TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 300 di Martedì 28 maggio 2024

 
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INTERROGAZIONI

A)

   NEVI e DEBORAH BERGAMINI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'apicoltura svolge un ruolo cruciale nello sviluppo sostenibile delle zone rurali, offrendo un rilevante contributo all'ecosistema e all'armonico sviluppo dell'ambiente, grazie all'impollinazione che supporta la varietà genetica delle piante;

   nel 2004 il Parlamento ha approvato la legge quadro sull'apicoltura, legge n. 313, che ha stabilito paletti, dettato linee guida, fissato principi e criteri, nonché disciplinato la materia dell'apicoltura nelle sue varie sfaccettature;

   si tratta di un provvedimento che, ad avviso degli interroganti, pur con alcuni difetti, ha avuto il pregio di mettere in evidenza le consistenze del settore, dare luogo a un censimento annuale del patrimonio apistico italiano, contabilizzare gli alveari e da qui intercettare quelle risorse finanziarie che oggi giungono dall'Unione europea e che l'Italia cofinanzia per la realizzazione dei «sotto progetti» nazionali e regionali previste dalla nuova politica agricola comune;

   i dati forniti dalla Banca dati apistica al 31 dicembre 2022 e dall'anagrafe nazionale descrivono un settore che conta oltre 1.500.000 alveari, detenuti da circa 51.000 apicoltori in attività. Di questi apicoltori, circa 35.000 allevano le api per autoconsumo e detengono circa il 20 per cento del totale degli alveari registrati, mentre i restanti 14.000 apicoltori sono titolari di aziende che allevano api a fini economici e detengono l'80 per cento degli alveari del patrimonio apistico nazionale;

   negli ultimi 13 anni la capacità produttiva del comparto apistico è calata di circa il 50 per cento. Tale calo è in parte riconducibile all'estremizzazione degli eventi atmosferici, dovuti al cambiamento climatico. Spesso le nutrizioni negli ultimi anni sono servite a salvare la vita delle api per non perdere il patrimonio zootecnico. Anche nel 2024, come nel 2023, la stagione primaverile ostile ha ostacolato la fioritura dell'acacia, con la conseguente mancata produzione di nettare per le api, quindi di miele di acacia, miele molto ricercato dal mercato italiano ed europeo;

   alle difficoltà produttive si somma il considerevole incremento dei costi di produzione. Poiché il miele non è considerato alimento di prima necessità, il mercato è estremamente soggetto a variazioni e speculazioni sui prezzi a causa dei mieli di scarsa qualità, spesso adulterati o contaminati, importati da Paesi terzi, in primis dalla Cina;

   l'Europa è il secondo produttore mondiale di miele con 230.000 tonnellate prodotte annualmente. La Cina ne produce circa 543.000 tonnellate. Nei rapporti del Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi in ambito europeo (Rasff) il miele importato, soprattutto dalla Cina, è risultato contaminato da residui di fitosanitari e di medicinali veterinari. Un'indagine della Commissione europea ha riscontrato che il 46 per cento dei campioni di miele importato non è conforme alle regole comunitarie, contenute nella cosiddetta «direttiva miele»;

   l'invasione di miele proveniente da Paesi extra Unione europea a prezzi bassissimi, immesso sul mercato italiano con etichette poco chiare per il consumatore, danneggia gli apicoltori italiani e le loro cooperative già fortemente in crisi;

   la Commissione agricoltura del Parlamento europeo a novembre 2023 ha approvato un testo di riforma della direttiva che risolverebbe molte delle problematiche esposte, dall'etichettatura alle misure di sostegno ed emergenziali (ivi compresa la nutrizione di soccorso), allo snellimento degli adempimenti burocratici, ai controlli sul miele di importazione, alla valorizzazione del ruolo multifunzionale dell'ape mellifera quale sentinella di biomonitoraggio e, infine, alla promozione del settore apistico nazionale –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per sostenere il settore apistico colpito negli ultimi due anni dalla mancata produzione primaverile, per contrastare nell'immediato la concorrenza sleale del miele extra Unione europea, in particolare quello cinese, non salubre né conforme agli standard qualitativi e di sicurezza alimentare, nonché per favorire la sollecita definizione dei testi in discussione presso le istituzioni europee.
(3-01209)

(14 maggio 2024)

B)

