TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 167 di Lunedì 25 settembre 2023
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A FAVORE DEL COMPARTO DELLA SCUOLA E DEL DIRITTO ALLO STUDIO
La Camera,
premesso che:
1) a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico il settore è fortemente colpito dalla gravità degli effetti prodotti dalle cosiddette riforme realizzate con i primi provvedimenti governativi sulla scuola;
2) tra i primi interventi, l'Esecutivo, con l'approvazione della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) ha operato importanti tagli, che hanno impattato negativamente sul settore dell'istruzione: è risultata una riduzione di 5 milioni di euro per il 2023, di 13,4 milioni di euro per il 2024 e di 20,2 milioni di euro per il 2025 del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione, prefigurando altresì – a partire dal 2026 – un taglio permanente del medesimo Fondo pari a 18,2 milioni di euro annui;
3) tale Fondo, istituito dall'articolo 12 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, è destinato in particolare, tra l'altro, al finanziamento e al sostegno delle azioni relative ai servizi educativi per l'infanzia (nella fascia 0-6 anni): l'offerta di servizi educativi per l'infanzia occupa una posizione strategica e centrale nell'ambito più generale del sistema educativo poiché la disponibilità di servizi educativi di qualità per l'infanzia rappresenta una leva significativa ed importante per la prevenzione della povertà educativa e per lo sviluppo delle giovani generazioni sin dai primi anni di vita;
4) ancora, il Governo, introducendo, nel disegno di legge di bilancio 2023, una nuova disciplina relativa alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, ha approvato un piano di riduzione del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi che passeranno dai 6.490 del 2024-2025, ovvero il primo anno in cui entreranno in vigore le norme della manovra 2023, fino ai 3.144 del 2031-2032, con il rischio di un'ulteriore riduzione delle sedi, che rischieranno inevitabilmente di essere accorpate andando ad impattare negativamente su territori già in difficoltà come le aree interne ed il Mezzogiorno;
5) i sindacati di categoria prevedono che questo nuovo anno scolastico inizierà con almeno 200 mila precari, e non verranno coperti tutti i posti vacanti e disponibili. Mancherebbero all'appello oltre 50 mila posti, a cui si aggiungono, tra docenti e Ata, circa 150 mila posti in organico di fatto di cui almeno 117 mila sono per il sostegno agli alunni con disabilità. E le circa 11 mila assunzioni autorizzate per il nuovo anno per il personale Ata, sempre secondo i sindacati, non risolveranno il problema del precariato: le nomine autorizzate, infatti, coprono a malapena il 30 per cento dei posti vacanti;
6) tali dati non rappresentano solo l'avvilente incertezza per il futuro professionale dei lavoratori coinvolti, ma denunciano anche la mancata continuità didattica che viene negata a migliaia di studenti;
7) ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, tali politiche avranno, già da questo anno scolastico, effetti molto gravi sulla quantità dell'offerta e sulla qualità del funzionamento delle scuole di ogni ordine e grado;
8) il 2 agosto 2023 – con grande ritardo rispetto ai tempi previsti – è stato firmato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – previsto dal decreto-legge n. 36 del 30 aprile 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79 – che definisce i nuovi percorsi di formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria di I e II grado;
9) tale decreto, che non è stato ancora pubblicato, prevederebbe l'aumento fino al 50 per cento della possibilità di erogare la formazione in modalità on-line contro la previsione originaria del 20 per cento, e prevederebbe oneri particolarmente gravosi a carico dei futuri docenti che prendono parte ai percorsi universitari di formazione iniziale, essendo state respinte misure dirette a garantire l'applicazione della cosiddetta no tax area anche a tale ambito, così da contenerne i costi;
10) la formazione, soprattutto se effettuata in modo prevalente in presenza, costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale del personale, per il necessario sostegno agli obiettivi di cambiamento, per un'efficace politica di sviluppo delle risorse umane;
11) il ritardo nella pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – atteso per il 31 luglio 2022 – rischia di compromettere il corretto e puntuale avvio dei nuovi percorsi di formazione iniziale a cui si collega l'obiettivo – previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – relativo all'assunzione di 70.000 nuovi docenti;
12) a fronte della chiusura e definizione del contratto scuola 2019/2021 nel luglio 2023, al momento non sono ancora definite dal Governo le risorse a disposizione per il nuovo contratto 2022/2024, che dovrebbero già essere inserite nella prossima legge di bilancio;
13) a fianco dei problemi che riguardano il regolare avvio dell'anno scolastico, molti genitori stanno affrontando le spese per l'acquisto dei libri di testo e del materiale necessario, in un contesto di forti aumenti generalizzati;
14) a pochi giorni dall'inizio delle scuole, le famiglie italiane spenderanno 1,45 miliardi di euro per l'acquisto dei libri scolastici per i 4.313.300 studenti iscritti alle scuole secondarie superiori di primo e secondo grado;
15) per ogni studente l'incremento va moltiplicato per il numero dei libri di testo, a cui occorre sommare i costi dei prodotti di cancelleria e dei trasporti, in un contesto socioculturale dove la povertà educativa tocca 1,2 milioni di minori;
16) i dati diffusi da Asso-Utenti riportano le prime stime sul «caro scuola», che costerà tra l'8 e il 10 per cento in più a studente, ma secondo il Sindacato italiano librai e cartolibrai il rialzo medio potrebbe toccare punte del 12 per cento. I prodotti di cartoleria registrano un incremento medio del 9,2 per cento su base annua, a causa dei rincari delle materie prime e dei maggiori costi di produzione;
17) le famiglie che dovranno acquistare da zero il corredo (zaino, diario, astuccio, penne, matite, quaderni e altro) dovranno spendere circa 50 euro in più rispetto al 2022. La spesa per i libri scolastici rappresenta un carico che grava in misura rilevante sulle famiglie italiane e che, nel mese di settembre, arriva ad assorbire circa un terzo della retribuzione di un lavoratore medio. In particolare, per l'acquisto dei libri del primo anno, la spesa per un figlio è di 322 euro per le scuole medie e di 501 euro per le scuole superiori di secondo grado. È quanto emerge da un'indagine realizzata da Adoc ed Eures in tre grandi aree metropolitane del Nord, del Centro e del Sud: Milano, Roma e Napoli;
18) considerando una «famiglia media» con due figli (che frequentano i due differenti cicli scolastici di secondo grado), la spesa che dovrebbe sostenere per l'acquisto dei libri di testo e del materiale scolastico si attesterebbe a circa 800 euro, mentre sarebbe pari a 442 euro per un figlio che frequenti la prima media e a 621 euro per un figlio iscritto al primo anno di una scuola superiore di secondo grado: in quest'ultimo caso la spesa per i libri e per il materiale corredo scolastico di due figli a inizio ciclo andrebbe ad attestarsi a 1.060 euro, senza considerare i costi aggiuntivi;
19) complessivamente, quindi, le famiglie sosterranno in media una spesa pari a circa 2.300 euro per l'intero ciclo scolastico, spendendo 601 euro per i libri di testo nei 3 anni delle scuole medie e circa 1700 euro nei 5 anni delle scuole secondarie superiori;
20) le parole di Eshter Lynch, segretaria generale della Ces (Confederazione europea dei sindacati) evidenziano bene tale dato: «L'inizio del nuovo anno scolastico è sempre impegnativo per le famiglie, ma quest'anno è particolarmente duro a causa dell'inflazione. I tagli ai budget scolastici hanno già imposto un ulteriore onere ai genitori e ora l'aumento del costo del materiale scolastico di base significherà che a un numero maggiore di bambini mancheranno gli elementi essenziali per l'apprendimento. Le persone hanno un disperato bisogno di un aumento salariale per far fronte al costo della vita e tutti i dati mostrano che l'inflazione è guidata da profitti in eccesso e non dai salari. Oltre al sostegno mirato per assistere i genitori, i governi devono anche agire per sostenere il diritto alla contrattazione collettiva in modo che i lavoratori ricevano una giusta quota dei profitti che creano»;
21) l'aumento del costo dei libri scolastici – come riportato dall'analisi dei dati Eurostat da parte della Confederazione europea dei sindacati Ces – oltre a gravare in modo significativo sui bilanci delle famiglie italiane, rischia di avere degli effetti particolarmente gravi nel contesto della crescente povertà infantile europea: in un contesto socioculturale dove la povertà educativa tocca 1,2 milioni di minori ed il numero di minori di 18 anni che vivono a rischio di povertà è aumentato dal 23 per cento al 25 per cento; tra il 2019 e il 2022, il costo per l'istruzione è aumentato due volte più velocemente dei salari di tutta Europa e il prezzo del materiale utile agli studenti come penne, matite, carta, gomme, temperamatite e forbici è salito del 13 per cento tra gennaio e maggio 2023. Un aumento che segue quello dello scorso anno pari all'8 per cento Nel 2019 era stato dell'1,7 per cento;
22) nel 2022, il Ministro pro tempore Bianchi convocò un tavolo sull'editoria scolastica per esaminare gli elementi critici della filiera e offrire risposte concrete ai tanti problemi e disservizi sull'utenza finale osservati negli ultimi anni. Le proposte ufficializzate in quella sede, che richiamano la necessità di vedere riconosciuto a librerie e cartolibrerie un ruolo di partnership con il Ministero per la distribuzione dei libri di testo, offrono una piattaforma importante su cui proseguire un'interlocuzione con il settore;
