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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 7 novembre 2024
398.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 8

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 7 novembre 2024.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.05 alle 9.30.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 7 novembre 2024. — Presidenza del presidente Nazario PAGANO. – Interviene il viceministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto.

  La seduta comincia alle 9.30.

Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare.
C. 1917 cost. Governo, C. 23 cost. Costa, C. 434 cost. Giachetti, C. 806 cost. Calderone, C. 824 cost. Morrone.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 6 novembre.

  Nazario PAGANO, presidente e relatore, ricorda che, nella seduta di ieri, si è conclusa la discussione sul complesso degli emendamenti e che si procederà oggi all'esame delle proposte emendative.
  Dopo aver dato conto delle sostituzioni, in qualità di relatore, anche a nome degli altri relatori, onorevoli Michelotti e Bordonali, procede a esprimere i pareri sulle proposte emendative presentate riferite all'articolo 1. Esprime quindi parere contrario su tutte le proposte emendative riferite all'articolo 1.

  Il Viceministro Francesco Paolo SISTO esprime parere conforme a quello dei relatori sulle proposte emendative riferite all'articolo 1.

  Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo sull'ordine dei lavori della Commissione, fa presente come la Commissione sia Pag. 9ancora nella fase di discussione sul complesso degli emendamenti, considerato che nella precedente seduta il presidente ha interrotto l'intervento dell'onorevole Zaratti.

  Nazario PAGANO, presidente e relatore, fa presente all'onorevole Fornaro che l'onorevole Zaratti aveva concluso il suo intervento in sede di discussione sul complesso degli emendamenti e, pertanto, nella seduta odierna ha inizio la fase di esame delle proposte emendative.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S) interviene in dichiarazione di voto sull'emendamento Alfonso Colucci 1.1, di cui evidenzia il carattere interamente soppressivo del disegno di legge, in ragione della piena contrarietà del suo Gruppo alla separazione delle carriere nell'ambito dell'ordine giudiziario, che verrebbe in tal modo frazionato. Se infatti il pubblico ministero e il giudice venissero posti su due piani diversi con due distinti Consigli superiori della magistratura, certamente dovrebbero essere considerati due distinti ordini giudiziari.
  Evidenzia poi la necessità di garantire in toto, attraverso il dettato costituzionale, coloro che esercitano la funzione giudiziaria, perché questa possa essere esplicata al meglio.
  Sottolinea che il pubblico ministero, lungi dall'essere un investigatore o un accusatore, esercita attività puramente giurisdizionali – come nel caso dei decreti di perquisizione e sequestro – che, parificandone l'attività a quella del giudice, dimostrano come la figura del pubblico ministero in Italia sia ben diversa da quella di altri ordinamenti giuridici.
  Queste considerazioni lo portano a guardare con sfavore al disegno di legge di revisione costituzionale in esame, in cui attualmente l'ordine giudiziario, unitario, assicura l'indipendenza e l'autonomia tanto dei pubblici ministeri quanto dei giudici.
  Rileva piuttosto come il Governo e la maggioranza parlamentare mirino a modificare l'impianto costituzionale attinente ai poteri dello Stato soltanto con riferimento al potere giudiziario, rendendo con ciò manifesta l'intenzione di indebolire questo ordine.
  Osserva poi che pubblico ministero e giudice appartengono allo stesso ordine perché il pubblico ministero deve «sentire» la funzione allo stesso modo e deve avere la stessa coscienza e formazione di un giudice, essendo anch'egli garante, nel superiore interesse pubblico, dell'applicazione della legge e del rispetto dei diritti, in attuazione della Costituzione. Teme pertanto che la revisione della Costituzione su questo punto ne possa stravolgere in peius la funzione.
  Riguardo alla separazione del Consiglio superiore della magistratura, su aspetti quali la valutazione delle performance e l'assegnazione di incarichi, nutre il timore che le valutazioni possano essere fondate su parametri divergenti, non più valorizzando la coscienza della giurisdizione e la coerenza dell'operato dell'interessato, quanto piuttosto la sua efficienza nell'individuazione dei colpevoli, cosa che presta il fianco al rischio di una degenerazione.
  Conclude affermando che, con riferimento alle criticità del metodo del sorteggio per la designazione dei componenti dell'Alta Corte disciplinare avrà modo di intervenire nel prosieguo dell'esame.

  Devis DORI (AVS), intervenendo sull'emendamento Alfonso Colucci 1.1, preannuncia il proprio voto favorevole, riconoscendo come l'emendamento abbia il merito di sopprimere tutto l'articolato del disegno di legge in esame.
  Esprime preoccupazione all'idea che la magistratura e la stessa funzione giurisdizionale possano essere frammentate. Osserva infatti che se la finalità esplicita del disegno di legge di revisione costituzionale è quella di predisporre una cornice costituzionale coerente con il sistema accusatorio nell'ambito del procedimento penale, la vera finalità è in realtà di natura politica. Rileva che la sua preoccupazione si fonda, oltre che sulla prospettiva di un depotenziamento della magistratura, sul contestuale ridimensionamento, in sostanza, del ruolo del Parlamento a favore del Governo.