   MANZI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   in merito all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, i dati positivi lasciati dai precedenti Governi, a parere dell'interrogante, risultano dilapidati a causa delle incertezze dell'Esecutivo in carica e dei vaghi annunci circa l'«impossibilità» di raggiungere gli obiettivi entro il 2026, «spostamenti» di opere sulle altre fonti di finanziamento e «smantellamenti», cui non è seguito nessun atto concreto;

   la terza relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha certificato un grave ritardo accumulato dal Governo e l'insufficiente informazione e trasparenza dello stato di avanzamento dei progetti;

   le informazioni, infatti, disponibili esclusivamente sulla piattaforma Regis, dedicata alla rendicontazione del piano, non sono pubbliche;

   per avere qualche indicazione su questi aspetti occorre affidarsi ai report realizzati dai soggetti che hanno accesso alla piattaforma. In questo caso il documento più recente è stato realizzato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, con dati aggiornati al 26 novembre 2023, nel quale si evidenzia una significativa lentezza nella capacità di spesa delle risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza. In particolare, tale organo certifica: una spesa ferma al 14 per cento (28,1 miliardi di euro), con un dato allarmante proprio nel 2023 di soli 2,5 miliardi di euro, pari al 7,4 per cento di quanto programmato; un diffuso ritardo su tutti progetti del Piano, pari al 75 per cento dei progetti esecutivi registrati sulla piattaforma Regis;

   la relazione evidenzia una sorta di «collo di bottiglia», determinato non tanto dalle gare deserte o annullate e neanche dal massimo ribasso (15 per cento), in linea con altri appalti pubblici, quanto dai ritardi nella progettazione esecutiva e nell'assegnazione dei progetti alle imprese;

   peraltro, l'Ufficio parlamentare di bilancio rileva che la revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza non ha permesso di superare le difficoltà che hanno determinato questi ritardi, ma ha semplicemente consentito di guadagnare del tempo, facendo scalare in avanti alcuni degli obiettivi che il nostro Paese deve raggiungere;

   in tale scenario, per quanto riguarda il settore istruzione, la misura relativa agli asili è tra quelle che ha scontato una difficile fase di avvio legata, principalmente, alle criticità gestionali e amministrative che hanno messo in crisi la possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati già per fine giugno 2023;

   obiettivi che, come denunciato dal settore, non verranno raggiunti nonostante il nuovo Piano asili nido, avviato dal decreto interministeriale 30 aprile 2024, n. 79;

   inoltre, i fondi stanziati non risulterebbero sufficienti: un'analisi dell'Ufficio parlamentare di bilancio sulla base delle graduatorie del bando del Piano nazionale di ripresa e resilienza stimava che il deficit di posti potrebbe continuare a esistere: ad esempio, in Campania e Sicilia mancherebbero ancora tra 6 e 11 mila posti per garantire la copertura del 33 per cento a livello regionale. In più, poco più di 3.400 comuni con una grave carenza di asili nido – tasso di copertura compreso tra 0 e 11 per cento – non hanno partecipato ai bandi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per aumentare i posti –:

   se il Ministro interrogato non intenda rendere accessibili i dati relativi allo stato di avanzamento dei singoli progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza e, in particolare, il numero dei posti creati negli asili nido, mediante pubblicazione sul sito internet istituzionale del Ministero.
(3-01228)

(27 maggio 2024)
(ex 5-02340 dell'8 maggio 2024)

MOZIONI IN ORDINE ALLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO SULLA RIFORMA DELLA GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA E DEL PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA

   La Camera,

   premesso che:

    1) il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta una questione centrale nel dibattito europeo ed un tema decisivo di politica economica per il nostro Paese in quanto dalla sua approvazione dipenderà la capacità di spesa e di investimento a livello nazionale ed europeo per i prossimi anni, pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali;

    2) come noto, il 21 dicembre 2023 il Consiglio Ecofin ha formalmente approvato il mandato negoziale con il Parlamento europeo sul nuovo quadro di governance economica e, nello specifico, sul regolamento sul braccio preventivo, nonché un accordo di massima in vista della consultazione del Parlamento sul regolamento sul braccio correttivo e sulla direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio nazionali. Successivamente, il 17 gennaio 2024, lo stesso Parlamento europeo ha adottato il proprio mandato negoziale in vista dell'avvio dei negoziati interistituzionali sulla proposta di regolamento riguardante il braccio preventivo del patto;

