TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 176 di Mercoledì 11 ottobre 2023

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI REVISIONE DELLA GOVERNANCE ECONOMICA DELL'UNIONE EUROPEA E DELLE RELATIVE POLITICHE DI BILANCIO

   La Camera,

   premesso che:

    1) il sistema di governance economica dell'Unione europea è costituito da un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, modificato a più riprese e le cui sollecitazioni di riforma si sono moltiplicate nel corso degli anni, in particolare dopo la crisi pandemica, quando la situazione contingente ha reso sempre più evidenti i limiti delle attuali regole del Patto di stabilità e crescita e meno realistica la prospettiva del rispetto e del rientro verso i valori di riferimento relativi alla finanza pubblica;

    2) in particolare, la necessità di una riforma del quadro della governance economica europea appare giustificata e non più rinviabile in ragione di regole ormai obsolete, concepite a partire dagli anni Novanta e destinate a essere applicate in un contesto economico estremamente mutato, oltre che eccessivamente complesse, incapaci di raggiungere i risultati prospettati, non in grado di favorire gli investimenti pubblici, poco trasparenti nelle procedure, di difficile applicazione – anche in virtù della tipologia di sanzioni previste – ed infine non in grado di attenuare gli effetti del ciclo economico;

    3) come noto, l'insieme principale di regole del quadro di governance economica si basa infatti sul Patto di stabilità e crescita (Psc), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997: con il Patto di stabilità e crescita la governance europea si struttura maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio, ai sensi dell'articolo 121 (sorveglianza multilaterale) e dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi);

    4) il Patto, così come modificato, si articola in un cosiddetto braccio preventivo («preventive arm», che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine, che è individuale per ogni Stato membro) e in un cosiddetto braccio correttivo («corrective arm», che mira a garantire che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale supera i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del prodotto interno lordo) ed era principalmente finalizzato a rendere più cogente la disciplina di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea imponendo, in particolare, il rispetto delle soglie del 3 per cento per l'indebitamento netto e del 60 per cento del prodotto interno lordo per il debito delle pubbliche amministrazioni, regole originariamente previste dal protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht;

    5) il Patto è stato oggetto di un primo intervento di modifica nel 2005 ad opera dei due regolamenti (CE) n. 1055 e n. 1056, con i quali, fermi restando i due parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento, sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, attraverso la previsione di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria delle finanze pubbliche degli Stati medesimi;

    6) in particolare, si è previsto che gli Stati membri, nell'ambito dell'aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentino un obiettivo di medio termine (Omt), concordato in sede europea e definito sulla base del potenziale di crescita dell'economia e del rapporto debito/prodotto interno lordo. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche;

    7) a seguito della grave crisi finanziaria e della recessione economica che hanno investito l'economia mondiale a partire dal 2009 e che hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei, è stato avviato un ciclo di modifiche della governance economica dell'Unione europea attraverso l'approvazione, nel corso del 2011, di un pacchetto di sei proposte legislative (cosiddetto Six pack), consistenti in due regolamenti (n. 1174 e n. 1176 del 2011) volti alla creazione di una sorveglianza macroeconomica per la prevenzione e correzione degli squilibri, tre regolamenti (n. 1173, n. 1175 e n. 1177 del 2011) finalizzati ad una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita e in una direttiva (2011/85/UE) relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; hanno concorso a rafforzare il Patto di stabilità, nel senso di una più rigorosa applicazione, due ulteriori regolamenti del maggio 2013 (cosiddetti Two pack), volti a dettare regole più stringenti in materia di sorveglianza economica e di bilancio e di monitoraggio dei progetti di bilancio degli Stati membri (regolamento n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata per gli Stati in difficoltà e regolamento n. 473/2013 sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio degli Stati);

    8) le azioni intraprese in questo ambito hanno contribuito a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;

    9) a tale quadro si è aggiunta, in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012, la firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (Trattato cosiddetto Fiscal Compact, frutto di un accordo intergovernativo e concordato al di fuori della cornice giuridica dei Trattati dell'Unione europea), entrato poi in vigore il 1° gennaio 2013, che ha richiamato la riforma della governance economica dell'Unione europea già adottata nel novembre 2011;

    10) il Fiscal Compact ha infatti incorporato ed integrato in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea;

    11) la nuova regola numerica, adottata con il Six pack e richiamata nel Fiscal compact, specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del prodotto interno lordo. In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/prodotto interno lordo in eccesso rispetto al valore del 60 per cento si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward-looking della regola sul debito), ovvero se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, nei tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking della regola sul debito);

    12) nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola del debito prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/prodotto interno lordo dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore. Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cosiddetti fattori rilevanti. In particolare, la Commissione europea sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) nel quale esprimere valutazioni «qualitative» in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee;

    13) solo se nessuna di queste condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo) viene soddisfatta, la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);

    14) dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito, che è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni. Grazie alla considerazione dei fattori rilevanti, la Commissione europea e il Consiglio hanno nel corso degli anni considerato valide le ragioni addotte dal Governo italiano per posticipare la riduzione del debito pubblico, e non si è mai arrivati quindi all'avvio della procedura di infrazione per disavanzi eccessivi basata sul criterio del debito;

    15) da ultimo, anche il Def 2022 ha confermato la difficoltà per l'Italia di soddisfare la regola del debito nelle sue varie configurazioni e il nostro Paese ha più volte contestato l'eccessiva restrizione di bilancio implicata dal pieno rispetto della regola in un contesto spesso di condizioni cicliche molto deboli rese ancora più proibitive – per il perseguimento dell'obiettivo relativo al debito pubblico – dalle conseguenze economiche della crisi pandemica;

    16) all'inizio del 2020, a fronte di alcuni elementi di debolezza già dimostrati dall'impianto complessivo che avevano causato difficoltà agli Stati membri, in particolare nel determinare un percorso virtuoso favorevole alla crescita di lungo periodo, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul riesame dell'efficacia del quadro della governance economica. Il dibattito pubblico, inizialmente sospeso poco dopo la sua apertura per via della crisi pandemica, è stato quindi rilanciato dalla Commissione europea alla fine del 2021 (COM (2021) 662 final), per poi concludersi il 31 dicembre 2021, al fine di riavviare un confronto attorno ai cardini delle regole fiscali come modificate dalle successive integrazioni al Patto di stabilità e crescita e sulla loro efficacia per il conseguimento degli obiettivi originari;

    17) dopo l'emergenza sanitaria e gli errori dello scorso decennio, sono emerse nuove proposte per una semplificazione e una riforma delle norme correnti in risposta alle nuove sfide di politica economica: il diffondersi della pandemia da Covid-19 ha infatti innescato una crisi senza precedenti, che ha provocato gravi ripercussioni asimmetriche e causato perturbazioni in ambito sanitario, economico e sociale, che hanno determinato la necessità di adottare misure straordinarie e che hanno lasciato in eredità un notevole aumento dei debiti pubblici in tutti i Paesi;

    18) con l'insorgere della pandemia, il livello del debito pubblico degli Stati membri dell'Unione è infatti notevolmente aumentato a causa, tra l'altro, dell'aumento delle spese sanitarie, dell'introduzione di forme di ristoro alle famiglie e alle imprese, della previsione di stimoli all'economia;

    19) è stata quindi la stessa Commissione europea ad affermare che, se da una parte, le regole del Patto di stabilità e crescita avevano favorito una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri e un coordinamento più stretto delle politiche di bilancio nella zona euro, dall'altra il debito pubblico rimaneva elevato in alcuni Stati membri e l'orientamento della politica di bilancio a livello nazionale era stato spesso pro-ciclico;

    20) con l'arrivo della crisi pandemica da Covid-19, la Commissione europea ha quindi disposto l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (general escape clause), al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio – nel quadro del Patto – per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi;

    21) la clausola di salvaguardia, introdotta con la revisione della disciplina fiscale operata dal Six Pack nel 2011 ma mai applicata prima, consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, discostandosi dalle esigenze di bilancio che sarebbero normalmente applicabili, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo, senza sospendere, pertanto, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale;

    22) l'attivazione della clausola di salvaguardia generale ha quindi consentito agli Stati membri di adottare misure molto significative sul fronte delle spese e delle entrate per ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della pandemia;

    23) la riattivazione delle regole fiscali, congiuntamente a una loro riforma, era inizialmente prevista per la fine del 2022. Tuttavia, le conseguenze economiche della guerra in Ucraina hanno spinto la Commissione europea ad annunciare, in occasione della pubblicazione delle Spring Economic Forecasts, la sospensione dell'applicazione della clausola generale di salvaguardia anche nel 2023, per disattivarla a partire dal 2024;

    24) in questo complesso quadro è intervenuta una risposta di bilancio europea comune che si è rivelata fondamentale per la ripresa, in un'ottica di sostenibilità ed inclusività economica e attraverso il rafforzamento della produttività e degli investimenti in tutta l'Unione europea per i meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento: il nuovo programma europeo Next Generation EU (Ngeu) ha infatti profondamente modificato la concezione del bilancio europeo, prevedendo, per la prima volta, un'impostazione solidaristica – fondata anche su sovvenzioni – della distribuzione delle risorse recuperate sui mercati globali dalla Commissione europea facendo leva su debito comune dell'intera Unione europea;

    25) l'emissione di obbligazioni dell'Unione europea è stata accolta come un chiaro segnale dell'impegno a favore di un'efficace ripresa congiunta ed offre un utile modello anche per le future sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri saranno chiamati ad affrontare;

    26) alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza epidemiologica da Covid-19, si è quindi aggiunta, già dal 2021, la cosiddetta pandemia energetica, un'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dagli effetti negativi della pandemia e in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;

    27) l'aggressione russa in Ucraina – in violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali e dei più fondamentali valori europei – e l'adozione delle conseguenti sanzioni da parte dell'Unione europea – hanno impresso una fortissima accelerazione alla pandemia energetica con conseguenti impatti negativi sulle economie degli Stati membri; la maggiore preoccupazione, per quanto concerne l'andamento economico dell'Italia, riguarda proprio il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari degli ultimi mesi;

    28) negli ultimi mesi, anche a seguito del conflitto in Ucraina, l'Italia e l'Unione europea sono chiamate ad affrontare una vera e propria emergenza energetica che rende improrogabile l'adozione, da parte dell'Unione europea, di tutte le misure necessarie per poter gestire al meglio e in maniera condivisa, anche nel futuro, una possibile crisi, così come l'avvio di una riflessione comune sui rischi geopolitici che condizionano duramente la politica energetica dell'Unione europea e la vulnerabilità delle sue forniture, al fine di proseguire nel percorso di mitigazione degli effetti negativi della crisi;

    29) l'8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla «revisione del quadro legislativo macroeconomico per un impatto più incisivo sull'economia reale europea e una maggiore trasparenza del processo decisionale e della responsabilità democratica» (2020/2075 (INI)), in cui ha affermato che: «l'attuale quadro di governance presenta debolezze concettuali e pratiche che portano a norme eccessivamente complesse, scarsa applicazione, mancanza di titolarità e mancanza di incentivi a perseguire politiche anticicliche simmetriche» e che «il quadro vigente non è riuscito a ridurre le divergenze all'interno dell'Unione europea né a proteggere o stimolare gli investimenti pubblici a favore della crescita»;

    30) fra le sue osservazioni, il Parlamento europea ha sottolineato l'importanza di politiche favorevoli alla crescita e di investimenti pubblici e privati sostenibili, volti ad aumentare il potenziale di crescita e raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea incentrati sulle transizioni verdi e digitali e ad aumentare il potenziale di crescita, la competitività e la produttività e a dare impulso al mercato unico ed ha ribadito che investimenti e spese orientati al futuro hanno effetti positivi sulla sostenibilità del debito a medio-lungo termine;

    31) il 9 novembre 2022, la Commissione europea ha quindi adottato la comunicazione COM (2022) 583 final in cui ha definito gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, le cui politiche tendono ad essere espansive nelle fasi di crescita e restrittive nelle fasi di rallentamento, tali orientamenti sono stati quindi tradotti in tre proposte legislative (due proposte di regolamento e una proposta di direttiva) presentate il 26 aprile 2023 dalla Commissione europea, per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea a trattati vigenti: restano, pertanto, invariati i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il Pil e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il Pil;

    32) la proposta di riforma mette preliminarmente in luce la circostanza che il quadro di governance deve consentire agli Stati membri di affrontare le sfide di lungo termine che attendono l'Unione europea, tra le quali vengono citate espressamente la situazione demografica e la crisi climatica, con l'intento espresso di «rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme»;

    33) nonostante tali orientamenti rappresentino ad oggi l'ultima iniziativa, da un punto di vista temporale, nel quadro di un lungo percorso pluriennale di riflessione e dibattito illustrato in premessa, l'ipotesi di riforma del 26 aprile 2023, disegnata dalla proposta della Commissione europea, desta non poche perplessità in relazione a diversi punti critici;

    34) come emerso anche nel corso delle audizioni parlamentari sul tema, tra le maggiori criticità nell'ambito del nuovo braccio preventivo del Patto vi è la definizione della traiettoria tecnica per la spesa netta proposta dalla Commissione all'inizio del processo: al di là del generico obbligo per la Commissione di «assicurare un dialogo permanente», non sembrano infatti prefigurarsi modalità di coinvolgimento degli Stati membri nella definizione di tale traiettoria, di cui andrebbe altresì chiarito il carattere indicativo o di fatto vincolante;

    35) se con il nuovo percorso di aggiustamento fiscale proposto dalla Commissione si delineasse nei fatti un programma vincolante per i singoli Stati membri – entro il quale contenere strettamente i piani nazionali e che si imporrebbe comunque agli Stati in caso di mancato accordo con la Commissione – la riforma porrebbe criticità anche con riferimento alle prerogative statali in materia di politiche di bilancio, con il conseguente rafforzamento del ruolo della Commissione (e di riflesso anche del Consiglio);

    36) come altresì evidenziato nell'ambito delle citate audizioni, se non vi è dubbio che la determinazione delle proprie politiche economiche (in primis quelle di bilancio) costituisce una prerogativa che i Trattati riservano agli Stati membri – come pure è indubbio che i Trattati attribuiscono alla Commissione una funzione di indirizzo, sorveglianza e raccomandazione – né la Commissione né il Consiglio hanno il potere di vincolare il contenuto dei bilanci statali: se la riforma non rispettasse questi limiti, si prefigurerebbe un contrasto con i Trattati istitutivi dell'Unione europea;

    37) inoltre, critico appare, nel quadro disegnato dalla riforma, il mantenimento – all'interno di un sistema che ne assicuri l'attuazione ed il rispetto (cosiddetto enforcement) – dei parametri quantitativi massimi di riferimento del 3 per cento per il disavanzo – che resterebbe come è adesso e che sarebbe vincolante per tutti i Paesi – e dell'obiettivo del 60 per cento per il rapporto debito su prodotto interno lordo, nonché l'assenza della previsione di una golden rule per escludere determinati gli investimenti dalle norme fiscali dell'Unione europea, in modo particolare quelli destinati a sostenere le transizioni verde e digitale, oltreché gli investimenti in ambito istruzione e sanità;

    38) critiche appaiono poi le conseguenze derivanti dalla distinzione operata dalla Commissione europea tra gli Stati membri con un livello di debito molto alto (maggiore del 90 per cento del prodotto interno lordo, come l'Italia), quelli che si trovano in una situazione intermedia (tra il 60 e il 90 per cento) e quelli il cui livello di debito è inferiore al 60 per cento: per i primi la Commissione propone un percorso di aggiustamento in virtù del quale in ciascuno Stato membro, dopo la piena attuazione del piano di medio termine, il debito rimanga su un percorso plausibilmente discendente, sulla base di una traiettoria di 10 anni, ipotizzando politiche invariate. Per gli Stati membri con un debito moderato il percorso di riferimento sarebbe invece meno impegnativo;

    39) in particolare, in termini di attuazione o enforcement, mentre la Commissione europea ipotizza di mantenere inalterata la procedura per i disavanzi eccessivi (cosiddetto braccio correttivo) basata sulla soglia relativa al 3 per cento del prodotto interno lordo, quella basata sul livello di debito verrebbe rafforzata, determinando – nel caso degli Stati membri caratterizzati da un elevato rapporto debito-prodotto interno lordo come l'Italia – l'apertura automatica della procedura in caso di allontanamento dal percorso concordato;

    40) desta altresì perplessità il versante esecutivo del futuro sistema come presentato dalla Commissione, con la creazione di un nuovo strumento per far adempiere agli impegni di riforme/ investimenti del percorso di aggiustamento del debito e l'automaticità della procedura per i disavanzi eccessivi per le devianze dal suddetto percorso, oltre alle modifiche dell'impianto sanzionatorio;

    41) la Commissione europea avrebbe inoltre escluso la possibilità di deviazione dal percorso concordato in virtù di condizioni congiunturali ed avrebbe infine previsto di arricchire la gamma di sanzioni, tra cui la previsione di una condizionalità macroeconomica, con possibile ricorso alla sospensione dei fondi unionali nei confronti dei Paesi che non intraprendano azioni efficaci;

    42) l'ipotesi di riforma sembra dunque prevedere una eccessiva rigidità dei programmi di aggiustamento del debito: se in principio i piani nazionali dovrebbero restare fermi per i primi quattro anni – con una possibile proroga del periodo di aggiustamento per un massimo di tre anni – una loro modifica è consentita solo in presenza di forti e imprevedibili cambiamenti del contesto economico, che richiedono un apposito benestare della Commissione e del Consiglio. In casi di eccezionale gravità, può trovare anche applicazione la clausola di salvaguardia, individuale o collettiva, che determina una completa sospensione dei piani nazionali. È bene sottolineare, però, che si tratta di situazioni del tutto straordinarie, al di fuori del controllo degli Stati, e anche in questi casi è richiesta una preventiva autorizzazione della Commissione e del Consiglio;

    43) a seguito della esperienza pandemica e della crisi energetica, appare quanto mai urgente oltreché di fondamentale importanza, introdurre opportuni strumenti di flessibilità delle regole, suscettibili di evitare una loro rigidità: al contrario, la disciplina di bilancio delineata dalla Commissione appare basarsi su parametri e obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati. Ne discende un difetto di impostazione della riforma che non tiene in adeguata considerazione l'interdipendenza fra i vari Stati membri, nè gli effetti che le politiche di bilancio praticate da uno Stato producono sugli altri e che, in ultima istanza, omette di porsi obiettivi di stabilità finanziaria e di crescita economica dell'Unione nel suo complesso;

