TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 112 di Mercoledì 31 maggio 2023

 
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DISEGNO DI LEGGE DI CUI SI RICHIEDE L'URGENZA

S. 411. – Modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (approvato dal Senato) (C. 1134)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AL SUPERAMENTO DELLE CRITICITÀ RELATIVE AL FENOMENO DEL «CARO AFFITTI» PER GLI STUDENTI FUORI SEDE

   La Camera,

   premesso che:

    1) il diritto allo studio universitario, costituzionalmente garantito, tutela e promuove la possibilità di proseguire la formazione di studentesse e studenti dopo l'ottenimento del diploma di scuola secondaria superiore; a tal fine, dunque, è necessario rimuovere gli ostacoli, soprattutto quelli di natura socioeconomica, che potrebbero limitare l'accesso ai livelli più alti dell'istruzione in Italia;

    2) l'effettivo esercizio del diritto allo studio e l'accesso ai «gradi più alti degli studi» (articolo 34 Costituzione) è spesso ostacolato, in Italia, dai costi che le famiglie devono sostenere, non riuscendo, di fatto, a valorizzare le capacità e i meriti degli studenti;

    3) la disponibilità di risorse finanziare è, infatti, un fattore determinante nell'accesso all'istruzione superiore e universitaria: in Italia, soltanto il 20 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni è in possesso di una laurea e soltanto il 62,7 per cento è in possesso di un diploma (in Europa, la media è, rispettivamente, del 33,4 per cento e del 79,3 per cento – dati Istat 2021). Il report sui livelli di istruzione dell'Istat segnala anche un forte divario territoriale nei livelli di istruzione:

     a) al Sud il 38,5 per cento degli adulti ha il diploma di scuola secondaria superiore e soltanto il 16,2 per cento ha conseguito una laurea;

     b) al Centro-Nord circa il 45 per cento è diplomato e oltre il 20 per cento è laureato (21,3 per cento al Nord e 24,2 per cento al Centro);

    4) l'Italia ha il tasso di laureati fra i 25 e i 34 anni fra il più basso d'Europa, intorno al 30 per cento nel 2020, contro una media europea del 45 per cento;

    5) gli obiettivi della Strategia Europa 2020, tra i quali l'innalzamento della quota di 30-34enni in possesso di una laurea, restano lontani; in Italia, per il secondo anno consecutivo, il dato si è stabilizzato al 27,8 per cento: un gap molto netto rispetto alla media europea che si attesta al 41 per cento e con gli altri grandi Paesi dell'Unione europea (in Francia si arriva al 48,8 per cento, in Spagna al 44,8 per cento e in Germania al 36,3 per cento);

    6) la rete Eurydice, nel suo report «National Student Fee and Support Systems in European Higher Education – 2020/21», ha analizzato e confrontato i dati di 38 Paesi europei, inclusi i 27 Stati membri dell'Unione europea. Emerge come la formazione universitaria pubblica in Italia abbia dei costi molto elevati (1.628 euro ogni anno di tasse, con le dovute differenze in base ai corsi di studio e all'Isee familiare), superiori alla media europea. Sono escluse dal conteggio le spese, ad esempio, per gli affitti, i pasti e i trasporti. Esistono le borse di studio, ma raramente sono strumenti efficaci: soltanto il 14 per cento circa degli studenti percepisce borse di studio e l'Italia si riconferma tra i Paesi che erogano meno borse di studio negli ultimi anni (tra il 2018 e il 2021, circa 7 mila studenti non hanno beneficiato dei sostegni economici pur risultando idonei);

    7) in Europa la situazione è diversa sia in termini di modalità di erogazione degli aiuti statali (borse di studio e prestiti scolastici), sia in termini di percentuali di borse di studio erogate (in media circa il 30 per cento, con le eccezioni, ad esempio, di Malta il 95 per cento, Danimarca il 92 per cento e Svezia l'88 per cento), inoltre esistono, programmi statali di sostegno alle famiglie per abbassare o azzerare i costi collaterali (affitti, trasporti, pasti). In Francia, ad esempio, la Caf (Caisse d'Allocation Familiale) è un organismo pubblico che permette di contenere i costi di affitto di una casa (si rivolge sia agli studenti – francesi e stranieri – sia a famiglie numerose, persone anziane o con disabilità);

    8) l'insieme dei supporti al diritto allo studio che viene fornito alle famiglie con un valore Isee basso per garantire a tutti l'accesso agli studi universitari è costituito prevalentemente dall'esenzione dalle tasse totale o parziale, dalle borse di studio in denaro, nonché dai posti letto in residenze universitarie (le vecchie case dello studente);

    9) con la legge di stabilità per il 2017 è stata introdotta la no tax area, che si applica per tutte le istituzioni universitarie e Afam statali e permette a chi ha un Isee basso di beneficiare di riduzioni delle tasse universitarie, con l'obiettivo di aumentare la platea di beneficiari del diritto allo studio;

    10) in base ai recenti dati disponibili su Open Data, il 26 per cento degli studenti iscritti a corsi di laurea e laurea magistrale è completamente esente dal pagamento delle tasse, l'11 per cento gode di una riduzione parziale, il restante 61 per cento dei ragazzi iscritti paga le tasse secondo scaglioni fissati sempre in base all'Isee. Per quanto riguarda il dottorato e i master, i primi sono per la maggior parte banditi con borsa di studio, cioè retribuiti, tuttavia, nel complesso il 17 per cento dei dottorati italiani sono pagati dai ragazzi, anzi il più delle volte dalle loro famiglie, di tasca propria, e i master universitari non sono quasi mai coperti da borse di studio (lo è il 10 per cento del totale dei posti);

    11) per quanto riguarda i posti messi a disposizione dalle regioni gratuitamente per i vincitori di borsa di studio, ci sono molte differenze da regione a regione; si passa da tassi di alloggiati di oltre 80 per 1000 iscritti a meno di 10 per 1000 iscritti; Campania, Lazio e Sicilia sono le regioni che garantiscono meno domande di posti letto accolte, con percentuali inferiori a una domanda accolta su cinque; più che per mancanza di requisiti una domanda non è accolta per assenza di possibilità di offrire un servizio;

    12) anche riguardo alle borse di studio, la percentuale di beneficiari effettivi varia sensibilmente da regione a regione, con picchi dell'85 per cento in piccole regioni come Basilicata, Valle d'Aosta e Liguria e il 57 per cento di Lazio e Friuli Venezia Giulia e il 46 per cento del Veneto;

    13) si segnalano continuamente ritardi nell'erogazione delle borse di studio e sono migliaia gli studenti e le studentesse in grave difficoltà economica che, in tutta Italia, stanno attendendo da mesi;

    14) la piaga degli studenti idonei alla borsa che non possono accedere ai sostegni del diritto allo studio per carenza di risorse mette a rischio gli stessi percorsi universitari, dato che in questa situazione precaria gli studenti si trovano a doversi sostenere con mezzi propri o cercare un lavoro, dovendo anche conseguire i crediti necessari a rispettare i criteri di merito per il mantenimento della borsa di studio con il rischio di non farcela e finire così ad abbandonare gli studi;

    15) l'investimento 1.7-M4C1 del PNRR «Borse di studio per l'accesso all'università» ha la finalità di garantire la parità di accesso all'istruzione, agevolando la partecipazione a percorsi di istruzione terziaria per gli studenti in difficoltà socioeconomiche;

    16) in particolare, con la suddetta misura si stanziano 500 milioni di euro (250 milioni rispettivamente per il 2022 e per il 2023) con l'obiettivo di erogare 330.000 borse entro il 2023 e 336.000 entro il 2024, aumentandone gli importi medi;

    17) è evidente che in un sistema che cerca di essere inclusivo ci sono ancora moltissimi che restano indietro, soprattutto nelle periferie; come mostra il rapporto sul territorio 2020 di Istat: nell'ultimo decennio, l'aumento dei laureati è stato maggiore nelle grandi città e minimo nei centri rurali. Tra il 34 per cento dei 30-34enni residenti nelle grandi città è laureato, contro il 24 per cento di chi vive nelle cittadine e nei sobborghi e il 22,5 per cento di chi abita nelle aree rurali;

    18) a peggiorare il quadro sono i dati sulla povertà: secondo l'Istat la povertà è ai massimi storici, circa 5,6 milioni in povertà assoluta; nel 2021 sono in povertà assoluta 1,9 milioni di famiglie (7,5 per cento del totale da 7,7 per cento nel 2020) e circa 5,6 milioni di individui (9,4 per cento come nel 2020). Pertanto la povertà assoluta conferma i massimi storici toccati nel 2020, anno d'inizio del COVID-19. 1,4 i minori in povertà, inoltre, con il consistente aumento dei prezzi registrato nell'ultimo anno, superiore al 6 per cento, questi numeri rischiano di aumentare sensibilmente;

    19) dunque, a limitare il numero di studenti è soprattutto la difficoltà economica nel sostenere un percorso di studio lungo e che prevede moltissime spese; i finanziamenti sono insufficienti a coprire il reale fabbisogno delle borse di studio, inoltre i costi per il materiale didattico da acquistare per i vari corsi di studio e, ancor più grave, la disomogeneità dei livelli di offerta dei servizi per il diritto allo studio tra le aree del Paese e, spesso, anche all'interno delle medesime regioni, mettono a rischio la garanzia del diritto allo studio;

    20) gli affitti, come noto, hanno raggiunto oramai costi proibitivi compromettendo l'effettività del diritto allo studio e rendendo di fatto l'accesso all'istruzione universitaria sempre più un privilegio di classe anziché un diritto costituzionalmente garantito, rappresentando di fatto un fondamentale tassello della più generale emergenza abitativa;

    21) appare evidente che tutto il sistema a garanzia del diritto allo studio si rivela sostanzialmente incapace di garantire ai propri studenti l'accesso a condizioni minime per un percorso di studio proficuo e sereno;

    22) il «caro affitti» comporta infatti conseguenze non trascurabili sulla qualità della vita degli studenti, poiché si traduce in precarietà, rinuncia a determinate opportunità formative o ritardo nell'autonomia dalle famiglie, quelle che ancora possono permettersi di mandare i figli all'università;

    23) per una reale garanzia del diritto allo studio, in ogni suo ordine e grado, occorre sostegno concreto, reale, tanto agli studenti quanto alle famiglie sui quali gravano sempre più i costi per l'accesso agli studi;

    24) per tutte le problematiche evidenziate, negli ultimi giorni gli studenti universitari hanno avviato una mobilitazione nazionale per denunciare la crisi abitativa legata al caro affitti e chiedere risposte concrete al Governo;

    25) dopo la pandemia i costi degli alloggi sono stati notevolmente incrementati raggiungendo cifre mai toccate prima;

    26) l'incremento dei prezzi dell'energia, unitamente al forte rialzo dell'inflazione, ai tassi di interesse, nonché alla richiesta di alloggi notevolmente superiore alla disponibilità nella maggior parte delle città italiane, sta, da tempo, peggiorando lo squilibrio tra domanda e offerta al punto che l'accesso ad alloggi a prezzi accessibili è un problema sempre più urgente per gli studenti «fuori sede», legato all'aumento dei canoni di locazione e a una crisi abitativa senza precedenti, soprattutto nelle aree a forte vocazione universitaria e turistica;

    27) con particolare riferimento ai costi delle utenze, occorre altresì considerare che, nella maggior parte dei casi, gli alloggi affittati dagli studenti risultano essere seconde case e ciò determina, a parità di consumi, che la spesa per l'energia elettrica risulti anche del 30 per cento più alta rispetto a quella di un'utenza domestica residente, a causa di costi fissi più elevati;

    28) inoltre, è un dato acquisito che, oggi, i proprietari di case trovino più conveniente e meno rischioso optare per affitti a turisti, mediante piattaforme online, piuttosto che destinare i propri immobili agli studenti, anche in ragione di una normativa fiscale di favore per gli affitti brevi;

    29) secondo quanto emerso dal rapporto «Lo student housing tra PNRR e mercato», presentato nell'ambito del convegno «Il PNRR e l'investimento nello student housing» del 13 aprile 2023, allo stato attuale, la copertura dei posti letto offerti agli studenti universitari fuori sede, pari al 40 per cento degli iscritti, si attesta intorno al 10,5 per cento e deriva da enti specifici che però coprono solo l'8,1 per cento del totale. Considerando che il fabbisogno stimato dell'offerta strutturata di posti letto deve essere pari ad almeno il 20 per cento degli studenti fuori sede (tasso di copertura medio europeo), sarebbero necessari almeno 130 mila posti letto;

    30) il citato rapporto inoltre sottolinea come il numero di studenti universitari cosiddetti fuori sede, ovvero che risiedono in una provincia diversa da quella della sede universitaria e comunque a più di 100 chilometri di distanza dal luogo di studio, si è mantenuto in crescita nell'ultimo anno, sulla scia di un incremento che prosegue in modo costante dal 2015: nel 2022, infatti è aumentato di circa 2,5 punti percentuali rispetto al 2021 ed ammonta a oltre 660 mila ragazzi;

    31) tale incremento è alla base dell'alterazione della tipologia di offerta presente sul mercato immobiliare universitario: insieme ai turisti, infatti, il numero di studenti fuori sede che, annualmente, decidono di intraprendere un percorso didattico in una città diversa da quella di origine incide sulla domanda rilevante di alloggi che, inevitabilmente, genera pressione sui canoni di locazione. Basti considerare che, nelle città a forte vocazione universitaria e turistica, il canone delle stanze da affittare agli studenti ha registrato aumenti rilevanti rispetto ai 12 mesi precedenti: a Padova, ad esempio, si è registrata una crescita quasi del 20 per cento e a Bologna del 19,5 per cento in più;

