XIX LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 559 di martedì 4 novembre 2025
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'
La seduta comincia alle 11.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ALESSANDRO COLUCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 103, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta in corso (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Svolgimento di una interrogazione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interrogazione.
(Iniziative urgenti in ordine alla grave carenza di organico della Polizia penitenziaria in Sicilia - n. 3-02291)
PRESIDENTE. Passiamo all'unica interrogazione all'ordine del giorno D'Orso ed altri n. 3-02291 (Vedi l'allegato A).
Il Sottosegretario di Stato per la Giustizia, Andrea Ostellari, ha facoltà di rispondere.
ANDREA OSTELLARI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto si rappresenta che, a fronte di una dotazione organica prevista pari a 4.297 unità, quella attualmente amministrata si attesta a 3.655, con una carenza di 642 unità, pari al 21,49 per cento. Tuttavia, è importante sottolineare come questa Amministrazione abbia prontamente avviato una serie di iniziative per affrontare e ridurre questo dato, che stanno già producendo effetti concreti sul piano operativo.
In primo luogo, sul fronte della carriera dei funzionari, è stato completato il VII corso di formazione per commissari, con l'assegnazione di nuovi comandanti e vicecomandanti in sette istituti siciliani e, segnatamente, un comandante di reparto presso la Casa circondariale di Castelvetrano, uno presso la Casa reclusione di Favignana, uno presso la Casa circondariale di Gela, uno presso la Casa circondariale di Piazza Armerina, uno presso la Casa reclusione di San Cataldo, uno presso la Casa circondariale di Termini Imerese e un vicecomandante di reparto presso la Casa circondariale di Catania Bicocca.
Sono inoltre in corso ulteriori percorsi formativi, quali il VII corso-bis di formazione per il conseguimento della qualifica di commissario e il I corso di formazione per la nomina di 60 vicecommissari, che porteranno nuove risorse nei reparti, in base alle vacanze organiche. Per quanto riguarda il ruolo degli ispettori, il recente completamento del corso per viceispettori, relativo al concorso pubblico indetto con P.D.G. 25 novembre 2021 per 411 posti, ha già consentito l'assegnazione di nuove unità in sei istituti della regione Sicilia, secondo la seguente ripartizione: 2 unità per la Casa reclusione di Augusta, una unità per Barcellona Pozzo di Gotto, 2 unità per Caltagirone, 2 unità per Catania, Piazza Lanza, una unità per Ragusa, 2 unità per Trapani. Questi sono in totale 10.
È stato avviato anche un nuovo corso per ulteriori 50 allievi, relativo al concorso pubblico indetto con P.D.G. 25 novembre 2021 per 411 posti, con l'impegno di tenere nella massima considerazione la situazione di relativa carenza di personale che caratterizza il distretto siciliano, che fruirà, pertanto, di un'adeguata assegnazione di risorse. Nel ruolo dei sovrintendenti, poi, grazie al concorso interno di cui al P.D.G. 16 febbraio 2024, sono state assegnate 8 nuove unità agli istituti siciliani, contribuendo quindi a colmare le carenze più critiche.
Particolarmente rilevante è l'intervento sul ruolo degli agenti e assistenti, dove si registrano incrementi assai consistenti: 141 unità maschili e 41 femminili nel 2024 (questi sono collegati alle assegnazioni del 182° e 183° corso agenti), poi 101 maschili e 37 femminili nel 2025 (collegati alle assegnazioni del 184° corso agenti). A ciò si aggiunge un ulteriore incremento di 306 unità (95 unità femminili e 211 unità maschili), ovvero il 15 per cento circa delle risorse disponibili, attuato a conclusione del 185° corso.
Analizzando istituto per istituto, abbiamo per Agrigento n. 19 unità; per Augusta n. 29 unità; per Barcellona Pozzo di Gotto n. 11 unità; per Caltagirone n. 15 unità; per Caltanissetta n. 10 unità; per Castelvetrano n. 2 unità; per Catania Bicocca n. 22 unità; per Catania Piazza Lanza n. 21 unità; per Enna 9 unità; per Favignana n. 2 unità; per Gela n. 2 unità; per Giarre n. 2 unità; per Messina n. 16 unità; per Noto n. 9 unità; per Palermo Pagliarelli n. 31 unità; per Palermo Ucciardone n. 24 unità; per Piazza Armerina n. 2 unità; per Ragusa n. 7 unità; per San Cataldo n. 5 unità; per Sciacca n. 2 unità; per Siracusa n. 35 unità; per Termini Imerese n. 3 unità; per Trapani n. 27 unità.
A seguito della suddetta implementazione la carenza del personale avente tale qualifica passa dal 21,49 per cento al 12,80 per cento, quindi siamo ben al di sotto della media nazionale, che si attesta oggi al 15,50 per cento. Infine - questo è un dato importante - è in fase di valutazione l'istituzione di un Tavolo tecnico per la definizione di una nuova pianta organica - questo ovviamente è esteso anche a livello nazionale - sia per le sedi intra che extra moenia, segno quindi di una volontà di affrontare il problema in modo strutturale e duraturo.
PRESIDENTE. La deputata D'Orso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione. Il tempo a sua disposizione, le ricordo, è di 5 minuti.
VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Io ringrazio il Sottosegretario Ostellari, però devo dire la verità che non sono per nulla soddisfatta della risposta, perché in realtà non ho avuto la risposta rispetto al quesito stringente che avevo posto. Il quesito era una sollecitazione all'immediata revisione in aumento della pianta organica della Polizia penitenziaria rispetto al fabbisogno siciliano. L'interrogazione fotografava proprio in modo impietoso la situazione attuale, che, tra l'altro, è stata anche certificata dalle parole del Sottosegretario oggi, perché il Sottosegretario ha riconosciuto che c'è una grave carenza di organico della Polizia penitenziaria nelle carceri siciliane.
Quello che a noi premeva sottoporre all'attenzione del Governo è, ad esempio, l'evidente squilibrio se mettiamo a confronto le dotazioni organiche della Lombardia con le dotazioni organiche della Sicilia. E no, Sottosegretario - lei mi fa cenno di no -, però è una fotografia che invece vale la pena sottolineare. Perché? La Sicilia ha sotto la sua cura un numero di detenuti significativamente superiore rispetto alla Lombardia e ha più istituti penitenziari, perché sono 23 a fronte della Lombardia, che ne ha 18. La Sicilia è decisamente sottodimensionata per quanto riguarda la dotazione e per quanto riguarda soprattutto la distribuzione rispetto alle qualifiche (commissari, sovrintendenti, ispettori, agenti).
Questa sperequazione deve essere colmata, perché impatta in modo significativo sulla gestione della sicurezza e anche sulla possibilità dello svolgimento regolare di attività trattamentali. Perché non funziona quello che lei ci è venuto a riferire, Sottosegretario? Perché anch'io davo atto nell'interrogazione, per onestà intellettuale, che era prevista, di qui a breve, l'integrazione di 306 unità di personale di PolPen per la Sicilia. Però, vi dicevo già nell'interrogazione, che questa è un'integrazione assolutamente inefficace a fronte dei seguenti dati: ossia 200 agenti che andranno in pensione a breve e altri 70 agenti che sono attualmente impiegati in servizi esterni come scorte, nuclei investigativi e - aggiungo anche - servizi di traduzione (i nuclei traduzione) di cui voi non vi occupate mai. Cioè non riflettete sul fatto che i servizi di traduzione distraggono necessariamente - perché poi sono doverosi quei servizi - personale dalla gestione della sicurezza nelle carceri, dalla collaborazione per la gestione di attività trattamentali nelle carceri. Questo sembra che voi lo dimentichiate.
Allora se non fate i conti con la realtà della gestione degli istituti penitenziari, se non fate i conti col fatto che è necessario anche rispettare quella che potremmo dire che è anche una filiera gerarchica all'interno stesso della Polizia penitenziaria, perché non è corretto che degli agenti vengano chiamati ad assumere mansioni e funzioni di sovrintendenti o addirittura di ispettori. Certe volte mi viene detto dai sindacati… e guardate che la mia interrogazione si fonda sull'interlocuzione con dei sindacati. Io qui ho un prospetto, che poi le lascerò, fornito proprio dai sindacati e la fotografia è questa: al carcere Pagliarelli, faccio l'esempio che più mi preme perché sono della città di Palermo, la mia città, c'è una scopertura di 131 unità di personale. Io non mi sono sentita dire dal Sottosegretario Ostellari, oggi, che andranno 131 nuove unità di personale al carcere Pagliarelli. Questa è la fotografia!
Quindi, secondo lei, mi posso accontentare di sentir dire che ancora c'è nell'aria la previsione di un tavolo tecnico a livello nazionale per vedere qual è il fabbisogno reale? C'è, non c'è? C'è il fabbisogno reale! Lo avete perché i sindacati ve ne danno contezza quotidianamente. E mi posso accontentare di sentir dire: ma guardate, in Sicilia non è che siete poi messi così male, perché a fronte di questa integrazioncina che stiamo facendo, forse avete una percentuale che è al di sotto della media di scopertura del dato nazionale. Sono - dico - tutti giri di parole per cui io non posso andare a riferire le sue parole ai sindacati e a chi ha in gestione la sicurezza e le condizioni di vita nelle carceri siciliane. Non soddisfano! E mi consta pure vedere la presenza del Sottosegretario Ostellari e non la presenza del Sottosegretario Delmastro Delle Vedove che forse non voleva metterci la faccia perché il 25 settembre scorso - mi consta - è andato a prendersi degli impegni ben diversi da questi molto blandi che, oggi, vengono detti e riferiti in quest'Aula. Ecco, forse è questo il motivo per cui il Sottosegretario Delmastro Delle Vedove, pur avendo la delega alla gestione degli affari del Dipartimento, del DAP, non è presente oggi.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento della interrogazione all'ordine del giorno.
Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle 14. La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 11,13, è ripresa alle 14,03.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 106, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta in corso.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,04).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 10 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, il deputato Marco Pellegrini. Ne ha facoltà.
MARCO PELLEGRINI (M5S). Grazie, Presidente. Questo intervento sull'ordine dei lavori è per richiedere una informativa urgente al Ministro degli Affari esteri Tajani sulla tragedia umanitaria e sul genocidio in corso in Darfur, in Sudan, che va in realtà avanti da molto tempo, ma che si è enormemente aggravato proprio negli ultimi giorni.
Infatti, tra domenica e lunedì, il gruppo paramilitare Rapid Support Forces, forse più conosciuto con l'acronimo RSF, ha conquistato la città di Al-Fashir o El Fasher, che dir si voglia, nel Darfur, che è una città importante e abbastanza grande, perché ha circa 250.000 abitanti, e si trova nell'ovest del Paese; l'ha conquistata dopo un lunghissimo assedio, durato davvero molti mesi, e questo assedio fa parte di una strategia più ampia, volta proprio alla conquista dell'intero Darfur.
I combattimenti, come dicevo prima, si erano intensificati nell'ultima settimana, fino a che le Forze di supporto rapido hanno comunicato di aver catturato una base militare strategica delle Forze armate sudanesi, cioè quelle che sono leali, fedeli, all'attuale Governo di Khartoum. Quindi, il capo dell'esercito sudanese, che si chiama Abdel Fattah al-Burhan, ha annunciato lunedì sera il ritiro dei suoi soldati dall'ultima roccaforte che c'era ancora nel Darfur.
Purtroppo, dopo la conquista della città, i miliziani hanno commesso davvero ogni genere di crimini: si sono lasciati andare ad atrocità davvero terrificanti, che poi, tra l'altro, loro stessi hanno documentato, filmato e pubblicato sui vari social network, come se ne fossero quasi orgogliosi. Sui video io invito i colleghi che non li abbiano già visti a guardarli - immagino l'abbiano fatto già tutti; noi li abbiamo visti -, invito, però, qualcuno che non li ha visti nella loro totalità a guardarli, perché davvero testimoniano situazioni agghiaccianti, terrificanti, in cui si mostrano maltrattamenti, uccisioni di civili ed esecuzioni di massa. Tra l'altro, sono immagini talmente chiare e assurde che è auspicabile - almeno io lo auspico - forniscano la base per provvedimenti da parte di tribunali internazionali per sanzioni nei confronti di chi si è macchiato di questi atroci delitti. Tra l'altro, particolari agghiaccianti vengono fuori proprio da questi filmati.
Durante l'assedio, le milizie avevano scavato una specie di fossato attorno alla città e proprio quel fossato è diventato una specie di set cinematografico - mi passi il termine, Presidente - macabro, in cui si filmano le uccisioni, i maltrattamenti, le torture, le derisioni della popolazione civile, oppure si svolgono inseguimenti nella savana, che è vicina, nei dintorni della città, con i civili che prima vengono fermati, poi rilasciati e poi sparati alle spalle, come se quei miliziani fossero in un terribile e atroce gioco di ruolo, quasi un videogioco. Quindi, davvero sono immagini sconvolgenti. Tutto questo fa parte - lo accennavo prima - di un tentativo di pulizia etnica o, comunque, è figlio di un odio etnico tra la popolazione di origine araba, alla quale appartengono anche le forze di RSF, e le etnie sudanesi, che sono spesso appellate con dei nomignoli che li tacciano come se fossero schiavi: utilizzano queste parole e vengono fuori anche dai filmati, si sentono dai filmati.
Mi avvio a concludere, Presidente. Siamo di fronte a una situazione talmente grave e preoccupante e le vittime sono tante, perché le ultime stime dell'ONU parlano di 150.000 vittime, ma probabilmente sono molte di più - e mi riferisco soltanto alla parte degli scontri di guerra che è successiva al 2023, quindi non mi riferisco alle vittime della guerra che si è svolta quasi 20 anni fa -, che noi chiediamo, vista l'enormità della situazione…
PRESIDENTE. Concluda.
MARCO PELLEGRINI (M5S). …al Ministro - e concludo, Presidente - ovviamente di venire a relazionarci e di esercitare ogni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)…
PRESIDENTE. Mi dispiace, ha esaurito il suo tempo.
Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori e sullo stesso argomento, il deputato Marco Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Mentre l'economia di guerra si espande in tutto il mondo, in Sudan si consuma una tragedia che non può essere ignorata da questo Parlamento. El Fasher è ormai una città sotto assedio da più di 500 giorni ed è un po' diventata il simbolo di una crisi umanitaria che ha superato ogni limite di sopportazione. Come avrete letto, le comunicazioni sono state interrotte, gli accessi bloccati e chi prova a raccontare viene ucciso. Solo le RSF, le milizie paramilitari, continuano a comunicare controllando la rete satellitare.
In pochi giorni, solo a El Fasher sono morti più di 2.000 civili, le moschee sono state attaccate, i volontari della Mezzaluna rossa assassinati. Le testimonianze parlano di incursioni casa per casa, esecuzioni sommarie, ospedali distrutti, bambini che, come avrete visto, muoiono di fame. È una guerra contro i più fragili, contro chi non ha voce. Parliamo di quasi 9 milioni di sfollati, 4 milioni di rifugiati.
Dal 26 ottobre, più di 36.000 persone sono riuscite a fuggire, camminando per giorni, senza cibo e senza acqua, verso villaggi già saturi di altri sfollati. A Tawila, a 70 chilometri più in là, ci sono oltre 650.000 persone in fuga. Le madri raccontano di viaggi segnati da violenze indicibili, da uomini che le hanno picchiate, derubate, umiliate. Questa non è solo una crisi, è una catastrofe umanitaria, è il ripetersi di una storia già vista, quella dei massacri etnici del Darfur, delle milizie Janjawid, da cui l'RSF hanno preso forma.
Oggi, come allora, le tribù Masalit, Fur e Zaghawa sono sotto attacco e l'Alto commissariato delle Nazioni Unite parla apertamente di un rischio genocidario. Sia l'esercito che le RSF sono accusati di crimini di guerra: entrambi hanno deliberatamente colpito civili e ostacolato gli aiuti umanitari. Pensate che nell'ospedale saudita di El Fasher 460 persone sono state uccise e 6 operatori sanitari rapiti: è una violazione gravissima del diritto internazionale. Due persone su tre in Sudan hanno bisogno di aiuti e tantissimi sono costretti a fuggire. Le donne e le ragazze subiscono, come dicevo, violenze sistematiche e il colera nel frattempo si diffonde, mentre l'assistenza sanitaria viene bombardata.
Signor Presidente, signora Presidente Meloni, io credo che non possiamo restare in silenzio. Non possiamo accettare che la solidarietà sia a geometria variabile e il popolo sudanese merita non solo la nostra attenzione, ma protezione e giustizia. Gli operatori umanitari, che rischiano la vita ogni giorno, meritano il nostro rispetto e il nostro sostegno.
E a proposito del Piano Mattei, chiediamo al Governo italiano di agire, di sostenere con forza l'apertura di corridoi umanitari, di finanziare ogni possibile cooperazione, di usare ogni leva diplomatica per fermare l'assedio e chiediamo che l'Italia torni a essere davvero voce del diritto internazionale e non spettatrice della violenza (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Boldrini, sempre sullo stesso argomento, sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.
LAURA BOLDRINI (PD-IDP). Grazie, Presidente, intervengo sempre sull'ordine dei lavori. Presidente, vorrei segnalare la gravità di questa catastrofe umanitaria che sta avvenendo in Darfur, che è una regione del Sudan. Oltre due anni di conflitti: il Paese oggi, forse, è il teatro della più grande crisi umanitaria contemporanea e, recentemente, c'è stata anche la presa di El Fasher, dopo un assedio di 18 lunghi mesi. Si stima che più di 12 milioni di persone siano state costrette alla fuga e si contano oltre 150.000 morti. Presidente, queste cifre ce le ha appena dette un gruppo di comboniani che opera in Sudan; ci hanno chiesto di rompere il silenzio e abbiamo appena fatto una conferenza stampa, perché il silenzio che c'è su questa catastrofe umanitaria è insopportabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Questo silenzio deve finire. Il loro appello, allora, lo facciamo nostro; il loro appello è essenziale per riuscire ad arginare questo massacro cioè promuovere il cessate il fuoco.
Vuole o no il Governo italiano promuovere il cessate il fuoco? Vuole o no il Governo italiano farsi carico di aprire corridoi umanitari per far entrare gli aiuti e corridoi per portare fuori le persone che si trovano nella città di El Fasher? Vuole o no il Governo bloccare le forniture di commercio di armi come dice il Trattato sul commercio delle armi? E ancora, Presidente, vuole richiedere o no il Governo che ci sia una Commissione d'inchiesta indipendente sui crimini di guerra e contro l'umanità che stanno avvenendo nella zona di El Fasher e in tutto il Darfur?
Come ultima cosa chiediamo al Governo: vuole o no il Governo rafforzare la pressione diplomatica sui Paesi che stanno alimentando il conflitto e, in particolare, sugli Emirati Arabi Uniti, affinché cessi il sostegno armato e logistico alle fazioni della guerra?
Queste sono le domande che vogliamo rivolgere al Governo perché, vede, l'Africa è un continente che dovrebbe essere prioritario per noi e non solo questo accade in Darfur e in Sudan; non ci possiamo dimenticare della situazione in Mali, dove Bamako, la capitale, è circondata da gruppi che sostengono l'Isis; per non parlare della Nigeria dove addirittura il Presidente Trump vuole intervenire militarmente. Ecco, su nessuna di queste crisi sappiamo cosa pensa il Governo.