    44) tale prospettata ipotesi di riforma non può considerarsi evidentemente conclusiva, avendo peraltro la Commissione europea preannunciato – anche in occasione dell'ultimo discorso sullo Stato dell'Unione pronunciato il 14 settembre 2023 dalla Presidente Von der Leyen – ulteriori orientamenti e possibili proposte legislative, sulle quali auspica di registrare il consenso prima dell'inizio del processo di approvazione dei bilanci nazionali per l'anno 2024;

    45) inoltre, nell'ultima riunione dell'Ecofin del 15 e 16 settembre 2023, i Ministri delle finanze degli Stati membri hanno nuovamente discusso – tra gli altri temi – della riforma della governance economica dell'Unione europea, comprensiva di una revisione delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, concordando sulla necessità di «fare sforzi per raggiungere un accordo entro la fine dell'anno»;

    46) anche se l'intitolazione della proposta parla di governance economica europea senza specificazioni, in realtà essa si occupa solo di regole di bilancio e relative procedure di attuazione e controllo: resta pertanto al di fuori il noto tema della capacità fiscale dell'Unione e non si tratta di una carenza di poco conto;

    47) viene così a mancare uno strumento essenziale di governance economica: disciplina di bilancio per gli Stati e capacità fiscale centralizzata sono complementari. In assenza della seconda, l'intero peso della stabilità del sistema si concentra sulla prima, con tutti i rischi che ne conseguono. Per contro è chiaro che le politiche economiche nazionali richiedono di essere sostenute e integrate da efficaci politiche europee: è solo con iniziative dell'Unione europea che si può far fronte a gravi shock (simmetrici e asimmetrici), come pure curare la produzione di beni pubblici di interesse collettivo (in settori quali ambiente, energia e innovazione);

    48) la recente crisi pandemica, e le iniziative che ne sono seguite (in primis il Ngeu), dimostrano che una capacità fiscale dell'Unione europea può essere nell'interesse immediato o futuro di tutti gli Stati membri e pertanto la questione della capacità fiscale dell'Unione europea conserva un'importanza centrale che andrebbe affrontata sin da subito;

    49) in conclusione, il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta pertanto una questione centrale nel dibattito europeo non più rinviabile a fronte della nuova realtà economica – pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali – e da rilanciare il prima possibile per sostenere una crescita inclusiva e la sostenibilità di bilancio a lungo termine;

    50) complessivamente, nonostante abbia promosso la convergenza dei saldi di bilancio verso livelli più sostenibili, l'attuale quadro di governance ha quindi rivelato notevoli debolezze, tra cui la sua elevata complessità, uno scarso livello di attuazione, la carenza di titolarità e di incentivi a perseguire politiche anticicliche, così come la mancanza di una capacità di stabilizzazione centrale per gestire gli shock idiosincratici. Inoltre, esso non è riuscito a ridurre le divergenze tra i livelli di debito nell'Unione europea, né a proteggere o promuovere gli investimenti che stimolano la crescita;

    51) a meno di dieci mesi dalla fine della attuale legislatura europea, appare quindi quanto mai urgente che i lavori legislativi relativi alla riforma della governance economica dell'Unione europea pervengano a conclusione entro la fine del 2023, per scongiurare il ritorno dei vecchi parametri, considerato che all'inizio del prossimo anno verrà disattivata la clausola di salvaguardia generale del Patto, azionata da marzo 2020,

impegna il Governo:

1) a proseguire i negoziati in sede europea e ad intraprendere ogni iniziativa di competenza utile, finalizzata a:

   a) chiarire che la traiettoria tecnica per la spesa proposta inizialmente dalla Commissione non ha efficacia vincolante, non costituisce un programma entro il quale i piani nazionali si devono obbligatoriamente mantenere, ma che il medesimo atto ha natura di indicazione, con linee guida di carattere generale (tempistica, obiettivi, strumenti di controllo), senza dettare programmi specifici per i singoli Stati;

   b) prevedere il pieno ed effettivo coinvolgimento degli Stati membri anche nella fase ex ante di determinazione dei sentieri di crescita nominale dell'aggregato di spesa di riferimento e nella definizione dei rispettivi programmi, affinché sia effettivamente raggiunto l'obiettivo di aumentare il grado di titolarità nazionale delle nuove regole;

   c) scongiurare il ripristino dell'attuale quadro di governance macroeconomica europea – segnatamente del Patto di stabilità e crescita (Psc) – che deve essere ripensato alla luce del rinnovato contesto economico, per adattare le norme di bilancio alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare, e perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e, inoltre, superando l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;

   d) in particolare, nell'ambito della discussione sulla riforma delle regole fiscali del Patto di stabilità e crescita, rivedere gli irrealistici parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento privi di una reale giustificazione economica e spesso oggetto di critiche, con il conseguente superamento della fase preventiva e quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione si è dimostrata a più riprese incoerente, e garantire un'applicazione omogenea della procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di affrontare adeguatamente il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva e gli eccessivi surplus di specifici Stati membri;

   e) conseguentemente, disegnare, in ordine all'attuale discussione sulla revisione del quadro vigente di governance economica europea, una strategia complessiva di riforma della nuova architettura dell'Unione europea più favorevole alla crescita economica, finalizzata a rendere le norme sul debito più semplici, più applicabili e concepite per sostenere le priorità politiche per la doppia transizione verde e digitale, con adeguati investimenti pubblici e privati, in senso coerente con l'interesse dell'Italia, opponendosi a qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico e che finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci;

   f) apportare le opportune modifiche alla proposta di riforma, laddove questa delinea una disciplina relativa al bilancio e agli squilibri macroeconomici parametrata su obiettivi riferiti ai singoli Stati membri isolatamente considerati e, quindi, prevedere che si tenga conto della interdipendenza tra le politiche economiche nazionali, attraverso una visione di obiettivi di stabilità economica e finanziaria per l'Unione europea nel suo complesso, che valuti congiuntamente gli interconnessi problemi di bilancio e squilibri macroeconomici, proiettandoli a livello di Unione o almeno di eurozona;

   g) escludere il ricorso a sanzioni di carattere reputazionale e di condizionalità macroeconomica con la relativa sospensione dei finanziamenti erogati dall'Unione europea;

   h) porre le basi di una riforma sul tema della creazione di un'adeguata capacità fiscale dell'Unione, che riveste un'importanza centrale per il processo di integrazione europea ed è strumento essenziale di governance economica in quanto strettamente complementare alla disciplina di bilancio per gli Stati, in particolare chiedendo che le politiche economiche nazionali siano sostenute e integrate da efficaci politiche europee, uniche in grado di far fronte a gravi shock (simmetrici o asimmetrici) o farsi carico della produzione di beni pubblici di interesse generale;

   i) adattare alcuni elementi di successo dell'esperienza del dispositivo di ripresa e resilienza alla nuova architettura della politica di bilancio europea, trasformando il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica, che la sottragga a quelli che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano «ricatti» dei contributi nazionali;

   j) a fronte dell'evoluzione dell'attuale scenario energetico, avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Energy recovery fund, quale strumento, a disposizione dell'Unione europea e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico, attraverso l'attivazione di strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili, di rafforzamento di meccanismi di stoccaggio e promozione di piani di acquisto comuni e condivisi, per evitare, nella direzione dell'Unione dell'energia, il rischio di crisi future, e per sostenere i cittadini europei e le categorie produttive gravemente colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;

   k) modificare altresì le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo dal calcolo del deficit di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;

   l) a scongiurare, nell'ambito dei negoziati sulla nuova governance economica europea, il rischio che la spesa per la difesa, in particolare quella destinata alla produzione di armamenti, venga esclusa dai vincoli europei di bilancio;

   m) valutare altresì la possibilità di scorporare il debito anomalo e non strutturale accumulato a causa dell'emergenza legata al Covid-19, prevedendo la sua perennizzazione attraverso i reinvestimenti del programma di acquisto di titoli Pepp, o in ogni caso tramite l'individuazione di un percorso di rientro ad hoc;

   n) tenere conto, nel quadro di una rinnovata governance economica dell'Unione europea, dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi ambientali del Green Deal, conformemente agli impegni dell'Unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, anche attraverso la definizione di indicatori di base nel semestre europeo per misurare adeguatamente le disuguaglianze e le povertà e le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti climatici, al fine di mettere l'economia al servizio dei cittadini e promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto.
(1-00082) (Nuova formulazione) «Scerra, Conte, Francesco Silvestri, Scutellà, Bruno, Torto, Carmina, Dell'Olio, Donno, Quartini».

(2 marzo 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) l'espressione «governance economica europea» fa riferimento al sistema di istituzioni e procedure posto in essere al fine di conseguire gli obiettivi dell'Unione in ambito economico, ossia il coordinamento delle politiche economiche volto a promuovere il progresso economico e sociale dell'Unione europea a vantaggio dei suoi cittadini;

    2) la crisi finanziaria, economica e di bilancio iniziata nel 2008 ha evidenziato la necessità, per l'Unione europea, di disporre di un modello di governance economica più efficace del coordinamento economico e di bilancio cui si era fatto ricorso sino a quel momento;

    3) fino al 2011, infatti, il quadro della politica di bilancio era definito nel patto di stabilità e crescita (Psc), mentre il coordinamento delle politiche economiche era basato principalmente sul consenso, senza norme giuridicamente vincolanti e, in tale vasto ambito di applicazione era possibile attuare varie forme di cooperazione, in funzione del carattere più o meno vincolante dell'accordo di cooperazione stesso;

    4) con le crisi economico-finanziarie succedutesi a partire dal 2008 si è ritenuto necessario un maggiore coordinamento delle politiche economiche all'interno dell'Unione europea e, a tal fine, il sistema di organismi e procedure di coordinamento economico è stato rivisto e rafforzato e dal 2011 sono stati adottati diversi atti legislativi e create nuove istituzioni;

    5) nello specifico, si è proceduto al rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio e al relativo coordinamento nel quadro del Semestre europeo, al risanamento del settore finanziario, attraverso la realizzazione dell'Unione bancaria, con nuove norme e nuove istituzioni, compresi il meccanismo di vigilanza unico, il meccanismo di risoluzione unico e le autorità europee di vigilanza (Aev) e, infine, all'istituzione di vari meccanismi di stabilizzazione e stabilità finanziaria, tra cui il Mes, la cui riforma del 2019, per inciso, è stata ratificata da tutti i Paesi dell'Unione monetaria tranne l'Italia;

    6) nel dettaglio, il Patto di stabilità e crescita (Psc), contiene una «clausola di salvaguardia generale», la quale consente a tutti gli Stati membri di discostarsi temporaneamente dai normali obblighi del Patto nel caso di un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato membro interessato, che abbia un impatto rilevante sulla situazione finanziaria, o in periodi di grave recessione economica nella zona euro o nell'intera Unione europea;

    7) nel marzo 2020 l'Unione europea ha attivato la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita nel contesto della pandemia e della conseguente perturbazione economica; a causa dell'altissimo livello di incertezza economica causato dalla guerra di aggressione russa, la clausola continuerà ad applicarsi fino al 31 dicembre 2023;

    8) il 9 novembre 2022, la Commissione europea ha adottato una comunicazione, in cui ha delineato gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea, con l'obiettivo di rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme;

    9) su tale linea, il 26 aprile 2023, la Commissione europea ha elaborato tre proposte legislative, volte rispettivamente a sostituire il regolamento (CE) n. 1466/97 relativo al rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche, a modificare il regolamento (CE) n. 1467/97 concernente l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi e ad emendare la direttiva 2011/85/UE sui requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri;

    10) in relazione all'imminente scadenza della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita e della necessità, rappresentata anche dalla Banca centrale europea nel proprio parere sulla riforma del Patto di stabilità e crescita, pubblicato il 18 agosto 2023, di raggiungere un «rapido accordo [e] una rapida istituzione di un quadro di bilancio credibile», il negoziato sulla definizione del nuovo Patto di stabilità e crescita è entrata nel vivo, suscitando un acceso dibattito in seno e tra i Paesi membri;

    11) stando ai dati contenuti nella Nadef, a legislazione vigente, la spesa sanitaria sarà pari a 133 miliardi di euro nel 2024, a 136,7 miliardi di euro nel 2025, e a poco meno di 139 miliardi di euro nel 2026, contro 134,7 miliardi di euro del 2023;

    12) il Governo ha perso l'occasione di attivare la linea pandemica del Meccanismo europeo di stabilità (cosiddetto «Mes sanitario»), facendo sfumare la possibilità di ottenere risorse una tantum pari al 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale, che avrebbero costituito un'importante occasione per modernizzare il nostro sistema sanitario e la cui unica condizionalità sarebbe stata l'utilizzo di tali risorse esclusivamente per sostenere il finanziamento, diretto e indiretto, di tale settore in relazione alla sopravvenuta emergenza pandemica;

    13) riguardo poi al vero e proprio Meccanismo europeo di stabilità, di cui sopra si è accennato, vale ricordare che esso ha avuto la funzione fondamentale di concedere assistenza finanziaria a Paesi membri con difficoltà di accesso ai mercati finanziari e che, a parte il controverso caso della Grecia, ha fornito questa assistenza anche a Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro, tutti Paesi che sono usciti dalla crisi grazie all'assistenza del Mes;

    14) nel 2021, la limitata riforma dello strumento ha previsto la possibilità per il Meccanismo di fornire una rete di sicurezza finanziaria (un backstop) al Fondo di risoluzione comune per le banche e si sono parzialmente modificate le condizioni di accesso alla assistenza finanziaria e introdotta una nuova linea di credito, cosiddetta, precauzionale;

    15) tale accordo di riforma, sottoscritto allora anche dal Governo italiano, è stato già ratificato, non solo da tutti gli altri diciotto firmatari, ma anche dalla Croazia, la quale, nel frattempo, ha aderito all'euro e soltanto la mancanza della ratifica da parte dell'Italia ne impedisce l'applicazione, privando l'Europa e tutti gli Stati membri interessati di uno strumento particolarmente utile in una fase in cui si torna a paventare il rischio di crisi bancarie, ciò a prescindere dall'effettiva attivazione da parte dell'Italia,

impegna il Governo:

1) a farsi parte attiva nelle prossime settimane per una rapida conclusione del negoziato in seno all'Unione Europea sulla definizione del nuovo Patto di stabilità e crescita, in particolare:

   a) abbandonando ogni tentativo di inserire permanenti scorpori di determinate categorie di spesa pubblica dagli aggregati fiscali oggetto dei futuri vincoli, in quanto tale opzione – oltre a non rispecchiare in modo autentico la posizione fiscale degli Stati membri – darebbe vita a infiniti contenziosi e ambiguità in un ambito che, invece, ora necessita di semplicità e trasparenza;

   b) proponendo, per il solo esercizio finanziario 2024, l'applicazione di un'opportuna disciplina temporanea che eviti il ripristino sic et simpliciter del sistema di regole fiscali precedenti la sua sospensione;

   c) facendosi promotore nel consesso europeo di un possibile grande accordo politico che, da un lato, definisca regole fiscali giustamente cogenti per la politica fiscale nazionale degli Stati membri, ma, dall'altro, inizi fattivamente il percorso per cui la fornitura di beni pubblici europei e il sostegno alle grandi transizioni produttive necessarie siano finanziate dall'Unione europea attraverso un maggior grado di condivisione del rischio fiscale e l'emissione di passività finanziari comuni.

2) a favorire la sollecita ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità e ad attivarsi in sede di Unione europea per una nuova riproposizione della linea di credito specificatamente dedicata ad interventi nel settore sanitario.
(1-00190) «Marattin, De Monte, Richetti, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Sottanelli».

(6 ottobre 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il quadro della governance economica europea, definito con il Trattato di Maastricht del 1992 nell'ambito dell'Unione economica e monetaria, comprende un sistema di coordinamento e sorveglianza delle politiche economiche degli Stati membri e si basa sui principi di monitoraggio, prevenzione e correzione dei relativi squilibri di finanza pubblica;

    2) il complesso di regole che compongono il quadro della governance economica europea si è evoluto negli anni, anche a seguito delle crisi economiche che hanno colpito l'Unione europea;

    3) nel sistema di governance economica dell'Unione europea si colloca primariamente il Patto di stabilità e crescita (PSC), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16 e 17 giugno 1997, inerente al controllo delle politiche di bilancio pubbliche degli Stati membri e articolato secondo una duplice procedura: il braccio preventivo, che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'Obiettivo di Medio Termine (OMT), specifico per ogni Stato membro, e il braccio correttivo, finalizzato ad assicurare che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale superano i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del PIL;

    4) le modifiche al Patto di stabilità e crescita (PSC) adottate nel novembre 2011 mediante il cosiddetto Six Pack, e richiamate nel Fiscal compact, rafforzano il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del PIL stabilendo che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al livello del 60 per cento, il tasso di riduzione debba essere pari ad 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi;

    5) nel corso degli anni, l'impostazione del sistema di governance economica dell'Unione europea ha manifestato alcuni limiti in relazione al rispetto dei parametri di rientro dal debito pubblico, in particolare, la crisi finanziaria scoppiata nel 2008 ha messo in luce la necessità di rafforzare le regole di governance con il fine di rendere il sistema maggiormente efficiente con riguardo al coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e negli ultimi anni e recentemente a causa della pandemia da Covid-19;

    6) in un contesto mutato rispetto a quello della richiamata crisi finanziaria, sia sotto il profilo economico che con riguardo alle nuove sfide dell'Unione, nel febbraio 2020 la Commissione ha avviato la discussione sulla riforma della governance dell'UE, pubblicando una comunicazione sul tema del riesame del quadro di governance economica. La discussione è stata poi sospesa a seguito dell'attivazione della clausola di salvaguardia generale (General Escape Clause), utilizzata per assicurare agli Stati membri lo spazio fiscale necessario per fronteggiare, per l'appunto, le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19;

    7) l'elevatissimo livello di incertezza economica causato dalla guerra russa-ucraina ha poi determinato l'estensione temporale della clausola di salvaguardia generale, che sarà disattivata all'inizio del prossimo anno;

    8) nel 2021 l'esame sulla riforma del sistema di governance dell'Unione europea è stato riavviato dalla Commissione europea, anche al fine di tenere conto del significativo aumento dei livelli di indebitamento determinato dalla grave recessione e dalla necessaria risposta di bilancio alla crisi pandemica, nonché dell'importanza della titolarità nazionale, degli investimenti e delle riforme, elementi peculiari dei nuovi strumenti che l'UE ha varato per fronteggiarla, su tutti Next Generation EU, finanziato con l'emissione di debito comune, e il suo principale programma, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, nel cui ambito si collocano i Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR);

