrazione;
lo scorrimento della graduatoria garantirebbe, altresì, di procedere ai nuovi reclutamenti con efficacia ed efficienza, con immediatezza e senza pregiudizio per la finanza pubblica, senza i costi e i temi di nuove procedure concorsuali,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ai fini del rafforzamento della funzionalità e dell'azione amministrativa, onde ridurre le carenze di organico dell'amministrazione pubblica e rispondere, unitamente alle esigenze del turn over, al necessario e tempestivo potenziamento di personale, nell'ottica della maggiore efficacia ed efficienza delle risorse pubbliche e riduzione dei costi di reclutamento, ad adottare ogni iniziativa utile, sotto il profilo legislativo e amministrativo, affinché le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per la copertura di nuovi posti e per i posti vacanti in organico, in corrispondenza dei titoli e delle professionalità richieste, possano ricorrere allo scorrimento, fino ad esaurimento, della graduatoria degli idonei del concorso indicato in premessa, al contempo adottando le misure volte al differimento della sua validità al 31 dicembre dell'anno in corso.
9/2308-A/28. Carmina, Aiello, Alifano, Auriemma, Barzotti, Carotenuto, Alfonso Colucci, Penza, Tucci, Casu.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi, desta perplessità in ordine al soddisfacimento del requisito dell'omogeneità dei decreti-legge;
rispetto al titolo e agli obiettivi che si propone il provvedimento, appare incoerente, in particolare, la presenza delle disposizioni relative al piano di riqualificazione delle aree caratterizzate da degrado giovanile, il programma Hub per l'intelligenza artificiale connesso al cosiddetto «piano Mattei», la sospensione dei pedaggi autostradali, l'utilizzo delle risorse del fondo di sviluppo e coesione, e la procedura di riversamento dei crediti di imposta, cui sono dedicati ben 5 articoli;
il provvedimento è costellato, altresì, di disposizioni che introducono nuove strutture e ruoli anche dirigenziali presso il Governo, in deroga (tacita) alle procedure disposte dalla disciplina vigente di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge ordinamentale n. 400 del 1998, che prevede l'emanazione di regolamenti governativi adottati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia;
con riguardo agli obiettivi perseguiti dal testo in titolo – costellato, si segnala, di cospicui incrementi di unità di personale dirigenziale nonché degli uffici di diretta collaborazione di dicasteri e di Ministri per così dire anche «minori» – si segnala il recentissimo allarme lanciato nei giorni scorsi da Anci, ripreso anche dagli organi della stampa, con riferimento ai comuni della Sicilia, per i quali la carenza di organico è tale da porne a rischio la funzionalità e l'erogazione dei servizi;
preme ai firmatari segnalare che la questione è più complessa rispetto alla mera esigenza di nuove assunzioni e necessita di misure che attendano agli aspetti di seguito evidenziati;
dalle elaborazioni di Ifel, su dati del Ministero dell'economia e delle finanze, si rileva che dal 2010 al 2023 i comuni siciliani hanno perso il 36,2 per cento del personale in servizio (per lo stesso periodo, la variazione media di tutti i comuni italiani è pari al 25 per cento) – nel solo 2023, le fuoriuscite sono state 1.978 di cui 1.411 per pensionamento – dopo il picco del 2019, anno in cui complessivamente furono assunti 8.507 dipendenti, il numero dei dipendenti fuoriusciti dai comuni siciliani è sempre stato maggiore a quello degli assunti;
nello scenario ipotizzato da Ifel, nei prossimi 7 anni, i comuni siciliani perderanno oltre 11.800 dipendenti a tempo indeterminato per pensionamento e altri 3.700 dipendenti per altre cause (es. dimissioni volontarie) – ciò comporta la previsione di una riduzione ulteriore pari al 42 per cento del personale attualmente in servizio, che non potrà essere compensata da nuove assunzioni;
la situazione dei comuni siciliani assume rilevanza maggiore, anche rispetto al dato comune del territorio nazionale, a causa di alcuni fattori: la recente stabilizzazione di personale con un numero limitato di ore e la stabilizzazione di lavoratori Asu, che portano la questione sulle professionalità e sulle competenze del personale a cui si aggiunge il rapporto «perverso» – una sorta di circolo vizioso dal quale è difficile uscire – tra le criticità finanziarie in cui versano gli enti e la possibilità di assumere nuovi dipendenti;
le stesse difficoltà finanziarie possono ascriversi in parte proprio all'assenza di figure qualificate negli uffici finanziari e negli uffici tributi;
gli enti lamentano la assoluta mancanza di attrattività del comparto enti locali, ben maggiore rispetto al comparto pubblico nel suo complesso, ben raffigurata anche dalle numerose fuoriuscite di poco successive al reclutamento per approdare verso condizioni di lavoro migliori;
il comparto lamenta, in sostanza, l'assenza di risposte normative per frenare questa drastica emorragia di personale, che sta svuotando le piante organiche a partire dalle figure apicali e da quelle preposte alla sicurezza e al controllo del territorio – il personale della polizia locale rappresenta meno del 50 per cento di quello previsto in pianta organico e l'età media di quello in servizio si avvicina ai 60 anni,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a completare le misure recate dal provvedimento in esame in materia di rafforzamento della capacità amministrativa, adottando ogni misura utile, sotto il profilo legislativo e amministrativo, al fine di offrire risposte tempestive e certe alle problematiche illustrate in premessa, individuando nuove misure che consentano di superarle, anche in termini di allentamento dei vincoli assunzionali e dei parametri contabili, con riguardo alla spesa per il personale, in termini di incrementi del salario accessorio e altri riconoscimenti, e all'assunzione di figure infungibili, in particolare per gli enti in difficoltà finanziarie.
9/2308-A/29. Morfino, Aiello, Alifano, Auriemma, Barzotti, Carotenuto, Alfonso Colucci, Penza, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame, contiene diffuse disposizioni in materia di reclutamento nelle amministrazioni pubbliche e in materia di elaborazione delle graduatorie;
com'è noto, i concorsi pubblici sono organizzati in modo da tener presente, nella valutazione dei candidati, degli eventuali servizi svolti e i titoli in loro possesso;
durante l'esame in sede referente è stato approvato un emendamento a prima firma del presentatore del presente atto di indirizzo (4.63) finalizzato originariamente al riconoscimento dei titoli sportivi nei concorsi indetti dalle pubbliche amministrazioni;
il citato emendamento è stato approvato con una riformulazione che ne limita l'ambito di applicazione, in particolare dispone la mera possibilità che i titoli sportivi siano inseriti tra i titoli valutabili, ove conferente con le posizioni concorsuali bandite;
l'approvazione dell'emendamento così riformulato, certamente può considerarsi un buon inizio, ma appare auspicabile, per l'elaborazione delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale nelle amministrazioni pubbliche, compresi i concorsi a carattere regionale e quelli banditi dalle regioni a statuto speciale, ferma restando l'attestazione delle specifiche competenze acquisite, che il merito sportivo sia riconosciuto tra le categorie dei titoli valutabili, in caso di conseguimento di una medaglia olimpica o di vittoria di un campionato mondiale, individuale o a squadre;
in particolare, per la definizione del valore dei punteggi, appare altresì auspicabile che si applichino i seguenti criteri: a) per la medaglia d'oro olimpica è assegnato l'equivalente del punteggio attribuito, per quel singolo concorso, ad un master universitario di primo livello; b) per la medaglia d'argento olimpica è assegnato l'equivalente del punteggio attribuito, per quel singolo concorso, ad una pubblicazione scientifica; c) per la medaglia di bronzo olimpica nonché per la vittoria in un campionato mondiale è assegnato l'equivalente del punteggio attribuito, per quel singolo concorso, a uno stato di servizio qualificato ottimo;
è innegabile che nell'ambito sportivo, per il raggiungimento di risultati di rilievo, occorrono anni di duro allenamento e sacrifici notevoli, che richiedono impegno e abnegazione; peraltro, anche nel percorso scolastico, fino a quello universitario, i titoli sportivi danno diritto a crediti,
impegna il Governo
ad adottare tutte le iniziative necessarie affinché, anche gradualmente, siano pienamente e legittimamente riconosciuti i titoli sportivi, in particolare le medaglie olimpiche e le vittorie nei campionati mondiali, nell'elaborazione delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale nelle amministrazioni pubbliche.
9/2308-A/30. Amato, Caso, Orrico.
La Camera
impegna il Governo
ad adottare tutte le iniziative necessarie affinché, anche gradualmente, siano pienamente e legittimamente riconosciuti i titoli sportivi, in particolare le medaglie olimpiche e le vittorie nei campionati mondiali, nell'elaborazione delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale nelle amministrazioni pubbliche.
9/2308-A/30. (Testo modificato nel corso della seduta)Amato, Caso, Orrico.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi;
per quanto riguarda il settore giustizia, l'atto in esame si limita a prevedere all'articolo 12, comma 3, l'applicazione anche ai magistrati fuori ruolo titolari di incarichi dirigenziali presso il Ministero della giustizia del sistema di valutazione relativo al raggiungimento degli obiettivi annuali relativi al rispetto dei tempi di pagamento, introdotto dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 13 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023, sistema in base al quale quota parte della retribuzione di risultato (in misura non inferiore al 30 per cento ai fini dell'erogazione dell'indennità accessoria annua da corrispondere per l'incarico ricoperto ai sensi dell'articolo 23-ter del decreto-legge 201 del 2011) è direttamente legata al raggiungimento dei suddetti obiettivi;
durante l'esame in sede referente, con un emendamento del Relatore, è stata altresì introdotta una disposizione volta alla stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo, per il potenziamento e la funzionalità del Ministero della giustizia;
segnatamente, l'emendamento ha previsto – al fine di garantire nel tempo gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) di riduzione della durata di dei processi civili e penali, dare attuazione al Piano strutturale di bilancio di medio termine per gli anni 2025-2029, nonché per garantire il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario assicurando la funzionalità degli uffici giudiziari e valorizzare l'esperienza dell'ufficio per il processo – la stabilizzazione a far data dal 1° luglio 2026, degli addetti agli uffici per il processo, attraverso selezione comparativa, a condizione che i medesimi abbiano maturato i quindici mesi continuativi nella qualifica ricoperta alla data del 30 giugno 2026 e siano in servizio alla medesima data; completata la procedura di stabilizzazione, le graduatorie sono rese disponibili anche per lo scorrimento da parte di altre pubbliche amministrazioni;
sarebbe opportuno procedere alla stabilizzazione di tutti i precari assunti per l'espletamento dei progetti del PNRR a tempo determinato, inclusi i profili tecnici, contabili ed amministrativi, considerando che la stessa sarebbe necessaria per assicurare il raggiungimento degli obiettivi previsti in materia di efficientamento della giustizia, richiesta dal Piano strutturale di medio termine 2025-2029,
impegna il Governo
in linea con le finalità complessive del provvedimento in esame e analogamente a quanto disposto dagli articoli richiamati in premessa, ad investire ulteriori risorse per garantire la stabilizzazione di tutti i precari PNRR del settore giustizia, allo scopo di garantire il buon funzionamento del sistema Giustizia e salvaguardare il know how acquisito, nonché, nelle more e in ogni caso, a garantire a questi ultimi almeno, di godere di un punteggio aggiuntivo ai fini della selezione in caso di partecipazione per i concorsi pubblici relativi ai medesimi profili professionali, considerando la professionalità dagli stessi acquisiti nell'ambito della pubblica amministrazione.
9/2308-A/31. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.
La Camera
impegna il Governo
con successivi provvedimenti, a proseguire nell'attività di stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo ed anche rivolta a tutti i precari PNRR nel rispetto delle esigenze di finanza pubblica.
9/2308-A/31. (Testo modificato nel corso della seduta)D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo era composto in origine da 22 articoli e 112 commi;
per quanto riguarda il settore giustizia, l'atto in esame si limita a prevedere all'articolo 12, comma 3, l'applicazione anche ai magistrati fuori ruolo titolari di incarichi dirigenziali presso il Ministero della giustizia del sistema di valutazione relativo al raggiungimento degli obiettivi annuali relativi al rispetto dei tempi di pagamento, introdotto dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 13 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023, sistema in base al quale quota parte della retribuzione di risultato (in misura non inferiore al 30 per cento ai fini dell'erogazione dell'indennità accessoria annua da corrispondere per l'incarico ricoperto ai sensi dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011) è direttamente legata al raggiungimento dei suddetti obiettivi;
durante l'esame in sede referente, con un emendamento del Relatore, è stata altresì introdotta una disposizione volta alla stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo, per il potenziamento e la funzionalità del Ministero della giustizia;
segnatamente, l'emendamento ha previsto – al fine di garantire nel tempo gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) di riduzione della durata di dei processi civili e penali, dare attuazione al Piano strutturale di bilancio di medio termine per gli anni 2025-2029, nonché per garantire il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario assicurando la funzionalità degli uffici giudiziari e valorizzare l'esperienza dell'ufficio per il processo – la stabilizzazione a far data dal 1° luglio 2026, degli addetti agli uffici per il processo, attraverso selezione comparativa, a condizione che i medesimi abbiano maturato i quindici mesi continuativi nella qualifica ricoperta alla data del 30 giugno 2026 e siano in servizio alla medesima data; completata la procedura di stabilizzazione, le graduatorie sono rese disponibili anche per lo scorrimento da parte di altre pubbliche amministrazioni;
tuttavia, le stabilizzazioni sono autorizzate nei limiti di un contingente massimo di 2.600 unità nell'Area dei funzionari del Comparto funzioni centrali e di 400 unità nell'Area degli assistenti del CCNL 2019-2021 Comparto funzioni centrali;
occorre, tuttavia, procedere alla stabilizzazione di un contingente pari a 10.000 unità, posto che la stabilizzazione è volta ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi previsti in materia di efficientamento dei procedimenti civili e penali, richiesta dal Piano strutturale di medio termine 2025-2029, che rappresenta una delle misure necessarie per poter accedere alla proroga del periodo di aggiustamento del piano di bilancio strutturale a medio termine, secondo quanto indicato dall'articolo 14 del Regolamento UE 2024/1263 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2024,
impegna il Governo
con il primo provvedimento utile, a destinare specifiche ed ulteriori risorse per garantire la stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo per un contingente pari a 10.000 unità.
9/2308-A/32. Auriemma, Alifano, Alfonso Colucci, Penza, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, Ascari, Cafiero De Raho, D'Orso, Giuliano, Carmina.
La Camera
impegna il Governo
con successivi provvedimenti, a proseguire nell'attività di stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo ed anche rivolta a tutti i precari PNRR nel rispetto delle esigenze di finanza pubblica.
9/2308-A/32. (Testo modificato nel corso della seduta)Auriemma, Alifano, Alfonso Colucci, Penza, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, Ascari, Cafiero De Raho, D'Orso, Giuliano, Carmina.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 2, del provvedimento in esame reca disposizioni in merito al personale assunto a tempo determinato mediante bandi di concorso per l'attuazione del PNRR;
in particolare, la suddetta norma prevede che i bandi di concorso che in base alla normativa vigente prevedono una riserva di posti non superiore al 40 per cento destinata al personale a tempo determinato assunto dalle amministrazioni per l'attuazione dei progetti del PNRR si riferiscono al reclutamento a tempo indeterminato del solo personale non dirigenziale;
grazie all'approvazione di un emendamento a prima firma Carotenuto, è stato riconosciuto a coloro che hanno prestato servizio preso le amministrazioni pubbliche per l'attuazione dei progetti del PNRR una premialità ai fini della valutazione della esperienza acquisita, nell'ambito delle procedure concorsuali delle pubbliche amministrazioni;
la stabilizzazione di tutto il personale impegnato per l'attuazione dei progetti del PNRR rappresenta un obiettivo non più rinviabile affinché non venga dispersa la professionalità di questi lavoratori e a tutela dei loro diritti in termini di migliori condizioni di lavoro;
in particolare, nonostante il contributo reso in termini di maggior efficientamento del sistema giudiziario, riduzione dell'arretrato e ottimizzazione dei processi, migliaia di lavoratori precari del PNRR del comparto giustizia, rischiano di ritrovarsi senza certezze lavorative, dopo il 30 giugno 2026, al termine della scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
tali lavoratori hanno in questi anni dato un apporto fondamentale all'implementazione della digitalizzazione e all'efficientamento della giustizia nell'ottica della transizione digitale del settore, velocizzando le procedure, migliorando l'accesso alla giustizia e garantendo una maggiore tutela dei diritti dei cittadini;
va considerata la gravissima carenza di personale che affligge l'amministrazione della giustizia e le previste, future, dimissioni del personale a tempo indeterminato, che secondo quanto riportato da alcune organizzazioni sindacali, verosimilmente nel 2026 si attesterà intorno alle 18 mila unità per l'organico della giustizia, significativamente al di sotto delle necessità della stessa;
l'articolo 17-quater del provvedimento in esame reca misure urgenti per il potenziamento e la funzionalità del Ministero della giustizia,
impegna il Governo
in considerazione dell'approssimarsi della scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza del giugno 2026 e dalla grave carenza di personale sofferta dal comparto e al fine di completare le disposizioni recate dall'articolo 17-quater, ad adoperarsi con l'urgenza richiesta dal caso per trovare una soluzione concreta e strutturale che garantisca stabilità e continuità ai lavoratori precari del PNRR del comparto giustizia che in questi anni hanno reso più efficiente il sistema giudiziario.
9/2308-A/33. Carotenuto, Aiello, Barzotti, Tucci.
La Camera
impegna il Governo
con successivi provvedimenti, a proseguire nell'attività di stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo ed anche rivolta a tutti i precari PNRR nel rispetto delle esigenze di finanza pubblica.
9/2308-A/33. (Testo modificato nel corso della seduta)Carotenuto, Aiello, Barzotti, Tucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 15, prevede un complesso di misure volte al funzionamento della Struttura commissariale costituita per il Giubileo della Chiesa cattolica 2025;
l'articolo 13 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 ha trasferito al Commissario straordinario di Governo per il Giubileo, le competenze regionali in materia di rifiuti previste dal Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006), limitatamente al periodo del relativo mandato, ormai prossimo alla scadenza;
la Commissione per le petizioni del Parlamento europeo, all'esito dell'audizione tenutasi in data 18 marzo 2025 presso il Parlamento europeo, vertente sulla petizione presentata dall'Unione dei Comitati contro l'inceneritore di rifiuti a Roma e sottoscritta da oltre 13.000 cittadini, ha rilevato numerose criticità in merito alla soluzione prevista dal Commissario straordinario per il Giubileo 2025 di incentrare la pianificazione della gestione dei rifiuti del territorio di Roma Capitale sulla realizzazione di un nuovo impianto di incenerimento, con capacità di trattamento pari a 600.000 t/anno, per i gravi rischi ambientali e sanitari per la popolazione;
la Commissione ha evidenziato che l'operatività dell'impianto fino al 2062 sarebbe in contraddizione con gli obiettivi del Regolamento (UE) 2020/852 sull'istituzione di un quadro per agevolare gli investimenti sostenibili, nonché del Regolamento (UE) 2021/1119 in materia di riduzione delle emissioni e per il raggiungimento della neutralità climatica, da conseguire entro il 2050 sulla base degli obiettivi UE, così come in relazione alle norme dell'Unione in materia di economia circolare, invitando le autorità preposte a fornire dati aggiornati sull'attuazione del Piano di gestione dei rifiuti e chiarezza nella regolarità delle procedure e nella corretta applicazione delle norme europee;
il Regolamento sulla «tassonomia» (UE) 2020/852, entrato in vigore il 12 luglio 2020, in tema di attività eco-compatibili, alla luce del principio del «non arrecare un danno significativo» agli obiettivi ambientali (DNSH), con particolare riguardo all'obiettivo della transizione verso l'economia circolare e alla riduzione e riciclo dei rifiuti, nonché alla prevenzione e riduzione dell'inquinamento dell'aria, dell'acqua o del suolo, esclude quelle attività che portano a significative inefficienze nell'utilizzo di materiali recuperati o riciclati, ad incrementi nell'uso diretto o indiretto di risorse naturali, all'incremento significativo di rifiuti, al loro incenerimento o smaltimento, causando danni ambientali significativi a lungo termine, e che determinano un aumento delle emissioni di inquinanti nell'aria, nell'acqua o nel suolo;
come ripetutamente rilevato dal Movimento 5 Stelle nel corso dell'attività parlamentare, la necessità di ulteriori impianti di incenerimento dei rifiuti nella regione Lazio è smentita dal Piano regionale di gestione dei rifiuti (PRGR) approvato nel 2020 dalla regione Lazio, che alla luce della ricognizione e verifica dei fabbisogni, prevede la progressiva eliminazione della presenza di inceneritori sul territorio regionale, in applicazione della legge regionale n. 27 del 1998 e della «Strategia Rifiuti Zero» che costituisce il riferimento programmatico del Piano;
essendo venuti meno i presupposti per il mantenimento dei poteri attributi al Commissario straordinario per il Giubileo della Chiesa cattolica che prevedevano la possibilità di autorizzare nuovi impianti al fine di risolvere la questione dei rifiuti nel territorio di Roma Capitale per l'anno del Giubileo 2025,
impegna il Governo
ad accompagnare le misure recate dal provvedimento in esame con la ridefinizione, nel prossimo provvedimento utile, dei poteri assegnati al Commissario straordinario per il Giubileo 2025 in materia di rifiuti, anche alla luce di rilievi formulati dalla Commissione per le petizioni del Parlamento europeo, escludendo la possibilità di realizzare soluzioni impiantistiche basate sull'incenerimento dei rifiuti o comunque tali da incidere negativamente sulla qualità dell'aria e dei suoli, nel rispetto del principio di precauzione e dei principi e criteri di sostenibilità ambientale posti a tutela della salute pubblica e dell'ambiente.
9/2308-A/34. Ilaria Fontana, Alfonso Colucci, Francesco Silvestri, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame, all'articolo 12, commi 15-decies e 15- undecies introdotto durante l'esame in sede referente, proroga al 31 dicembre 2027 l'autorizzazione del Ministero della cultura ad avvalersi della società Ales Spa per lo svolgimento delle attività di accoglienza e vigilanza nei musei, nei parchi archeologici statali nonché negli altri istituti e luoghi della cultura e delle attività di supporto tecnico, amministrativo e contabile, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, stanziando ulteriore risorse fino al 2027,
il nostro Paese vanta un patrimonio culturale di inestimabile valore e detiene il primato nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco;
il complesso monumentale di Caserta, dal 1997 Patrimonio dell'Umanità, è notoriamente tra i più importanti e comprende la Reggia, con parco, giardini e area boschiva, il complesso industriale di San Leucio e l'Acquedotto Carolino che ne costituisce l'elemento fisico di connessione, consentendo all'acqua del fiume Fizzo di raggiungere il Parco Reale;
il viadotto «Ponti della Valle» dell'acquedotto Carolino, rimasto perfettamente conservato nonostante i ripetuti terremoti che hanno interessato il territorio, si estende, con le sue triplici arcate, per 259 metri di lunghezza, all'epoca il ponte più lungo d'Europa, e rappresenta ancora oggi una delle più importanti opere architettoniche e di ingegneria idraulica del mondo;
ai fini della tutela e della valorizzazione culturale del complesso monumentale, si ritiene di primaria importanza l'adozione di apposite iniziative e lo stanziamento di adeguate risorse finalizzate a promuovere e facilitare l'accesso e l'accoglienza dei visitatori all'Acquedotto Carolino, in condizioni di sicurezza, mediante un percorso di visita e collegamento con l'area della Reggia che ne preservi il valore culturale e consenta di integrarlo pienamente all'interno di un unico polo museale, anche incentivando la collaborazione tra enti locali, associazioni culturali, scuole e università per l'individuazione di soluzioni che ne rafforzino l'attrattività e la promozione turistica,
impegna il Governo
ad adottare le necessarie iniziative volte a rafforzare la vocazione turistica e culturale dell'Acquedotto Carolino, come parte integrante del complesso monumentale della Reggia di Caserta, individuando, anche con il coinvolgimento degli enti territoriali e dei soggetti interessati, le azioni da porre in essere al fine di tutelare e promuovere in modo appropriato un patrimonio architettonico e culturale di primaria importanza.
9/2308-A/35. Santillo, Cangiano, Cerreto, Graziano, Zinzi, Alifano.
La Camera
impegna il Governo
ad adottare le necessarie iniziative volte a rafforzare la vocazione turistica e culturale dell'Acquedotto Carolino, come parte integrante del complesso monumentale della Reggia di Caserta, individuando, anche con il coinvolgimento degli enti territoriali e dei soggetti interessati, le azioni da porre in essere al fine di tutelare e promuovere in modo appropriato un patrimonio architettonico e culturale di primaria importanza.
9/2308-A/35. (Testo modificato nel corso della seduta)Santillo, Cangiano, Cerreto, Graziano, Zinzi, Alifano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è costellato di disposizioni che introducono nuove strutture e ruoli anche dirigenziali presso il Governo, in deroga (tacita) alle procedure disposte dalla disciplina vigente di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge ordinamentale n. 400 del 1998, che imporrebbe l'emanazione di regolamenti governativi adottati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia; non mancano cospicui incrementi di unità di personale dirigenziale e degli staff degli uffici di diretta collaborazione di dicasteri e di Ministri per così dire anche «minori»;
spiccano, in particolare, due norme, per essere presenti, l'una, in un decreto-legge, e l'altra in questo specifico decreto-legge:
l'articolo 4 reca una norma di interpretazione autentica – con effetto, quindi, retroattivo – in base alla quale il reclutamento dei soli vincitori dei concorsi pubblici, escludendo, dunque, lo scorrimento delle graduatorie vigenti, è sufficiente per considerare le amministrazioni esonerate dal motivare e giustificare il ricorso a nuove procedure selettive – oltre all'inopportunità di siffatta norma in un decreto-legge, essa si presenta alla stregua di un «lodo», impattando improvvidamente su contenziosi e procedimenti anche corso – la norma si applica, ovviamente, anche ai concorsi in svolgimento o per i quali non si siano concluse le procedure assunzionali alla data di entrata in vigore del decreto, con ciò confermando, ad avviso dei firmatari del presente atto, l'accanimento del Governo in carica contro le graduatorie e gli idonei, anche quel misero 20 per cento rimasto indenne, imponendo un esito per via giudiziaria a ciò che potrebbe non essere riuscito per via amministrativa o normativa;
l'articolo 8 dispone una causa di non applicabilità delle sanzioni interdittive previste per gli amministratori locali in caso di dissesto dell'ente: viene esclusa la sanzione dell'ineleggibilità e di inconferibilità di incarichi per gli amministratori purché, anche nel caso di colpa grave, avviino la procedura di riequilibrio (predissesto) entro due anni dal loro insediamento – un emendamento approvato in corso d'esame ha aggravato ulteriormente la disposizione, rendendola applicabile ai giudizi in corso, anche ove non ancora definiti con sentenza passata in giudicato; ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, la norma reca un profilo critico di legittimità, incidendo con lo strumento della decretazione d'urgenza sulla materia elettorale e in tema di diritti di elettorato e un grave profilo critico di opportunità, intromettendosi nel procedimento elettorale con riguardo alle cause di incandidabilità a due mesi di distanza dalle elezioni comunali;
a fronte del contesto normativo illustrato, preme ai firmatari rappresentare la grave carenza di organico in cui versano i comuni con riguardo al personale della polizia locale, segnalando che la questione è più complessa rispetto alla mera volontà di procedere a nuove assunzioni;
la costante emorragia di personale che interessa da tempo tutti i comuni ha colpito anche le piante organiche e il personale preposto alla sicurezza e al controllo del territorio: in media, il personale della polizia locale è sottodimensionato al livello del 50 per cento e l'età media di quello in servizio si avvicina ai 60 anni, si registra una nutrita presenza di personale precario e si evidenzia la necessità di superare non solo il blocco del turn over ma di poter accedere a reclutamenti straordinari che consentano di colmare le piante organiche;
in assenza di risposte e adeguate misure normative, risulta minata la sicurezza dei cittadini e dei territori – il comparto è assorbito in accresciute mansioni e competenze che richiedono risposte efficaci in tema di sicurezza e vigilanza anche a fronte della percezione della collettività;
l'agente di polizia locale è un rappresentante della sicurezza di prossimità, tutela la cittadinanza e gli spazi pubblici ed è un organo di controllo locale chiamato a far rispettare la legalità,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad adottare ogni misura utile, sotto il profilo legislativo e amministrativo, al fine di offrire risposte tempestive e certe alle problematiche illustrate in premessa, attraverso misure che consentano di superarle, a tal fine provvedendo all'individuazione di risorse volte ad incrementare il fondo per la sicurezza urbana nonché valutando un allentamento dei vincoli contabili per le spese inerenti alla dotazione organica del personale della polizia locale.
9/2308-A/36. Appendino, Alfonso Colucci, Auriemma, Alifano, Penza, Barzotti, Aiello, Carotenuto, Tucci, Carmina.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo, composto in origine da 22 articoli e 112 commi, desta forti perplessità in ordine al soddisfacimento del requisito dell'omogeneità dei decreti-legge;
rispetto al titolo e agli obiettivi che si propone il provvedimento, appare incoerente, in particolare, la presenza delle disposizioni relative al piano di riqualificazione delle aree caratterizzate da degrado giovanile, il programma Hub per l'intelligenza artificiale connesso al cosiddetto «piano Mattei», la sospensione dei pedaggi autostradali, l'utilizzo delle risorse del fondo di sviluppo e coesione, e la procedura di riversamento dei crediti di imposta, cui sono dedicati ben 5 articoli; il provvedimento è costellato, altresì, di disposizioni che introducono nuove strutture e ruoli anche dirigenziali presso il Governo, in deroga (tacita) alle procedure disposte dalla disciplina vigente di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge ordinamentale n. 400 del 1998, che prevede l'emanazione di regolamenti governativi adottati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia;
con riguardo agli obiettivi perseguiti dal testo in titolo – costellato, si segnala, di cospicui incrementi di unità di personale dirigenziale nonché degli uffici di diretta collaborazione di dicasteri e di Ministri per così dire anche «minori» – preme ai firmatari evidenziare, in particolare, due norme che si distinguono entrambe per essere presenti, l'una, in un decreto-legge, e l'altra in questo specifico decreto-legge:
l'articolo 4 reca una norma di interpretazione autentica – con effetto, quindi, retroattivo – in base alla quale il reclutamento dei soli vincitori dei concorsi pubblici, escludendo, dunque, lo scorrimento delle graduatorie vigenti, è sufficiente per considerare le amministrazioni esonerate dal motivare e giustificare il ricorso a nuove procedure selettive – oltre all'inopportunità di siffatta norma in un decreto-legge, essa si presenta alla stregua di un «lodo», impattando improvvidamente su contenziosi e procedimenti anche corso; la norma si applica, ovviamente, anche ai concorsi in svolgimento o per i quali non si siano concluse le procedure assunzionali alla data di entrata in vigore del decreto, con ciò confermando, ad avviso dei firmatari, l'accanimento del Governo in carica contro le graduatorie e gli idonei, anche quel misero 20 per cento rimasto indenne, imponendo un esito per via giudiziaria a ciò che potrebbe non essere riuscito per via amministrativa o normativa;
l'articolo 8 dispone una causa di non applicabilità delle sanzioni interdittive previste per gli amministratori locali in caso di dissesto dell'ente: viene esclusa la sanzione dell'ineleggibilità e di inconferibilità di incarichi per gli amministratori purché, anche nel caso di colpa grave, avviino la procedura di riequilibrio (predissesto) entro due anni dal loro insediamento – un emendamento approvato in corso d'esame ha aggravato ulteriormente la disposizione, rendendola applicabile ai giudizi in corso, anche ove non ancora definiti con sentenza passata in giudicato; ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, la norma reca un profilo critico di legittimità, incidendo con lo strumento della decretazione d'urgenza sulla materia elettorale e in tema di diritti di elettorato e un grave profilo critico di opportunità, intromettendosi nel procedimento elettorale con riguardo alle cause di incandidabilità a due mesi di distanza dalle elezioni comunali;
a fronte del contesto normativo illustrato, preme ai firmatari segnalare l'occasione persa, per il parere contrario del Governo, nonostante le numerose proposte del Gruppo MoVimento 5 Stelle e anche di altri Gruppi dell'opposizione, per l'adozione di misure di valorizzazione, armonizzazione ed equiparazione, rispetto ad altri Corpi e comparti, del trattamento giuridico ed economico del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
nell'ottica della predetta armonizzazione, i firmatari si riferiscono, in particolare: alle indennità riferite alle prestazioni in orari notturni e festivi; al valore nominale del buono pasto il quale, per il peculiare monte ore quotidiano stabilito per i vigili del fuoco, risulta penalizzante e, pertanto, dovrebbe essere aumentato a 9 euro; alla disparità di accesso al trattamento pensionistico in ordine al cadenzamento degli scatti; alla copertura assicurativa INAIL per tutto il personale del Corpo, in forza dell'attività svolta, fortemente soggetta a rischi legati a malattie professionali e infortuni sul lavoro,
impegna il Governo
ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad accompagnare le misure recate dal provvedimento in esame, adottando ogni iniziativa utile, sotto il profilo legislativo e amministrativo, al fine di reperire risorse incrementali da destinare tempestivamente alle misure di armonizzazione elencate in premessa, nel rispetto dei procedimenti negoziali di cui agli articoli 136 e 226 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, per la definizione degli importi e i destinatari delle specifiche indennità ivi indicate.
9/2308-A/37. Alifano, Aiello, Auriemma, Barzotti, Carotenuto, Alfonso Colucci, Penza, Tucci, Ruffino, Simiani.
La Camera,
premesso che:
i dirigenti appartenenti ai ruoli amministrativo, tecnico e professionale del Servizio sanitario nazionale (SSN) svolgono funzioni strategiche nella gestione delle attività sanitarie, incluse quelle inerenti alla programmazione, al supporto tecnico e amministrativo e alla gestione delle liste di attesa;
tali professionalità rappresentano un patrimonio di competenze specialistiche maturate nel tempo, che rischia di disperdersi a causa del progressivo esodo del personale verso altri comparti pubblici o il settore privato;
è necessario incentivare la permanenza e valorizzazione di queste figure professionali, anche in considerazione degli obiettivi e degli adempimenti richiesti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);
si rileva un persistente disallineamento nei trattamenti economici accessori tra la dirigenza del Servizio sanitario nazionale e quella degli enti locali e delle regioni;
è urgente adottare misure finalizzate alla progressiva armonizzazione dei trattamenti economici della dirigenza PTAC (professionale, tecnica, amministrativa e contabile) del Servizio sanitario nazionale, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 23 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75,
impegna il Governo
ad adottare, a decorrere dall'anno 2025, un incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, volto all'incremento dei fondi contrattuali per il trattamento economico accessorio della dirigenza dei ruoli amministrativo, tecnico e professionale degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale prevedendo, inoltre, la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori rispetto a quelli già previsti per le altre figure dirigenziali degli enti locali e delle regioni, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto legislativo.
9/2308-A/38. Malavasi.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 175 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge 13/2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge 44/2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge 51/2023 – Decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
nella pubblica amministrazione va considerata anche il Servizio sanitario nazionale e le sue criticità, così come evidenziate nel Documento approvato dalla XII Commissione a conclusione dell'indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie;
tema cruciale per una maggiore efficienza è certamente quello dell'abolizione definitiva dei tetti di spesa per le assunzioni, introdotti dalla legge n. 226 del 2005, e che contribuiscono a rallentare il necessario ricambio generazionale. Non appaiono, infatti, sufficienti gli interventi recenti che hanno ridimensionato ma non cancellato i citati limiti (decreto-legge n. 35 del 2019 – cosiddetto «decreto Calabria» e del decreto-legge n. 73 del 2024);
è necessario intervenire per rispondere alla sempre maggiore carenza di personale, sia esso medico sia infermieristico. Nel caso del personale medico appare necessario anche affrontare la questione della scarsa presenza di detto personale nelle aree più svantaggiate del nostro Paese;
l'indagine conoscitiva sopra ricordata ha anche evidenziato la mancanza strutturale di risorse: in particolare, e la conseguente precarizzazione del personale medici, assunto con contratti a tempo determinato o con contratti libero-professionali (cosiddetti gettonisti);
le remunerazioni del personale sanitario risultano, inoltre, essere inferiori alla media dei Paesi europei. Questo dato, unico al grave fenomeno delle aggressioni e all'aumento di orari di lavoro per rispondere alla citata mancanza di personale, stanno spingendo verso una vera e propria «fuga dal Servizio sanitario nazionale» verso il settore privato e verso l'estero, con ulteriore indebolimento delle strutture del SSN stesso;
un tema che non deve essere sottovalutato è quello del carattere disomogeneo della distribuzione di genere all'interno delle diverse professioni sanitarie, laddove le donne rappresentano meno della metà dei professionisti totali;
grave è anche la carenza dei medici di medicina generale, che potrebbe essere affrontate, come richiesto durante le Audizioni in XII Commissione, con il superamento delle graduatorie regionali, considerate oramai anacronistiche e non utili a una corretta programmazione,
impegna il Governo
ad intervenire per giungere in tempi rapidi alla completa abrogazione dei limiti di spesa sopra ricordati, oltre che a prevedere nuove risorse per consentire le necessarie assunzioni e stabilizzazioni, rispondendo così alla grave carenza di personale sanitario, riducendo anche l'inaccettabile differenza nella distribuzione geografica del personale medico che attualmente affligge il nostro Paese, e che rischia di configurare una violazione dell'articolo 32 della Costituzione.
9/2308-A/39. Girelli.
