ALLEGATO 1
7-00007 Vietri concernente iniziative per aggiornare gli standard
per la distribuzione dei punti nascita.
NUOVO TESTO DELLA RISOLUZIONE
La XII Commissione,
premesso che:
l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha individuato nel miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino uno degli obiettivi sanitari prioritari a livello mondiale, rilevando, altresì, come gravidanza, parto e allattamento rappresentino situazioni delicate e particolari nella vita di una donna;
l'accordo del 16 dicembre 2010, recante «Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», adottato ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (in sede di Conferenza unificata), ha definito gli elementi tecnico-organizzativi per il miglioramento della qualità, appropriatezza e sicurezza del percorso nascita;
si tratta di 10 linee guida complementari e sinergiche che, nella logica del documento, avrebbero dovuto essere implementate congiuntamente a livello nazionale, regionale e locale: misure quali l'analisi del contesto assistenziale a livello regionale e locale, l'elaborazione, diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza del percorso nascita, le procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto, la formazione degli operatori, il monitoraggio e verifica delle attività e l'istituzione di un Comitato interistituzionale per il Percorso Nascita (CPNn), con la funzione di coordinamento permanente;
in particolare, la prima di tali linee guida, recante misure di politica sanitaria e di accreditamento, ha previsto la razionalizzazione e riduzione progressiva dei punti nascita, arrivando alla determinazione dello standard di 500 parti annui, identificato come volume minimo di parti idoneo a giustificare il mantenimento in attività dei punti nascita;
con successivo provvedimento, adottato con il decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, sono stati definiti gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza ospedaliera, per garantire livelli di assistenza adeguati alle migliori tecniche, al fine di garantire il diritto costituzionale alla salute;
il Comitato Percorso Nascita nazionale (CPNn), costituito con decreto ministeriale 12 aprile 2011, ricostituito con decreto ministeriale 11 aprile 2018, supporta tutte le regioni e province autonome nell'attuare le migliori strategie di riorganizzazione dei punti nascita e verifica che siano coerenti con quanto definito nell'accordo Stato-regioni, con «piena facoltà di declinare e rendere operative opportune misure di monitoraggio sui requisiti operativi, tecnologici e di sicurezza dei Punti nascita di I e II Livello, sull'integrazione tra i Livelli di assistenza materno/neonatale territoriale e ospedaliera, sulla piena implementazione delle Linee Guida nazionali relative agli aspetti materno/neonatali e sulla formazione del personale»;
il decreto ministeriale 11 novembre 2015, che ha integrato i compiti del Comitato percorso nascita nazionale, ha introdotto la possibilità di derogare a questo standard «in condizioni orograficamente difficili», ma la relativa procedura, richiedendo l'attivazione ed il dispiegamento di un iter burocratico complesso e articolato, Pag. 73risulta estremamente macchinosa e «scarica» sull'ente territoriale richiedente tutta una serie di onerosi adempimenti; una procedura oggettivamente inidonea a garantire la capacità istituzionale di rispondere alla richiesta di un servizio sanitario essenziale, come l'assistenza nella delicatissima fase del parto, con conseguenti gravi e reiterati disagi che si registrano su tutto il territorio nazionale e che incidono, tra l'altro, sul principio di eguaglianza e sulla parità di trattamento dei cittadini nell'erogazione dei servizi;
il dato che finora ha giocato a sfavore del mantenimento dei punti nascita a piccolo volume di attività è stato soprattutto l'aspetto economico, ma utilizzare il solo indice numerico dei 500 parti all'anno appare, oggi più che mai, riduttivo e non appropriato, soprattutto alla luce del contesto demografico nazionale;
un punto nascita di piccole dimensioni con personale motivato, formato per le emergenze ostetriche in un ospedale con una buona organizzazione e ben coordinato con un grosso ospedale di riferimento e con Areu/118, può avere risultati uguali se non migliori di un punto nascita a maggior volume di attività ma senza alcune delle caratteristiche sopra citate;
a questo si associa anche la considerazione che spesso i punti nascita piccoli hanno condizioni strutturali e organizzative che possono favorire un'accoglienza e una gestione dell'evento nascita più familiare e meno istituzionale;
un ragionamento completamente diverso deve essere fatto, poi, per i piccoli ospedali in aree particolarmente disagiate come possono essere le aree di montagna e le isole; in queste situazioni, le condizioni climatiche e i tempi di percorrenza tra la residenza della donna in stato di gravidanza e un grosso punto nascita di riferimento possono compromettere la sicurezza molto di più dell'espletare il parto in un piccolo ospedale di montagna o insulare;
se è vero, peraltro, che il citato decreto ministeriale n. 70 del 2015, per ciò che attiene al mantenimento dei punti nascita, orienta a circa 1.000 parti la soglia ottimale per ciascuno e comunque non meno di 500, è altrettanto vero che dal 2015 ad oggi la percentuale di natività è scesa del 25 per cento, circostanza che dovrebbe far rivedere i parametri stessi della norma;
come è, purtroppo, noto, infatti, in Italia continua a registrarsi il record negativo delle nascite; una tendenza alla recessione demografica già in atto da anni e accentuata dalla pandemia COVID-19: dal report Istat sulla natalità e fecondità della popolazione residente in Italia emerge che nel 2020 i nati sono stati 404.892 (-15 mila sul 2019); un trend confermato anche nel 2021 in cui il numero dei nati è stato di 399.431 persone; i nuovi nati non raggiungono quindi le 400 mila unità, diminuendo dell'1,3 per cento rispetto al 2020 e quasi del 31 per cento rispetto al 2008;
si tratta di statistiche demografiche che non possono non avere un forte impatto anche sui punti nascita, nei quali evidentemente nascono sempre meno bambini; tale contesto nazionale, unitamente all'applicazione automatica di un criterio meramente numerico ha, infatti, comportato una significativa contrazione, dal 2010 ad oggi, dei reparti nascita soprattutto nelle aree territoriali interne dove incombono difficoltà di natura economica, di carenza di infrastrutture e di un costante calo demografico nello specifico per le fasce di età in cui statisticamente le donne concepiscono il primo figlio;
sono diversi e distribuiti variamente sull'intero territorio nazionale, da Nord a Sud, i territori che hanno avviato una lunga trafila, burocratica prima e giurisdizionale poi, per portare avanti la legittima battaglia per la garanzia di un presidio assistenziale e ospedaliero essenziale per la natalità e per la salute di donne e bambini, e sollecitato il Governo a che fosse avviata una riflessione in ordine all'opportunità di rimodulare la rete dei punti nascita, superando o comunque rivedendo il criterio dei 500 parti annui come soglia minima per mantenere in attività un punto nascita;
Pag. 74solo a titolo esemplificativo, la regione Lombardia, nel giugno 2016 e nel febbraio 2017, ha chiesto la deroga per mantenere aperti i punti nascita dei reparti degli ospedali di Angera (Varese), Oglio Po di Casalmaggiore (Cremona), Piario (Bergamo) e uno tra Gravedona (Como) e Chiavenna (Sondrio);
la regione Campania in un comunicato stampa del 13 novembre 2018 ha dichiarato che la deroga richiesta al Governo prevista per le aree disagiate del territorio, in riferimento ai punti nascita nei presìdi ospedalieri, ha ricevuto parere sfavorevole per i punti nascita di Piedimonte Matese, Polla e Sapri. La regione Emilia-Romagna in un comunicato stampa del 24 gennaio 2020 ha annunciato la riattivazione dei punti nascita di Alto Reno Terme (Bologna), Pavullo nel Frignano (Modena), Castelnuovo ne' Monti (Reggio Emilia) e Borgo Val di Taro (Parma), chiusi nel 2017 nonostante le richieste di deroga non accolte, ma ad oggi tali punti nascita risultano ancora non operativi;
in Campania la rete dei punti nascita è un sistema a orditura stretta se si guarda al numero assoluto di nidi distribuiti tra ospedali pubblici e case di cura accreditate, ma con strappi, usure e tenuta a rischio su sicurezza e livelli di assistenza se si volge lo sguardo al collegamento funzionale con le Ginecologie e i reparti di Terapia intensiva neonatale (Tin);
particolarmente amara la chiusura del reparto di ginecologia e ostetricia presso l'ospedale Santa Maria dell'Olmo di Cava de' Tirreni e l'accorpamento all'azienda ospedaliera di Salerno, a cui fa eco il pessimo stato dei consultori pubblici; una situazione, quella attuale, che mette seriamente a rischio la salute della donna e del nascituro e la tutela del diritto alla salute, costituzionalmente garantito;
lo stesso Ministro della salute pro tempore, nel gennaio 2019, si dichiarava pronto a «lavorare con le regioni in vista di una rimodulazione dei punti nascita»; un impegno, ad oggi, risulta disatteso in assenza di provvedimenti volti a risolvere più criticità e disagi derivanti dall'applicazione di detto parametro all'organizzazione della rete ospedaliera territoriale;
anche la Conferenza Stato-regioni nella riunione del 18 dicembre 2019 ha sancito l'intesa concernente il patto per la salute per gli anni 2019-2021, convenendo sulla necessità di revisione del decreto sugli standard ospedalieri, aggiornandone i contenuti sulla base delle evidenze e delle criticità di implementazione individuate dalle diverse regioni, nonché integrandolo con indirizzi specifici per alcune tipologie di ambiti assistenziali e prevedendo specifiche deroghe per le regioni più piccole;
serve una sanità pubblica di prossimità, nell'ospedale e nel territorio, che garantisca il diritto alle prestazioni e ripensi le politiche socio-sanitarie in un'ottica di centralità della qualità dell'assistenza e della presa in carico delle persone;
l'articolo 32 della Costituzione recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»,
impegna il Governo
per quanto di competenza, a:
a) aggiornare gli standard per la distribuzione dei punti nascita, al fine di assicurare la salute delle partorienti e dei neonati e garantire loro la sicurezza delle prestazioni assistenziali, assicurando al contempo l'adeguatezza delle strutture e la garanzia dell'assistenza in modo omogeneo ed efficiente su tutto il territorio nazionale;
b) valutare nuovi protocolli di sicurezza volti a garantire elevati standard operativi, tecnologici e di sicurezza dei punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui per i quali vengano avanzate richieste di mantenimento delle loro attività da parte delle regioni e delle province autonome, in deroga a quanto previsto dall'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010;
c) valutare la possibilità di adoperarsi per ridurre le disparità territoriali, a cominciarePag. 75 dal divario tra regioni del centro-nord e regioni del sud, considerando tra i criteri idonei per l'attivazione o il mantenimento di un punto nascita la posizione geografica, con particolare riguardo alle zone disagiate, la densità di popolazione, con particolare riguardo ai Comuni con più di 15.000 abitanti, o la lontananza da altri punti nascita, senza tuttavia sacrificare alcuna garanzia di sicurezza;
d) valutare la possibilità di adottare iniziative volte a definire il fabbisogno del personale sanitario, medico e ostetrico del punto nascita, uniformemente su tutto il territorio nazionale, in relazione al livello assistenziale e alle prestazioni erogate nonché in relazione alla capacità di risposta ai bisogni di madre e neonato, anche prevedendo, nel rispetto dei vincoli di bilancio, le risorse finanziarie necessarie per l'incremento degli organici al fine di garantire una presa in carico adeguata in tutti i contesti, per potenziare e migliorare la dotazione tecnologica delle strutture sanitarie, per migliorare la qualità professionale e le competenze in materia di sicurezza in sala parto e per garantire in tale ambito la formazione professionale e l'aggiornamento scientifico;
e) verificare che in relazione all'autorizzazione e accreditamento istituzionale delle strutture, sulla base di differenti livelli di assistenza ostetrica e neonatale, siano effettivamente assicurate e adeguatamente formate le risorse umane necessarie, tenendo conto dei carichi di lavoro e delle varie figure professionali coinvolte nel processo assistenziale, ovviando a ogni eventuale carenza attraverso gli strumenti normativi di competenza;
f) predisporre linee guida volte a ridurre, ove possibile, l'approccio medicalizzato, favorendo l'umanizzazione del percorso nascita, rafforzando l'informazione, sia per gli aspetti legati al parto sia per quelli relativi ai loro bambini, l'accoglienza, la riduzione del dolore e dello stress, l'accompagnamento dei neogenitori alla cura del bambino e il relativo supporto psicologico;
g) al fine della garanzia della salute delle donne in tutti i punti nascita, adottare iniziative affinché le sale parto siano attrezzate con personale adeguato, sia in termini professionali sia numerici, e informato sulle procedure assistenziali, farmacologiche e non, di gestione del dolore in travaglio di parto;
h) valutare la possibilità di predisporre programmi di screening per l'individuazione delle donne a rischio di sviluppare depressione post partum, come parte integrante della valutazione del benessere psicofisico della donna, avendo cura di cogliere in maniera attenta e tempestiva qualsiasi criticità correlata al post partum.