    9) il 26 aprile 2023 la Commissione europea ha presentato tre proposte legislative per riformare il quadro di regole della governance economica dell'Unione europea:

     a) proposta di regolamento sul coordinamento effettivo delle politiche economiche e sulla sorveglianza multilaterale di bilancio, che sostituisce l'attuale Regolamento del Consiglio 1466/1997 – cosiddetto braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita [COM(2023) 240];

     b) proposta di modifica del regolamento del Consiglio n. 1467/97 (cosiddetto braccio correttivo del PSC) per l'accelerazione e il chiarimento dell'attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi [COM(2023) 241];

     c) proposta di modifica della direttiva 2011/85/UE del Consiglio, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri direttiva [COM(2023) 242];

    10) tuttavia, rispetto alle sopracitate proposte legislative, restano invariati i parametri di riferimento del 3 per cento per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il PIL e del 60 per cento per il rapporto tra il debito pubblico e il PIL. Tali valori, infatti, sono fissati dal Protocollo (12) del TFUE e la loro modifica richiederebbe l'unanimità degli Stati membri;

    11) nel quadro della riforma, non viene proposta una golden rule finalizzata a escludere determinati investimenti dal computo dei saldi di finanza pubblica, specificamente quelli volti al sostegno della transizione ambientale ed energetica e della digitalizzazione o per aumentare le capacità di difesa, così come non è prevista una forma di capacità fiscale centrale comune;

    12) il ruolo di variabili non osservabili come il Pil potenziale, l'output gap e i saldi strutturali, pur essendo ridotto in modo rilevante nel nuovo quadro di regole, non viene totalmente eliminato. In particolare, l'impiego di proiezioni di medio-lungo periodo del Pil rende indispensabile una stima o una ipotesi della crescita del prodotto potenziale. Risulta, inoltre, necessaria una stima del saldo strutturale, e dunque dell'output gap, all'inizio delle proiezioni al fine di poter determinare sia lo scenario a politiche invariate sia quelli con aggiustamento;

    13) proprio l'impatto della pandemia da Covid-19 e il conflitto russo-ucraino, da cui è scaturita una forte crisi energetica, le mutate condizioni geopolitiche impongono la necessità di prevedere un quadro di regole che consenta una politica di bilancio in grado di sostenere l'economia durante le crisi ma al contempo in grado di costituire riserve di bilancio nei periodi di crescita economica, con regole certamente rigorose, ma anche in grado di sostenere la crescita;

    14) emerge, in particolare, l'esigenza di stabilire un inquadramento politico comune per assicurare coerenza tra la revisione del sistema di governance economica europea, le priorità comuni europee e le regole sugli aiuti di Stato, considerata la necessità di sviluppare una politica industriale europea in risposta alle sfide globali e alle misure adottate da altri partner internazionali;

    15) già in sede parlamentare, la V Commissione permanente (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei deputati e la 5a Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio) del Senato della Repubblica, al termine dell'esame della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell'Unione europea (COM(2022)583), hanno approvato, rispettivamente l'8 e il 9 marzo 2023, due distinti documenti con i quali si impegna il Governo a proseguire i negoziati in sede europea, indicando altresì le principali priorità individuate dal Parlamento italiano;

    16) risulta, quindi, fondamentale definire un rinnovato schema di regole caratterizzato da maggiore flessibilità e specificità rispetto alle peculiarità di ciascuno Stato membro, basato su una più ampia titolarità nazionale in tutte le fasi del processo;

    17) occorre, inoltre, nonostante la proposta legislativa della Commissione non modifichi la procedura di sorveglianza degli squilibri macroeconomici, ribadire l'opportunità di un rafforzamento di tale procedura, con particolare riferimento agli squilibri della bilancia commerciale e al livello del debito privato, scongiurando un eccessivo inasprimento del sistema correttivo e sanzionatorio;

    18) nel corso dell'ultimo Ecofin informale tenutosi a Santiago de Compostela il 15 e 16 settembre 2023 i ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione europea hanno concordato sulla necessità di fare sforzi per giungere ad un accordo condiviso entro la fine dell'anno sulla riforma del Patto di stabilità e crescita;

    19) nel corso della riunione il Ministro Giorgetti ha ribadito la proposta italiana di scorporare, selettivamente, temporaneamente (fino al 2026) e per quote determinate, dall'aggregato di spesa quelle effettuate nell'ambito del Pnrr e per la difesa,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative in sede negoziale europea in linea con l'obiettivo di garantire un maggior grado di titolarità nazionale delle regole di bilancio, sulla base di un percorso di aggiustamento di riferimento di medio periodo che tenga conto anche del dialogo bilaterale tra gli Stati membri e la Commissione europea in modo da tener conto, nella definizione del percorso di aggiustamento e rientro dal debito, della situazione specifica di ogni Paese;

2) a portare avanti il negoziato sulla riforma della governance economica europea, promuovendo l'adozione di regole più semplici, trasparenti e capaci di sostenere la crescita e promuovere gli investimenti pubblici strategici, nonché l'individuazione di percorsi di aggiustamento verso la riduzione del debito pubblico e controllo della spesa più realistici e graduali;

3) a sostenere, in sede di negoziazione europea e di rapporti bilaterali con i partner europei, un trattamento preferenziale per gli investimenti nei settori individuati come prioritari a livello europeo e la proposta italiana di scorporare, selettivamente, temporaneamente (fino al 2026) e per quote determinate, dall'aggregato di spesa quelle effettuate nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la difesa;

4) a promuovere durante il negoziato sulla revisione della governance economica europea una opportuna coerenza con le discussioni in corso sul Piano industriale del Green deal, sul quadro temporaneo di crisi e transizione e, in particolare, sulla nuova disciplina degli aiuti di Stato;

5) a proseguire, nell'ambito del negoziato sulla riforma della governance economica europea, con gli impegni assunti in sede di approvazione dei precedenti atti di indirizzo nei due rami del Parlamento italiano e con gli eventuali ulteriori indirizzi che saranno indicati all'esito dell'esame delle proposte legislative avanzate dalla Commissione europea;

6) con riferimento all'individuazione di un eventuale indicatore unico per la sorveglianza fiscale, a porre in essere ogni iniziativa, in sede di negoziazione a livello europeo, volta a mantenere un equilibrio e un contemperamento tra le diverse finalità delle regole fiscali in modo da coniugare la sostenibilità dei conti e il mantenimento di un profilo di crescita duraturo e inclusivo garantendo adeguati margini di flessibilità per l'adozione di interventi tesi alla stabilizzazione del ciclo economico;

7) ad assumere le opportune iniziative, in sede di negoziati europei, volte a prevedere che la definizione della traiettoria tecnica per la spesa netta debba avvenire con estrema attenzione, auspicabilmente assicurando una proficua interlocuzione tra la Commissione europea e i singoli Stati membri in base a chiari e trasparenti argomenti tecnici ed evidenze empiriche, per tenere conto altresì degli effetti delle riforme strutturali sul potenziale di crescita ed evitare una potenziale reintroduzione di variabili particolarmente complesse e poco osservabili;

8) a seguire con estrema attenzione l'evoluzione dei negoziati sulla riforma della governance UE, riservando, ove non soddisfacente, il proprio giudizio di merito;

9) in caso di mancata intesa a livello europeo, a sostenere, laddove ricorrano le condizioni, la rinnovazione della clausola di salvaguardia generale (General Escape Clause) e, in chiave permanente, una revisione dell'attuale Patto di stabilità e crescita che preveda una regola di riduzione del debito meno severa e irrealistica.
(1-00195) «Candiani, Lucaselli, Rossello, Romano, Bagnai, Mantovani, Battilocchio, Giglio Vigna, Trancassini, Cattaneo, Cecchetti, Cannata, Barabotti, Giorgianni, Cattoi, Mascaretti, Comaroli, Rampelli, Frassini, Angelo Rossi, Ottaviani, Tremaglia, Ambrosi, Caiata, Di Maggio, Donzelli, Giordano, Pietrella, Rotondi».

(10 ottobre 2023)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A SALVAGUARDIA DEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE

   La Camera,

   premesso che:

    1) l'articolo 32 della nostra Costituzione definisce espressamente la «salute» come un diritto fondamentale dell'individuo che deve essere garantito a tutti indipendentemente dall'essere cittadini italiani o meno, dal possedere un reddito o dall'essere indigenti;

    2) sulla base di tale principio 45 anni fa la legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn) con l'obbiettivo di garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione sociale, economica o territoriale, configurandosi come uno strumento di giustizia e di coesione sociale, secondo i principi di universalità ed eguaglianza;

    3) come recita l'articolo 1 della legge n. 833 del 1978: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il Servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana» mentre l'articolo 2, avendo ben presente le difformità territoriali presenti nell'accesso alle cure ed alla prevenzione incarica il Servizio sanitario nazionale nell'ambito delle sue competenze a perseguire il superamento degli squilibri territoriali;

    4) universalità, uguaglianza e equità sono stati, quindi, una tappa fondamentale per lo sviluppo della sanità pubblica italiana, che ancora oggi, nonostante la crisi che sta passando negli ultimi decenni, tende ad assicurare il diritto alla salute per tutti a prescindere da censo o provenienza geografica. Ogni persona ha il diritto a essere curata e ogni malato deve essere considerato un legittimo utente di un pubblico servizio, di cui ha pieno e incondizionato diritto;

    5) nonostante tali principi, tuttavia, un insieme di fattori politici, finanziari e organizzativi, a cui si è aggiunta infine la pandemia da Covid-19, hanno determinato l'aggravarsi di significative disparità sociali e difformità territoriali. Oggi ci si trova di fronte a poche realtà che sono in grado di assicurare servizi e prestazioni all'avanguardia e di eccellenza a cui se ne affiancano altre ove è difficoltoso, se non impossibile, garantire anche solo i livelli essenziali di assistenza, con la conseguenza che pochi riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono;

    6) rispetto al 2019 nel triennio 2020-2022, a fronte dell'emergenza pandemica, sono stati stanziati 18 miliardi di euro aggiuntivi e il livello della spesa sanitaria ha superato il 7 per cento del prodotto interno lordo, mentre attualmente le stesse stime della Nadef 2023, con un rapporto spesa sanitaria/prodotto interno lordo in costante e rapida decrescita, spingono la sanità pubblica verso il collasso;

    7) al finanziamento ordinario del Servizio sanitario nazionale vanno aggiunte poi le risorse previste per la sanità dalla Missione 6 del Pnrr pari a 15,63 miliardi di euro (l'8,16 per cento di 191,5 miliardi di euro previsti dal Piano), divisi in due obiettivi principali: M6C1: reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza territoriale sanitaria (7 miliardi euro), allo scopo di riformare gli standard strutturali, organizzativi e tecnologici per l'assistenza entro il 2021 con l'approvazione di uno specifico decreto ministeriale e definire un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in linea con l'approccio «One-Health », mediante un apposito disegno di legge entro la metà del 2022; M6C2: innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale (8,63 miliardi di euro);

    8) la Missione 6 ha come obiettivo il diffondere di nuovi modelli per la tutela della salute attraverso lo sviluppo di diverse innovazioni organizzative tra cui l'istituzione e il potenziamento delle case della comunità, delle centrali operative e degli ospedali di comunità;

    9) in particolare, nel documento originario della Missione 6 si prevedeva la costituzione di 1350 case della comunità, 600 centrali operative territoriali e 400 ospedali di comunità, con un totale di personale pari a circa 18.350 infermieri, 10.250 unità di personale di supporto, 2.000 operatori sociosanitari e 1.350 assistenti sociali e degli ospedali; lo sviluppo di reti di prossimità, della telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale; una più efficace integrazione tra tutti i servizi sociosanitari; la promozione dell'innovazione, della ricerca e delle digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale;

    10) tutto questo è stato messo in discussione dall'attuale Governo che più volte ha ribadito la difficoltà di istituire le case e gli ospedali di comunità e nella sua bozza di riforma della Missione 6 uscita a fine luglio 2023 specifica che «il contesto attuale comporta difficoltà di attuazione non solo per le strutture sanitarie (Casa della Comunità, Ospedali della Comunità, Ospedali sicuri e sostenibili) ma anche per i progetti di transizione digitale (quali telemedicina, sostituzione delle grandi apparecchiature, digitalizzazione dei Dea di I e II livello) nella misura in cui richiedono lavori edili per la preparazione dei locali. Ulteriori criticità sono riconducibili a criticità nelle catene di nell'approvvigionamento delle materie prime, nella fornitura di attrezzature e nella logistica, riconducibili in parte alla mancanza di flessibilità degli strumenti contrattuali utilizzabili dai soggetti attuatori e in parte a strozzature dal lato dell'offerta (legate ad esempio alla concentrazione in capo a pochi operatori economici specializzati in ambito sanitario)»;

    11) in particolare, nella bozza del piano di revisione del Governo il target per le case della comunità scende da 1.350 a 936, gli ospedali di comunità passano da 400 a 304. Le centrali operative territoriali (Cot) scendono da 600 a 524; il fascicolo sanitario elettronico dovrebbe essere integrato solo con l'inserimento dei documenti dei nativi digitali, escludendo dal perimetro dell'intervento la migrazione/trasposizione ad hoc di documenti cartacei attuali o vecchi; i progetti di telemedicina sono posticipati;

    12) sempre nella bozza di revisione della Missione 6 si legge che allo stesso tempo il piano del Governo individua nuove «azioni tese ad affiancare e rafforzare le linee d'intervento preesistenti affinché si possano conseguire risultati sostenibili anche dal punto di vista organizzativo e gestionale. Per gli interventi parzialmente espunti dal Piano si propone, inoltre, la piena realizzazione attraverso risorse nazionali e secondo tempistiche che potranno essere successive a giugno 2026. Nel complesso, le modifiche proposte mirano a preservare l'ambizione della missione Salute e a realizzare appieno quanto previsto dal DM n. 77/22, rendendo le strutture territoriali pienamente funzionanti ed operative anche attraverso l'integrazione di figure professionali quali gli specialisti ambulatoriali interni e la dotazione di attrezzature e tecnologie innovative e sostenibili dal punto di vista energetico»;

    13) in merito al documento di modifica della Missione 6 del Pnrr, le regioni hanno lamentato un loro mancato coinvolgimento, nonostante ogni presidente di regione avesse sottoscritto il Cis (contratto istituzionale di servizio) insieme al Ministro della salute, nonché la preoccupazione che la sostituzione delle risorse dell'Unione europea con quelle del bilancio nazionale (utilizzazione delle risorse per l'edilizia sanitaria ex articolo 20) potrebbe rappresentare un'incognita con il rischio di bloccare i cantieri;

    14) il precedente Governo, nell'ambito delle riforme connesse al Pnrr, aveva adottato il decreto ministeriale n. 77 del 2022 «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» definendo così i nuovi modelli e i nuovi standard per l'assistenza territoriale, in un'ottica di avvicinamento della sanità al domicilio dei cittadini con l'obiettivo di introdurre un modello organizzativo per la rete di assistenza primaria che comprendesse standard strutturali, tecnologici e organizzati che garantissero ai cittadini e operatori del Servizio sanitario nazionale il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea);

    15) il decreto n. 77 del 2022 mira, infatti, ad individuare le priorità d'intervento in un'ottica di prossimità e di integrazione tra le reti assistenziali territoriali, ospedaliere e specialistiche e alla continuità delle cure per coloro che vivono in condizioni di cronicità, fragilità o disabilità anche attraverso l'integrazione tra il servizio sociale e quello sanitario;

    16) in tale ottica le case della comunità, le centrali operative territoriali, l'infermiere di famiglia e di comunità, le unità di continuità assistenziale, l'assistenza domiciliare, gli ospedali di comunità sono tutti elementi fondamentali per la buona riuscita del modello delineato dal Pnrr e dal decreto n. 77 del 2022;

    17) è pur vero che la riorganizzazione della medicina territoriale si scontra con la carenza di medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta;

    18) secondo l'ultimo rapporto Agenas sui medici di medicina generale emerge innanzitutto una progressiva diminuzione di quelli in attività: nel 2021 erano 40.250, ovvero 2.178 in meno rispetto al 2019 (-5,4 per cento) con notevoli variabilità regionali. A ciò si deve poi aggiungere il preoccupante quadro anagrafico che vede nel 2021 il 75,3 per cento dei medici di medicina generale in attività avere oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale;

    19) secondo le rilevazioni della Struttura interregionale sanitari convenzionati (Sisac) al 1° gennaio 2022 c'erano 51,3 milioni di assistiti per 39.270 medici di medicina generale, con una media nazionale di 1.307 assistiti per medici di medicina generale. In realtà si va dai 1.073 della Sicilia ai 1.461 del Veneto, ai 1.466 della Lombardia, fino ai 1.545 della provincia autonoma di Bolzano. Tali numeri, al di là dei dati medi, fanno sì che per diverse migliaia di cittadini venga meno la possibilità di avere il medico di medicina generale, o di poterlo scegliere liberamente, non solo nelle zone con bassa densità abitativa, con condizioni geografiche disagiate o rurali ma anche nelle periferie delle grandi città;

    20) una risposta concreta, seppur non sufficiente a colmare tale carenza, sono state le 900 borse aggiuntive annuali fino al 2025 finanziate con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che si aggiungono alle 1.879 finanziate con fondi ordinari, per un totale di 2.779 borse;

    21) l'incremento di borse di studio di medicina generale è parte di un aumento complessivo di 30.800 nuove borse di studio che negli ultimi due anni è andato nella direzione di un superamento dello storico problema dell'imbuto formativo che limita l'accesso alle scuole di specializzazione dei neolaureati in medicina;

    22) le difficoltà della medicina generale non scaturiscono solo dal numero insufficiente di medici di medicina generale, ma anche e soprattutto dalla debolezza di una rete che in tanti territori è costituita solo dallo studio del medico e dalla farmacia;

    23) la riforma della medicina generale attesa da anni diviene, quindi, ancora più urgente per connettere l'attività della medicina di base alle nuove strutture e servizi previsti dalla Missione 6 del Pnrr;

    24) nella riforma dell'assistenza territoriale è necessario prevedere la possibilità anche per le 96.000 persone senza dimora (secondo i dati Istat pubblicati a dicembre 2022), di cui il 62 per cento di nazionalità italiana di potersi iscriversi negli elenchi degli assistiti delle aziende sanitarie locali territoriali di riferimento allo scopo di effettuare la scelta del medico di medicina generale e accedere alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini residenti in Italia;

    25) la riorganizzazione della rete territoriale incide anche sull'annosa questione degli accessi impropri al pronto soccorso e del recupero delle liste di attesa andatasi ad ingrossare durante il periodo pandemico nonostante gli interventi del legislatore e del Governo;

    26) i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie costituiscono una delle principali criticità del Servizio sanitario nazionale con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente subendo gravi disagi (necessità di ricorrere alle strutture private, migrazione sanitaria, aumento della spesa out-of-pocket, impoverimento), sino alla rinuncia alle cure con pesanti conseguenze sulla salute;