    32) i dati Istat, inoltre, evidenziano come i prezzi delle camere singole risultino aumentati di ben 11 punti percentuali rispetto al 2021, e di 13 punti rispetto al 2022, fino a raggiungere un costo medio mensile di 539 euro e annuale di 6.468,00 euro con picchi massimi nelle grandi città come Milano, Padova, Roma, Firenze e Bologna, che hanno toccato affitti mensili anche di 700 euro al mese; città dove peraltro si concentra circa un quarto del totale dei «fuori sede» italiani. A tali costi si devono aggiungere le spese accessorie – condominio, tassa sui rifiuti e utenze varie – che hanno subito anch'esse forti rincari;

    33) la situazione è ancor più penalizzante per gli studenti residenti nei comuni delle aree interne, fortemente svantaggiati nel raggiungimento delle sedi universitarie. Nei principali centri urbani, a possedere un titolo di studio universitario è un residente su tre, quota che scende al 20 per cento, dunque un residente su cinque, nei comuni periferici, rendendo evidente la correlazione tra perifericità del territorio e ridotto numero di persone con istruzione universitaria;

    34) nell'attuale contesto normativo, la realizzazione di alloggi e residenze per studenti universitari avviene in regime di cofinanziamento da parte dello Stato ai sensi della legge 14 novembre 2000, n. 338, recante «Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari», da ultimo incrementato nella quota massima del 75 per cento dal decreto-legge governance del PNRR (decreto-legge n. 77 del 2021);

    35) il potenziamento dell'offerta abitativa nazionale e la programmazione integrata della disponibilità di alloggi pubblici e privati per studenti si basa, secondo quanto disposto dall'articolo 13 del decreto legislativo del 29 marzo 2012, n. 68, sulla collaborazione fra i soggetti che offrono servizi per il diritto allo studio, anche mediante specifici accordi con le parti sociali e i collegi universitari legalmente riconosciuti e ad essi equiparati;

    36) il decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 (legge n. 79 del 2022) ha previsto la possibilità di destinare le risorse del PNRR all'incremento di posti letto per studenti universitari, ovvero al finanziamento di interventi di adeguamento delle residenze universitarie agli standard europei. In particolare, l'articolo 14, comma 6-viciesquater, prevede che con bando del Ministero dell'università e della ricerca, le risorse del PNRR indicate nell'ambito dei bandi adottati in applicazione della legge n. 338 del 2000, che siano in essere alla data di entrata in vigore della disposizione, possono essere destinate ai suddetti interventi;

    37) per integrare e perfezionare le disposizioni di attuazione della citata riforma 1.7 della Missione 4, Componente 1, del PNRR («Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per studenti»), è intervenuto il decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 (legge n. 142 del 2022) con l'obiettivo di favorire ulteriormente la disponibilità di nuovi alloggi e residenze per studenti universitari, prevedendo semplificazioni procedimentali aggiuntive per consentire l'effettivo impiego delle risorse europee, al fine di conseguire gli obiettivi temporali connessi al raggiungimento dei target M4-C1 del PNRR (articolo 39);

    38) l'obiettivo della riforma del PNRR, per il quale sono stati stanziati 960 milioni di euro, è volto a finanziare la realizzazione di nuovi alloggi e ad incrementare a oltre centomila entro il 2026 il numero dei posti letto per gli studenti fuori sede su tutto il territorio nazionale;

    39) da ultimo, il cosiddetto «decreto aiuti-ter» (decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, articolo 25), con una novella alla disciplina dell'housing universitario di cui alla citata legge n. 338 del 2000, ha destinato la parte residua delle risorse stanziate con la citata riforma del PNRR, per un importo pari a 660 milioni di euro, all'acquisizione della disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore;

    40) nonostante gli ultimi dati pubblicati dall'Istat sulla povertà in Italia mostrino un quadro allarmante, né la legge di bilancio per il 2023, né i provvedimenti successivi, hanno previsto alcun rifinanziamento del fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli e del fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, di cui all'articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, incrementato di 160 milioni di euro per l'anno 2020 dall'articolo 29 del decreto-legge n. 34 del 2020 – con una quota a favore delle locazioni di immobili abitativi per gli studenti fuori sede –, di ulteriori 160 milioni per l'anno 2021 (articolo 11, legge di bilancio 2021, legge n. 178 del 2020) e, da ultimo, dall'articolo 37 del cosiddetto «decreto aiuti» (decreto-legge n. 50 del 2022) che ha assegnato al fondo una dotazione di 100 milioni di euro per il 2022;

    41) come noto si tratta di strumenti fondamentali per alleviare il disagio abitativo, soprattutto alla luce dell'attuale congiuntura economica caratterizzata da una forte contrazione dell'offerta di credito;

    42) la legge di bilancio 2023 è intervenuta sulla dotazione del fondo affitti degli studenti universitari fuori sede, prevedendo uno stanziamento di soli 4 milioni di euro per il 2023 e di 6 milioni di euro per il 2024, rispetto ai 15 milioni di euro previsti dalla legge di bilancio 2021;

    43) l'attuale situazione, denunciata dagli studenti universitari negli ultimi giorni, rende evidente l'esigenza di rafforzare forme di sostegno abitativo, indirizzando, in primis, in modo corretto ed efficace i fondi del PNRR e consolidando le forme di cofinanziamento a favore dei comuni per l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi, a partire dal patrimonio invenduto degli enti previdenziali, gli edifici pubblici non utilizzati e i beni immobili confiscati alla mafia,

impegna il Governo:

1) ad adottare urgentemente iniziative di competenza che vadano nella direzione di un blocco dei rincari degli affitti, di investimenti negli alloggi, dell'incremento dei fondi a sostegno degli studenti fuori sede;

2) ad intraprendere, con urgenza, iniziative per assicurare il conseguimento dei target del PNRR e per renderne strutturali i risultati, colmando così definitivamente i divari con gli altri Paesi dell'Unione europea e, dunque, reperire le necessarie ulteriori risorse per incrementare adeguatamente il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, al fine soddisfare le legittime aspettative degli idonei nonché per scongiurare il rischio della perdita delle risorse previste dal PNRR;

3) al fine di garantire il diritto allo studio in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, ad adottare iniziative affinché siano rivisti i bandi per il diritto allo studio per una maggiore tutela delle studentesse e degli studenti fuori sede, definendone l'importo e tenendo conto altresì della spesa per l'affitto e relative spese accessorie, in relazione ai canoni di locazione mediamente praticati sul mercato nei diversi comuni sede dei corsi di studio;

4) a rivedere e rendere più inclusivi i criteri per la definizione dello status di «fuori sede», cui corrispondere un importo maggiore di borsa di studio, anche al fine di superare le attuali diseguaglianze territoriali al riguardo;

5) ad incrementare la disponibilità di alloggi e residenze per studenti fuori sede, anche mediante interventi di recupero e ristrutturazione degli edifici esistenti, all'esito di una complessiva ricognizione del patrimonio immobiliare in disuso o dismesso appartenente a enti e istituzioni pubbliche, al fine di migliorare l'offerta di edilizia universitaria destinata ad esigenze abitative temporanee per ragioni di studio;

6) ad individuare, nel prossimo provvedimento utile, risorse adeguate per incrementare la dotazione finanziaria del fondo affitti degli studenti universitari fuori sede introdotto dalla legge n. 178 del 2020;

7) ad attuare programmi di rigenerazione urbana, con il coinvolgimento degli istituti universitari nella co-progettazione degli spazi pubblici e degli edifici, al fine di individuare soluzioni progettuali innovative, realizzare contesti urbani inclusivi e infrastrutture materiali e digitali flessibili in grado di rispondere alle effettive esigenze dei cittadini e degli studenti, in linea con il paradigma della smart city;

8) a rafforzare strutture, infrastrutture e servizi al Sud e nelle aree interne del Paese, dove i giovani continuano a vedere carenza di servizi e di opportunità professionali, al fine non solo di favorire la crescita del territorio, ma di elevare la qualità del tessuto sociale, anche per consentire agli studenti di non essere obbligati, ma a scegliere di essere «fuori sede»:

9) ad adottare misure strutturali di contenimento del canone di locazione di mercato, valutando l'applicazione di indici alternativi all'aggiornamento dell'indice di inflazione Foi;

10) ad implementare il campo di indagine dell'Osservatorio nazionale della condizione abitativa (Osca) di cui all'articolo 12 della legge n. 431 del 1998, al fine di consentire alle istituzioni e alle parti sociali di acquisire informazioni e dati statistici dettagliati e aggiornati per sviluppare adeguate strategie volte a favorire la mobilità nel settore della locazione e il reperimento di alloggi da destinare all'emergenza abitativa e agli studenti fuori sede, nonché il monitoraggio dell'andamento delle locazioni;

11) a istituire un tavolo interministeriale presso il Ministero dell'università e della ricerca che affronti il tema dell'emergenza abitativa anche per gli studenti fuori sede, composto da rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dell'Anci, del Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu), del Consiglio universitario nazionale (Cun) e Consiglio rettori universitari italiani (Crui), e con la partecipazione delle principali associazioni studentesche nazionali;

12) ad applicare alle utenze per uso domestico non residente degli immobili affittati dagli studenti fuori sede la medesima struttura delle componenti tariffarie relative alla copertura degli oneri generali di sistema prevista per i clienti dei servizi elettrici per uso domestico residente, nonché a ridurre l'Iva applicata ai contratti, purché lo studente dimostri di essere l'intestatario dell'utenza, di aver stipulato un contratto di affitto della durata di almeno sei mesi, regolarmente registrato, e sia in regola con il percorso di studi;

13) ad adottare le iniziative di competenza volte a potenziare la leva fiscale allo scopo di incentivare la disponibilità di immobili o alloggi per studenti e il contenimento delle spese connesse al relativo godimento, e a tal fine:

   a) migliorare l'offerta qualitativa e quantitativa di immobili e alloggi per studenti esentando integralmente dal pagamento dell'Imu dovuta sugli immobili, o a parte di essi, destinati ad alloggio o residenza per studenti, garantendo comunque che il vantaggio fiscale venga trasferito allo studente affittuario in forma di riduzione del canone di locazione o dei costi accessori;

   b) ridurre l'aliquota della cedolare secca applicata ai redditi conseguiti dalla locazione di immobili destinati ad alloggio o residenza per studenti, a partire dai comuni con maggiore densità di studenti e carenza abitativa, sempre a condizione che il vantaggio fiscale venga trasferito allo studente affittuario in forma di riduzione del canone di locazione o dei costi accessori;

   c) esentare dall'imposta di registro e di bollo i contratti di locazione stipulati da studenti;

   d) sostenere i costi connessi al godimento di immobili e alloggi per studenti incrementando il limite di spesa massima ammessa a detrazione e la percentuale di detrazione riconosciuta in relazione al pagamento di canoni di locazione o canoni relativi a contratti di ospitalità da parte di studenti fuori sede, estendendo altresì l'ambito applicativo dell'incentivo anche al deposito cauzionale, alle spese condominiali e alle spese comunque connesse al godimento dell'immobile (ad esempio utenze);

   e) introdurre un contributo, in forma di detrazione o credito d'imposta, anche attraverso la previsione di rimborso diretto (cash back), ai compensi, comunque denominati, pagati a soggetti di intermediazione immobiliare in dipendenza della stipula di contratti di locazione per studenti;

   f) introdurre un contributo, in forma di detrazione o credito d'imposta, anche attraverso la previsione di rimborso diretto (cash back) ove sostenute dallo studente, in relazione alle spese per la ristrutturazione, a partire dalle spese per l'eliminazione delle barriere architettoniche, o l'acquisto di mobili destinati ad immobili adibiti ad alloggi per studenti.
(1-00139) «Caso, Orrico, Amato, Cherchi, Ilaria Fontana, Sergio Costa, L'Abbate, Morfino, Santillo, Appendino, Fenu, Lovecchio, Raffa, Alifano, Auriemma, Carotenuto, Barzotti, Torto, Carmina, Pavanelli, Scutellà, Aiello, Caramiello, Giuliano, Donno, Marianna Ricciardi, Quartini, D'Orso, Dell'Olio, Ascari, Penza, Di Lauro, Bruno, Francesco Silvestri, Baldino».

