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Documento
Doc. XVII, n. 10

Doc. XVII, n. 10

DOCUMENTO APPROVATO
DALLA XII COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI SOCIALI)

nella seduta dell'8 aprile 2025

A CONCLUSIONE DELL'INDAGINE CONOSCITIVA

deliberata nella seduta del 25 settembre 2024

IN MATERIA DI RIORDINO DELLE PROFESSIONI SANITARIE

(Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati)

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Indagine conoscitiva in materia di riordino
delle professioni sanitarie

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

INDICE

1. Oggetto dell'indagine e contesto normativo di riferimento ... Pag.... 5

2. Svolgimento dell'indagine e audizioni svolte ... » 8

3. Considerazioni conclusive ... » 41

Pag. 4 Pag. 5

. 1. Oggetto dell'indagine e contesto normativo di riferimento

. Per professioni sanitarie s'intendono tutte le professioni che nel settore della salute svolgono attività di promozione, prevenzione, assistenza, cura, diagnosi e riabilitazione. Nell'ordinamento italiano sono tutte quelle professioni che, in forza di un titolo abilitante rilasciato o riconosciuto dalla Repubblica italiana, lavorano in ambito sanitario. Le professioni sanitarie rappresentano il motore del Servizio sanitario nazionale.
. Lo Stato italiano riconosce attualmente trentuno professioni sanitarie per l'esercizio delle quali è obbligatoria l'iscrizione ai rispettivi Ordini professionali.

. Gli Ordini e le relative Federazioni nazionali sono enti pubblici non economici e agiscono quali organi sussidiari dello Stato, al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall'ordinamento, connessi all'esercizio professionale.

. Dal 2006 le professioni sanitarie hanno una formazione esclusivamente di livello universitario e sono poste sotto la vigilanza del Ministero della salute. Per esercitare una di esse, occorre aver conseguito una laurea magistrale a ciclo unico della durata di cinque o sei anni (per le professioni di medico, dentista, farmacista, veterinario), una laurea triennale (per le professioni di infermiere, ostetrico, fisioterapista, logopedista, podologo, dietista, educatore professionale, tecnico audioprotesista, tecnico sanitario di radiologia medica, tecnico ortopedico, tecnico sanitario di laboratorio biomedico, igienista dentale, tecnico audiometrista, assistente sanitario, tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, osteopata, ortottista, terapista occupazionale, tecnico della riabilitazione psichiatrica, tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, tecnico di neurofisiopatologia, terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva) o una laurea «3+2» (psicologo, chimico, fisico, biologo), dopo aver superato un esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della relativa professione.

. La Corte costituzionale ha affermato in più occasioni (si veda tra le altre la sentenza n. 353 del 2003) che, ai sensi del riparto di competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni sanitarie deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.

. Quanto alla normativa nazionale, negli anni a noi più vicini va ricordata la legge n. 3 del 2018, recante disposizioni che incidono in diversi ambiti, tra cui un complessivo riordino delle diverse professioni sanitarie. Tale normativa introduce una riforma organica degli Ordini e dei Collegi delle professioni sanitarie, intervenendo direttamente a modificare la normativa previgente, che risale alla legge istitutiva degli Ordini del 1946 (decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 13 settembre 1946, ai Capi I, II e III) e stabilendo, tra l'altro, che per l'esercizio di ciascuna delle professioni sanitarie, in qualunque forma giuridica venga svolta, è necessaria l'iscrizione al relativo albo.Pag. 6

. In aggiunta agli Ordini già esistenti dei medici chirurghi e odontoiatri, dei veterinari e dei farmacisti, la predetta legge ha trasformato i preesistenti Collegi delle professioni sanitarie in Ordini delle medesime professioni. Tali modifiche si sono rese necessarie anche per tenere conto dei principi della direttiva 2005/36/CE, recepita con il decreto legislativo n. 206 del 2007.

. Tra le novità più rilevanti della suddetta legge, si ricordano: l'istituzione dell'area delle professioni sociosanitarie, che ricomprende i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale; l'individuazione, nell'ambito delle professioni sanitarie, delle professioni dell'osteopata e del chiropratico; l'inserimento delle professioni di biologo e di psicologo nell'ambito delle professioni sanitarie, nonché l'istituzione, presso l'Ordine degli ingegneri, dell'elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici.

. Una previsione di rilievo è sicuramente la definizione di una procedura aperta per l'individuazione e l'istituzione di nuove professioni sanitarie. Essa viene attivata in sede di recepimento di direttive dell'Unione europea ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nell'ambito della programmazione sanitaria nazionale e regionale, che non trovino rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento. Sulla base di quest'ultima procedura, le associazioni interessate inviano un'istanza motivata al Ministro della salute; se il Ministro si pronuncia positivamente entro sei mesi, si predispongono, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, uno o più accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni, poi recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. A conclusione della procedura, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, è definito l'ordinamento didattico della formazione universitaria per le nuove professioni sanitarie.

. Sul piano attuativo, una tappa fondamentale è costituita dal decreto 13 marzo 2018 del Ministro della salute, relativo alla costituzione degli albi delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Esso ha istituito, presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, 17 nuovi albi relativi a tali professioni sanitarie. Inoltre, ha regolamentato l'iscrizione all'albo del professionista chimico e fisico. Con riguardo a queste due ultime figure professionali, due decreti del Ministro della salute del 23 marzo 2018 hanno stabilito che il Ministro della salute esercita l'alta vigilanza sul Consiglio nazionale dei chimici, che assume la denominazione di Federazione nazionale dei chimici e dei fisici, nonché sull'Ordine dei biologi. In merito a quest'ultima figura professionale, si ricorda altresì che il decreto del Ministro della salute 8 settembre 2022 ha stabilito la trasformazione dell'Ordine nazionale dei biologi in Federazione nazionale degli Ordini dei biologi.Pag. 7

. In merito alla figura professionale dell'infermiere, con due decreti del Ministero della salute dell'11 giugno 2019 sono state stabilite la composizione e le attribuzioni del Consiglio direttivo e delle Commissioni di albo degli Ordini delle professioni infermieristiche.

. Con un altro decreto del Ministro della salute dell'11 giugno 2019, sono state altresì stabilite la composizione e le attribuzioni del Consiglio direttivo degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Con il decreto del Ministro della giustizia n. 60 del 27 febbraio 2020, si è proceduto all'individuazione dei requisiti per l'iscrizione nell'elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici.

. In merito all'istituzione della professione sanitaria dell'osteopata, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 luglio 2021 si è recepito l'Accordo tra il Governo e le regioni concernente l'istituzione di tale figura professionale; in seguito, il decreto interministeriale 1° dicembre 2023 ha provveduto a definire l'ordinamento didattico del Corso di laurea in osteopatia.

. Diversamente, per quanto riguarda la figura del chiropratico, non sono stati ancora adottati i previsti decreti recanti l'istituzione di un albo professionale e la definizione del percorso formativo universitario.

. Con riguardo alle professioni di assistente sociale, sociologo e operatore sociosanitario, inserite nell'area sociosanitaria dalla predetta legge, l'articolo 34, comma 9-ter, del decreto-legge n. 73 del 2021, ha provveduto ad attuare il collocamento di tali professionisti nel ruolo sociosanitario.

. Rispetto alle categorie professionali appena richiamate, si evidenzia che per il sociologo non risulta ancora predisposto un albo professionale.

. Per comprendere il contesto normativo in cui si colloca la presente indagine, è opportuno accennare alla Missione 6-Salute del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), con cui sono stati stanziati 15,63 miliardi di euro nel periodo 2021-2026 sul Fondo PNRR, oltre a 2,89 miliardi di euro a valere sulle risorse nazionali del Fondo nuove competenze (FNC).

. Gli interventi previsti nell'ambito della Missione Salute del PNRR, da realizzare entro il 2026, si dividono in due aree principali. La prima è diretta a ridisegnare la rete di assistenza sanitaria territoriale con professionisti e prestazioni disponibili in modo capillare su tutto il territorio nazionale, per una sanità di prossimità. La seconda area mira a innovare il parco tecnologico ospedaliero, a digitalizzare il Servizio sanitario nazionale, nonché a investire in ricerca e formazione del personale sanitario. A tal fine, gli interventi della Missione Salute sono divisi in due componenti, ognuna delle quali prevede riforme e investimenti: la Componente 1 attiene alle reti di prossimità e alla telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale; la Componente 2 riguarda l'innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale.

. Nell'ambito della prima componente, è stato adottato un nuovo modello di assistenza territoriale con il decreto del Ministro della salute n. 77 del 2022, fondato su diversi obiettivi.

. In primo luogo, si è inteso predisporre un nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza territoriale, attraverso la definizione Pag. 8di standard strutturali, tecnologici e organizzativi uniformi su tutto il territorio nazionale per le strutture territoriali previste dal PNRR (Case della comunità, Centrali operative territoriali e Ospedali di comunità). Il provvedimento mira, inoltre, a facilitare l'individuazione delle priorità di intervento in un'ottica di prossimità e di integrazione tra le reti assistenziali territoriali, ospedaliere e specialistiche e, al contempo, a favorire la continuità delle cure per coloro che vivono in condizioni di cronicità, fragilità o disabilità, anche attraverso l'integrazione tra il servizio sociale e quello sanitario. Attraverso la realizzazione delle Case della comunità, si intende realizzare luoghi fisici di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria, sociosanitaria e sociale.

. In particolare, è prevista l'attivazione di almeno 1.038 Case della comunità anche di nuova costruzione dotate di attrezzature tecnologiche entro la metà del 2026. Il passaggio alle Case della comunità mira a garantire l'attivazione, lo sviluppo e l'aggregazione dei servizi di assistenza primaria e l'implementazione di centri di erogazione dell'assistenza più efficienti.

. Secondo quanto previsto dal D.M. n. 77 del 2022, nelle Case della comunità lavorano in modalità integrata e multidisciplinare tutti i professionisti per la progettazione e l'erogazione di interventi sanitari e di integrazione sociale. In particolare, tali strutture rappresentano un nodo centrale della rete dei servizi territoriali sotto la direzione del distretto sanitario. Secondo gli standard fissati dal decreto, deve essere garantita una Casa della comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti, con il seguente personale: 7-11 infermieri, 1 assistente sociale, 5-8 unità di personale di supporto (sociosanitario, amministrativo). In merito alle Case della comunità spoke, che costituiscono articolazioni territoriali con un set di servizi obbligatori più ristretto rispetto a quelle di tipo hub, a cui sono direttamente connesse, non è previsto, invece, un vincolo numerico di riferimento. Inoltre, si precisa che tutte le aggregazioni dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta sono ricomprese nelle Case della comunità, avendo in esse la sede fisica oppure essendo a queste collegate funzionalmente. A tali strutture accederanno altresì gli specialisti ambulatoriali.

. Pertanto, come precisa lo stesso decreto, la Casa della comunità «rappresenta il modello organizzativo che rende concreta l'assistenza di prossimità per la popolazione di riferimento».

. 2. Svolgimento dell'indagine e audizioni svolte

. L'indagine conoscitiva si è svolta nel corso di 15 sedute della Commissione Affari sociali, in un lasso temporale compreso tra il 23 ottobre 2024 e l'11 marzo 2025. Sono stati ascoltati complessivamente 53 soggetti, delle cui audizioni si riportano di seguito le sintesi, raggruppate per categorie, a prescindere dall'ordine cronologico con il quale si sono svolte.
. Dal punto di vista metodologico, oltre ai soggetti individuati contestualmente alla deliberazione dell'indagine (Ordini delle professioni mediche e sanitarie, organizzazioni sindacali confederali, organizzazioni sindacali e associazioni rappresentative delle professioni mediche, sanitarie e sociosanitarie; esperti della materia quali docenti universitari,Pag. 9 operatori sanitari; Direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale del Ministero della salute; AgeNas; Conferenza delle regioni), avvenuta il 24 settembre 2024, l'indagine è stata estesa agli esercenti professioni che, pur non essendo riconosciute allo stato come sanitarie, operano comunque in tale ambito.

. La Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) (audizione del 13 novembre 2024) ha rilevato i crescenti disagi e difficoltà del personale di categoria a lavorare nel Servizio sanitario nazionale (SSN) e la crescente preferenza per la libera professione o, addirittura, per l'emigrazione all'estero, oltre ai problemi legati a una distribuzione disomogenea sul territorio e alle gravi carenze per alcune tipologie di specializzazione. Il deprecabile fenomeno delle aggressioni fisiche e verbali al personale medico è, dunque, la conseguenza di contesti di lavoro difficili.
. Si pone, quindi, in modo stringente la necessità di una programmazione, su base decennale, che sia adeguata alle previsioni di pensionamenti, invecchiamento della popolazione, fabbisogni professionali e bisogni sanitari emergenti. In tal senso, ha sottolineato che il problema di organico non concerne unicamente il numero dei medici, ma anche e soprattutto la razionalizzazione delle risorse umane e, più in generale, la gestione del personale medico nelle diverse aree territoriali. Ha, pertanto, proposto l'introduzione del cosiddetto «governo clinico» per la gestione delle risorse, ossia l'attribuzione ai medici di un peso determinante in materia.

. Sono state inoltre segnalate diseguaglianze in materia di fruizione delle prestazioni sanitarie, con una penalizzazione delle categorie più svantaggiate, soprattutto nel Mezzogiorno, che potrebbero essere attenuate con una rimozione dei tetti di spesa per le assunzioni, con conseguente redistribuzione dei carichi lavorativi.

. È stato sollevato altresì il problema delle limitate prospettive di carriera e dell'assenza di adeguate gratificazioni economiche, a fronte del quale occorrerebbe una decisa rivalorizzazione dei professionisti sanitari, da attuarsi ancora una volta con il superamento dei tetti di spesa per il personale e del salario accessorio, oltre che con il potenziamento delle reti ospedaliere e assistenziali territoriali, nonché delle cure primarie. Il reperimento di tali risorse sarebbe funzionale a rendere il SSN più attrattivo e a ridurre le carenze strutturali in alcune specializzazioni, prima fra tutte la medicina generale.

. È stato infine osservato che, a latere dell'iniezione di risorse, ritenuta sicuramente urgente, non si può comunque prescindere da una complessiva riforma organizzativa del SSN, a partire dalla governance e da un'allocazione mirata delle risorse. Per l'attuazione di tali riforme, occorre partire dal presupposto per cui, come già affermato dalla Corte costituzionale, il diritto alla salute deve prevalere sulle questioni di bilancio.

. La Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) (audizione del 23 ottobre 2024) ha sollevato il problema della carenza del numero di infermieri in Italia, inferiore alla media europea di circa il 25 per cento. Questo determina criticità rispetto al numero dei pazienti che vengono assegnati ad ogni infermiere per Pag. 10essere assistiti che, in media, si attesta intorno alle undici unità laddove la letteratura scientifica fisserebbe il margine di sicurezza in un rapporto di un infermiere per sei assistiti. Peraltro, grandi disparità si registrano su base territoriale, a fronte di un invecchiamento progressivo della popolazione tra i più importanti al mondo, che ha come conseguenza una crescente complessità dell'assistenza infermieristica. Una seconda questione problematica è stata individuata nell'andamento della curva pensionistica, aggravato, nei decenni scorsi, dal blocco del turnover, che ha comportato l'innalzamento dell'età media del personale infermieristico nella fascia 50-54 anni. Allo stato attuale, i neolaureati non riescono a compensare i pensionamenti e la prospettiva non è di miglioramento.
. Quanto agli interventi auspicabili nelle diverse aree di criticità, la FNOPI ha suggerito, innanzitutto, un aumento di investimenti sulla qualità del percorso formativo, attraverso la revisione degli ordinamenti didattici, anche con l'introduzione di lauree magistrali a indirizzo clinico-abilitante. Inoltre, tenuto conto della dispersione dovuta all'emigrazione di molti infermieri formatisi in Italia, prevalentemente in Paesi dell'UE, rimane assolutamente prioritario l'impegno a garantire attrattività alla professione; in questo senso, la figura dell'infermiere può rappresentare un solido perno per l'implementazione di tecniche di sanità digitale.

. È, inoltre, emerso il tema delle aggressioni fisiche al personale, fenomeno deprecabile e tutt'altro che secondario sul quale l'urgenza di intervenire è massima. È stata altresì evidenziata l'assoluta necessità di un adeguamento del trattamento retributivo delle professioni infermieristiche agli standard europei, ad oggi ben più elevati.

. Nell'ambito della replica alle domande poste dai deputati, la FNOPI ha fatto presente che, nella fase della formazione, una delle più evidenti criticità è rappresentata dal fatto che, ad oggi, nelle facoltà infermieristiche il numero di studenti per docente è decisamente più elevato rispetto ad altri percorsi formativi.

