TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 395 di Lunedì 9 dicembre 2024

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS PER FINALITÀ DI CARATTERE TERAPEUTICO E RICREATIVO

   La Camera,

   premesso che:

    1) nel mese di giugno 2024 è stata presentata la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2024 (dati raccolti nel 2023), prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, dalla quale emerge che:

     a) le violazioni per possesso di sostanze stupefacenti per uso personale nel corso del 2023 sono state 34.679 e hanno riguardato 32.346 persone;

     b) quanto ai reati droga-correlati, nel 2023, sono state denunciate all'autorità giudiziaria complessivamente 27.674 persone, con un aumento di quasi il 3 per cento rispetto al 2022 (dati, tuttavia, in continuo aggiornamento) dopo un trend in diminuzione dal 2018: il 76 per cento delle sostanze riportate nelle segnalazioni riguarda cannabis e derivati, percentuale che raggiunge valori pari al 97 per cento fra i minorenni e al 78 per cento fra le persone straniere;

     c) sul totale delle operazioni di polizia svolte nel 2023, il 47 per cento ha riguardato la cannabis, con quasi 10 mila sequestri per circa 67 tonnellate requisite, cui si aggiungono 156 mila piante;

     d) per quanto riguarda la presa in carico degli utilizzi problematici, la cannabis risulta la minor causa di trattamenti sanitari, con il 12 per cento di utenza nei SerD, il 6 per cento dell'utenza presso strutture private e il 5 per cento di ricoveri presso i pronto soccorso;

     e) quanto alla componente economica la relazione informa che alla cannabis è riconducibile il 40 per cento degli oltre 16 miliardi di valore del mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi;

    2) i numeri sopra richiamati sono la conseguenza di un quadro normativo e regolamentare sulla cannabis estremamente punitivo e in disequilibrio rispetto a un'analisi costi-benefici che sempre deve guidare il legislatore o il decisore pubblico in ordine ai fenomeni sociali che interessano la collettività tutta;

    3) i predetti dati dimostrano ancora una volta che una legislazione incentrata sulla repressione penale non consente di arginare un fenomeno ampiamente diffuso e con forti radicamenti sociali e culturali, la cui rilevanza richiede che siano disciplinati e regolamentati piuttosto che vietati o puniti;

    4) nel nostro Paese vige un quadro normativo di fatto punitivo, che discende già dalla fine degli anni '80 e che è stato ulteriormente aggravato nel corso degli anni, estendendolo non solo al commercio illecito ma anche al consumo personale di droga, prescindendo da una valutazione obiettiva e scientifica sulla effettiva pericolosità sociale e sanitaria delle diverse droghe o sostanze, soggette a una continua revisione della loro classificazione, assai spesso per ragioni ideologiche o propagandistiche invece che per ragioni scientifiche, di salute pubblica o di effettiva pericolosità sociale;

    5) nella storia del nostro Paese si sono dunque delineati diversi orientamenti o filoni di pensiero sulla necessità o meno di proibire ovvero legalizzare la cannabis e nel 1993 fu approvato un referendum popolare abrogativo che aveva mitigato l'impianto sanzionatorio allora vigente; con il referendum popolare il 55,3 per cento, oltre 19.000.000 di cittadini, si espresse contro la repressione penale del consumo;

    6) successivamente, nel 2014, sempre nell'acceso dibattito/confronto sulle diverse posizioni di legalizzazione e di proibizionismo, intervenne anche la sentenza della Corte costituzionale n. 32 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli della cosiddetta legge Fini-Giovanardi che aveva equiparato le droghe leggere, quali l'hashish e la marijuana, e quelle pesanti, come l'eroina e in genere gli oppiacei, la cocaina, le anfetamine e gli allucinogeni;

    7) la Suprema Corte di cassazione, in forza del principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale per cui una condotta non può avere rilevanza penale se non offende alcun bene giuridicamente protetto, ha consolidato il principio secondo cui «ai fini della configurabilità del reato non è sufficiente la mera coltivazione di una pianta conforme al tipo botanico vietato, ma è altresì necessario verificare se tale attività sia concretamente idonea a ledere la salute pubblica» (confronta Sezioni Unite n. 12348/2020; terza sezione penale n. 20238/2022);

    8) con la su citata sentenza (n. 12348 del 16 aprile del 2020), le Sezioni Unite hanno sancito, inoltre, un nuovo fondamentale principio di diritto in materia di coltivazione e detenzione di cannabis a uso personale, stabilendo che dal reato di coltivazione di stupefacenti «devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili nell'ambito della norma penale: le attività di coltivazioni di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore»;

    9) in senso conforme, sempre la Corte di cassazione (n. 20238/2022) ha rappresentato che «(...) dal punto di vista meramente economico, la produzione di un bene per il suo esclusivo autoconsumo è fattore che, lungi dall'incrementare la vivacità di un mercato, tende a deprimerlo (...)»;

    10) in sostanza, i giudici ermellini hanno più volte ritenuto che le attività di minima coltivazione non sono riconducibili nell'ambito di rilevanza penale perché prive di offensività, esattamente come avviene nelle ipotesi del consumo e della detenzione per uso personale di sostanza stupefacente;

    11) grazie all'esito del referendum del 1993 e ai successivi orientamenti giurisprudenziali, attualmente il consumo e la detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti non hanno rilevanza penale mentre la detenzione per uso personale può essere oggetto di sanzione amministrativa; tuttavia non risulta ancora conformato agli orientamenti giurisprudenziali il trattamento della coltivazione della cannabis, poiché la stessa è sanzionata penalmente la coltivazione di piante dalle quali possano estrarsi sostanze stupefacenti e a ciò consegue che nei casi di coltivazione per autoconsumo, anche terapeutico, possa essere instaurato un procedimento penale;

    12) dalle conclusioni della VI Conferenza nazionale sulle dipendenze svoltasi nel 2021 è emersa forte l'esigenza di modificare l'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti e, nello specifico, di sottrarre all'azione penale sia la coltivazione di cannabis a uso domestico sia la cessione di modeste quantità per uso di gruppo oltre che diverse misure di depenalizzazione;

    13) è necessario che il legislatore intervenga per armonizzare le diverse istanze sociali ben tradotte nei consessi giurisprudenziali e tuttavia rimaste disattese nelle norme vigenti, al fine di garantire il diritto ad accedere ai benefici terapeutici della cannabis per tutti i pazienti che lo richiedano e per escludere la criminalizzazione di una condotta che contempla l'uso ricreativo della cannabis, che non viene sentita o ritenuta illecita dalla maggioranza dei cittadini e che non è lesiva della salute pubblica;

    14) l'adozione di un modello di repressione indifferenziata, che proibisce allo stesso modo tutte le sostanze e punisce in modo analogo o identico tutti i consumatori, ha accresciuto in modo esponenziale i costi e quindi ha aggravato l'inefficienza delle legislazioni proibizioniste;

    15) ai firmatari del presente atto di indirizzo occorre ovviare al dispendioso quanto inefficace coinvolgimento dell'apparato giudiziario e burocratico che appare essere inadeguato, sproporzionato e talvolta anche dannoso nonché evitare processi giudiziari che intralciano la giustizia a discapito di ben più rilevanti necessità e che, ove riguardino giovanissimi, arrivano a criminalizzazioni più dannose che riparative;

    16) si consideri, infatti, che, sia in Italia che in Europa, le attività repressive sul traffico, lo spaccio e la detenzione di cannabis – che rappresenta certamente la sostanza meno pericolosa – impegnano sull'intero territorio nazionale (e non solo) un numero di appartenenti alle forze di polizia giudiziaria e di magistrati che è un multiplo di quello impegnato nelle azioni di contrasto all'eroina ovvero alla cocaina, alle droghe sintetiche, ben più micidiali;

    17) occorre contare sia le risorse impegnate nella repressione del traffico di cannabis attraverso interventi sul territorio, sia gli ufficiali di polizia giudiziaria che redigono le relative informative e verbali e, infine, carabinieri, finanzieri, poliziotti, quotidianamente impegnati nei tribunali per deporre in udienza;

    18) i sequestri di quantitativi di cannabis, sono, a seconda degli anni, 100 o 150 volte di più di quelli di eroina e cocaina e 8.000 volte maggiori dei sequestri delle droghe sintetiche; in pratica si sequestra in misura infinitamente più ampia la sostanza meno dannosa rispetto a quelle ben più nocive, se non letali;

    19) anche dai dati già citati emerge come, a fronte di un eccezionale impegno della magistratura e delle forze dell'ordine, l'azione di contrasto del fenomeno non abbia invertito il trend relativo al consumo della sostanza;

    20) è necessario rescindere il legame illecito tra il consumatore e il fornitore, sottraendo alle organizzazioni criminali fonti illecite di guadagno, come più volte evidenziato dalla stessa Direzione nazionale antimafia (Dna), impiegando le risorse che si risparmierebbero per contrastare in maniera più diretta e più efficace i reati e le attività criminose legate al traffico illecito di sostanze stupefacenti;