    3) in ragione delle modifiche peggiorative, apportate nel corso dei negoziati alla proposta di riforma che hanno dato seguito a regole più severe sul deficit e a un controllo più restrittivo sulla spesa pubblica degli Stati membri, il Movimento 5 Stelle, in sede parlamentare europea, ha espresso voto contrario alla suddetta posizione negoziale, coerentemente con la posizione peraltro già assunta anche in sede nazionale con la mozione Scerra ed altri n. 1-00082 in materia di revisione della governance economica dell'Unione europea e delle relative politiche di bilancio; la posizione negoziale di gennaio 2024 con il Parlamento europeo è stata invece votata favorevolmente da tutte le altre forze politiche; Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia, Italia Viva e Partito democratico;

    4) le elezioni europee si avvicinano e il percorso di riforma e di definizione delle nuove regole sulla governance si è appena concluso: con l'accordo politico provvisorio raggiunto tra i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo il 10 febbraio 2024 è stato infatti confermato l'impianto complessivo della riforma della governance che rimane quello stabilito nell'accordo raggiunto dagli Stati membri nel Consiglio Ecofin del 21 dicembre 2023;

    5) da ultimo, la ferma contrarietà del Movimento 5 Stelle a tale proposta di riforma, in coerenza con le posizioni già assunte nelle precedenti votazioni richiamate in premessa, è stata ribadita con il voto del 23 aprile 2024 in sede di ultima plenaria del Parlamento europeo prima delle elezioni europee, unica forza politica italiana ad essersi espressa contro nella votazione finale della proposta di regolamento sul braccio preventivo del Patto di stabilità e sulla procedura di consultazione sulle altre due proposte relative al regolamento sul braccio correttivo e alla direttiva sui quadri di bilancio nazionali;

    6) in quella sede si è peraltro assistito alla totale spaccatura del fronte italiano della maggioranza di centrodestra, cosiddetto dei conservatori e riformisti europei, presieduto dalla Premier Meloni, che, in aperto contrasto con la posizione assunta nelle votazioni precedenti in sede di Consiglio e sconfessando di fatto l'operato del proprio Ministro dell'economia e delle finanze Giorgetti – il quale aveva difeso la sostenibilità dell'accordo per l'Italia – si è astenuto. Nonostante il Governo si fosse dichiarato «soddisfatto» e avesse appoggiato la riforma, definendola «un buon compromesso», Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega non l'hanno infatti sostenuta al momento della votazione;

    7) sul dietrofront delle forze di maggioranza sul medesimo pacchetto di proposte di riforma – peraltro sconfessato, ancora una volta, dal voto espresso in sede di Consiglio dell'Unione europea il 29 aprile 2024 a favore del nuovo Patto di stabilità – ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo pesa evidentemente la prossima campagna elettorale per le elezioni europee di giugno, che lascia trasparire una preoccupante mancanza di responsabilità da parte dell'Esecutivo;

    8) dopo oltre un anno e mezzo di trattative, è arrivata infatti, con il voto favorevole del Governo italiano, l'approvazione definitiva, senza discussione, del Consiglio sul pacchetto di proposte legislative inerenti alla riforma del Patto di stabilità e crescita che si è espresso all'unanimità – con l'eccezione del Belgio che si è astenuto sul regolamento sul coordinamento efficace delle politiche economiche e alla sorveglianza di bilancio multilaterale – dando così il via libera a un compromesso giudicato da tutti gli osservatori peggiorativo rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea; la riforma delle vecchie regole di governance economica era stata invocata per semplificare il quadro delle regole fiscali europee e rimuovere i difetti di «prociclicità» del vecchio impianto, che avevano finito per comprimere la spesa per investimenti durante i periodi di consolidamento fiscale mentre l'accordo confermato dal Consiglio rischia di fallire entrambi gli obiettivi, con il pericolo concreto per l'Italia di manovre correttive per gli anni a venire e tagli che colpiranno la spesa pubblica, in particolare quella destinata a sanità, istruzione, diritti, investimenti, imprese, infrastrutture e crescita;

