XIX LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
la direttiva 2009/147/CE «Uccelli», all'articolo 7, impone che il prelievo venatorio delle specie in allegato II rispetti il principio di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie, senza pregiudicarne pertanto lo stato di conservazione; affinché tale richiesta possa essere soddisfatta risulta essenziale un'attenta valutazione delle scelte di modifica del quadro normativo nonché l'affidamento a ricerche e lavori volti alla protezione e alla corretta gestione e utilizzo delle popolazioni di tutte le specie di uccelli, come previsto all'articolo 10 della stessa direttiva;
in quest'ottica i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio del mare (Mattm) e delle politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf), con decreto 6 novembre 2012, hanno definito le «Modalità di trasmissione e tipologia di informazioni che le regioni sono tenute a comunicare per la rendicontazione alla Commissione europea sulle ricerche e i lavori riguardanti la protezione, la gestione e l'utilizzazione delle specie di uccelli, di cui all'articolo 1 della direttiva 2009/147/CE. (12A12391)»;
in attuazione di quanto disposto dal citato decreto 6 novembre 2012, e tenuto conto delle informazioni pervenute a parte delle amministrazioni regionali e provinciali, Ispra ha pubblicato un documento di sintesi dei dati di abbattimento delle specie ornitiche sottoposte a prelievo ricavati dai tesserini venatori relativamente alle stagioni 2017-18, 2018-19, 2019-20, 2020-21, 2021-22, 2022-23, fornendo pertanto il numero di esemplari abbattuti dal 2017 al 2023 nel nostro Paese per ciascuna delle 36 specie di uccelli cacciabili in Italia, divisi per regioni e stagioni venatorie;
nel suo rapporto Ispra ricorda che l'avifauna è «patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale», come chiarisce la legge nazionale 157 del 1992, e che la direttiva «Uccelli» impone che il prelievo venatorio delle specie presenti nell'allegato II rispetti il principio di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie, senza pregiudicarne pertanto lo stato di conservazione;
la ricerca di un equilibrio tra conservazione, tutela, vitalità delle popolazioni di specie ornitiche e pressione venatoria avviene, in Italia, tramite i calendari venatori che, su base regionale, regolamentano l'attività venatoria, stabilendo, su base analitica, le specie cacciabili e i limiti dei carnieri, le giornate, i limiti orari e i periodi dell'anno in cui la caccia è consentita;
per poter esercitare l'attività venatoria, oltre al porto d'armi, alla licenza di caccia ed essere iscritti ad un ambito territoriale di caccia Atc è necessario essere muniti del tesserino regionale che viene rilasciato ogni anno dal comune di residenza del cacciatore che si deve attenere alle quantificazioni del prelievo per specie espresse dal calendario venatorio regionale; il tesserino venatorio autorizza l'attività di caccia per una stagione e va rinnovato di anno in anno;
i dati dei tesserini venatori, che contengono informazioni sulle giornate di caccia e il numero abbattimenti per specie, vengono aggregati su base regionale e comunicati ad Ispra che successivamente redige un rapporto sul prelievo faunistico nazionale, in cui viene analizzata l'influenza del prelievo venatorio sulle popolazioni delle specie cacciabili; pertanto, ogni anno, regioni e province autonome devono trasmettere i dati di abbattimento che, una volta elaborati da Ispra saranno inoltrati dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica alla Commissione europea;
sono stati analizzati i dati pervenuti a Ispra entro il 31 ottobre 2024 relativi al numero di abbattimenti di ciascuna specie ornitica cacciabile nel periodo compreso tra la stagione venatoria 2017-2018 e quella 2022-2023; la quantificazione degli abbattimenti costituisce, di fatto, la prima informazione necessaria alla valutazione dell'entità del prelievo venatorio in Italia; purtroppo diverse regioni non hanno fornito tutte le informazioni necessarie – i dati sui tesserini venatori relativi alla stagione venatoria 2023-24 erano stati trasmessi solo da cinque regioni (Abruzzo, Campania, Piemonte, Sardegna, Valle d'Aosta) e la regione Umbria non ha mai trasmesso i dati per le stagioni venatorie considerate – costringendo Ispra a fornire un quadro incompleto della situazione;
va ricordato che nonostante un miglioramento nei dati trasmessi dalle regioni rispetto al precedente decennio, un'adeguata raccolta ed analisi dei dati di abbattimento rappresenta uno dei presupposti per la corretta gestione venatoria delle singole specie; un efficiente sistema di monitoraggio dei principali parametri demografici delle popolazioni e del prelievo a loro carico consentono infatti di verificare la sostenibilità del prelievo, rispondendo in tal modo anche a specifici obblighi comunitari;
bisogna considerare che ai dati ufficiali di abbattimenti provenienti dall'attività venatoria sono da aggiungere quelli illeciti legati al bracconaggio che, in taluni casi, appaiono incidere significativamente sulle popolazioni di alcune specie ma che sono di difficile quantificazione;
in base a quanto emerge dagli atti del simposio promosso nell'ambito del progetto «LIFE20 Ibis Eremita» (LIFE20 NAT/AT/000049), l'Italia è ampiamente riconosciuta come un hotspot per la caccia illegale agli uccelli e, secondo le stime del rapporto The Killing (Birdlife International, 2015), ogni anno in Italia vengono uccisi o catturati illegalmente fino a 6 milioni di uccelli;
a causa della mancanza di una strategia efficace per combattere i crimini contro gli uccelli selvatici, l'Unione europea ha avviato negli anni diverse procedure pilot contro l'Italia, chiedendo chiarimenti e sollecitando il Paese ad attuare misure concrete ed efficaci per affrontare la questione;
nel 2017 l'Italia aveva introdotto un Piano d'azione nazionale per la lotta al bracconaggio, che delinea una serie di azioni per la protezione degli uccelli attraverso significativi adeguamenti normativi e l'individuazione di sette hotspot del bracconaggio in tutta la penisola; secondo il piano d'azione, il 43 per cento dei casi di possesso, cattura, commercio o uccisione illegale di uccelli selvatici si verifica in queste aree designate come hotspot;