(17 maggio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) le proteste degli studenti davanti alle università delle ultime settimane hanno fatto emergere, a partire dall'elevato importo degli affitti (cosiddetto caro affitti), l'enorme problema del costo degli studi e della necessità di implementare gli strumenti di welfare e i fondi per il diritto allo studio;

    2) il problema del caro affitti e della mancanza di alloggi per gli studenti rappresenta una vera e propria emergenza che «discrimina» una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata per ragioni economiche a mantenersi agli studi, in palese contrasto con quanto previsto dalla Costituzione;

    3) l'articolo 34 della Costituzione stabilisce che «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso»;

    4) prima, la pandemia ha costretto gli studenti a rimanere in casa per due anni. Ora, con la ripresa delle attività, si trovano di fronte a un altro ostacolo: l'elevato costo delle tasse universitarie e degli affitti. Se studiare diventa un lusso che solo pochi possono permettersi, si sta negando un diritto fondamentale e creando un futuro meno promettente per tutti;

    5) l'articolo 1, commi 252-266, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), ha introdotto per le istituzioni universitarie e dell'alta formazione la disciplina della no tax area, diretta a consentire a quanti sono in possesso di un reddito Isee di entità prefissata di beneficiare dell'esonero dal pagamento delle tasse universitarie;

    6) dalla sua effettiva operatività, nell'annualità 2017/2018, tale misura, finalizzata ad ampliare l'accesso all'istruzione terziaria degli studenti in condizioni disagiate, ha prodotto un significativo incremento degli studenti totalmente esonerati dalle tasse universitarie su base Isee (passati dal 10,2 per cento del 2016/2017 al 29,3 per cento nel 2020/2021) e l'aumento di quasi il 39 per cento degli aventi diritto alla borsa;

    7) il recente rapporto pubblicato da Federconsumatori sui costi della vita da universitario rivela che un fuori sede in terza fascia, con 40 mila euro di reddito familiare lordo, spende in media 9.211 euro annui affittando una stanza singola (+9 per cento rispetto al 2010) e 8.101 euro annui affittando una stanza doppia (+12 per cento rispetto al 2010). Di poco inferiore la spesa per gli studenti in seconda fascia, con un reddito lordo inferiore ai 20 mila euro, per i quali le spese di alloggio fanno registrare un tasso di aumento analogo alla terza fascia;

    8) l'alloggio rappresenta sicuramente il bisogno più importante per tutti gli studenti che studiano in una sede universitaria diversa dalla propria città di residenza;

    9) dall'analisi svolta dalle associazioni studentesche e rese note dal Cnsu (Consiglio nazionale degli studenti universitari), nell'ultimo rapporto sulla condizione studentesca, il dato che emerge in modo prorompente è lo squilibrio esistente rispetto agli alloggi studenteschi tra copertura del servizio pubblico e copertura delle locazioni private;

    10) i posti alloggio forniti dagli enti regionali per il diritto allo studio non sono sufficienti a soddisfare il fabbisogno di una sistemazione per studenti e studentesse;

    11) una carenza aggravata dall'aumento esponenziale del numero degli studenti che negli ultimi anni hanno cambiato città per affrontare il percorso universitario: se nel 2006 i fuori sede erano 350 mila, nel 2010 sono saliti a 750 mila, mentre nel 2019 hanno raggiunto quota 830 mila, a fronte di una disponibilità di circa 40 mila alloggi universitari;

    12) non potendo accedere agli alloggi pubblici e alle case dello studente, molti fuori sede sono costretti a prendere in affitto, spesso «in nero», abitazioni private i cui canoni di locazione mensile in alcune città difficilmente scendono sotto i 700 euro. Ma anche ricorrendo al mercato degli alloggi privati non è facile trovare una sistemazione: secondo l'Associazione nazionale degli studenti fuori sede esiste solo un alloggio disponibile ogni 15 studenti;

    13) secondo l'Unione piccoli proprietari (Uppi), che ha incrociato i dati Istat e quelli del Ministero, resi pubblici nel 2021/2022, sono almeno 64 mila gli studenti fuori sede che non possono assolutamente permettersi un affitto di mercato;

    14) al netto di chi beneficia, in base a criteri di reddito e merito, di alloggi gratuiti o a prezzo calmierato negli studentati, la popolazione interessata ad un intervento immediato è pari ad almeno 80.000 studenti nelle città a maggiore «tensione abitativa studentesca», dei quali circa il 20 per cento può integrare con i redditi familiari o con occupazioni saltuarie;

    15) da numerose analisi effettuate a livello nazionale, sommando i posti gestiti direttamente dagli organismi regionali per il diritto allo studio, a quelli in capo agli atenei e a quelli dei collegi non statali legalmente riconosciuti, si arrivano a sfiorare 51 mila posti alloggio a fronte di una richiesta potenziale di circa 764 mila sistemazioni, meno di un terzo dell'offerta residenziale di Francia e Germania;

    16) parte di questo fenomeno è anche la tendenza al pendolarismo, confermata dall'ultima indagine di Eurostat sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari italiani. Il rapporto rivela che il 50,6 per cento per abbattere i costi dell'affitto e per la difficoltà di reperire un alloggio sceglie di fare il pendolare, rinunciando di fatto a vivere pienamente l'esperienza degli studi universitari;

    17) l'esiguo numero dei posti letto nelle residenze universitarie consente a poco meno del 5 per cento degli studenti fuori sede di usufruirne. A ciò si aggiunge il ritardo nei tempi di pubblicazione dei bandi e delle relative graduatorie, nonché dell'assegnazione dei posti letto che, spesso, vengono messi a disposizione degli studenti quando l'anno accademico è già cominciato;

    18) negli ultimi anni si è registrato un costante intervento finalizzato ad aumentare le risorse del fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, al fine di ridurre il numero degli studenti cosiddetti «idonei non beneficiari», ossia di studenti che, per mere ragioni legate all'insufficienza dei fondi, non si vedono riconosciuti i benefìci, pur rientrando pienamente in tutti i requisiti di eleggibilità per l'accesso agli stessi. La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020, articolo 1, comma 519) ha incrementato il fondo di 70 milioni di euro annui dal 2021. La legge di bilancio per il 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, comma 556) ha incrementato il predetto fondo di 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025. Ad oggi, il fondo, allocato sul capitolo 1710 dello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, è passato da uno stanziamento di 149,2 milioni di euro per il 2013 a uno stanziamento di 307,8 milioni di euro per il 2022, con un incremento percentuale del 106,3 per cento, a cui andranno ad aggiungersi gli ulteriori stanziamenti della legge di bilancio per il 2023, al momento presenti sono per le annualità 2024 e 2025 e non stabilizzati;

    19) fino al 2014/2015 il gap tra aventi diritto e borsisti era piuttosto ampio: in media quasi un quarto degli idonei non beneficiava di borsa. A partire dal 2017/2018 quasi il 98 per cento degli idonei è beneficiario di borsa, per effetto combinato dell'aumento delle risorse finanziarie e della revisione dei criteri di riparto del fondo integrativo statale avvenuta nel 2017. Nel nuovo meccanismo di riparto, infatti, è stabilita una corresponsabilità precisa di Stato e regioni nel finanziamento delle borse e impegni economici proporzionati all'entità del fondo integrativo statale ricevuto a carico delle regioni (non inferiore al 40 per cento);

    20) nonostante tali previsioni, ancora nel 2020/2021 circa 3.000 studenti aventi diritto sono rimasti esclusi dal beneficio;

    21) il legislatore è, inoltre, intervenuto con il decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020 (articolo 236, comma 3) e con la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020, articolo 1, comma 518), consentendo di ampliare progressivamente le previsioni originariamente recate dalla legge di bilancio per il 2017 relative all'esonero totale dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale per l'iscrizione universitaria (cosiddetta no tax area) e, al contempo, sono state modificate alcune di quelle relative all'esonero parziale, allo scopo comune di ampliare il numero degli studenti beneficiari;

    22) tuttavia, dai dati Ocse (2020), i relativi Paesi investono mediamente nell'istruzione il 4,9 per cento del prodotto interno lordo, di cui circa l'1,5 per cento in quella terziaria, mentre l'Italia si attesta al di sotto di tale livello, laddove la spesa complessiva è pari al 3,9 per cento, di cui solo lo 0,9 per cento è destinato all'istruzione terziaria;

    23) in un recente articolo, il quotidiano la Repubblica riportava puntualmente come «dopo cinque anni di continua salita e dopo due anni di pandemia, il numero delle immatricolazioni all'università sia sceso del 3 per cento. Il ritorno delle lezioni in presenza e l'aumento severo del prezzo degli affitti, delle bollette e dei trasporti, ha indotto migliaia di giovani a rinunciare ad iscriversi. Troppo poche e troppo basse sono le borse di studio, assolutamente insufficienti (appena 40.000) i posti negli studentati pubblici che dovrebbero salire a 100.000 nel 2026 grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza»;

    24) il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha, infatti, previsto specifici interventi a sostegno dell'università al fine di favorire uno sviluppo significativo di un'economia della conoscenza, proposta dall'Agenda di Lisbona del 2000 nella quale università e ricerca svolgono un ruolo fondamentale;

    25) la missione 4 «Istruzione e ricerca» del Piano nazionale di ripresa e resilienza si propone, quindi, di colmare i ritardi e le carenze accumulate dal Paese nei settori della scuola e dell'università, prevedendo specifici investimenti (1.7 e 1.8) diretti, rispettivamente, ad incentivare la realizzazione di nuove strutture di edilizia universitaria e a finanziare l'aumento delle borse per il diritto allo studio a favore degli studenti meritevoli e bisognosi, aumentandone l'importo di 700 euro in media, arrivando così ad un importo di 4.000 euro per studente e ampliando, al contempo, la platea dei beneficiari;

    26) nell'ambito della riforma 1.7, con un finanziamento pari a 960 milioni di euro, è previsto – quale target da conseguire entro il mese di dicembre 2026 – la realizzazione di 60.000 posti letto aggiuntivi, «portandoli da 40.000 a oltre 100.000»;

    27) un primo obiettivo parziale di 7.500 nuovi posti letto risulta conseguito, attraverso lo stanziamento di 300 milioni di euro, entro la scadenza del dicembre 2022, quello successivo – consistente nella realizzazione di almeno altri 52.500 nuovi posti letto entro il settembre 2026 – risulta ancora da avviare, con il rischio concreto di non centrare l'obiettivo entro la scadenza prevista;

    28) ad oggi risultano stanziati 300 milioni di euro per realizzare i primi 7.500 posti letto;

    29) il decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144 («aiuti ter»), all'articolo 25, ha stanziato la parte residua delle risorse disponibili – pari a 660 milioni di euro – per l'acquisizione di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore;

    30) le risorse saranno ripartite tra imprese ed operatori economici, anche in convenzione o in partenariato con le università, con le istituzioni Afam o con gli enti regionali per il diritto allo studio, tramite bando, e avranno la finalità di coprire in tutto o in parte, per i primi tre anni, il costo di gestione dei posti letto da destinare a studenti borsisti fuori sede con contestuale previsione, a favore degli operatori, di un regime di tassazione agevolato;

    31) la misura introdotta non contiene, però, previsioni riguardo a cosa accadrà al termine del triennio quando i costi ricadranno interamente sull'operatore immobiliare privato, con possibili ripercussioni significative sull'entità della tariffa da applicare agli studenti;

    32) la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023), ha previsto uno stanziamento di 4 milioni di euro per il 2023 e 6 milioni di euro per il 2024 per il rifinanziamento del fondo affitti studenti fuori sede, decisamente inferiore rispetto allo stanziamento previsto nella legge di bilancio per il 2021 (15 milioni di euro) ed insufficiente, quindi, rispetto alle effettive necessità della popolazione studentesca;

    33) gli alloggi per studenti sono soggetti al rispetto di standard molto rigidi a tutela della qualità della vita e della sicurezza dei propri studenti. Tali standard non sono previsti per gli affitti presso le abitazioni private, nell'ambito delle quali si verificano in molti casi episodi di degrado e sfruttamento degli studenti;

    34) la condizione degli studenti si riflette, più in generale, nella situazione del disagio abitativo nel nostro Paese;

    35) nella XVIII legislatura con la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), sono stati stanziati, a favore del fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, 230 milioni di euro per l'anno 2022, poi aumentato di ulteriori 100 milioni per l'anno 2022 dall'articolo 37 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, per un totale di 330 milioni di euro, mentre la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023), non ha previsto alcun rifinanziamento del suddetto fondo;

    36) il mancato rifinanziamento del fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e il fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, strumenti fondamentali per l'attuazione delle politiche di sostegno al diritto alla casa, non consente alle amministrazioni locali di intervenire per affrontare la precarietà abitativa, il caro affitti e gli sfratti per morosità che, come noto, sono ripresi a partire dal 1° gennaio 2022, dopo il blocco stabilito durante il periodo pandemico, determinando così un aumento drammatico delle persone senza casa, e ciò costituisce una vera e propria emergenza nel Paese;

    37) recenti rilevazioni dell'Istat evidenziano un forte incremento dei canoni di locazione nel corso degli ultimi mesi, che secondo le stime dell'istituto registrano un aumento del 7,4 per cento su base annua e del 14,2 per cento su base biennale, in gran parte a causa dall'aumento dell'inflazione;

    38) le recenti preoccupazioni espresse da numerosi sindaci, che si trovano in prima fila ad affrontare un problema che investe un numero crescente di residenti e, da ultimo, le proteste degli studenti universitari a fronte del caro affitti, giunti ormai a livelli insostenibili, sono la cartina di tornasole della situazione del disagio abitativo nel nostro Paese;

    39) occorrono, quindi, interventi definiti attraverso una programmazione effettiva degli investimenti per l'edilizia residenziale pubblica, da considerare una componente essenziale per un nuovo welfare in grado di diminuire precarietà e povertà, e investimenti mirati al diritto allo studio e al welfare studentesco, che dovrebbero rappresentare la priorità per il Paese e per il suo futuro,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative urgenti a sostegno degli studenti fuori sede, finalizzate a contrastare il caro affitti e la mancanza di alloggi universitari;

2) a garantire che le risorse previste dalla riforma 1.7 della missione 4, componente 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, così come previsto dal decreto ministeriale 27 dicembre 2022, n. 1437, del Ministero dell'università e della ricerca, vengano utilizzate per il finanziamento di progetti delle università pubbliche per acquisire, costruire e ristrutturare, entro il 2026, studentati universitari pubblici;

3) ad adottare iniziative volte a garantire e monitorare l'obiettivo che almeno il 50 per cento delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinate a soggetti privati venga investita in nuovi alloggi per studenti coperti dal diritto allo studio;

4) ad incrementare, nel primo provvedimento utile, le risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, di almeno 60 milioni di euro, finalizzato a corrispondere un contributo per le spese di locazione abitativa per gli studenti fuori sede;

5) a prevedere, nel primo provvedimento utile, un incremento e una stabilizzazione – a decorrere dall'annualità successiva a quella individuata nella legge di bilancio per il 2023 – del fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, di concerto con la Conferenza Stato-regioni, e altresì a promuovere il superamento delle disparità territoriali e l'omogeneità dei tempi e delle caratteristiche dei bandi relativi alle borse di studio dei diversi atenei pubblici italiani;

6) ad adottare iniziative volte a superare la condizione dei cosiddetti studenti idonei alla borsa ma non beneficiari, ovvero di coloro che, pur avendo, ai sensi della disciplina vigente, titolo alla borsa di studio, non ne possono usufruire in ragione dell'insufficienza complessiva delle risorse stanziate;

7) a istituire un tavolo permanente per la questione abitativa coordinato dal Ministero dell'università e della ricerca e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con la Conferenza Stato-regioni, che coinvolga le associazioni studentesche, i sindacati, le parti sociali e i soggetti di rappresentanza del mondo universitario quali Cnsu, Cun, Crui;

8) a garantire, in attuazione della legge 14 novembre 2000, n. 338 – che prevede il cofinanziamento da parte dello Stato per interventi rivolti alla realizzazione di alloggi e residenze per studenti universitari – adeguate risorse per concludere la graduatoria ed emanare quanto prima gli attesi bandi ministeriali (IV-V) e i relativi decreti di piano;

9) a mettere in atto azioni informative capillari dirette alle scuole secondarie superiori sul funzionamento e sulle opportunità garantite dalla disciplina della no tax area, al fine di favorire la transizione scuola-università, consentendo così agli studenti di essere consapevoli della possibilità di essere esentati dalla contribuzione studentesca;
(1-00147) «Manzi, Zingaretti, Ascani, Furfaro, Orfini, Fornaro, Berruto, Toni Ricciardi, Casu».