    27) la riduzione in volume delle prestazioni sanitarie durante gli anni della pandemia è stata generalizzata in tutte le regioni italiane e non sono bastati gli interventi emergenziali, l'immissione di personale in tutte le forme contrattuali possibili e, come sottolineato dalla Corte dei conti nel 2022, nessuna regione ha raggiunto in tutte le aree obiettivo (ricoveri, screening e prestazioni ambulatoriali) le quote di recupero previste nei piani operativi;

    28) nell'ambito dell'organizzazione, a livello regionale, dell'offerta sanitaria, la gestione delle liste di attesa costituisce indubbiamente uno degli aspetti più critici di un sistema sanitario, quale quello italiano organizzato su base universalistica e istituzionalmente deputato a rispondere alla domanda di prestazioni mediche da parte dei cittadini in condizioni di parità di accesso e in tempi compatibili con le esigenze di cura richieste dalle specifiche condizioni di salute di ognuno di essi;

    29) oltre al grave problema delle liste di attesa permane il fatto che nonostante i Livelli essenziali di assistenza siano stati modificati nel 2017 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017), ad oggi non sono ancora totalmente operativi, poiché pur essendo stato approvato il cosiddetto decreto tariffe (decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e della finanza, del 23 giugno 2023), con il consenso delle regioni, avendo avuto queste la promessa dal Governo che i maggiori costi stimati in 400 milioni di euro sarebbero stati assicurati mediante l'incremento del Fondo sanitario nazionale, questo entrerà in vigore il 1° gennaio 2024 per le tariffe dell'assistenza specialistica ambulatoriale e il 1° aprile 2024 per le tariffe dell'assistenza protesica, sempre che non subentrino ulteriori problemi di copertura e di gestione;

    30) in un quadro già segnato da notevoli divari territoriali in materia di salute è irricevibile la proposta di autonomia differenziata che cancellerebbe il nostro il Servizio sanitario nazionale (Ssn), tradendone i principi di universalità, equità e solidarietà, per cui tutti i cittadini, indipendentemente da origini, residenza e censo devono essere curati allo stesso modo con oneri a carico dello Stato, mediante prelievo fiscale su base proporzionale come del resto affermato in occasione del discorso di fine anno 2022 dal Presidente della Repubblica Mattarella: «operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive»;

    31) la pandemia da Covid-19 ha evidenziato la gravissima carenza di personale sanitario nel nostro Sistema con un crescendo di difficoltà a reperire sul mercato del lavoro personale dirigente medico ed infermieristico a seguito non solo del blocco del turn-over ma anche delle misure di contenimento delle assunzioni facendo sì che negli ultimi anni il personale a tempo indeterminato del Sistema sanitario nazionale sia fortemente diminuito;

    32) secondo l'ultimo rapporto Agenas del novembre 2022 la criticità vera ed immediata riguarda il personale infermieristico poiché l'Italia ha un numero di infermieri inferiore rispetto a quello della media europea a cui segue una carenza di medici e di personale tecnico;

    33) secondo i dati Oecd del 2020 nel sistema sanitario italiano operano 6,2 infermieri ogni 1.000 abitanti, rispetto a una media europea di 8,8 e a punte di 18 per la Svizzera e la Norvegia, 13 per la Germania, 11 per la Francia e 8,2 per il Regno Unito;

    34) secondo il diciottesimo rapporto sanità del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (Crea) dell'Università di Roma Tor Vergata, la spesa sanitaria privata è arrivata a oltre 1.700 euro a famiglia, tanto che il 5,2 per cento dei nuclei familiari versa in disagio economico per le spese sanitarie; 378.627 nuclei (l'1,5 per cento) si impoveriscono per le spese sanitarie e 610.048 (il 2,3 per cento) sostengono spese sanitarie cosiddette «catastrofiche»;

    35) sempre più cittadini rinunciano a prestazioni sanitarie nel pubblico a favore di strutture private che sono in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali (a volte anche inferiori) e soprattutto in tempi più rapidi rispetto alle lunghe liste di attesa della sanità pubblica; ma la «sanità privata accreditata» non ha l'obbligo dei Lea, può selezionare i pazienti, non si occupa di prevenzione, non deve svolgere attività di emergenza e urgenza;

    36) secondo l'ultimo rapporto dell'Agenas l'intramoenia passa dall'8 per cento per le visite oncologiche e fisiatriche al 42 per cento per ecografie ginecologiche. In particolare, in 13 regioni su 20 il rapporto tra attività in Alpi (attività libero-professionale intramuraria) e in regime istituzionale risulta superiore al 100 per cento per alcune prestazioni, soprattutto in ambito ginecologico ed è ormai praticamente azzerata l'intramoenia «fuori le mura» poiché il 99 per cento dell'attività si svolge all'interno dell'azienda o in strutture in rete con prenotazioni centralizzate nella maggior parte delle regioni;

    37) in questi anni di emergenza pandemica si è rafforzata nel Paese la consapevolezza che una rete integrata di servizi territoriali di base è indispensabile per assicurare capillarmente la presa in carico delle persone e delle comunità, garantendo l'accessibilità e la continuità delle cure anche alle fasce di popolazione socialmente più svantaggiate e più difficili da raggiungere;

    38) la potenziale previsione di una popolazione ultra-65enne pari al 35 per cento del totale nel 2050 (23,5 per cento nel 2021), impone già oggi due azioni contemporanee: aumentare il più possibile gli anni di vita in salute e approntare prima possibile un sistema di cure di lungo periodo in grado di reggere in modo appropriato e consistente quel tipo di carico assistenziale;

    39) dal punto di vista specifico dell'organizzazione dei sistemi di cura, i bisogni portati dalla condizione di non autosufficienza costringono a pensare l'assistenza primariamente in modo estensivo e di lungo termine, mentre al momento i nostri sistemi sono costruiti per lavorare soprattutto su bisogni acuti e intensivi;

    40) da questo punto di vista, quindi, la riforma della non autosufficienza recata dalla Missione M5C2 del Pnrr deve essere direttamente collegata al decreto ministeriale n. 77 del 2022: «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» che a sua volta è collegato alla Missione M6C1 del Pnrr; questo perché, se da un lato viene affermata la specificità della materia e del suo «statuto assistenziale», dall'altro lato deve essere chiaro come lo sviluppo dei servizi dedicati alla non autosufficienza debbano essere inseriti nella più ampia trasformazione dei sistemi territoriali sanitari e sociali;

    41) inoltre, è importante ridare slancio ai consultori istituti con la legge n. 405 del 1975 quali servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna, delle persone in età evolutiva e in adolescenza, delle coppie e delle famiglie inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr e dagli atti attuativi;

    42) un sistema sanitario vicino a tutte le donne deve garantire, in tutte le regioni, il diritto all'interruzione di gravidanza come sancito dalla legge n. 194 del 1978, risolvendo definitivamente il grave contrasto tra il diritto all'obiezione di coscienza del personale sanitario e il diritto della donna di abortire in una struttura pubblica, in sicurezza e nei tempi previsti;

    43) tra le tante conseguenze negative della pandemia Covid-19 c'è stato anche un notevole aumento del disagio psicologico nelle persone più fragili e tra i giovani, un problema urgente di cui solo un Sistema sanitario nazionale rafforzato con risorse e professionalità adeguate può farsi adeguatamente carico;

    44) il benessere psicologico deve diventare un obiettivo fondamentale per il nostro Sistema sanitario nazionale, perché è un requisito fondamentale per la qualità della vita individuale, sociale e per la salute; a questo scopo vanno adottati programmi centrati sulla scuola come luogo dello sviluppo della persona e sui servizi sociali come strumenti di un welfare inclusivo;

    45) i cittadini italiani, sia minorenni sia adulti, in base ai Livelli essenziali di assistenza vigenti hanno diritto al sostegno psicologico e alla psicoterapia e per garantire tale diritto occorre dotare il Paese di una rete di prevenzione e promozione psicologica pubblica, inserendo la figura dello psicologo di base all'interno del sistema sanitario territoriale come primo e più immediato presidio per le azioni di prevenzione e promozione della salute e per quelle di cura e assistenza;

    46) l'obiettivo della psicologia delle cure primarie deve essere quello di garantire il benessere psicologico di qualità nella medicina di base, sul territorio, vicino alla realtà di vita dei pazienti, delle loro famiglie e delle loro comunità;

    47) l'attenzione alla componente psicologica della salute è fondamentale e non si tratta solo di offrire cure al disturbo psicologico o di trattare il problema individuale ma si tratta di occuparsi del benessere e della salute psicofisica dei cittadini di un territorio, dei membri di una comunità, in modo equo e accessibile;

    48) in tema di prevenzione l'istituzione della rete denominata Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici (Snps) sottolinea l'urgente necessità di un approccio «one health» nella tutela della salute pubblica;

    49) tenendo conto di tale approccio nel settembre 2018 il Parlamento europeo ha adottato un piano d'azione europeo «one health» contro la resistenza antimicrobica (2017/2254 (INI)), rilevando che l'abuso di antibiotici compromette la loro efficacia, determina la diffusione di microbi estremamente resistenti, che mostrano una particolare resistenza agli antibiotici di ultima linea;

    50) per dare seguito a tale piano è necessario sviluppare e consolidare la fondamentale collaborazione a livello dell'Unione europea in tema di antimicrobico-resistenza nonché mantenere aggiornato costantemente il prontuario farmaceutico nazionale, con particolare riguardo alle indicazioni d'uso degli antimicrobici a tutela dell'appropriatezza prescrittiva e a contrastare la vendita illegale di prodotti antimicrobici ovvero la loro vendita senza prescrizione medica o veterinaria;

    51) sul piano strategico è assolutamente necessario un incremento del Fondo sanitario nazionale di almeno 4 miliardi l'anno per il prossimo quinquennio e il superamento del tetto di spesa per il personale,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a definire adeguate misure per ridurre le disparità territoriali in materia di sanità, rispettando i principi di universalità, uguaglianza e solidarietà che ispirano la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, rinunciando al progetto di autonomia differenziata;

2) a dare piena e completa attuazione al decreto ministeriale n. 77 del 2022, anche attraverso l'utilizzo di tutte le risorse previste dalla Missione 6 del Pnrr volte a realizzare, in ogni distretto sanitario, le centrali operative territoriali, le case della comunità dove i cittadini possano trovare assistenza ventiquattr'ore su ventiquattro ogni giorno della settimana e gli ospedali di comunità per la presa in carico dei pazienti nelle fasi post ricovero ospedaliero o in tutti quei casi dove c'è bisogno di una particolare assistenza vicino al domicilio del paziente;

3) a potenziare, sempre in relazione all'attuazione del decreto ministeriale n. 77 del 2022, il lavoro dei medici di medicina generale rendendoli pienamente protagonisti e connessi con la nuova rete territoriale, promuovendone la gestione associata ed accordi per la loro presenza all'interno delle case della comunità e prevedendo iniziative volte a incentivare i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e il personale infermieristico a svolgere la propria attività professionale in ambiti territoriali disagiati, al fine di assicurare anche in queste zone un'adeguata assistenza primaria;

4) a promuovere una forte integrazione tra attività territoriale e ospedaliera liberando così gli ospedali, e in particolare i pronto soccorso, dagli accessi impropri;

5) ad adottare un approccio preventivo e multidimensionale che non lasci indietro nessuno con una forte integrazione tra ospedale e territorio, tra cura ed assistenza che porti ad una reale integrazione dei servizi sociosanitari al fine di presidiare efficacemente le situazioni legate ad aree di fragilità sempre più complesse come la famiglia, i minori, l'età evolutiva, la salute mentale, la disabilità, la non autosufficienza, le dipendenze patologiche e le cure palliative anche attraverso équipe multidisciplinari e multiprofessionali che permettano una presa in carico della cronicità e delle diverse condizioni di fragilità in modo globale e sempre in ottica di integrazione dei servizi sociosanitari ad introdurre lo strumento del budget di salute volto a contrastare e a prevenire la cronicizzazione istituzionale o familiare, l'isolamento e lo stigma delle persone fragili, nonché favorire il loro inserimento socio-lavorativo;

6) a potenziare i servizi per la salute mentale destinando ad essi il 5 per cento del Fondo sanitario nazionale, dando anche seguito all'intesa Stato-regioni del 21 dicembre 2022 sulla «nuova metodologia per il calcolo dei fabbisogni di personale del SSN» nonché ad aggiornare, anche al fine di garantire l'effettiva tutela della salute mentale quale componente essenziale del diritto alla salute, i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, privilegiando percorsi di cura individuali in una prospettiva di presa in carico della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale secondo i principi della «recovery» e sulla base di un processo partecipato;

7) ad istituire, al fine di assicurare il benessere e la salute psicofisica delle persone promuovendo consapevolezza, promozione di salute e adozione di comportamenti positivi, la figura dello psicologo delle cure primarie, quale primo livello di servizi di cure psicologiche di qualità, accessibile, efficace, cost effective ed integrato con gli altri servizi sanitari per una presa in carico rapida del paziente ed a servizio di tutti e non solo per una particolare categoria di persone;

8) ad operare attivamente, al fine di evitare e ridurre i rischi e i danni alla salute correlati all'uso ed abuso di sostanze stupefacenti, sia promuovendo interventi di prevenzione con piani di azione integrati tra i dipartimenti e le varie realtà presenti sul territorio compreso il terzo settore e le associazioni di volontariato, sia rilanciando una rete di servizi mirati alla «riduzione del danno», una strategia che, distinguendo tra uso, abuso e dipendenza, introduca modelli di contrasto aderenti alla situazione in atto garantendo modelli di presa in carico differenziati con programmi terapeutici individualizzati e integrati con interventi di natura sociale per i minori.

9) a dare piena attuazione alla legge 23 marzo 2023 n. 33, in materia di non autosufficienza, adottando quanto prima i decreti legislativi sulla base di un confronto con il mondo associativo, le regioni e i comuni e prevedendo risorse economiche adeguate volte a rafforzare la prevenzione, la cura a domicilio e la riqualificazione delle strutture residenziali e semi residenziali al fine di assicurare cure e prestazioni più estese e di qualità.

10) ad adottare iniziative per sviluppare e potenziare la rete dei consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, delle coppie e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute, punto di raccordo tra le varie professionalità che aiutano le donne e le loro le famiglie anche alla luce delle nuove problematiche e dei nuovi scenari quali aumento della povertà e delle diseguaglianze, fenomeni di violenza e abuso, soprattutto di genere, solitudine, fragilità e disagi emotivi, precarietà, immigrazione, nuove forme familiari, con aumento di quelle mononucleari, senza legami stabili;

11) a presentare quanto prima la relazione annuale sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 già prevista per il mese di febbraio 2023, nonché ad adottare iniziative, per quanto di competenza, sui sistemi sanitari regionali affinché in ogni regione, nonostante il ricorso all'obiezione di coscienza del personale medico e sanitario, sia garantito in ogni struttura, nei tempi previsti dalla legge, l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza;

12) a predisporre linee guida nazionali volte a rendere omogeneo su tutto il territorio italiano l'utilizzo di mifepristone e prostaglandine (cosiddetto aborto farmacologico), nonché a predisporre, quanto prima, tutte le misure necessarie affinché la decisione assunta il 21 aprile 2023 dal Comitato prezzi e rimborso dell'Agenzia italiana del farmaco di rendere gratuita la contraccezione ormonale per tutte le donne sia resa finalmente operativa;

13) ad istituire la figura dell'ostetrica di comunità quale soggetto fondamentale anche al fine di accompagnare e sostenere al domicilio le mamme e entrambi i genitori nella fase post-parto, valorizzando tutte le professionalità sanitarie e sociali già esistenti piuttosto che istituendo una non meglio definita nuova figura di «assistente materna»;

14) ad attribuire ad Agenas, quale ente del Servizio sanitario nazione di supporto tecnico scientifico del Ministero della Salute, nell'ambito del Piano nazionale di governo delle liste di attesa, le funzioni di monitoraggio, verifica e controllo dei tempi medi di accesso alle prestazioni sanitarie ambulatoriali ed ospedaliere delle regioni, anche attraverso l'accesso diretto alle banche dati contenenti i flussi sanitari e l'invio di una relazione semestrale al Ministro della salute che a sua volta riferisce alle Camere;

15) a promuovere un approccio «one health» del Servizio sanitario nazionale mirante a riconoscere che la salute dell'uomo, degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell'ambiente in generale sono strettamente collegati e interdipendenti, riconoscendo che vi è la necessità comune di acqua pulita, energia e aria, alimenti sicuri e nutrienti nonché la necessità di contrastare il cambiamento climatico in quanto la qualità ambientale e il benessere animale sono elementi fondamentali nella tutela della salute pubblica;

16) a mettere in atto azioni per contrastare l'attuale ridimensionamento dei dipartimenti di prevenzione collettiva e salute pubblica verificando la piena operatività in tutte le sette aree previste dai Lea, implementando le risorse umane, strumentali e finanziarie anche a garanzia della promozione dei corretti stili di vita, l'esecuzione dei programmi di screening, oltre alla sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche e della tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro;

17) a dare seguito alla promessa rilasciata in sede di approvazione del «decreto tariffe» prevedendo, fin dal primo provvedimento utile, lo stanziamento di ulteriori 400 milioni di euro volti a coprire i maggiori costi derivanti dal decreto stesso.
(1-00191) (Nuova formulazione) «Braga, Furfaro, Ciani, Girelli, Malavasi, Stumpo, Bonafè, Casu, De Luca, De Maria, Ferrari, Fornaro, Ghio, Morassut, Toni Ricciardi, Roggiani».