Pag. 10

  Alfonso COLUCCI (M5S), intervenendo sull'emendamento 1.1 a sua prima firma, sostiene che la riforma costituzionale in esame muove da assunti sbagliati e prospetta obbiettivi non raggiungibili.
  Se infatti il presupposto dell'iniziativa legislativa costituzionale è quello di garantire la terzietà del pubblico ministero, essa è destinata a fallire. In questo senso asserisce che la parità tra accusa e difesa vada assicurata all'interno del processo e non con disposizioni di carattere ordinamentale che, diversamente da quanto forse auspicato dal Governo, renderanno il pubblico ministero una sorta di avvocato dell'accusa, per un'eterogenesi dei fini che si verifica quando le disposizioni normative sono mal scritte.
  Evidenzia che, secondo le statistiche, nella metà dei giudizi penali si giunge all'assoluzione dell'imputato, a differenza di quanto sostenuto da coloro che ritengono la magistratura giudicante soggetta alle richieste della magistratura inquirente.
  Rileva poi come la separazione delle carriere non abbia consistenza giuridica, nella misura in cui già la legge Castelli e la legge Cartabia hanno disposto significative limitazioni al passaggio dalla funzione inquirente alla funzione giudicante. Osserva che, alla luce dei vincoli stringenti della normativa già in vigore, secondo le statistiche del 2021 solamente 21 magistrati hanno effettuato tale passaggio. Ne deriva che il declamato rischio di frequenti passaggi dall'una all'altra funzione – evidenziato nel dibattito pubblico da esponenti della maggioranza – risulta essere del tutto infondato.
  Per altro verso, osserva che i recenti casi di magistrati giudicati e condannati in primo grado dimostrano l'assoluta libertà dell'attuale magistratura giudicante.
  Si domanda inoltre per quale ragione il disegno di legge non intenda perseguire fino in fondo l'obbiettivo della separazione delle funzioni nell'ambito dell'ordine giudiziario, ma si limiti a disporre esclusivamente la separazione di magistrati del pubblico ministero e giudici, e non anche a prevedere una separazione tra magistrati di primo grado, di secondo grado e di Cassazione.
  Rileva che avvocati e magistrati del pubblico ministero svolgono funzioni ontologicamente diverse: gli uni, soggetti privati, esercitato la propria funzione a difesa del cliente; gli altri, organi pubblici, devono garantire l'applicazione della legge e la ricerca della verità e, pertanto, anche dei fatti e delle circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini o imputata. Dichiara che, se fosse necessario potenziare quest'ultimo aspetto, la revisione costituzionale non rappresenta lo strumento idoneo, poiché basterebbe una legge ordinaria, per la quale garantisce collaborazione da parte del Gruppo del Movimento 5 Stelle.
  Ad ogni modo rileva che, discutendosi di un disegno di legge di revisione costituzionale, sarebbe stato opportuno un confronto preliminare con tutte le forze politiche, anche di opposizione, per evitare di incorrere in errori evitabili e per addivenire a soluzioni il più possibile condivise, nello spirito della Costituzione e, in particolare, della disciplina del procedimento di revisione costituzionale delineato dai Padri costituenti.
  Evidenzia dunque l'esistenza di un vulnus tanto di merito, quanto – soprattutto – di metodo, nell'approccio tenuto da Governo e maggioranza con le opposizioni.

  Federico GIANASSI (PD-IDP) rileva come l'emendamento Alfonso Colucci 1.1, preveda la soppressione dell'intero testo della proposta di legge, rispetto alla quale ribadisce la contrarietà del suo gruppo.
  Rileva come si tratti di una proposta che stravolge il quadro costituzionale per quanto riguarda la magistratura e i rapporti fra la magistratura e gli altri poteri dello Stato. Stigmatizza il fatto che la relazione illustrativa sia molto stringata e non fornisca indicazioni circa le esigenze dalle quali deriverebbe la necessità della riforma. Sottolinea, infatti, come una proposta di tale portata dovrebbe essere sorretta da argomentazioni ben più solide di quelle contenute nella relazione, nella quale si fa genericamente riferimento ai princìpi del giusto processo di cui all'articolo 111 della Pag. 11Costituzione, all'evoluzione del sistema processuale penale italiano verso il modello accusatorio e al miglioramento della qualità della giurisdizione. Al riguardo, osserva come nella relazione non venga chiarito il nesso della separazione delle carriere con l'articolo 111 della Costituzione, non venga spiegato in quale modo la storia costituzionale italiana spingerebbe in questa direzione, vi sia una sorta di excusatio non petita laddove si fa riferimento al fatto che la riforma non pregiudica l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, non vi sia alcun cenno di diritto comparato. Osserva come tutto ciò dimostri l'assenza di un'attività istruttoria seria e rigorosa.
  Quanto all'asserita sudditanza dei pubblici ministeri rispetto ai giudici – alla quale fa spesso riferimento il Ministro Nordio – rileva come essa non trovi alcuna conferma nei dati, dai quali emerge viceversa una percentuale molto elevata di assoluzioni in difformità rispetto alle richieste dell'accusa. Evidenzia, inoltre, come, qualora si ritenga che la vicinanza tra pubblico ministero e giudice renda quest'ultimo meno terzo, si dovrebbe ritenere sussistente tale problema anche fra i giudici di primo e secondo grado e prevedere, quindi, anche la separazione delle carriere nell'ambito della magistratura giudicante, ma osserva come, anche in tal caso, si tratterebbe di un assunto infondato, come dimostra l'elevato tasso di riforma in appello delle decisioni di primo grado.
  Osserva, quindi, come la proposta in esame non si basi su esigenze reali ma sia il frutto di una scelta ideologica, volta a portare avanti una storica battaglia della destra maturata in ben altro contesto, e come il Governo si disinteressi delle reali esigenze del comparto giustizia, come dimostra il taglio di 500 milioni di euro previsto dalla legge di bilancio. Rileva come il Governo abbia lo sguardo rivolto al passato, in quanto la separazione delle carriere è già prevista dal nostro ordinamento e la sua introduzione è stata completata, da ultimo, con la cosiddetta «riforma Cartabia», e come si miri in realtà a introdurre una separazione non delle carriere bensì delle magistrature.
  Quanto alla previsione di due distinti Consigli superiori della magistratura, osserva come potrebbero venirsi a determinare effetti opposti rispetto a quelli perseguiti, vale a dire un rafforzamento del ruolo della magistratura requirente.
  Sottolinea come la questione del ruolo del pubblico ministero sia cruciale in tutti gli ordinamenti democratici e a maggior ragione laddove sia prevista la separazione delle carriere e come i ripetuti richiami del Ministro Nordio al modello accusatorio siano generici, in quanto vi sono diversi modelli radicalmente differenti e non si specifica a quale modello in particolare ci si riferisca.
  Auspica conclusivamente che la maggioranza abbandoni gli attacchi alla magistratura e stigmatizza, in particolare, le ripetute prese di posizione di un Vice Presidente del Consiglio, il quale arriva a chiedere il licenziamento dei magistrati senza alcun rispetto per il principio della separazione dei poteri.