(29 maggio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il diritto allo studio universitario si manifesta nel nostro sistema giuridico come una delle declinazioni del principio generale di uguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3, comma 2, della Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere tutti quegli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono agli individui di sviluppare ed esprimere pienamente la propria personalità nella società civile. Questo principio trova, inoltre, il suo esplicito fondamento negli ultimi due commi del successivo articolo 34, laddove si afferma che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi economici, hanno il diritto di accedere ai gradi più alti dell'istruzione e della formazione e che la Repubblica deve garantirne l'esigibilità attraverso l'attribuzione, per concorso, di borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze;

    2) la riforma del titolo V della Costituzione del 2001 prevedeva l'identificazione dei livelli essenziali delle prestazioni, tra le altre materie, anche per l'istruzione. Questo per garantire un diritto universale come il diritto allo studio, ma anche, da un lato, per permettere agli enti territoriali di adottare iniziative utili a proteggere il percorso formativo dei giovani, soprattutto i più fragili e bisognosi, e, dall'altro, adeguare la proposta formativa alle esigenze della società e del mercato del lavoro. Ma la riforma costituzionale rimase perlopiù lettera morta, nonostante l'introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni potesse rappresentare un passo in avanti importante verso la definizione di nuovi e migliori criteri per l'assegnazione delle borse di studio e la determinazione dei servizi agli studenti;

    3) nel contesto europeo, l'Italia è uno dei Paesi con il minor tasso di giovani laureati o di persone che comunque dispongono di un titolo di studio assimilato di livello terziario. Infatti, secondo i dati Eurostat dell'aprile 2022, a fronte di una media del 41,2 per cento di giovani europei con un titolo di studio di livello terziario, che comprende percorsi come quello universitario o in istituti tecnici superiori, nel nostro Paese la quota si attesta al 28,3 per cento. Si tratta del secondo dato peggiore dopo quello della Romania (23,3 per cento);

    4) in Italia è laureato poco più di un lavoratore su cinque. Restringendo la ricerca a chi ha tra i 25 e i 34 anni, l'Italia risulta ancora in penultima posizione. Nel 2022 solo il 29,2 per cento in questa fascia di età aveva completato un ciclo di studio terziario, ancora una volta davanti solo alla Romania. Tra i giovani spagnoli più della metà può vantare una laurea, in Francia il 49 per cento, in Germania il 37 per cento;

    5) inoltre, così come riportato da un recente report del Ministero dell'istruzione e del merito, nell'anno accademico 2021/2022 si è avuto il record di abbandoni nel primo anno di iscrizioni, considerando gli ultimi dieci anni. Si tratta, in particolare, del 7,3 per cento degli iscritti: il precedente dato peggiore era pari al 6,3 per cento e si riferiva all'anno accademico 2011/2012. A lasciare l'università sono stati in modo indifferente sia maschi che femmine, con il 7,4 per cento tra le donne e il 7,2 per cento tra gli uomini, una differenza di 23 mila e 600 ragazze in più rispetto agli uomini. Nel 2020/2021 la percentuale di abbandoni è stata del 7,1 per cento: un dato, quindi, costante e in crescita. Tra le motivazioni principali legate alla scelta di interrompere presto il percorso di studi accademico, sono emerse le difficoltà economiche, legate ad affitti sempre più cari soprattutto nelle città più grandi, ma anche ragioni personali legate all'eccesso di competitività;

    6) l'Italia presenta forti differenze territoriali in termini di accesso ai percorsi di istruzione, dai primi anni di vita del bambino per proseguire in tutti i livelli successivi. Lungo tutto il percorso di studi, il ritardo del Mezzogiorno è spesso un elemento ricorrente. Nelle regioni meridionali è generalmente più bassa l'offerta di posti nido e del tempo pieno, nonché di strutture scolastiche come mense e palestre. Mentre sono più frequenti la dispersione scolastica e i bassi apprendimenti;

    7) non fanno eccezione gli indicatori sull'istruzione terziaria. Nell'Italia meridionale, dove già sono di meno i ragazzi che raggiungono il diploma, meno della metà dei neodiplomati si iscrive all'università. Nel 2019 sono stati il 47,5 per cento del totale sia nel Sud continentale che nelle Isole. Una quota inferiore rispetto alla media nazionale (51,4 per cento), nonché al dato del Nord (53,5 per cento) e del Centro Italia (55 per cento). A livello regionale, escluso il Trentino-Alto Adige – il cui dato non tiene conto delle migliaia di giovani iscritti nelle università austriache – agli ultimi posti compaiono Sicilia (46,6 per cento) e Campania (43 per cento);

    8) l'università non è più in grado di assolvere al suo compito centrale, ovvero quello che si diede con il progetto dell'università di massa: livellare le disuguaglianze e garantire a tutte e tutti, a prescindere dalle condizioni economiche e sociali di provenienza, la possibilità di studiare e di accedere ad una mobilità sociale che garantisse il miglioramento delle condizioni collettive e un benessere sociale diffuso;

    9) servono risposte concrete da parte di Stato e regioni, in grado di garantire il diritto allo studio a tutte e tutti e un sistema di istruzione universitaria che sia realmente pubblico e realmente gratuito, aumentando considerevolmente le politiche di sostegno e le agevolazioni in tal senso, investendo in un settore che è alla base di uno Stato;

    10) il costo medio annuo per chi frequenta l'università è variabile a seconda del fatto che si studi con lo status di «in sede», abitante in provincia o fuori provincia. Il fattore comune, indipendentemente dallo status e dall'università frequentata, è l'insostenibilità del costo: secondo dati dell'Unione degli universitari, mediamente l'università costa annualmente alle famiglie circa 5.000 euro annui per frequentanti in sede, 5.500 euro per frequentanti abitanti in provincia e 11.000 euro per gli abitanti fuori provincia che affittano una stanza singola. I fattori principalmente considerati sono: tassazione, materiale didattico, pasti, trasporto (urbano ed extraurbano), affitto e costo di rientro presso la propria residenza;

    11) dal rapporto Ocse «Education at glance», le tasse universitarie in Italia hanno un costo medio equivalente di circa 1.953 dollari l'anno, ossia di circa 1.790 euro, il che colloca l'Italia al tredicesimo posto tra i ventisette Paesi analizzati, un risultato che non può in alcun modo ritenersi soddisfacente sia sotto il punto di vista dell'accesso allo studio da parte delle studentesse e degli studenti meno abbienti, sia a seguito di un confronto con gli altri Paesi europei. Sempre secondo le rilevazioni Ocse, le tasse universitarie sono aumentate del 60 per cento nel corso degli ultimi dieci anni, raggiungendo il terzo posto in Europa per incremento del dato medio, dopo Olanda e Regno Unito. Un dato decisamente allarmante, la cui motivazione può essere rappresentata dalla minor spesa da parte dell'Italia in istruzione (4,1 per cento contro il 5 per cento della media Ocse), ma non solo. Infatti, effettuando un raffronto con la spesa media per studente universitario, si può notare come in Italia per uno studente universitario vengono spesi circa 12.305 dollari, mentre in media nei Paesi Ocse vengono spesi approssimativamente 17 mila euro, paragone al quale va considerata anche la quantità di tasse richieste nei vari Stati;

    12) nel corso degli ultimi anni ci sono stati vari interventi in materia di ampliamento della no tax area: dapprima con il decreto ministeriale n. 234 del 2020, il quale ha previsto l'incremento della no tax area a 20 mila euro Isee per studenti in corso rispettanti i requisiti di cui alla legge n. 232 del 2016 e un calmieramento degli importi fino a 30 mila euro Isee, successivamente con il decreto ministeriale n. 1014 del 2021 l'ampliamento della medesima no tax area a 22 mila euro Isee con un ulteriore calmieramento fino a 30 mila euro Isee. Va sottolineato come lo stesso strumento di valutazione della ricchezza (ovvero il valore Isee) sia un indicatore non idoneo a identificare le difficoltà economiche di uno studente, a maggior ragione a seguito delle modifiche normative introdotte nel 2020. Il fatto stesso che i redditi percepiti e i patrimoni posseduti considerati siano quelli di due anni prima rispetto alla data di calcolo del valore evidenzia la sua inefficienza;

    13) l'Italia risulta essere l'unico Paese dell'area Ocse con la figura degli studenti idonei ma non beneficiari di borse di studio (circa 5.500 a livello nazionale secondo il Cnsu), ovvero che possiedono tutti i requisiti per poter accedere alla borsa di studio, ma non la ricevono per mancanza di risorse. Sarebbe necessario aumentare il fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, prevedendo, altresì, il superamento delle disparità territoriali e l'omogeneità dei tempi e delle caratteristiche dei bandi relativi alle borse di studio dei diversi atenei pubblici italiani;

    14) sussiste la necessità di garantire un servizio di trasporto pubblico locale efficace in collegamento con i poli universitari, promuovendo e investendo ulteriormente su forme di trasporto ecologicamente sostenibili, tra cui rientrano certamente le varie offerte di trasporto pubblico locale;

    15) il 18 maggio 2023 l'Udu presentava a Roma un rapporto dal significativo titolo «Diritto al profitto. Come sperperare i fondi del PNRR»;

    16) il 19 maggio 2023 il Consiglio nazionale degli studenti universitari inviava ai Ministri dell'università e della ricerca, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze, nonché al Presidente dell'Anci, della Conferenza delle regioni e al Presidente della Conferenza dei rettori universitari italiani, un corposo documento di richieste relative al rincaro degli affitti;

    17) una vasta platea di studenti universitari fuori sede, per limiti di natura legislativa, non accede ad alcuna agevolazione per le spese derivanti dall'affitto dell'abitazione, né tantomeno alle misure di residenzialità pubblica;

    18) nel documento presentato dall'Udu il 18 maggio 2023 si evidenzia che i posti letto destinati al diritto allo studio universitario hanno toccato il picco numerico nel 2018, momento dal quale il numero ha subito una drastica diminuzione continua fino al 2022. Si passa da 43.136 posti letto nel 2018 a 40.069 nel 2022. Dal 2000 la legge n. 338 del 2000 ha portato alla realizzazione di nuovi posti pari a 14.423 secondo l'ultima relazione annuale 2021, mentre ne sono stati messi a norma 24.065 nell'ultima relazione annuale;

    19) dal 2000 sono stati realizzati soltanto 15 mila posti letto, ma il numero complessivo dei posti letto per il diritto allo studio non è cresciuto contestualmente della stessa cifra, perché svariate residenze pubbliche sono state chiuse a causa di mancanza di investimenti in termini di manutenzione;

    20) un report di Cassa depositi e prestiti afferma che ammonta a 830 mila unità la popolazione studentesca universitaria che è costretta o sceglie di studiare in un ateneo fuori dal luogo di residenza, ma sono solo circa 40 mila i posti letto in residenze pubbliche: un numero ovviamente irrisorio che evidentemente non colma minimamente il fabbisogno richiesto;

    21) il testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, approvato in via definitiva dal Consiglio dell'Unione europea in data 13 luglio 2021, prevedeva uno stanziamento complessivo di 960 milioni di euro, con l'obiettivo di creare oltre 100 mila posti letto entro il 2026;

    22) la riforma 1.7, denominata «Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per studenti», ha previsto la realizzazione, da parte dei soggetti privati, di nuove strutture di edilizia universitaria attraverso la copertura anticipata, da parte del Ministero dell'università e della ricerca, degli oneri corrispondenti ai primi tre anni di gestione delle strutture stesse, consentendo a questi risorse esentasse e l'utilizzo flessibile degli alloggi nei periodi in cui non è programmata la didattica;