    21) proprio la richiamata Direzione nazionale antimafia, nella relazione annuale afferente all'annualità 2017, aveva affermato che «sembra coerente l'adozione di una rigorosa e chiara politica di legalizzazione della vendita della cannabis, accompagnata da una parallela azione a livello internazionale e in particolare europeo, che consenta la creazione, in prospettiva, di una più ampia aerea in cui il fenomeno sia regolato in modo omogeneo», pronunciandosi favorevole alla legalizzazione alla luce dei numeri, fatti, indagini e processi e del fallimento delle politiche proibizioniste e sottolineando la necessità di concentrare le risorse dello Stato sulla repressione di fenomeni più gravi ed allarmanti;

    22) in questo quadro fattuale, è stata proprio la Direzione nazionale antimafia, dunque, a proporre politiche di depenalizzazione che potrebbero dare buoni risultati «in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell'ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite»;

    23) nel nostro Paese solo nella XVIII legislatura è stato possibile affrontare il tema con un approccio più laico e proprio in questo ramo del Parlamento si è giunti ad una proposta di legge condivisa finalizzata a superare una legislazione orientata alla esclusiva repressione penalistica del fenomeno; segnatamente, il 29 giugno 2022 è stato avviato l'esame in Aula del provvedimento volto alla depenalizzazione della coltivazione domestica della cannabis per uso personale, già approvato dalla Commissione giustizia in sede referente (testo unificato Magi-Licatini A.C. 2307-A);

    24) il predetto provvedimento, recante modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati, da un lato, ha recepito i più recenti orientamenti della giurisprudenza in materia di produzione e detenzione di cannabis di lieve entità per uso personale, in modo da rendere lecita la coltivazione domestica di 4 piantine per uso esclusivamente personale, dall'altro, ha superato anche l'applicazione della sanzione amministrativa, in presenza di determinate condizioni fissate dalla legge; tra le novità introdotte, oltre alla riforma della disciplina sanzionatoria della produzione e del traffico di cannabis e dell'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, vi è altresì la previsione di pene detentive più basse per i fatti più lievi – con una disciplina autonoma per i fatti di lieve entità – prevedendo, al contempo, l'esclusione del fatto di lieve entità nei casi di cessione di sostanze commessa nei confronti di un minore;

    25) l'approvazione in II Commissione (Giustizia) della Camera dei deputati del su citato provvedimento ha certamente rappresentato un fondamentale passo in avanti verso la depenalizzazione della coltivazione per uso personale della cannabis, specie a seguito della dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte costituzionale del referendum che proponeva l'abrogazione di alcune parti del testo unico in materia di stupefacenti, a febbraio 2022;

    26) non può non rilevarsi, invero, come vi sia stata una grande partecipazione della popolazione sul tema, in considerazione della circostanza che a sole 72 ore dal deposito del quesito referendario da parte dei promotori, fossero state raccolte già circa 330 mila sottoscrizioni, a riprova del forte interesse mostrato dai cittadini rispetto alla necessità di rimodulare la disciplina relativa al consumo di cannabis; tale istanza non può rimanere inevasa da parte del legislatore e dunque, appare opportuno che il Parlamento si assuma le proprie responsabilità anche in questa legislatura e porti a termine il lavoro già iniziato nella precedente;

    27) in Europa e negli altri Paesi del mondo si sta affermando, in maniera sempre più estesa, il superamento del proibizionismo; in Germania, ad esempio, dal 1° aprile 2024 è entrata in vigore la legge che legalizza la cannabis, consentendo agli adulti sopra i 18 anni di coltivare legalmente un massimo di tre piante per il consumo privato e di possedere quantità limitate della sostanza, fino a un massimo di 25 grammi, consentendo la coltivazione anche ai cosiddetti «Cannabis club», associazioni senza scopo di lucro con non più di 500 membri; le persone con più di 21 anni potranno acquistare un massimo di 50 grammi al mese, mentre per i giovani tra i 18 e i 21 anni il limite è di 30 grammi; prima della Germania, altri Paesi come Malta e il Lussemburgo avevano già legalizzato la cannabis anche a scopo ricreativo: Malta nel 2023 e il Lussemburgo nel 2021; in Spagna la coltivazione personale e il consumo in casa sono legali solo per un massimo di 3 piante e fuori casa sono i social club ad offrire l'unica alternativa di consumo; in Portogallo, dal 2001, il consumo personale di cannabis è stato depenalizzato; in Francia e nel Regno unito è stata legalizzata la cannabis per uso medico-terapeutico;

    28) questo approccio pragmatico sulla legislazione delle droghe leggere ha riguardato anche gli Stati Uniti, dove è cresciuto rapidamente il numero degli Stati che hanno legalizzato la produzione e la vendita di cannabis per uso ricreativo, quali il Colorado, Washington, Oregon e Alaska e il distretto di Columbia;

    29) nel gennaio del 2019, l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato sei raccomandazioni relative alla cannabis in cui raccomanda la rimozione della cannabis dalla tabella IV della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 (che contiene le sostanze «particolarmente dannose e di valore medico o terapeutico estremamente ridotto») e l'inserimento di determinate preparazioni farmaceutiche a base di cannabis nella tabella III della stessa Convenzione (che elenca le sostanze con valore terapeutico e con basso rischio di abuso); anche il tetraidrocannabinolo (Thc) viene rimosso dalla Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 e ricondotto alla sola tabella I della Convenzione del 1961;

    30) in sostanza l'Organizzazione mondiale della Sanità ha così riconosciuto le applicazioni mediche della cannabis e dei cannabinoidi, che vengono reintegrati nella farmacopea e ha chiarito che le preparazioni di cannabidiolo puro, con meno dello 0,2 per cento di Thc, non devono essere sotto controllo internazionale;

    31) in seguito, le raccomandazioni dell'Oms sono state inoltrate alle Nazioni Unite per essere votate dalla Commission on Narcotic Drugs, l'organo esecutivo per la politica sulle droghe con sede a Vienna; la Commissione, nella sua riunione annuale, ha preso in considerazione, ed accolto, soltanto la raccomandazione del 2019 dell'Oms, che chiedeva di togliere la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione del 1961, dove era elencata insieme a sostanze stupefacenti quali l'eroina e la cocaina;

    32) l'Italia ha legalizzato l'uso di cannabinoidi per finalità mediche nel 2006, tuttavia la prescrizione di cannabis ad uso medico in Italia è stata disciplinata solo nel 2015 e riguarda l'impiego nel dolore cronico e di quello associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale; nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per Hiv; come stimolante dell'appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell'appetito in pazienti oncologici o affetti da Aids e nell'anoressia nervosa; l'effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette; le prescrizioni si effettuano quando le terapie convenzionali o standard sono efficaci;

    33) con il decreto-legge n. 148 del 2017, convertito, con modificazioni, della legge n. 172 del 2017, è stata poi disciplinata in maniera più organica la produzione di cannabis prevedendo che lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, autorizzato alla fabbricazione di infiorescenze di cannabis in osservanza delle norme di buona fabbricazione (Good manufacturing practices – GMP) secondo le direttive dell'Unione europea, provvede alla coltivazione e alla trasformazione della cannabis in sostanze e preparazioni vegetali per la successiva distribuzione alle farmacie, al fine di soddisfare il fabbisogno nazionale di tali preparazioni e per la conduzione di studi clinici;

    34) per assicurare la disponibilità di cannabis a uso medico sul territorio nazionale, anche al fine di garantire la continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, può altresì essere autorizzata l'importazione di quote di cannabis da conferire allo stesso Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, ai fini della trasformazione e della distribuzione presso le farmacie e qualora risulti necessaria la coltivazione di ulteriori quote di cannabis possono essere individuati uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione, con l'obbligo di operare secondo le Good agricultural and collecting practices (Gacp);

    35) le preparazioni magistrali a base di cannabis prescritte dal medico sono a carico del Servizio sanitario nazionale, nei limiti del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, e la Commissione nazionale per la formazione continua (Ecm) deve prevedere l'aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e socio-sanitario impegnato nella terapia del dolore, anche attraverso il conseguimento di crediti formativi per acquisire una specifica conoscenza professionale sulle potenzialità terapeutiche delle preparazioni di origine vegetale a base di cannabis nelle diverse patologie e in particolare sul trattamento del dolore;

    36) nonostante la maggiore organicità della disciplina della cannabis terapeutica e nonostante la Commissione nazionale Ecm abbia dato seguito alla predetta disposizione, tutt'oggi esistono ancora diffuse carenze formative e informative tra il personale medico e sanitario sulle potenzialità terapeutiche della cannabis ed ancora oggi è difficile trovare medici disposti a prescriverne la somministrazione;

    37) nel nostro Paese la carenza di cannabis terapeutica, la mancata continuità delle cure, unitamente al fatto che pochi medici ne conoscono la prescrivibilità, creano un allarme costante per i pazienti; oggi si aggiunge anche il fondato timore della chiusura della produzione presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, l'unico ad oggi autorizzato in Italia per questo tipo di produzione e vista l'insufficiente produzione interna, l'Italia continua ad importare prodotti a base di cannabis, in particolare dai Paesi Bassi e dal Regno Unito;