23) nel luglio 2023 – a più di un anno di distanza – il Ministero ha finalmente riconvocato il tavolo relativo all'editoria scolastica che ha visto la partecipazione delle associazioni rappresentative del settore, nel corso del quale sono state annunciate possibili misure di sostegno al settore editoriale e alle famiglie, senza, però, specificare nel dettaglio gli interventi e le risorse che verranno messe a disposizione, mentre dalle prime indiscrezioni apparse nei maggiori organi di stampa riguardo alla prossima manovra si accenna, ancora, a generali misure di spending review;
24) ai sensi dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, le regioni disciplinano le modalità di ripartizione ai comuni delle risorse per la fornitura dei libri di testo; sono quindi gli enti locali a garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono all'obbligo scolastico in possesso dei requisiti richiesti nonché alla fornitura dei libri di testo da dare anche in comodato alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria superiore in possesso dei requisiti richiesti;
25) politiche di welfare in tal senso risultano avviate da alcune amministrazioni che hanno introdotto misure a sostegno delle famiglie. Le regioni Emilia-Romagna e Toscana, ad esempio, hanno previsto buoni libro per l'anno scolastico 2023/24. La regione Toscana, in particolare, ha introdotto un «Pacchetto scuola», misura economica individuale di sostegno di studentesse e studenti delle scuole secondarie provenienti da famiglie a basso reddito per affrontare le spese necessarie alla frequenza, all'acquisto di libri scolastici, materiale didattico di vario tipo ed altri servizi scolastici, finanziato con risorse statali e risorse proprie della regione;
26) analoghe misure di sostegno a favore degli studenti e delle loro famiglie sono state adottate anche riguardo al trasporto pubblico per venire incontro ai costi da essi sostenuti per recarsi presso il proprio istituto scolastico; si fa riferimento, ad esempio, al progetto «Salta su», promosso dalla regione Emilia-Romagna, diretto a garantire l'abbonamento gratuito agli studenti delle scuole elementari, medie, superiori e degli istituti di formazione professionale, residenti in regione che scelgono di andare a scuola utilizzando bus e treni regionali con un risparmio per le famiglie compreso tra i 300 e i 600 euro a figlio in base all'abbonamento;
27) queste misure di welfare scolastico riescono concretamente a venire incontro a situazioni legate al caro libri e al caro trasporti e all'incremento dei costi a carico delle famiglie che, spesso, rischiano di produrre degli effetti particolarmente penalizzanti, in particolare, per i nuclei familiari che vivono condizioni di maggiore disagio e permettono di affrontare la più generale emergenza educativa che caratterizza il nostro Paese, come testimoniano anche i drammatici dati relativi alla povertà educativa, all'abbandono e alla dispersione scolastica;
28) in Italia la dispersione scolastica registra una delle incidenze più elevate d'Europa (12,7 per cento), dopo la Romania (15,3 per cento) e la Spagna (13,3 per cento). Nonostante i progressi registrati si è ancora lontani dall'obiettivo del 9 per cento entro il 2030 stabilito dall'Unione europea;
29) secondo il rapporto Save the children del 2022 sulla povertà educativa in Italia, il 67,6 per cento dei minori di 17 anni non è mai andato a teatro, il 62,8 per cento non ha mai visitato un sito archeologico e il 49,9 per cento non è mai entrato in un museo. Il 22 per cento non ha praticato sport e attività fisica e solo il 13,5 per cento dei bambini e delle bambine sotto i tre anni ha frequentato un asilo nido;
30) un'emergenza educativa che si accompagna quest'anno all'avvio di un anno scolastico su cui pesano i terribili fatti di cronaca delle ultime settimane, che ci impongono l'impegno di avviare interventi strutturali mirati che diffondano l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti, i genitori e che accompagnino la costruzione e il rafforzamento su tutto il territorio nazionale della comunità educante, anche attraverso il potenziamento dei patti educativi di comunità con la costruzione di reti tra scuole, terzo settore, parrocchie, enti locali, fondazioni e il supporto di educatori e assistenti sociali;
31) «non lasciare nessuno indietro» – «Leaving no one behind», è il motto dell'Agenda Onu 2030 e richiama un approccio integrato al problema della povertà educativa affermando che ciascuno può essere agente concreto di cambiamento. Questo è possibile se si costruisce una nuova idea di sviluppo sociale e culturale che veda un continuo scambio tra famiglia, territorio e agenzie educative e formative attraverso un processo di collaborazione. Spesso la scuola fa fatica nel coinvolgere in modo continuativo le famiglie appartenenti ai ceti sociali più svantaggiati. Bisogna promuovere l'allargamento di responsabilità pedagogica all'intera comunità territoriale, nei confronti di quei soggetti che vi appartengono e a vario titolo svolgono compiti educativi. La scuola deve essere non solo il luogo di insegnamento e ricerca ma, in prospettiva pedagogica, assumere la promozione di opportunità sociali e culturali inclusive per il proprio territorio attraverso il dialogo con giovani e famiglie;
32) l'abbandono scolastico è un fenomeno sociale che provoca danni sul lungo periodo: un'ipoteca sul futuro di un Paese che ha bisogno di giovani che ricevano una formazione umana e culturale di qualità per far fronte alle crescenti complessità. Investire su giovani e scuola significa porre basi solide per il futuro delle nostre comunità e dell'intero Paese. Supportare le famiglie perché possano consentire ai figli di crescere umanamente e istruirsi è una questione di giustizia sociale, ma anche di investimento per la crescita e lo sviluppo;
33) il Partito democratico ha depositato, sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica, proposte di legge dirette a contrastare il caro libri ed il caro trasporti e a valorizzare interventi a sostegno della comunità educante e dell'educazione all'affettività;
34) l'insieme dei dati sopra riferiti richiede, quindi, l'avvio di azioni strutturali e non episodiche a sostegno del settore dell'istruzione, delle studentesse e degli studenti italiani e delle loro famiglie per sostenere i costi connessi all'inizio del prossimo anno scolastico e per affrontare l'emergenza educativa che caratterizza settori significativi dell'istruzione,
impegna il Governo:
1) a adottare iniziative volte a reperire, già nel prossimo disegno di legge di bilancio, risorse adeguate e permanenti a sostegno dell'istruzione, al fine di tutelare il diritto allo studio e valorizzare la professionalità del personale scolastico;
2) a rivedere, attraverso ulteriori iniziative normative, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 557, di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) relative al dimensionamento scolastico, al fine di sostenere la rete e i servizi scolastici ed evitare la conseguente riduzione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, rivedendo i criteri di cui alla medesima disposizione così da evitare le penalizzazioni che riguarderanno aree interne e Mezzogiorno;
3) ad adottare iniziative volte a prevedere, già nel prossimo disegno di legge di bilancio, risorse economiche dirette al rinnovo del contratto collettivo nazionale 2022/2024 del comparto «Istruzione e ricerca» per il quale non sono, al momento, previsti stanziamenti specifici;
4) a favorire, nell'ambito del lavoro del tavolo sull'editoria scolastica costituito presso il Ministero dell'istruzione e del merito, un lavoro complessivo diretto a monitorare e garantire l'avvio di un accordo di filiera finalizzato a valorizzare il ruolo di tutti gli operatori del settore (librerie, cartolibrerie, rappresentanti e promotori) che consenta di affrontare e superare le criticità che attengono al settore;
5) ad intervenire con misure per il sostegno al diritto allo studio nella direzione di un'omogeneizzazione delle condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo nelle diverse aree del Paese, anche aumentando le risorse nazionali a tal fine destinate, fino all'estensione della gratuità dei libri a tutta la scuola dell'obbligo per le famiglie meno abbienti;
6) ad intervenire con iniziative di competenza dirette a garantire, in forma graduale e progressiva, la gratuità dei costi legati alla mobilità delle studentesse e degli studenti del sistema nazionale di istruzione nel tragitto dall'abitazione alla sede scolastica, anche attraverso l'istituzione di un fondo specifico diretto a coprire i costi da essi sostenuti sia per il trasporto scolastico erogato dagli enti locali sia per il trasporto pubblico locale;
7) ad adottare iniziative di competenza volte a favorire un'applicazione costante ed omogenea delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2015, nel Piano contro la violenza e le discriminazioni per l'educazione al rispetto, nelle Linee guida nazionali, promuovendo azioni dirette alla diffusione di un'educazione all'affettività ed avviando interventi strutturali mirati a diffondere l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti, i genitori;
8) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate e permanenti, già nel prossimo disegno di legge di bilancio, finalizzate a garantire un maggior numero di insegnanti, presìdi territoriali e l'istituzionalizzazione della comunità educante e dei patti educativi di comunità diretti alla costruzione di reti tra scuole, terzo settore, parrocchie, enti locali, fondazioni e il supporto di educatori e assistenti sociali.