    23) con l'articolo 25 del decreto-legge «aiuti ter» (decreto-legge n. 144 del 2022) si sono fatti confluire 660 milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza su un nuovo fondo per l'housing universitario. Il decreto-legge ha modificato la legge 14 novembre 2000, n. 338, che ha caratterizzato la realizzazione di residenze universitarie negli ultimi 20 anni, prevedendo una nuova via per ottenere i finanziamenti, riprendendo e inasprendo gli elementi peggiori con cui sono stati assegnati i primi 287 milioni di euro. Gli elementi caratterizzanti della modifica sono i seguenti:

     a) si punta ad una generica «acquisizione della disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore ». La realizzazione e la riqualificazione di immobili passa in secondo piano, spingendo piuttosto i maggiori player del mercato ad acquisire immobili più o meno pronti (addirittura immobili già destinati alla residenzialità studentesca), non avendo interesse a lunghe e complicate opere edilizie;

     b) le risorse «sono assegnate anche in convenzione ovvero in partenariato con o soggetti pubblici». Non vi è perciò alcun obbligo di convenzione. Il privato può fare da sé, in autonomia;

     c) possono usufruire delle risorse tutti gli «operatori economici» secondo la definizione contenuta nel codice degli appalti, ossia i soggetti che possono partecipare alle gare pubbliche. In sostanza, si spalancano definitivamente le porte ai soggetti privati, oltre agli altri soggetti privati elencati dall'articolo 1 della legge n. 338 del 2000. Una norma costruita proprio per escludere totalmente i soggetti pubblici: gli atenei, le regioni e gli enti per il diritto allo studio, che in teoria potrebbero essere considerati operatori economici; difficilmente si può sostenere che questi offrano servizi sul mercato, quali la realizzazione o la gestione di studentati;

     d) i soggetti aggiudicatari «assicurano la destinazione d'uso prevalente degli immobili utilizzati per le finalità del presente articolo ad alloggio o residenza per studenti con possibilità di destinazione ad altra finalità, anche a titolo oneroso, delle parti della struttura eventualmente non utilizzate, ovvero degli stessi alloggi o residenze in relazione ai periodi non correlati allo svolgimento delle attività didattiche». Invece, i posti letto ottenuti «sono destinati agli studenti fuori sede individuati sulla base delle graduatorie del diritto allo studio, ovvero di quelle di merito» – scompare perciò anche la «priorità» contenuta nella precedente formulazione, che a sua volta aveva sostituito la percentuale minima del 20 per cento. Invece, il decreto ministeriale n. 469 del 12 maggio 2023 ha inaspettatamente reinserito la clausola del «prioritariamente»;

     e) il risultato è evidente: ai privati viene data non solo l'esclusività di accesso alle risorse, ma anche una libertà d'azione senza precedenti. Potranno infatti destinare, su base facoltativa, una piccola parte dei posti letto al diritto allo studio, comunque in periodi parziali dell'anno. Il criterio prevalente per entrare nelle residenze rischia, perciò, il merito e la capacità di pagare. Le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza rischiano, quindi, di essere utilizzate per favorire ulteriormente le disuguaglianze e il profitto;

     24) gli studenti con l'iniziativa delle tende hanno reso evidente la mancanza assoluta di politiche abitative pubbliche che affrontino strutturalmente il fabbisogno abitativo, ad esempio per le circa 900.000 famiglie in affitto con redditi da povertà assoluta, per le 650.000 famiglie nelle graduatorie per l'accesso ad una casa popolare a canone sociale, per le circa 40.000 famiglie che ogni anno subiscono una sentenza di sfratto per morosità incolpevole, frutto del caro affitti denunciato dagli studenti che lamentano l'abbandono di realizzazione di residenze studentesche pubbliche a costi bassi;

     25) del resto la volontà del Governo è evidente: da una parte, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, in sostanza si regalano 660 milioni di euro, esentasse, a privati per un'offerta di residenze a tempo determinato e per i soli periodi di didattica, dall'altra si azzerano i 330 milioni di euro di contributi affitto e i 50 milioni di euro del fondo morosità incolpevole e si toglie a migliaia di persone il reddito di cittadinanza e l'allegato contributo affitto;

     26) il diritto all'alloggio investe con tutta evidenza anche le locazioni private e non si esaurisce nell'offerta di residenze studentesche, perché in particolare in queste si evidenziano il caro affitti, la presenza di contratti irregolari, la non attuazione di quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di locazioni;

     27) la legge n. 311 del 2004, all'articolo 1, comma 346, al fine di contrastare il fenomeno degli affitti in nero, ha stabilito la nullità di tutti i contratti di locazione non registrati entro il termine di legge, che è di 30 giorni dalla stipula;

     28) la riforma delle locazioni – articolo 5 della legge n. 431 del 1998 – ha stabilito che per i contratti di affitto transitori e per studenti fuorisede i valori devono essere stabiliti all'interno degli accordi locali per il canale agevolato (o concordato), definendo anche il tipo di contratto che non può essere modificato;

     29) il decreto interministeriale del 16 marzo 2017 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha stabilito che gli accordi locali tra sindacati inquilini e associazioni dei proprietari, di cui alla legge n. 431 del 1998, definiscono le modalità per la stipula di contratti di locazione anche per porzioni di unità immobiliare (camera e parti comuni);

     30) la risoluzione del 20 aprile 2018 dell'Agenzia delle entrate ha stabilito che tutti i contratti agevolati «non assistiti», anche quelli transitori e per studenti fuori sede, devono essere asseverati da un sindacato degli inquilini o da un'associazione dei proprietari firmatari dell'accordo locale prima della registrazione del contratto, sulla base di un documento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – direzione generale per la condizione abitativa, che, con nota del 6 febbraio 2018, n. 1380, ha affermato che «(...) per quanto concerne i profili fiscali va considerato che l'obbligatorietà dell'attestazione fonda i suoi presupposti sulla necessità di documentare alla pubblica amministrazione, sia a livello centrale che comunale, la sussistenza di tutti gli elementi utili ad accertare sia i contenuti dell'accordo locale che i presupposti per accedere alle agevolazioni fiscali, sia statali che comunali. Ne consegue l'obbligo per i contraenti di acquisire l'attestazione in argomento anche per poter dimostrare all'Agenzia, in caso di verifica fiscale, la correttezza delle deduzioni utilizzate»;

     31) il rapporto immobiliare 2023 dell'Agenzia delle entrate, pubblicato il 18 maggio 2023 in relazione ai contratti transitori per studenti fuori sede, nelle 8 città principali città prese a riferimento, ha rilevato che questi tipi di contratto sono stati: 5.627 a Roma; 771 a Milano; 673 a Napoli; 3.224 a Torino; 604 a Palermo; 1.197 a Genova; 351 a Bologna; 1.277 a Firenze. Questi dati con tutta evidenza fanno risaltare la differenza tra il numero di studenti fuori sede e i contratti effettivamente stipulati e fanno prevedere che in realtà gli studenti fuori sede sono preda di altre tipologie di offerte abitative irregolari,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a prevedere, nel prossimo disegno di legge di bilancio, un incremento di 300 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2024 e 2025, del fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, promuovendo, altresì, il superamento delle disparità territoriali e l'omogeneità dei tempi e delle caratteristiche dei bandi relativi alle borse di studio dei diversi atenei pubblici italiani;

2) a prevedere l'istituzione di un welfare studentesco nazionale che garantisca l'effettiva rimozione degli ostacoli di natura economica per gli studenti capaci e meritevoli, consentendo loro di accedere e completare i corsi di studio universitario;

3) a definire i livelli essenziali delle prestazioni connessi al diritto allo studio, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, per individuare uno standard adeguato di prestazioni e servizi che deve essere garantito su tutto il territorio nazionale, al fine di abbattere le attuali disuguaglianze sociali e disomogeneità territoriali;

4) ad intervenire, in sede di legge di bilancio, per rendere detraibili le spese per i libri di testo per gli esami universitari;

5) ad adottare iniziative normative volte a prevedere una modifica al comma 2 dell'articolo 25 del decreto-legge n. 144 del 2022, che stabilisca che i 660 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza indicati siano prioritariamente utilizzati per nuove residenze studentesche pubbliche strutturali realizzate in sinergia tra università, comuni, regioni, demanio civile e militare, attraverso il riuso e il recupero di immobili inutilizzati, a partire da quelli pubblici;

6) al fine di favorire una più ampia disponibilità di alloggi per studenti fuori sede, ad adottare iniziative di competenza per la definizione di una disciplina volta a normare e limitare i cosiddetti affitti brevi e turistici, escludendo la possibilità per questi dell'applicazione della cedolare secca, attuando un meccanismo di licenze limitate, come avviene in altri paesi europei, e di giorni da destinare a b&b, garantendo che alla definizione della stessa possano partecipare le organizzazioni degli studenti e le organizzazioni sindacali degli inquilini;

7) ad assicurare, per quanto di competenza, che ai tavoli per la definizione degli accordi locali, ai sensi della legge n. 431 del 1998, per i valori dei contratti agevolati anche per contratti transitori e per studenti tra sindacati inquilini e associazioni dei proprietari partecipino anche le organizzazioni degli studenti e le università, come previsto dall'articolo 5, comma 3, della citata legge di riforma delle locazioni;

8) a specificare che i posti letto realizzati con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza devono essere ulteriori e aggiuntivi rispetto al censimento attuale;

9) a determinare ex ante che vi dev'essere una congrua quota minima di posti letto destinati al diritto allo studio, da stabilire d'intesa con le università e le organizzazioni degli studenti, prevedendo che non possano costare più della trattenuta della borsa di studio;

10) a prevedere un monitoraggio costante e trasparente di come le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza per gli studenti vengono spese, verificando la quota di posti letto destinati al diritto allo studio, inviando semestralmente alle competenti Commissioni parlamentari e pubblicando sul sito del Ministero dell'università e ricerca e sui siti delle università i dati in maniera completa almeno sul numero posti totali, quanti e per quanto occupato da studenti, quali le tariffe applicate, quanti sono i posti al diritto allo studio;

11) a stabilire obbligatoriamente che il soggetto privato debba sottoscrivere una convenzione con obbligo di rinnovo con il soggetto pubblico territoriale, fatta salva una verifica dei costi e benefìci;

12) ad adottare iniziative normative al fine di incrementare il numero di alloggi a disposizione degli studenti delle università italiane, strutture universitarie quali aule e laboratori, sedi di associazioni studentesche, anche mediante l'impiego di beni sottratti alla criminalità organizzata o di beni del demanio civile e militari dismessi, ubicati in prossimità degli atenei;

13) a favorire, per quanto di competenza, la stesura di protocolli di intesa tra la Guardia di finanza e gli atenei, coinvolgendo i sindacati inquilini e le rappresentanze studentesche per creare dei presidi, sportelli o punti informativi all'interno dell'università per garantire un'informazione adeguata sulla stipula dei contratti di locazione per studenti fuori sede e su come contrastare il fenomeno degli affitti in nero, prevedendo, al contempo, un incremento dei controlli da parte dell'Agenzia delle entrate relativamente all'esercizio dei contratti in nero, con l'obiettivo di contrastare efficacemente questa pratica illegale;

14) a definire presso il Ministero dell'università e della ricerca linee guida che siano utili agli studenti e alle studentesse relativamente ai diritti e ai doveri discendenti da un contratto di locazione, anche prevedendo un rapporto annuale che restituisca informazioni molto più dettagliate e relative a tutte le città ad alta tensione abitativa e a quelle sedi di università, a disposizione per la redazione e per l'aggiornamento degli accordi territoriali per la definizione degli accordi locali, con particolare attenzione ai contratti di cui all'articolo 5 della legge n. 431 del 1998, collaborando con comuni, sindacati inquilini e rappresentanze degli studenti;

15) a prevedere la graduale soppressione della cedolare secca sul canone libero mercato, concentrando i maggiori introiti derivanti da tale intervento in ulteriori agevolazioni fiscali sul canale agevolato della legge n. 431 del 1998, di cui all'articolo 2, comma 3, e articolo 5, commi 1 e 2, al fine di sviluppare, diffondere e rinforzare questo canale contrattuale;

16) ad adottare iniziative normative volte a modificare il testo unico delle imposte sui redditi, portando l'agevolazione fiscale al 50 per cento degli affitti a studenti fuori sede, elevando l'importo massimo detraibile per i canoni di locazione per studenti fuori sede da 2.633 euro a 3.500 euro e inoltre prevedendo che il requisito di distanza per avere diritto alla detrazione passi da 100 chilometri a 50, mantenendo i restanti requisiti invariati;

17) a prevedere iniziative specifiche e campagne informative per sviluppare e supportare la stipula di contratti a canone concordato, coinvolgendo i livelli territoriali, le associazioni e le rappresentanze, anche studentesche, necessari a tale pratica, sviluppando politiche di supporto ai locatori e ai locatari;

18) a sostenere, per quanto di competenza, in sinergia con l'Anci, le amministrazioni delle principali città universitarie italiane ad aprire tavoli di confronto con le principali associazioni studentesche degli atenei, per favorire il potenziamento dei servizi di mobilità in favore degli studenti fuori sede e pendolari;

19) a favorire accordi con le aziende di trasporto pubblico locale per la stipula di abbonamenti a tariffazione agevolata per gli studenti universitari indipendentemente dall'età degli stessi, prevedendo la parificazione della tariffazione degli abbonamenti studenteschi extraurbani a quelli urbani per coloro i quali risultino iscritti a corsi di laurea che svolgono la propria attività didattica o laboratoriale in plessi esterni alla fascia urbana, individuando risorse per la copertura degli eventuali costi di differenze economiche richieste dalle aziende di trasporto pubblico locale.
(1-00148) «Piccolotti, Zanella, Ghirra, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Zaratti».

