TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 15 di Martedì 29 novembre 2022

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE AL CONFLITTO TRA RUSSIA E UCRAINA

   La Camera,

   premesso che:

    l'aggressione della Federazione russa nei confronti dell'Ucraina del 24 febbraio 2022, è ormai in atto da circa nove mesi, in un contesto segnato da una perdurante escalation militare inasprita, peraltro, dallo spettro della minaccia nucleare;

    a seguito della summenzionata aggressione, il Governo ha autorizzato, fino al 31 dicembre 2022, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative ucraine, in deroga alle disposizioni di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185 e agli articoli 310 e 311 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

    in particolare, tale autorizzazione, è disposta dall'articolo 2-bis, comma 1, del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, ed attuata con l'emanazione, ad oggi, di cinque decreti interministeriali contenenti allegati con il dettaglio delle forniture. Gli allegati in questione sono considerati «documenti classificati» e sono stati illustrati dal Governo in seno al Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir);

    la ratio della norma succitata, riconducibile all'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, ha consentito all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa nei confronti della Russia, responsabile della violazione dei principi cardine del diritto internazionale. La Carta delle Nazioni Unite prevede infatti un generale divieto del ricorso alla forza (articolo 2) con la sola eccezione della legittima difesa individuale e collettiva (articolo 51);

    il Governo italiano ha annunciato l'emanazione di un sesto decreto interministeriale per la cessione di mezzi militari, con particolare riferimento ai sistemi di artiglieria per la difesa aerea;

    inoltre, con il decreto-legge n. 14 del 2022 sono state adottate misure, per far fronte alla eccezionale e drammatica crisi umanitaria provocata dall'aggressione della Russia, volte a incrementare le risorse finanziarie destinate alle attività del sistema di prima accoglienza per le persone vulnerabili provenienti dall'Ucraina;

    successivamente, il decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, ha integrato le misure di assistenza e accoglienza, prevedendo l'attivazione di ulteriori modalità di assistenza diffusa affidata ai Comuni e associazioni del terzo settore, nonché la concessione di un contributo di sostentamento;

    il 1° marzo 2022 la Camera, a seguito delle comunicazioni sugli sviluppi del conflitto Russia e Ucraina rese dal Presidente del Consiglio dei ministri, ha approvato la risoluzione n. 6-00207 che impegnava il Governo ad assicurare sostegno e solidarietà, al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché – tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati – la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione;

    il 22 giugno 2022 la Camera, a seguito delle comunicazioni rese dal Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio, europeo del 24 e 25 giugno 2022, ha approvato la risoluzione n. 6-00224 con la quale si impegnava, tra l'altro, il Governo a continuare a garantire, secondo quanto precisato dal decreto-legge n. 14 del 2022, il necessario ed ampio coinvolgimento delle Camere con le modalità, ivi previste, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle Istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari;

    Governo e Parlamento, in questi mesi, si sono adoperati per consentire all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa, e per sostenerla per mezzo di aiuti umanitari e finanziari, come attestato dai provvedimenti adottati;

    tuttavia, la drammatica situazione venutasi a produrre non è più sostenibile: decine di migliaia di vittime, civili e militari, distruzione di edifici pubblici e privati e infrastrutture vitali, la crisi umanitaria, nonché, per gli equilibri geopolitici, le evidenti ripercussioni sul tessuto economico-produttivo internazionale, sull'approvvigionamento energetico e sulle principali regole della convivenza internazionale;

    il 27 aprile 2022 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo all'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, in un passaggio del suo discorso afferma che «quanto la guerra ha la pretesa di essere lampo – e non le riesce – tanto la pace è frutto del paziente e inarrestabile fluire dello spirito e della pratica di collaborazione tra i popoli, della capacità di passare dallo scontro e dalla corsa agli armamenti, al dialogo, al controllo e alla riduzione bilanciata delle armi di aggressione.». La pace, ha rimarcato, «è frutto di una ostinata fiducia verso l'umanità e di senso di responsabilità nei suoi confronti». Invoca il bisogno di «prospettare una sede internazionale che rinnovi radici alla pace, che restituisca dignità a un quadro di sicurezza e di cooperazione, sull'esempio di quella Conferenza di Helsinki che portò, nel 1975, a un Atto finale foriero di positivi sviluppi», allo scopo di «affermare con forza il rifiuto di una politica, basata su sfere di influenza, su diritti affievoliti per alcuni popoli e Paesi e, invece, proclamare, nello spirito di Helsinki, la parità di diritti, la uguaglianza per popoli e persone.»;

    il 23 ottobre 2022 il Presidente della Repubblica ha inoltre partecipato all'Incontro Internazionale «Il grido della pace Religioni e culture in dialogo». Nel suo intervento ha ribadito l'importanza e la necessità di «realizzare con perseveranza percorsi di pace, attraverso un impegno collettivo della comunità internazionale che valorizzi il dialogo, i negoziati, il ricorso alla diplomazia in luogo delle armi.», in quanto «la pace è un processo, non un momento della storia; ha bisogno di coraggio, di determinazione, di volontà politica e di impegno dei singoli.». Rinnovando la ferma condanna delle azioni della Federazione russa che rappresentano una sfida diretta ai valori di pace, afferma che sono stati stravolti i principi e i valori della vita internazionale e che la comunità globale è chiamata «a trovare soluzioni cooperative urgenti a problemi comuni; le crisi sanitarie e alimentari, gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, le minacce terroristiche.», facendo appello al bisogno di un multilateralismo efficace;

    il 5 novembre 2022 si è svolta a Roma una importante manifestazione della società civile italiana, sotto l'egida di «Europe for peace», che ha visto partecipare migliaia di persone per sostenere fermamente le ragioni della pace e chiedere alla politica e alle istituzioni italiane ed europee il cessate il fuoco subito e il negoziato per la pace in Ucraina;

    il 15 novembre 2022, durante un massiccio attacco lanciato dalla Russia contro la rete di infrastrutture energetiche ucraine, due missili hanno raggiunto la Polonia. Uno ha colpito una fattoria di Przewodów, al confine con l'Ucraina e l'altro un deposito di cereali a Hrubieszow 35 km a nord: due persone sono rimaste uccise;

    alla luce di quanto esposto, appare ineludibile la necessità di concentrare tutte le azioni, in sinergia con gli altri Paesi europei, per giungere ad una soluzione diplomatica del conflitto e porre fine alla crisi in atto,

impegna il Governo:

1) a voler illustrare preventivamente alle Aule parlamentari l'indirizzo politico da assumere in occasione di consessi di carattere internazionale riguardanti il conflitto Russia-Ucraina, compreso quello concernente l'eventuale invio di forniture militari, al fine di tenere conto degli indirizzi dalle stesse formulati;

2) a promuovere iniziative in cui il nostro Paese si faccia interprete e protagonista di una nuova fase di sforzi diplomatici affinché sia scongiurato si rischio di una ulteriore escalation militare, a tal fine intraprendendo le opportune iniziative nelle sedi europee e internazionali allo scopo di promuovere una decisa e forte azione diplomatica volta ad imporre un immediato cessate il fuoco e, nel contempo, l'avvio, di negoziati per il raggiungimento di una soluzione politica, giusta, equilibrata, duratura e in linea con i principi di diritto internazionale;

3) a sostenere un ruolo dell'Italia, in prima linea, in direzione del rafforzamento del pilastro europeo della difesa comune, che adeguatamente posto a supporto di una politica estera europea, possa garantire maggiore sicurezza all'Unione europea e consentire una razionalizzazione delle spese e degli investimenti militari, in modo da dotarsi di uno strumento militare europeo più moderno ed efficiente, oltreché più economico per i singoli Stati membri;

4) ad adoperarsi, ripartendo dai principi di diritto che sono alla base dell'ordine internazionale, per la convocazione di una Conferenza sulla Sicurezza in Europa, al fine di ristabilire, in nome di un rinnovato spirito di Helsinki, un quadro di pace, sicurezza e cooperazione, nonché avviare un percorso per una Conferenza multilaterale sulla pace;

5) a proseguire con un'azione costante di aiuti umanitari per la popolazione ucraina, nonché con le misure di accoglienza adottate per le persone in fuga dalla crisi bellica, con particolare attenzione alle esigenze dei soggetti minori, anche al fine di assicurare: la tutela dei diritti loro riconosciuti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e alle esigenze dei soggetti più fragili, tra cui anziani e disabili;

6) ad avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Fondo energetico europeo straordinario, quale strumento, a disposizione dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, a supporto della lotta al caro energia, al fine di garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico;

7) ad adottare iniziative di competenza affinché, nel quadro delle iniziative europee, venga adottata una strategia comune di sostegno energetico (Energy Recovery Fund), volta a raggiungere, in tempi brevi, l'obiettivo dell'indipendenza dall'approvvigionamento energetico russo, nonché adottando idonee iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a favorire la transizione ecologica, energetica e verso l'economia circolare, mediante la progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, e la tempestiva definizione di appositi indicatori per gli investimenti ecosostenibili.
(1-00010) «Conte, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Lomuti, Onori, Pellegrini, Gubitosa, Scutellà».

(16 novembre 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    bisogna ribadire la ferma condanna dell'aggressione russa in Ucraina che si pone in palese violazione del diritto internazionale e che ha aperto uno scenario angosciante di insicurezza globale;

    si sottolinea che il dramma di questa guerra, come di ogni guerra, ricade principalmente sulla popolazione civile inerme e guarda con allarme alla sua condizione; si esprime quindi la piena solidarietà alla popolazione colpita dalla guerra, ai profughi, ai rifugiati costretti ad abbandonare le proprie case e le proprie attività, alle vittime di bombardamenti, violenze e torture;

    al netto di altalenanti evoluzioni del conflitto, si prefigura una condizione di guerra di posizione e di logoramento destinata a protrarsi sul lungo periodo prolungando e aumentando così il carico di morte, distruzione e sofferenza. Come rilevato dallo stesso Capo di Stato Maggiore Usa, Mark Milley, esiste «una bassa probabilità che l'Ucraina possa costringere militarmente la Russia a lasciare tutto il territorio ucraino che occupa» e osserva che in tale contesto non è immaginabile nessuna soluzione militare al conflitto;

    la fornitura di equipaggiamento militare all'Ucraina era stata considerata come uno strumento volto a consentire la determinazione di migliori condizioni negoziali. Va rilevato però con estrema preoccupazione l'assenza di qualsiasi percorso negoziale o persino l'individuazione di condizioni concrete e realistiche in cui tale negoziato possa aver luogo. Si osserva invece la debolezza se non l'inesistenza di un ruolo diplomatico da parte dell'Italia e dell'Unione europea, rispetto alla quale emerge la necessità di una netta inversione di rotta;

    si considera quindi urgente un cambio di strategia e di prospettiva finalizzato a rendere prioritaria la via negoziale per la ricerca della pace e la fine del conflitto. È a tal fine necessario farsi carico di uno sforzo negoziale e diplomatico, nella consapevolezza della difficoltà e della fatica del percorso, ma ancor più del fatto che questo rappresenti l'unica strada possibile per la fine della guerra, per interrompere ulteriori escalation e allargamenti del conflitto e per allontanare scenari drammatici per la sicurezza globale;

    si ricorda e sottolinea la straordinaria lucidità dell'intervento del Presidente della Repubblica all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa del 27 aprile 2022, in particolare laddove si ricorda che «la pace è frutto del paziente e inarrestabile fluire dello spirito e della pratica di collaborazione tra i popoli, della capacità di passare dallo scontro e dalla corsa agli armamenti, al dialogo, al controllo e alla riduzione bilanciata delle armi di aggressione» indicando la necessità di «prospettare una sede internazionale che rinnovi radici alla pace, che restituisca dignità a un quadro di sicurezza e di cooperazione sull'esempio della Conferenza di Helsinki del 1975 (...)»;