    38) occorre potenziare la coltivazione della cannabis terapeutica per far fronte alla carenza di cannabis medica; tale carenza infatti è diventata sempre più una priorità, in quanto i pazienti evidenziano frequenti casi di indisponibilità del prodotto e rischia di non poter garantire la continuità terapeutica per i pazienti; tale difficoltà di reperimento risiede in parte nella incapacità del nostro Paese di produrre un quantitativo di cannabis che sia in grado di far fronte all'attuale domanda di prodotto e in parte proprio nel divieto di coltivazione personale per finalità terapeutiche;

    39) coltivare piante di cannabis con Thc superiore allo 0,6 per cento è infatti un reato, anche se in presenza di prescrizione medica; tuttavia su tale divieto è intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite penali della Cassazione n. 12348 del 2020 che renderebbe possibile che tale condotta non assuma rilevanza penale laddove la coltivazione domestica sia svolta in maniera rudimentale (senza una predisposizione sofisticata di mezzi e strutture), con un limitato numero di piante e finalizzata al solo consumo personale; ovviamente si tratta di condizioni e parametri fissati in via giurisprudenziale e non normativa, e che dunque non escludono la punibilità tout court;

    40) con legge n. 242 del 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», nel nostro Paese è iniziato il rilancio di un settore che per decenni era stato dimenticato, consentendo nuovamente la coltivazione della canapa (cannabis sativa) per utilizzo agricolo e industriale;

    41) a seguito dell'approvazione di tale provvedimento, in Italia moltissime nuove aziende hanno avviato la propria attività, e tante imprese si sono specializzate nella trasformazione dei derivati: ad oggi parliamo di una filiera che vale mezzo miliardo di euro, con 3.000 aziende agricole e 30.000 posti di lavoro e un peso rilevante sull'innovazione green e sul rilancio delle zone interne;

    42) la succitata legge, tuttavia, reca ancora incertezze interpretative e vuoti legislativi, in particolare relativi alla possibilità di commercializzazione dei prodotti, che compromettono l'attività delle imprese agricole e commerciali coinvolte e che arrestano la crescita, lo sviluppo e la stabilità di un compartimento economico oggi di spicco;

    43) al riguardo, sono note le antinomie giurisprudenziali insorte nel corso del 2019, le quali hanno condotto la IV sezione penale della Corte di cassazione a emettere un'ordinanza di remissione alle Sezioni Unite (ordinanza n. 8654 del 27 febbraio 2019) per risolvere proprio il contrasto interpretativo sulla liceità della commercializzazione al dettaglio della «cannabis light»; da un lato, infatti, l'interpretazione restrittiva della norma ricondurrebbe astrattamente, ed in ogni caso, la commercializzazione di prodotti diversi da quelli elencati nell'articolo 2 della legge n. 242 del 2016 (tra cui, ad esempio, le infiorescenze di cannabis sativa L. o le resine) tra le condotte penalmente rilevanti ai sensi del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti, dall'altro, l'opposto indirizzo, di tipo estensivo, stabilisce che la legge n. 242 del 2016, avendo lo scopo di promuovere e sostenere l'intera filiera produttiva della canapa industriale, contempla, come necessario corollario logico-giuridico, anche la commercializzazione dei prodotti ottenuti da tale filiera, tra i quali rientrano ugualmente le infiorescenze;

    44) in un tale contesto, anche la Suprema corte, con la sentenza n. 4920 del 2019, si è espressa sia sulla possibilità di commercializzazione dei prodotti derivanti dalla stessa finalità della legge, sia sul contenuto di Thc degli stessi;

    45) diverse sono state le sentenze, nonché le circolari e le direttive ministeriali susseguitesi sui punti controversi nel corso degli anni e appare quindi evidente che – anche considerando l'attuale orientamento restrittivo del Governo relativo alla coltivazione e produzione della canapa – è quanto mai necessario e urgente apportare delle modifiche alla legge 242 del 2016, presupponendo anche la possibilità di commercializzare tali prodotti ed estendendo l'applicazione della legge anche alle infiorescenze fresche ed essiccate, di prodotti e preparati da esse derivati e di oli il cui contenuto di tetraidrocannabinolo (Thc) risulti uguale o inferiore allo 0,5 per cento;

    46) è invece tra gli intendimenti dichiarati di questo Governo modificare il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa (cannabis sativa L.), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati;

    47) nelle ipotesi di modifica attualmente all'esame del Parlamento si prevede infatti l'applicazione delle sanzioni previste al Titolo VIII del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza;

    48) con lo scopo evidente di rendere illegale la canapa light, si vogliono spostare i derivati della cannabis a uso terapeutico nella tabella B delle sostanze stupefacenti, con la conseguenza che anche per la cannabis terapeutica si determinerà una inevitabile compressione nella vendita o diffusione;

    49) sono inoltre diversi i tentavi ministeriali, sospesi ripetutamente dai tribunali amministrativi per carenza di evidenze scientifiche, di inserire le composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo (Cbd), ottenuto da estratti di cannabis, nella tabella B dei medicinali ossia nella tabella degli stupefacenti in modo da vietare la vendita nei negozi, nelle erboristerie e nei tabaccai (ad esempio sotto forma di olio in gocce), ma solo nelle farmacie con ricetta medica non ripetibile;

    50) a riguardo, gli operatori del settore sottolineano come le evidenze scientifiche internazionali, comprese quelle dell'Oms, dimostrano chiaramente che il cannabidiolo è una sostanza sicura senza rischio di abuso e dipendenza ed esprimono «seri dubbi sul fatto che questa serie di manovre legislative possa essere volta a favorire indebitamente le case farmaceutiche, consegnando loro un mercato dal grande potenziale economico. Questa preoccupazione nasce dall'apparente intenzione del Governo di restringere l'accesso al cannabidiolo attraverso la medicalizzazione forzata, un'azione che sembra avvantaggiare esclusivamente le grandi aziende farmaceutiche a discapito dei piccoli produttori e degli operatori del settore della canapa»;

    51) recentemente il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulla sicurezza stradale e modifiche al Codice della strada; il provvedimento si articola in due sezioni: la prima è dedicata alle modifiche specifiche al Codice della strada, la seconda riguarda un'ampia delega al Governo per la revisione del sistema normativo in materia di motorizzazione e circolazione stradale; tra le variazioni introdotte nella prima sezione, vi è la modifica all'articolo 187, che omette – diversamente dall'articolo 186, relativo allo stato d'ebbrezza – la statuizione di principio riguardante il divieto di porsi alla guida di un veicolo in stato di alterazione psico-fisica, passando direttamente a incriminare (mediante una fattispecie contravvenzionale) la guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope;

    52) il reato – prima dell'approvazione – consisteva appunto nel porsi alla guida della vettura in stato di alterazione psico-fisica dovuto all'assunzione della sostanza; essenziale per l'accertamento del fatto-reato è, dunque, l'accertamento del nesso causale tra consumo della sostanza ed effetto di alterazione sull'organismo; la Cassazione è consolidata su questo orientamento (si veda da ultimo Cassazione, sez. IV penale, 25 gennaio 2023, n. 5890 e Cassazione, sez. IV penale, 18 aprile 2023, n. 22682 e ancora tribunale di Vicenza 4 febbraio 2022, n. 129); i controlli per la rilevazione del principio attivo del tetraidrocannabinolo (Thc), vengono effettuati attraverso test salivari, che possono dare risultato positivo anche a tre giorni di distanza dall'effettivo uso della sostanza; stessa cosa, se si usano altri test: nelle urine ad esempio, il tetraidrocannabinolo rimane anche un mese dall'ultima assunzione, nel capello fino a tre mesi, nel sangue fino a tre settimane,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative normative volte a razionalizzare la disciplina sanzionatoria delle varie condotte illecite previste dall'articolo 73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ridefinendo i fatti di lieve entità e stabilendo che non possa costituire illecito amministrativo la detenzione di prodotto derivante dalla coltivazione domestica di un numero definito di piante qualora si accerti che sia per uso esci usi esclusivamente personale;

2) ad adottare iniziative normative volte a legalizzare la cannabis per uso terapeutico e ricreativo, affermando e disciplinando la liceità della coltivazione della cannabis, da parte di soggetti maggiorenni, di un numero limitato di piante femmine e della detenzione per uso personale del relativo prodotto, condotta che non dovrà più essere considerata illecita, neanche dal punto di vista amministrativo;

3) ad adottare iniziative normative volte ad intervenire sul Testo unico stupefacenti, al fine di introdurre una disciplina di rango primario autonoma rispetto ai fatti di «lieve entità», prevedendo, nello specifico, limiti edittali inferiori in caso di produzione, acquisto e cessione illeciti considerati di «lieve entità», in base ai mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione, ovvero per la quantità delle sostanze, distinguendo tra le droghe pesanti e le droghe leggere; escludendo, tuttavia, la sussistenza del fatto di lieve entità nei casi di cessione di sostanza commessa nei confronti di un minore;

4) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre una disciplina specifica per consentire, al giudice, ove il fatto lieve sia commesso da un tossicodipendente, la cui condizione sia stata certificata da una struttura sanitaria pubblica, di applicare, in luogo delle pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità per una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva, insieme alla frequentazione di un programma terapeutico di recupero presso strutture a ciò dedicate;

5) ad adottare iniziative normative volte ad introdurre una riduzione di pena per coloro che si adoperano concretamente, insieme all'autorità giudiziaria, per l'identificazione o la cattura dei concorrenti o associati, estendendo la previsione contenuta nel comma 7 dell'articolo 73 Testo unico stupefacenti;

6) ad adottare iniziative normative, con il primo provvedimento utile, per abrogare la norma che sanziona anche sul piano amministrativo il consumo di cannabis, se derivante dalla coltivazione che sarà considerata consentita;

7) ad adottare iniziative volte ad incrementare le risorse a favore delle investigazioni sul riciclaggio dei proventi del traffico, e, prima ancora, sui movimenti finanziari che muovono e alimentano i traffici, da svolgersi anche attraverso l'impiego delle operazioni sotto copertura in contesti economici e finanziari;

8) ad adottare iniziative di competenza volte a contrastare la vera criminalità legata al traffico di stupefacenti, reinvestendo i risparmi ottenuti dallo Stato, pari a circa 600 milioni l'anno, tra spese per forze di polizia, processi e carceri, conseguenti alla legalizzazione della cannabis per uso ricreativo e terapeutico e alla sottrazione alle mafie e alle organizzazioni criminali, per finanziare e potenziare le attività di contrasto e di indagine per le droghe pesanti;

9) ad adottare iniziative volte a reintrodurre, anche con futuri provvedimenti normativi, il nesso causale tra l'alterazione psicofisica e il divieto di porsi alla guida di un veicolo, evitando che vi sia una sanzione per mera assunzione contestata da soggetti deputati al rispetto delle regole della strada;

10) a facilitare l'introduzione di linee guida uniformi per le commissioni mediche locali, per coloro che utilizzano medicinali a base di cannabinoidi per fini terapeutici al fine di valutare l'idoneità alla guida;

11) ad adottare iniziative di competenza volte a potenziare ulteriormente la formazione del personale sanitario ed in particolare dei medici di medicina generale e dei sanitari che operano nel territorio, avviando anche campagne informative sull'uso terapeutico della cannabis;

12) ad adottare iniziative normative, con il primo provvedimento utile, affinché l'uso, la produzione e la diffusione della cannabis non sia intaccata nei suoi obiettivi terapeutici, rendendo il suo impiego accessibile a chi ne ha bisogno per motivi di salute e ad assicurare una regolamentazione che sostenga la crescita sostenibile dell'industria della canapa in Italia, tutelando al contempo la salute pubblica con misure che siano in armonia con le evidenze scientifiche nazionali ed internazionali;

13) ad adottare iniziative di competenza volte a potenziare la coltivazione della cannabis terapeutica per far fronte alla carenza di cannabis medica, garantendo la continuità terapeutica per i pazienti e rafforzando la capacità produttiva dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze ovvero di altri soggetti produttori autorizzati e controllati dallo stabilimento medesimo secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 148 del 2017;

14) ad adottare iniziative, anche normative, volte a garantire che la fornitura dei farmaci e delle preparazioni a base di tetraidrocannabinolo (Thc) e cannabidiolo (Cbd) per le patologie per le quali è riconosciuto il valore terapeutico sia a carico del Servizio sanitario nazionale e il relativo trattamento sia incluso nei livelli essenziali di assistenza (Lea);

15) ad adottare iniziative normative volte ad ampliare il campo di applicazione della legge n. 242 del 2016, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», in particolare intervenendo affinché il sostegno e la promozione riguardino la coltura della canapa finalizzata non solo alle attività di coltivazione e di trasformazione ma anche a quelle attinenti alla commercializzazione nonché estendendo la portata della stessa legge all'intera pianta, comprese le infiorescenze fresche o essiccate;

16) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative, anche di carattere fiscale, al fine di regolamentare il circuito di commercializzazione della cannabis ad uso ricreativo, fatta salva la coltivazione per uso personale.
(1-00369) «Quartini, Baldino, D'Orso, Francesco Silvestri, Caramiello, Iaria, Riccardo Ricciardi, Alfonso Colucci, Fenu, Pellegrini, Torto, Caso, Ilaria Fontana, Pavanelli, Barzotti, Scutellà, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Sportiello, Aiello, Carotenuto, Tucci, Appendino, Cappelletti, Ascari, Giuliano».

(2 dicembre 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il XV Libro bianco sulle droghe è un rapporto indipendente che analizza gli effetti del testo unico sugli stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), il sistema penale, i servizi, la salute delle persone che usano sostanze e alla società;

    2) la redazione del testo è promossa da numerosi soggetti: La società della ragione, Forum droghe, Antigone, Cgil, Coordinamento nazionale comunità accoglienti, Associazione Luca Coscioni, Arci, Lega italiana per la lotta contro l'Aids e Legacoopsociali, con l'adesione di A buon diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd, Itanpud, Meglio Legale e Eumans;

    3) l'edizione del Libro bianco del 2024 ha rilevato una situazione drammatica in merito agli effetti della legislazione in materia di droghe: a 34 anni dal testo unico sulle droghe i dati purtroppo sono sempre i medesimi che sono stati confermati dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia anno 2024;

    4) gli effetti penali, in particolare dell'articolo 73, sono devastanti e confermano come la legge «Jervolino-Vassalli» continui a rappresentare il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri, tanto che in assenza di detenuti per articolo 73 o di quelli dichiarati «tossicodipendenti», non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario;

    5) su 40.661 ingressi nel 2023, ben 10.697 (il 26,3 per cento) erano dovuti alla violazione dell'articolo 73 della legge sulle droghe e 15.492 (il 38,1 per cento) erano le persone classificate come «tossicodipendenti»;

    6) i detenuti in carcere al 31 dicembre 2023 erano 60.166, di questi quasi 13.000 a causa del solo articolo 73 del testo unico, ovvero la detenzione a fini di spaccio; altri 6.575 erano detenuti in associazione con l'articolo 74, ossia associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope; poco meno di 1.000 erano detenuti esclusivamente per l'articolo 74 (il 34,1 per cento del totale);

    7) pur in leggera diminuzione, i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti «tossicodipendenti» restano molto alti: lo è il 38,1 per cento di coloro che entrano in carcere, mentre al 31 dicembre 2023 erano presenti nelle carceri italiane 17.405 detenuti tossicodipendenti, che rappresentano il 28,9 per cento del totale, una presenza record in termini assoluti (dal 2006 a oggi), alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone «tossicodipendenti» che, superati i due anni di pandemia, ha ripreso ad aumentare (+18,4 per cento rispetto al 2021);

    8) le segnalazioni ai prefetti per detenzione di sostanze per uso personale continuano a crescere implacabilmente, producendo più di tredicimila sanzioni l'anno, che per il 76 per cento si riferiscono a consumatori di cannabis, seguono a distanza cocaina, al 16,7 per cento, ed eroina al 3,7 per cento, dal 1990 oltre un milione di persone sono state segnalate per possesso di derivati della cannabis per quanto riguarda le segnalazioni e le sanzioni amministrative per il consumo di droghe illegali dal 2020 in poi, il numero di persone segnalate si aggira intorno alle 40.000;

    9) il 38 per cento delle segnalazioni finisce con una sanzione amministrativa, in genere la sospensione della patente (o il divieto di conseguirla) o del passaporto;

    10) è da segnalare, in particolare, come la repressione continui ad abbattersi sui minori, in aumento rispetto al 2022 (anche se non sono a disposizione dati consolidati), i minori, in tale contesto, entrano in un percorso sanzionatorio stigmatizzante e, come afferma il Libro bianco, desacralizzante e controproducente: significativo il fatto che il 97,3 per cento dei minori sia segnalato per cannabis;

    11) al 2022 le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione dell'articolo 73 e 74 sono rispettivamente 180.621 e 46.003;

    12) appare irrilevante la vocazione «terapeutica» della segnalazione al prefetto: solo 327 persone sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento sociosanitario, mentre nel 2007 erano 3.008: tali numeri confermano la preponderanza della questione sociale legata al consumo e al piccolo spaccio di droghe;

    13) si riscontrano, quindi, continui e perduranti effetti insalubri e criminogeni della legislazione italiana sugli stupefacenti, che richiedono una completa inversione di impostazione, che porti all'esclusione della detenzione carceraria in relazione alla cannabis;

    14) ciò, a maggior ragione, dopo che il 15 settembre 2024 è stato emanato il decreto-legge cosiddetto «Caivano», poi convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2023, n. 159 («misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile»);

    15) con tale provvedimento, il Governo ha aggravato la pena detentiva prevista per il delitto di cui all'articolo 73, comma 5, la cosiddetta «lieve entità», ora punibile con la reclusione da sei mesi a cinque anni e non più da sei mesi a quattro anni, a questa disposizione si aggiunge quella in itinere in Parlamento, che vede nell'ambito del disegno di legge «sicurezza» equiparare la cannabis light a quella con capacità drogante;