(7-00007) «Vietri, Foti, Ciocchetti, Morgante, Schifone, Maccari, Rosso, Ciancitto, Colosimo, Lancellotta».
ALLEGATO 2
7-00007 Vietri concernente iniziative per aggiornare gli standard
per la distribuzione dei punti nascita.
ULTERIORE NUOVO TESTO DELLA RISOLUZIONE
APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La XII Commissione,
premesso che:
l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha individuato nel miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino uno degli obiettivi sanitari prioritari a livello mondiale, rilevando, altresì, come gravidanza, parto e allattamento rappresentino situazioni delicate e particolari nella vita di una donna;
l'accordo del 16 dicembre 2010, recante «Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», adottato ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (in sede di Conferenza unificata), ha definito gli elementi tecnico-organizzativi per il miglioramento della qualità, appropriatezza e sicurezza del percorso nascita;
si tratta di 10 linee guida complementari e sinergiche che, nella logica del documento, avrebbero dovuto essere implementate congiuntamente a livello nazionale, regionale e locale: misure quali l'analisi del contesto assistenziale a livello regionale e locale, l'elaborazione, diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza del percorso nascita, le procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto, la formazione degli operatori, il monitoraggio e verifica delle attività e l'istituzione di un Comitato interistituzionale per il Percorso Nascita (CPNn), con la funzione di coordinamento permanente;
in particolare, la prima di tali linee guida, recante misure di politica sanitaria e di accreditamento, ha previsto la razionalizzazione e riduzione progressiva dei punti nascita, arrivando alla determinazione dello standard di 500 parti annui, identificato come volume minimo di parti idoneo a giustificare il mantenimento in attività dei punti nascita;
con successivo provvedimento, adottato con il decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, sono stati definiti gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza ospedaliera, per garantire livelli di assistenza adeguati alle migliori tecniche, al fine di garantire il diritto costituzionale alla salute;
il Comitato Percorso Nascita nazionale (CPNn), costituito con decreto ministeriale 12 aprile 2011, ricostituito con decreto ministeriale 11 aprile 2018, supporta tutte le regioni e province autonome nell'attuare le migliori strategie di riorganizzazione dei punti nascita e verifica che siano coerenti con quanto definito nell'accordo Stato-regioni, con «piena facoltà di declinare e rendere operative opportune misure di monitoraggio sui requisiti operativi, tecnologici e di sicurezza dei Punti nascita di I e II Livello, sull'integrazione tra i Livelli di assistenza materno/neonatale territoriale e ospedaliera, sulla piena implementazione delle Linee Guida nazionali relative agli aspetti materno/neonatali e sulla formazione del personale»;
il decreto ministeriale 11 novembre 2015, che ha integrato i compiti del Comitato percorso nascita nazionale, ha introdotto la possibilità di derogare a questo standard «in condizioni orograficamente Pag. 77difficili», ma la relativa procedura, richiedendo l'attivazione ed il dispiegamento di un iter burocratico complesso e articolato, risulta estremamente macchinosa e «scarica» sull'ente territoriale richiedente tutta una serie di onerosi adempimenti; una procedura oggettivamente inidonea a garantire la capacità istituzionale di rispondere alla richiesta di un servizio sanitario essenziale, come l'assistenza nella delicatissima fase del parto, con conseguenti gravi e reiterati disagi che si registrano su tutto il territorio nazionale e che incidono, tra l'altro, sul principio di eguaglianza e sulla parità di trattamento dei cittadini nell'erogazione dei servizi;
il dato che finora ha giocato a sfavore del mantenimento dei punti nascita a piccolo volume di attività è stato soprattutto l'aspetto economico, ma utilizzare il solo indice numerico dei 500 parti all'anno appare, oggi più che mai, riduttivo e non appropriato, soprattutto alla luce del contesto demografico nazionale;
un punto nascita di piccole dimensioni con personale motivato, formato per le emergenze ostetriche in un ospedale con una buona organizzazione e ben coordinato con un grosso ospedale di riferimento e con Areu/118, può avere risultati uguali se non migliori di un punto nascita a maggior volume di attività ma senza alcune delle caratteristiche sopra citate;
a questo si associa anche la considerazione che spesso i punti nascita piccoli hanno condizioni strutturali e organizzative che possono favorire un'accoglienza e una gestione dell'evento nascita più familiare e meno istituzionale;
un ragionamento completamente diverso deve essere fatto, poi, per i piccoli ospedali in aree particolarmente disagiate come possono essere le aree di montagna e le isole; in queste situazioni, le condizioni climatiche e i tempi di percorrenza tra la residenza della donna in stato di gravidanza e un grosso punto nascita di riferimento possono compromettere la sicurezza molto di più dell'espletare il parto in un piccolo ospedale di montagna o insulare;
se è vero, peraltro, che il citato decreto ministeriale n. 70 del 2015, per ciò che attiene al mantenimento dei punti nascita, orienta a circa 1.000 parti la soglia ottimale per ciascuno e comunque non meno di 500, è altrettanto vero che dal 2015 ad oggi la percentuale di natività è scesa del 25 per cento, circostanza che dovrebbe far rivedere i parametri stessi della norma;
come è, purtroppo, noto, infatti, in Italia continua a registrarsi il record negativo delle nascite; una tendenza alla recessione demografica già in atto da anni e accentuata dalla pandemia COVID-19: dal report Istat sulla natalità e fecondità della popolazione residente in Italia emerge che nel 2020 i nati sono stati 404.892 (-15 mila sul 2019); un trend confermato anche nel 2021 in cui il numero dei nati è stato di 399.431 persone; i nuovi nati non raggiungono quindi le 400 mila unità, diminuendo dell'1,3 per cento rispetto al 2020 e quasi del 31 per cento rispetto al 2008;
si tratta di statistiche demografiche che non possono non avere un forte impatto anche sui punti nascita, nei quali evidentemente nascono sempre meno bambini; tale contesto nazionale, unitamente all'applicazione automatica di un criterio meramente numerico ha, infatti, comportato una significativa contrazione, dal 2010 ad oggi, dei reparti nascita soprattutto nelle aree territoriali interne dove incombono difficoltà di natura economica, di carenza di infrastrutture e di un costante calo demografico nello specifico per le fasce di età in cui statisticamente le donne concepiscono il primo figlio;
sono diversi e distribuiti variamente sull'intero territorio nazionale, da Nord a Sud, i territori che hanno avviato una lunga trafila, burocratica prima e giurisdizionale poi, per portare avanti la legittima battaglia per la garanzia di un presidio assistenziale e ospedaliero essenziale per la natalità e per la salute di donne e bambini, e sollecitato il Governo a che fosse avviata una riflessione in ordine all'opportunità di rimodulare la rete dei punti nascita, superando o comunque rivedendo il criterio dei Pag. 78500 parti annui come soglia minima per mantenere in attività un punto nascita;
solo a titolo esemplificativo, la regione Lombardia, nel giugno 2016 e nel febbraio 2017, ha chiesto la deroga per mantenere aperti i punti nascita dei reparti degli ospedali di Angera (Varese), Oglio Po di Casalmaggiore (Cremona), Piario (Bergamo) e uno tra Gravedona (Como) e Chiavenna (Sondrio);
la regione Campania in un comunicato stampa del 13 novembre 2018 ha dichiarato che la deroga richiesta al Governo prevista per le aree disagiate del territorio, in riferimento ai punti nascita nei presìdi ospedalieri, ha ricevuto parere sfavorevole per i punti nascita di Piedimonte Matese, Polla e Sapri. La regione Emilia-Romagna in un comunicato stampa del 24 gennaio 2020 ha annunciato la riattivazione dei punti nascita di Alto Reno Terme (Bologna), Pavullo nel Frignano (Modena), Castelnuovo ne' Monti (Reggio Emilia) e Borgo Val di Taro (Parma), chiusi nel 2017 nonostante le richieste di deroga non accolte, ma ad oggi tali punti nascita risultano ancora non operativi;
in Campania la rete dei punti nascita è un sistema a orditura stretta se si guarda al numero assoluto di nidi distribuiti tra ospedali pubblici e case di cura accreditate, ma con strappi, usure e tenuta a rischio su sicurezza e livelli di assistenza se si volge lo sguardo al collegamento funzionale con le Ginecologie e i reparti di Terapia intensiva neonatale (Tin);
particolarmente amara la chiusura del reparto di ginecologia e ostetricia presso l'ospedale Santa Maria dell'Olmo di Cava de' Tirreni e l'accorpamento all'azienda ospedaliera di Salerno, a cui fa eco il pessimo stato dei consultori pubblici; una situazione, quella attuale, che mette seriamente a rischio la salute della donna e del nascituro e la tutela del diritto alla salute, costituzionalmente garantito;
lo stesso Ministro della salute pro tempore, nel gennaio 2019, si dichiarava pronto a «lavorare con le regioni in vista di una rimodulazione dei punti nascita»; un impegno, ad oggi, risulta disatteso in assenza di provvedimenti volti a risolvere più criticità e disagi derivanti dall'applicazione di detto parametro all'organizzazione della rete ospedaliera territoriale;
anche la Conferenza Stato-regioni nella riunione del 18 dicembre 2019 ha sancito l'intesa concernente il patto per la salute per gli anni 2019-2021, convenendo sulla necessità di revisione del decreto sugli standard ospedalieri, aggiornandone i contenuti sulla base delle evidenze e delle criticità di implementazione individuate dalle diverse regioni, nonché integrandolo con indirizzi specifici per alcune tipologie di ambiti assistenziali e prevedendo specifiche deroghe per le regioni più piccole;
serve una sanità pubblica di prossimità, nell'ospedale e nel territorio, che garantisca il diritto alle prestazioni e ripensi le politiche socio-sanitarie in un'ottica di centralità della qualità dell'assistenza e della presa in carico delle persone;
l'articolo 32 della Costituzione recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»,
impegna il Governo
per quanto di competenza, a:
a) aggiornare gli standard per la distribuzione dei punti nascita, al fine di assicurare la salute delle partorienti e dei neonati e garantire loro la sicurezza delle prestazioni assistenziali, assicurando al contempo l'adeguatezza delle strutture e la garanzia dell'assistenza in modo omogeneo ed efficiente su tutto il territorio nazionale;