(29 maggio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) gli alloggi per studenti universitari sono circa 40.000 a fronte di un numero di studenti fuori sede pari a circa 570.000, di cui 290.000 con Isee inferiore a 24.000 euro; peraltro, il numero di posti letto nel 2022 è diminuito del 7 per cento rispetto al 2021; i posti letto negli studentati francesi e tedeschi sono rispettivamente circa 165.000 e 190.000;

    2) ad aggravare la situazione per gli studenti fuori sede è il caro affitti; secondo l'ufficio studi di Idealista, i canoni sono aumentati del 20 per cento negli ultimi 3 anni; in alcune grandi città i prezzi di una camera singola in affitto possono superare i 600 euro;

    3) l'emergenza abitativa sta penalizzando in modo grave gli studenti universitari, tanto da compromettere il loro diritto allo studio e da comportare conseguenze non trascurabili sulla loro vita futura. L'eventuale rinuncia agli studi universitari, nonché ad altre valide opportunità formative, è di per sé un fattore di marginalizzazione sociale ed economica, particolarmente grave in un Paese che già sconta una percentuale di laureati molto più bassa di quella media dell'Unione europea: nella popolazione d'età compresa tra i 25 e i 34 anni i laureati in Italia sono il 28 per cento contro una media europea del 41 per cento;

    4) il Piano nazionale di ripresa e resilienza (missione 4, componente 1, riforma 1.7) prevede lo stanziamento di 960 milioni di euro per creare 65.000 nuovi posti letto entro il 2026; sebbene le tempistiche siano state finora rispettate, esse prevedono che nei primi 2 anni fosse realizzato solo il 31 per cento del totale con un intervento da 300 milioni di euro; il secondo intervento, coperto dai restanti 660 milioni, è volto alla realizzazione degli altri 52.000 posti letto grazie al coinvolgimento di operatori privati;

    5) con la legge di bilancio per il 2023, il Governo ha rifinanziato il fondo previsto dall'articolo 1, comma 4-ter, della legge 14 novembre 2000, n. 338, che prevede il cofinanziamento da parte dello Stato di interventi volti alla realizzazione di alloggi e residenze per studenti universitari. Il fondo, includendo il nuovo finanziamento di 400 milioni di euro in tre anni, ha a disposizione circa 567 milioni di euro per la realizzazione di 14.000 posti letto aggiuntivi;

    6) la stessa legge di bilancio per il 2023 non ha, invece, rifinanziato il «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione», istituito dall'articolo 11 della legge n. 431 del 1998 e ulteriormente incrementato a 330 milioni di euro nel luglio 2022 dal Governo Draghi;

    7) anche nel caso in cui le tempistiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza venissero rispettate e fossero utilizzare tutte le risorse previste dal Fondo per il cofinanziamento statale per la realizzazione di alloggi, nel 2026 avremmo solamente 114 mila posti letto per un totale di circa 570 mila studenti fuori sede, con una copertura pari a solo il 20 per cento del totale;

    8) la carenza di posti letto per studenti fuori sede costituisce, peraltro, solo una delle conseguenze del pesante sottofinanziamento dell'istruzione universitaria da parte del bilancio pubblico, su cui l'Italia spende circa lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo, meno della metà della media europea;

    9) per tale ragione è necessario prevedere misure che già nel breve periodo supportino gli studenti fuori sede e le loro famiglie che si rivolgono al mercato immobiliare; un contributo di 400 euro al mese per gli studenti fuori sede con Isee inferiore a 30.000 avrebbe un costo per lo Stato di circa 1 miliardo di euro l'anno;

    10) la legge n. 32 del 2022 (cosiddetto «Family act»), all'articolo 5, non ancora attuato, delega il Governo a prevedere detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie relativamente al contratto di locazione di abitazioni per i figli maggiorenni iscritti a corsi universitari, con particolare riferimento agli studenti fuori sede, nonché a sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e il conseguimento dell'autonomia finanziaria dei giovani, nonché a rafforzare le misure volte a promuovere l'autonomia, anche abitativa, dei figli maggiorenni dalla famiglia d'origine, comprese quelle destinate ad agevolare l'affitto di abitazioni,

impegna il Governo:

1) ad attuare l'articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 7 aprile 2022, n. 32 (cosiddetto «Family act»), prevedendo ulteriori iniziative volte a sostenere l'autonomia abitativa dei giovani, con particolare riferimento agli studenti fuori sede, introducendo un contributo di 400 euro medi mensili per le spese di locazione sostenute da tutti gli studenti con Isee inferiore a 30.000 euro;

2) ad attuare l'articolo 5, comma 2, lettera a), della legge 7 aprile 2022, n. 32 (cosiddetto «Family act»), adottando iniziative volte a incrementare la percentuale di detraibilità fiscale per le spese sostenute dalle famiglie per il contratto di locazione per i figli iscritti a corsi universitari, attualmente fissata al 19 per cento dall'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e al contempo rivedendo i criteri di reddito per l'accesso alla detrazione al fine di favorire i nuclei famigliari con redditi più bassi;

3) a potenziare, con la collaborazione dei sindaci e della Guardia di finanza, i controlli per chi beneficia delle riduzioni di Imu e Irpef previste per i locatori di abitazioni private utilizzate per affitti ai fuori sede, al fine di contrastare il fenomeno degli immobili affittati – sulla carta – a studenti, ma in realtà utilizzati come case vacanze;

4) ad adottare iniziative volte ad aumentare il fondo per il «Contributo per spese locazione abitativa degli studenti fuori sede delle università statali» di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, per il quale sono stati stanziati dall'articolo 1, comma 580, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023), solamente 4 milioni di euro per il 2023 e 6 milioni a decorrere dal 2024, cioè appena un terzo di quanto stanziato l'anno precedente;

5) a privilegiare il finanziamento delle ristrutturazioni di edifici pubblici e privati per destinarle all'affitto agli studenti e a sostenere progetti di co-abitazione promossi dal terzo-settore in luogo della creazione di nuove residenze, a partire da un puntuale censimento degli immobili non utilizzati di proprietà dello Stato o di altri enti pubblici «riconvertibili» in tempi rapidi, anche in accordo con gli enti territoriali e le università, col fine di diminuire i tempi di realizzazione di nuovi posti letto, di evitare ulteriori cementificazioni nonché di riqualificare aree urbane dismesse;

6) ad adottare iniziative volte a raddoppiare, portandola dal 3 al 6 per cento, la quota destinata al fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, di cui all'articolo 18 del decreto legislativo n. 68 del 2012, proveniente dal Fondo unico giustizia, di cui all'articolo 48 del decreto legislativo n. 159 del 2011;

7) a dare piena e immediata attuazione al nuovo regime autorizzatorio delle residenze universitarie, di cui all'articolo 28, comma 1-bis, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, con il fine di incentivare investimenti privati e aumentare rapidamente l'offerta di alloggi e posti letto per studenti fuori sede, nonché a fornire regolarmente alle Camere la più ampia informazione circa lo stato di attuazione della riforma 1.7 («Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per gli studenti») del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(1-00149) «Richetti, Bonetti, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Sottanelli, Benzoni, Castiglione, D'Alessio, De Monte, Gruppioni, Pastorella, Ruffino».

(30 maggio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) in Italia, nel 2021, i livelli di istruzione sono in aumento, ma rimangono comunque fortemente inferiori alla media europea e dei Paesi Ocse: la quota di popolazione 25-64 anni con un titolo terziario è pari a circa il 20 per cento, a fronte di una media dell'Unione europea del 33,4 per cento, mentre la quota di 30-34enni laureati in Italia è pari al 26,8 per cento contro una media europea del 41,6 per cento, anche se, in numeri assoluti, la quota di laureati è tendente all'aumento;

    2) i dati relativi alle immatricolazioni, a dicembre 2022, indicano un calo di iscritti all'università: se si confrontano i numeri relativi alle immatricolazioni dell'anno accademico 2022/2023 con quelli del 2021/2022 e del 2020/2021 la diminuzione è, rispettivamente, del 2 per cento e oltre il 5 per cento;

    3) nel 2011-2012 il tasso di abbandono degli studi universitari era del 6,3 per cento, mentre nel 2021-2022 è diventato del 7,3 per cento: il più alto degli ultimi anni, con una percentuale del 7,4 per cento tra gli universitari di sesso maschile e del 7,2 per cento tra le donne;

    4) l'articolo 34 della Costituzione stabilisce che «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi»;

    5) recentemente, davanti a molte università italiane, gli studenti si sono accampati in tende da campeggio per protestare contro il caro affitti e per la carenza di posti nelle residenze studentesche, che rendono difficile trovare una sistemazione agli studenti fuori sede;

    6) gli studenti universitari fuori sede rappresentano circa il 40 per cento del numero complessivo degli studenti, ma l'offerta di posti letto si attesta intorno al 10,5 per cento a fronte di un tasso medio europeo del 20 per cento;

    7) le misure agevolative a favore degli studenti non sono sufficienti a far fronte ai costi che le famiglie devono sostenere per mantenere agli studi un figlio fuori dalla città di residenza, tanto più se si considera che, con la crisi post pandemia, la crescita dell'inflazione e l'incremento dei costi delle materie prime in conseguenza della guerra Russia-Ucraina, il costo della vita è cresciuto in misura rilevante e decisamente impegnativo per le famiglie;

    8) i pendolari a lunga percorrenza e gli universitari in difficoltà economica sono tra i profili che abbandonano più facilmente gli studi;

    9) la disponibilità dei posti non è omogenea sul territorio nazionale, ma presenta forti differenze tra regioni con la conseguenza che in alcuni territori la risposta alle domande degli studenti appare fortemente esigua;

    10) con la legge di bilancio per il 2021 sono stati stanziati 15 milioni di euro per le spese di locazione abitativa sostenute dagli studenti fuori sede iscritti alle università statali, un intervento rifinanziato con la legge di bilancio per il 2023 per 4 milioni di euro e di ulteriori 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2024;

    11) con la legge di bilancio per il 2023 è stato rifinanziato il fondo della legge n. 338 del 2000 con circa 300 milioni aggiuntivi in tre anni per garantire la continuità degli interventi a sostegno della domanda sempre più crescente di posti letto a favore degli studenti fuori sede e sono stati stanziati 500 milioni per borse di studio per il biennio 2024-2025, al fine di potenziare l'importo e ampliare la platea dei beneficiari;

    12) questi fondi si aggiungono a quelli stanziati con il Piano nazionale di ripresa e resilienza nell'ambito della riforma 1.7 («Alloggi per gli studenti») prevista dalla missione 4, componente 1, che ha stanziato 960 milioni di euro per la creazione di 60.000 posti letto aggiuntivi nel sistema Paese entro il 2026, a fronte dei circa 40.000 ad oggi disponibili e di cui una parte è già stata attivata;

    13) la riforma, in questa prospettiva, aspira a coinvolgere anche soggetti privati nella costruzione di strutture di edilizia universitaria, offrendo la copertura, da parte del Ministero dell'università e della ricerca, di parte dei costi di gestione per i primi tre anni di funzionamento della struttura;

    14) la riforma è infatti articolata in due fasi:

     a) un primo intervento, con cui, grazie ad uno stanziamento di 300 milioni di euro, sono stati creati 8.581 posti letto aggiuntivi, di cui 7.524 posti letto già assegnati a studenti universitari;

     b) un secondo intervento di lungo termine, avviato con il decreto-legge cosiddetto «aiuti-ter)» e proseguito con i due decreti attuativi del 27 dicembre 2022 e 29 dicembre 2022, con cui si è previsto l'ingresso degli operatori privati all'interno del mercato, per consentire di soddisfare in pieno la domanda attuale, considerati anche i tempi di realizzazione imposti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (30 giugno 2026);

    15) nello specifico, la prima fase prevede una revisione della legge n. 338 del 2000, «Cofinanziamento statale per alloggi e residenze per studenti universitari», al fine di agevolare la ristrutturazione e il rinnovo delle strutture in luogo di nuovi edifici (prevedendo una quota di cofinanziamento innalzata dal 50 al 75 per cento), e per semplificare, anche grazie alla digitalizzazione, la presentazione e la selezione dei progetti e ridurre, quindi, i tempi di realizzazione;

    16) per quanto attiene alla seconda fase, invece, che intende favorire l'apertura della partecipazione al finanziamento anche agli investitori privati, è intervenuto l'articolo 25 del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, che ha disciplinato tali profili e istituito un apposito fondo, inserendo un nuovo articolo 1-bis all'interno della legge 14 novembre 2000, n. 338, rubricato «Nuovo housing universitario». È proprio a tale fondo – con l'importo di 660 milioni appena sbloccati con il decreto-legge n. 57 del 2023, pubblicato il 29 maggio 2023 in Gazzetta Ufficiale – che si è fatto riferimento nel recente dibattito;

    17) gli stanziamenti e la riforma del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ampliano le possibilità di creazione di residenze universitarie, si muovono in parallelo e non già in sostituzione delle politiche ordinarie adottate dal Governo, come le risorse stanziate sulla base del V bando della legge n. 338 del 2000, pari a 467 milioni di euro, per la realizzazione di residenze universitarie da parte di università, enti per il diritto allo studio, collegi universitari, regioni, consorzi universitari, cooperative di studenti e altre organizzazioni non lucrative;