    16) al 31 dicembre 2023, nei tribunali erano 81.904 i procedimenti penali pendenti per violazioni dell'articolo 73, per un totale di 170.292 persone coinvolte, di cui il 4,7 per cento di queste minorenni;

    17) 4620 erano invece i procedimenti penali pendenti ex articolo 74, a carico di 45.285 persone, dati che rappresentano un insostenibile carico per le aule di giustizia italiane, che potrebbero ulteriormente aggravarsi nel 2024, a causa dei probabili effetti della citata legge n. 159 del 2023;

    18) appare netta e consolidata la sproporzione tra persone con procedimenti pendenti ex articolo 73 (il 79 per cento) ed ex articolo 74 (il 21 per cento), e rappresenta il segnale che il contrasto alle droghe si concentra sui cosiddetti «pesci piccoli», tanto che gli imputati e condannati ex articolo 74 sono spesso ben lontani dal rappresentare il vertice della piramide criminale che gestisce il traffico nazionale e internazionale di stupefacenti;

    19) l'International independent expert mechanism to advance racial justice and equality in the context of law enforcement promosso dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nel suo rapporto sull'Italia, a seguito della visita del maggio 2024, ha sottolineato come l'approccio punitivo dell'Italia all'applicazione della legge sulla droga sollevi notevoli preoccupazioni in materia di diritti umani e colpisca in modo sproporzionato gli africani e le persone di origine africana. Gli esperti delle Nazioni Unite hanno rimarcato inoltre, come evidenziato da diversi casi individuali, che il profiling etnico è utilizzato nell'applicazione della legge sulle droghe e come le leggi restrittive sull'immigrazione abbiano aumentato la vulnerabilità dei migranti alle politiche di contrasto alla droga, costringendoli spesso alla clandestinità e a rivolgersi ai mercati illegali per sopravvivere, compreso il traffico di droga;

    20) il Comitato per i diritti economici e sociali delle Nazioni Unite, nella sua revisione sull'Italia del 2022, aveva già espresso «preoccupazione per l'approccio punitivo al consumo di droghe e per l'insufficiente disponibilità di programmi di riduzione e del danno» e raccomandato «che lo Stato riveda le politiche e le leggi sulle droghe per allinearle alle norme internazionali sui diritti umani e alle migliori pratiche, e che migliori la disponibilità, l'accessibilità e la qualità degli interventi di riduzione del danno»;

    21) l'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite (Ohcr), nel suo rapporto sulle implicazioni delle politiche sulle droghe globali sui diritti umani, ha chiesto agli Stati membri di «adottare alternative alla criminalizzazione, alla “tolleranza zero” e all'eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell'uso; assumere il controllo dei mercati illegali delle droghe attraverso una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza»;

    22) la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze 2024 afferma che alla cannabis è riconducibile il 40 per cento degli oltre 16 miliardi di euro del valore di mercato delle droghe illecite, pari a circa 6,5 miliardi di euro;

    23) a livello internazionale, numerosi Stati hanno intrapreso la strada della legalizzazione della cannabis, negli Usa, 25 Stati federati hanno legalizzato la cannabis per tutti gli usi, oggi metà della popolazione statunitense vive in un regime legale per quanto riguarda la cannabis, un'industria che produce ricchezza e lavoro per quasi 450.000 lavoratori a tempo pieno, quanto paventato dal fronte proibizionista, dall'aumento del consumo giovanile a quello degli incidenti stradali, è smentito dai dati e dalle rilevazioni sui consumi, mentre nessuno Stato ha mai preso in considerazione di tornare indietro dalla legalizzazione della cannabis;

    24) in Canada la legalizzazione è avvenuta con il Canada cannabis survey del 2023 e i dati confermano il buon andamento del processo di sostituzione del mercato illegale, il 73 per cento dei consumatori acquista usualmente la cannabis nel mercato legale, il 69 per cento esclusivamente dal mercato legale, a cui vanno aggiunti coloro che la coltivano in autonomia, il 6 per cento, il 15 per cento che la ottiene dal mercato sociale, da amici, parenti e conoscenti, e il 2 per cento da altre fonti non meglio precisate: solo un 3 per cento oggi in Canada si rivolge abitualmente al mercato illegale per le proprie necessità d'uso;

    25) in Sud Africa, il Presidente Cyril Ramaphosa ha firmato a fine maggio il Cannabis for private purposes bill, che depenalizza il possesso, la coltivazione e l'uso personale di cannabis, a seguito di questo provvedimento, la fedina penale di chiunque sia stato condannato per possesso o uso di cannabis, in violazione di una legge che criminalizza l'uso e il possesso di cannabis, dovrà essere cancellata automaticamente dal Criminal record centre del South African police service. La citata legge ha seguito una sentenza dell'Alta Corte sudafricana, che nel 2018 aveva stabilito che l'uso privato di cannabis da parte di adulti è un comportamento costituzionalmente protetto. Circa il 13 per cento degli arresti in Sud Africa era correlato a reati inerenti alla cannabis;

    26) anche in Europa si assiste a primi passi positivi in materia di depenalizzazione delle droghe, Malta e Lussemburgo hanno regolamentato per primi la coltivazione e l'uso personale di cannabis e Malta ha previsto anche la coltivazione associata nei Cannabis social club;

    27) dal 1° aprile 2024 in Germania è in vigore il primo pilastro di un progetto di riforma complessiva del regime legale della cannabis: in questa prima fase è depenalizzato il possesso di un massimo di 25 grammi di cannabis, 50 grammi a casa, è consentita la coltivazione privata di un massimo di tre piante di cannabis per uso personale e stabilito un quadro di riferimento per i Cannabis Social Club, essi potranno avere al massimo 500 membri ai quali potranno cedere 30 grammi al giorno e massimo 50 al mese (30 grammi al mese, con THC massimo al 10 per cento, per i più giovani), inquadrati come enti non profit, i club saranno l'unico canale legale di distribuzione della cannabis, inoltre è prevista la cancellazione dei precedenti penali legati alle condotte ora legali;

    28) si assiste, quindi, a un processo generale e ineludibile di riforma delle politiche sulle droghe a livello globale e la strada antiproibizionista della depenalizzazione dell'uso delle droghe nasce proprio dal fallimento della repressione;

    29) da non trascurare il fatto che ai costi umani e sociali derivanti dal proibizionismo si aggiunge anche un costo economico, diversi studi di economisti sostengono la superiorità degli strumenti fiscali per contenere il consumo di droghe rispetto all'applicazione di una normativa proibizionista;

    30) in Italia il consumo di tabacchi e di alcolici è, infatti, contenuto e scoraggiato attraverso un'elevata tassazione e stringenti norme sulla loro distribuzione e uso, oltre che da campagne di informazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica che ne rafforzano il controllo sociale;

    31) uno studio condotto dal Professor Marco Rossi dell'Università La Sapienza di Roma ha stimato che le imposte che si potrebbero ricavare dalla vendita della cannabis, in modo legale e pubblico, qualora il mercato delle droghe fosse regolato come quello dei tabacchi, potrebbero essere di 5,5 miliardi di euro l'anno;

    32) per quanto riguarda le capacità terapeutiche della cannabis, l'uso va sostenuto e promosso garantendo una produzione che soddisfi le necessità dei pazienti, prevedendo la possibilità di produrre un quantitativo adeguato di cannabis a fini terapeutici, applicando anche le norme che prevedono l'apertura di bandi per la produzione da parte di soggetti privati;

    33) in definitiva, percorrere una politica antiproibizionista rappresenta una proposta concreta e praticabile con effetti positivi sul piano sociale, sanitario, di alleggerimento del carico di lavoro sui tribunali e riduzione del sovraffollamento delle carceri, nonché una dimostrabile efficienza sul piano fiscale e nel contrasto alle organizzazioni criminali,

impegna il Governo:

1) ad adottare apposite iniziative normative volte alla depenalizzazione e decriminalizzazione dei derivati dalla cannabis per uso personale e terapeutico;

2) a consentire, con apposite iniziative di carattere normativo, la regolamentazione legale della coltivazione della cannabis, definendo il numero di piante e di grammi del prodotto la cui detenzione per uso personale sia consentita, escludendo una ricaduta penale e l'eventualità di una sanzione amministrativa;

3) a promuovere un'iniziativa in sede di Unione europea al fine di rimuovere dalla decisione quadro 2004/757/GAI la cannabis dalle disposizioni riguardanti la criminalizzazione delle droghe, consentendo la regolamentazione legale della produzione, della distribuzione e del consumo di cannabis, superando gli ostacoli alla piena legalizzazione;

4) ad adottare iniziative di competenza volte a favorire l'accesso alla cannabis terapeutica al fine di consentire ai pazienti che necessitano di trattamenti a base di tale sostanza di ottenere facilmente i prodotti prescritti, garantendo in tutte le regioni la copertura delle prescrizioni da parte del Sistema sanitario nazionale, come previsto dalle norme nazionali.
(1-00373) «Grimaldi, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti».