La Camera,
premesso che:
le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici utilizzati in numerosi processi industriali e prodotti di largo consumo, noti per la loro persistenza nell'ambiente e bioaccumulabilità, con conseguenti ricadute negative per la salute umana;
numerosi studi scientifici accreditati hanno infatti dimostrato che l'esposizione ai PFAS è associata a gravi rischi per la salute umana, tra cui ridotta fertilità, alterazioni endocrine e aumento del rischio di alcune forme tumorali;
per limitare l'utilizzo dei PFAS, nella XIX legislatura sono state presentate proposte di legge, oltre a numerosi atti di indirizzo e controllo;
da tempo alcuni studi confermano la presenza di materiali composti da PFAS nei dispositivi di protezione individuale (DPI) dei Vigili del fuoco;
le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche sono inoltre ancora presenti nelle schiume antincendio, nonostante il loro utilizzo sia stato limitato da apposite direttive comunitarie;
ad Arezzo sono purtroppo recentemente deceduti tre Vigili del fuoco, tutti a causa di un glioblastoma, nell'arco di 14 mesi. Nelle scorse settimane sono emersi in molte parti d'Italia altri casi che andrebbero verificati, visto il ripetersi della stessa patologia refertata;
le associazioni sindacali di categoria (che da anni sostengono una stretta correlazione tra malattie professionali e presenza di PFAS nei DPI e nelle schiume antincendio, incalzando i Ministeri competenti a intervenire) hanno subito rimarcato la necessità di eseguire accertamenti medici sui decessi avvenuti in tutta Italia, al fine di individuare possibili nessi di causa-effetto legati alla presenza nei corpi di sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche;
a seguito di tali eventi, quattro associazioni – ADiC Toscana, Movimento Consumatori, ISDE Italia – Associazione Medici per l'Ambiente e Medicina Democratica – hanno depositato un esposto presso la Procura di Arezzo (e altri 35 inoltrati ad altrettante procure italiane) per chiedere di svolgere accertamenti sulla presenza di PFAS nelle «aree prospicienti i 36 presidi antincendio» presenti in Italia;
il 26 marzo 2025 la Camera dei deputati ha approvato una mozione (n. 1/00411) che impegna il Governo «ad avviare un programma nazionale di biomonitoraggio per valutare l'esposizione della popolazione ai PFAS e gli effetti sulla salute, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili (bambini, donne in gravidanza, lavoratori esposti)»;
lo stesso Ministero dell'interno, Dipartimento dei vigili del fuoco, ha comunicato (con nota DIR-EMI n. 8959 del 27/03/2025) di aver stipulato una convenzione quadro e una collaborazione con l'Università di Bologna per l'effettuazione di uno studio a carattere medico-statistico sull'impatto dei composti PFAS;
per tale indagine medico-statistica è «prevista l'individuazione di circa 300 Vigili del fuoco in servizio presso le sedi e/o distaccamenti dei Vigili del fuoco della regione Emilia-Romagna, nonché di altre regioni che, su base volontaria, vorranno partecipare alle suddette attività di ricerca, i cui risultati saranno trattati in forma anonima»;
appare evidente e necessario, in relazione a quanto espresso in premessa, che tale studio medico-statistico sia esteso a tutto il territorio nazionale, al fine di ottenere un'indagine dettagliata relativa al rischio da PFAS, non limitata esclusivamente ad alcune realtà territoriali;
nel provvedimento in esame sono presenti, all'articolo 6, disposizioni relative al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco;
è necessario che le disposizioni sul reclutamento, la formazione, l'idoneità e la gestione del personale presenti nel provvedimento in esame siano accompagnate da norme rapide ed efficaci sulla tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro,
impegna il Governo:
ad intraprendere iniziative urgenti al fine di chiarire la presenza di PFAS in tutti i dispositivi utilizzati dai Vigili del fuoco nello svolgimento delle loro mansioni, dando pieno seguito agli impegni assunti con la mozione n. 1-00411;
ad estendere a tutto il territorio nazionale l'indagine medico-statistica citata in premessa e prevista oggi soltanto per 300 Vigili del fuoco dell'Emilia-Romagna, dando pieno seguito agli impegni assunti con la mozione n. 1-00411.
9/2308-A/40. Simiani, Bonafè, Fossi, Marino, Malavasi, Pavanelli, Lacarra.
La Camera,
premesso che:
le Camere di Commercio svolgono un ampio ventaglio di funzioni a supporto del sistema economico locale e nazionale, tra cui:
tenuta del Registro delle Imprese: costituisce la principale funzione istituzionale, garantendo la pubblicità legale delle informazioni relative alle imprese operanti sul territorio;
promozione dello sviluppo economico: attraverso iniziative di marketing territoriale, sostegno all'internazionalizzazione, promozione del turismo e valorizzazione delle produzioni locali;
supporto all'innovazione e al trasferimento tecnologico: favoriscono la collaborazione tra imprese e centri di ricerca, supportano la digitalizzazione e l'adozione di nuove tecnologie;
servizi alle imprese: offrono servizi di informazione, assistenza, consulenza, formazione, orientamento al lavoro e supporto all'accesso al credito;
risoluzione alternativa delle controversie: gestiscono procedure di conciliazione e arbitrato per la risoluzione stragiudiziale delle dispute tra imprese;
osservatorio economico: realizzano studi, analisi e rilevazioni statistiche sull'andamento dell'economia locale;
certificazione e rilascio di documenti: Rilasciano certificati di origine, visti per l'estero e altri documenti necessari per l'attività delle imprese;
tutela del consumatore e della fede pubblica: Svolgono attività di vigilanza e controllo in alcuni settori specifici;
la legge 29 dicembre 1993, numero 580, recante «Riordinamento delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura», ha ridefinito la natura giuridica delle CCIAA come enti pubblici non economici, dotati di autonomia funzionale, amministrativa e finanziaria, sottoposti alla vigilanza del Ministero competente (attualmente il Ministero delle imprese e del made in Italy);
l'articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124 «Riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura» ha previsto anche una riorganizzazione delle sedi territoriali ed i conseguenti accorpamenti;
tale riorganizzazione, pur perseguendo obiettivi di efficienza e razionalizzazione, ha in alcuni casi portato alla soppressione o al significativo ridimensionamento della presenza fisica delle CCIAA in territori montani e marginali;
le imprese operanti in queste aree spesso presentano specificità e maggiori difficoltà legate alla logistica, all'accesso ai servizi, alla carenza di infrastrutture e alla necessità di valorizzare le risorse locali;
la presenza di una Camera di Commercio sul territorio rappresenta infatti un importante punto di riferimento per le imprese, fornendo servizi essenziali di supporto, informazione, assistenza, promozione e sviluppo, contribuendo in modo significativo al tessuto economico e sociale locale;
l'allontanamento o la riduzione dei servizi camerali può comportare conseguentemente un indebolimento del sostegno alle imprese di montagna e delle aree marginali, con potenziali ripercussioni negative sulla loro competitività e sulla capacità di attrarre investimenti;
nel corso degli anni le associazioni di categoria ed i rappresentanti degli enti locali hanno espresso preoccupazione per la mancanza di un presidio camerale adeguato in queste zone e hanno sollecitato un ripensamento delle politiche di riorganizzazione;
va inoltre segnalato come le Camere di Commercio si autofinanziano con i versamenti delle imprese iscritte e quindi l'istituzione di nuove sedi non comporterebbe ulteriori finanziamenti da parte dello Stato;
nel provvedimento in esame sono presenti «disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni»;
l'articolo 13-bis del provvedimento in esame reca disposizioni per il reclutamento e la funzionalità delle Camere di Commercio;
nel corso dell'esame in commissione sono stati presentati emendamenti con la finalità di istituire nuove camere di commercio in deroga alle disposizioni vigenti senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tali proposte non sono state però approvate,
impegna il Governo
ad accompagnare le misure recate dall'articolo 13-bis del provvedimento in esame intraprendendo iniziative utili, in relazione a quanto espresso in premessa, al fine di istituire nuove Camere di Commercio in deroga alle disposizioni vigenti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con particolare riferimento alle zone marginali e montane del Paese.
9/2308-A/41. Marino, Carè, Iacono, Porta, Provenzano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 12, comma 3, vincola una quota, non inferiore al 30 per cento, dell'indennità di incarico riconosciuta ai magistrati fuori ruolo titolari di incarichi dirigenziali presso il Ministero della giustizia al mancato raggiungimento degli obiettivi di pagamento fissati dall'amministrazione;
il sistema della giustizia italiana presenta numerose e perduranti criticità rispetto alla media europea soprattutto in termini di tempi processuali, come evidenzia l'ultima relazione della Commissione europea per l'efficacia della giustizia (CEPEJ). Evidenti carenze riguardano anche la condizioni delle carceri con sovraffollamento di detenuti, mancanza di servizi essenziali, carenza di personale, l'insufficienza e l'inadeguatezza delle strutture, le criticità nell'assistenza sanitaria;
è assolutamente necessaria l'immissione in servizio di personale della giustizia, al fine di garantirne il funzionamento e l'efficienza,
impegna il Governo
nell'ambito delle sue proprie prerogative al fine di supportare l'azione di abbattimento dell'arretrato civile e delle pendenze civili e penali e la celere definizione dei procedimenti giudiziari, per l'attuazione delle riforme, per l'abbattimento della recidiva e per la piena attuazione dei principi costituzionali, quale quello di cui all'articolo 27 della Costituzione, a prevedere il reclutamento di non meno di 500 nuovi magistrati, da destinare in misura congrua alla sorveglianza, eventualmente anche tramite lo scorrimento di graduatorie in corso di validità all'entrata in vigore della legge in esame.
9/2308-A/42. Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa.
La Camera
impegna il Governo
nell'ambito delle sue proprie prerogative al fine di supportare l'azione di abbattimento dell'arretrato civile e delle pendenze civili e penali e la celere definizione dei procedimenti giudiziari, per l'attuazione delle riforme, per l'abbattimento della recidiva e per la piena attuazione dei principi costituzionali, quale quello di cui all'articolo 27 della Costituzione, a valutare l'opportunità di prevedere il reclutamento di nuovi magistrati, da destinare in misura congrua alla sorveglianza, eventualmente anche tramite lo scorrimento di graduatorie in corso di validità all'entrata in vigore della legge in esame.
9/2308-A/42. (Testo modificato nel corso della seduta)Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 2, specifica che i bandi di concorso che, in base alla normativa vigente, prevedono una riserva di posti non superiore al 40 per cento destinata al personale a tempo determinato assunto dalle amministrazioni per l'attuazione dei progetti del PNRR si riferiscono al reclutamento a tempo indeterminato del solo personale non dirigenziale, e, al comma 2-bis riconosce una premialità a coloro che hanno prestato servizio presso le PA per l'attuazione del PNRR, ai fini della valutazione della esperienza acquisita, nell'ambito delle procedure concorsuali delle pubbliche amministrazioni;
l'articolo 17-quater reca disposizioni per la stabilizzazione di personale e le facoltà assunzionali del Ministero della giustizia;
tuttavia, non affronta e non risolve il tema della stabilizzazione di tutti i precari reclutati per il tramite delle straordinarie risorse messe a disposizione dal PNRR, al fine di evitare la dispersione del patrimonio di competenze messe a disposizione per l'amministrazione della giustizia, sia ordinaria che amministrativa, per non perdere questa formidabile occasione per ammodernare e migliorare l'organizzazione della giustizia. La previsione attuale della legge di bilancio così come modificata dal provvedimento in esame risulta insufficiente a garantire tutto questo. Inoltre si prevede il corrispondente aumento della dotazione organica per accomodare la strutturazione a regime dell'ufficio per il processo, nonché dei funzionari e assistenti tecnici reclutati per le medesime finalità;
l'incremento complessivo di definizioni ascrivibile all'investimento, si legge in una nota di Via Arenula, è valutabile in circa 100.000 procedimenti civili all'anno, pari a circa 1/3 dell'arretrato 2019. Infatti, spiega il documento, si può stimare «con qualche approssimazione» che ogni addetto all'UPP abbia aumentato il numero di procedimenti definiti di circa 20 unità all'anno. In aggregato, quindi si torna ai 100.000 procedimenti in più all'anno, concentrati tra quelli più complessi e pendenti nei tribunali da più lungo tempo;
il contributo degli addetti risulta essere maggiore nei tribunali che prima della pandemia avevano già livelli di produttività elevata, segno che gli uffici con maggiore capacità organizzativa hanno saputo sfruttare meglio le nuove risorse;
sulla base dei risultati del monitoraggio semestrale condotto dal Ministero della giustizia, al 30 giugno 2023;
gli Aupp risultavano distribuiti per il 51 per cento al settore civile, il 43 per cento al settore penale e per la quota restante a servizi trasversali;
il decreto in esame non risolve dunque il tema della stabilizzazione di tutti i precari reclutati per il tramite delle straordinarie risorse messe a disposizione dal PNRR, al fine di evitare la dispersione del patrimonio di competenze messe a disposizione per l'amministrazione della giustizia, sia ordinaria che amministrativa, per non perdere questa formidabile occasione per ammodernare e migliorare l'organizzazione della giustizia,
impegna il Governo
nell'ambito delle sue proprie prerogative ad adottare adeguate misure sia finanziarie sia organizzative volte a garantire il completo assorbimento e procedere dunque alla stabilizzazione di tutti i precari reclutati per il tramite delle straordinarie risorse messe a disposizione dal PNRR, onde evitare la dispersione del patrimonio di competenze messe a disposizione per l'amministrazione della giustizia, sia ordinaria che amministrativa, per non perdere questa formidabile occasione per ammodernare e migliorare l'organizzazione della giustizia, nonché per il corrispondente aumento della dotazione organica per la strutturazione a regime dell'ufficio per il processo, nonché dei funzionari e assistenti tecnici reclutati per le medesime finalità.
9/2308-A/43. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Lacarra, Scarpa.
La Camera
impegna il Governo
con successivi provvedimenti, a proseguire nell'attività di stabilizzazione del personale addetto agli uffici per il processo ed anche rivolta a tutti i precari PNRR nel rispetto delle esigenze di finanza pubblica.
9/2308-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta)Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Lacarra, Scarpa.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non è mai emerso un disegno organico né di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
al contrario abbiamo assistito ad un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti;
in un provvedimento pieno di misure assolutamente eterogenee tra di loro, come quelle relative al tiro a segno solo per fare un esempio, e che durante i lavori parlamentari si è ulteriormente arricchito delle più varie micro-misure, incluse le innumerevoli norme volte solo ad accrescere gli uffici di diretta collaborazione di quasi tutti ministeri, è risultata particolarmente grave la mancata presentazione di un emendamento, pre-annunciato lo scorso 14 marzo dalla stessa Ministra del lavoro, a sostegno delle lavoratrici del Gruppo La Perla che da quasi due anni stanno lottando per salvaguardare un'importante azienda del nostro made in Italy, e che è stata devastata negli anni passati da operazioni di finanza speculativa;
lo scorso 14 marzo, infatti, in occasione di un incontro al tavolo tecnico istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tra gli uffici della Ministra del lavoro e delle politiche sociali e le organizzazioni sindacali, era stato preannunciato un emendamento da presentarsi nel primo provvedimento utile per la proroga di sei mesi del trattamento di integrazione salariale qualora, all'esito di un programma aziendale di cessazione di attività, sussistano concrete ed attuali prospettive di rapida cessione, anche parziale, dell'azienda con conseguente riassorbimento occupazionale;
tale emendamento, che avrebbe garantito gli ammortizzatori sociali a quella parte di lavoratrici de La Perla che oggi ne sono sprovviste e avrebbe comunque rappresentato uno strumento importante per risolvere crisi aziendali, più volte annunciato e atteso durante i lavori parlamentari, non ha mai visto la luce nonostante le richieste dell'opposizione e gli innumerevoli emendamenti presentati dal Governo anche all'ultimo momento,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, e nel più breve tempo possibile, volta a consentire di prorogare gli ammortizzatori sociali a favore delle 50 lavoratrici de la Perla che si trovano in questo momento senza alcuna protezione.
9/2308-A/44. De Maria, Scotto, Bonafè, Auriemma.
La Camera
impegna il Governo
compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ad adottare ogni iniziativa utile, e nel più breve tempo possibile, volta a consentire di prorogare gli ammortizzatori sociali a favore delle 50 lavoratrici de la Perla che si trovano in questo momento senza alcuna protezione.
9/2308-A/44. (Testo modificato nel corso della seduta)De Maria, Scotto, Bonafè, Auriemma.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 20, del provvedimento in esame introduce modifiche nei relativi allegati al Codice degli appalti pubblici;
è necessario ricordare che la riforma del codice è stata direttamente connessa all'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ha previsto, infatti, un processo di riforma in due macro-tappe del settore dei contratti pubblici: una prima tappa, attuata in via d'urgenza con il decreto-legge 77 del 2021, e una seconda da attuare mediante una riforma complessiva del vigente Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 50 del 2016) e del quadro normativo ad esso collegato, da completare entro il giugno 2023;
la correlazione con la matrice europea è stata ulteriormente esplicitata nella relazione illustrativa al Codice predisposta dal Consiglio di Stato, a conferma che la riforma del codice dei contratti costituisce uno specifico obiettivo previsto nel PNRR;
Il Consiglio di Stato nelle premesse alla relazione sopra ricordata osserva che: Emblematico in questa prospettiva è il caso dei contratti pubblici, per la cui reale riforma occorre avverare, attraverso una intensa attività operativa, almeno tre condizioni essenziali «non legislative», che costituiscono peraltro l'oggetto di impegni in sede di PNRR: i) una adeguata formazione dei funzionari pubblici che saranno chiamati ad applicare il nuovo codice; ii) una selettiva riqualificazione delle stazioni appaltanti; iii) l'effettiva attuazione della digitalizzazione, consentendo, pur nel rispetto di tutte le regole di sicurezza, una piena interoperabilità delle banche dati pubbliche;
il Consiglio conclude auspicando dunque: «di aver posto le premesse giuridiche più chiare e stabili possibile perché anche queste tre condizioni si realizzino e perché questa fondamentale riforma possa prendere avvio, nel rispetto degli impegni del PNRR e a beneficio del sistema non solo giuridico ma soprattutto economico e sociale del Paese»;
gli acquisti pubblici rappresentano in particolare nelle società caratterizzate da processi di progressiva terziarizzazione una leva strategica di sviluppo economico. In particolare, attraverso l'acquisto di servizi si può rispondere agli innumerevoli nuovi bisogni delle società contemporanee, si possono immettere nel sistema risorse economiche, contribuire a creare occupazione, garantendo salari giusti e sostenendo così la domanda interna;
per tutto quanto sopra esposto serve una domanda pubblica sempre più selettiva e qualificata che investa sulle competenze. Non appare più sostenibile acquistare servizi al risparmio che si traduce in costanti ribassi, a detrimento di imprese e di milioni di lavoratori;
servono in particolare per le svariate attività del settore dei servizi, caratterizzate dalla propensione alla stagnazione dei salari, tariffe adeguate e, anche alla luce delle innumerevoli variabili che si determinano sempre più spesso in una dimensione sovranazionale serve un meccanismo di intervento efficace di revisione prezzi che metta in garanzia operatori economici e lavoratori;
con il cosiddetto decreto correttivo decreto legislativo 209 del 2024 sono state introdotte delle modifiche che possono limitare in particolare per servizi e forniture l'applicazione della revisione prezzi. Con riferimento all'articolo 60, infatti, è stata inserita una soglia di attivazione del 5 per cento oltre la quale scatta il meccanismo revisionale, e relativamente al quantum, si è previsto che la variazione delle condizioni economiche negoziali sia commisurata all'80 per cento della sola variazione eccedente la soglia. E Se per gli appalti di lavori la prima soglia è stata portata al 3 per cento e relativamente al quantum al 90 per cento. Per i servizi le condizioni sono rimaste invariate;
rispetto a tali modifiche l'VIII Commissione permanente della Camera – Ambiente, territorio e lavori pubblici – ha rilevato che: «lo schema di decreto interviene sul meccanismo della revisione dei prezzi disciplinato dall'articolo 60 del codice con modifiche che rischiano di sterilizzare, di fatto, l'efficacia del meccanismo stesso» ed ha poi espresso l'osservazione secondo cui : «con riferimento all'articolo 16 dello schema di decreto che interviene sull'articolo 60 del codice valuti il Governo l'opportunità di modificare il comma 1, lettera b, chiarendo che la revisione di prezzi opera nella misura dell'80 per cento dell'intera variazione, con l'effetto di lasciare il valore del 5 per cento unicamente come soglia oltre la quale scatta il meccanismo revisionale; in alternativa, modificare le percentuali in 2 per cento dell'importo complessivo del contratto, come soglia oltre la quale scatta la revisione dei prezzi, e 90 per cento, come misura della variazione dei prezzi che viene riconosciuta»;
dello stesso tenore le osservazioni della 8a Commissione permanente Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica, del Senato che nel parere reso ha espresso la condizione: «con riferimento all'articolo 16 dello schema in esame, che interviene sull'articolo 60 del codice, modificare il comma 1, lettera b), chiarendo che la revisione dei prezzi opera nella misura dell'80 per cento dell'intera variazione, con l'effetto di lasciare il valore del 5 per cento unicamente come soglia oltre la quale scatta il meccanismo revisionale; in alternativa, modificare le percentuali in 2 per cento dell'importo complessivo del contratto, come soglia oltre la quale scatta la revisione dei prezzi, e 90 per cento, come misura della variazione dei prezzi che viene riconosciuta»;
sul punto il Consiglio di Stato nel suo parere aveva evidenziato come le modifiche dello schema in relazione alle soglie di attivazione non erano ispirate a finalità di chiarimento ma rappresentavano: «un'innovazione significativa» e che «nella nuova versione l'aumento o il decremento si determina nella misura dell'80 per cento della sola variazione eccedente la soglia» mentre nella versione originale del Codice «relativamente al quantum, la variazione delle condizioni economiche negoziali è commisurata all'80 per cento della variazione stessa (si intende dell'intera variazione dei prezzi, purché ben inteso superiore alla ridetta soglia)»,
impegna il Governo
a reperire le risorse economiche necessarie per garantire la piena applicazione della revisione prezzi così come disciplinato dal legislatore con il decreto legislativo 36 del 2023
9/2308-A/45. Romeo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, convertito dalla legge 20 dicembre 2019, n. 159, ha previsto il concorso per il reclutamento di dirigenti tecnici con funzioni ispettive;
una quota rilevante di tali funzioni è stata, negli anni, garantita da dirigenti tecnici con incarico a tempo determinato, individuati ai sensi dell'articolo 420, comma 7-bis, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;
colmare il sottodimensionamento numerico del corpo ispettivo mediante il rafforzamento del ruolo dei dirigenti tecnici con funzioni ispettive, figure cruciali per garantire la qualità, l'equità e la trasparenza del sistema educativo è fondamentale per garantire la riuscita ottimale degli interventi di questo governo in ambito scolastico;
detti dirigenti hanno acquisito una significativa esperienza professionale, svolgendo attività ispettive centrali e periferiche in un contesto di forte carenza di personale;
bandire una procedura comparativa per titoli e colloquio, per l'assunzione a tempo indeterminato del personale in servizio da almeno un anno permetterebbe di non perdere professionalità già formate e al servizio della medesima pubblica amministrazione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, iniziative normative volte a valorizzare l'esperienza professionale dei dirigenti tecnici con incarico a tempo determinato in servizio presso l'amministrazione centrale o periferica del Ministero dell'istruzione e del merito.
9/2308-A/46. Loizzo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
l'articolo 10-ter del provvedimento in esame differisce per il 2025 al 30 giugno il termine entro il quale i comuni possono approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva;
con riferimento alla normativa in materia tariffaria del servizio di gestione dei rifiuti urbani la legge n. 147 del 2013, l'articolo 1, comma 639, ha istituito la TARI, quale componente dell'imposta unica comunale (IUC), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti a carico dell'utilizzatore, corrisposta in base a una tariffa commisurata ad anno solare;
l'articolo 1, comma 527, della legge n. 205 del 2017 ha attribuito all'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) le funzioni di regolazione in materia di predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento;
con la deliberazione 363/2021/R/RIF l'Autorità ha adottato il Metodo Tariffario Rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025, integrando e sviluppando la regolazione applicata a partire dal 2018 e declinata nel MTR di cui alla deliberazione 443/2019/R/RIF;
con la deliberazione 389/2023/R/RIF sono state definite – integrando le previsioni di cui alla deliberazione 363/2021/R/RIF e al MTR-2 – specifiche regole per procedere all'aggiornamento biennale 2024-2025, con l'obiettivo di preservare un quadro di riferimento stabile e affidabile, nel rispetto dei princìpi di recupero dei costi efficienti di investimento e di esercizio, anche introducendo criteri che permettessero di intercettare tempestivamente, nell'ambito dei costi riconosciuti, i maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti riconducibili alla dinamica inflattiva, a garanzia del mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario delle gestioni e della continuità nell'erogazione del servizio;
l'articolo 1, comma 683, della legge n. 147 del 2013 prevede che sia il consiglio comunale ad approvare le tariffe della TARI in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani;
il passaggio in consiglio comunale, alla luce del fatto che le tariffe sono una mera conseguenza del metodo stabilito da ARERA, rappresenta un ostacolo burocratico con conseguente rallentamento dei tempi di adozione dei relativi atti,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a prevedere che l'approvazione dei regolamenti della TARI e della corrispettiva tariffa rientrino nelle competenze della sola giunta comunale.
9/2308-A/47. Davide Bergamini, Cattoi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 14, comma 6, autorizza la spesa di euro 65.000.000 per ciascuno degli anni 2026, 2027, 2028, 2029, per l'affidamento del servizio di copertura assicurativa integrativa delle spese sanitarie del personale della scuola;
ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del «Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche», di cui all'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
la dotazione del fondo è la disponibilità fondamentale – quale entrata di natura non vincolata – che viene riconosciuta alle scuole ogni anno per garantire i servizi e le attività necessarie di natura amministrativa, didattica e per il funzionamento generale dell'istituto, nell'esercizio della propria autonomia funzionale e negoziale,
impegna il Governo
a reperire risorse adeguate a copertura della norma di cui all'articolo 14, comma 6 necessarie a mantenere invariate la dotazione del «Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche», di cui all'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
9/2308-A/48. Orfini, Manzi, Berruto, Iacono.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di incrementare ulteriormente le risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
9/2308-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta)Orfini, Manzi, Berruto, Iacono.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 7 interviene con disposizioni concernenti ricercatori e tecnologi di taluni enti pubblici di ricerca;
il numero di ricercatori del nostro Paese è molto basso se raffrontato nel contesto internazionale, sia in rapporto alla popolazione che come spesa rispetto al PIL. Inoltre la precarizzazione del lavoro di ricerca e di didattica è arrivata a toccare soglie molto alte sia in termini di ampiezza che di stagnazione del fenomeno. Ormai siamo ad oltre il 30 per cento di lavoratori con contratti precari rispetto al personale di ruolo, media più di tre volte superiore al rapporto precari/di ruolo degli altri settori pubblici. È dunque non più rinviabile, a fronte della lunga fase di contrazione delle assunzioni nelle università e negli enti pubblici di ricerca, finanziare e realizzare un piano straordinario di stabilizzazione e reclutamento per 20.000 ricercatori nelle università e per circa 10.000 ricercatori e tecnologi negli enti pubblici di ricerca;
a questo si aggiunge ancora il blocco del piano straordinario di reclutamento sia sul fronte della ricerca che del personale tecnico amministrativo e bibliotecari, dove si parla di una riduzione di circa il 25 per cento del turn over, approvato con l'ultima manovra di bilancio;
il versamento all'erario della monetizzazione derivante dalla limitazione al turn over, prevista da una delle norme presenti, limita, di fatto, la possibilità di assumere, e il presunto risparmio determinatosi dovrà essere versato al bilancio dello stato quando, tale «risparmio» è uno dei pochi strumenti che gli Atenei hanno per far fronte ai maggiori costi di gestione, come le spese energetiche, gli stipendi e i contratti per servizi,
impegna il Governo:
ad intervenire – in fase del primo provvedimento utile – con norme volte a sostenere il settore universitario e della ricerca, anche attraverso specifici interventi volti a:
reperire risorse adeguata e strutturali da destinare all'incremento del Fondo di finanziamento Ordinario (FFO) volto a garantire, agli Atenei pubblici, i fondi necessari per l'adeguamento stipendiale del personale, sostenere il piano straordinario di reclutamento e la copertura dei costi essenziali e per la valorizzazione della qualità della ricerca e della didattica in una prospettiva di lungo termine;
reperire risorse adeguate a realizzare un piano straordinario di stabilizzazione e reclutamento per ricercatori nelle università e ricercatori e tecnologi negli enti pubblici di ricerca;
riconsiderare il blocco del turn over del 25 per cento come stabilito dalla legge 30 dicembre 2024, n. 207, comma 825, lettera b), e commi 826 e 827.
9/2308-A/49. Toni Ricciardi, Manzi, Orfini, Berruto, Iacono.
La Camera
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di promuovere ulteriori iniziative volte a sostenere il settore universitario e della ricerca, anche attraverso specifici interventi finalizzati a:
incrementare ulteriormente, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, le risorse da destinare al Fondo di finanziamento Ordinario (FFO) volto a garantire, agli Atenei pubblici, i fondi necessari per l'adeguamento stipendiale del personale, per sostenere le politiche di reclutamento e la valorizzazione della qualità della ricerca, nel rispetto dell'autonomia universitaria e della sostenibilità dei bilanci;
rafforzare la ricerca presso le università e gli enti pubblici di ricerca, anche mediante apposite misure per favorire, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, il reclutamento dei ricercatori e dei tecnologi.
9/2308-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta)Toni Ricciardi, Manzi, Orfini, Berruto, Iacono.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, interviene, all'articolo 4, comma 4, sul servizio civile nazionale e include tra i soggetti beneficiari della riserva della quota pari al 15 per cento dei posti nei concorsi gli operatori volontari, precisando che a tale quota di riserva possono avere accesso anche gli operatori volontari che hanno concluso il preesistente servizio civile nazionale;
la legge 21 giugno 2023 n. 74, di conversione del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, recante «Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche», prevede, infatti, una riserva di posti pari al 15 per cento, nei concorsi pubblici e per le assunzioni di personale non dirigenziale, in favore degli operatori volontari che abbiano concluso il servizio civile universale senza demerito;
l'articolo 1, comma 9-bis del citato decreto-legge prevede infatti che nei concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale indetti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, una quota pari al 15 per cento dei posti sia riservata a favore degli operatori volontari che hanno concluso il servizio civile universale senza demerito, «fermi restando i diritti dei soggetti aventi titolo all'assunzione ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, e tenuto conto dei limiti previsti dall'articolo 5, primo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e dall'articolo 52, comma 1-bis, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001»;
il suddetto decreto-legge è richiamato anche dall'ordinanza ministeriale n. 88 del 2024 articolo 12 comma 14 secondo cui: in occasione del conferimento dei contratti di supplenza di cui al presente articolo sono disposte le riserve dei posti nei confronti delle categorie beneficiarie delle disposizioni di cui alla legge 12 marzo 1999 n. 68, di cui agli articoli 1014 e 678 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, di cui all'articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74;
si tratta quindi di una normativa prevista in generale per tutte le procedure concorsuali o para-concorsuali previste per l'assunzione di personale non dirigenziale (compresa naturalmente la procedura di assegnazione delle supplenze), nel limite del 15 per cento dei posti disponibili;
i vari titoli di riserva complessivamente considerati (legge n. 68 del 1999, servizio civile universale, riserva per i militari volontari congedati), non possono in ogni caso superare il 50 per cento dei posti disponibili;
la riserva trova applicazione nei concorsi per l'assunzione di personale non dirigenziale indetti da qualsiasi amministrazione pubblica, compresa quindi l'amministrazione scolastica. Tale servizio deve essere dichiarato nell'apposita sezione (titoli di riserva) presente nella domanda di inserimento nelle Gps allegando obbligatoriamente l'attestazione scaricabile dal sito del dipartimento delle politiche giovanili;
come tutti gli altri titoli di riserva, la riserva in parola opera esclusivamente per le supplenze conferite da Gae\Gps. Non opera (e non potrebbe operare) per le supplenze conferite da graduatorie d'istituto;
si segnala che, per quanto riguarda la scuola, tale misura penalizza i lavoratori precari molti dei quali, anche per ragioni anagrafiche, non hanno potuto svolgere il servizio civile universale introdotto solo pochi anni fa,
impegna il Governo
a riconsiderare la norma al fine di contemperare i diritti e le esigenze di tutti i soggetti coinvolti e in particolare per quanto riguarda la scuola essendo penalizzati i lavoratori precari molti dei quali, anche per ragioni anagrafiche, non hanno potuto svolgere il servizio civile universale.
9/2308-A/50. Manzi, Orfini, Iacono, Berruto.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame come da titolo e rubriche di diversi articoli, interviene anche sulla revisione di bandi di concorso;
con il decreto del dirigente generale n. 3059 del 2024 è stato bandito il concorso ordinario per la scuola secondaria, nell'ambito della missione PNRR 2;
in data 27 febbraio 2025, durante il turno pomeridiano delle prove scritte è stato somministrato ai candidati un quesito errato (n. 4), privo di alcuna risposta corretta tra le opzioni fornite, circostanza che ha reso impossibile l'attribuzione del punteggio corrispondente;
il Ministero ha disposto, con decreto del Direttore generale per il personale scolastico, che i candidati del turno interessato sostengano una nuova prova limitata al solo quesito errato, nella data del 5 maggio 2025;
dal settore emergono forti perplessità sulla gestione dell'intera procedura, sollecitando una revisione strutturale del sistema concorsuale, a tutela della dignità e del rispetto dei candidati,
impegna il Governo
ad avviare azioni volte a superare le difficoltà dei soggetti chiamati a ripetere, il prossimo 5 maggio, le prove dell'ultimo concorso ordinario per la scuola secondaria, nell'ambito della missione PNRR 2, sia per i costi dei trasporti che dovranno affrontare sia per gli eventuali permessi che dovranno richiedere.
9/2308-A/51. Iacono, Manzi, Orfini, Berruto.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8, comma 8, attua un piano di interventi infrastrutturali e di riqualificazione in aree caratterizzate da situazioni di degrado e disagio giovanile;
riteniamo che la prevenzione e il contrasto alla criminalità giovanile, alla dispersione scolastica, alle povertà educative deve necessariamente passare da un rafforzamento delle infrastrutture educative, sociali e culturali di comunità;
per affrontare seriamente la problematica, riteniamo fondamentale incrementare l'offerta di tempi e spazi educativi;
riteniamo fondamentale, al fine di sostenere una battaglia culturale, avviare una politica di sostegno del settore sportivo, ambito che riveste particolare importanza quale veicolo di inclusione sociale, portatore di valori elevati, quali il rispetto, la collaborazione, l'integrazione, la gestione delle emozioni, la disciplina, la costanza, l'impegno, l'etica, la cura di sé;
risulta, quindi, essenziale lavorare per il superamento delle discriminazioni e il rafforzamento dei grandi valori che lo sport rappresenta promuovendo misure di sostegno al ruolo dello stesso quale veicolo di inclusione sociale e di superamento di ogni forma di violenza,
impegna il Governo:
a reperire risorse adeguate, già in fase di approvazione della legge di bilancio, necessarie a finanziare voucher di spesa per la pratica sportiva per le famiglie in difficoltà economica con particolare attenzione alle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia e in ogni caso, alle regioni, altresì, certificate con un maggiore tasso di sedentarietà;
nell'ambito delle sue proprie prerogative a stanziare adeguate risorse finanziarie e a predisporre congrue misure organizzative finalizzate a promuovere l'attività sportiva presso gli istituti penitenziari per i minori nonché a rendere immediatamente operative le strutture già esistenti.
9/2308-A/52. Berruto, Manzi, Orfini, Iacono.
La Camera
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di reperire risorse adeguate, già in fase di approvazione della legge di bilancio, necessarie a finanziare voucher di spesa per la pratica sportiva per le famiglie in difficoltà economica con particolare attenzione alle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia e in ogni caso, alle regioni, altresì, certificate con un maggiore tasso di sedentarietà;
nell'ambito delle sue proprie prerogative a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di stanziare adeguate risorse finanziarie e a predisporre congrue misure organizzative finalizzate a promuovere l'attività sportiva presso gli istituti penitenziari per i minori nonché a rendere immediatamente operative le strutture già esistenti.
9/2308-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta)Berruto, Manzi, Orfini, Iacono.
La Camera,
premesso che,
l'articolo 17 del provvedimento in esame reca disposizioni per il potenziamento e la funzionalità del Ministero dell'economia e delle finanze;
il decreto-legge in conversione reca, nel suo complesso, disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni: come chiarito dal Ministro per la pubblica amministrazione, intervenuto durante i lavori nelle commissioni in sede referente, l'obiettivo del provvedimento non è quello di attuare una riforma organica della pubblica amministrazione, bensì quello di intervenire tempestivamente su alcuni temi che richiedono una risposta urgente al fine di costruire una pubblica amministrazione che, oltre ad essere più attrattiva, risponda maggiormente alle necessità della popolazione. Il Ministro ha altresì specificato che le misure contenute nel decreto-legge mirano anche ad aggredire alcune criticità sia contingenti sia provenienti dal passato cui fornire risposta mediante l'adozione di provvedimenti ad hoc volti a fornire risposte a problemi sempre più evidenti;
uno di tali problemi deve ravvisarsi nelle somme che lo Stato, nello specifico il Ministero dell'economia e delle finanze, esborsa a titolo di indennizzi per l'ingiusta detenzione: al 1992 al 31 dicembre 2024, si sono registrati 31.727 casi: ciò significa che, in media, sono oltre 961 gli innocenti posti in custodia cautelare ogni anno. Il tutto per una spesa complessiva di circa 901 milioni e 394 mila euro in indennizzi, alla media di circa 27 milioni e 314 mila euro l'anno; nel solo anno 2024 i casi di ingiusta detenzione sono stati 552, per una spesa complessiva in indennizzi di poco superiore a 26 milioni e 894 mila euro;
a fronte di tale situazione si rileva che dal 2017 al 2024 sono state avviate 89 azioni disciplinari contro magistrati per ingiuste detenzioni, ma solo in 9 casi ci sono state sanzioni (0,15 per cento degli errori), 8 censure e 1 trasferimento. Nel 2024 sono state zero le azioni disciplinari avviate dal Ministro della giustizia (fonte: relazione al Parlamento sulle misure cautelari);
l'onere finanziario di tali errori grava, dunque interamente sullo Stato: appare, dunque, necessario un intervento che ponga in capo al Ministero dell'economia e delle finanze l'onere di trasmissione dei provvedimenti di liquidazione delle domande di cui agli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale al Ministro della giustizia, nella qualità di titolare dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati, per le valutazioni di competenza: dal riconoscimento della illegittimità dell'azione del magistrato può discendere un procedimento di responsabilità disciplinare, e nei casi più gravi di responsabilità contabile. L'effettiva applicazione di tali meccanismi risponde all'esigenza di contribuire concretamente a migliorare la funzionalità dell'intera pubblica amministrazione,
impegna il Governo
a favorire interventi normativi volti a prevedere che i provvedimenti di liquidazione delle domande di cui agli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale siano trasmessi all'organo competente per l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati
9/2308-A/53. Enrico Costa.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di funzionalità della pubblica amministrazione;
nel quadro delle politiche di attuazione delle azioni del PNRR per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva da attuare mediante investimenti volti a stimolare e a rafforzare il capitale umano assumono grande rilevanza gli interventi finalizzati a rafforzare la coesione sociale e territoriale attraverso interventi specifici nelle regioni del Mezzogiorno anche nel settore dell'istruzione e delle competenze che si propongono la riduzione delle disuguaglianze e delle disparità regionali mediante interventi volti a garantire lo sviluppo coordinato della formazione, ricerca e innovazione in settori strategici tra cui quelli orientati all'arte musicale, nonché della comunicazione e dei servizi;
l'articolo 4 del provvedimento in esame reca misure per le istituzioni AFAM statali;
nella regione Puglia e, nello specifico, nei territori garganici, assume fondamentale importanza sviluppare la sezione di Rodi Garganico del Conservatorio «U. Giordano», università di riferimento per la didattica, la produzione artistica e la ricerca musicale nel vasto territorio del Gargano nord nonché suo principale polo di riferimento culturale;
il Conservatorio di Rodi Garganico insiste su un bacino demografico superiore ai 50.000 abitanti e da quaranta anni svolge una importante azione di costruzione di eccellenze artistiche con un flusso di allievi che va dai 250 ai 380 studenti annui, di diverse fasce di età, frequentata da studenti provenienti da tutta la Puglia e da Campania, Calabria, Basilicata e Molise e con una attività anche internazionale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di intervenire al fine di rendere autonomo il Conservatorio Statale di Musica di Rodi Garganico, mediante trasformazione dell'attuale sede staccata del Conservatorio Statale di Musica «Umberto Giordano» di Foggia istituita, da oltre quarant'anni, con decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1980 n. 1095.