la Rete europea dei procuratori per l'ambiente (Enpe), un'associazione internazionale sostenuta dall'Unione europea ed impegnata nella lotta contro i reati ambientale, ha elaborato una serie di «messaggi chiave» per gli Stati membri finalizzati ad un efficace contrasto del bracconaggio, tra i quali l'esigenza di migliorare la legislazione in materia di caccia in modo da poter distinguere chiaramente l'attività venatoria lecita dal bracconaggio;
ogni anno nel bacino del Mediterraneo vengono uccisi illegalmente circa 25 milioni di uccelli, di cui oltre 5 milioni in Italia; nell'area del Mediterraneo l'Italia è al secondo posto per numero di uccisioni illegali;
il bracconaggio rappresenta una minaccia reale e concreta per la corretta conservazione delle specie migratorie in Europa, Asia ed Africa;
in Italia le principali attività illegali sono l'uccisione di specie protette e, in particolare, l'uso di mezzi illegali come richiami elettronici, trappole o reti, la caccia in aree protette, la caccia in periodi di chiusura, la caccia senza licenza e il commercio illegale di uccelli;
gli sforzi e l'impegno formale dell'Italia nei confronti della Commissione europea, attraverso la pubblicazione del Piano d'azione nazionale per il contrasto dei reati contro gli uccelli selvatici, avevano portato alla chiusura della procedura EU Pilot (2013)5283, avviata nel 2013 a causa di diffuse problematiche legate alla mancata prevenzione e repressione dei reati contro gli uccelli selvatici;
purtroppo, a 10 anni esatti dall'apertura di questa procedura, la Commissione europea si è vista costretta a rivalutare il caso italiano, rilevando il persistere di una serie di criticità, tra cui «diffusi episodi di bracconaggio» confermati da una serie di segnalazioni da parte di autorità pubbliche e Ong, tra le altre questioni, la riduzione del personale di polizia e il mancato inasprimento delle sanzioni contro bracconieri e cacciatori hanno portato all'apertura di una nuova procedura: EUP (2023)10542, per violazione degli articoli 5, 6 e 8 della direttiva Uccelli 2009/147/CE; la procedura evidenzia ulteriori violazioni quali:
la continua emissione di calendari venatori da parte delle regioni che consentono di sparare a determinate specie di uccelli durante il loro ritorno ai siti di nidificazione e la caccia a specie in cattivo stato di conservazione senza piani di gestione effettivamente attuati;
la violazione del regolamento (CE) 2021/57 che limita l'uso di munizioni contenenti piombo all'interno o in prossimità di zone umide. Questa procedura si aggiunge a un'altra, emessa nello stesso anno: EUP (2023)10419, sempre per presunte violazioni della direttiva Uccelli, nonché della direttiva Habitat 92/43/CEE determinata dalla modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992 che regola le attività di gestione della fauna selvatica, che, riducendo le prerogative delle forze dell'ordine e degli enti scientifici, consente ai cacciatori di svolgere attività di controllo anche nelle aree protette e durante i periodi di divieto di caccia;
la procedura si è trasformata in una vera e propria procedura di infrazione (INFR(2023)2187); ciò nonostante il Governo, il Parlamento italiano e diverse regioni stanno continuando a promuovere misure normative volte a ridurre le già scarse tutele fornite dalla legislazione in materia di fauna selvatica;
giova sottolineare che per ben due volte modifiche normative alla legge n. 157 del 1992, in materia di tutela della fauna selvatica, sono state introdotte, a giudizio dei firmatari del presente atto, in palese violazione del Regolamento della Camera con emendamenti alla legge di bilancio di carattere puramente ordinamentale;
nelle zone umide europee, almeno 40 specie di uccelli sono esposte al rischio di avvelenamento da piombo causato dall'ingestione di pallini di piombo esausti;
secondo le stime, circa 700.000 individui di 16 specie di uccelli acquatici muoiono ogni anno nell'Unione europea (Ue) (6,1 per cento della popolazione svernante) e un milione in tutta Europa (7,0 per cento) a causa degli effetti acuti dell'avvelenamento da piombo. Inoltre, il triplo degli uccelli subisce effetti sub-letali; la perdita economica dovuta alla mortalità indotta dal piombo di queste 16 specie è stato stimato in 105 milioni di euro all'anno nei Paesi dell'Unione europea e in 142 milioni di euro in tutta Europa;
da un'attenta analisi dei sopra citati atti del simposio promosso nell'ambito del progetto «LIFE20 Ibis Eremita» emerge l'enorme responsabilità della caccia illegale nel rischio di estinzione di specie come l'ibis eremita o il capovaccaio; non va dimenticato, infatti, che talvolta il confine tra la pratica venatoria svolta legittimamente e la caccia illegale è estremamente labile ed ogni misura di deregolamentazione dell'attività venatoria o di affievolimento dell'impianto sanzionatorio rischia di rendere più probabile – e di fatto legalizzare – il bracconaggio,
impegna il Governo:
1) ad avviare immediatamente un'interlocuzione con le istituzioni europee per individuare le iniziative normative necessarie per chiudere le procedure di infrazione che sono state avviate per violazione della normativa europea in materia di fauna selvatica, habitat e sostanze chimiche;
2) nelle more dell'esito dell'interlocuzione e in ogni caso fino alla definitiva chiusura delle infrazioni in essere, ad astenersi da ogni iniziativa normativa di modifica della legge quadro sulla tutela della fauna selvatica e per il prelievo venatorio;
3) a promuovere una più efficace collaborazione con le regioni al fine di poter disporre di un quadro analitico compito ed esaustivo dello stato di conservazione delle singole specie, in modo da poter valutare l'opportunità di introdurre limitazioni all'attività venatoria qualora le condizioni non siano adeguatamente soddisfacenti;
4) ad implementare e rafforzare le misure del Piano d'azione nazionale per la lotta al bracconaggio in modo da contrastare con maggiore efficacia la caccia illegale, che rappresenta un rischio enorme per la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, tutelati dall'articolo 9 della Costituzione.
(1-00446) «Caramiello, Conte, Sergio Costa, Riccardo Ricciardi, Ilaria Fontana, Cherchi, Di Lauro».
