TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 271 di Mercoledì 27 marzo 2024

 
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MOZIONE RICHETTI, BRAGA, FRANCESCO SILVESTRI, ZANELLA ED ALTRI N. 1-00249 PRESENTATA A NORMA DELL'ARTICOLO 115, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO, NEI CONFRONTI DEL VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, MATTEO SALVINI

   La Camera,

   premesso che:

    con decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 2022, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, il senatore Matteo Salvini è stato nominato Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

    con decreto del Presidente della Repubblica 23 ottobre 2022, sempre su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, allo stesso Ministro Salvini sono state attribuite le funzioni di Vicepresidente del Consiglio dei ministri;

    ai sensi dell'articolo 93 della Costituzione e dell'articolo 1, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento di fedeltà alla Repubblica, nonché di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e «di esercitare le (...) funzioni nell'interesse esclusivo della nazione»;

    l'11 marzo 2015, l'allora eurodeputato Matteo Salvini affermava che «la Russia è sicuramente molto più democratica dell'Unione Europea di oggi, una finta democrazia. Io farei a cambio, porterei Putin nella metà dei Paesi europei, mal governati da presunti Premier eletti che non sono eletti da nessuno, ma telecomandati da qualcun altro»;

    il 25 novembre 2015, dopo aver preso parte alla seduta plenaria del Parlamento europeo durante la quale interveniva il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sul fenomeno dell'immigrazione e sulla necessità di avere un'Europa unita, Matteo Salvini pubblicava un post sui propri canali social in cui scriveva «cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin», allegando una sua fotografia in cui posava, all'interno dell'aula di Strasburgo, indossando una maglietta con sopra stampato il volto di Vladimir Putin, recando peraltro un grave danno di immagine e di credibilità alla Presidenza della Repubblica;

    il 6 marzo 2017 Matteo Salvini firmava, in qualità di segretario federale del partito politico «Lega Nord» – carica poi confermata il 31 gennaio 2020 con riferimento al partito politico «Lega per Salvini Premier» – un accordo con Sergei Zheleznyak, vicesegretario generale del Consiglio per le relazioni internazionali del partito politico russo «Russia unita», afferente al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, il quale era già stato a capo del partito fino al 2012;

    tale accordo, sottoscritto a Mosca in data 6 marzo 2017, in base al punto 8) aveva una durata pari a cinque anni e si è automaticamente rinnovato il 6 marzo 2022, successivamente, quindi, all'invasione russa dell'Ucraina;

    negli anni, l'esistenza dell'accordo è stata citata e riportata più volte anche in sedi pubbliche e interviste rilasciate dallo stesso Ministro Salvini, il quale non ha ad oggi ancora mai smentito né i contenuti dell'accordo né ha prodotto il documento che notifichi alla controparte russa l'intenzione di cessazione dello stesso;

    tra le altre cose, al punto 4) dell'accordo si prevede che il Ministro Salvini e la controparte russa promuovano la creazione di relazioni tra i deputati dei due partiti politici, organizzando anche «lo scambio di esperienze in attività legislative»;

    successivamente alla sottoscrizione dell'accordo, il Ministro Salvini affermava pubblicamente che si trattasse di «un accordo programmatico di collaborazione tra Lega e Russia Unita, che è il movimento del Presidente Putin» aggiungendo che «Putin sia uno dei migliori uomini di Governo al mondo perché lo credo e perché lo dicono i fatti» e che se «avessimo un Putin anche in Italia staremmo sicuramente meglio, e questo lo dico perché ne sono convinto»;

    l'anno successivo, nell'estate del 2018, il Ministro Salvini affermava pubblicamente come «abbiamo solo che da imparare (...) da Putin in termini di difesa della propria gente e del proprio popolo» e che «l'annessione della Crimea alla Russia è (...) legittima»;

    a distanza di un anno da tale dichiarazione, il 2 agosto 2019, dal palco della festa della Lega svoltasi a Cervia, il Ministro Salvini elogiava ancora una volta l'operato di Putin, ritenendo che «Putin sia un grande uomo di stato e di governo»;

    nonostante le recenti dichiarazioni dei componenti del partito del Ministro Salvini, tendenti a specificare come, nella realtà, l'accordo di collaborazione con il partito «Russia Unita» non sia mai stato concretamente implementato, a quanto risulta – come detto – il Ministro Salvini non ha mai agito formalmente al fine di interrompere il rapporto di collaborazione con l'entità politica del Presidente Vladimir Putin;