9/2308-A/54. Gatta, Dalla Chiesa, Caroppo, D'Attis, De Palma, Lovecchio.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni, rappresenta una sommatoria di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dalle quali non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, in gran parte adottati con procedura d'urgenza, tra cui si ricordano: il decreto-legge n. 175 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547); la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), che ha previsto, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura; il decreto-legge n. 13 del 2023 – decreto PNRR, del 24 febbraio 2023; il decreto-legge n. 44 del 2023 – decreto PA, del 22 aprile 2023; il decreto-legge n. 51 del 2023 – decreto Enti Territoriali, del 29 maggio 2023; e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
la carenza di personale nella pubblica amministrazione è estremamente grave, come evidenziato da numerosi Piani integrati di attività e organizzazione (PIAO 2025-2027);
la necessità di assumere nuovo personale in tempi rapidi è confermata anche dalle stime dei sindacati comparativamente più rappresentativi, secondo le quali entro il 2033 oltre un milione di dipendenti pubblici andrà in pensione;
tali dati, inoltre, secondo l'ultimo rapporto FPA, sono aggravati dal fatto che anche a livello europeo l'Italia si colloca al di sotto della media dei Paesi più sviluppati quanto a dotazione di organico nelle pubblica amministrazione: l'Italia ha 5,7 impiegati pubblici ogni 100 abitanti, contro i 6,1 della Germania, i 7,3 della Spagna, gli 8,1 del Regno Unito e gli 8,3 della Francia;
per questo, oltre a una nuova grande stagione di concorsi, è necessario utilizzare lo strumento dello scorrimento integrale delle graduatorie dei concorsi in corso di validità, così da rispondere in tempi rapidi alla carenza di personale nella Pubblica Amministrazione e permettere a risorse già selezionate e pronte di prendere immediatamente servizio, contribuendo a rendere più efficace l'azione amministrativa per le cittadine e i cittadini;
al riguardo, è importante ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che lo scorrimento delle graduatorie non costituisce, di per sé, una deroga al principio del pubblico concorso, in quanto presuppone comunque lo svolgimento di una selezione concorsuale. Come affermato nella sentenza n. 267 del 2022, lo scorrimento può contribuire a realizzare il buon andamento della pubblica amministrazione;
per questo, ad avviso dei firmatari del presente atto, risultano inaccettabili le affermazioni del Ministro per la pubblica amministrazione in I e XI Commissione durante la discussione della legge di conversione del decreto in esame, laddove ha dichiarato che esiste un'organizzazione al mondo che si chiama pubblica amministrazione in cui chi non passa un concorso viene definito «idoneo», mentre nel resto del mondo viene definito «bocciato»;
il Ministro ha anche affermato che il limite del 20 per cento è funzionale ad aumentare la qualità della pubblica amministrazione, dal momento che, andando sotto tale limite, si assumerebbero persone che non hanno avuto un buon esito nel concorso, sostenendo altresì che sua ambizione è che la pubblica amministrazione «sia composta da persone all'altezza delle alte sfide da affrontare (...)»;
si tratta di opinioni infondate e che offendono gravemente non solo coloro che hanno superato un concorso collocandosi nella graduatoria come idonei, ma anche chi – tramite gli scorrimenti realizzati negli anni – è già entrato in servizio e sta contribuendo concretamente all'efficacia e all'efficienza della pubblica amministrazione;
durante la discussione in Commissione, il PD ha presentato numerosi emendamenti (tutti respinti), finalizzati sia a consentire gli scorrimenti delle graduatorie e, laddove necessario, la loro proroga, sia ad applicare il principio di non discriminazione e di parità di trattamento salariale, dal momento che attualmente si verifica la situazione per cui soggetti che hanno partecipato e superato la medesima procedura concorsuale, ma sono stati assunti in momenti diversi per effetto dello scorrimento, percepiscono, ingiustamente, trattamenti economici differenti a causa di un inquadramento disomogeneo;
il voto contrario della maggioranza, dopo il parere negativo del Governo, sull'emendamento in questione contraddice l'approvazione all'unanimità dell'ordine del giorno 9/01532-bis-A/071 dell'8 ottobre 2024, con il quale il Governo si impegnava a «valutare l'opportunità di adottare misure utili a garantire, nell'ambito dei rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione, la piena applicazione del principio di non discriminazione nel trattamento economico tra lavoratori assunti a seguito delle medesime procedure concorsuali»;
occorre evitare che le posizioni espresse dal Ministro per la pubblica amministrazione si traducano concretamente in una ingiustificata discriminazione nei confronti degli idonei assunti tramite scorrimento delle graduatorie,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile al fine di garantire, nell'ambito dei rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione, la piena applicazione del principio di non discriminazione nel trattamento economico tra lavoratori assunti a seguito delle medesime procedure concorsuali.
9/2308-A/55. Casu, Cafiero De Raho, Carotenuto, Scotto.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 2, comma 2-ter del presente decreto prevede assunzioni di personale da parte delle Autorità di bacino distrettuali;
a tutela dell'ambiente e nell'ambito delle azioni di manutenzione del territorio una funzione importante la rivestono anche i Consorzi di bonifica;
in Basilicata come in altre regioni vengono impiegate dal Consorzio di Bonifica unità di personale a tempo determinato con contratto idraulico forestale per circa 150 giornate lavorative annue;
nel caso della Basilicata si tratta di un bacino di lavoratori provenienti da ex mobilità denominati saaps che da quest'anno sarà incrementato da ex tirocinanti e percettori di reddito minimo;
si tratta di lavoratori e lavoratrici che offrono un contributo importante alla manutenzione del territorio sopperendo a carenze di organico delle p.a. senza però adeguato riconoscimento in termini di diritti e dal punto di vista retributivo in quanto le giornate effettuate;
anche in relazione alle procedure di infrazione arrivate nei confronti del nostro Paese per abuso di contratti a termine sarebbe opportuna un processo di stabilizzazione del personale di cui in oggetto che svolge un lavoro preziosissimo per i comuni e il territorio,
impegna il Governo
ad attivare con tempestività d'intesa con la regione Basilicata, Consorzio di bonifica, i comuni e le organizzazioni sindacali un processo di stabilizzazione del personale di cui in premessa proprio come avvenuto per quello impiegato nelle autorità di bacino da concludersi entro il 31 dicembre 2025.
9/2308-A/56. Amendola.
La Camera
impegna il Governo
ad attivare con tempestività d'intesa con la regione Basilicata, Consorzio di bonifica, i comuni e le organizzazioni sindacali un processo di stabilizzazione del personale di cui in premessa proprio come avvenuto per quello impiegato nelle autorità di bacino da concludersi entro il 31 dicembre 2025.
9/2308-A/56. (Testo modificato nel corso della seduta)Amendola.
La Camera,
premesso che:
numerose sono le segnalazioni di docenti, vincitori del Concorso straordinario ter (DDG 2575), – che hanno già conseguito l'abilitazione all'insegnamento su specifica classe di concorso – che affermano di attendere un trattamento equo in relazione all'anno di prova; tuttavia a causa della Nota MIUR n. 202382 del 26 novembre 2024, questa equità non risulta garantita, creando una disparità di trattamento che incide negativamente sui vincitori del Concorso straordinario;
nella Nota MIUR n. 202382 del 26 novembre 2024, dispone che: «A norma dell'articolo 13, comma 2, e dell'articolo 18-bis, comma 4, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, i docenti assunti con contratto a tempo determinato su posto comune nella scuola secondaria, in quanto vincitori del concorso bandito con DDG 2575 del 6 dicembre 2023 privi di abilitazione all'atto dell'assunzione, svolgeranno il periodo di prova e formazione dell'anno scolastico 2025/2026 a seguito dell'assunzione a tempo indeterminato, previo conseguimento dell'abilitazione stessa»;
questo determina che soggetti vincitori del medesimo concorso DDG 2575 e frequentanti il medesimo percorso abilitante a.a. 2023/24 possano svolgere l'anno di prova nel corrente a.s. solo in funzione della data in cui gli Usr avviano la fase II della procedura informatizzata di immissioni in ruolo in cui è necessario dichiarare se si possiede l'abilitazione, senza riserva e senza tener conto della nota MIUR n. 9171 con la quale gli stessi percorsi abilitanti sono stati prorogati con conclusione entro novembre/dicembre 2024;
questo favorisce i vincitori inseriti nelle GM pubblicate tardivamente rispetto ai primi, o addirittura coloro i quali non sono risultati vincitori e vengono successivamente chiamati in ruolo a causa delle rinunce, a discapito di chi si è classificato da subito nella Graduatoria di merito e ha rispettato i tempi e le procedure di immissione in ruolo avviate dagli Usr;
si segnalano quindi disequilibri importanti a parità di requisiti: a) il posticipo dell'anno di prova di un anno scolastico; un ulteriore anno di servizio, quindi, nella sede assegnata che si aggiunge ai tre anni di vincolo senza possibilità alcuna di mobilità; b) il rinvio immotivato di ben un anno dell'attivazione del contratto a tempo indeterminato finalizzato al ruolo pur avendo adempiuto a tutti i requisiti conseguiti a norma di legge;
i percorsi abilitanti, secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 agosto 2023, articolo 14, avrebbero dovuto concludersi tra febbraio e maggio 2024, ma sono stati prorogati dalla Nota MUR 9171 con termine a novembre/dicembre 2024. Così come si ricorda che le assunzioni da graduatoria di merito sono state prorogate al 31 dicembre 2024 con il decreto-legge n. 71 del 2024;
l'articolo 13.2 del decreto legislativo n. 59 del 2017 dispone che conseguita l'abilitazione, i docenti sono assunti a tempo indeterminato e sottoposti al periodo annuale di prova in servizio, il cui positivo superamento determina la definitiva immissione in ruolo,
impegna il Governo
ad assumere le iniziative per garantire che tutti i vincitori del concorso DDG 2575/2023 immessi in ruolo entro dicembre 2024, in conformità al decreto-legge n. 71 del 2024, e che hanno conseguito l'abilitazione entro novembre/dicembre 2024, siano assunti a tempo indeterminato e sottoposti all'anno di prova nell'a.s. 2024/2025.
9/2308-A/57. Ghirra, Zaratti, Mari, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del provvedimento in esame reca misure urgenti per gli enti locali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
l'articolo 14 interviene in materia di armonizzazione dei trattamenti economici accessori;
nelle regioni a statuto ordinario e negli enti locali vi è la necessità di incrementare il limite per le risorse destinate al trattamento economico accessorio, in applicazione della norma disposta dall'articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 2019;
l'incremento delle risorse per il trattamento economico accessorio è necessario qualora si sia registrato un incremento del personale rispetto a quello in servizio nell'anno 2018, anche in riferimento ai nuovi rapporti di lavoro a tempo determinato, comprensivi di quelli avviati per l'attuazione dei progetti relativi al PNRR;
si evidenzia, altresì, la necessità di una norma che si coordini con le indicazioni del MEF-RGS, secondo cui ai fini della determinazione del valore medio pro capite del salario accessorio per il personale in servizio nel 2018 si tiene conto anche dei rapporti di lavoro a tempo determinato;
le norme di legge vigenti prevedono l'incremento per nuove assunzioni in aumento e in diminuzione rispetto alla consistenza del fondo e del personale 2018. Il che si tramuta nel fatto che una volta cessati i rapporti a tempo determinato, i fondi tornano a calare, nel pieno rispetto delle proporzioni fissate dalla legge;
non di minore importanza è la necessità di confermare l'importante principio di diritto formulato dalla Corte dei conti, Sezione delle autonomie, con la Deliberazione n. 17 del 2024, secondo cui le risorse destinate dalla contrattazione decentrata alle misure di welfare integrativo di cui all'articolo 82 del CCNL, stante la loro natura assistenziale e previdenziale, non sono da assoggettare al limite di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 ma sono soggette, esclusivamente, alla disciplina e ai limiti specifici, anche finanziari, previsti dall'articolo 82 del contratto nazionale di lavoro Funzioni Locali,
impegna il Governo:
ad assumere le iniziative necessarie affinché sia incrementato il limite per le risorse destinate al trattamento economico accessorio, in applicazione della norma disposta dall'articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 2019, tenendo conto anche del personale assunto a tempo determinato per l'attuazione del PNRR;
a garantire che le risorse destinate dalla contrattazione decentrata alle misure di welfare integrativo data la loro natura assistenziale e previdenziale, non siano soggette al limite di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 ma esclusivamente, alla disciplina e ai limiti specifici, anche finanziari, previsti dall'articolo 82 del contratto nazionale di lavoro Funzioni Locali.
9/2308-A/58. Grimaldi, Zaratti, Mari, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del provvedimento in esame reca misure urgenti per gli enti locali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
l'articolo 14 interviene in materia di armonizzazione dei trattamenti economici accessori;
le funzioni locali, sono il comparto con la media salariale più bassa di tutte le amministrazioni pubbliche;
le funzioni locali sono anche le uniche amministrazioni a non essere destinatarie di risorse ulteriori rispetto a quelle appostate dai rinnovi contrattuali;
si rende necessario e improrogabile un intervento straordinario attraverso il quale integrare le risorse destinate al salario accessorio, per consentire la definizione, attraverso la contrattazione, dell'aumento dell'indennità di comparto;
si tratta in definitiva di procedere ad una armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale del comparto Funzioni Locali, con i restanti comparti e aree della pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 23, comma 1 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75,
impegna il Governo
ad individuare le risorse aggiuntive, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, da destinare all'incremento dei fondi risorse decentrati delle amministrazioni del comparto delle funzioni locali, da ripartire secondo quanto stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale del comparto e dell'area delle funzioni locali per il triennio 2022-2024.
9/2308-A/59. Mari, Zaratti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Piccolotti.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti;
particolarmente grave in questo quadro è la crisi del sistema sanitario nazionale e soprattutto l'assenza di misure incisive che possano ridurre le liste d'attesa che da tempo costituiscono una delle principali criticità per una grandissima parte dei nostri cittadini italiani che ormai rinunciano spesso persino a curarsi, anche alla luce dello scontro in atto tra Governo e regioni per l'esercizio dei poteri di controllo;
dall'inizio della legislatura, e in questo provvedimento in particolare, abbiamo invece assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione – costituiti esclusivamente sulla base di un rapporto fiduciario col governo in carica – nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti,
impegna il Governo
nel primo provvedimento utile, ad adottare tutte le misure necessarie atte ad implementare in maniera adeguata il personale del sistema sanitario nazionale, anche al fine di smaltire quanto prima le lunghissime liste d'attesa.
9/2308-A/60. Cuperlo.
La Camera
impegna il Governo
nel primo provvedimento utile, a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di adottare tutte le misure necessarie atte ad implementare in maniera adeguata il personale del sistema sanitario nazionale, anche al fine di smaltire quanto prima le lunghissime liste d'attesa.
9/2308-A/60. (Testo modificato nel corso della seduta)Cuperlo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
la novella di cui al numero 3.1) dell'articolo 3, comma 1, lettera d), chiarisce che la durata della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale è pari, per quelli relativi agli enti locali, a tre anni, in base al termine già previsto dal relativo testo unico, anziché alle durate inferiori stabilite per le altre pubbliche amministrazioni;
sebbene è indubbio che la norma incida sulla durata della validità delle graduatorie approvate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto n. 25 del 2025, la formulazione del testo non chiarisce se tale estensione temporale (da 2 a 3 anni) si applichi anche:
1. alle graduatorie approvate precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto n. 25 del 2025 e attualmente in corso di validità (ad es. graduatoria approvata nel corso del 2024);
2. alle graduatorie approvate precedentemente all'entrata in vigore del decreto n. 25 del 2025 per le quali è decorso il termine biennale, ma non ancora il nuovo termine di tre anni;
risulta necessario chiarire l'ambito di intervento della norma,
impegna il Governo
a provvedere all'adozione di una norma di interpretazione autentica che chiarisca la portata della disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), n. 3.1), nel senso di applicare l'estensione triennale della durata della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale relativi agli enti locali alle graduatorie vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 25 del 2025.
9/2308-A/61. Lacarra.
La Camera
impegna il Governo
a provvedere all'adozione di una norma di interpretazione autentica che chiarisca la portata della disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), n. 3.1), nel senso di applicare l'estensione triennale della durata della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale relativi agli enti locali alle graduatorie vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 25 del 2025.
9/2308-A/61. (Testo modificato nel corso della seduta)Lacarra.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, come da titolo e rubriche di diversi articoli, interviene anche sulla revisione di bandi di concorso;
il Ministero della cultura soffre una particolare carenza di personale, che rispetto alla pianta organica rilevata, è tale da dover spesso impiegare personale assunto per determinate mansioni, anche in altri compiti non propri;
una risposta alla situazione sopra esposta è stato certamente il bando di concorso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 dell'8 novembre 2022 relativo al «Concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di un contingente complessivo di cinquecentodiciotto unità di personale non dirigenziale, a tempo pieno ed indeterminato, da inquadrare nell'area III, nei ruoli del Ministero della cultura ad eccezione della provincia di Bolzano»;
successivamente, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2023 ha aggiunto altre 100 unità, ed il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2023 ulteriori 500, per un totale, quindi, di 1122 convocati;
il concorso è stato svolto e quasi tutte le graduatorie sono state completamente utilizzate. Tuttavia, a quanto risulta ai firmatari del presente atto, restano ancora non esaurite due graduatorie. La prima fa riferimento al profilo 05, Storico dell'arte, che prevedeva 35 unità e che ha avuto dopo gli orali 467 idonei, dei quali sono stati assunti per scorrimento fino al n. 193 (restano 274 idonei non assunti). La seconda si riferisce al profilo 08, Demoetnoantropologo, dove erano previste 10 unità da assumere, e che dopo gli orali registrava 27 idonei. Tra questi 24 sono stati assunti successivamente, mentre restano ancora 3 idonei non assunti;
in totale, quindi, sono disponibili 277 unità che hanno superato il concorso e che sono preparate e pronte a prendere servizio, riducendo il gap di personale sopra ricordato e che sono in grado di assicurare maggiore efficacia alla gestione e tutela del nostro patrimonio culturale, materiale e immateriale,
impegna il Governo
ad avviare azioni volte a garantire, non solo un futuro di dignità e crescita ai professionisti ancora in attesa di poter contribuire attivamente alla tutela e valorizzazione dei nostri beni culturali, ma anche una maggior efficacia ed efficienza dell'azione dello stesso Ministero della cultura.
9/2308-A/62. Prestipino, Casu, Manzi, Iacono, Berruto.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, comma 9 del decreto-legge n. 95 del 2012, successivamente convertito nella legge n. 135 del 2012, vieta il conferimento di incarichi di studio e consulenza, e/o dirigenziali o direttivi, a soggetti in quiescenza, indifferentemente se lavoratori provenienti dal pubblico impiego o dal privato (dipendenti e autonomi). Per i lavoratori pensionati sono possibili solo incarichi a titolo gratuito, della durata di un solo anno e non rinnovabili;
la norma è stata confermata e precisata, sul piano attuativo, da diverse circolari ministeriali e da delibere di sezioni regionali della Corte dei conti (ultima la n. 80 del 2024 della Corte dei conti – Sezione Regione Lazio del 2 maggio 2024);
all'articolo 1 del decreto-legge 95 del 2012 è specificata come finalità del divieto, la razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica attraverso la riduzione delle spese per acquisto di beni e servizi, anche attraverso misure volte a garantire l'efficienza e l'economicità dell'organizzazione degli enti e degli apparati pubblici;
ciò nonostante, l'intento di contenere e razionalizzare la spesa pubblica attraverso il blocco degli incarichi a soggetti in quiescenza non ha prodotto gli effetti sperati, poiché il numero complessivo di consulenti, la retribuzione media e il costo totale non hanno registrato una significativa riduzione. Piuttosto, si è verificato un aumento dei costi complessivi, determinato dal maggiore numero di consulenti contrattualizzati;
è opportuno sottolineare che il divieto introdotto dal decreto-legge n. 95 del 2012 ha permesso di disinnescare un meccanismo distorsivo che, in passato, consentiva ad alti dirigenti della pubblica amministrazione e degli enti locali, una volta in pensione, di essere riassunti nella stessa o in altra amministrazione pubblica come consulenti o esperti, percependo un compenso aggiuntivo pressoché pari alla pensione stessa, con evidenti effetti negativi sul contenimento della spesa pubblica e sull'equità del sistema;
ha inoltre permesso di contrastare, seppur parzialmente, il fenomeno del mancato trasferimento di competenze da parte dei dirigenti in uscita, che in taluni casi omettevano dolosamente il passaggio di conoscenze e responsabilità, rendendosi indispensabili e alimentando così la giustificazione per nuovi incarichi post-pensionamento;
la pubblica amministrazione si trova spesso nell'impossibilità di attingere a professionalità strategiche maturate esclusivamente nel settore privato, poiché l'attuale normativa impedisce l'attribuzione di incarichi retribuiti a soggetti in quiescenza, anche se provenienti dal settore privato, privando la pubblica amministrazione della possibilità di acquisire competenze fondamentali le quali sono in molti casi maturabili solo dopo decenni di attività nel settore privato;
inoltre il principio costituzionale del «buon andamento» dell'amministrazione, sancito dall'articolo 97 della Costituzione, impone alla pubblica amministrazione l'obbligo di agire in modo efficiente, efficace e coerente con l'interesse pubblico, anche tramite la valorizzazione delle migliori competenze disponibili,
impegna il Governo
a rivedere la normativa vigente, con particolare riferimento al divieto di conferire incarichi di studio, consulenza e dirigenziali a soggetti in quiescenza, così come previsto dall'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 95 del 2012, con l'obiettivo di abrogare tale divieto per i pensionati provenienti dal settore privato, siano essi dipendenti o autonomi, e prevedere una retribuzione a seconda delle circostanze del caso.
9/2308-A/63. Ciani.
La Camera
impegna il Governo
a rivedere la normativa vigente, con particolare riferimento al divieto di conferire incarichi di studio, consulenza e dirigenziali a soggetti in quiescenza, così come previsto dall'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 95 del 2012, con l'obiettivo di abrogare tale divieto per i pensionati provenienti dal settore privato, siano essi dipendenti o autonomi, e prevedere una retribuzione a seconda delle circostanze del caso.
9/2308-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta)Ciani.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 12, commi 16-duodevicies e 16-undevicies, introdotti in sede referente, posticipano dall'anno 2025 all'anno 2026 l'applicazione alle fondazioni lirico-sinfoniche, ai teatri nazionali e a quelli di rilevante interesse culturale della previsione, inserita nella legge di bilancio per l'anno 2025, che riduce, per una serie di enti, i limiti massimi di spesa per assunzioni a tempo indeterminato, per un importo pari al 25 per cento rispetto a quella relativa al personale cessato nell'anno precedente,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a prorogare per il biennio 2026-2027 le disposizioni di cui all'articolo 12, commi 16-duodevicies e 16-undevicies.
9/2308-A/64. Mollicone, Amorese.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni. Dal provvedimento non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali, mentre limitato è l'incremento degli organici previsto per alcune amministrazioni;
il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
uno dei temi centrali del nostro periodo è il cammino della pubblica amministrazione verso obiettivi di transizione ecologica e di mobilità sostenibile;
al riguardo, all'articolo 20, comma 2-bis, il provvedimento contiene una specifica misura finalizzata all'istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Dipartimento per i trasporti e la navigazione, della Struttura nazionale di supporto per i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS), quale punto di contatto nazionale di cui al regolamento (UE) 2024/1679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024. La Struttura opera alle dipendenze della direzione generale per il trasporto pubblico locale del medesimo Ministero che viene autorizzato a reclutare con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato un contingente di personale non dirigenziale mediante scorrimento di vigenti graduatorie di concorsi pubblici;
come indicano tutti gli studi le città sono e lo saranno sempre di più il palcoscenico di tale transizione ecologica e, in questa ottica, è necessario proseguire la trasformazione in centri di innovazione, modelli di sostenibilità ambientale. Questo implica l'adozione di pratiche ecologiche in ogni aspetto della vita urbana, dalla mobilità alla gestione delle risorse, con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita per i cittadini;
in tale prospettiva le disposizioni sulla Struttura nazionale di supporto per i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS) possono essere considerate un inizio di un percorso, che dovrà dare maggiore autonomia alla mobilità sostenibile di cui il Trasporto Pubblico Locale è solo una componente seppur la primaria, potendo quindi sviluppare anche una mobilità attiva, ossia pedonale e ciclistica, che insieme al TPL possa consentire alle nostre città di trasformarsi in centri di innovazione, anche sulla base delle esperienze virtuose dei tanti comuni italiani;
per tale motivo è necessario garantire la formazione specifica di personale da impiegare in primo luogo nella Struttura nazionale di supporto per i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS), con competenze professionali specialistiche nel campo della pianificazione di strategie per la mobilità urbana sostenibile,
impegna il Governo
a sostenere la pianificazione di strategie di mobilità urbana sostenibile, relativa cioè al trasporto pubblico locale, alla ciclabilità e alla pedonalità, attraverso l'incremento di formazione specifica del personale ministeriale in tale campo professionale e maggiori risorse a supporto degli enti locali per la concreta realizzazione di progetti, servizi e incentivi per tutte le componenti della mobilità urbana sostenibile.
9/2308-A/65. Ghio.
La Camera
impegna il Governo
a sostenere la pianificazione di strategie di mobilità urbana sostenibile, valutando l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di prevedere l'incremento di formazione specifica del personale ministeriale in tale campo professionale e maggiori risorse a supporto degli enti locali per la concreta realizzazione di progetti, servizi e incentivi per tutte le componenti della mobilità urbana sostenibile.
9/2308-A/65. (Testo modificato nel corso della seduta)Ghio.
La Camera,
premesso che:
le scuole, grazie alle risorse stanziate dal PNRR, hanno potuto aderire ai singoli progetti di investimento e, a tal fine, richiedere ed usufruire di una unità aggiuntiva di personale A.t.a. e, nello specifico, di un collaboratore scolastico o di un assistente tecnico o di un assistente amministrativo;
sono state assunte circa 9.000 unità di personale scolastico grazie al piano Agenda Sud e al PNRR, con scadenza contratto prevista per il 31 dicembre 2023 grazie alle risorse stanziate dalla legge n. 112 del 2023;
la legge n. 191 del 17 dicembre 2023 ha previsto la possibilità di prorogare i contratti degli assistenti assunti (tecnici ed amministrativi), corrispondenti alle uniche due figure professionali previste per i progetti PNRR sino al 30 giugno 2026; i collaboratori scolastici, invece, sono stati prorogati sino al 15 giugno 2024 e con risorse a carico dello Stato;
da mesi, con la presentazione di emendamenti e atti di sindacato ispettivo, il gruppo Partito democratico chiede, inoltre, al Governo l'impegno ad assicurare la continuità del lavoro ai collaboratori scolastici e superare il limite temporale della scadenza, per nulla coerente con lo sviluppo temporale dei progetti che si proiettano fino al 2026;
assicurare la continuità del lavoro ai collaboratori scolastici assunti per l'implementazione, superando l'attuale limite del 15 giugno 2024 risulta per nulla coerente con lo sviluppo temporale dei progetti che si proiettano fino al 2026,
impegna il Governo
considerata la durata triennale dei progetti connessi al PNRR a prorogare l'organico aggiuntivo assegnato alle istituzioni scolastiche in seguito all'attuazione del piano Agenda Sud e al PNRR per la durata del programma fino al 30 giugno 2026, anche in considerazione delle criticità derivanti dal dimensionamento scolastico in corso.
9/2308-A/66. Curti.
La Camera
impegna il Governo
considerata la durata triennale dei progetti connessi al PNRR a prorogare l'organico aggiuntivo assegnato alle istituzioni scolastiche in seguito all'attuazione del piano Agenda Sud e al PNRR per la durata del programma fino al 30 giugno 2026, anche in considerazione delle criticità derivanti dal dimensionamento scolastico in corso.
9/2308-A/66. (Testo modificato nel corso della seduta)Curti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Assemblea prevede disposizioni in materia di funzionalità delle pubbliche amministrazioni, anche allo scopo di agevolare e rendere più efficiente la gestione di fondi istituiti a legislazione vigente;
un intervento normativo con queste finalità appare necessario per il cosiddetto bonus psicologo di cui all'articolo 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, la cui disciplina richiederebbe un aggiornamento delle modalità di gestione, erogazione e monitoraggio, la semplificazione delle procedure di accesso al contributo e il potenziamento delle attività di supporto agli utenti, anche attraverso l'integrazione dei centri medici autorizzati nella gestione diretta del bonus;
l'istituzione e la stabilizzazione del bonus psicologo ha rappresentato una risposta fondamentale al bisogno di salute mentale dei cittadini che possono ora fruire di un primo strumento volto a rendere esigibile la psicoterapia anche dalle persone con minori disponibilità economiche;
l'indagine sul bonus psicologo del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (Psycare 2024) mostra che il 46 per cento dei beneficiari del contributo non si era mai rivolto prima a un professionista della salute psicologica per ragioni economiche. Numeri che denotano la necessità di potenziare la misura anzitutto sul piano finanziario, per garantire che più persone possano accedere al contributo, ma anche l'esigenza di un'integrazione dei servizi di salute mentale per far fronte al sempre più marcato fabbisogno;
per garantire la reale fruizione della misura è emersa la possibilità di inserire i centri medici autorizzati tra i soggetti che possono registrarsi alla piattaforma Inps per erogare le sessioni di psicoterapia finanziabili con il contributo. La normativa, infatti, ad oggi intitola solo i singoli specialisti a poter erogare e gestire le sessioni di psicoterapia, senza contare che molti di essi lavorano in centri medici che si occupano normalmente della gestione amministrativa e organizzativa delle visite;
includere le piattaforme organizzate in centri medici che erogano servizi di terapia digitale, costituirebbe una garanzia della migliore tracciabilità del servizio, della possibilità dei cittadini di scegliere il terapeuta più giusto per le proprie esigenze e di beneficiare di un servizio più accessibile,
impegna il Governo
in linea con le misure in materia di rafforzamento delle capacità amministrative relative alla valutazione delle spese e alla gestione di fondi e risorse di cui agli articoli 18 e 19 del provvedimento in esame, a prevedere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, l'aggiornamento della piattaforma INPS del bonus psicologo, tenendo conto dell'inserimento dei centri medici che aderiscono all'utilizzo dell'agevolazione, al fine di facilitare la fruizione del contributo per i cittadini che necessitano di accedere a servizi di salute mentale.
9/2308-A/67. Bordonali.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Aula prevede misure urgenti per la funzionalità e il rafforzamento delle pubbliche amministrazioni;
l'articolo 12-quater reca disposizioni in materia di procedure di reclutamento del personale dirigenziale e non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale;
in ambito sanitario, il rafforzamento della capacità di risposta del Servizio sanitario nazionale (Ssn) si lega alle sfide della digitalizzazione, dell'implementazione della telemedicina e dello sviluppo dei nuovi modelli di sanità digitale;
il potenziamento della telemedicina assume un ruolo centrale anche nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), come dimostra l'incremento di 500 milioni di euro delle risorse ad essa destinate e l'aumento del target finale di 300.000 assistiti con servizi di telemedicina entro la fine del 2025;
per il conseguimento dei predetti target è fondamentale che i professionisti del Servizio sanitario nazionale siano in possesso di competenze specifiche in materia di digitalizzazione di sanità pubblica. L'acquisizione di tali competenze deve essere promossa ad ogni livello, mediante la creazione e il potenziamento di percorsi specifici che siano rivolti anche ai direttori generali delle aziende sanitarie, in qualità di responsabili delle funzioni di indirizzo, della definizione degli obiettivi e della realizzazione dei programmi aziendali,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative normative volte ad inserire, tra i titoli richiesti per l'iscrizione all'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, anche uno specifico attestato in materia di digitalizzazione di sanità pubblica;
ad attivare e potenziare i percorsi di acquisizione di competenze digitali per i professionisti del Servizio sanitario nazionale.
9/2308-A/68. Matone, Loizzo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Aula prevede misure urgenti per la funzionalità e il rafforzamento delle pubbliche amministrazioni;
l'articolo 12-quater reca disposizioni in materia di procedure di reclutamento del personale dirigenziale e non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale;
in ambito sanitario, il rafforzamento della capacità di risposta del Servizio sanitario nazionale (Ssn) si lega alle sfide della digitalizzazione, dell'implementazione della telemedicina e dello sviluppo dei nuovi modelli di sanità digitale;
il potenziamento della telemedicina assume un ruolo centrale anche nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), come dimostra l'incremento di 500 milioni di euro delle risorse ad essa destinate e l'aumento del target finale di 300.000 assistiti con servizi di telemedicina entro la fine del 2025;
per il conseguimento dei predetti target è fondamentale che i professionisti del Servizio sanitario nazionale siano in possesso di competenze specifiche in materia di digitalizzazione di sanità pubblica. L'acquisizione di tali competenze deve essere promossa ad ogni livello, mediante la creazione e il potenziamento di percorsi specifici che siano rivolti anche ai direttori generali delle aziende sanitarie, in qualità di responsabili delle funzioni di indirizzo, della definizione degli obiettivi e della realizzazione dei programmi aziendali,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative normative volte ad inserire, tra i titoli richiesti per l'iscrizione all'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, anche uno specifico attestato in materia di digitalizzazione di sanità pubblica;
ad attivare e potenziare i percorsi di acquisizione di competenze digitali per i professionisti del Servizio sanitario nazionale.
9/2308-A/68. (Testo modificato nel corso della seduta)Matone, Loizzo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Assemblea reca la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
in particolare l'articolo 14 prevede misure urgenti per la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici delle amministrazioni centrali e delle Agenzie;
in particolare, il comma 1-bis consente alle regioni, alle città metropolitane, alle province e ai comuni, al fine di armonizzare il trattamento accessorio del personale dipendente, di incrementare il fondo risorse decentrate,
impegna il Governo
ad adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, un provvedimento – al fine di garantire maggiore efficienza ed efficacia all'azione amministrativa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale anche in considerazione degli impegni derivanti dall'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e del decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62, – volto ad incrementare la dotazione del Fondo Risorse decentrate in ragione delle risorse disponibili risultanti dallo 0,10 per cento delle entrate, Titoli I e II del Bilancio preventivo dell'INPS per l'anno 2025, ai sensi dell'articolo 18 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.
9/2308-A/69. Soumahoro.
La Camera
impegna il Governo
ad adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, un provvedimento – al fine di garantire maggiore efficienza ed efficacia all'azione amministrativa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale anche in considerazione degli impegni derivanti dall'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e del decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62, – volto ad incrementare la dotazione del Fondo Risorse decentrate in ragione delle risorse disponibili risultanti dallo 0,10 per cento delle entrate, Titoli I e II del Bilancio preventivo dell'INPS per l'anno 2025, ai sensi dell'articolo 18 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.
9/2308-A/69. (Testo modificato nel corso della seduta)Soumahoro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di reclutamento e funzionalità della pubblica amministrazione;
gli articoli 1 e 2 del provvedimento intervengono in materia di attrattività della pubblica amministrazione nei confronti di giovani lavoratori e in materia di superamento del precariato, con la finalità di non disperdere e valorizzare le competenze già acquisite dal personale che già sta svolgendo attività lavorativa all'interno della pubblica amministrazione seppure non con un contratto a tempo indeterminato;
il ricorso al lavoro in somministrazione è stato uno degli strumenti al quale la pubblica amministrazione, in particolare a livello locale è ricorsa per fare fronte alla copertura dei propri organici con specifici profili professionali;
l'articolo 35, comma 3-bis, alla lettera a), del decreto legislativo del 30 marzo 2001 n. 165 dispone una riserva di posti in caso di concorsi pubblici, nel rispetto dei limiti di spesa stabiliti dalla legge, pari al 40 per cento dei posti messi al bando, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che abbiano maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione. Nell'ambito di tale riserva non sono però ricompresi i titolari di rapporto in somministrazione;
il requisito dell'anzianità, come parametro per includere nella riserva dei posti dei lavoratori somministrati, consentirebbe alle pubbliche amministrazioni di mantenere in servizio personale già formato e perfettamente in grado di adempiere alle funzioni richieste,
impegna il Governo
nell'ambito del processo avviato finalizzato a rendere maggiormente attrattiva ed efficiente la pubblica amministrazione, a valutare l'opportunità di individuare le modalità per valorizzare al meglio l'esperienza e la professionalità maturata dai lavoratori somministrati.
9/2308-A/70. Gentile, Battilocchio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di reclutamento e funzionalità della pubblica amministrazione;
in particolare la finalità del provvedimento, recata da diversi suoi articoli, è quella di rendere più efficienti le procedure di reclutamento sia per quanto riguarda la riduzione dei tempi di svolgimento sia per quanto riguarda la capacità di attrarre nuove professionalità;
sono sempre più importanti le competenze trasversali nella P.A. con conseguente necessità di migliorare la qualità del reclutamento attraverso il supporto tecnico di soggetti specializzati;
le Agenzie per il lavoro hanno mostrato di saper garantire rapidità nei processi di selezione, efficacia e tempestiva copertura delle posizioni richieste dalle pubbliche amministrazioni anche per figure professionali ad alta specializzazione, e potrebbero rappresentare uno strumento efficace per migliorare in maniera il reclutamento del personale, anche se a tempo determinato, per poter creare un bacino di personale qualificato dal quale attingere essendo la ricerca e selezione, la valutazione e l'inserimento lavorativo finalizzato alle esigenze concrete degli utilizzatori, il core business delle agenzie,
impegna il Governo
nell'ambito del processo avviato finalizzato a rendere maggiormente attrattiva ed efficiente la pubblica amministrazione, a valutare l'opportunità di individuare modalità volte a riconoscere un ruolo alle agenzie per il lavoro anche nel processo di reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni.
9/2308-A/71. Battilocchio, Tenerini.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
nello specifico, l'articolo 3 modifica il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
l'articolo 7-quater del provvedimento interviene in materia di rappresentanza sindacale in ambito militare e delle forze di polizia,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte ad accompagnare le disposizioni recate dall'articolo 7-quater con misure tese a far sì che la rappresentatività delle organizzazioni sindacali del comparto istruzione ricerca venga rilevato sulla base del solo dato associativo.