    9) secondo le stime di autorevoli istituti internazionali, gli obiettivi contenuti nella proposta di riforma si tradurranno in un aggiustamento che per l'Italia potrebbe essere pari a 12-13 miliardi di euro per sette anni. In particolare, secondo lo studio della Confederazione europea dei sindacati (Ces) che si basa sui calcoli del prestigioso think tank Bruegel, la riforma potrebbe costringere l'Italia a tagli annuali al bilancio tra lo 0,61 per cento e l'1,15 per cento del prodotto interno lordo (le percentuali più alte in Unione europea dopo Belgio e Slovacchia). Questo dipenderà dal tipo di piano di rientro del debito che il nostro Governo concorderà con la Commissione europea (una delle novità della riforma), ossia se un piano di 4 anni o uno di 7 anni. Nel primo caso, il taglio annuale, calcola la Ces, sarebbe di 25,4 miliardi di euro. Nel secondo caso, lo sforzo scenderebbe a 13,5 miliardi di euro;

    10) complessivamente, i nuovi parametri di base contenuti nel patto – in cui sono rimaste immutate le soglie di riferimento del 3 per cento nel rapporto deficit/prodotto interno lordo e del 60 per cento nel rapporto debito/prodotto interno lordo – rischiano infatti di spingere non solo l'Italia, ma l'intera Unione europea in recessione, dal momento che comporteranno pesanti conseguenze sulla riduzione degli investimenti;

    11) proprio con riferimento agli investimenti, quelli nelle aree prioritarie dell'Unione europea – e cioè la transizione climatica e digitale e la sicurezza energetica – a differenza degli investimenti per la difesa considerati fattore rilevante per l'esclusione dal calcolo degli obiettivi di bilancio – non vengono scorporati nella proposta di riforma della governance economica, ma dovranno essere elencati nei piani che gli Stati membri manderanno a Bruxelles;

    12) la complicata situazione dei conti pubblici italiani è stata confermata anche dai dati contenuti nelle previsioni economiche d'inverno, pubblicate a febbraio 2024: la Commissione europea ha infatti rivisto, al ribasso, rispetto alle aspettative contenute nelle previsioni economiche di novembre, le stime di crescita per l'Italia, tagliandole di – 0,2 per cento e portandole allo 0,7 per cento per il 2024; tali previsioni contraddicono di fatto anche l'azione governativa che ha basato l'ultima manovra di bilancio su una crescita superiore all'1 per cento;

    13) scontata è poi – come confermato dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze Giorgetti, in base all'indebitamento netto registrato dall'Italia nel 2023, la prossima apertura di una procedura per disavanzo eccessivo (Pde) nei confronti dell'Italia in relazione alla riforma della governance economica europea, in base alle raccomandazioni della Commissione europea,

1) alla luce degli effetti applicativi che le rinnovate regole di governance economica europea avranno in termini di tagli alla spesa pubblica per il nostro Paese, censura fortemente l'operato del Governo in relazione al consenso manifestato al Patto di stabilità, dichiarato in sede di Ecofin del 21 dicembre 2023 e confermato in sede di Consiglio il 29 aprile 2024 con il via libera definitivo alle rinnovate regole di governance, e impegna altresì l'Esecutivo ad astenersi dall'assumere posizioni negoziali che confermino l'impostazione attuale del Patto di stabilità così come riformato, in conformità anche con la linea politica espressa dagli eurodeputati italiani sulla riforma in sede di ultima seduta del Parlamento europeo;

2) conseguentemente, impegna il Governo a voler assumere, in ogni sede europea, una posizione di netta contrarietà al rinnovato Patto di stabilità, facendosi portavoce della necessità di rinegoziare l'accordo, al fine, da una parte, di evitare nuovi vincoli e tagli agli investimenti per l'Italia, e, dall'altra, di includervi, tra i fattori da considerarsi rilevanti, anche le spese in investimenti strategici – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – per prevenire politiche di austerità, preservare la qualità e il livello di spesa pubblica, evitare pesanti tagli allo Stato sociale e sostenere una crescita inclusiva e sostenibile di medio e lungo termine;

3) impegna il Governo a scongiurare il rischio dell'apertura di una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo nei confronti dell'Italia, che la Commissione europea, a seguito dell'entrata in vigore delle nuove regole di bilancio, potrebbe raccomandare al Consiglio, alla luce dell'attuale rapporto di deficit dell'Italia in rapporto al prodotto interno lordo al di sopra del 3 per cento in tutti gli anni dell'orizzonte previsivo.
(1-00279) «Conte, Scerra, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu, Alfonso Colucci, D'Orso, Riccardo Ricciardi, Pellegrini, Torto, Caso, Ilaria Fontana, Iaria, Pavanelli, Barzotti, Quartini, Caramiello, Scutellà».