(6 ottobre 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il 2 ottobre 2023 il Presidente della Repubblica ha ribadito come il sistema sanitario sia un patrimonio prezioso da difendere;

    2) l'articolo 32 della Costituzione italiana sancisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti;

    3) i principi fondamentali del nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn), istituito con la legge n. 833 del 1978, sono l'universalità, l'uguaglianza e l'equità; l'universalità comporta che le prestazioni sanitarie siano fruibili, uniformemente, da tutte le persone che si trovano nel nostro paese attraverso i servizi erogati dalle strutture sanitarie dislocate nel territorio; l'uguaglianza comporta che tutti i cittadini devono poter accedere alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale senza distinzione alcuna e l'equità, invece, comporta che tutti i cittadini possano accedervi in condizione di parità in rapporto a uguali bisogni di salute;

    4) è proprio dall'articolo 32 della Costituzione e dal connubio di universalità, uguaglianza ed equità che consegue il compito/dovere dello Stato di finanziare il SSN, di sostenerlo economicamente e di garantire e tutelare la salute dell'intera collettività;

    5) la deprivazione economica e lo stato di salute sono inestricabilmente legati e generalmente l'aspettativa di vita aumenta in modo molto evidente con l'aumentare della ricchezza media; dinanzi a questa indiscutibile verità appare evidente come le misure di contrasto alla povertà siano essenziali per assicurare lo stato di salute della popolazione;

    6) la società è cambiata, ma i determinanti della salute restano gli stessi declinati nella conferenza di Alma Ata del 1978, la famosa «piramide dei determinati della salute»: ciò che fa salute sono prima di tutto la sicurezza economica e sociale e l'istruzione di ogni individuo, seguono le politiche sanitarie generali, come ad esempio quelle di igiene pubblica (potabilizzazione delle acque, impianti fognari, prevenzione ed altro);

    7) coerentemente con i principi espressi dalla dichiarazione dei diritti umani dell'Onu, dalla nostra Carta costituzionale, dalla carta sociale europea, dalla dichiarazione di Alma Ata, dalla Carta di Ottawa dell'Oms, dalla legge n. 833 del 1978, occorre mettere al centro dell'agenda politica del Paese il benessere e la qualità di vita dei cittadini attraverso azioni che non transigano da i seguenti tre aspetti:

     a) considerare la platea a cui di rivolge il Servizio sanitario nazionale fatta di cittadini esigibili di diritti e doveri e non di pazienti da curare (peraltro troppo spesso mercificati come clienti a cui erogare servizi);

     b) promuovere e proteggere la salute intesa come completo benessere, piuttosto che la sanità;

     c) considerare la spesa in salute non un costo ma un vero e proprio investimento per l'intero sistema Paese;

    8) secondo le più accreditate analisi degli osservatori del sistema salute, alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro, di cui circa 25 miliardi di euro nel periodo 2010-2015, in conseguenza dei tagli lineari effettuati nelle diverse manovre finanziarie e oltre 12 miliardi di euro nel periodo 2015-2019, come processo di progressivo definanziamento che, per obiettivi di finanza pubblica, ha assegnato al Servizio sanitario nazionale meno risorse rispetto ai livelli programmati;

    9) dopo una inversione di tendenza negli anni della pandemia, quando la spesa sanitaria era tornata a crescere progressivamente, dalla manovra economica per il 2023 la spesa sanitaria è tornata nuovamente a contrarsi, come peraltro rappresentato anche dalla Corte dei conti che proprio in occasione della predetta manovra 2023 ebbe a stigmatizzare il fatto che il rapporto fra spesa sanitaria e prodotto interno lordo si portava su livelli inferiori a quelli precedenti alla crisi sanitaria già dal 2024 (al 6,3 per cento), per ridursi ancora di un decimo di punto nell'anno terminale (2025);

    10) nella Nota di aggiornamento al Def 2023, rispetto al 2022, la spesa sanitaria del 2023 aumenta del 2,8 per cento, in termini assoluti di 3.631 milioni di euro, ma si riduce dal 6,7 per cento al 6,6 per cento in termini di percentuale di prodotto interno lordo; a fronte di una crescita media annua del prodotto interno lordo nominale del 3,5 per cento, nella Nadef si stima la crescita media della spesa sanitaria all'1,1 per cento;

    11) il rapporto spesa sanitaria/pil precipita quindi dal 6,6 per cento del 2023 al 6,2 per cento nel 2024 e nel 2025, e poi ancora al 6,1 per cento nel 2026; rispetto al 2023, in termini assoluti la spesa sanitaria del 2024 scende a 132.946 milioni di euro (-1,3 per cento), per poi risalire nel 2025 a 136.701 milioni di euro (+2,8 per cento) e a 138.972 milioni di euro (+1,7 per cento) nel 2026;

    12) come rilevato anche dall'analisi indipendente della fondazione Gimbe, «è del tutto evidente che l'irrisorio aumento della spesa sanitaria di 4.238 milioni di euro (+1,1 per cento) nel triennio 2024-2026 non basterà a coprire nemmeno l'aumento dei prezzi, sia per l'erosione dovuta all'inflazione, sia perché l'indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all'indice generale di quelli al consumo» e che pertanto le stime previsionali sulla spesa sanitaria 2024-2026 «non lasciano affatto intravedere investimenti da destinare al personale sanitario, ma certificano piuttosto evidenti segnali di definanziamento. In particolare il 2024, lungi dall'essere l'anno del rilancio, segna un preoccupante -1,3 per cento»;

    13) complessivamente le stime della Nadef 2023 confermano, come sottolineato anche dal presidente della fondazione Gimbe, che la sanità rimane la «cenerentola» dell'agenda politica e nonostante le dichiarazioni programmatiche sugli stanziamenti 2024-2026 da destinare al personale del Servizio sanitario nazionale, la Nadef 2023 non fa alcun cenno alla graduale abolizione del tetto di spesa per il personale sanitario e i numeri non lasciano intravedere affatto i fondi necessari, ma viceversa documentano segnali di definanziamento della sanità pubblica ancor più evidenti di quelli del Def 2023, le cui stime previsionali sulla spesa sanitaria sono state riviste al ribasso;

    14) il decrescere dell'incidenza sul Pil della spesa sanitaria è un elemento preoccupante perché si traduce in «meno salute» e pone il nostro Paese al di sotto della media dei Paesi Ocse e al di sotto dell'accettabilità, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'efficacia dell'assistenza sanitaria e sull'aspettativa di vita, come già studi e ricerche hanno documentato in accreditati rapporti;

    15) occorre restituire centralità e unitarietà al Sistema sanitario nazionale e superare l'attuale frammentazione in cui versano i servizi sanitari regionali, intervenendo per riportare allo Stato, in via esclusiva, la competenza in materia di tutela della salute, al fine di garantire la sostenibilità del sistema e una migliore equità nell'erogazione delle prestazioni e rispondere, così, ai principi di universalità, di uguaglianza e di globalità degli interventi, in osservanza e ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione;

    16) soprattutto, per ovviare alla sperequazione territoriale, occorre ripensare totalmente l'autonomia differenziata nel senso e nella direzione di escluderla categoricamente per la sanità e salvaguardarne l'universalità;

    17) al fine di superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, si dovrebbe altresì intervenire sulla ripartizione del Fondo sanitario nazionale, prevedendo che nello stabilire i pesi da attribuire ai diversi elementi si tenga conto anche di indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché, con un peso non inferiore al 10 per cento a valere sull'intera quota, dell'indice di deprivazione economica, individuato annualmente dall'Istat, che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;

    18) nei consessi europei dovrebbe essere rappresentata la necessità di modificare le regole vigenti in Europa in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo, dal calcolo del deficit e dell'indebitamento, della spesa sanitaria, tenuto conto di come il Covid-19 abbia drammaticamente dimostrato che la salute sia un investimento assolutamente produttivo la cui carenza rischia di sacrificare ogni altro investimento e la sostenibilità del sistema Paese e del sistema Europa;

    19) alla riduzione delle risorse economiche e alla compressione delle prestazioni sanitarie per i cittadini, si aggiungono le misure di contenimento della spesa sul personale che continuano a generare un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e insostenibili turni straordinari, nonché una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di lavoro flessibile e precarizzato anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione), determinando un progressivo indebolimento della sanità pubblica che in tal maniera e in queste condizioni emergenziali non è più in grado di rispondere ai bisogni della popolazione e perde terreno in favore della sanità privata o della sanità integrativa;

    20) permane il grave ritardo nella erogazione delle prestazioni, anche ordinarie, ed è pertanto necessario procedere con sollecitudine al riassorbimento delle liste d'attesa, cresciute esponenzialmente con la pandemia;

    21) il ricorso all'intramoenia è sempre più spesso una conseguenza obbligata per il cittadino dinanzi alle lunghe liste di attesa e alle inefficienze del Servizio sanitario nazionale, in netto contrasto con quanto previsto dalle norme che avevano introdotto tale istituto secondo cui il ricorso all'intramoenia deve essere la conseguenza della libera scelta del cittadino e non già la conseguenza di una carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale;

    22) numerosi dati e ricerche rilevano come la spesa sanitaria privata sia aumentata sensibilmente e come siano sempre più numerosi i cittadini che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie nel pubblico: si fa sempre più dilagante la «fuga» dal Ssn verso strutture sanitarie private, spesso in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali rispetto alla compartecipazione dovuta o comunque in tempi più rapidi rispetto alle liste di attesa del servizio pubblico;

    23) i cosiddetti fondi integrativi o le polizze assicurative non dovrebbero sostituirsi al primo pilastro del nostro sistema pubblico di salute che è il Servizio sanitario nazionale, basato sui principi di universalità, equità e solidarietà, come diretta attuazione dell'articolo 32 della Costituzione; tuttavia, diverse forme di sanità integrativa si stanno con il tempo proponendo come le uniche forme risolutive del problema dell'inaccessibilità alle cure e all'assistenza e come l'unica forma di superamento delle difficoltà in cui versa il sistema pubblico di tutela della salute;

    24) in tale quadro, dunque, di fronte a questo tangibile smantellamento del servizio sanitario pubblico, prendono corpo e s'inseriscono le diverse soluzioni o proposte di partenariato pubblico-privato, se non addirittura chiaramente «di copertura assicurativa» dei bisogni assistenziali: l'idea di «cedere» prestazioni incluse nei Lea a soggetti privati, attraverso accreditamenti oramai resi strutturali, rende il sistema sanitario debole di fronte a eventuali richieste accessorie o mancate prestazioni da parte del privato, inaccettabili alla luce dei principi costituzionali;

    25) in sanità il rapporto pubblico/privato mostra aspetti decisamente sfavorevoli; riteniamo che il sistema delle convezioni ed esternalizzazioni che erode fino al 40 per cento del Fondo sanitario nazionale in favore del privato, debba essere rivisto in modo sostanziale;

    26) il Servizio sanitario nazionale deve erogare le prestazioni e non acquistarle: ciò è fondamentale anche per limitare lo stesso consumismo sanitario e le richieste inappropriate; le stime rilevano che al privato convenzionato vadano circa 50 miliardi di euro del Fondo sanitario nazionale e a questi si aggiunge la spesa out of pocket, 40 miliardi di euro, che gli italiani spendono di tasca propria per curarsi privatamente; dunque, in Italia la sanità privata vale complessivamente 90 miliardi, cioè più di quella pubblica;

    27) oltretutto, la sanità privata convenzionata si riserva le prestazioni più remunerative mentre la sanità pubblica che deve garantire pronto soccorso, dialisi, oncologia, trapiantologia, rianimazioni, medicina trasfusionale, resta di fatto la parte meno remunerativa; a riguardo, vari studi di Hta hanno documentato che producendo in modo virtuoso in house le prestazioni, queste costerebbero meno e avremmo in garanzia maggior personale assunto;

    28) nell'offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo, l'Italia (3,7 posti ogni mille abitanti) si colloca al di sotto della media europea (5,5 posti letto) e si penalizzano, nella programmazione della dotazione dei posti letto, quelle regioni italiane che, con un saldo positivo di mobilità, di fatto finanziano il sistema sanitario di regioni ritenute virtuose proprio attraverso le risorse provenienti dalla mobilità attiva;

    29) per quanto riguarda il processo di riorganizzazione dell'assistenza territoriale, è evidente come questa si scontri con il problema della progressiva carenza dei medici di famiglia, rispetto alla quale già da oltre 10 anni sia l'Enpam sia la Fimmg forniscono dati drammatici sui pensionamenti e sulle conseguenti carenze assistenziali, stimando che dal 2015 al 2025 sarebbero andati in pensione complessivamente circa 40.000 tra medici di medicina generale, guardie mediche e pediatri, con 25.000 pensionamenti che rischiano di non essere sostituiti; in prospettiva, il rischio è che 25 milioni di italiani possano rimanere senza assistenza;

    30) la riorganizzazione territoriale, dunque, richiede necessariamente una riforma della medicina generale e in tal senso è necessario costruire un dialogo costruttivo con le categorie interessate al fine di conciliare il ruolo che i medici di medicina generale avranno nelle costituende case di comunità;

    31) la riorganizzazione delle cure primarie e il processo di de-ospedalizzazione richiedono, peraltro, oltre che un concreto rafforzamento dell'assistenza territoriale, anche un robusto investimento in prevenzione, da garantirsi con risorse economiche adeguate e con professionisti dedicati, mentre, in tale ottica, si assiste quotidianamente all'accorpamento di distretti e presidi sul territorio che finiscono per essere ben lontani dai cittadini;

    32) occorre che la riorganizzazione territoriale sia sostenuta, oltre che da un adeguato potenziamento del fabbisogno del personale sanitario e amministrativo e da un'idonea copertura finanziaria, anche dall'implementazione di ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile e l'assistenza psicologica di base; altresì, dovrebbe essere accompagnata da una riorganizzazione dei posti letto, secondo una logica ripartizione tra l'ambiente ospedaliero «tradizionale» e gli ospedali di comunità;

    33) l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha stimato che i costi diretti e indiretti conseguenti al mancato investimento in salute mentale, ammontano per l'Italia al 3,3 per cento del prodotto interno lordo, cioè a circa 55 miliardi di euro: non investire sul benessere psicologico comporta infatti maggiori spese sia dirette (esempio: farmaci, cure, ricoveri) che indirette;

    34) nel nostro Paese persiste il cronico sotto finanziamento della salute mentale la cui spesa si attesta, ormai da oltre un decennio, intorno al 3 per cento del Fondo sanitario nazionale (Fsn), con una flessione in diminuzione ove si consideri la spesa riportata a consuntivo, nonostante fosse stato assunto l'impegno, già nel 2001, di destinare alla salute mentale almeno il 5 per cento del Fondo sanitario nazionale; eppure, come autorevolmente raccomandato, nel 2018, dalla «Lancet Commission sulla salute mentale globale e lo sviluppo sostenibile» mentre i Paesi a basso-medio reddito dovrebbero aumentare la loro allocazione per la salute mentale ad almeno il 5 per cento, i Paesi ad alto reddito come l'Italia dovrebbero invece aumentarle ad almeno il 10 per cento del bilancio sanitario totale;

    35) nell'ambito della riorganizzazione territoriale occorre rafforzare i presidi esistenti dando completa e capillare attuazione alla legge n. 405 del 1975 sui consultori quali presidi indispensabili per l'integrazione socio-sanitaria e di prevenzione, garantendo che siano dotati di risorse economiche adeguate e di professionisti in grado di realizzare un approccio multidisciplinare compiuto, assicurando altresì, su tutto il territorio nazionale, una completa esigibilità dei diritti delle donne in relazione alla legge n. 194 del 1978 e, superando ogni problema organizzativo legato all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore;

    36) riguardo la spesa farmaceutica, dato che essa rappresenta una tra le voci più consistenti della spesa sanitaria rientrante nel fabbisogno nazionale standard, dovrebbero essere introdotti più efficaci strumenti di monitoraggio per la governance ed il controllo sull'appropriatezza dell'uso dei farmaci; per raggiungere la sostenibilità della spesa farmaceutica sarebbe auspicabile la trasparenza sul prezzo e rimborso dei farmaci, sui costi di ricerca e sviluppo sostenuti delle aziende e sul contributo pubblico oltreché una condivisione a livello europeo e internazionale delle informazioni sui prezzi dei farmaci; per sopperire alla carenza di farmaci dovrebbe esserci un sistema di ricerca e produzione farmaceutica, compreso il ciclo di fornitura e distribuzione, di tipo pubblico;

    37) occorre rescindere il legame tra le nomine dei dirigenti della sanità e la politica, con l'intento di attuare la decisa separazione tra politica e amministrazione nella gestione del Servizio sanitario nazionale, in quanto la commistione tra le due sfere rappresenta la causa più rilevante delle inefficienze in questo settore; più in particolare occorre intervenire sul sistema vigente di conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore sanitario e di direttore amministrativo e, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di disciplinare le procedure di nomina, valutazione e decadenza in base a princìpi di trasparenza e di merito, azzerando la discrezionalità, in capo ai presidenti di regione, nella nomina dei predetti direttori;

    38) bisogna intervenire sull'inappropriato utilizzo delle risorse del Ssn attraverso la ridefinizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per il rilascio delle autorizzazioni, dell'accreditamento istituzionale e per la stipulazione degli accordi contrattuali, per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie, rafforzando e uniformando il sistema di rilevazione del fabbisogno territoriale, con efficaci misure di trasparenza e con rigorosi controlli caratterizzati da terzietà e indipendenza degli organi ispettivi e assicurando un rigoroso sistema sanzionatorio che contempli anche la revoca e la sospensione, in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alla tipologia e alla qualità delle prestazioni;

    39) occorre un intervento coordinato sulle colonne portanti del nostro Servizio sanitario nazionale, incidendo su: finanziamento, appropriatezza dei Lea, risorse umane, accreditamento delle strutture sanitarie, sanità integrativa, tracciabilità della spesa sanitaria, nomine della dirigenza sanitaria, liste di attesa e attività intramoenia, ricerca sanitaria, digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale e riordino del sistema di emergenza sanitaria territoriale e ospedaliero,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, al fine di pervenire allo scorporo, dal calcolo del deficit e del debito pubblico, della spesa sanitaria ovvero degli investimenti ad essa riconducibili;

2) ad adottare iniziative volte a reintrodurre più efficaci misure di contrasto alla povertà e alla deprivazione economica e sociale affinché sia conseguentemente assicurato lo stato di salute e benessere di tutta la popolazione che si trova nel nostro territorio e affinché le persone siano messe in condizioni di accedere alle prestazioni sanitarie, inclusi gli indigenti e i senza dimora;

3) al fine di salvaguardare il Servizio sanitario nazionale, garantire una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza (Lea) e soddisfare in modo più efficace le esigenze di pianificazione e di organizzazione nel rispetto dei princìpi di equità, di solidarietà e di universalismo, ad adottare iniziative di competenza volte a prevedere che l'incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo sia in linea con i Paesi del G7 e che non sia, comunque, inferiore alla media europea;

4) ad introdurre misure idonee ad assicurare che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato sia in ogni caso aumentato su base annua di una percentuale pari al doppio del tasso di inflazione, anche in un contesto macroeconomico anticiclico, contraddistinto da una riduzione del prodotto interno lordo;

5) al fine di superare la sperequazione esistente nel territorio nazionale, a garantire che nell'ambito della ripartizione del Fondo sanitario nazionale siano presi in considerazione fattori ambientali, socioeconomici e culturali, attribuendo un peso non inferiore al 50 per cento a valere sull'intera quota capitaria all'indice di deprivazione economica, individuato annualmente dall'Istituto nazionale di statistica tenendo conto delle carenze strutturali, delle condizioni geomorfologiche e demografiche presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;