b) valutare nuovi protocolli di sicurezza volti a garantire elevati standard operativi, tecnologici e di sicurezza dei punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui per i quali vengano avanzate richieste di mantenimento delle loro attività da parte delle regioni e delle province autonome, in deroga a quanto previsto dall'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010;
Pag. 79c) valutare la possibilità di adoperarsi per ridurre le disparità territoriali, a cominciare dal divario tra regioni del centro nord e regioni del sud, considerando tra i criteri idonei per l'attivazione o il mantenimento di un punto nascita la posizione geografica, con particolare riguardo alle zone disagiate, la densità di popolazione, con particolare riguardo ai Comuni con più di 15.000 abitanti, o la lontananza da altri punti nascita, senza tuttavia sacrificare alcuna garanzia di sicurezza;
d) valutare la possibilità di adottare iniziative volte a definire il fabbisogno del personale sanitario, medico e ostetrico del punto nascita, uniformemente su tutto il territorio nazionale, in relazione al livello assistenziale e alle prestazioni erogate nonché in relazione alla capacità di risposta ai bisogni di madre e neonato, anche prevedendo, nel rispetto dei vincoli di bilancio, le risorse finanziarie necessarie per l'incremento degli organici al fine di garantire una presa in carico adeguata in tutti i contesti, per potenziare e migliorare la dotazione tecnologica delle strutture sanitarie, per migliorare la qualità professionale e le competenze in materia di sicurezza in sala parto e per garantire in tale ambito la formazione professionale e l'aggiornamento scientifico;
e) verificare che in relazione all'autorizzazione e accreditamento istituzionale delle strutture, sulla base di differenti livelli di assistenza ostetrica e neonatale, siano effettivamente assicurate e adeguatamente formate le risorse umane necessarie, tenendo conto dei carichi di lavoro e delle varie figure professionali coinvolte nel processo assistenziale, ovviando a ogni eventuale carenza attraverso gli strumenti normativi di competenza;
f) predisporre linee guida volte a ridurre, ove possibile, l'approccio medicalizzato, favorendo l'umanizzazione del percorso nascita, rafforzando l'informazione, sia per gli aspetti legati al parto sia per quelli relativi ai loro bambini, l'accoglienza, la riduzione del dolore e dello stress, l'accompagnamento dei neogenitori alla cura del bambino e il relativo supporto psicologico;
g) al fine della garanzia della salute delle donne in tutti i punti nascita, adottare iniziative affinché le sale parto siano attrezzate con personale adeguato, sia in termini professionali sia numerici, e informato sulle procedure assistenziali, farmacologiche e non, di gestione del dolore in travaglio di parto;
h) valutare la possibilità, nel rispetto dei limiti di bilancio, di predisporre programmi di screening per l'individuazione delle donne a rischio di sviluppare depressione post partum, come parte integrante della valutazione del benessere psicofisico della donna, avendo cura di cogliere in maniera attenta e tempestiva qualsiasi criticità correlata al post partum.
(8-00006) «Vietri, Foti, Ciocchetti, Morgante, Schifone, Maccari, Rosso, Ciancitto, Colosimo, Lancellotta».
ALLEGATO 3
7-00053 Zanella concernente iniziative per aggiornare gli standard
per la distribuzione dei punti nascita.
NUOVO TESTO DELLA RISOLUZIONE
APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La XII Commissione,
premesso che:
l'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010, ha definito le «Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», indicando tutti gli aspetti organizzativi da perseguire per il miglioramento della qualità, appropriatezza e sicurezza del percorso nascita, con l'obiettivo di razionalizzare i punti nascita con un numero di parti inferiore a 1.000 unità, e comunque non inferiore a 500;
il decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, ha disposto gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza ospedaliera, per garantire livelli di assistenza adeguati alle migliori tecniche e il diritto costituzionale alla salute;
il Comitato Percorso Nascita nazionale (CPNn), costituito con decreto ministeriale 12 aprile 2011, rinnovato con decreto ministeriale 11 aprile 2018, è il riferimento per tutte le regioni e province autonome per attuare le migliori strategie di riorganizzazione dei punti nascita e verifica coerenti con quanto definito nell'accordo Stato-regioni;
in base alla valutazione di parametri oggettivi, è prevista la possibilità di richiedere la deroga finalizzata a mantenere aperti punti nascita con meno di 500 nascite l'anno: quando i presidi più vicini a quello che andrebbe chiuso sono distanti in termini di tempo di percorrenza della strada, tenuto conto delle caratteristiche orografiche del luogo e del clima. In caso di deroga il punto nascita locale deve restare aperto anche se con meno di 500 nascite l'anno, ma va garantita la sicurezza dotandolo di personale adeguato, garantendo la presenza di personale ostetrico, medico/ginecologico, medico anestesiologico, medico pediatrico/neonatologico;
con decreto ministeriale 11 novembre 2015, al CPNn è stato attribuito anche il compito di esprimere un parere consultivo in merito alle richieste di deroga relativamente a punti nascita con volumi di nascite inferiori ai 500 parti all'anno formalizzate da regioni e province autonome, al fine di valutare gli standard operativi, tecnologici e di sicurezza del punto nascita oggetto della deroga;
in Italia continua a registrarsi il record negativo delle nascite: nel 2021 i nuovi nati sono stati solo 400.249, in calo di 4.643 unità rispetto al 2020 (-1,1 per cento) anche se, allo stesso tempo, il numero medio di figli per donna si è rivelato di 1,25, pressoché immutato rispetto ai dodici mesi precedenti (1,24). Si tratta di un valore di poco superiore al minimo storico di 1,19 del 1995, ma, secondo l'Istat, questo è dato unicamente dal contributo delle residenti straniere;
secondo i dati provvisori di gennaio-settembre dell'Istat nel 2022, le nascite sono circa 6 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021 questo significa che il 2022 sarà il primo anno sotto quota 400 mila nuovi nati nella storia del Paese;
alla base della natalità c'è, da un lato, la diminuzione delle donne in età fertile, fissata dai 15 ai 49 anni. Il problema più evidente, però, è che le coppie italiane Pag. 81faticano a formare nuove famiglie. Secondo i dati del 2021 i figli primogeniti, infatti, sono il 2,9 per cento in meno rispetto 2020 (-5.657) e il 34,5 per cento in meno rispetto al 2008;
dall'attuazione della normativa relativa ai punti nascita si è verificata una progressiva chiusura dei reparti in particolare nelle aree territoriali interne dove incombono difficoltà di natura economica, di carenza di infrastrutture e di personale, tenuto conto del continuo calo demografico per le fasce di età in cui statisticamente le donne concepiscono il primo figlio;
da parte delle regioni si è assistito a continue richieste di deroghe non sempre accolte dal CPNn ed ancora oggi si assiste alla nascita di bambine e bambini nati in condizioni di vita ottimali grazie al fatto che potevano contare su punti nascita vicini ma che secondo gli standard qualitativi in vigore avrebbero ricevuto parere negativo del CPNn alla richiesta di deroga al decreto ministeriale n. 70 del 2015;
le dimensioni dei punti nascita, dunque, non possono essere l'unico parametro di cui tenere conto nel valutare la qualità di un punto nascita. Infatti l'accordo Stato-regioni cita altri fattori determinanti e tra questi: gli incontri per l'accompagnamento alla nascita, il rispetto della fisiologia, l'offerta della partoanalgesia, la continuità assistenziale, l'integrazione tra struttura ospedaliera e i consultori e altri presidi sul territorio, la corretta informazione attraverso la redazione di una carta dei servizi. È sempre da tenere in grande considerazione che nella validità della struttura non conta solo il fattore sicurezza, ma anche l'appropriatezza delle cure, la qualità percepita dalle donne che partoriscono, la positività della loro esperienza;
la scheda 15 del patto per la salute per gli anni 2019-2021 aveva evidenziato la necessità di porre mano ad una revisione del decreto sugli standard ospedalieri, aggiornandone i contenuti sulla base delle evidenze e delle criticità di implementazione individuate dalle diverse regioni, nonché integrandolo con indirizzi specifici per alcune tipologie di ambiti assistenziali e prevedendo deroghe per le regioni più piccole;
le regioni hanno autonomia nella scelta dei punti nascita da chiudere. Anche in caso di mancata deroga da parte del Ministero, la regione può mantenere aperto un punto nascita garantendo la guardia attiva giorno e notte di ginecologo, ostetrica, anestesista e neonatologo, come previsto dall'accordo del 2010;
in Italia le morti materni sono 9 ogni 100.000 nati vivi. Nel 2019 è stato pubblicato il primo rapporto sulla mortalità materna che riassume i dati relativi agli anni 2013-2017 raccolti dal sistema di sorveglianza della mortalità materna (Italian Obstetric Surveillance System-ItOSS);
tra le morti per cause ostetriche prevalgono le emorragie, i disordini ipertensivi della gravidanza e la trombo-embolia, che coprono quasi il 70 per cento dei casi. Tra le morti materne dovute a cause non ostetriche prevalgono invece le patologie cardiovascolari e la sepsi. L'emorragia del post-partum (le prime due ore dopo il parto) rappresenta la più comune causa di morte materna correlata alla gravidanza;
la sepsi costituisce una importante causa di morte, ed un problema molto complesso, difficile da gestire. L'incidenza della sepsi è di circa 1/1000 parti, e si complica nello shock settico in un caso ogni 8000 parti circa;
il taglio cesareo elettivo è un fattore di rischio che aumenta la mortalità materna e a tal fine si richiama l'attenzione sulle raccomandazioni dell'Oms che danno indicazioni in merito alla necessità di contenere il ricorso a tagli cesarei non appropriati;
resta fondamentale la garanzia della salute delle donne in tutti i punti nascita che devono avere un'organizzazione che preveda: criteri minimi in termini di personale medico ed ostetrico; sale parto adeguatamente attrezzate; personale adeguato sia in termini di numeri e di preparazione, in tale ambito la formazione professionale, Pag. 82l'aggiornamento scientifico, i corsi di simulazione sono fondamentali. È essenziale garantire che il parto avvenga in condizioni di sicurezza per la mamma ed il bambino, solo in questo modo è possibile ridurre la mortalità materna in tutti i punti nascita indipendentemente dal fatto che siano grandi o che abbiano ottenuto la deroga o che siano stati lasciati aperti dalle regioni, sia quelle in equilibrio economico che in piano di rientro dal deficit,