(3 maggio 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il 29 aprile 2024 con l'approvazione definitiva da parte del Consiglio del pacchetto legislativo delle norme che innovano il Patto di stabilità e crescita (Psc), si è concluso il negoziato sulla riforma della governance economica europea iniziato il 26 aprile 2023 con la presentazione da parte della Commissione europea di un pacchetto composto da tre atti legislativi: 1) una proposta di nuovo regolamento per la parte preventiva del patto di stabilità e crescita; 2) una proposta di modifiche a regolamento per la parte correttiva; 3) una proposta di modifiche alla direttiva sui quadri di bilancio;

    2) la riforma della Commissione europea si poneva l'obiettivo di eliminare i difetti delle vecchie regole, potenzialmente pro-cicliche, semplificare il sistema con l'abbandono di norme largamente basate su variabili non osservabili (prodotto potenziale e output gap) e rendere più sostenibile il consolidamento fiscale, evitando che si compromettesse la capacità degli Stati membri di effettuare investimenti;

    3) l'innovazione più significativa consisteva nel passaggio da una programmazione anno per anno a una negoziazione pluriennale con un unico vincolo, funzionale al perseguimento delle finalità di correzione e miglioramento della sostenibilità fiscale: l'aggregato di spesa netta. La Commissione europea si impegnava a predisporre per ciascun Paese un'analisi di sostenibilità del debito su un orizzonte temporale piuttosto lungo (14 o 17 anni) da utilizzare per definire il piano di bilancio e gli eventuali aggiustamenti da effettuare; su questa base si produceva una traiettoria tecnica che costituiva il percorso ideale di risanamento per ciascuno Stato membro, senza vincoli particolari se non quello di portare ad una «riduzione soddisfacente» del debito il cui ritmo era sostanzialmente dato dalla condizione macroeconomica e dalla posizione fiscale del singolo Paese; a questo punto ogni Stato membro avrebbe dovuto presentare un piano quadriennale, in cui definire l'aggiustamento di bilancio, estendibile su un orizzonte di 7 anni, in base a specifiche condizioni, per renderlo più graduale;

    4) la proposta della Commissione europea aveva il vantaggio di assicurare un importante margine di flessibilità nella predisposizione dei piani tali da consentire la definizione di percorsi di aggiustamento specifici per Paese, differenziati sulla base delle necessità nazionali, consentendo altresì di mantenere uno sguardo d'insieme su tutta l'area euro;

    5) l'accordo raggiunto successivamente nel Consiglio europeo ha profondamente modificato questa impostazione, vanificandone in larga parte gli obiettivi e la portata innovativa attraverso l'introduzione di una serie di vincoli numerici alla definizione della traiettoria tecnica che, di fatto, riconducono le disposizioni alla logica del sistema precedente;

    6) nel dettaglio è stato stabilito che il debito debba ridursi mediamente di almeno l'1 per cento l'anno (vincolo quantitativo che non era contemplato nella formulazione originaria della Commissione europea, che prevedeva la riduzione del rapporto debito su prodotto interno lordo solo alla fine, e non necessariamente nel corso del percorso di aggiustamento) e che nel medio periodo il deficit converga all'1,5 per cento in termini strutturali attraverso un miglioramento del saldo primario strutturale dello 0,4 o 0,25 per cento del prodotto interno lordo all'anno a seconda che l'aggiustamento sia di 4 o di 7 anni, ma a prescindere dalle diverse posizioni fiscali di ogni Paese;

    7) nel trilogo il Parlamento europeo è riuscito ad apportare qualche limitata modifica al testo del Consiglio: sarà possibile escludere dall'aggregato della spesa quella relativa al cofinanziamento nazionale di progetti europei e il quadro di convergenza sociale sarà integrato nella governance economica, ossia i piani nazionali di risanamento dovranno tenere conto dell'impatto sociale delle misure suggerite;

    8) il regolamento che definisce il nuovo braccio preventivo, pertanto, pur rappresentando un miglioramento rispetto alle regole attuali, è indubbiamente un passo indietro rispetto alla proposta originaria della Commissione europea e restituisce una governance dove continueranno a giocare un ruolo centrale le variabili non osservabili (prodotto interno lordo potenziale, deficit strutturale, disoccupazione naturale);

    9) tornano, inoltre, i vincoli numerici espliciti e uniformi tra Paesi, e viene parzialmente meno la possibilità di differenziare i percorsi di rientro dei vari Paesi;