6) ad intervenire sull'appropriatezza delle prestazioni sanitarie eliminando le prestazioni sanitarie obsolete, incrementando le risorse per l'aggiornamento dei Lea nei termini prescritti dalle norme vigenti e a ridefinendo gli indicatori e i parametri di riferimento per il monitoraggio del rispetto dei Lea, assicurando che, per ciascun periodo di monitoraggio, alcuni indicatori e parametri siano fissi e altri variabili;

7) al fine di garantire l'equità distributiva attraverso un efficace sistema di remunerazione e adeguati livelli della qualità dei servizi erogati nonché di ridurre l'utilizzo inappropriato delle risorse del Servizio sanitario nazionale e i casi di scelta delle procedure di selezione dei pazienti sulla base della minore complessità dei casi o dell'attribuzione di tariffe più remunerative, a ridefinire il sistema remunerativo delle prestazioni sanitarie che includa i risultati di qualità e di salute conseguiti e la presa in carico complessiva del paziente;

8) a rivedere il criterio di calcolo per la definizione del numero di posti letto in ragione delle esigenze epidemiologiche e della riorganizzazione territoriale, comunque assicurando un numero di posti letto di degenza ordinaria non inferiore alla media europea, pari a circa 500 per 100.000 abitanti, e un numero di posti letto di terapia intensiva non inferiore a 25 per 100.000 abitanti;

9) in accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, a definire una nuova metodologia per la gestione, il contenimento del costo e la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale ai fini della valutazione dell'adeguatezza delle risorse utilizzate, in coerenza con gli standard organizzativi, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera e territoriale;

10) al fine di assicurare il potenziamento dell'assistenza territoriale nei termini previsti per l'attuazione degli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, con riferimento anche ai maggiori oneri per la spesa di personale dipendente da assumere nelle case e negli ospedali di comunità e per l'assistenza domiciliare, a consentire alle regioni una maggiore spesa per il personale sanitario e a incrementare il finanziamento del Servizio sanitario nazionale per l'assunzione di personale;

11) a stanziare adeguate risorse per il rinnovo della contrattazione collettiva nazionale e per i miglioramenti economici del personale impiegato nelle strutture che operano nel Servizio sanitario nazionale, al fine di adeguare le retribuzioni ai livelli europei e di incentivare le assunzioni negli ambiti con maggiore carenza di organico;

12) a riequilibrare il rapporto pubblico/privato rivedendo in modo sostanziale il sistema delle convenzioni ed esternalizzazioni affinché il Servizio sanitario nazionale sia messo nelle condizioni prevalenti di erogare le prestazioni sanitarie e non acquistarle, anche al fine di limitare il consumismo sanitario e le richieste inappropriate e incrementare le assunzioni di personale;

13) ad intervenire in materia di assistenza sanitaria integrativa affinché, nel rispetto dei principi di universalità, uguaglianza ed equità nell'accesso alle prestazioni e ai servizi sanitari, le forme di assistenza sanitaria integrativa possano fornire esclusivamente le prestazioni sanitarie non comprese nei Lea, assicurando che le forme di assistenza sanitaria integrativa operino esclusivamente con finalità assistenziali e senza scopo di lucro, inibendo qualsiasi beneficio fiscale ove vi sia una gestione anche indiretta da parte di soggetti che operino sul mercato con finalità di lucro (come le assicurazioni) e rimuovendo ogni forma di conflitto d'interesse nella gestione di fondi e polizze;

14) al fine di ridurre l'utilizzo inappropriato delle risorse del Servizio sanitario nazionale, a stabilire i requisiti minimi e le modalità organizzative per il rilascio delle autorizzazioni e dell'accreditamento istituzionale nonché per la stipulazione degli accordi contrattuali, per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie sull'intero territorio nazionale, garantendo la trasparenza nella determinazione del fabbisogno, con l'evidenza dei territori saturi e di quelli in cui l'offerta risulti carente e con la previsione di un puntuale piano di controlli sul rispetto dei contenuti degli accordi contrattuali e un efficace monitoraggio per la valutazione delle attività erogate, contemplando anche la revoca e la sospensione in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali;

15) al fine di garantire la trasparenza e l'economicità della spesa sanitaria nonché la concorrenzialità della filiera produttiva di beni e servizi in ambito sanitario, a rendere tracciabile e uniforme nel territorio nazionale l'intero processo di acquisizione di beni e servizi in ambito sanitario;

16) ad integrare le disposizioni sulla trasparenza nella pubblica amministrazione affinché siano pubblici i dati concernenti l'attività libero-professionale intramuraria e affinché le disposizioni sulla tracciabilità finanziaria siano estese anche alle concessioni e convenzioni relative alle attività sociosanitarie;

17) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, in materia di nomina dei direttori generali, dei direttori amministrativi e dei direttori sanitari affinché le predette nomine siano rigorosamente disgiunte dalla politica e affinché gli incarichi siano revocati per gravi e comprovati motivi, per gestione di disavanzo grave o in caso di manifesta violazione di norme di legge o regolamento o del principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione e siano sospesi in caso di condanna, anche non definitiva, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose da parte della Corte dei conti;

18) ad abbattere le liste di attesa prevedendo che il rispetto del Piano nazionale di governo delle liste di attesa sia un adempimento ai fini della verifica dell'erogazione dei Lea, rafforzando l'obbligo di pubblicazione dell'elenco delle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera e i relativi tempi massimi di attesa, assicurando la gestione informatizzata, trasparente e tracciabile, la totale visibilità nonché l'unicità dell'agenda di prenotazione delle strutture pubbliche e private accreditate, nonché quelle dell'attività istituzionale e dell'attività libero-professionale intramuraria, da parte dei sistemi informativi aziendali e regionali;

19) a consentire l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria solo nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie che hanno provveduto all'informatizzazione e all'aggiornamento periodico delle liste di attesa, all'obbligo di prenotazione di tutte le prestazioni attraverso il centro unico di prenotazione regionale, con gestione informatizzata delle agende dei professionisti e in relazione alla gravità della patologia;

20) al fine di potenziare la ricerca e lo sviluppo sui farmaci, ad adottare iniziative normative volte ad incrementare dello 0,50 per cento la quota del Fondo sanitario nazionale complessivo da destinare al finanziamento delle attività di ricerca corrente di cui alla lettera a) del medesimo comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 502 del 1992, aumentando a tal fine il contributo delle aziende farmaceutiche finalizzato alla realizzazione di ricerche sull'uso dei farmaci e in particolare di sperimentazioni cliniche comparative tra farmaci, tese a dimostrare il valore terapeutico aggiunto, nonché sui farmaci orfani e salvavita;

21) a dare piena e completa attuazione alla riorganizzazione territoriale al fine di garantire un'assistenza adeguata ventiquattro ore su ventiquattro ed assicurare la presa in carico multidimensionale dei pazienti anche dopo le dimissioni ospedaliere e in ogni situazione deistituzionalizzata, promuovendo una forte integrazione tra attività territoriale e ospedaliera;

22) a prevedere, in una logica di risposte integrate a vantaggio della comunità, la declinazione e l'impiego delle professioni sanitarie ad alta valenza comunitaria (ad esempio, fisioterapista di comunità, psicologo di comunità, ostetrica di comunità, dietista di comunità), oltre al coinvolgimento attivo dei tecnici sanitari per le competenze specifiche sui temi della sanità digitale e del connected health;

23) a promuovere, in specie nelle aree interne e montane, nelle piccole isole, nelle zone di confine e nelle altre aree nelle quali, per le caratteristiche geografiche e morfologiche del territorio, le case della comunità possano risultare distanti, il rafforzamento dello studio del medico di medicina generale, attraverso strumenti di prima diagnostica, rete e telemedicina nonché mediante l'integrazione con figure professionali dipendenti dall'azienda sanitaria di riferimento, al fine di garantire un'assistenza di prossimità adeguata e non accrescere le diseguaglianze territoriali;

24) al fine di garantire una idonea presa in carico globale e un'adeguata assistenza domiciliare dei pazienti con malattie rare o croniche complesse, ad adottare iniziative per facilitare ed estendere l'assistenza e la terapia domiciliare per i pazienti cronici e i malati rari, nel rispetto della sicurezza dei pazienti, ottemperando alla realizzazione di una sanità di prossimità, con un coordinamento tra specialisti dei centri di riferimento e i medici di medicina generale;

25) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a potenziare l'odontoiatria pubblica, per consentire l'accesso alle cure a tutta la popolazione;

26) ad investire maggiori risorse per la prevenzione, attuando l'approccio integrato one health, rafforzando il paradigma secondo cui la salute delle persone, degli animali, delle piante e dell'ambiente sono strettamente interdipendenti e consolidando l'approccio trasversale ai determinanti di salute;

27) ad investire maggiori risorse, non inferiori al 10 per cento del Fondo sanitario nazionale, all'attuazione del Piano nazionale della prevenzione 2020-2025, approvato con intesa Stato-regioni del 6 agosto 2020, al fine di contrastare la morbosità, mortalità e disabilità delle malattie croniche non trasmissibili attraverso la promozione di corretti stili di vita nella popolazione e nei soggetti a rischio;

28) a produrre campagne e azioni di educazione alla salute per combattere i fattori di rischio rimovibili, capaci di generare oltre l'80 per cento dei costi sanitari e la maggior parte delle morti evitabili, che sono: tabacco, alcol, sovrappeso/obesità, controllo della malattia diabetica (ed eccesso nel consumo di zuccheri semplici), controllo dell'ipertensione e eccesso nel consumo di sale, sedentarietà, riducendo la medicalizzazione di molte fasi e aspetti della vita umana e il disease mongering (malattie create per profitto) come meccanismo per allargare sempre più il mercato sanitario;

29) ad adottare iniziative per promuovere, con la popolazione a rischio, incontri di prevenzione in relazione ai corretti stili di vita e all'evoluzione delle malattie croniche in modo da ridurre l'evoluzione verso la grave disabilità e il rischio di perdita dell'autonomia, sostenendo il mantenimento delle funzionalità e autonomie residue per le persone non autosufficienti;

30) a sostenere ulteriormente le attività dei servizi pubblici (Serd), degli enti del terzo settore e dei sistemi di auto-mutuo-aiuto, che si occupano della prevenzione, diagnosi, cura, trattamento e recupero dei disturbi da uso di sostanze e comportamentali, anche implementando strategie di «riduzione del danno» e soprattutto di «riduzione del rischio»;

31) ad integrare, nelle case di comunità, anche i consultori familiari quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;

32) ad adottare iniziative volte a dare completa e capillare attuazione alla legge n. 405 del 1975 sui consultori quali presidi indispensabili per l'integrazione socio-sanitaria e di prevenzione, garantendo che siano dotati di risorse economiche adeguate e di professionisti in grado di realizzare un approccio multidisciplinare compiuto, assicurando altresì una completa esigibilità dei diritti delle donne in relazione alla legge n. 194 del 1978 e su tutto il territorio nazionale, superando ogni problema organizzativo legato all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore;

33) ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere, nell'ambito del Fondo sanitario nazionale, l'impiego dello standard minimo del 5 per cento delle risorse al fine di investire in maniera sistemica sul benessere psicologico e contenere le disuguaglianze ed i costi diretti e indiretti del disagio psicologico;

34) a prevedere lo psicologo di base, con la finalità di sostenere e integrare l'azione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, nell'intercettare e rispondere ai bisogni assistenziali di base dei cittadini, anche promuovendo efficaci strategie di prevenzione e di presa in carico dei soggetti maggiormente fragili e ad inserire la figura dello psicologo nei servizi di assistenza sanitaria primaria, assicurando che lo stesso abbia un'adeguata formazione per promuovere il benessere psicologico, identificare precocemente le situazioni di disagio psicologico e costruire percorsi di cura integrati che coinvolgano altri professionisti della salute;

35) a monitorare per quanto di competenza, lo stato di attuazione del Piano d'azione nazionale salute mentale (Pansm) nelle regioni, attraverso indicatori specifici che siano in grado di rilevare la congruità o meno tra quanto programmato e quanto poi attuato;

36) ad attivarsi per una politica efficace di prevenzione sull'uso degli antibiotici, dotando gli ospedali di servizi di microbiologia permanente, adottando iniziative efficaci che mirino a riportare in tutte le prescrizioni di farmaci antibiotici, la diagnosi, la posologia e la durata della terapia, prevedendo una banca dati di tutte le prescrizioni di antibiotici e programmi di screening attivo con tecnologie diagnostiche rapide al fine di individuare i pazienti infetti con batteri multifarmacoresistenti, predisponendo adeguate misure di controllo delle infezioni, e incentivando un sistema di confezionamento dei farmaci, con dosi unitarie o pacchetti personalizzati, al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;

37) ad assicurare in tutto il territorio nazionale la dematerializzazione della ricetta medica, della cartella clinica e del percorso di cura, a tal fine sfruttando le potenzialità del fascicolo sanitario elettronico, della telemedicina e degli strumenti di medicina digitale (Digital Health) a supporto alle decisioni cliniche e assicurando altresì l'interoperabilità dei dati e delle informazioni e la loro disponibilità in favore dei pazienti, dei professionisti sanitari e delle aziende sanitarie, prevedendo che la piena realizzazione del fascicolo sanitario elettronico consenta l'accesso alle forme premiali nell'ambito del riparto del Fondo sanitario nazionale e rappresenti un adempimento ai fini della verifica dell'erogazione dei Lea;

38) ad adottare iniziative volte a riordinare il sistema di emergenza sanitaria territoriale e ospedaliero al fine di assicurare l'integrazione funzionale del sistema «118» con il dipartimento di emergenza urgenza e accettazione, e il collegamento tra i rispettivi sistemi informatici per la gestione dei dati sanitari e dei flussi di attività a bordo dei mezzi di soccorso, definendo le dotazioni organiche idonee a garantire un livello ottimale di dotazione in base al fabbisogno standard comprensivo del sistema di emergenza-urgenza sanitaria e di continuità assistenziale integrata tra ospedale e territorio, nonché i profili professionali e giuridici dei medici, degli infermieri e degli autisti-soccorritori del sistema «118».
(1-00193) «Quartini, Sportiello, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu».

(9 ottobre 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la sanità pubblica italiana rappresenta ancora oggi, in Europa e nel mondo, un vero e proprio modello di tutela della salute, che ha garantito agli italiani, nel corso degli anni, il miglioramento delle condizioni di vita, la riduzione delle patologie, maggiore longevità e benessere e una risposta collettiva ai bisogni di salute e di vita di cittadini, famiglie e società nel suo complesso;

    2) questo sistema oggi deve dare risposta a sfide e sollecitazioni nuove, anche legate al cambiamento demografico del nostro Paese con l'invecchiamento della popolazione e la conseguente crescita del numero di prestazioni richieste e la necessità di presa in carico della cronicizzazione delle malattie: l'Italia si conferma infatti il Paese con l'indice di vecchiaia più alto dell'Unione europea, con un rapporto di 187,6 anziani over 65 ogni cento giovani under 14. La media UE è pari a 138,4, quasi 50 punti in meno;

    3) anche a fronte di tali sfide, il Servizio sanitario nazionale è entrato in una fase di crisi che corre il rischio di diventare irreversibile, con profonde ricadute sulla qualità e sull'aspettativa di vita di milioni di persone, mettendo a rischio la tenuta sociale del Paese;

    4) sono diverse le criticità che affliggono il nostro Ssn, tra cui non può non richiamarsi il divario nella quantità e qualità dei servizi forniti dalle singole regioni, legato sia alla diversa dotazione infrastrutturale, sia a capacità di programmazione e gestionali non omogenee; l'insufficiente compensazione del ridimensionamento dei servizi ospedalieri ordinari con un rafforzamento di quelli territoriali, soprattutto in alcune, zone del Paese; le lunghe liste d'attesa, esplose nella fase pandemica che ha di fatto sospeso la presa in carico delle altre malattie, con effetti derivanti dalla mancanza di screening ancora non prevedibili nel medio-lungo periodo; l'ingente spesa privata dei cittadini, che ha raggiunto più di 40 miliardi all'anno comprensivi del costo per servizi socio-sanitari necessari per gestire patologie croniche, con un'incidenza della spesa sanitaria out of pocket di circa il 30 per cento rispetto a una media europea del 15 per cento (dati Eurostat); la carenza di personale e, non ultimo, l'assenza di investimenti e programmi di spesa di prospettiva nel settore;

    5) la riforma del Titolo V ha comportato la creazione di 21 Sistemi sanitari regionali (Ssr) con situazioni di continui deficit, un alto livello di frammentazione ed eterogeneità, e differenze notevoli sia per quanto riguarda l'accesso alle cure sia per la qualità dell'assistenza sanitaria;

    6) la mancanza di un piano coordinato di assistenza territoriale che garantisca ovunque servizi sanitari e sociosanitari diffusi capillarmente impedisce una presa in carico integrata della popolazione differenziata per fasce d'età e l'implementazione di quella «medicina personalizzata» che rappresenta una sfida del futuro; una delle conseguenze più evidenti è il sovraccarico dei pronto soccorso e della medicina d'urgenza, che merita quindi una riorganizzazione integrata;

    7) per quanto concerne le liste d'attesa, in particolare, il Piano nazionale di Governo delle liste di attesa per il triennio 2019-2021 ha stabilito i tempi massimi d'attesa che le regioni si sono impegnate a rispettare per le prestazioni ambulatoriali, visite specialistiche e prestazioni strumentali, definendoli secondo criteri di priorità: «urgente» (U), da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore; «breve» (B) da eseguire entro 10 giorni; «differibile» (D) da eseguire entro 30 giorni per le visite o 60 giorni per gli accertamenti diagnostici; «programmata» (P) da eseguire entro 120 giorni;

    8) dette tempistiche risultano costantemente disattese, rendendo plasticamente anche la forte disomogeneità nell'efficacia del Ssn su tutto il territorio nazionale: esse non vengono rispettate, in media, una volta su tre (nelle regioni del Nord) e due volte su tre (nelle regioni del Sud);

    9) nel 2020-2021, a causa della pandemia da COVID-19, si è registrato un numero di prestazioni sanitarie effettuate inferiore di circa 100 milioni rispetto al 2019. Nel 2022, il Ministero della salute ha individuato 23 milioni di prestazioni sanitarie prioritarie da recuperare, con riferimento in particolare a ricoveri per interventi chirurgici programmati, screening oncologici e prestazioni ambulatoriali; ne sono state recuperate 13 milioni. Ancora oggi, rimangono in arretrato, dunque, almeno 10 milioni di prestazioni urgenti. Questo dato tiene conto solamente delle persone che erano in lista di attesa a dicembre 2021, senza considerare quindi le prestazioni non individuate come prioritarie, i nuovi pazienti inseriti in liste di attesa successivamente e i pazienti che non sono riusciti ad inserirsi in lista di attesa a causa di eventuali blocchi delle prenotazioni da parte delle regioni;