impegna il Governo:
a valutare la possibilità di assumere iniziative volte ad attuare, d'intesa con le regioni e le province autonome, la scheda 15 del patto per la salute per gli anni 2019-2021, procedendo alla revisione del decreto sugli standard ospedalieri, aggiornandone i contenuti sulla base delle evidenze e delle criticità di implementazione individuate dalle regioni e dalle province autonome, nonché integrandolo con indirizzi specifici per alcune tipologie di ambiti assistenziali, in particolare nei territori svantaggiati e prevedendo deroghe per le regioni più piccole, garantendo al contempo la salute delle partorienti e dei neonati, nonché garantendo loro la sicurezza delle prestazioni assistenziali;
ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire la presenza e la distribuzione dei punti nascita al fine di assicurare la salute delle partorienti e dei neonati e garantire loro la sicurezza delle prestazioni assistenziali, assicurando al contempo l'adeguatezza delle strutture e la garanzia dell'assistenza in modo omogeneo ed efficiente su tutto il territorio nazionale;
ad adottare iniziative di competenza volte a definire protocolli di sicurezza volti a garantire elevati standard operativi, tecnologici e di sicurezza dei punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui per i quali vengono avanzate richieste di mantenimento delle rispettive attività da parte delle regioni e delle province autonome, in deroga a quanto previsto dall'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010;
al fine della garanzia della salute delle donne in tutti i punti nascita, ad adottare iniziative, per i profili di competenza, attese le dirette funzioni delle regioni per gli aspetti organizzativi, affinché le sale parto siano attrezzate, con personale adeguato sia in termini professionali che numerici e informato sulle modalità di gestione del dolore in travaglio di parto, ed in tale ambito a garantire la formazione professionale, l'aggiornamento scientifico;
per quanto concerne i parti cesarei, ad assumere tutte le iniziative finalizzate ad ottemperare a quanto indicato dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che raccomanda, come valore ideale, una proporzione rispetto alle nascite del 15 per cento;
a valutare la possibilità di adottare iniziative di competenza volte a definire il fabbisogno del personale del punto nascita, uniformemente su tutto il territorio nazionale, in relazione al livello assistenziale e alle prestazioni erogate nonché in relazione alla capacità di risposta ai bisogni di madre e neonato;
ad adottare iniziative di competenza volte a verificare che la carta dei servizi e per il percorso nascita sia stata definita da tutte le aziende sanitarie;
ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie ad attuare integralmente e uniformemente sul territorio nazionale le 10 linee di indirizzo dell'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 che prevedono: 1) misure di politica sanitaria e di accreditamento; 2) Carta dei servizi per il percorso nascita; 3) Integrazione territorio-ospedale; 4) Sviluppo di linee guida sulla gravidanza fisiologica e di Linee guida sul taglio cesareo del SNLG-ISS; 5) Programma di implementazione delle linee guida; 6) Elaborazione, diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza del percorso nascita; 7) Procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto; 8) Formazione degli operatori; 9) Monitoraggio e verifica delle attività; 10) Istituzione di una funzione di coordinamento permanente per il percorso nascita.
(8-00007) «Zanella».
ALLEGATO 4
7-00057 Malavasi concernente iniziative per aggiornare gli standard
per la distribuzione dei punti nascita.
NUOVO TESTO DELLA RISOLUZIONE
APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La XII Commissione,
premesso che:
il percorso nascita è il processo di presa in carico assistenziale per accompagnare le donne e le coppie dalla gravidanza fino al parto, dalla consulenza preconcezionale alla diagnosi prenatale, dal test di screening agli esami strumentali richiesti nel corso della gestazione;
il compito pubblico è quello di rendere il percorso meno accidentato possibile, riducendo i fattori di stress, rendendo disponibili le informazioni, alimentando le competenze dei neo-genitori, riducendo ansia e dolore, favorendo la prosecuzione di un sostegno assistenziale e umano anche dopo l'uscita dalle strutture sanitarie e bilanciando le esigenze e gli standard di sicurezza clinica con il riconoscimento della nascita, salvo casi specifici, come un fenomeno naturale;
le linee guida Oms, del febbraio 2018, realizzate per garantire che in tutto il mondo vengano applicati analoghi standard di assistenza alla gravidanza e al parto fisiologici si declinano in 56 raccomandazioni relative al travaglio e al post partum che passano in rassegna diversi aspetti dell'assistenza e ribadiscono, comunque, l'unicità di ogni singola esperienza della nascita riconoscendo la necessità di un'assistenza personalizzata e rispettosa dei tempi fisiologici del travaglio-parto;
nel 2010 (Governo Berlusconi) furono emanate le nuove «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» approvate poi in conferenza Stato regioni e province autonome di Trento e Bolzano, sulla base del punto 51 del Piano sanitario nazionale 2006-2008, che misero nero su bianco, oltre a tutti i requisiti tecnici e di personale, che l'optimum minimo per un punto nascita era di 1.000 parti l'anno prevedendo però la possibilità di tenere aperti, proprio per andare incontro alle esigenze delle zone disagiate, anche quelli che effettuavano un minimo di 500 parti questo sulla base del presupposto che più i punti nascita siano grandi, organizzati, dotati di standard clinici all'avanguardia (si pensi per esempio alla terapia intensiva neonatale) minore è la possibilità di commettere errori;
il provvedimento diede il via al processo di chiusura che scatenò fin da subito numerose proteste e polemiche anche perché i piccoli punti nascita in Italia erano molti ed alcuni molto efficienti. Per questo motivo nel 2015 con il decreto ministeriale 70 «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera» si diede alle regioni la facoltà di chiedere delle deroghe;
nello stesso Patto per la salute 2019-2021 si prevede una revisione del decreto ministeriale 70 e della disciplina dei «punti nascita» sotto i 500 parti l'anno, questione che vede fin dal suo inizio, da ormai dieci anni, un aspro confronto tra medici e ostetriche da un lato che chiedono di chiudere i punti nascita con meno di 500 parti l'anno, applicando così quanto previsto dalle norme e dai protocolli Oms perché poco sicuri e dall'altro le regioni e i comuni che raccolgono le proteste dei cittadini che vedonoPag. 84 negato il diritto ad essere seguiti vicino casa durante la gravidanza e il parto;
il compito di valutare la possibilità di deroga è stato affidato dal Ministero della salute al Comitato percorso nascita secondo un protocollo metodologico in base al quale valutare caso per caso (decreto ministeriale 11 novembre 2015);
il Comitato Percorso Nascita nazionale (CPNn), costituito con decreto ministeriale 12 aprile 2011, è stato ricostituito con decreto ministeriale 11 aprile 2018 e rinnovato con decreto ministeriale 30 giugno 2021 ed assicura la funzione di coordinamento permanente tra le istituzioni centrali e periferiche in funzione della qualità e sicurezza del percorso nascita, come previsto dall'Accordo Stato regioni del 16 dicembre 2010;
secondo gli ultimi dati disponibili del 2018 in Italia su 418 punti nascita ben il 15 per cento presenta meno di 500 parti/anno e circa 27.000 bambini sono nati in tali strutture;
un numero giudicato ancora eccessivo da parte di ginecologi, ostetriche, pediatri, e neonatologi che attraverso le società scientifiche dell'area ostetrica e ginecologica, neonatologica e pediatriche esprimono da sempre la convinzione che i punti nascita sotto i 500 parti non siano in grado di garantire la migliore esperienza clinica e l'organizzazione necessarie per prevenire ed eventualmente affrontare le pur rare situazioni a rischio che si potrebbero verificare;
affinché vi sia un percorso nascita in piena sicurezza ci devono essere alcune condizioni inderogabili: spazi adeguati ed attrezzati; personale sanitario (medico, ostetriche, infermieri, personale di supporto) parametrato alle nuove esigenze: controllo della gravida in travaglio in un rapporto «one to one» da una parte, gestione delle urgenze in piena sicurezza dall'altra, con disponibilità immediata di personale neonatologico ed anestesiologico (infermieri, medici) competente ed in numero adeguato;
la possibilità di partorire vicino casa non deve mai mettere a rischio la salute e il benessere del bambino e della madre specialmente in una società come la nostra dove l'età media della partoriente è sempre più alta;
nelle condizioni geografiche particolari, come ad esempio le aree di montagna o le zone disagiate, dove è stato ritenuto opportuno tenere aperto un punto nascita con un volume di attività inferiore ai 500 parti annui, questo deve comunque avvenire secondo criteri di sicurezza ed adeguatezza dei mezzi di trasporto in caso di necessità, come previsto dal decreto ministeriale 11 novembre 2015;
in questi anni sono stati messi in campo tutti gli strumenti normativi per ottenere le deroghe e in molte regioni l'accorpamento dei punti nascita è stato ben gestito;
è importante garantire, attraverso una integrazione tra assistenza territoriale ed ospedaliera, a tutti i soggetti coinvolti durante il percorso nascita, a cominciare dalla fase preconcezionale e fino al puerperio e all'allattamento una presa in carico completa al fine di assicurarne la loro salute;
la continuità assistenziale strutturata e sicura tra il livello delle cure primarie durante la gravidanza, l'assistenza in ospedale durante il parto e poi di nuovo sul territorio nei mesi successivi è fondamentale per la presa in carico delle donne in situazioni di maggiore fragilità emotiva e sociale, non solo rafforzando e rendendo omogenei sul territorio i servizi di supporto psicologico durante la gravidanza, il parto e nel post parto attraverso un lavoro di continuità tra consultori e ospedali, ma anche migliorando la presa in carico emotiva, l'accompagnamento nella difficoltà, nell'ascolto;
in un momento storico come quello che stiamo vivendo in cui vi è una forte diminuzione del tasso di natalità è necessario che il percorso di accompagnamento alla nascita assicuri la massima attenzione alle richieste delle coppie che devono essere accompagnate nel loro percorso genitoriale da personale che sappia coniugare Pag. 85la competenza con l'empowerment, che sappia cioè guidare la coppia nell'evoluzione della gravidanza e del parto, anche mediante l'esecuzione delle indagini più opportune ed indicate nel singolo caso, enfatizzando, nello stesso tempo, quel rapporto umano, fondamentale in un momento così complesso e delicato come il travaglio, il parto e i primi giorni dopo la nascita;