    10) va ricordato, tuttavia, che l'operatività della clausola del braccio preventivo sulla riduzione del debito è esclusa per i Paesi soggetti al braccio correttivo fino all'anno per il quale è prevista la chiusura della procedura per disavanzo eccessivo (Edp);

    11) si tratta di un aspetto rilevante per il nostro Paese, perché la Commissione europea aprirà una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia (e di altri Paesi) nell'anno in corso, come riconosciuto dallo stesso Ministro dell'Economia e delle finanze Giorgetti, e la disapplicazione della clausola di salvaguardia sul debito fino alla chiusura della procedura di disavanzo eccessivo comporterà un più agevole percorso di correzione nei primi esercizi del primo ciclo di programmazione;

    12) in sostanza, l'Italia, secondo una logica di cortissimo respiro, ha ceduto ai diktat dei cosiddetti «Paesi frugali», barattando ampi margini per il prossimo triennio, il periodo in cui dovrebbe concludersi l'attuale legislatura, con l'irrigidimento delle regole in futuro e l'inserimento di criteri fissi e uniformi per tutti i Paesi. Ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo questa scellerata logica di breve periodo, rivendicata dall'Esecutivo è l'esempio più evidente del dilettantismo e dell'ambiguità del Governo e della sua maggioranza;

    13) per mesi la Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze avevano lasciato intendere la possibilità di uno scambio tra la ratifica del trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e un accordo vantaggioso sulle nuove regole europee di finanza pubblica: l'esito di questo pasticcio è stato disastroso, con il trattato Mes e la credibilità del nostro Paese affossati in Parlamento, e un Governo italiano, che non si era speso in alcun modo a sostegno della proposta iniziale del Commissario Gentiloni, costretto ad accettare supinamente l'accordo raggiunto tra la Germania e la Francia solo in virtù della consapevolezza dell'apertura della procedura di infrazione;

    14) con ogni probabilità, anche la misura nota come «decontribuzione Sud», che dalla sua introduzione nel 2020 ha agevolato più di 3 milioni di rapporti di lavoro nel Mezzogiorno, è stata oggetto di una negoziazione fallimentare, considerato che il Governo ha già annunciato di non voler richiedere proroghe alla Commissione europea, lasciando scadere la misura il 30 giugno 2024, penalizzando ancora una volta l'economia meridionale;

    15) l'astensione nel voto finale del Parlamento europeo dei rappresentanti dei partiti di maggioranza costituisce una clamorosa smentita della «soddisfazione» espressa dalla Presidente del Consiglio dei ministri sull'accordo, certifica l'esito fallimentare del negoziato condotto dal Governo italiano in Europa e delegittima il Ministro dell'economia e delle finanze;

    16) all'opposto, il voto di astensione da parte del Partito democratico mira a sottolineare il fatto che il testo del Patto di stabilità e crescita ha perso, nel corso della trattativa intergovernativa, gli elementi più innovativi e qualificanti della proposta della Commissione europea nell'ottica del superamento delle vecchie regole,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a promuovere l'avvio, nel corso della prossima legislatura europea, di una riflessione volta a migliorare il nuovo quadro di regole della governance economica europea, secondo una visione che coniughi gli obiettivi di stabilità economica e finanziaria dell'Unione europea, intesa nel suo complesso, con quelli di crescita e di benessere dei suoi cittadini, assicurando un ulteriore rafforzamento del processo di integrazione europea, anziché un arretramento i cui costi sono ben più significativi;

2) ad adottare iniziative di competenza volte a promuovere la costituzione di una capacità fiscale comune e nuovi strumenti di imposizione fiscale propri, in modo da consentire rapidi ed efficaci interventi anticiclici e da dotare di risorse adeguate le politiche europee, in particolare finalizzate a promuovere gli investimenti sostanziali a sostegno della crescita e della coesione territoriale, in settori strategici come la duplice transizione verde e digitale, portando avanti le ambiziose sfide che l'Unione europea si è posta senza che i costi degli interventi ricadano sulle famiglie, soprattutto sulle fasce economicamente più deboli, e sulle imprese, e senza ricorrere ad allentamenti al regime sugli aiuti di Stato che determinano effetti asimmetrici sulle economie dei Paesi membri;