    nella sostanza, ad oltre due anni dall'inizio dell'illegale invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa, il Governo della Repubblica Italiana è rappresentato da un Ministro e Vicepresidente del Consiglio dei ministri che non rinnega né i rapporti di collaborazione con il partito di Vladimir Putin né le sue dichiarazioni di elogio a Putin stesso;

    alla luce di queste considerazioni, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, il Ministro Salvini non può rappresentare degnamente la Repubblica Italiana ma, anzi, dimostra di non esercitare appieno le proprie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione,

per tali motivi:

   visto l'articolo 94 della Costituzione;

   visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati,

   esprime la propria sfiducia al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e Vicepresidente del Consiglio dei ministri, senatore Matteo Salvini, e lo impegna a rassegnare immediatamente le proprie dimissioni.
(1-00249) «Richetti, Braga, Francesco Silvestri, Zanella, Schlein, Conte, Bonetti, Bonelli, Fratoianni, Aiello, Alifano, Amato, Amendola, Appendino, Ascani, Ascari, Auriemma, Bakkali, Baldino, Barbagallo, Barzotti, Benzoni, Berruto, Boldrini, Bonafè, Borrelli, Bruno, Cafiero De Raho, Cantone, Cappelletti, Caramiello, Carè, Carfagna, Carmina, Carotenuto, Caso, Castiglione, Casu, Cherchi, Ciani, Alfonso Colucci, Enrico Costa, Sergio Costa, Cuperlo, Curti, D'Alessio, D'Orso, D'Alfonso, De Luca, De Maria, De Micheli, Dell'Olio, Di Biase, Di Lauro, Di Sanzo, Donno, Dori, Evi, Fassino, Fede, Fenu, Ferrari, Ilaria Fontana, Forattini, Fornaro, Fossi, Furfaro, Ghio, Ghirra, Gianassi, Girelli, Giuliano, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Grimaldi, Grippo, Gubitosa, Guerra, Iacono, Iaria, L'Abbate, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Lomuti, Lovecchio, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Mari, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Morfino, Onori, Orfini, Orrico, Ubaldo Pagano, Pastorella, Pastorino, Pavanelli, Pellegrini, Peluffo, Penza, Piccolotti, Porta, Provenzano, Quartapelle Procopio, Quartini, Raffa, Toni Ricciardi, Marianna Ricciardi, Riccardo Ricciardi, Roggiani, Rosato, Andrea Rossi, Ruffino, Santillo, Sarracino, Scarpa, Scerra, Scotto, Scutellà, Serracchiani, Simiani, Sottanelli, Speranza, Sportiello, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Todde, Torto, Traversi, Tucci, Vaccari, Zan, Zaratti, Zingaretti».

(Presentata il 23 febbraio 2024)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   PELLEGRINI, FRANCESCO SILVESTRI, BALDINO, SANTILLO, AURIEMMA, CAPPELLETTI e FENU. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 22 marzo 2024 il settimanale L'Espresso ha pubblicato una parte dell'inchiesta relativa alla compravendita di materiali di armamento in Italia nel 2023, basata su documenti riservati e fonti istituzionali;

   secondo quanto riportato dal citato settimanale, l'Ucraina avrebbe acquistato dall'Italia munizioni di vario tipo e sistemi di difesa per un totale di 417 milioni di euro nell'anno 2023, posizionandosi al secondo posto in termini di acquisti solo dopo la Francia;

   come noto, l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 14 del 2022 ha autorizzato, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine, in deroga alla legge 9 luglio 1990, n. 185, e agli articoli 310 e 311 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 e alle connesse disposizioni attuative, che disciplinano la cessione di materiali di armamento e di materiali non di armamento;

   tale disposizione è stata prorogata già ben due volte dal Governo, confermando interventi a sostegno dell'Ucraina cristallizzati in continui invii di armi nella totale assenza di interventi diplomatici volti al raggiungimento di una soluzione di pace;

   il citato articolo 2-bis rappresenta la base giuridica necessaria all'autorizzazione di cessioni di armamenti alle autorità ucraine, vietata ai sensi della legge n. 185 del 1990 che non permette di esportare e transitare materiali di armamento verso Paesi in stato di conflitto e, dunque, la vendita;

