TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 244 di Mercoledì 14 febbraio 2024

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   SPORTIELLO, QUARTINI, MARIANNA RICCIARDI e DI LAURO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il lavoro agile o smart working non è una diversa tipologia di rapporto di lavoro, bensì una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato; la disciplina di riferimento è la legge 22 maggio 2017, n. 81, come da ultimo modificata dal decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122, secondo la quale il lavoro agile è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato;

   le disposizioni sullo smart working si applicano, in quanto compatibili, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001;

   i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti, in ogni caso, a riconoscere priorità alle richieste formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a 12 anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità grave; la medesima priorità è riconosciuta da parte del datore di lavoro alle richieste dei lavoratori con disabilità in situazione di gravità o che siano caregiver;

   la legge di bilancio per il 2023 ha previsto che, fino al 31 dicembre 2023, per i cosiddetti lavoratori fragili, dipendenti pubblici e privati, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working anche attraverso l'adibizione a diversa mansione, senza alcuna decurtazione della retribuzione;

   l'articolo 42 del cosiddetto decreto lavoro (decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48) ha previsto che, fino al 31 dicembre 2023, i lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio dal virus SARS-CoV-2 e i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di 14 anni hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione;

   successivamente con il cosiddetto «decreto anticipi» lo smart working è stato prorogato fino al 31 marzo 2024 solo per il settore privato –:

   se intenda promuovere, per quanto di competenza, l'adozione di iniziative affinché ai lavoratori fragili, pubblici o privati, che abbiano una disabilità grave riconosciuta, nonché ai genitori di figli con disabilità grave sia riconosciuto il diritto permanente allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, rendendo quindi strutturale, per i predetti soggetti, il diritto ad effettuare la prestazione lavorativa in modalità agile ed equiparando al ricovero ospedaliero l'assenza dei lavoratori fragili con disabilità grave per i quali non sia possibile lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile.
(3-00982)

(13 febbraio 2024)

   BONELLI, ZANELLA, FRATOIANNI, BORRELLI, DORI, EVI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:

   il gruppo Eni nei giorni scorsi ha ricevuto un avviso dello studio legale Foley Hoag llp di Boston (Usa) perché non intraprenda attività nelle aree marittime della Striscia di Gaza che appartengono alla Palestina;

   insieme ad altre società, Eni ha infatti ottenuto una licenza di esplorazione nelle acque all'interno di un'area marittima (zona G) che per il 62 per cento rientra nei confini marittimi dichiarati dallo Stato di Palestina nel 2019, in conformità con le disposizioni della Convenzione Onu sul diritto del mare del 1982 (Unclos);

   tuttavia, secondo il Governo israeliano, «solo gli Stati sovrani hanno il diritto alle zone marittime, nonché di dichiarare i confini marittimi». E poiché Israele non riconosce la Palestina come Stato, non ha diritto legale sulle zone marittime;

   la firma della convenzione, con cui Eni ha ottenuto la licenza a operare all'interno della zona marittima G per il 62 per cento palestinese, è stata annunciata a ottobre 2023 dal Ministero dell'energia israeliano e rappresenta un operato ad avviso degli interroganti predatorio nello sfruttamento di risorse naturali in termini di approvvigionamento energetico, non curante delle norme del diritto internazionale;

   le associazioni palestinesi ricorrenti ritengono che «la gara d'appalto e la concessione di licenze per l'esplorazione in questo settore costituiscono una violazione del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale consuetudinario». Pertanto, invitano le compagnie coinvolte a non partecipare «ad atti di saccheggio delle risorse naturali sovrane del popolo palestinese»;

   secondo le medesime associazioni «le offerte, emesse in conformità con il diritto interno israeliano, equivalgono effettivamente all'annessione de facto e de jure delle aree marittime palestinesi rivendicate dalla Palestina, in quanto cercano di sostituire le norme applicabili del diritto internazionale applicando invece la legge interna israeliana all'area, nel contesto della gestione e dello sfruttamento delle risorse naturali. Ai sensi del diritto internazionale, a Israele è vietato sfruttare le risorse finite non rinnovabili del territorio occupato, a scopo di lucro commerciale e a beneficio della potenza occupante, secondo le regole di usufrutto, di cui all'articolo 55 del regolamento dell'Aia. Invece Israele, come autorità amministrativa di fatto nel territorio occupato, non può esaurire le risorse naturali per scopi commerciali che non sono a beneficio della popolazione occupata» –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga urgente, per quanto di competenza, attivarsi perché l'Eni non intraprenda attività di esplorazione delle acque appartenenti alla Palestina, nel pieno rispetto del diritto internazionale.
(3-00983)