(1-00177) «Manzi, Braga, Orfini, Zingaretti, Berruto, Casu, Vaccari, Amendola, Ghio, Carè, Simiani, Curti, Andrea Rossi, Toni Ricciardi, Di Sanzo, Malavasi, Girelli, Fornaro, Serracchiani, Sarracino, Scarpa, Lacarra, Ubaldo Pagano, Stefanazzi, Bakkali, Ascani, Marino».
(12 settembre 2023)
La Camera,
premesso che:
1) lo studio è un diritto, e come tale, dev'essere garantito universalmente a tutte le bambine e i bambini, ragazze e ragazzi in età scolastica. Un'istruzione adeguata e completa rappresenta uno degli strumenti più importanti per rendere finalmente concreta l'uguaglianza sostanziale tra cittadini, principio fondamentale garantito dalla nostra carta costituzionale all'articolo 3, comma 2, perché permette di compiere scelte consapevoli e di costruire un'esistenza dignitosa;
2) i settori della conoscenza rappresentano il volano per il progresso di una società e, di conseguenza, investire sulla scuola dovrebbe essere la priorità di ogni governo. Tuttavia, in Italia ciò non accade, così come mostrano i dati Istat, che certificano una spesa pubblica per istruzione di circa il 4,1 per cento del PIL, a fronte di una media europea del 4,9 per cento, con le percentuali più alte registrate rispettivamente per Svezia (6,7 per cento), Belgio (6,3 per cento) e Danimarca (6 per cento). Solo la Romania e l'Irlanda spendono di meno (3,2 per cento e 3 per cento rispettivamente). Il ritardo rispetto al resto dell'Unione europea è evidente anche esaminando altri indicatori: come certificato da Eurostat, a fronte di una media UE del 20,7 per cento, la percentuale di adulti poco istruiti è del 37,3 per cento e la percentuale di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi è del 12,7 per cento, superiore a quella europea che si attesta al 9,7 per cento. Su entrambi gli indicatori, l'Italia si trova al terzultimo posto nella graduatoria dei Paesi UE;
3) i dati ci mostrano come l'Italia non sconti soltanto forti ritardi rispetto agli altri stati europei, ma anche internamente tra le diverse aree geografiche del Paese. Secondo l'Istat, infatti, per quanto riguarda gli abbandoni scolastici, vi è una distanza di 5,7 punti percentuali tra Centro-Nord e Mezzogiorno, dove l'incidenza raggiunge il 15,1 per cento. Tra le regioni, la percentuale più alta di giovani che abbandonano gli studi senza aver conseguito un titolo secondario superiore si registra in Sicilia (18,8 per cento) e in Campania (16 per cento);
4) la dispersione scolastica è uno strumento in grado di misurare il grado di uguaglianza ed equità presente in una determinata società. I giovani lasciano la scuola o la frequentano in maniera irregolare, per mancanza di stimoli o per motivi socioeconomici, quali l'originario stato di povertà della famiglia, il territorio di provenienza, le differenze culturali e di genere, nonché le incertezze delle prospettive occupazionali. La dispersione scolastica comporta un costo per lo Stato in termini di misure di protezione sociale e criminalità, oltre ad una minore ricchezza nazionale poiché l'investimento realizzato dallo Stato nei confronti delle ragazze e dei ragazzi che poi non terminano gli studi si traduce in minore risorsa lavoro e, di conseguenza, minore sviluppo economico e crescita del sistema Paese;
5) i dati in questo senso sono allarmanti: nel 2022, la quota di giovani che non lavorano e non studiano (i cosiddetti Neet) sulla popolazione di età tra i 15 ed i 29 anni è stimata al 19 per cento, ed è più elevata tra le femmine (20,5 per cento) che tra i maschi (17,7 per cento), rischiando di aumentare ulteriormente quel gap generazionale, culturale e salariale ancora troppo diffuso in Italia;
6) inoltre, le già ampie divergenze registrate rischiano di aumentare nel corso dei prossimi anni a causa di alcuni fenomeni non direttamente legati al settore dell'istruzione ma che incidono su di esso, come la denatalità, l'inflazione e la crisi economica;
7) il Governo Conte II aveva cercato di invertire la rotta, stanziando quasi 10 miliardi di euro per il solo comparto istruzione, il più grande investimento nella scuola degli ultimi trent'anni. Agli investimenti bisogna affiancare interventi mirati a combattere tali fenomeni non solo riportando l'istruzione al centro delle priorità della spesa pubblica, ma accompagnando la stessa con politiche pubbliche dirette a garantire realmente e universalmente il diritto allo studio;
8) è necessario più che mai venire incontro alle famiglie che dovranno sostenere economicamente i propri figli durante il percorso scolastico, pertanto l'istituzione di una dote educativa rappresenta una misura fondamentale finalizzata a contrastare l'abbandono e della dispersione scolastica;
9) inoltre, per garantire il successo formativo dei frequentanti della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, è necessario implementare il tempo prolungato pomeridiano ed il conseguente servizio mensa;
10) ad oggi a livello nazionale solo il 39 per cento delle scuole primarie è dotato di questo servizio ed esiste, ancora una volta, una profonda disuguaglianza territoriale: per il Sud e le Isole, la cui media è 21,6 per cento, nessuna regione è sopra la media nazionale, mentre nel Nord, che detiene una media del 50,1 per cento, solo il Friuli-Venezia Giulia è sotto la media. Alla luce di questi dati, occorre sanare queste disuguaglianze affiancando maggiori risorse pubbliche a quelle già allocate dal PNRR, al fine di garantire alle alunne e agli alunni della scuola primaria, nonché alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di primo grado, non contemplati dal PNRR, il diritto a godere del tempo pieno in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
11) occorre rimettere al centro delle priorità di investimento la scuola quale comunità educante, soprattutto al fine di combattere la povertà educativa che, a causa della pandemia da COVID-19, si è largamente acuita nel nostro Paese. Le comunità educanti possono e devono diventare una misura strutturale di contrasto all'abbandono scolastico e alla povertà culturale, dove le studentesse e gli studenti possono vivere esperienze dirette di scoperta della comunità di riferimento, quali discipline sportive, competenze artistico-creative, educazione civica e professionale;
12) in un momento storico in cui sono sempre più diffusi nei bambini e negli adolescenti problemi individuali legati a depressione, violenza, carenza di un clima adatto alla crescita e all'apprendimento, è necessario più che mai mettere a disposizione risorse per il territorio affinché vengano avviati progetti locali destinati a prevenire e a recuperare i fenomeni di vulnerabilità sociale;
13) la dispersione scolastica dice molto di più di altri fenomeni su quanto sia equa una società e quanto abbia a cuore valori come l'uguaglianza sostanziale; peraltro la mancanza di un titolo di studio condannerà i giovani che hanno abbandonato la scuola ad avere meno opportunità, perpetuando le disuguaglianze che hanno generato il fenomeno stesso;
14) i terribili fatti di cronaca di Caivano e Palermo, che vede gruppi di ragazzini minorenni rendersi protagonisti di atti di violenza sessuale a danno di coetanee, non sono purtroppo casi isolati e se per il primo fatto teatro è la periferia degradata di una grande città, per il secondo rileva l'assenza totale di valori;
15) occorre restituire ai giovani i valori su vari aspetti della sessualità e dell'affettività che sembrano perduti, e la scuola, attraverso l'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale, può diventare il luogo dove, ognuno possa imparare a conoscersi e a conoscere l'altro, diverso da sé, ad avere rispetto di sé e dell'altro, ad avere la capacità di sentire le proprie emozioni e di gestirle;
16) i provvedimenti normativi di questo Governo sulla scuola non sembrano tener conto delle evidenti problematiche da affrontare, anzi cominciano a produrre, già da questo anno scolastico, effetti negativi sulla qualità del funzionamento della scuola;