Risoluzione in Commissione:
Le Commissioni IV e XI,
premesso che:
l'attuale scenario internazionale è caratterizzato da una crescente instabilità, con conflitti in diverse aree del mondo, che impongono un riesame delle esigenze di difesa e sicurezza dell'Italia e delle forze armate, affinché si possa rispondere efficacemente alle sfide future ed europee;
le forze armate devono essere preparate a operare su più domini (terrestre, marittimo, aereo, spazio e cyber) e possedere la capacità di condurre operazioni ad «alta intensità», nonché affrontare le sfide derivanti da un cambiamento tecnologico rapido e in continua evoluzione;
è quanto mai necessario e urgente anche un cambiamento culturale e organizzativo che promuove l'innovazione, il coinvolgimento delle nuove generazioni e una costante capacità di adattamento alle nuove esigenze;
le difficoltà nel reclutamento, dovute a vari fattori, richiedono azioni concrete per semplificare le procedure concorsuali e valorizzare la professione militare, anche con l'introduzione di un sistema di «reclutamento misto»;
il rinnovamento tecnologico e il miglioramento dei mezzi e dei sistemi d'arma delle forze armate sono prioritari per garantire la modernità e l'efficacia operativa, con l'acquisizione di nuove piattaforme e strumento militare;
la logistica, un aspetto fondamentale per il buon esito delle operazioni, deve essere sostenuta da adeguate risorse, con un programma di riqualificazione delle infrastrutture e la necessità di garantire il miglior alloggio per il personale;
le forze armate hanno sofferto un periodo di impieghi in operazioni di mantenimento della pace che ha limitato le capacità di combattimento, richiedendo un'adeguata preparazione nelle aree addestrative;
l'attuale disciplina pensionistica riguardo la specificità del personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico di cui fanno parte le forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, le forze di polizia e il corpo nazionale dei vigili del fuoco, con la legge 4 novembre 2010, n. 183, riconosce la specificità del ruolo e dello stato giuridico di tale personale, in relazione alla peculiarità dei compiti, alle limitazioni personali che ne derivano e ai requisiti di efficienza operativa richiesti;
tuttavia, tale personale risulta però svantaggiato sul versante previdenziale in conseguenza dell'introduzione del metodo di calcolo contributivo. In tale sistema, infatti, l'importo lordo annuo del trattamento pensionistico si ottiene moltiplicando il montante contributivo individuale con un coefficiente di trasformazione che aumenta in proporzione all'età di pensionamento. I coefficienti attualmente in vigore sono articolati in funzione dei requisiti anagrafici previsti per l'accesso al pensionamento da parte della generalità dei dipendenti pubblici. Tali coefficienti risultano fortemente penalizzanti per le categorie di personale per le quali sono previste età di pensionamento inferiori rispetto a quelle vigenti per i restanti lavoratori. Tra questi vi è il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, i cui ordinamenti prevedono per il pensionamento cosiddetto «di vecchiaia» limiti di età diversi in relazione al grado rivestito, ma comunque più bassi rispetto a quelli previsti per la generalità del pubblico impiego;
ne deriva che, anche restando in servizio fino al limite massimo di età previsto da ciascun ordinamento, tale personale non riesce a raggiungere i coefficienti di trasformazione più favorevoli che la legge fissa al raggiungimento di età avanzate. Questa circostanza, aggravata dalla mancata istituzione di forme di previdenza compensativa, crea una situazione di estremo svantaggio per il personale del comparto nel momento del pensionamento dopo una carriera professionale dedicata alla difesa dello Stato e dei cittadini;
sarebbe opportuno trovare un nuovo punto di equilibrio tra le voci di spesa per la difesa quali personale, esercizio e investimenti, anche alla luce delle sfide rappresentate dagli scenari internazionali;
le forze armate hanno dimostrato un impegno costante nelle operazioni all'estero e nelle missioni di difesa del paese, ma necessitano di un adeguamento delle proprie capacità operative e strategiche per affrontare le sfide della difesa moderna;
allo stesso tempo non pare più rinviabile una particolare attenzione a garantire il benessere del personale nonché al miglioramento delle infrastrutture logistiche,
impegnano il Governo:
a sostenere iniziative fini del miglioramento della qualità degli alloggi militari di cui al capo VI del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e adeguare le molte strutture obsolete e non conformi agli standard di comfort e sicurezza, per garantire condizioni di vita dignitose ai militari e alle loro famiglie;
ad adottare iniziative normative volte a ridefinire i coefficienti di trasformazione applicabili a tale categoria di personale all'atto del pensionamento «per vecchiaia» in modo da renderli aderenti agli attuali limiti ordinamentali, intervenendo quindi con una norma di equità contributiva, disponendo l'equiparazione al coefficiente di trasformazione previsto per il pubblico impiego al momento dell'accesso al pensionamento per limiti di età;
ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere misure migliorative del benessere dei militari anche con particolare attenzione a incrementare i livelli di tutela della salute mentale e supporto psicologico del personale delle forze armate, per attenuare lo stress operativo che può avere conseguenze significative sul benessere psicologico dei militari, garantendo dunque un servizio di supporto dedicato per contribuire a mantenere alta l'efficienza operativa e migliorare la qualità della vita;
a sostenere interventi che permettano di incrementare i livelli di sicurezza sul lavoro e alla formazione continua per ridurre i rischi legati alle operazioni del personale delle forze armate, per prevenire incidenti e proteggere il personale, che opera in contesti complessi e talvolta pericolosi; a promuovere un approccio «Sistema-Paese» per lo sviluppo di soluzioni tecnologiche militari, basato sulla collaborazione tra istituzioni, industria, università e mondo scientifico e della ricerca.
(7-00303) «Graziano, Scotto».
