TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 84 di Martedì 11 aprile 2023

 
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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI RICONOSCIMENTO DI ISTITUTI DI RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO SPECIALIZZATI NELLE PATOLOGIE AMBIENTALI

   La Camera,

   premesso che:

    la legge 3 agosto 2022, n. 129, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di cui al decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288, di seguito denominati «Irccs»;

    in linea con l'evoluzione della scienza medica, sempre più orientata verso un approccio multidisciplinare, i principi e i criteri direttivi indicati dalla citata legge n. 129 del 2022 promuovono il riconoscimento degli istituti operanti nell'ambito di ampie aree scientifiche, in grado di intercettare i bisogni dei territori, le necessità del bacino d'utenza e di partecipare alle reti di ricerca a livello internazionale;

    nel rispetto dei suddetti principi e criteri direttivi e della condizione specificamente posta dalla XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei deputati, nel parere approvato in data 13 dicembre 2022, il decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 200, elenca le aree tematiche nell'ambito delle quali gli istituti possono ottenere il riconoscimento in maniera aperta, precisando che le stesse sono «integrate dal Ministero della salute con categorie riferibili a specializzazioni disciplinari non direttamente collegate alle MDC (Major Diagnostic Category) o per le quali sussistono appositi programmi di coordinamento nazionale»;

    coerentemente con l'impostazione sopra descritta e anche nella prospettiva dell'integrazione delle suddette aree tematiche, si ritiene che debba essere dato rilievo e promosso il riconoscimento degli istituti specializzati nella ricerca sulle patologie ambientali;

    secondo il rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), denominato «Prevenire le malattie grazie a un ambiente migliore: verso una stima del carico di malattia legato all'ambiente», circa il 24 per cento di tutte le malattie nel mondo è dovuto all'esposizione a fattori ambientali;

    in Italia, secondo i dati della Società italiana di medicina ambientale (Sima), presentati alla vigilia della Giornata mondiale della salute, le morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico sono circa 90 mila ogni anno;

    dal punto di vista economico, il danno legato all'inquinamento, stimato in costi sanitari e giorni di lavoro persi, oscilla, solo in Italia, tra i 50 e i 140 miliardi di euro all'anno;

    secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, nell'anno 2019, circa il 97 per cento della popolazione europea che vive nelle aree urbane è stata esposta a livelli di particolato ritenuto dall'Oms dannoso per la salute;

    le evidenze sopra riportate confermano che la ricerca sulle patologie ambientali costituisce un tema di grande attualità che risponde ai bisogni di salute della popolazione e che interessa i sistemi sanitari di tutto il mondo;

    la «tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati» è compresa tra le attività di prevenzione collettiva che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire ai cittadini, in attuazione dei livelli essenziali di assistenza definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017;

    il decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, recante «ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza», ha previsto all'articolo 27 l'istituzione del «Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici» (Snps);

    il Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici è stato istituito allo scopo di migliorare e armonizzare le politiche e le strategie messe in atto dal Servizio sanitario nazionale per la prevenzione, il controllo e la cura delle malattie acute e croniche, trasmissibili e non trasmissibili, associate a rischi ambientali e climatici;

    ai sensi del medesimo articolo 27 del decreto-legge n. 36 del 2022, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano «fanno parte del Snps», operando con funzioni di coordinamento con i dipartimenti di prevenzione, con le strutture sanitarie e sociosanitarie e con gli «altri enti del territorio di competenza che concorrono al raggiungimento degli obiettivi del Snps stesso»;