per realizzare questo è necessario che la donna possa eseguire in gravidanza le analisi necessarie, a carico del Ssn e che le aziende ospedaliere predispongano servizi che soddisfino queste richieste;
uno dei periodi della vita a maggior rischio per le donne è rappresentato dalla gravidanza e dal post partum. Studi epidemiologici condotti in nazioni e culture diverse evidenziano che la depressione post partum colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12 per cento delle neomamme ed esordisce generalmente tra la 6a e la 12a settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi. La donna si sente triste senza motivo, irritabile, facile al pianto, non all'altezza nei confronti degli impegni che la attendono;
in tale ottica è necessario sia ridare slancio ai consultori istituti con la legge n. 405 del 1975 quali servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna, delle persone in età evolutiva e in adolescenza, delle coppie e delle famiglie inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr e dagli atti attuativi sia rivedere i protocolli di accoglienza nelle unità di ostetricia per assicurare l'accesso del padre o di una persona di fiducia della donna durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera visto che l'esperienza della gravidanza, della nascita e dell'allattamento sono elementi fondanti della genitorialità consapevole, della nurturing care e della promozione della salute delle madri, dei padri e dei bambini e bambine come esplicitato dal sito web dell'Istituto superiore di sanità;
protocolli di accoglienza diventati stringenti durante la pandemia per salvaguardare la salute di tutti che ora presentano una estrema variabilità rispetto all'accoglienza nelle unità di ostetricia del padre o di una persona di riferimento della donna durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera lasciando disorientata la donna e il suo nucleo familiare. Per le donne COVID-19 sospette o positive, la presenza dell'accompagnatore durante il travaglio, il parto e la degenza talvolta non è prevista, in altri casi è subordinata al rispetto delle misure di screening all'ingresso, delle misure di prevenzione primaria e all'applicazione di una rigorosa limitazione degli spostamenti all'interno della struttura. In alcuni casi l'esclusione della presenza dell'accompagnatore è prevista anche per la normale gestione del parto delle donne COVID-19 negative,
impegna il Governo:
a valutare la possibilità di assumere, nel rispetto della tutela della salute e del benessere del bambino e della madre, iniziative volte a rivedere gli standard relativi ai punti nascita previsti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015;
a predisporre, per quanto di competenza, linee guida volte a ridurre dove possibile, l'approccio medicalizzato e rafforzando invece aspetti come l'informazione, l'accoglienza, la riduzione del dolore e dello stress, l'accompagnamento dei neogenitori alla cura del bambino, con una particolare attenzione all'addestramento delle mamme all'allattamento al seno;
a predisporre, per quanto di competenza, misure uniformi su tutto il territorio nazionale al fine di assicurare, nel rispetto della salute di tutti i soggetti coinvolti, misure volte a garantire nei percorsi nascita e durante la degenza ospedaliera la presenza del padre o di una persona a scelta della donna anche oltre il mero orario di visita;
a valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di predisporre, per quanto di competenza, programmi di screeningPag. 86 per l'individuazione delle donne a rischio di sviluppare depressione post partum, effettuati già in occasione della prima visita con il medico di famiglia o con lo specialista, o, nell'immediato post partum, come parte integrante della valutazione del benessere psicofisico della donna;
a favorire la continuità dell'assistenza e l'integrazione tra ospedale e territorio, adottando iniziative di competenza volte a sviluppare la rete dei consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico della salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;
ad adottare iniziative al fine di ridurre le disparità territoriali, a cominciare dal divario tra regioni del centro nord e regioni del sud;
a valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di adottare le iniziative di competenza volte a garantire, anche attraverso campagne d'informazione sulle maggiori reti televisive nazionali il diritto della donna di poter partorire in completo anonimato in qualsiasi struttura ospedaliera senza giudizi colpevolizzanti ma con interventi adeguati ed efficaci, per assicurare – anche dopo la dimissione – che il parto resti in anonimato;
a valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di predisporre campagne d'informazione affinché le cittadine straniere in stato di gravidanza presenti in Italia anche in modo irregolare possano rivolgersi alle strutture mediche per ricevere le cure e le prestazioni gratuite di cui hanno diritto;
a valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di rivedere il sistema di rimborso, ormai fermo da oltre dieci anni, delle prestazioni, sia ambulatoriali che in regime di ricovero previste durante il percorso nascita al fine di tener conto delle sue caratteristiche e dell'evoluzione avvenuta in questi anni.
(8-00008) «Malavasi, Furfaro, Ciani, Girelli, Stumpo».
ALLEGATO 5
7-00066 Sportiello concernente iniziative per aggiornare gli standard
per la distribuzione dei punti nascita.
NUOVO TESTO DELLA RISOLUZIONE
APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La XII Commissione,
premesso che:
la salute materno-infantile rappresenta un'area prioritaria della salute pubblica e, come cartina al tornasole, consente di valutare la qualità dell'assistenza sanitaria di un Paese;
con l'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 sono state individuate dieci linee di azione complementari e sinergiche, per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza del percorso nascita, per il corretto ricorso al taglio cesareo e per realizzare una riorganizzazione dei punti nascita, da avviare congiuntamente a livello nazionale, regionale e locale;
l'accordo fissa, come noto, in almeno 1000 nascite/anno lo standard per il mantenimento/attivazione dei punti nascita e prevede la «razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, prevedendo l'abbinamento per pari complessità delle unità operative ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche»;
la possibilità di punti nascita con numerosità inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno, potrà essere prevista solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate e con rilevanti difficoltà di attivazione dello Stam (servizi di trasporto assistito materno);
la predetta razionalizzazione dei punti nascita deve tuttavia essere complementare, come esplicitato nell'accordo medesimo, a diverse e numerose azioni, tra le quali rilevano, in maniera sintetica:
attivazione, completamento e messa a regime del sistema di trasporto assistito materno (Stam) e neonatale d'urgenza (Sten);
autorizzazione ed accreditamento istituzionale delle strutture sulla base di differenti livelli di assistenza ostetrica e neonatale, che tenga conto delle risorse umane sulla base dei carichi di lavoro e delle varie figure professionali coinvolte nel processo assistenziale;
adozione di una carta dei servizi per il percorso nascita;
sviluppo di linee guida sulla gravidanza fisiologica e sul taglio cesareo e programma di implementazione delle linee guida;
elaborazione, diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza del percorso nascita;
procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto;
formazione degli operatori;
monitoraggio e verifica delle attività;
istituzione di una funzione di coordinamento permanente per il percorso nascita;
l'Accordo fa altresì riferimento a:
strategie di incentivazione/disincentivazione economica, incentrate su rimodulazione tariffaria e abbattimento oltre soglia di appropriatezza;
Pag. 88adeguamento delle reti consultoriali;
presenza di obiettivi specifici nella valutazione dei direttori generali, dei direttori di dipartimento e di U.O.C.;
l'accordo prevede l'integrazione territorio-ospedale, per garantire la presa in carico, la continuità assistenziale, l'umanizzazione della nascita attraverso l'integrazione dei servizi tra territorio ed ospedale e la realizzazione di reti dedicate al tema materno-infantile sulla base della programmazione regionale;
con l'istituzione del Comitato Percorso Nascita nazionale (CPNn) è stata data attuazione ad alcune delle predette azioni: la carta dei servizi per il percorso nascita, le linee di indirizzo per l'attivazione del trasporto in emergenza materno (Stam) e neonatale (Sten), la check list per la sicurezza del percorso nascita basata sul programma Oms, le raccomandazioni specifiche sulla salute neonatale e materna, i manuali di formazione; tra i documenti adottati, rileva inoltre:
il protocollo metodologico per la valutazione delle richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti/annui e in condizioni orogeografiche difficili;
le linee di indirizzo per la definizione e l'organizzazione dell'assistenza in autonomia da parte delle ostetriche alle gravidanze a basso rischio ostetrico (Bro);
le linee guida sulla gravidanza fisiologica e le linee guida sul taglio cesareo;
il manuale sul sistema di valutazione della qualità dei punti nascita (Gins);
nel mese di ottobre 2022 è stato pubblicato dal Ministero della salute il rapporto annuale sull'evento nascita relativo al 2021, rapporto che discende dall'analisi dei certificati di assistenza al parto (CeDAP) e che consente anche di fotografare la situazione dei punti nascita nel nostro paese;
dai dati del predetto rapporto, relativi a 364 i punti nascita, si evince che le donne continuano a privilegiare gli istituti di cura pubblici ed equiparati dove partorisce l'88 per cento delle donne, mentre l'11,4 per cento nelle case di cura e solo lo 0,2 per cento in altra struttura di assistenza, al domicilio, e altro; il 62,8 per cento dei parti si svolge in strutture con alti volumi di attività (sopra i mille parti annui) ossia nel 35,1 per cento dei punti nascita totali e solo il 7,1 per cento dei parti ha luogo invece in strutture con meno di 500 parti annui;
ovviamente questi dati sono molto eterogenei tra le diverse regioni e di fatto ci sono territori in cui le strutture private gestiscono in maniera estesa l'evento nascita;