ATTI DI CONTROLLO
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta scritta:
ONORI, PASTORELLA, RUFFINO, D'ALESSIO, GRIPPO, BONETTI e ROSATO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
in data 22 maggio 2025, l'amministrazione Trump ha revocato all'università di Harvard la possibilità di iscrivere studenti internazionali, ordinando anche il trasferimento o la perdita dello status legale per quelli attualmente iscritti, in seguito al rifiuto dell'ateneo di fornire al Dipartimento per la sicurezza interna (Dhs) i registri comportamentali degli studenti stranieri;
questa decisione, comunicata attraverso la revoca della certificazione Sevp (Student and exchange visitor program), colpisce duramente una delle università più prestigiose al mondo, frequentata ogni anno da migliaia di studenti internazionali, tra cui anche studenti italiani;
secondo i dati più recenti, nell'anno accademico 2024-2025 gli studenti internazionali rappresentano il 27,2 per cento della popolazione studentesca dell'Università di Harvard (6.793 su un totale di 24.990), tra cui figurano oltre 70 studenti italiani regolarmente iscritti;
se si includono anche ricercatori e dottorandi, il numero complessivo di connazionali attualmente presenti presso l'ateneo si stima intorno alle 250 unità, a cui si aggiungono coloro che avevano già pianificato l'inizio del proprio percorso accademico presso Harvard nei prossimi mesi;
la decisione del Governo statunitense rischia di interrompere i percorsi di studio e ricerca di questi studenti, compromettendo i loro progetti accademici e personali, e arrecando un danno grave sia sul piano individuale che in termini di cooperazione scientifica e culturale tra Italia e Stati Uniti;
diversi studenti italiani coinvolti si trovano attualmente in uno stato di forte incertezza: alcuni avevano già avviato le pratiche per l'ottenimento del visto, altri sono già iscritti ai corsi e non sanno se potranno fare ritorno negli Stati Uniti per proseguire il loro percorso accademico;
il provvedimento ha suscitato reazioni di forte condanna da parte del mondo accademico statunitense e internazionale, ed è stato definito da Harvard come una misura «ritorsiva e illegale» –:
se sia a conoscenza della decisione assunta dalle autorità statunitensi in merito alla revoca della certificazione Sevp all'Università di Harvard e se abbia già intrapreso interlocuzioni ufficiali per accertare le conseguenze di tale misura sui cittadini italiani interessati;
quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, anche per il tramite della rete diplomatica e consolare, al fine di tutelare i diritti degli studenti italiani iscritti o in procinto di iscriversi all'Università di Harvard, assicurando la continuità del loro percorso formativo e prevenendo eventuali discriminazioni derivanti da decisioni di natura politica.
(4-05095)
AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE
Interrogazioni a risposta scritta:
BORRELLI, ZANELLA, BONELLI, DORI, ZARATTI e GRIMALDI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
un articolo de' Il fatto quotidiano ha riportato una bozza di un disegno di legge collegato alla legge di bilancio, il quale, a parere dell'interrogante, stravolgerebbe la legge 11 febbraio 1992, numero 157, concernente «norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»;
la bozza del provvedimento introdurrebbe un cambio sostanziale dell'esercizio venatorio che passerebbe da attività ludica ad attività sportivo-motoria con importanti ricadute sociali, culturali ed economiche che concorre alla tutela della biodiversità e dell'ecosistema;
lo stesso testo prevederebbe una serie di disposizioni tese ad estendere in maniera copiosa i periodi, le aree, le gare e gli orari di caccia, oltre che le specie da utilizzare come esche da richiamo vive, prevedendo addirittura la riapertura dei roccoli;
nello specifico l'attività verrebbe consentita anche nelle aree demaniali – protette dalla legislazione vigente – e le gare di caccia con cani verrebbero escluse dall'esercizio venatorio con la fisiologica conseguenza che potrebbero essere effettuate oltre il mese di febbraio, periodo di migrazione prenuziale e di nidificazione, e negli orari notturni;
inoltre il testo cancellerebbe ogni limite alle autorizzazioni regionali circa la costruzione di nuovi appostamenti fissi di caccia, il parere vincolante dell'Ispra e consentirebbe, tra l'altro, la licenza di caccia ai cittadini di Paesi esteri senza alcuna formazione preventiva sulle regole italiane;
qualora la bozza del testo del disegno di legge trovasse conferme e l'iter dello stesso si concretizzasse, ci si troverebbe di fronte ad un tentativo di eliminazione di ogni tutela della fauna e della biodiversità che sarebbero, addirittura, assoggettate all'attività venatoria sostanziando, di fatto, il capovolgimento della ratio di fondo della legge quadro sulla caccia e dei principi di tutela della fauna selvatica e dell'ecosistema;
a ciò si aggiungono rilevanti profili di rischio per la sicurezza delle persone, abitualmente presenti e attive in tali aree demaniali per finalità ricreative o escursionistiche, soprattutto in considerazione dell'ipotesi di apertura di questi spazi alle pratiche venatorie;
la diffusione della bozza ha suscitato le reazioni di numerose associazioni ambientaliste ed animaliste e non solo, che ne hanno contestato il carattere ideologico filo-venatorio volto alla consegna della fauna selvatica e delle aree naturali alle pratiche venatorie nonostante i contrasti evidenti con la normativa costituzionale e comunitaria i quali sono emersi, anche, dalla relazione fornita dal direttore tecnico della direzione generale Tutela della biodiversità e del mare del Ministero dell'ambiente, nelle more del convegno pubblico organizzato presso la Camera dei deputati intitolato «Il caso dell'ibis eremita – Contrasto ai crimini contro la fauna selvatica in Italia tramite il recepimento della direttiva Ue sulla tutela penale ambientale» –:
se i Ministri interrogati confermino il contenuto della bozza del disegno di legge in oggetto e se, in caso affermativo, non intendano, a fronte di quello che all'interrogante appare un evidente conflitto con le norme costituzionali e comunitarie, astenersi dal promuovere la presentazione di un disegno di legge di tale contenuto.
(4-05098)
DALLA CHIESA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il Governo ha annunciato l'intenzione di presentare un disegno di legge volto a modificare la legge n. 157 del 1992 sulla protezione della fauna selvatica e la regolamentazione dell'attività venatoria;
secondo quanto riportato da fonti giornalistiche, il disegno di legge in questione prevedrebbe, tra l'altro, l'estensione delle aree cacciabili, la possibilità di cacciare anche dopo il tramonto e l'ampliamento delle specie cacciabili, suscitando preoccupazione tra le associazioni ambientaliste e animaliste in merito alla la tutela della biodiversità e violare direttive europee in materia di conservazione della fauna selvatica –:
se, nell'ambito delle attività istruttorie del disegno di legge, siano state svolte valutazioni in merito all'eventuale impatto ambientale delle modifiche proposte, in particolare per quanto riguarda la tutela della biodiversità e il rispetto delle direttive europee in materia, e se nell'ambito di tali attività siano stati coinvolti istituti e/o organismi indipendenti.