. La Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (FNO, TSRM e PSTRP) (audizione del 23 ottobre 2024) ha premesso che, ancor prima di intervenire in maniera specifica sulle diverse categorie di professionisti rappresentate, occorrerebbe modificare l'impostazione generale relativa alle professioni sanitarie, spesso considerate «silos professionali» a compartimenti stagni. Bisognerebbe, quindi, integrare la formazione universitaria di base, così come quella post-base, con l'implementazione di nuove tecnologie e con l'analisi degli spazi di azione di ciascuna professione sanitaria. Ha altresì rilevato i problemi di programmazione all'origine degli squilibri attuali e futuri, con un aumento delle aree in cui si registra un esubero di personale, a fronte di altre aree colpite da carenze strutturali. La proposta è di introdurre un modello di task sharing tra più professioni, affiancato a una distinzione concettuale tra i «fini» di ciascuna professione sanitaria e i «mezzi di intervento» per perseguirli.
. È stata, peraltro, segnalata una situazione globale di grande eterogeneità, sotto diversi aspetti: di genere, innanzitutto, con professioni all'80 per cento femminili a fronte di altre con maggiore equilibrio; Pag. 11generazionale, con professioni la cui situazione sarà inevitabilmente aggravata dall'aumento dell'età media e dalla scarsità di risorse umane per consentire un ricambio; territoriale, con regioni in cui si assiste a un vero e proprio «deserto sanitario». Ha ricordato, ad ogni modo, come i dati numerici di cui disponiamo attualmente, che difficilmente potranno raggiungere nel breve periodo gli ambiziosi standard ministeriali o internazionali, sono soggetti a forte incertezza, soprattutto per le sempre maggiori competenze trasversali tra le professioni; al riguardo, un ripensamento dei percorsi di formazione permetterebbe di ottimizzare le risorse, in modo che settori oggi in affanno potrebbero non esserlo un domani. Ha menzionato, a titolo esemplificativo, il fatto che più di un professionista sanitario su quattro, afferente alle categorie rappresentate, abbia acquisito negli ultimi anni un titolo post lauream di ulteriore specializzazione, a dimostrazione dell'interesse attivo dei professionisti che mirano a conseguire sempre maggiori competenze, nonché all'aggiornamento costante di quelle che già possiedono, fattore che ad avviso della Federazione dovrebbe essere valorizzato.

. Rispondendo a una domanda, ha manifestato la condizione di disagio in cui vivono le donne, che costituiscono la maggior parte delle categorie rappresentate, e che spesso non dispongono di strumenti adeguati alla conciliazione della vita lavorativa con quella familiare. Esse si trovano, inoltre, maggiormente esposte agli episodi di violenza che continuano a moltiplicarsi.

. Rispondendo a un'ulteriore domanda, ha ricordato come l'articolo 1, commi 409 e 413, della legge n. 178 del 2020, disponga un'ingiustificata differenza tra le professioni sanitarie in materia di indennità, segnalando che ciò costituisce un'evidente iniquità.

. La Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (FOFI) (audizione del 13 novembre 2024) ha sottolineato la recente evoluzione della professione del farmacista, caratterizzata dall'avvento della «farmacia dei servizi» e dalle mutate esigenze della società civile.
. Le nuove funzioni di prossimità attribuitele, unitamente al fenomeno dei cosiddetti «gettonisti» e al crollo del numero dei laureati in farmacia – con una riduzione di circa il 20 per cento nel 2023 rispetto al quinquennio precedente – determinano una forte carenza di professionisti nel settore. Pertanto, occorrerà innanzitutto valutare gli effetti della riforma del numero chiuso per accedere ai corsi di laurea in medicina: è infatti ragionevole attendersi che la riforma appena approvata si ripercuoterà sulle iscrizioni ai corsi di laurea in altre discipline sanitarie, che ad oggi assorbono gran parte di coloro che non riescono a superare i test di ammissione.

. In sede di replica, ha rilevato che un ulteriore aiuto contro la carenza dei farmacisti si avrebbe con l'istituzione di sostegni economici analoghi a quelli previsti per i medici specializzandi. In considerazione della rinnovata consapevolezza, derivante dall'esperienza pandemica, della gravosità e dei sacrifici che ogni ruolo sanitario comporta, tale misura sarebbe auspicabile per tutti gli operatori sanitari tenuti a svolgere un tirocinio prodromico all'accesso all'impiego pubblico.

. Durante l'audizione è emersa altresì la richiesta di una generale sburocratizzazione della professione farmaceutica, poiché il tempo dedicato alla burocrazia è tempo sottratto al paziente. In questo senso, Pag. 12è stato osservato che il riordino operato dalla legge n. 3 del 2018, oltre a essere rimasto parzialmente inattuato, è oramai superato, soprattutto perché non tiene conto dell'esperienza della pandemia. Una parziale revisione potrebbe prevedere lo svolgimento in comune tra vari Ordini territoriali di talune attività amministrative, perlomeno di quelle divenute complesse, con un conseguente sgravio a beneficio degli Ordini minori e della Federazione nazionale. Occorrerebbe altresì aggiornare i meccanismi disciplinari e sanzionatori nonché, soprattutto, riformare la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (CCEPS), attualmente paralizzata dall'eccessivo carico di lavoro.

. La Federazione nazionale degli Ordini dei veterinari italiani (FNOVI) (audizione del 23 ottobre 2024) ha riportato il dato per cui l'80 per cento dei veterinari opera in regime di libera professione, mentre il restante 20 per cento svolge la propria attività all'interno del SSN. Tutti svolgono attività di cura, ma soprattutto di prevenzione, intervenendo sui comportamenti umani, dal momento che le malattie che colpiscono l'uomo sono per tre quarti di origine animale. Ha rilevato come il numero delle donne nella professione abbia recentemente superato quello degli uomini e segnalato una carenza di personale nel settore degli animali «da reddito», dove i rischi per la salute sono più alti, finendo con il travolgere anche la filiera agroalimentare.
. Ha osservato come permanga il problema della mancata attuazione del decreto del 7 dicembre 2017, istitutivo di una Rete di epidemio-sorveglianza e della figura del medico «veterinario aziendale». Ha inoltre fatto presente che, se nel settore privato le principali carenze si riscontrano nelle zone rurali e nelle piccole città, il settore pubblico si caratterizza per un'elevata partecipazione ai concorsi, che non vanno deserti come invece accade per altre specializzazioni. Le criticità nel ricambio generazionale derivano, quindi, dal fatto che i concorsi vengono purtroppo banditi assai di rado.

. Ha formulato, di conseguenza, proposte tese a valorizzare maggiormente il medico veterinario e a riconoscerne il ruolo sociale, tramite la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali (ridurre l'IVA sulle prestazioni garantirebbe il diritto all'equo compenso) e di semplificazioni nelle procedure amministrative. Occorrerebbero, inoltre, un maggiore coinvolgimento attivo dei liberi professionisti nella rete di epidemio-sorveglianza e una maggiore attenzione per i dipendenti del SSN, ad esempio contrastando il fenomeno delle aggressioni, cresciuto di recente.

. La Federazione nazionale degli Ordini dei biologi (FNOB) (audizione del 30 ottobre 2024), dopo aver ricordato che, a seguito del riconoscimento di professione sanitaria operato con la legge n. 3 del 2018, il preesistente Ordine nazionale si è trasformato in una Federazione di undici Ordini regionali o sovraregionali, ha segnalato che il 75 per cento degli iscritti è di genere femminile.
. Ha evidenziato la duplice esigenza del riconoscimento delle borse agli specializzandi anche al di fuori dell'area medica e della creazione di due specializzazioni: embriologia, considerata la quota rilevante di parti che attualmente avvengono tramite procreazione medicalmente assistita (PMA), ed ecotossicologia, nell'ambito dell'approccio One Health.Pag. 13

. Inoltre, ha proposto che i professionisti sanitari non medici, come i biologi, possano concorrere per i bandi di alcune specializzazioni con borsa afferenti alla facoltà di medicina, occupando i posti lasciati vuoti dai laureati in medicina.

. Un'altra criticità sollevata riguarda la mancata iscrizione all'Ordine professionale di una consistente quota di biologi che lavorano nel campo della ricerca, un obbligo che, nei casi in cui è previsto per legge, è comunque totalmente disatteso. Ciò comporta che tale quota non venga controllata attraverso i meccanismi del codice deontologico.

. In sede di replica, ha sottolineato il problema della mancata emanazione del nuovo regolamento per il funzionamento degli Ordini delle professioni sanitarie. È stato anche rilevato un gap rilevante tra laureati in scienze biologiche e iscritti all'Albo professionale: ci sono circa 10-15 mila persone che esercitano abusivamente, e occorrerebbero strumenti coercitivi attualmente non previsti dalla legge n. 3 del 2018. Infine, è stata espressa la necessità di una legge istitutiva della professione di nutrizionista.

. La Federazione nazionale degli Ordini dei chimici e dei fisici (FNCF) (audizione del 30 ottobre 2024) ha ricordato che la professione di chimico, nata nel 1928, è diventata «sanitaria» solo con la legge n. 3 del 2018, legge che ha istituito anche la professione di fisico, inserendola nell'Albo unico dei chimici e dei fisici.
. Ha evidenziato la necessità di una revisione del decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001, con riferimento alle competenze specifiche dei fisici senza la quale, essendo in vigore una disciplina transitoria, risulta impossibile per molti giovani iscriversi all'Ordine. Ha espresso, pertanto, l'auspicio che questa situazione sia risolta per legge. Una seconda criticità sollevata è l'assenza di una scuola di specializzazione in chimica analitica, settore fondamentale per la medicina nucleare e per le preparazioni mediche. Inoltre, è stata chiesta la trasformazione della scuola di specializzazione in gestione e valutazione del rischio chimico, approvata dal Ministero dell'università e della ricerca (MUR) nel 2013, in specializzazione sanitaria, per colmare la carenza di chimici nelle strutture sanitarie.

. In fase di replica, ha sottolineato il problema della dispersione della propria categoria, connesso al fatto che i neolaureati in chimica e fisica sono attratti dal mondo dell'impresa, dato l'impatto tecnologico e innovativo di tali materie. Infine, è stata espressa la necessità di portare a compimento alcuni provvedimenti attuativi previsti dalla legge n. 3 del 2018.

. La Federazione nazionale degli Ordini della professione di ostetrica (FNOPO) (audizione del 23 ottobre 2024), nel riportare il dato di 21 mila ostetriche presenti sul territorio nazionale, ha accennato alla particolare situazione delle isole, dove la parte maschile è prevalente, rispetto a un contesto nazionale che vede una schiacciante preponderanza femminile. Ha altresì espresso preoccupazione rispetto al prossimo pensionamento di quasi 6 mila unità a livello nazionale, considerato che si tratta di una professione in cui vi è la naturale tendenza a non anticipare la quiescenza ma ad attendere semmai l'ultimo momento. A causa di carenze strutturali, non è possibile fare fronte alla pur alta richiesta di iscrizione ai corsi di laurea e di formazione; Pag. 14pertanto, ogni anno fanno ingresso nella professione meno ostetriche e ostetrici di quanti vorrebbero.
. È stato ricordato come l'ostetricia non si limiti alla sala parto, offrendo anche servizi di prevenzione, cura, accompagnamento e riabilitazione e pertanto è ancora maggiore l'impatto in quelle province e regioni d'Italia dove vi è scarsità di risorse umane professionali. Pertanto, la FNOPO ha avanzato una prima richiesta di riordino generale dell'ostetricia, ad oggi disciplinata da una normativa assai risalente, che non rispecchia le attuali caratteristiche della professione. È già in corso un'opera di aggiornamento dei codici deontologici, volta a ridurre il divario tra la formazione universitaria, altamente specializzata, e il mondo professionale. In secondo luogo, ha richiesto di completare il processo di autonomizzazione e di indipendenza della figura dell'ostetrica, iniziata con il decreto ministeriale n. 740 del 1994, in materia di gravidanza fisiologica, in modo da consentire una valorizzazione della figura all'interno di percorsi e terapie all'avanguardia: l'esempio più calzante è la procreazione medicalmente assistita, nella quale non si prende più in carico soltanto la madre, ma viene coinvolta tutta la famiglia, nell'ambito di un percorso più completo. Infine, anche dinanzi al fenomeno della crescente denatalità, ha avanzato la proposta di introdurre il concetto di home visiting, ossia di ostetricia a domicilio, già sperimentato in varie regioni, che permette di accertare eventuali situazioni di disagio post-partum a tutela della donna e, soprattutto, del minore. Ha fatto presente come l'introduzione di misure di questo tipo permetterebbero una maggiore chiarezza dei contorni della professione, ad oggi inserita nella «classe 1» insieme alle professioni infermieristiche, nonché di tutelare più efficacemente una categoria altamente esposta al rischio di contenzioso.

. Rispondendo a una domanda, la FNOPO si è soffermata sulla particolare difficoltà delle ostetriche donne le quali, oltre a rappresentare la stragrande maggioranza della categoria, conducono una vita familiare in cui, spesso, sono caregiver di genitori anziani e figli piccoli, quindi il loro lavoro di cura non si esaurisce all'interno delle strutture ospedaliere o nelle cliniche. Ha espresso, inoltre, l'auspicio che si possa finalmente addivenire all'attuazione della legge n. 42 del 1999, che prevede che le ostetriche accedano alla figura dirigenziale all'interno dei Dipartimenti materno-infantili.

. Il Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (CNOP) (audizione del 30 ottobre 2024), ricordando che la legge n. 3 del 2018 ha inserito gli psicologi tra le professioni sanitarie, ha segnalato una criticità di carattere generale: in Italia, su dieci cittadini che si avvalgono della professione, otto lo fanno nel privato e solamente due nel pubblico. Ciò è determinato principalmente dalla carenza di psicologi nel SSN. A tal proposito, un sondaggio del 2023 ha messo in luce che circa 5 milioni di italiani rinunciano a un aiuto psicologico perché non possono permetterselo. È stato sottolineato, quindi, il gap tra le previsioni normative e la realtà effettiva. In particolare è stata sollecitata la piena attuazione di quanto previsto dall'articolo 20-bis del decreto-legge n. 137 del 2020 per ottimizzare l'utilizzo degli psicologi all'interno delle ASL.
. Ha, quindi, sollevato un'ulteriore criticità inerente alla formazione universitaria, contraddistinta da un numero troppo elevato di studenti Pag. 15per docente, cui si aggiungono una programmazione carente a livello locale e totalmente assente su scala nazionale, il che impedisce l'integrazione tra università e mercato del lavoro. In aggiunta, è stato sottolineato il problema per cui le cinque specializzazioni universitarie sono ancora considerate non sanitarie, mostrando un'incoerenza tra la regolamentazione della professione e la formazione.

. In fase di replica, ha messo in luce il fatto che, su 140 mila professionisti iscritti all'albo, solo 95 mila esercitano effettivamente la professione; da ciò deriva l'esigenza di una migliore programmazione dell'accesso ai corsi universitari.

. La Federazione nazionale Ordine fisioterapisti (FNOFI) (audizione del 13 novembre 2024) ha rilevato che l'aumento delle aspettative di vita e la crescente fragilità fisica della popolazione italiana, soprattutto nell'ultimo decennio, impongono un riordino della professione di fisioterapista. In tal senso, un primo passo sarebbe l'inserimento, all'interno dei modelli organizzativi di cui al decreto ministeriale n. 77 del 2022, del fisioterapista nelle équipe delle cure primarie, così da favorire un approccio operativo integrato e multidisciplinare.
. Ha proposto l'introduzione di varie misure, volte a valorizzare l'apporto della categoria nell'ambito del SSN. Tra queste: l'aggiornamento del nomenclatore tariffario; la riforma della formazione universitaria con il riconoscimento dei percorsi di laurea specialistica di taglio clinico, che siano definiti per profilo e non più per classi di laurea; una disciplina per accedere ai percorsi fisioterapici legati a bisogni semplici mediante la sola prescrizione del medico di medicina generale o del pediatra, che avvantaggerebbe le zone rurali e le aree interne, oggi non servite dal SSN per questo genere di prestazioni; l'inserimento della Federazione nella cabina di regia del Piano nazionale delle cronicità, in quanto la gestione dei pazienti cronici dovrebbe essere integrata anche dal fisioterapista.

. Ha altresì segnalato l'urgenza di una revisione della oramai ultraventennale disciplina sull'esercizio professionale, con una particolare attenzione alle autonomie e alle responsabilità. È stato sottolineato, infatti, che la certificazione degli operatori, sia sanitari che del benessere in generale, mira a garantire ai cittadini la certezza sulle competenze e la sicurezza delle cure. È stata inoltre proposta l'introduzione, nei modelli organizzativi, di specifici indicatori misuranti l'efficacia dei distinti contributi professionali sugli esiti clinici ottenuti, e la partecipazione dei professionisti sanitari alla definizione dei processi sanitari, anche con il coinvolgimento delle regioni.

. È ritenuto altresì indispensabile che gli Ordini professionali e le relative Federazioni possano, per quanto di propria competenza, collaborare con le istituzioni alla definizione degli indirizzi di politica sanitaria.

. Il Consiglio nazionale Ordine assistenti sociali (CNOAS) (audizione del 20 novembre 2024) ha segnalato che la distribuzione generazionale dei professionisti sociosanitari membri dell'Ordine è abbastanza omogenea, salvo il settore della salute, dove il blocco delle assunzioni ha creato una situazione nella quale, nei prossimi dieci anni, quasi la metà di essi raggiungerà l'età pensionabile; ciò a fronte, peraltro, di un interesse tutt'altro che in flessione, con un numero di iscrizioni in linea Pag. 16con le esigenze formative. Ha ricordato che la salute è intesa dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) come completo benessere psicofisico e non mera assenza di malattia, per cui gli assistenti sociali fanno a pieno titolo parte del «sistema-salute» del Paese e sono sempre più inseriti anche nelle comunità locali, con recenti riconoscimenti normativi, in primis il decreto ministeriale n. 77 del 2022. Al momento, tuttavia, la maggioranza delle regioni non ha ancora adeguato la struttura del proprio servizio sanitario alla normativa, a causa di divergenze interpretative che neanche l'ARAN è riuscita finora a dirimere.
. Ha, inoltre, fatto presente che i numeri relativi alla presenza di assistenti sociali non sono chiarissimi, in assenza di univoche linee guida di identificazione, citando come esempio i consultori familiari previsti dalla legge n. 405 del 1975. Il decreto ministeriale n. 77 del 2022 fissa in circa 2.900 unità il numero di assistenti sociali necessari al sistema dei consultori, sulla base della previsione di una struttura ogni 20 mila abitanti, mentre ne sono censiti al momento solo 868, con una carenza, dunque, del 70 per cento. In tale contesto, diventa complicato l'allestimento delle équipe delle Case della comunità nei punti unici di accesso, aspetto cruciale delle più recenti riforme.