   nell'inchiesta citata si fa esplicito riferimento ad armi vendute all'Ucraina da imprese con sede in Italia: in particolare, l'attenzione è su Rwm Italia s.p.a., società del gruppo tedesco Rheinmetall. La Rwm produce attualmente i prodotti più richiesti sugli scenari di guerra, ossia proiettili di artiglieria da 155 millimetri e ordigni pesanti per l'aviazione –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, nonché, per quanto di competenza, se intenda fornire chiarimenti sia rispetto agli acquisti di materiale militare da parte delle autorità ucraine, sia rispetto alle aziende produttrici coinvolte sia alla compatibilità della vicenda con la normativa vigente.
(3-01095)

(26 marzo 2024)

   FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, URZÌ, DE CORATO, KELANY, MICHELOTTI, MURA e SBARDELLA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   dal 26 febbraio 2024 nelle province campane sono comparse delle affissioni che riportano l'eloquente frase «Il Governo Meloni tradisce il Sud»;

   nei manifesti compare un elenco di accuse rivolte al Governo, a partire dal blocco di un anno e mezzo dei fondi per il Sud (Campania 6 miliardi di euro), per poi passare al blocco dei fondi per la cultura, al blocco dei fondi per le strade e i Campi Flegrei, oltre all'accusa con cui si imputa all'attuale Governo di essere la causa del dissesto dei comuni campani;

   sui manifesti campeggia, ben in vista, il logo della regione Campania, un dettaglio non affatto trascurabile visti i toni marcatamente politici dei manifesti e che dimostra per gli interroganti come con quelle affissioni si utilizzi la comunicazione istituzionale per finalità di lotta politica, attraverso una massiccia diffusione pubblicitaria e un rilevante spreco di risorse pubbliche;

   con l'impiego di risorse pubbliche, infatti, il presidente della regione Campania promuove una comunicazione che gli interroganti ritengono vile e distorta, ponendo frontalmente l'istituzione campana contro il Governo nazionale;

   un tale comportamento legittima l'invio della documentazione riguardante i manifesti agli organi di controllo amministrativi e contabili, affinché si possa fare luce sull'utilizzo di queste risorse;

   la decisione del presidente della regione Campania di far affiggere i suddetti manifesti si presenta ad avviso degli interroganti come una violenta e irricevibile accusa nei confronti del Governo per la riforma sull'autonomia differenziata, attualmente all'esame del Parlamento –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere con riferimento ai fatti esposti in premessa, affinché sia verificato, anche tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, l'uso improprio di risorse pubbliche e per tutelare l'immagine del Governo, il suo diritto di iniziativa legislativa e lo stesso Parlamento nell'assolvimento delle proprie prerogative, sulla base del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni.
(3-01096)

(26 marzo 2024)

   BENZONI, BONETTI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è di questa settimana l'ultimo caso di suicidio in un carcere italiano: nella casa circondariale «Lorusso e Cutugno» di Torino un cittadino ecuadoregno di trentuno anni si è tolto la vita, impiccandosi alle sbarre della finestra della sua cella con un cappio rudimentale ricavato da un lenzuolo;

   si è così tristemente saliti ufficialmente a ventisette suicidi nelle carceri italiane dall'inizio del 2024: si tratta di un andamento inquietante che vede la registrazione nel 2024 di un suicidio ogni 72 ore all'interno delle mura del sistema carcerario;

   la situazione delle carceri italiane non è accettabile per uno Stato di diritto e, se è vero che è dalle condizioni dei detenuti che si misura il grado di civiltà di un Paese, è di assoluta priorità porre la questione all'attenzione della politica e tra le massime urgenze da affrontare;

   ogni giorno trascorso senza che siano attuati rimedi idonei a scongiurare la morte negli istituti penitenziari non può che accrescere la responsabilità, sia politica sia morale, di chi si trova nella posizione di dover inderogabilmente affrontare il fenomeno. Vi è il pericolo concreto che togliersi la vita in carcere possa rappresentare, per i tanti oppressi, una «soluzione» da emulare, per sfuggire a condizioni di privazione della libertà sempre più umilianti e disumane, acuite da fattori, quali il sovraffollamento e la patologica carenza negli organici di agenti penitenziari, di medici e psichiatri e di operatori sociali;

   lo stesso Presidente della Repubblica, nel discorso pronunciato il 18 marzo 2024 davanti alla polizia penitenziaria ricevuta al Quirinale, ha ribadito l'indispensabilità di affrontare il problema immediatamente e con urgenza per rispetto non solo dei valori della Costituzione, ma anche di coloro i quali negli istituti carcerari sono detenuti o vi lavorano;