  Enrica ALIFANO (M5S), associandosi alle considerazioni del deputato Alfonso Colucci, rileva come nel caso di riforme di tale portata sarebbe necessaria una maggiore condivisione non soltanto con le opposizioni ma anche con le categorie interessate, quali la magistratura e l'avvocatura. Sottolinea, in particolare, come quest'ultima, incomprensibilmente, non sia stata coinvolta. Evidenzia come la cultura della giurisdizione sia condivisa dalla magistratura giudicante e requirente e dall'avvocatura e come elementi essenziali di tale cultura della giurisdizione siano la tutela dei diritti dei cittadini, la ricerca della verità processuale, tanto che anche il pubblico ministero ha l'obbligo di ricercare elementi di prova a favore dell'imputato, e la soggezione dei giudici soltanto alla legge, in attuazione del principio illuministico della separazione dei poteri. Rileva come tali principi vengano intaccati dalla proposta in esame e come la cultura della giurisdizione del nostro Paese sia diversa da quella di altri ordinamenti, quale ad esempio quello francese, in cui il pubblico ministero dipende dal Ministro della giustizia. Si chiede se in realtà sia questo l'obiettivo surrettizio della riforma in esame e osserva come tale esito sarebbe Pag. 12incompatibile con la nostra cultura della giurisdizione. Osserva conclusivamente come vi sia il notevole rischio di un vulnus all'autonomia e all'indipendenza della magistratura.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP) preannuncia l'intenzione di svolgere alcune considerazioni di carattere generale per motivare la contrarietà del suo gruppo alla proposta in esame.
  Pone, preliminarmente, una questione di metodo, evidenziando come per approvare progetti di revisione costituzionale sarebbe necessaria una maggioranza più ampia possibile, e come tale considerazione valga non soltanto per la riforma in esame ma anche per l'introduzione dell'elezione diretta del premier e per la legge sull'autonomia differenziata che, pur essendo una legge ordinaria, riguarda aspetti costituzionali di notevole delicatezza. Osserva come la maggioranza abbia certamente il diritto di portare avanti il programma sulla base del quale ha ottenuto il consenso degli elettori ma come su temi di tale rilievo sarebbe stata comunque necessaria una discussione ampia e approfondita anche con le opposizioni.
  Sottolinea come con la riforma in esame, così come con quella relativa all'elezione diretta del premier, si modifichi una parte importante della Costituzione, relativa alla separazione dei poteri, che è il cuore dello Stato di diritto.
  Associandosi alle considerazioni del deputato Gianassi, ritiene che quella della maggioranza sia una scelta puramente ideologica, in quanto si tratta di una riforma non necessaria, atteso che, come rilevato anche dal deputato Alfonso Colucci, la separazione delle carriere è già prevista dal nostro ordinamento e il passaggio dall'una all'altra funzione è avvenuto in pochissimi casi ed è consentito una sola volta e sulla base di criteri molto stringenti. Stigmatizza il fatto che le informazioni al riguardo siano contenute nella documentazione predisposta dagli uffici e non nella relazione del Governo.
  Osserva come la previsione di due distinti Consigli superiori indebolirebbe l'organo e determinerebbe un eccesso di burocrazia e manifesta ferma contrarietà al sorteggio, esprimendo stupore per il fatto che il Governo che ha addirittura modificato la denominazione del Ministero dell'istruzione per inserirvi il riferimento al merito proponga nel contempo un metodo di selezione dei componenti dei Consigli superiori e della Corte disciplinare che non tiene minimamente conto di professionalità, competenza ed esperienza.
  Richiama il Rapporto annuale sullo Stato di diritto della Commissione europea, presentato nello scorso luglio, in cui si esprime preoccupazione per la riforma in esame in quanto può incidere sull'indipendenza del pubblico ministero e si mette in discussione il metodo del sorteggio.
  Sottolinea come la propria parte politica non intenda sottrarsi al confronto sui reali problemi della giustizia, quali ad esempio l'uso dell'intelligenza artificiale e il processo telematico, e come sarebbero stati necessari ben altri interventi nella legge di bilancio. Richiama al riguardo l'attenzione sulle dichiarazioni alla stampa del Procuratore di Torino, che denuncia un deficit del 50 per cento del personale amministrativo, ed evidenzia come sarebbero necessari interventi volti a ridurre la durata dei processi, la cui eccessiva lunghezza incide sulla competitività del Paese.
  Auspica, dunque, che la maggioranza abbandoni le scelte ideologiche e affronti i reali problemi del comparto.