Ebbene, va detto con chiarezza: l'Africa non è il Piano Mattei, l'Africa è un continente che esige attenzione. Il Piano Mattei è basato sul business, sugli affari, su come facilitare le aziende italiane a trarre massima opportunità - diciamo profitto - investendo in Africa dove c'è la manodopera a basso prezzo.
Allora il Governo si deve concentrare su una politica per l'Africa che vada oltre questo piano affaristico: ebbene, quella posizione non l'abbiamo vista. Allora, sì, Presidente, chiediamo al Governo di venire a riferire in quest'Aula e faremo anche atti parlamentari per avere impegni scritti da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giachetti sullo stesso argomento e, quindi, sull'ordine dei lavori.
Intanto chiedo ai colleghi un po' di attenzione e soprattutto di osservare il silenzio necessario per garantire all'oratore di svolgere il proprio intervento.
Prego, onorevole Giachetti, a lei la parola.
ROBERTO GIACHETTI (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Rapidamente volevo ringraziare il collega Pellegrini e sottoscrivere la sua richiesta: non solo la sua richiesta di un'informativa del Ministro degli Esteri, ma anche le parole equilibrate e moderate attraverso le quali ha motivato questa sua richiesta. D'altra parte, la tragedia, il dramma che si consuma nel Darfur non è certo una cosa dell'ultimo mese o degli ultimi mesi: è, se vogliamo, proprio la storia che - ahimè - si ripete. Penso sia molto importante anche semplicemente per dare voce alla tragedia che si consuma perché è vero che è una tragedia che si consuma, magari offuscata da altre guerre che ci sono nel mondo, ma è una tragedia che si consuma e di cui si parla molto poco.
Penso ovviamente sia molto utile l'informativa del Ministro degli Esteri, che sia molto utile anche sapere in che modo il Ministro degli Esteri intenda interagire, ma mi limito a questo, nel senso che non credo si possa - per quanto io sia contrario al Governo Meloni e alla politica del Governo Meloni -, francamente imputare all'assenza di iniziativa da parte del Governo Meloni la tragedia che si sta consumando, perché, come sappiamo, purtroppo, è una tragedia ben enorme, rispetto alla quale i tanti che si sono cimentati non sono riusciti ad avere grandi risultati.
E lo ripeto: è una tragedia che si ripete ormai da parecchi anni e i massacri etnici sono sicuramente una parte e una porzione del dramma che questo nostro mondo sta vivendo (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe).
Deliberazione, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento, in ordine al termine per la conclusione dell'esame in Assemblea del disegno di legge n. 2655, collegato alla manovra di finanza pubblica (ore 14,20).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento, in ordine al termine per la conclusione dell'esame in Assemblea del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2655, collegato alla manovra di finanza pubblica, recante disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese.
Ricordo che, con lettera in data 28 ottobre 2025, il Governo, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 2, del Regolamento, ha chiesto che la Camera deliberasse su tale disegno di legge entro il prossimo 26 novembre.
Nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, tenutasi lo scorso 29 ottobre, non è stata raggiunta l'unanimità dei gruppi in ordine alla fissazione di tale termine. La Presidenza, come preannunciato nella suddetta riunione, ai sensi del comma 3 del citato articolo 123-bis, propone quindi che la discussione in Assemblea del disegno di legge in oggetto si concluda entro venerdì 28 novembre 2025.
Avverto altresì che, in caso di approvazione di tale proposta, come convenuto nella medesima riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, la discussione generale del provvedimento avrà luogo giovedì 20 novembre.
Sulla proposta formulata dalla Presidenza, che sarà posta in votazione con il procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, darò la parola, ove ne venga fatta richiesta, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, ad un deputato contro e ad uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno.
Ha chiesto di parlare contro la deputata Bonafè. Ne ha facoltà.
SIMONA BONAFE' (PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo per esprimere la nostra contrarietà alla deliberazione d'urgenza per il 20 novembre di questo provvedimento.
Penso che, una volta tanto, la maggioranza e il Governo dovrebbero farsi carico anche della volontà delle opposizioni di fare il loro lavoro con cognizione di causa, perché stiamo parlando di un provvedimento molto complesso che, se anche è stato approvato dal Senato, ha bisogno di un'istruttoria anche in questa Camera, a meno che non si decida che siamo in un monocameralismo di fatto. Stiamo parlando di un provvedimento che va a semplificare un'enormità di materie molto trasversali e molto diverse fra loro: andiamo dall'ambiente alla Protezione civile, alla giustizia, alla salute.
Presidente, lei capisce bene che i tempi, previsti dal Governo per l'esame di questo provvedimento, non ci mettono in condizioni di lavorare.
Il provvedimento è stato incardinato in Commissione il 29 ottobre. Avevamo chiesto la possibilità di avere un numero di audizioni congruo rispetto alla complessità del provvedimento, e ci è stato detto che avremmo potuto audire una sola persona per gruppo in mezza giornata; ci siamo rifiutati di indicare i nomi degli auditi, perché riteniamo che questo non sia un modo di procedere corretto. Lo ripeto, stiamo parlando di un provvedimento importante, un provvedimento che va a semplificare importanti settori della vita quotidiana per cittadini e per imprese: questo lo dico non solo per l'opposizione, che vorrebbe fare il proprio lavoro, ma anche per i colleghi di maggioranza.
Allora, Presidente, con 74 articoli su materie così diverse, noi crediamo che ci sia bisogno di un maggiore termine per poterlo esaminare. Capiamo che sia un collegato alla legge di bilancio, questo, però, non significa chiudere la discussione in Aula il 20 novembre o, perlomeno, se così fosse, noi dovremmo, ancora una volta, verificare che l'urgenza del Governo è incompatibile con la possibilità per le opposizioni di fare - lo dico ancora una volta - il loro lavoro. Pertanto, esprimiamo tutta la nostra contrarietà e chiediamo che siano rivisti i termini per poter procedere all'esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore il deputato Vinci. Ne ha facoltà
GIANLUCA VINCI (FDI). Grazie, Presidente. Come recita lo stesso titolo, la richiesta di urgenza riguarda un collegato alla manovra di finanza pubblica. Visti i tempi ormai ristretti e le questioni importanti citate anche dall'opposizione, non si può attendere altro tempo e pensare di procrastinare l'esame in Aula fino, magari, a superare novembre e arrivare a dicembre. Se questo è un tentativo da parte dell'opposizione di rallentare la legge di bilancio, è un tentativo maldestro. Proprio perché è una normativa corposa, ma necessaria e urgente per il Paese, nonché collegata alla manovra di finanza pubblica, vi è un'urgenza e, quindi, anche una tempistica da rispettare nell'approvazione, nell'arrivo in Aula, di questo provvedimento. Stiamo parlando e siamo ai primi di novembre: abbiamo fatto provvedimenti in un tempo molto inferiore rispetto a quello che viene prefissato da questo voto. Per questo motivo, noi siamo assolutamente favorevoli al voto e alla dichiarazione di urgenza.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di fissare al 28 novembre, secondo l'articolazione dei lavori sopra illustrata, il termine per la conclusione dell'esame in Assemblea del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2655, collegato alla manovra di finanza pubblica, recante disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva per 30 voti di differenza.
Seguito della discussione della proposta di legge: S. 507 - D'iniziativa dei senatori: Verducci ed altri: Disposizioni sulla redazione della Mappa della memoria per la conoscenza dei campi di prigionia, di internamento e di concentramento in Italia, nonché sulla promozione dei viaggi nella storia e nella memoria presso i campi medesimi (Approvata dal Senato) (A.C. 2313) (ore 14,29).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 2313: Disposizioni sulla redazione della Mappa della memoria per la conoscenza dei campi di prigionia, di internamento e di concentramento in Italia, nonché sulla promozione dei viaggi nella storia e nella memoria presso i campi medesimi.
Ricordo che nella seduta del 30 ottobre si è conclusa la discussione generale e il relatore e la rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.
(Esame degli articoli - A.C. 2313)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge (Vedi l'allegato A).
Poiché non sono state presentate proposte emendative, li porrò direttamente in votazione.
(Articolo 1 - A.C. 2313)
PRESIDENTE. Passiamo all'articolo 1. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 1).
(Articolo 2 - A.C. 2313)
PRESIDENTE. Passiamo all'articolo 2. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 2).
(Articolo 3 - A.C. 2313)
PRESIDENTE. Passiamo all'articolo 3. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 3).
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2313)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).
Invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.
MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato per i Rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Sull'ordine del giorno n. 9/2313/1 Orrico, espunta la quinta premessa, il parere è favorevole con la seguente riformulazione del terzo impegno: “a favorire, nel pieno rispetto dell'autonomia scolastica e in collaborazione con gli enti locali, la realizzazione di attività educative e formative dedicate agli studenti, volte a sviluppare una coscienza critica e una conoscenza approfondita dei fatti storici”.
L'ordine del giorno n. 9/2313/2 Amendola è accolto come raccomandazione.
PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2313/1 Orrico: la deputata Orrico non accetta la riformulazione e insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2313/1 Orrico, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2313/2 Amendola, accolto come raccomandazione: va bene.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2313)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare il deputato Roberto Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Non appaia scontata e neanche banale l'unanimità che si è raggiunta su un provvedimento di questo tipo, in particolare in un momento storico così difficile e drammatico per certi versi. Guardiamo cosa accade intorno a noi, la tendenza alla risoluzione dei conflitti con la forza, guardiamo anche semplicemente quello di cui abbiamo parlato poco fa riguardo il Darfur. Sembrano, signor Presidente e colleghi, venire meno i fondamenti della convivenza civile, come se la storia non ci avesse insegnato poi in fondo abbastanza, e ci ritroviamo a vivere una situazione…
PRESIDENTE. Chiedo scusa, deputato Giachetti, chiedo di interrompersi per qualche secondo. Colleghi, vale sempre la medesima regola: chi ha bisogno di conversare con i propri colleghi è pregato di recarsi fuori dall'Aula e di lasciare che l'Aula possa continuare il suo lavoro, e in particolare, nella fattispecie, che il deputato Giachetti possa continuare il proprio intervento. Prego, deputato Giachetti, prosegua.
ROBERTO GIACHETTI (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Stavo dicendo che la situazione e il contesto sono così drammatici e, proprio in un momento così difficile, in cui sembra di rivedere cose che pensavamo di avere consegnato alla storia, in un contesto così deteriorato, proprio in un contesto del genere la memoria e la conoscenza ci possono venire in soccorso come baluardi di libertà e come monito per non ripetere poi in fondo gli stessi errori.
Il provvedimento in esame, che prevede una mappatura di tutti i campi di prigionia, di internamento e di concentramento presenti in Italia dall'Ottocento al postbellico, non è finalizzato a creare una semplice banca dati, non vuole cioè semplicemente mettere ordine su una parte della storia nazionale in un certo senso trascurata; piuttosto, va a coprire un buco sostanziale rispetto alla conoscenza e allo studio di ciò che questi campi rappresentarono soprattutto dalle guerre mondiali in poi, segnatamente negli anni compresi tra il 1922 e il 1945, durante il fascismo.
Si sono contati 135 campi di concentramento, circa 85 campi di lavoro, 109 campi di prigionia, 15 campi provinciali della Repubblica Sociale Italiana, 566 località di internamento e 34 località di confino. Ciò che fin qui è sempre mancata è una mappatura organica e ufficiale dei luoghi, perché è partendo da qui che è possibile seguire un filo coerente con ciò che questi hanno rappresentato nella vicenda bellica nazionale. Sono luoghi, signor Presidente, che hanno bisogno di farsi carne viva, di diventare corpo della coscienza.
Luoghi che vanno raccontati alle nuove generazioni per ciò che furono, ovvero contesti di repressione, ma anche di prevenzione, secondo modalità adottate dal fascismo non già rispetto a chi aveva commesso crimini, ma anche a chi non fosse allineato agli avversari. E le tracce di questi passaggi, le presenze di tutti coloro che furono sgraditi al regime e che lì vennero torturati e uccisi sono ciò che abbiamo il dovere di ricordare e trasmettere a chi quella storia non la conosce, non perché lontana nel tempo, ma perché di fatto accantonata, talvolta rimossa dopo la fine della guerra.
Abbiamo giustamente ripercorso e celebrato il valore della lotta di Resistenza e dei suoi luoghi simbolo, ma abbiamo trascurato colpevolmente l'altra faccia: una ricognizione puntuale e approfondita di tutti i luoghi di orrore in cui i crimini del regime fascista trovarono lo strumento d'elezione, che furono di fatto il braccio di un modus operandi consolidato e privilegiato nell'annullamento del dissenso e nell'eliminazione fisica di chi, per ragioni di razza o in forza di idee contrarie a quella dittatura, si opponeva anche a costo della vita.
Per colmare, quindi, questo vuoto la proposta di legge punta a disegnare una mappa fisica e a promuovere ricerche storiche, documentali e archivistiche, a organizzare manifestazioni, convegni, mostre e pubblicazioni, e, parallelamente, dispone stanziamenti sia per questo lavoro di studio che per visite scolastiche, così come avviene anche per quelle che sono le visite per la Giornata della memoria. Ma, per tali ragioni, la ricostruzione geografica, e dunque storica, e la possibilità di entrare in contatto con spazi così fortemente intrisi di pathos sono il migliore viatico di conoscenza per i nostri giovani.
D'altra parte, lo avevo già ricordato in occasione delle visite scolastiche ad Auschwitz; voglio ripetere anche qui che non c'è nulla di più efficace per la trasmissione di conoscenza dei silenzi freddi e agghiaccianti di quei luoghi. Ore e ore di letture o di lezioni o di immagini cinematografiche non riuscirebbero mai a competere con l'immediata potenza evocativa che chiunque varchi la soglia di un carcere, di un edificio abbandonato in mezzo alla neve, sente nel brivido della propria pelle.
E mi lasci dire che stonano, francamente, le parole di un Ministro della Repubblica che ha definito “gite” (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) quelle che i nostri ragazzi fanno in quei luoghi. Lo voglio dire senza fare polemica, ma forse la Ministra non c'è mai stata, non ad Auschwitz o in quegli altri luoghi, ma insieme alle scolaresche a vedere… Io ho avuto il privilegio, come capo di gabinetto della giunta Rutelli, di partecipare a quei viaggi e privatamente ci sono andato con i miei figli.
Bisogna vedere le facce di quei ragazzi in quei momenti, anche quelli che possono portare la goliardia in altri posti: quando vedono le scarpe abbandonate delle persone che sono state bruciate o vedono i forni crematori, le assicuro, onorevole Roccella, che non vivono quelle cose come una gita, ma le vivono in un modo molto più drammatico, e forse sempre più dovremmo portarli lì per vedere effettivamente quello che succedeva. Usare quelle parole significa non comprendere, significa non comprendere ciò che quei ragazzi si portano a casa, pur con tutte le manifestazioni tipiche dell'adolescenza in viaggio, e sfido chiunque a dire che non siamo stati tutti così.
È un ricordo vivo, tangibile e sacro allo stesso tempo, che magari non sarà rendicontabile con molte parole al ritorno a casa, ma servirà molto di più di altro a costruire un pezzo di quella memoria nelle teste e nei cuori di un adolescente. Lo spirito e la forza di quei luoghi, nell'attuale società del dominio delle immagini, com'è quella in cui viviamo, pesano e restituiscono molto di più di cento libri di storia, così come c'è bisogno di comprendere che la memoria non è una scatola vuota o un feticcio da agitare per scopi ideologici.
La memoria vive o, meglio, si incarna nella figura e nella levatura della senatrice Liliana Segre, che in quanto sopravvissuta - non solo per questo, ma anche per questo - ha titoli morali e umani infinitamente più cogenti di qualsiasi esperto improvvisato dell'ultima ora a parlare di genocidio o a pronunciarsi sul conflitto di Gaza (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe) e non può e non deve divenire oggetto di espressioni fraseologiche di pessimo gusto da parte di chi, da un lato, dice di rispettarla, ma, dall'altro, non la considera.
E, per essere chiari, sto parlando di Francesca Albanese, che non definisce ovviamente la Segre un interlocutore degno e una voce autorevole su quanto accade in Medio Oriente. È proprio quando il portato della memoria si va offuscando che ci si dimentica del passato e si lascia spazio ai talebani del presente.
Oppure, peggio ancora, signor Presidente, si opera una rimozione a tal punto pervasiva delle regole del gioco democratico da fare un balzo all'indietro e si normalizzano come forme di dissenso accettabili alcuni atti di protesta, quelli sì di stampo irriducibilmente fascista.
E qui mi sto riferendo a quanto accaduto giorni fa all'Università di Venezia, dove alcuni sedicenti attivisti pro-Pal hanno impedito al nostro ex collega Fiano di parlare a un convegno sul tema dei due popoli e due Stati (Applausi). Voglio approfittare, signor Presidente, e ho concluso, per esprimergli pubblicamente, come ho già fatto privatamente, la mia solidarietà personale, ma vorrei esprimere qui anche tutta la mia preoccupazione per quanto avvenuto.
In primis perché si tratta di una censura avvenuta in un luogo di confronto per definizione come l'università è e dovrebbe essere; in secondo luogo, perché impedire a chiunque di parlare in democrazia è retaggio di metodologie fasciste, senza se e senza ma. Ma da ultimo, e questo mi è parso il fatto più inquietante, perché è un atto che non intendeva rivolgersi - non avrebbe potuto - alle idee di Fiano in merito alla guerra in Medio Oriente, atteso che le sue posizioni contro i crimini di Netanyahu sono note, così come il suo giudizio netto a favore della soluzione “due popoli e due Stati”.
No! Il punto tragico di quell'episodio sta nel fatto che Fiano non può parlare e non deve nemmeno essere ascoltato in quanto ebreo; esattamente come Liliana Segre non dovrebbe esprimersi su qualcosa da cui risulterebbe essere troppo coinvolta emotivamente. Vedere oggi che Lele Fiano riesce a parlare in quella università solo perché blindata, signor Presidente, rende la situazione ancora più agghiacciante. Siamo nell'Italia del 2025, in un Paese democratico, e mi lasci dire che sento di preoccupazioni - e, per carità, se si violano le leggi e si è nostalgici del fascismo, si va a condannati sia moralmente sia politicamente, e, se del caso, anche con la legge, perché in una sezione di Fratelli d'Italia si grida “Viva il Duce!” e via dicendo -, ma poi, e ho concluso, signor Presidente, se accade che qualcuno attua misure e comportamenti tecnicamente fascisti - non è che è una nostalgia del fascismo, si agisce in modo fascista, impedendo alla gente di parlare -, la situazione è davvero preoccupante, e a maggior ragione è importante che oggi questo provvedimento sia da tutti condiviso (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Semenzato. Ne ha facoltà.
MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi votiamo la proposta di legge che istituisce la Mappa della memoria, uno strumento per conoscere e non dimenticare i luoghi di prigionia, di internamento e di concentramento operanti in Italia durante il ventennio fascista tra il 1922 e il 1945. Oggi guardiamo in faccia la storia senza paura, con rispetto e con consapevolezza. Non vogliamo che quei luoghi di dolore diventino solo pagine di un libro o righe di un archivio, vogliamo che siano testimonianze vive, accessibili, comprensibili, parti della nostra coscienza collettiva.