9/2308-A/72. Tenerini.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
come rilevato dallo stesso PNRR, nell'ultimo decennio l'evoluzione della spesa pubblica per la parte relativa al personale, con il blocco del turn over, ha generato una significativa riduzione del numero dei dipendenti pubblici nel nostro Paese, con un'incidenza sull'occupazione totale largamente inferiore rispetto alla media dei Paesi OCSE e con un'età media di 50 anni, con solo il 4,2 per cento di età inferiore ai 30 anni. Un fattore questo che ha contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l'insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni;
anche il presente provvedimento non affronta nessuno dei suddetti problemi e le assunzioni rese disponibili sono lontane dal recupero del fabbisogno necessario a tutte le pubbliche amministrazioni;
entro il 2026 circa 300 mila lavoratori del settore pubblico andranno in quiescenza, numero che è destinato a salire a circa 700 mila unità entro il 2030, provocando una ulteriore grave depauperamento della pubblica amministrazione,
impegna il Governo
ad adottare, con la massima sollecitudine, ogni iniziativa utile finalizzata a finanziare un piano straordinario di assunzioni nelle pubbliche amministrazioni centrali e territoriali, in grado di adeguare gli organici di dette amministrazioni, in linea con gli standard dei principali Paesi europei e con le esigenze di modernizzazione dei rapporti tra le diverse articolazioni della Repubblica e i cittadini e il sistema delle imprese, nonché utilizzare lo strumento dello scorrimento integrale delle graduatorie dei concorsi in corso di validità, in modo da rispondere in tempi rapidi alla carenza di personale e permettere a risorse preparate e già pronte di prendere immediatamente servizio e rendere più efficace la PA per le cittadine e i cittadini.
9/2308-A/73. Sarracino, Scotto, Bonafè, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
uno dei temi che maggiormente ha condizionato il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, ovvero il potere di acquisto dei salari, sotto la spinta inflazionistica degli ultimi anni, sta diventando un'emergenza sempre più impellente per milioni di lavoratori;
nel comparto del pubblico impiego, oltre alla morsa dell'inflazione, ad indebolire il potere di acquisto delle retribuzioni si deve scontare il ritardo nel rinnovo di una piattaforma contrattuale condizionata dall'esiguità delle risorse messe a disposizione dal Governo e che sconta una perdita secca definitiva del potere d'acquisto delle retribuzioni dei dipendenti pubblici;
anche dalle indicazioni sullo stato di attuazione degli interventi del PNRR emerge chiaramente che c'è una urgente necessità di potenziare il sistema delle pubbliche amministrazioni, con un forte innesto di nuove competenze e di rendere nel suo complesso più attrattivo il lavoro pubblico, in un ambiente occupazionale sempre più competitivo;
anche per tale ultima esigenza appare indispensabile sbloccare il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, sostenendolo con le adeguate risorse finanziarie,
impegna il Governo
ad adottare, con la massima sollecitudine, ogni iniziativa utile finalizzata a finanziare i rinnovi dei contratti pubblici in linea con l'esigenza di tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni dei dipendenti pubblici.
9/2308-A/74. Guerra, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge 13 del 2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge 44 del 2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge 51 del 2023 – Decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
tra i problemi che maggiormente condizionano l'organizzazione dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni vi è l'eccessivo ricorso ai contratti a tempo determinato;
una prassi che, oltre a pregiudicare le legittime aspettative di un lavoro stabile per i dipendenti pubblici interessati, non consente una organizzazione efficiente delle stesse amministrazioni e non favorisce processi virtuosi di qualificazione ed aggiornamento professionale;
la situazione è tanto diffuso e radicato che la Commissione europea ha intimato all'Italia di prevenire l'abuso di contratti a tempo determinato e ad evitare condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico;
la condizione di precarietà nei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni deve essere rapidamente superata e, tal fine, appare necessario procedere ad una proroga temporale delle disposizioni che prevedono processi di stabilizzazione di detti lavoratori,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile al fine di proseguire e rafforzare, con la massima sollecitudine, il processo di stabilizzazione anche dei lavoratori precari delle pubbliche amministrazioni centrali, così come disposto ai sensi del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, anche al fine di scongiurare possibili sanzioni a livello europeo.
9/2308-A/75. Scarpa, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
ormai è un dato cronico quello relativo ai ritardi nella gestione delle migliaia di pratiche inevase relative al riconoscimento dello status di rifugiato, così come quelle dei lavoratori e delle lavoratrici che si trovano in una sorta di limbo che non gli consente di uscire dalla condizione di sommerso e di precarietà;
una delle cause principali è la carenza di personale presso le Prefetture in particolare di quelle del Mezzogiorno già storicamente sottodimensionate a causa di turn over e mancata concessione di procedure di mobilità interna per non sguarnire gli uffici pubblici delle regioni del nord;
nel corso del tempo si sono registrati anche pronunciamenti in sede giudiziaria;
il provvedimento in oggetto affronta tale emergenza, solo in maniera parziale, con le disposizioni contenute nell'articolo 5, commi da 1 a 5, con le quali provvede a incrementare di 200 unità la dotazione organica del personale dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno «al fine di assicurare la costante funzionalità ed efficienza delle strutture territoriali del Ministero dell'interno, anche con riferimento alla trattazione delle problematiche connesse alla gestione dei flussi migratori»;
un intervento che coglie solo in parte le sollecitazioni che da tempo si sono levate dalle associazioni e dai sindacati che hanno chiesto al Governo di intervenire con misure di semplificazione delle procedure e di potenziamento del personale, anche al fine di non sottrarlo ad altri uffici e comunque provvedere ad accertamenti delle procedure in tempi congrui;
l'obiettivo deve essere quello di evitare il permanere in condizioni di sommerso di migliaia di lavoratori che finiscono per alimentare comunque canali irregolari dell'economia e quello di procedere in tempi rapidi all'evasione delle domande pendenti;
questa mancanza di personale ha determinato pesanti ritardi in tutti i comparti del Ministero dell'interno preposti al rilascio dei permessi di soggiorno inerenti all'emersione che riguardano centinaia di migliaia di persone che avrebbero la possibilità di regolarizzarsi legalmente e che vedono i propri diritti negati e al contempo di liberare, in particolare le questure, da procedure amministrative che distolgono personale dal compito di assicurare la sicurezza sul territorio,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile volta a completare l'intervento di potenziamento del personale civile del Ministero dell'interno, che ha visto il coinvolgimento di oltre mille lavoratori presso le prefetture, in particolar modo di quelle ubicate presso le regioni meridionali, superando definitivamente le carenze strutturali e velocizzando le procedure di cui in premessa, anche al fine di contrastare efficacemente lavoro nero e sommerso.
9/2308-A/76. Boldrini, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera
impegna il Governo
a proseguire le iniziative di potenziamento del personale civile del Ministero dell'interno, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
9/2308-A/76. (Testo modificato nel corso della seduta)Boldrini, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – Decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
una condizione che appare ancora più drammaticamente urgente per quanto riguarda le amministrazioni locali, con particolare riguardo per i piccoli comuni;
i piccoli comuni rappresentano il presidio pubblico nelle tante aree interne e marginalizzate del nostro Paese dove più acuti sono i problemi dello spopolamento e della desertificazione dei servizi e delle opportunità di lavoro;
il sostegno a queste piccole amministrazioni dovrebbe essere un'emergenza condivisa da tutte le forze politiche, nell'interesse generale di garantire la loro operatività a favore delle popolazioni residenti e del sistema delle imprese che operano in detti territori;
da questo punto di vista andrebbe sostenuto uno specifico piano straordinario di assunzioni nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, colmando i vuoti di organico e, comunque potenziandone la capacità amministrativa,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile al fine di finanziare un piano straordinario di assunzioni nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.
9/2308-A/77. Fornaro, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Mauri, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto affronta, parzialmente, con l'articolo 14, comma 4 il tema dei trattamenti economici relativi all'anno 2022 del personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, sanando una ingiustificata penalizzazione di detto personale;
tuttavia, l'operatività dell'Ispettorato, nonostante i recenti interventi di potenziamento del personale ispettivo, sconta problemi più strutturali ancora irrisolti come lo squilibrio tra le dotazioni di personale, il numero delle imprese e il drammatico dato del numero degli incidenti sul lavoro e delle irregolarità regolarmente registrati nel corso delle attività ispettive;
secondo i dati dell'ultimo rapporto annuale delle attività di tutela e vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, dell'Ispettorato nazionale del lavoro, su 80.245 ispezioni sono stati accertati illeciti con un tasso di irregolarità pari al 74 per cento, con un incremento di 2 punti percentuali rispetto all'anno precedente;
tali valori, oltre al drammatico e costante dato di circa tre decessi al giorno, evidenziano la necessità di uno straordinario investimento sul tema della sicurezza sul lavoro e per il potenziamento delle attività di prevenzione e ispezione, che assicurino irrinunciabili effetti positivi sulla condizione di lavoro per migliaia e migliaia di lavoratori, nonché la riduzione di gravissimi costi sociali ed economici per l'intera collettività;
ancora si registra solo un ispettore ogni 39.000 imprese, contro la raccomandazione dell'Unione europea che ne indica uno ogni 10.000;
un efficiente sistema di prevenzione e controllo è elemento essenziale anche ai fini della diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro,
impegna il Governo
a prevedere, sin dai prossimi provvedimenti utili, le opportune misure per assicurare un ulteriore significativo incremento del personale ispettivo dell'INL, in linea con le raccomandazioni dell'Unione europea.
9/2308-A/78. Gribaudo, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di prevedere, sin dai prossimi provvedimenti utili, le opportune misure per assicurare un ulteriore significativo incremento del personale ispettivo dell'INL, in linea con le raccomandazioni dell'Unione europea.
9/2308-A/78. (Testo modificato nel corso della seduta)Gribaudo, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
uno dei temi che maggiormente ha condizionato il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, ovvero il potere di acquisto dei salari, sotto la spinta inflazionistica degli ultimi anni, sta diventando un'emergenza sempre più impellente per milioni di lavoratori;
un particolare aspetto che contribuisce a squilibrare i trattamenti economici dei dipendenti pubblici è legato ai differenziali che si registrano nei trattamenti economici accessori dei diversi comparti pubblici. Da questo punto di vista, la previsione dell'articolo 14, comma 1 del presente provvedimento è finalizzata proseguire il processo di progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale ministeriale e della Presidenza del Consiglio dei ministri, stanziando l'importo di 190 milioni di euro annui;
se tali divari nei trattamenti economici rappresentano un elemento di squilibrio per il personale delle amministrazioni ministeriali, ancor più distorsivo risulta il divario dei trattamenti accessori tra i dipendenti delle amministrazioni centrali e quelli delle amministrazioni regionali e locali;
un divario che, spesso, induce molti dipendenti degli enti locali a cercare nuove collocazioni lavorative presso le amministrazioni centrali, determinando notevoli problemi organizzativi ed operativi di molte amministrazioni locali;
al riguardo era stata annunciata la volontà del Governo di approntare una specifica misura finalizzata a superare tali divari retributivi, ma la soluzione alla fine prospettata si è limitata a riformulare le tante proposte emendative presentate al riguardo da quasi tutte le forze politiche, disponendo tuttavia solo la possibilità per le amministrazioni locali di aumentare il fondo accessorio, in deroga al tetto di spesa 2016, consentendo di poter incrementare la somma di componente stabile del fondo stesso e quote destinate alle posizioni organizzative a fino all'incidenza del 48 per cento del trattamento tabellare erogato nel 2023;
una soluzione che non risulta accompagnata da alcuno stanziamento specifico di risorse a carico dello Stato e che, di fatto, finisce per penalizzare le amministrazioni più deboli e che aprirebbe uno divario retributivo ancor più inaccettabile anche tra le amministrazioni locali,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile, sin dai prossimi provvedimenti, al fine di affrontare e superare l'attuale stato di disparità nei trattamenti economici accessori tra dipendenti delle amministrazioni dello Stato e delle amministrazioni regionali e locali, finalizzando per tale obiettivo le opportune risorse finanziarie.
9/2308-A/79. D'Alfonso, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – Decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti. Un processo che risulta ulteriormente accentuato con il presente provvedimento;
come noto, gli Uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie.
9/2308-A/80. Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
una eterogeneità che risulta ulteriormente accentuata a seguito dell'esame in sede referente;
tra i profili che non sembrano risolti, anche dopo il vaglio delle Commissioni referenti, rientra senz'altro la novella operata dall'articolo 3, comma 1, lettera d), numero 3.1) in base alla quale si sancisce che la durata della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale, per quelli relativi agli enti locali, è determinata in tre anni, in base al termine già previsto dal relativo testo unico, anziché alle durate inferiori stabilite per le altre pubbliche amministrazioni;
tuttavia, sebbene è indubbio che la norma incida sulla durata della validità delle graduatorie approvate successivamente alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, altrettanto non può dirsi se tale estensione temporale (da 2 a 3 anni) si applichi anche con riferimento alle graduatorie approvate precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto in oggetto e in corso di validità (ad es. graduatoria approvata nel corso del 2024) o alle graduatorie approvate precedentemente all'entrata in vigore della citata novella, per le quali è decorso il termine biennale ma non ancora il nuovo termine di tre anni (ad es. graduatoria approvata a gennaio del 2023);
tale incertezza rischia di vanificare l'efficacia stessa della novella in questione, non consentendo di ridurre i costi e di accelerare i tempi di reclutamento da parte delle amministrazioni locali,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile, anche di carattere interpretativo, volta a riconoscere l'applicabilità dell'estensione temporale della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici indetti dagli enti locali anche a quelle già in essere prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento.
9/2308-A/81. Laus, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile, anche di carattere interpretativo, volta a riconoscere l'applicabilità dell'estensione temporale della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici indetti dagli enti locali anche a quelle già in essere prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento.
9/2308-A/81. (Testo modificato nel corso della seduta)Laus, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
nel quadro di tale eterogeneità, ulteriormente accentuata a seguito dell'esame in sede referente, si segnalano positivamente le disposizioni dell'articolo 6, finalizzate a introdurre nuove misure per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e, in particolare, l'istituzione di un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno, per l'emanazione di provvedimenti normativi relativi al personale permanente e volontario del Corpo;
anche in tale prospettiva, sarebbe stato auspicabile introdurre, già nel presente provvedimento, una misura di equità, da tempo attesa dagli appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, quale quella della loro inclusione nell'alveo dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali garantita dall'INAIL, limitatamente all'espletamento dei compiti istituzionali;
sotto il profilo della tutela della salute e della sicurezza dei componenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco il nostro ordinamento risente di una vecchia impostazione che impropriamente li equipara ai corpi di polizia, in costanza, peraltro, di una significativa differenziazione sul piano normativo ed economico;
come più volte precisato dalle stesse organizzazioni sindacali di rappresentanza dei componenti del Corpo, il lavoro dei vigili del fuoco, in quanto professionisti del soccorso, è di natura sostanzialmente diversa rispetto a quello dei corpi di polizia, visto che è concentrato esclusivamente in attività di prevenzione degli incendi, di soccorso e di controllo del rispetto delle norme finalizzate a superare situazioni di rischio per la popolazione. Una peculiarità rafforzata dal rapporto di collaborazione con le istituzioni locali che si è registrato negli ultimi anni, soprattutto nei settori della tutela ambientale e della gestione dei rischi derivanti dalle calamità naturali;
è di tutta evidenza che l'attuale sistema di copertura contro gli infortuni per il tramite di un'assicurazione di tipo privatistico e con oneri a carico dell'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ovvero con risorse rivenienti dalle ritenute mensili a carico degli stessi componenti del Corpo, appare ormai inadatto e parziale;
il coinvolgimento dell'INAIL potrebbe favorire opportuni approfondimenti sulla condizione sanitaria degli appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche attraverso apposite indagini e studi sulle patologie che possono interessare tale personale, in vista di una più precisa individuazione di eventuali malattie professionali nonché della messa in campo di specifici progetti di prevenzione sanitaria,
impegna il Governo
a favorire, per quanto di propria competenza, ogni misura utile volta ad assicurare anche ai componenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro garantita dall'INAIL.
9/2308-A/82. Stumpo, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera
impegna il Governo
a valutare ogni misura utile volta ad assicurare anche ai componenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro garantita dall'INAIL, ferme restando le prerogative già in essere e più favorevoli al personale.
9/2308-A/82. (Testo modificato nel corso della seduta)Stumpo, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli Uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.
9/2308-A/83. Ferrari, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge 44 del 2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge 51 del 2023 – Decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero dell'economia e delle finanze.
9/2308-A/84. Lai, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il decreto-legge n. 13 del 2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – Decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge del 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli Uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
9/2308-A/85. Evi, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli Uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero della difesa.
9/2308-A/86. Carè, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – Decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli Uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero dell'università e della ricerca.
9/2308-A/87. Di Sanzo, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge 44/2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – Decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli Uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero delle imprese e del made in Italy.
9/2308-A/88. Pandolfo, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – Decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – Decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero della salute.
9/2308-A/89. Merola, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli Uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero della cultura.
9/2308-A/90. Bakkali, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
il provvedimento in oggetto è solo l'ultimo di una lunga serie di interventi legislativi, nella gran parte di urgenza, tra cui si rammentano il decreto-legge n. 173 del 2022 – Riorganizzazione dei Ministeri, dell'11 novembre 2022 (C. 547), la legge di bilancio (legge 29 dicembre 2022, n. 197), al cui interno è stato inserito, tra l'altro, anche l'assunzione di 300 funzionari al Ministero dell'agricoltura, il decreto-legge n. 13 del 2023 – decreto PNRR, del 24 febbraio 2023, il decreto-legge n. 44 del 2023 – decreto PA, del 22 aprile 2023, il decreto-legge n. 51 del 2023 – decreto Enti Territoriali del 29 maggio 2023 e il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75;
un profluvio di misure che non è riuscito a scalfire il fatto che il sistema delle amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente non solo sullo stato di attuazione del PNRR, ma anche sulla stessa operatività ordinaria di tante amministrazioni;
per converso, invece, dall'inizio della Legislatura, abbiamo assistito ad una sistematica operazione di espansione degli uffici di diretta collaborazione nei diversi Ministeri, rispetto alle dotazioni preesistenti;
come noto, gli Uffici di diretta collaborazione hanno il compito di fornire assistenza diretta e specifica ai componenti del Governo (Presidente del Consiglio, Vice Presidenti del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), ai fini dell'espletamento delle loro funzioni istituzionali e sono scelti dai componenti di Governo, anche all'esterno della pubblica amministrazione, in virtù di un rapporto fiduciario;
complessivamente, gli oneri finanziari connessi agli interventi di ampliamento degli uffici di diretta collaborazione adottati dal Governo in carica assommano a 9,528 milioni euro annui per gli anni 2025 e 2026 e di 8,965 milioni di euro annui a decorrere dal 2027;
importi che, in termini di unità di personale aggiuntivo, tenendo conto che solo in alcune disposizioni di legge in questione hanno quantificato puntualmente le unità aggiuntive, si può ragionevolmente stimare che, se si ipotizza un costo medio annuo di 60.000 euro per ciascun nuovo posto di diretta collaborazione, l'insieme delle posizioni in questione si aggira in 150 unità aggiuntive rispetto al quadro normativo preesistente,
impegna il Governo
a predisporre una specifica relazione sullo stato di attuazione delle misure che hanno comportato l'ampliamento degli uffici di diretta collaborazione dei diversi Ministeri, rispetto al quadro normativo preesistente, anche in vista di un processo di razionalizzazione e riduzione dei costi per tali strutture fiduciarie, con particolare riguardo alle strutture del Ministero dell'istruzione e del merito.
9/2308-A/91. Andrea Rossi, Scotto, Bonafè, Sarracino, Fossi, Gribaudo, Laus, Cuperlo, Fornaro, Mauri.
La Camera,
premesso che:
il ruolo svolto negli ultimi decenni dalle agenzie per il lavoro a supporto della pubblica amministrazione è testimoniato da una serie di bandi pubblici, emessi a livello sia centrale che locale, per far fronte ad esigenze sia strutturali che emergenziali (a titolo esemplificativo, durante la pandemia con la campagna di vaccinazione Covid con il cosiddetto «Bando Arcuri» e con il recente reclutamento di circa 1.200 lavoratori per il supporto degli uffici dell'immigrazione del Ministero dell'interno);
specie a livello locale le agenzie per il lavoro gestiscono da anni commesse con le pubbliche amministrazioni, monitorando l'intero sistema non solo di reclutamento, ma anche di orientamento e formazione dei lavoratori;
le Agenzie hanno mostrato in questi anni di saper garantire rapidità nei processi di selezione, efficacia e tempestiva copertura delle posizioni richieste dalle e pubbliche amministrazioni anche per figure professionali ad alta specializzazione;
il difficile coordinamento tra le norme speciali previste dal decreto legislativo n. 165 del 2001 e le successive riforme in materia di diritto del lavoro (decreto legislativo n. 276 del 2003 e decreto legislativo n. 81 del 2015), ha condotto diverse Amministrazioni a fare un uso distorto di molte forme di impiego flessibile come il ricorso improprio alle collaborazioni coordinate e continuative oppure l'utilizzo di appalti di servizio in frode alla normativa con l'aggiramento del divieto di intermediazione di manodopera;
vige il principio di parità di trattamento tra lavoratori diretti e lavoratori somministrati, anche per il riconoscimento di oneri retributivi e previdenziali;
la redazione dei bandi di gara e degli avvisi pubblici inerenti alla somministrazione di lavoro sovente non avviene in modo puntuale sotto il profilo tecnico nonché nel rispetto della legislazione vigente;
l'ente appaltante spesso prova a sottrarsi al rimborso degli oneri sostenuti dalle Agenzie in favore degli enti bilaterali legislativamente (articolo 12 del decreto legislativo n. 276 del 2003) o contrattualmente previsti o agli adempimenti relativi alla formazione generale specifica in tema di salute e sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008;
l'affidamento del servizio di somministrazione avviene, da parte di alcune Amministrazioni, con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo) ma i servizi sono poi sostanzialmente affidati in base al criterio del massimo ribasso con svilimento sostanziale della parte tecnica;
l'assegnazione di servizi con le pubbliche amministrazioni non prevede un dettaglio delle varie voci di costo del lavoro per la formulazione dell'offerta economica, così favorendo nelle gare una concorrenza sleale;
gli atti di gara non quantificano e fissano una base (unica ed oggettiva) da cui tutte le agenzie partecipanti alla gara possono partire per formulare la loro offerta;
non vi sono evidenze che indichino una differente applicazione del principio di parità di trattamento tra lavoratori diretti e somministrati, laddove l'utilizzatore sia una e pubblica amministrazione;
sussiste l'obbligo dell'utilizzatore di comunicare al somministratore il trattamento economico e normativo applicabile ai lavoratori suoi dipendenti;
sussiste l'obbligo in capo all'utilizzatore di rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questo effettivamente sostenuti in favore dei lavoratori somministrati;
il decreto-legge n. 25 del 14 marzo 2025 reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni intervenendo anche sui bandi di concorso in specifici settori,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di:
stabilire la piena applicazione anche nell'ambito delle pubbliche amministrazioni delle norme e delle previsioni contrattuali che regolano il rapporto di lavoro ed il costo del lavoro, prevedendo, per tale via, il rimborso alle agenzie per il lavoro dei costi effettivamente sostenuti in relazione al personale somministrato;
prevedere, in particolare, l'obbligo in capo alle stazioni appaltanti di quantificare negli atti di gara in maniera corretta ed omogenea le esatte voci di costo del lavoro che costituiscono la base per la formulazione dell'offerta economica; tale stima del costo del lavoro dovrebbe avvenire attraverso una puntuale individuazione delle voci spettanti, anche al fine di escludere una concorrenza sleale tra i soggetti partecipanti. L'esatta definizione del costo del lavoro in somministrazione è data dalla retribuzione lorda, comprensiva degli elementi differiti, dalla contribuzione INPS e INAIL, dalla contribuzione ai fondi bilaterali di settore Formatemp (4 per cento), Ebitemp (0,20/0,30 per cento), Fondo di solidarietà (0,45 per cento) ed ulteriori eventuali costi previsti dal CCNL applicato dal somministratore;
prevedere la redazione di bandi di gara ed avvisi pubblici puntuali sotto il profilo tecnico, nonché conformi alla legislazione vigente ed al contratto collettivo applicabile, senza la previsione di clausole di esclusione del rimborso degli oneri sostenuti dalle Agenzie in favore degli enti bilaterali legislativamente (articolo 12 del decreto legislativo n. 276 del 2003) o contrattualmente previsti o degli oneri contributivi (articolo 33 del decreto legislativo n. 81 del 2015) o clausole con cui la pubblica amministrazione si sottrae agli adempimenti relativi alla formazione generale specifica in tema di salute e sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008 o al pagamento dell'Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
valorizzare, sostanzialmente, come criterio dell'aggiudicazione, l'attribuzione del progetto tecnico.
9/2308-A/92. Giaccone, Nisini.
La Camera,
premesso che:
quella «geotermica» è una forma di energia naturale che trova origine dal calore della terra e, tra le energie rinnovabili, ha un valore aggiunto che condivide soltanto con l'idroelettrico: la continuità della produzione;
nella regione Toscana la geotermia conta 34 centrali per una potenza installata di 761 megawatt. La produzione annua è di circa 5,9 miliardi di chilowattora che, complessivamente, soddisfa quasi il 30 per cento del fabbisogno energetico della regione e permette un risparmio di oltre 1 milione e 400 mila Tep e 4,1 tonnellate metriche di emissioni CO2 evitate. In questi territori la geotermia garantisce 650 occupati diretti e circa 2.000 nell'indotto e ha promosso lo sviluppo di numerose piccole e medie imprese in diversificati settori produttivi;
il decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181 ha introdotto l'articolo 16-bis al decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, il quale prevede che l'autorità competente può chiedere al concessionario uscente di presentare «un piano pluriennale di investimenti, avente a oggetto:
a) interventi di manutenzione e di miglioramento tecnologico degli impianti in esercizio, anche volti alla riduzione delle emissioni;
b) interventi minerari per recuperare il declino naturale del campo geotermico;
c) interventi per la sostenibilità ambientale, comprensivi di misure volte alla tutela e al ripristino ambientale dei territori interessati dalla concessione di coltivazione;
d) interventi per la realizzazione di nuovi impianti di produzione e le attività minerarie a essi connesse ovvero per il potenziamento degli impianti esistenti;
e) misure per l'innalzamento dei livelli occupazionali nei territori interessati dalla concessione di coltivazione.»;
in caso di valutazione positiva, l'autorità competente rimodula le condizioni di esercizio della concessione di coltivazione relativa agli impianti interessati dal piano stesso, anche sotto il profilo della durata, comunque non superiore a venti anni, secondo quanto previsto nel piano valutato positivamente;
lo scorso mese di febbraio, con delibera n. 167 del 17 febbraio 2025, la regione Toscana ha approvato la proposta formulata da Enel Green Power Italia SpA per la rimodulazione per 20 anni della concessioni geotermiche in scadenza, a fronte di un piano che prevede investimenti per circa 3 miliardi di euro, suddivisi in Piani pluriennali, dei quali circa 400 milioni di euro di investimenti in sostenibilità ambientale, economica e sociale;
i comuni geotermici producono quindi una fonte pulita e rinnovabile utilizzata anche da vasti bacini di utenza contigui;
il Piano presentato da EGP Italia prevede, per buona parte degli investimenti destinati alla sostenibilità, che essi siano attuati mediante trasferimento di contributi da parte di Enel Green Power Italia Srl a regione Toscana ed enti locali;
gli enti locali interessati da tale ingente piano di investimenti sono tutti di piccole dimensioni e con ridotta pianta organica, ragion per cui è indispensabile prevedere una possibilità assunzionale a tempo determinato finalizzata all'attuazione di tale Piano degli investimenti, affinché lo stesso non resti sulla carta e riesca a concretizzare lo scopo della legge;
nel provvedimento in esame sono presenti «Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni»;
sarebbe quindi opportuno estendere agli enti locali destinatari delle risorse di cui ai Piani pluriennali di investimenti (relativi al rinnovo delle concessioni geotermiche) le facilitazioni funzionali già previste per l'attuazione del PNRR, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità in materia di contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione;
la mole di risorse destinata dai suddetti Piani a progetti la cui attuazione è a cura degli enti locali, ha infatti un'entità economica molto rilevante e tale da non poter essere attuata con gli ordinari strumenti amministrativi, organizzativi e di personale;
tale modifica si rende quindi necessaria per garantire agli enti locali la capacità amministrativa indispensabile per la realizzazione degli interventi programmati, assicurando al contempo il rispetto dei principi di temporaneità ed eccezionalità delle assunzioni, trattandosi generalmente di comuni medio piccoli;
con queste finalità è stato presentato al provvedimento in esame un emendamento che avrebbe introdotto specifiche condizioni per le assunzioni, tra cui la verifica dell'impossibilità di utilizzare il personale in servizio e il limite temporale legato alla durata dei progetti, in linea anche con quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 92 del 2023 sulla necessaria correlazione tra assunzioni e concrete esigenze dell'amministrazione. Questa deroga ai limiti di spesa e ai vincoli assunzionali sarebbe stata poi bilanciata da precise garanzie sulla temporaneità e finalizzazione delle assunzioni, in coerenza con i principi di sostenibilità finanziaria;
nonostante tale emendamento sia inoltre a invarianza finanziaria, in quanto coperto dalle risorse dei Piani pluriennali di investimenti, non è stato però approvato,
impegna il Governo
ad estendere, nel primo provvedimento utile e in relazione a quanto espresso in premessa, le facilitazioni funzionali in materia di contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione, già previste per l'attuazione del PNRR nel rispetto dei principi stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale, anche ai comuni che realizzano gli interventi previsti dai Piani pluriennali di investimenti relativi al rinnovo delle concessioni geotermiche.
9/2308-A/93. Fossi, Simiani.
La Camera
impegna il Governo
ad estendere, nel primo provvedimento utile e in relazione a quanto espresso in premessa, le facilitazioni funzionali in materia di contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione, già previste per l'attuazione del PNRR nel rispetto dei principi stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale, anche ai comuni che realizzano gli interventi previsti dai Piani pluriennali di investimenti relativi al rinnovo delle concessioni geotermiche.
9/2308-A/93. (Testo modificato nel corso della seduta)Fossi, Simiani.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca disposizioni in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
tra le pubbliche amministrazioni che meritano attenzione c'è anche il comune di Campione d'Italia che, come noto, costituisce un'exclave italiana in terra Svizzera;
i maggiori costi dell'assistenza sanitaria per i cittadini del comune di Campione d'Italia che si rivolgono alle strutture sanitarie elvetiche sono regolati ai sensi dell'articolo 7-bis del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 il quale prevede uno specifico stanziamento assegnato al comune che se ne fa carico;
la predetta norma, così come formulata, sembrerebbe aver generato nel corso del tempo dubbi interpretativi in merito alla legittimazione degli Enti coinvolti in relazione ai pagamenti ciò determinando inefficienze e ritardi nell'azione amministrativa;
appare necessario chiarire la portata della norma ridefinendo da un lato i ruoli delle amministrazioni coinvolte e, dall'altro chiarendo con estrema precisione i servizi di carattere sanitario che il comune di Campione d'Italia è chiamato a garantire ai propri cittadini, con i relativi oneri finanziari, al fine di agevolare l'intera attività di programmazione e di gestione delle risorse che fanno capo al comune lombardo;
il potenziamento dell'efficienza del comune di Campione d'Italia consentirebbe allo stesso ente di espletare una azione amministrativa più efficace e soprattutto più celere, con evidente beneficio per gli stessi cittadini/pazienti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di porre in essere ogni opportuna iniziativa, anche di tipo normativo, volta a rendere più efficiente ed efficace l'azione amministrativa del comune di Campione d'Italia in merito all'assistenza sanitaria per i cittadini campionesi con particolare riferimento all'individuazione delle prestazioni a carico del comune medesimo coerentemente con la normativa vigente e allo stanziamento di risorse già previsto.
9/2308-A/94. Maerna.
La Camera,
premesso che:
il PNRR si pone l'obiettivo di sostenere la crescita economica e sociale del paese, incentivando la creazione di posti di lavoro e sostenendo la competitività delle imprese;
secondo recenti analisi della Banca Centrale Europea l'Italia è il principale beneficiario delle risorse Ue in termini di crescita e la corretta attuazione del PNRR potrebbe generare un Pil aggiuntivo dell'1,4 per cento nel 2026;
il PNRR ha previsto, tra le opportunità dedicate a comuni, province e città metropolitane, la realizzazione di nuove scuole, con sostituzione di edifici esistenti;
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta quindi un'opportunità irripetibile per il rinnovamento e il miglioramento del patrimonio edilizio scolastico italiano. Gli investimenti previsti mirano infatti a rendere le scuole più sicure, moderne, inclusive e sostenibili attraverso interventi di efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e riqualificazione degli spazi;
in alcuni casi la realizzazione dei progetti relativi all'edilizia scolastica sta registrando criticità e ritardi non imputabili all'ente pubblico appaltante: come ad esempio i fallimenti di imprese che necessiterebbero di nuove gare per la prosecuzione dei lavori nei cantieri;
in questo caso, qualora venisse sforata la tempistica fissata in sede comunitaria, gli enti locali interessati sarebbero costretti a ripagare tutte le tranche dei finanziamenti concessi per l'opera;
si tratta di situazioni non imputabili in alcun modo alla responsabilità della stazione appaltante, ma che potrebbero quindi causare gravissimi dissesti economici ai comuni interessati, soprattutto di piccole dimensioni. Oltre a comportare disagi per la comunità territoriale che non potrebbe beneficiare dell'opera originariamente finanziata dal PNRR;
appare quindi necessario prevedere, in tali casi, ogni tipo di misura per completare le opere pubbliche previste dal PNRR e le cui risorse siano destinate agli enti locali (con particolare riferimento ai comuni di piccole e medie dimensioni) che hanno registrato ritardi e conseguentemente perso la possibilità di utilizzare i finanziamenti europei, a seguito di comprovate cause non imputabili alla stazione appaltante;
nel corso della discussione del provvedimento in esame è stata approvata una norma, all'articolo 8-bis, che riporta testualmente: «al fine di fare fronte alle esigenze indifferibili e urgenti in materia di edilizia scolastica è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2025»;
con uno o più decreti del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, sono successivamente stabiliti modalità e termini per la presentazione delle richieste di finanziamento nonché i criteri di assegnazione delle risorse presenti in tale fondo;
in relazione a quanto appena esposto è quindi necessario che, tra i beneficiari indicati dai decreti sopracitati, vengano inseriti anche i comuni sotto i 20 mila abitanti che hanno utilizzato il PNRR ma che rischiano di perdere le risorse comunitarie a seguito di comprovate cause non imputabili alla stazione appaltante, come il fallimento delle imprese assegnatarie dei lavori;
va poi aggiunto in questo contesto come in data 18 febbraio 2025 la Camera dei deputati abbia approvato un ordine del giorno (numero 9/2184-A/68) che impegna il Governo a «istituire un fondo o individuare altre misure finalizzate al completamento dei lavori a favore degli edifici pubblici già previsti dal PNRR»,
impegna il Governo
ad inserire tra i beneficiari della norma di cui all'articolo 8-bis di cui al provvedimento in esame, individuati da appositi decreti interministeriali, anche i comuni sotto i 20 mila abitanti che abbiano utilizzato finanziamenti del PNRR ma che rischiano di perdere le risorse europee a seguito di comprovate cause non imputabili alla stazione appaltante.
9/2308-A/95. Bonafè.
La Camera
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di inserire tra i beneficiari della norma di cui all'articolo 8-bis del provvedimento in esame, individuati da appositi decreti interministeriali, i comuni che abbiano utilizzato finanziamenti del Pnrr, ma che rischiano di perdere le risorse europee a seguito di comprovate cause non imputabili alla stazione appaltante.
9/2308-A/95. (Testo modificato nel corso della seduta)Bonafè.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame ha meritoriamente previsto numerose misure necessarie al buon funzionamento della Nazione come, solo per ricordarne alcune, la ristrutturazione infrastruttura giuridica che sorregge l'azione della pubblica amministrazione intervenendo in maniera decisa su nodi strutturali e sino ad ora irrisolti come i problemi connessi al reclutamento, alle graduatorie, alla mobilità, alle stabilizzazioni;
in tale contesto si segnala, però, si rammenta che i giornalisti professionisti degli uffici stampa della Giunta e del Consiglio della regione Basilicata, inquadrati a tempo indeterminato, hanno svolto per oltre vent'anni attività giornalistica istituzionale secondo quanto previsto dalla legge regionale n. 7/2001, che aveva previsto l'applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico Fnsi-Fieg in luogo di quello degli enti locali;
tale assetto normativo regionale ha subito modifiche in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 112/2020 che ha dichiarato l'illegittimità della norma regionale in materia di contratto applicabile, con conseguente disapplicazione da parte della regione Basilicata del contratto giornalistico, e l'avvio di trattenute sugli stipendi dei giornalisti per il recupero delle somme percepite;
la Corte europea dei diritti umani (Cedu) con sentenza dell'11 febbraio 2021, la Corte di cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 17912/2024 e la stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 8/2023, hanno ribadito il principio dell'irripetibilità degli emolumenti percepiti in buona fede da lavoratori che abbiano prestato attività in esecuzione di un rapporto validamente instaurato;
il contratto collettivo nazionale delle Funzioni Locali (2016-2018 e 2019-2022), integrato dall'Accordo Aran-Fnsi-Confederazioni sindacali del 7 aprile 2022, prevede espressamente disposizioni che consentono il reinquadramento del personale giornalistico in servizio senza pregiudizi economici e nel rispetto delle professionalità acquisite;
in molte altre regioni italiane (tra cui Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Liguria, Sicilia e Piemonte) analoghe situazioni sono state risolte mediante l'applicazione del contratto Funzioni Locali senza attivare recuperi economici a carico dei lavoratori,
impegna il Governo:
a promuovere, nel rispetto dell'autonomia regionale, ogni utile iniziativa di indirizzo volta ad assicurare parità di trattamento tra lavoratori pubblici con identiche mansioni e qualifiche, evitando discriminazioni tra regioni e rafforzando i principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione, anche alla luce delle sentenze e delle ordinanze sopra richiamate;
a valutare, con urgenza e nel rispetto delle prerogative regionali, ogni utile iniziativa normativa o di moral suasion, anche in sede di Conferenza Stato-regioni, al fine di tutelare i diritti quesiti e le legittime aspettative dei giornalisti coinvolti nella vicenda della regione Basilicata.