3) a continuare a sostenere nelle sedi europee la necessità di rendere strutturali dei programmi comuni introdotti come risposta alla pandemia, in particolare sulle transizioni ecologica e digitale, sulle sfide sanitarie, sociali ed occupazionali, e sui beni pubblici europei, ritrovando l'ambizione che ha dato vita al Next Generation EU;

4) ad adottare iniziative di competenza volte a rafforzare lo strumento dell'European Peace Facility e a favorire gli impegni per una difesa comune che razionalizzi e renda più efficienti gli attuali investimenti nazionali, nonché a promuovere sempre più appalti congiunti, politiche industriali integrate e programmi di investimento comuni, che permettano anche di riorientare ed internalizzare le catene di approvvigionamento, come risposta strutturale a medio termine alle esigenze di sicurezza ed autonomia strategica, in particolare in relazione alle materie prime e alle fonti energetiche;

5) ad assicurare che in occasione della predisposizione del prossimo piano strutturale di bilancio, il Parlamento possa pienamente esercitare la sua funzione di indirizzo sugli obiettivi e sulle strategie di politica economica, che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non ha potuto esercitare in occasione dell'esame del Documento di economia e finanza 2024;

6) a coinvolgere gli enti territoriali nella definizione delle modalità di applicazione delle nuove regole anche al fine di assicurare che queste non si traducano in una riduzione della spesa per investimenti del comparto e di quella per il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni.
(1-00286) «Braga, De Luca, Ubaldo Pagano, Guerra, Iacono, Lai, Madia, Mancini, Roggiani».

(17 maggio 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea entrata in vigore il 30 aprile 2024 con la pubblicazione dei testi legislativi sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, rappresenta un compromesso tra le diverse posizioni espresse dagli Stati membri nel corso del negoziato e definisce un assetto che, pur confermando, in coerenza con la disciplina del Trattato, gli obiettivi della disciplina di bilancio e della sostenibilità del debito, intende promuovere una crescita sostenibile e inclusiva;

    2) il nuovo quadro introduce semplificazioni e innovazioni agli indicatori di riferimento per il monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica degli Stati membri, agli strumenti di programmazione economica e alle procedure relative all'aggiustamento delle posizioni di bilancio;

    3) nel nuovo assetto gli Stati membri definiranno gli obiettivi di politica economica di medio periodo attraverso il «Piano strutturale di bilancio di medio termine» (Medium-term fiscal-structural plan) che, per l'anno in corso, dovrà essere presentato al più tardi entro il 20 settembre, salvo eventuale proroga in accordo con la Commissione;

    4) il Piano avrà durata quinquennale (in considerazione della durata ordinaria della legislatura), e prevedrà un profilo di aggiustamento fiscale con un orizzonte che può andare da quattro a sette anni, che ciascuno Stato definisce e concorda con le autorità europee; in particolare, nel caso in cui lo Stato membro si impegni a realizzare una serie di riforme e di investimenti volti a migliorare la sostenibilità del debito e in linea con le priorità strategiche europee, il periodo di aggiustamento può essere prorogato fino a sette anni; il Governo ha chiarito che coinvolgerà attivamente il Parlamento in tale processo;

    5) nel periodo di funzionamento del dispositivo per la ripresa e la resilienza, istituito dal regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, in sede di elaborazione dei piani nazionali strutturali di bilancio di medio termine gli Stati membri dovranno tener debitamente conto degli impegni assunti nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza; sul punto, il Governo ha già precisato che il nuovo Piano partirà dai risultati già conseguiti con il Pnrr, consolidandone gli investimenti e le riforme in maniera coerente con le sfide della transizione ecologica e digitale;

    6) in base alle nuove regole, l'aggiustamento prospettato nel Piano sarà espresso da un unico indicatore: la spesa primaria netta finanziata con risorse nazionali, che esclude, in particolare, dalla spesa totale, quella per interessi, le misure discrezionali sul lato delle entrate, la spesa per i programmi dell'Unione europea interamente finanziata dai fondi dell'Unione, le spese di co-finanziamento nazionale sostenute per i progetti finanziati dalla Unione europea, le spese legate alla componente ciclica dei sussidi di disoccupazione, le misure una tantum e le altre misure temporanee. In tal modo, assumerà un importante rilievo l'elaborazione di alcune politiche finanziate con il bilancio e il rafforzamento delle procedure di monitoraggio dell'andamento della spesa, strumentali al rispetto del limite della spesa primaria netta concordato con le Autorità europee;