    è necessario mettere immediatamente in campo una forte iniziativa diplomatica multilaterale che includa la convocazione di una conferenza di pace con un rinnovato protagonismo delle Nazioni Unite per il cessate il fuoco e per la definizione di un nuovo quadro di sicurezza regionale e internazionale condivisa e costruita su un sistema di garanzie multilaterali;

    la difesa della pace, della democrazia e dei diritti umani nel mondo sono elementi costitutivi dell'Unione europea e che su questi deve basarsi la sua azione esterna e la sua autonomia strategica. Va constatata con allarme l'assenza di una forte iniziativa europea per la pace ed evidenzia che tale assenza ha dato spazio e respiro all'azione di altri attori negoziali, come la Turchia, che seguono spesso traiettorie esplicitamente in contraddizione con la difesa della democrazia e dei diritti umani; è quindi urgente sollecitare anche in sede europea un cambio di prospettiva e un serio impegno diplomatico per la pace;

    nel nostro Paese la legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) ha istituito in via sperimentale i Corpi civili di pace (Ccp), che attualmente rappresentano un progetto interno al programma del Servizio civile universale (Scu). Di fronte all'atrocità della guerra in Ucraina, l'idea di rilanciare i Corpi civili di pace acquisisce una straordinaria urgenza, perseguendo l'obiettivo di lavorare su soluzioni alternative all'uso della forza, anche militare, per la risoluzione dei conflitti. A tale scopo si pone l'urgenza di dare sistematicità alle attività dei Corpi civili di pace con un intervento normativo specifico che sia in grado di dare riconoscimento e sostegno ad un'esperienza che ha una sua specificità ed esigenza precipua;

    va sottolineata l'estrema drammaticità di qualsiasi prospettiva di ulteriore escalation o allargamento del conflitto, come si è concretamente rischiata il 15 novembre 2022, a causa di un missile lanciato dalla contraerea di Kiev caduto per errore in territorio polacco, nella località di Przewodów, a pochi chilometri dal confine con l'Ucraina, che ha ucciso due persone, che ha indotto per alcune ore taluni ad invocare il ricorso all'articolo 5 del Trattato Nord Atlantico;

    si evidenzia che qualsiasi ipotesi, per quanto remota, di uso di armi nucleari risulterebbe assolutamente insostenibile e aberrante e che pertanto occorre mettere in campo ogni sforzo per escluderne persino la più remota eventualità;

    è urgente richiedere e sollecitare l'istituzione di una zona di sicurezza e protezione nucleare nell'area in cui sorge la centrale nucleare di Zaporizia, come sollecitato dal direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, che negli ultimi giorni è stata addirittura oggetto di un bombardamento missilistico che ha causato vari danni al sito, essendo evidenti i rischi di un apocalittico disastro ambientale;

    la crisi attuale si colloca nel venir meno di un approccio multilaterale alle relazioni internazionali e dalla forzatura ideologica e materiale su un sistema polarizzato che penalizza l'esercizio del dialogo e delegittima persino i luoghi in cui questo avviene. Il ruolo marginale fin qui svolto dalle Nazioni Unite e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sono un sintomo evidente di questa polarizzazione. È quindi necessario e urgente che il percorso di pace venga incardinato all'interno della rilegittimazione dei luoghi multilaterali dove poter ricercare soluzioni più avanzate e condivise che garantiscano l'effettiva sicurezza globale;

    si guarda con allarme al continuo e scellerato aumento delle spese militari riscontrabile a livello nazionale, europeo e globale e iniziato ben prima dell'inizio del conflitto in Ucraina. Si considera questo un pericoloso fattore di instabilità ed una minaccia alla sicurezza globale. È invece necessario lavorare per strutturare percorsi di disarmo, in particolare le armi nucleari. Sebbene il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) rappresenti ancora oggi un riferimento imprescindibile, i progressi compiuti per quanto riguarda l'obiettivo di disarmo sono ancora molto limitati e i tentativi di conseguire l'universalizzazione del trattato non sono riusciti. Occorre quindi lavorare per un avanzamento significativo che porti allo smantellamento almeno dei missili a lungo e medio raggio in Europa e nella Russia occidentale e una adesione formale ed effettiva anche al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw);

    si esprime seria preoccupazione rispetto all'allarme lanciato da Interpol secondo cui almeno una parte del materiale bellico inviato all'Ucraina finirà nel mercato nero gestito dalla criminalità organizzata ed alimenterà un florido commercio di armi, sia leggere che pesanti, in tutto il mondo. Anche alla luce di ciò, è necessaria la massima trasparenza circa la natura e la quantità del materiale fornito;

    è necessario mettere in campo un grande sforzo di solidarietà ed esprime apprezzamento per la decisione di applicare la direttiva 2001/55/CE del Consiglio per la concessione della protezione temporanea per chi fugge dalla guerra in Ucraina. È però incomprensibile e ingiusta la scelta di riconoscere la protezione temporanea ai soli cittadini ucraini e ai loro familiari, escludendo migliaia di persone straniere presenti in Ucraina, costrette anch'esse a fuggire dalla medesima guerra. Si ritiene peraltro che lo stesso strumento di protezione temporanea dovrebbe essere esteso e che sia necessaria un'applicazione anche per chi fugge da altri contesti bellici altrettanto drammatici come ad esempio la Siria, la Libia o l'Afghanistan;

    occorre considerare serie e drammatiche le conseguenze su scala globale della guerra sul piano economico, sociale ed ambientale. Una enorme crisi alimentare globale, aggravata da inaccettabili operazioni di carattere speculativo, rischia oggi di produrre carestie nei paesi più poveri del mondo, accentuando squilibri già insostenibili. L'aumento dell'inflazione sta già colpendo ulteriormente salari già troppo bassi, polverizzandone il potere di acquisto. La guerra sta determinando inoltre scelte scomposte e dannose per il clima e la vita nel pianeta, che frenano l'urgente processo di transizione ecologica. La stessa paura dell'incidente nucleare è riaffiorata troppe volte in questi mesi. Per questo l'opinione pubblica anche del nostro Paese si sta mobilitando e il 5 novembre 2022 decine di migliaia di cittadini hanno sfilato per le strade di Roma dando vita ad una grande manifestazione, promossa dalla Rete italiana pace e disarmo, a cui hanno aderito tante organizzazioni e associazioni, per chiedere il cessate il fuoco e l'avvio di un negoziato per la pace,

impegna il Governo:

1) a cambiare strategia e approccio dando priorità alla costruzione di un processo di pace e all'attivazione di canali negoziali;

2) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative normative volte a dare sistematicità alle attività dei Corpi civili di pace, riconoscendone pienamente il valore di prevenzione e trasformazione dei conflitti, nella difesa non armata e nonviolenta alternativa all'uso della forza;

3) a lavorare alla convocazione di una conferenza multilaterale per la pace e la sicurezza guidata dalle Nazioni Unite;

4) a interrompere la fornitura di equipaggiamento militare, concentrando tali risorse sull'assistenza umanitaria e la ricostruzione;

5) a fornire al Parlamento ogni elemento utile circa la natura e la quantità di equipaggiamento militare fin qui fornito all'Ucraina;

6) ad adottare iniziative di competenza volte ad estendere l'applicazione della direttiva 2001/55/CE del Consiglio per la concessione della protezione temporanea a tutti coloro che fuggono dalla guerra, senza alcuna distinzione o discriminazione riguardante la nazionalità o il conflitto.
(1-00020) «Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Soumahoro, Zaratti».