    il decreto del Ministero della salute 9 giugno 2022, emanato in attuazione del citato articolo 27 del decreto-legge n. 36 del 2022, assegna alle regioni una serie di importanti compiti e attività, tra cui quelli di: istituire il «Sistema regionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici», assicurando un approccio integrato one health; individuare la struttura che svolge le funzioni di coordinamento ed è responsabile dell'attuazione delle politiche di prevenzione primaria di competenza e della gestione degli aspetti operativi connessi; definire e attuare le politiche di prevenzione primaria includendo la salute nei processi decisionali territoriali; sviluppare e consolidare le funzioni di osservazione epidemiologica, a livello regionale e aziendale; garantire l'integrazione dei sistemi informativi regionali, al fine di ottimizzare l'analisi dei rischi sanitari associati direttamente e indirettamente a determinanti ambientali e climatici;

    l'attività e il conseguimento degli obiettivi del Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici sarebbero agevolati dal riconoscimento di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico specializzati in patologie ambientali, in grado di assicurare la cura del paziente in ogni fase della malattia, attraverso un approccio multidisciplinare nel quale convergano l'assistenza, la ricerca e la didattica in una visione integrata del sapere tecnico,

impegna il Governo

1) a promuovere il riconoscimento di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico specializzati nelle patologie ambientali, in coerenza con le esigenze di prevenzione, controllo e cura di tali patologie, nonché con i principi e le finalità della legge 3 agosto 2022, n. 129, e del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 200.
(1-00045) «Molinari, Benvenuto, Giaccone, Giglio Vigna, Gusmeroli, Maccanti, Panizzut, Lazzarini, Loizzo, Matone».

(23 gennaio 2023)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO, NEL QUADRO DI INTERVENTI PER LA VALORIZZAZIONE E IL POTENZIAMENTO DEL SISTEMA DI ISTRUZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), ha introdotto – a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025 – una nuova disciplina relativa al dimensionamento della rete scolastica e alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga);

    nello specifico del dettato normativo la nuova disciplina – introducendo i commi da 5-quater a 5-sexies all'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – a regime, come si diceva, dall'anno scolastico 2024/2025, prevede che i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, insieme con la relativa distribuzione tra le regioni, vengano definiti, su base triennale, con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata, da adottare, a seguito di una modifica apportata dalla Camera dei deputati, entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento;

    la nuova disciplina specifica, inoltre, che s'intende in tal modo dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla Missione 4 Componente 1 del Pnrr, individuato come «parametro efficace» per individuare i plessi accorpati ad altri istituti;

    infatti, stando a quanto previsto dalla nuova normativa, le regioni, sulla base dei parametri individuati sulla base della media regionale della popolazione scolastica, provvedono al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Ciò impone, dunque, alle regioni, di accorpare tutte le istituzioni scolastiche che eccedono il numero fissato a livello nazionale con il decreto previsto dal comma 5-quater dell'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come introdotto dalla legge di bilancio per il 2023;

    il nuovo comma 5-quinquies disciplina la procedura per la determinazione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni nel caso di mancata adozione del relativo decreto entro la data del 31 maggio. In tal caso, il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze deve essere adottato entro il 30 giugno, in maniera unilaterale, senza alcun ulteriore coinvolgimento delle regioni, titolari costituzionalmente della competenza all'articolazione della rete scolastica, sulla base di un coefficiente, indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando la necessità di salvaguardare le specificità derivanti dalle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche nonché da un parametro perequativo, determinato in maniera da garantire a tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il medesimo numero di istituzioni scolastiche, calcolato sulla base del parametro di cui al comma 5 (dell'articolo 19 del decreto-legge n. 98 del 2011 sopra citato) e, comunque, entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo;

    un dimensionamento così perseguito – attraverso la diminuzione di figure centrali quali quella del dirigente scolastico e del direttore dei servizi generali e amministrativi e per il tramite di numerosi «accorpamenti», basato su finalità restrittive e su un'economia di risparmio – rischia di essere fortemente divisivo e comporta inevitabilmente una sensibile riduzione delle istituzioni scolastiche, con gravi conseguenze sulla vita di studenti e studentesse. Come fu per la riforma Gelmini illo tempore, e al netto della «coperta corta» che ha configurato l'ultima legge di bilancio, si tratta comunque dell'ennesima razionalizzazione miope e di corto respiro;