17) la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), all'articolo 1, comma 557, ha introdotto – a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025 – una nuova disciplina relativa al dimensionamento della rete scolastica e alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA);
18) un dimensionamento così perseguito – attraverso la diminuzione di figure centrali quali quella del dirigente scolastico e del direttore dei servizi generali e amministrativi e per il tramite di numerosi «accorpamenti», basato su finalità restrittive e su un'economia di risparmio – rischia di essere fortemente divisivo e comporta inevitabilmente una sensibile riduzione delle istituzioni scolastiche, con gravi conseguenze sulla vita di studenti e studentesse;
19) l'accorpamento degli istituti si configura, pertanto, come un vero e proprio «taglio» che (ancora una volta) andrà a colpire le regioni e i territori più deboli, incentivando lo spopolamento dei piccoli centri e finendo per incrementare i divari territoriali. Si tratta di una scelta politica precisa, in continuità con quanto già realizzato in passato, un accanimento dettato da una visione «deformata» ed «economicistica» della Scuola;
20) tra i primi obiettivi di questo Governo rientra quello di approvare il disegno di legge quadro sull'autonomia differenziata, all'esame al Senato; con l'autonomia differenziata singole regioni potranno chiedere allo Stato il trasferimento delle funzioni e competenze definite dagli articoli 116 e 117 della Costituzione; dunque le regioni possono essere destinatarie di ulteriori condizioni e forme particolari di autonomia in diversi ambiti, compresa la scuola;
21) l'attribuzione di funzioni è subordinata alla determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni), ma in ambito scolastico, per la specificità del sistema di istruzione, risulta difficile ragionare di Lep, in quanto la scuola, non produce beni materiali o prestazioni facilmente misurabili e i bisogni variano da un contesto territoriale all'altro;
22) lo scenario che si presenta è: un organico regionale del personale scolastico, bandi di concorsi regionali, regionalizzazione della Dirigenza scolastica, contratti regionali, differenziazione degli stipendi su base territoriale, conseguenze sulla mobilità;
23) sarebbe inoltre negato l'esercizio del diritto allo studio in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e si realizzerebbe un doppio regime, nazionale e regionale; le scuole si differenzierebbero più radicalmente, il divario Sud-Nord non potrebbe che aumentare, la diffusione uniforme di scuole dell'infanzia e tempo pieno sarebbe definitivamente negata, il valore legale del titolo di studio sarebbe compromesso e le regioni potrebbero decidere autonomamente su programmi, strumenti e risorse;
24) per il sistema istruzione, più che di livelli essenziali, si dovrebbe parlare di livelli uniformi delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, al fine di sottolineare l'unità del sistema di istruzione e non una variazione regionale dei valori minimi dei Lep;
25) tra l'altro la regionalizzazione si inserirebbe in un contesto dove le diseguaglianze del sistema scolastico sono da tempo ampiamente registrate e aumenterebbe solo le differenze che già esistono, ad esempio in riferimento alla dispersione scolastica, ai Neet;
26) in sintesi, l'autonomia scolastica differenziata e il dimensionamento immaginato dalla nuova «riforma», presupposto o conseguenza l'uno dell'altro, porteranno all'eliminazione di centinaia di posti, di cattedre, di personale. E comunque, laddove non si proceda alla chiusura dei plessi, se ne modificano le «dimensioni», eliminando di fatto quelle «sedi sottodimensionate» in favore di sedi scolastiche più grandi, ma con personale ridotto;
27) il piano di dimensionamento della rete scolastica e l'autonomia differenziata contribuiranno a diminuire la qualità del servizio scolastico, soprattutto nelle situazioni di maggiore disagio sociale e lavorativo;
28) in una fase di accresciuta complessità dei compiti attribuiti alle scuole, a partire dall'attuazione delle riforme previste dal PNRR, la scelta di accorpare gli istituti scolastici, aumentando il numero complessivo degli alunni per istituto senza diminuire il numero degli alunni per classe, oppure attuare l'autonomia differenziate negando l'esercizio del diritto allo studio in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, non appaiono certamente la soluzione più indicata per dare centralità alla scuola, migliorare la qualità dei processi formativi e combattere la dispersione, ovvero il raggiungimento degli obiettivi del PNRR;
29) investire nella Scuola e nel sistema d'istruzione significa investire in «futuro» e proprio il decremento demografico – invocato come causa-prima e ragione strutturale nelle esigenze di dimensionamento – poteva e doveva viceversa costituire l'occasione per sdoppiare le classi, affrontare finalmente il problema delle classi sovraffollate (cd «classi pollaio», riducendo il numero degli alunni per singola classe), e aumentare l'organico docente e Ata;
30) inoltre, critico appare, nel quadro disegnato dalla riforma della governance economica europea, il mantenimento dei parametri quantitativi massimi di riferimento del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e dell'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché l'assenza della previsione di una golden rule per escludere determinati investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea, in modo particolare quelli destinati a sostenere l'istruzione;
31) l'avvio nel nuovo anno scolastico purtroppo si caratterizza per la permanenza di problemi atavici e carenze che nell'ultimo anno non hanno fatto registrare alcun miglioramento, anzi per le politiche attuate sono addirittura aumentati, come il fenomeno del sovraffollamento delle classi, all'interno di edifici fatiscenti e spesso privi delle necessarie certificazioni di agibilità;
32) con l'inizio del nuovo anno scolastico, molti genitori stanno affrontando le spese per l'acquisto dei libri di testo e del materiale necessario; quest'anno, in un contesto di forti aumenti generalizzati rientrano anche i materiali tipicamente dedicati alla scuola;
33) dal monitoraggio effettuato dall'O.N.F. – Osservatorio nazionale federconsumatori, i costi del materiale scolastico e dei libri registrano rispettivamente un aumento medio del +6,2 per cento e del +4 per cento rispetto al 2022; complessivamente la spesa per il corredo scolastico ammonterà quest'anno a circa 606,80 euro per ciascun alunno e, per ogni studente, in media si spenderanno 502,10 euro per l'acquisto dei libri, con variazioni a seconda del grado scolastico;
34) rispetto all'anno scorso, si registra un incremento del 2 per cento per le scuole superiori e addirittura del 10 per cento per le scuole medie. In generale, per l'anno scolastico 2023/2024, si stima per gli studenti delle superiori, l'acquisto dei libri di testo più quattro dizionari, al netto di zaini e altro materiale, costerà ben 695 euro; che diventano 1.300 euro aggiungendo tutto il resto. Un po' meno per chi va alle medie: 488 euro circa, o 1.095 euro se aggiungiamo l'intero corredo per l'anno scolastico;
35) importi che risultano proibitivi per molte famiglie, a cui si aggiungono i costi ancor più onerosi da sostenere per l'acquisto di un pc, dei programmi e dei dispositivi necessari per un utilizzo didattico di tale strumento, divenuto ormai indispensabile;
36) dallo studio effettuato dall'Osservatorio Nazionale Federconsumatori emerge, infatti, che tra computer, webcam, microfono, antivirus, programmi base una famiglia, dovendosi dotare di tali dispositivi, arriva a spendere da 393,88 euro a 3.844,90 euro, con un rincaro del +2,3 per cento rispetto al 2022;