    18) al fine di individuare in tempi brevi le criticità maggiori e adottare le conseguenti misure per superarle, il Ministero dell'università e della ricerca ha recentemente dato vita a uno specifico tavolo tecnico di esperti, con l'obiettivo, tra l'altro, di individuare il costo medio calmierato per ogni posto letto a livello territoriale, tenendo conto dei valori di mercato di riferimento. Del suddetto tavolo fanno parte tecnici dell'Agenzia del demanio, della Conferenza dei rettori delle università italiane, dell'Associazione nazionale degli organismi per il diritto allo studio universitario, di Cassa depositi e prestiti, della Conferenza delle regioni e delle province autonome;

    19) sono stati interpellati i sindaci metropolitani, così come esponenti della Curia, per considerare l'eventuale disponibilità di immobili dismessi, caserme, ma anche beni ecclesiastici, che possano essere adibiti a residenze universitarie;

    20) per il potenziamento dell'housing universitario è stato, inoltre, avviato un tavolo con le regioni e gli enti locali per fare un censimento degli immobili inoccupati, affinché vengano messi a disposizione per gli studenti;

    21) il 12 maggio 2023 è stata lanciata una manifestazione di pubblico interesse volta a dare un primo passo di concretezza, individuando puntualmente gli immobili ritenuti idonei: a tal fine sul sito del Ministero dell'università e della ricerca è stato pubblicato l'avviso per l'acquisizione di manifestazioni di interesse per la messa a disposizione, su tutto il territorio nazionale, di immobili da convertire a studentati;

    22) il Governo sta già adottando le necessarie misure per sbloccare ulteriori fondi per risolvere le problematiche, purtroppo ben più risalenti, relative all'housing universitario;

    23) la scarsità di alloggi è, peraltro, in parte dovuta anche al fatto che è ormai diffusa la pratica di destinare gli alloggi all'affitto ai turisti, che sta determinando un aumento delle locazioni, soprattutto nelle grandi città e nelle città a forte vocazione turistica, così da falsare il mercato degli affitti in genere e degli affitti agli studenti fuori sede in particolare,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative necessarie e nel più breve tempo possibile per evitare l'aumento dei canoni di affitto e incrementare la disponibilità di alloggi per studenti universitari fuori sede;

2) a garantire la piena attuazione – in continuità con gli interventi già in atto del Governo – della missione 4, componente 1, riforma 1.7, del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

3) a monitorare l'utilizzo dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati all'housing studentesco affinché venga incrementato il numero di studentati pubblici e aumentata la disponibilità di posti per studenti fuori sede, anche al fine di determinare una maggiore omogeneità della situazione del caro affitti su tutto il territorio nazionale;

4) a prevedere, in presenza del coinvolgimento di soggetti privati per la realizzazione di residenze universitarie, un confronto tra Governo e detti soggetti al fine di calmierare il costo degli affitti e di mantenerli ad un livello sostenibile per le famiglie;

5) ad adottare le iniziative di competenza affinché, in presenza del coinvolgimento di soggetti privati per la realizzazione di residenze universitarie, le stesse restino finalizzate all'housing universitario;

6) in considerazione del numero di studenti che risultano in possesso dei requisiti per la borsa di studio ma che non riescono a beneficiarne per carenza di risorse stanziate, a prevedere iniziative per il superamento del fenomeno degli idonei non beneficiari;

7) a garantire la piena attuazione di quanto previsto dall'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, secondo cui il fabbisogno finanziario necessario per garantire gli strumenti ed i servizi per il pieno successo formativo è coperto, oltre che dagli stanziamenti del fondo integrativo statale, dal gettito derivante dall'importo della tassa regionale per il diritto allo studio, nonché dalle risorse proprie delle regioni in misura pari ad almeno il 40 per cento dell'assegnazione relativa al fondo integrativo statale;

8) a incentivare la stipula da parte dei comuni, in cui insistono sedi universitarie e sedi distaccate, di apposite convenzioni che coinvolgano i soggetti privati interessati, le università e, laddove necessario, gli enti per il diritto allo studio di riferimento, volte a trovare soluzioni abitative che risultino vantaggiose per gli studenti universitari fuori sede;

9) a vigilare, per quanto di competenza, circa il rispetto delle tempistiche di assegnazione delle borse di studio per gli studenti beneficiari;

10) ad assumere le iniziative di competenza affinché gli enti per il diritto allo studio adottino misure volte a superare le limitazioni di erogazione delle borse di studio a studenti con carriere pregresse che non risultino incompatibili;

11) al fine di rendere più appetibile per i proprietari affittare a studenti fuori sede, ad adottare iniziative volte a definire un sistema di canone concordato specifico per i contratti di affitto transitori destinati a studenti universitari, anche intervenendo sul sistema della cedolare secca;

12) a garantire la piena attuazione dell'articolo 34, terzo comma, della Costituzione, secondo cui «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi», ribadendo l'importanza del criterio di merito per accedere alle graduatorie delle residenze, in aggiunta a quello Isee, considerando non solo il mero numero di crediti formativi universitari conseguiti, bensì il valore di ciascun esame superato anche in relazione alla complessità del corso frequentato;

13) ad adottare iniziative volte ad utilizzare parte del patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato, valutando la possibilità di affidarlo, mediante procedure aperte, comparative e trasparenti, a soggetti privati convenzionati o enti del terzo settore per la realizzazione di iniziative residenziali in favore di studenti;

14) a prevedere iniziative normative mirate che favoriscano l'accesso agevolato degli studenti agli alloggi;

15) ad adottare iniziative volte alla definizione di un quadro regolatorio specifico per il settore degli operatori, pubblici e privati, che gestiscono residenze universitarie, anche alla luce delle modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, che, all'articolo 28, introduce disposizioni relative al regime autorizzatorio per l'esercizio di una struttura residenziale universitaria.
(1-00150) «Dalla Chiesa, Roscani, Sasso, Bicchielli, Mulè, La Porta, Latini, Tassinari, Amorese, Loizzo, Mollicone, Miele, Cangiano, Di Maggio, Matteoni, Messina, Perissa, Giagoni».

(30 maggio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) le proteste degli studenti universitari nelle ultime settimane hanno messo in evidenza il problema dell'elevato costo degli affitti che loro e le loro famiglie devono sostenere e a cui si aggiungono le spese per i corsi di studio. Ciò rappresenta una contraddizione con quanto previsto all'articolo 34 della Costituzione che recita: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso»;

    2) il problema del caro affitti concerne, quindi, espressamente l'accesso al diritto allo studio, ovvero la possibilità di formarsi in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. Infatti, nel contesto europeo, l'Italia è uno dei Paesi con il minor tasso di giovani laureati e con numerosi abbandoni nel primo anno di iscrizione. È evidente che la mancanza di studenti che completano il ciclo di studi, anche per i costi eccessivi degli affitti, influisce in modo negativo sulla competitività come Paese a livello europeo ed internazionale;

    3) l'alloggio rappresenta uno dei bisogni fondamentali per gli studenti che studiano in una sede diversa da quella della propria città di residenza. Il nostro Paese ha gravi criticità sotto il profilo della politica abitativa per gli studenti; occorrono, pertanto, azioni ed investimenti mirati, volti sia all'aumento del numero degli alloggi disponibili mediante la realizzazione di nuovi studentati pubblici, sia al sostegno degli studenti e delle loro famiglie che devono affittare immobili sul mercato;

    4) una programmazione efficiente degli investimenti per il diritto allo studio deve rappresentare la priorità per il nostro Paese. A tal fine, le azioni andrebbero coordinate con gli enti locali interessati, adottando politiche di riqualificazione di immobili pubblici dismessi, come caserme o altri immobili del demanio inutilizzati;

    5) le misure a sostegno messe in campo negli ultimi anni si sono rivelate insufficienti, occorrono pertanto azioni coraggiose per il loro potenziamento. L'Italia è, infatti, uno dei Paesi europei che, in relazione al prodotto interno lordo, investe meno nella formazione e nell'istruzione;

    6) è necessario adottare con sollecitudine un complesso organico di misure economiche, sociali e fiscali idonee a contrastare i costi eccessivi degli affitti per gli studenti fuori sede. Infatti, solo la realizzazione effettiva di un vero e proprio welfare studentesco può permettere allo studente di seguire un percorso formativo completo in condizioni di benessere,

impegna il Governo:

1) nel rispetto delle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, ad adottare iniziative volte a:

  a) potenziare e semplificare con urgenza le misure a sostegno degli studenti universitari fuori sede al fine contrastare il caro affitti e la mancanza di alloggi universitari;

  b) realizzare un'adeguata offerta di alloggi per studenti, anche con riguardo alla missione 4, componente 1, riforma 1.7, del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

  c) aumentare la disponibilità di alloggi universitari per studenti fuori sede, anche in accordo con gli enti locali interessati, mediante interventi di rigenerazione urbana e recupero di edifici esistenti dismessi o in disuso;

  d) garantire l'effettiva rimozione degli ostacoli di natura economica per gli studenti capaci e meritevoli, consentendo loro di accedere e di completare i gradi più alti degli studi, come previsto dall'articolo 34 della Costituzione.
(1-00151) «Gebhard, Manes, Schullian, Steger».

(30 maggio 2023)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   si evidenzia la grande attenzione che nell'ultimo decennio le imprese stanno dedicando al benessere dei propri collaboratori che si è sostanziato in servizi e pratiche di welfare aziendale, anche grazie ai diversi interventi normativi che li favoriscono e li incentivano dal punto di vista fiscale;

   in questo momento storico, anche a seguito della recente pandemia, le persone e le famiglie richiedono misure di conciliazione vita-lavoro per riuscire a sostenere i carichi di cura ed educativi dei propri familiari;

   il 1o marzo 2023, durante un incontro pubblico con un'associazione di categoria, il Ministro interrogato ha lanciato il codice di autodisciplina per le imprese responsabili verso la maternità, successivamente pubblicato ufficialmente dal Dipartimento per le pari opportunità;

   da una prima lettura, il codice invita le imprese, pubbliche e private, a mettere in campo azioni di sostegno e accompagnamento alla maternità, in particolare nel rientro al lavoro;

   vi è la necessità di misure che favoriscano la partecipazione femminile al mercato del lavoro e che non penalizzino la scelta della maternità –:

   come intenda divulgare ed incentivare il suddetto codice e, considerata la mole di adempimenti che già gravano sulle aziende, se l'adesione a tale codice produca aggravi burocratici per le imprese.
(3-00439)

(30 maggio 2023)

   RAVETTO, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   il 20 e il 21 maggio 2023 si è tenuto «Wish for a baby», sedicente «evento sulla fertilità», organizzato a Milano, nell'ambito del quale – ci si attiene a quanto riportano gli articoli di stampa – sarebbero stati promossi servizi e opzioni di trattamento vietati espressamente dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»;

   in alcuni stand, i referenti delle aziende presenti avrebbero rilasciato opuscoli o informazioni sui servizi proposti, tra cui la maternità surrogata, la commercializzazione di gameti, ma anche ulteriori pratiche accessibili all'estero, come quelle sul «bambino da sogno», selezionabile on line, connotato per connotato, attraverso la consultazione a pagamento dei donatori;

   nonostante le porte aperte e i biglietti gratuiti, l'evento si è rivelato un flop, con una cinquantina di partecipanti al massimo, inferiori al numero dei giornalisti, degli organizzatori e delle persone presenti per manifestare il proprio dissenso;

   tra le proteste anche quelle dei consiglieri comunali del gruppo Lega che avevano già presentato un ordine del giorno per bloccare l'organizzazione sul nascere e che hanno ribadito fermamente il «no» alla compravendita dei bambini, trasformati in beni di consumo;

   le repliche degli organizzatori, che non avrebbero «mai pensato di fare un evento fuori da quello che la legge permette», sembrerebbero smentite dagli articoli di stampa e dallo stesso materiale informativo distribuito presso gli stand;

   eventi come «Wish for a baby» paiono volti a espandere il mercato dei servizi citati, in spregio alle norme vigenti –:

   se risulti qualsivoglia forma di sostegno, anche di carattere finanziario, da parte di soggetti pubblici all'evento «Wish for a baby» e se e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per contrastare ogni forma di promozione legata alle pratiche di cui in premessa.
(3-00440)

(30 maggio 2023)

   SQUERI, CORTELAZZO, CASASCO, BATTISTONI, POLIDORI e MAZZETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   lo sviluppo delle energie rinnovabili è uno dei principali obiettivi a cui deve tendere il Paese, per contribuire al raggiungimento dei target europei di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili;

   l'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, entrato in vigore il 15 dicembre 2021, prevede che con decreti del Ministro interrogato, di concerto con i Ministri della cultura e dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, da adottare entro 180 giorni, «sono stabiliti principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal Pniec»;

   nelle more dell'attuazione il citato articolo 20 è già stato modificato cinque volte, ampliando sempre più le aree considerate comunque idonee. Le norme sulle autorizzazioni sono state ulteriormente semplificate e nell'ultimo «decreto PNRR», decreto-legge n. 13 del 2023 si è allargato anche all'uso dei terreni coperti da usi civici, mentre le distanze dalle aree sensibili sono state ulteriormente ridotte;

   nonostante il citato articolo 20 preveda l'utilizzo di terreni agricoli incolti o marginali, gli investimenti nel fotovoltaico devono essere utility scale, cioè di taglia sufficientemente grande da renderli competitivi senza incentivi e in grado di garantirne la bancabilità. Inoltre, è preferibile che siano collocati in aree facilmente raggiungibili e facilmente collegabili alla rete. Ne consegue il gigantismo e la tendenza a occupare i terreni agricoli migliori;

   lo «stop» al fotovoltaico a terra proposto dal presidente della Regione Siciliana ha un senso se si considera che in quella regione ci sono progetti da 300 ettari senza alcun ritorno per i siciliani;

   le coste della Sardegna sono assediate da progetti per 1.500 pale eoliche. La regione si oppone per i possibili impatti su turismo, ambiente e pesca;