    proprio perché la finalità della norma è allineare il numero di scuole autonome al numero di posti di dirigente scolastico e Dsga, procedendo mediante accorpamenti, dalla relazione tecnica di accompagnamento alla normativa introdotta dalla legge di bilancio 2023 emergere dal 2024/2025 al 2031/2032 il numero di istituzioni scolastiche con la presenza di dirigente e Dsga titolari passi da 7.461 a 6.886, con un taglio di 575 scuole e posti di Ds e Dsga; se si considera inoltre che nell'anno scolastico 2022/2023 il numero delle istituzioni scolastiche autonome è pari a 8.007, dal 2022/2023 al 2031/2032 è stimabile un taglio complessivo di 1.121 scuole autonome;

    la predetta relazione tecnica stima, a regime, in quasi 90 milioni di euro il taglio, redistribuito nel settore, ma senza una visione d'insieme e con il rischio che tali risorse siano disperse;

    già nella XVIII Legislatura il Movimento 5 Stelle si era battuto per abbassare a 500 studenti (300 nei comuni montani e nelle piccole isole) la soglia per consentire di poter disporre di un dirigente scolastico e di un Dsga titolari, proprio allo scopo di supportare e garantire gli istituti dei territori più fragili, nelle aree interne, quali presidio fondamentale di legalità, di accessibilità e minori costi per le famiglie;

    l'accorpamento degli istituti si configura, pertanto, come un vero e proprio «taglio» che (ancora una volta) andrà a colpire le regioni e i territori più deboli, incentivando lo spopolamento dei piccoli centri e finendo per incrementare i divari territoriali. Si tratta di una scelta politica precisa, in continuità con quanto già realizzato in passato, un accanimento dettato da una visione «deformata» ed «economicistica» della scuola;

    secondo le prime stime accreditate, ovvero dalla bozza di lavoro assegnata allo studio delle regioni e diffusa a mezzo stampa in data 18 febbraio 2023, già nel 2023 quasi 700 istituzioni scolastiche (697 per l'esattezza) saranno accorpate sulla base di quanto stabilito dalla legge di bilancio, gravando soprattutto sulle regioni del Sud, Campania in primis, che, in base alle proiezioni, dovrebbe risultare la regione maggiormente penalizzata, con più di 140 fusioni tra scuole e tagli di personale (passerebbe da 985 istituti a 839: –146), seguita dalla Sicilia (da 819 a 710: –109) e, quindi, in ordine decrescente da:

     a) Calabria: da 360 a 281 (-79);

     b) Puglia: da 635 a 569 (-66);

     c) Sardegna: da 273 a 228 (-45);

     d) Lazio: da 722 a 685 (-37);

     e) Veneto: da 592 a 560 (-32);

     f) Basilicata: da 115 a 84 (-31);

     g) Marche: da 233 a 210 (-23);

     h) Toscana: da 476 a 455 (-21);

     i) Lombardia: da 1135 a 1115 (-20);

     l) Piemonte: da 540 a 520 (-20);

     m) Liguria: da 188 a 170 (-18);

     n) Emilia-Romagna: da 534 a 519 (-15);

     o) Abruzzo: da 193 a 179 (-14);

     p) Friuli Venezia Giulia: da 167 a 155 (-12);

     q) Umbria: da 139 a 133 (-6);

     r) Molise: da 52 a 49 (-3);

    alcune regioni hanno già annunciato di volere impugnare la nuova normativa davanti alla Corte costituzionale per violazione della Costituzione;

    in sintesi, l'autonomia scolastica differenziata e il dimensionamento immaginato dalla nuova «riforma», presupposto o conseguenza l'uno dell'altro, porteranno all'eliminazione di centinaia di posti, di cattedre, di personale. E comunque, laddove non si proceda alla chiusura dei plessi, se ne modificano le «dimensioni», eliminando di fatto quelle «sedi sottodimensionate» in favore di sedi scolastiche più grandi, ma con personale ridotto;