    10) in base ai dati Istat, in Italia ogni anno 2,5 milioni di cittadini rinunciano a curarsi a causa della lunghezza dei tempi di attesa per accedere alle prestazioni sanitarie nel pubblico e la spesa privata in sanità (cosiddetta «out of pocket») è arrivata a toccare i 40 miliardi di euro: quasi un terzo della spesa pubblica nella sanità, se si considera che nel 2023 il Fondo sanitario nazionale ammonta a circa 129 miliardi di euro;

    11) i dati Agenas-MeS Sant'Anna di Pisa mostrano una diminuzione media del 40 per cento delle attività di screening per condizioni cliniche il cui esito è fortemente condizionato dalla tempestività della diagnosi (es. mammografie); ciò incide negativamente su un sistema di prevenzione tradizionalmente carente in ragione della mancanza di risorse finanziarie, umane e strumentali adeguate, cui si potrebbe dare risposta attraverso l'elaborazione di un piano nazionale pluriennale di interventi nel campo della prevenzione, differenziando gli stessi in interventi «primari» (volti a prevenire l'insorgere della patologia), «secondari» (volti a garantire diagnosi precoci) e «terziari» (volti a prevenire complicanze o danni ulteriori rispetto alla patologia già individuata);

    12) i lunghi tempi d'attesa non riguardano solo le tempistiche relative alla diagnosi, ma anche quelle relative agli interventi terapeutici e assistenziali-riabilitativi, che vengono posti in essere con ritardi che spesso finiscono inesorabilmente per aggravare il quadro clinico del paziente; si registrano criticità anche sul piano dell'assistenza di lungo termine prestata nelle strutture ospedaliere, che è scesa, del 2,5 per cento annuo, dal 2012 al 2021, confermando le difficoltà del Ssn di garantire cure e assistenza con continuità e al di là di un orizzonte emergenziale;

    13) l'attuale processo di gestione delle liste di attesa prevede che i pazienti che non ricevono un appuntamento in ospedale nei tempi previsti per legge possano richiedere di ricevere la prestazione in intramoenia o presso strutture accreditate, chiedendo successivamente il rimborso del pagamento eccedente il ticket alla Asl di competenza. Questo sistema presenta alcune criticità; le modalità di prenotazione e rimborso sono non omogenee sul territorio nazionale; inoltre il paziente si trova a dover anticipare il pagamento, potendo richiedere solo in una fase successiva il rimborso alla Asl attraverso complesse pratiche burocratiche, sempre a condizione che i fondi non siano esauriti, considerando che le risorse stanziate dalle regioni per il rimborso di queste prestazioni sono spesso insufficienti; l'obiettivo deve essere l'abbattimento delle attuali liste di attesa entro il 2024, con particolare riferimento alle prestazioni sanitarie prioritarie di cui all'Allegato B del Piano nazionale di governo delle liste di attesa (Pingla);

    14) in questa situazione, la spesa sanitaria in Italia continua ad essere insufficiente, molto minore rispetto agli altri Paesi europei. La spesa in rapporto al Pil nel 2023 è stata infatti pari al 6,7 per cento, addirittura in diminuzione rispetto al 2022, di circa un punto percentuale più bassa rispetto alla media europea, di 3 rispetto alla Germania e di 2,5 rispetto alla Francia; considerando la spesa sanitaria pro capite, il valore italiano (euro 2.473) è inferiore rispetto ai principali Paesi europei e alla media Ocse (euro 2.572);

    15) al contrario, la legge di bilancio 2023 ha previsto, per il triennio 2023-2025, un percorso di riduzione della spesa in percentuale pari allo 0,38 per cento nel 2023, 0,30 per cento nel 2024 e 0,38 per cento nel 2025, in particolare prevedendo una riduzione di 51 milioni di euro per l'anno 2023 e 51,6 milioni di euro per l'anno 2024 dei finanziamenti previsti per il programma di ricerca per il settore della sanità pubblica, nonché una riduzione di 7,6 milioni di euro nel 2023, 11,2 milioni di euro nel 2024 e 14 milioni di euro nel 2025 per la vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure;

    16) gli stanziamenti previsti (2,15 miliardi di euro per il 2023) sono stati rivolti interamente al contrasto dell'aumento dell'inflazione e dei costi dell'energia (1,4 miliardi di euro), nonché all'acquisto dei vaccini e farmaci per la cura del COVID-19 (650 milioni di euro), senza alcuna prospettiva di sostegno, investimento e rilancio in un settore fondamentale per il nostro ordinamento costituzionale;

    17) risulta del tutto assente, dall'orizzonte della programmazione finanziaria, il potenziamento del sistema sanitario e anzi le proiezioni di spesa elaborate dal Governo prevedono un percorso di riduzione. La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF) 2023 certifica che la spesa sanitaria a legislazione vigente in rapporto al Pil, già scesa dello 0,1 per cento dall'anno precedente, scenderà dal 6,6 per cento al 6,1 per cento nel 2026. L'aumento nominale della spesa sanitaria – di poco più di 4 miliardi di euro nel prossimo triennio – non basterà quindi nemmeno a coprire l'aumento dei prezzi dovuto all'inflazione, benché si stimi una crescita media annua del Pil nominale del 3,5 per cento;

    18) l'Eurogruppo il 9 aprile 2020 aveva dato avvio al Pandemic crisis support, un programma di supporto finanziato attraverso il Meccanismo europeo di stabilità (cosiddetto Mes sanitario) che consentiva agli Stati membri di accedere a finanziamenti agevolati volti a supportare i maggiori costi sanitari sopportati per lo scoppio della pandemia; il 31 dicembre 2022 è scaduto il termine per accedere al predetto Mes sanitario ed è quindi sfumata la possibilità di ottenere i circa 37 miliardi di euro la cui unica condizionalità sarebbe stata l'utilizzo di tali risorse esclusivamente per sostenere il finanziamento, diretto e indiretto, del sistema sanitario nazionale;

    19) dette risorse avrebbero rappresentato puro ossigeno per il nostro sistema sanitario, che versa in condizioni critiche sotto molteplici aspetti sopra solo accennati e che ora risulta pure fortemente provato dagli sforzi profusi nel corso della pandemia; l'assenza di risorse, il tasso di turn over negativo, i pensionamenti e le politiche di «prepensionamento» (quota 100, quota 103 in primis) hanno determinato una situazione fortemente critica a livello di organico;

    20) dal 2010 il personale a tempo indeterminato impiegato nel Servizio sanitario nazionale è diminuito di 25.641 unità (di cui circa 8.000 infermieri) e l'Ufficio parlamentare di bilancio ha evidenziato come la situazione dei servizi di pronto soccorso – e non solo – risulti ormai difficilmente sostenibile; anche per quanto riguarda gli infermieri, il tasso di infermieri attivi in rapporto alla popolazione residente è sensibilmente più basso rispetto alla media europea;

    21) secondo le stime di SalutEquità nei prossimi anni la carenza di personale sanitario può stimarsi in circa 25.000 medici e 63.000 infermieri, indebolendo ulteriormente un sistema sanitario che, in ragione della crisi della natalità, sarà chiamato a rispondere a una popolazione che nel 2050 sarà costituita, per circa l'8 per cento, da persone con più di 85 anni;

    22) la mancanza di risorse per immettere in servizio nuovo personale si deve anche alle misure di contenimento delle assunzioni adottate nelle regioni in piano di rientro, che negli anni ha aggravato un (già grave) percorso di riduzione del personale, privando detti enti territoriali della possibilità anche solo di compensare i pensionamenti, che per il solo prossimo quinquennio sono stimati in 21.050 unità per gli infermieri e 29.331 unità per i medici;

    23) la difficoltà di immettere nuovo personale in ruolo è dovuta anche alla scarsa attrattività economica, di alcune professioni sanitarie e infermieristiche, che portano sia al depauperamento dell'organico che al mancato avvio, in apicibus, dei percorsi di specializzazione medica universitaria nei settori più scoperti, pregiudicando l'erogazione delle relative prestazioni per i pazienti; in base ai dati Fnopi, gli stipendi degli infermieri sono pari a 1.410 euro al mese, ben distanti dalla media europea di 1.900 euro mensili;

    24) per tutte le ragioni illustrate, appaiono improcrastinabili interventi volti a potenziare il Ssn e i servizi socio-sanitari nel nostro Paese, anche tramite un efficace utilizzo delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di ricollocare al centro delle priorità del Paese la tutela della salute, vero e proprio cardine del nostro sistema di welfare e del nostro stato sociale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per reperire le risorse finanziarie necessarie a rispondere alle criticità richiamate in premessa, volte, in particolare, a escludere qualsiasi forma di definanziamento del Servizio sanitario nazionale sul breve, medio e lungo periodo, incrementando l'organico del personale medico e sanitario;

2) ad assicurare il fondamentale diritto alla salute di cui all'articolo 32 della Costituzione e il carattere universale del sistema sanitario nazionale nel suo complesso con un piano straordinario di abbattimento delle liste d'attesa, adottando iniziative volte a prevedere che, qualora non sia possibile effettuare le visite specialistiche e le prestazioni strumentali o in regime di ricovero di cui all'allegato B del Piano nazionale di governo delle liste di attesa (Pngla) presso le strutture pubbliche entro i termini previsti dallo stesso Piano, l'assistito abbia diritto di ricevere tali prestazioni presso una struttura sanitaria accreditata ovvero, in mancanza di disponibilità, presso una struttura sanitaria privata autorizzata, al corrispettivo previsto per una prestazione analoga in un ospedale pubblico, disciplinando altresì le modalità operative attraverso le quali tale possibilità viene offerta agli assistiti dal Centro unico di prenotazione (Cup);

3) ad adottare le iniziative normative di competenza al fine di procedere all'armonizzazione dei sistemi Cup attraverso la definizione di caratteristiche minime ed uniformi a livello nazionale, nonché per rendere possibile la prenotazione di prestazioni presso varie tipologie di strutture, comprese quelle non accreditate, con l'obiettivo di superare la frammentazione attuale – che vede in alcune regioni sistemi di prenotazione operanti a livello di singola azienda sanitaria o struttura, con conseguente inefficienza allocativa e disagi ai pazienti – e la creazione di bacini territoriali omogenei dal punto di vista demografico e del numero e tipologia di strutture sanitarie pubbliche e private, accreditate e autorizzate, al cui interno opera un solo Cup;

4) ad adottare iniziative volte a rendere maggiormente attrattivo il Ssn per i professionisti tramite un aumento degli stipendi del personale medico e infermieristico, perseguendo al contempo l'obbiettivo di arginare il crescente fenomeno della fuga dagli ambiti specialistici considerati meno redditizi, prevedendo in tale ambito, un aumento dell'indennità di pronto soccorso e il riconoscimento dello status di lavoro usurante per i lavoratori dei pronto soccorso, limitando il ricorso ai cosiddetti «gettonisti»;

5) a prevedere un'adeguata formazione e aggiornamento delle professionalità operanti nel Ssn, nonché il consolidamento delle esperienze già acquisite, anche attraverso appositi percorsi di stabilizzazione, nell'ottica di un definitivo superamento delle diverse forme di precariato;

6) ad aumentare i posti disponibili nelle facoltà di infermieristica e a permettere l'assunzione di medici specialisti in formazione sin dal 1° anno, partendo dalle attività a minor rischio per il paziente, e garantendo un preciso percorso formativo sotto la supervisione dello specialista di riferimento, con responsabilità crescenti commisurate alla verifica delle competenze acquisite;

7) ad adottare iniziative volte ad aumentare il numero di posti letto in linea con la media europea, ad adottare un piano di riorganizzazione e risanamento della medicina d'urgenza e a strutturare un piano efficace di presa in carico delle malattie croniche attraverso l'avvio della rete di ospedali di comunità previsti nel Pnrr assicurando l'assunzione del personale necessario, senza gravare ulteriormente su quello attuale;

8) ad adottare, anche alla luce del punto precedente, un piano nazionale di edilizia ospedaliera che comporti il rinnovamento delle strutture sanitarie, considerando che il 60 per cento delle strutture ha più di 40 anni e la metà è di dimensioni troppo piccole, anche al fine di rafforzare le strutture dedicate e agevolare l'assistenza di parenti e congiunti, nonché per agevolare l'implementazione delle più avanzate tecniche mediche, della medicina di precisione e personalizzata;

9) a dare piena attuazione, per quanto di competenza, ai piani nazionali approvati in sede ministeriale ed europea, in coerenza con le indicazioni dell'Oms, a partire dalla riorganizzazione degli strumenti di prevenzione e screening;

10) a portare avanti una campagna di informazione ed una efficace organizzazione del sistema vaccinale, anche per garantire gli impegni assunti con l'Oms per la vaccinazione contro l'Hpv;

11) ad adottare iniziative volte ad introdurre strumenti innovativi di medicina personalizzata e telemedicina, anche tramite la completa attuazione del fascicolo sanitario elettronico;

12) a valutare, unitamente al Ministero dell'economia e delle finanze e nel rispetto dei vincoli di bilancio, la possibilità di aggiornare il vigente sistema in materia di payback sui dispositivi medici e sui farmaci;

13) ad adottare iniziative per garantire il pieno utilizzo delle risorse dedicate ai farmaci innovativi, continuando a sostenere la ricerca e la produzione farmaceutica nel nostro Paese, e ad aggiornare i livelli essenziali di assistenza (Lea), anche per la presa in carico delle malattie rare di cui alla legge 10 novembre 2021 n. 175;

14) a portare avanti un piano strutturato di servizi territoriali per la presa in carico della salute mentale, anche in collaborazione con il sistema scolastico ed educativo, e ad adoperarsi al fine di adottare i decreti attuativi di cui alla legge n. 32 del 2022 per prevedere ulteriori misure di sostegno e contributi vincolanti alle famiglie per le spese sostenute per i figli con disabilità, con patologie fisiche o psichiche invalidanti, compresi i disturbi del comportamento alimentare, ovvero con disturbi specifici all'apprendimento o con bisogni educativi speciali, comprese le spese di cura e di riabilitazione svolte da soggetti accreditati;

15) a garantire un'adeguata assistenza sanitaria alla popolazione detenuta incentivando il personale medico e sanitario operante nelle strutture penitenziarie, intervenendo sulle strutture e la strumentazione disponibile e potenziando i servizi di telemedicina e teleassistenza;

16) a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza volte a includere l'organizzazione e il finanziamento del Servizio sanitario nazionale nella discussione in materia di riforme costituzionali attualmente in corso.
(1-00194) «Bonetti, Richetti, Del Barba, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Marattin, Sottanelli».

(10 ottobre 2023)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   BATTISTONI, CORTELAZZO, MAZZETTI, BARELLI, ARRUZZOLO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BENIGNI, DEBORAH BERGAMINI, CALDERONE, CANNIZZARO, CAPPELLACCI, CAROPPO, CASASCO, CATTANEO, DALLA CHIESA, D'ATTIS, DE PALMA, FASCINA, GATTA, MANGIALAVORI, MARROCCO, MULÈ, NEVI, ORSINI, NAZARIO PAGANO, PATRIARCA, PELLA, PITTALIS, POLIDORI, ROSSELLO, RUBANO, PAOLO EMILIO RUSSO, SACCANI JOTTI, SALA, SORTE, SQUERI, TASSINARI, TENERINI e TOSI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'evoluzione dei modelli economici a livello globale ha evidenziato l'importanza di alcuni minerali ormai necessari in numerose filiere strategiche;

   tali materiali – come rame, grafite, nichel, litio, silicio, manganese, titanio, cobalto e le altre terre rare – sono essenziali per realizzare componenti tecnologiche, magneti, batterie e semiconduttori;

   i Paesi dell'Unione europea evidenziano una dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche superiore all'80 per cento, nonché un ruolo marginale nelle altre fasi delle catene del valore di tali tecnologie;

   l'industria europea rischia di non riuscire a perseguire una leadership nelle filiere strategiche per la transizione ecologica e digitale, ma anche di compromettere la capacità di centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusivo e duraturo alla base di Green deal e Digital compass;

   in uno scenario coerente con la neutralità climatica, la Commissione europea stima che al 2050 la domanda annua di litio da parte dell'Unione europea potrebbe aumentare di 20 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15, per le terre rare decuplicherebbe;

   nella proposta quadro dell'Unione europea (marzo 2023) per garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle 34 materie prime considerate critiche, si prevedono al 2030 gli obiettivi di produrre internamente il 10 per cento del necessario e di ricavarne un altro 15 per cento dal riciclo;

   nel suo parere su tale proposta (giugno 2023) la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) della Camera dei deputati ha giudicato irrealistico l'obiettivo del 15 per cento per il litio e ha chiesto di inserire nell'elenco delle materie prime strategiche l'alluminio e in quello delle materie prime critiche zinco, fosforo e neon;

   l'Italia utilizza nella propria produzione tutte le materie prime considerate strategiche e critiche dall'Unione europea, ma sono dieci quelle principali: rame, manganese, silicio metallico, nichel, magnesio, grafite, cobalto, terre rare, litio e titanio;

   a fronte di tali problematiche l'Italia sta lavorando per rafforzare conoscenza e governance tramite l'istituzione del «Tavolo nazionale per le materie prime critiche», che si concentra su linee di intervento, quali: l'analisi del potenziale geominerario tradizionale ed innovativo legato all'estrazione urbana; il rafforzamento dell'economia circolare; la ricerca e l'innovazione di prodotti e consumi;

   la prospettiva del riciclo è una realtà per molte materie prime critiche. Esso costituisce una vera e propria «miniera urbana» che riduce la dipendenza e abbatte gli impatti ambientali. Sui raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) l'Italia ha un tasso di riciclo superiore al 35 per cento –:

   quali ulteriori iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per rafforzare l'approvvigionamento interno delle materie prime considerate strategiche e critiche.
(3-00721)

(10 ottobre 2023)