La Mappa della memoria, attraverso ricerche storiche, documentali e archivistiche, nonché manifestazioni, convegni, mostre, pubblicazioni e percorsi di visita, renderà finalmente visibile e comprensibile una pagina drammatica della nostra storia. Non si tratta, quindi, di un esercizio accademico, ma di uno strumento volto a trasmettere alle generazioni future, su cui dobbiamo investire, il peso e il valore della libertà conquistata a caro prezzo. La Mappa della memoria non è solo un elenco di siti o un progetto culturale.
È una bussola morale per orientarsi tra le ombre del passato e per non smarrire la rotta dei propri valori attraverso luoghi di dolore, sì, ma anche luoghi di resistenza, di dignità e di coraggio umano. La legge dà concretezza a questo impegno stanziando 1,2 milioni di euro per sostenere i viaggi della memoria in Italia rivolti a studenti delle scuole di ogni ordine e grado; attività che non saranno più iniziative isolate, ma parte integrante del percorso formativo scolastico, quindi esperienze educative profonde, capaci di far toccare con mano ciò che significa perdere la libertà.
È un'iniziativa che si affianca a quella già approvata con la legge n. 46 di quest'anno, che promuove invece la visita dei campi di concentramento nazisti da parte degli studenti degli ultimi 2 anni delle scuole secondarie di secondo grado. Oggi completiamo questo percorso, Presidente: accanto alla memoria della Shoah e delle deportazioni riconosciamo anche i luoghi della repressione interna, quelli del nostro Paese; solo così la memoria può essere integrale, onesta e non selettiva. Conoscere tutte le forme del totalitarismo è l'unico modo per costruire gli anticorpi civili delle nuove generazioni.
Allora, Presidente, approvare questa legge significa dire ai nostri giovani che la democrazia non si eredita; si difende, invece, ogni giorno con la memoria e con la responsabilità. Significa onorare le vittime di ogni dittatura, prigionieri politici, internati civili, minoranze perseguitate, con l'unico gesto che la storia accetta davvero: ricordare e tramandare. Quindi, Presidente, per questo, con orgoglio e senso di responsabilità, annuncio il voto favorevole del gruppo Noi Moderati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Piccolotti. Ne ha facoltà.
ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, proprio ieri, nella notte, un gruppo di una quindicina di studenti, incappucciati e indossando dei caschi, ha assaltato il Liceo Righi di Roma, occupato dai collettivi e dagli studenti dopo le grandi mobilitazioni studentesche in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio perpetrato a Gaza. Quegli studenti, protagonisti di un vero e proprio piccolo atto di squadrismo, prima di lanciare bottiglie contro il portone hanno urlato più volte: “Viva il Duce!” e “Boia chi molla!”.
Questi stessi canti sono risuonati, sappiamo dalle cronache, anche a Parma, pochi giorni fa, in una sede di uno dei partiti che siedono in questo Parlamento. Sono tanti gli episodi che in queste settimane hanno segnato un ritorno all'attivismo dei gruppi di giovani di estrema destra e di gruppi neofascisti, sempre giovani, nelle scuole, probabilmente animati dalla volontà di cercare di stabilire una primazia nel mondo scolastico, dopo che in questi mesi le mobilitazioni avevano dimostrato un certo impegno dei ragazzi e delle ragazze a favore dei diritti umani, del diritto internazionale, del valore delle tante vite soppresse anche dalle azioni militari di un Governo criminale come quello di Netanyahu, che ha agito con la volontà di radere al suolo l'intera Striscia di Gaza, incurante delle circa 70.000 vittime civili.
Perché, Presidente, racconto questi episodi? Perché, oltre a invocare, come spesso si fa nel dibattito pubblico, qualche forma di repressione, l'identificazione di questi ragazzi e di queste ragazze, noi crediamo che sia necessario che qualcuno spieghi a quegli studenti chi era il Duce, in quale gorgo di vergogna ha trascinato l'Italia e quante siano state le persone che ha ucciso, torturato e confinato perché nemici del regime per ragioni politiche o, ancora peggio, per ragioni razziali.
Qualcuno, e in questo caso parlo dello Stato e di questo Parlamento, che oggi approverà in maniera unanime questa legge, deve raccontare a quei ragazzi che l'orrore non fu esclusivo appannaggio del nazismo. Siamo, quindi, oggi chiamate e chiamati a votare non solo un provvedimento, ma in qualche modo a rispondere a questo imperativo civile, a colmare un vuoto che permane nella memoria democratica del nostro Paese: quello di un'assenza di un riconoscimento pieno dei luoghi di internamento, di prigionia e di concentramento che punteggiano tutto il territorio italiano.
Voglio per questo ringraziare il senatore Verducci, che ci ha pensato e ha proposto questa occasione di promuovere la creazione di una mappa nazionale delle località dell'internamento, affiancata da misure di supporto alla didattica, alla ricerca e ai percorsi di memoria. Non si tratta solo di impegnare risorse, come questo testo fa, ma anche di assumere un impegno simbolico: affermare che la memoria civile, quella fatta di storie e di luoghi, non è un'opzione, ma è un dovere condiviso.
In ogni regione d'Italia si trovano luoghi che raccontano storie di quella stagione, di quella tragedia che è stato il fascismo. Alcuni di questi luoghi si sono trasformati in monumenti della memoria, come la Risiera di San Sabba o il Campo di Fossoli; altri, invece, restano ignoti ai più. Il loro ricordo è una specie di puntino sulla mappa della memoria ed è affidato per lo più all'impegno di associazioni o di volontari isolati.
Questa legge, invece, stabilisce che la memoria non può restare un'iniziativa sporadica, ma deve essere parte integrante della nostra storia e della nostra democrazia. Ognuno di quei puntini non può essere ridotto a una paginetta di storia locale, ma deve diventare parte di una storia nazionale, il cui ricordo deve essere valorizzato e condiviso.
Chiesanuova, vicino a Padova, Ferramonti, in provincia di Cosenza, le Isole Tremiti, Pisticci, vicino a Matera, Oliveto, in provincia di Arezzo, il Castello di Scipione, a Parma, e persino Colfiorito in Umbria, proprio vicino casa mia. Le recenti ricerche storiche hanno iniziato a colmare quel vuoto e si contano centinaia di località: 135 campi di concentramento, 85 di lavoro, 109 di prigionia, 15 campi provinciali della Repubblica Sociale Italiana, 566 località di internamento e 34 di confino. Sono numeri che attestano l'ampiezza del fenomeno, dati che sono territori, storie, volti. Questi numeri giustificano pienamente la necessità della Mappa e la necessità di incentivare i viaggi della memoria.
Il 4 settembre 1940 Benito Mussolini firmò un decreto che ne istituiva 43 per cittadini appartenenti a Stati nemici, ma che presto avrebbero ospitato soggetti ritenuti pericolosi, comunisti e socialisti, antifascisti in generale, persone rom e, in ultimo, anche gli ebrei. Campi di internamento civile operati in ex casermette militari o in luoghi in disuso, sovraffollati, freddi, umidi, dove i detenuti erano spesso costretti a dormire a terra e il cibo era scarso. Altro che “italiani brava gente”, altro che persone mandate in vacanza al confine. La rete di internamento del fascismo tocca luoghi remoti e ameni, le zone più interne e difficilmente raggiungibili, spesso dimenticate; migliaia di persone in condizioni dure, isolate, senza possibilità di comunicazione con l'esterno. Una mappa della disumanità, che solo nella sua dimensione complessiva dà la misura della proliferazione metastatica su tutto il territorio nazionale del fascismo. Questa legge serve proprio a questo: a dare ad ognuno di quei luoghi la forza del racconto complessivo di quelli che furono l'internamento e la carcerazione fascista.
Questi campi non furono il frutto del caos della guerra, ma parte di una strategia sistematica, perché già negli anni Trenta il regime aveva sperimentato la schedatura dei nemici politici e il confino. Negli anni della guerra l'internamento civile, poi, viene istituzionalizzato come strumento amministrativo e non penale. Il sistema evolve e da meccanismi di repressione si arriva ai meccanismi di classificazione e tramite l'ufficio internati, tramite sezioni distinte italiane e straniere, si arriva ad archivi e registri. Già nel 1929 le prefetture italiane operavano graduatorie sulla pericolosità: dai pericolosissimi fino ai capaci di turbare l'ordine pubblico e tutti finivano dentro quei campi.
Tutto ciò mostra come la logica repressiva non fosse accessoria, ma centrale nella strategia fascista, una strategia che istituirà quei luoghi che saranno - come si vedrà - l'anticamera delle deportazioni in Germania. Con l'entrata in guerra dell'Italia, infatti, l'apparato si rafforza: l'ordine di polizia n. 5 del 1943 prevede la creazione di campi provinciali per gli ebrei. Da quei dispositivi partiranno deportazioni verso i lager nazisti. I luoghi come Fossoli, Bolzano, Borgo San Dalmazzo, la Risiera di San Sabba divennero nodi di un sistema di persecuzione ed è doveroso registrare che l'Italia non fu solo spettatrice, come alcuni continuano a dire, ma fu complice e spietata protagonista di tale persecuzione. Eppure, finita la guerra e avviata la storia della Repubblica, quella rete d'internamento è stata largamente ignorata, relegata a studi specialistici, senza diventare patrimonio di coscienza collettiva. La storia, quella con la “S” maiuscola, ha giustamente raccontato la Resistenza, la Liberazione e la Costituzione, ma ha dimenticato tanti di quei luoghi minori, forse perché è mancato, appunto, uno sguardo complessivo che ne restituisse la dimensione di rete.
Per queste ragioni il nostro gruppo voterà senza esitazione in favore della proposta, perché restituisce dignità ai luoghi silenziosi, rafforza l'impegno dello Stato nel non dimenticare, conferisce alle nuove generazioni gli strumenti della coscienza civile.
Scrive Mario Rigoni Stern: “La memoria è necessaria, dobbiamo ricordare perché le cose che si dimenticano possono ritornare: è il testamento che ci ha lasciato Primo Levi” e - aggiungo io - di tanti, come lui, che hanno fatto della memoria l'arma per difenderci dalla possibilità del ritorno di nuovi totalitarismi e nuovi estremisti, che oggi, più che mai, stanno rialzando la testa, anche nelle nostre città e nelle nostre strade. Oggi con questo voto scegliamo la memoria e scegliamo un futuro più libero (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Matteo Richetti. Ne ha facoltà.
MATTEO RICHETTI (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. L'auspicio è che oggi, nell'approvare all'unanimità questa legge, noi proviamo a fare insieme tre cose. La prima è lasciarci alle spalle qualche dichiarazione sciocca, improvvida di qualche Ministro sul tema dei viaggi della memoria, non solo perché li ha derubricati a gite, ma - lo dico senza polemica - perché non ha avuto nessuna capacità di mettere a fuoco lo straordinario valore di queste iniziative - poi cercherò, Presidente, di argomentare e spiegare il perché -, perché non si può dire: e tutte le gite ad Auschwitz a cosa sono servite? Sono state davvero gite? Valorizzate perché servivano esattamente all'inverso, a dirci che l'antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, un tempo lontano. No, perché mentre noi facciamo questa discussione, il nostro ex collega Emanuele Fiano sta per la seconda volta tentando di usare parole di libertà a Ca' Foscari e, ancora oggi, pare non sia possibile che questo avvenga in un clima di ascolto e di dialogo. Se questo accade è perché ciò che abbiamo fatto non è sufficiente. Chiunque sia cresciuto nella profonda Emilia, che abbia fatto l'amministratore, abbia svolto qualche incarico pubblico, ha accompagnato i ragazzi delle scuole superiori al Campo di Fossoli, a Carpi, fino ad Auschwitz e a Birkenau. In quel viaggio - lo ricordava il collega Giachetti - era plastico come i ragazzi partissero tra schiamazzi ed entusiasmo e, arrivati a Birkenau, si silenziasse il loro modo di stare insieme, sconvolti da quella che è stata una delle pagine di storia più efferate e sconvolti da quello che ancora in pochi hanno in termini di privilegio, cioè la possibilità di ascoltare, dalla voce dei sopravvissuti, cosa è accaduto in quei campi, in quei blocchi, prima della deportazione in quei campi e, molto spesso, purtroppo, dopo la reclusione in quei campi.
Quei viaggi non servono solo a ricordare. L'idea che il fare memoria sia ricordare ciò che è accaduto è un errore clamoroso. Fare memoria significa attrezzarsi rispetto a ciò che è accaduto, perché se lo ricordi e basta sai che c'è stato; se ti attrezzi hai la capacità di far sì che quella violenza, quella discriminazione, quell'odio non vengano riproposti.
Mi ha molto colpito perché l'ultima occasione che ho avuto di andare ad Auschwitz è stata proprio insieme ad Emanuele Fiano, a Walter Veltroni, a Sami Modiano, in un viaggio particolarmente importante non solo per me, per le sensazioni che abbiamo vissuto, per la testimonianza di Sami Modiano, ma perché qualche mese dopo - poiché si costruiscono relazioni anche con i ragazzi presenti - c'è stato un fatto di cronaca. Siamo nel 2016, dunque un po' di anni fa, e un tifoso dello Sparta Praga - Giachetti potrebbe aiutarmi - in trasferta in una partita contro la Roma urina contro una mendicante, una rom, una zingara. I giornali riportano: tifoso dello Sparta Praga fa la pipì addosso alla mendicante. Un ragazzo presente ad Auschwitz, nei mesi precedenti, mi ha scritto un messaggio: se fosse stato con noi, non l'avrebbe fatto. Io il blocco degli zingari lo ricordo ancora.
Ecco, il senso di fare memoria è questo: se quel ragazzo non si macchierà di comportamenti sbagliati nella società è perché la memoria lo ha attrezzato nella comprensione che la discriminazione non solo è sempre sbagliata, ma non porta bene.
Allora, qui il tema non è il dibattito politico o politicistico tra partiti o rispetto all'attualità. Quello che di importante tentiamo di fare oggi è dare insieme valore a iniziative che, prima ancora che viaggi, gite o recarsi fisicamente nei luoghi, hanno un senso profondo, che non è solo quello di leggere la storia e di comprenderne i macroscopici errori, ma anche di creare un clima di convivenza che è mancato in quel tempo. E, lo ricordava Giachetti, guai tornasse oggi o fosse riproposto oggi! È questo il senso, forse anche più profondo, del nostro impegno politico.
Quindi, oggi, è un voto non solo a favore di questa legge, ma anche di un atteggiamento che la politica deve avere, soprattutto rispetto alle nuove generazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe e Italia Viva-il Centro-Renew Europe).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Anna Laura Orrico. Ne ha facoltà.
ANNA LAURA ORRICO (M5S). In un celebre discorso del 1955, nell'ambito di un ciclo di conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da studenti universitari, Piero Calamandrei concludeva, dicendo che dietro gli articoli della Costituzione “ci sono giovani come voi fucilati, impiccati, portati a morire in campi di concentramento. Questa non è una carta morta, ma il testamento di 100.000 morti per la libertà. Se volete andare in pellegrinaggio, dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne, nelle carceri, nei campi, dovunque è morto un italiano per riscattare la nostra libertà, perché è lì che è nata questa nostra Costituzione”.
A distanza di 70 anni da quelle parole, il Parlamento italiano decide di approvare una legge, per consolidare un processo di cui abbiamo profondamente bisogno e lavorare affinché la memoria di quanto accaduto ad opera del regime fascista verso gli ebrei, gli omosessuali, gli intellettuali di opposizione, gli stranieri presenti nel nostro Paese resti viva e vivida nelle menti e nel cuore dei cittadini italiani, in particolar modo nelle generazioni future.
I campi di prigionia, di internamento e di concentramento sono cicatrici indelebili nel paesaggio del nostro Paese. Sono i monumenti dell'orrore che è stato perpetrato da uomini accecati dall'odio come strumento per detenere il potere, capaci di svuotare altri uomini della loro dignità, umiliandoli e riducendoli alla fame, senza diritti e costretti a vivere, o meglio, a non vivere nel terrore.
Per questo, ricostruire con rigore storico una Mappa dei campi di concentramento, internamento e prigionia e incrementare i viaggi di istruzione presso questi luoghi, dove il male ha preso forma e persistenza, è un'azione che, come gruppo politico, sosteniamo convintamente. Lo facciamo, perché siamo perfettamente consapevoli che, senza la memoria di quell'epoca, non sarebbe possibile comprendere il presente e costruire il futuro. Lo facciamo, perché assistiamo, ancora oggi, impotenti alla costruzione di lager e campi di prigionia, di muri e di luoghi dove non esiste alcun diritto di libertà. Lo facciamo, perché sono sconvolgenti le parole del direttore di uno dei più famosi memoriali dei campi di concentramento, quello di Buchenwald, che racconta di giovani in visita farsi selfie sorridenti tra i forni crematori, attaccare adesivi con la svastica e urlare “Sieg Heil”. Lo facciamo, perché non tolleriamo che una scuola possa diventare luogo di vandalismo che richiama alle nefandezze del nazifascismo. Non accettiamo che ci possano essere giovani oggi convinti che i cori fascisti e il saluto al Duce li rendano più autorevoli nel proprio partito, quando dovrebbero soltanto essere allontanati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Lo facciamo, perché siamo coscienti di vivere in un'epoca nella quale è facile perdere il baricentro civile e democratico, dove la realtà può essere mistificata e la bugia di una parte rischia di cancellare la verità, riconosciuta da tutti, a mano a mano che la testimonianza diretta di chi ha vissuto la crudeltà dei campi di concentramento e di chi è stato testimone sopravvissuto al genocidio verrà meno.
Ecco perché è importante studiare, conoscere, mantenere viva la memoria, attraversare fisicamente la storia grazie ai racconti di chi c'era e camminare nei luoghi della disperazione.
In Calabria, ad esempio, il campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, il più grande costruito dal regime fascista, ogni anno, il 27 gennaio, accoglie i figli e i nipoti di quei prigionieri che si ritrovano, per rinnovare la memoria e con essa l'impegno ad essere testimoni di umanità e speranza, proprio lì dove non esisteva. Ma anche all'inferno può esserci la luce. Rifacendoci sempre alle vicende del campo di Ferramonti, alcuni testimoni hanno raccontato che per i prigionieri passare per Ferramonti significò la salvezza. Quello che accadde là dentro ebbe dell'incredibile. In uno spazio senza logica, confluirono persone da tutta Europa che seppero superare il dolore e la separazione dalle loro famiglie solamente grazie alla solidarietà, alla convivenza e alla fratellanza.
Dunque, quale miglior significato si può attribuire a un viaggio di istruzione, se non quello che concorre alla formazione della coscienza di un giovane sul senso della libertà e della vita che in essa si celebra? No, non si tratta di semplici gite: sono cammini faticosi che tutti dovrebbero percorrere per comprendere quanta morte e quanto orrore sono costati la nostra libertà. Sono cammini necessari per non diventare indifferenti, ma per restare vigili, partigiani tutti i giorni nel costruire un Paese e un mondo di pace, di diritti, di umanità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vito De Palma. Ne ha facoltà.