   è necessario assicurare loro supporto psicologico, condizioni di detenzione e di lavoro dignitose, oltre a strutture consone;

   continuare, invece, a contare settimanalmente le vittime e a chiederci quale sia il prezzo dell'indifferenza non sono soluzioni adeguate ad un Paese democratico, i cui valori costituenti sono basati anche sulla tutela della dignità del valore di ogni singola vita, a maggior ragione se affidata alla sua custodia –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare per combattere in maniera strutturale il gravissimo fenomeno dei suicidi in carcere.
(3-01097)

(26 marzo 2024)

   PITTALIS, CALDERONE e PATRIARCA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 235 del 2012 (cosiddetta legge Severino) interviene sulla materia dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze di condanna;

   la maggior parte delle disposizioni contempla l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo quale conseguenza di una condanna definitiva, mentre gli articoli 8 e 11 prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive e, dunque, suscettibili di cambiamento nel corso dell'iter processuale;

   tale discrasia mostra i suoi aspetti di maggiore gravità in relazione alla circostanza che nel 97 per cento dei casi l'azione penale si risolve in un nulla di fatto: la stragrande maggioranza di queste sospensioni decade alla relativa scadenza e l'unica conseguenza che ne deriva è un grave danno per la vita della comunità, che rimane senza guida, e per le figure dei pubblici amministratori coinvolti, la cui vita politica e personale viene inevitabilmente segnata;

   numerosi sono stati nel corso degli anni i casi di amministratori locali condannati in primo grado e poi assolti: fra questi appare emblematico il caso del consigliere regionale Antonello Peru, condannato in primo grado a cinque anni e mezzo di reclusione, quindi assolto dalla corte d'appello con formula piena «perché il fatto non sussiste» e reintegrato nelle sue funzioni dopo ben oltre un anno di sospensione;

   paradossale anche la storia di Alberico Gambino, eletto al consiglio regionale campano nel 2010, ma sospeso prima in virtù di una misura cautelare, poi per una condanna in primo grado per scambio politico-mafioso. Dopo sei anni è stato assolto da ogni accusa: su 62 mesi di attività consiliare è rimasto sospeso per 57 mesi;

   è evidente che tale meccanismo debba essere rivisto, al fine di allineare alle disposizioni previste dalla legge Severino per gli incarichi di Governo nazionali quelli locali e regionali, collegando la sanzione della sospensione ad una condanna definitiva, così come imposto dalla Costituzione –:

   quali siano gli intendimenti del Governo circa la questione descritta in premessa.
(3-01098)

(26 marzo 2024)

   BISA, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da diverso tempo, anche nella sua relazione al Parlamento del 17 gennaio 2024, il Ministro interrogato ha annunciato in tempi brevi la presentazione di un cronoprogramma con scadenze puntuali su alcune riforme importanti da realizzare;

   dalle ultime notizie di stampa si apprende che per la settimana dopo Pasqua in Consiglio dei ministri approderà quello che viene annunciato come «un corposo pacchetto di misure» sulla giustizia, a partire dall'argomento più delicato di tutti: la separazione delle carriere dei magistrati;

   la separazione delle carriere è la madre delle riforme della giustizia. Una riforma costituzionale necessaria per equilibrare il sistema giustizia italiano, per garantire l'effettiva parità tra accusa e difesa nel processo e una battaglia di civiltà;

   la questione centrale a favore della separazione delle carriere non è l'enorme potere di alcuni pubblici ministeri, ma, ad avviso degli interroganti, la totale irresponsabilità degli stessi nel sistema giudiziario italiano, che non vede eguali in nessun altro Paese europeo;

   separare le carriere rappresenta il completamento logico e cronologico del percorso di riforma iniziato nel 1989 con il nuovo codice di procedura penale di Giuliano Vassalli, che ha segnato il passaggio dal rito inquisitorio al rito accusatorio e proseguito dieci anni dopo con la riforma dell'articolo 111 della Costituzione, che vede il giudice terzo. Quest'ultimo passaggio è rappresentato dalla separazione delle carriere dei magistrati;