. Pertanto, ha proposto la predisposizione di una banca dati efficiente ed esaustiva, nonché l'istituzione di un elenco all'interno dell'Ordine professionale, articolato per sezioni in base ai diversi ambiti di specializzazione dei professionisti. Inoltre, per quanto riguarda la formazione, ha segnalato che occorre rivedere il meccanismo attuale per il quale un laureato in una disciplina diversa dal corso di laurea triennale per assistente sociale, terminato il proprio corso di laurea magistrale, può liberamente iscriversi all'Albo nella sezione A, quella degli assistenti sociali specialisti, senza avere ricevuto un'adeguata formazione.

. La Federazione nazionale delle professioni sanitarie e sociosanitarie (MIGEP) (audizione del 20 novembre 2024) ha fatto presente di avere sostenuto diverse iniziative legislative volte a rivedere l'inquadramento delle professioni, al fine di evitare sovrapposizioni soprattutto tra la figura dell'infermiere, che rischia di subire un demansionamento, e quella dell'operatore socio sanitario (OSS) che rischia, di contro, che le vengano richieste attività per lo svolgimento delle quali non ha ricevuto adeguata formazione. Ha ricordato inoltre come, nonostante l'articolo 5 della legge n. 3 del 2018 preveda la creazione di una specifica area per le professioni sociosanitarie che include gli OSS – disposizione ripresa dal decreto-legge n. 73 del 2021 – essi siano ancora oggi relegati a un mero ruolo tecnico. Ha altresì avanzato la richiesta dell'inserimento della Federazione MIGEP nell'elenco delle associazioni professionali riconosciute, ai fini della costituzione di un collegio ordinistico e di un registro nazionale obbligatorio per la categoria, indipendente dall'Ordine degli infermieri.
. Ha, di contro, espresso perplessità circa l'introduzione della figura dell'assistente infermiere che, lungi dal rappresentare una soluzione duratura alle criticità del sistema, finisce per comportare sovrapposizioni e non soddisfa gli standard europei previsti dalla direttiva 2013/55, senza peraltro valorizzare le figure attualmente già esistenti, quali le puericultrici.Pag. 17

. Ha segnalato, quindi, la necessità di una formazione continua per gli OSS, giuridicamente, e non solo deontologicamente, obbligatoria, accompagnata da una certificazione delle competenze, in linea con le esigenze del settore sanitario e sociosanitario.

. Infine, ha evidenziato la necessità di garantire pari diritti per tutte le professioni del sistema sanitario, includendo gli OSS nel regime delle professioni usuranti e riconoscendone la responsabilità professionale nell'ambito della legge n. 24 del 2017.

. La Federazione logopedisti italiani (FLI) (audizione del 26 novembre 2024) ha sollevato il problema della carenza di logopedisti, sebbene essi operino in molteplici ambiti clinici, che vanno dall'area critica neonatale alla presa in carico di specifiche sindromi quali i disturbi del neurosviluppo, dello spettro autistico, il disturbo primario del linguaggio, le patologie connesse a difficoltà di alimentazione e deglutizione disfunzionale nonché le difficoltà di apprendimento. In particolare, nel 2023 erano presenti sul territorio nazionale circa 24 logopedisti ogni 100 mila abitanti, ben al di sotto della media europea che è di 36 logopedisti ogni 100 mila abitanti.
. Attualmente esiste una sola delibera – della regione Veneto – volta a garantire un logopedista ogni 200 pazienti non autosufficienti nelle RSA. Tale carenza di personale determina una difficoltà maggiore nell'assicurare la prevenzione e la presa in carico precoce, necessarie per conseguire risultati efficaci.

. È stato ulteriormente osservato che le situazioni più critiche riguardano: le difficoltà di accesso nel territorio nazionale ai servizi pubblici di logopedia per le persone afasiche; la lunga lista di attesa del SSN – di circa 2 anni – per accedere alla logopedia per l'età evolutiva, nonché la difficoltà di reperire nelle strutture del SSN professionisti addetti alla valutazione e riabilitazione logopedica in età adulta e geriatrica. Si è poi evidenziato il profondo cambiamento del ruolo del logopedista nel percorso di cura dei pazienti con grave disabilità sia acuta che cronica, in ragione del progressivo invecchiamento della popolazione, a cui si accompagna un alto numero di pazienti ospedalizzati cronici e con multimorbilità.

. Anche alla luce di tali nuove esigenze, posto che il decreto ministeriale n. 77 del 2022 individua la Casa della comunità quale punto di accesso primario per i cittadini al servizio sanitario, comprendendo il logopedista tra le figure professionali operanti nei percorsi di prevenzione primaria, di riabilitazione e nei percorsi di cure palliative, è stata rappresentata la necessità di prevedere percorsi di formazione maggiormente specifici. L'inadeguatezza della formazione attuale sarebbe da ricondurre al percorso di laurea, di durata triennale, a cui si affianca una laurea magistrale, che tuttavia concerne esclusivamente il management e non la clinica.

. Il Registro degli osteopati d'Italia (ROI) (audizione del 19 febbraio 2025) ha ricordato di aver partecipato alla definizione della legge n. 3 del 2018 e dei successivi decreti attuativi, l'ultimo dei quali, relativo alle equipollenze e dunque decisivo, non è stato ancora adottato. Pertanto, ad oggi gli osteopati non hanno ancora accesso alle strutture del SSN né a quelle convenzionate, svolgendo la loro attività in studi privati. Ha richiamato l'attenzione sul fatto che, in assenza di un Albo, è difficile Pag. 18quantificare il numero di osteopati che operano sul territorio nazionale, per quanto la cifra ricavabile dalle scuole di specializzazione si aggiri attorno alle 15 mila unità, di cui 9 mila tesserati del ROI. Un ulteriore dato che emerge è l'età media dei professionisti, in maggioranza uomini, che oscilla tra i 40 e i 50 anni, con un recente incremento delle fasce ancor più giovani. Quasi la metà degli osteopati lavora in collaborazione con altre professioni sanitarie, ad esempio fisioterapisti, nutrizionisti, psicologi e medici di varie specialità.
. È stato sottolineato che il percorso verso il pieno riconoscimento della professione osteopatica rappresenta un traguardo fondamentale per garantire il suo adeguato inserimento nel sistema sanitario nazionale. L'obiettivo degli osteopati è collaborare con il SSN, mettendo al servizio della collettività le competenze dei giovani professionisti in materia di prevenzione e promozione della salute, che rientrano peraltro nei Piani nazionali della prevenzione per il 2025 e della cronicità, in linea con le raccomandazioni dell'OMS e coi princìpi enunciati nella Carta di Ottawa.

. Il processo di transizione verso l'Albo professionale è un obiettivo prioritario, da perseguire attraverso una collaborazione sinergica con l'Ordine TSRM e PSTRP. Questo passaggio non solo garantirà una maggiore tutela per i professionisti, ma rafforzerà anche la qualità dell'assistenza fornita agli utenti. È stato evidenziato l'impegno degli osteopati a sostenere il progetto di revisione dei profili professionali delineato dal Ministero della salute, con l'obiettivo di adattare le competenze sanitarie alle mutate esigenze di assistenza, assicurando un'integrazione efficace tra le diverse figure professionali.

. L'Associazione italiana chiropratici (AIC) (audizione del 20 novembre 2024) ha esordito evidenziando i benefici della chiropratica, il cui sviluppo permetterebbe oltretutto un ingente risparmio al SSN, dal momento che molte patologie che sfociano nella necessità di trattamenti sanitari sarebbero prevenibili o trattabili, in stadi precoci, dai chiropratici. Ad ogni modo, ha fatto presente che, sebbene la chiropratica esista da cinquant'anni in Italia, l'esercizio legittimo della professione è subordinato all'ottenimento di un titolo di studio estero, poiché non esistono corsi universitari, con evidenti problemi di onerosità finanziaria a carico degli studenti. Questo, nonostante il riconoscimento formale della professione con la legge n. 244 del 2007 e l'annoveramento tra le professioni sanitarie di cui alla legge n. 3 del 2018. Tale legge si è limitata a rinviare il profilo professionale e l'ordinamento didattico ad altra normativa, in assenza della quale è spesso intervenuta la giurisprudenza, ma in settori più ristretti e specifici quali il regime dell'IVA.
. Obiettivi prioritari sono quindi la creazione del registro previsto dalla legge n. 244 del 2007 e l'istituzione della laurea magistrale in Chiropratica.

. Inoltre, ha segnalato la necessità di evitare sovrapposizioni con le mansioni tanto dei medici quanto dei fisioterapisti, nel rispetto delle linee guida dell'OMS e del Comitato europeo per la standardizzazione normativa.

. La Consociazione nazionale Associazioni infermiere/i (CNAI) (audizione del 20 novembre 2024) ha rilevato inizialmente come gli Pag. 19infermieri rappresentino la componente più numerosa delle professioni sanitarie, con una media, tuttavia, di poco più di sei professionisti ogni mille abitanti, una delle più basse a livello europeo. Ha espresso preoccupazione per i tanti operatori muniti di titolo estero, che possono esercitare sin dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 18 del 2020 ma senza necessità di ottenere il riconoscimento del titolo sino al 31 dicembre 2025; in particolare, il previsto reclutamento di personale indiano preoccupa per il basso livello di padronanza della lingua italiana richiesto (B1) mentre in Inghilterra, ad esempio, è richiesto il livello C1.
. La situazione complessiva comporta un evidente problema di motivazione degli operatori, mancando altresì possibilità di evoluzione salariale o di carriera. Stupisce, in tal senso, come la formazione sia parametrata sulla figura del medico, per cui in Italia si forma all'università un numero di medici in linea con la media europea, mentre la carenza di infermieri rispetto al medesimo parametro è di oltre 200 mila unità. Al fine di far prendere contezza dello scoraggiamento generalizzato nella categoria, ha fornito l'esempio delle più recenti elezioni dell'Ordine, che hanno visto, in talune realtà, un'affluenza addirittura inferiore all'uno per cento, con rischi evidenti di legittimazione della rappresentatività degli Ordini. Ciò fa sì che, peraltro, non esista pressoché alcun ricambio generazionale alla presidenza degli Ordini, con una marcata sotto-rappresentanza femminile, a fronte del dato per cui le donne rappresentano il 75 per cento dei professionisti. Ha proposto, pertanto, una modifica globale del sistema degli Ordini, che abbandoni il livello provinciale a vantaggio di quello regionale, e l'adozione di misure quali il voto elettronico.

. Ha posto, inoltre, il tema della figura dell'assistente infermiere, de facto un operatore sociosanitario al quale vengono conferite funzioni prettamente infermieristiche senza corrispondente formazione o inquadramento, non risolvendo la carenza di personale infermieristico e rischiando di generare ambiguità di ruolo e di compromettere la fiducia nel sistema sanitario.

. Ha altresì ricordato le quattro aree di intervento prioritario, seguendo le indicazioni dell'OMS: formazione, lavoro, leadership ed erogazione dell'assistenza. In tal senso, occorrerebbe rivedere i protocolli d'intesa tra regioni e università, permettere agli infermieri di svolgere attività prescrittiva di farmaci nonché prevedere adeguamenti stipendiali e specifiche indennità di funzione. In definitiva, si richiede la predisposizione di una sorta di «testo unico» della professione infermieristica, e l'elaborazione di un «Piano nazionale per l'assistenza infermieristica», con un orizzonte auspicabilmente decennale.

. In fase di replica, ha ribadito la forte necessità di intervenire sulle prospettive di carriera della professione, insieme a un ripensamento generale delle mansioni che corrisponda a un corso universitario della durata di cinque anni.

. Il Si.NA.F.O. – Associazione farmacisti e dirigenti sanitari del SSN (audizione del 15 gennaio 2025) ha premesso che la scarsa informazione circa le attività e le funzioni dei dirigenti sanitari deriva da una normativa oramai troppo risalente ossia il decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1969, completato da provvedimenti adottati su base regionale.Pag. 20
. È stato osservato che, di norma, il cittadino concepisce il SSN unicamente nell'ottica della dinamica bidirezionale medico-paziente, a scapito delle altre professioni sanitarie e di quelle che gravitano intorno all'area sanitaria. In tal senso, fa presente che i farmacisti compiono attività di grande complessità quali verifiche di appropriatezza prescrittiva e assistenziale, oltre a valutazioni farmacoeconomiche e ad analisi farmacoepidemiologiche, tese a evitare lo spreco di risorse, giungendo finanche alla personalizzazione terapeutica, specialmente in campo oncologico. Al farmacista è affidato tanto il rapporto tra rischi e benefici, quanto quello tra costi e benefici. Si pensi, in tal senso, alle verifiche di appropriatezza svolte negli ospedali, mediante definizione di prontuari, repertori e capitolati per l'approvvigionamento di prodotti di sempre maggiore qualità.

. In conclusione, ha riportato un dato per cui il fabbisogno attuale di farmacisti nel SSN è di 6.700 unità, a fronte delle attuali 2.990. Questa carenza impedisce di prevedere nuove attività, utili ma impossibili da realizzarsi con i numeri attuali, ad esempio in ambito ospedaliero, come la figura del «farmacista di reparto», il quale potrebbe coadiuvare il medico di reparto nella ricognizione, riconciliazione e revisione terapeutica. Un'altra figura utile sarebbe, a livello territoriale, il «farmacista facilitatore», che informa il medico di medicina generale sulle opzioni terapeutiche disponibili.

. L'Associazione italiana radioterapia e oncologia clinica (AIRO) (audizione del 19 febbraio 2025) ha ricordato preliminarmente in cosa consiste la disciplina della radioterapia, alla quale si sottopongono circa 200 mila pazienti l'anno, nell'ambito di percorsi terapeutici legati a diagnosi di tumori. Ha, quindi, lamentato una percezione anacronistica della professione radioterapica, quasi come se si trattasse di una terapia palliativa laddove, invece, essa può, unitamente ad altri trattamenti o anche autonomamente, essere all'origine della guarigione dal cancro. Ha, inoltre, rappresentato una situazione di carenza di specialisti e di vocazione presso i medici specializzandi, in tutta Italia, con conseguenti rischi per l'erogazione dei servizi. Per questo, risulta essenziale l'attività di promozione, la visibilità e l'integrazione della radioterapia nei percorsi formativi e assistenziali.
. In tal senso, ha proposto di rendere obbligatori dei CFU all'interno del corso di laurea in medicina e chirurgia, nonché l'istituzione di master e corsi di perfezionamento, rivolti principalmente ai professionisti che lavorano in collaborazione con i radio-terapeuti, quindi tecnici di radiologia medica e fisici medici. Inoltre, ha proposto di introdurre incentivi economici e borse di studio per rendere attrattivo il percorso dei medici specializzandi. Oltre agli interventi di carattere formativo ed economico, è essenziale avviare un processo di sensibilizzazione che restituisca alla radioterapia oncologica il ruolo di disciplina avanzata e strategica nella lotta contro il cancro. Appare, infine, opportuno favorire il cambiamento della denominazione «Radioterapia» in «Radio-oncologia clinica», sia per la formazione specialistica che per le unità operative ospedaliere. Tale passaggio rappresenterebbe una riqualificazione dell'identità della disciplina, verso una migliore comprensione del suo ruolo all'interno dei percorsi di cura.

Pag. 21

. L'Associazione italiana ingegneri clinici (AIIC) (audizione del 22 gennaio 2025) ha preliminarmente definito l'ingegnere clinico come il professionista che contribuisce alla valutazione multidimensionale delle tecnologie sanitarie, dalla fase valutativa preliminare fino al termine della loro vita utile, e che garantisce l'uso sicuro, appropriato ed economico degli strumenti elettromedicali, oltre ai software certificati come dispositivi medici. Ha messo in luce come questa figura operi in un ampio contesto, dai presidi ospedalieri sino all'assistenza di maggiore prossimità, mediante la telemedicina e la fornitura di dispositivi agli infermieri. Si tratta, pertanto, di una figura ancipite: come per tutti gli ingegneri, il punto di riferimento è il Consiglio nazionale degli ingegneri (CNI), mentre il percorso formativo è simile a quello delle altre professioni sanitarie, con il superamento di un esame abilitativo dopo una laurea, triennale o magistrale, che permette di iscriversi, rispettivamente, a due distinti albi, e una fase post lauream.
. In questo contesto, ha lamentato che, nonostante l'istituzione dell'elenco certificato degli ingegneri biomedici e clinici presso il CNI, ad opera dalla legge n. 3 del 2018, non vi è stato ancora il riconoscimento della figura in quanto «professionista sanitario» nonostante essa sia integrata all'interno dei processi di cura: si pensi al moltiplicarsi dei dispositivi medici di supporto, alle necessità gestionali implicate nella delocalizzazione delle cure, all'utilizzo sempre meno trascurabile di sistemi analitici automatizzati e dell'IA, tutti elementi che richiedono competenze non solo terapeutiche, ma anche informatiche e regolatorie dei dispositivi medici.

. A fronte di una distribuzione equilibrata sul territorio e del numero assolutamente sufficiente di iscrizioni universitarie, criticità sono state sollevate in merito alla debole capacità di assunzione e alla scarsa attrattività dell'amministrazione sanitaria pubblica, entrambe fondate prevalentemente su motivi economici.