VITO DE PALMA (FI-PPE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati ad esprimere il nostro voto su un provvedimento che non è solo forma, ma è anche sostanza. Non è solo norma, ma è anche testimonianza, perché, quando parliamo di memoria e di luoghi di prigionia, di internamento e di concentramento, stiamo parlando della nostra responsabilità comune e della testimonianza che consegniamo alle nuove generazioni.
In qualità di deputato, ho avuto l'onore e la responsabilità di promuovere, insieme ad altri colleghi, qui alla Camera, la proposta di legge n. 1495, che puntava all'istituzione di un fondo dedicato ai viaggi della memoria per le scuole secondarie di secondo grado. Questa iniziativa nasceva dalla convinzione che la memoria non sia solo un ricordo rituale, ma un'esperienza formativa, un ponte verso la cittadinanza consapevole, un momento in cui studentesse e studenti non sono spettatori passivi, ma protagonisti della riflessione civica.
È con grande soddisfazione che rilevo come quel principio, il nostro principio, oggi sia recepito nella legge n. 46 del 25 marzo 2025 che modifica la legge n. 211 del 20 luglio 2000, introducendo l'articolo 2-bis: “Presso il Ministero dell'Istruzione e del merito è istituito un fondo, con dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, per promuovere e incentivare i viaggi nella memoria ai campi di concentramento nazisti, per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado”. Questo risultato non è un punto d'arrivo, ma è un nuovo inizio, perché la memoria ha senso solo se non viene confinata al passato, ma diventa leva per il presente e per il futuro.
In questo senso, il provvedimento in esame, che oggi sosteniamo con il voto favorevole, si inscrive in una visione più ampia, ossia quella di una educazione che non resta nella teoria, ma si fa concretamente azione.
La norma prevede risorse, modalità operative, l'impegno delle istituzioni scolastiche, ma il vero valore sta nel messaggio che l'Italia lancia, cioè non dimentichiamo e valorizziamo quei luoghi come spazi di formazione, non solo di commemorazione.
È importante sottolineare alcuni aspetti che rendono questo intervento particolarmente rilevante. La concretezza: un fondo dedicato, effettivo e pluriennale non è più solo una promessa, ma un impegno. Il target chiaro: si rivolge agli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado, in cui la formazione civica, la consapevolezza e il senso della storia possono davvero fare la differenza.
Il valore formativo: i “viaggi nella memoria” non sono gite scolastiche ma percorsi che connettono fatti, luoghi, responsabilità. Spingono a interrogarsi sul passato per agire nel presente.
E infine il rafforzamento del sistema educativo: l'autonomia scolastica trova qui un compito che va oltre i programmi curriculari, entra nel capitolo della cittadinanza, dell'identità collettiva, della memoria attiva.
In qualità di esponente di Forza Italia credo che questo impegno rappresenti una delle espressioni più autentiche della nostra idea di Stato; uno Stato che conosce la propria storia; la affronta con onestà; la trasmette alle nuove generazioni, non con sentimenti retorici ma con strumenti concreti.
Per queste ragioni, Forza Italia esprime un voto favorevole e lo esprime con la convinzione che oggi non stiamo soltanto approvando un testo ma stiamo rinnovando un patto con i giovani, con le giovani generazioni, con la memoria ma, soprattutto, con la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato Sasso. Ne ha facoltà.
ROSSANO SASSO (LEGA). Grazie, Presidente. Questa proposta incontra il pieno favore della Lega per l'alto valore civile, storico e formativo che incarna. Riteniamo infatti che la conoscenza del nostro passato, anche nei suoi capitoli più dolorosi, sia un dovere verso le nuove generazioni. È un fondamento indispensabile per costruire una coscienza nazionale salda e consapevole.
L'impegno della Lega su questi temi non è nuovo. Ne è testimonianza la legge a firma della collega Pirovano, promossa dal nostro gruppo, che ha istituito e sostenuto i viaggi della memoria come strumento di educazione storica e cittadinanza attiva.
In quella stessa direzione si muove oggi questa proposta di legge che riconosce il valore dei luoghi della memoria e li mette al servizio della formazione dei giovani affinché la memoria non sia soltanto commemorazione ma anche lezione di responsabilità civica.
Tali misure rappresentano un impegno concreto per rafforzare, attraverso la conoscenza diretta e la testimonianza storica, la coscienza civica e i valori fondamentali di libertà, di rispetto, di tolleranza nelle nuove generazioni, nel solco della memoria della Shoah. Già, Presidente, la Shoah. E quella che soddisfa questa proposta di legge è, purtroppo, un'esigenza che è resa molto, ma molto attuale, oggi, a causa di una dilagante ignoranza e di un rigenerato e dilagante odio stalinista e antisemita (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). L'odio stalinista e comunista di chi va in piazza e, bardato con simboli che non ci appartengono, canta, per esempio, “dal fiume al mare”, che per chi non lo sapesse, vuol dire la distruzione etnica dello Stato di Israele. L'odio stalinista e comunista di chi brucia le bandiere con la stella di Davide. L'odio banale, ignorante e cialtronesco di chi va in piazza e afferma testualmente, rammaricandosene, che Hitler non avrebbe finito il suo lavoro. L'odio stalinista e comunista di chi impedisce, con la violenza, la libertà di espressione a chiunque la pensi diversamente da loro. L'odio stalinista e comunista dei tanti cattivi maestri che negano le foibe, che plaudono al maresciallo Tito, che inneggiano al 7 ottobre. L'odio stalinista e comunista dei tanti cattivi maestri che ricordano i bei tempi, che ricordano quando erano giovani e belli, ricordano quando i collettivi negavano la possibilità a persone che la pensavano diversamente da loro di potersi esprimere, come sta accadendo a Venezia al collega Emanuele Fiano del PD (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), al quale va tutta, ancora una volta, la nostra solidarietà.
Ecco, Presidente, per tutte queste ragioni, il gruppo Lega-Salvini Premier esprime con convinzione il proprio voto favorevole, nella certezza che il ricordo, lo studio, il ricordo condiviso e trasmesso con verità e rispetto, possano rappresentare un pilastro essenziale della nostra identità nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato De Maria. Ne ha facoltà.
ANDREA DE MARIA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Penso che questa sia una giornata importante per la nostra Assemblea parlamentare: stiamo per approvare una legge di grande valore. Permettetemi, prima di tutto, di ringraziare il primo firmatario di questa legge, il senatore Francesco Verducci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), che è presente qui con noi, tutti i colleghi del Senato che hanno lavorato alla legge e l'hanno votata all'unanimità e, fra questi, la senatrice Liliana Segre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) che è stata tra le prime ad aderire a questa proposta di legge.
È stato molto importante che l'approvazione sia stata all'unanimità - ci tornerò nel corso di questo intervento -, com'è importante il contenuto della legge che riguarda (ma su questo già tanti colleghi hanno parlato prima di me) la memoria dei campi di prigionia, internamento e concentramento fascista realizzati in Italia fra il 1922 e il 1945. E ciò attraverso la loro mappatura, con un lavoro di ricerca, di convegni, di approfondimento storico, nonché attraverso un vero e proprio progetto didattico che coinvolga le scuole. E trovo molto importante e significativo che ci sia anche un finanziamento per queste attività che ne consentirà l'effettiva realizzazione.
Vedete, chi vi parla è stato anche per tanti anni sindaco di Marzabotto; i luoghi della memoria a mio avviso hanno sempre avuto un valore particolare. Oggi ce l'hanno ancora di più perché, via via, con il passare degli anni, per evidenti ragioni anagrafiche, non ci sono più testimoni diretti - ce ne sono molto pochi - di quei fatti drammatici e i luoghi della memoria, come è stato detto qui, hanno una capacità comunicativa particolarmente forte, in particolare rivolta alle giovani generazioni.
Questa memoria, a mio avviso, per noi che rappresentiamo le istituzioni democratiche, prima di tutto è un dovere morale. Un dovere morale verso chi ha sacrificato la vita, chi ha pagato con sofferenze indicibili, chi è stato discriminato nella lotta antifascista, perché si è opposto al regime, al totalitarismo, alla dittatura, perché quegli uomini e quelle donne si sono battuti per la libertà di tutti, anche per chi allora quel regime lo sosteneva. E vorrei dire sommessamente al collega che è intervenuto prima di me che fra questi uomini e queste donne c'erano tanti comunisti italiani, prima di tutto Antonio Gramsci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), che sono stati protagonisti della nostra democrazia e della battaglia per la difesa della nostra democrazia.
E in questo valore morale della memoria c'è anche il riconoscimento di un pezzo particolare della storia del totalitarismo, dell'oppressione fascista che è appunto quella dei campi di prigionia, di internamento, di concentramento, che sono stati realizzati in Italia. È un aspetto della storia, rispetto ai campi nel nostro Paese, che per un certo periodo è stata anche troppo sottovalutata e che, giustamente, oggi, è all'attenzione delle istituzioni, delle stesse istituzioni scolastiche e, con questa legge, anche della nostra iniziativa parlamentare. E poi la memoria ha un grande valore perché nella lotta antifascista, nella tragedia del fascismo, del totalitarismo, del nazifascismo ci sono le radici vere della nostra democrazia. La nostra Costituzione è nata dalla lotta antifascista ed è una Costituzione antifascista non solo perché ciò risiede in uno dei suoi articoli - una disposizione, ricordo, permanente, che i padri costituenti hanno voluto permanente, che mette fuorilegge, rifiuta, qualunque forma di ricostituzione del disciolto partito fascista - ma perché i valori della Costituzione, in particolare dei primi articoli, parlano della lotta antifascista e nascono dal rigetto del fascismo e della dittatura. Lo stesso assetto istituzionale, lo stesso equilibrio dei poteri della Costituzione sono strettamente legati alla lotta antifascista e alla consapevolezza di quello che è stato il fascismo. E sì, questa legge, anche per l'arco di tempo che affronta (1922-1945), doverosamente parla di quello che è stato il fascismo.
Anche nel dibattito pubblico, in troppe occasioni si descrive quasi un fascismo in due tempi. Prima un fascismo in qualche modo buono, meno violento e poi, diciamo, una degenerazione nella fase dell'alleanza con la Germania nazista e delle leggi razziali.
Il fascismo, invece, è stato estremamente violento fin dalla sua nascita: è stato un movimento che ha soffocato le libertà democratiche, il movimento operaio dei lavoratori, il riscatto sociale dei ceti sociali subalterni e più deboli del Paese, utilizzato per questo dalle classi dirigenti del Paese. Antonio Gramsci, che ho citato, parlò di sovversivismo delle classi dirigenti per descrivere il fenomeno fascista, che ha soffocato fin da subito le libertà democratiche.
E poi, proprio in quest'Aula, dopo l'omicidio dell'onorevole Giacomo Matteotti e dopo lo sdegno che era nato nel Paese, sdegno che non riuscì a costituire un'alternativa efficace al regime fascista, Mussolini venne a parlare - come sappiamo - dell'Aula sorda e grigia che poteva essere bivacco dei suoi manipoli. Da lì è nata una lunga stagione repressiva: di leggi che vietavano l'espressione democratica, che reprimevano il dissenso, di schedature. E, via via, una crescita di un fenomeno di repressione, poi drammaticamente aggravato dalle leggi razziali e l'internamento degli ebrei fin dal '40. E poi, nella tragica parabola della Repubblica Sociale Italiana, la complicità con il nazismo tedesco e anche la scelta della Repubblica Sociale Italiana di partecipare pienamente alla tragedia della Shoah nel nostro Paese, alle repressioni, alle deportazioni. I campi, in Italia, erano dei campi di passaggio - è stato citato giustamente, ad esempio, il campo di Fossoli - verso i campi di concentramento nazisti. Poi l'aggressione all'Etiopia con le armi chimiche, l'aggressione alla Spagna democratica; Mussolini che disse che serviva qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo della pace e che ha trascinato il Paese in una guerra terribile, che l'Italia ha pagato con 500.000 morti e distruzioni immani, fino alla tragica parabola dell'asservimento al nazismo della Repubblica Sociale Italiana.
Questa storia non la possiamo dimenticare, perché la piena consapevolezza di ciò che questa storia è stata ci dà gli strumenti per affrontare le sfide di oggi. La dobbiamo ricordare per quello che è stata, anche per il fatto che il fascismo è stato il primo esempio di un movimento europeo, su cui si è inserito poi anche il nazismo tedesco. Non a caso, Hitler ha sempre stimato Mussolini nel momento in cui disprezzava l'Italia e gli italiani.
Dentro questa storia c'è un'altra consapevolezza importante, ossia il fatto che il regime fascista non è stato un episodio nella storia d'Italia. Questa è una discussione che ha riguardato anche intellettuali importanti. Ricorderete quando un intellettuale famoso e importante come Benedetto Croce parlò di invasione degli Hyksos, di una parentesi nella storia d'Italia. Invece, a mio avviso, noi dobbiamo avere la consapevolezza che il fascismo ha avuto delle radici profonde nella storia e nella società italiana, nella fragilità della borghesia italiana e negli assetti istituzionali del Paese. Questa consapevolezza - e la consapevolezza della tragedia in cui il fascismo ha trascinato l'Italia e di quanto è stata violenta e brutale la dittatura, di quanto è stato forte il totalitarismo nel nostro Paese - è fondamentale per evitare che derive autoritarie si possano riproporre, perché dentro la storia italiana c'è stato anche questo fenomeno così terribile e questa esperienza totalitaria, che è stata un esempio per tutta l'Europa e anche per il nazismo tedesco.
Per questo trovo molto importante che oggi in quest'Aula votiamo tutti insieme: non sempre quando si parla di antifascismo e di memoria quest'Aula vota insieme; che oggi succeda questo è un fatto importante per me, per il Paese e per la democrazia italiana. L'abbiamo fatto anche in occasione della legge sugli internati militari italiani, un'altra legge dove, in questo caso, partendo dalla Camera, abbiamo votato insieme su un provvedimento molto importante. Ma ciò non è accaduto - come chiedeva un collega - sulle mozioni sui processi della strage del 2 agosto a Bologna, se devo fare un esempio, ma se ne potrebbero fare anche altri.
Penso che questo voto unanime sia molto importante, perché quelli dell'antifascismo non sono valori che devono dividere il Paese, perché questa memoria non serve a dividere il Paese e le forze politiche, ma serve, secondo me, al contrario, a unirle su valori condivisi. Però questa unità su valori condivisi va fatta nella chiarezza: nella chiarezza su quello che è stato il fascismo, su cosa ha rappresentato nella storia d'Italia e nella consapevolezza che la Costituzione è, per sua natura, antifascista ed è sull'antifascismo che si può unire il Paese e la comunità nazionale, anche nella capacità di condannare tutti i fenomeni di eversione e di intolleranza che sono stati ricordati anche qui.
Anch'io voglio dire che va condannato con grande forza quanto è accaduto al liceo Righi di Roma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) e su questo il gruppo del PD sta presentando anche un'interrogazione parlamentare. Come voglio ribadire la nostra convinta solidarietà al collega Emanuele Fiano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) per l'aggressione che ha subito e anche dire che siamo orgogliosi del fatto che oggi la nostra presidente del gruppo, Chiara Braga, è a Ca' Foscari a seguire l'intervento e la lezione di Emanuele Fiano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) e, idealmente, credo che ci siamo tutti noi. Quindi, bene questo voto unanime: stiamo facendo un passaggio importante, perché ci uniamo sui valori costitutivi della nostra democrazia, dell'antifascismo e della Resistenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marco Perissa. Ne ha facoltà.
MARCO PERISSA (FDI). Grazie, Presidente. Colleghi, Governo, ho ascoltato con molta attenzione gli interventi che hanno preceduto il mio e - devo dire la verità - rimango estremamente felice e positivamente colpito quando quest'Aula arriva a sostenere in maniera unanime alcuni provvedimenti, perché penso che quelli del sostegno unanime di alcune iniziative di legge siano i momenti più alti e più nobili di quest'Aula; eppure, quando si arriva a votare in maniera unanime su provvedimenti come questo, che rinforza e definisce - se vogliamo - un perimetro anche più ampio e particolareggiato di un pezzo tragico della storia italiana, non si perde l'occasione di strumentalizzare, a favore di social network, i propri interventi in Aula in dichiarazione di voto.
Presidente, potrei dedicare il tempo che mi è concesso per fare una lunga lista di episodi che sono saltati alla cronaca negli ultimi due anni, in cui movimenti, ambienti e persone contigue alla sinistra parlamentare si sono distinti per atteggiamenti violenti, prevaricatori e antisemiti.
È un po' come un paradosso della storia, dopo decenni in cui i moralizzatori della sinistra puntano il dito verso la destra accusandola di fascismo, a un certo punto si trovassero a dover guardare proprio dentro casa loro, a spiegare a quelle persone che determinati atteggiamenti sono atteggiamenti di stampo fascista, prevaricatorio e dittatoriale e che non basta mettere la divisa dell'antifascismo militante per poter impedire a qualcuno di parlare in un'università, di esprimere liberamente la propria idea all'interno di un contesto televisivo. È il paradosso della storia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Guarda un po', proprio nel momento in cui la situazione in Medio Oriente diventa più difficile, sono proprio i moralizzatori della sinistra a dover guardare dentro casa loro e a dover rimproverare alcune fasce del loro elettorato di atteggiamenti antisemiti. Ma davvero vogliamo ridurre il dibattito parlamentare su una proposta di legge che si occupa di costruire memoria condivisa a questo? A un tirarsi per la giacchetta? Io penso che questa proposta di legge, i suoi firmatari e il suo contenuto non possano davvero essere mortificati così tanto. Quegli anni, quelli del fascismo, quegli anni così bui dall'inizio alla fine, caratterizzati da un accanimento ideologico e pregiudiziale senza precedenti nei confronti delle persone di religione ebraica, non possono essere oggetto di discussione, di dubbio o di esitazione alcuna. Però voglio dire con sincerità quello che penso: sono passati ottanta anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e penso che siamo tutti figli della stessa storia, tutti figli della stessa Costituzione e non c'è colpa in nessuno di noi per quello che è successo in quel periodo. Eppure, penso che ci sia in ciascuno di noi un'enorme responsabilità - questo, sì - a fare in modo che quello che è accaduto non accada più.
Questo lo dico con una profonda convinzione di coerenza. Perché, come può un essere umano, prima ancora che un politico, prima ancora che un cittadino, prima ancora che un marito, immaginare che si possa discriminare al punto di arrivare ad uccidere una persona per un orientamento religioso, per una etnia, per un orientamento politico, per un orientamento sessuale? È follia pura, follia pura. Appartiene all'ambito del delirio delle peggiori perversioni umane.
Allora, affinché quello che è accaduto non accada più, occorre ricordare, occorre trasferire quel ricordo, occorre studiare, occorre insegnare e di questo credo che, di fronte a nessun colpevole, siamo davvero tutti responsabili. In quella pagina della storia c'è infatti un valore fondamentale che è venuto meno prima ancora degli altri e sopra tutti gli altri: credo che quel valore, che oggi diventa monito per i nostri figli e per noi stessi nel nostro agire quotidiano, sia il rispetto della persona che ha in sé le sue attitudini e le sue fragilità e che - per il miracolo insito nell'esistenza di un essere umano - tutto quello che pensa, tutto ciò in cui crede, la categoria sociale alla quale appartiene e dalla quale proviene vengono in maniera conseguenziale.