(4-05099)
AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA
Interrogazione a risposta orale:
ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
con atto di sindacato ispettivo 3-01530, cui fino ad oggi non è stata fornita risposta, il 29 ottobre 2024 veniva chiesto se i Ministri dell'ambiente e della cultura non ritenessero necessario adottare atti di propria competenza per garantire la piena tutela del patrimonio forestale e boschivo presente nell'area destinata alla realizzazione di un nuovo stadio di calcio in località Pietralata nel comune di Roma, anche disponendo l'inclusione di tale bene tra le aree tutelate per legge ai sensi dell'articolo 142 comma 1, lettera g) del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio);
lunedì 19 maggio 2025 sono state avviate le operazioni di abbattimento delle alberature presenti nell'area di Pietralata, nel IV Municipio di Roma Capitale, ai fini delle indagini archeologiche preventive propedeutiche alla realizzazione dello stadio;
l'ambito interessato dal progetto del nuovo stadio ricade all'interno delle componenti secondarie (area «B») della rete ecologica cittadina, ossia l'insieme dei principali ecosistemi del territorio comunale e delle relative connessioni, quali aree di medio livello di naturalità e alto livello di integrazione tra le componenti primarie e quelle secondarie, con valori naturalistici da preservare e ripristinare, anche al fine di garantire ed assicurare continuità della stessa rete ecologica;
il taglio degli alberi, degli arbusti e della vegetazione non deve pregiudicare in nessun modo l'attività di nidificazione e riproduzione della fauna selvatica, né interferire con i periodi di migrazione delle specie faunistiche ai sensi della Direttiva 2009/147/CEE «Uccelli»;
secondo quanto disposto all'articolo 40, comma 16, del regolamento capitolino del verde pubblico e privato e del paesaggio urbano di Roma Capitale «Gli eventuali nidi di volatili presenti sulle alberature oggetto di abbattimento devono essere prelevati con le dovute accortezze e consegnati al più vicino Centro di Recupero Fauna Selvatica. Lo stesso obbligo vale anche per gli uccelli non ancora in grado di volare e per i cuccioli di mammiferi (scoiattoli, moscardini, ecc.) presenti nelle cavità delle alberature e ne deve essere data comunicazione alla Direzione Benessere degli Animali del Dipartimento Tutela Ambientale.»;
il taglio delle alberature e degli arbusti in genere, nel periodo tra aprile e giugno, può diventare un evento tragico per gli uccelli e per i piccoli mammiferi, considerando che questo è il periodo in cui la fauna selvatica è in piena stagione riproduttiva, per cui le operazioni di taglio del verde dovrebbero essere programmate nel rispetto del ciclo di vita degli animali;
la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato, che la tutela nell'interesse della comunità nazionale e internazionale, ai sensi dell'articolo 9 della Costituzione –:
se il Ministro interrogato risulti a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se risulti che per il taglio degli alberi nell'area di Pietralata nel IV Municipio di Roma Capitale siano stati preventivamente valutati i danni ambientali anche ai fini della tutela delle specie faunistiche ai sensi della direttiva 2009/147/CE sulla tutela della avifauna.
(3-01978)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BORDONALI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il settore della distribuzione del gas naturale è regolato da un complesso quadro normativo e regolatorio che, con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 164 del 20 maggio 2000, ha visto il superamento del modello di affidamento diretto per introdurre le procedure di gara, per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale ad un gestore unico;
tale decreto prevedeva la costituzione di 177 ambiti territoriali minimi tenendo conto delle possibili economie di scala derivanti dalla maggiore dimensione e della minore contendibilità di ambiti troppo grandi. Risulta che, ad oggi, ci sia stata l'aggiudicazione definitiva di pochissime gare di ambito e altrettante poche sono state avviate ma non ancora concluse nonostante i diversi interventi del legislatore (da ultimo, con la legge n. 118 del 2022 recante la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021) tesi a sveltire le procedure, semplificare gli adempimenti, accorpare gli ambiti, rivedere i criteri di gara e quelli per la valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale;
le gare per l'individuazione del gestore unico di ambito avrebbero dovuto premiare non soltanto i concorrenti in grado di presentare la migliore offerta economica, bensì anche quelli più ambiziosi nel proporre l'espansione delle reti, avendo così, anche grazie alla possibilità di aggregazioni, operatori sul mercato maggiormente in grado di gestire il mutato contesto industriale e tecnologico del settore;
oggigiorno, tuttavia, con la domanda di gas in calo, tale criterio sembra essere oramai arcaico: le gare dovrebbero valorizzare le offerte in grado di garantire un miglioramento qualitativo delle reti, l'efficienza energetica, la performance ambientale e la digitalizzazione;
all'interrogante risulta essere in via di definizione la revisione del contesto normativo, allo scopo di aggiornare i criteri di effettuazione delle gare, di valutazione del prezzo di cessione degli impianti esistenti al gestore subentrante, la tipologia degli interventi di innovazione tecnologica nonché essere allo studio la revisione complessiva dell'attuale modello di sistema con riferimento agli ambiti territoriali minimi;
in pendenza di tali iniziative a parere dell'interrogante è opportuno attendere che il nuovo quadro normativo sia definito prima di dare impulso alle gare dando così certezza agli enti locali e alle società, sia pubbliche che private, che siano intenzionate a partecipare;
qualora tale revisione portasse ad una drastica riduzione del numero degli ambiti territoriali, questa eccessiva concentrazione creerebbe non poche criticità, escludendo qualunque reale possibilità di contendibilità degli ambiti territoriali minimi ed eliminando qualsiasi possibile scenario concorrenziale nello svolgimento delle gare, anche alla luce della conclusa acquisizione, da parte di Italgas, del 99,94 per cento del capitale sociale di 2i Rete Gas, portandola di fatto a diventare il primo distributore di gas in Europa –:
se le notizie in merito alla revisione di cui in premessa trovino conferma e quali siano le tempistiche previste per un rapido riordino della disciplina ed una razionalizzazione dei settori della distribuzione del gas e dell'energia elettrica.