    investire nella scuola e nel sistema d'istruzione significa investire in «futuro»: tuttavia per creare ambienti di apprendimento innovativi non basta distribuire più tablet e pc portatili, o potenziare la rete. Non vuol dire servirsi unicamente di «autostrade» informatico-digitali, ma anche di strade secondarie e meno battute: saper disegnare percorsi alternativi e, quando occorre, non tanto o non solo innalzare un edificio quanto vedere dinanzi a sé le fondamenta degli edifici possibili;

    proprio il decremento demografico – invocato come causa-prima e ragione strutturale nelle esigenze di dimensionamento – poteva e doveva viceversa costituire l'occasione per sdoppiare le classi, affrontare finalmente il problema delle classi sovraffollate (cosiddette «classi pollaio», riducendo il numero degli alunni per singola classe), e aumentare l'organico docente e Ata, reintegrando l'organico aggiuntivo del periodo Covid (come peraltro prospettato e auspicato dal Movimento 5 Stelle in legge di bilancio e in ogni provvedimento utile);

    ciò per l'ottimizzazione e la razionalizzazione nel funzionamento del sistema scolastico – sia in prospettiva generale, sia per quanto concerne gli aspetti che producono significative, insistite ripercussioni a livello territoriale, locale e periferico – anche a fronte dell'annunciato calo demografico,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a rivedere la normativa approvata inerente al dimensionamento scolastico, in particolare ad adottare iniziative normative volte ad abrogare la disciplina introdotta, anche alla luce dei rischi e delle criticità che potrebbero derivare dalla controversa riforma dell'autonomia differenziata da riconsiderare integralmente, con particolare riguardo al sistema di istruzione, che deve mantenere i caratteri di uniformità ed eguaglianza su tutto il territorio nazionale;

2) ad adottare iniziative volte immediatamente a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e la povertà educativa, diminuendo il numero degli alunni per classe e garantendo la formazione delle classi nei territori disagiati, montani, nelle piccole isole, nelle aree interne, nonché a fronteggiare la dispersione scolastica, l'abbandono e la rinuncia agli studi, a incentivare lo sviluppo di una coscienza civica ispirata a princìpi di cittadinanza attiva e solidale attraverso la consapevolezza dei diritti e dei doveri;

3) ad adottare iniziative normative volte a rivedere i «tagli» compiuti nella legge di bilancio 2023, investendo in conoscenza e formazione, in qualità e quantità dell'insegnamento e dell'offerta formativa, nell'istruzione come «ascensore sociale» per tutti i giovani;

4) ad adottare iniziative volte a valorizzare economicamente tutto il personale scolastico;

5) ad utilizzare compiutamente e ottimizzare le risorse messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per la creazione e la trasformazione delle istituzioni scolastiche in ambienti d'apprendimento innovativi, anche dal punto di vista dell'edilizia scolastica, della metodologia d'insegnamento e dei linguaggi, fornendo direttive e linee guida chiare ed efficaci e supportando gli enti locali e le istituzioni scolastiche nel processo di attuazione del Piano.
(1-00079) «Orrico, Amato, Caso, Cherchi, Scutellà, Ilaria Fontana, Cappelletti, Auriemma, Barzotti, Morfino, Todde, Carmina».