  La Commissione respinge l'emendamento Alfonso Colucci 1.1.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S), intervenendo sugli identici emendamenti Alfonso Colucci 1.2, Gianassi 1.3 e Zaratti 1.4, rileva come essi siano volti a sopprimere la norma che prevede l'attribuzione al Presidente della Repubblica della presidenza di entrambi i Consigli superiori. Rileva come tale ruolo del Presidente della Repubblica sia destinato a essere soltanto apparente, in quanto nella prassi le relative funzioni saranno svolte dal Vice Presidente di ciascun organo, con conseguente possibile difformità di indirizzi.
  Sottolinea la delicatezza delle funzioni spettanti ai Consigli, che riguardano le verifichePag. 13 di professionalità, le progressioni di carriera, il conferimento degli incarichi direttivi, la formazione delle tabelle e i progetti organizzativi. Osserva che tali funzioni, e in particolare quelle relative all'organizzazione degli uffici, richiedono regole e princìpi comuni, in quanto coinvolgono peraltro i consigli giudiziari, nei quali è rappresentata anche l'avvocatura. Al riguardo, si chiede se i consigli giudiziari resteranno unici o se si prevede anche in tal caso la costituzione di due organi distinti.
  Ribadisce di ritenere non condivisibile la costituzione di due distinti organi, in quanto le funzioni a essi spettanti dovrebbero essere esercitate in modo unitario, e l'attribuzione al Presidente della Repubblica di un ruolo che sarebbe soltanto apparente.

  Devis DORI (AVS), intervenendo in dichiarazione di voto, preannuncia il proprio voto favorevole sugli identici emendamenti Alfonso Colucci 1.2, Gianassi 1.3, Zaratti 1.4, che si pongono su una linea di continuità con l'emendamento Alfonso Colucci 1.1, testé esaminato, e si concentrano sulle modifiche che si intendono apportare all'articolo 87 della Costituzione prevedendosi uno sdoppiamento dell'organo di autogoverno della magistratura. Ritiene evidente l'imbarazzo del Governo, che allega una relazione illustrativa al provvedimento che non esita a definire scarna, a fronte della rilevanza delle modifiche, e tutta incentrata sulla necessità di imprimere un'evoluzione del sistema processuale penale italiano verso il modello accusatorio.
  Stigmatizza, quindi, l'atteggiamento del Governo che manca di esplicitare in sede di relazione illustrativa gli obiettivi politici della riforma, che tuttavia traspaiono dalle interviste, dai comunicati stampa e dai convegni cui partecipano i membri del Governo – in particolare, il Ministro Salvini ed il Ministro Nordio –, e sembrano coincidere con la volontà di delegittimare il potere giudiziario. Sostiene, quindi, l'importanza di preservare l'equilibrio tra i poteri dello Stato e la loro indipendenza, non potendosi ammettere prevaricazioni da parte del potere esecutivo. Ribadisce, in conclusione, il proprio voto favorevole sulle proposte emendative in esame.

  Federico GIANASSI (PD-IDP), intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 1.3 e ricollegandosi all'intervento del collega Dori, evidenzia che dalla relazione illustrativa del provvedimento non emergono le ragioni che spingono il Governo a introdurre un Consiglio superiore della magistratura giudicante ed un distinto Consiglio superiore della magistratura requirente, producendo in tal modo una incomprensibile duplicazione. Ritiene, considerando le dichiarazioni rese dai membri del Governo in occasione di interviste o comunicati stampa, che il disegno di legge in esame sia sostenuto dalla volontà politica di indebolire la presunta influenza dei pubblici ministeri sui giudici. Senza discutere il merito delle intenzioni, ravvisa in ogni caso una incongruità degli strumenti utilizzati rispetto all'obiettivo perseguito. Sottolinea, infatti, che la duplicazione del Consiglio superiore della magistratura e il suo depotenziamento, derivante dalla previsione del sorteggio per l'elezione dei suoi membri e dalla sottrazione della sua funzione disciplinare, rischiano, con effetti non del tutto prevedibili, di indebolire l'intero sistema giudiziario. Preannuncia, pertanto, il proprio voto favorevole sugli identici emendamenti Alfonso Colucci 1.2, Gianassi 1.3, Zaratti 1.4 che mirano a sopprimere l'articolo 1 del provvedimento.