    7) alcune simulazioni sullo sforzo di aggiustamento connesso alle nuove regole, come ad esempio quelle illustrate dall'Ufficio Parlamentare di bilancio nel corso dell'audizione tenutasi il 7 maggio 2024 nell'ambito dell'indagine conoscitiva dinanzi le Commissioni Bilancio di Camera e Senato in sede congiunta sulla riforma delle procedure di programmazione economica e finanziaria e di bilancio in relazione alla riforma della governance economica europea, evidenziano come l'andamento del deficit e del saldo primario risultanti dall'applicazione delle stesse siano pari, se non meno stringenti rispetto a quelli che risulterebbero dall'applicazione delle regole precedenti, che, in assenza della riforma, sarebbero tornate in vigore a partire dal 1° gennaio del 2024;

    8) i dati relativi al 2023 hanno confermato la solidità e la competitività dell'economia italiana, che, a dispetto di un contesto geopolitico ed economico connotato da notevole instabilità, elevata inflazione, debolezza della domanda estera e, da ultimo, un ciclo restrittivo di politica monetaria, è riuscita a conseguire ancora una volta un risultato positivo in termini di crescita economica, portando il Pil a un livello superiore di 4,2 punti percentuali rispetto a quello pre-Covid;

    9) nel primo trimestre dell'anno in corso, i dati rilasciati recentemente da Istat confermano il buon andamento dell'economia, cresciuta in linea con la media europea; anche per effetto di questo risultato, la Commissione europea ha rivisto al rialzo le stime di crescita per l'anno in corso e per il 2025 che, rispettivamente pari allo 0,9 e all'1,1 per cento, risultano leggermente inferiori alle stime riportate nel Def 2024;

    10) quanto alla finanza pubblica, le stime di consuntivo relative al 2023 mostrano una riduzione del deficit che, rispetto all'8,6 per cento del 2022, si è attestato al 7,4 per cento, un risultato superiore alle attese dello scorso autunno per via dei maggiori costi legati al superbonus;

    11) a seguito della disattivazione della clausola generale di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita, che ha operato dal 2020 al 31 dicembre 2023, la Commissione valuterà se aprire una procedura per disavanzo eccessivo per quegli Stati membri il cui disavanzo pubblico nel 2023 è stato superiore al livello di riferimento del 3 per cento del Pil previsto dal Trattato;

    12) la procedura, che tiene in considerazione i risultati di consuntivo relativi a deficit e debito in termini di rapporto sul PIL riportati nell'anno precedente a quello in cui si effettua la verifica, è disciplinata dal regolamento (UE) 1467/97, come modificato da ultimo dal regolamento (UE) 2024/1264 del Consiglio del 29 aprile 2024;

    13) al momento non è ancora chiara la tempistica con la quale la Commissione procederà, poiché, nel corso di una recente conferenza stampa, il Commissario all'economia, Paolo Gentiloni, ha rinviato alle comunicazioni che saranno effettuate il 19 giugno 2024;

    14) lo stesso Commissario ha tenuto a precisare che, in ogni caso, gli Stati membri, nell'ambito delle procedure previste, dovranno affrontare «un percorso di aggiustamento dei bilanci e delle politiche di bilancio molto graduale, molto sostenibile; molto più graduale e più sostenibile di quello che avremo avuto davanti a noi con le regole precedenti [...]»,

impegna il Governo:

1) a individuare, nel rispetto delle disposizioni eurounitarie e informando adeguatamente il Parlamento, un percorso di spesa primaria netta ai fini della redazione del Piano strutturale di bilancio di medio termine, compatibile con la necessaria sostenibilità del debito e il mantenimento di un adeguato profilo di crescita economica nel periodo di riferimento;

2) a presentare in tempi congrui al Parlamento, per consentirne l'esame e l'approvazione nei termini previsti dalla normativa europea, il Piano strutturale di bilancio a medio termine che, nelle more della definizione del nuovo quadro normativo nazionale di contabilità pubblica, costituirà il principale documento di programmazione economica e di bilancio.
(1-00288) «Comaroli, Lucaselli, Pella, Romano, Barabotti, Cannata, Cannizzaro, Cattoi, Giorgianni, D'Attis, Frassini, Mascaretti, Mangialavori, Ottaviani, Rampelli, Angelo Rossi, Trancassini, Tremaglia».

(24 maggio 2024)

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