(28 febbraio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    con l'approvazione della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) sono stati operati importanti tagli che andranno ad impattare negativamente sul settore dell'istruzione: è risultata una riduzione di 5 milioni di euro per il 2023, di 13,4 milioni di euro per il 2024 e di 20,2 milioni di euro per il 2025 del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione, prefigurando altresì – a partire dal 2026 – un taglio permanente del medesimo Fondo pari a 18,2 milioni di euro annui;

    il Governo, introducendo, nel disegno di legge di bilancio 2023, poi approvato con la legge n. 197 del 2022, una nuova disciplina relativa alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, ha approvato, di fatto, la riduzione, non solo delle sedi, che verranno inevitabilmente accorpate, ma anche del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, che saranno quasi dimezzati rispetto ad oggi: si passerà, infatti, dai 6.490 del 2024-2025, ovvero il primo anno in cui entreranno in vigore le norme della manovra 2023, fino ai 3.144 del 2031-2032, quindi si tratta di 3.346 dirigenti scolastici in meno, andando ad impattare negativamente su territori già in difficoltà come le aree interne ed il Mezzogiorno;

    i provvedimenti già citati in materia di rinnovo contrattuale dei docenti stanziano solo 150 milioni di euro per l'anno 2023, invece dei 300 milioni di euro attesi, con ciò andando ad attingere a parte delle risorse già stanziate per la valorizzazione della professionalità docente dal Governo Draghi nella legge di bilancio 2022, senza aggiungere fondi ulteriori;

    negli ultimi giorni, in seguito alle recenti dichiarazioni del Ministro dell'istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, che ha ipotizzato stipendi diversi per gli insegnanti a seconda delle zone dove prestano servizio, è emersa la questione delle cosiddette gabbie salariali;

    proprio perché ritenuti responsabili dell'aggravamento del divario fra Nord e Sud, da oltre cinquant'anni in Italia non vi sono più stipendi differenziati su base regionale o provinciale per prestazioni di lavoro dello stesso tipo;

    le retribuzioni variabili in base al territorio produrrebbero discriminazioni inaccettabili, legittimando la presenza di scuole di serie A e scuole di serie B. Una tale proposta, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo inqualificabile, avrebbe l'effetto di accentuare ancora di più l'esodo degli insegnanti del Sud verso istituti del Nord, producendo un danno incalcolabile per il sistema scolastico del Mezzogiorno;

    la questione relativa alla retribuzione dei docenti rimane tuttavia un'emergenza da affrontare partendo non dalle differenze di costi che gli insegnanti sostengono a seconda di dove vivano ma dalle retribuzioni che rimangono tra le più basse dell'Unione europea;

    l'ultimo rapporto promosso dall'Ocse, che analizza e confronta i sistemi scolastici dei principali Paesi d'Europa e del mondo, conferma il dato negativo delle retribuzioni degli insegnanti italiani che risultano essere molto distanti rispetto a quelle dei colleghi degli altri Paesi. Queste differenze sono presenti ed evidenti in tutti i gradi di scuola, dalla scuola dell'infanzia alle scuole superiori;

    nella scuola primaria la differenza tra lo stipendio medio annuale di un docente italiano e quella degli omologhi docenti dell'area Ocse è in media del 15 per cento inferiore; altrettanto evidenti sono le differenze per i docenti della scuola secondaria di primo grado: in Italia l'insegnante percepisce il 13 per cento in meno rispetto ai colleghi dei Paesi Ocse e il 12 per cento in meno rispetto ai colleghi dei Paesi europei; anche i docenti delle scuole secondarie di secondo grado in Italia percepiscono il 14 per cento in meno rispetto ai docenti dei Paesi Ocse e il 13 per cento in meno rispetto ai docenti europei;

    il rapporto dell'Ocse non si limita ai confronti internazionali, ma offre anche una significativa comparazione all'interno dello stesso Paese tra gli stipendi dei docenti e quello dei lavoratori con pari livello d'istruzione. Pertanto, lo stipendio degli insegnanti è stato confrontato con la retribuzione di altri professionisti con il medesimo titolo d'istruzione universitaria e dal confronto emerge che in Italia, a parità di titolo di studio, gli insegnanti risultino molto meno pagati;

    le dichiarazioni e alcuni degli interventi già messi in atto nei primi mesi di Governo delineano, al di là delle dichiarazioni rese alla stampa, la volontà politica di un Esecutivo disinteressato ad intervenire per superare le numerose criticità che toccano il settore dell'istruzione, a cominciare dalle urgenze legate alla dispersione scolastica e alla povertà educativa;