9/2308-A/96. Mattia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 19, commi da 5 a 9, proroga dal 31 ottobre 2024 al 3 giugno 2025 il termine di adesione alla procedura di riversamento spontaneo dei crediti d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo indebitamente fruiti, con conseguente modifica dei termini di versamento delle somme dovute a seguito di tale adesione;
la procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, era stata introdotta dall'articolo 5, commi da 7 a 12, del decreto-legge n. 146 del 2021 con riferimento ai crediti d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati;
tale procedura era destinata ai soggetti che, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, avessero svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell'accezione rilevante ai fini del credito d'imposta di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013;
la procedura di riversamento spontaneo può essere utilizzata anche dai soggetti che: a) abbiano commesso errori nella quantificazione o nell'individuazione delle spese ammissibili, in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento; b) in relazione al periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, abbiano qualificato l'ambito di applicazione della misura in maniera non conforme a quanto dettato dalla disposizione d'interpretazione autentica recata dall'articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2019,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di estendere le disposizioni di cui ai commi da 7 a 12 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021, oggetto di modifica ad opera dell'articolo 19 del provvedimento in esame, anche ai soggetti che hanno utilizzato in compensazione il credito d'imposta per investimenti di cui all'articolo 1, commi 1054-1058, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 maturato a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2024, con conseguente modifica dei termini di versamento delle somme dovute a seguito di tale adesione.
9/2308-A/97. De Palma.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca la conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
l'articolo 5, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, nella sua originaria formulazione, prevedeva che «ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta»;
lo svolgimento del ruolo elettivo di consigliere comunale non dà diritto ad alcuna retribuzione, ma soltanto al percepimento gettoni di presenza di esigua entità, spesso insufficienti anche per coprire le spese di viaggio per partecipare alle sedute degli organi collegiali;
tale norma è stata uniformemente ed esclusivamente applicata in tutto il territorio italiano seguendo l'interpretazione fornita dal Ministero dell'interno che con nota di prot. 0010313 del 2015 ha chiarito che «l'ambito di applicazione di tali disposizioni, tuttavia, ed in particolare il divieto di cumulo degli emolumenti, preso atto che la finalità perseguita dal legislatore è la riduzione del costo degli apparati politici, deve ritenersi limitato ai costi ed alle spese necessarie per l'esercizio degli incarichi conferiti all'amministratore in relazione alla carica elettiva e quindi all'esercizio del munus pubblico, conseguentemente questa Direzione centrale è dell'avviso che, fatti salvi eventuali profili di incompatibilità espressamente previsti, sono esclusi dalla “portata” applicativa della disposizione in esame quegli incarichi, eventualmente conferiti all'amministratore nell'ambito della sua attività libero professionale, da enti diversi da quello di appartenenza»;
numerose Sezioni delle Corti dei conti si sono espresse, con funzione consultiva (non vincolante) ritenendo invece che tale disposizione si applichi a qualsiasi incarico conferito, indipendentemente dalla connessione con la carica elettiva ricoperta nel comune e perfino se la carica elettiva rinunciasse ai gettoni di presenza;
tale interpretazione restrittiva del richiamato articolo 5, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010 contrasterebbe con numerosi articoli della nostra Carta Costituzionale, ovvero il principio di uguaglianza, il diritto ad una giusta retribuzione e il diritto di accesso alle cariche elettive;
non risulta che la Corte costituzionale si sia espressa sulla legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 5; infatti risulta (sentenza 99/2014) che la Corte costituzionale su questo articolo si sia pronunciata esclusivamente sulla violazione dei rapporti tra Stato e regioni (ritenendo costituzionalmente compatibile) ma mai sulle ben più evidenti violazioni tra cui quelle al diritto di accesso alle cariche elettive e alla giusta retribuzione;
a quanto risulta al presentatore, la norma è stata interpretata ed applicata uniformemente su tutto il territorio nazionale seguendo le disposizioni del Ministero dell'interno, e mai nessuna procura della Corte dei conti avrebbe avviato procedure per danno erariale;
di recente, il tribunale civile di Cagliari, sezione specializzata imprese, ha condannato un consigliere comunale che ricopriva un incarico in ente diverso dal proprio comune, alla restituzione degli importi percepiti dal 2011 al 2013;
tale sentenza, prima ed unica in tutta Italia, rischia di ingenerare un ingiusto processo di recupero nei confronti delle migliaia di cariche elettive che hanno ricoperto incarichi nella pubblica amministrazione, con la evidente conseguenza di una palese violazione dei principi costituzionali sopra richiamati,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, alla luce della sentenza del tribunale civile di Cagliari, sezione specializzata Imprese citata in premessa, di chiarire in modo definitivo, se necessario attraverso lo strumento della norma di interpretazione autentica, che la corretta applicazione dell'articolo 5, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010 è quella fornita dal Ministero dell'interno ovvero che la disposizione si applica esclusivamente nell'esercizio «degli incarichi conferiti all'amministratore in relazione alla carica elettiva e quindi all'esercizio del munus pubblico, e che sono esclusi dalla “portata” applicativa della disposizione in esame quegli incarichi, eventualmente conferiti all'amministratore nell'ambito della sua attività libero professionale, da enti diversi da quello di appartenenza».
9/2308-A/98. Pittalis.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni è la sommatoria di una serie di misure di limitato incremento degli organici di alcune amministrazioni, dal quale non emerge un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali;
nel contesto attuale, segnato da profonde trasformazioni sociali, economiche e ambientali, le amministrazioni locali si trovano ad affrontare sfide sempre più articolate. La crescente complessità dei problemi – dalla transizione ecologica alla digitalizzazione, dalla gestione delle risorse umane all'ottimizzazione dei servizi pubblici – richiede modelli di governance più dinamici e integrati. In questo scenario, gran parte delle amministrazioni comunali che ne hanno la facoltà, cioè con più di 100.000 abitanti, hanno fatto la scelta di dotarsi di una figura con funzione specifica di Direttore Generale (DG). Si tratta di 32 dei 42 comuni italiani sopra i 100.000 abitanti; il 19 per cento di questi inoltre ha scelto di dotarsi della figura del DG/Segretario Generale e solo circa il 5 per cento non si è dotato di direzione generale;
il ruolo del Direttore Generale è quello di fungere da «ponte» tra la dimensione politica e quella esecutiva, di individuare soluzioni organizzative in grado di considerare gli impatti che il lavoro dell'amministrazione ha sulla vita dei cittadini, valorizzando le proprie risorse professionali e anche di apportare una competenza specifica nella creazione di reti territoriali e nella pianificazione strategica dell'Ente, mettendo a valore comune le risorse del territorio;
appare opportuno ripristinare la possibilità per gli enti locali di tornare ad avere un dirigente apicale con queste caratteristiche. Una limitazione che si è prodotta in una fase di interventi estemporanei e urgenti di spending review con la legge finanziaria del 2009 dove in un inciso, la lettera d) del comma 186 dell'articolo 2, ha previsto soppressione della figura del direttore generale, tranne che nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti. A dimostrazione di questo si ricorda che il Tuel (decreto legislativo n. 267 del 2000) all'articolo 108 prevede a tutt'oggi che la figura del Direttore Generale sia nominabile nei comuni al di sopra dei 15.000 abitanti;
nei territori dove l'autonomia lo ha reso possibile questa opportunità è stata allargata rispetto ai vincoli intervenuti. Un esempio significativo è rappresentato dalla regione Trentino-Alto Adige, dove la normativa prevede l'istituzione del Direttore Generale per i comuni con più di 30.000 abitanti. Questo modello evidenzia come la soglia dei 100.000 abitanti, attualmente in vigore a livello nazionale, non debba essere considerata un parametro assoluto, ma piuttosto uno strumento flessibile che si adatta alle specificità territoriali;
anche nella regione Friuli-Venezia Giulia, con la legge regionale del 5 dicembre 2013, n. 21 come modificata nel dicembre 2024, è stata estesa la figura del Direttore Generale ai comuni capoluogo. Questa innovazione normativa ha riconosciuto il valore strategico del Direttore Generale anche in realtà di dimensioni contenute, dove la centralizzazione della gestione può dare risultati particolarmente positivi in termini di coordinamento e qualità dei servizi,
impegna il Governo
ad adottare ogni misura utile, sin dal prossimo provvedimento, volto a riconoscere a tutti i comuni capoluogo di provincia ed a quelli con più di 50.000 abitanti la possibilità di poter nominare il direttore generale.
9/2308-A/99. Roggiani.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti volte a rafforzare la capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni, degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale (SSN), al fine di garantire maggiore efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dall'attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e degli adempimenti ad esso connessi;
in tale contesto, risulta particolarmente rilevante affrontare alcune criticità strutturali che ostacolano la piena valorizzazione delle risorse umane nella pubblica amministrazione, a partire dai limiti imposti alla contrattazione integrativa dal quadro normativo attualmente vigente; in particolare, l'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 in materia di salario accessorio, stabilisce che l'ammontare complessivo delle risorse annualmente destinate al trattamento accessorio del personale delle pubbliche amministrazioni non possa superare il corrispondente importo determinato per il precedente anno 2016;
tale limite ha comportato, negli anni, una significativa rigidità nella gestione delle risorse umane, impedendo di fatto alle amministrazioni di adeguare i fondi destinati alla contrattazione integrativa alle mutate esigenze organizzative e funzionali in un contesto di cresce complessità amministrativa e di attuazione di interventi strategici come quelli previsti dal PNRR;
le amministrazioni pubbliche necessitano di strumenti flessibili per incentivare e valorizzare il personale in servizio, anche di livello dirigenziale, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi strategici prefissati;
in particolare, tale esigenza si ravvisa non soltanto negli enti e nelle aziende del SSN, ma anche nell'ambito del comparto Funzioni locali, dove vi è la necessità di armonizzare i trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale con quelli degli altri comparti e aree della pubblica amministrazione, al fine di garantire equità retributiva e attrattività del lavoro pubblica,
impegna il Governo
ad adottare le opportune modifiche normative che consentano alle amministrazioni pubbliche, nonché agli enti e alle aziende del SSN, di incrementare l'ammontare dei fondi per la contrattazione integrativa destinata al personale in servizio e, con particolare riferimento alle amministrazioni del comparto Funzioni locali, di istituire un fondo dedicato di risorse aggiuntive destinate all'incremento dei fondi risorse decentrate delle amministrazioni del comparto.
9/2308-A/100. Benzoni, Ruffino.
La Camera
impegna il Governo
compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, a proseguire il percorso di armonizzazione dei trattamenti accessori nel comparto pubblico.
9/2308-A/100. (Testo modificato nel corso della seduta)Benzoni, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti volte a rafforzare la capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni, degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale (SSN), al fine di garantire maggiore efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dall'attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e degli adempimenti ad esso connessi;
in particolare, l'articolo 3 prevede modifiche al Testo unico sul pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il quale disciplina, tra l'altro, i principi generali per l'accesso al pubblico impiego, stabilendo che l'assunzione avvenga mediante concorso pubblico;
con riferimento ai concorsi pubblici per il reclutamento di personale presso le pubbliche amministrazioni, con decreto interministeriale 25 luglio 1994 è stata istituita, presso il Dipartimento della funzione pubblica, la Commissione RIPAM, a cui è affidato un ruolo centrale nella gestione e nel coordinamento dei concorsi pubblici, assicurando l'applicazione di criteri uniformi di imparzialità, trasparenza e valorizzazione del merito;
una delle principali criticità riscontrate nei processi concorsuali pubblici gestiti dalla citata Commissione è rappresentata dalla mancanza di tempi certi per la conclusione delle selezioni, la pubblicazione delle graduatorie e l'effettiva immissione in servizio dei vincitori;
tali ritardi, spesso non imputabili ai candidati, determinano un duplice effetto negativo: da un lato, compromettono la tempestiva copertura dei fabbisogni di personale delle amministrazioni pubbliche che indicono i concorsi, dall'altro generano una forte incertezza nei confronti dei partecipanti, anche a fronte di concorsi già superati;
in tale quadro risulta, invece, fondamentale – proprio al fine di garantire una reale trasparenza nei processi concorsuali pubblici –, che i bandi prevedano in maniera esplicita e, soprattutto, vincolante, un termine finale per la conclusione dell'iter selettivo, con la fissazione della data di pubblicazione delle graduatorie e di decorrenza dell'assunzione, riducendo le incertezze e rendendo più efficiente la programmazione dei fabbisogni di personale delle amministrazioni,
impegna il Governo
a introdurre, anche mediante appositi interventi normativi o regolamentari, misure volte a garantire che, per le procedure concorsuali pubbliche, siano esplicitamente indicati, nei bandi di concorso, un termine certo e perentorio per la pubblicazione delle graduatorie finali di merito e la data di effettiva presa di servizio dei vincitori, al fine di rafforzare la trasparenza del sistema di reclutamento, ridurre i tempi di attuazione e assicurare piena coerenza con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione costituzionalmente riconosciuto.
9/2308-A/101. D'Alessio, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti volte a rafforzare la capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni, degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale (SSN), al fine di garantire maggiore efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dall'attuazione dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e degli adempimenti ad esso connessi;
l'articolo 1 è finalizzato a consentire alle regioni, alle province, città metropolitane e agli enti locali, l'acquisizione di professionalità di tipo tecnico necessarie a garantire il buon andamento e il corretto funzionamento dell'attività amministrativa;
peraltro, l'articolo 12 reca disposizioni per la funzionalità della pubblica amministrazione, potendosi in tale ambito far ricomprendere agevolmente anche le azioni di rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni previste in attuazione degli interventi del PNRR;
tra queste, l'effettiva transizione digitale della pubblica amministrazione costituisce uno degli assi strategici del PNRR e del processo di innovazione del settore pubblico, ma richiede, oltre all'adozione di tecnologie e strumenti digitali all'avanguardia, anche un investimento nelle competenze digitale del personale pubblico in servizio;
in tale contesto, la formazione digitale del personale pubblico rappresenta un elemento strategico imprescindibile per garantire l'effettiva capacità delle amministrazioni di gestire e implementare i processi di innovazione tecnologica, anche con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi erogati, operare con maggiore trasparenza e contribuire alla modernizzazione dell'azione amministrativa;
di fatti, in assenza di un'adeguata formazione, in particolare nei settori direttamente coinvolti nell'attuazione degli obiettivi di digitalizzazione indicati nei Piani Integrati di Attività e Organizzazione (PIAO), esiste un duplice rischio: da un lato, le risorse investite nei processi di digitalizzazione potrebbero andare disperse, dall'altro si comprometterebbe la qualità complessiva dell'azione dell'amministrazione, esponendola a inefficienze operative e perdita di credibilità nei confronti di cittadini e imprese;
alla luce delle sfide che attendono il nostro Paese nei prossimi anni, e in attuazione degli interventi del PNRR, risulta, pertanto, quanto mai essenziale definire un quadro normativo coerente, che preveda adeguate risorse dedicate alla formazione digitale del personale assunto presso le pubbliche amministrazioni, in particolare di chi opera in settori direttamente coinvolti nell'attuazione degli obiettivi di digitalizzazione individuati nei PIAO, e che introduca forme strutturate di aggiornamento professionale,
impegna il Governo
ad introdurre misure puntuali per la promozione della transizione digitale nelle pubbliche amministrazioni, prevedendo l'assegnazione di apposite risorse destinate alla formazione digitale dei dipendenti pubblici, l'introduzione di un obbligo periodico di aggiornamento professionale per il personale tecnico-informatico in servizio e l'attivazione di specifici incentivi professionali ed economici a sostegno della partecipazione a tali percorsi quali strumenti di valorizzazione delle competenze e rafforzamento della qualità dell'azione amministrativa.
9/2308-A/102. Richetti, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 7, del provvedimento in esame reca norme in materia di enti pubblici di ricerca. Il successivo comma 7-bis prevede che le risorse stanziate da alcune disposizioni per la valorizzazione del personale tecnico-amministrativo degli enti summenzionati e degli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca possano essere utilizzate, nel limite del cinquanta per cento di quelle assegnate a ciascun ente, anche per progressioni economiche e di carriera, come strumenti premiali per il merito e le professionalità;
l'attuale sistema universitario prevede che i contratti da ricercatore a tempo determinato volti alla stabilizzazione abbiano una durata di sette anni per i ricercatori a tempo determinato in tenure track (RTT) e tre anni per i ricercatori a tempo determinato di tipo B (RTDB). Tuttavia, questi contratti dispongono anche che, alla conclusione del terzo anno, il ricercatore che abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale possa richiedere di procedere alla stabilizzazione;
la ratio alla base di tale meccanismo risiede, da un lato, nel concedere un intervallo di tempo ampio ai ricercatori sprovvisti di abilitazione scientifica nazionale (ASN) – i quali sono dunque chiamati a lavorare come professori ma, stante l'assenza del titolo, devono attendere di ottenere tale attestazione. Dall'altro lato, la previsione del termine minimo di tre anni concede maggior tempo alle università che riescono così a corrispondere stipendi inferiori e ad affrontare oneri minori per i trattamenti economici dei ricercatori a tempo determinato;
la realtà del mondo della ricerca del nostro Paese richiede urgentemente la compensazione di tale differenza: tali ricercatori, che si caratterizzano per essere altamente qualificati, devono vedersi riconoscere piena dignità scientifica in archi temporali ristretti;
inoltre, affinché gli atenei non pregiudichino le posizioni di coloro che da anni collaborano nella ricerca, alla luce delle recenti riforme in ambito di reclutamento universitario, è necessario garantire che questi ricercatori – che hanno prestato attività continuativa ma attraverso contratti precari e frammentati – si vedano riconosciuto e valorizzato il lavoro svolto negli anni,
impegna il Governo:
a introdurre misure che consentano ai ricercatori a tempo determinato ma già in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale, di richiedere la stabilizzazione della propria posizione accademica;
a prevedere che, per i contratti «post-dottorato», per le borse di assistenti alla ricerca junior e senior, nonché per i contratti di professore aggiunto, vi sia una quota di posti destinata a coloro che siano già stati titolari di contratti precari con gli atenei.
9/2308-A/103. Grippo.
La Camera
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di introdurre misure che consentano ai ricercatori a tempo determinato ma già in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale, di richiedere la stabilizzazione della propria posizione accademica;
a valutare l'opportunità di prevedere che, per i contratti «post-dottorato», per le borse di assistenti alla ricerca junior e senior, nonché per i contratti di professore aggiunto, vi sia una quota di posti destinata a coloro che siano già stati titolari di contratti precari con gli atenei.
9/2308-A/103. (Testo modificato nel corso della seduta)Grippo.
La Camera,
premesso che:
il Capo I del provvedimento in esame reca, tra le altre, numerose disposizioni volte al superamento del precariato nella pubblica amministrazione;
l'introduzione, nonché il frequente e prolungato ricorso a forme di lavoro precario anche all'interno delle pubbliche amministrazioni ha generato, negli anni, una numerosa platea di lavoratori i quali non si sono visti riconosciuta alcuna prospettiva di stabilità contrattuale;
l'esperienza maturata, la qualità del servizio prestato nonché il tempo dedicato a servizio del funzionamento della macchina pubblica necessiterebbero, invece, di essere riconosciuti e valorizzati attraverso l'introduzione di meccanismi di stabilizzazione;
inoltre, la previsione di requisiti temporali eccessivamente estesi ai fini dell'accesso a percorsi di assunzione a tempo indeterminato, rappresenta un ostacolo al superamento del precariato e alla strutturalizzazione dello stesso,
impegna il Governo
ad adottare iniziative normative volte alla stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione che abbia ricevuto una valutazione positiva dell'attività svolta, prevedendo in tale ottica anche una riduzione del requisito relativo alla maturazione temporale del servizio prestato.
9/2308-A/104. Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il Capo II del Titolo II del provvedimento in esame reca misure in materia di reclutamento di personale da parte degli enti locali;
negli ultimi anni, gli enti locali sono stati impegnati in un numero sempre maggiore di oneri amministrativi – non solamente connessi ai progetti PNRR – e d'altro canto hanno visto diminuire i trasferimenti a loro favore, in particolar modo nelle ultime due leggi di bilancio,
impegna il Governo
in linea con le finalità del provvedimento in esame, a prevedere, anche in vista della prossima manovra di bilancio, un maggiore trasferimento di risorse ai comuni per permettere agli stessi di far fronte agli adeguamenti contrattuali del personale, sia nell'ottica di risultare attrattivi per le figure qualificate sia per rispondere alle esigenze connesse ad un sempre maggiore trasferimento di responsabilità e oneri amministrativi agli enti locali.
9/2308-A/105. Sottanelli, Benzoni, Ruffino.
La Camera
impegna il Governo
in linea con le finalità del provvedimento in esame, a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di prevedere, anche in vista della prossima manovra di bilancio, un maggiore trasferimento di risorse ai comuni per permettere agli stessi di far fronte agli adeguamenti contrattuali del personale, sia nell'ottica di risultare attrattivi per le figure qualificate sia per rispondere alle esigenze connesse ad un sempre maggiore trasferimento di responsabilità e oneri amministrativi agli enti locali.
9/2308-A/105. (Testo modificato nel corso della seduta)Sottanelli, Benzoni, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
con l'ordine del giorno 9/01691/002, la Camera ha impegnato il Governo a promuovere, anche attraverso il lavoro della Struttura tecnica per la promozione della filiera formativa tecnologico-professionale, lo sviluppo di ulteriori sinergie tra i soggetti appartenenti alla filiera formativa tecnologico-professionale, costituita dagli istituti tecnici, dagli istituti professionali e dagli Istituti tecnologici superiori (ITS Academy) e gli enti della pubblica amministrazione, ampliando la collaborazione tra gli stessi attraverso la stipulazione di ulteriori accordi di collaborazione o altri strumenti di coordinamento che ritenga utili, allo scopo di migliorare il processo di allineamento tra domanda e offerta di lavoro e di contribuire a rispondere alle necessità di competenze specifiche per affrontare tutte le sfide, ivi incluse quelle della transizione digitale, da parte della pubblica amministrazione;
con l'ordine del giorno 9/02119-A/034, la Camera ha impegnato il Governo a proseguire lo sviluppo di sinergie tra i soggetti della filiera formativa tecnologico-professionale, costituita da istituti tecnici, istituti professionali, licei, ITS Academy, ed enti della pubblica amministrazione;
gli ITS Academy costituiscono un canale formativo essenziale per la preparazione di tecnici qualificati in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, contribuendo alla realizzazione dei processi di trasformazione tecnologica delle imprese private e della pubblica amministrazione. I percorsi formativi offerti dagli ITS Academy sono rilevanti per diversi ambiti, quali il Cloud Computing, la gestione dei dati, l'intelligenza artificiale, la sicurezza informatica e, più in generale, per il rafforzamento delle competenze digitali avanzate;
la transizione digitale ricopre un ruolo centrale e decisivo per il rilancio della competitività, produttività ed efficienza del Paese, tanto che il PNRR definisce la digitalizzazione una necessità prioritaria e, tra gli interventi previsti nella Missione 1, viene data priorità a quelli di supporto per l'acquisizione e il rinnovo delle competenze digitali;
la centralità delle competenze digitali e tecniche emerge trasversalmente nelle componenti del PNRR che riguardano la trasformazione digitale, sia della pubblica amministrazione che del sistema produttivo, nonché il rafforzamento del sistema educativo per favorire il collegamento tra formazione e lavoro. In particolare, la Missione 1 e la Missione 4 del PNRR promuovono azioni sinergiche volte a potenziare la capacità del sistema educativo e formativo di rispondere alle sfide poste dalla transizione digitale e tecnologica, valorizzando il ruolo degli ITS Academy e incentivando la collaborazione con le amministrazioni pubbliche;
alcuni enti locali si sono già mossi nella direzione di creare collaborazioni con i soggetti della filiera formativa tecnologico-professionale tramite accordi di collaborazione e protocolli di intesa, di cui si riportano in seguito alcuni esempi;
ai sensi delle menzionate disposizioni della legge n. 99 del 2022, in data 17 ottobre 2022 è stato stipulato un accordo di collaborazione tra Ministero dell'istruzione, regione Emilia-Romagna, regione Lombardia, regione Liguria, regione Puglia, regione Umbria, Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, ACN, Confindustria, Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), Associazione nazionale degli ITS e Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine allo scopo di costituire una Rete di coordinamento degli Istituti tecnologici superiori per lo sviluppo della transizione digitale, specializzata nella formazione professionalizzante terziaria di competenze digitali in particolare in ambito Cloud Computing e Cyber Security;
il comune di Bologna ha approvato e sottoscritto un protocollo di intesa con la città metropolitana di Bologna e i comuni dell'area metropolitana in materia di sicurezza informatica, al fine di dare risposta alle nuove esigenze della pubblica amministrazione in materia di sicurezza cibernetica, innalzando le difese di sicurezza informatica dedicate alla protezione delle loro infrastrutture digitali e dei servizi pubblici, e agendo di concerto nell'individuazione di forme innovative per il reclutamento e la formazione di nuovo personale tecnico esperto in Cyber Security, anche attraverso la collaborazione tra gli enti della pubblica amministrazione e i soggetti della filiera formativa tecnologico-professionale. In particolare, il 30 marzo 2023 ha preso il via il corso in Cyber Security per le pubbliche amministrazioni, promosso e realizzato da Fitstic, una delle sette Fondazioni ITS emiliano-romagnole. Si tratta di un corso che formerà diplomati «esperti nella sicurezza per applicazioni e infrastrutture informatiche nella PA»;
iniziative come quella riportata del comune di Bologna rappresentano esempi virtuosi di come la cooperazione tra enti pubblici e soggetti della filiera formativa possa contribuire alla creazione di un ecosistema favorevole alla transizione digitale e tecnologica. Appare pertanto necessario prendere in considerazione le opportunità derivate da tale collaborazione e favorirne lo sviluppo;
l'articolo 1 della presente legge in esame è finalizzato a consentire alle regioni, alle province, città metropolitane e agli enti locali, l'acquisizione di professionalità di tipo tecnico necessarie a garantire il buon andamento e il corretto funzionamento dell'attività amministrativa, prevedendo che i comuni, le unioni di comuni, le province e le città metropolitane, possono destinare una ulteriore percentuale del 15 per cento al reclutamento di soggetti in possesso del diploma di specializzazione per le tecnologie applicate, ovvero del diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate rilasciato dagli Istituti tecnologici superiori (ITS Academy) di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 15 luglio 2022, n. 99, nonché dei diplomi di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, ove strettamente conferente ai profili tecnici banditi;
ad oggi, permangono tuttavia criticità legate alla scarsa conoscenza, da parte degli studenti degli ITS, del funzionamento e delle opportunità offerte dal lavoro nella pubblica amministrazione. Ciò rende essenziale promuovere modalità di interazione precoce tra studenti e pubblica amministrazione già durante il percorso formativo, anche attraverso esperienze di tirocini curriculari all'interno della pubblica amministrazione, attivabili tramite partenariati, che incentivino gli studenti a conoscere la pubblica amministrazione e continuare il percorso all'interno della pubblica amministrazione una volta conclusi gli studi,
impegna il Governo
in linea con le finalità dell'articolo 1 del provvedimento in esame:
a promuovere la stipula di protocolli d'intesa e strumenti di coordinamento tra gli ITS Academy e gli enti della pubblica amministrazione, in particolare a livello territoriale, al fine di favorire la realizzazione di percorsi di tirocinio curriculare e altre forme di collaborazione già durante la fase formativa dei percorsi all'interno dei percorsi ITS Academy;
a intraprendere le misure necessarie per aumentare la conoscenza del funzionamento della pubblica amministrazione da parte degli studenti degli istituti ITS, e incentivare, a valle del percorso formativo, le candidature degli stessi alle opportunità di impiego nella pubblica amministrazione.
9/2308-A/106. Pastorella, Grippo.
La Camera
impegna il Governo
in linea con le finalità dell'articolo 1 del provvedimento in esame:
a valutare la possibilità di adottare iniziative per la promozione della stipula di protocolli d'intesa e strumenti di coordinamento tra gli ITS Academy e gli enti della pubblica amministrazione, in particolare a livello territoriale, al fine di favorire la realizzazione di percorsi di tirocinio curriculare e altre forme di collaborazione già durante la fase formativa dei percorsi all'interno dei percorsi ITS Academy;
a intraprendere le misure necessarie per aumentare la conoscenza del funzionamento della pubblica amministrazione da parte degli studenti degli istituti ITS, e incentivare, a valle del percorso formativo, le candidature degli stessi alle opportunità di impiego nella pubblica amministrazione.
9/2308-A/106. (Testo modificato nel corso della seduta)Pastorella, Grippo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
la digitalizzazione dei servizi pubblici rappresenta un obiettivo strategico per l'efficienza della pubblica amministrazione e per la semplificazione dei rapporti tra cittadini, imprese e Stato;
il pagamento dell'imposta di bollo in modalità virtuale costituisce un passaggio fondamentale nell'ambito della presentazione di istanze e documenti tramite canali telematici;
attualmente, le procedure per l'assolvimento dell'imposta di bollo online risultano frammentate e complesse, sia per i cittadini sia per le amministrazioni pubbliche coinvolte;
è necessario individuare soluzioni che consentano di uniformare e semplificare il processo di pagamento dell'imposta di bollo in via telematica, garantendo trasparenza, tracciabilità e sicurezza nei flussi di pagamento,
impegna il Governo
in linea con l'obiettivo di incrementare la funzionalità delle pubbliche amministrazioni anche attraverso la valorizzazione dei servizi digitali, a valutare l'opportunità di individuare PagoPA spa quale ente per gestire il servizio informatico nazionale di pagamento online dell'imposta di bollo, semplificando i procedimenti a carico del cittadino, sgravando gli enti pubblici dall'onere burocratico e amministrativo di convenzionamento con un prestatore di servizi di pagamento e garantendo il flusso di pagamento verso l'Agenzia delle entrate.
9/2308-A/107. Cavandoli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni;
la digitalizzazione dei servizi pubblici rappresenta un obiettivo strategico per l'efficienza della pubblica amministrazione e per la semplificazione dei rapporti tra cittadini, imprese e Stato;
il pagamento dell'imposta di bollo in modalità virtuale costituisce un passaggio fondamentale nell'ambito della presentazione di istanze e documenti tramite canali telematici;
attualmente, le procedure per l'assolvimento dell'imposta di bollo online risultano frammentate e complesse, sia per i cittadini sia per le amministrazioni pubbliche coinvolte;
è necessario individuare soluzioni che consentano di uniformare e semplificare il processo di pagamento dell'imposta di bollo in via telematica, garantendo trasparenza, tracciabilità e sicurezza nei flussi di pagamento,
impegna il Governo
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, in linea con l'obiettivo di incrementare la funzionalità delle pubbliche amministrazioni anche attraverso la valorizzazione dei servizi digitali, a valutare l'opportunità di individuare PagoPA spa quale ente per gestire il servizio informatico nazionale di pagamento online dell'imposta di bollo, semplificando i procedimenti a carico del cittadino, sgravando gli enti pubblici dall'onere burocratico e amministrativo di convenzionamento con un prestatore di servizi di pagamento e garantendo il flusso di pagamento verso l'Agenzia delle entrate.
9/2308-A/107. (Testo modificato nel corso della seduta)Cavandoli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento reca numerose disposizioni volte al rafforzamento delle istituzioni AFAM;
si interviene inoltre puntualmente in materia di Fondazioni degli Enti Lirici e del personale delle stesse, escludendole dal blocco del turn over;
fondamentale importanza riveste la formazione, a partire dalle scuole, dai Conservatori e o dalle Accademie delle Belle Arti con il regio decreto 6 maggio 1923, n. 1054, recante norme sull'Ordinamento della istruzione media e dei convitti nazionali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 giugno 1923, n. 129, sono stati istituiti i licei artistici, i quali, data la forte componente concettuale, storica e letteraria delle belle arti, devono essere ricompresi tra quelli di stampo umanistico, anche in ragione del fatto che offrono una notevole preparazione formativa e culturale, tale da permette sia l'iscrizione all'Alta Formazione artistica, musicale e coreutica, che ad altri corsi universitari;
l'offerta formativa del liceo artistico – quale scuola secondaria di secondo grado – prevede sia l'insegnamento di materie caratteristiche di un liceo quali la letteratura, la storia, la filosofia, la matematica, la fisica; sia l'approfondimento di materie collegate con le arti applicate e visive, come la pittura, la scultura, l'architettura, il design, la grafica, la scenografia, l'audiovisivo e la storia dell'arte;
il liceo artistico «Foiso Fois» di Cagliari è una scuola che può vantare un alto numero di iscritti, circa 900, ai quali devono essere aggiunti gli altri istituti artistici presenti nel territorio del sud Sardegna;
il numero degli studenti iscritti ai licei artistici, residenti nel Sud della Sardegna, è superiore alle 1.500 unità e che tali numeri, in continua crescita, dimostrano una vocazione naturale per il settore artistico, oltre che l'ottima reputazione dell'istituto cagliaritano e degli altri istituti artistici dell'hinterland, anche in ragione dell'eccellente preparazione dei docenti e dei dirigenti assegnati agli stessi istituti;
la città di Cagliari è l'unico capoluogo di regione nel quale, pur in presenza del liceo artistico, non è mai stata istituita un'Accademia delle Belle Arti e ciò nonostante che, fin dai primi anni Ottanta, l'Amministrazione Comunale abbia richiesto formalmente l'istituzione al competente Ministero;
la citata istituzione consentirebbe di rispondere alla sempre più crescente domanda di alta formazione artistica proveniente da parte degli studenti dei licei artistici residenti nel sud della Sardegna, evitando, quindi, l'emigrazione degli stessi studenti verso altre città e/o l'abbandono della carriera artistica, anche in ragione degli alti costi conseguenti all'eventuale trasferimento presso altre sedi;
fin dal 1989, in Sardegna, è stata istituita l'Accademia di belle arti di Sassari, validissimo istituto che solo in parte riesce a soddisfare la domanda proveniente dal sud dell'isola e che, pertanto, l'istituzione di un'altra Accademia nell'ambito territoriale della città metropolitana di Cagliari non si porrebbe in alcun modo in contrapposizione con l'istituto sassarese ma, al contrario, ne rafforzerebbe la posizione, in ragione dell'alto prestigio già acquisito nel tempo;
sarebbe, altresì, ipotizzabile l'apertura di una sede staccata della citata Accademia di belle arti di Sassari nell'ambito territoriale della città metropolitana di Cagliari, se del caso, con una differenziazione dei corsi di studi ed una maggiore offerta formativa, anche al fine di rispondere alla crescente domanda proveniente dagli studenti dei Licei Artistici del sud Sardegna,
impegna il Governo
ad adottare ogni opportuna iniziativa per l'istituzione dell'Accademia di belle arti nell'ambito territoriale della città metropolitana di Cagliari, se del caso, anche con l'apertura di una sede distaccata dell'Accademia di belle arti di Sassari, garantendo, al contempo, un aumento dell'offerta formativa e la differenziazione dei corsi di studi, attualmente a disposizione degli studenti interessati all'alta formazione artistica.
9/2308-A/108. Deidda.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento reca numerose disposizioni volte al rafforzamento delle istituzioni AFAM;
si interviene inoltre puntualmente in materia di Fondazioni degli Enti Lirici e del personale delle stesse, escludendole dal blocco del turn over;
fondamentale importanza riveste la formazione, a partire dalle scuole, dai Conservatori e o dalle Accademie delle Belle Arti con il regio decreto 6 maggio 1923, n. 1054, recante norme sull'Ordinamento della istruzione media e dei convitti nazionali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 giugno 1923, n. 129, sono stati istituiti i licei artistici, i quali, data la forte componente concettuale, storica e letteraria delle belle arti, devono essere ricompresi tra quelli di stampo umanistico, anche in ragione del fatto che offrono una notevole preparazione formativa e culturale, tale da permette sia l'iscrizione all'Alta Formazione artistica, musicale e coreutica, che ad altri corsi universitari;
l'offerta formativa del liceo artistico – quale scuola secondaria di secondo grado – prevede sia l'insegnamento di materie caratteristiche di un liceo quali la letteratura, la storia, la filosofia, la matematica, la fisica; sia l'approfondimento di materie collegate con le arti applicate e visive, come la pittura, la scultura, l'architettura, il design, la grafica, la scenografia, l'audiovisivo e la storia dell'arte;
il liceo artistico «Foiso Fois» di Cagliari è una scuola che può vantare un alto numero di iscritti, circa 900, ai quali devono essere aggiunti gli altri istituti artistici presenti nel territorio del sud Sardegna;
il numero degli studenti iscritti ai licei artistici, residenti nel Sud della Sardegna, è superiore alle 1.500 unità e che tali numeri, in continua crescita, dimostrano una vocazione naturale per il settore artistico, oltre che l'ottima reputazione dell'istituto cagliaritano e degli altri istituti artistici dell'hinterland, anche in ragione dell'eccellente preparazione dei docenti e dei dirigenti assegnati agli stessi istituti;
la città di Cagliari è l'unico capoluogo di regione nel quale, pur in presenza del liceo artistico, non è mai stata istituita un'Accademia delle Belle Arti e ciò nonostante che, fin dai primi anni Ottanta, l'Amministrazione Comunale abbia richiesto formalmente l'istituzione al competente Ministero;
la citata istituzione consentirebbe di rispondere alla sempre più crescente domanda di alta formazione artistica proveniente da parte degli studenti dei licei artistici residenti nel sud della Sardegna, evitando, quindi, l'emigrazione degli stessi studenti verso altre città e/o l'abbandono della carriera artistica, anche in ragione degli alti costi conseguenti all'eventuale trasferimento presso altre sedi;
fin dal 1989, in Sardegna, è stata istituita l'Accademia di belle arti di Sassari, validissimo istituto che solo in parte riesce a soddisfare la domanda proveniente dal sud dell'isola e che, pertanto, l'istituzione di un'altra Accademia nell'ambito territoriale della città metropolitana di Cagliari non si porrebbe in alcun modo in contrapposizione con l'istituto sassarese ma, al contrario, ne rafforzerebbe la posizione, in ragione dell'alto prestigio già acquisito nel tempo;
sarebbe, altresì, ipotizzabile l'apertura di una sede staccata della citata Accademia di belle arti di Sassari nell'ambito territoriale della città metropolitana di Cagliari, se del caso, con una differenziazione dei corsi di studi ed una maggiore offerta formativa, anche al fine di rispondere alla crescente domanda proveniente dagli studenti dei Licei Artistici del sud Sardegna,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa per l'istituzione dell'Accademia di belle arti nell'ambito territoriale della città metropolitana di Cagliari, se del caso, anche con l'apertura di una sede distaccata dell'Accademia di belle arti di Sassari, garantendo, al contempo, un aumento dell'offerta formativa e la differenziazione dei corsi di studi, attualmente a disposizione degli studenti interessati all'alta formazione artistica.
9/2308-A/108. (Testo modificato nel corso della seduta)Deidda.