Esiste un unicum che è l'essere umano che popola questa terra e in funzione di questo abbiamo il dovere e la responsabilità di alimentare il focolare della memoria per trasferirlo al presente e ai nostri figli, senza che qualcuno si senta mai più in diritto di altri di essere dalla parte del giusto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2313)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 2313:
S. 507 - "Disposizioni sulla redazione della Mappa della memoria per la conoscenza dei campi di prigionia, di internamento e di concentramento in Italia, nonché sulla promozione dei viaggi nella storia e nella memoria presso i campi medesimi" (Approvata dal Senato).
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 5) (Applausi).
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2025, n. 145, recante misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) (A.C. 2642-A) (ore 15,37).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 2642-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2025, n. 145, recante misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA).
Ricordo che nella seduta del 3 novembre si è conclusa la discussione generale e la relatrice e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 2642-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e dell'unica proposta emendativa riferita agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).
Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.
Se nessuno chiede di intervenire, invito i relatori e la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sull'emendamento Simiani 1.2.
MARTINA SEMENZATO, Relatrice per la VIII Commissione. Grazie, Presidente, parere contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
VANNIA GAVA, Vice Ministra dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Conforme al relatore.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 1.2 Simiani. Lo poniamo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.2 Simiani, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico, ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2642-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).
Invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.
VANNIA GAVA, Vice Ministra dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Grazie, Presidente. Sugli ordini del giorno n. 9/2642-A/1 Ferrari, n. 9/2642-A/2 Simiani, n. 9/2642-A/3 Evi, n. 9/2642-A/4 Curti, n. 9/2642-A/5 Pandolfo e n. 9/2642-A/6 Peluffo il parere è contrario.
PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2642-A/1 Ferrari. Lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2642-A/1 Ferrari, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2642-A/2 Simiani, con parere contrario del Governo. Ha chiesto di parlare l'onorevole Simiani. Ne ha facoltà.
MARCO SIMIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. In questo provvedimento di proroga, per quanto riguarda il collegio di ARERA, abbiamo pensato di ragionare su ordini del giorno che potessero sollecitare a ragionare non solo il Governo, ma anche il Parlamento, visto che, comunque, pur essendo un'Autorità indipendente, ARERA ha bisogno di capire e ragionare su quali possono essere gli strumenti e le soluzioni per governare, anche nel prossimo collegio, alcune decisioni che riguardano la vita dei cittadini, delle famiglie e delle imprese.
Credo che questo appuntamento rispetto al nuovo collegio abbia bisogno di una riflessione di carattere politico. Sarebbe sbagliato non ragionare, visto che è stato scelto di prorogare questo collegio fino alla fine dell'anno. La riflessione che abbiamo fatto in questo ordine del giorno è proprio quella di capire, anche di analizzare le singole attività, in questo caso quelle del servizio idrico, con riferimento al tema dell'acqua, che può sembrare banale, ma riguarda tutte le famiglie, molte imprese; riguarda tanti soldi; tanti soldi e tante risorse che spesso entrano nella discussione politica anche in termini di aumento delle tariffe: come sappiamo benissimo, dopo i referendum, gli investimenti sul tema dell'acqua sono andati direttamente in tariffa. Guardate che su questo punto, però, la gestione complessiva delle singole utilities riguardante proprio l'acqua e, soprattutto, nel ragionamento, nella programmazione che ARERA fa, oggi lo sappiamo benissimo, anche con riferimento al sistema della manutenzione e agli investimenti, cosa succede? Succede che nelle aree poco antropizzate e molto vaste, il costo dell'aumento dell'acqua è molto più alto.
Cioè, sappiamo benissimo che nelle grandi città, dove ci sono più persone, dove ci sono più attività, proprio per la densità abitativa e anche il numero di metri lineari di manutenzione dei tubi, il costo è minore e, invece, da altre parti è maggiore, ma maggiore di tanto, davvero di tanto. Posso fare alcuni esempi, che possono sembrare importanti, di grandi città dove il costo della manutenzione è due volte tanto per metro lineare e questo credo che sia un limite che noi dobbiamo, come Parlamento, mettere in evidenza.
Ecco perché con questo ordine del giorno - e mi dispiace che il Governo non lo abbia preso in considerazione, perché credo, invece, che possa essere un valore ragionare in questi termini - si può creare un fondo di perequazione nazionale che possa andare proprio ad aiutare quelle aree poco antropizzate, vaste, come è la maggior parte delle regioni italiane, e con cui si può aiutare ad abbattere il costo delle tariffe del sistema delle manutenzioni ma anche degli investimenti. È una cosa semplice che riporterebbe anche in linea il concetto che i cittadini sono tutti uguali. Non è detto che un cittadino che abita in una grande città deve pagare meno di un cittadino che abita in campagna, visto che già il rapporto con le aree interne ha dei limiti. Se oggi le vere disuguaglianze sono le distanze, io credo che il Parlamento in questo caso dovrebbe accorciare queste distanze. Ecco perché credo che sia un errore - e lo dico per suo tramite, Presidente, alla Vice Ministra - che ci sia un parere contrario su questo ordine del giorno e vorrei che ci fosse un ripensamento non solo da parte sua ma anche dell'intero emiciclo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2642-A/2 Simiani, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).
Saluto la delegazione del Gruppo di amicizia dell'Unione interparlamentare con l'Italia del Regno della Thailandia, guidata dall'onorevole Tunyawat Kamolwongwat, che oggi è in visita qui, a Montecitorio, alla Camera dei deputati, e stanno assistendo ai nostri lavori. Li ringraziamo per la loro presenza (Applausi).
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2642-A/3 Evi. Deputata Evi, il suo ordine del giorno ha un parere contrario del Governo. Insiste per la votazione? Sì, bene.
Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2642-A/3 Evi, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2642-A/4 Curti con il parere contrario del Governo.
Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2642-A/4 Curti, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2642-A/5 Pandolfo con il parere contrario del Governo.
Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2642-A/5 Pandolfo, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).
Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2642-A/6 Peluffo con il parere contrario del Governo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BARBA (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Intervengo, anzitutto, per chiedere ai firmatari di poter aggiungere la mia firma e per ricordare che su questa vicenda come gruppo ci siamo spesi, sia in occasione della presentazione di alcuni emendamenti sia con un'interrogazione in quest'Aula, perché riteniamo che rappresenti una vicenda emblematica di come alle parole non seguano i fatti da parte del Governo e della maggioranza.
Di che cosa si tratta? Si tratta del rinnovo ai concessionari elettrici, che però ha previsto degli oneri concessori e fin qui potremmo anche dire che non c'è nulla di male. Peccato che questi oneri tecnicamente ricadranno in bolletta, ma proprio perché introdotti in qualità di oneri finiranno anche nelle tasche del Ministero dell'Economia. Quindi, ai fini della bolletta elettrica, nel bilancio della bolletta, si tratta di una partita di giro: i concessionari pagano gli oneri, gli utenti li rimborsano in bolletta, ma chi si trova questi soldi in tasca è il Ministero. Noi abbiamo chiesto a gran voce, a suo tempo, di eliminare questo inutile provvedimento, una scelta politica di aumentare le bollette quando poi pubblicamente e sui social si dice di voler fare di tutto per diminuirle, ma soprattutto in questo caso questa scelta, poi, è stata demandata tecnicamente a un parere dell'ARERA ed è in attesa di un decreto attuativo.
Nel ribadire l'assoluta contrarietà rispetto alla scelta a suo tempo fatta, sottolineiamo come ora in questa situazione di ulteriore proroga dei componenti dell'ARERA la gravità di quanto è stato a suo tempo scelto dalla maggioranza si accentua, perché in un provvedimento che stiamo attendendo, che - lo ripeto - aumenterà le bollette per scelta politica della maggioranza, saremo anche in una situazione di debolezza dell'Autorità e, quindi, di debolezza ulteriore del cittadino e dei suoi diritti e, soprattutto, del diritto di poter pagare meno l'energia.
Per questo motivo, allora, ci associamo alla richiesta di voto favorevole su questo ordine del giorno e inoltre, come gruppo, alla firma dello stesso.
PRESIDENTE. Deputato Del Barba, spero che lei abbia fatto l'intervento sull'ordine del giorno n. 9/2642-A/6 Peluffo, che comunque votiamo, perché l'ordine del giorno n. 9/2642-A/5 Pandolfo lo avevamo già votato.
Non ci sono altre richieste di intervento e, pertanto, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2642-A/6 Peluffo, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).
PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2642-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare il deputato Mauro Del Barba. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BARBA (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori del Governo, questo è uno dei rari casi in cui la necessità e l'urgenza di un decreto sono conclamate. Ma quali sono la necessità e l'urgenza? Sono la necessità e l'urgenza di sopperire alla totale mancanza di responsabilità di questa maggioranza. Credo che non sia difficile rendersi conto che le cose stanno in questo modo, perché oggi siamo chiamati a convertire questo decreto-legge che rappresenta, però, una palese e grave ammissione di fallimento politico e istituzionale da parte della maggioranza che sostiene il Governo.
Il provvedimento in esame, infatti, è composto da due articoli ed è volto ad assicurare la funzionalità dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), scongiurando - e qui viene il punto - l'interruzione delle sue funzioni.
Quindi, siamo di fronte a un'ipotesi, a un'eventualità che ci deve vedere intervenire a tutela delle garanzie previste per il cittadino. Ma il punto è: perché siamo costretti ad intervenire a tutela del cittadino con questo decreto? Andiamo a capirlo, perché l'ARERA è un'Autorità amministrativa indipendente, che vorremmo rimanesse indipendente, cruciale e le cui competenze abbracciano settori vitali come energia elettrica, gas, acqua, rifiuti, teleriscaldamento, qualità dei servizi e tutela degli interessi di utenti e consumatori.
Ebbene, l'articolo 1 del decreto fa sì che questi componenti del collegio dell'ARERA - cinque attualmente; lo dico perché concluderemo tornando su questo numero - continuino effettivamente a esercitare le proprie funzioni, ma - attenzione - limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, fino alla nomina dei nuovi componenti e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025. Questo perché l'ARERA - ricordiamolo, non è stata una sorpresa - aveva scadenza, dopo sette anni di questo quarto mandato da che la legge fu istituita, trent'anni fa, a inizio agosto. Quindi, la maggioranza e il Governo ben sapevano che avrebbero dovuto far fronte a questa scadenza. E, allora, perché non vi hanno provveduto? È fondamentale qui ricostruire la tempistica per andare a inchiodare il Governo e la maggioranza alle sue responsabilità. Il collegio dell'ARERA, che è stato nominato con DPR del 9 agosto 2018, avendo mandato settennale, scadeva il 9 agosto 2025, e fin qui credo che ci potesse arrivare anche questo Governo. Tuttavia, secondo i princìpi consolidati della Corte costituzionale, ad esempio la sentenza n. 208 del 1992, l'istituto della prorogatio va visto come un'eccezione e deve essere strettamente limitato nel tempo e nei poteri. Il Consiglio di Stato, nel parere n. 5388 del 2010 - princìpi che poi sono stati confermati negli anni a seguire - ha stabilito che, data la sua natura indipendente - attenzione, perché qui stiamo parlando di un'Autorità molto delicata, la cui indipendenza va garantita a tutela e rispetto della legge istitutiva, ma soprattutto a tutela e rispetto dei diritti dei cittadini -, ARERA non rientra nella disciplina generale di prorogatio di 45 giorni prevista per gli organi amministrativi ordinari.
E, allora, essendo scaduta il 9 agosto, per la sua particolare rilevanza e per la non surrogabilità delle funzioni di ARERA, il Consiglio di Stato ha stabilito, in via interpretativa ed eccezionale, una specifica prorogatio di sessanta giorni. Quindi alla maggioranza e al Governo sono stati dati tempi supplementari, proprio per la particolare importanza e per l'autonomia di questa Autorità. Solo che i sessanta giorni, se facciamo debitamente i conti - anche questi non erano difficili da fare - sono scaduti e proprio queste scadenze, ripetutamente violate dalla maggioranza, hanno reso necessario il decreto di cui parliamo oggi. Infatti, la scadenza - anche di questa prorogatio straordinaria - sarebbe caduta in data 9 ottobre 2025. Ecco, è qui, allora, che emerge la gravissima responsabilità della maggioranza. Il Governo e il Parlamento avevano a disposizione tutto il tempo sufficiente, anche dopo la scadenza, quindi dal 9 agosto al 9 ottobre, per completare il complesso procedimento di nomina, però sappiamo che questa maggioranza, sulle nomine, scatena gli appetiti, appetiti che non dovremmo vedere, quando andiamo a parlare di un'Autorità dalla delicatezza come quella che stiamo esaminando.
Il procedimento richiede, come noto, la deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti e il parere favorevole delle Commissioni parlamentari. Ecco, la maggioranza non è stata in grado di costruire questo parere favorevole, di trovare le necessarie convergenze politiche e non siamo affatto sorpresi che la maggioranza non sia stata in grado di farlo, prima di tutto perché ha dimostrato, anche in passato, su commissioni altrettanto delicate, di avere molta difficoltà nel relazionarsi con le forze politiche del Paese, ma soprattutto perché, anche recentemente, stiamo vedendo che uno degli esercizi a cui questa maggioranza, questo Governo e i responsabili dei partiti che li sostengono sono maggiormente dediti è proprio quello della composizione delle nomine. Non vorremmo, però, che, nel caso delle nomine di un'Autorità che riveste questa delicatezza e questa importanza, si riflettessero le stesse strategie e le stesse scelte a cui stiamo assistendo per altri tipi di nomine.
Quindi, questo decreto-legge ha, sì, un carattere di emergenza, che però non era esterna e imprevedibile. Si giustifica dal punto di vista strettamente formale, ma è assolutamente deprecabile dal punto di vista politico e sostanziale, proprio perché arriva forzando un regime della prorogatio, ripeto, forzando un regime della prorogatio e sottolineando e denunciando una mancanza della maggioranza stessa. Oltretutto, questo si porta dietro alcune conseguenze, perché in questo periodo di prorogatio forzata i commissari di ARERA sono costretti a operare con poteri limitati: sono limitati all'esercizio di atti di ordinaria amministrazione e a quelli urgenti. Quindi, abbiamo un'Autorità che procede limitata, decapitata dei suoi poteri e questo non ci tranquillizza rispetto agli atti che il Governo dovrà necessariamente intraprendere, come sappiamo, in questo periodo e di cui abbiamo parlato anche in occasione dell'ultimo ordine del giorno.
Ho già detto di come questo decreto, seppur necessario e urgente, violi i princìpi costituzionali della prorogatio, che sono specificatamente stati indicati anche nel caso di un'Autorità di questo tipo.
E, allora, in questo senso, si giustifica il nostro voto di astensione: da una parte, responsabilmente, comprendiamo la necessità del decreto, ma dall'altra, responsabilmente, vogliamo sottolineare l'estrema delicatezza del periodo che stiamo percorrendo.
Infine, non vorremmo mai che la soluzione che questa maggioranza andrà a individuare fosse quella di cui tanto si parla; anzitutto, l'ampliamento da cinque a sette membri, giusto perché, in questo modo, si accomodano meglio le poltrone, con un aumento dei costi per quanto riguarda i cittadini.
Allora, annuncio il nostro voto di astensione (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, la deputata Martina Semenzato. Ne ha facoltà.
MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il provvedimento che stiamo per votare è volto a garantire, in via urgente, la continuità delle funzioni dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA). Si tratta della conversione di un decreto per lo più di natura tecnica, però voglio cogliere questa occasione per offrire ai cittadini una lettura politica, non solo procedurale, ribadendo il ruolo delle autorità indipendenti nel governo dei mercati, nella tutela dei consumatori e nella realizzazione di una competitività reale nel settore dell'energia. ARERA non è soltanto un ente tecnico, è un pilastro della regolazione dei settori strategici - l'energia, le reti e l'ambiente - che incidono direttamente sulla vita delle famiglie e delle nostre imprese.
In un contesto in cui l'Italia affronta la transazione energetica, il rafforzamento delle infrastrutture, ma anche la protezione dei soggetti più fragili, è chiaro che un regolare funzionamento dell'Autorità è imprescindibile.
Il fatto che sia necessario un provvedimento urgente per garantirne la funzionalità sottolinea che l'istituzione non può essere in stand by: se l'Autorità smette di operare, si crea una zona grigia nella quale i mercati operano senza regia e i cittadini possono uscirne penalizzati. Negli ultimi anni ARERA ha avviato e gestito un processo complesso: l'apertura al mercato libero della fornitura di elettricità e gas, la graduale uscita dal regime di maggiore tutela e l'introduzione del servizio a tutele graduali per le utenze non vulnerabili.
La sola apertura del mercato però non basta; servono una regolazione forte, informazione ai cittadini, prevenzione delle pratiche scorrette, trasparenza contrattuale. Tutti ambiti in cui ARERA ha assunto un ruolo attivo, tra l'altro con delibere recenti che puntano proprio alla chiarezza delle offerte, alla comparabilità contrattuale e alla tutela dei clienti vulnerabili. In questa situazione, Presidente, prorogare per un periodo limitato i membri dell'Autorità solo per gestire gli affari ordinari e le urgenze serve a garantire la continuità del suo ruolo di controllo.
In questo modo si evita che la liberalizzazione del mercato diventi terreno di abusi o potere incontrollato e si assicura, invece, che resti un'opportunità e un vantaggio per i cittadini. Questo provvedimento è, sì, tecnico, nel senso che assicura la continuità operativa dei componenti in carica in attesa della nomina dei nuovi, ma nell'essere tecnico racchiude una scelta: dare precedenza al buon funzionamento delle istituzioni; dare rassicurazioni ai consumatori e alle imprese che il presidio regolamentare non verrà meno.
In un momento in cui i costi dell'energia, la complessità delle offerte e la vulnerabilità di molte famiglie richiedono risposte tempestive e credibili è una scelta politica dare fiducia alla funzione regolatoria. È fondamentale che l'Autorità operi senza discontinuità, perché, quando l'Autorità non opera pienamente, a pagare il prezzo rischiano di essere sempre i cittadini, esposti a cambiamenti contrattuali opachi, a call center aggressivi e a offerte non sempre trasparenti. Il voto a favore che esprimeremo come gruppo di Noi Moderati non ci esime dal vigilare sul fatto che la liberalizzazione si traduca in vera concorrenza, a vantaggio di tutti gli utenti.
Occorre che la funzione di ARERA sia sempre più rivolta a garantire che le offerte del mercato libero siano effettivamente più vantaggiose, non solo in apparenza; a rafforzare l'informazione, affinché il consumatore sappia scegliere con lucidità e non sia vittima, invece, di marketing ingannevole; a garantire che i cittadini vulnerabili, quelli che più rischiano di essere esclusi dal beneficio della concorrenza, abbiano strumenti adeguati di tutela; infine, ad assicurare che la transizione energetica, quindi infrastrutture, fonti rinnovabili ed efficienza, si traduca anche in riduzione dei costi per la collettività e non in nuovi oneri di sistema, che possono gravare in modo consistente sulle bollette.