(13 febbraio 2024)

   MARROCCO, BARELLI, ORSINI, DEBORAH BERGAMINI, ARRUZZOLO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BATTISTONI, BENIGNI, CALDERONE, CANNIZZARO, CAPPELLACCI, CAROPPO, CASASCO, CATTANEO, CORTELAZZO, DALLA CHIESA, D'ATTIS, DE PALMA, FASCINA, GATTA, MANGIALAVORI, MAZZETTI, MULÈ, NEVI, NAZARIO PAGANO, PATRIARCA, PELLA, PITTALIS, POLIDORI, ROSSELLO, RUBANO, PAOLO EMILIO RUSSO, SACCANI JOTTI, SALA, SORTE, SQUERI, TASSINARI, TENERINI e TOSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 7 ottobre 2023 lo Stato d'Israele ha subito un attacco terroristico su larga scala partito dal territorio della Striscia di Gaza ad opera di Hamas, attacco che ha causato 1.200 morti fra civili e militari, con 250 ostaggi israeliani e stranieri catturati e portati prigionieri in nascondigli entro la Striscia di Gaza;

   Governo e Parlamento italiani hanno condannato con la massima fermezza la brutale aggressione di Hamas e ribadito il sostegno allo Stato di Israele nell'esercizio del suo diritto all'autodifesa entro i limiti stabiliti dal diritto internazionale umanitario;

   il Governo italiano ha costantemente sollecitato il Governo di Israele ad adottare tutte le misure necessarie volte a ridurre al minimo il numero delle vittime civili in ragione delle operazioni intraprese per sconfiggere Hamas, che si fa scudo della popolazione residente nella Striscia;

   hanno suscitato forte sgomento le gravissime accuse in merito al coinvolgimento di personale dell'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di realizzare programmi di assistenza diretta e di lavoro per i rifugiati palestinesi, negli efferati attacchi del 7 ottobre 2023;

   l'Italia è da sempre in prima linea nell'assistenza umanitaria alla popolazione civile di Gaza, dove la situazione umanitaria si fa sempre più pressante –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, quali siano, ad avviso del Ministro interrogato, le ulteriori azioni che il Governo italiano può intraprendere al fine di alleviare le sofferenze della popolazione vittima del conflitto.
(3-00984)

(13 febbraio 2024)

   DELLA VEDOVA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 21 novembre 2023 il 23enne Gabriele Marchesi è stato fermato su mandato di arresto europeo emesso dalla magistratura magiara per gli stessi capi d'imputazione di cui è stata accusata Ilaria Salis, in stato di detenzione a Budapest dall'11 febbraio 2023;

   l'indagato è stato portato a San Vittore per gli accertamenti, poi trasferito agli arresti domiciliari;

   il 26 novembre 2023 la corte d'appello di Milano ha rifiutato la sua estradizione e si è messa «in attesa di ulteriori informazione da parte ungherese», sostenendo che c'era «sproporzione tra la relativa modestia dei fatti contestati e l'enormità della sanzione prospettata»;

   contestualmente al diniego, ribadito nell'udienza del 5 dicembre 2024, la corte d'appello di Milano ha inoltrato alla procura di Budapest una richiesta di chiarimenti basata su dieci quesiti: dalle condizioni detentive alla disciplina dei colloqui, dal livello d'indipendenza della magistratura alle norme sul reato di tortura;

   il sostituto procuratore Tarfusser ha dichiarato che «a domande molto precise sono state date risposte molto imprecise» (Ansa, 30 gennaio 2024); in sostanza, la magistratura di Budapest continua a tacere sulle condizioni detentive e sul rispetto dei principi base dello stato di diritto;

   lo stesso sostituto procuratore ha già pubblicamente annunciato che confermerà il parere negativo alla consegna di Gabriele Marchesi all'udienza fissata per martedì 13 febbraio 2024 (intervista a fanpage.it del 1° febbraio 2024) –:

   se questa è la posizione della giustizia italiana rispetto a condizioni detentive e garanzia del diritto di difesa in Ungheria – posizione, tra l'altro, omessa nell'informativa del Governo svolta nella seduta n. 241 di giovedì 8 febbraio 2024 – ora che Ilaria Salis ha deciso di presentare istanza per i domiciliari in Ungheria a quali motivazioni intenda ricorrere il Ministro interrogato per continuare a negare la residenza dell'ambasciatore a Budapest quale domicilio temporaneo, in vista dell'attivazione della decisione quadro europea che consente il reciproco riconoscimento fra i Paesi membri dell'Unione europea delle decisioni sulle misure cautelari alternative alla detenzione.
(3-00985)

(13 febbraio 2024)

   BENZONI, BONETTI, D'ALESSIO, GRIPPO, SOTTANELLI e PASTORELLA. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 18 della legge n. 206 del 2023 ha istituito il percorso liceale made in Italy «al fine di promuovere le conoscenze, le abilità e le competenze connesse al made in Italy»;

   per facilitare l'accesso al liceo made in Italy, la scadenza delle iscrizioni alla scuola superiore è stata prorogata al 10 febbraio 2024. Una tempistica, determinata ad avviso degli interroganti dalla fretta imposta all'approvazione della legge istitutiva, che non ha consentito né le necessarie pratiche di orientamento, né la stipula degli accordi tra uffici scolastici regionali e regioni, previsti dalla stessa legge, né la definizione completa del piano di studi, considerato che è presente solamente quello del biennio;

   soprattutto, però, non è stato consentito un adeguato allineamento con gli interessi del tessuto produttivo nazionale. Queste decisioni hanno evidentemente ignorato le istanze delle realtà industriali e manifatturiere italiane nel loro complesso, tenendo conto che sul tema del «made in Italy» sono già attivi gli istituti tecnici del settore economico e l'istituto professionale dedicato;

   il risultato è che, a fronte di un totale di 92 licei a indirizzo made in Italy sinora approvati, gli iscritti risultano essere appena 375;

   ciò che il mondo dell'industria chiede è la presenza di personale tecnico qualificato. Una parte rilevante del comparto, infatti, è proprio quello che si occupa di ciò che nel gergo viene definito «meccanica strumentale»: una sfera trasversale a numerosi settori industriali e manifatturieri, dove serve soprattutto personale che va preparato in modo adeguato, e non certamente attraverso un discutibile connubio tra i percorsi liceale e tecnico;

   tutti gli indirizzi degli istituti tecnici, soprattutto ad indirizzo industriale, e in parte anche degli istituti professionali, hanno dei curricula e degli approcci calati davvero nell'attuale realtà occupazionale e produttiva;

   sarebbe stato, quindi, sicuramente preferibile prevedere un potenziamento di questi percorsi che già sono avviati da diverso tempo, piuttosto che inventarsi un percorso misto non meglio definito – considerando che manca totalmente il programma del triennio – e di cui non si conoscono le effettive ricadute occupazionali –:

   se risulti che la mancata condivisione con le realtà produttive degli obiettivi di questi percorsi formativi durante la loro progettazione abbia portato agli scadenti risultati in termini di iscrizioni riscontrati in questi giorni e se, per quanto di competenza, non intenda istituire un tavolo di lavoro assieme ai rappresentati dei principali settori manifatturieri e industriali per raccogliere in modo più efficace le loro istanze in merito ai profili professionali da loro maggiormente richiesti ed incentivarne la formazione.
(3-00986)

(13 febbraio 2024)