  Federico FORNARO (PD-IDP), nel ricollegarsi agli interventi svolti dai colleghi che lo hanno preceduto, evidenzia l'assenza di una reale postura riformista del Governo e di uno spirito costituente, che invece occorrerebbe data l'importanza dell'argomento e delle modifiche che intendono introdursi. Ritiene che il disegno di legge costituzionale in esame risulta tanto più preoccupante se si considerano gli attacchi mediatici messi quotidianamente in campo dagli esponenti delle forze di maggioranza nei confronti della magistratura. Stigmatizza, dunque, l'offensiva mediatica denigratoria che rischia, a suo parere, di condurre verso una vera e propria «democraturaPag. 14» o democrazia autoritaria, in quanto al cuore dello Stato di diritto vi è proprio il rispetto del principio della separazione dei poteri. Ritiene, quindi, che il Governo sia mosso da uno spirito di rivalsa per le presunte ingiustizie subite in passato, e intenda affermare, con la riforma in esame, la superiorità del potere politico sulla magistratura. Ricorda che una simile misura non è necessaria, in quanto una separazione di fatto delle carriere dei magistrati è già stata realizzata con la riforma Cartabia, sostenuta tra l'altro anche da parte delle attuali forze di maggioranza, e che sarebbe più opportuno, quindi, riformare i reali profili di inefficienza del sistema giustizia, affrontando i problemi della mancanza di personale e di risorse.

  Enrica ALIFANO (M5S), associandosi a quanto detto dai colleghi, osserva che il modello accusatorio perseguito dal Governo, sulla base di quanto dichiarato nella relazione illustrativa al disegno di legge in esame, non richiede necessariamente la realizzazione di una netta separazione delle carriere. A suo avviso, per attuare un miglioramento dell'impianto accusatorio del sistema processuale penale, sarebbe infatti sufficiente elaborare delle linee guida che diano certezza applicativa alle regole, già vigenti, del processo penale. Si riferisce, in particolare, al rispetto del principio del contraddittorio, da realizzarsi, ad esempio, attraverso una discovery piena dei mezzi istruttori, che eviti la presentazione direttamente in udienza delle liste dei testi.

  La Commissione respinge gli identici emendamenti Alfonso Colucci 1.2, Gianassi 1.3, Zaratti 1.4.

  Devis DORI (AVS) dichiara di sottoscrivere tutte le proposte emendative a prima firma dell'onorevole Zaratti.

  Alfonso COLUCCI (M5S) chiede che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  Nazario PAGANO, presidente e relatore, non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Alfonso COLUCCI (M5S), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.01, osserva che la sottoposizione del giudice solo alla legge riguarda sia la magistratura requirente sia quella giudicante e costituisce una fondamentale garanzia di autonomia del potere giudiziario.
  Condivide, pertanto, la modifica proposta dall'onorevole Zaratti che mette in ulteriore evidenza questo profilo, precisando nel testo costituzionale l'equità, l'obiettività ed imparzialità con cui i magistrati esercitano le loro funzioni. Sottolinea, inoltre, che i giudici che con le loro ordinanze hanno stabilito l'impossibilità di rimpatriare i migranti i cui Paesi di provenienza non potevano definirsi sicuri sono stati criticati duramente dal Governo, pur essendosi gli stessi limitati ad applicare il diritto unionale. Il diritto europeo, invero, vincola l'Italia in forza degli articoli 11 e 117 della Costituzione e deve ritenersi incluso nel concetto più ampio di legge, cui l'articolo 101 della Costituzione fa riferimento, e all'applicazione dello stesso i giudici sono appunto chiamati. Evidenzia, quindi, che la politica, in quest'ultima occasione, si è nettamente contrapposta alla magistratura ed ha ulteriormente innalzato il livello dello scontro conferendo rango legislativo alla lista dei Paesi sicuri elaborata con un decreto interministeriale. Ribadisce che, sulla base del disposto del richiamato articolo 101 della Costituzione, i giudici sono soggetti solo alla legge, e non anche alla volontà del Governo, e sono pertanto tenuti a disapplicare una fonte normativa primaria, che traduce una specifica volontà del Governo in contrasto con il diritto dell'Unione europea, ad essa gerarchicamente sovraordinato.
  Infine, nota che vi è stata un'accelerazione dell'esame in Commissione del provvedimento, parallelamente all'innalzarsi dei toni del Governo nei confronti della magistratura. Ritiene, pertanto, che tale circostanza sia rivelatoria dell'intento punitivo nei confronti della magistratura sotteso al provvedimento; sottolinea, quindi, il forte messaggio politico che il disegno di legge porta con sé e ribadisce, anche per questa Pag. 15ragione, la sua contrarietà all'intero provvedimento.