Colleghi, voteremo a favore perché difendiamo il funzionamento continuo di un'istituzione vitale per l'Italia. Lo facciamo con la consapevolezza che dietro l'urgenza tecnica c'è una visione, quella di un mercato dell'energia più competitivo, trasparente e giusto, nel quale i cittadini siano più protetti e più consapevoli. Presidente, scegliere la continuità significa garantire credibilità, stabilità e fiducia a beneficio di tutti. Quindi rinnovo il voto favorevole del gruppo Noi Moderati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filiberto Zaratti. Ne ha facoltà.
FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signor Presidente. Che sia necessario garantire la funzionalità dell'ARERA credo che sia un punto sul quale siamo assolutamente tutti d'accordo. È del tutto evidente che il Paese ha bisogno di questo organismo e, d'altro canto, basta leggere le funzioni che svolge per rendersi conto della funzione indispensabile e fondamentale che in questo momento della vita del Paese svolge ARERA: dalla regolazione e controllo delle regole standard di qualità alla tutela dei consumatori, alla definizione delle tariffe di gas, elettricità, acqua e rifiuti, alla promozione della concorrenza in questi settori così delicati e così importanti per la vita non soltanto del Paese, ma per la vita delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese.
Quindi che ad ARERA vada assicurata questa funzionalità è del tutto evidente. Qual è la situazione? La situazione è che ARERA, proprio perché è un organismo di garanzia, viene eletta ogni 7 anni, che non sono casuali, perché servono a indicare il fatto che si è sottratti dalle questioni di maggioranza e di minoranza delle Camere parlamentari. Quindi questi 7 anni già danno un segnale significativo e importante, tant'è vero che comunque l'organismo, seppur su indicazione della maggioranza e del Governo, è comunque nominato direttamente dal Presidente della Repubblica, proprio per rivendicarne l'indipendenza e la libertà nello svolgimento di questa fondamentale funzione.
Cosa accade? Che i 7 anni sono scaduti il 9 agosto scorso. Quindi prima di questa data avrebbero dovuto essere messe in moto le procedure che servono a nominare il nuovo organismo direttivo di ARERA, ma così non è avvenuto. È invece stata fatta una proroga di 60 giorni, che ha portato il termine al 10 ottobre, e dopo, siccome il nuovo organismo di ARERA non poteva essere nominato, e forse ci dovremmo domandare perché, per quale ragione è diventata una cosa così difficile, si è determinata la necessità di un decreto-legge che prorogasse queste funzioni, seppur di ordinaria amministrazione, al 31 dicembre 2025.
Perché è così difficile? Io intanto vorrei sottolineare una cosa. Cari amici della maggioranza, non è che tutte le volte che c'è una sentenza di un tribunale, in questo caso del Consiglio di Stato, per risolvere il problema si fa un decreto-legge che lo supera, è un'assurdità (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra). È molto meglio evitare e adeguarsi alle normative. Le ragioni per cui ARERA dura 7 anni ed è nominata direttamente dal Presidente della Repubblica, seppur su indicazione del Governo, è garantirne l'indipendenza.
E il fatto che non ci possa essere un doppio mandato ancor di più evidenzia la necessità che questo sia un organismo indipendente e autonomo al servizio del Paese. È per questo che le procedure dovevano essere messe in atto per tempo, per garantire ai cittadini e alle cittadine la trasparenza, l'autonomia e l'indipendenza di questo organismo così delicato e così importante, che riguarda la vita delle aziende, dell'economia del nostro Paese e la vita delle famiglie. È difficile trovare un altro organismo così importante.
È evidente che ci sono dei problemi in maggioranza. La maggioranza ha una visione delle cose che non riguarda mai la funzionalità e l'interesse del Paese, non riguarda mai il fatto che l'indipendenza di organismi come questo è una parte fondamentale della funzione che svolgono, ma riguarda sempre chi li deve nominare, da che parte politica devono venire le nomine, e spesso non si mettono d'accordo, come è capitato in questa occasione. Quindi, noi ci troviamo nella necessità di dover fare un decreto-legge per garantire la funzionalità in prorogatio di un organismo che non poteva essere prorogato nell'intento di chi ha realizzato questa legge istitutiva.
Io penso che la maggioranza si debba prendere questa responsabilità: le cose vanno fatte per tempo, è necessario che si facciano quando si devono fare. Ognuno svolga la sua funzione, nessuno vuole espropriare il Governo delle funzioni che gli sono proprie. Spesso qui, caro Presidente, ci viene ricordato che chi ha vinto, giustamente, deve governare. Io sono d'accordo: chi ha vinto le elezioni deve governare, ma deve governare dentro le regole che ci sono. Non è che tutte le volte, per litigi all'interno della maggioranza, si fa un decreto-legge e si cerca di sistemare tutti; non è che, tutte le volte che un tribunale dice che bisogna attenersi alle leggi che già ci sono, allora si fa un decreto-legge e si cambia la legge. Così non funziona, non si governa così, questo non è un modo democratico di governare.
L'organismo dirigente di ARERA doveva essere realizzato e fatto, così come diceva la legge, entro il 9 agosto. I 60 giorni già erano un'eccezione straordinaria. Entro quei 60 giorni li potevate indicare questi nomi. È così difficile oppure tra di voi c'è qualcosa che ha reso impossibile questa indicazione così semplice?
Noi siamo gente responsabile e non voteremo contro questo provvedimento, perché anche noi abbiamo così chiaro che l'interesse del Paese è che ci sia questo organismo e che continui a funzionare, non vogliamo certamente creare un vuoto di potere su questioni così delicate, come dicevamo. Ma, detto questo, è evidente che questa volta io mi aspetto che i rappresentanti della maggioranza, quando prenderanno la parola, avranno anche l'umiltà di riconoscere che hanno sbagliato, devono riconoscere l'errore, perché non c'era nessun impedimento al fatto che i tempi fossero rispettati. State governando il Paese da tre anni, non siete arrivati l'altro ieri: non si può far finta che l'ARERA sia una struttura come un'altra e pensare che possa rimanere lì, in prorogatio, in modo indefinito; e, addirittura, per andare in prorogatio, è necessario fare un nuovo decreto-legge. Questo misura la vostra incapacità di governare un Paese complesso come l'Italia, perché non credo che ci sia nessun altro Paese in Europa e nel mondo che, di fronte a un organismo come questo, abbia fatto uno scivolone come quello fatto dal Governo Meloni.
Quindi, ribadisco, noi ci asterremo perché siamo delle persone responsabili, però credo che davvero, ancora una volta, il Governo Meloni abbia dato un pessimo esempio di come si debba governare un Paese importante come l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio D'Alessio. Ne ha facoltà.
ANTONIO D'ALESSIO (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Il provvedimento che esaminiamo oggi è nella sua forma semplice, ma è molto importante nella sostanza: proroga fino al 31 dicembre 2025 i membri in carica della Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente. Che sia una misura necessaria non c'è dubbio ovviamente, perché è evidente che un'istituzione come ARERA non possa restare senza guida e non possa restare senza guida nemmeno un giorno. La continuità delle sue funzioni è essenziale per garantire stabilità a un settore strategico per il Paese. Tuttavia, è evidente che c'è stata una grave lacuna, una grave inefficienza da parte del Governo, una incapacità di gestire questa fase, ed è questo il primo motivo per il quale noi andiamo verso un voto di astensione. Poi, c'è un secondo motivo, cioè dobbiamo interrogarci su cosa accadrà dopo, perché, da qui alla fine dell'anno, il Governo dovrà scegliere i nuovi componenti dell'Autorità e sarà quella la vera partita.
Ecco perché, pur condividendo la necessità di questa proroga, il nostro gruppo si asterrà, lo ripeto, non per una contrarietà ad un atto che diventa, a questo punto, un atto dovuto, ma per segnalare che la continuità andava assicurata senza la proroga e, poi, perché c'è da sottolineare il fatto che l'ARERA non è un'Autorità qualunque e, quindi, le scelte vanno fatte in maniera ponderata. L'ARERA non regola un settore banale, ma un settore che incide ogni giorno sulla vita delle persone e sulla competitività anche delle imprese italiane: stabilisce quanto costano le reti, definisce i criteri per remunerare chi gestisce servizi in regime di monopolio naturale, come la distribuzione o la trasmissione dell'energia e determina, in buona parte, i costi che finiscono sulle nostre bollette. E qui c'è un punto che non può passare, a nostro avviso, sotto silenzio, cioè: le società che operano in questi settori regolati hanno, in Italia, margini operativi nettamente superiori a quelli dei loro omologhi europei. Una condizione paradossale per un mercato regolamentato. Non è il frutto di una efficienza industriale straordinaria, ma il risultato di un sistema di regole che garantisce comunque la remunerazione degli investimenti, e ciò indipendentemente dai rischi. Per questo il ruolo dell'Autorità è cruciale: deve vigilare, contenere, equilibrare, assicurando che chi investe abbia un giusto ritorno, ma, al contempo, coniugare il tutto con un altro obiettivo, cioè l'obiettivo di rendere minimo l'aggravio di costi per le imprese e per i cittadini.
Allora, parte da questi banchi un monito: le nuove nomine non dovranno essere solo dei nuovi nomi, magari i primi non eletti nelle elezioni regionali o qualche sindaco che ha chiuso il proprio mandato, per piazzare amici o per individuare gli equilibri della gestione all'interno dei partiti; dovranno, invece, essere delle nuove competenze, delle nuove visioni, delle nuove energie per affrontare una fase storica nuova che, peraltro, è particolarmente delicata e particolarmente complessa.
Troppo spesso la politica non ha fatto le scelte giuste o, meglio, non si orienta per fare le scelte giuste. In questo dobbiamo cambiare rotta, e non dobbiamo farlo a chiacchiere, per conferire alla politica una autorevolezza nuova. Il mondo dell'energia sta cambiando rapidamente: cresce il peso delle fonti rinnovabili, aumentano le esigenze di accumulo, si trasformano le reti. Tutto questo rende ancor più delicato il compito dell'Autorità, che dovrà garantire stabilità e fiducia in un sistema che è in continua evoluzione. Per farlo serviranno persone capaci, indipendenti, rispettate dal mercato e rispettate anche dai cittadini. Se le scelte saranno quelle giuste - ma, ripeto, questa fase che ha creato le condizioni per una necessaria proroga non ci fa stare tranquilli -, tutto ciò conferirà autorevolezza anche alla politica, perché un'Autorità può essere nominata per legge, ma, ovviamente, l'autorevolezza non si nomina, si conquista con la competenza e con l'equilibrio delle decisioni. Autorità e autorevolezza - lo sappiamo bene - non sono sinonimi: la prima si riceve, la seconda si merita, si costruisce. La gestione della vicenda dell'Autorità non ha conferito autorevolezza al Governo né, purtroppo, all'intera politica.
In conclusione, ci asterremo, intanto perché ognuno venga messo davanti alle proprie responsabilità e il Governo si assuma la responsabilità di dover chiedere a noi una proroga e, poi, perché, ovviamente, il tema non è soltanto chi resta fino al 31 dicembre, ma chi arriverà dopo. ARERA dovrà essere all'altezza delle sfide che ci attendono, cioè garantire che dove c'è inevitabilmente un monopolio naturale ci sia anche un equilibrio equo tra chi fa gli investimenti e chi paga le bollette; che le regole continuino a favorire la crescita del Paese, ma senza pesare sulle famiglie e sulle imprese. Questo è l'obiettivo che ci auguriamo il Governo voglia perseguire con le future nomine, perché un'Italia che vuole crescere ha bisogno di istituzioni indipendenti, forti, autorevoli e rispettate (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Ferrara. Ne ha facoltà.
ANTONIO FERRARA (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, oggi discutiamo di un decreto che, più che un atto normativo, è una confessione pubblica di ritardo e convenienza politica. Il Governo Meloni si è accorto che i vertici ARERA erano in scadenza: è una confessione di ritardo quando erano già scaduti i termini. Allora, come sempre, si è corsi ai ripari con un decreto d'urgenza, un'altra corsa dell'ultimo minuto, l'ennesimo “decreto tampone” di un Governo che non previene mai, ma reagisce sempre. È la perfetta fotografia del cosiddetto Governo del fare: un Governo che fa quando è troppo tardi. Il Governo del fare dopo, del fare finta, del faremo presto. Un Governo che non anticipa, ma rincorre; che non guida, ma si fa trascinare dagli eventi, salvo poi dichiarare di averli affrontati con decisione.
L'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, l'ARERA, è un presidio di equilibrio, trasparenza e tutela dei cittadini nei settori vitali dell'energia, gas, acqua, rifiuti e teleriscaldamento, settori dove la qualità della regolazione decide il destino delle famiglie e delle imprese e dove ogni incertezza istituzionale si traduce in un costo reale per chi paga la bolletta.
Eppure, davanti alla scadenza dei mandati, il Governo non ha mosso un dito. Non ha avviato la procedura per le nuove nomine, non ha aperto un confronto, non ha programmato nulla, ma ha semplicemente aspettato che il tempo scadesse e poi d'urgenza ha scoperto che c'era urgenza.
Ebbene, con questo decreto, il Governo non dice: continuiamo così. Dice piuttosto: fermi tutti, ancora un po' di tempo. Un po' di tempo per guardarsi intorno, per sistemare meglio gli equilibri, per portare le persone giuste. Diciamolo in tono ironico: più giuste per loro. Si invoca la continuità, ma in realtà si crea uno spazio di attesa, un'attesa che non è tecnica, ma è politica. Come sempre, il tempo diventa lo strumento più comodo: serve a guadagnare i margini, a fare ordini per le poltrone e scegliere non necessariamente chi è più competente, ma chi risponde meglio ai nuovi equilibri del momento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). L'urgenza in fondo è questa, non quella di evitare il vuoto amministrativo, ma quella di riempire bene il vuoto con le persone di fiducia. E proprio la proroga diventa la passerella elegante verso il cambio di stagione dove il merito conta meno della fedeltà.
Tutto molto ordinato, tutto molto urgente, tutto molto conveniente. Nel frattempo, le regole scivolano un po' più in là, l'indipendenza arretra di qualche passo e l'autonomia delle istituzioni si fa flessibile. E guardate che questa non è un'eccezione, è una prassi, è una tecnica ormai consolidata. Si invoca l'urgenza, si approva una proroga, si prende tempo per spazi e per riorganizzare le cose. La riorganizzazione non è mai neutrale: dietro la fretta e il linguaggio tecnico c'è sempre una regia politica che punta a controllare ciò che dovrebbe restare indipendente. Più il settore è strategico, più la mano si fa pesante. Così un'autorità, che dovrebbe essere super partes, diventa un terreno di influenza, dove la competenza cede il passo alla convenienza e l'urgenza si trasforma in pretesto.
La Corte costituzionale è stata chiara: la prorogatio deve essere eccezionale, temporanea, non flessibile e non reiterabile. Il Consiglio di Stato ha fissato in 60 giorni il limite massimo per il passaggio delle consegne. Sessanta giorni, non 6 mesi, non fino a fine dicembre! Ma il Governo dice di rispettare le tempistiche! Si trattano i limiti come se fossero raccomandazioni facoltative. Si invoca la legge per poi aggirarla con disinvoltura. Si pratica il rispetto delle regole, ma si agisce sempre in una zona grigia e, ironia della sorte, lo si fa nel nome della continuità; certo, la continuità dei ritardi, delle occupazioni, dei decreti scritti all'ultimo momento, quella, lo ammetto, la garantite benissimo.
Nel frattempo, fuori da quest'Aula, le famiglie continuano a fare i conti con le bollette altissime, le imprese con margini sempre più stretti e l'ARERA, congelata in proroga, può solo gestire l'ordinaria amministrazione. Il cittadino paga, il Governo rinvia. È la nuova regola d'oro: chi lavora paga, chi comanda proroga (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Noi del MoVimento 5 Stelle diciamo “no” a questo modo di intendere le istituzioni, perché un Paese serio non vive di proroghe, ma di scelte chiare, trasparenti e tempestive. Noi vogliamo un'Italia che non reagisce ai problemi quando esplodono, ma li anticipa, li previene e li risolve, un'Italia proattiva, non reattiva, che pianifica, invece di improvvisare, che decide, invece di prorogare, un'Italia che crede nei beni comuni, nell'ecologia integrale, nella giustizia sociale, in un'innovazione tecnologica e in un'economia eco-sociale.
Le nostre 5 stelle non sono un simbolo, sono una bussola! Questa bussola indica sempre la stessa direzione: la competenza prima dell'appartenenza, l'indipendenza prima del controllo, la trasparenza prima della convenienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). L'Italia non ha bisogno di un Governo che reagisce solo ai propri errori, ma di un Governo che pensa prima, in tempo, e rispetta le regole, agisce, invece di avere un decreto per ogni rimedio, ogni rimedio per un pretesto e un favore ben confezionato che non porta a nulla.
Aggiungo una cosa, Presidente. Abbiamo ascoltato, in questi giorni, gli interventi di alcuni partiti della maggioranza sul superbonus, sempre pronti ad accusare il MoVimento 5 Stelle di ciò che, in realtà, hanno poi gestito e prorogato loro stessi, facendo saltare i conti e le regole che avevano costruito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Quando ci accusano, in verità, parlano davanti a uno specchio e quello che vedono riflesso è il volto del vero responsabile, perché il colpevole non è chi ha inaugurato e tracciato una strada, ma chi ha continuato a cambiarla e a percorrerla fino a far cadere il Paese nel burrone.
Allora, Presidente, diciamocelo chiaro: questa non è una politica del fare, è la politica del fare per gli amici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi voteremo contro, perché il Movimento 5 Stelle non si fa incantare da questo fare a corrente alternata e perché continuiamo a credere in un'Italia che non si proroga, ma si rinnova.
Se proprio volete aggiungere e continuare così, almeno abbiate il coraggio di aggiornare il vostro slogan. Non siete il Governo del fare, siete il Governo del fare per gli amici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Erica Mazzetti. Ne ha facoltà.
ERICA MAZZETTI (FI-PPE). Grazie, Presidente. Vice Ministro, onorevoli colleghi, il decreto che ci accingiamo ad approvare, condiviso, sia pure con qualche critica, dalle opposizioni, risponde all'esigenza di assicurare il corretto funzionamento dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) in prossimità della scadenza del periodo di prorogatio di 60 giorni deliberato dall'Autorità medesima l'estate scorsa.
Nell'analisi tecnico-normativa presentata dal Governo, si chiarisce che l'intervento normativo è necessario e coerente con il programma di Governo ed è rispettoso delle prerogative parlamentari. Il procedimento di individuazione dei componenti dell'ARERA prevede che designazioni effettuate dal Governo siano previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari. La nomina dei componenti dell'ARERA è un esempio tipico di atto complesso, ossia basato sull'incontro delle volontà di autorità distinte ed egualmente determinanti: Governo che individua i candidati e Parlamento che li accetta.
Il Parlamento deve esprimersi con la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti delle Commissioni: ciò implica che, con la volontà della maggioranza parlamentare, deve concorrere la volontà delle minoranze o quantomeno di parte rilevante di esse.
Una ulteriore cautela consiste nella disposizione del provvedimento che circoscrive l'operatività dell'autorità agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, per evitare un vuoto decisionale in settori essenziali, come energia, reti e ambiente.