(23 novembre 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    nella mattinata del 24 febbraio del 2022 la Federazione russa ha avviato, unilateralmente ed indiscriminatamente, un'invasione militare a danno dell'Ucraina, in aperto contrasto con le norme che regolano la vita della comunità internazionale, nonché con i princìpi di indipendenza, sovranità e integrità territoriale di ogni Stato;

    al momento dell'inizio del conflitto, in Ucraina erano presenti circa 2.300 nostri connazionali, di cui oltre 1.600 residenti;

    il disegno imperialista di Vladimir Putin – avviato nel 2014 con l'annessione della Crimea con un referendum illegale e proseguito con il finanziamento, economico e militare, delle forze separatiste nel Donbass – si è oramai rivelato nei suoi contorni in maniera nitida ed inequivocabile: annientare, militarmente e culturalmente, l'Ucraina e portarla sotto l'egida della Russia;

    come sottolineato dall'ex Presidente del Consiglio Mario Draghi in occasione del proprio discorso in Senato del 1° marzo 2022, negli ultimi decenni molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa, che gli orrori che avevano caratterizzato il secolo scorso fossero mostruosità irripetibili, che l'integrazione economica e politica perseguita dall'UE ci avrebbe messo al riparo della violenza e che, in definitiva, «potessimo dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza e benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici»: la guerra, invece, ha bussato nuovamente alle porte d'Europa;

    anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo intervento al Quirinale alla cerimonia di consegna delle decorazioni dell'Ordine militare d'Italia, ha dichiarato che la «guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l'Ucraina sta riportando indietro di un secolo l'orologio della storia», che «non possiamo arrenderci a questa deriva» e che, pertanto, occorra proseguire nel «sostegno senza riserve» in favore di Kyiv;

    la comunità occidentale si è immediatamente stretta attorno all'Ucraina ed al popolo ucraino, condannando fermamente un'aggressione militare violenta e insensata che ha provocato – e continua a provocare – ingenti perdite umane, sofferenze, distruzioni nonché una grave emergenza umanitaria;

    il precedente Esecutivo, sin da subito, non solo ha condannato tempestivamente l'aggressione, ma ha altresì dato seguito alle enunciazioni di principio attraverso concreti atti normativi: con decreto-legge n. 14 del 2022 si è, infatti, autorizzata fino al 31 dicembre 2022 la cessione di mezzi materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, in deroga alla vigente disciplina in materia;

    con deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2022 è stato dichiarato sino alla fine dello stesso anno lo stato di emergenza di rilievo nazionale in relazione all'esigenza di assicurare soccorso ed assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale;

    ogni iniziativa portata avanti dal Governo presieduto da Mario Draghi si è fondata sul pieno appoggio del Parlamento, in conformità alle disposizioni costituzionali che regolano il rapporto intercorrente tra Esecutivo e Camere;

    nella già richiamata seduta del 1° marzo, infatti, Camera e Senato hanno approvato due risoluzioni unitarie con le quali si impegnava il Governo, tra le altre cose, ad assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché – tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati – la cessione di apparati e strumenti militari che consentissero all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione;

    anche l'Unione europea ha più volte adottato, a livello di Consiglio europeo, dichiarazioni di condanna dell'aggressione militare della Russia, ribadendo il fermo sostegno all'indipendenza, alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina entro i confini riconosciuti a livello internazionale;

    lo stesso Consiglio europeo ha, poi, ha adottato un complesso quadro di sanzioni nei confronti della Russia e approvato il sostegno militare all'Ucraina, riconoscendone le aspirazioni europee, concedendole lo status di Paese candidato all'adesione all'UE e impegnandosi a contribuire, una volta cessato il conflitto, alla sua ricostruzione;

    da ultimo, il Consiglio dell'UE – durante una riunione informale d'emergenza tenutasi il 21 settembre 2022 a New York – ha adottato una dichiarazione nella quale ha condannato l'organizzazione, da parte della Russia, di referendum illegali finalizzati all'annessione di parti delle regioni di Donetsk, Kherson, Lugansk e Zaporižžja;

    il 15 novembre 2022, l'Assemblea generale dell'Onu ha approvato con 94 voti a favore, 14 contrari e 73 astenuti una risoluzione in cui si chiede che la Russia sia responsabile per le sue violazioni della legge internazionale in Ucraina e che i paesi membri creino «un registro internazionale» per documentare le richieste di danni, perdite o lesioni agli ucraini causati dalla Russia;

    agli importanti interventi delle Istituzioni nazionali, europee ed internazionali si sono affiancate numerose manifestazioni e mobilitazioni da parte della Società civile, che hanno chiesto a gran voce – anche nelle fasi più drammatiche del conflitto – di aprire canali di dialogo finalizzati alla creazione di percorsi di pace duraturi;

    nel corso dell'invasione le forze russe hanno bombardato obiettivi, sia militari che civili, ben lontani dalla linea del fronte, contrastati dalle coraggiose forze della resistenza ucraina;

    l'invasione militare unilaterale e spregiudicata perpetrata dalla Federazione Russa non consente di lasciare spazio ad alcun tipo di ambiguità politica ed impone di proseguire con forza e convinzione nell'adozione di ogni possibile misura di sostegno, economico e militare, al popolo ucraino, fino al ripristino della sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina;

    tollerare una guerra di aggressione nei confronti di uno Stato sovrano del continente europeo vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la sicurezza e la pace in Europa,

impegna il Governo:

1) a proseguire senza riserve l'attività di sostegno, economico e militare, a Kyiv e al popolo ucraino, in continuità con le azioni intraprese ed i provvedimenti adottati dall'Esecutivo guidato da Mario Draghi, anche mediante l'invio di nuovi equipaggiamenti bellici, tenendo opportunamente informato il Parlamento sulle decisioni che si intenderanno assumere;

2) ad adottare iniziative di competenza per esigere dalle Autorità russe l'immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari entrate illegittimamente in Ucraina dopo il 24 febbraio 2022, in modo da aprire la strada ad un vero «cessate il fuoco», ad un dialogo fra le parti che rispetti il principio della piena sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina nonché a negoziati di pace equi;

3) a stimolare e sostenere tutte le iniziative diplomatiche (pubbliche o riservate, bilaterali o multilaterali) che abbiano come obiettivo l'ottenimento di quanto previsto all'impegno n. 2 del presente atto di indirizzo e/o incontrino comunque il consenso del Governo ucraino;

4) a rafforzare i programmi umanitari per la popolazione ucraina e semplificare le procedure di utilizzo dei fondi erogati;

5) ad attivarsi, in ogni opportuno consesso europeo, per un netto rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune, anche con riguardo alle riforme procedurali necessarie per promuovere l'abolizione del criterio dell'unanimità nel processo decisionale del Consiglio europeo, e per la creazione di un esercito comune europeo.
(1-00022) «Richetti, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, Enrico Costa, D'Alessio, Del Barba, De Monte, Faraone, Gadda, Giachetti, Grippo, Gruppioni, Marattin, Pastorella, Rosato, Ruffino, Sottanelli».