. In fase di replica, è stato sottolineato che non tutte le regioni hanno previsto tale figura presso le ASL.

. L'Associazione italiana podologi (AIP) (audizione del 26 novembre 2024) ha evidenziato la disomogeneità della distribuzione regionale dei podologi. Nel 2023, i podologi iscritti all'albo/elenco speciale ad esaurimento erano circa 2.400, ma se si prende in considerazione la distribuzione per regione, si rileva una forte concentrazione di professionisti nel Lazio, in Lombardia e in Toscana, mentre le carenze più significative si registrano in Valle d'Aosta e in Friuli-Venezia Giulia. È stato altresì osservato che solo il tre per cento dei podologi che svolgono la professione lavora in una struttura pubblica in regime di dipendenza. Tale dato è da ricondursi al mancato inserimento della podologia nell'ambito dei LEA. La scarsa presenza dei podologi all'interno delle strutture del SSN fa sorgere, tuttavia, interrogativi circa la modalità gestionale e qualitativa dell'assistenza sul territorio, a fronte di una popolazione sempre più anziana. Una seconda criticità riguarda l'assenza di corsi di formazione post lauream strutturati, che spinge i podologi a prediligere i master rispetto alla laurea magistrale, conseguita solo dal 10 per cento dei professionisti della categoria.
. In merito agli interventi auspicabili nelle diverse aree di criticità, è stato suggerito, innanzitutto, di introdurre nuovi corsi di laurea nelle università di quelle regioni che al momento ne sono ancora sprovviste; Pag. 22in effetti, le regioni che presentano il maggior numero di podologi sono proprio quelle nelle quali sono presenti gli atenei che presentano questa offerta formativa. Occorrerebbe altresì strutturare meglio il percorso formativo, colmando la carenza dell'offerta didattica relativa alle lauree magistrali.

. Infine, è stato auspicato lo stanziamento di nuove risorse nei programmi di screening e di educazione, per evitare un numero elevato di ricoveri dovuti alla mancata prevenzione, come evidenziano i dati relativi, ad esempio, ai pazienti diabetici.

. L'Associazione federativa nazionale ottici optometristi (FEDEROTTICA) (audizione del 20 novembre 2024), dopo aver richiamato l'ampio ventaglio di attività svolte dall'ottico e dell'optometrista, ha fatto presente che, ad oggi, la disciplina della professione ottica è ferma al regio decreto n. 1334 del 1928, relativo alle arti ausiliarie delle professioni sanitarie, mentre quella dell'optometrista non è affatto regolamentata. La necessità di rinnovamento e adeguamento si impone, pertanto, con particolare urgenza, a fronte della nascita di corsi di formazione a livello regionale, nonché di diversi corsi nelle principali università pubbliche, con l'introduzione, tramite decreto ministeriale n. 92 del 2018, di competenze formative degli ottici post universitarie. Ha quindi ricordato che, sin dalla prima fase dei provvedimenti d'urgenza adottati per contrastare la diffusione del Covid-19, l'attività di ottico è stata considerata di prima necessità in quanto, al pari delle farmacie, gli stessi svolgono un ruolo fondamentale per la cittadinanza fornendo dispositivi medici irrinunciabili.
. Passando alle iniziative concrete, oltre al già citato adeguamento della regolamentazione alla realtà della professione, ha proposto un trasferimento all'ottico di alcune attività svolte ad oggi dal medico oftalmologo, anche al fine della riduzione delle liste d'attesa.

. L'Associazione laureati in ottica e optometria (ALOeO) (audizione del 4 marzo 2025) ha sollecitato il riconoscimento delle competenze professionali dei propri iscritti, basate su un percorso universitario che fornisce una preparazione di altissimo livello, certificata e riconosciuta come tale in tutto il mondo. Questo percorso multidisciplinare ha prodotto dal 2000 ad oggi più di 2.500 laureati in Italia, che forniscono attività di supporto ai professionisti che sono già integrati nel SSN, in materia di medicina del lavoro, assistenza della cronicità, e molte altre discipline.
. Ha ricordato come la legge Lorenzin del 2018 e il successivo decreto ministeriale del 26 marzo 2018 hanno riconosciuto i fisici, inclusi i laureati in ottica e optometria, tra le professioni vigilate dal Ministero della salute, indicando nella Federazione nazionale degli Ordini dei chimici e dei fisici l'Ordine professionale di riferimento. È stato richiesto, pertanto, di dare attuazione a tale previsione, istituendo quanto prima un esame di Stato per i fisici, in modo da permettere a tutti i laureati dopo il 2014 di potersi iscrivere alla Federazione nazionale degli Ordini dei chimici e dei fisici, attuando il proprio diritto al lavoro qualificato e tutelato, e procedendo altresì a una definizione delle specifiche competenze.

. Il Gruppo unitario delle Associazioni degli ottici optometristi italiani (audizione del 4 marzo 2025) ha presentato un quadro globale Pag. 23della professione, che conta oltre 19 mila ottici abilitati in Italia, di cui 6 mila optometristi con formazione superiore, ricordando che durante l'emergenza pandemica i centri ottici furono classificati tra gli esercizi di prima necessità e che i professionisti del settore sono regolamentati come operatori sanitari e sono parte del SSN. Ha ribadito, in seguito, quanto sostenuto da altri soggetti intervenuti in precedenti audizioni, ovverosia l'anacronismo della disciplina normativa che inquadra la professione, ferma al regio decreto del 1928. Ha, quindi, sottolineato che, nonostante la continuità di fondo, le professioni di ottico e di optometrista presentano competenze in parte divergenti, che si dovrebbero valorizzare in sede di intervento normativo di sistematizzazione della categoria.
. Oltre a un indifferibile riordino normativo, che favorirebbe anche la mobilità internazionale, soprattutto a livello europeo, di una professione che ha molto da guadagnare dallo scambio di buone pratiche, è stata proposta l'istituzione di un registro obbligatorio per il miglioramento della riconoscibilità della professione da parte del pubblico.

. L'Associazione nazionale titolari di laboratorio odontotecnico (ANTLO) (audizione del 4 marzo 2025) ha ripercorso le vicende delle professioni di odontotecnico e ottico, le uniche due a vedere il proprio iter di riconoscimento ed evoluzione interrotto dalla riforma del Titolo V della Costituzione, senza che il problema sia mai stato risolto in seguito, nonostante gli sforzi di vari Ministri della salute e del Parlamento in diverse legislature. Ad oggi, la disciplina risale ancora al regio decreto del 1928. La più stringente necessità resta tuttora, dunque, il riconoscimento della qualifica professionale di odontotecnico quale professionista sanitario fabbricante di dispositivi medici in campo odontoiatrico, soprattutto a fronte dell'entrata in vigore del regolamento (UE) 2017/745 e delle più recenti definizioni del Consiglio superiore di sanità e sentenze del Consiglio di Stato. Ha sottolineato, inoltre, come questo riconoscimento porterebbe benefici anche in termini di maggiore sicurezza circa la provenienza dei dispositivi odontoiatrici.

. Nel corso dell'audizione di Confartigianato Odontotecnici (audizione dell'11 marzo 2025), è stata ribadita l'arretratezza normativa della regolamentazione della professione, ferma al 1928, rispetto agli standard europei.
. Questo comporta la difficoltà di rispettare gli obblighi riguardanti la sicurezza, la qualità e la tracciabilità dei dispositivi medici. La legge n. 3 del 2018 continua a concepire il profilo dell'odontotecnico come qualcosa di estraneo alle professioni sanitarie, nonostante il ruolo centrale che questi gioca nell'ambito del regolamento (UE) 2017/745, la cosiddetta Medical Device Regulation (MDR).

. È stato evidenziato che professionisti che svolgono un ruolo simile in altre branche del settore sanitario sono stati riconosciuti, come ad esempio l'audioprotesista, che pure non ha nessun contatto diretto coi pazienti. Ha sottolineato altresì il miglioramento delle cure odontoiatriche nei Paesi europei che hanno riconosciuto la qualifica di professione sanitaria all'odontotecnica. Tale possibilità è stata, peraltro, riconosciuta dal Consiglio di Stato con sentenza n. 932 del 30 gennaio 2024, nonostante le reticenze del Ministero della salute.

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. La Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA) SNO Odontotecnici (audizione dell'11 marzo 2025), integrando il documento congiunto predisposto assieme a Confartigianato, ha precisato che il riconoscimento della professione di odontotecnico nell'area tecnico-sanitaria non comporterebbe affatto una sovrapposizione con la figura dell'odontoiatra. I ruoli, infatti, sono definiti dal già citato regolamento MDR del 2017, recepito con il decreto legislativo n. 137 del 2022.
. Ha ribadito la consapevolezza degli odontotecnici di essere artigiani, ma con delle peculiarità che li individualizzano, per cui i nuovi obblighi e criteri europei dovrebbero logicamente corrispondere a un aggiornamento dello status giuridico. In tal senso, sono sicuramente da aggiornare le circolari diffuse dal Ministero della salute nel 2012, poiché incompatibili con la disciplina disegnata dal regolamento MDR del 2017 e dalle linee guida del 2021 del Medical Device Coordination Group (MDCG) istituito presso la Commissione europea. Sono state, a tal fine, richiamate anche le considerazioni svolte dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 17164 del 24 aprile 2024.

. La Federterme-Federazione italiana delle industrie termali delle acque minerali e del benessere termale (audizione del 4 marzo 2025) ha presentato dati relativi all'importanza del settore termale, che costituisce una componente rilevante di quello sanitario. Ha, quindi, avanzato due proposte in materia di riordino delle professioni sanitarie.
. Da un lato, la medicina termale offre percorsi terapeutici che consentono un alleggerimento del SSN, dal momento che tante patologie cronico-degenerative possono essere trattate senza pesare sulle strutture ospedaliere e sanitarie. Per poter effettuare tali attività, si necessita di personale sanitario adeguatamente formato all'interno delle strutture termali. Pertanto, oltre a ritenere importante la scelta operata dalla legge di bilancio del 2018 di introdurre un master in medicina termale, ha proposto di inserire tali percorsi anche nelle scuole di specializzazione, nonché nei curricula universitari sin dai primi anni, come è già previsto in Francia.

. In secondo luogo, sempre con riguardo alle scuole di specializzazione, ha fatto notare che non è solo la medicina termale a giovarsi delle terapie termali, ma anche altre branche nosologiche, come la reumatologia, l'otorinolaringoiatria, la gastroenterologia. A questo proposito, è rimasta lettera morta la previsione della legge n. 343 del 2000, per cui un medico del SSN possa al contempo fornire consulenze, che nel caso di specie sarebbero rivolte alle strutture termali. Il sistema delle incompatibilità penalizza, dunque, lo sviluppo delle terapie termali, alle quali occorrono professionisti sanitari.

. Infine, ha ricordato l'esistenza di una figura professionale che non appartiene stricto sensu alle categorie sanitarie, l'operatore termale, previsto sempre dalla legge n. 343 del 2000 come figura ausiliare dedita all'erogazione delle prestazioni sanitarie, ricordando che ad oggi anche tale previsione è rimasta inattuata.

. La Commissione Albo odontoiatri nazionale (audizione del 4 dicembre 2024) ha evidenziato che gli investimenti di risorse pubbliche nel settore odontoiatrico sono insufficienti e che i LEA non coprono tutte le esigenze della popolazione. Successivamente, dopo aver espresso Pag. 25la soddisfazione per alcune norme approvate dal Parlamento italiano che hanno risolto determinate problematiche nel settore dell'odontoiatria, ha messo in luce le principali criticità.
. La prima riguarda l'educazione continua in medicina (ECM) in odontoiatria, che non tiene conto del fatto che essa viene esercitata soprattutto a livello libero-professionale. Un'altra criticità concerne le tre specializzazioni del settore (Ortognatodonzia, Chirurgia odontostomatologica e Odontoiatria pediatrica), considerate ancora non mediche: ciò comporta che non vengano riconosciuti corrispettivi economici agli specializzandi.

. Inoltre, è stato sottolineato che i dentisti in Italia sono in sovrannumero e che ciò crea sottooccupazione e anche disoccupazione: occorrerebbe ridurre drasticamente i numeri relativamente al fabbisogno. Un'altra questione riguarda l'esercizio societario in odontoiatria: vi è la necessità di trasformarle in società tra professionisti, affinché la tutela della salute del paziente prevalga sull'interesse economico.

. Un altro problema sollevato è quello del turismo odontoiatrico, che conduce migliaia di cittadini a recarsi all'estero per risparmiare, con conseguenze negative per la tutela della salute dei pazienti: per contrastare tale fenomeno sarebbe opportuno intervenire sugli intermediari italiani e sui Paesi in cui si dirigono questi pazienti. Inoltre, è stata sostenuta la necessità di attuare pienamente la legge n. 3 del 2018, al fine di garantire la prevista autonomia dell'Albo odontoiatri.

. Infine, è stata esposta una criticità riguardante la Commissione centrale per le professioni sanitarie (CCEPS), l'organo di appello secondario per le questioni disciplinari relative anche agli odontoiatri: la Commissione è bloccata e una cinquantina di medici odontoiatri, radiati per gravissime imputazioni, continua a lavorare regolarmente. Sarebbe, pertanto, opportuno snellire le procedure, in modo da smaltire l'arretrato che si è accumulato.

. La Conferenza dei presidenti dei corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria (audizione del 4 dicembre 2024), dopo aver sottolineato l'importanza della formazione della figura professionale dell'odontoiatra anche in considerazione dell'insufficiente numero di personale in tale settore nel servizio pubblico, ha messo in luce il dato che le patologie e le condizioni del cavo orale non trattate colpiscono il 45 per cento della popolazione globale. Ha poi ricordato che l'OMS ha tra i suoi principali obiettivi l'integrazione della salute orale nelle cure primarie e l'accesso equo alle cure odontoiatriche. Successivamente, ha riportato alcuni dati riguardanti l'Italia: la prevalenza delle carie non trattate è del 36 per cento dei bambini e del 30 per cento nei denti permanenti; inoltre, nel 2020 ci sono stati più di 4 mila nuovi casi di cancro orale, con un tasso di incidenza del 2,8 per 100 mila abitanti. È stato altresì evidenziato che la maggior parte degli italiani non si reca regolarmente dal dentista e i livelli essenziali di assistenza sono limitati a programmi di tutela per la salute orale dell'età evolutiva e per alcune vulnerabilità: anche da questo dipende lo scarso numero di persone che ha fatto ricorso a cure odontoiatriche nel pubblico o nel privato convenzionato.
. La Conferenza ha sostenuto come sia necessario aumentare l'attrattività del settore odontoiatrico e l'accessibilità alla prevenzione e alle cure. Lo Stato dovrebbe investire nella formazione universitaria, in Pag. 26particolare nelle strutture universitarie per la formazione clinica, ampliando la dotazione tecnologica. Tale investimento può produrre maggiore sinergia tra le strutture universitarie e le strutture assistenziali pubbliche: strutture assistenziali aggiornate e funzionali possono offrire un ambiente di cura migliore per i cittadini e un ambiente di lavoro più attrattivo per gli odontoiatri nel SSN.

. La Conferenza dei presidenti dei corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia (audizione del 4 dicembre 2024) ha sottolineato che l'applicazione concreta della legge n. 3 del 2018 richiede un costante aggiornamento dei percorsi formativi e una maggiore sinergia tra università e sistema sanitario, anche per consentire alle università di poter rispondere tempestivamente alle esigenze del mercato del lavoro. È stato poi evidenziato che una delle maggiori criticità è costituita dalla carenza di personale sanitario, non solo numerica, ma anche rispetto alla distribuzione geografica e alla qualità delle specializzazioni: le università potrebbero mitigare tale problematica e, in particolare, il divario tra nord e sud Italia, con programmi di formazione in loco e con tirocini e specializzazioni nelle aree più disagiate.
. Un'altra criticità sollevata riguarda il divario tra l'alto numero di laureati in medicina e il numero di medici che scelgono una delle scuole di specializzazione rappresentate dalla Conferenza; importanti ostacoli per molti giovani sono la retribuzione insufficiente e la difficoltà di conciliare vita professionale e personale. È stata poi sottolineata l'importanza della prevenzione per alleggerire il carico sui livelli più alti del sistema sanitario: andrebbero maggiormente valorizzate figure come l'assistente sanitario o il tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro.

. La Conferenza ha sostenuto che le università devono fornire un orientamento pratico ai laureati, per renderli più consapevoli nella scelta della propria carriera. Inoltre, è necessario che le università adottino una didattica innovativa affinché essi siano in grado di affrontare sfide come la medicina personalizzata o di precisione, l'intelligenza artificiale, la robotica, la telemedicina. È stata altresì sottolineata l'importanza della formazione umanistica e, in particolare, delle competenze comunicative, per il dialogo sia interprofessionale che con i pazienti e le loro famiglie.

. Infine, è stato messo in luce il problema, causato dall'impegno che richiede la formazione universitaria, dello stress e del burnout degli studenti, soprattutto di quelli in formazione specialistica: l'università deve fornire sistemi di supporto psicologico e creare un ambiente sano e sostenibile.