(5-04010)
RUBANO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
presso il comune di Fragneto Monforte (Benevento) in località «Toppa infuocata» è stato recentemente dismesso un sito di stoccaggio di rifiuti stoccati in balle (RSB – cosiddette «ecoballe») che interessava un'area di circa 25.000 metri quadri per un quantitativo rinvenuto di rifiuti pari a circa 65.000 tonnellate;
i rifiuti, prevalentemente derivanti da procedimenti di trito vagliatura, avevano codice CER 19.12.12 e, in minima parte 19.12.10 ed erano costituiti da balle di circa 1,50 x 1,10 x 1,10 metri stoccate da decenni in cumuli disposti su piazzole appositamente realizzate. L'involucro della balla poteva risultare deteriorato con perdita di rifiuti in forma sciolta;
le operazioni di smaltimento sono state condotte in base all'accordo di programma «Programma strategico per le compensazioni ambientali» sottoscritta il 18 luglio 2008 tra il Ministero dell'ambiente pro tempore e la regione Campania;
la regione Campania, di concerto con Arpac, nell'ambito del «Piano straordinario di smaltimento per la regione Campania» predisposto e finanziato ai sensi dell'articolo 2, del decreto-legge del 25 novembre 2015, n. 185, convertito con modificazioni, della legge n. 9 del 2016 ha avviato le operazioni di dismissione, iniziate nel 2022 tramite affidamento a ditta specializzata del servizio di rimozione, trasporto e smaltimento in ambito nazionale o comunitario. Tali operazioni prevedono anche il recupero energetico e/o di materiali;
con nota PG/2024/0005839 del 4 gennaio 2024 il dirigente della Unità operativa dirigenziale (UOD) 01, nel confermare l'impegno della regione per le opere di competenza, richiamava la possibilità di utilizzare risorse ministeriali «per gli interventi di sistemazione finale del sito, ivi comprese le attività di caratterizzazione ed eventuale bonifica dello stesso»;
la caratterizzazione ambientale (Allegato 2 al Titolo V, Parte Quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006) consente di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito;
il 16 aprile 2024 l'Arpac, dipartimento provinciale di Benevento ha effettuato un sopralluogo rilevando la necessità di rimozione e bonifica delle frazioni di rifiuti consistenti in cumuli di terreno frammisto a rifiuti residuali;
il 20 gennaio 2025 all'esito delle operazioni di smaltimento, il sindaco del comune di Fragneto Monforte ha chiesto alla regione, alla provincia di Benevento e alla ditta incaricata di effettuare un sopralluogo congiunto sull'area al fine di verificare lo stato attuale dei luoghi, nonché il ripristino e messa in sicurezza della strada comunale afferente all'impianto, fortemente ammalorata a seguito del passaggio continuo dei mezzi pesanti;
in data 21 gennaio 2025 sono state completate le operazioni di rimozione e in data 21 marzo 2025 sottoscritto il verbale di restituzione delle aree al comune –:
di quali elementi disponga in ordine a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare in relazione alla corretta attuazione del piano ex articolo 2 del decreto-legge n. 185 del 2015, se necessario anche valutando, in raccordo con gli enti regionali, ulteriori attività di caratterizzazione e bonifica.
(5-04011)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta scritta:
ENRICO COSTA e CALDERONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la Procura della Repubblica di Ancona ha notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari contestando il reato di calunnia agli avvocati Rossella Ognibene e Oliviero Mazza, difensori impegnati di fronte al Tribunale di Reggio Emilia nel processo noto come «Angeli e Demoni». La contestazione riguarda, nell'ambito di tale procedimento, la formulazione di un'eccezione e la redazione, da parte dei legali di una memoria difensiva in cui si rappresentava l'incompatibilità alla testimonianza di due psicologhe, consulenti tecniche del pubblico ministero, per aver partecipato all'assunzione di sommarie informazioni testimoniali, prima della nomina a consulente tecnico (dunque, le due professioniste avrebbero partecipato agli atti di indagine in qualità di ausiliari del pubblico ministero, come tali incompatibili alla successiva testimonianza tecnica ex articolo 197 lettera d) del codice di procedura penale, essendo, quella di consulente e di ausiliario, le uniche due possibili qualifiche processuali idonee a consentirne la partecipazione);
i difensori hanno argomentato per paradosso la loro eccezione, sostenendo che il non riconoscere alle psicologhe il ruolo di ausiliarie nell'assunzione delle sommarie informazioni, non essendo state ancora nominate consulenti al momento del compimento dell'atto, sarebbe equivalso al riconoscimento della carenza di titolo per partecipare ad una attività di indagine segreta e, conseguentemente, se così fosse stato, si sarebbe concretizzato il reato di violazione del segreto d'ufficio;
il Tribunale, nel riconoscere la verità storica di quanto affermato dalla difesa circa il ruolo delle due psicologhe, ovvero la partecipazione all'assunzione delle sommarie informazioni prima della loro nomina a consulenti tecnici, ha rigettato l'eccezione di incompatibilità;
in concomitanza con l'inizio delle arringhe difensive in dibattimento – dopo circa un anno – ai difensori è stato notificato dalla Procura di Ancona, cui aveva trasmesso gli atti la procura di Reggio Emilia, parte nel processo, l'avviso di conclusione delle indagini contenente l'addebito per calunnia a carico dei legali;
a giudizio degli interroganti la tempistica di tale attività costituisce un atto oggettivamente idoneo a comprimere la libera e piena espressione del mandato difensivo, in violazione ad ogni principio fondante lo Stato diritto: una questione procedurale legittimamente sollevata nell'ambito del contraddittorio tra le parti, peraltro fondata su precise risultanze documentali e processuali, diviene oggetto di denuncia stravolgendo ogni profilo di contraddittorio, inventando un delitto di «difesa», ai limiti dell'intimidazione processuale. La evidente compressione del diritto di difesa garantito dalla Costituzione, nonché l'utilizzo strumentale dei poteri della pubblica accusa, questo sì, sempre secondo gli interroganti, deve essere oggetto di un attento vaglio sotto ogni profilo –:
se il Ministro interrogato non intenda far luce, per quanto di competenza, sulla vicenda descritta in premessa, mediante l'attivazione dei propri poteri ispettivi.