   è necessario stabilire un processo ordinato di sviluppo delle rinnovabili, evitando conflitti interistituzionali –:

   quali siano i tempi di adozione dei decreti di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 sulle aree idonee all'installazione di impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile.
(3-00441)

(30 maggio 2023)

   PAVANELLI, ILARIA FONTANA, SERGIO COSTA, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO, CAPPELLETTI, APPENDINO e TODDE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 4 del decreto-legge n. 176 del 2022 (cosiddetto «aiuti-quater»), con l'obiettivo di rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti e ridurre le emissioni climalteranti, ha consentito l'aumento della produzione di gas nazionale e il rilascio di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi in siti precedentemente interdetti, al fine di contenere i prezzi per i clienti industriali energivori;

   il provvedimento, in deroga alle disposizioni di legge vigenti, estende, fino al 2024, la possibilità per i concessionari di estrarre per tutta la durata di vita utile del giacimento, a condizione che aderiscano alle procedure di approvvigionamento a lungo termine e offrano agli energivori forniture di gas a prezzi calmierati per il tramite del Gestore dei servizi energetici;

   in particolare, per i nuovi volumi di gas estratti, il Gestore dei servizi energetici riconosce un prezzo garantito compreso fra 50 e 100 euro al megawattora, almeno pari al doppio di quello pre-crisi e più alto di quello attuale, che – malgrado le ridotte esportazioni russe e la guerra ancora in corso – è ormai stabilmente sotto i 50 euro al megawattora;

   attraverso lo scambio di contratti derivati legati al gas già disponibile sul mercato, della durata massima di 10 anni, i produttori, senza dover attendere i mesi o gli anni necessari per estrarre fisicamente nuovo gas, possono cedere il predetto gas da gennaio 2023;

   il Gestore dei servizi energetici «ribalta» gli stessi contratti ai clienti energivori, i quali, ovviamente, non avranno interesse a vedersi riconosciuto un prezzo del gas superiore a quello di mercato, mentre i concessionari vengono doppiamente avvantaggiati a scapito dei contribuenti, perché, da un lato, vedono allentarsi i vincoli per le estrazioni e, dall'altro, sono favoriti da un prezzo di cessione minimo garantito;

   inoltre, la norma de quo non appare secondo gli interroganti supportata dall'originaria urgenza, considerato che, a oggi, ancora mancano i decreti interministeriali sui prezzi e sulle condizioni di vendita/acquisto necessari per dare attuazione al meccanismo e, quindi, contenere la spesa energetica delle industrie energivore nazionali –:

   se il Ministro interrogato, a sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, non ritenga, per quanto di competenza, di dover procedere ad una revisione della citata disposizione e conseguentemente ad adottare tempestive iniziative normative volte a modificarla, prevedendo l'abrogazione della stessa laddove quest'ultima risulti inidonea a portare benefìci per le imprese energivore e conduca al rischio di un danno erariale che, inevitabilmente, si andrebbe a riverberare sui contribuenti.
(3-00442)

(30 maggio 2023)

   PASTORELLA, RUFFINO, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA, GRIPPO, MARATTIN, SOTTANELLI e BENZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   per raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione è previsto un parco circolante di circa 6 milioni di veicoli elettrici nel 2030, per i quali si stima siano necessari 31.500 stazioni pubbliche di ricarica veloce e ultraveloce e 100 stazioni sperimentali con tecnologie per lo stoccaggio dell'energia;

   tali obiettivi sono previsti dall'investimento 4.3 della missione 2, componente 2, del Piano nazionale di ripresa e resilienza – «Sviluppo di infrastrutture di ricarica elettrica»;

   dopo diversi mesi di ritardo, il 10 maggio 2023 il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha finalmente pubblicato due bandi per la realizzazione di infrastrutture di ricarica elettrica su superstrade (2.500 stazioni) e nelle zone urbane (4.000 stazioni) per un ammontare di 277 milioni di euro nel 2023, sul totale di 713 milioni di euro da utilizzare da qui al 2026, che si prevede possano generare investimenti superiori ai 2 miliardi di euro;

   il termine per la presentazione dei progetti è il 9 giugno 2023, appena 30 giorni dopo la pubblicazione dei bandi, con l'obiettivo di pubblicare entro il 30 giugno 2023 la graduatoria dei progetti selezionati; il rischio è che i progetti presentati non saranno in grado di assorbire tutti i finanziamenti;

   a ciò si aggiungono problemi di interpretazione dei bandi stessi da parte degli operatori, i quali devono ottenere pre-autorizzazioni dai comuni, da allegare poi al dossier per confermare i luoghi di installazione. Queste, non essendo di immediato ottenimento e dipendendo dalla reattività del singolo ente locale, rendono pressoché impossibile rispettare le tempistiche del bando;

   dal sito del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica risulta che i decreti relativi alle linee di intervento «A» (strade extra-urbane con stazioni da 175 kW) e «B» (zone urbane con stazioni da 90 kW) siano ancora in corso di finalizzazione;

   attualmente il 58 per cento dei comuni italiani non presenta punti di ricarica e la maggior parte di questi sono ubicati nei grandi centri urbani, escludendo intere zone del Paese;

   uno dei principali fattori di scetticismo sui veicoli elettrici è proprio la mancanza di un'adeguata rete infrastrutturale di ricarica;

   questi fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quindi, rappresentano un'occasione vitale per avviare finalmente una transizione energetica nel settore del trasporto, sia pubblico che privato –:

   se non intenda prorogare i termini dei bandi in questione, dando così la possibilità agli operatori di presentare progetti che impegnino tutti i fondi messi a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza ed evitando, almeno su questo investimento, che l'Italia non sia in grado di raggiungere gli obiettivi e soddisfare gli impegni presi in sede europea.
(3-00443)

(30 maggio 2023)

   BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   i drammatici eventi accaduti in Emilia-Romagna pongono l'urgenza di approvare subito piani preventivi a difesa della popolazione e di adattamento al cambiamento climatico, di fronte ad eventi meteorologici estremi ad oggi non prevedibili secondo gli attuali modelli previsionali, che andranno aggiornati alla luce di quanto accaduto;

   nel rapporto 2021 sul «Dissesto idrogeologico in Italia», l'Ispra rileva che 6,8 milioni di abitanti risiedono in aree a rischio alluvionale medio e 2,4 milioni vivono in zone alluvionali ad alto rischio, complessivamente il 15 per cento della popolazione italiana, con 2,1 milioni di edifici ricadenti in zone alluvionali ad alto e medio rischio;

   nel medesimo rapporto si stima che, per innalzare in modo efficace il livello di sicurezza contro i rischi sempre più imminenti, servirebbero ancora 8.000 opere di prevenzione per una spesa di poco inferiore ai 27 miliardi di euro;

   nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni, con lo stanziamento di 14,3 miliardi di euro per il periodo compreso tra il 2019 ed il 2030 dal Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico e i 2,4 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il nostro Paese resta carente in termini di programmazione efficace e di governance complessiva degli interventi di contrasto al rischio idrogeologico, come peraltro evidenziato in diverse indagini da parte della Corte dei conti, ultima delle quali nel febbraio del 2023;

   negli anni le risorse pubbliche disponibili sono state prevalentemente devolute ad interventi emergenziali, successivi ad eventi catastrofici, mentre poco spazio è stato dedicato alla prevenzione con una prospettiva di medio-lungo periodo. Questo rispecchia una grave debolezza della programmazione in ambito di contrasto al rischio idrogeologico;

   i ritmi sempre più incalzanti dei cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici estremi che crescono esponenzialmente in numero, violenza e pericolosità rischiano di rendere obsoleto un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) ancora da approvare, che risale al decennio scorso e attualmente fermo alla procedura di valutazione ambientale strategica –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per approvare definitivamente il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, al fine di perseguire un'accelerazione nella predisposizione e nell'attuazione delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici su tutto il territorio nazionale e per riformulare in tempi brevi il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, in modo da programmare efficacemente e attuare in modo rapido nuovi interventi di prevenzione del rischio nel nostro Paese.
(3-00444)

(30 maggio 2023)

   FOTI, MESSINA, GARDINI, ANTONIOZZI, RUSPANDINI, MATTIA, ROTELLI, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, IAIA, LAMPIS, FABRIZIO ROSSI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la tragedia dell'Emilia-Romagna ha rivelato numerose risorse stanziate per la mitigazione del rischio idrogeologico non utilizzate. Dal 2018 ammonterebbero a 8,4 miliardi di euro;

   le risorse inutilizzate sono state trasferite da un capitolo di spesa all'altro perché il Governo Conte, chiudendo «Italia sicura», la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche che affrontava efficacemente la prevenzione del rischio da dissesto idrogeologico, ha aggravato la situazione del Paese, non realizzando tutte le opere necessarie;

   secondo Ispra, degli 11.000 progetti finanziati solo 4.800 sono ultimati;

   per la Corte dei conti, in 20 anni sono stati impiegati 7 miliardi di euro invece dei 26 necessari;

   per fare un esempio, la pubblicazione della determinazione della Protezione civile dell'Emilia-Romagna sulla «conclusione delle procedure di interventi di liquidazione degli interventi autorizzati e determinazione delle economie» ha reso noto che anche nel 2014, quando in Emilia-Romagna piogge torrenziali fecero esondare i fiumi provocando ingenti danni, l'Unione europea contribuì alla ricostruzione ma, a causa di impedimenti burocratici, non è stato utilizzato un milione di euro;

   sempre in Emilia-Romagna non è stata adottata la legge regionale per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici;

   la Corte dei conti ha affermato che in Emilia-Romagna, per ripristino immobili ad uso abitativo, interventi di messa in sicurezza idraulica e contributi per attività produttive, sono state stanziate risorse per 209.999.543,82 euro ed erogate per 79.831.033,92 euro, usando solo un terzo delle risorse disponibili;

   ad avviso degli interroganti i fondi non utilizzati si dovrebbero impiegare velocemente per prevenire future tragedie come quella attuale, che ha causato 15 morti, 40.000 sfollati, danni per 8 miliardi di euro in oltre 100 comuni, 23 fiumi esondati, 300 frane, 5.000 uomini della Protezione civile impegnati costantemente per assistere la popolazione. Inoltre, dovrebbero adottarsi atti di semplificazione della normativa vigente, con procedure e controlli che garantiscano l'effettiva realizzazione delle strutture necessarie a prevenire i danni da rischio idrogeologico causati dagli eventi atmosferici avversi –:

   nell'eventualità in cui i fondi non utilizzati siano ancora disponibili, quali iniziative di competenza intenda adottare per realizzare interventi di prevenzione dei danni da dissesto idrogeologico, anche promuovendo atti normativi che rendano più celere, efficace, efficiente ed economica l'azione di tutte pubbliche amministrazioni interessate per garantire un'effettiva opera di prevenzione e sostenere la fragilità morfologica del nostro territorio.
(3-00445)

(30 maggio 2023)

   BRAGA, SIMIANI, CURTI, DI SANZO, FERRARI, FORNARO, CASU e GHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno del dissesto idrogeologico e del consumo di suolo, il cui impatto è amplificato e aggravato dalla crisi climatica, riveste ormai una grandissima importanza sociale, dal punto di vista della sostenibilità ambientale e della pianificazione urbana e regionale;

   si ricordano qui i più gravi tragici eventi degli ultimi mesi: l'alluvione nelle Marche, la frana di Ischia e, da ultimo, la catastrofe in Emilia-Romagna. Ma fenomeni simili, seppur più limitati territorialmente e nelle loro conseguenze, sono all'ordine del giorno in ogni parte del nostro Paese;

   si ricorda che dissesto e consumo di suolo sono due fenomeni strettamente legati: difendere il suolo significa proteggere il Paese dalla minaccia del dissesto idrogeologico e dalle tragiche conseguenze in termini di perdita di vite umane e di danni a beni privati e attività produttive;

   a questo si aggiungono gli effetti nefasti dei condoni edilizi che hanno sanato abusi realizzati anche in aree a rischio idrogeologico e su cui occorre avere garanzie chiare sulla certezza che non siano più riproposti e sul finanziamento e sull'attuazione delle demolizioni delle opere abusive;

   tra le principali criticità vi è la persistente assenza di interventi normativi efficaci e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale sul consumo di suolo che tenga insieme l'aspetto parallelo della riqualificazione dell'esistente, del quadro europeo («consumo di suolo zero al 2050») e del riparto di competenze tra Stato e regioni;

   a livello europeo, nel 2021 la Commissione europea ha promosso una nuova Strategia dell'Unione europea per il suolo adottata il 17 novembre 2021. Gli obiettivi chiave includono anche l'intensificazione degli sforzi per proteggere il suolo dall'espansione urbana incontrollata e dall'impermeabilizzazione per ottenere l'aumento netto pari a zero del consumo di suolo;

   la necessità dell'approvazione della legge nazionale sul consumo di suolo è del resto prevista tra le riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come confermato dal Governo in risposta ad un'interrogazione in Commissione del 24 maggio 2023;

   è indispensabile che, adesso, ci sia un'assunzione di responsabilità di scala superiore, rispetto alla gravità di come i cambiamenti climatici stanno influendo sulla sicurezza delle persone, sulla vita delle città –:

   se intenda promuovere e sostenere l'adozione di una legge nazionale per il contenimento del consumo di suolo, che consenta di raggiungere l'obiettivo di «consumo di suolo zero al 2050», rispettando le tempistiche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(3-00446)

(30 maggio 2023)

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