Nel periodo di proroga, ARERA non deve adottare decisioni di impatto strutturale o pluriennale, che quindi non facciano parte dell'ordinaria amministrazione, a meno che una sopravvenuta urgenza non renda necessari provvedimenti di comprovata indifferibilità che siano giustificati da adeguata motivazione e rispetto, ai quali dovrà essere inoltrata puntuale informativa al Parlamento.
Abbiamo approvato pertanto senza difficoltà l'emendamento dell'opposizione che rafforza questa previsione già contenuta nel testo originario. Dunque, siamo di fronte a una misura di continuità necessaria se si considera che ARERA ha in corso di finalizzazione alcuni rilevanti provvedimenti, continuità che deve essere accompagnata dalla massima cautela regolatoria. ARERA è un organismo strategico per la regolazione dei mercati dell'energia e delle reti energetiche, in un momento in cui l'Europa sta ridisegnando, con la direttiva (UE) n. 1711/2024, il mercato dell'energia elettrica per renderlo più stabile e meno dipendente dai combustibili fossili.
In questa direttiva è ridefinito il ruolo stesso delle autorità nazionali. Le nuove nomine devono inquadrarsi nella cornice chiara delle nuove competenze, delle interazioni con le altre autorità e con il Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica.
Nel settennato della gestione uscente, ARERA ha affrontato una delle fasi energetiche più difficili degli ultimi decenni, sostenendo e dando corpo alle decisioni dei Governi, tra crisi internazionali, aumento dei costi e sfide della transizione ecologica ed energetica. Contestualmente, ARERA ha rafforzato la trasparenza e la conoscibilità del mercato, permettendo ai nostri cittadini di comprendere con chiarezza la composizione della bolletta e le differenze tra mercato libero e mercato tutelato.
Fino ad oggi non era possibile. Grazie al lavoro fatto, in questi anni, da un organo competente, è stato possibile.
Infine, vanno ricordati gli sforzi compiuti da ARERA per comprendere i meccanismi di formazione dei prezzi sui mercati energetici nazionali, i quali scontano un differenziale significativamente negativo a danno delle famiglie e delle imprese italiane rispetto ai mercati energetici dei Paesi europei confinanti.
Un lavoro prezioso che sta portando la definizione del decreto Energia di prossima emanazione. L'obiettivo è quello di ridurre significativamente il costo dell'energia nel nostro Paese, anche eliminando ogni possibile distorsione, in un mercato complesso come quello dell'energia.
Infine, ARERA è stata a fianco del Governo in carica, nel rafforzare la sicurezza energetica nazionale, nel trasformare in chiave realistica, con una visione industriale, la transizione energetica, nel semplificare le procedure per l'installazione degli impianti a fonte rinnovabile, infine, nel rilanciare il ruolo dell'Italia come hub energetico nel Mediterraneo, in cui Forza Italia sta credendo molto, e sta accrescendo questa posizione a livello internazionale.
Colgo quindi l'occasione per ringraziare i componenti dell'attuale collegio ARERA, del grande e professionale lavoro svolto in questi sette anni, e dichiaro il voto favorevole del gruppo di Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barabotti. Ne ha facoltà.
ANDREA BARABOTTI (LEGA). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, annuncio già in apertura di intervento il voto favorevole della Lega sul decreto che proroga la durata in carica di ARERA, l'Autorità di regolazione per l'energia, reti e ambiente.
Si tratta di una proroga necessaria per garantire la continuità e la stabilità istituzionale di un organismo indipendente, che svolge un ruolo fondamentale nel garantire il corretto funzionamento del mercato dell'energia, dell'acqua, dei rifiuti e del teleriscaldamento. In una fase in cui il tema dell'energia rimane centrale per la vita economica e sociale del Paese, non possiamo permetterci che un'Autorità di tale rilevanza sia esposta a vuoti di governance o incertezze operative. L'ARERA ha infatti il compito di regolare e vigilare su settori strategici, promuovendo la concorrenza, l'efficienza e la qualità dei servizi, e assicurando la trasparenza e la tutela degli utenti e dei consumatori. È un lavoro complesso, che spesso si traduce in decisioni molto tecniche e che, spesso, non sono immediatamente comprensibili al grande pubblico, ma che incidono in modo profondo sulla vita di tutti noi. In pochi conoscono nel dettaglio l'attività che l'Autorità svolge, tuttavia le scelte che ARERA compie ogni giorno si riflettono sulle bollette, sui costi energetici, sulla qualità dei servizi e sulla competitività del nostro sistema produttivo. Alcune decisioni sono immediatamente percepite (parliamo, ad esempio, della Bolletta 2.0, che ha reso più chiara la lettura dei costi o l'attuazione di alcune misure contenute nel decreto Bollette, che hanno introdotto maggiore confrontabilità e trasparenza delle offerte di mercato), altre attività, invece, non producono effetti visibili nell'immediato, ma generano un forte dibattito tra gli operatori dei vari settori (ad esempio, l'importante indagine promossa da ARERA e stimolata da questo Esecutivo, sui mercati retail e su quello all'ingrosso dell'energia, che servono a monitorare le dinamiche di prezzo, individuare criticità e favorire un sistema più competitivo e sostenibile). Sono attività che, seppure abbiano natura tecnica, devono sempre mantenere al centro i cittadini, perché la sfida, per la politica e per gli operatori tutti, è proprio questa: garantire che le regole del mercato producano benefici concreti per chi - utenti, cittadini o imprese - paga la bolletta.
Ecco perché questa proroga non può essere liquidata - come qualcuno ha fatto - con una necessità che è esclusivamente di tipo politico. Noi della Lega, invece, crediamo che questa scelta risponda a un principio più alto: quello della responsabilità verso i cittadini e verso il nostro sistema produttivo nazionale. Vogliamo dare al Paese e al settore energetico, a tutti i settori coinvolti dalla trinità di ARERA, quello idrico, la gestione dei rifiuti e delle reti, un'autorità forte, autorevole ed equilibrata, in grado di affrontare con serietà i numerosi dossier aperti e la grande sfida della riduzione dei costi, a cui il nostro sistema di famiglie e imprese è sottoposto. Nessuno finora ha parlato di cittadini e, invece, è proprio a loro che dobbiamo spiegare il perché di queste decisioni, cosa fanno le autorità, quali impatti hanno le loro scelte sul quotidiano, perché ogni atto dell'ARERA, anche quando sembra distante, contribuisce a determinare il peso delle bollette, la trasparenza dei servizi e la solidità del nostro sistema idrico, energetico, delle nostre reti e del ciclo dei nostri rifiuti.
Il provvedimento in esame limita, giustamente, i poteri del collegio prorogato agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli che risulteranno indifferibili e urgenti, prevedendo inoltre che l'Autorità riferisca alle Camere sull'attività svolta al termine del mandato prorogato. È una norma equilibrata, che rispetta la distinzione dei poteri, tutela l'autonomia dell'Autorità e garantisce continuità fino alla nomina del nuovo collegio, da effettuarsi con il pieno coinvolgimento del Parlamento.
Per questi motivi, la Lega esprime convintamente il proprio voto favorevole, nella consapevolezza che sostenere la continuità di ARERA oggi significa sostenere la stabilità del sistema energetico, la tutela dei cittadini e anche la credibilità delle nostre istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pandolfo. Ne ha facoltà.
ALBERTO PANDOLFO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, intervengo a nome del gruppo Partito Democratico per esprimere fin da subito, con chiarezza e senso di responsabilità, che non ci opporremo alla conversione del decreto, che proroga l'attuale collegio dell'Autorità di regolazione per l'energia, le reti e l'ambiente fino alla nomina dei nuovi componenti e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025. Lo facciamo, Presidente, nella consapevolezza che la piena operatività di ARERA rappresenta un presidio indispensabile per la stabilità e la trasparenza del sistema energetico del nostro Paese, per la tutela dei cittadini, delle famiglie e delle imprese, per il corretto funzionamento dei mercati e dei servizi pubblici essenziali.
Il contesto in cui ci muoviamo è quello in cui l'Italia si colloca drammaticamente sul podio dei Paesi europei con l'energia elettrica più cara per le famiglie, se rapportata al loro potere d'acquisto. Mentre nel resto d'Europa i prezzi dell'elettricità si mostrano stabili e quelli del gas in netto calo, per i consumatori italiani la bolletta rimane una delle più pesanti. È il quadro che emerge dagli ultimi dati sui prezzi dell'energia nel primo semestre 2025, che l'Eurostat ha pubblicato proprio a fine ottobre.
La conversione del decreto, dunque, è una misura di continuità necessaria, ma non sufficiente: evita, sì, un vuoto decisionale in settori cruciali come l'energia elettrica, il gas naturale, i servizi idrici, il ciclo dei rifiuti e il teleriscaldamento, ma, al tempo stesso, siamo consapevoli che questa misura non sia abbastanza. La proroga non può diventare una sospensione indefinita della piena funzionalità dell'Autorità, né, tanto meno, una soluzione surrettizia a un problema che si sarebbe potuto e dovuto affrontare per tempo, addirittura adombrando che la soluzione si potesse trovare nell'incremento da cinque a sette dei membri del collegio, fatto che ci ha visti da subito fermamente contrari.
Durante l'esame in Commissione, l'impianto del decreto è rimasto sostanzialmente invariato. Prendiamo atto positivamente del fatto che il Governo abbia accolto una proposta delle opposizioni, riformulando un emendamento che introduce l'obbligo di rendicontazione al Parlamento sugli atti adottati nel periodo di proroga: mi viene da dire che almeno questo è un segnale di apertura, che abbiamo sostenuto, naturalmente, con convinzione; avremmo, tuttavia, voluto di più.
Il nostro emendamento, respinto, del collega Simiani, chiedeva che la relazione al Parlamento fosse con cadenza almeno quindicinale, proprio per rafforzare il presidio di responsabilità nella straordinarietà e garantire un monitoraggio costante, un monitoraggio necessario. Non si trattava di un formalismo, ma di un principio, quello secondo cui la trasparenza e il controllo democratico sono le migliori garanzie dell'indipendenza delle Autorità, in generale di tutte, ma anche ovviamente di ARERA. L'ARERA oggi è chiamata a gestire fasi delicate e decisioni rilevanti. Alcuni provvedimenti di carattere regolatorio, in corso di definizione, hanno un impatto di lungo periodo sui costi per i cittadini e le imprese e sulle condizioni di concorrenza dei mercati. Per questo chiediamo che la continuità si accompagni alla massima cautela regolatoria, proprio com'era inserito in uno degli ordini del giorno che abbiamo presentato.
Ricordiamo tutti quanto accadde la scorsa estate, quando l'Autorità diffuse un'indagine che ha sollevato forti dubbi sulle pratiche dei produttori energetici nel biennio 2023-2024. Da quell'indagine, infatti, è emerso che alcuni operatori avrebbero tratto benefici per circa 5 miliardi di euro, somme che in sostanza sono ricadute sulle bollette delle famiglie e delle imprese che ne hanno patito ovviamente i danni: una vicenda che dimostra quanto sia indispensabile un'Autorità indipendente, autorevole e pienamente funzionante, capace di vigilare con rigore, ma anche con tempestività. Per questo riteniamo che, durante il periodo di proroga, ARERA debba limitarsi agli atti di ordinaria amministrazione e non adottare decisioni d'impatto strutturale o pluriennali, salvo ovviamente la comprovata indifferibilità e naturalmente con un'adeguata motivazione e una necessaria e tempestiva informativa al Parlamento. È una questione di equilibrio istituzionale, di tutela della neutralità regolatoria, che garantisce certezza sia agli operatori e ovviamente fiducia ai cittadini.
Il Partito Democratico ha sostenuto con convinzione l'introduzione dell'obbligo di una relazione finale sulle attività svolte durante la proroga, proprio per assicurare la trasparenza, la responsabilità e il controllo democratico. Non può esistere indipendenza senza responsabilità e non può esserci fiducia senza informazione pubblica, che deve avvenire in Parlamento, Parlamento che non può limitarsi a traghettare l'Autorità solo fino a fine anno. Nei mesi scorsi abbiamo segnalato più volte le criticità del mercato energetico e la necessità di garantire piena chiarezza sui criteri di formazione dei prezzi e sui meccanismi di remunerazione dei produttori. Abbiamo chiesto e continueremo a chiedere che vengano resi pubblici i dati e gli esiti delle analisi condotte dall'Autorità, perché la fiducia dei cittadini si costruisce con la trasparenza e non con i rinvii, come quello cui siamo davanti, e con la responsabilità e non con la discrezionalità, ma con la qualità e il merito.
In conclusione, Presidente, a nome del gruppo del Partito Democratico, dichiaro il voto di astensione per la conversione di questo decreto-legge, per garantire la continuità dell'azione regolatoria di ARERA e scongiurare un'interruzione che sarebbe dannosa per l'intero sistema energetico, ma accompagniamo questo voto con un impegno politico netto e coerente per avviare, immediatamente, il tardivo percorso di nomina del nuovo collegio sulla base del merito e delle competenze, per assicurare piena trasparenza sugli atti assunti durante la proroga e per delimitare con rigore il perimetro dell'ordinaria amministrazione, nel rispetto del ruolo e dell'autonomia dell'Autorità. È così che si rafforza la credibilità delle istituzioni, si tutelano i consumatori, si garantisce certezza agli operatori e si consolida soprattutto il ruolo di ARERA come Autorità indipendente a servizio dell'interesse generale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabrizio Comba. Ne ha facoltà.
FABRIZIO COMBA (FDI). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, oggi quest'Aula è chiamata a esprimersi su un testo che dispone la proroga della durata in carica dei componenti di ARERA, nominati con DPR 9 agosto 2018, fino alla nomina dei nuovi componenti e comunque non oltre il 31 dicembre 2025. La nomina dei componenti di ARERA è un tipico esempio di atto complesso, fondato sull'incontro delle volontà di autorità distinte ed egualmente determinanti: da un lato, la volontà dell'Esecutivo, che si articola a sua volta nella proposta del Ministro e nella deliberazione del Consiglio dei ministri e, dall'altro, quella del Parlamento espressa tramite le Commissioni competenti. ARERA opera allo stato in regime di prorogatio, in conformità al citato parere n. 5388 del 2010 nel quale il Consiglio di Stato, ritenute insostituibili e non interrompibili le funzioni svolte dall'Autorità, ha ritenuto ammissibile la prosecuzione delle funzioni dell'organo collegiale per un periodo non eccedente il tempo ragionevolmente necessario per l'ordinato svolgimento delle normali procedure di nomina, individuato in 60 giorni dalla scadenza naturale del mandato, non ulteriormente prorogabili, precisando che durante detto periodo l'Autorità può esercitare le proprie funzioni limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili ed urgenti. In particolare, ricordiamo che l'articolo 1 del decreto-legge stabilisce che i componenti di ARERA, nominati con decreto del Presidente della Repubblica 9 agosto 2018, continuino a esercitare queste funzioni, limitatamente proprio a questi atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili ed urgenti.
Oggi, finalmente, mettiamo mano ai nodi strutturali che per troppo tempo hanno reso inefficiente il sistema elettrico e quello del gas e lo facciamo con una visione coerente, pragmatica e profondamente italiana. Parto, così, rivedendo i punti chiave che hanno caratterizzato l'azione esecutiva di questa maggioranza, come il superamento della cosiddetta saturazione virtuale della rete elettrica, un tema che chi, come noi, siede in Commissione attività produttive conosce bene. Per anni abbiamo assistito a una situazione paradossale con centinaia di progetti di energia rinnovabile bloccati perché la rete risultava teoricamente satura, ma solo sulla carta; impianti che non vedevano la luce; connessioni prenotate e mai realizzate e una conseguente perdita di opportunità economiche e ambientali per il Paese.
Si introduce un meccanismo trasparente e dinamico, con Terna chiamata a pubblicare e aggiornare trimestralmente la capacità massimale integrabile nella rete. Si distinguono i progetti concreti, effettivamente cantierabili, da quelli che occupano virtualmente, solo virtualmente, spazio senza generare alcun valore. Si restituisce insomma razionalità e meritocrazia anche nel settore dell'energia e non solo: si dà mandato ad ARERA di riscrivere le regole tecniche ed economiche per la connessione degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo: si passa da un approccio burocratico a un micro zonale competitivo, basato sul principio del burden sharing, cioè della condivisione efficiente delle risorse. Insomma, è una riforma strutturale, che renderà il nostro sistema elettrico più efficiente, più flessibile e più pronto alle sfide del PNRR.
Un altro pilastro riguarda il mercato del gas naturale. Procedo con un cenno relativo al settore in cui si è intervenuti per eliminare le distorsioni del cosiddetto effetto pancaking, che è quel meccanismo per cui il prezzo del gas cresce ad ogni tratto di rete attraversato, una cosa incredibile, un'anomalia che ha penalizzato per anni il nostro sistema produttivo, facendoci pagare l'energia più cara rispetto ai nostri partner europei. Oggi, il Governo promuove una piena integrazione dei mercati europei del gas, favorendo la competitività e riducendo il differenziale di prezzo rispetto ai Paesi, soprattutto del Nord Europa. ARERA sarà chiamata a definire tariffe, meccanismi di liquidità più equi e trasparenti, anche grazie al coinvolgimento di Snam e di operatori selezionati in base a criteri competitivi. Vorrei sottolineare con forza che si tratta di una visione che guarda al futuro con i piedi ben piantati nella realtà, perché il nostro obiettivo è quello comunque di governare la transizione energetica, mantenendo in equilibrio la sostenibilità ambientale, la sicurezza e la tutela della produzione nazionale. È una rivoluzione di metodo, non una burocrazia paralizzante, ma efficiente dal punto di vista amministrativo. Non più incertezze, ma regole e tempi certi.
Questo significa attrarre investimenti, creare lavoro qualificato, permettere all'Italia di competere ad armi pari con Francia, Germania e Spagna nella costruzione delle infrastrutture del futuro.
Un altro fronte di assoluta novità è quello relativo al trasporto e allo stoccaggio del biossido di carbonio, una frontiera tecnologica decisiva per il futuro dell'industria pesante, per la decarbonizzazione, per il rispetto degli impegni climatici internazionali.
Il Governo, in attesa di una disciplina organica, affida ad ARERA il compito di regolare l'accesso alle reti e ai siti di stoccaggio, introducendo criteri tariffari trasparenti e soprattutto sostenibili. Si tratta di un passo importante che dimostra una visione matura della politica ambientale: non proibizionismo, ma innovazione responsabile; non ideologia, ma tecnologia e governance. L'Italia potrà così diventare un hub di riferimento anche nel settore della carbon capture, attrarre investimenti, sviluppare competenze strategiche che serviranno un'intera filiera industriale.
Infine, un accenno ad un aspetto che è quello del gas release, strumento oggi razionalizzato e reso più flessibile. L'idea è quella di eliminare rigidità inutili; non sarà più obbligatorio cedere il gas fisicamente attraverso una sola piattaforma, ma sarà possibile utilizzare strumenti finanziari, contrattati bilateralmente; un passo che rende il meccanismo più efficiente, più coerente con la logica di mercato. Si tratta di interventi tecnici di grande impatto operativo che semplificano e accelerano l'approvvigionamento di gas a lungo termine, contribuendo alla stabilità dei prezzi e alla sicurezza energetica del Paese.