(4-05100)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
FEDE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con la legge di bilancio 2024 e il successivo decreto milleproroghe, il Governo ha disposto una drastica riduzione dei fondi destinati alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade provinciali, stimata in circa il 70 per cento del totale delle risorse;
per la sola regione Marche, la dotazione finanziaria per il biennio 2025-2026 passa da 20.119.384 euro a 6.035.814 euro, con un taglio netto pari a 14.083.570 euro;
per il quadriennio 2025-2028, si registra una diminuzione complessiva di oltre 24 milioni di euro, passando da 50.298.459 a 26.155.199 euro;
le province marchigiane risultano fortemente penalizzate, come da stime dell'Unione province d'Italia (Upi):
Ancona: da 4.645.871 a 1.393.761 euro;
Ascoli Piceno: da 3.239.111 a 971.733 euro;
Fermo: da 2.861.530 a 858.459 euro;
Macerata: da 4.677.808 a 1.403.342 euro;
Pesaro Urbino: da 4.695.064 a 1.408.519 euro;
tale decisione impatta gravemente sulla sicurezza della circolazione, sulla tenuta strutturale di ponti e viadotti, e sulla vivibilità di interi territori, specie nelle aree interne e montane;
si rileva l'assenza di un piano alternativo di finanziamento e un colpevole silenzio da parte degli esponenti della maggioranza parlamentare, in particolare proprio nei territori interessati;
l'articolo 14 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada) stabilisce che gli enti proprietari delle strade hanno l'obbligo di provvedere alla manutenzione, al controllo tecnico della loro efficienza e alla gestione sia delle infrastrutture viarie, delle pertinenze e della relativa segnaletica, affinché sia garantita la sicurezza degli utenti;
gli articoli 19 e 19-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali) prevedono che le province esercitino funzioni fondamentali in materia di gestione e manutenzione delle reti stradali provinciali. Tali funzioni imprescindibili non possono essere compromesse da riduzioni circa le spettanti dotazioni finanziarie;
l'articolo 1, comma 85, della legge 7 aprile 2014, n. 56, stabilisce che tra le funzioni fondamentali attribuite alle province rientrano espressamente la pianificazione, gestione e manutenzione della rete viaria provinciale, ponendo specifiche responsabilità istituzionali in capo agli enti provinciali stessi –:
quali siano i criteri che hanno portato al taglio dei fondi per la manutenzione delle strade provinciali;
se siano previsti futuri interventi volti a finanziare le carenze strutturali derivanti da tagli riportati in premessa, o eventuali programmi straordinari di manutenzione.
(3-01977)
Interrogazione a risposta in Commissione:
SANTILLO, IARIA, AMATO, CARAMIELLO, PENZA e DI LAURO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'Aeroporto di Napoli-Capodichino rappresenta la principale porta di accesso turistico per la Campania, avendo gestito circa 12 milioni di passeggeri nel solo 2024, ed è uno scalo fondamentale per i viaggi nazionali e internazionali dei cittadini della regione;
la gestione dell'intenso traffico aereo sull'aeroporto di Capodichino genera una pressione che è stata definita «insostenibile»;
l'aeroporto di Grazzanise, vista la vicinanza a quello di Capodichino, è stato più volte valutato come potenziale aeroporto di alleggerimento per il traffico passeggeri e merci proprio di Capodichino;
l'Aeroporto di Capodichino è destinato a rimanere chiuso per 42 giorni, dal 19 gennaio al 1° marzo 2026, per consentire l'esecuzione di importanti lavori di riqualificazione della pista;
questa chiusura, sebbene motivata da un intervento necessario, è considerata eccessivamente lunga, con il rischio di arrecare notevoli disagi non solo ai turisti ma anche ai cittadini che viaggiano per motivi di salute, lavoro o emergenze familiari;
le conseguenze negative di tale chiusura si estenderebbero anche all'indotto aeroportuale, mettendo a rischio l'occupazione di migliaia di lavoratori, e al settore turistico-ricettivo della città, con la potenziale perdita di un elevato numero di passeggeri e, di conseguenza, di clienti;
sono state discusse ipotesi per mitigare tali disagi, tra cui l'attivazione o il potenziamento di collegamenti con altri aeroporti vicini, come Salerno «Costa d'Amalfi-Cilento» e quelli di Roma (Fiumicino/Ciampino), tramite navette bus sostitutive e un possibile potenziamento dell'offerta ferroviaria; tuttavia, è stata manifestata la necessità di un «piano efficace e condiviso» per arrivare preparati a tale evenienza;
l'Aeroporto di Grazzanise (Caserta), è stato inserito nell'elenco degli aeroporti a uso duale (militare-civile) nell'allegato al decreto 8 gennaio 2025 del Ministero della difesa, che modifica il precedente decreto del 25 gennaio 2008 sulla stessa materia;
tale inserimento è stato frutto di un percorso politico e di ordini del giorno approvati dal Governo Draghi e da quello attuale, volti a sbloccare l'uso civile dello scalo militare anche per il trasporto merci;
è stata sottolineata l'importanza di una pianificazione attenta per garantire una reale e fattibile compatibilità tra le esigenze militari e quelle civili nello scalo di Grazzanise –:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per fronteggiare i notevoli disagi attesi sulla mobilità passeggeri e merci e sulle attività economiche, citati in premessa, connessi alla chiusura dell'Aeroporto di Capodichino dal 19 gennaio al 1° marzo 2026, dettagliando quali misure concrete siano in corso di pianificazione o attuazione per garantire la continuità dei collegamenti, supportare le categorie lavorative coinvolte e mitigare l'impatto sul settore turistico;
se e con quali precise tempistiche si intenda dare un seguito concreto e immediato all'attivazione dell'uso civile dell'aeroporto di Grazzanise, anche alla luce della pressione sul traffico di Capodichino e della sua programmata chiusura per manutenzione;
quali investimenti e quali fasi procedurali siano previsti per definire il necessario cronoprogramma e assicurare che lo scalo diventi una realtà pienamente operativa per l'aviazione civile e il trasporto merci nel più breve tempo possibile.
(5-04009)
INTERNO
Interrogazione a risposta scritta:
UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 21 maggio 2025 è stata diramata la nota informativa prot. 9864 a firma dello staff del capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, contenente indicazioni sull'applicazione dell'articolo 14, comma 2, della legge n. 42 del 4 aprile 2025;
tale norma prevede specifiche misure in materia di mobilità del personale dei vigili del fuoco, volte a favorire l'accoglimento delle istanze di trasferimento presentate dai dipendenti interessati;
secondo quanto denunciato dall'organizzazione sindacale Ugl Vvf con nota del 22 maggio 2025, la suddetta nota informativa sembrerebbe applicare in modo restrittivo la disposizione legislativa, limitando il beneficio del trasferimento esclusivamente al comando di Roma;
tale interpretazione risulta, a parere dell'organizzazione sindacale e dell'interrogante, lesiva dei principi di equità e imparzialità, producendo un effetto discriminatorio nei confronti del restante personale che abbia legittimamente avanzato richiesta di trasferimento verso sedi diverse dalla Capitale, nonostante i posti messi in mobilità e quindi la carenza di personale vigile in tanti altri comandi di Italia;
la norma in oggetto, come segnalato nella nota sindacale, era stata concepita proprio per favorire la mobilità volontaria del personale, e non per introdurre automatismi a vantaggio esclusivo di una singola sede;
la questione ha già determinato l'avvio dello stato di agitazione da parte dell'Ugl Vvf e di altre organizzazioni sindacali e potrebbe preludere ad azioni legali, con conseguente aggravio di tensioni sindacali e disagi organizzativi per l'amministrazione –:
se ritenga di confermare l'interpretazione adottata dal dipartimento in merito all'applicazione dell'articolo 4, comma 2, della legge n. 42 del 2025, ovvero se, al contrario, non ritenga opportuno adottare urgentemente iniziative correttive affinché la norma venga applicata in maniera uniforme e non discriminatoria, riconoscendo pari dignità a tutte le sedi indicate nelle istanze di trasferimento presentate dal personale interessato.