   in diverse circostanze e situazioni e dibattiti, la Lega ha ribadito con chiarezza che, perché la magistratura sia davvero libera dalle pressioni delle correnti, la separazione delle carriere deve necessariamente essere accompagnata, però, da un nuovo sistema elettorale con sorteggio (mediato);

   la promozione di un referendum popolare abrogativo, volto a incidere su alcuni degli aspetti più significativi e, al tempo stesso, controversi del sistema giustizia del nostro Paese, ha visto forte protagonista il gruppo della Lega;

   nel pacchetto di misure annunciate è indispensabile porre l'accento sulla necessità di una riforma costituzionale dell'ordinamento giurisdizionale che preveda modifiche su assetto, struttura e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e che rafforzi la figura del giudice, come attore principale della giurisdizione, garantendone la piena autonomia e indipendenza dal pubblico ministero, attraverso la creazione di due distinti consigli superiori della magistratura –:

   quali tempistiche siano previste per l'adozione e l'approvazione in Consiglio dei ministri della riforma di cui in premessa.
(3-01099)

(26 marzo 2024)

   GADDA, FARAONE, DE MONTE, DEL BARBA, MARATTIN, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   gli articoli 74, 75, 76, 77 e 78 della legge sull'ordinamento penitenziario, legge n. 354 del 1975, così come gli articoli 95 e 119 del regolamento di attuazione, decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, fanno tutti riferimento alla costituzione, presso i tribunali dei capoluoghi di ciascun circondario, dei «consigli di aiuto sociale» ai quali sono affidati una serie di importanti compiti relativi all'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria;

   ad avviso degli interroganti questi «enti», dotati di personalità giuridica e sottoposti alla vigilanza del Ministero della giustizia, sono fondamentali per corrispondere al dettato costituzionale di cui all'articolo 27 e al relativo reinserimento sociale delle persone detenute e per far fronte al soccorso e all'assistenza alle vittime del delitto;

   dell'argomento si è più volte discusso nella trasmissione «Radio carcere» di Radio Radicale, condotta dal giornalista Riccardo Arena e con ospite fissa Rita Bernardini;

   a quel che risulta agli interroganti, non esistono ad oggi consigli di aiuto sociale costituiti e attivi, se non il tentativo fatto a Palermo nell'ottobre 2021 dall'allora presidente Antonio Balsamo, oggi sostituto procuratore generale della Corte di cassazione;

   ad avviso degli interroganti i consigli di aiuto sociale sono fondamentali per il reinserimento sociale delle persone detenute e, quindi, per combattere la recidiva altissima per chi sconta la pena in carcere –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per promuoverne urgentemente la costituzione dei consigli di aiuto sociale o se intenda adottare iniziative normative di rango primario per apportare modifiche alla disciplina vigente e attribuirne le imprescindibili finalità dei richiamati consigli di aiuto sociale ad altri enti o organismi.
(3-01100)

(26 marzo 2024)

   MAGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in materia di affettività in carcere l'Italia risulta in ritardo sia rispetto agli altri Paesi europei, sia rispetto ad atti sovranazionali, quali diverse raccomandazioni sia dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (n. 1340/1997), sia del Parlamento europeo (n. 2003/2188 INI), sia del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa (R (2006) 2);

   con sentenza n. 301 del 2012 la Corte costituzionale, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità sollevata dal magistrato di sorveglianza di Firenze relativa all'articolo 18 della legge 26 luglio 1975 n. 354, ha richiamato l'attenzione del legislatore al tema del riconoscimento normativo del diritto all'affettività e alla sessualità delle persone detenute;

   la Corte costituzionale aveva riconosciuto che la possibilità per la persona detenuta di continuare a mantenere, durante l'esecuzione della pena, rapporti affettivi anche a carattere sessuale fosse «esigenza reale e fortemente avvertita» e che corrisponde a diritto soggettivo da riconoscersi ad ogni detenuto;

   intervenendo nuovamente la Corte con sentenza n. 10 del 2024, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge sull'ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui col coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia;