(5 dicembre 2024)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MERITO AL CONFLITTO IN CORSO A GAZA E AGLI OBBLIGHI DI COOPERAZIONE E ASSISTENZA GIUDIZIARIA NEI CONFRONTI DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE

   La Camera,

   premesso che:

    1) la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex Ministro della difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l'umanità, commessi nell'ambito di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza tra l'8 ottobre 2023, il giorno successivo all'attacco terroristico di Hamas nel sud di Israele, e fino ad «almeno» il 20 maggio 2024, giorno nel quale la Procura della Corte penale internazionale ha depositato le richieste di arresto. Un terzo mandato riguarda Mohammed Deif, comandante militare di Hamas, che Israele dichiara, però, di aver ucciso a luglio 2024, mentre si è estinto il procedimento contro gli altri capi di Hamas deceduti;

    2) il procedimento anche nei confronti di esponenti del Governo israeliano è fondato sul ricorso presentato dal Sudafrica, il 26 gennaio 2024, alla Corte internazionale di giustizia per il mancato rispetto della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948; la Corte non si è ancora espressa sul ricorso, limitandosi ad emettere un provvedimento d'urgenza sulla base di sufficienti indizi per approfondire l'istruttoria sul crimine di genocidio;

    3) il provvedimento nei confronti di Netanyahu e Gallant riguarda, quindi, al momento la responsabilità per crimini di guerra e crimini contro l'umanità per aver affamato la popolazione civile palestinese come metodo di guerra, di aver causato intenzionalmente «grandi sofferenze, gravi lesioni al corpo o alla salute o trattamenti crudeli», di «dirigere intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile». Secondo la Corte, il Primo ministro e l'ex Ministro della difesa di Israele avevano a disposizione misure per prevenire o evitare che venissero commessi crimini, ma non lo hanno fatto;

    4) la decisione della Corte penale internazionale è stata oggetto da parte di alcuni Stati di critiche e giudizi sprezzanti, accusando la stessa perfino di antisemitismo;

    5) appare, quindi, necessario richiamare la storia di questa istituzione internazionale;

    6) il 17 luglio 1998 la Conferenza diplomatica che riuniva i rappresentanti di 160 Stati ha approvato lo Statuto di Roma, che poneva le basi per istituire la Corte penale internazionale;

    7) la Corte penale internazionale è la prima istituzione giudiziaria penale permanente di carattere universale istituita per perseguire gli autori dei crimini più gravi, «motivo di allarme per l'intera comunità internazionale», come recita l'articolo 5 dello Statuto di Roma;

    8) entrato in vigore il 1° luglio 2002, al raggiungimento delle ratifiche necessarie – l'Italia ha provveduto all'autorizzazione alla ratifica e all'ordine di esecuzione con la legge 12 luglio 1999, n. 232, sottolineando con questo tempestivo recepimento la straordinaria importanza e funzione attribuita dal nostro Paese all'istituzione di questo organo giurisdizionale internazionale – lo Statuto della Corte si presenta oggi come la base giuridica più compiuta che definisce i crimini di genocidio (articolo 6), i crimini contro l'umanità (articolo 7), i crimini guerra (articolo 8) e, dopo la Conferenza di Kampala del 2010, anche l'aggressione (articolo 8-bis), ovvero l'attacco illegittimo contro la sovranità degli Stati, in violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite;

    9) la Corte penale internazionale è un tribunale di ultima istanza che supplisce le giurisdizioni nazionali qualora queste omettano di perseguire i crimini previsti dallo Statuto di Roma. Agli Stati, o meglio agli organi a cui è attribuita questa funzione dal diritto nazionale, spetta la responsabilità primaria di indagare e perseguire gli autori dei crimini internazionali più gravi;

    10) gli Stati, qualora intervengano decisioni della Corte penale internazionale, hanno l'obbligo di cooperare con la Corte conformemente allo Statuto di Roma;

    11) dalla sua creazione, la Corte penale internazionale ha compiuto un lungo cammino, dalle prime denunce ricevute nel 2004, alla prima sentenza nel 2009 e alla prima decisione sui risarcimenti per le vittime nel 2012;

    12) le decisioni della Corte penale internazionale si sono sempre ispirate a principi e criteri di assoluta terzietà e indipendenza;

    13) la Corte penale internazionale è lo stesso tribunale che nel 2023 ha emesso mandati di arresto contro il Presidente della Federazione russa Vladimir Putin e Lvova-Belova, Commissario per i diritti dei bambini della Federazione russa, per crimini di guerra con riferimento alla deportazione e trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell'Ucraina alla Federazione russa. È stata la prima volta che un mandato era diretto contro il leader di un Paese membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu;

    14) alla decisione della Corte penale internazionale sono seguite, ovviamente, molte reazioni; gli Stati Uniti – che non hanno ratificato lo Statuto di Roma e, quindi, non riconoscono la Corte penale internazionale, come non riconoscono la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia dell'Aia – hanno respinto «categoricamente» la decisione, dicendosi «profondamente preoccupati» e non riconoscendo la giurisdizione della Corte penale internazionale «su questa questione»;

    15) l'Unione europea, per voce dell'Alto rappresentante per la politica estera uscente, Josep Borrell, ha affermato: «non è una decisione politica, ma la decisione di un tribunale che deve essere rispettata e attuata», sottolineando che «la tragedia a Gaza deve finire». Il Premier dell'Ungheria, Viktor Orban, Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea, ha annunciato che inviterà il suo omologo israeliano Benyamin Netanyahu per protestare contro il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale;

    16) in Italia il Governo ha assunto una posizione incerta, caratterizzata da ambiguità e retorica. Il giorno in cui si è appresa la decisione della Corte, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, ha dichiarato: «Noi sosteniamo la Corte penale internazionale, ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione e come comportarci insieme su questa vicenda.». Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha dichiarato: «Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. Un punto resta fermo per questo Governo: non ci può essere un'equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l'organizzazione terroristica Hamas». Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, ha adottato una posizione apertamente favorevole a Netanyahu, affermando che sarebbe «benvenuto in Italia» e insinuando che il mandato della Corte penale internazionale sia stato influenzato da Paesi islamici;

    17) il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Vice Presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, il 27 novembre 2024. nel rispondere nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati alle interrogazioni a risposta immediata, presentate sulla vicenda dalle opposizioni, ha ribadito una posizione ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo incerta ed ambigua, affermando «di riconoscere l'importanza della Corte penale internazionale come istituzione indipendente» e di «prendere atto della sua decisione di emettere un mandato di arresto nei confronti del Premier israeliano Netanyahu e dell'ex Ministro della difesa Gallant», ma anche dicendosi convinto che la Corte penale internazionale «debba svolgere un ruolo giuridico e non politico»;

    18) il Ministro Tajani, inoltre, ha affermato «Siamo amici di Israele, l'unica democrazia in Medio Oriente, e riconosciamo il suo diritto ad esistere, anche se non condividiamo tutte le sue scelte, ma rigettiamo fermamente ogni tentativo di equiparazione tra il leader di un Paese democratico e un'organizzazione terroristica, come è stato ribadito a chiare lettere nel documento finale del G7 di Fiuggi che si è concluso ieri. Assimilare queste due figure è inaccettabile e rischia di compromettere ogni sforzo per il raggiungimento della pace. Per costruirla non bastano misure unilaterali, non risolviamo il problema del conflitto in Medio Oriente con mandati di arresto»;

    19) le dichiarazioni in sede parlamentare del Ministro Tajani, così come quelle pronunciate dal Presidente Meloni e dal Ministro Salvini, a fronte dell'apparente riconoscimento della Corte penale internazionale e delle sue decisioni, di fatto delegittimano la stessa attribuendogli intenti politici e accusandola di equiparare lo Stato di Israele ad Hamas e di compromettere la cessazione del conflitto;

    20) la contestazione al Premier israeliano Netanyahu e all'ex Ministro della difesa Gallant da parte della Corte penale internazionale di crimini di guerra e crimini contro l'umanità non può e non deve considerarsi un atto motivato da intenti politici, quando nello stesso comunicato finale del G7 dei Ministri degli esteri tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024 può leggersi che: «Nell'esercizio del proprio diritto di difesa, Israele è tenuto a rispettare pienamente gli obblighi derivanti dal diritto internazionale in tutte le circostanze, compreso il diritto internazionale umanitario», evidenziando, quindi, la violazione da parte di Israele di tale diritto;

    21) l'attacco terroristico e la strage nel sud di Israele del 7 ottobre 2024 compiuta da Hamas, per cui la stessa Corte penale internazionale ha disposto mandati di cattura, non può costituire alcuna giustificazione ad una reazione senza alcun limite del Governo israeliano, la quale ha provocato nella Striscia di Gaza, in una macabra contabilità che cresce di giorno in giorno, oltre 40.000 morti di cui il 70 per cento donne e bambini, oltre ad imporre oramai quasi il totale blocco degli aiuti, nonostante i pressoché unanimi appelli internazionali, compreso quello dell'Amministrazione americana, provocando una catastrofe umanitaria; l'ex Ministro della difesa di Israele nel Governo Netanyahu dal 2013 al 2016, Moshe Yaalon, ha dichiarato che le forze di difesa israeliane (Idf) stanno a Gaza «commettendo crimini di guerra e pulizia etnica»;