  Devis DORI (AVS), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.01, rileva come la volontà di inserire un ulteriore riferimento ai principi di indipendenza e imparzialità della magistratura all'interno della Costituzione sia dettata dalle necessità di contrastare i ripetuti attacchi che l'attuale Governo sta rivolgendo nei confronti non solo dell'ordine giudiziario nel suo complesso, ma anche dei singoli magistrati. La conflittualità attualmente esistente tra i due poteri, esecutivo e giudiziario, è confermata dalle numerose dichiarazioni rese dai componenti del Governo, nonché dal contenuto dei molteplici provvedimenti in materia di giustizia che sono stati presentati nel corso della presente legislatura.
  Ricordando le dichiarazioni rese recentemente dal presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, ribadisce che la magistratura non opera, né deve operare, in modo fazioso e non costituisce un nemico per il Governo, ma è chiamata ad applicare obiettivamente la legge nel rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.
  Rileva, pertanto, che l'approccio adottato dal Governo e dalla maggioranza nell'esame della tematica in questione appare compromesso da tale conflittualità.
  Dichiara, peraltro, di non comprendere le ragioni che sottendono ai pareri contrari espressi dal Governo e dai relatori, alla luce del fatto che l'articolo aggiuntivo in esame mira a ribadire un principio già contemplato all'interno della Costituzione, al fine di riferirlo non più soltanto all'ordine giudiziario nel suo complesso, bensì anche alla funzione esercitata dal singolo magistrato.
  Chiede, in conclusione, l'accantonamento dell'articolo aggiuntivo Zaratti 1.01, invitando i colleghi allo svolgimento di una riflessione più approfondita.

  Federico GIANASSI (PD-IDP), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.01, preannuncia il proprio voto favorevole, riconoscendo come l'articolo aggiuntivi abbia il merito di rafforzare un principio già previsto all'interno della Costituzione, risultando pertanto pienamente coerente con le previsioni costituzionali in materia di giusto processo e di imparzialità della magistratura.
  Contesta, poi, il comportamento dei gruppi della maggioranza, che appaiono completamente disinteressati rispetto alle iniziative intraprese dall'opposizione, nonché all'opportunità di instaurare un confronto che consentirebbe di ampliare il consenso alla base della riforma costituzionale in esame.
  Nel rammaricarsi dell'assoluta indisponibilità dimostrata dai colleghi della maggioranza, annuncia che la propria forza politica intende opporsi alla deriva autoritaria che l'attuale Governo sta attuando con i continui attacchi alla magistratura.

  Nazario PAGANO, presidente e relatore, dichiara, anche a nome degli altri relatori, di non accogliere la richiesta di accantonamento dell'articolo aggiuntivo Zaratti 1.01.

  La Commissione respinge l'articolo aggiuntivo Zaratti 1.01.

  Alfonso COLUCCI (M5S) ringrazia il presidente Pagano per aver ritenuto inammissibili gli emendamenti presentati dal Gruppo Lega che, modificando gli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione, intendevano sancire la prevalenza della Costituzione italiana rispetto al diritto dell'Unione europea.
  Rileva, al riguardo, che tali emendamenti apparivano non solo privi di pertinenza rispetto al contenuto del provvedimento in esame, ma anche costituzionalmente illegittimi. Tali emendamenti, infatti, non soltanto intendevano modificare uno dei principi fondamentali della Costituzione italiana, ma erano anche rivolti ad introdurre all'interno della medesima delle previsioni che avrebbero, di fatto, determinato l'uscita dell'Italia dall'Unione europea. Ricorda, in particolare, che il primato del diritto europeo sul diritto interno costituisce un principio ontologico del medesimo Pag. 16ordinamento sovranazionale, senza il quale l'Unione europea non potrebbe esistere.
  In relazione all'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, dichiara di condividere lo scopo di tale intervento, riconoscendo come l'affermazione di un principio di indipendenza e autonomia anche in relazione alle decisioni dei magistrati rafforzerebbe le garanzie di un esercizio sovraordinato della funzione giudiziaria, contribuendo anche ad una migliore separazione dei poteri.
  Dichiara, inoltre, di condividere la volontà di ribadire i principi di indipendenza e autonomia della magistratura anche se già contemplati all'interno della Costituzione, alla luce della forte conflittualità che attualmente interessa i rapporti tra l'ordine giudiziario ed il Governo. Ricorda, infatti, che in diverse occasioni i membri del Governo hanno mosso delle contestazioni sul merito delle decisioni giudiziarie, definendo le sentenze dei giudici abnormi ed aprendo, così, la strada del giudizio disciplinare nei confronti dei loro relatori. Nel sindacare la pretestuosità di tali contestazioni del Governo, ricorda l'episodio relativo al provvedimento emesso da un giudice di Catania che, nonostante le accuse di abnormità formulate dall'Esecutivo, non è stato neppure impugnato dall'Avvocatura dello Stato.
  Alla luce di tali considerazioni, preannuncia il proprio voto favorevole sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02.

  Devis DORI (AVS), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, di cui è cofirmatario, ringrazia il collega Alfonso Colucci per aver correttamente espresso nel suo intervento le ragioni sottese alla relativa proposta, invitandolo quindi a sottoscrivere l'articolo aggiuntivo in esame.
  Ribadisce, poi, l'importanza di affermare i principi di indipendenza e autonomia non soltanto rispetto all'ordine giudiziario nel suo complesso, come già contemplato dall'articolo 104, primo comma, della Costituzione, ma anche in relazione ai singoli magistrati e alle loro decisioni. Appare evidente, infatti, quanto la loro autonomia di giudizio rischi di essere compromessa dai ripetuti attacchi che l'Esecutivo rivolge nei confronti dei singoli giudici.
  Chiede, infine, l'accantonamento dell'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, al fine di consentire ai colleghi il tempo necessario allo svolgimento di un più approfondito esame.