37) costi così elevati incidono significativamente sul diritto allo studio dei ragazzi e non tutti gli istituti sono in grado di sopperire a tali carenze; inoltre, le misure esistenti per aiutare le famiglie ad affrontare tali spese, a livello comunale e regionale (buoni, agevolazioni o gratuità dei testi scolastici per le famiglie con basso reddito), non sono sufficienti a dare un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà;
38) basti pensare al fondo ministeriale per l'erogazione di borse di studio destinate agli studenti a basso reddito della scuola secondaria di secondo grado, per contrastare la dispersione scolastica, istituito con il decreto legislativo n. 63 del 2017, articolo 9; ad oggi, come si evince dal sito dedicato «Io studio», non risulta ancora effettuata l'erogazione delle borse relative all'anno scolastico 2021/2022, pur essendo stati comunicati, ormai da molti mesi, gli elenchi degli aventi diritto da parte delle regioni. Pertanto gli studenti beneficiari non hanno potuto riscuotere la borsa relativa all'anno scolastico trascorso; inoltre, l'importo di tali borse risulta in molti casi non adeguato a sostenere le spese che le famiglie si trovano ad affrontare;
39) riguardo lo stato degli edifici scolastici, secondo un censimento di Cittadinanzattiva, sono 61 gli episodi di crollo o distacchi di intonaco avvenuti nelle scuole fra settembre 2022 e agosto 2023, un numero mai raggiunto in questi ultimi sei anni. Del totale, 24 sono avvenuti al Sud e nelle Isole (39 per cento), 23 nel Nord (38 per cento), 14 nelle regioni del Centro (23 per cento) ed hanno provocato il ferimento di sei studenti, un insegnante e una collaboratrice scolastica, oltre che danni e interruzione della didattica;
40) in riferimento al personale scolastico, il problema del precariato non accenna ad essere risolto: oltre 200mila docenti saranno i supplenti annuali anche quest'anno, 30 mila sono invece i precari tra il personale Ata, oltre mille istituti sono senza dirigente scolastico e le procedure concorsuali volte al reclutamento di 30.216 docenti, di cui 21.101 su posto comune e 9.115 su posto di sostegno sono in evidente ritardo;
41) il personale scolastico tutto lavora dunque tra mille difficoltà e con stipendi tra i più bassi in Europa; un dato su tutti registra che gli stipendi degli insegnanti delle medie di tutti i Paesi dell'Ocse, tranne sei, sono aumentati l'1 per cento all'anno dal 2015; in Italia sono addirittura diminuiti del 4 per cento;
42) il Gruppo M5S ha denunciato con numerosi atti di sindacato ispettivo, con atti di indirizzo, con emendamenti, tutti i rischi delle politiche di questo Governo e ha depositato proposte di legge che mettono al centro il diritto allo studio, come l'istituzione della dote educativa, l'implementazione del tempo pieno, sostegno e sviluppo della comunità educante, sulla riduzione del numero degli alunni per classi, sull'organizzazione della rete scolastica, sull'importanza dell'insegnamento all'educazione sessuale ed affettiva, avvertendo l'esigenza di intervenire con urgenza per offrire una scuola inclusiva e un'istruzione di qualità per tutti,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative di competenza volte a reperire adeguate risorse da destinare alla scuola pubblica e portare gli investimenti in istruzione, educazione e formazione al 5 per cento del PIL come il resto d'Europa, al fine di restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola debba rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese, garantendo il diritto allo studio e la garanzia di accesso per tutti e a tutti i livelli di istruzione;
2) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, al fine di pervenire allo scorporo degli investimenti destinati all'istruzione dal calcolo del deficit;
3) ad intervenire con politiche di sostegno per affrontare e risolvere il problema della dispersione scolastica, che vede un giovane su 10 abbandonare precocemente gli studi e con percentuale maggiore al Sud, anche alla luce di provvedimenti come l'autonomia differenziata e il dimensionamento della rete scolastica che di fatto penalizzano oltremodo le regioni del Sud, in quanto si inseriscono in un contesto dove le diseguaglianze del sistema scolastico sono da tempo ampiamente registrate e aumenterebbero dunque solo le differenze che già esistono;
4) ad intervenire, con iniziative forti e immediate, per sostenere le famiglie, in estrema difficoltà per questo anno scolastico, nell'acquisto dei libri scolastici e garantire il diritto allo studio in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
5) alla luce degli enormi ritardi nella distribuzione delle borse di studio per secondarie superiori, che mettono ulteriormente in difficoltà studenti ma anche librerie, ad adottare iniziative di competenza affinché le borse di studio, di cui al decreto legislativo n. 63 del 2017, articolo 9, siano erogate tempestivamente prima dell'inizio dell'anno scolastico, siano aumentati adeguatamente gli importi e sia aumentata la platea degli aventi diritto;
6) al fine di sostenere economicamente le famiglie durante tutto il percorso educativo dei figli e contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, anche per prevenire e contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica, ad adottare iniziative volte a istituire il beneficio della dote educativa da destinare a tutte le alunne e alunni, studentesse e studenti del primo e secondo ciclo di istruzione;
7) ad adottare iniziative normative volte a rivedere la riforma approvata inerente al dimensionamento scolastico, in particolare al fine di abrogare la disciplina introdotta, anche alla luce dei rischi e delle criticità che potrebbero derivare dalla controversa riforma dell'autonomia differenziata da riconsiderare integralmente, con particolare riguardo al sistema di istruzione, che deve mantenere i caratteri di uniformità ed eguaglianza su tutto il territorio nazionale;
8) a procedere a contrastare l'eccessivo affollamento delle classi e la povertà educativa, diminuendo il numero degli alunni per classe e garantendo la formazione delle classi nei territori disagiati, montani, nelle piccole isole, nelle aree interne;
9) ad adottare iniziative a sostegno e sviluppo della comunità educante, anche al fine di fronteggiare la dispersione scolastica, l'abbandono e la rinuncia agli studi, a incentivare lo sviluppo di una coscienza civica ispirata a princìpi di cittadinanza attiva e solidale attraverso la consapevolezza dei diritti e dei doveri;
10) ad adottare iniziative volte a valorizzare economicamente tutto il personale scolastico, mediante iniziative volte a reperire risorse adeguate e ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo, e a definire una progressione di carriera del personale scolastico;
11) ad adottare iniziative volte a reperire risorse adeguate a garantire il diritto all'istruzione per tutte le bambine e i bambini, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, al fine di colmare il divario tra Nord e Sud ed assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni con particolare attenzione agli alunni in situazioni di disagio socio-economico ovvero ai bambini con disabilità, introducendo strumenti di supporto indirizzati alle famiglie quali la garanzia del tempo pieno, l'implementazione dei servizi di mensa scolastica, la gratuità dei libri di testo e dei servizi di trasporto;
12) a sfruttare compiutamente e ottimizzare le risorse messe a disposizione dal PNRR per la creazione e la trasformazione delle istituzioni scolastiche in ambienti d'apprendimento innovativi, anche dal punto di vista dell'edilizia scolastica, della metodologia d'insegnamento e dei linguaggi, fornendo direttive e linee guida chiare ed efficaci e supportando gli enti locali e le istituzioni scolastiche nel processo di attuazione del Piano;
13) ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, finalizzato alla crescita e alla maturazione psico-affettiva e socio relazionale degli studenti improntata alla conoscenza e al rispetto di sé e dell'altro, alla responsabilità sociale e alla valorizzazione della diversità di genere.
(1-00185) «Caso, Orrico, Amato, Cherchi, Ascari, Auriemma».