    22) la ferma condanna e il riconoscimento senza ambiguità dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità commessi dal Governo israeliano non costituiscono l'ostacolo alla cessazione del conflitto, al contrario è la loro assenza che allontana un cessate il fuoco e l'apertura di un processo di pace;

    23) la tregua raggiunta nel conflitto in Libano si fonda su basi fragili senza il raggiungimento anche del cessate il fuoco a Gaza e non può essere considerata alla stregua di uno scambio con la possibilità della prosecuzione delle operazioni militari del Governo israeliano nella stessa Gaza e in altri territori palestinesi;

    24) sempre nel comunicato finale del G7 dei Ministri degli esteri tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024 veniva riaffermato «il nostro incrollabile impegno, attraverso un rinnovato impegno nel processo di pace in Medio Oriente, a favore di una soluzione a due Stati che vede due Paesi democratici, Israele e Palestina, vivere fianco a fianco in pace all'interno di confini sicuri e riconosciuti, in linea con il diritto internazionale e le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite»;

    25) è necessario in coerenza con questo impegno definito dagli stessi Ministri degli esteri del G7, compreso il Ministro Tajani, «incrollabile» che il Governo italiano promuova con urgenza il riconoscimento dello Stato di Palestina,

impegna il Governo:

1) ad adempiere agli obblighi di cooperazione e assistenza giudiziaria con la Corte penale internazionale derivanti dall'emissione dei mandati di arresto da parte della Corte penale internazionale nei confronti del Premier israeliano Benjamin Netanyahu, dell'ex Ministro della difesa Yoav Gallant e del comandante militare di Hamas Mohammed Deif, qualora non deceduto;

2) a sostenere ogni iniziativa delle Nazioni Unite volta a ottenere un immediato cessate il fuoco a Gaza e la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani;

3) ad esigere la tutela dell'incolumità della popolazione civile di Gaza e che alla stessa sia garantita la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, sicuri e senza restrizioni all'interno della Striscia di Gaza;

4) ad assumere iniziative di competenza volte a prevedere sanzioni nei confronti del Governo israeliano e cessare immediatamente ogni fornitura militare allo stesso anche se autorizzata prima del 7 ottobre 2023;

5) ad adoperarsi affinché, anche alla luce dei mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale, il Consiglio dell'Unione europea sospenda l'Accordo di associazione con Israele;

6) ad adottare urgenti iniziative di competenza volte a riconoscere lo Stato di Palestina con i confini del 4 giugno 1967 con capitale Gerusalemme est.
(1-00370) «Fratoianni, Bonelli, Zanella, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».

(4 dicembre 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) dopo oltre sei mesi dalla richiesta del procuratore Karim Khan, il 21 novembre 2024 la Camera preliminare della Corte penale internazionale (Cpi), ai sensi dell'articolo 58 dello Statuto di Roma, ha emesso i mandati di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex Ministro della difesa Yoav Gallant, per «crimini contro l'umanità e crimini di guerra», e Mohammed Deif, capo delle Brigate al-Qassam, nella Striscia di Gaza;

    2) i giudici dell'Aia, nel motivare la decisione, affermano di aver trovato «motivi ragionevoli» per ritenere che Netanyahu e Gallant siano responsabili di crimini quali l'uso della fame come metodo di guerra e di «omicidio, persecuzione e altri atti disumani» allo scopo di rendere praticamente impossibile la sopravvivenza dei civili di Gaza. Secondo la Corte penale internazionale, il Governo israeliano, avrebbe dolosamente privato i civili di beni essenziali, come cibo, acqua, medicine e carburante, in piena violazione del diritto umanitario internazionale, inoltre avrebbero imposto restrizioni tali da impedire il lavoro delle organizzazioni umanitarie e degli ospedali, costringendo i medici a operare feriti e a eseguire amputazioni senza anestesia, anche sui bambini;

    3) la Corte penale internazionale ha accusato inoltre il Premier israeliano e l'ormai destituito Ministro della difesa, di aver autorizzato bombardamenti che hanno preso di mira deliberatamente la popolazione civile, causando morti e sofferenze atroci, senza risparmiare i bambini. Una barbarie atroce e ingiustificabile che dopo più di un anno di guerra ha causato oltre 44 mila morti accertati tra la popolazione palestinese;

    4) a seguito della pronuncia della Corte penale internazionale il Ministro degli affari esteri, Antonio Tajani, ha rilasciato dichiarazioni palesemente antitetiche con il rispetto del diritto internazionale, volte a trovare degli appigli per non eseguire il mandato d'arresto, che è di fatto obbligatorio per gli Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma. Ha infatti dichiarato: «noi sosteniamo la Corte penale internazionale, ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico. Valuteremo insieme ai nostri alleati cosa fare e come interpretare questa decisione e come comportarci insieme su questa vicenda». Posizione ribadita in sede parlamentare, alla Camera dei deputati, durante lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata in Assemblea il 27 novembre 2024;

    5) nelle conclusioni del G7 dei Ministri degli affari esteri, tenutosi a Fiuggi il 25 e 26 novembre 2024, spicca l'assenza di riferimenti alla questione dei mandati d'arresto sopra citati, nonostante fosse stata auspicata la necessità di decidere una posizione comune in merito, in particolare dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell;

    6) secondo Borrell, non esistendo alternative circa l'obbligo di esecutività dei mandati di arresto si ravvisava la necessità di cristallizzare il rispetto dei vincoli derivanti dal diritto internazionale da parte degli Stati membri dell'Unione europea, anche al fine di distinguere nettamente la posizione dell'Unione europea da quella tenuta dagli Stati Uniti, che non riconoscono alcun valore alle decisioni della Corte penale internazionale, in quanto non hanno mai aderito allo Statuto di Roma;

    7) l'Alto rappresentante, ha inoltre dichiarato, in merito all'obbligatorietà dei mandati d'arresto, che «non è qualcosa che si può scegliere: quando la Corte è andata contro Putin siamo rimasti in silenzio. Questo è un tipico esempio del “due pesi e due misure”. Ho chiesto agli Stati membri dell'Unione europea di rispettare gli obblighi derivanti dalla decisione della Corte dell'Aia e dal diritto internazionale, che piacciano o meno». Borrell, infatti ha più volte ricordato che i provvedimenti della Corte penale internazionale sono vincolanti per tutti gli Stati che hanno ratificato lo Statuto;

    8) il 27 novembre 2024 Israele e il movimento sciita libanese Hezbollah hanno concordato un cessate il fuoco di sessanta giorni. L'accordo, mediato dagli Stati Uniti, prevede che nella zona cuscinetto possano operare solo l'esercito regolare libanese e i caschi blu della missione Unfil, dove sono impegnati 1200 militari italiani. Gli Stati Uniti guidano il comitato internazionale di supervisione per monitorare eventuali violazioni della tregua, di cui è membro anche la Francia. Ad oggi la tregua appare piuttosto fragile e con evidenti violazioni da entrambe le parti;

    9) a seguito del raggiunto accordo, il presidente israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato di aver accettato la tregua «per tre motivi: bisogna concentrarsi sulla minaccia iraniana, rinnovare le forze e i rifornimenti di armi, separare i fronti e isolare Hamas». Dunque la tregua in Libano appare come una operazione concordata che permette ad Israele di continuare a perpetrare crimini di guerra e contro l'umanità a Gaza, peraltro con il tentativo di garantire l'immunità a Netanyahu. Appena dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco in Libano, infatti, il Ministro degli affari esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha dichiarato che, interpretando un articolo dello Statuto, nello specifico l'articolo 98, Netanyahu e Gallant beneficerebbero di «un'immunità» che «dovrà essere presa in considerazione», a dispetto del mandato di arresto diramato nei suoi confronti dalla Corte penale internazionale;

    10) l'articolo 98 reca disposizioni in ordine alla cooperazione in relazione alla rinuncia dell'immunità e al consenso alla consegna, in particolare, al paragrafo 1 prevede che «la Corte non può presentare una richiesta di consegna che costringerebbe lo Stato richiesto ad agire in modo incompatibile con gli obblighi che gli incombono in forza di accordi internazionali secondo i quali il consenso dello Stato d'invio è necessario per poter consegnare alla Corte una persona dipendente da detto Stato, a meno che la Corte non sia in grado di ottenere preliminarmente la cooperazione dello Stato d'invio ed il suo consenso alla consegna»;

    11) l'interpretazione francese risulta piuttosto forzata se valutata in combinato disposto con l'articolo 27, del medesimo Statuto, che stabilisce l'irrilevanza della qualifica dell'organo chiamato a rispondere di crimini internazionali. Inoltre, l'articolo 27, paragrafo 2, dispone che le immunità o norme procedurali speciali inerenti alla posizione ufficiale di una persona, sia secondo il diritto nazionale sia internazionale, non impediscono alla Corte di esercitare la sua giurisdizione su tale persona;