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Chiarimenti in merito alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza da utilizzare per interventi di contrasto ai dazi e al conseguente impatto sulla quota da destinare al Mezzogiorno – 3-01911
BONETTI, BENZONI, D'ALESSIO, GRIPPO, SOTTANELLI, RUFFINO e PASTORELLA. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione. — Per sapere – premesso che:
il 27 marzo 2025 è stata pubblicata la sesta relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, contenente i dati più aggiornati sullo stato di avanzamento del Piano;
secondo quanto espressamente indicato, il del Piano nazionale di ripresa e resilienza mette a disposizione del Mezzogiorno un complesso di risorse pari a non meno del 40 per cento delle risorse territorializzabili (circa 82 miliardi di euro, incluso il Fondo complementare), per le otto regioni del Mezzogiorno, a fronte del 34 per cento previsto dall'attuale normativa vigente in favore del Sud per la ripartizione degli investimenti ordinari destinati su tutto il territorio nazionale;
i dati presentati per quanto concerne la spesa nelle regioni del Mezzogiorno sono fermi al 31 dicembre 2023, nonostante nel frattempo siano state pubblicate due relazioni al Parlamento sullo stato di attuazione;
nella sesta relazione sono illustrati solo i dati complessivi della ripartizione delle risorse prevista dal Piano e i dati di dettaglio sul rispetto della quota relativamente ai fondi assegnati alle varie amministrazioni titolari di risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, mancando altri dati fondamentali, come la ripartizione delle risorse cosiddette «territorializzabili» per missione e il dettaglio sulla spesa effettiva raggiunta al 31 dicembre 2024 delle stesse;
l'8 aprile 2025 la Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato che, per rispondere ai dazi statunitensi, sono stati individuati circa 14 miliardi di euro nell'ambito dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per sostenere i settori maggiormente colpiti;
il 9 aprile 2025 il Presidente Trump ha annunciato la sospensione di 90 giorni dei dazi cosiddetti «reciproci», lasciando comunque in vigore dazi al 10 per cento per tutti i Paesi coinvolti, tra i quali gli Stati membri dell'Unione europea;
risulta inspiegabile che non siano ancora stati resi disponibili i dati aggiornati al 31 dicembre 2024 per quanto riguarda i fondi destinati al Mezzogiorno, con il dettaglio della spesa delle risorse «territorializzabili» suddivise per missione, quanto dei 63,9 miliardi di euro effettivamente spesi alla fine del 2024 è composto da risorse «territorializzabili» e in che quota parte siano state spese nelle regioni del Mezzogiorno –:
nell'ottica di fare luce sulle gravi e sopra indicate lacune della sesta relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, se non ritenga di chiarire quali misure del Piano il Governo intenda effettivamente definanziare per destinare, come annunciato, 14 miliardi di euro a interventi di contrasto ai dazi e in che modo tali scelte impattino sulla quota per il Mezzogiorno.
(3-01911)
Ulteriori iniziative volte a rafforzare l'attività di promozione e l'utilizzo dei fondi diretti europei – 3-01912
BIGNAMI, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, MANTOVANI, AMBROSI, DI MAGGIO, DONZELLI, GABELLONE, GIORDANO, ROTONDI, RACHELE SILVESTRI, MATTEONI e MILANI. — Al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione. — Per sapere – premesso che:
il 28 aprile e 7 maggio 2025, rispettivamente a Brescia e Bologna, si svolgeranno i seminari formativi organizzati dal Dipartimento per gli affari europei sui «Fondi europei a gestione diretta», con l'obiettivo di promuovere una maggiore conoscenza e diffusione dei programmi europei a gestione diretta;
l'iniziativa – promossa in partenariato con la Rappresentanza in Italia della Commissione europea e l'Ufficio in Italia del Parlamento europeo e in condivisione con l'Ufficio di Segreteria della Conferenza Stato-città ed autonomie locali – è rivolta ai funzionari degli enti locali e ad altri soggetti interessati ed è realizzata in collaborazione con Anci e Upi;
obiettivo dell'iniziativa è quello di fornire gli strumenti per favorire un più efficace accesso ai fondi diretti: lettura «strategica» della call, ideazione di un «progetto europeo», individuazione di attività e risorse, costruzione del budget, attuazione del progetto e disseminazione dei risultati;
i fondi diretti europei sono volti a promuovere l'accesso allo studio, l'innovazione e la ricerca, a sostenere gli investimenti e la competitività delle imprese e a rafforzare la tutela dei diritti individuali, rappresentando un'opportunità unica per enti pubblici, imprese, organizzazioni e altri attori di sviluppare progetti innovativi e contribuire agli obiettivi strategici dell'Unione europea;
l'accesso a questi fondi richiede un'attenta pianificazione, competenze specifiche e la capacità di orientarsi attraverso procedure complesse: con il giusto approccio, i fondi diretti possono essere una leva potente per il progresso e lo sviluppo sostenibile a livello europeo;
è per tali motivi che il Dipartimento per gli affari europei promuove attività volte a facilitare un maggiore e più efficace utilizzo dei fondi europei a gestione diretta;
tali attività sono curate dal Servizio accesso ai fondi europei e coordinamento per il supporto tecnico alle riforme, che, tra le altre cose, supporta le amministrazioni nella predisposizione e presentazione delle proposte progettuali, gestisce le attività di coordinamento a livello nazionale relative al programma di supporto tecnico alle riforme della Commissione europea, curando i rapporti con la Dg Reform e con le amministrazioni nazionali interessate, e partecipa alle iniziative di confronto a livello europeo per l'individuazione delle priorità su cui focalizzare le attività di supporto alle riforme –:
quali ulteriori iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di rafforzare l'attività di promozione e l'utilizzo dei fondi diretti europei, così importanti per lo sviluppo di progetti innovativi e per il raggiungimento degli obiettivi strategici dell'Unione europea.
(3-01912)
Iniziative a sostegno della produzione cinematografica e audiovisiva, anche in considerazione delle proposte volte all'istituzione di un'Agenzia per il cinema e l'audiovisivo – 3-01913
MANZI, ORFINI, BERRUTO, IACONO, GHIO, FERRARI, CASU e FORNARO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
nell'ultimo anno sono state diverse le sollecitazioni da parte delle associazioni del cinema italiano – fra cui Anica, Anac, Unita, Confartigianato, 100Autori, Wgi, Agici e Afic – che chiedono con urgenza l'avvio di interventi normativi volti a promuovere e valorizzare il patrimonio culturale al quale contribuisce, nel nostro Paese, l'industria cinematografica e audiovisiva;
per dare maggiore sostegno alle istanze mosse dalle associazioni il movimento #siamoaititolidicoda ha organizzato un'indagine statistica che fotografa il drammatico stato di salute del settore: alla domanda «attualmente stai lavorando?», risponde con un «no» il 75 per cento e con un «sì» il 25 per cento, di questi il 50,7 per cento non ha lavori futuri, il 66,7 per cento non percepisce Naspi e il 35,5 per cento dichiara un «forse». La sfiducia nell'industria cinematografica italiana è pari al 99,1 per cento, con un tasso di preoccupazione per il proprio futuro del 96,3 per cento;
è anche recente l'appello del regista Pupi Avati, accolto in una proposta di legge depositata dapprima dal Gruppo del Partito democratico e successivamente da Forza Italia, di istituire l'Agenzia o un Ministero ad hoc per il cinema e l'audiovisivo;
in Italia sono operative 9.000 imprese che creano 65 mila posti di lavoro, più ulteriori 114 mila nelle filiere connesse. Il fatturato totale è di 13 miliardi di euro l'anno. C'è poi il cosiddetto effetto moltiplicatore, cioè per ogni euro speso da investimenti pubblici o privati sul settore si genera un ritorno di 3,54 euro;
l'ultimo decreto del riparto del fondo cinema ha confermato tutte le preoccupazioni del settore: il tax credit cinema risulterebbe decurtato di circa 130 milioni di euro, ridotti di 20 milioni di euro anche i contributi automatici e aumentati i contributi selettivi;
il documento di finanza pubblica 2025 non fa alcun cenno, a conferma di una strategia politica disinteressata al settore, ai diversi aspetti del settore culturale e non si evince nessuna previsione di intervento volta a sostenere la produzione cinematografica e audiovisiva, penalizzata dall'aumento della politicizzazione delle scelte di finanziamento –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare al fine di rafforzare e sviluppare le arti e l'industria cine-audiovisiva, anche tenendo conto delle proposte di legge volte ad istituire l'Agenzia per il cinema e l'audiovisivo, con specifici compiti e funzioni di progettazione, gestione e attuazione delle politiche pubbliche per lo sviluppo e il sostegno del settore cinematografico e audiovisivo.
(3-01913)
Iniziative volte a ricordare la figura di Giovanbattista Cutolo e a promuovere la conoscenza e lo studio della musica classica e lirica – 3-01914
DEBORAH BERGAMINI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
la musica classica è un'arte eccelsa che si è sviluppata in Europa nel corso di secoli e ha prodotto alcune delle opere più belle e famose di tutti i tempi. Essa rappresenta una ricchezza incommensurabile che ha contribuito a formare la cultura e la società europea. E ancora oggi continua ad essere un punto di riferimento per i popoli di tutto il mondo;
l'Italia è stata per centinaia d'anni regina incontrastata della «Grande Musica». Ha inventato le note e gli strumenti musicali, il bel canto, l'opera lirica e il melodramma, la musica classica e il balletto. Ha una lunga e ricca tradizione, che risale al Medioevo;
numerosi studi hanno dimostrato che l'esposizione alla musica classica migliora notevolmente le capacità cognitive dei giovani, quali il benessere mentale, la creatività, la riflessione, la consapevolezza e l'istruzione;
testimonianze positive arrivano anche da diversi istituti penali per minorenni: l'ascolto della musica classica porta in alcuni casi al totale ripudio della violenza;
la musica classica – a fronte della continua e inaudita ondata di violenza contro le donne – induce alla considerazione, al rispetto e all'ammirazione nei confronti della figura femminile;
il giovane musicista Giovanbattista Cutolo, barbaramente ucciso da un ragazzo di 16 anni il 31 agosto 2023, merita di essere ricordato nel tempo con un dovuto omaggio alla sua figura. Amava la musica classica più di ogni altra cosa e invocava a gran voce la divulgazione e l'educazione alla musica classica, anche quale efficace strumento di prevenzione rispetto al dilagare della delinquenza giovanile e come forma di diffusione della cultura –:
se non ritenga di dover adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a ricordare la figura di Giovanbattista Cutolo e a promuovere la conoscenza e lo studio della musica classica e lirica nel nostro Paese, al fine di creare opportunità di crescita culturale per le nuove generazioni e nel Paese, avendo presente che la musica classica e lirica potrà rappresentare un prezioso strumento per un'incisiva prevenzione ad ogni forma di violenza, di criminalità minorile, di bullismo, di discriminazione, di atteggiamenti riprovevoli, di disagio sociale e di femminicidio.
(3-01914)
Chiarimenti in ordine a dichiarazioni del Ministro della cultura sulla necessità di una riduzione dell'aliquota Iva applicata alla cessione di opere d'arte – 3-01915
CANDIANI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DE BERTOLDI, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto annunciato dal Ministro interrogato a marzo 2025, in occasione della presentazione del rapporto Nomisma sul mercato dell'arte in Italia: «ci siamo e credo che siamo vicini a un risultato che darà soddisfazione a tutti quanti. Il Ministro dell'economia e delle finanze è d'accordo», riferendosi alla richiesta da tempo di galleristi, collezionisti e mercanti d'arte di abbassare l'Iva sulle cessioni di beni d'arte;
in Italia attualmente l'Iva sulla cessione di opere d'arte è soggetta all'aliquota ordinaria del 22 per cento, la più alta in Europa, mentre la Francia ha optato da gennaio 2025 per un regime agevolato del 5,5 per cento a tutte le transazioni artistiche, incluse le importazioni e le cessioni; la Germania a sua volta ha ridotto la propria aliquota al 7 per cento;
tale sostanziale differenza vuol dire, per un collezionista, che per la stessa opera d'arte pagherebbe fino al 18 per cento in più acquistandola in Italia piuttosto che in Francia, con la duplice conseguenza, da un lato, di far perdere di competitività gli operatori italiani e, dall'altro, di invogliare i giovani artisti a guardare alle gallerie straniere;
l'impatto negativo di tale «dumping» colpisce non soltanto gli operatori culturali, bensì l'intera filiera dell'arte, di cui fanno parte restauratori, trasportatori, studiosi, artigiani e organizzazioni fieristiche;
un grido di allarme era già stato lanciato l'8 febbraio 2025 da mercanti, dealer, galleristi e case d'aste, in una lettera aperta al Governo –:
se il Ministro interrogato confermi la necessità di una riduzione dell'aliquota Iva, adeguandola agli standard europei, al fine di sostenere la competitività italiana nel mercato dell'arte.
(3-01915)
Chiarimenti in ordine al rispetto del termine per l'esercizio della delega di cui alla legge n. 106 del 2022 in materia di attività circensi e spettacoli viaggianti – 3-01916
BORRELLI, ZANELLA, BONELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
gli animali nei circhi sono prigionieri addestrati con metodi coercitivi, trasportati da un luogo all'altro del Paese e costretti ad esibirsi per un assurdo divertimento;
secondo un'indagine del 2023 Bva Doxa oltre il 76 per cento degli italiani è contrario all'uso degli animali nei circhi e quasi 4 italiani su 5 (79 per cento) sono favorevoli a destinare i fondi pubblici, attualmente devoluti ai circhi con animali, solamente a favore di circhi che si riconvertiranno, proponendo spettacoli senza l'uso di animali;
si stima infatti che ancora oggi siano circa 2.000 gli animali usati nei circhi italiani, costretti a esercizi innaturali, sottoposti ad addestramenti basati anche su violenza fisica e psicologica, rinchiusi in piccoli spazi, spesso in ambienti inadeguati e sottoposti a spostamenti che costituiscono per loro un ulteriore stress, mentre sono già più di 50 i Paesi che nell'Unione europea e nel resto del mondo hanno vietato o fortemente limitato l'uso degli animali nei circhi in diverse forme;
in sede di esame della proposta di legge, atto Camera n. 30; «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l'integrazione e l'armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali», la Camera dei deputati ha approvato, con riformulazione e parere favorevole del Governo, l'ordine del giorno n. 9/00030-A/23 a prima firma del deputato Borrelli, che impegna il Governo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ad avviare iniziative per l'esercizio della delega conferita dalla legge n. 106 del 2022;
l'articolo 2, comma 1, della citata legge «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo» conferisce delega al Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino delle disposizioni normative in materia di spettacolo e, in particolare, la revisione delle disposizioni nei settori delle attività circensi e degli spettacoli viaggianti, specificamente finalizzata al graduale superamento dell'utilizzo degli animali nello svolgimento delle stesse;
il termine per l'esercizio della delega è stato oggetto di proroghe e, da ultimo, il termine è stato fissato al 18 agosto 2025;
anche in considerazione dell'impegno al Governo approvato dalla Camera dei deputati con l'ordine del giorno 9/00030-30-A/23, è indispensabile il rispetto di tale termine per l'esercizio della delega che tuteli ed escluda gli animali dalle attività circensi –:
se il Ministro interrogato intenda confermare, per quanto di competenza, il rispetto del termine del 18 agosto 2025 dell'esercizio della delega conferita al Governo dalla legge n. 106 del 2022 e se, conseguentemente, siano già state avviate tutte le necessarie iniziative.
(3-01916)
Elementi in ordine allo stato di attuazione della riorganizzazione del Ministero della cultura, con particolare riferimento agli istituti dotati di autonomia speciale – 3-01917
LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, CAVO, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. – Al Ministro della cultura. – Per sapere – premesso che:
il Ministero della cultura ricopre un ruolo fondamentale per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 marzo 2024, n. 57, entrato in vigore nel mese di maggio 2024, il Ministero della cultura ha provveduto a disporre la riorganizzazione delle proprie strutture, anche con riferimento agli istituti dotati di autonomia speciale di prima e di seconda fascia (cosiddetti musei) –:
quale sia lo stato di attuazione della citata riorganizzazione, in particolare con riferimento agli istituti dotati di autonomia speciale.
(3-01917)
Intendimenti in ordine alla reintroduzione delle sponsorizzazioni nel mondo del calcio, con particolare riferimento alla pubblicità del gioco d'azzardo, anche in considerazione delle recenti dichiarazioni del Ministro per lo sport e i giovani sulla vicenda scommesse – 3-01918
FRANCESCO SILVESTRI, RICCARDO RICCIARDI, AURIEMMA, ILARIA FONTANA, ALIFANO, QUARTINI, SANTILLO e AMATO. — Al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:
recentemente la stampa ha riportato notizie in merito ad un presunto giro di scommesse clandestine, anche attraverso piattaforme on line che ha coinvolto vari calciatori, sia di serie A che di serie B;
la Guardia di finanza di Milano, su delega della procura, ha eseguito un decreto di sequestro preventivo nei confronti di cinque indagati e una società, emesso dal giudice per le indagini preliminari per oltre 1,5 milioni di euro, nell'ambito di un'inchiesta per esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse, riciclaggio e responsabilità amministrativa degli enti;
la Commissione cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport del Senato della Repubblica ha approvato una risoluzione che, di fatto, a parere degli interroganti riapre le porte alla pubblicità del gioco d'azzardo nel mondo del calcio. Il divieto era stato introdotto nel 2018 con il «decreto dignità» durante il Governo Conte I;
il ritorno della pubblicità sulle scommesse potrebbe riportare sponsorizzazioni sulle maglie da calcio del campionato – ma anche su banner e cartellonistica negli stadi – di alcuni marchi del betting;
da dichiarazioni del Ministro interrogato emerge sdegno e condanna circa i fatti descritti; tuttavia, appare evidente, a parere degli interroganti, una sorta di corto circuito di un Governo che, da un lato, vuole rendere il calcio sempre più schiavo del denaro e, dall'altro, scarica sui ragazzi la responsabilità di un sistema malato;
peraltro, se si permette che l'azzardo torni a invadere gli stadi e le maglie dei calciatori, i risultati non potranno che essere devastanti anche a livello sociale, mortificando l'essenza etica dello sport –:
come il Ministro interrogato, per quanto di competenza e anche in considerazione della disciplina europea, intenda intervenire in merito alla reintroduzione delle sponsorizzazioni di cui in premessa, al fine di arginare tale deriva che coinvolge, soprattutto, i giovani, pubblico fragile e indotto a ritenere che tali false rappresentazioni siano parte integrante dello sport.
(3-01918)
Iniziative in ordine alla semplificazione del quadro normativo volta a favorire la competitività delle imprese, anche alla luce della prospettata applicazione dei dazi statunitensi – 3-01919
BOSCHI, GADDA, BONIFAZI, DEL BARBA, FARAONE, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. — Per sapere – premesso che:
l'eccessivo onere burocratico rappresenta uno dei principali ostacoli allo sviluppo e alla competitività delle micro, piccole e medie imprese italiane, frenando la crescita e scoraggiando gli investimenti;
secondo l'Ocse il costo della burocrazia per il sistema-Paese è pari a 80 miliardi di euro annui: gli adempimenti burocratici sottraggono mediamente 238 ore lavorative annue per ciascuna piccola e media impresa, con un'incidenza particolarmente gravosa sulle imprese di minori dimensioni, le quali rappresentano il tessuto connettivo fondamentale dell'economia nazionale;
il 73 per cento degli imprenditori italiani considera la burocrazia un serio problema per la propria operatività, contro una percezione media del 57 per cento nell'eurozona;
duplicazioni, tempi burocratici, pluralità di adempimenti, molteplicità di interlocutori e assenza di coordinamento tra i diversi livello istituzionali e di governo impegnano fino a un terzo dei tempi di lavoro delle imprese, con evidenti ripercussioni sulla produttività;
nell'«Index of economic freedom», redatto dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal, l'Italia è al 57° posto dei 177 Paesi esaminati, terzultima tra gli Stati membri dell'Unione europea;
il carico burocratico ha un impatto particolarmente negativo anche sui processi di digitalizzazione e innovazione tecnologica, rallentando la transizione verso modelli di business più efficienti e sostenibili;
il Regional competitiveness Index e l'Institutional quality Index evidenziano significative disparità territoriali, con le regioni del Nord che presentano una maggiore efficienza amministrativa rispetto al Sud, dove persistono lentezze burocratiche e carenze infrastrutturali;
la legge 5 agosto 2022, n. 118, all'articolo 27, delegava il Governo a semplificare i controlli sulle attività economiche allo scopo di eliminare adempimenti superflui e promuovere la collaborazione tra pubblica amministrazione e imprese. Tale previsione è stata tuttavia depotenziata dal decreto legislativo 12 luglio 2024, n. 103, il quale si limita a disposizioni di carattere meramente programmatico, demandando alle singole amministrazioni l'onere di effettuare un censimento dei controlli in essere, pubblicare ogni triennio documenti di sintesi, mantenere fascicoli informatici d'impresa, adottare linee guida e avviare percorsi di formazione interna –:
quali iniziative concrete di competenza, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di attuare una semplificazione effettiva, organica e strutturale del quadro normativo e amministrativo, superando la frammentazione delle competenze, riducendo gli adempimenti burocratici, garantendo l'interoperabilità tra le banche dati pubbliche, promuovendo l'adozione di strumenti digitali realmente funzionali, anche al fine di colmare le persistenti disparità territoriali nell'efficienza amministrativa e favorire la competitività del sistema produttivo nazionale, anche alla luce del nuovo quadro di incertezze derivante dalla prospettiva di una guerra commerciale e dell'applicazione dei dazi statunitensi.
(3-01919)
Intendimenti in ordine all'adozione di iniziative normative di carattere costituzionale volte al superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto – 3-01920
MARATTIN. — Al Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. — Per sapere – premesso che:
secondo un'analisi pubblicata da Il Sole 24 ore il 1° febbraio 2025, nei primi 26 mesi della XIX legislatura su 172 leggi approvate, ben 161 (il 93,6 per cento) sono state modificate da una sola Camera; in particolare, tutte le 74 leggi di conversione di decreti-legge hanno avuto un passaggio modificativo esclusivamente monocamerale;
questa tendenza al «monocameralismo alternato» è in corso, con intensità crescente, da diverse legislature;
tale situazione presenta un elevato numero di criticità sollevate più volte da costituzionalisti ed esperti della materia, prima tra tutte il fatto che – alternativamente – deputati e senatori sono messi nelle condizioni di non poter realmente esercitare il proprio mandato, essendo di fatto preclusa ogni possibilità di apportare modifiche;
i tempi per l'approvazione delle leggi risultano inutilmente dilatati, senza che nei fatti venga più realizzato il principale beneficio di un sistema di bicameralismo perfetto, vale a dire la possibilità di una doppia lettura – e quindi una maggiore ponderazione – nel processo di approvazione di una legge;
duplicazioni procedurali e rallentamenti normativi rappresentano un ostacolo anche per l'attività del Governo;
l'assetto vigente in Italia, in cui entrambe le Camere hanno gli stessi poteri legislativi e di fiducia al Governo, non ha eguali in nessun'altra democrazia parlamentare del mondo;
il superamento del bicameralismo paritario è stato oggetto dei due ultimi tentativi di riforma sistemica dell'architettura istituzionale, che tuttavia non hanno superato i referendum confermativi nel 2006 e nel 2016;
nessun tentativo, tuttavia, è stato mai fatto in passato per risolvere puntualmente il problema, senza abbinare altre proposte di modifica maggiormente divisive all'interno del panorama politico;
in numerose occasioni pubbliche esponenti di tutti i partiti rappresentati in Parlamento hanno espresso contrarietà al mantenimento di un sistema di bicameralismo paritario, esprimendosi per un sistema monocamerale ovvero per un sistema in cui la seconda camera ha compiti di rappresentanza degli enti territoriali;
nella XIX legislatura è stata presentata la proposta di legge costituzionale n. 2210, recante modifiche finalizzate esclusivamente al superamento del sistema bicamerale e il passaggio ad un sistema monocamerale;
attualmente il Governo si è fatto promotore di un disegno di legge costituzionale che contiene modifiche al meccanismo di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri, senza tuttavia toccare il bicameralismo paritario –:
quali iniziative normative di carattere costituzionale, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo, e in particolare il Ministro interrogato, per superare l'attuale sistema di bicameralismo paritario.
(3-01920)
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 11 APRILE 2025, N. 48, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI SICUREZZA PUBBLICA, DI TUTELA DEL PERSONALE IN SERVIZIO, NONCHÉ DI VITTIME DELL'USURA E DI ORDINAMENTO PENITENZIARIO (A.C. 2355)
A.C. 2355 – Questioni pregiudiziali
QUESTIONI PREGIUDIZIALI
La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge n. 48 del 2025, il Governo ha adottato un provvedimento ad avviso dei firmatari chiaramente illegittimo, lesivo delle prerogative del Parlamento;
il decreto-legge si compone di una varietà di disposizioni del tutto eterogenee, tratte per intero dal precedente disegno di legge n. 1660 Camera e n. 1236 Senato;
tale disegno di legge era in corso di esame proprio presso l'altro ramo del Parlamento, in fase di discussione in Assemblea (con mandato ai relatori votato nelle Commissioni riunite I e II il 26 marzo 2025 e termine per presentazione emendamenti fissato al 7 aprile 2025);
che si tratti dello stesso identico provvedimento è attestato anche dal titolo del decreto-legge, il quale è intitolato in termini esattamente uguali: «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario»;
ad avviso dei firmatari, il sopruso ai danni del dibattito parlamentare sin qui svolto – che pure non è stato privo di forzature – tradisce la chiarissima mancanza dei requisiti di necessità e urgenza, richiesti dall'articolo 77 della Costituzione;
quale sia l'urgenza straordinaria di provvedere rispetto a un testo che è in discussione alle Camere dal gennaio 2024 non è in alcun modo chiarito dal preambolo del decreto-legge;
l'adozione di decreti d'urgenza in carenza di tali requisiti è stata più volte stigmatizzata dalle pronunce della Corte costituzionale, la quale ha stabilito che la mancanza originaria della straordinaria necessità di provvedere può essere sindacata in sede di legittimità (v. le sentenze n. 171 del 2007 e 146 del 2024);
più in particolare, la sentenza n. 171 del 2007 – riprendendo peraltro la precedente n. 29 del 1995 – ha sottolineato che la Corte costituzionale deve sindacare sulla sussistenza di quei presupposti, perché la legge di conversione e il suo iter non sono argini sufficienti, giacché essi intervengono su una realtà fattuale e giuridica già mutata dall'entrata in vigore del decreto-legge;
a sua volta, la più recente pronuncia n. 146 del 2024 ha stabilito, con nettezza anche maggiore, che l'emanazione di un decreto-legge senza i predetti requisiti li trasforma in un improprio «disegno di legge ad urgenza garantita», in cui si possono trasfondere le norme più disparate;
deve essere poi sottolineato come molte disposizioni – comuni all'atto Senato 1236 e al decreto-legge n. 48 – intervengono in materie delicatissime – su cui, infatti, le Camere stavano discutendo in modo approfondito – e, invece, ora sono in vigore senza la dovuta ponderazione;
ci si riferisce anzitutto alle plurime nuove disposizioni penali (sia nuovi reati sia nuove circostanze aggravanti), le quali dovrebbero essere – in via di principio e salvi i veri casi di urgenza e necessità – riservate alla fonte della legge del Parlamento, per rispettare a pieno l'articolo 25 della Costituzione, che è volto precisamente a far conoscere ai cittadini con sufficiente anticipo le nuove fattispecie di reato e le conseguenti pene;
nel merito, numerose sono le disposizioni suscettibili di determinare un contrasto con i princìpi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico – in particolare nel campo del diritto penale, del diritto dell'immigrazione e del diritto penitenziario – nonché con norme del diritto internazionale e sovranazionale, quindi potenzialmente illegittime;
l'articolo 9, che interviene sulle ipotesi di revoca della cittadinanza italiana in caso di condanna definitiva per i reati di terrorismo ed eversione ed altri gravi reati, introdotte nel 2018 (articolo 10-bis, L. 91/1992), estende da tre a dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna il termine per poter adottare il provvedimento di revoca. Tale modifica consente di esercitare il potere di revoca anche dopo un decennio rispetto all'accertamento dei fatti contestati, ponendosi in contrasto con il principio di proporzionalità, che costituisce uno dei principi fondanti dell'ordinamento costituzionale, nonché del sistema CEDU;
la disposizione, inoltre, nella parte in cui stabilisce che non si può procedere alla revoca della cittadinanza ove l'interessato non possieda un'altra cittadinanza ovvero non ne possa acquisire altra – pur essendo ispirata alla ratio di prevenire situazioni di apolidia, al fine di garantire il rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sulla riduzione dei casi di apolidia, fatta a New York il 30 agosto 1961 – non chiarisce se, in attuazione della disposizione in esame, la revoca della cittadinanza possa verificarsi anche nei casi in cui la possibilità di acquisire un'altra cittadinanza poi in concreto non si realizzi. In tal senso non risolve il contrasto con l'articolo 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, in base a cui ogni individuo ha diritto di possedere «una cittadinanza», nonché con l'articolo 8, paragrafo 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sulla riduzione dei casi di apolidia del 1961, che stabilisce che nessuno Stato Parte può privare una persona della sua cittadinanza qualora tale privazione rendesse la persona apolide. Ambedue le violazioni, che rischiano di porre lo Stato italiano in una situazione di illegalità internazionale, sono in contrasto con l'articolo 117, comma 1, della Costituzione;
l'articolo 15, recante modifiche al codice penale e di procedura penale in materia di esecuzione della pena e di misure cautelari nei confronti di donne incinte e madri di prole di età inferiore a un anno o a tre anni, è ispirato ad una ratio di natura evidentemente discriminatoria, considerato che – come risulta dai numerosi riferimenti politici in tal senso e da dichiarazioni di esponenti del Governo – è pensato in particolare con riferimento alle donne rom. Nel merito – per quanto modificato rispetto alla disposizione contenuta nel disegno di legge, nella parte in cui precisa che l'eventuale custodia cautelare per le donne indagate o imputate con figli al seguito sia eseguita obbligatoriamente in un ICAM – l'articolo si pone in contrasto con norme internazionali, consuetudinarie e pattizie, che tutelano le donne detenute incinte, nello specifico con le Regole delle Nazioni Unite conosciute come «Regole di Bangkok», nonché con il preminente interesse del minore, con conseguente violazione indiretta degli articoli 10, comma 1, e 117, comma 1, della Costituzione, ponendosi altresì in contrasto con la giurisprudenza costituzionale sul punto;
l'articolo 18, finalizzato a perseguire penalmente l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l'invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze anche della cosiddetta «Cannabis Light» – priva di effetti psicoattivi – parificandola alle sostanze stupefacenti di cui alla tabella II del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, oltre a determinare una palese violazione dei princìpi di proporzionalità, ragionevolezza e offensività del diritto penale, rischia di porsi in contrasto anche con la libertà di iniziativa economica privata, protetta dall'articolo 41 della Costituzione, nonché con i princìpi dell'Unione europea e del mercato interno in materia di libera circolazione delle merci;
la canapa, infatti, a livello del diritto UE è qualificata da decenni come «prodotto agricolo», oltre che come «pianta industriale», in base al Reg. UE n. 220/2015, senza alcuna distinzione tra le parti della pianta, per questo il divieto di commercializzazione delle sue infiorescenze – adottato senza che sia stata attivata la procedura TRIS prevista dalla Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento Europeo e del Consiglio – rischierebbe di costituire una violazione degli articoli 34 e 36 del TFUE, ossia del principio di libera circolazione dei prodotti tra uno Stato membro e l'altro;
l'articolo 19, in materia di violenza o minaccia e di resistenza a un pubblico ufficiale, che introduce una circostanza aggravante dei delitti di violenza o minaccia e di resistenza a pubblico ufficiale, con aumento di pena fino alla metà, se il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, crea all'interno della categoria dei pubblici ufficiali un sottoinsieme composto solo da agenti di polizia, e determinerebbe la situazione in cui un atto di violenza contro un agente di polizia sarebbe punito più severamente rispetto a quello commesso contro un giudice, ad esempio. In questo senso, l'articolo in esame si pone in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, ponendo gli agenti di polizia in una posizione di ingiustificato privilegio;
l'articolo 26, in materia di rafforzamento della sicurezza negli istituti penitenziari, introduce, modificando alcune disposizioni del codice penale, il nuovo delitto di «rivolta all'interno di un istituto penitenziario», di cui al nuovo articolo 415-bis del codice penale. Tale nuovo delitto punisce con la reclusione fino a otto anni coloro che, all'interno di un istituto penitenziario, promuovono, organizzano o dirigono una rivolta, nonché, con la reclusione fino a cinque anni, chiunque partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, parificando agli atti violenti anche le condotte di «resistenza passiva» che impediscono il compimento degli atti necessari alla gestione dell'ordine o della sicurezza;
si consideri che l'articolo 34 del provvedimento in esame, peraltro, mediante modifica dell'articolo 4-bis, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario, ricomprende il nuovo reato all'interno del novero dei reati cosiddetti «ostativi», precludendo l'accesso ai cosiddetti benefici penitenziari, quindi equiparando il nuovo reato ai reati di mafia e terrorismo;
con particolare riferimento alla condotta di resistenza passiva che impedisce il compimento degli atti necessari alla gestione dell'ordine o della sicurezza, si segnala che la formulazione della fattispecie continua a risultare particolarmente ampia, nonostante la modifica apportata nel nuovo decreto-legge, in quanto non specifica con alcuna precisione le condotte a essa riconducibili. Nella condotta di resistenza passiva, inoltre, non sono rinvenibili lesioni di beni giuridici diversi dall'ordine pubblico, il quale non può non essere bilanciato con il diritto fondamentale della libertà di manifestazione del pensiero, protetto dall'articolo 21 della Costituzione. La norma in esame, di conseguenza, determinerebbe una abnorme compressione della libertà di manifestazione del pensiero, ponendosi in evidente violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità di cui all'articolo 3 della Costituzione;
al pari dell'articolo 26, anche il successivo articolo 27 contiene una disposizione che, ad avviso dei firmatari, confina con l'inciviltà: si prevede il reato (con la pena da 1 a 6 anni) del migrante che, anche in questo caso, anche con la resistenza passiva, promuova una rivolta in un centro di detenzione per migranti. La norma è in contrasto con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, se è vero com'è vero che la situazione dei centri italiani di permanenza per i rimpatri è stata più volte dichiarata in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (si vedano, da ultimo e per esempio, le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo Sadio c. Italia del 16 novembre 2023 e A.E. e altri c. Italia del 16 novembre 2023) e che, più che legittimamente, i migranti potrebbero ribellarvisi;
gravide di conseguenze sono anche le modifiche alla legge n. 124 del 2007 in materia di servizi d'informazione di sicurezza. Sebbene rispetto al testo dell'A.S. 1236 sia venuto meno l'obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni di fornire i dati in loro possesso alle Agenzie dei servizi, restano le norme – che appaiono contrastanti con l'articolo 3 della Costituzione in punto di ragionevolezza – che consentono agli agenti dei servizi (non solo d'infiltrarsi ma anche) di promuovere e dirigere associazioni sovversive e terroristiche;
in conclusione, il decreto-legge n. 48 è incostituzionale nel metodo e nel merito,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2355.