la donna ha accanto a sé al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 95,4 per cento dei casi il padre del bambino, nel 3,4 per cento un familiare e nell'1,2 per cento un'altra persona di fiducia e anche in questo caso si rileva una rilevante eterogeneità poiché la presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un'altra risulta essere influenzata dall'area geografica;
si conferma il ricorso eccessivo al parto cesareo; in media, nel 2021 il 31,2 per cento dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali; in particolare, il taglio cesareo è effettuato soprattutto nelle case di cura accreditate dove è il 44,6 per cento dei parti, contro il 29,5 per cento negli ospedali pubblici e sono più frequenti tra le donne italiane (32 per cento) rispetto alle straniere (27 per cento); i dati evidenziano che nei punti nascita con meno di 800 parti annui, l'incidenza di parti cesarei è significativamente maggiore di quella che si osserva mediamente a livello nazionale (31,12 per cento): nelle strutture dove hanno luogo meno di 500 parti annui si ricorre ai taglio cesareo nel 34,48 per cento dei casi e il fenomeno è correlato anche alla maggiore concentrazione di strutture private nelle classi dei punti nascita di dimensioni ridotte;
il ricorso ai parti cesarei rappresenta una notevole criticità non solo alla rilevante quantità ma anche per la notevole Pag. 89variabilità regionale e di fronte al 50,2 per cento della regione Campania come valore più alto, c'è il 19 per cento della regione Toscana come valore più basso;
rispetto all'appropriatezza del ricorso al TC, nel 1985 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), basandosi su evidenze scientifiche, ha concluso che proporzioni superiori al 10-15 per cento a livello di popolazione non sono associate a una riduzione del tasso di mortalità materna e infantile; in Italia, il decreto ministeriale (DM) n. 70 del 2015 ha fissato la quota massima di tagli cesarei primari al 25 per cento per le maternità con più di 1.000 parti annui e al 15 per cento per quelle con volumi inferiori;
tra le azioni indicate nell'accordo del 2010, come innanzi detto, vi è la necessità di garantire procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto, nel rispetto della volontà della donna, attraverso la definizione di protocolli diagnostico-terapeutici condivisi per la partoanalgesia, e dando assicurazione dell'erogabilità di tale prestazione con disponibilità/presenza di anestesista;
la declinazione dell'azione sulla partoanalgesia specifica che: «la tecnica di partoanalgesia deve essere effettuata secondo i principi di Ebm (medicina basata sull'evidenza), appropriatezza, sicurezza, efficacia, efficienza, economicità, e deve far parte di un percorso definito di accompagnamento alla gravidanza e al parto»;
tuttavia, per la diffusione e la garanzia della partoanalgesia, le indicazioni ministeriali ritengono fondamentali la definizione dei requisiti organizzativi dei punti nascita, compreso i relativi volumi di attività poiché le principali difficoltà per la diffusione della procedura sono di natura organizzativa, in considerazione del fatto che il servizio può essere realizzato solo ove sia presente per 24 ore al giorno una équipe multidisciplinare competente, che comprenda l'anestesista rianimatore, il ginecologo, il neonatologo-pediatra e l'ostetrica/o;
se per la mortalità materna il nostro Paese ha un tasso poco superiore ai Paesi Ocse, la mortalità neonatale, invece, si attesta su un valore che lo colloca tra i migliori paesi europei seppure, anche in questo caso, si rileva una certa eterogeneità regionale;
l'Unità di terapia intensiva neonatale è presente in 119 dei 399 punti nascita analizzati nel rapporto e 95 Unità Tin sono collocate nell'ambito dei 140 punti nascita dove hanno luogo almeno 1.000 parti annui, mentre delle restanti 24 Uotin, 13 sono inserite in punti nascita che effettuano meno di 800 parti annui;
un recente studio, dal titolo «La salute perinatale in Italia: i dati del Programma Nazionale Esiti (anni 2015-2020)», pubblicato sul Bollettino epidemiologico nazionale, volume 3 (2) 2022, dell'Istituto superiore di sanità, rileva dati interessanti con particolare riferimento alla qualità e all'appropriatezza dell'assistenza sanitaria offerta nei punti nascita (PN) italiani, meritevoli di attenzione per le criticità suscettibili di miglioramento;
nello studio si sottolinea che, «nonostante gli sforzi compiuti in questi anni, il nostro Paese resta tra quelli con più alto ricorso al TC in Europa e con ampia variabilità interregionale, segno questo della permanenza in molti PN di condizioni di inappropriatezza nella pratica clinica, associate al rischio di ricadute negative sugli esiti materni e perinatali. Vi sono infatti consolidate evidenze sulle possibili complicanze a breve e lungo termine in caso di TC senza appropriata indicazione medica, e anche i dati dei flussi nazionali e quelli dell'Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS) rilevano una maggiore morbosità e mortalità materna nelle realtà con proporzione di TC superiore alla media nazionale»;
e sul versante dell'assistenza al parto vaginale, lo studio evidenzia ancora oggi in Italia un ingiustificato ricorso alle episiotomie, nonostante le evidenze provenienti da studi clinici controllati randomizzati abbiano dimostrato che la loro riduzione si associa a minore incidenza di traumi perineali e complicazioni materne;
Pag. 90nell'ambito delle conclusioni lo studio rileva come, «benché il decreto ministeriale n. 70 del 2015 abbia fissato chiari riferimenti per il mantenimento dei Punti nascita, salvo comprovate motivazioni oro-geografiche, a distanza di oltre 10 anni dall'Accordo Stato-regioni gli standard non sono stati ancora raggiunti»;
a livello globale, vi è consenso unanime nel ritenere che in casi di emergenza il TC sia una pratica salvavita per madri e neonati, e che tale pratica vada eseguita solo in presenza di indicazioni cliniche e, in Italia, la proporzione di TC primario è diminuita notevolmente rispetto ai tassi dei primi anni duemila, quando si attestava intorno al 40 per cento; tuttavia sono pochi i Punti nascita che rispettano gli standard previsti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015: nel 2020, se si escludono dalle analisi i PN con meno di 500 parti/anno, solo il 10 per cento dei PN con volumi inferiori ai 1.000 parti e il 63 per cento di quelli con volumi superiori a 1.000 presentano proporzioni in linea con gli standard;
analogamente, la forte variabilità nel ricorso all'episiotomia rilevata tra regioni e tra PN conferma modalità assistenziali diversificate, non solo per quanto concerne il ricorso al TC, ma anche nell'assistenza al parto vaginale; le indagini campionarie sul percorso nascita, coordinate periodicamente dall'Iss in Italia a partire dagli anni '90, hanno registrato una diminuzione nel ricorso all'episiotomia: dal 69 per cento dei parti vaginali nel 2002 al 42 per cento nel 2010-2011; tuttavia, anche in questo caso l'indicatore registra nel 2020 a livello regionale valori mediani che variano dall'1,4 per cento della Valle d'Aosta a oltre il 30 per cento della Sicilia, e in molti PN continua a rappresentare una pratica troppo frequente rispetto a quanto raccomandato;
non esistono motivi clinici a giustificazione di tale variabilità, che può essere letta esclusivamente quale indizio di inappropriatezza, dal momento che il ricorso all'episiotomia di routine è associato a un aumento del rischio di perdita ematica post partum, di infezione e deiscenza della ferita, di risultati estetici insoddisfacenti e di lacerazioni perineali gravi nei parti successivi;
le differenze rilevate nelle analisi in base alla cittadinanza delle donne sono meritevoli di riflessione e l'osservazione effettuata rimanda alle condizioni di minore tutela in cui le donne migranti si trovano spesso a vivere a causa di deprivazione socioeconomica, mancanza di supporto familiare, barriere linguistiche e culturali e rientro anticipato al lavoro, che le espongono a un maggior rischio di complicanze ed esiti negativi per la salute;
nonostante la legge italiana preveda l'accesso all'assistenza gratuita in gravidanza e al parto per tutte le donne, il periodo perinatale continua a rappresentare un momento di vulnerabilità di cui le politiche di accesso ai servizi sociali e sanitari devono tener conto, visto che in Italia il fenomeno migratorio rappresenta da tempo un elemento strutturale della società;
l'Unicef e l'Oms raccomandano l'allattamento esclusivo per i primi sei mesi di vita poiché favorisce lo sviluppo sensoriale e cognitivo e protegge i bambini dalle malattie infettive e croniche;
con la dichiarazione congiunta Oms/Unicef sull'allattamento al seno del 1989 sono stati individuati i 10 passi per il successo dell'allattamento al seno ed indicano che ogni punto nascita e di assistenza al neonato dovrebbe, tra le altre cose: definire un protocollo scritto per la promozione dell'allattamento al seno da far conoscere a tutto il personale sanitario appositamente addestrato ed informare le donne già durante la gravidanza aiutandole ad allattare al seno entro mezz'ora dal parto e praticare il rooming-in, permettere cioè alla madre (rispettando la sua volontà) e al bambino di restare insieme 24 ore su 24 durante la permanenza in ospedale, incoraggiare l'allattamento al seno a richiesta; tra i 10 passi vi è anche la necessità di favorire gruppi di sostegno all'allattamento al seno ai quali le madri possano rivolgersi dopo la dimissione dall'ospedale o dalla clinica;
Pag. 91nella nuova serie di The Lancet dedicata all'allattamento e pubblicata a febbraio 2023 si evince che, nonostante siano ormai comprovati i benefici per la salute materno infantile sia nei Paesi ad alto reddito sia in quelli a basso reddito, meno del 50 per cento di bambini e bambine in tutto il mondo viene allattato secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms);
Save the children ha definito la violenza ostetrica come «un insieme di comportamenti che hanno a che fare con la salute riproduttiva e sessuale delle donne, come l'eccesso di interventi medici, la prestazione di cure e farmaci senza consenso o la mancanza di rispetto del corpo femminile e per la libertà di scelta su di esso»;
i risultati dell'indagine sull'Italia svolta dal centro collaboratore dell'Oms dell'istituto Burlo Garofalo di Trieste su 4824 donne che hanno partorito da marzo 2020 a febbraio 2021 – nel periodo più duro della pandemia – pubblicati il 29 giugno 2022 sull'International Journal of Gynecology & Obstetrics, è emerso che, su 3.981 soggetti che hanno affrontato il travaglio, il 78,4 per cento non ha potuto essere assistito dal partner, il 39,2 per cento non si è sentito totalmente coinvolto nelle scelte mediche, il 24,8 per cento non si è sempre sentito trattato con dignità, mentre il 12,7 per cento ha dichiarato di aver subito abusi;