   ILARIA FONTANA, PAVANELLI, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO, APPENDINO, CAPPELLETTI, TODDE e SERGIO COSTA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   a giugno 2023 il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato, ai sensi dell'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, il catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (sad) e dei sussidi ambientalmente favorevoli (saf) riferito all'anno 2021, ossia l'elenco dei sussidi alle imprese e alle famiglie che sostengono in modo diretto o indiretto un'attività che reca un danno all'ambiente e di quelli ambientalmente sostenibili;

   i sussidi ambientalmente dannosi, contravvenendo al principio del «chi inquina paga», rappresentano un doppio costo per la società, poiché, con incentivi pubblici, indirizzano le scelte di aziende e consumatori su modalità più inquinanti, per le quali la collettività deve pagare il costo delle esternalità (ambientali e sanitarie);

   in base ai dati forniti dal catalogo, la spesa per i sussidi ambientalmente dannosi è cresciuta in modo significativo negli ultimi due anni di rilevazione, passando da 19,2 miliardi di euro nel 2020 a 22,3 miliardi di euro nel 2021, con una crescita percentuale di oltre il 16 per cento;

   la comunità internazionale, già nel 2009 al G20 di Pittsburgh, si è impegnata ad «eliminare e razionalizzare nel medio termine gli inefficienti sussidi ai combustibili fossili», esigenza confermata nei successivi consessi internazionali (G7, G8, G20, Unione europea, Ocse), che si sono posti come obiettivo una riforma dei sussidi ambientalmente dannosi;

   i sussidi ambientalmente dannosi devono essere cancellati completamente dall'ordinamento italiano, attraverso una transizione che preveda la trasformazione dei sussidi ambientalmente dannosi in sussidi ambientalmente favorevoli, per non danneggiare i settori economici interessati e favorire il percorso di conversione del sistema produttivo e di consumo verso un modello di sviluppo sostenibile;

   gli impegni assunti dal nostro Paese a livello internazionale impongono l'adozione di politiche conseguenti e coerenti – finalizzate all'adozione di un modello economico ambientalmente sostenibile – che dovranno essere ribadite in occasione della prossima conferenza delle parti che si terrà a Dubai a partire dal 30 novembre 2023;

   appare necessario e urgente l'aggiornamento del catalogo all'anno 2022 –:

   se il Ministro interrogato intenda avviare una revisione organica degli incentivi al fine di convertire i circa 22 miliardi di euro di risorse pubbliche che compongono i sussidi ambientalmente dannosi – ad oggi previsti dall'ordinamento italiano e indicati nel catalogo – in risorse finalizzate allo sviluppo sostenibile e alla lotta al cambiamento climatico, ossia sussidi ambientalmente favorevoli, promuovendo equivalenti misure economiche di supporto green e accompagnando il processo riallocativo con azioni di compensazione economica nei confronti di imprese, cittadini e lavoratori.
(3-00722)

(10 ottobre 2023)

   RUFFINO, BENZONI, RICHETTI, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GADDA, GRIPPO, MARATTIN e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   a luglio 2023 il Governo ha trasmesso alla Commissione europea la proposta di aggiornamento del Pniec, il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, il quale recepisce i nuovi target imposti dal RePowerEu, ma mette correttamente in evidenza la difficoltà a raggiungerli nei tempi indicati dalla Commissione;

   con riferimento all'accelerazione della produzione di energia da fonti rinnovabili, l'attuale proposta prevede un innalzamento, rispetto agli obiettivi «Fit for 55», della quota di rinnovabili sui consumi finali di energia dal 40 per cento al 45 per cento, in media Unione europea;

   per quanto riguarda l'Italia, tuttavia, sia gli obiettivi del «Fit for 55» sia, a maggior ragione, gli obiettivi del REPowerEU sono di fatto irrealizzabili nei tempi previsti;

   gli scenari elaborati dalla stessa Commissione europea per ciascun Paese membro, relativamente all'attuazione del pacchetto «Fit for 55», prima ancora delle modifiche di REPowerEU, confermano più in dettaglio le difficoltà;

   nel settore dell'energia, in Italia, entro il 2030 l'intensità energetica dovrebbe ridursi del 22 per cento, con un tasso di riduzione annua quasi 5 volte superiore a quello medio dal 1990 ad oggi; si dovrebbe soddisfare con fonti rinnovabili il 36 per cento degli usi finali di energia;

   sarebbe necessario installare, entro il 2030, 107 gigawatt aggiuntivi di fotovoltaico ed eolico, cioè in media 13 gigawatt all'anno (oltre 4 volte le installazioni record del 2022);

   al tempo stesso, occorre procedere con lo sviluppo delle tecnologie a fonte rinnovabile, per aumentare la capacità installata; per gli impianti eolici e fotovoltaici onshore e offshore di taglia superiore a 2 megawatt, è necessario che il Governo solleciti le regioni a individuare al più presto le aree idonee ed eserciti rapidamente i propri poteri sostitutivi in caso di inadempienza;

   le richieste di autorizzazione oggi pendenti relative a impianti di taglia superiore a 2 megawatt non potranno che essere valutate a valle dell'individuazione delle superfici e aree idonee –:

   se intenda specificare nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima il percorso verso l'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica che l'Italia ritiene più sostenibile, indicando gli scenari da qui al 2050 – con tempi e contributi delle diverse tecnologie rinnovabili, inclusa quella nucleare – e, a tal fine, quale scadenza temporale intenda dare, per quanto di competenza, alle regioni per l'individuazione delle aree idonee ad ospitare i grandi impianti onshore e offshore a fonte rinnovabile di taglia superiore a 2 megawatt.
(3-00723)

(10 ottobre 2023)

   ZINZI, PIERRO, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO e ZOFFILI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di giustizia europea ha condannato l'Italia al pagamento di una somma forfettaria di 20 milioni di euro e una penalità di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell'attuazione delle misure previste da sentenze di interesse della regione Campania, suddivisa in 3 quote che si riducono nel tempo, in seguito all'adozione di misure dirette ad assicurare sia che i rifiuti comunemente conosciuti come «ecoballe» siano recuperati o smaltiti senza pericolo per salute pubblica e ambiente, sia la creazione di una rete adeguata e integrata di impianti di trattamento e smaltimento;

   l'articolo 2 del decreto-legge n. 185 del 2015 e il comma 475 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 hanno assegnato complessivamente alla regione Campania 450 milioni di euro per l'attuazione di un piano straordinario di interventi riguardanti lo smaltimento delle «ecoballe» e la bonifica e riqualificazione ambientale dei diversi siti del territorio campano interessati;

   si tratta di 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti stoccati in balle da più di 20 anni in 16 siti del territorio regionale, che, con la perdita di peso e i roghi avvenuti, sono stati ricalcolati in 4,4 milioni;

   anni addietro risultava rimosso appena il 13 per cento del totale dei rifiuti, mentre l'obiettivo del piano, annunciato nel 2016, era quello di rimuovere, nella prima fase, entro il 31 dicembre 2019, il 100 per cento delle «ecoballe» stoccate, anche grazie alla prevista implementazione di due nuovi impianti (a Caivano e Giugliano in Campania) all'avanguardia nel recupero di materiali riciclabili e produzione di css (combustibile da utilizzare in centrali elettriche e cementifici);

   secondo i report della regione Campania, nonostante l'entrata in funzione dei suddetti impianti, sarebbero state smaltite circa 1.200.000 tonnellate di rifiuti stoccati in balle e, pertanto, ne resterebbe da smaltire ancora più del 70 per cento prima di poter tagliare la sanzione europea;

   pertanto, a più di 8 anni dall'avvio del piano e nonostante gli ingenti finanziamenti statali autorizzati per la Campania e le penali giornaliere versate alla Commissione europea, lo smaltimento delle «ecoballe» non è ancora concluso e, soprattutto, mancano notizie circa l'effettiva riconversione dei siti che le hanno ospitate per 20 anni e che necessiteranno, con ogni probabilità, di operazioni di bonifica non finanziate nel piano originario –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza per verificare lo stato di attuazione delle procedure di rimozione delle «ecoballe» e di recupero delle aree, per garantire risposte certe ai cittadini campani preoccupati sempre di più per la propria salute, il territorio e l'ambiente.
(3-00724)

(10 ottobre 2023)

   FERRARI, SIMIANI, BRAGA, CURTI, SCARPA, FORNARO, CASU e GHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la transizione energetica, fondamentale per mitigare e rallentare l'evolvere della crisi climatica, è anche una priorità assoluta per lo sviluppo sostenibile del territorio;

   in tal senso le comunità energetiche costituiscono un vero e proprio modello alternativo di sviluppo e di società che permette a persone, associazioni, scuole, comuni, imprese, case popolari di costituire una comunità per produrre e condividere energia pulita rinnovabile;

   la costituzione delle comunità energetiche consente di raggiungere due obiettivi fondamentali: abbattere il costo delle bollette, obiettivo molto importante visto che il nostro Paese è dipendente dalle fonti fossili, soprattutto dal gas – e ciò ci espone a periodiche crisi energetiche – e aiutare il pianeta e la salute, riducendo le emissioni climalteranti e favorendo la decarbonizzazione;

   il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, pur avendo annunciato l'avvio dell'iter con l'Unione europea sulla proposta di decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, pur rassicurando ciclicamente sul completamento imminente della normativa, non ha fornito alcun chiarimento in relazione agli incentivi e ai tempi di conclusione del procedimento;

   intervenendo in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati il 6 settembre 2023, il presidente del Gestore dei servizi energetici Arrigoni, in realtà, ha dichiarato che la notifica formale della proposta di decreto alla Commissione europea è stata fatta solo nel mese di luglio 2023 e non il 23 febbraio 2023;

   così pure il Ministro interrogato ha confermato, rispondendo ad un'interrogazione (n. 3-00480), che il 23 febbraio 2023 è stata avviata solo la fase di prenotifica e che la data di trasmissione formale alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, è avvenuta molto più tardi;

   permangono, quindi, ritardi continui e incomprensibili sulle comunità energetiche che danneggiano pesantemente il nostro Paese, i cittadini e le imprese, ancora una volta pronti ad accettare la sfida della transizione ecologica;

   mancano risposte anche sulle promesse fatte in relazione ai 2,2 miliardi di euro a fondo perduto per le comunità energetiche nei comuni sotto i 5.000 abitanti con l'attivazione di oltre quindicimila nuovi impianti –:

   quali azioni di negoziazione abbia intrapreso o intenda intraprendere il Ministro interrogato per la progressiva condivisione con la Commissione europea del testo che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, al fine di consentire un'immediata attivazione delle comunità energetiche, garantendo, inoltre, l'attuazione delle misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per le comunità energetiche nei piccoli comuni.
(3-00725)

(10 ottobre 2023)

   BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il terribile attacco terroristico di Hamas contro i civili israeliani ripropone drammaticamente la questione palestinese e la questione della sicurezza energetica. Tra i finanziatori del gruppo terroristico, oltre all'Iran, vi sono Paesi come il Qatar e l'Algeria, che politicamente lo sostengono;

   nel 2022 il Qatar ha fornito all'Italia circa 7 miliardi di metri cubi di gas, l'Algeria 24;

   di fronte a questo scenario d'instabilità geopolitica il Governo, invece di investire sull'autonomia energetica e tecnologica, ha deciso di trasformare l'Italia in un hub del gas;

   tra i vari progetti di rigassificazione ci sono quello di Ravenna e Savona. Il primo prevede, a 8,5 chilometri dalle coste, l'ormeggio di una nave della Snam di stoccaggio e rigassificazione, con una capacità continua di 5 miliardi di metri cubi;

   ad aprile 2023 è stata inviata alla regione Emilia-Romagna una petizione sottoscritta da ventuno gruppi, tra comitati, associazioni, organizzazioni sindacali e partiti, affinché venga sospesa l'autorizzazione all'installazione del rigassificatore fino a quando non sarà chiarita, in modo inequivocabile, la questione del nulla osta rilasciato dal Ministero delle imprese e del made in Italy che non avrebbe ottemperato alla condizione che prevedrebbe che tutte le opere siano realizzate in conformità al progetto «FSRU Ravenna e collegamento alla rete nazionale gasdotti numero REL-PROG-E 00001 di luglio 2022»;

   il nulla osta conterrebbe una procedura di collaudo tecnicamente impossibile da superare, poiché sarebbe in contrasto con il fenomeno fisico della dilatazione termica dei materiali, il rischio d'esplosione del metano e una temperatura del gas troppo bassa per le tubazioni previste;

   il rigassificatore di Savona insiste in un'area delicata sul piano ambientale, poiché sarebbe dentro il più bistrattato dei santuari, quello dei cetacei;

   l'Italia ha un'ampia capacità d'approvvigionamento di gas: oltre 83 miliardi di metri cubi all'anno e i consumi sono in costante calo, da 76,4 miliardi di metri cubi nel 2021 si è scesi a 68,7 miliardi di metri cubi nel 2022 (a fine luglio 2023 si è a –15 per cento). Inoltre, il progressivo sviluppo delle fonti rinnovabili permetterà nel 2030 di fare a meno di altri 20 miliardi di metri cubi di gas –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di verificare, per quanto di competenza, anche sulla base delle premesse formulate, la correttezza tecnica e giuridica degli atti autorizzativi relativi al rigassificatore di Ravenna, questo a garanzia della sicurezza e in ottemperanza alla direttiva 2012/18/UE, recepita dal decreto legislativo n. 105 del 2015, e, nello stesso tempo, non autorizzare il rigassificatore a Savona preservando così il santuario dei cetacei.
(3-00726)

(10 ottobre 2023)

   PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il progetto di ricollocamento della nave rigassificatrice Golar Tundra a 4 chilometri dalla costa di Vado e a 2,9 chilometri da quella di Savona sta sollevando grandi preoccupazioni. La decisione regionale appare incoerente con la pianificazione territoriale ed economica, sovraccaricando ulteriormente la Liguria di rischi sanitari e ambientali;

   la quasi totalità degli amministratori locali a Ponente respingono il piano e i cittadini sono scesi più volte in piazza per manifestare la contrarietà all'operazione e la volontà di proteggere il proprio mare;

   le associazioni ambientaliste a loro volta si oppongono, anche in considerazione del fatto che il rigassificatore verrà posizionato a 400 metri da un deposito coralligeno e all'interno dell'area marina che fino al 2022, su proposta della stessa regione Liguria, sarebbe dovuta rientrare nella riperimetrazione della zona speciale di conservazione «Fondali Noli-Bergeggi»;

   oltre ciò, il progetto prevede una distanza da terra insufficiente, se confrontata con quella ritenuta necessaria per le altre unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione posizionate sulle coste italiane. Inoltre, la Liguria ospita già un rigassificatore; pertanto, in base al principio del burden sharing, la collocazione di un nuovo impianto andrebbe individuata tra le regioni ad oggi sprovviste;

   ma l'interrogativo è se vi sia realmente necessità di un nuovo rigassificatore. Dai dati della recente analisi, redatta dai ricercatori di ReCommon, risulta che la domanda di gas nel nostro Paese è in costante diminuzione e la capacità infrastrutturale del sistema garantisce oggi quasi il doppio della domanda del gas prevista al 2026 (anno di inizio di operatività della Golar Tundra) nello scenario di consumo più alto. Vacilla, dunque, la tesi secondo cui si tratterebbe di un intervento strategico di pubblica utilità, indifferibile e urgente;

   i dubbi sul tavolo sono molteplici. L'Istituto superiore di sanità ha presentato le proprie osservazioni, da cui emergono numerose matrici ambientali che non sono state prese in considerazione per la valutazione dell'impatto dell'impianto di rigassificazione. E i vigili del fuoco hanno chiesto chiarimenti sul progetto, articolando le osservazioni in 19 punti, sospendendo i termini dell'iter procedurale –:

   se alla luce degli elementi esposti in premessa, relativamente alla domanda e all'offerta di gas, e delle problematiche in ordine alla tutela del paesaggio nonché della salute dei cittadini, intenda fornire i dati relativi alla valutazione tecnica ed economica circa la sostenibilità del ricollocamento della nave rigassificatrice Golar Tundra, con particolare riguardo alla tutela dei «Fondali Noli-Bergeggi».
(3-00727)

(10 ottobre 2023)

   LUPI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la regione Liguria si è resa disponibile a ospitare al largo delle proprie coste la struttura del cosiddetto «rigassificatore», un'opera strategica per l'approvvigionamento di gas dello Stato italiano, essenziale per proseguire il percorso avviato nella XVIII legislatura di riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche della Federazione russa;

   la previsione di ricorrere ai rigassificatori è parte integrante, infatti, dei Piani nazionali integrati per l'energia e il clima (Pniec), di cui il Paese si è dotato già con il precedente Esecutivo, per fornire una risposta adeguata alle emergenze energetiche;

   la costruzione del cosiddetto «rigassificatore» rappresenta un elemento fondamentale, non alternativo, bensì complementare, agli investimenti nel settore delle energie rinnovabili;

   il Mar Ligure occidentale è stato individuato come l'area adatta ad accogliere l'infrastruttura di rigassificazione, ai sensi del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91;

   a questo proposito il gruppo parlamentare Noi Moderati, nel corso della seduta della X Commissione della Camera dei deputati del 13 settembre 2023, ha presentato un'interrogazione in risposta alla quale la Viceministro, onorevole Vannia Gava, ha definito il rigassificatore, che sarà collocato nelle acque antistanti il comune di Vado Ligure, di pubblica utilità, indifferibile e urgente;

   la titolarità della declinazione dettagliata del progetto e la competenza sulla procedura di valutazione di impatto ambientale sono in capo al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, con riguardo agli aspetti relativi alla sicurezza;

   il Ministro interrogato, inoltre, ha incontrato l'8 settembre 2023 a Genova il presidente della regione Liguria e commissario di Governo per il rigassificatore, Giovanni Toti, evidenziando come questa nave rigassificatrice nel Mar Ligure sia importante per il Paese e, al contempo, debba rappresentare un contributo alla valorizzazione delle aree interessate –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evidenziare la rilevanza strategica dell'opera, garantirne la sicurezza e assicurare le relative opere compensative per il territorio interessato.
(3-00728)

(10 ottobre 2023)

   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CARAMANNA, MATTIA, ZUCCONI, COLOMBO, COMBA, GIOVINE, MAERNA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, IAIA, LAMPIS, FABRIZIO ROSSI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'ordinamento giuridico prevede norme per l'erogazione di contributi per l'acquisto e la messa in opera di colonnine elettriche, in particolare ci si riferisce a quelli destinati a persone fisiche nell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, nonché ai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società;

   la misura consiste in un contributo per le spese di installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici, anche al fine di raggiungere specifici obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di punti di ricarica rapida;

   in particolare, per l'acquisto e l'installazione delle infrastrutture di ricarica possono beneficiare del contributo le imprese che, sia alla data della concessione sia alla data dell'erogazione del contributo stesso, sono in possesso di determinati requisiti individuati nel decreto del 25 agosto 2021 contenente le norme per la «Erogazione di contributi per l'installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici effettuata da persone fisiche nell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, nonché da soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (Ires)»;

   si precisa che sono ammesse le sole spese oggetto di fatturazione elettronica;

   per avere accesso all'agevolazione, la norma prevede che le risorse siano assegnate all'esito di procedure di selezione nell'ambito del biennio 2023-2024 e ripartite per ambiti e lotti;

   le procedure di selezione si devono svolgere in forma telematica nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, della più ampia partecipazione e della tutela della concorrenza, nonché secondo modalità non discriminatorie –:

   quale sia lo stato dell'arte della misura citata in premessa.
(3-00729)

(10 ottobre 2023)

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