(25 novembre 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALL'INTRODUZIONE DEL SALARIO MINIMO

   La Camera,

   premesso che:

    sono tanti, ancora troppi, i lavoratori in Italia che non hanno un contratto collettivo di lavoro di riferimento o che si vedono negare una retribuzione corrispondente a quella prevista dai contratti nazionali e che possono essere considerati lavoratori in situazione di povertà proprio per gli stipendi: sono i cosiddetti «working poors», che anche il reddito di cittadinanza escluderebbe da qualsiasi tipo di aiuto pubblico e che ricevono salari al di sotto dei minimi stabiliti dalla contrattazione;

    come noto, il primo comma dell'articolo 36 della Costituzione dispone che «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;

    dopo un lungo processo di valutazione e coinvolgimento delle parti sociali, il 19 ottobre 2022 l'Unione europea ha adottato la direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea;

    i criteri su cui si è informata la nuova disciplina comunitaria sono riconducibili a quattro obiettivi principali: il salario minimo deve sempre garantire un tenore di vita dignitoso; le norme UE rispetteranno le pratiche nazionali di fissazione dei salari; il rafforzamento della contrattazione collettiva nei paesi in cui è coinvolto meno dell'80 per cento dei lavoratori; il diritto di ricorso per i lavoratori, i loro rappresentanti e i sindacalisti in caso di violazione delle norme;

    nel quarto punto del preambolo della suddetta direttiva, si ricorda che la Carta europea sociale (Esc) «Riconosce il diritto di tutti i lavoratori a un'equa remunerazione sufficiente per un tenore di vita dignitoso per sé e per le proprie famiglie. Riconosce inoltre il ruolo dei contratti collettivi liberamente conclusi, nonché dei meccanismi legali di fissazione del salario minimo, per garantire l'effettivo esercizio di tale diritto, il diritto di tutti i lavoratori e datori di lavoro di organizzarsi in organizzazioni locali, nazionali e internazionali per la protezione dei loro interessi economici e sociali e il diritto alla contrattazione collettiva.»;

    nel successivo punto 7 del preambolo si ribadisce il principio in base al quale «Migliori condizioni di vita e di lavoro, anche grazie a salari minimi adeguati, vanno a beneficio dei lavoratori e delle imprese dell'Unione, nonché della società e dell'economia in generale, e sono un prerequisito per il conseguimento di una crescita equa, inclusiva e sostenibile. Affrontare le grandi differenze nella copertura e nell'adeguatezza della tutela del salario minimo contribuisce a migliorare l'equità del mercato del lavoro dell'Unione, a prevenire e ridurre le disparità salariali e sociali e a promuovere il progresso economico e sociale e la convergenza verso l'alto. La concorrenza nel mercato interno dovrebbe basarsi su norme sociali elevate, tra cui un livello elevato di protezione dei lavoratori e la creazione di posti di lavoro di qualità, nonché sull'innovazione e sul miglioramento della produttività, garantendo nel contempo condizioni di parità.»;

    nell'Unione europea il salario minimo legale è in vigore in grandi Paesi come Francia e Germania e sono soltanto cinque gli Stati, oltre all'Italia, dove non è previsto;

    come evidenziato anche nell'ultimo Rapporto Inapp 2022, l'Italia è l'unico Paese dell'area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9 per cento), mentre in Germania è cresciuto del 33,7 per cento e in Francia del 31,1 per cento. Si tratta di un andamento composto, infatti nella decade 1990-2000 e in quella 2000- 2010 i salari in Italia sono cresciuti, seppure con una dinamica piatta, rispettivamente dello 0,7 per cento e del 5,2 per cento. L'ultima decade 2010-2020 è stata quella maggiormente negativa con una caduta del -8,3 per cento. In queste tre decadi è aumentato il divario tra la crescita media dei salari nei Paesi Ocse e la crescita dei salari in Italia progressivamente dal -14,6 per cento (1990-2000), al -15,1 per cento (2000-2010) e, infine, al -19,6 per cento (2010-2020. Allo stesso tempo, questi valori si sono accompagnati ad un andamento della produttività del lavoro che, sebbene meno significativa rispetto a quella degli altri Paesi dell'area, è comunque cresciuta più dei salari, quindi non solo la sua dinamica è stata contenuta, ma non sembrano nemmeno aver funzionato i meccanismi di aggancio dei livelli salariali alla performance del lavoro;

    oltre alla ordinaria dinamica delle retribuzioni che ha determinato questi andamenti, uno dei fattori che influiscono sul fenomeno dei working poor è certamente originato dall'ampliarsi dei rapporti di lavoro atipici e, come evidenziato dal rapporto annuale Istat (2020), dalla larga diffusione del lavoro part-time e, in particolare, di quello involontario che si accompagna a un'elevata marginalità dell'occupazione;

    ai sensi della richiamata direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio si individua la contrattazione collettiva quale strumento centrale per la tutela dei diritti salariali dei lavoratori, tanto da individuare la soglia dell'80 per cento del tasso di copertura della medesima contrattazione collettiva quale limite minimo, al di sotto del quale gli Stati membri sono tenuti ad adottare un piano d'azione con un calendario chiaro e misure concrete per aumentare progressivamente il tasso di copertura della contrattazione collettiva;