    dal rapporto di Save the Children «Alla ricerca del tempo perduto – Un'analisi delle disuguaglianze nell'offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana» emergono dati preoccupanti sullo stato dell'educazione scolastica nel nostro Paese, secondo cui i territori dove la povertà minorile è più forte sono quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre e confermano, inoltre, quanto la privazione educativa sia strettamente legata a quella materiale e come un'offerta adeguata di spazi e servizi educativi a scuola potrebbe fare la differenza nello spezzare tale legame ed offrire opportunità di apprendimento eguali anche agli studenti più svantaggiati;

    l'assenza di risorse stanziate, le dichiarazioni del Ministro Valditara e le anticipazioni, riportate dai maggiori organi di stampa, relative ad una proposta di riforma in materia di autonomia differenziata, avanzata dal Ministro degli affari regionali e le autonomie, prefigurano che anche l'istruzione rientri tra le materie oggetto di trasferimento dallo Stato alle regioni, con il rischio di avviare un processo di regionalizzazione della scuola che deve, invece, continuare ad essere nazionale e pubblico, presidio insostituibile per garantire e rafforzare l'unitarietà dello Stato, senza penalizzare ulteriormente le regioni del Sud a vantaggio di quelle del Nord,

impegna il Governo:

1) al fine di dare centralità all'istruzione pubblica, ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate e ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo, e a definire incarichi e progressione di carriera del personale scolastico, attraverso un incremento, stabile, delle risorse stanziate dall'articolo 1, comma 561, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) per il rinnovo contrattuale;

2) a riconsiderare, attraverso ulteriori iniziative normative, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 557, di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) relative al dimensionamento scolastico, al fine di sostenere la rete e i servizi scolastici ed evitare la conseguente riduzione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, rivedendo i criteri di cui alla medesima disposizione così da evitare le penalizzazioni che riguarderanno aree interne e Mezzogiorno;

3) a prevedere che, per effetto del progressivo calo demografico, si intervenga per rimodulare i parametri relativi al numero di alunni per classe, anche modificando le disposizioni del decreto ministeriale n. 81 del 20 marzo 2009, e per far sì che le eventuali risorse liberate dalla riduzione della spesa per istruzione conseguente al calo demografico siano reinvestite nel medesimo settore a beneficio dei giovani e delle future generazioni;

4) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate finalizzate ad arrivare alla progressiva e piena attuazione del piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a sei anni, implementando le risorse del Fondo nazionale dirette a garantire la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni a favore dei nuclei familiari a basso Isee – con particolare attenzione all'offerta formativa nel Sud del Paese – ed una scuola dell'infanzia (3-6 anni) ad accesso universale e gratuito;

5) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate ad assicurare il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini, su tutto il territorio nazionale, elemento fondamentale per colmare il divario tra Nord e Sud ed assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni con particolare attenzione per gli alunni con disabilità, sostenendo le famiglie con azioni concrete quali l'implementazione dei servizi di refezione scolastica, la gratuità dei servizi di trasporto e dei libri di testo e la garanzia del tempo pieno;

6) ad adottare iniziative volte a disporre un adeguamento quantitativo delle risorse da destinare al comparto della scuola indicando, come obiettivo programmatico di lungo termine, il raggiungimento del valore della media europea dell'indice di spesa per l'istruzione in rapporto al prodotto interno lordo.
(1-00063) «Manzi, Orfini, Zingaretti, Berruto, Speranza, Ascani, Merola, Ubaldo Pagano, Toni Ricciardi, Di Sanzo, Forattini, De Maria, Peluffo, Lai, Malavasi, Carè, Scarpa, Ghio, Di Biase, Bakkali, Lacarra, Amendola, Porta, Braga».

(13 febbraio 2023)

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