   LUPI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'automotive rappresenta un settore centrale dell'industria italiana;

   negli ultimi anni, tuttavia, il citato settore ha attraversato momenti non semplici, per una serie di ragioni endogene ed esogene: crisi economiche, delocalizzazioni verso Paesi in cui la produzione era più conveniente per le aziende e, talvolta, un'eccessiva rigidità dovuta alle politiche europee volte a regolare l'impatto ambientale delle industrie;

   la maggioranza di Governo, fin dall'inizio della XIX legislatura, ha inteso porre al centro della sua azione politica il rilancio dell'automotive e della sua filiera;

   il 18 ottobre 2023 è stato istituito presso il Ministero delle imprese e del made in Italy il tavolo sull'automotive, in seguito ad un'intesa fra il Ministero e l'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia), volto a realizzare un nuovo piano incentivi auto con il coinvolgimento dei rappresentanti di case automobilistiche, associazioni di categoria, sindacati e rappresentanti delle regioni;

   in secondo luogo, il 6 dicembre 2023 è stato convocato poi il tavolo per lo sviluppo dell'automotive, che ha come principale obiettivo quello di rilanciare la produzione dei veicoli automobilistici in Italia;

   il 1° febbraio 2024 è stato ufficialmente presentato, nell'ambito del tavolo sull'automotive, il piano di incentivi volto a favorire l'acquisto di veicoli a basse emissioni inquinanti;

   tale piano si inserisce nel più ampio quadro di transizione ecologica, oggetto di discussione e di dialogo anche presso le istituzioni dell'Unione europea –:

   chi siano i beneficiari del «piano ecobonus» per il 2024 e i benefìci principali che il Ministero si attende dall'introduzione del piano, anche a fronte delle novità previste.
(3-00987)

(13 febbraio 2024)

   BARABOTTI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   a partire dall'anno fiscale 2024 in poi, a tutte le imprese, quotate e non, già coperte dalla direttiva sulla rendicontazione non finanziaria 2014/95/UE (cosiddetta «direttiva Nfrd») si applicano progressivamente gli standard europei di rendicontazione sulla sostenibilità (Esrs) previsti dalla direttiva 2022/2464/UE (cosiddetta «direttiva Csrd») sulla rendicontazione societaria di sostenibilità;

   secondo i dati emersi nell'ultimo congresso Future respect («Imprese sostenibili, pratiche a confronto») il sistema produttivo italiano e, in particolare, l'export italiano risulta essere potenzialmente danneggiato dall'applicazione delle norme europee richiamate;

   secondo i dati rilevati da Confartigianato Imprese, il campo di applicazione dei nuovi standard contabili amplia notevolmente la platea dei soggetti interessati dalla rendicontazione conforme ai principi Esg: mentre la precedente normativa riguardava circa 11.600 imprese in Europa, le disposizioni della Csrd coinvolgono 49.000 aziende, di cui quasi 7.000 soltanto in Italia, e tutti i loro fornitori dovranno adeguarsi a rispettare specifici requisiti, qualsiasi dimensione abbiano;

   gli Esrs si compongono di standard trasversali e specifici, coprendo più ambiti eterogenei in materia ambientale, sociale e di governance: in particolare, le imprese sono tenute a prestare particolare attenzione all'inquinamento, alle risorse idriche, alla biodiversità, all'uso delle risorse e all'economia circolare, oltre al cambiamento climatico;

   pertanto, a un rilevante numero di imprese del sistema produttivo italiano spetta l'obbligo di divulgare informazioni relative ai potenziali fattori, sia di rischio che di vantaggio, derivanti da questioni sociali e ambientali, nonché all'impatto delle loro attività sulle persone e sull'ambiente;

   la complessità e l'articolazione di tali obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità, nonché le tempistiche di efficacia delle relative disposizioni non devono determinare oneri sproporzionati per le imprese tenute ad adeguarvisi;

   il 12 gennaio 2024 è stato approvato in sede europea un accordo provvisorio volto a prorogare di due anni, fino a inizio 2026, l'applicazione delle prescrizioni della direttiva Csrd, ma con esclusivo riferimento a quelle aziende che operano in settori (petrolifero, energetico, minerario, trasporti e tessile) dove l'abbattimento delle emissioni risulta più impegnativo –:

   se e di quali ulteriori elementi informativi disponga il Governo in merito alla possibilità, a livello europeo, di estendere effettivamente la proroga relativa all'applicazione dei nuovi standard contabili sulla sostenibilità (Esrs), a prescindere dal settore in cui operano le aziende interessate, e quali ulteriori iniziative il Governo voglia mettere in campo per accompagnare il sistema produttivo italiano.
(3-00988)

(13 febbraio 2024)