    parimenti, il legislatore comunitario con la citata direttiva individua degli impegni specifici per gli Stati membri quali l'adozione di misure: che garantiscano l'accesso effettivo dei lavoratori al salario minimo legale (articolo 8); per garantire che, nell'aggiudicazione e nell'esecuzione di appalti pubblici o contratti di concessione, gli operatori economici e i loro subappaltatori rispettino con gli obblighi applicabili in materia di salari, diritto di organizzazione e contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari (articolo 9); per garantire la raccolta dei dati per monitorare la tutela del salario minimo (articolo 10); per assicurare le informazioni relative ai salari minimi legali e alla protezione dei salari minimi prevista dai contratti collettivi universalmente applicabili (articolo 11); per prevedere il diritto al risarcimento e la protezione contro trattamenti o conseguenze sfavorevoli (articolo 12); per la definizione di appropriate sanzioni applicabili alle violazioni dei diritti e degli obblighi in materia di retribuzioni (articolo 13);

    in coerenza con le suddette finalità, nel pieno rispetto del ruolo della contrattazione collettiva e con la tradizione delle relazioni industriali del nostro Paese, il riferimento per la definizione delle retribuzione minima applicabile ai lavoratori del settore privato dovrà coincidere con il valore del trattamento economico complessivo stabilito dal contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

    corollario fondamentale per delineare un quadro certo di regole in materia di individuazione dei livelli minimi retributivi, in coerenza con i princìpi costituzionali e comunitari, è quello legato alla definizione e alla disciplina della misurazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali e datoriali, scongiurando il dumping salariale generato dai cosiddetti «contratti pirata»;

    secondo l'ultimo report del Cnel, a giugno si contavano in Italia addirittura 985 contratti nazionali vigenti (compresi quelli del settore pubblico), di cui più di metà scaduti da anni. Di questi, tuttavia, soltanto 60 sono riferibili a circa il 90 per cento dei lavoratori dipendenti,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, per dare piena e tempestiva attuazione ai principi e alle finalità della direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, con particolare riguardo:

  a) alla definizione della retribuzione minima legale, da far coincidere con il complessivo trattamento economico non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, da applicare a tutti i lavoratori del settore di riferimento, ovunque impiegati nel territorio nazionale, prevedendo in ogni caso che, anche alla luce dei parametri europei e del dettato costituzionale, il trattamento economico corrisposto ai lavoratori non possa essere inferiore a 9,50 euro all'ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali;

  b) alla predisposizione di misure che favoriscano l'estensione della contrattazione collettiva ai settori ancora non coperti, prevedendo procedure amministrative che, attraverso il pieno coinvolgimento delle parti sociali e del Cnel in apposite sedi tecniche, individuino, nelle more, soglie minime di retribuzioni applicabili;

  c) alla previsione di chiare disposizioni volte ad assicurare che l'applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale sia condizione per poter intrattenere rapporti economici con le pubbliche amministrazioni, nonché per accedere ai benefici di legge previsti dal nostro ordinamento;

  d) alla definizione di misure che assicurino il diritto al risarcimento e la protezione contro trattamenti o conseguenze sfavorevoli sul piano salariale, nonché per l'applicazione di appropriate sanzioni in caso di violazioni dei diritti e degli obblighi in materia di retribuzioni;

2) a favorire, per quanto di competenza, la definizione di una disciplina legislativa della misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali;

3) ad informare costantemente il Parlamento in merito alle misure adottate in materia di applicazione dei salari minimi legali e di applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
(1-00012) (Nuova formulazione) «Orlando, Serracchiani, Provenzano, Laus, Fossi, Gribaudo, Sarracino, Scotto, Amendola, Ascani, Bakkali, Berruto, Boldrini, Bonafè, Braga, Casu, Ciani, Cuperlo, D'Alfonso, De Luca, De Maria, Di Sanzo, Ferrari, Forattini, Furfaro, Ghio, Girelli, Gnassi, Guerra, Lai, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Quartapelle Procopio, Toni Ricciardi, Roggiani, Andrea Rossi, Scarpa, Schlein, Simiani, Tabacci, Vaccari».

(18 novembre 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    in Italia il fenomeno dei working poors – lavoratori il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà relativa, dovuto anche al lavoro a tempo parziale, pur essendo regolarmente occupati – è in crescita, così come, secondo quanto riferito dal rapporto Eurostat «In-work poverty in the EU» del 16 marzo 2018, è in crescita la distanza che li separa dal resto dei lavoratori;

    nel nostro Paese, l'11,7 per cento dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali: dato questo ben al di sopra della media dell'Unione europea, che si attesta al 9,6 per cento. Ciò che allarma di più è l'aumento record, oltre il 23 per cento, registrato tra il 2015 e il 2016. A ciò si aggiungono i dati sulle prospettive di vita: stando ai dati attuali (fonte Censis) ben 5,7 milioni di giovani (precari, cosiddetti neet, working poor e in «lavoro gabbia») rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà;

    la garanzia di una retribuzione dignitosa e adeguata per tutti i lavoratori favorirebbe senz'altro la realizzazione di un mercato del lavoro più inclusivo, equo e paritario, abbattendo le disuguaglianze, anche in termini di divario retributivo di genere (gender pay gap);

    come dimostrato da illustri economisti, la misura che più è idonea a contrastare il fenomeno della povertà lavorativa è la fissazione legislativa dei minimi salariali;

    la necessità di interventi nazionali sul salario minimo in un contesto di garanzia europea di adeguatezza delle retribuzioni è avvertita con maggior urgenza anche alla luce della crisi prodotta dalla emergenza epidemiologica, energetica e relativa all'inflazione economica conseguente alla guerra in corso, che ha colpito in modo particolare proprio i settori caratterizzati da un'elevata percentuale di lavoratori a basso salario, quali, a titolo esemplificativo, quello del commercio al dettaglio, dei servizi, del turismo e agricolo;

    in base agli studi condotti dalla Commissione europea riportati anche nella proposta di direttiva relativa ai salari minimi, l'aumento dei costi del lavoro verrebbe in gran parte compensato da un incremento dei consumi da parte dei lavoratori a basso salario, così da sostenere la domanda interna. Inoltre, sempre in base alle richiamate stime dell'Unione europea, l'eventuale impatto negativo sull'occupazione sarebbe di scarso rilievo, rimanendo nella maggior parte dei casi al di sotto dello 0,5 per cento del tasso di occupazione totale, raggiungendo l'1 per cento in soli tre Stati membri;

    nonostante nel nostro Paese si registri una copertura quasi totale della contrattazione collettiva (che si attesta al 98 per cento della forza lavoro impiegata nel settore privato e riguarda oltre il 99 per cento delle aziende private), purtroppo un consistente numero di lavoratori percepisce salari non dignitosi. Ciò è quanto emerge dall'ultimo rapporto annuale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) che, ipotizzando diversi importi del salario minimo regolato dalla legge, individua: 2.596.201 lavoratori «sotto soglia», se si considera un salario minimo tabellare (e un importo minimo pari a 8 euro lordi) e 4.578.535,00 pari al 29,7 per cento dei lavoratori se si considera un salario tabellare pari a 9 euro lordi;