(22 settembre 2023)
MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI REVISIONE DELLA GOVERNANCE ECONOMICA DELL'UNIONE EUROPEA
E DELLE RELATIVE POLITICHE DI BILANCIO
La Camera,
premesso che:
1) il sistema di governance economica dell'Unione europea è costituito da un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, modificato a più riprese e le cui sollecitazioni di riforma si sono moltiplicate nel corso degli anni, in particolare dopo la crisi pandemica, quando la situazione contingente ha reso sempre più evidenti i limiti delle attuali regole del Patto di stabilità e crescita e meno realistica la prospettiva del rispetto e del rientro verso i valori di riferimento relativi alla finanza pubblica;
2) in particolare, la necessità di una riforma del quadro della governance economica europea appare giustificata e non più rinviabile in ragione di regole ormai obsolete, concepite a partire dagli anni Novanta e destinate a essere applicate in un contesto economico estremamente mutato, oltre che eccessivamente complesse, incapaci di raggiungere i risultati prospettati, non in grado di favorire gli investimenti pubblici, poco trasparenti nelle procedure, di difficile applicazione – anche in virtù della tipologia di sanzioni previste – ed infine non in grado di attenuare gli effetti del ciclo economico;
3) come noto, l'insieme principale di regole del quadro di governance economica si basa infatti sul Patto di stabilità e crescita (Psc), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997: con il Patto di stabilità e crescita la governance europea si struttura maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio, ai sensi dell'articolo 121 (sorveglianza multilaterale) e dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi);
4) il Patto, così come modificato, si articola in un cosiddetto braccio preventivo («preventive arm», che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine, che è individuale per ogni Stato membro) e in un cosiddetto braccio correttivo («corrective arm», che mira a garantire che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale supera i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del prodotto interno lordo) ed era principalmente finalizzato a rendere più cogente la disciplina di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea imponendo, in particolare, il rispetto delle soglie del 3 per cento per l'indebitamento netto e del 60 per cento del prodotto interno lordo per il debito delle pubbliche amministrazioni, regole originariamente previste dal protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht;
5) il Patto è stato oggetto di un primo intervento di modifica nel 2005 ad opera dei due regolamenti (CE) n. 1055 e n. 1056, con i quali, fermi restando i due parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento, sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, attraverso la previsione di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria delle finanze pubbliche degli Stati medesimi;
6) in particolare, si è previsto che gli Stati membri, nell'ambito dell'aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentino un obiettivo di medio termine (Omt), concordato in sede europea e definito sulla base del potenziale di crescita dell'economia e del rapporto debito/prodotto interno lordo. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche;
7) a seguito della grave crisi finanziaria e della recessione economica che hanno investito l'economia mondiale a partire dal 2009 e che hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei, è stato avviato un ciclo di modifiche della governance economica dell'Unione europea attraverso l'approvazione, nel corso del 2011, di un pacchetto di sei proposte legislative (cosiddetto Six pack), consistenti in due regolamenti (n. 1174 e n. 1176 del 2011) volti alla creazione di una sorveglianza macroeconomica per la prevenzione e correzione degli squilibri, tre regolamenti (n. 1173, n. 1175 e n. 1177 del 2011) finalizzati ad una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita e in una direttiva (2011/85/UE) relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; hanno concorso a rafforzare il Patto di stabilità, nel senso di una più rigorosa applicazione, due ulteriori regolamenti del maggio 2013 (cosiddetti Two pack), volti a dettare regole più stringenti in materia di sorveglianza economica e di bilancio e di monitoraggio dei progetti di bilancio degli Stati membri (regolamento n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata per gli Stati in difficoltà e regolamento n. 473/2013 sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio degli Stati);
8) le azioni intraprese in questo ambito hanno contribuito a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;
9) a tale quadro si è aggiunta, in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012, la firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (Trattato cosiddetto Fiscal Compact, frutto di un accordo intergovernativo e concordato al di fuori della cornice giuridica dei Trattati dell'Unione europea), entrato poi in vigore il 1° gennaio 2013, che ha richiamato la riforma della governance economica dell'Unione europea già adottata nel novembre 2011;
10) il Fiscal Compact ha infatti incorporato ed integrato in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea;
11) la nuova regola numerica, adottata con il Six pack e richiamata nel Fiscal compact, specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del prodotto interno lordo. In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/prodotto interno lordo in eccesso rispetto al valore del 60 per cento si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward-looking della regola sul debito), ovvero se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, nei tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking della regola sul debito);
12) nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola del debito prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/prodotto interno lordo dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore. Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cosiddetti fattori rilevanti. In particolare, la Commissione europea sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) nel quale esprimere valutazioni «qualitative» in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee;
13) solo se nessuna di queste condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo) viene soddisfatta, la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);
14) dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito, che è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni. Grazie alla considerazione dei fattori rilevanti, la Commissione europea e il Consiglio hanno nel corso degli anni considerato valide le ragioni addotte dal Governo italiano per posticipare la riduzione del debito pubblico, e non si è mai arrivati quindi all'avvio della procedura di infrazione per disavanzi eccessivi basata sul criterio del debito;
15) da ultimo, anche il Def 2022 ha confermato la difficoltà per l'Italia di soddisfare la regola del debito nelle sue varie configurazioni e il nostro Paese ha più volte contestato l'eccessiva restrizione di bilancio implicata dal pieno rispetto della regola in un contesto spesso di condizioni cicliche molto deboli rese ancora più proibitive – per il perseguimento dell'obiettivo relativo al debito pubblico – dalle conseguenze economiche della crisi pandemica;
16) all'inizio del 2020, a fronte di alcuni elementi di debolezza già dimostrati dall'impianto complessivo che avevano causato difficoltà agli Stati membri, in particolare nel determinare un percorso virtuoso favorevole alla crescita di lungo periodo, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul riesame dell'efficacia del quadro della governance economica. Il dibattito pubblico, inizialmente sospeso poco dopo la sua apertura per via della crisi pandemica, è stato quindi rilanciato dalla Commissione europea alla fine del 2021 (COM (2021) 662 final), per poi concludersi il 31 dicembre 2021, al fine di riavviare un confronto attorno ai cardini delle regole fiscali come modificate dalle successive integrazioni al Patto di stabilità e crescita e sulla loro efficacia per il conseguimento degli obiettivi originari;
17) dopo l'emergenza sanitaria e gli errori dello scorso decennio, sono emerse nuove proposte per una semplificazione e una riforma delle norme correnti in risposta alle nuove sfide di politica economica: il diffondersi della pandemia da COVID-19 ha infatti innescato una crisi senza precedenti, che ha provocato gravi ripercussioni asimmetriche e causato perturbazioni in ambito sanitario, economico e sociale, che hanno determinato la necessità di adottare misure straordinarie e che hanno lasciato in eredità un notevole aumento dei debiti pubblici in tutti i Paesi;
18) con l'insorgere della pandemia, il livello del debito pubblico degli Stati membri dell'Unione è infatti notevolmente aumentato a causa, tra l'altro, dell'aumento delle spese sanitarie, dell'introduzione di forme di ristoro alle famiglie e alle imprese, della previsione di stimoli all'economia;
19) è stata quindi la stessa Commissione europea ad affermare che, se da una parte, le regole del Patto di stabilità e crescita avevano favorito una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri e un coordinamento più stretto delle politiche di bilancio nella zona euro, dall'altra il debito pubblico rimaneva elevato in alcuni Stati membri e l'orientamento della politica di bilancio a livello nazionale era stato spesso pro-ciclico;
20) con l'arrivo della crisi pandemica da COVID-19, la Commissione europea ha quindi disposto l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (general escape clause), al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio – nel quadro del Patto – per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi;
21) la clausola di salvaguardia, introdotta con la revisione della disciplina fiscale operata dal Six Pack nel 2011 ma mai applicata prima, consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, discostandosi dalle esigenze di bilancio che sarebbero normalmente applicabili, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo, senza sospendere, pertanto, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale;
22) l'attivazione della clausola di salvaguardia generale ha quindi consentito agli Stati membri di adottare misure molto significative sul fronte delle spese e delle entrate per ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della pandemia;