N. 1. Magi, Schullian.
La Camera,
premesso che:
è all'esame il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario (AC 2355);
esso reca 39 articoli i quali – al pari dell'omologo disegno di legge in esame al Senato che ha sostituito, azzerando il prosieguo del dibattito parlamentare – ad avviso dei presentatori smontano di fatto una cultura giuridica, politica ed etica, rompono con la tradizione giuridica liberale e solidale, realizzano un pesante attacco alle libertà democratiche – in particolare, alla libertà personale e alla libertà di pensiero e di espressione di cui, rispettivamente, agli articoli 13 e 21 della Costituzione – introducono, come si evidenzierà meglio in seguito, nuove ipotesi di reato, sproporzionati e ingiustificati aumenti di pena, nuove aggravanti che violano i principi di ragionevolezza, offensività e tassatività, criminalizzazione del dissenso;
se da tempo, ad avviso dei firmatari, si intravedevano i sintomi e i prodromi di un contenimento della libertà di manifestazione ed espressione del pensiero, i fatti e le occasioni sembrano ora trovare una solida cornice normativa repressiva e ridestano scenari inquietanti, in ordine alle modalità con le quali – in nome di una pretesa tutela della sicurezza pubblica – sarebbero garantiti diritti e principi democratici;
la manifestazione del pensiero, in ogni sua forma, garantita dall'articolo 21 Cost., è da considerarsi cardine dell'ordinamento democratico, baluardo del buon funzionamento della democrazia – «pietra angolare dell'ordine democratico» (Corte cost., sentenza n. 84/1969);
la Costituzione vieta la violenza, ma legittima il conflitto delle idee e la libertà del dissenso, sulla base del riconoscimento del pluralismo, ammette le proteste non violente e le forme di resistenza meramente passiva, senza alcuna violenza o minaccia;
non è un caso se nei Paesi che, in modo eclatante o latente, involvono o si avviano ad intaccare libertà e principi democratici, i primi assalti investano la libertà di espressione e reprimano il dissenso;
non è un caso, neanche, che la storia della nostra giustizia costituzionale (come ricorda il prof. Enzo Cheli in uno scritto sul tema), abbia avuto il suo inizio proprio con una sentenza in tema di libertà di espressione – la sentenza n. 1 del 14 giugno del 1956 – dove la Corte, dopo aver tracciato le linee portanti del giudizio costituzionale, veniva a sanzionare l'incostituzionalità, per la violazione della libertà di espressione, di alcune norme del Testo unico di pubblica sicurezza del 1931;
i profili e i nodi critici, già rilevati in occasione dell'esame del disegno di legge che il decreto in parola ripropone, sono acuiti dalla protervia del Governo che ne ha trasfuso il contenuto in un provvedimento d'urgenza, adottato al solo fine di non perdere tempo e «dare tempi certi» alle misure ivi contenute, in spregio alle prerogative parlamentari, e, per ciò stesso, privo del requisito della straordinarietà;
il ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza, già bulimico da parte del Governo in carica, del quale è oscura la ragione, a fronte di una maggioranza parlamentare schiacciante, al solo fine di riprodurre il testo all'esame delle Camere, salvo qualche lieve attenuazione di disposizioni foriere di palese illegittimità costituzionale, e superare il dibattito parlamentare in corso, era probabilmente inimmaginabile per i Costituenti e parimenti lo è per i firmatari del presente atto – tale metodo va ad aggiungersi allo svuotamento del ruolo delle due Camere e alla trasformazione del bicameralismo perfetto in un monocameralismo alternato, in quanto una Camera è chiamata a ratificare l'esame, svoltosi presso l'altro ramo, di un provvedimento ormai «blindato»;
la limatura di talune disposizioni – si vedrà quali più oltre – non scalfisce l'allarmante torsione autoritaria, il segno culturalmente regressivo e l'accezione repressiva della «sicurezza», ben lungi dal disegno costituzionale;
come si dirà più ampiamente nel prosieguo, le misure recate dal provvedimento, si muovono in un'ottica esclusivamente repressiva – che percorre tutto il provvedimento, attraverso la configurazione di nuove fattispecie di reato o modifiche a fattispecie già esistenti, aggravandone le sanzioni penali, con non infrequenti sovrapposizioni tra fattispecie – in assenza, tuttavia, di prospettiva di prevenzione dei fenomeni. Pertanto, nel suo complesso, il provvedimento in titolo non produce alcun rafforzamento della sicurezza, a fronte di una inaccettabile compressione della sfera della libertà di espressione del pensiero sia da parte dei singoli, sia in forma associata;
in occasione del 75° anniversario dell'adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, decine di organizzazioni e associazioni di settore hanno lanciato un appello al Governo, ribadendo che «perseguire un approccio prevalentemente, se non esclusivamente, basato sulla pervasività di norme penali piuttosto che sul tentativo di affrontare problemi con appropriate risposte socio-economiche e culturali, metterà una volta di più in crisi i diritti umani, civili e politici di tutti e tutte e la legalità costituzionale, nonché il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia»;
in ordine al contenuto del provvedimento, molteplici sono gli aspetti che si possono stigmatizzare in questa sede:
l'improprio uso che del diritto penale vi è compiuto, non orientato verso finalità di tutela e protezione di beni giuridici costituzionalmente rilevanti e meritevoli di protezione, così risultando violato il principio di necessità della sanzione penale;
sul piano della formulazione delle norme penali, l'indeterminatezza e la genericità, mentre, con riguardo alla definizione della cornice edittale, la sproporzionalità e l'irragionevolezza: la delicatezza dei valori in gioco nell'ambito della disciplina penale, valori che attengono al rispetto della dignità e della libertà della persona umana e che dalla Costituzione sono posti al centro dell'ordinamento, implica l'osservanza, da parte del legislatore, nella formulazione del precetto normativo e della relativa sanzione, dei principi di determinatezza della fattispecie e di proporzionalità della pena, principi che assumono rilevanza costituzionale ai sensi dell'articolo 3 e che risultano violati da molteplici disposizioni, come si dirà più ampiamente in seguito;
all'articolo 2 della Costituzione si prevede che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;
l'articolo 3 riconosce espressamente che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali;
l'articolo 13 stabilisce che la libertà personale è inviolabile;
l'articolo 16 assicura ad ogni cittadino di circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche;
l'articolo 21 garantisce a tutti gli individui il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione;
l'articolo 25 garantisce che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso, né può essere sottoposto a una misura di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge;
l'articolo 27 garantisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato;
l'articolo 31 protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo;
l'articolo 77 vieta al Governo, senza delegazione delle Camere, di emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria, consentendo al contempo al medesimo, solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, di adottare, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge;
l'articolo 1 del codice penale statuisce che «Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto dalla legge come reato, né con pene che non siano da essa stabilite»;
l'articolo 199 sempre del codice penale prevede che «Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti»;
alla luce dei principi e dei precetti riportati, che fondano l'ordinamento costituzionale repubblicano, appare evidente ai firmatari del presente atto la torsione cui gli stessi siano stati sottoposti al fine di volgerli, forzosamente, a ricomprendere la visione, gli obiettivi e la prospettiva che informano le sedicenti misure in materia di «sicurezza pubblica e urbana»;
ad avviso degli scriventi, il testo licenziato dal Governo in carica presenta un impianto segnato da criticità rilevanti, sia sotto il profilo del merito, che del metodo;
preliminarmente, desta seria preoccupazione agli scriventi la scelta del Governo rispetto ad un così vasto ricorso al diritto penale in chiave meramente simbolica di rafforzamento della sicurezza pubblica, e ciò a maggior ragione, in quanto ciò è realizzato con lo strumento della decretazione d'urgenza, nonostante fosse in esame da mesi un disegno di legge dal medesimo contenuto al Senato, già approvato alla Camera. Le opportune modifiche rispetto alla versione originaria del disegno di legge, invero, indispensabili per diminuire la torsione repressiva dell'intervento, appaiono tuttavia nel complesso marginali e non ne modificano l'impianto complessivo;
vengono infatti introdotte, con decreto-legge, nuove fattispecie incriminatrici e inasprite le pene di altri reati. Le condotte oggetto di criminalizzazione appaiono, nella quasi totalità dei casi, espressive di marginalità sociale o di forme di manifestazione del dissenso, con interventi che risultano per diversi profili di dubbia compatibilità con svariati principi costituzionali su cui si basa il nostro ordinamento penale, penitenziario e il diritto dell'immigrazione, in considerazione della reiterata violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità nella determinazione degli aumenti della pena, e dei principi di offensività, di tassatività e determinatezza, con riferimento alla introduzione di nuove fattispecie di reato che, secondo i firmatari, pericolosamente mirano a punire il modo d'essere del soggetto autore della condotta piuttosto che la condotta medesima;
a titolo esemplificativo, si pensi alla pena comminata per la fattispecie di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui (da due a sette anni di reclusione), che coincide con quella prevista dall'articolo 589, comma 2, codice penale per l'omicidio con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;
ma ciò che desta più sconcerto è certamente l'anomalo ricorso alla decretazione d'urgenza in materia penale per trasferire in un decreto-legge un intero disegno di legge presentato oltre un anno fa e al cui esame sono state dedicate un centinaio di sedute tra Camera e Senato, con l'audizione di numerosi professori ed esperti;
si stigmatizza, in particolare, come – in barba ai principi costituzionali di cui all'articolo 77 – il decreto-legge sia stato utilizzato impropriamente dal Governo in carica, come una sorta di disegno di legge con «efficacia immediata», con l'effetto di svilire il ruolo del Parlamento e creare un precedente dalle pericolose ricadute istituzionali;
appare opportuno rammentare i più recenti approdi della Consulta al riguardo, la quale ha ribadito (sent. n. 146/2024, Pres. Barbera, Rel. Pitruzzella) come, anche al di fuori della materia penale, il ricorso alla decretazione d'urgenza sia soggetto a limiti «fissati allo scopo di non vanificare la funzione legislativa del Parlamento». Specificando che, non si può in alcun modo giustificare «lo svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento, che resta la sede della rappresentanza della Nazione (articolo 67 Cost.), in cui le minoranze politiche possono esprimere e promuovere le loro posizioni in un dibattito trasparente (articolo 64, secondo comma, Cost.), sotto il controllo dell'opinione pubblica»;
ancora, «l'ampia autonomia politica del Governo nel ricorrere al decreto-legge non equivale, tuttavia, all'assenza di limiti costituzionali (...). L'adozione del decreto-legge è prevista “come ipotesi eccezionale, subordinata al rispetto di condizioni precise” principi normativi e di regole giuridiche indisponibili da parte della maggioranza, a garanzia della opzione costituzionale per la democrazia parlamentare e della tutela delle minoranze politiche»;
la democrazia si fonda, appunto, sui limiti, e questa nuova forma di democrazia senza limiti, e per ciò stesso illiberale, appare in contrasto anche con i principi di solidarietà e di giustizia sociale: fino a quando può definirsi democratico un regime in cui il Governo non accetta limiti, scavalchi ruoli e prerogative che fondano l'ordinamento giuridico, riduca l'autonomia degli organi giurisdizionali e di controllo, svilisca la netta separazione dei poteri?
per quel che ci occupa, dunque, appare lapalissiano come si possa escludere la sopravvenienza di effettive ragioni di necessità e urgenza, sia in relazione a tutte le eterogenee disposizioni contenute nel corposo provvedimento, sia in quanto si consideri che il pacchetto sicurezza – dal contenuto sovrapponibile al più recente decreto – è stato presentato oltre un anno fa con un disegno di legge di iniziativa governativa, e non già come decreto-legge, aprendo la strada pertanto a prevedibili declaratorie di incostituzionalità per violazioni del già citato articolo 77 della Carta Fondamentale;
ciò tanto più vale per la materia penale, per la quale vige la riserva di legge sancita dall'articolo 25, comma 2 Cost., che a maggior ragione imporrebbe un ricorso ancora più circoscritto alla decretazione d'urgenza;
si badi, invero, che le – numerose – disposizioni penali contenute nel provvedimento in commento entrano immediatamente in vigore, senza un periodo di vacatio legis necessario a consentirne, come imposto dal principio colpevolezza (articolo 27, comma 1 e 3, Cost.), la previa conoscibilità, con potenziali effetti irreversibili sulla libertà personale: come, ad esempio, un arresto eseguito in forza di una disposizione del decreto sicurezza che, in sede di conversione, dovesse essere abrogata o modificata in senso tale da non consentire più l'arresto;
a tacer d'altro, se l'intento del Governo in carica sia quello di garantire la sicurezza dei cittadini, ebbene, sarebbe illusorio pensare di realizzarlo – da un lato – facendo esclusivo affidamento sul diritto penale – dall'altro – omettendo investimenti per il benessere sociale, anche sotto il profilo delle condizioni della sicurezza collettiva. Invero, come confermano studi scientifici condotti a livello nazionale e internazionale, l'introduzione di nuove fattispecie penali, così come l'inasprimento delle pene non possono garantire migliori livelli di sicurezza per i cittadini, né risolvere le cause economiche, sociali, culturali alla base delle forme di criminalità che si intendono contrastare;
il decreto-legge di recente approvazione tradisce, ancora una volta, la postura che il Governo in carica intende assumere, prediligendo un diritto penale «a costo zero», che in assenza di interventi strutturali, fa sì che lo stesso fumoso concetto di «sicurezza pubblica» tanto caro alla maggioranza, rimanga una formula vuota e priva di riscontri concreti, come già dimostrato da precedenti provvedimenti legislativi;
in sintesi, le disposizioni introdotte appaiono ispirate prioritariamente ad una logica repressiva e securitaria, che rischia di portare al collasso dello Stato di diritto, per effetto del ricorso alla minaccia penale come primaria, in attuazione di una sorta di «pan-penalismo» e «pan-carcerizzazione», destinata a causare un aumento dei procedimenti, con possibili effetti negativi sulla durata complessiva dei processi. A ciò si aggiunga un ineludibile aumento della popolazione ristretta, senza che il provvedimento d'urgenza – che riguarda anche la materia penitenziaria – preveda misure per fronteggiare la gravissima situazione delle carceri sovraffollate e dell'incessante aumento dei suicidi in carcere. Senza considerare che il decreto aumenterà anche l'ingresso in carcere delle detenute incinte o madri di figli di età inferiore a tre anni, anche a causa del limitato numero degli ICAM – Istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri (attualmente solo quattro in tutta Italia), dei quali non si prevede l'incremento;
tra le disposizioni che destano maggiormente preoccupazione, si segnala preliminarmente l'articolo 1, che introduce nel nostro ordinamento, in materia di delitti con finalità di terrorismo e contro l'incolumità pubblica, una nuova fattispecie incriminatrice, la detenzione di materiale con finalità di terrorismo, attraverso il nuovo articolo 270-quinquies.3 codice penale e modifica il reato di cui all'articolo 435 codice penale;
orbene, come altresì avallato dagli esperti auditi nelle Commissioni riunite in sede di esame del disegno di legge già approvato alla Camera, la nuova norma incriminatrice, così come formulata, suscita perplessità e aspetti di criticità, in quanto appare in contrasto con i principi di legalità, tassatività e determinatezza, nonché di offensività e ragionevolezza che dovrebbero sempre ispirare il precetto penale, come corollari del principio sancito nell'articolo 3 della Costituzione. La disposizione in commento, invero, si pone nel solco di una anticipazione della tutela penale rispetto alle condotte già punite e sanzionate dall'articolo 270-quinquies codice penale, di guisa da operare una anticipazione della soglia di punibilità addirittura anteriore al tentativo. Si arriva così a punire il «pericolo del pericolo», andando a sanzionare semplicemente il procurarsi o la passiva detenzione di «materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo»;
inoltre, la suddetta norma può costituire un duplicato della condotta già sanzionata nel comma 1, seconda parte, dell'articolo 270-quinquies codice penale, cosiddetto «auto-addestramento», così bypassando l'accertamento probatorio in ordine alla condotta di avere «acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all'articolo 270-sexies», punendo, di conseguenza, la mera detenzione o il procacciamento del materiale in materia di istruzioni per l'utilizzo di armi o esplosivi;
laddove tale fattispecie di reato fosse effettivamente introdotta nell'ordinamento penale si determinerebbe un rilevante problema di tenuta del sistema penale stesso;
simili considerazioni possono valere rispetto alla norma incriminatrice che novella l'articolo 435, del codice penale, in quanto suscita problemi di tenuta costituzionale in ordine al principio di offensività. Appare opportuno ricordare in tale sede che il principio di offensività, ovvero di necessaria lesività, inteso come corollario del principio di legalità, considera come condotte penalmente rilevanti quelle idonee ad offendere, o a porre in uno stato di pericolo, un bene giuridico tutelato dall'ordinamento, non essendo concepibile un reato senza offesa. A tal proposito, deve evidenziarsi come tale principio non abbia ricevuto uno specifico riconoscimento nella Costituzione, vista la difficoltà a codificare la vastità dei beni potenzialmente tutelabili, così da essere indirettamente ricavabile dall'articolo 25, comma 2, Cost., per cui il fatto assume rilevanza penale quando viene esternalizzata una condotta materiale, lasciando impregiudicati i meri stati interiori; nonché, dall'articolo 27, commi 1 e 2, Cost. secondo cui la condotta illecita deve porre in essere una lesione oggettiva, così da legittimare un intervento sanzionatorio;
a tal riguardo, è utile richiamare come la giurisprudenza costituzionale abbia precisato che tale principio «opera su due piani, rispettivamente la previsione normativa, sotto forma di precetto rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo, di un bene o interesse oggetto della tutela penale (“offensività in astratto”), e dell'applicazione giurisprudenziale (“offensività in concreto”), quale criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice, tenuto ad accertare che il fatto abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l'interesse tutelato» (cfr. – ex multis –, Corte costituzionale, sent. n. 265/2005; ID., sent. n. 519/2000);
orbene, il nuovo comma 2 inserito all'articolo 435 del codice penale si ritiene sia inadeguato alla luce del principio di offensività, in quanto sanziona, con una pena peraltro grave, indistintamente, qualsiasi tipo di comportamento senza limitare la punizione a fatti idonei e univoci a ledere in concreto l'incolumità pubblica;
il disegno di legge, inoltre, all'articolo 10 introduce il nuovo reato di «Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui» all'articolo 634-bis codice penale, inserendo al contempo nel Codice di rito il nuovo articolo 321-bis codice di procedura penale, che conferisce ampio potere alle forze di polizia e solo secondariamente all'Autorità giudiziaria. Appare evidente come la nuova fattispecie che si intende introdurre si inserisca in un contesto normativo che, recentemente, con il cosiddetto «decreto rave» (decreto-legge n. 162 del 2022 convertito dalla legge n. 199 del 2022), era già stato «arricchito» dal già criticato articolo 633-bis codice penale, che punisce l'«invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l'incolumità pubblica», e dalla modifica dell'articolo 634 codice penale, che prevede il reato di «turbativa violenta del possesso di cose immobili»;
pertanto, come rilevato anche dall'Unione delle Camere penali italiane audite in occasione dell'esame del disegno di legge che conteneva identica disciplina all'articolo 8, la norma andrebbe a sovrapporsi a quelle precedentemente entrate in vigore, che già puniscono la condotta di occupazione abusiva di un immobile, creando un «coacervo disordinato e sovrabbondante di norme e disponendo un regime sanzionatorio così grave da rischiare di risultare lesivo del principio di ragionevolezza e proporzionalità» sancito dall'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della necessaria coerenza intrinseca ed estrinseca, adeguatezza e proporzionalità che deve sussistere sia per le fattispecie incriminatrici, sia nel relativo regime sanzionatorio;
si stigmatizza che le medesime pene, severe, colpirebbero l'ipotesi di occupazione di mere pertinenze, con grave violazione del principio di determinatezza, non ravvisandosi nella giurisprudenza penale una nozione condivisa e consolidata di «pertinenza», oltre che del principio di offensività e proporzionalità, non potendosi porre sullo stesso piano la condotta di chi occupi una pertinenza – quale può essere un posto auto – e quella di chi occupi un'abitazione;
il disegno di legge, inoltre, consente un ampliamento dei poteri della polizia, a cui si rimette il primo accertamento sulla fondatezza del diritto a rientrare nell'immobile, implicando valutazioni in ordine alla sussistenza o meno di un diritto, con il rischio di gravi conseguenze sulle esistenze di soggetti spesso fragili;
tra l'altro, tale previsione, consentendo alla polizia il potere di reintegro, senza previa autorizzazione scritta dell'Autorità giudiziaria, rischia di confliggere con l'articolo 13 della Costituzione, nella parte in cui non ammette alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge;
per quanto sia opportuno e condivisibile che il legislatore garantisca la libertà di domicilio e il diritto alla proprietà e all'abitazione del proprietario o domiciliatario, non si può trascurare al contempo la natura fondamentale ed inviolabile del diritto all'abitazione dei soggetti più deboli ed in stato di difficoltà economica, in violazione dei doveri di solidarietà di cui all'articolo 2 della nostra Carta Fondamentale; l'esperienza professionale e le pratiche dimostrano, tra l'altro, che di fronte ai bisogni, queste forme di deterrenza meramente sanzionatoria sono inefficaci;
si ricordi che di recente il Comitato ONU ha condannato l'Italia per gli sgomberi in assenza di soluzioni adeguate, per violazione dell'articolo 11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, ratificato con legge n. 881 del 1977. Pertanto, sotto tale profilo, si contravverrebbe altresì all'articolo 117 Cost. che impone allo Stato di esercitare il potere legislativo nel rispetto – tra gli altri – degli obblighi internazionali;
appare opportuno, invece, che il legislatore non resti indifferente al bisogno di abitazione di una larga fascia della popolazione – italiana e non – sempre più povera, in un mercato immobiliare sempre più inaccessibile. Tali problematiche andrebbero, piuttosto, affrontate attraverso misure di welfare comunale, di composizione dei conflitti e di integrazione sociale: il provvedimento, invece, difetta di qualsivoglia incremento di risorse destinate a tali scopi;
il quadro che emerge dalle nuove disposizioni penali è, dunque, un ulteriore esempio di pan-penalismo, come definito da autorevoli esperti, se non proprio una forma di «diritto penale del nemico»: ovvero un indirizzo politico-legislativo che punisce proprio quella parte della popolazione socialmente più vulnerabile, criminalizzando al contempo l'opposizione sociale ed affrontando le gravi disuguaglianze economiche del presente in termini esclusivamente repressivi;
non meno grave e spregiudicato appare l'articolo 4 del decreto-legge, che introduce ulteriori aggravamenti alla disciplina del cosiddetto «Daspo urbano», già oggetto di precedenti modifiche normative. In particolare, si introduce un nuovo tipo di provvedimento di allontanamento deciso dal questore e, in secondo luogo, si introducono una serie di automatismi nell'applicazione del cosiddetto «Daspo giudiziario»;
orbene, ad avviso degli scriventi, il Daspo urbano, così come modificato dalla novella in esame, presenta possibili tensioni con i principi costituzionali e la CEDU, ed in particolare, con l'articolo 13 della Costituzione e con l'articolo 16, che garantisce la libertà personale e l'autodeterminazione dell'individuo. Il nuovo tipo di Daspo introdotto non richiede, invero, come presupposto per la sua applicazione, una valutazione concreta della «pericolosità sociale» individuale, potendo colpire chiunque sia stato anche solo denunciato – o condannato con sentenza non definitiva- per reati contro la persona o il patrimonio;
sotto altro e non meno importante profilo, l'articolo 4 rischia di porsi in violazione con il principio di legalità in materia penale, cristallizzato nell'articolo 25, comma 2 della Costituzione;
rilevanti criticità si ravvisano, altresì, rispetto all'articolo 14 (Modifiche all'articolo 1-bis decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66), che modificando l'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 66 del 1948, sanziona amministrativamente colui che impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo. Per effetto della novella proposta, l'illecito amministrativo viene elevato a delitto ed esteso, nell'applicazione, anche ai casi di blocco di strada ferrata; viene inserita un'aggravante speciale ad effetto speciale per l'ipotesi di consumazione del reato da parte di più persone riunite, prevedendo una pena che va da sei mesi a due anni di reclusione, mentre per l'ipotesi base la pena alternativa è della reclusione fino a un mese o della multa fino a 300 euro;
appare evidente come trattasi di una norma che possa essere integrata da condotte di proteste messe in atto attraverso lo strumento della resistenza passiva, soprattutto sulle sedi stradali o ferroviarie e si inserisce nel filone di contrasto della protesta attraverso la criminalizzazione di comportamenti di dissenso anche laddove manifestati in forma non violenta;
non solo, si rammenti che proprio il blocco stradale (o ferroviario) rappresenta certamente una delle modalità in cui si attua il diritto di sciopero, un mezzo attraverso il quale si esprimono il dissenso, il disagio sociale, il conflitto nel mondo del lavoro. Si pensi altresì ai presidi che si trasformano in cortei per le vie di una città, gli operai, o i riders, in agitazione, gli studenti in mobilitazione che bloccano la circolazione: sono tutte forme di protesta strettamente correlate all'esercizio di diritti fondamentali, costituzionalmente garantiti, come lo sciopero (articolo 40), la riunione (articolo 17) e la manifestazione del pensiero (articolo 21) e che ora assumono – per effetto del decreto-legge – rilevanza penale;
la scelta di trasformare l'illecito da amministrativo a delitto appare irragionevole e sproporzionata anche sotto il profilo delle sanzioni estremamente gravose che si prevedono per la fattispecie aggravata, con conseguente violazione del già citato articolo 3 Cost.;
la criminalizzazione del dissenso emerge con evidenza anche nell'aggravante introdotta per alcuni delitti dei privati contro la pubblica amministrazione quando commessi al fine di impedire la realizzazione di specifiche infrastrutture; aggravante da porre in correlazione con l'opposizione ad alcune grandi opere, quali la TAV, e proiettata a contrastare il dissenso contro opere come il progetto del ponte sullo stretto di Messina – un'aggravante legata all'attualità politica e priva della generalità e dell'astrattezza che dovrebbero connotare la legge;
di dubbia tenuta costituzionale appare anche l'articolo 15 dell'atto in esame, che modifica gli articoli 146 e 147 del codice di procedura penale sulla detenzione per la donna madre o in stato di gravidanza: non può non rilevarsi come agli scriventi le nuove norme appaiano contrastanti con l'articolo 31 Cost. che tutela la gravidanza, la maternità e i minori;
in tal senso occorrerebbe piuttosto dare piena attuazione nell'ordinamento italiano alla regola 64 delle Regole delle Nazioni Unite relative al trattamento delle donne detenute e alle misure non detentive per le donne autrici di reati (Regole di Bangkok), fatte proprie dall'Assemblea generale dell'ONU nella sua sessione del luglio 2010, secondo la quale «Le pene non privative della libertà devono essere privilegiate, quando ciò sia possibile e indicato, per le donne incinte e per le donne con bambini, in luogo di pene privative della libertà previste in caso di reati gravi o violenti o quando la donna rappresenta ancora un pericolo e dopo aver considerato l'interesse superiore del bambino o dei bambini, restando inteso che devono essere trovate soluzioni appropriate per la presa in carico di questi ultimi.»;
tra le varie misure-bandiera di stampo securitario e repressivo, è da annoverare certamente l'articolo 18, che vieta, improvvisamente ed improvvidamente, la vendita e la produzione di infiorescenze di cannabis, colpendo in modo diretto le oltre 10 mila aziende agricole che fino alla data di entrata in vigore del decreto in titolo avevano coltivato questa pianta per uso non psicoattivo e, ora, dopo aver speso e investito, rischiano un colpo letale, perché ciò comporterà il blocco della filiera della canapa in Italia, con l'introduzione di un divieto su tutte le infiorescenze, anche quelle con un contenuto di THC inferiore allo 0,5 per cento, considerate legali in tutta Europa;
la misura sembra porsi in contrasto con il diritto europeo, in quanto la canapa legale, con un contenuto di THC sotto lo 0,5 per cento, è legale in tutta Europa e non rappresenta un pericolo per la sicurezza pubblica. In particolare, si sostiene da più parti che il divieto potrebbe compromettere il mercato unico europeo, danneggiare la competitività del settore della canapa e minacciare l'occupazione in Italia;
risulta ai firmatari che il predetto divieto rischia di intrecciarsi, altresì, con taluni progetti di ricerca PRIN (di rilevante interesse nazionale) già avviati e finanziati – anche per il tramite delle risorse del PNRR – che prevedono l'utilizzo di infiorescenze e non è chiaro quali possano essere i risvolti conseguenti alla nuova disciplina;
la gravità della misura è acuita altresì dal fatto che non si è provveduto ad una disciplina transitoria e risulta che siano già iniziati sequestri di prodotti invenduti e scorte di magazzino, con gravissimo pregiudizio economico degli operatori del settore;
appare irragionevole ed in contrasto col principio costituzionale di eguaglianza (articolo 3 Cost.) anche quanto previsto dall'articolo 19 del decreto-legge in commento, relativamente alle fattispecie di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale e di resistenza a pubblico ufficiale;
in particolare, si prevede l'introduzione, all'articolo 336 del codice penale, di un'aggravante che contempla un aumento di pena fino alla metà (dunque in modo più rigoroso rispetto a quanto già previsto nel precedente DDL) se i fatti di cui ai commi 1 e 2 sono commessi ai danni di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza. L'aggravante, dunque, contempla un incremento di pena in ragione della qualifica soggettiva della persona offesa (appartenente alla polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza);
orbene, la richiamata norma ha una evidente finalità securitaria, ponendo al centro della tutela penale non già il fatto tipico, bensì il tipo di vittima a cui deve essere garantita una tutela «rafforzata» rispetto al «generico» pubblico ufficiale;
in altre parole, il meccanismo di aggravamento sanzionatorio introdotto dal citato articolo 19 finisce per tradursi in una irragionevole maggiore tutela nei confronti degli operatori di polizia rispetto a tutti gli altri pubblici ufficiali. Pertanto, esso appare in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, ponendo gli agenti di polizia in una posizione di ingiustificata asimmetria. Inoltre, come si legge nella Raccomandazione Rec (2001)10, il compito della polizia è quello di salvaguardare la sicurezza e i diritti individuali nelle società democratiche governate da uno Stato di diritto;
la doverosa tutela della vita e dell'incolumità degli operatori delle forze di polizia, quotidianamente messa in pericolo dai tanti rischi nell'attività operativa e dalla tendenza ad aggredire chi esercita funzioni di polizia, dovrebbe dunque essere perseguita non tanto con nuove norme penali, ma con un miglioramento delle condizioni economiche e di servizio;
ciò rappresenta, dunque, ulteriore riprova dell'intento dell'attuale legislatore sempre più orientato al progressivo svilimento della categoria del bene giuridico la cui tutela è alle basi di un diritto penale liberale, a favore, invece, di un diritto penale fondato sul simbolismo punitivo;
simili considerazioni possono valere, altresì, rispetto all'articolo 20, che modifica l'articolo 583-quater codice penale in materia di lesioni personali ai danni di pubblico ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio, in quanto si mira a riformulare la fattispecie, ampliando la portata dell'attuale disposizione, la cui applicazione non sarà più collegata al contesto spazio/temporale dello svolgimento delle manifestazioni sportive e al legame funzionale tra qualifica soggettiva e azione lesiva (che si deve essere svolta in occasione delle predette manifestazioni). La disposizione sarà, invece, ora applicabile in qualsiasi situazione in cui vengano cagionate lesioni a ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza «nell'atto o a causa dell'esercizio delle funzioni», inasprendo altresì il trattamento sanzionatorio attuale. Si tenga presente che in precedenza la fattispecie puniva più gravemente solo le ipotesi di lesioni gravi, con la reclusione da 4 a 10 anni, e gravissime, con la reclusione da 8 a 16 anni. Ora è, invece, previsto un aggravamento di pena (rispetto all'articolo 582 codice penale) anche per le lesioni lievissime e lievi, per le quali viene prevista la pena della reclusione da 2 a 5 anni;
l'irragionevolezza tra pena comminata e condotta consumata è tanto più evidente quanto più si tenga conto che, secondo la giurisprudenza consolidata, rientra nella fattispecie di lesioni lievi anche la contusione (Cassazione penale, sez. V, sentenza 22 ottobre 2014 n. 44026), ovvero la mera ecchimosi. Pertanto, anche sotto tale profilo, il provvedimento appare in contrasto con il principio di proporzionalità e ragionevolezza, che permea l'ordinamento penale, come già argomentato in precedenza;
ulteriore disposizione che, ad avviso dei firmatari, riveste profili di criticità in termini di rispetto dei principi costituzionali è l'articolo 26 del decreto-legge legge, che mirerebbe al rafforzamento della sicurezza negli istituti penitenziari (del pari di quanto previsto dall'articolo 27 rispetto alle strutture di trattenimento ed accoglienza per i migranti);
in particolare, l'articolo in commento modifica l'articolo 415 codice penale relativo alla fattispecie di istigazione a disubbidire alle leggi, introducendo una circostanza aggravante ad effetto comune che aumenta la pena se il fatto è commesso all'interno di un istituto penitenziario ovvero a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute;
inoltre, si introduce nel codice penale, un nuovo articolo 415-bis che punisce la «rivolta all'interno di un istituto penitenziario» con la pena della reclusione da due a otto anni, compiuta da chiunque promuova, organizzi o diriga una rivolta all'interno di istituti penitenziari attraverso atti di violenza o minaccia, di resistenza, anche passiva, all'esecuzione degli ordini impartiti o mediante tentativi di evasione, commessi da tre o più persone riunite. Nel caso di mera «partecipazione» alla rivolta si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni;
orbene, risulta ictu oculi sia il difetto di tipizzazione della condotta, che dell'offesa al bene giuridico: invero, di fatto qualsiasi atto di disobbedienza o di critica anche di modesto valore se realizzata contemporaneamente da tre o più persone, potrà essere qualificata come «rivolta» e, quindi, punita ai sensi dell'articolo 415-bis codice penale, senza che sia possibile conoscere e predeterminare quali siano le condotte che effettivamente sono idonee a recare offesa al bene giuridico dell'ordine pubblico, in palese violazione dell'articolo 25 Cost., nel senso già approfondito in precedenza;
ciò che desta maggiormente sconcerto è altresì la circostanza che la penalizzazione della condotta riguardi anche la mera «resistenza passiva» di detenuti negli istituti penitenziari (e di migranti per effetto della disposizione di cui all'articolo 27). Invero, nonostante rispetto al precedente pacchetto sicurezza, sia stato definito meglio il nucleo di rilevanza penale delle condotte di resistenza (anche passiva), circoscrivendole a quelle relative all'esecuzione di ordini impartiti «per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza», non si può escluderne l'applicazione anche a forme di resistenza passiva che altro non sono che l'espressione della sfera più intima dell'individuo, nella sua libertà di obbedire o dissentire, in violazione palese dell'articolo 13 Cost.;
come ribadito più volte anche dal Giudice delle leggi, lo Stato può premiare la collaborazione dell'indagato o del condannato (es. per un reato cosiddetto ostativo), ma non può e non deve criminalizzare il suo rifiuto (sent. n. 253 del 4 dicembre 2019);
l'attuale legislatore sembra trascurare, inoltre, che l'entità delle pene previste, da un lato, e la possibilità di applicare misure pre-cautelari e cautelari, dall'altro, non potranno che incidere negativamente sulla già complicata situazione carceraria, caratterizzata, come noto, da un grave sovraffollamento e dalla carenza di adeguate strutture organizzative volte a garantire la finalità rieducativa della pena ai sensi dell'articolo 27 comma 3 Cost.;
alle medesime conclusioni si può giungere rispetto alla previsione contenuta nell'articolo 27, per il caso in cui il fatto sia commesso all'interno di strutture di trattenimento per i migranti, con una pena per coloro che promuovono, organizzano o dirigono una rivolta da uno a sei anni, mentre per chi partecipa la pena è quella della reclusione da uno a quattro anni;
ciò che ne emerge è dunque un preoccupante quadro sanzionatorio che, oltre a risultare abnorme e superfluo – posto che le condotte di resistenza passiva negli istituti penitenziari sono già oggetto di illeciti disciplinari – minaccia altresì di stravolgere il modello carcerario repubblicano e costituzionale;
la Corte costituzionale, inoltre, ha più volte ribadito come un trattamento sanzionatorio sproporzionato rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto commesso pregiudichi il principio di individualizzazione della pena (sent. n. 244 del 2022). L'articolo 27 Cost. infatti, vale per il legislatore, per i giudici, per il Governo, e per le stesse autorità penitenziarie, perché la finalità rieducativa della pena si collega con il principio di proporzione fra qualità e quantità della sanzione e dell'offesa (ex pluribus sent. n. 179 del 2017 e n. 86 del 2024). Una pena sproporzionata o irrazionale rende impossibile il percorso trattamentale individualizzato, perché il condannato percepirà come ingiusta la sanzione applicatagli;
considerato, infine, che:
si trascura l'obbligo imposto al legislatore che i reati che si introducono rispondano sempre a criteri di ragionevolezza rispetto al bene giuridico tutelato, affinché lo stesso abbia sempre un fondamento in un diritto fondamentale o in un dovere inderogabile garantiti dalla Costituzione, nonché di proporzionalità delle pene rispetto al fatto oggetto di sanzione penale. Pertanto, l'atteggiamento del Governo in carica e della maggioranza che lo rappresenta, orientato alla ossessiva e massiva introduzione di nuove norme penali dovrebbe, invece, mutare a favore dell'introduzione di norme che prevengano il compimento di reati, soprattutto in aree a forte conflitto sociale;
si segnala al riguardo la mancanza nel provvedimento in esame di un'adeguata politica penitenziaria, che metta le nostre strutture carcerarie in linea con la funzione rieducativa e riabilitativa della pena, quanto un efficientamento del sistema giustizia, considerato che ad invarianza di bilancio, e dunque in assenza di potenziamenti in termini di personale e di risorse tecnologiche, gli uffici giudiziari non saranno in grado di gestire i nuovi reati o gli aggravamenti di pena previsti dal disegno di legge;
mancano, inoltre, misure che introducono risorse destinate al personale delle strutture dello Stato istituzionalmente preposte alle attività di pubblica sicurezza e di soccorso pubblico, in termini di organico, di dotazione di mezzi, strumenti e alloggi di servizio;
così come il provvedimento difetta di prevedere adeguate risposte alla richiesta di un più serrato controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine nelle aree urbane degradate, in quelle più vulnerabili e nei territori ad alto indice di criminalità – in proposito, si rammenta che ha ricevuto da oltre un anno il parere contrario del Governo la proposta emendativa presentata dai firmatari per l'istituzione un Commissariato di polizia nel comune di Caivano, il quale, nonostante le condizioni di pericolosità, criminalità e degrado in cui versa, assurte a simbolo dell'intervento del Governo, continua a non avere un posto di polizia autonomo e a dipendere dal Commissariato di Afragola;
è evidente allora che il modus operandi dell'attuale Governo in carica rischia di compromettere gravemente i principi generali e fondamentali che presidiano il diritto penale, penitenziario e dell'immigrazione; a tal riguardo, giova rammentare che ove il legislatore proponga un intervento in materia penale e penitenziaria, occorre valutare altresì se la norma nella sua applicazione concreta possa porsi in contrasto anzitutto con gli articoli 2, 3, 13, 25, 27 e 32 della Costituzione. I diritti inviolabili degli individui – anche se detenuti – devono essere riconosciuti nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità, e a maggior ragione in quelle coatte. Gli imputati, i condannati, i detenuti e gli stranieri hanno pari dignità sociale e il trattamento che una nazione riserva ai suoi carcerati è la cartina di tornasole del suo grado di civiltà e democrazia;
il fil rouge del provvedimento in esame, invece, predilige ad avviso dei firmatari, l'esclusività della minaccia sanzionatoria penale e della sproporzione tra tutela della sicurezza e garanzia della libertà personale, a dispetto di gran parte dei principi costituzionali che permeano il nostro ordinamento penale;
in ragione di quanto sopra illustrato,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2355.