    l'insufficienza dei salari percepiti dai lavoratori italiani risulta inequivocabilmente confermata anche dalle stime relative al numero di soggetti che, pur essendo titolari di un rapporto di lavoro, percepiscono il Reddito di cittadinanza (RdC). Più precisamente, in base alle informazioni disponibili, sono 365.436 i beneficiari della misura che, alla data dell'8 gennaio 2021, risultano titolari di un rapporto di lavoro attivo. Ciò significa che almeno 365.436 individui percepiscono un trattamento economico che non consente loro di superare la soglia di povertà;

    da una verifica dei dati disponibili sui minimi contrattuali applicati in concreto emerge come sia certamente necessario individuare dei criteri affidabili di selettività dei soggetti collettivi abilitati a fissarli, fondati su trasparenti riscontri in termini di rappresentatività e, al tempo stesso, offrire direttive orientative agli agenti negoziali sui limiti che in ogni caso si devono garantire; un doppio sostegno alla contrattazione senza il quale la realtà ci mostra che, nonostante gli sforzi e l'impegno di parte sindacale, i risultati possono essere deludenti;

    in alcuni settori, infatti, i minimi salariali fissati nei cosiddetti contratti leader non sembrano adeguati e «sufficienti», alla luce delle disposizioni costituzionali e degli indicatori internazionali. Per citare solo alcuni esempi, soffermandoci sui contratti collettivi tra i più applicati secondo i dati forniti dall'Inps, si possono richiamare: il contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) del settore del turismo (dove il trattamento orario minimo è pari a 7,48 euro), quello delle cooperative nei servizi socio-assistenziali (in cui l'importo orario minimo ammonta a 7,18 euro), il Ccnl per le aziende dei settori dei pubblici esercizi, della ristorazione collettiva e commerciale e del turismo (che stabilisce il minimo orario contrattuale in euro 7,28) e il Ccnl del settore tessile e dell'abbigliamento che stabilisce una retribuzione minima pari ad euro 7,09 per il comparto abbigliamento;

    in alcuni casi la retribuzione scende addirittura al di sotto della soglia dei 7 euro: è quanto si osserva per il Ccnl per i servizi socio-assistenziali, in cui il minimo retributivo è fissato in euro 6,68 o per il Ccnl relativo alle imprese di pulizia e dei servizi integrati o dei multiservizi che prevede un minimo retributivo orario pari a 6,83 euro. Infine, anche se non rientra tra i Ccnl maggiormente applicati, occorre ricordare che il Ccnl della vigilanza e dei servizi fiduciari, anche esso non rinnovato dal 2015, prevede un minimo salariale di soli 4,60 euro all'ora per il comparto dei servizi fiduciari e un importo di poco superiore a 6 euro per i servizi di vigilanza privata;

    a ciò si aggiungono ulteriori ragioni che ostacolano l'effettività del diritto a percepire una giusta retribuzione. Tra di esse, particolare rilievo deve certamente riconoscersi al proliferare dei cosiddetti contratti collettivi «pirata», ossia quei contratti collettivi – diffusi soprattutto in alcuni settori – stipulati da soggetti dotati di scarsa o inesistente forza rappresentativa, finalizzati a fissare condizioni normative ed economiche peggiorative per i lavoratori rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, dando vita a dannosi fenomeni di distorsione della concorrenza;

    in alcuni settori, quali a titolo esemplificativo quello alimentare, della logistica e socio-sanitario, è frequente la presenza del fenomeno delle esternalizzazioni al «ribasso». Una soluzione alle problematiche descritte potrebbe essere rappresentata dall'introduzione del salario minimo legale che proprio nell'ambito degli appalti, pubblici e privati, potrebbe portare a risultati significativi consentendo di sottrarre con maggiore decisione il costo del lavoro dal gioco della libera concorrenza tra imprese;

    il moltiplicarsi dei contratti collettivi (troppi e spesso non rappresentativi, soprattutto nel caso dei cosiddetti «contratti pirata»), oggi pari a 1.011, costituisce infatti una ulteriore forma di dumping salariale;

    quali concause possono inoltre individuarsi: la frammentazione dei settori prevalentemente collegata ai mutamenti economici, organizzativi e tecnologici; la proliferazione di forme di lavoro atipico, che sfuggono ad un immediato inquadramento nell'ambito del lavoro autonomo o subordinato; il massiccio ricorso delle aziende alle esternalizzazioni. Dal quadro sopra delineato si può agevolmente concludere che l'attuale assetto della contrattazione collettiva necessita di essere sostenuto e promosso dall'ordinamento statuale al fine di garantire a tutti i lavoratori italiani l'applicazione di trattamenti retributivi dignitosi;

    l'introduzione di una disciplina sul salario minimo che valorizzi il ruolo della contrattazione collettiva deve però tenere conto di alcuni ostacoli. Infatti, i contratti collettivi non sono dotati di una efficacia erga omnes, attesa la mancata attuazione dei commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 39 della Costituzione, ma la giurisprudenza utilizza, nella stragrande maggioranza dei casi, i trattamenti minimi fissati dal contratto collettivo quale parametro per l'individuazione della retribuzione sufficiente ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione;

    tuttavia, proprio in virtù del pluralismo sindacale che caratterizza il nostro sistema, attualmente si contano nell'ordinamento oltre 900 contratti collettivi. Pertanto, nella piena consapevolezza della massiccia presenza dei contratti cosiddetti al ribasso appare opportuno introdurre nella nostra legislazione soluzioni più idonee a circoscrivere la cerchia dei contratti collettivi che possano fungere da parametro per la determinazione del salario minimo,

impegna il Governo:

1) ferma restando l'applicazione generalizzata del Ccnl, a ulteriore garanzia del riconoscimento di una giusta retribuzione, ad adottare iniziative volte ad introdurre una soglia minima inderogabile, pari al cinquanta per cento del valore medio delle retribuzioni dei rapporti di lavoro a tempo pieno dei lavoratori dipendenti privati e comunque non inferiore a 9 euro lordi all'ora, in linea con i parametri di adeguatezza indicati dalla Commissione europea nella proposta di direttiva citata in premessa (il 50 per cento del salario medio lordo), tenuto conto che l'applicabilità di tale «soglia» è del tutto eventuale e riguarda i soli «minimi retributivi» ai fini del raggiungimento del parametro dell'adeguatezza e della sufficienza della retribuzione alla luce dell'articolo 36 della Costituzione e che i contratti collettivi sarebbero in tal modo rafforzati in quanto la soglia opererebbe solo sulle clausole relative ai «minimi», lasciando al contratto collettivo la regolazione delle altre voci retributive;