23) la riattivazione delle regole fiscali, congiuntamente a una loro riforma, era inizialmente prevista per la fine del 2022. Tuttavia, le conseguenze economiche della guerra in Ucraina hanno spinto la Commissione europea ad annunciare, in occasione della pubblicazione delle Spring Economic Forecasts, la sospensione dell'applicazione della clausola generale di salvaguardia anche nel 2023, per disattivarla a partire dal 2024;
24) in questo complesso quadro è intervenuta una risposta di bilancio europea comune che si è rivelata fondamentale per la ripresa, in un'ottica di sostenibilità ed inclusività economica e attraverso il rafforzamento della produttività e degli investimenti in tutta l'Unione europea per i meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento: il nuovo programma europeo Next Generation EU (Ngeu) ha infatti profondamente modificato la concezione del bilancio europeo, prevedendo, per la prima volta, un'impostazione solidaristica – fondata anche su sovvenzioni – della distribuzione delle risorse recuperate sui mercati globali dalla Commissione europea facendo leva su debito comune dell'intera Unione europea;
25) l'emissione di obbligazioni dell'Unione europea è stata accolta come un chiaro segnale dell'impegno a favore di un'efficace ripresa congiunta ed offre un utile modello anche per le future sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri saranno chiamati ad affrontare;
26) alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza epidemiologica da COVID-19, si è quindi aggiunta, già dal 2021, la cosiddetta pandemia energetica, un'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dagli effetti negativi della pandemia e in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;
27) l'aggressione russa in Ucraina – in violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali e dei più fondamentali valori europei – e l'adozione delle conseguenti sanzioni da parte dell'Unione europea – hanno impresso una fortissima accelerazione alla pandemia energetica con conseguenti impatti negativi sulle economie degli Stati membri; la maggiore preoccupazione, per quanto concerne l'andamento economico dell'Italia, riguarda proprio il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari degli ultimi mesi;
28) negli ultimi mesi, anche a seguito del conflitto in Ucraina, l'Italia e l'Unione europea sono chiamate ad affrontare una vera e propria emergenza energetica che rende improrogabile l'adozione, da parte dell'Unione europea, di tutte le misure necessarie per poter gestire al meglio e in maniera condivisa, anche nel futuro, una possibile crisi, così come l'avvio di una riflessione comune sui rischi geopolitici che condizionano duramente la politica energetica dell'Unione europea e la vulnerabilità delle sue forniture, al fine di proseguire nel percorso di mitigazione degli effetti negativi della crisi;
29) l'8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla «revisione del quadro legislativo macroeconomico per un impatto più incisivo sull'economia reale europea e una maggiore trasparenza del processo decisionale e della responsabilità democratica» (2020/2075 (INI)), in cui ha affermato che: «l'attuale quadro di governance presenta debolezze concettuali e pratiche che portano a norme eccessivamente complesse, scarsa applicazione, mancanza di titolarità e mancanza di incentivi a perseguire politiche anticicliche simmetriche» e che «il quadro vigente non è riuscito a ridurre le divergenze all'interno dell'Unione europea né a proteggere o stimolare gli investimenti pubblici a favore della crescita»;
30) fra le sue osservazioni, il Parlamento europea ha sottolineato l'importanza di politiche favorevoli alla crescita e di investimenti pubblici e privati sostenibili, volti ad aumentare il potenziale di crescita e raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea incentrati sulle transizioni verdi e digitali e ad aumentare il potenziale di crescita, la competitività e la produttività e a dare impulso al mercato unico ed ha ribadito che investimenti e spese orientati al futuro hanno effetti positivi sulla sostenibilità del debito a medio-lungo termine;
31) il 9 novembre 2022, la Commissione europea ha quindi adottato la comunicazione COM (2022) 583 final in cui ha definito gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, le cui politiche tendono ad essere espansive nelle fasi di crescita e restrittive nelle fasi di rallentamento, tali orientamenti sono stati quindi tradotti in tre proposte legislative (due proposte di regolamento e una proposta di direttiva) presentate il 26 aprile 2023 dalla Commissione europea, per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea a trattati vigenti: restano, pertanto, invariati i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il Pil e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il Pil;
32) la proposta di riforma mette preliminarmente in luce la circostanza che il quadro di governance deve consentire agli Stati membri di affrontare le sfide di lungo termine che attendono l'Unione europea, tra le quali vengono citate espressamente la situazione demografica e la crisi climatica, con l'intento espresso di «rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme»;
33) nonostante tali orientamenti rappresentino ad oggi l'ultima iniziativa, da un punto di vista temporale, nel quadro di un lungo percorso pluriennale di riflessione e dibattito illustrato in premessa, l'ipotesi di riforma del 26 aprile 2023, disegnata dalla proposta della Commissione europea, desta non poche perplessità in relazione a diversi punti critici;
34) come emerso anche nel corso delle audizioni parlamentari sul tema, tra le maggiori criticità nell'ambito del nuovo braccio preventivo del Patto vi è la definizione della traiettoria tecnica per la spesa netta proposta dalla Commissione all'inizio del processo: al di là del generico obbligo per la Commissione di «assicurare un dialogo permanente», non sembrano infatti prefigurarsi modalità di coinvolgimento degli Stati membri nella definizione di tale traiettoria, di cui andrebbe altresì chiarito il carattere indicativo o di fatto vincolante;
35) se con il nuovo percorso di aggiustamento fiscale proposto dalla Commissione si delineasse nei fatti un programma vincolante per i singoli Stati membri – entro il quale contenere strettamente i piani nazionali e che si imporrebbe comunque agli Stati in caso di mancato accordo con la Commissione – la riforma porrebbe criticità anche con riferimento alle prerogative statali in materia di politiche di bilancio, con il conseguente rafforzamento del ruolo della Commissione (e di riflesso anche del Consiglio);
36) come altresì evidenziato nell'ambito delle citate audizioni, se non vi è dubbio che la determinazione delle proprie politiche economiche (in primis quelle di bilancio) costituisce una prerogativa che i Trattati riservano agli Stati membri – come pure è indubbio che i Trattati attribuiscono alla Commissione una funzione di indirizzo, sorveglianza e raccomandazione – né la Commissione né il Consiglio hanno il potere di vincolare il contenuto dei bilanci statali: se la riforma non rispettasse questi limiti, si prefigurerebbe un contrasto con i Trattati istitutivi dell'Unione europea;
37) inoltre, critico appare, nel quadro disegnato dalla riforma, il mantenimento – all'interno di un sistema che ne assicuri l'attuazione ed il rispetto (cosiddetto enforcement) – dei parametri quantitativi massimi di riferimento del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e dell'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché l'assenza della previsione di una golden rule per escludere determinati gli investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea, in modo particolare quelli destinati a sostenere le transizioni verde e digitale, oltreché gli investimenti in ambito istruzione e sanità;
38) critiche appaiono poi le conseguenze derivanti dalla distinzione operata dalla Commissione europea tra gli Stati membri con un livello di debito molto alto (maggiore del 90 per cento del prodotto interno lordo, come l'Italia), quelli che si trovano in una situazione intermedia (tra il 60 e il 90 per cento) e quelli il cui livello di debito è inferiore al 60 per cento: per i primi la Commissione propone un percorso di aggiustamento in virtù del quale in ciascuno Stato membro, dopo la piena attuazione del piano di medio termine, il debito rimanga su un percorso plausibilmente discendente, sulla base di una traiettoria di 10 anni, ipotizzando politiche invariate. Per gli Stati membri con un debito moderato il percorso di riferimento sarebbe invece meno impegnativo;
39) in particolare, in termini di attuazione o enforcement, mentre la Commissione europea ipotizza di mantenere inalterata la procedura per i disavanzi eccessivi (cosiddetto braccio correttivo) basata sulla soglia relativa al 3 per cento del prodotto interno lordo, quella basata sul livello di debito verrebbe rafforzata, determinando – nel caso degli Stati membri caratterizzati da un elevato rapporto debito-prodotto interno lordo come l'Italia – l'apertura automatica della procedura in caso di allontanamento dal percorso concordato;
40) desta altresì perplessità il versante esecutivo del futuro sistema come presentato dalla Commissione, con la creazione di un nuovo strumento per far adempiere agli impegni di riforme/investimenti del percorso di aggiustamento del debito e l'automaticità della procedura per i disavanzi eccessivi per le devianze dal suddetto percorso, oltre alle modifiche dell'impianto sanzionatorio;
41) la Commissione europea avrebbe inoltre escluso la possibilità di deviazione dal percorso concordato in virtù di condizioni congiunturali ed avrebbe infine previsto di arricchire la gamma di sanzioni, tra cui la previsione di una condizionalità macroeconomica, con possibile ricorso alla sospensione dei fondi unionali nei confronti dei Paesi che non intraprendano azioni efficaci;
42) l'ipotesi di riforma sembra dunque prevedere una eccessiva rigidità dei programmi di aggiustamento del debito: se in principio i piani nazionali dovrebbero restare fermi per i primi quattro anni – con una possibile proroga del periodo di aggiustamento per un massimo di tre anni – una loro modifica è consentita solo in presenza di forti e imprevedibili cambiamenti del contesto economico, che richiedono un apposito benestare della Commissione e del Consiglio. In casi di eccezionale gravità, può trovare anche applicazione la clausola di salvaguardia, individuale o collettiva, che determina una completa sospensione dei piani nazionali. È bene sottolineare, però, che si tratta di situazioni del tutto straordinarie, al di fuori del controllo degli Stati, e anche in questi casi è richiesta una preventiva autorizzazione della Commissione e del Consiglio;