   la Corte afferma che l'ordinamento giuridico tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere il sentimento di affetto che ne costituisce l'essenza;

   si è così riscontrata la violazione degli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione per l'irragionevole compressione della dignità della persona causata dalla norma in scrutinio e per l'ostacolo che ne deriva alla finalità rieducativa della pena, nonché dell'articolo 117, primo comma, in relazione all'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo per il difetto di proporzionalità, auspicando un'azione del legislatore, pur riconoscendo il ruolo che nel frattempo può dare «l'amministrazione della giustizia, in tutte le sue articolazioni, centrali e periferiche, non esclusi i direttori dei singoli istituti» –:

   quali disposizioni abbia dato il Ministro interrogato a seguito della pronuncia in premessa alle articolazioni dell'amministrazione per rendere pienamente e direttamente esercitabile il diritto all'affettività, tenendo conto delle numerose richieste avanzate dai detenuti in diversi istituti, e se siano state date indicazioni al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di effettuare un monitoraggio rispetto all'individuazione degli spazi, nonché di programmare soluzioni alternative e, infine, di svolgere attività di formazione anche con visite in altri Paesi ove queste esperienze sono consolidate.
(3-01101)

(26 marzo 2024)

   LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   già mercoledì 11 gennaio 2023 il Gruppo Noi Moderati segnalava alla Camera dei deputati la situazione di emergenza della popolazione carceraria, una condizione che si è aggravata ulteriormente negli ultimi mesi, con 27 casi di suicidio registrati dall'inizio del 2024;

   la possibilità di studiare e di lavorare in carcere rappresenta un fattore decisivo per favorire il benessere dei detenuti, agevolarne il reinserimento sociale e abbassare il tasso di recidiva, come dimostrato dagli innumerevoli studi pubblicati negli ultimi decenni;

   secondo i dati comunicati dal Ministero della giustizia, al 31 dicembre 2023, solo 604 detenuti sui 30.437 del campione analizzato erano in possesso di una laurea, mentre 17.669 su 30.437 risultavano in possesso di un titolo di studio di scuola media inferiore, denotando un livello di istruzione sensibilmente inferiore alla media nazionale;

   i detenuti che lavoravano nelle carceri italiane al 30 giugno 2023 ammontavano a 19.153, di cui 16.305 alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. Inoltre, i detenuti che frequentavano un corso universitario all'interno degli istituti penitenziari del Paese al 31 dicembre 2023 erano circa 1.200, su una popolazione complessiva di circa 60.000 persone;

   il 1° febbraio 2024 il Ministro interrogato e il presidente della Rai Marinella Soldi hanno presentato alla casa circondariale di Civitavecchia il progetto «Scuola esercizio di libertà», con cui la Rai ha reso fruibile a 20 mila detenuti sprovvisti di connessione internet oltre 1800 video-lezioni de «La Scuola in tivù», grazie a una donazione di 400 computer da parte della Rai all'amministrazione penitenziaria e la loro distribuzione in 190 istituti penitenziari del nostro Paese –:

   quali ulteriori iniziative intenda assumere al fine di favorire lo studio e il lavoro nelle carceri, anche con l'obiettivo di ridurre il disagio psicologico dei detenuti e favorirne il reinserimento sociale.
(3-01102)

(26 marzo 2024)

   PROVENZANO, GRAZIANO, MANZI, ORFINI, BERRUTO, GHIO, FERRARI, CASU e FORNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come riportano i mezzi di informazione, sono tornate insistenti e soprattutto senza smentita le indiscrezioni in merito a trattative avanzate circa la vendita di Agi, Agenzia giornalistica Italia, al gruppo dell'imprenditore e deputato già editore delle testate Il Tempo, Il Giornale e Libero;