N. 2. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza.
La Camera,
premesso che:
è all'esame l'AC 2355 per la conversione in legge del decreto n. 48 del 2025, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario;
come è noto tale decreto ha recepito le disposizioni contenute nell'AS 1236, il controverso disegno di legge sulla sicurezza che si trova all'esame del Parlamento da quasi quattordici mesi, e che dopo la prima approvazione presso la Camera dei deputati, giaceva al Senato dal mese di ottobre 2024;
la decisione di far confluire un delicatissimo disegno di legge – che tocca peraltro diversi diritti e libertà fondamentali tutelate dalla nostra costituzione – in un decreto-legge desta enorme preoccupazione, e pone il Parlamento tutto di fronte ad uno strappo costituzionale di gravità inaudita operato da questo Governo, soprattutto alla luce delle norme molto delicate, e al tempo stesso estremamente eterogenee, contenute nel decreto stesso;
è evidente infatti che avendo il decreto-legge recepito i contenuti di un disegno di legge che giace da diversi mesi all'esame delle Camere, non sussistono innanzitutto i requisiti di necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione quale condizione indefettibile per permettere al Governo di adottare un atto avente valore di legge;
peraltro lo stesso Ministro dell'Interno, successivamente all'adozione del decreto-legge, ha esplicitamente motivato tale scelta con la necessità di accelerare i tempi di approvazione e dare una data certa ad un provvedimento «che è andato già troppo per le lunghe», sottacendo peraltro che il disegno di legge ordinario con le modifiche al Senato avrebbe richiesto un veloce passaggio alla Camera, per esaminare le sole parti modificate;
la straordinaria necessità ed urgenza che avrebbe dovuto giustificare il ricorso ad un decreto-legge – specie se ricco di nuove norme penali e di aggravanti come quello in esame – si è, invece, ridotta alla mera volontà del Governo di esibire un tempo certo di approvazione, e alla necessità di superare con un gesto platealmente acrobatico le difficoltà di questa maggioranza in Parlamento;
uno sfregio eclatante, e in questa misura senza precedenti, con cui il Governo ha scavalcato il Parlamento, trasformando il contenuto di un complesso disegno di legge da mesi all'esame dell'organo legislativo in un decreto-legge che, come è noto, è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione, esplicando dunque subito i suoi effetti;
siamo di fronte dunque ad una conclamata violazione del principio della divisione dei poteri su cui si fondano tutte le moderne democrazie di impianto liberale, e in base al quale la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere (articolo 70 Cost.), mentre l'esercizio di tal funzione non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo e oggetto definiti (articolo 76 Cost.); il Governo, dunque, non può senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano il valore di legge ordinaria (77 Cost.) salvo in casi straordinari di necessità ed urgenza nei quali può adottare provvedimenti provvisori con forza di legge che debbono essere convertiti dal Parlamento, pena la loro decadenza fin dall'inizio (sempre l'articolo 77 Cost.);
è sufficiente rileggere queste disposizioni costituzionali per capire con quanta cura i costituenti, all'indomani della fine della guerra e del ventennio di dittatura fascista, avessero voluto differenziare i poteri dello Stato e, in particolare, avessero circoscritto con grande attenzione e paletti ben definiti il possibile esercizio della funzione legislativa da parte del Governo;
siamo dunque in presenza di un decreto-legge sostitutivo di una legge in itinere, come rilevato anche da autorevoli professori, «che avrebbe come effetto immediato quello di sottrarre al titolare della funzione legislativa – il Parlamento – il potere ad esso costituzionalmente conferito dall'articolo 70 della nostra costituzione»;
tale decreto poi è del tutto incostituzionale anche sotto il profilo della necessaria omogeneità del suo contenuto, così come ricostruito dalla giurisprudenza costituzionale e recepito nella stessa legge n. 400 del 1988; se infatti disposizioni così disomogenee potevano coesistere all'interno di un disegno di legge, ravvisandosi semmai solo il tema dell'opportunità politica nell'affrontare materie tanto complesse e così diverse tra di loro in un unico provvedimento, il loro confluire all'interno di un decreto-legge viola in maniera manifesta il requisito della necessaria omogeneità, a fronte di un provvedimento costituito da ben 39 articoli;
va altresì rilevato che, mentre il disegno di legge ordinario non prevedeva una disposizione sull'entrata in vigore e dunque era assoggettato all'ordinaria vacatio legis di quindici giorni tra il giorno della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e la sua entrata in vigore prevista dall'articolo 73, comma terzo della Costituzione – così permettendo ai cittadini di conoscere in modo adeguato i contenuti di un provvedimento dall'impatto così rilevante su taluni diritti e libertà fondamentali –, il decreto in esame è entrato in vigore sabato scorso alla mezzanotte, ossia il giorno successivo alla sua pubblicazione secondo quanto disposto dall'articolo 39, comma 1, del decreto-legge medesimo, senza che nessun cittadino avesse effettiva e adeguata conoscenza delle nuove e più sfavorevoli disposizioni penali, sicché chiunque avrebbe potuto commettere uno dei reati di nuova introduzione o incorrere nella punizione assai più severa introdotta per talune fattispecie di reato senza poterne avere la minima cognizione;
come riconosciuto dalla Corte costituzionale e ricordato in un comunicato dall'Associazione Italiana dei professori di Diritto Penale, il periodo ordinario di vacatio legis di cui all'articolo 73, comma terzo Cost., è funzionale in materia penale ad assicurare la conoscibilità della legge penale violata, che è un presupposto costituzionale della colpevolezza e, dunque, della responsabilità penale;
la Corte infatti nella sentenza n. 151 del 7 giugno 2023 ha ricondotto esplicitamente la valenza della vacatio legis, ossia del periodo che intercorre tra la pubblicazione e l'entrata in vigore di una legge, al combinato disposto degli articoli 2 (diritti inviolabili), 3 (uguaglianza formale e sostanziale davanti alla legge) e 25 (Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso), della Costituzione, e, appunto, al 73, terzo comma, Cost., alla luce dell'«indispensabilità del requisito minimo di imputazione costituito dall'effettiva “possibilità di conoscere la legge penale”, essendo anch'esso un presupposto necessario della “rimproverabilità” dell'agente»;
del resto è proprio il nostro sistema costituzionale a risolvere la potenziale tensione tra le esigenze di immediata efficacia proprie della decretazione d'urgenza, e il fondamentale principio di conoscibilità delle norme penali come presupposto di colpevolezza, attraverso un delicato bilanciamento di interessi contrapposti: da un lato infatti la nostra costituzione riconosce la possibilità di introdurre norme penali con decreto-legge nei soli casi di effettiva urgenza, e richiedendo comunque il rispetto di garanzie minime di conoscibilità; dall'altro essa esclude l'efficacia retroattiva delle norme penali ed impone un particolare rigore nella formulazione delle norme penali contenute in decreti legge, che devono essere necessariamente chiare, precise e determinate;
al contrario le nuove quattordici fattispecie di reato e le nove circostanze aggravanti introdotte col decreto non appaiono affatto né necessarie né urgenti, mentre la loro entrata in vigore a seguito della pubblicazione serale in Gazzetta Ufficiale ha sicuramente leso il principio della previa conoscibilità della norma penale;
quest'ampliamento indeterminato delle fattispecie penali desta poi particolare allarme sotto diversi profili: si prevede, ad esempio, la reclusione fino a sette anni per l'occupazione senza titolo di «immobili destinati a domicilio altrui o sue pertinenze», con una formulazione vaga che rimette valutazioni rilevanti alla discrezionalità dell'interprete e si introducono misure come il cosiddetto daspo urbano, che tratta allo stesso modo persone condannate e semplicemente denunciate, minando la tutela della libertà personale garantita dall'articolo 13 della Costituzione;
altri aspetti problematici riguardano l'equiparazione dei centri per stranieri ai luoghi di detenzione e la definizione della resistenza passiva come condotta penalmente rilevante, in contrasto con i principi di uguaglianza (articolo 3 Cost.) e con le garanzie connesse al diritto di riunione (articolo 17 Cost.);
nonostante alcuni miglioramenti apportati al Senato su norme particolarmente problematiche, il provvedimento continua dunque a presentare profili preoccupanti anche nel merito, con una chiara tendenza a reprimere il dissenso e a criminalizzare comportamenti legati all'esercizio di libertà fondamentali, come la partecipazione a manifestazioni pubbliche;
il combinato disposto di tutte queste norme finisce infatti per configurare un quadro repressivo fondato più sull'autorità che sulla libertà, e che soprattutto non produrrà un miglioramento delle condizioni di sicurezza nel Paese non contenendo misure preventive efficaci rispetto alla commissione di atti criminali, né investimenti finalizzati a prevenire la criminalità, né si ravvisa+ traccia di interventi di rigenerazione e recupero urbano – anche mediante il coinvolgimento delle amministrazioni locali – che pure produrrebbero enormi benefici in termini di sicurezza;
al contrario, poiché gli interventi ivi contenuti sono determinati da un utilizzo esclusivamente ideologico del diritto penale – sul presupposto irrealizzabile che con la previsione di qualche nuovo reato o qualche nuova circostanza aggravante le condizioni di sicurezza del Paese migliorerebbero –, l'unico effetto pratico che deriverà dal provvedimento in esame sarà quello di dar vita ad un modello penalistico contraddittorio e irrazionale rispetto alla coerenza sistematica che è invece sarebbe richiesta dall'ordinamento giuridico,
delibera
pertanto di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2355.
N. 3. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Mauri, Di Biase, Cuperlo, Lacarra, Fornaro, Scarpa.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge A.C. 2355, recante «Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario» presenta molteplici criticità dal punto di vista costituzionale, procedurale e di merito;
poiché il suddetto decreto-legge riproduce sostanzialmente in contenuti dell'A.S. 1236 recante Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario, appare privo dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza richiesta dall'articolo 77 della Costituzione, posto che l'iter di esame del richiamato disegno di legge risulta in una fase avanzata dell'esame parlamentare, essendo il provvedimento già stato approvato in prima lettura alla Camera e in Commissione al Senato;
la carenza dei presupposti di diritto e di fatto, necessari per l'esercizio della decretazione d'urgenza, deriva da un utilizzo dello strumento emergenziale come mero escamotage legislativo per comprimere le prerogative delle Camere e svilire l'esame parlamentare, oltre che i molteplici rilievi critici mossi dalle istituzioni e dalle forze politiche e sociali in relazione ai contenuti del provvedimento;
con sentenza n. 146/2024, la Corte costituzionale si è già espressa sul tema affermando chiaramente che – anche al di fuori della materia penale – il ricorso alla decretazione d'urgenza è soggetto a limiti fissati allo scopo di non vanificare la funzione legislativa del Parlamento, e che non si può in alcun modo giustificare lo svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento, che resta la sede della rappresentanza della Nazione (articolo 67 Cost.);
il decreto, attualmente in conversione, presenta, ad avviso dei firmatari, irragionevoli profili di illegittimità costituzionale anche sul piano sostanziale, in quanto le quattordici nuove fattispecie di reati, l'inasprimento delle pene di ulteriori nove reati e l'introduzione di specifiche aggravanti non soddisfano il pieno rispetto dei principi costituzionali di offensività, tassatività, ragionevolezza e proporzionalità nella commisurazione delle pene irrogate;
nel caso di specie è utile far presente, inoltre, che la natura garantistica dell'ordinamento, ben fissata nella riserva di legge di cui all'articolo 25 della Costituzione, impone che la materia penale debba essere disciplinata dalla legge ordinaria. Tale caposaldo ordinamentale non può essere neanche superato dall'argomentazione secondo la quale il decreto-legge è convertito con legge ordinaria e che la dialettica parlamentare pur non essendo presente nel momento della genesi del corpo testuale è rispettata durante l'iter di conversione;
la Costituzione sul punto è chiara quando afferma che «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso». Il riferimento alla sola legge e non anche agli atti aventi forza di legge fa propendere verso la convinzione che solo a quella fonte giuridica la nostra Costituzione assegna il compito di regolare la materia penale;
pur volendo ammettere l'astratta possibilità della legittimità costituzionale della materia penale regolata con decreto-legge, risulta far presente che il numero delle disposizioni penali introdotte (mai così numerose in un solo decreto-legge) entrano immediatamente in vigore, senza un periodo di vacatio che ne consenta la previa conoscibilità, come imposto dal principio di colpevolezza (articoli 27, comma 1 e 3 della Costituzione);
inoltre, prima ancora della conversione in legge, tali disposizioni possono produrre effetti irreversibili sulla libertà personale: si pensi, ad esempio, all'arresto eseguito in forza di una disposizione del decreto sicurezza che, in sede di conversione, dovesse essere abrogata o modificata in senso tale da non consentire più l'arresto;
si registra, inoltre, che i nuovi reati previsti dal provvedimento in esame risultano sproporzionati rispetto a delle condotte che nella maggioranza dei casi sono dovute a situazioni personali di marginalità sociale. Basti pensare che la pena per il nuovo reato introdotto dall'articolo 10 del decreto, che inserisce nell'ordinamento la fattispecie criminosa dell'occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui – che viene punita con la reclusione da due a sette anni – coincide con quella prevista per l'omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, fattispecie prevista dall'articolo 589, comma 2, del codice penale;
l'articolo 9, laddove estende da tre a dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna il termine per poter adottare il provvedimento di revoca della cittadinanza, risulta irragionevole creando un quadro normativo secondo il quale l'istituto risulta eccessivamente instabile e si presta ad una preoccupante torsione: si potrebbe prospettare un'espansione della revoca a seguito del mero accertamento giudiziario di reati, e anche ben oltre la maturazione del termine per la cancellazione della condanna dal casellario giudiziale, disconoscendo nel profondo la funzione rieducativa della pena (articolo 27 Costituzione). Si configurerebbe una eccessiva discrezionalità nella determinazione delle circostanze che possono condurre alla revoca stessa mutuando il riconoscimento dell'indissolubile legame del cittadino con il territorio e i valori nazionali in una «graziosa concessione»;
l'articolo 14 recante modifiche all'articolo 1-bis del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, relativo all'impedimento della libera circolazione su strada, comporta il mutamento della sanzione da amministrativa a penale estendendo la portata della norma anche ai casi di blocco di strada ferrata delle fattispecie interessate. Allo stesso modo, esso inserisce un'aggravante speciale ad effetto speciale per l'ipotesi di consumazione del reato da parte di più persone riunite che inasprisce la pena edittale fino a due anni di reclusione. La disposizione mira chiaramente a reprimere i sit-in pacifici posti in essere nell'ultimo anno, con il fine di sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dei cambiamenti climatici, ma realizza un quadro sanzionatorio decisamente incoerente rispetto ai principi di ragionevolezza e proporzionalità desunti dalla lettura del combinato disposto degli articoli 3 e 27 della Costituzione considerando la tenuità della condotta posta in essere. La pena sproporzionata non risulta funzionale alla rieducazione del condannato e, per come declinata la fattispecie, rischia di rappresentare un mero strumento repressivo volto a reprimere la libera manifestazione di opinioni politiche legittime e pacifiche da parte dei cittadini, costituzionalmente tutelata agli articoli 17 e 21 della Costituzione;
l'articolo 15, che modifica gli articoli 146 e 147 del codice penale, rende facoltativo – e non più obbligatorio – il rinvio della pena per donne incinte e madri di prole fino a un anno, prevedendo inoltre che l'esecuzione non sia rinviabile ove sussista il rischio di commissione di ulteriori delitti. Tale disposizione appare in aperto contrasto con gli interessi del minore, tutelati sia a livello internazionale e in maniera vincolante per il nostro Paese (cfr. Dichiarazione di Ginevra del 1924 e dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989), sia a livello costituzionale, ove si sancisce il diritto del minore all'istruzione e all'educazione da parte dei propri genitori, nonché laddove protegge la maternità e l'infanzia quando riconosce il ruolo della famiglia come contesto di crescita e di sviluppo, imponendo allo Stato di supportarla;
l'articolo 26 del decreto, introducendo l'articolo 415-bis al codice penale rubricato «Rivolta all'interno di un istituto penitenziario», penalizza le fattispecie di «resistenza passiva» adottate dai detenuti durante una rivolta in carcere, che può essere punita fino a un massimo di 20 anni di reclusione;
già la penalizzazione della fattispecie rappresenta un'indebita compressione delle libertà costituzionali garantite dalla dall'ordinamento e rispetto alle quali la condizione di detenzione non può in alcun modo rappresentare uno strumento di compressione della dignità volto a reprimere ogni manifestazione del proprio pensiero espressa in maniera non violenta, ma l'applicazione di una pena sì grave rispetto a soggetti che non possono in alcun modo aver preso parte alle vicende che hanno condotto al decesso (altrimenti si esulerebbe dal concetto di passività) ha il chiaro intento di utilizzare il sistema penale a fini repressivi e meramente punitivi, con un approccio che la giurisprudenza costituzionale ha costantemente ritenuto illegittimo, al punto da consentire al giudice costituzionale di spingersi a sindacare la proporzionalità della pena edittale;
la norma viene ulteriormente aggravata dal combinato disposto con l'articolo 34 del decreto in esame, il quale ricomprende il delitto di rivolta all'interno di un istituto penitenziario nel catalogo dei reati ostativi alla concessione di benefici penitenziari, confermando il venire meno della finalità rieducativa della pena e l'utilizzo del sistema penale in funzione meramente repressiva;
l'articolo 27, nel modificare l'articolo 14 del Testo Unico sull'immigrazione, introduce una disciplina analoga a quella prevista dal summenzionato articolo 26 per le rivolte all'interno delle strutture penitenziarie. In questo caso, però, la norma si applica anche a persone che non si trovano in stato di detenzione né soggette a una limitazione amministrativa equiparabile a una pena detentiva, ma sono invece trattenute per motivi amministrativi o in attesa di espletamento delle procedure di identificazione e rimpatrio;
tale estensione appare in netto contrasto con il principio di uguaglianza davanti alla legge e con il divieto della limitazione della libertà personale senza provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria, sanciti rispettivamente agli articoli 3 e 13 della Costituzione. Inoltre, parimenti a quanto rilevato per l'articolo 26, la norma rischia di comprimere indebitamente diritti fondamentali, come la libertà di manifestazione del pensiero, e di applicare norme penali in modo sproporzionato e punitivo, senza un giusto bilanciamento con la finalità rieducativa della pena;
la resistenza passiva nelle carceri, nei centri per il rimpatrio e negli hotspot prevede l'applicazione della pena prevista da per coloro che partecipano attivamente a delle rivolte all'interno di detti istituti. Le fattispecie introdotte rispettivamente dagli articoli 26 e 27 del decreto vengono così estese a coloro che non partecipano attivamente, attuando la resistenza non violenta e la semplice manifestazione del dissenso, producendo effetti criminogeni, paventando così il rischio concreto che lo stato di detenzione diventi il presupposto per l'irrogazione di nuove e ulteriori condanne non proporzionate rispetto ai comportamenti messi in atto;
come più volte sottolineato in precedenti atti di indirizzo, la situazione degli istituti carcerari è drammatica. Il numero elevato ed in costante crescita della popolazione detenuta, che al 4 aprile 2025 contava 62.355 presenze, a fronte di una capienza regolamentare di 51.308 posti che produce un sovraffollamento insostenibile con 11.047 detenuti in più delle possibilità ricettive dei nostri Istituti;
dal 31 dicembre 2022 al 6 marzo dicembre 2024 i detenuti presenti nei 189 istituti penitenziari sono passati da 56.196 a 62.130 con un aumento in due anni di 5.934 unità, mentre la capienza regolamentare è rimasta la medesima passando da 51.328 a 51.308. L'attuale sovraffollamento, pari al 132,21 per cento nazionale (in 100 posti, 132,2 detenuti), determina una sostanziale condizione di illegalità diffusa alla quale è fatto obbligo da parte dello Stato porre rimedio;
secondo l'ultimo rapporto di Antigone, dal 2018 al 2023, cioè in sei anni, a causa del sovraffollamento, 24.301 persone si sono viste riconoscere dai magistrati di sorveglianza la violazione del loro diritto a non essere sottoposti a «trattamenti disumani e degradanti» (articolo 3 CEDU);
nonostante il quadro allarmante sopra descritto, il decreto in esame introduce nuove ipotesi di esclusione delle misure alternative e dei benefici penitenziari, e prevede la detenzione carceraria per le donne incinte senza prevedere alcun miglioramento strutturale degli istituti penitenziari né il potenziamento degli strumenti a disposizione della magistratura di sorveglianza, aumentando le dotazioni anche per il finanziamento di strutture alternative;
il sovraffollamento, combinato con la carenza del personale che lavora in carcere, determina una condizione di precaria erogazione di servizi essenziali – come quello sanitario – e di mancata vigilanza che nel 2024 ha portato a registrare il più alto numero di morti nelle carceri italiane: 246, di cui 89 suicidi. All'8 aprile 2025, già 25 detenuti si sono tolti la vita;
per tutte le summenzionate ragioni,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge A.C. 2355.
N. 4. Boschi, Gadda, Bonifazi, Del Barba, Faraone, Giachetti, Gruppioni.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in conversione, ad avviso dei firmatari, in molte delle sue norme si pone in evidente contrasto con una serie di principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico, specificamente nel campo del diritto penale, del diritto dell'immigrazione e del diritto penitenziario e la maggior parte delle disposizioni ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto;
il decreto-legge appena entrato in vigore pone seri problemi di metodo e di merito. Sul metodo, perché il ricorso al decreto-legge ha posto nel nulla un fecondo dibattito in Parlamento che durava da oltre un anno. Sul merito, perché le quattordici nuove fattispecie incriminatrici, l'inasprimento delle pene di altri nove reati e l'introduzione di aggravanti prive di fondamento razionale danno vita a un apparato normativo che non si concilia facilmente con i principi costituzionali di offensività, tassatività, ragionevolezza e proporzionalità;
si introducono nuovi reati per sanzionare in modo sproporzionato condotte che sono spesso frutto di marginalità sociale e non di scelte di vita: basti pensare che la pena per l'occupazione abusiva di immobili coincide con quella prevista per l'omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Inoltre, incriminare la resistenza passiva nelle carceri e nei CPR, e dunque la resistenza non violenta e la semplice manifestazione del dissenso, produce effetti criminogeni, con il rischio concreto che lo stato di detenzione diventi il presupposto per l'irrogazione di nuove e ulteriori condanne;
nonostante la gravissima situazione carceraria, più volte denunciata, si introducono nuove ipotesi di esclusione delle misure alternative e dei benefici penitenziari, oltre al carcere per le donne incinte. A fronte di ciò, non vengono previste misure per fronteggiare la drammatica situazione degli istituti penitenziari o per potenziare gli strumenti a disposizione della magistratura di sorveglianza, aumentando le dotazioni anche per il finanziamento di strutture alternative. Restano quindi ancora attuali le preoccupazioni che da tempo denunciamo per le condizioni fatiscenti delle carceri italiane, per il loro sovraffollamento e per l'elevato numero di suicidi, tanto tra la popolazione detenuta quanto tra la polizia penitenziaria;
il provvedimento risulta affetto da uno sfrenato e incontenibile panpenalismo, dove prevale una logica repressiva in termini di proibizioni e punizioni, strumentalizzando le paure e contravvenendo ai doveri di solidarietà di cui all'articolo 2 della Costituzione;
il concetto di sicurezza, termine comparso nel testo ben 38 volte, viene tradotto in concreto nell'introduzione di nuove fattispecie incriminatrici e di circostanze aggravanti, con l'intento di punire più severamente, senza un concreto riscontro scientifico in grado di dimostrare che l'ampliamento del penalmente rilevante e l'aumento di sanzioni possa esercitare un'efficacia deterrente, ma a conferma dell'uso dello strumento penale in contrapposizione al suo ruolo di extrema ratio;
le norme criminalizzano le lotte sociali, le proteste per i cambiamenti climatici, si prevedono norme che mascherano intenti discriminatori, come quella che prevede il carcere per le donne in stato di gravidanza o con bambini neonati, norma che nel 1931, quando è stata introdotta, era considerata di civiltà giuridica e che, nel 2024 viene superata, a parere dei presentatori, in palese violazione dell'articolo 3 della Costituzione;
tra le norme più pericolose presenti nel testo, che cancellano tasselli di Stato di diritto, vi è il nuovo delitto di rivolta penitenziaria che varrà anche per i migranti reclusi nei CPR e nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CAS): con esso il Governo ha deciso di stravolgere il modello penitenziario repubblicano e costituzionale, ricollegandosi al regolamento fascista del 1931. Il delitto di rivolta carceraria, così come formulato nel testo, sarà un'arma sempre carica di minaccia contro tutta la popolazione detenuta. L'inserimento tra le condotte punibili della resistenza passiva, e quindi rendendo punibili condotte non violente, ad avviso dei sottoscrittori, è in netto contrasto coi principi democratici, che riconoscono nel dissenso uno strumento di esercizio della sovranità;
introdurre nuovi reati e aggravanti, in un sistema che conta migliaia di fattispecie incriminatrici, può creare solo un'ulteriore instabilità normativa, minando il principio di certezza della pena e aggravando il già appesantito carico giudiziario;
diverse disposizioni, segnatamente quelle di cui all'articolo 9, 10, 13, 15, 18, 19, 24, 26, 27, 28, e 29 si collocano, secondo i firmatari, ai confini della legittimità costituzionale per profili di conflitto con i diritti di riunione e di manifestazione, e con il principio di umanità della pena sancito dall'articolo 27, comma 3, Costituzione, con il principio di uguaglianza, con il principio di proporzionalità della pena e con il principio di legalità;
l'articolo 9 introduce modifiche all'articolo 10-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di revoca della cittadinanza, estendendo a dieci anni, rispetto agli attuali tre, il termine entro il quale, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è possibile esercitare il potere di revoca della cittadinanza italiana concessa. Si tratta di una modifica che consente di esercitare tale potere di revoca anche dopo un decennio rispetto all'accertamento dei fatti contestati, in violazione, ad avviso dei presentatori, del principio di proporzionalità che costituisce uno dei principi fondanti dell'ordinamento costituzionale, oltre che del sistema CEDU;
l'articolo 10 nell'aggiungere al codice penale l'articolo 634-bis crea di fatto un nuovo reato di «occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui». Si propone di punire con la reclusione da due a sette anni la condotta di chi si appropria dell'immobile destinato al domicilio altrui con violenza, minaccia o artifizi o raggiri ovvero la condotta di chi, con violenza o minaccia, ne impedisca il rientro. La norma si sovrappone a quelle che già puniscono la condotta di occupazione abusiva di un immobile, creando un coacervo disordinato di norme e disponendo un regime sanzionatorio così grave da risultare lesivo del principio di proporzionalità sancito dalla Costituzione. Si tratta di una tendenza generalizzata che non risponde ad alcun criterio di razionalità e di giustizia in quanto, da un lato è noto che gli aumenti di pena non producono alcun risultato in termini di prevenzione né speciale né generale e dall'altro, soprattutto colpiscono soggetti socialmente ed economicamente deboli ed emarginati, che a fronte di una domanda di giustizia sociale trovano una irragionevole risposta repressiva (Corte cost. sent. n. 236/2016). Nella medesima previsione normativa, poi, si attribuisce agli agenti di polizia giudiziaria, compiuti i primi accertamenti riguardo alla sussistenza della fattispecie di reato, la facoltà di ordinare all'occupante l'immediato rilascio dell'immobile e di effettuare il reintegro nel possesso del denunciante. Si attribuisce alla polizia giudiziaria, anziché all'autorità giudiziaria, un potere che inevitabilmente implica valutazioni in ordine alla sussistenza o meno di un diritto;
l'articolo 13 introduce ulteriori aggravamenti alla disciplina del Daspo urbano, misura di prevenzione «atipica» che è stata oggetto di numerosi interventi legislativi, sempre volti ad ampliarne i presupposti oggettivi e soggettivi. Misura che, pur non essendo organicamente inserita nel cosiddetto «Codice antimafia», condivide con quest'ultimo il fatto di essere applicabile prima della commissione di qualsiasi reato, cioè con finalità di prevenzione più che di sanzione. Inoltre, si prevede una particolare forma di «Daspo giudiziario», stabilendo che «nei casi di condanna per reati contro la persona o il patrimonio, la concessione della sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'osservanza di un divieto, imposto dal giudice, di accesso a luoghi o aree specificamente individuati». Il Daspo urbano, come tutte le misure preventive di polizia, presenta, ad avviso dei firmatari, possibili tensioni con i principi costituzionali, articoli 2, 13 e 25;
si consente al questore di disporlo, per un periodo massimo di dodici mesi, «anche nei confronti di coloro che risultino denunciati o condannati anche con sentenza non definitiva nel corso dei 5 anni precedenti per alcuno dei delitti contro la persona o contro il patrimonio»: è dunque sufficiente non solo una condanna non definitiva, ma anche una semplice denuncia per un qualunque delitto contro la persona o il patrimonio a giustificarne il divieto impartito dal questore e non richiede nemmeno l'accertamento del pericolo per la sicurezza (ossia di commissione di reati) che, peraltro, sarebbe ben difficile accertare in caso di mera denuncia. Tale pericolo, come ha recentemente chiarito la Corte costituzionale (sent. 47/2024) va inteso in termini ristretti come pericolo di commissione di reati;
allo stesso modo, anche la disposizione all'articolo 14 risulta allarmante, in quanto andrebbe ad incidere sul trattamento dei cosiddetti «blocchi stradali», utilizzati soprattutto dagli attivisti climatici come strumento di disobbedienza civile. Il blocco stradale con il proprio corpo, che attualmente costituisce un illecito amministrativo, diverrebbe un delitto e verrebbe punito con reclusione da sei mesi a due anni qualora effettuato da più persone. In tal senso, ci preme dunque ricordare la definizione di diritto di riunione pacifica fornita dall'ONU che «comprende il diritto di tenere riunioni, sit-in, scioperi, raduni, eventi o proteste, sia offline che online. Serve come veicolo per l'esercizio di molti altri diritti garantiti dal diritto internazionale, con i quali è intrinsecamente legato e che costituiscono la base per partecipare a proteste pacifiche. In particolare, si tratta dei diritti alla libertà di espressione e di partecipazione alla gestione degli affari pubblici». Basterebbe ricordare l'invito che Michel Forst, Relatore Speciale delle Nazioni Unite per i difensori ambientali per la Convenzione di Aarhus, ha rivolto ai Governi nel suo ultimo report, pubblicato lo scorso 28 febbraio: «Gli Stati non devono utilizzare l'aumento della disobbedienza civile ambientale come pretesto per limitare lo spazio civico e l'esercizio delle libertà fondamentali. Gli Stati hanno l'obbligo di facilitare l'esercizio delle libertà di espressione, di riunione pacifica [...] e dovrebbero [...] astenersi dall'approvare nuove leggi e politiche che ostacolano l'esercizio delle libertà di espressione, di riunione pacifica e di associazione o che limitano e criminalizzano la protesta pacifica, e rivedere le leggi e le politiche esistenti in tal senso, in conformità con gli standard internazionali dei diritti umani e gli obblighi»;
l'articolo 15, reca modifiche al codice penale e di procedura penale in materia di esecuzione della pena e di misure cautelari nei confronti di madri con prole di età inferiore a un anno o tre anni e di donne incinte. La modifica normativa sembra ispirata ad una ratio discriminatoria pensata per le donne di etnia rom. Tra l'altro le statistiche sulle detenute madri elaborate dal Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria (aggiornate al 31 gennaio 2024) confermano che il numero di detenute madri – al momento nove in tutto il territorio nazionale – non è tale da giustificare una modifica normativa. La novella appare di dubbia legittimità costituzionale con riguardo all'articolo 31 della Costituzione che prescrive di tutelare la gravidanza, la maternità e i minori. In tal senso occorrerebbe piuttosto dare piena attuazione nell'ordinamento italiano alla disposizione n. 64 delle Regole delle Nazioni Unite relative al trattamento delle donne detenute e alle misure non detentive per le donne autrici di reati (Regole di Bangkok), fatte proprie dall'Assemblea generale dell'ONU nella sua sessione del luglio 2010, secondo la quale «Le pene non privative della libertà devono essere privilegiate, quando ciò sia possibile e indicato, per le donne incinte e per le donne con bambini, in luogo di pene privative della libertà previste in caso di reati gravi o violenti o quando la donna rappresenta ancora un pericolo e dopo aver considerato l'interesse superiore del bambino o dei bambini, restando inteso che devono essere trovate soluzioni appropriate per la presa in carico di questi ultimi.»;
l'articolo 18, finalizzato, ad avviso dei sottoscrittori, a perseguire la filiera della cosiddetta «Cannabis Light» – priva di principi psicoattivi – parificandola alle sostanze di cui alla tabella II del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, oltre a distruggere una fiorente attività imprenditoriale con oltre 20.000 addetti, si pone in contrasto anche con la libertà di iniziativa economica privata disciplinata dall'articolo 41 della Costituzione e con i principi dell'Unione europea e del mercato interno in materia di libera circolazione delle merci;
l'articolo 19, secondo i firmatari, si pone in palese contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, ponendo gli agenti di pubblica sicurezza in una posizione di ingiustificato privilegio rispetto ad altri funzionari pubblici;
l'articolo 24 introduce due ulteriori aggravanti, relative al reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui di cui all'articolo 639 del codice penale, in particolare, la prima si configura quando il fatto è commesso su beni mobili e immobili adibiti all'esercizio delle funzioni pubbliche con la finalità di ledere l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione cui il bene appartiene, punita con la reclusione da 6 mesi a 1 anni e 6 mesi e con la multa da 1.000 a 3.000 euro (articolo 639 comma 2 del codice penale); la seconda è una specifica ipotesi di recidiva per la fattispecie aggravata di nuova introduzione, punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa fino a 12.000 euro (articolo 639 comma 3 del codice penale). Anche in questo caso lo strumento penale viene adottato per reprimere il dissenso, riconducibile nel caso di specie alle attività di protesta degli eco-attivisti. Nonostante voci autorevoli, come quella del relatore speciale ONU per i difensori dell'ambiente, abbiano definito la repressione degli attivisti ambientali e delle loro proteste pacifiche una grave minaccia per la democrazia e i diritti umani, il Governo mostra chiaramente l'intenzione di rendere queste condotte penalmente rilevanti. Così facendo, tenta di limitare la libertà di esprimere il proprio pensiero e di manifestare il proprio dissenso, diritti garantiti dalla costituzione ai sensi dell'articolo 21;
gli articoli 26 e 27 coinvolgono gli istituti penitenziari e le strutture di trattenimento e accoglienza per i migranti, che già versano in uno stato di sovraffollamento, evidenziando ulteriormente la logica securitaria che permea l'intero provvedimento normativo. Le due fattispecie sono identiche: è punito chiunque, all'interno di un istituto penitenziario ovvero di uno dei centri per migranti, «mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all'esecuzione degli ordini impartiti ovvero mediante tentativi di evasione, commessi in tre o più persone riunite, promuove, organizza o dirige una rivolta». L'idea di fondo è che ogni forma di ribellione contro l'autorità costituita debba essere punita con esemplare severità. In primo luogo, viene modificato l'articolo 415 del codice penale, che già prevede una pena fino a 5 anni per l'incitamento alla disobbedienza alle leggi, si stabilisce che «la pena è aumentata se il reato è commesso all'interno di un istituto di pena o per mezzo di scritti o comunicazioni dirette ai detenuti». Il nuovo articolo 415-bis del codice penale punisce con la reclusione fino a 8 anni «chiunque, all'interno di un istituto penitenziario, promuova, organizzi o diriga una sommossa con atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all'esecuzione degli ordini o con tentativi di evasione, commessi congiuntamente da tre o più persone». La disobbedienza e la resistenza passiva sono oggetto della dura reazione penale prevista da questa disposizione che, intende trasformare il sistema carcerario in una istituzione di natura autoritaria: se tre detenuti che condividono la stessa cella sovraffollata si rifiutano di obbedire all'ordine di un agente di polizia, in modo non violento, saranno accusati di rivolta;
questi nuovi reati sono in contrasto con le Regole delle Nazioni Unite le cosiddette «Regole di Mandela», nell'ambito delle quali la Regola 5, stabilisce che «il regime carcerario deve sforzarsi di ridurre al minimo le differenze tra la vita carceraria e la vita privata». Con l'estensione delle condotte penalmente rilevanti anche alle ipotesi di resistenza meramente passiva (comprese la disobbedienza non violenta e l'obiezione di coscienza) verranno così sanzionati con pene estremamente pesanti anche comportamenti meramente dimostrativi, espressioni del pensiero e manifestazioni di libere opinioni che, allo stato, non sono reati bensì diritti costituzionalmente tutelati. Una condotta di rivendicazione di diritti o di critica si trasforma in reato perché posta in essere all'interno di un carcere;
appare davvero incredibile che una modalità della rivolta si possa realizzare a mezzo atti di «resistenza anche passiva all'esecuzione degli ordini impartiti». La condotta penalmente rilevante si sostanzia nel non obbedire, senza che la condotta assuma i connotati di una resistenza aggressiva connotata da atteggiamenti violenti o minatori. Quella resistenza passiva che per la giurisprudenza non rileva nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale (articolo 337 del codice penale) e che non può consentire il ricorso all'uso delle armi nella scriminante ex articolo 53 del codice penale, diventa invece penalmente rilevante nel contesto degli istituti penitenziari o dei centri per immigrati. In relazione alla resistenza meramente passiva si entra in conflitto con il principio di materialità (l'articolo 25 comma 2 Costituzione). Per reprimere i fatti di rivolta non è necessario ricorrere a nuove fattispecie incriminatrici perché le modalità violente, minatorie o di tentata evasione sono già di per sé rilevanti penalmente. Le pene più severe di cui all'articolo 415-bis del codice penale sottendono che il disvalore non è dato solo dall'offesa alla sicurezza interna ai contesti di privazione della libertà personale, ma al diverso significato che la privazione della libertà personale assume nei due contesti. Si finirebbe per sanzionare penalmente eventuali forme pacifiche di mera critica o di dimostrazione pacifica o di protesta per eventuali disservizi, che spesso si sono rivelati fondati nelle inchieste della magistratura, il che consentirebbe ai gestori privati (nei CPR e nei centri di accoglienza) di usare le nuove norme penali per minacciare di sanzioni penali chiunque voglia protestare per eventuali disservizi o trattamenti inumani o degradanti: appare irragionevole la sanzione penale della rivolta all'interno di un centro di accoglienza, in cui lo straniero è meramente ospitato, senza alcuna limitazione della sua libertà personale ed è destinatario di misure di assistenza da parte dei gestori e degli operatori addetti al centro;
l'articolo 28 prevede l'autorizzazione nei confronti degli agenti di pubblica sicurezza a portare senza licenza un'arma tra quelle di cui all'articolo 73 comma 1 Regio decreto 635/1940 (e non solo quelle di ordinanza) quando non sono in servizio, estendendo dunque loro una disciplina già prevista per altre categorie (quali il Capo della polizia, i Prefetti, i vice-prefetti ...) e, in concreto, non rendendo più punibili condotte altrimenti penalmente rilevanti ai sensi dell'articolo 699 del codice penale. Si apre così la possibilità di una rischiosa diffusione delle armi nel nostro paese, che potrebbe generare inevitabilmente un loro possibile maggiore utilizzo. Questa disposizione si rivela in netta antitesi con la dichiarata finalità del decreto di rafforzare uno sfumato concetto di sicurezza collettiva;
l'articolo 29, modifica i reati di cui agli articoli 5 e 6 legge n. 1409 del 1956; tali fattispecie puniscono chi non ottempera all'intimazione di fermo o commette atti di resistenza o violenza contro una unità del naviglio della Guardia di finanza, applicando le pene previste dagli articoli 1099 e 1100 cod. nav., che regolano le ipotesi in cui le medesime condotte sono commesse ai danni di una nave da guerra nazionale. Prevede un duplice intervento sulle disposizioni esistenti: sia estendendo i reati di cui agli articoli 5 e 6 legge n. 1409 del 1956 al di fuori delle ipotesi di contrasto al contrabbando di tabacchi, per ricomprendere tutte le attività di vigilanza che competono a tale forza di polizia, tra cui rientra anche l'attività di prevenzione e contrasto dell'immigrazione irregolare; sia ampliando la portata di tutti e quattro i reati analizzati (articoli 1099, 1100 cod. nav. e articoli 5 e 6 legge n. 1409 del 1956) al fine di rendere punibili tali condotte ove commesse dai comandanti di navi straniere. Si criminalizza l'attività di organizzazioni umanitarie, che operano in mare nel pieno rispetto dell'obbligo di prestare soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita. Questa disposizione, ad avviso dei firmatari, viola direttamente e indirettamente gli articoli 11 e 117 della Costituzione, ostacolando l'applicazione di norme europee e internazionali sull'obbligo di salvataggio in mare. Si aumentano invece così i rischi e gli ostacoli di chi affronta un viaggio in mare, rischiando la vita, e di chi impegna la propria vita a soccorrerli;
l'articolo 31, seppur modificato rispetto al precedente disegno di legge, in materia di informazione per la sicurezza, ove è stato «stralciato» l'obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni, università comprese, di fornire dati sensibili di cittadini italiani e non, alle agenzie dei servizi – DIS, AISE e AISI, restano confermate disposizioni normative in palese contrasto, ad avviso dei firmatari, con l'articolo 3 della Costituzione, ove prevedono agli agenti dei servizi di infiltrarsi e di promuovere, nonché dirigere associazioni sovversive e terroristiche;
in conclusione, ad avviso dei presentatori, questa modalità di legiferare evidenzia una torsione della forma di governo e della forma di stato configurata dalla nostra Costituzione,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge A.C. 2355.
N. 5. Zanella, Dori, Zaratti, Bonelli, Borrelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.