43) a seguito della esperienza pandemica e della crisi energetica, appare quanto mai urgente oltreché di fondamentale importanza, introdurre opportuni strumenti di flessibilità delle regole, suscettibili di evitare una loro rigidità: al contrario, la disciplina di bilancio delineata dalla Commissione appare basarsi su parametri e obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati. Ne discende un difetto di impostazione della riforma che non tiene in adeguata considerazione l'interdipendenza fra i vari Stati membri, né gli effetti che le politiche di bilancio praticate da uno Stato producono sugli altri e che, in ultima istanza, omette di porsi obiettivi di stabilità finanziaria e di crescita economica dell'Unione nel suo complesso;
44) tale prospettata ipotesi di riforma non può considerarsi evidentemente conclusiva, avendo peraltro la Commissione europea preannunciato – anche in occasione dell'ultimo discorso sullo Stato dell'Unione pronunciato il 14 settembre 2023 dalla Presidente Von der Leyen – ulteriori orientamenti e possibili proposte legislative, sulle quali auspica di registrare il consenso prima dell'inizio del processo di approvazione dei bilanci nazionali per l'anno 2024;
45) inoltre, nell'ultima riunione dell'Ecofin del 15 e 16 settembre 2023, i Ministri delle finanze degli Stati membri hanno nuovamente discusso – tra gli altri temi – della riforma della governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una revisione delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, concordando sulla necessità di «fare sforzi per raggiungere un accordo entro la fine dell'anno»;
46) anche se l'intitolazione della proposta parla di governance economica europea senza specificazioni, in realtà essa si occupa solo di regole di bilancio e relative procedure di attuazione e controllo: resta pertanto al di fuori il noto tema della capacità fiscale dell'Unione e non si tratta di una carenza di poco conto;
47) viene così a mancare uno strumento essenziale di governance economica: disciplina di bilancio per gli Stati e capacità fiscale centralizzata sono complementari. In assenza della seconda, l'intero peso della stabilità del sistema si concentra sulla prima, con tutti i rischi che ne conseguono. Per contro è chiaro che le politiche economiche nazionali richiedono di essere sostenute e integrate da efficaci politiche europee: è solo con iniziative dell'Unione europea che si può far fronte a gravi shock (simmetrici e asimmetrici), come pure curare la produzione di beni pubblici di interesse collettivo (in settori quali ambiente, energia e innovazione);
48) la recente crisi pandemica, e le iniziative che ne sono seguite (in primis il Ngeu), dimostrano che una capacità fiscale dell'Unione europea può essere nell'interesse immediato o futuro di tutti gli Stati membri e pertanto la questione della capacità fiscale dell'Unione europea conserva un'importanza centrale che andrebbe affrontata sin da subito;
49) in conclusione, il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta pertanto una questione centrale nel dibattito europeo non più rinviabile a fronte della nuova realtà economica – pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali – e da rilanciare il prima possibile per sostenere una crescita inclusiva e la sostenibilità di bilancio a lungo termine;
50) complessivamente, nonostante abbia promosso la convergenza dei saldi di bilancio verso livelli più sostenibili, l'attuale quadro di governance ha quindi rivelato notevoli debolezze, tra cui la sua elevata complessità, uno scarso livello di attuazione, la carenza di titolarità e di incentivi a perseguire politiche anticicliche, così come la mancanza di una capacità di stabilizzazione centrale per gestire gli shock idiosincratici. Inoltre, esso non è riuscito a ridurre le divergenze tra i livelli di debito nell'Unione europea, né a proteggere o promuovere gli investimenti che stimolano la crescita;
51) a meno di dieci mesi dalla fine della attuale legislatura europea, appare quindi quanto mai urgente che i lavori legislativi relativi alla riforma della governance economica dell'Unione europea pervengano a conclusione entro la fine del 2023, per scongiurare il ritorno dei vecchi parametri, considerato che all'inizio del prossimo anno verrà disattivata la clausola di salvaguardia generale del Patto, azionata da marzo 2020,
impegna il Governo:
1) a proseguire i negoziati in sede europea e ad intraprendere ogni iniziativa di competenza utile, finalizzata a:
a) chiarire che la traiettoria tecnica per la spesa proposta inizialmente dalla Commissione non ha efficacia vincolante, non costituisce un programma entro il quale i piani nazionali si devono obbligatoriamente mantenere, ma che il medesimo atto ha natura di indicazione, con linee guida di carattere generale (tempistica, obiettivi, strumenti di controllo), senza dettare programmi specifici per i singoli Stati;
b) prevedere il pieno ed effettivo coinvolgimento degli Stati membri anche nella fase ex ante di determinazione dei sentieri di crescita nominale dell'aggregato di spesa di riferimento e nella definizione dei rispettivi programmi, affinché sia effettivamente raggiunto l'obiettivo di aumentare il grado di titolarità nazionale delle nuove regole;
c) scongiurare il ripristino dell'attuale quadro di governance macroeconomica europea – segnatamente del Patto di stabilità e crescita (Psc) – che deve essere ripensato alla luce del rinnovato contesto economico, per adattare le norme di bilancio alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare, e perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e, inoltre, superando l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;
d) in particolare, nell'ambito della discussione sulla riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, rivedere gli irrealistici parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento privi di una reale giustificazione economica e spesso oggetto di critiche, con il conseguente superamento della fase preventiva e quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione si è dimostrata a più riprese incoerente, e garantire un'applicazione omogenea della procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di affrontare adeguatamente il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva e gli eccessivi surplus di specifici Stati membri;
e) conseguentemente, disegnare, in ordine all'attuale discussione sulla revisione del quadro vigente di governance economica europea, una strategia complessiva di riforma della nuova architettura dell'Unione europea più favorevole alla crescita economica, finalizzata a rendere le norme sul debito più semplici, più applicabili e concepite per sostenere le priorità politiche per la doppia transizione verde e digitale, con adeguati investimenti pubblici e privati, in senso coerente con l'interesse dell'Italia, opponendosi a qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico e che finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci;
f) apportare le opportune modifiche alla proposta di riforma, laddove questa delinea una disciplina relativa al bilancio e agli squilibri macroeconomici parametrata su obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati e, quindi, prevedere che si tenga conto della interdipendenza tra le politiche economiche nazionali, attraverso una visione di obiettivi di stabilità economica e finanziaria per l'Unione europea nel suo complesso, che valuti congiuntamente gli interconnessi problemi di bilancio e squilibri macroeconomici, proiettandoli a livello di Unione o almeno di eurozona;
g) escludere il ricorso a sanzioni di carattere reputazionale e di condizionalità macroeconomica con la relativa sospensione dei finanziamenti erogati dall'Unione europea;
h) porre le basi di una riforma sul tema della creazione di un'adeguata capacità fiscale dell'Unione, che riveste un'importanza centrale per il processo di integrazione europea ed è strumento essenziale di governance economica in quanto strettamente complementare alla disciplina di bilancio per gli Stati, in particolare chiedendo che le politiche economiche nazionali siano sostenute e integrate da efficaci politiche europee, uniche in grado di far fronte a gravi shock (simmetrici o asimmetrici) o farsi carico della produzione di beni pubblici di interesse generale;
i) adattare alcuni elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza alla nuova architettura della politica di bilancio europea, trasformando il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica, che la sottragga a quelli che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano «ricatti» dei contributi nazionali;
j) a fronte dell'evoluzione dell'attuale scenario energetico, avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Energy recovery fund, quale strumento, a disposizione dell'Unione europea e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico, attraverso l'attivazione di strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili, di rafforzamento di meccanismi di stoccaggio e promozione di piani di acquisto comuni e condivisi, per evitare, nella direzione dell'Unione dell'energia, il rischio di crisi future, e per sostenere i cittadini europei e le categorie produttive gravemente colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;
k) modificare altresì le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo dal calcolo del deficit di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;
l) a scongiurare, nell'ambito dei negoziati sulla nuova governance economica europea, il rischio che la spesa per la difesa, in particolare quella destinata alla produzione di armamenti, venga esclusa dai vincoli europei di bilancio;
m) valutare altresì la possibilità di scorporare il debito anomalo e non strutturale accumulato a causa dell'emergenza legata al COVID-19, prevedendo la sua perennizzazione attraverso i reinvestimenti del programma di acquisto di titoli Pepp, o in ogni caso tramite l'individuazione di un percorso di rientro ad hoc;
n) tenere conto, nel quadro di una rinnovata governance economica dell'Unione europea, dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi ambientali del Green Deal, conformemente agli impegni dell'Unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, anche attraverso la definizione di indicatori di base nel semestre europeo per misurare adeguatamente le disuguaglianze e le povertà e le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti climatici, al fine di mettere l'economia al servizio dei cittadini e promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto.
(1-00082) (Nuova formulazione) «Scerra, Conte, Francesco Silvestri, Scutellà, Bruno, Torto, Carmina, Dell'Olio, Donno».
(2 marzo 2023)