. La Fondazione GIMBE (audizione dell'8 gennaio 2025) ha sollevato, in primo luogo, il problema dell'assenza di un sistema univoco di raccolta dei dati sul personale sanitario. Le due banche dati attualmente esistenti, quella della Ragioneria dello Stato e quella del Ministero della salute, non sempre sono coincidenti: nel 2022, il numero totale di dipendenti del SSN che fanno riferimento al Contratto collettivo nazionale del lavoro del comparto sanità (CCNL Sanità) erano 680 mila, secondo la Ragioneria dello Stato, mentre il Ministero riporta una cifra più alta perché comprendente anche i professionisti non soggetti al CCNL Sanità. Esiste un'ulteriore discrepanza con le indicazioniPag. 27 dell'OCSE, che considera i medici dal giorno della laurea a quello del pensionamento, con un evidente sovrannumero rispetto alle effettive risorse di personale del SSN. Riferendosi ai dati del Ministero della salute, ha fatto notare che la discrepanza tra le varie regioni è modesta per quanto riguarda il personale medico, mentre assume proporzioni preoccupanti se ci si riferisce agli infermieri ogni mille abitanti. Rispetto all'Europa, in Italia non mancano i laureati in medicina, mentre si assiste a una progressiva fuga dal SSN, sulla quale i dati sono incerti poiché provengono dalle associazioni di categoria. Se la situazione riguardo gli infermieri appare particolarmente critica, nel settore medico la carenza riguarda in particolare alcune specializzazioni, come la medicina generale nelle regioni del nord.
. Ha segnalato il dato per cui, a fronte di uno stabile finanziamento del SSN, la percentuale relativa alle spese per il personale dipendente ha subìto un drastico calo negli ultimi anni, elemento da prendere in considerazione nelle riflessioni circa il finanziamento nel suo complesso. Inoltre, ha rilevato che, in molte regioni ad oggi in piano di rientro, vi sono attualmente troppe unità di personale ad alto costo (verosimilmente direttori di unità operativa) rispetto alle unità di personale ordinario.

. Le regioni più virtuose in questo senso sono quelle che garantiscono al meglio l'erogazione dei LEA, per cui vi è correlazione diretta tra i due dati della spesa efficiente per il personale e dell'erogazione migliore dei servizi. Peraltro, ha ricordato che le spese per i cosiddetti «gettonisti» non rientrano tra quelle per il personale, ma sono contabilizzate nelle spese per i beni e servizi, un dato che dovrebbe assolutamente essere preso in considerazione.

. Da ultimo, ha svolto considerazioni di carattere generale: nel periodo tra il 2010 e il 2019, vi è stato un definanziamento cronico, che ha causato fenomeni quali il blocco delle assunzioni e ha consolidato una carenza quantitativa di personale sanitario. Dalla pandemia in poi, invece, sono aumentati fenomeni di burnout, demotivazione e pensionamenti anticipati, che hanno determinato una vera e propria fuga dal SSN per la mancanza di attrattività e le precarie condizioni di lavoro. Alla base delle disfunzioni del SSN ci sono, dunque, errori di programmazione in materia di personale.

. Rispondendo a una domanda, oltre a ribadire la forte preoccupazione in special modo per il personale infermieristico, ha posto l'accento sul pericolo derivante dal fatto che il personale che lascia il SSN non confluisce nel settore privato convenzionato, ma in quello privato puro, con l'espansione progressiva di smart clinic, spesso gestite da gruppi finanziari mossi unicamente da logiche di profitto e non di tutela della salute.

. La Società italiana di sociologia della salute (SISS) (audizione del 26 novembre 2024) ha sollevato il problema della mancata predisposizione di un albo professionale per i sociologi, rilevando che si tratta di un'assenza significativa, poiché già nella legge n. 833 del 1978 era contemplata la necessità di comprendere le complessità dei territori per predisporre servizi coerenti con le esigenze della popolazione. Sebbene il riconoscimento del sociologo quale professione tra quelle non dotate di Ordini professionali abbia permesso di attivare un percorso di certificazione, su base volontaria, del riconoscimento del Pag. 28sociologo della salute, l'assenza di un albo non permette la costruzione di un'organizzazione unitaria.
. La mancanza di un organo referente in grado di interloquire con le istituzioni è dimostrata dall'assenza del ruolo del sociologo nel decreto ministeriale n. 77 del 2022, sul riordino dell'assistenza territoriale. Tale assenza appare, inoltre, in contraddizione rispetto all'articolo 34 del decreto-legge n. 71 del 2021, cosiddetto «Sostegni-bis», che ha invece istituito il ruolo sociosanitario nello stato giuridico del personale del sistema sanitario nazionale, collocandovi i sociologi al pari degli assistenti sociali e degli operatori sociosanitari. Dinanzi al fatto che il decreto ministeriale n. 77 del 2022 individua, quale punto di accesso primario per i cittadini al SSN, la Casa della comunità, strutturata secondo un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso un'équipe multiprofessionale territoriale, è ritenuto paradossale non prevedere al suo interno il ruolo del sociologo, accanto alle altre figure professionali invece previste.

. Nel corso dell'audizione dell'Associazione nazionale professionisti sanitari in evoluzione (ANPSE) (audizione del 19 febbraio 2025) è stato preliminarmente ricordato come essa sia nata in occasione dell'emergenza pandemica, per chiedere che venga sanata la disparità di trattamento con le professioni mediche, a parità di corsi di laurea e di obbligo di iscrizione all'Ordine. In tal senso, ha accolto con favore il decreto-legge n. 34 del 2023, cosiddetto «decreto bollette», che per la prima volta ha consentito ai professionisti sanitari di svolgere libera professione al di fuori dell'orario di lavoro e al di fuori delle proprie aziende. Tale previsione scadrà il 31 dicembre 2025, senza che finora ne sia stata disposta una proroga. La stabilizzazione di tale previsione permetterebbe di eliminare l'attuale disparità tra professionisti che contribuiscono in egual modo al funzionamento del SSN, consentendo ai professionisti di migliorare la qualità delle prestazioni e di rendere più efficace il sistema sanitario, anche attraverso la riduzione delle liste d'attesa.
. In conclusione, ha rappresentato la difficoltà che incontrano molti professionisti nel chiedere di poter svolgere la libera professione, perché molte aziende sono in ritardo nell'adozione dei regolamenti relativi. È stato chiesto pertanto che venga eliminata l'autorizzazione aziendale, sostituita da una semplice comunicazione.

. Il Forum risk management in sanità (audizione del 4 marzo 2025), nell'ambito della propria attività di spazio di condivisione di proposte per l'innovazione della sanità italiana, ha avanzato l'idea di utilizzare l'intelligenza artificiale, da un lato, per alleggerire il medico delle incombenze burocratiche dalle quali è oggi appesantito, dall'altro, per offrire un supporto più generale a tutte le professioni sanitarie.
. Inoltre, in materia di governance delle professioni sanitarie, si è soffermato a lungo sul problema delle risorse umane in capo alle direzioni strategiche, alle aziende sanitarie e ospedaliere, per cui occorre riformare urgentemente i ruoli di direttore sanitario e direttore amministrativo, fermi alla disciplina dettata dal decreto legislativo n. 502 del 1992, provvedimento spesso neanche applicato coerentemente in tutte le regioni, soprattutto nella parte relativa alle risorse economiche.Pag. 29

. Infine, è stata segnalata la necessità stringente di elaborare una normativa in materia di cybersecurity, a fronte dell'attuale vulnerabilità dei dati clinici sensibili.

. Paolo Notaro (audizione dell'8 gennaio 2025), direttore della SC Terapia del dolore dell'Ospedale Niguarda di Milano, ha sollevato il tema della mancanza di professionisti qualificati in terapia del dolore, nonostante il suo riconoscimento a livello normativo tra le discipline specialistiche ospedaliere. Le criticità inerenti alla situazione pandemica hanno reso sempre più arduo l'assunzione di professionisti delle specializzazioni più prossime, ossia anestesia e rianimazione. Ciò a fronte di una fenomenologia in evoluzione e ancora in fase di studio, per cui il dolore cronico non è solo quello che affligge pazienti affetti da patologie di tipo diverso, ma si trasforma esso stesso in patologia, con problemi di prevenzione.
. Si pone, quindi, il tema della formazione dei professionisti, cui si aggiunge quello delle terapie poiché vi è spesso confusione derivata dal fatto che qualunque medico può prescrivere farmaci per il dolore ma la cura del dolore è qualcosa di diverso o a sé stante. A ciò si aggiunge il tema dei costi, perché non tutte le regioni coprono e garantiscono in eguale misura le indagini diagnostiche ad alta tecnologia, quali le risonanze magnetiche.

. In sede di replica, ha illustrato il problema della tracciabilità, affermando che esiste in Italia un problema di comportamenti impropri dei pazienti per cui a «tanto dolore» si tende a richiedere una risposta in termini di «tanti farmaci», equazione non sempre corretta, poiché occorre capire innanzitutto il «tipo» di dolore con cui si ha a che fare. Ha quindi constatato che la formazione universitaria, concepita a compartimenti stagni, non favorisce l'emergenza e la valorizzazione di figure professionali in materia di terapia del dolore, che necessiterebbero di una formazione intrinsecamente trasversale.

. Luigi Maria Terracciano (audizione dell'8 gennaio 2025), professore ordinario di Anatomia patologica, rettore di Humanitas University, ha sollevato criticità connesse alla professione infermieristica e alle scuole di specializzazione in medicina. In tal senso, per immaginare il SSN del futuro occorre partire dal rapporto tra l'università e la professione sanitaria, con la ricerca di una sempre maggiore integrazione tra clinica e innovazione.
. Oltre ai noti dati sulla carenza di personale infermieristico, ha segnalato che sempre meno studenti decidono di intraprendere questo tipo di formazione, a causa di prospettive di carriera limitate e, in particolare, di un sistema formativo che, in termini di paragone con altri Paesi europei, non permette l'evoluzione verso competenze e pratiche avanzate. Occorre fornire ai professionisti sanitari non medici gli strumenti per poter svolgere in autonomia determinate mansioni. Pertanto, nell'ambito della revisione dei corsi di laurea infermieristici, ha proposto di: rendere strutturali le esperienze di task sharing già sperimentate in alcune regioni; adottare protocolli formativi uniformi a livello nazionale per gli infermieri coinvolti in attività di pronto soccorso «seat and treat»; istituire corsi di studio in infermieristica a indirizzo clinico, per coprire soprattutto le aree più critiche; infine, permettere agli studenti lavoratori OSS di seguire specifici corsi di Pag. 30laurea in infermieristica, con riconoscimento della loro professionalità nei CFU e orari dei corsi compatibili con lo svolgimento parallelo della professione.

. Sul tema degli specializzandi in medicina, ha evidenziato l'esigenza di fornire gli strumenti per una maggiore autonomia degli specializzandi e valorizzare la formazione universitaria, per portarla al livello dei benchmark europei: si tratta, ad esempio, di allineare gli accessi alle scuole di specializzazione al numero di laureati, ma anche di prevedere corsi di specializzazione che favoriscano l'autonomizzazione degli specializzandi, con meccanismi di verifica basati su standard uniformi a livello nazionale, per ogni anno di specializzazione. Infine, ha proposto di rafforzare i meccanismi di remunerazione aggiuntiva per gli specializzandi proporzionalmente all'autonomia conseguita durante la specializzazione.

. Rispondendo a una domanda, ha chiarito che i problemi di iscrizione ad alcune scuole di specializzazione sono, in parte, dovuti anche a un cambiamento culturale in atto in termini di qualità della vita cui aspirano gli specializzandi medici, come ad esempio l'aspetto del bilanciamento tra lavoro e vita personale.

. Durante l'audizione di Francesco Saverio Proia (audizione del 22 gennaio 2025), esperto della materia, è emersa la necessità di superare la legge n. 3 del 2018, ritenuta non più adeguata alla situazione attuale.
. È stata, in particolare, sottolineata l'esigenza di prevedere consistenti aumenti retributivi adeguati alle funzioni dei vari professionisti sanitari e alle elevate responsabilità connesse, con la previsione di un regime speciale rispetto a quello contrattuale del pubblico impiego. Una riforma di questo calibro dovrebbe garantire la partecipazione attiva dei professionisti alla programmazione e all'erogazione delle cure, superando il potere monocratico dei direttori generali delle ASL.

. Questo tipo di contrattazione specifica sarebbe la conseguenza dell'istituzione di una speciale categoria dei «professionisti della salute» nella quale dovrebbero ricomprendersi i soli profili professionali di cui alla legge n. 3 del 2018, ad esclusione del personale amministrativo, tecnico e professionale del SSN, che permarrebbe nella contrattazione dei comparti pubblici presso l'ARAN. Ciò è già previsto per altre categorie «speciali» poste a presidio di diritti costituzionali, come magistrati, appartenenti alle Forze dell'Ordine o all'Esercito. Tale contrattazione dovrebbe avvenire presso il Ministero della salute, con la partecipazione di rappresentanti del Ministero del lavoro, della funzione pubblica e delle regioni e sarebbe propedeutica alla contrattazione articolata per aree.

. È stato, inoltre, proposto di ridurre gli adempimenti burocratici attualmente a carico del personale sanitario, nonché di depenalizzare l'atto medico e quello sanitario in generale, salvi i casi di colpa grave. Al fine di promuovere e di democratizzare l'attività professionale, le rappresentanze sindacali e ordinistiche dovrebbero partecipare alla definizione del Patto per la salute.

. In merito alla questione della carenza di personale, è stata avanzata la richiesta di limitare alle sole situazioni emergenziali il ricorso ad agenzie interinali o cooperative, previa concertazione e d'intesa con i sindacati. Con riferimento alla formazione specialistica, ad avviso del soggetto audito occorrerebbe sostituire le borse di studio con contratti Pag. 31di formazione e lavoro da inquadrare nel contratto collettivo dell'area dirigenziale, che riconoscano, con le dovute specificità, i diritti del personale dipendente. Analoghi contratti dovrebbero prevedersi per gli studenti del terzo anno dei corsi di laurea abilitanti, quali quello in infermieristica, come già avviene nella provincia autonoma di Bolzano. Infine, dovrebbe essere istituita l'Accademia di alta formazione delle professioni sanitarie, quale sede formativa speciale integrata nel SSN.

. Durante l'audizione di Rossana Ugenti (audizione del 22 gennaio 2025), esperta della materia, è stato ripercorso preliminarmente il cambio di paradigma organizzativo avvenuto negli ultimi anni, con il superamento di una visione incentrata unicamente sull'ospedale e il corrispondente sviluppo dei servizi territoriali, maggiormente idonei ad affrontare le nuove esigenze sanitarie della popolazione: si pensi all'incremento, dovuto all'invecchiamento generale, delle patologie croniche e degenerative. Ciò ha consentito di restituire agli ospedali il proprio ruolo in materia di urgenze e interventi a elevata specializzazione.
. È stata sostenuta la necessità di sviluppare le competenze tradizionali dei professionisti sanitari nonché l'integrazione tra le diverse professionalità in una logica di sinergia, con la promozione del lavoro in équipe eterogenee ad approccio multidisciplinare, previa ridefinizione delle relative competenze e responsabilità. La comune preoccupazione dovrebbe essere quella di assicurare la continuità assistenziale. Sono altresì ritenuti fondamentali l'uso di tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) e il vaglio delle capacità collaborative dei professionisti mediante indicatori di processo e di risultato. Occorrerebbe, inoltre, favorire l'acquisizione di competenze e la progressione nella carriera, al fine di attrarre professionisti, razionalizzando complessivamente il quadro delle professionalità per adeguarle ai nuovi bisogni di cura e ai nuovi moduli organizzativi.

. La Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO) (audizione dell'11 dicembre 2024), che rappresenta l'85 per cento delle aziende sanitarie italiane, ha indicato come criticità la carenza di personale medico e infermieristico, distinguendo le due questioni. Con riferimento alla prima, è stata evidenziata la scarsa presenza di medici specialisti in aree interne e disagiate, rispetto alla quale sono state proposte alcune possibili soluzioni: affidare direttamente alle aziende sanitarie la formazione per le discipline che l'università non riesce sufficientemente a coprire; abbreviare le procedure concorsuali per rendere più tempestiva l'acquisizione di risorse umane; superare il vincolo normativo che limita il ricorso al contratto di lavoro autonomo, al fine di garantire maggiore flessibilità alle aziende sanitarie, considerato anche che i giovani sembrano apprezzare di più il lavoro in regime di libera professione; eliminare i requisiti di anzianità per l'attribuzione di incarichi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, al fine di favorire il reclutamento di giovani; per far fronte alla carenza di medici di medicina generale, estendere la possibilità, prevista solo per i medici laureati fino al 31 dicembre 1994, di passare dalla professione ospedaliera alla professione di assistenza sul territorio; aumentare le retribuzioni.Pag. 32
. Per affrontare la criticità relativa alla carenza di personale infermieristico, la FIASO ha proposto di differenziare il relativo trattamento economico in base alla tipologia di attività svolta, distinguendo, ad esempio, l'infermiere che svolge la propria attività in pronto soccorso e in sala operatoria dall'infermiere che svolge attività diurna ambulatoriale. Sarebbe opportuno un incremento economico delle indennità correlato alla presenza in servizio e al disagio, in particolare aumentando le indennità per chi lavora su tre turni, il sabato e la domenica, e per chi lavora nel settore dell'emergenza-urgenza ospedaliera. Inoltre, è stata sottolineata la necessità di promuovere lo sviluppo e l'applicazione di nuovi modelli organizzativi nelle aziende sanitarie. È stato poi espresso un parere favorevole circa l'aggiornamento dei piani didattici delle lauree in medicina e in scienze infermieristiche e l'accelerazione dei percorsi per l'introduzione della figura dell'assistente infermiere.

. Infine, in fase di replica, la FIASO si è dichiarata favorevole alla formazione degli specializzandi all'interno degli ospedali.