   PELUFFO, ORLANDO, DE MICHELI, DI SANZO, GNASSI, GHIO, FERRARI, CASU, FORNARO, AMENDOLA, ROGGIANI, BARBAGALLO, SCOTTO, GRAZIANO, DE MARIA, DE LUCA, GIANASSI, TONI RICCIARDI, FURFARO, VACCARI, SIMIANI, MANZI, MEROLA e BONAFÈ. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   in più occasioni, il Ministro interrogato aveva manifestato l'obiettivo di raggiungere con Stellantis almeno 1 milione di veicoli prodotti nel nostro Paese, così da colmare l'eccessiva distanza tra le auto immatricolate in Italia e quelle prodotte negli stabilimenti italiani, aumentare gli investimenti in ricerca e innovazione nel nostro Paese, garantire l'occupazione, avere linee e modelli più competitivi, come quelli dell'elettrico, affermando che: «La visione è chiara, gli attori anche, gli impegni sono precisi»;

   davanti a un'aleatoria promessa da parte dell'azienda, cui dovrebbero essere destinati almeno 6 miliardi di euro, più una quota dei 13 miliardi di euro per il «piano transizione 5.0» nel 2024 e nel 2025, senza alcuna condizione imposta al management sul mantenimento dei livelli occupazionali, diversamente da quanto fatto dai Governi dei Paesi che ospitano stabilimenti di Stellantis, e dopo aver preso atto che, nel 2023, sono state prodotte in Italia appena 450.000 autovetture a fronte di 1.400.000 immatricolazioni, alla luce del progressivo disimpegno di Stellantis nel nostro Paese, il fallimento degli annunci fatti sinora dall'Esecutivo, ad avviso degli interroganti, sono evidenti: l'impasse delle nuove produzioni, le linee dello stabilimento di Mirafiori ferme dal 12 febbraio 2024 sino al 3 marzo 2024, 2.260 dipendenti che andranno in cassa integrazione, l'interruzione delle attività a Melfi, il ricorso agli ammortizzatori sociali per il diciassettesimo anno consecutivo;

   di fronte all'evidenza, il Ministro interrogato ha dichiarato di lavorare «perché una seconda casa automobilistica possa insediarsi in Italia per raggiungere l'obiettivo che ci eravamo dati», senza peraltro specificare se vi sia effettivamente un possibile interesse da parte di altre case automobilistiche e quali strumenti intenda utilizzare per attrarre investimenti esteri;

   durante la presentazione dei contenuti del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di rimodulazione degli incentivi per l'acquisto di veicoli a basse emissioni inquinanti, il Ministro interrogato ha dichiarato che il nuovo piano incentivi si basa su tre pilastri: svecchiamento del parco auto, sostegno alla domanda da parte dei redditi più bassi e rilancio della produzione in Italia, senza prefigurare, ancora una volta, azioni concrete di politica industriale e, soprattutto, smentendosi, pochi giorni dopo, con la dichiarazione che dal 2025 gli incentivi saranno diretti ad attrarre chi voglia produrre in Italia, sia auto che componentistica, e non più al consumo –:

   come intenda assicurare il rispetto degli impegni assunti da Stellantis con riguardo alla produzione di autovetture in Italia.
(3-00989)

(13 febbraio 2024)

   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, VIETRI, MORGANTE, CIANCITTO, CIOCCHETTI, COLOSIMO, LANCELLOTTA, MACCARI, ROSSO e SCHIFONE. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   pur non esistendo un dato ufficiale, sarebbero più di 8 milioni le persone che si occupano di familiari malati, disabili o anziani, i cosiddetti caregiver familiari;

   in particolare, i caregiver familiari sono coloro che si prendono cura, al di fuori di un contesto professionale e a titolo gratuito, di una persona cara bisognosa di assistenza a lungo termine in quanto affetta da una malattia cronica, da disabilità o da qualsiasi altra condizione di non autosufficienza;

   in Italia, un primo inquadramento giuridico alla figura del caregiver è stato dato mediante l'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che ne ha definito le caratteristiche e ha, contestualmente, istituito il «Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare», mentre, con la legge di bilancio per il 2021, è stato istituito un ulteriore fondo, destinato alla copertura finanziaria degli interventi legislativi per il riconoscimento dell'attività non professionale del prestatore di cure familiari;