2) a valorizzare i contratti collettivi «leader», ossia quelli siglati dai soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale che presentino maggiore connessione, in senso qualitativo, all'attività esercitata dal datore;

3) ad adottare iniziative volte a definire specifici criteri atti a «pesare» il grado di rappresentatività sia delle organizzazioni sindacali che datoriali, valorizzando i criteri autoprodotti dall'ordinamento intersindacale negli accordi interconfederali stipulati dalle confederazioni maggiormente rappresentative;

4) a sancire, per quanto di competenza, il principio secondo il quale le parti sociali sono abilitate a stabilire il trattamento minimo complessivo e il trattamento economico minimo;

5) ad istituire una Commissione tripartita composta dalle parti sociali maggiormente rappresentative che avrà il compito di aggiornamento e controllo dell'osservanza del trattamento economico proporzionato e sufficiente, così da garantire effettivamente ai lavoratori una giusta retribuzione, che si conservi tale nel tempo;

6) ad adottare iniziative di competenza al fine di introdurre un'apposita procedura giudiziale, di matrice collettiva, volta a garantire l'effettività del diritto dei lavoratori a percepire un trattamento economico dignitoso.
(1-00023) «Conte, Aiello, Barzotti, Carotenuto, Tucci, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu».

(25 novembre 2022)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE PER LA RATIFICA DELLA RIFORMA DEL TRATTATO ISTITUTIVO DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES)

   La Camera,

   premesso che:

    il Meccanismo europeo di stabilità (Mes, in inglese European Stability Mechanism – Esm), è un'organizzazione internazionale nata nel 2012 mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della Ue;

    il Mes ha affiancato e poi sostituito due strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria: il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (Mesf) e il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf);

    la sua funzione fondamentale è concedere, sotto precise condizioni, assistenza finanziaria ai Paesi membri che – pur avendo un debito pubblico sostenibile – trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato;

    la condizionalità varia a seconda della natura dello strumento utilizzato: per i prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum; è meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a Paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi;

    il Mes attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell'area euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto anche gravi ripercussioni sul nostro Paese. La presenza del Mes riduce la probabilità di un default sovrano, almeno per i Paesi le cui difficoltà sono temporanee e possono essere risolte con prestiti o linee di credito;

    nel dicembre 2017 la Commissione europea, all'interno del più ampio processo di completamento dell'Unione economica monetaria (Uem) aveva presentato una proposta di regolamento per la trasformazione del Mes in un Fondo Monetario Europeo (Fme), basato sulla struttura finanziaria ed istituzionale del Mes, sempre secondo il rispetto di rigorose condizionalità e analisi di sostenibilità del debito, ma incluso nel quadro giuridico dell'Ue;

    questa proposta di riforma non prevedeva né annunciava un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani, né affidava al Mes compiti di sorveglianza macroeconomica;

    la riforma avrebbe attribuito al Mes una nuova funzione, quella cioè di fornire una rete di sicurezza finanziaria di sostegno comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico (Fru, in inglese Single Resolution Fund, Srf) nell'ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie;

    con il ruolo di backstop al Fru, il Mes avrebbe contribuito a contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie di rilievo sistemico. Per quanto riguarda specificamente l'Italia, il rifinanziamento dell'elevato debito pubblico del nostro Paese sarebbe potuto così avvenire in maniera più ordinata e a costi più contenuti;

    questa proposta della Commissione è stata, infine, superata dall'accordo trovato nel giugno 2019 dall'Eurogruppo su una revisione del Trattato istitutivo del Mes, che disporrà di strumenti e di un mandato più forti;

    il 27 gennaio e l'8 febbraio 2021 i Paesi membri del Mes hanno sottoscritto l'accordo che riforma il Trattato istitutivo: il Mes, con ratifica immediata, avrebbe potuto fornire la garanzia comune (backstop) al Fru dall'inizio del 2022 (anziché dal 2024), in considerazione di una valutazione complessivamente positiva del rispetto di alcuni obiettivi di riduzione del rischio bancario, quali la riduzione dei crediti deteriorati e la capacità di assorbimento delle perdite;

    il Mes affiancherà così, senza affatto sostituirla, la Commissione europea, e le modalità di cooperazione tra le due istituzioni saranno definite in un accordo che verrà sottoscritto quando le modifiche entreranno finalmente in vigore;

    il Mes non avrà alcun compito di sorveglianza fiscale ai sensi del Patto di stabilità e crescita, e la sua attività sarà vincolata al rispetto della legislazione dell'Unione europea;

    inoltre, la valutazione complessiva della situazione economica dei Paesi e la loro posizione rispetto alle regole del Patto di stabilità e crescita e della procedura per gli squilibri macroeconomici rimarrà responsabilità esclusiva della Commissione;

    il Trattato riformato non è ancora entrato in vigore perché allo stato attuale risultano mancanti soltanto le ratifiche di Italia e Germania, con quest'ultima che ha sottoposto la propria decisione alla Corte costituzionale;

    negli scorsi giorni, il Ministro dell'economia e delle finanze, con una strategia che parrebbe essere dilatoria, ha affermato di voler attendere la decisione della Corte tedesca,

impegna il Governo

1) a presentare nel prossimo Consiglio dei ministri utile, e comunque entro fine anno, il disegno di legge di ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Mes sottoscritta ad inizio 2021, dando finalmente seguito ad un impegno assunto in sede internazionale quasi due anni fa, evitando così possibili contenziosi politici con gli altri Paesi che già hanno portato a compimento i loro rispettivi iter di ratifica e rilanciando, invece, la posizione dell'Italia in sede internazionale.
(1-00021) «Richetti, Marattin, Benzoni, Bonetti, Bonifazi, Boschi, Carfagna, Castiglione, Enrico Costa, D'Alessio, Del Barba, De Monte, Faraone, Gadda, Giachetti, Grippo, Gruppioni, Pastorella, Rosato, Ruffino, Sottanelli».

(23 novembre 2022)

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