(4-05097)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta scritta:
MORFINO, CANTONE, AIELLO, D'ORSO e SCERRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in data 13 maggio 2025 sono state avviate le procedure di licenziamento per riduzione di personale, di 489 dipendenti di Almaviva Contact, di cui 389 appartenenti alle sedi operative di Palermo e Catania;
in base agli accordi ministeriali del 3-7 gennaio 2025 è stata fatta richiesta di proseguimento dell'ammortizzatore sociale fino al 31 luglio 2025, fermo restando l'impegno delle istituzioni nazionali e regionali di procedere entro quella data a esperire percorsi di ricollocazione occupazionale dei lavoratori;
in particolare la Regione Siciliana in quel contesto rappresentò la volontà di utilizzare l'attivazione del numero europeo per le cure mediche non urgenti (116117) per ricollocare una parte dei 389 lavoratori e di impegnarsi per costruire ulteriori soluzioni a tutela dell'intero bacino dei lavoratori;
la Regione Siciliana ha trasmesso ad inizio maggio 2025 al Ministero della salute il progetto per l'attivazione del numero europeo 116117, la cui approvazione ministeriale risulta un passaggio dirimente per lo sblocco dei 25 milioni stanziati e la ricollocazione, in base alle dichiarazioni di intenti attuali, di 130-140 FTE (equivalente a tempo pieno);
sempre la Regione Siciliana ha annunciato di lavorare su un percorso per la ricollocazione dei restanti lavoratori nell'ambito di progetti di digitalizzazione degli archivi cartacei regionali;
risulta necessario ridefinire con chiarezza i cronoprogrammi e supportare i percorsi in corso affinché nessuno resti indietro;
a giudizio degli interroganti il Governo nazionale ha grandi responsabilità nella suddetta vertenza con un'incredibile marcia indietro normativa da esso stesso proposta nel 2023 di abrogazione della norma finalizzata a rendere strutturale il servizio telefonico 1500 –:
quali iniziative, per quanto di competenza, organizzative e di impulso, intendano adottare i Ministri interrogati per garantire l'autorizzazione tempestiva alla Regione Siciliana del progetto relativo al numero 116117;
se intendano avviare con urgenza un'interlocuzione con i soggetti competenti, in primis azienda, regione e organizzazioni sindacali, per valutare un aggiornamento dei cronoprogrammi fissati nel gennaio 2025, anche con riferimento alla parte relativa alla proroga dell'ammortizzatore sociale.
(4-05096)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZURZOLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nel prontuario della regione Sardegna sarebbe stato inserito da pochi mesi un nuovo farmaco per curare l'Alopecia, il Ritlecitinib, i cui campioni sarebbero stati forniti a pochi pazienti e terminerebbero verosimilmente a settembre 2025;
ad oggi, infatti, non si sarebbe ancora conclusa la gara di acquisto regionale per suddetto farmaco, prevista per luglio 2025 ma con possibile previsione di slittamento a settembre o ottobre;
l'inclusione di tale farmaco nell'elenco dei farmaci utilizzabili per la cura dell'Alopecia in regione Sardegna risulterebbe pertanto non ancora certa, e inoltre l'iter per l'approvazione e l'inserimento di suddetto farmaco risulterebbe essere lunga. L'unico modo di fruizione di tale farmaco si avrebbe nei soli casi d'urgenza attraverso la presentazione di una richiesta personalizzata di prescrizione dello stesso presso la farmacia dell'Ospedale;
situazione diversa nelle altre regioni, dove, per quanto consta all'interrogante, la prescrizione del medesimo farmaco avrebbe un iter più snello, con il rischio di una migrazione sanitaria; meccanismo che creerebbe una situazione di disparità di trattamento e comporterebbe maggiori oneri a carico dei pazienti costretti a spostarsi fuori regione per potersi curare –:
se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia assicurato l'accesso al farmaco Ritlecitinib al fine di garantire il diritto alla cura dei pazienti sardi affetti da alopecia in maniera analoga avviene in altre aree del territorio nazionale.
(5-04012)
Interrogazione a risposta scritta:
CARMINA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto emerso da recenti verifiche contabili e denunce pubbliche, che fanno riferimento a richieste di chiarimenti del Ministro, vi sarebbe un disavanzo pari a circa 40 milioni di euro nei conti dell'assessorato regionale alla salute della Regione Siciliana, presumibilmente riconducibile a spese extra-bilancio, incarichi retribuiti senza copertura e gestione irregolare dei posti letto nel periodo post-emergenza COVID-19;
la Corte dei conti ha aperto un fascicolo istruttorio su 39 interventi sanitari privi di adeguata copertura finanziaria, interessando diverse strutture ospedaliere di Trapani, Palermo, Catania, Messina, Sciacca e Siracusa, alcune delle quali già oggetto di rilevanti criticità gestionali in ambito sanitario;
il rischio concreto è che il Ministero della salute sospenda i trasferimenti ordinari alla Regione Siciliana, compromettendo ulteriormente l'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), in un territorio già segnato da gravi carenze infrastrutturali e organiche –:
se il Ministro della salute sia a conoscenza della situazione descritta e quali approfondimenti ispettivi o di monitoraggio siano stati eventualmente attivati in merito alla gestione contabile e finanziaria della sanità siciliana;
quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la continuità dell'assistenza sanitaria nei territori interessati, con particolare riferimento all'ospedale di Sciacca, affinché le irregolarità amministrative non si traducano in un danno per i cittadini;
se non ritenga opportuno attivare con urgenza una verifica ministeriale sui piani di riorganizzazione post-Covid di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 34 del 2020, adottati dalla Regione Siciliana, con particolare attenzione al rispetto della normativa nazionale in materia di spesa sanitaria e fabbisogno di posti letto.
(4-05094)
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Laus n. 5-03957 del 12 maggio 2025.