. L'Associazione medici e dirigenti del Servizio sanitario nazionale (ANAAO-ASSOMED) (audizione dell'11 dicembre 2024) ha inizialmente ricordato che negli ultimi due anni 11 mila medici hanno deciso di lasciare il SSN e che la retribuzione dei professionisti dirigenti medici e sanitari è diminuita del 6,1 per cento negli ultimi dieci anni. L'Associazione ha poi messo in luce il problema del burnout, che colpisce oltre il 65 per cento dei dirigenti medici e sanitari, causato dalle 60 e più ore di lavoro settimanale e da un contesto lavorativo contraddistinto da aggressioni, denunce e dall'assenza di riconoscimento professionale. È stato citato un altro dato: un cittadino su quattro sceglie di curarsi presso strutture private.
. Successivamente, l'ANAAO ha sollevato la criticità riguardante la carenza di specialisti in determinate branche, in particolare nella medicina di emergenza-urgenza, prospettando una possibile soluzione: una riforma della formazione medica e sanitaria, che non comporti un aumento della spesa pubblica e che abolisca la possibilità di ricorrere a medici «gettonisti», che negli ultimi quattro anni sono costati allo Stato 1,7 miliardi di euro. Inoltre, è stata messa in luce la necessità di inquadrare gli specializzandi come professionisti, con un contratto incardinato nel CCNL, e non più come studenti, come previsto dal decreto legislativo n. 368 del 1999. È stato poi segnalato che le carenze non riguardano solo il pronto soccorso, ma anche le specializzazioni in anatomia patologica e radioterapia, fondamentali per la diagnosi e la cura dei tumori. Più in generale, secondo l'ANAAO non vi è carenza di laureati in medicina e chirurgia ma solo di specialisti in determinati ambiti: l'abolizione del numero chiuso alla facoltà di medicina, pertanto, non viene reputata utile. Occorrerebbe, piuttosto, cambiare gli argomenti del test attuale e prevedere corsi di formazione gratuiti con libri di testo unici.

. Un'altra criticità sollevata riguarda il personale delle professioni di area sanitaria non medica: i soggetti iscritti a scuole di specializzazione di area non medica non ricevono un sostegno economico né alcuna forma di tutela economico-giuridica. Di conseguenza, è stata messa in luce la necessità di equiparare la loro condizione a quella dei colleghi di area medica.Pag. 33

. Infine, in fase di replica, l'ANAAO ha sostenuto che per rendere più appetibili, in generale, le scuole di specializzazione, occorre innanzitutto calcolare i fabbisogni reali, oltre ad aumentare le retribuzioni e contrattualizzare gli specializzandi.

. La Federazione sindacale medici dirigenti (CIMO-FESMED) (audizione del 15 gennaio 2025), premesso che molte delle attuali difficoltà derivano da vent'anni di tagli alla sanità, che hanno avuto ripercussioni gravi tanto sulle strutture quanto sui professionisti, con un sistematico ricorso al lavoro interinale e al personale extraeuropeo, ha rilevato che il blocco del tetto di spesa a partire dal 2004, unitamente ai mancati rinnovi contrattuali, produce un sostanziale processo di dumping salariale e di conseguente disaffezione nei confronti del SSN.
. Inoltre, l'assenza di ricambio in settori professionali con età medie già elevate ha prodotto un forte gap generazionale, specialmente tra i chirurghi, e una situazione per cui diverse aree di specializzazione restano attualmente semivuote. È stata altresì sollevata la questione della delimitazione delle competenze delle trentuno professioni sanitarie attualmente previste, necessaria soprattutto in un contesto di evoluzione tecnologica.

. Nell'ottica di scongiurare rischi per i pazienti, dovrebbero essere gli stessi professionisti sanitari a delineare le rispettive attribuzioni; l'ambiguità sul tema è tanto più pregiudizievole per i medici, in considerazione della normativa sulla responsabilità professionale. È dunque prioritario predisporre una definizione univoca di «atto medico».

. Ha inoltre evidenziato come, a causa dei nuovi algoritmi adottati da AgeNaS, combinati con il tetto di spesa tuttora esistente, sia molto più difficile l'assunzione di medici o di dirigenti sanitari rispetto al personale amministrativo, con il risultato che attualmente si registra una quota di personale amministrativo nettamente superiore a quella stabilita dal decreto ministeriale n. 70 del 2015.

. Con riferimento alla disaffezione del personale sanitario verso il settore pubblico, è stato fatto notare che essa deriva da vari fattori: l'accumulo di ferie e ore di riposo non godute, le aggressioni, le alte responsabilità anche dal punto di vista legale. Pertanto, occorrerebbe, ad avviso della CIMO, depenalizzare l'atto medico e rendere effettivamente cogente la raccomandazione del Ministero della salute n. 8 del 2007, concernente la prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari, per tutelare maggiormente la sicurezza del personale sanitario.

. Al fine di accrescere l'attrattività del SSN, oltre agli incentivi economici, dovrebbe essere riconosciuta ai giovani specialisti una centralità professionale che ad oggi non hanno a causa di rapporti eccessivamente gerarchici.

. La Federazione italiana medici di medicina generale (FIMMG) (audizione dell'11 dicembre 2024), dopo aver ricordato le sfide straordinarie, come la pandemia, che la medicina generale ha affrontato negli ultimi anni, ha sostenuto la necessità di dotarsi di un quadro normativo e contrattuale aggiornato. In particolare, è stata sollevata una criticità riguardante le graduatorie regionali, considerate oramai anacronistiche e non utili per la corretta programmazione all'interno della medicina generale. Successivamente, dopo aver sottolineato che il numero di Pag. 34medici di medicina generale sul territorio nazionale è diminuito di 6 mila unità negli ultimi dieci anni, che il numero di assistiti pro capite è conseguentemente aumentato e che il personale convenzionato è sottodimensionato del 20 per cento rispetto ai primi anni Duemila, la FIMMG ha evidenziato la necessità di riforme quali l'integrazione della telemedicina, la digitalizzazione dei servizi, il potenziamento della medicina territoriale, una differente organizzazione dei medici di famiglia.
. È stata poi sollevata la questione di come avvicinare i giovani medici alla medicina generale: secondo la FIMMG, occorre una definizione chiara dei ruoli e dei compiti del medico di medicina generale all'interno delle nuove strutture previste dal DM n. 77 del 2022; inoltre, bisognerebbe ridurre il carico burocratico e rendere sostenibile la fiscalità per i medici di medicina generale. È stato anche sostenuto che occorre prevedere una formazione specialistica equiparata alle specializzazioni delle altre branche ed è stato espresso un parere negativo sulla possibilità per gli specialisti ospedalieri di svolgere il ruolo di medico di medicina generale.

. La Federazione italiana medici pediatri (FIMP) (audizione dell'11 dicembre 2024), che rappresenta il 75 per cento dei pediatri presenti sul territorio, ha sottolineato che la carenza di pediatri non incide molto sulle criticità assistenziali presenti sul territorio, che derivano principalmente dalla denatalità e dai nuovi bisogni di salute dei bambini. La maggior parte dei bambini assistiti ha più di 6 anni e ha necessità ed esigenze di salute diverse rispetto a quelle dei più piccoli: emergono maggiormente, ad esempio, le patologie croniche, le problematiche del neurosviluppo e le patologie metaboliche. Inoltre, è stato rilevato che i pediatri hanno un sovraccarico di lavoro dovuto al fatto che ogni pediatra assiste 1.000 bambini e non più 800 come in precedenza.
. La FIMP ha evidenziato il problema connesso alle differenze nelle prestazioni offerte ai pazienti non solo nelle diverse regioni, ma anche dalle varie aziende sanitarie, il che determina gravi iniquità. Inoltre, è stata messa in luce la criticità riguardante la carenza di specialisti di riferimento come, ad esempio, in neuropsichiatria infantile. È stata, quindi, sottolineata la mancanza non solo di incentivi economici, ma anche di azioni volte ad alleviare le condizioni di lavoro dei pediatri e dei medici di medicina generale: ci sono casi in cui mancano figure professionali come gli infermieri, che possono sicuramente coadiuvare il lavoro del medico.

. L'Associazione italiana odontoiatri (AIO) (audizione del 20 novembre 2024) ha comunicato i più recenti dati circa il numero degli odontoiatri, che risulta elevato, per una professione che non conosce crisi di vocazione e che registra anche l'arrivo di laureati provenienti da altri Paesi dell'UE. Quanto alla distribuzione di genere, ha segnalato un changeover per il quale, se le donne rappresentano ad oggi il 30 per cento circa del dato globale, nella coorte sotto i 44 anni si sale al 45 per cento. Ha, quindi, illustrato il dato per cui il 95 per cento delle prestazioni odontoiatriche è svolto da privati, in linea con quanto avviene nei principali Paesi europei, ricordando come la particolare natura della prestazione odontoiatrica avvicini questi professionisti ai medici di base ma con costi intrinsecamente ingenti, per cui il 50 per Pag. 35cento della fascia di popolazione che non va dal dentista lo fa per ragioni prettamente economiche oppure si reca all'estero, con un chiaro danno per l'economia generale del Paese e per la sicurezza stessa del paziente. Ha altresì espresso l'avviso per cui la sanità integrativa non possa costituire la soluzione per offrire una «corretta odontoiatria», che implicherebbe, invece, la libera scelta del medico da parte del paziente.
. Quanto alle prospettive di riforma della professione, la priorità dovrebbe essere, ad avviso dell'Associazione, quella di portare la totalità della popolazione italiana a usufruire di cure odontoiatriche. Un primo intervento in tal senso sarebbe l'aggiornamento dei LEA e, soprattutto, la loro effettiva attuazione. Inoltre, ha avanzato la richiesta di agevolazioni fiscali sull'acquisto dei macchinari e per l'accesso al credito bancario, in linea con quanto avviene in altri Paesi dell'Unione europea. Concretamente, ad avviso dell'AIO, sarebbe di semplice attuazione consentire la scelta del medico per le prestazioni rimborsate dai fondi integrativi, la creazione di programmi di prevenzione e l'equiparazione dell'odontoiatra libero professionista alle altre imprese dal punto di vista del regime fiscale, del credito e della concorrenza. Non da ultimo, uno snellimento della burocrazia favorirebbe l'efficienza delle pratiche professionali. La diversificazione normativa da regione a regione rappresenta altresì un ostacolo inaccettabile all'esercizio della professione.

. Intervenendo in sede di replica a seguito delle domande poste da parte di deputati, l'AIO ha chiarito che la disciplina delle specializzazioni universitarie dovrebbe essere interamente rivista al fine di rispondere alle reali esigenze della popolazione, inquadrabili in maniera analoga a quelle di un qualsiasi mercato, dal momento che le prestazioni garantite dal SSN sono poche rispetto a quelle offerte dalla libera professione.

. NurSind-Il sindacato delle professioni infermieristiche (audizione del 15 gennaio 2025) ha segnalato il problema della scarsità di infermieri, in termini assoluti ma anche rispetto all'ulteriore fabbisogno necessario alla messa in atto delle misure finanziate con il PNRR. Il sempre minor numero di laureati in scienze infermieristiche rischia di aggravare tale situazione, mettendo a repentaglio la stessa tenuta del SSN. Questa carenza è dovuta alla scarsa attrattività della professione, a sua volta legata al basso livello retributivo, rimasto intatto dopo il recente rinnovo contrattuale del comparto sanitario, e alle limitate possibilità di carriera. A ciò si aggiungono condizioni di lavoro sicuramente provanti, con riferimento sia ai turni notturni e festivi richiesti sia al sovraccarico derivante dalla stessa carenza di personale.
. A tale proposito, ha rilevato che il già sperimentato ricorso a personale infermieristico straniero non è più una strada percorribile, poiché i Paesi da cui essi provenivano hanno aumentato gli stipendi e introdotto varie agevolazioni per fare fronte all'emorragia di personale. Pertanto, è stata proposta piuttosto una razionalizzazione dell'intero assetto delle professioni infermieristiche. Un primo passo potrebbe essere la riduzione della parcellizzazione di alcune di esse, causata da corsi di laurea a compartimenti stagni; si pensi a quello per diventare infermiere pediatrico, che potrebbe essere sostituito da una specializzazione in pediatria post lauream in infermieristica. Si potrebbe altresì Pag. 36introdurre una specializzazione in sanità pubblica per l'assistente sociale, e parimenti potrebbe procedersi rispetto all'ostetricia. In generale, è stato proposto di raggruppare diverse professionalità aventi come minimo comune denominatore la «presa in carico».

. Per rendere più attrattive le professioni sanitarie non mediche, è stata auspicata una revisione delle regolamentazioni per l'esercizio professionale, che conferisca a tali figure maggiore autonomia, ricordando che, ad esempio, un infermiere specializzato in determinate attività, presìdi o indagini diagnostiche non può prescriverle. Anche le richieste di assistenza domiciliare integrata aventi a oggetto medicazioni non possono ad oggi essere evase direttamente dagli infermieri, ma occorre una visita medica.

. È stato inoltre osservato che si procede tuttora in assenza di una vera e propria mappatura delle attività svolte dal personale sanitario non medico: così, da un lato, le prestazioni fornite dall'infermiere non sono presenti nel nomenclatore tariffario; dall'altro, in una scheda di dotazione ospedaliera non c'è traccia di parametri di rilevanza dell'assistenza infermieristica in un'avvenuta guarigione, poiché oggetto della rilevazione sono solo le attività di competenza medica, come le diagnosi e la gestione delle complicanze.

. L'Associazione unitaria psicologi italiani (AUPI) (audizione dell'11 marzo 2025) ha illustrato l'attività dello psicologo all'interno del SSN, segnalando la necessità di integrare maggiormente la psicologia nella cura del benessere della persona. In tal senso, il decreto-legge n. 137 del 2020 ha rappresentato un punto di svolta, individuando compiti specifici e trasversali di una «funzione aziendale» di psicologia, nonché i punti cardine per la sua organizzazione.
. Pertanto, ha proposto una riorganizzazione generale delle varie articolazioni della psicologia all'interno del SSN, nei suoi vari ambiti di intervento: le cure primarie, siano esse domiciliari o nei distretti e nelle Case della comunità, e i servizi specialistici, che si attuano nei Dipartimenti di salute mentale e nei Dipartimenti delle dipendenze, nei Consultori familiari, nelle aree del neurosviluppo e nel Servizio giovani. La psicologia è presente anche nell'area ospedaliera e negli hospice, dove svolge un ruolo essenziale anche nella gestione delle risorse umane, ad esempio a fronte del rischio di burnout. La presenza nelle carceri rappresenta un'area di intervento molto complessa, soprattutto nella attuale situazione di sovrappopolazione carceraria.

. Ha ribadito come, a fronte di aree di operatività tanto variegate, vi sia una stringente necessità di riorganizzazione, soprattutto al fine dell'efficientamento delle risorse, tanto materiali quanto umane, ad esempio in termini di formazione continua e di percorsi individuali o di supervisione. A tal fine, ha proposto di definire degli standard di intervento e costruire indicatori che permettano la valutazione dei singoli interventi e il confronto tra di essi. Ha concluso ribadendo la necessità, per il SSN, di una funzione aziendale in psicologia, anche rispetto ai livelli essenziali di assistenza (LEA).

. La CGIL nazionale Sanità-Area stato sociale e diritti (audizione del 22 gennaio 2025) ha preliminarmente segnalato il recente aumento del disavanzo anche in regioni non sottoposte al Piano di rientro, la riduzione della spesa sanitaria per i redditi da lavoro dipendente e la Pag. 37crescita di quella per l'acquisto di prestazioni da privati, rilevando anche un'alta disoccupazione nel settore sanitario, salva la crescita delle assunzioni nel 2020 che, dovute all'esigenza di affrontare l'emergenza pandemica, hanno avuto carattere di precarietà. In particolare, il numero di infermieri ogni mille abitanti è molto più basso rispetto alla media europea, a causa innanzitutto dell'invecchiamento del personale, con un saldo negativo tra pensionamenti e assunzioni per i prossimi anni.
. Un ulteriore fattore di criticità riguarda le specializzazioni, la cui curva ha avuto un andamento piatto nell'ultimo decennio, indice di una disaffezione che potrebbe mettere a repentaglio la tenuta del SSN nei prossimi anni. In questo ambito, è stata prospettata una riforma diretta al superamento delle borse di studio e alla contrattualizzazione degli specializzandi, con applicazione del rispettivo CCNL.

. Quanto alla carenza degli infermieri, è stata proposta una riorganizzazione fondata su modelli organizzativi più efficaci, improntati ai reali bisogni della popolazione, alle nuove tecnologie e alle buone pratiche, anche tramite la riduzione dei percorsi formativi così specifici da risultare ridondanti. Sarebbe, quindi, opportuno unificarli, superando l'autonomia delle università, che impedisce di avere percorsi specialistici unitari persino nella medesima regione. Inoltre, sono state espresse critiche rispetto all'istituzione, nel 2024, dell'assistente infermieristico, incompatibile rispetto alla necessità di valorizzare il personale dei ruoli già esistenti, oltre che con il contesto attuale, di calo del numero di iscrizioni ai test di accesso al corso di laurea in infermieristica, di emigrazione all'estero e di rinunce ad esercitare la professione.

. È stata altresì espressa con forza la necessità di superare il blocco delle assunzioni, in quanto il tetto di spesa di cui alla legge n. 226 del 2005 non è stato superato neppure dal cosiddetto «decreto Calabria» e il «decreto liste d'attesa» ha ulteriormente rinviato a un successivo decreto la revisione dei parametri.