   ciononostante, a differenza di molti altri Paesi europei, questa figura non è ancora giuridicamente riconosciuta adeguatamente, né tutelata a sufficienza; la maggior parte di loro ha perso o lasciato il lavoro perché il carico assistenziale spesso impone l'affiancamento costante, con conseguente impoverimento del nucleo familiare e con ricadute di carattere psicologico e sociale;

   uno scoglio importante contro cui queste persone continuano a scontrarsi è, di fatto, il riconoscimento ufficiale del loro ruolo e delle tutele di cui hanno bisogno, perché l'Italia ad oggi ha relegato questa figura a poter chiedere aiuto soltanto attraverso la disabilità del familiare di cui si occupa;

   nel mese di ottobre 2023, il Ministro interrogato e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali hanno firmato il decreto per l'istituzione del «Tavolo tecnico per l'analisi e la definizione di elementi utili per una legge statale sui caregiver familiari»;

   è necessario dare una risposta seria e indifferibile a quella che può dirsi un'emergenza sociale, con le famiglie sempre più spesso architrave del cosiddetto welfare informale –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere per colmare la grave lacuna di cui in premessa, al fine di disegnare una società più inclusiva, capace di dedicare ai caregiver interventi specifici utili a sostenere l'importante impegno di cura quotidiana che svolgono.
(3-00990)

(13 febbraio 2024)

   FARAONE, DEL BARBA, DE MONTE, GADDA, MARATTIN, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3 della legge n. 68 del 1999 sancisce l'obbligo per le aziende pubbliche e private delle assunzioni obbligatorie e delle quote di riserva di personale con disabilità;

   le disposizioni citate hanno sancito il passaggio dal principio del «collocamento mirato» a quello del «collocamento obbligatorio», che mirerebbe a valorizzare le peculiarità della persona con disabilità attraverso un inserimento personalizzato che tenga conto di capacità ed esigenze del lavoratore;

   la logica della «quota di riserva» stabilisce che debba esserci in azienda una quota minima di lavoratori appartenente alle categorie protette, in ragione del numero dei dipendenti e, quindi, della dimensione dell'impresa;

   ove l'azienda violi la normativa, viene applicata una sanzione amministrativa, ma nessuna conseguenza deriva per il datore di lavoro;

   la normativa prevede anche l'esonero parziale dall'obbligo alle aziende che dichiarino che non possano occupare l'intera percentuale di persone affette da disabilità prevista dalla legge; in tal caso la quota obbligatoria può venire ridotta anche dell'80 per cento, a fronte del pagamento del cosiddetto «contributo esonerativo»;

   è evidente che il sistema introdotto dalla stessa legge n. 68 del 1999, anche per l'irrisorio importo del contributo per ciascun lavoratore non assunto (39 euro), potrebbe spingere le aziende a pagare il contributo e a non ottemperare alle assunzioni dei soggetti rientranti nelle categorie cui spetterebbe la quota di riserva;

   stando agli ultimi dati nazionali, derivanti dalla relazione al Parlamento sull'attuazione della legge, risalente al 2019, in quell'anno vi furono oltre 3 mila richieste di esonero parziale, che produssero 13.300 posti «esonerati», cui si aggiunsero 148 mila posti scoperti, con il risultato che, sui 530 mila posti che dovevano essere appannaggio dei soggetti fragili, 161 mila risultavano vacanti;

   anche i dati più recenti, seppure a macchia di leopardo sul territorio nazionale, mostrano un quadro che riguarda anche aziende partecipate, mentre le regioni con il prodotto interno lordo più alto del Paese non comunicano quali aziende abbiano richiesto l'esonero parziale e a quanto ammontino i contributi esonerativi –:

   quali iniziative si intendano porre in essere per garantire la piena e regolare applicazione della normativa richiamata in premessa e se non si ritenga necessario adottare iniziative, anche attraverso norme correttive e prevedendo ulteriori incentivi per le aziende, volte anche al coinvolgimento di enti del terzo settore ed educatori per l'inserimento e l'accompagnamento lavorativo, onde garantire alle persone con disabilità il medesimo diritto al lavoro che la Costituzione dovrebbe garantire ad ogni cittadino.
(3-00991)

(13 febbraio 2024)

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