  Nazario PAGANO (FI-PPE), presidente e relatore, nel dichiarare, anche a nome degli altri relatori, di non accogliere la richiesta di accantonamento, avverte che i deputati Alfonso Colucci e Cafiero De Raho hanno sottoscritto l'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02.

  Gianni CUPERLO (PD-IDP) preannuncia il proprio voto favorevole sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, riconoscendone il merito di rafforzare l'autonomia e l'indipendenza dei singoli magistrati, oltre che dell'ordine giudiziario nel suo complesso.
  Rileva, inoltre, l'assoluta mancanza di urgenza nell'attuazione della riforma costituzionale in esame, ricordando peraltro che i conflitti tra il Governo e l'ordine giudiziario si sono aggravati negli anni 2000, epoca in cui la maggioranza ha dato inizio a ripetuti attacchi nei confronti del suddetto ordine, nonché dei suoi singoli componenti.
  Stigmatizza, poi, il comportamento del Governo e dei componenti della maggioranza per non aver cercato di instaurare una collaborazione con le altre forze politiche.
  Critica, peraltro, il meccanismo contemplato dal provvedimento in esame per l'individuazione dei componenti del Consiglio superiore della magistratura, in quanto la loro estrazione a sorte rischia di pregiudicare la qualità e la preparazione tecnica del relativo organo.
  Ricorda, in conclusione, come l'esperienza dimostri che le riforme della portata di quella in esame, per risultare durature ed efficaci nel tempo, richiedono un'ampia condivisione da parte delle forze politiche. Si rammarica, pertanto, della circostanza che nel caso di specie questo aspetto sia del tutto trascurato dalla maggioranza.

  Simona BONAFÈ (PD-IDP), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, dichiara di non comprendere le ragioni per le Pag. 17quali il Governo e i relatori hanno espresso parere contrario. Ritiene, infatti, che il rafforzamento di un principio già previsto dalla Costituzione consentirebbe di intervenire positivamente sul sistema della giustizia, in quanto aumentare l'autonomia e l'indipendenza dei singoli giudici garantirebbe un esercizio più obiettivo e neutrale della relativa funzione.
  Manifesta, pertanto, perplessità in ordine alle effettive intenzioni perseguite dal Governo, ritenendo che con la riforma costituzionale in esame non si intenda tanto migliorare il sistema della giustizia, quanto punire i singoli giudici. Ciò appare ulteriormente confermato dalla ristrettezza dei tempi con i quali si intende approvare tale riforma.
  Esprime contrarietà, in conclusione, in ordine alla realizzazione di una riforma costituzionale di tale importanza in un clima privo di collaborazione tra le forze politiche.

  Federico CAFIERO DE RAHO (M5S), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, ricorda come il principio sancito dal secondo comma dell'articolo 101 della Costituzione sia espressione di un sistema democratico caratterizzato dalla separazione dei poteri.
  Rileva tuttavia come appaia necessario, in questi tempi, intervenire sulla richiamata disposizione costituzionale nei termini indicati nella proposta emendativa, in considerazione dei costanti attacchi mediatici rivolti dalla politica ai giudici per il contenuto delle sentenze da questi emesse. Si tratta di uno scenario che in passato nessuno avrebbe immaginato.
  Al riguardo, ritiene che tra i motivi del disegno di legge – nonché dei disegni di legge precedenti sul tema – vi sia l'intolleranza della politica per il controllo di legalità esercitato dalla magistratura anche in ambiti che si vorrebbero tenere celati.
  Per queste ragioni si rende opportuna una modifica del secondo comma dell'articolo 101 della Costituzione, per esplicitare con maggiore chiarezza il principio per cui i giudici sono indipendenti e autonomi, non solo da un punto di vista organizzativo e gerarchico, ma anche nelle loro decisioni.
  Ritiene che lo scopo del disegno di legge in esame sia quello di indebolire la magistratura, dividendola, per portarla nella direzione voluta dal potere politico, in piena antitesi con le finalità perseguite dai Padri costituenti.

  Federico GIANASSI (PD-IDP), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, intende evidenziare due aspetti.
  In primo luogo, ricorda come esponenti di alcune forze politiche della maggioranza abbiano rivendicato l'importanza di questo disegno di legge di revisione costituzionale, ma constata un assoluto silenzio da parte di quelle stesse forze politiche nel corso dell'esame parlamentare in atto – tanto in fase di audizioni, quanto nella discussione sul complesso degli emendamenti e, ora, nell'esame delle proposte emendative –, malgrado i temi toccati siano stati al centro del dibattito politico nazionale negli ultimi trent'anni. Osserva poi che la relazione illustrativa del Governo nulla dice sull'importanza dell'intervento normativo, limitandosi a descrivere il contenuto dello stesso.
  In secondo luogo, riguardo a una questione già sollevata dall'onorevole Alfonso Colucci, accoglie con favore la decisione della Presidenza di Commissione di dichiarare inammissibili alcune proposte emendative presentate dal Gruppo della Lega che intendevano mettere in discussione la primazia del diritto dell'Unione europea sul diritto interno. Ritiene tale decisione un'importante lezione politica e tecnica per la Lega, dal momento che statuisce che la contestazione del citato principio giuridico non può avere diritto di cittadinanza nel dibattito parlamentare. Si tratta, infatti, di un principio derivante dall'adesione libera dell'Italia all'Unione europea. L'unico elemento di dibattito ancora aperto sulla questione dei rapporti tra fonti del diritto dell'Unione europea e fonti del diritto nazionali attiene all'eventualità di un'antinomia tra una norma del diritto dell'Unione europea e i princìpi fondamentali sanciti dalla Costituzione, questione che peraltro verrebbe rimessa alla Corte costituzionale.Pag. 18
  Evidenzia infine la rilevanza politica della suddetta dichiarazione di inammissibilità in quanto ricorda a tutte le forze politiche che il principio della prevalenza del diritto dell'Unione europea – per cui il giudice nazionale è tenuto a non applicare la norma interna contrastante con una norma del diritto dell'Unione europea – è un principio insindacabile e intoccabile, salvo che non si intenda uscire dall'Unione.