. Infine, ha rilevato come la decrescita salariale favorisca le fughe verso la sanità privata, in quanto il livello dei salari è notoriamente più basso della media europea.

. Durante l'audizione della CISL – dipartimento politiche sanitarie (audizione del 22 gennaio 2025), è stato sottolineato che occorre non solo restituire attrattività alle professioni sanitarie ma anche riuscire a trattenere i professionisti che svolgono la loro attività all'interno del SSN. In tal senso, la questione economica rimane quella principale, risolvibile in sede di contrattazione collettiva.
. La CISL ha altresì sottolineato che occorre valorizzare le attività più gravose in termini di carico lavorativo: all'attenzione giustamente rivolta ai pronto soccorso non se n'è accompagnata altrettanta verso chi si occupa di anziani e di patologie croniche, tanto a livello ospedaliero quanto territoriale. Le iscrizioni alle relative specializzazioni mediche ne risentono. Ha proposto pertanto di rendere uniforme l'iter formativo iniziale delle professioni sanitarie non mediche, rivedendo il percorso di studi dopo il primo triennio e strutturando tanto le lauree magistrali quanto i master di primo livello in chiave sia professionale che gestionale, inserendo un approccio multiprofessionale.Pag. 38

. Ha segnalato, quindi, un grave problema di risorse: le strutture, al fine di garantire le prestazioni, sono costrette ad acquisirle dai privati in elusione dei vincoli di spesa per il personale sanitario, poiché così facendo tale spesa grava su distinti capitoli di bilancio, vanificando così il risparmio.

. Inoltre, una rimozione dei vincoli tuttora esistenti in materia di contrattazione decentrata aziendale permetterebbe di introdurre sistemi di welfare analoghi a quelli presenti nel settore privato – il cosiddetto welfare «aziendale» – che lo rendono sicuramente più attrattivo. L'articolo 1, comma 124, della legge di bilancio per il 2025, invece, si muove nella direzione opposta.

. È stata oggetto di critica anche l'eccessiva burocratizzazione delle procedure, che sottrae tempo ed energie all'attività di cura, non migliorata attraverso la digitalizzazione che, al contrario, ha finito frequentemente per aggravare la situazione. Occorrerebbe, quindi, superare i limiti alle assunzioni, anche per il personale amministrativo. I costi per gli affitti e per la mobilità incidono altresì sulle possibilità di reclutamento dei professionisti sanitari e del personale amministrativo attraverso concorsi regionali o addirittura nazionali. Per ovviare a tale problema, la CISL ha proposto di introdurre incentivi e sgravi fiscali che possano accrescere la disponibilità di alloggi.

. Infine, è emersa la richiesta di aprire un tavolo di confronto con il Ministero della salute sul nuovo Piano sanitario nazionale, che dovrebbe essere accompagnato dalla predisposizione di un cronoprogramma di monitoraggio della Missione n. 6 del PNRR.

. La UIL (audizione del 22 gennaio 2025) ha sottolineato preliminarmente come le carenze numeriche relative alle diverse professionalità sanitarie si traducano in condizioni lavorative al limite dell'illegalità, come avviene sistematicamente in relazione alla normativa europea sulle ore di riposo tra due turni. Ha altresì ricordato come il finanziamento della sanità privata, il ricorso ai cosiddetti gettonisti e l'assenza di stabilizzazione dei medici specializzandi non abbiano certamente contribuito a risolvere le criticità sistemiche del SSN.
. Inoltre, il calo delle vocazioni, specialmente per quanto concerne le professioni infermieristiche, può essere combattuto solo offrendo un degno trattamento economico al personale già in servizio, mentre la contrattazione collettiva 2022-2024 è andata nella direzione opposta, incrementando la perdita di potere di acquisto derivata dall'inflazione.

. A causa della mancata assunzione in tante regioni degli infermieri di comunità, la UIL ha espresso perplessità circa la possibilità di attuare la Missione n. 6 del PNRR con riferimento alle Case e agli Ospedali di comunità, trattandosi di strutture per le quali non vi sono ad oggi personale e risorse finanziarie sufficienti.

. Durante l'audizione dell'UGL (audizione del 22 gennaio 2025), è stato evidenziato il paradosso di un aumento della spesa sanitaria rimasto privo di riscontri in termini di miglioramento dei servizi, che al contrario risultano peggiorati, con una conseguente ricaduta sulle condizioni economiche e sociali dei professionisti sanitari. È stato, invece, espresso generale apprezzamento riguardo ai capi della legge di bilancio per il 2025 in materia sanitaria.Pag. 39
. L'UGL ha altresì espresso l'auspicio che il riordino delle professioni sanitarie passi per un ampio confronto con gli Ordini e le parti sociali, che la valorizzazione del personale tocchi l'aspetto retributivo, delle tutele assicurativo-previdenziali e della stabilizzazione nonché della crescita professionale legata a una formazione continua; ciò vale anche per la sanità privata, dove il rischio di sotto-inquadramento è maggiore.

. Riguardo alla formazione, ad oggi solo universitaria, è stato suggerito di valutare in prospettiva anche l'utilità degli istituti tecnologici superiori (ITS) con annessa revisione della relativa normativa. Occorre superare, già dai percorsi formativi, la tendenza a considerare il solo rapporto con il medico, a profitto di un più globale rapporto del paziente con il SSN. Una riforma dei percorsi formativi dovrebbe essere finalizzata, tra l'altro, a ridurre la carenza di personale e a introdurre nuove figure professionali.

. Infine, l'UGL ha segnalato la necessità di un riordino delle professioni legate alle attività sportive in un'ottica di prevenzione e di cura, nonché dell'implementazione della medicina preventiva, con l'obiettivo di limitare le patologie ad alto costo sociale, e dell'educazione scolastica a uno stile di vita sano, idoneo a ridurre il pericolo di malattie gravi.

. Mariella Mainolfi, direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale del Ministero della salute (audizione del 29 gennaio 2025), ha sottolineato che il problema della carenza di personale dipende essenzialmente dal mancato incontro tra la domanda e l'offerta di servizi sanitari: medici e infermieri, che da soli rappresentano più della metà del milione e mezzo di professionisti sanitari iscritti a tutti gli Ordini riconosciuti, negli ultimi anni sono aumentati in termini numerici, quindi il problema risiede nell'invecchiamento della popolazione, nel calo delle nascite e nella crisi vocazionale delle professioni di cura in generale.
. Ha rilevato che, a fronte delle difficoltà connesse al reclutamento, che peraltro variano geograficamente, alle curve pensionistiche e al cambiamento culturale in atto tra i giovani professionisti, occorre puntare soprattutto sulla valorizzazione del personale, senza ragionare unicamente in termini economici, ma prioritariamente sullo sviluppo delle competenze e sui percorsi di carriera. Dinanzi allo sviluppo incontrollato e privo di un disegno organico delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, ha segnalato l'esigenza impellente di un riordino. Ha fatto presente che il Ministro della salute ha assegnato alla Direzione generale una revisione del sistema delle competenze per ogni profilo professionale afferente alle quattro aree individuate dalla legge n. 251 del 2000 e dal decreto del 29 marzo 2001. L'obiettivo è razionalizzare i profili tramite accorpamenti, curricula accademici, modelli di task shifting, sistemi aggiornati di certificazione e di valutazione delle competenze, tenuto conto che le linee guida attuative del decreto legislativo n. 13 del 2023 escludono dal proprio ambito di applicazione l'area sanitaria. Ha infatti rilevato che, in sede di trattative, poi non conclusesi, per il rinnovo contrattuale del personale del comparto, è emersa la necessità di valorizzare le competenze acquisite sul campo.

. Ha presentato, inoltre, proposte relative al miglioramento del processo di programmazione dei fabbisogni formativi e di assunzioni. Alla definizione degli standard minimi di personale il Ministero lavora Pag. 40assieme ad AgeNaS, in attuazione del decreto-legge n. 73 del 2024 sulle liste d'attesa, mentre è sull'individuazione degli standard massimi che l'interlocuzione col MEF sarà decisiva, al fine di stabilire dei tetti di spesa. Quanto al tema retributivo, ha citato il gap tra l'Italia e i paesi OCSE, che è del 4 per cento per i medici e del 19 per cento per gli infermieri. Pertanto, per i medici occorre concentrarsi sulle specializzazioni con maggiori carenze, quali la medicina di emergenza-urgenza o la chirurgia, in cui i rischi e le responsabilità sono maggiori, con una particolare attenzione per il potenziamento della medicina generale. Ha, inoltre, segnalato i problemi dell'eccessiva burocratizzazione della professione medica e della sicurezza del personale sanitario. Anche dal punto di vista della depenalizzazione dell'atto medico, ha sottolineato la delicatezza e la complessità del tema, nella cornice del quale occorre trovare un corretto bilanciamento tra la tutela del paziente e il benessere lavorativo del professionista che opera.

. È, quindi, intervenuta su alcune criticità della legge n. 3 del 2018, relative alle istanze rappresentate dalle diverse Federazioni, convergenti verso una richiesta di riforma degli assetti degli Ordini. Ha manifestato la necessità di una contestuale riforma della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (CCEPS), che ha funzioni disciplinari, e il cui ambito di competenze è stato aumentato dalla legge Lorenzin da 7 a 31 professioni, senza però una riforma strutturale né organica, con la conseguenza dell'aumento dell'arretrato. La situazione è tanto più grave, dal momento che il mero esperimento del ricorso, da parte del medico, determina effetti sospensivi della sanzione oggetto del medesimo ricorso.

. In conclusione, quanto al tema dell'esercizio temporaneo dei professionisti sanitari con qualifica conseguita all'estero, ha segnalato che la proroga della disciplina in deroga adottata ai tempi della pandemia rappresenta una criticità che il Ministero spera di riuscire rapidamente a superare, per i problemi che essa pone in termini di tracciamento dei professionisti, dato che le varie regioni adottano differenti procedure di verifica.

. Giulio Siccardi, direttore generale f.f. dell'Agenzia nazionale per i servizi regionali (AgeNaS) (audizione del 29 gennaio 2025), ha ripercorso preliminarmente i dati in possesso del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF). In primo luogo, la distribuzione di genere vede il 70 per cento circa di donne tra i professionisti del SSN. In secondo luogo, se l'Italia è in linea con la media europea di medici ogni mille abitanti, il dato per gli infermieri è decisamente inferiore rispetto agli altri Stati membri dell'UE.
. Inoltre, l'età media del personale medico si attesta sui 50 anni, mentre quella del personale infermieristico sulla fascia 50-54 anni, con una situazione che potrebbe essere aggravata dai pensionamenti dei prossimi anni, constatazione che si aggrava se ci si riferisce ai dati relativi alla figura dell'OSS. Peraltro, la carenza di medici sofferta in passato ha determinato un raddoppio dei posti banditi per l'iscrizione ai corsi di laurea tra gli anni accademici 2018-2019 e 2024-2025, per cui ci si attende un corrispondente aumento del numero dei laureati nei prossimi anni. Per quanto riguarda le professioni infermieristiche, il numero dei laureati rimane costante in quanto, nonostante vi sia corrispondenza tra i posti messi a bando dalle università e le domande Pag. 41di iscrizione, la carenza di personale induce le regioni a fare ricorso a figure che diventano operative prima della laurea, quali gli assistenti infermieri.

. Passando alle proposte, ha posto l'accento sulla programmazione dei percorsi formativi del personale sanitario, un problema che affligge tutta l'UE. Sul tema, ha ricordato che l'AgeNaS coordina un'azione comune tra 19 Stati membri dell'UE e, soprattutto, collabora col Ministero della salute per l'individuazione del numero minimo di personale e della quantità di risorse necessari per il corretto funzionamento di ogni unità operativa del SSN, con il contributo decisivo delle regioni e servendosi di software e applicativi messi a punto dalla stessa AgeNaS.

. La Conferenza delle regioni e delle province autonome (audizione del 5 febbraio 2025) ha rilevato che la carenza generalizzata di personale sanitario, nonostante il numero di medici e infermieri sia aumentato nel decennio 2010-2020, dipende essenzialmente dalla crescita della domanda di servizi e dal minor numero di operatori sanitari attivi, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e del personale. Contribuiscono poi la scarsa attrattività dei corsi universitari e il minor riconoscimento sociale delle professioni sanitarie non mediche, non solo nel trattamento economico. Ne sono esempio le diffuse aggressioni, cui si è aggiunto il fenomeno delle dimissioni che, aumentato con la pandemia, ha condotto a casi di burnout. Ad aggravare tale situazione, si assiste poi a un fenomeno di emigrazione all'estero. È stato osservato, inoltre, come sul territorio nazionale i centri urbani maggiori godano di maggiore attrattività, anche in quanto sedi di università.
. Per fare fronte al calo della domanda universitaria, è stata avanzata la proposta di ricalibrare i posti disponibili in modo da impedire l'assorbimento, da parte dei corsi più «gettonati», di potenziali candidati alle professionalità ritenute meno attrattive. La frammentazione professionale in 31 categorie, poi, inibisce la flessibilità operativa e la capacità di programmazione unitaria piuttosto che a compartimenti stagni; occorrerebbe, pertanto, pensare a un accorpamento di taluni percorsi, connesso a competenze multisettoriali.

. Una revisione generale dei percorsi universitari, quindi, sarebbe connessa alla revisione dei percorsi di carriera. L'istituzione di un organismo nazionale a tutela dei fabbisogni, anche formativi, e delle problematiche di volta in volta emergenti, rappresenterebbe un primo passo in tal senso.

. In sede di replica, è stata evidenziata la necessità di includere nell'ambito di una riforma anche il rapporto tra personale sanitario e medici di medicina generale nel passaggio alle Case della comunità.

. 3. Considerazioni conclusive

. La situazione attuale del Servizio sanitario nazionale, così come emersa nel corso dell'indagine conoscitiva, è il frutto di criticità e squilibri che affondano le proprie radici in problematiche di lungo corso, talora individuate e denunciate da tempo, ma alle quali non si è dato seguito con provvedimenti strutturali adeguati. La complessità del sistema, come oggi si presenta, non è dunque da attribuire esclusivamentePag. 42 a fattori contingenti bensì è riconducibile a un processo di progressivo accumulo e stratificazione di ritardi normativi, rigidità organizzative e scelte programmatiche inadeguate, che hanno prodotto un effetto moltiplicatore sulle attuali difficoltà.
. La mancata tempestività di interventi in ambiti cruciali – quali l'eliminazione del tetto di spesa per il personale, la programmazione relativa al reclutamento dello stesso, la governance del sistema, il riconoscimento delle competenze, la riforma delle professioni e l'adeguamento della formazione – ha determinato un circolo vizioso che oggi si manifesta con sempre maggiore evidenza: carenza di personale, disomogeneità territoriale, crisi di attrattività delle professioni sanitarie e crescita del ricorso al lavoro precario.

. Le considerazioni che seguono intendono, dunque, offrire una lettura sistemica delle criticità emerse durante lo svolgimento dell'indagine, alla luce della loro genesi storica, anche per orientare possibili scelte riformatrici che abbiano carattere non più episodico o emergenziale bensì strutturale, organico e proiettato nel medio-lungo periodo. In primo luogo, dall'indagine è emerso che siamo di fronte a una vera e propria emergenza per quanto riguarda le risorse umane e la loro distribuzione geografica, tanto da far parlare di una «desertificazione sanitaria», con particolare gravità nelle aree svantaggiate del Paese. Tale valutazione è stata condivisa sostanzialmente da tutti i soggetti auditi, sia pure con sfumature diverse quando si passa a considerare ciascuna professione sanitaria.

. Per quanto riguarda il personale medico, la situazione è peculiare in quanto, pur essendoci un numero di medici in servizio superiore alla media dei Paesi OCSE (4,2 versus 3,7 per 1.000 abitanti), si registrano tuttavia rilevanti carenze in relazione alla loro presenza in determinate aree geografiche e a talune specializzazioni quali medicina d'emergenza-urgenza, anatomia patologica, radioterapia, come risulta dal numero di borse di specializzazione che non vengono assegnate in quanto considerate, evidentemente, poco attrattive. In particolare, le specializzazioni con minore attrattività – per le quali le borse assegnate sono meno della metà dei posti banditi – sono quasi tutte a forti caratteristiche ospedaliere mentre, per le discipline che hanno notevoli sbocchi lavorativi nel settore privato e in ambito libero-professionale, le borse assegnate raggiungono il 95 per cento. Sicuramente rilevante è il dato per cui il numero di medici di medicina generale sul territorio nazionale è diminuito di seimila unità negli ultimi dieci anni.

. Nel caso degli infermieri, la situazione rappresentata è più drammatica, in quanto il rapporto tra paziente e infermieri si attesta su dati sensibilmente inferiori rispetto alla media dei Paesi dell'OCSE, sia per quanto riguarda il numero degli infermieri ogni mille abitanti (6,5 in Italia contro 9,8 della media dei Paesi OCSE), sia per il rapporto tra infermieri e medici (1,5 in Italia contro 2,6 nei Paesi OCSE). Il problema della carenza di personale infermieristico si pone in termini di sicurezza per i pazienti e per il personale stesso, tanto da rendere necessarie e urgenti azioni sia per incentivare le nuove generazioni verso la professione sia per il mantenimento in servizio di coloro che la esercitano.

. Peraltro, è stato fatto notare come la scarsità di personale nel SSN non riguardi solamente medici ed infermieri, ma anche altre figure Pag. 43professionali. Nel caso dei farmacisti, ad esempio, i numeri attuali impedirebbero lo sviluppo di nuove attività sicuramente utili; in particolare, in ambito ospedaliero, il «farmacista di reparto» potrebbe coadiuvare il medico nella ricognizione, riconciliazione e revisione terapeutica.