secondo quanto emerge dai dati del Cedap 2021, in Italia, l'88 per cento, dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, l'11,4 per cento nelle case di cura e solo lo 0,2 per cento altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, e altro); tuttavia esistono differenze regionali: la scelta di partorire presso il domicilio è più frequente nella provincia di Trento (1,09 per cento), di Bolzano (1,09 per cento); seguono Veneto (0,46 per cento), Emilia-Romagna (0,36 per cento), Friuli Venezia Giulia (0,25 per cento) e Piemonte (0,19 per cento); nella maggior parte delle regioni la percentuale dei parti registrati come avvenuti a domicilio è pari a 0 per cento e questo, in parte, dipende anche dal regime di rimborsabilità o meno,
impegna il Governo
ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a:
a) verificare e monitorare l'effettiva attivazione, il completamento e la messa a regime del sistema di trasporto assistito materno (Stam) e neonatale d'urgenza (Sten) per ogni punto nascita del territorio nazionale, assicurandone l'attivazione ove carente;
b) verificare che in relazione all'autorizzazione ed accreditamento istituzionale delle strutture, sulla base di differenti livelli di assistenza ostetrica e neonatale, siano effettivamente assicurate e adeguatamente formate le risorse umane necessarie, tenendo conto dei carichi di lavoro e delle varie figure professionali coinvolte nel processo assistenziale, ovviando ad ogni eventuale carenza attraverso gli strumenti normativi di competenza;
c) valutare la possibilità di verificare e monitorare se e come le aziende sanitarie: abbiano definito e adottato la carta dei servizi specificamente dedicata al percorso nascita; quali azioni abbiano implementato per favorire l'integrazione tra il territorio (consultori) e il punto nascita; se abbiano definito percorsi assistenziali differenziati a seconda della eventuale presenza e del conseguente livello di rischio della gravidanza, favorendo la gestione delle gravidanze fisiologiche presso i consultori, l'utilizzo dell'«agenda della gravidanza», cioè di una cartella gravidanza-parto-puerperio integrata;
d) verificare e monitorare se e in che maniera le regioni, e dunque le aziende sanitarie, abbiano adottato e diano attuazione alle linee guida sulla gravidanza fisiologica e sul taglio cesareo, alle raccomandazioni e agli strumenti per la sicurezza del percorso nascita elaborati su impulso del Comitato Percorso Nascita nazionale (CPNn), prevedendo esplicite azioni penalizzanti in caso di mancato adeguamento;
Pag. 92e) verificare e monitorare nei punti nascita, garantendone la diffusione, l'esistenza di tutte le procedure assistenziali, farmacologiche e non, per il controllo del dolore il corso di travaglio-parto;
f) attivare un efficace processo di monitoraggio e verifica della sussistenza di tutti i requisiti, anche complementari, che i punti nascita devono possedere in relazione al volume dei parti;
g) considerare in ogni caso, tra i criteri idonei per l'attivazione di un punto nascita, la posizione geografica e la lontananza da altri punti nascita, consentendone l'attivazione in caso di zone disagiate senza tuttavia sacrificare alcuna garanzia di sicurezza;
h) valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di adottare strategie di incentivazione/disincentivazione economica, incentrate sulla rimodulazione tariffaria e sulla modifica dei Drg ovvero su il diniego nell'accreditamento nel caso di superamento della soglia di appropriatezza, al fine di ridurre l'eccessivo ricorso al taglio cesareo e alla pratica dell'episiotomia;
i) assicurare l'integrazione territorio-ospedale, per garantire la presa in carico, la continuità assistenziale, l'umanizzazione della nascita attraverso l'integrazione dei servizi tra territorio ed ospedale e la dotazione di personale idoneo alla presa in carico;
l) a potenziare la rete dei consultori familiari ai quali già il progetto obiettivo materno infantile (Pomi) del 2000 aveva assegnato un ruolo strategico e centrale nella promozione e tutela della salute della donna;
m) rafforzare il percorso nascita attraverso la valorizzazione della figura professionale dell'ostetrica e dell'ostetrico e ovviando alla carenza di risorse ostetriche al fine di garantire un'assistenza sicura e qualificata nei punti nascita, dando attuazione in tutto il territorio nazionale alle linee di indirizzo per la definizione e l'organizzazione dell'assistenza alle gravidanze a basso rischio ostetrico (Bro), adottate dal CPNn, tese a disciplinare le condizioni di basso rischio ostetrico e a valorizzare il ruolo dell'ostetrica in siffatte condizioni;
n) attivarsi con ogni mezzo ritenuto idoneo affinché nei punti nascita le donne siano adeguatamente informate sia per gli aspetti legati al parto sia per quelli relativi ai loro bambini, con particolare attenzione all'allattamento naturale all'accudimento del proprio bambino, avendo cura di cogliere in maniera attenta e tempestiva qualsiasi criticità correlata al post-partum;
o) nell'ambito delle politiche di accesso ai servizi sociali e sanitari, rimuovere ogni ostacolo che possa danneggiare l'assistenza delle donne e famiglie migranti nei punti nascita e nei consultori, avendo cura di assicurare la necessaria mediazione culturale;
p) rimuovere le barriere strutturali e sociali che impediscono o rendono difficoltoso l'allattamento e ad incentivare l'allattamento, comunicando con più efficacia sull'importanza per la salute materno-infantile a breve e lungo termine, promuovendo comportamenti sociali positivi nei confronti dell'allattamento e creando percorsi di accompagnamento all'allattamento per tutte le donne;
q) in riferimento alla cosiddetta «violenza ostetrica», avviare, sostenere e facilitare programmi di formazione intesi a migliorare la qualità dell'assistenza alla maternità, incentrati soprattutto sull'assistenza rispettosa come componente essenziale di un'assistenza di buona qualità;
r) in riferimento al parto a domicilio, valutare la possibilità di disciplinare in maniera uniforme sul territorio nazionale l'assistenza al travaglio e parto fisiologico in ambiente extra-ospedaliero, prevedendo anche un rimborso per le spese sostenute da chi sceglie di avvalersi di questa possibilità;
s) favorire la presenza di un accompagnatore a scelta della donna, che possa permanere in ospedale durante tutta la degenza.
(8-00009) «Sportiello, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro».
ALLEGATO 6
7-00068 Bonetti concernente iniziative per aggiornare gli standard
per la distribuzione dei punti nascita.
NUOVO TESTO DELLA RISOLUZIONE
APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La XII Commissione,
premesso che:
l'accordo sancito il 16 dicembre 2010 in sede di conferenza unificata Stato-regioni-enti locali sul documento concernente: «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» ha impegnato le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ad attuare 10 linee di azioni per la ridefinizione dell'organizzazione dei punti nascita ospedalieri in grado di garantire qualità, sicurezza ed appropriatezza dell'assistenza materno-neonatale;
tale accordo ha previsto, inoltre, l'istituzione del Comitato Percorso Nascita nazionale (CPNn), istituito presso il Ministero della salute con decreto ministeriale in data 12 aprile 2011. Il Comitato, nello svolgimento delle sue funzioni di coordinamento e verifica delle attività contemplate nell'accordo stesso, supporta tutte le regioni e province autonome nell'attuare le migliori strategie di riorganizzazione dei punti nascita e verifica che siano coerenti con quanto definito nell'accordo Stato-regioni, con «piena facoltà di declinare e rendere operative opportune misure di monitoraggio sui requisiti operativi, tecnologici e di sicurezza dei Punti nascita di I e II Livello, sull'integrazione tra i Livelli di assistenza materno/neonatale territoriale e ospedaliera, sulla piena implementazione delle Linee Guida nazionali relative agli aspetti materno/neonatali e sulla formazione del personale»;
l'accordo del 2010 ha fissato la soglia di almeno 1.000 parti/anno quale parametro standard cui tendere per il mantenimento/attivazione dei punti nascita, con possibilità di abbassare la soglia a 500 parti/anno in caso di effettive difficoltà territoriali, riconducendo inoltre a due i precedenti tre livelli assistenziali definiti dal progetto materno-infantile – decreto ministeriale 24 aprile 2000;
nell'attuazione delle strategie di riorganizzazione dei punti nascita, serve tenere conto della necessità di assicurare una serie di misure standard che consentano lo svolgimento dell'evento nascita in totale sicurezza, sia dal lato materno che neonatale, garantendo la presenza dell'organico completo delle figure sanitarie coinvolte, la disponibilità di una adeguata sala operatoria, la possibilità di effettuare gli esami ematochimici e diagnostici, la disponibilità di sangue ed emoderivati;
le suddette misure sono definite nell'ambito del decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, che ha fissato gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi in materia di assistenza ospedaliera necessari a garantire livelli di assistenza adeguati alle migliori tecniche e il rispetto del diritto alla salute costituzionalmente riconosciuto;
con decreto ministeriale 11 novembre 2015, al CPNn è stato attribuito l'ulteriore compito di esprimere un parere «consultivo» su richieste di deroga relativamente a punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti/anno avanzate da regioni e province autonome. A tal riguardo, il CPNn ha predisposto il documento «Protocollo Metodologico per la valutazione delle richieste di mantenere Pag. 94in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti/annui e in condizioni orogeografiche difficili», parte integrante del decreto ministeriale 11 novembre 2015;
la legge n. 24 del 8 marzo 2017 affronta in modo specifico la gestione del rischio clinico e della responsabilità professionale in ambito sanitario, fornendo specifiche indicazioni sull'organizzazione della sicurezza delle cure e sulle questioni giuridiche inerenti alla responsabilità;
l'accordo Stato-regioni del 24 gennaio 2018 recante «Linee guida per la revisione delle reti cliniche – Le reti tempo dipendenti» ha ribadito l'importanza della progressiva riduzione dei punti nascita con meno di 1000 parti/anno e dei tagli cesarei (massimo 15 per cento nei centri di I livello con numero di parti/anno compreso tra 500 e 1000 e massimo 25 per cento nei centri di II livello con numero di parti/anno maggiore di 1000);