L'Italia torna protagonista nel disegno energetico europeo, senza più subire scelte altrui, ma proponendo un proprio modello: un modello basato sull'equilibrio, sull'innovazione e sul rispetto dell'interesse nazionale. Per questo, a nome del gruppo Fratelli d'Italia, esprimo un voto convintamente favorevole al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Coordinamento formale - A.C. 2642-A)
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2642-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2642-A: "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2025, n. 145, recante misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA)".
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 13).
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato alla seduta di domani nella quale saranno collocati dopo il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale recante modifiche allo Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Grimaldi. Ne ha facoltà.
MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Chiediamo un'informativa urgente del Ministro Tajani. Le tensioni tra gli Stati Uniti e il Venezuela - lo abbiamo visto in queste ore - sono fortissime. Abbiamo anche assistito un po' attoniti ai ripetuti attacchi delle forze armate statunitensi ad imbarcazioni e ai raid aerei che hanno provocato la morte di decine di persone.
Ci si nasconde - possiamo proprio dirla così - dietro presunti obiettivi legati al narcotraffico. Lo dico così sommessamente: il Venezuela non è né fra i maggiori produttori né esportatori per ammissione stessa di Trump; al massimo sono una rotta e pare che da lì transiti il 2 per cento di quello che arriva negli Stati Uniti. Ma è lo stesso Trump ad aver chiarito che gli obiettivi sono altri e, mi faccia dire, con uno stile che sembra più simile a quello dei narcos, ha annunciato che i giorni di Maduro sono finiti e saranno gli Stati Uniti a liberare il popolo venezuelano dal regime “corrotto e ostile agli interessi americani”. Fa eco a Trump la neo premio Nobel Maria Corina Machado, intervistata per l'ennesima volta da Fox News da una località segreta che ha detto: “il popolo venezuelano appoggia pienamente il Presidente Trump e la sua strategia (…)” e che l'escalation in corso “è l'unico modo per far capire a Maduro che è ora di andarsene”. Vedete, magari ci si può augurare la fine della stagione politica di Maduro, ma di certo non vogliamo vedere volare - ci faccia dire così - altri condor. Ci ricordiamo in che modo gli Stati Uniti hanno solitamente contribuito a liberare i popoli dell'America Latina.
Trump ha evocato un golpe, riallacciandosi a una lunga e - mi faccia dire - anche sporca tradizione che ricorda che l'11 settembre c'è stato anche prima del 2001, prima di tutto per il Cile di Allende. Non è certo l'afflato verso la democrazia o i diritti a guidare queste mosse. Washington ha aumentato la propria presenza militare nei Caraibi, con oltre 15 attacchi contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico; le operazioni hanno causato vittime in carne e ossa; invece le prove che le navi fossero davvero tutte coinvolte nel traffico di stupefacenti sono, come avrete letto, inesistenti.
Il fatto è un altro: il Venezuela possiede la maggior parte delle risorse del petrolio al mondo, ossia circa 303 miliardi di barili stimati dal 2023. Machado è stata esplicita su questo: “Abbiamo le più grandi riserve petrolifere accertate al mondo, l'ottavo giacimento di gas naturale, un enorme potenziale in elettricità, oro, minerali essenziali e così via. Tutto questo può essere sbloccato solo con un Governo che porti ordine in questo caos”. Quindi, via libera al saccheggio; come dicevamo, conosciamo bene questa storia.
Da sempre l'America Latina è il continente delle vene aperte: fin dalla conquista ogni risorsa naturale e umana è stata depredata e sfruttata per diventare capitale prima europeo poi statunitense e la stagione più buia, quella delle dittature sanguinarie, sostenute e addestrate dall'intelligence statunitense, nasceva sempre da una feroce volontà di controllo innanzitutto economico.
Ecco, la retorica di Trump è quella del regime, cioè quello da abbattere e l'effetto immediato è lo stringersi di Maduro attorno a Russia e Cina.
Ebbene, ho finito: un'altra escalation, un'altra guerra sporca noi non la vogliamo; nessun golpe, più o meno mascherato, nessuna ennesima negazione dell'autodeterminazione dei popoli. Per questo vi chiediamo di dire una parola chiara su questo attacco preventivo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Fabio Porta. Ne ha facoltà.
FABIO PORTA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Anche noi del gruppo del Partito Democratico ci associamo alla preoccupazione e anche alla richiesta di informativa richiesta dal collega che mi ha preceduto. È una preoccupazione fondata e, tra l'altro, accresciuta dal fatto che il Venezuela è un Paese che ospita una delle più grandi comunità italiane al mondo; una preoccupazione che deriva da un'escalation, un'escalation militare, che rischia di non aiutare un popolo che lotta per le sue libertà, per la democrazia e per i diritti civili.
Ma non è con le minacce, non è con le aggressioni, non è col dispiegamento muscolare di missili e portaerei che si risolve e che si esporta la democrazia. Questo ritorno preoccupante della vecchia dottrina Monroe, che vorrebbe il Sudamerica un cortile di casa degli Stati Uniti, questo neoimperialismo tipicamente trumpiano non ci può ovviamente vedere complici o conniventi. È un neoimperialismo che in passato non ha portato mai a nulla di buono, ha sostenuto dittature, regimi, torture, con operazioni che noi oggi ricordiamo e che abbiamo stigmatizzato più volte anche con iniziative in quest'Aula.
Noi del Partito Democratico siamo stati sempre - e lo siamo ancora oggi - in prima linea nella difesa dei diritti civili, della democrazia, di chi lotta contro un autoritarismo, che è quello impersonato dal Presidente Maduro. Lottiamo per la difesa e i diritti anche dei nostri detenuti, primo fra tutti Alberto Trentini, ma di tanti altri con cittadinanza italiana. Questa lotta non ci deve, però, far dimenticare che la giustizia, anche a livello internazionale, si ottiene non con le esecuzioni sommarie né con le uccisioni in mare aperto, perché non è così che si combattono il contrabbando e il narcotraffico e non è con le portaerei e con i missili che si esporta la democrazia, con un termine, ovviamente, assolutamente da non riproporre. Anzi, noi siamo convinti che questo tipo di azioni finiscono per rafforzare quei regimi e quegli autoritarismi che avrebbero alibi e protezioni internazionali, dei quali, ovviamente, non sentiamo la necessità.
La democrazia e il diritto in Venezuela, come nel resto nel mondo, come noi li difendiamo in Ucraina e in Medio Oriente, ovunque siano minacciati, si difendono con tutti i mezzi disponibili nella diplomazia politica, parlamentare, con le pressioni politiche, con le pressioni economiche, con le mobilitazioni nazionali e internazionali, non con queste minacce. Noi speriamo e chiediamo al Governo di acconsentire a questa nostra richiesta, che anche l'Italia sia in prima linea perché in Venezuela, come altrove nel mondo, le controversie si risolvano in maniera pacifica e senza missili o portaerei (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
MARCO PELLEGRINI (M5S). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Deputato Pellegrini, io in via del tutto eccezionale le do volentieri la parola, però lei non ci ha chiesto nulla, non ci sono richieste di iscrizione da parte sua, né da parte del suo gruppo. Quindi, parli, però è difficile lavorare in questa maniera. Prego.
MARCO PELLEGRINI (M5S). Grazie, Presidente. Deve esserci stato un equivoco e, comunque, la ringrazio di concedermi di poter parlare. Noi ci associamo alla richiesta che ha fatto il collega Grimaldi, perché siamo estremamente preoccupati per come si sta evolvendo la situazione in Venezuela, al largo delle coste del Venezuela, perché sta salendo enormemente la tensione in seguito agli attacchi militari che le forze degli Stati Uniti hanno messo in pratica nei confronti di imbarcazioni venezuelane che, a dire, appunto, delle Forze armate degli Stati Uniti, erano imbarcazioni di narcos e, quindi, trasportavano stupefacenti. Per la verità evidenze non ce ne sono, ma anche se fosse vero ciò che viene detto - finora apoditticamente dagli Stati Uniti - questi attacchi sono contrari alle norme del diritto internazionale. Quindi, in ogni caso ci sarebbe una violazione del diritto internazionale, che è grave e che, quindi, ci preoccupa.
Ci preoccupa maggiormente perché tutto lascia pensare che questi attacchi siano soltanto un primo tempo di un attacco ancora più forte nei confronti del Venezuela, perché, tra quello che si dice velatamente e quello che si dice direttamente, c'è un'intenzione da parte del Presidente Trump, del suo entourage e, quindi, del Governo degli Stati Uniti di operare un cambio di Governo all'interno del Venezuela, con tutto ciò che può succedere a valle di un'operazione così imponente che sicuramente produrrebbe altre devastazioni, magari centinaia di migliaia di vittime e, quindi, di vite umane perse. Pertanto, noi non possiamo non essere preoccupati e non possiamo non chiedere al Governo di far sentire la sua voce in merito, cioè di dire che cosa pensa di questo progetto - chiamiamolo così - di cambio di regime e di esportazione - tra virgolette - della democrazia in Venezuela da parte degli Stati Uniti.
Ci domandiamo se i grandi giacimenti di petrolio del Venezuela - che è il primo Paese per riserve nel mondo - e i grandi giacimenti di gas non siano il vero obiettivo di chi, in questo momento, vuole operare un cambio di regime. Purtroppo, è già successo in altre situazioni, nel Medio Oriente, e quegli interventi di cosiddetta esportazione della democrazia hanno causato quasi un milione di morti - io mi riferisco al caso dell'Iraq -, poi provocando dei sommovimenti e una nascita di terrorismo, quindi andando in una situazione esattamente contraria a quella che teoricamente si voleva favorire.
Quindi, per tutti questi motivi noi ribadiamo la richiesta al Governo italiano, segnatamente al nostro Ministro degli Affari esteri, di venire qui, in Aula, a riferire e ci piacerebbe anche che ci fosse detto chiaramente quali sono le intenzioni del Governo italiano in relazione a questa intenzione degli Stati Uniti che è stata ormai resa quasi palese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Organizzazione dei tempi di esame di una mozione.
PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione n. 1-00519, concernente iniziative volte alla tutela dei giornalisti e della libertà di stampa (Vedi l'allegato A).
Comunicazione del Presidente ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento e assegnazione di un disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica.
PRESIDENTE. Comunico, ai sensi del comma 1 dell'articolo 123-bis del Regolamento, la decisione in merito al seguente disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica:
“Delega al Governo per la riforma della disciplina dell'ordinamento della professione di dottore commercialista e di esperto contabile” (2628).
Alla luce del parere espresso nella seduta odierna dalla V Commissione (Bilancio) ed esaminato il predetto disegno di legge, la Presidenza comunica che lo stesso non reca disposizioni estranee al suo oggetto, come definito dall'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento.
A norma degli articoli 72, comma 1, e 123-bis, comma 1, del Regolamento, il disegno di legge è assegnato, in sede referente, alla II Commissione (Giustizia), con il parere delle Commissioni I, V, VI, VII, X, XI e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare il deputato Davide Aiello. Ne ha facoltà.
DAVIDE AIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Le notizie che arrivano da Palermo non possono lasciarci indifferenti. La richiesta di arresti domiciliari per Totò Cuffaro, Saverio Romano e altri 16 tra politici, funzionari e imprenditori, nell'ambito di un'inchiesta su corruzione e appalti truccati nella sanità, rappresenta l'ennesimo schiaffo alla credibilità delle istituzioni siciliane e alla fiducia dei cittadini nella politica. Ancora una volta emerge l'ipotesi di un sistema di potere che intreccia politica e interessi privati, che considera la cosa pubblica come terreno di scambio e di favori. È un copione che la Sicilia conosce bene e che ha già pagato a caro prezzo in termini di sviluppo, di servizi e di dignità.
Chi ha già compromesso la credibilità della politica non può pensare di tornare a gestire gli affari pubblici. La Sicilia non ha bisogno di chi usa la politica come strumento di controllo, ma di chi la vive come servizio e responsabilità. Se queste accuse dovessero essere confermate, sarebbe un segnale inequivocabile della necessità di una svolta radicale. La politica deve restare fuori dalla sanità e la sanità deve essere liberata dalle mani di chi l'ha trasformata in un sistema di potere. La Sicilia ha bisogno di trasparenza, di etica e di competenza, non di vecchie logiche e non di chi pensa che tutto si possa barattare. È tempo di restituire alla nostra terra una politica pulita, autonoma e capace di guardare solo agli interessi dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Piero Fassino. Ne ha facoltà.
PIERO FASSINO (PD-IDP). Grazie, Presidente. “Se vivi su un'isola, fatti amico il mare”: è un proverbio arabo a cui era molto affezionato Yitzhak Rabin, consapevole che il destino di Israele era legato indissolubilmente al destino dei suoi vicini. Rabin, figlio di immigrati dall'Europa orientale, laburista, sionista, impiegò parte grande della sua vita per difendere le ragioni di Israele e il diritto all'esistenza di Israele, ma, al tempo stesso, Rabin era altrettanto consapevole che il futuro di Israele non poteva che essere indissolubilmente legato al futuro dei suoi vicini. E per questo, diventato Primo Ministro, operò perché si arrivasse a quegli accordi di Oslo che rappresentarono, dopo decenni e decenni di guerre e di conflitti, il primo momento in cui israeliani e palestinesi negoziarono un futuro comune.
Il suo assassinio, avvenuto il 4 novembre del 1995, spezzò quel processo e da lì in poi, come tutti sappiamo, il Medio Oriente è precipitato in una sequenza continua e sempre più grave di conflitti, di guerre e di contrapposizioni drammatiche. E il massacro terribile del 7 ottobre e la feroce guerra di Gaza sono lì a dirci quanto il Medio Oriente abbia bisogno di ritrovare, invece, la strada indicata a suo tempo da Rabin. E oggi, che una prima tregua patrocinata dagli Stati Uniti e un piano franco-saudita cercano di delineare la possibilità di riprendere un percorso di pace, si tratta di ripartire esattamente dal disegno di Rabin, dalla sua idea, dal fatto, cioè, che il futuro di quei popoli non poteva che essere affidato alla coesistenza, alla convivenza, alla tutela dei diritti di entrambi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Boldrini. Ne ha facoltà.
LAURA BOLDRINI (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Signor Presidente, lo scorso mercoledì 29 ottobre, è venuta a mancare Oria Gargano, femminista energica e battagliera, fondatrice della cooperativa sociale “Be Free”, da lei fortemente voluta non solo per creare un argine alla violenza di genere e alle discriminazioni, ma anche per sostenere la piena affermazione delle donne, la loro libertà e i loro diritti. Fra i tanti progetti di cui andava fiera ci sono la Scuola politica, arrivata quest'anno alla quindicesima edizione, il lavoro e i corsi di formazione nei centri antiviolenza e, soprattutto, quell'intuizione straordinaria di trasformare il pronto soccorso dell'ospedale San Camillo di Roma in un luogo di accoglienza e ascolto per tutte le donne vittime di violenza, con uno sportello operativo 24 ore su 24.
Ma Oria non è stata soltanto un punto di riferimento e un pilastro del femminismo: mi piace ricordarla anche come alleata preziosa della comunità LGBTQ+, una delle più grandi sostenitrici della legge contro l'omofobia e la misoginia, che questo Paese, purtroppo, non è ancora riuscito a darsi.
Ecco, ci addolorano e ci indignano, Presidente, le parole di odio che sono state scagliate in Rete e sui social contro Oria Gargano dopo l'annuncio della sua scomparsa. Lei immagini, dopo l'annuncio della scomparsa. Sono parole gravi, pronunciate con l'intento di ferire e senza nessun rispetto neanche davanti alla morte. Un clima di odio, che è un'autentica barbarie.
Siamo vicini ai figli Benedetta e Flavio, e a tutte le donne con cui Oria ha portato avanti la cooperativa “Be Free”. Un abbraccio a Francesca De Masi, che è presidente di “Be Free”, presente in tribuna.
Presidente, Oria è stata un uragano. Un termine che le si addice è quello di turbine, uragano. Non accettava compromessi, perché contro la violenza di genere bisogna fare una battaglia netta, e la sua è stata una battaglia nettissima.
PRESIDENTE. Concluda.
LAURA BOLDRINI (PD-IDP). Grazie, Oria, grazie per il tuo esempio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Mercoledì 5 novembre 2025 - Ore 9,30:
(ore 9,30 e ore 16,15)
1. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:
D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA: Modifiche alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (Approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato). (C. 976-B)
Relatrice: BORDONALI.
2. Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1447 - Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate a pene privative della libertà personale tra la Repubblica italiana e lo Stato della Libia, fatto a Palermo il 29 settembre 2023 (Approvato dal Senato) (C. 2590)
Relatore: LOPERFIDO.
3. Seguito della discussione delle mozioni Borrelli, Alifano ed altri n. 1-00512, Sottanelli ed altri n. 1-00520, Caramanna, Andreuzza, Boscaini, Cavo ed altri n. 1-00521 e Casu ed altri n. 1-00522 concernenti iniziative di competenza volte a ristabilire condizioni di equilibrio tariffario nel mercato delle assicurazioni per la responsabilità civile auto, nonché a garantire la trasparenza dei prezzi e delle condizioni contrattuali .
4. Seguito della discussione della proposta di legge:
ROTELLI ed altri: Legge quadro in materia di interporti (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato). (C. 703-B)
Relatore: CAROPPO.
(ore 15)
5. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .
La seduta termina alle 17,20.
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
nella votazione n. 3 la deputata Comaroli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
| INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
| Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
| Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
| 1 | Nominale | PDL 2313 - ARTICOLO 1 | 214 | 213 | 1 | 107 | 213 | 0 | 89 | Appr. |
| 2 | Nominale | ARTICOLO 2 | 214 | 214 | 0 | 108 | 214 | 0 | 89 | Appr. |
| 3 | Nominale | ARTICOLO 3 | 215 | 215 | 0 | 108 | 215 | 0 | 89 | Appr. |
| 4 | Nominale | ODG 9/2313/1 | 217 | 212 | 5 | 107 | 90 | 122 | 89 | Resp. |
| 5 | Nominale | PDL 2313 - VOTO FINALE | 225 | 225 | 0 | 113 | 225 | 0 | 86 | Appr. |
| 6 | Nominale | DDL 2642-A - EM 1.2 | 230 | 225 | 5 | 113 | 93 | 132 | 85 | Resp. |
| 7 | Nominale | ODG 9/2642-A/1 | 233 | 228 | 5 | 115 | 94 | 134 | 85 | Resp. |
| 8 | Nominale | ODG 9/2642-A/2 | 232 | 227 | 5 | 114 | 95 | 132 | 85 | Resp. |
| 9 | Nominale | ODG 9/2642-A/3 | 237 | 232 | 5 | 117 | 96 | 136 | 85 | Resp. |
| 10 | Nominale | ODG 9/2642-A/4 | 235 | 230 | 5 | 116 | 94 | 136 | 85 | Resp. |
| 11 | Nominale | ODG 9/2642-A/5 | 235 | 229 | 6 | 115 | 95 | 134 | 85 | Resp. |
| 12 | Nominale | ODG 9/2642-A/6 | 237 | 233 | 4 | 117 | 97 | 136 | 85 | Resp. |
| 13 | Nominale | DDL 2642-A - VOTO FINALE | 233 | 170 | 63 | 86 | 139 | 31 | 84 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.