  Enrica ALIFANO (M5S), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, dichiara che si attendeva interventi dei colleghi di maggioranza su un tema così importante, per favorire un dibattito costruttivo nell'ottica di un testo finale maggiormente ponderato e condiviso.
  Afferma di non comprendere per quali ragioni non pervengano dagli esponenti di maggioranza osservazioni in merito al contenuto della proposta emendativa in esame, né comprende quanto possa essere utile questo braccio di ferro politico con le opposizioni.
  Sottolinea come il comparto della giustizia sia segnato da molteplici problemi: dalla lentezza dei processi, che rappresenta un vulnus da un punto di vista sia economico che di tutela dei diritti, al trattamento economico del personale amministrativo, passando per il numero esorbitante di avvocati. Si tratta di problemi reali, rispetto ai quali vengono proposte soluzioni inique o che non vengono affrontati, mentre si persegue l'obbiettivo di separare le carriere nella magistratura, una misura che creerà maggiore confusione e non risolverà alcun problema concreto dei cittadini.

  Federico FORNARO (PD-IDP), intervenendo sull'articolo aggiuntivo Zaratti 1.02, sottolinea un aspetto ritenuto particolarmente negativo nell'ottica dei rapporti istituzionali, consistente nella decisione del silenzio. Pur dicendosi consapevole della legittimità di tale scelta politica, dal momento che non sussistono obblighi di intervento a carico degli esponenti della maggioranza, stigmatizza la decisione di costringere l'opposizione ad un soliloquio.
  Ritiene che tale comportamento – reiterato dalle forze politiche di maggioranza in questa legislatura, anche nel corso dell'esame del disegno di legge sull'autonomia differenziata – sia umiliante nei confronti delle Istituzioni, più che delle opposizioni.
  Ricorda che nella cosiddetta «Prima Repubblica» si è assistito a grandi confronti sulle riforme costituzionali, nel dibattito pubblico e parlamentare. La scelta del silenzio operata in questa legislatura dal Governo e dalle forze politiche che lo sostengono costituisce pertanto un unicum, e rivela un'idea distorta della democrazia parlamentare. Sostiene che le forze politiche al Governo esercitano una dittatura della maggioranza – nella dimensione parlamentare – che riconosce non appartenere alla cultura politica di alcuni esponenti delle stesse.
  Fa presente che esiste una differenza tra la condivisione delle riforme e il silenzio, rappresentata dal confronto democratico, in cui emergono le idee e le posizioni di maggioranza e opposizione.
  Ritiene che tale prassi, caratterizzante altresì i lavori in Assemblea, sia senza precedenti, non portando mai a un'intesa, né a un compromesso che, specie quando si tratta di riforme costituzionali, non può essere derubricato a «inciucio», ma va inteso nella sua nobile accezione di sintesi delle diverse posizioni per risolvere questioni fondamentali che travalicano la sfida politica tra maggioranza – momentanea – e opposizione.

  Alessandro URZÌ (FDI), raccogliendo la sollecitazione del deputato Fornaro, sottolinea come, qualora da parte delle opposizioni vi sia la disponibilità a convenire su un termine ragionevole per la conclusione dell'esame del provvedimento, la maggioranza non si sottrarrebbe certo al confronto sul merito, ma come tale confronto non sia possibile, data la notevole quantità di proposte emendative da esaminare, qualora gli interventi dell'opposizione su ciascun emendamento siano numerosi come nella seduta odierna.

  La Commissione respinge l'emendamento Zaratti 1.02.

  Nazario PAGANO, presidente e relatore, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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DL 145/2024: Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali.
C. 2088 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 5 novembre.

  Nazario PAGANO, presidente, ricorda che alle ore 12 di mercoledì 6 mercoledì è scaduto il termine per la presentazione di proposte subemendative alle proposte 4.7 e 12.09 del Governo: ne sono state presentate 220 (vedi allegato)
  Relativamente alle proposte subemendative presentate, avverte che la Presidenza ritiene irricevibile – in quanto privo del carattere accessorio tipico dei subemendamenti che possono proporre modifiche unicamente nell'ambito testuale dell'emendamento al quale si riferiscono – il subemendamento Zaratti 0.12.09.182, che modifica la nozione di persone vulnerabili di cui all'articolo 2, lettera h-bis), del decreto legislativo n. 25 del 2008.
  Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.