in base ai dati contenuti nel documento «Certificato di assistenza al parto (CeDAP), Analisi dell'evento nascita» relativi all'anno 2021, l'88 per cento dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, l'11,4 per cento nelle case di cura e solo lo 0,2 per cento altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, e altro); il 62,8 per cento dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui; tali strutture, in numero di 140 rappresentano il 35,1 per cento dei punti nascita totali; il 7,1 per cento dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui;
l'Unità di terapia intensiva neonatale è presente in 119 dei 399 punti nascita; 95 unità Tin sono collocate nell'ambito dei 140 punti nascita dove hanno luogo almeno 1.000 parti; si consideri che l'accesso alla terapia intensiva per i neonati estremamente pre-termine e molto pre-termine è determinante per la sopravvivenza e la futura qualità della vita del bambino, è tra gli indicatori raccomandati dalla Commissione europea ai fini del monitoraggio della salute perinatale (indicatori PERISTAT) ed è inoltre inserito nella cosiddetta griglia Lea tra gli indicatori di monitoraggio dell'assistenza ospedaliera nelle regioni italiane. Nei punti nascita con meno di 500 parti all'anno, la frequenza dei parti pre-termine raggiunge il 3,59 per cento, di questi il 2,40 per cento è costituito da parti molto pre-termine e lo 0,90 per cento è costituito da parti estremamente pre-termine. Nei punti nascita con meno di 500 parti e senza la presenza di unità operativa di neonatologia e/o terapia intensiva neonatale tali percentuali sono, rispettivamente 2,40 per cento, 1,59 per cento e 0,50 per cento;
nel 2021 in 5 regioni, tutte collocate al Centro-nord del Paese, oltre il 70 per cento dei parti si è svolto in punti nascita di grandi dimensioni (almeno 1000 parti annui): Lombardia, Emilia-Romagna, provincia autonoma di Trento e Bolzano, Umbria. Un'organizzazione opposta della rete di offerta si registra nelle regioni del Sud dove oltre il 38 per cento dei parti si svolge in punti nascita con meno di 1000 parti annui. In particolare, in Molise tutti i punti nascita hanno effettuato nel 2021 meno di 1000 parti annui;
i tagli cesarei in Italia sono calati dal 25 per cento nel 2015 al 22 per cento nel 2021, senza subire particolari effetti dalla pandemia Covid, ma la percentuale è ancora alta e presenta grande diversità tra regioni, «con uno spiccato gradiente Nord-Sud». È quanto emerge dai risultati del Programma nazionale esiti (Pne), presentato dall'Agenzia Nazionale dei Servizi, Sanitari regionali;
il tasso di mortalità perinatale (Pmr, perinatal mortality rate) secondo la definizione dell'Oms è un indicatore chiave dell'assistenza sanitaria al neonato che, mettendo insieme i nati morti tardivi e la morte neonatale precoce, è in grado di riflettere direttamente la qualità dell'assistenza prenatale, al parto e dopo la nascita. Relativamente alla mortalità perinatale, l'Istat ha stimato per l'anno 2013 un tasso nazionale pari a 4,1 morti per Pag. 951000 nati, evidenziando una notevole variabilità per area geografica (con un tasso pari a 4,7/1000 in Sicilia e 3,6/1000 in Lombardia). Si stima un rapporto di mortalità materna (Mmr, maternal mortality ratio) pari a 8,9 per 100.000 nati vivi per gli anni 2006-2012, in 8 regioni che coprono il 73 per cento dei nati in Italia. Si evidenzia un'ampia variabilità regionale: l'Mmr è pari a 5,6 in Toscana e a 12,9 in Campania, con valori più bassi nelle regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna) rispetto a quelle del Centro (Lazio) e del Sud (Campania, Puglia, Sicilia);
anche il Consiglio di Stato, con una sentenza del 2019 ha stabilito che «il diritto fondamentale sancito dall'articolo 32 implica, nel caso di specie, non già necessariamente la vicinanza del punto nascita, ma un'organizzazione finalizzata all'obiettivo, fatto proprio dalla Giunta regionale con la contestata deliberazione, di garantire ad ogni gestante ed ad ogni neonato il massimo della qualità delle cure». Tuttavia, la qualità e sicurezza delle cure non dipendono soltanto dal numero di parti che vengono assistite, ma anche e soprattutto da come queste vengono assistite. Vi sono certamente dei limiti determinati dal numero di parti, che al di sotto di alcuni limiti può non consentire agli operatori di raggiungere standard assistenziali ottimali, ma questi limiti possono, in una certa misura, essere superati grazie alla formazione degli operatori, ergo sulla capacità di educare, aggiornare e avviare gli operatori a un lavoro di cambiamento e rinnovamento continuo delle loro capacità assistenziali;
il Ministro Schillaci, nell'illustrazione delle sue linee programmatiche, ha affermato di ritenere necessario avviare un approfondimento quanto all'organizzazione dell'assistenza ospedaliera di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015, anche in ragione del tempo intercorso dall'entrata in vigore dello stesso, con specifico riferimento agli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, anche in considerazione della progressiva riduzione dei pronto soccorso e dei punti nascita;
la necessità dell'aggiornamento del decreto del 2015, già previsto dal patto per la salute 2019-2021 ed affidato ad un gruppo di lavoro individuato nell'ambito della cabina di regia del patto per la salute, è stata richiamata anche dalla Conferenza unificata Stato-regioni-enti locali in particolare rispetto agli standard ospedalieri, da aggiornare in base alle risultanze e alle criticità regionali, e alla definizione di specifici indirizzi per alcuni ambiti assistenziali, con specifiche deroghe per le regioni più piccole;
si è riconosciuta, in definitiva, l'urgente esigenza di una sanità di prossimità, in grado di garantire la continuità tra l'ospedale e il territorio, tra le prestazioni rispettivamente offerte, richiedendo una revisione delle politiche socio-sanitarie incentrate su un'assistenza sanitaria di qualità;
l'investimento in interventi precoci di protezione e promozione della salute dei bambini nelle prime epoche della vita tramite un approccio intersettoriale è una delle priorità individuate dalle organizzazioni mondiali in sanità pubblica, a partire dall'organizzazione mondiale della sanità, che alla necessità di presidi assistenziali e ospedalieri essenziali per la natalità e per la salute di donne e bambini dedica una particolare attenzione. È, questo, un tema di enorme importanza sanitaria che richiede investimenti e risorse, rappresentando una componente fondamentale della salute pubblica. Di fatti, migliorando l'approccio e l'accesso alle cure, e rendendo più disponibili assistenza qualificata, trattamenti farmacologici e formazione degli operatori, ma anche semplici interventi preventivi nel corso della gravidanza, del parto e dei primi anni di vita del bambino, è possibile prevenire le morti evitabili;
in questo quadro, non si può non ricordare che l'Italia sta attraversando una grave crisi demografica durante la quale si registra un record negativo delle nascite:Pag. 96 nel 2021 le nascite della popolazione residente sono state 400.249, circa 4.500 in meno rispetto al 2020 (-1,1 per cento), con un nuovo superamento del record di denatalità; dal 2008, le nascite sono diminuite di 176.410 unità (-30,6 per cento),
impegna il Governo
ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a:
a) valutare la possibilità di introdurre il meccanismo di monitoraggio della sussistenza e del rispetto dei requisiti standard previsti per i punti nascita e a valutare, nell'ambito delle deroghe per i punti nascita, l'effettiva sussistenza delle condizioni che lo consentono;
b) tenuto conto che le linee di indirizzo prevedono già un volume minimo di parti tale da garantire un buon livello di competenze, e che in caso di volume ridotto è prevista la rotazione degli operatori presso i punti nascita più performanti, riorganizzare i punti nascita in modo da garantire le necessarie abilità e competenze tecniche per far fronte alle complicanze del parto anche integrato ai servizi offerti dagli ospedali di comunità. Il numero di parti deve essere tale da garantire le abilità necessarie a far fronte a tutte le possibili complicanze del parto, ed è fondamentale disporre anche di personale specializzato in terapia rianimazione neonatale;
c) riorganizzare, nel rispetto del decreto ministeriale n. 77 del 2022, l'assistenza territoriale in un'ottica di prevenzione e continuità delle cure, potenziando i servizi di presa in carico della salute materno-infantile e le attività dei consultori familiari, anche tramite un'integrazione con le case di comunità, istituendo la figura dell'ostetrica di comunità al fine di aumentare e implementare l'erogazione dei servizi anche nelle aree interne. Le aziende sanitarie in cui è attivo un punto nascita, devono sviluppare una carta dei servizi specifica per il percorso nascita, in cui, in conformità ai principi di qualità, sicurezza e appropriatezza siano contenute indicazioni riguardanti le informazioni generali sulla operatività dei servizi contenenti i principali indicatori di esito, sulle modalità assistenziali dell'intero percorso nascita, sulle modalità per favorire l'umanizzazione del percorso nascita, sulla rete sanitaria ospedaliera-territoriale e sociale per il rientro a domicilio della madre e del neonato atta a favorire le dimissioni protette, il sostegno dell'allattamento al seno ed il supporto psicologico;
d) valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di implementare in tutto il territorio nazionale percorsi di screening prenatale, nonché l'affiancamento di figure sanitarie specializzate in ogni aspetto della salute materno-infantile affinché le esigenze della donna in gravidanza e della neomamma siano soddisfatte dall'intervento di strutture e di operatori specializzati nei diversi momenti della gravidanza, del parto e del post partum, sia con attività di monitoraggio e di counselling che con vera e propria assistenza nelle scelte che riguardano la gestazione, il parto e i primi periodi di vita del bambino;
e) prevedere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, le risorse economiche e finanziarie necessarie per l'incremento del personale sanitario, medico e ostetrico al fine di garantire una presa in carico adeguata in tutti i contesti e per aumentare e migliorare la dotazione tecnologica delle strutture sanitarie, per migliorare la qualità professionale e le competenze in materia di sicurezza in sala parto rendendo obbligatoria la certificazione professionale di tutti gli specialisti in ostetricia e ginecologia che operano in sala parto, organizzando corsi di formazione (in collaborazione con le società scientifiche) mediante simulazione per favorire, attraverso l'acquisizione non solo di competenze teoriche, ma anche le abilità necessarie a far fronte alle utenze più frequenti e gravi del parto.
(8-00010) «Bonetti».