   Agi, che attualmente appartiene al gruppo Eni, rappresenta una delle principali agenzie primarie di informazione del Paese;

   tali notizie hanno messo in allarme gli oltre 70 giornalisti della testata, il cui comitato di redazione ha già palesato la necessità di fare con tempestività chiarezza sul possibile cambio di proprietà, soprattutto in relazione alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza dell'agenzia, che sarebbero messe a rischio con l'arrivo di un editore così schierato;

   la possibile cessione di Agi da parte di Eni al citato gruppo desta particolare allarme e rileva uno scenario particolarmente preoccupante circa lo stato dei rapporti tra politica e informazione nel nostro Paese;

   sarebbe davvero grave che un imprenditore nonché parlamentare di uno dei partiti che compongono l'attuale maggioranza ricevesse quote di un'agenzia giornalistica indipendente da parte di Eni, società di cui è azionista il Ministero dell'economia e delle finanze, guidato da un Ministro appartenente allo stesso partito, a giudizio degli interroganti in un evidentissimo conflitto di interesse;

   si tratterebbe di un'operazione in aperta violazione del pluralismo dell'informazione e in contrasto con i principi recentemente riaffermati nell'Unione europea nell'ambito dell'«European media freedom act», che punta proprio a proteggere la libertà e il pluralismo dei media –:

   qualora siano confermate le notizie riportate in questi giorni in merito alle trattative in corso per la vendita dell'agenzia Agi proprio al gruppo societario di Angelucci, se il Governo non ritenga di intervenire per scongiurare tale operazione, che ad avviso degli interroganti configura un palese conflitto di interesse, al fine di tutelare il principio fondamentale delle democrazie rappresentato dal pluralismo nella informazione.
(3-01103)

(26 marzo 2024)

   ZANELLA, BONELLI, FRATOIANNI, BORRELLI, DORI, EVI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 1965 l'Agenzia di stampa italiana, Agi, è detenuta dall'Eni, partecipata dallo Stato italiano attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa depositi e prestiti;

   l'Agi, seconda agenzia italiana di stampa, è da 70 anni un punto di riferimento dell'informazione primaria, dedicata principalmente alla produzione e alla distribuzione dei contenuti informativi e di comunicazione; la stessa Eni ne sottolinea la neutralità e l'imparzialità in ogni ambito della sua attività editoriale, che garantisce compatibilità dei contenuti nei confronti di tutti i clienti;

   appare, quindi, di cruciale importanza che sia garantita nei suoi assetti proprietari la possibilità di tutelare l'attività dell'Agi da ingerenze politico-economiche e da conflitti di interesse;

   secondo insistenti e dettagliate notizie apparse sugli organi di stampa sarebbe in corso l'acquisizione dell'Agi da parte del gruppo Angelucci, controllato da Antonio Angelucci, deputato della Lega, imprenditore della sanità ed editore dei quotidiani Il Tempo, Il Giornale e Libero, definito il network della destra;

   l'acquisizione potrebbe essere definita a breve, prima di allora potrebbe essere eseguito un taglio degli organici attraverso prepensionamenti, con l'uscita di 14 dei 70 giornalisti attualmente in organico;

   l'assemblea dei redattori dell'agenzia esprime preoccupazione sulla vendita, mai ufficialmente smentita sino ad oggi da parte di Eni, nonostante le 14 esplicite richieste di chiarimento, solo il 25 marzo 2024, secondo quanto riportato dalla stampa, in un incontro tra il comitato di redazione e l'amministratore delegato dell'Agi sarebbe stata resa ufficiale l'esistenza di una manifestazione di interesse all'acquisizione, senza, però, rilevare, la provenienza;

   ad avviso degli interroganti appare gravissimo e sconcertante che l'eventuale cessione dell'Agi, detenuta dalla principale partecipata pubblica, avvenga nella più totale assenza di trasparenza e informazione da parte non solo dell'Eni ma del Governo e, in particolare, per le funzioni ad essi attribuite, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'economia e delle finanze;

   l'eventuale cessione dell'Agi da parte dell'Eni ad un gruppo editoriale di proprietà di Antonio Angelucci, deputato della Lega e, quindi, esponente di un partito dell'attuale maggioranza a cui appartiene anche il Ministro interrogato, a giudizio degli interroganti appare violare ogni principio e regola diretta alla tutela del pluralismo e dell'indipendenza dell'informazione e in contrasto con l'European media freedom act –:

   se il Ministro interrogato intenda confermare l'esistenza di una trattativa tra l'Eni e il gruppo di Antonio Angelucci per la cessione dell'Agi e se non ritenga che questa eventuale cessione possa determinare – come appare agli interroganti – un pericoloso conflitto di interessi che lede gravemente l'indipendenza di una fonte primaria di informazione e violi le recenti norme approvate dal Parlamento europeo a tutela dell'indipendenza e libertà della stampa.
(3-01104)

(26 marzo 2024)

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