. Ulteriori carenze nell'ambito del SSN riguardano, tra gli altri, psicologi, fisioterapisti, tecnici di radiologia, ostetriche, assistenti sociali.

. Rilevata l'assenza di un sistema unico di raccolta dei dati sul personale sanitario, per cui non ci sarebbe coincidenza tra quelli riportati dalla banca dati della Ragioneria dello Stato e quelli del Ministero della salute, è stato indicato, in ogni caso, come particolarmente allarmante il saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni, così come l'innalzamento dell'età media del personale medico e infermieristico. I tetti di spesa per le assunzioni, introdotti dalla legge n. 226 del 2005, impedirebbero il fisiologico e necessario ricambio generazionale nonostante le misure di progressivo superamento dei predetti limiti ad opera del decreto-legge n. 35 del 2019 (cosiddetto decreto «Calabria») e, da ultimo, del decreto-legge n. 73 del 2024.

. Un punto nevralgico toccato dalla gran parte dei soggetti auditi è la mancanza strutturale di risorse: in particolare, nel decennio 2010-2019, la spesa per il personale sanitario è fortemente diminuita. Per fare fronte a situazioni emergenziali, si fa ricorso all'impiego di medici con contratti a tempo determinato, aumentati notevolmente a partire dalla pandemia, ovvero a contratti libero-professionali (cosiddetti gettonisti), il ricorso ai quali è stato più volte stigmatizzato da parte dei soggetti auditi. La carenza di personale ha, inoltre, contribuito alla definizione dell'Accordo tra Governo e Conferenza Stato-Regioni relativamente all'istituzione della figura dell'assistente infermiere, recependo le sperimentazioni già introdotte in tal senso in alcune regioni.

. Altra criticità rilevata da più soggetti auditi è quella della remunerazione del personale sanitario, ritenuta insufficiente e, comunque, inferiore rispetto alla media dei Paesi europei secondo dati OCSE, con una differenza pari al 4 per cento per i medici e al 19 per cento per gli infermieri.

. Tale contesto, aggravato dal deprecabile fenomeno delle aggressioni e dal rischio di burnout a causa dei turni di lavoro gravosi – legati alla carenza di personale, soprattutto in certe aree sanitarie – favorirebbe la cosiddetta «fuga dal Servizio sanitario nazionale» verso il settore privato e verso l'estero, soprattutto a seguito della pandemia. Questi fattori rendono in prospettiva più difficile prevedere le effettive disponibilità di personale.

. I rappresentanti delle professioni infermieristiche e quelli dei fisioterapisti, in particolare, hanno fatto notare come vi sia una scarsa valorizzazione delle loro competenze, dal punto di vista sia retributivo che professionale, con un trattamento economico e prospettive di carriera inferiori rispetto agli standard europei, che non favoriscono l'attrattività del SSN.

. Un altro tema trasversale emerso nel corso dell'indagine attiene alla formazione. Con riferimento al personale medico, diversi soggetti auditi si sono soffermati sulla disomogeneità tra l'offerta formativa universitaria e i fabbisogni lavorativi reali, oltre che sulla questione Pag. 44della retribuzione insufficiente per i medici specializzandi. Inoltre, è stato osservato come le scuole di specializzazione dovrebbero essere organizzate in modo tale da evitare l'attuale eccessiva sproporzione tra il numero dei docenti e quello degli specializzandi.

. In tema di formazione si è posta, inoltre, la questione dell'incongruità del corso di formazione in medicina generale, in quanto svolto al di fuori dell'ambito universitario.

. Un altro problema che, pur afferendo a tutte le professioni sanitarie, riguarda prevalentemente i medici, è costituito dalla situazione in cui si trova la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (CCEPS), organo di appello per le questioni disciplinari relative al personale sanitario, la cui attività risulta attualmente paralizzata dall'enorme mole di lavoro arretrato.

. Da parte dei rappresentanti delle professioni sanitarie diverse dai medici sono state altresì rappresentate alcune problematiche quali l'eterogeneità retributiva, con differenze tra le varie professioni sanitarie in materia di indennità, spesso ingiustificate, e le disparità nell'accesso alla libera professione nonostante le previsioni del decreto-legge n. 34 del 2023, oltre ai casi di sovrapposizione dei ruoli, come avviene ad esempio per le figure che collaborano con l'infermiere, come l'operatore sociosanitario (OSS) e, da ultimo, l'assistente infermiere.

. Con riferimento ad alcune carenze segnalate specificamente da determinate categorie, è stato rilevato come l'inquadramento delle professioni sociosanitarie sia reso difficile dalla mancata attuazione dell'articolo 5 della legge n. 3 del 2018, che prevede per costoro la creazione di una specifica area che include gli OSS.

. Nel quadro di una corretta concezione della salute come benessere biopsicosociale, è emersa la necessità di potenziare la presenza degli psicologi all'interno del SSN. L'approvazione definitiva del testo unificato delle proposte di legge sull'istituzione del servizio di psicologia di base nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, attualmente in corso di esame presso la XII Commissione Affari sociali, è ritenuta fondamentale al fine di potenziare la capacità preventiva nella salute mentale e di promuovere il benessere psicologico. In relazione al predetto concetto di salute, è emersa anche l'esigenza di garantire la presenza nel SSN di un numero adeguato di assistenti sociali, per assicurare la corretta erogazione delle prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria che attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, ai consultori, ai servizi per la salute mentale e le dipendenze.

. I chiropratici, inoltre, hanno lamentato l'assenza di percorsi universitari, nonostante l'avvenuto riconoscimento tra le professioni sanitarie ad opera della legge n. 3 del 2018, mentre gli osteopati la mancata adozione dell'ultimo dei decreti attuativi, relativo alle equipollenze, decisivo ai fini dell'accesso alle strutture del SSN e a quelle convenzionate.

. Dalle risultanze delle audizioni dei rappresentanti delle professioni non riconosciute come sanitarie dalla legge n. 3 del 2018, ma comunque operanti nel sistema sanitario, emerge una serie di criticità connesse, a loro avviso, proprio al mancato riconoscimento delle singole professioni. In particolare, odontotecnici, ottici e optometristi hanno lamentato il fatto che la loro professione è tuttora disciplinata dal risalente decreto n. 1134 del 1928 che, ad esempio, non prevede Pag. 45neppure la figura dell'optometrista, e che sicuramente non è più adeguato a fotografare l'attuale situazione delle predette professioni. La mancata adozione della normativa di attuazione per l'istituzione di un esame di Stato per i laureati in ottica e optometria, poi, impedisce loro l'accesso alla Federazione nazionale dei chimici e fisici. I rappresentanti degli odontotecnici hanno richiesto l'evoluzione in professione sanitaria anche in virtù delle responsabilità derivanti dal Regolamento (UE) 2017/745, che disciplina, tra l'altro, la fabbricazione di dispositivi medici su misura.

. Inoltre, i sociologi hanno fatto presente che il loro mancato riconoscimento è legato all'assenza di un Albo professionale, nonostante siano stati riconosciuti dall'articolo 5 della legge n. 3 del 2018 quale professione sociosanitaria e malgrado le previsioni del decreto-legge n. 71 del 2021, mentre gli ingegneri clinici hanno rilevato come il loro apporto al funzionamento del SSN sia svilito dal mancato riconoscimento della loro specificità professionale, pur integrata a pieno titolo nei processi di cura.

. Nel corso delle audizioni, contestualmente alla descrizione dei profili critici inerenti alle professioni sanitarie, in molti casi sono state altresì prospettate delle proposte di riforma ovvero l'introduzione di misure volte al miglioramento della situazione attuale. Nel concepire una riforma di tipo sistemico, occorre tenere conto del carattere disomogeneo della distribuzione di genere all'interno delle diverse professioni sanitarie, come è stato accertato nel corso dell'indagine. Le risultanze delle audizioni degli Ordini, in particolare, fotografano una situazione in cui vi sono professioni dove le donne rappresentano poco meno della metà dei professionisti totali, come i medici e odontoiatri (44 per cento) o i chimici e fisici (43 per cento), mentre in altri casi le donne superano di poco gli uomini, come nel caso dei fisioterapisti e dei veterinari. Di contro, alcune professioni vedono una presenza femminile assolutamente predominante, quando non pressoché esclusiva: si pensi alle professioni infermieristiche e ai biologi (75 per cento), ai tecnici sanitari (88 per cento), agli psicologi (85 per cento), fino ad arrivare ai dati degli assistenti sociali (93 per cento) e delle ostetriche (quasi il 99 per cento). Talune problematiche riscontrate durante l'indagine, come la carenza di strumenti idonei a sostenere le lavoratrici nella doppia funzione professionale e familiare, si riferiscono soprattutto a quelle professioni connotate da una prevalente presenza femminile. È stata, inoltre, rilevata una sottorappresentanza femminile nelle posizioni apicali, anche all'interno degli Ordini professionali.

. Date le premesse, la grave carenza di personale sanitario richiederebbe, secondo l'opinione prevalente, lo stanziamento di ulteriori risorse per le assunzioni e per la stabilizzazione del personale precario. Parallelamente, viene richiesto al legislatore di porre in essere provvedimenti finalizzati al superamento dei tetti di spesa per le assunzioni, essendo considerati non sufficienti i provvedimenti finora adottati in materia. Al riguardo, è stato fatto tuttavia notare come il problema dell'organico dei medici non attenga ai numeri in senso assoluto bensì alla loro distribuzione sul territorio e tra le varie specializzazioni. È stata, pertanto, evidenziata la necessità di un'effettiva programmazione, che sia adeguata alle previsioni di pensionamenti, invecchiamento della popolazione, fabbisogni professionali e bisogni sanitari emergenti. In Pag. 46proposito, è stata segnalata anche l'opportunità di attendere gli esiti dell'applicazione della riforma sull'accesso ai corsi di laurea in medicina, appena varata.

. Per fare fronte alla situazione attuale, gran parte dei soggetti auditi si è soffermata sulla valorizzazione del personale medico e sanitario, sia sul versante economico che su quello amministrativo, al fine di rendere maggiormente attrattivo il SSN. Da un lato, infatti, è stata prospettata, oltre all'esigenza primaria di rivedere le retribuzioni, anche attraverso indennità di funzione per coloro che svolgono la propria attività in settori di particolare disagio come l'emergenza-urgenza, la possibilità di introdurre incentivi, quali le agevolazioni fiscali. Dall'altro lato, il coinvolgimento degli esercenti le professioni sanitarie nella programmazione e nell'organizzazione delle risorse del SSN (cosiddetto «governo clinico») rappresenterebbe indubbiamente un meccanismo di valorizzazione del personale.

. Da parte di alcuni soggetti auditi, sono state avanzate proposte diverse quali il superamento, a regime, dei limiti posti alla possibilità per tutti i professionisti sanitari impiegati presso il SSN di svolgere concomitante attività libero professionale al di fuori dell'orario di servizio, e dei requisiti di anzianità per l'attribuzione di incarichi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, per favorire il reclutamento di giovani professionisti.

. Una considerazione a sé stante merita il problema della carenza dei medici di medicina generale, anche rispetto alle sue proporzioni e peculiarità. Al riguardo, è emersa l'esigenza di superare le graduatorie regionali, considerate oramai anacronistiche e non utili a una corretta programmazione.

. Per quanto concerne specificamente la carenza di infermieri, diversi soggetti auditi hanno avanzato la proposta di differenziare il relativo trattamento economico in base alla tipologia di attività svolta, prevedendo un incremento delle indennità correlato alla presenza in servizio e ai disagi affrontati. È stata altresì auspicata una revisione della disciplina per l'esercizio professionale, che conferisca a tale figura maggiore autonomia, prevedendo un modello che consenta l'esercizio professionale a livelli crescenti di indennità e funzioni per la figura dell'infermiere generalista, dell'infermiere specialista e dell'infermiere di pratica avanzata. Ad esempio, un infermiere con una formazione post base potrebbe effettuare determinate prescrizioni, anche farmacologiche, entro certi limiti e modalità, ed evadere direttamente le richieste di assistenza domiciliare integrata aventi a oggetto prestazioni che implicano delle medicazioni per le quali oggi occorre una prescrizione medica. Nella prospettiva di superare la situazione attuale, una soluzione prospettata è quella di promuovere corsi universitari serali per OSS che intendano diventare infermieri attraverso il conseguimento della laurea.

. Una riforma richiesta da più parti è la depenalizzazione dell'atto medico e sanitario salvi i casi di colpa grave, dal momento che il timore del contenzioso legale costituisce un disincentivo all'esercizio della professione. Inoltre, la previsione di misure volte a favorire una maggiore protezione contro le aggressioni e per prevenire episodi di burnout rappresenterebbe una prima risposta all'eccessivo stress di cui i professionisti del settore soffrono nella loro attività quotidiana.Pag. 47

. Grande attenzione è stata posta sui temi della formazione e dei medici specializzandi.

. Con riferimento alla formazione, è stata segnalata, in generale, l'esigenza che le università adottino una didattica innovativa, affinché il sistema sia in grado di affrontare sfide come la medicina personalizzata o di precisione, l'intelligenza artificiale, la robotica, la telemedicina. È stata altresì sottolineata l'importanza di sviluppare le competenze comunicative per favorire il dialogo, sia interprofessionale sia con i pazienti e le loro famiglie.

. In molti casi, i rappresentanti delle varie professioni sanitarie si sono soffermati sulla necessità di prevedere un aggiornamento delle rispettive competenze, spesso disciplinate da provvedimenti risalenti – come, ad esempio, il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 – anche per evitare rischi di possibili sovrapposizioni. In particolare, gli infermieri hanno richiesto, oltre alla previsione di prospettive di carriera, una revisione della formazione. Sotto questo profilo, è stata prospettata l'introduzione di lauree magistrali a indirizzo clinico-abilitante e di specializzazioni post lauream, che produca effetti sulle prospettive di carriera e sulla capacità di esercizio autonomo di questa professione.

. Per quanto concerne i medici specializzandi, ad avviso di alcuni soggetti auditi occorrerebbe sostituire le borse di studio con veri e propri contratti di formazione e lavoro da inquadrare nel contratto collettivo dell'area dirigenziale, che riconoscano loro, con le dovute specificità, maggiori tutele giuridiche ed economiche. Quanto al problema, ribadito più volte, delle specializzazioni mediche per le quali la percentuale di borse di studio assegnate è molto bassa, una soluzione indicata è l'introduzione di una formazione «trasversale» nel corso della specializzazione. Inoltre, durante i primi anni di esercizio della professione medica, i giovani medici dovrebbero essere tenuti a svolgere la propria attività per determinati periodi presso le strutture di pronto soccorso e, comunque, nei reparti con maggiori carenze di personale.

. Un'attenzione specifica merita la condizione dei medici di medicina generale, la cui formazione specialistica dovrebbe essere equiparata ai corsi di specializzazione previsti per le altre branche della medicina. Da una prospettiva diversa, i rappresentanti delle altre professioni sanitarie hanno eccepito il fatto che non sia prevista alcuna forma di sostegno economico per coloro che sono iscritti a scuole di specializzazione di area non medica, ipotizzando anche – ad esempio, per i biologi – la possibilità di concorrere per alcune specializzazioni afferenti alla facoltà di medicina, occupando i posti non coperti dai laureati in medicina.

. È stata altresì prospettata l'esigenza di una parziale revisione della legge n. 3 del 2018, che preveda un riordino delle funzioni degli Ordini e delle Federazioni. In tal senso, sono state avanzate alcune proposte di modifica quali: il superamento del livello provinciale a favore di un'organizzazione regionale; l'introduzione del voto elettronico; la possibilità di svolgere in forma associata alcune attività amministrative complesse, al fine di migliorare l'efficienza, soprattutto per gli Ordini di dimensioni minori.

. Per quanto concerne la situazione di forte criticità in cui si trova la CCEPS, è stata evidenziata la necessità di realizzare una riforma Pag. 48complessiva, intervenendo: sulla composizione e sul funzionamento della Commissione, per garantirne una maggiore efficienza; sulle procedure disciplinari, al fine sia di smaltire l'attuale arretrato sia, pro futuro, di accelerare l'iter delle decisioni; sui meccanismi di esecuzione delle decisioni, che assicurino l'effettiva applicazione delle sanzioni disciplinari, con particolare riferimento ai professionisti radiati che allo stato attuale continuano a svolgere la loro attività professionale in attesa del giudizio della Commissione.

. Con riferimento ai modelli organizzativi, diversi rappresentanti di professioni sanitarie hanno evidenziato la necessità – come peraltro già previsto dal decreto ministeriale n. 77 del 2022, di cui si richiede la piena attuazione – di promuovere nelle Case della comunità un approccio operativo multidisciplinare, integrando nelle équipe professionisti sanitari e sociosanitari diversi dai medici (quali, ad esempio, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali, logopedisti), previa ridefinizione delle relative competenze e responsabilità, con il fine ultimo di assicurare la continuità assistenziale. Al riguardo, i medici di medicina generale hanno rilevato come, anche al fine di attrarre giovani professionisti, sia indispensabile una definizione chiara del ruolo e dei compiti del medico di medicina generale all'interno delle nuove strutture previste dal DM n. 77 del 2022.

. Nel quadro di un ripensamento dei modelli organizzativi, analogamente a quanto è stato rilevato in materia di formazione, non si può non tenere conto del ruolo crescente della sanità digitale, dell'intelligenza artificiale e delle tecnologie sanitarie avanzate, sia nei percorsi di cura che nell'organizzazione dei servizi.