    12) l'articolo 27 rappresenta, dunque, una deroga alle forme di immunità riconosciute a livello consuetudinario, in quanto riconducibili a crimini internazionali;

    13) a conferma di quanto esposto, si ricorda il recente caso di deferimento della Mongolia, da parte della Camera preliminare della Corte penale internazionale, all'Assemblea degli Stati membri per il mancato arresto in territorio mongolo del Presidente russo, Vladimir Putin, per il quale è stato emesso un mandato di arresto internazionale dalla stessa Camera. Il mancato arresto ha di fatto impedito all'istituzione giudiziaria di esercitare le proprie funzioni e i propri poteri;

    14) nel motivare il deferimento, la Camera ha ribadito che l'immunità personale, compresa quella dei capi di Stato, non è impugnabile davanti alla Corte e non è prevista alcuna deroga. Gli Stati parte e quelli che accettano la giurisdizione della Corte hanno il dovere di arrestare e consegnare le persone soggette a mandato di arresto, indipendentemente dalla carica ufficiale o dalla nazionalità;

    15) ai sensi dell'articolo 86 dello Statuto di Roma, gli Stati parti hanno l'obbligo di cooperare pienamente con la Corte nelle inchieste ed azioni giudiziarie che la stessa svolge per reati di sua competenza;

    16) la Corte penale internazionale ha lo scopo di perseguire individui, siano essi esponenti di governo o privati cittadini, responsabili di gravi crimini di rilevanza internazionale come genocidio, crimini contro l'umanità, di aggressione e crimini di guerra;

    17) lo Statuto di Roma del 17 luglio del 1998, ha consolidato il processo di istituzionalizzazione di un sistema di giustizia penale internazionale in relazione a crimini che ledono i principi e i valori fondamentali della comunità degli Stati, tale è la portata della loro gravità;

    18) i 123 paesi che hanno aderito allo Statuto di Roma hanno l'obbligo di dare esecuzione ai provvedimenti della Corte, inclusi i mandati di arresto e le sentenze di condanna, ovunque nei loro territori;

    19) il 4 dicembre 2024, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione in cui viene convocata una conferenza di alto livello volta a promuovere una soluzione dei due Stati per il conflitto israelo-palestinese e a ribadire l'appello per una pace «globale, giusta e duratura» in Medio Oriente. Il testo, adottato con 157 voti a favore, otto contrari e sette astensioni, pone le basi per la celebrazione della «Conferenza internazionale di alto livello per la soluzione pacifica della questione palestinese e l'attuazione della soluzione dei due Stati», che si terrà dal 2 al 4 giugno 2025 a New York. Nella risoluzione si invita Israele a «cessare immediatamente e completamente ogni forma di violenza, compresi gli attacchi militari, le distruzioni e gli atti di terrore» e le «nuove attività di insediamento» nei territori palestinesi occupati, ad evacuare «tutti» i coloni e a porre fine alle «loro azioni illegali». Inoltre, ricorda che lo Stato ebraico, in quanto potenza occupante, deve rispettare gli obblighi descritti nel parere consultivo della Corte internazionale di giustizia,

impegna il Governo:

1) a rispettare l'obbligo di cooperazione con la Corte penale internazionale disposto dall'articolo 86 dello Statuto di Roma, a tal fine dando seguito ai mandati di arresto emessi nei confronti del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell'ex Ministro della difesa Yoav Gallant e Mohammed Deif, capo delle Brigate al-Qassam, in caso di ingresso nel territorio italiano, allo scopo di affermare e rispettare i principi della giustizia penale internazionale e del diritto internazionale;

2) a profondere ogni sforzo a tutti i livelli, internazionale, europeo e bilaterale, al fine di giungere a un immediato «cessate il fuoco» permanente e duraturo nella Striscia di Gaza, a garanzia dell'incolumità della popolazione civile e al rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi;

3) alla luce della catastrofe umanitaria in corso, ad adoperarsi con urgenza a tutti i livelli, internazionale, europeo e bilaterale, per assicurare nella Striscia di Gaza la fornitura di massicci aiuti umanitari via mare, terra ed aria, l'ingresso di personale sanitario e umanitario, a tal fine garantendo l'apertura permanente di adeguati corridoi umanitari, inclusi quelli marittimi e, al contempo, permettendo l'evacuazione dei civili più vulnerabili, tra cui i feriti in gravi condizioni, bambini e anziani;

4) a promuovere il riconoscimento dello Stato di Palestina nei confini del 1967 secondo le risoluzioni delle Nazioni Unite;

5) a farsi promotore di una forte iniziativa diplomatica sul Governo israeliano affinché rispetti il diritto internazionale umanitario e accetti la prospettiva del riavvio di un processo di pace basato sul principio «due popoli, due Stati»;

6) a sospendere urgentemente, ove in essere, le autorizzazioni di vendita di armi allo Stato di Israele concesse anteriormente alla dichiarazione dello stato di guerra dell'8 ottobre 2023, al fine di scongiurare che tali armamenti possano essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, nonché a sostenere e farsi promotore, a livello europeo con gli altri Stati membri, di opportune iniziative volte alla totale sospensione della vendita, della cessione e del trasferimento di armamenti allo Stato di Israele, nel rispetto della posizione comune (2008/944/PESC) sulle esportazioni di armi e del Trattato sul commercio di armi (Att) dell'Onu, come richiesto dalla risoluzione approvata il 5 aprile 2024, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nonché dell'acquisto di armamenti dal medesimo Stato di Israele;

7) a farsi promotore in sede europea della richiesta di adozione di sanzioni dirette nei confronti del Governo israeliano di Netanyahu, nonché di sanzioni commerciali ed economiche nei confronti di Israele, anche tramite la sospensione dell'accordo di associazione Unione europea-Israele, considerato il mancato rispetto reiterato dell'articolo 2 che regola le relazioni tra le parti fondandole sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, nonché considerata la decisione della Corte internazionale di giustizia del 19 luglio 2024 e i mandati d'arresto per Netanyahu e Gallant della Corte penale internazionale;

8) a farsi promotore in sede europea della previsione di sanzioni mirate contro i coloni israeliani estremisti in Cisgiordania, comprese le organizzazioni e le società ad essi connesse, direttamente ed indirettamente, in forza dell'ostacolo che rappresentano nell'ambito di un auspicabile processo di pace nonché considerata la decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024, e le risoluzioni approvate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 settembre 2024 e il 4 dicembre 2024;

9) ad intraprendere opportune iniziative volte a garantire la sicurezza dei militari italiani impegnati nella operazione di peace-keeping Unfil anche alla luce dei recenti ed inaccettabili attacchi israeliani contro il contingente Onu.
(1-00375) «Riccardo Ricciardi, Francesco Silvestri, Baldino, Lomuti, Pellegrini, Ascari, Auriemma, Carotenuto».

(5 dicembre 2024)

MOZIONE IN MATERIA DI POLITICHE INDUSTRIALI

   La Camera,

   premesso che:

    1) in Italia la politica industriale ha seguito nel corso del tempo i cambiamenti economici, sociali, tecnologici, istituzionali che hanno attraversato il nostro tessuto produttivo, caratterizzandosi fino ai primi anni ottanta del secolo scorso per un approccio interventista, basato su un esplicito sostegno statale alle imprese considerate strategiche o a settori nascenti, in un periodo di rapida industrializzazione, un approccio che dalla metà degli anni ottanta, in un contesto internazionale contraddistinto dall'aumento degli scambi commerciali e dalla crescente liberalizzazione dei mercati, ha cambiato paradigma, con l'intervento pubblico che si è principalmente limitato a lasciare operare i meccanismi di mercato con l'obiettivo di sfruttare i guadagni dovuti alla specializzazione produttiva e al commercio, alla riduzione dei costi di transazione e all'efficiente riallocazione degli input tra settori e imprese, anche in connessione con la nascita del mercato unico europeo;

    2) i fenomeni della globalizzazione e dell'innovazione/rivoluzione tecnologica, a partire dalla fine del secolo scorso hanno determinato in molte economie avanzate non solo indubbi miglioramenti nel benessere dei cittadini ma anche un aumento delle disuguaglianze, cui le politiche pubbliche sono chiamate a dare una risposta adeguata. Inoltre, gli effetti sempre più visibili del cambiamento climatico e il riemergere dell'instabilità geopolitica hanno portato a un rinnovato interesse per le politiche industriali nei paesi avanzati, con l'obiettivo di promuovere, oltre che l'innovazione e la crescita dei sistemi economici, anche la coesione, la sostenibilità e la resistenza agli shock: la sfida consiste nel favorire la doppia transizione digitale ed ecologica, nel diversificare e proteggere le catene di fornitura, in particolare di tecnologie avanzate, anche con misure volte a incoraggiare la reindustrializzazione e il reshoring delle attività del settore manifatturiero, cercando di preservare i benefici dell'integrazione dei mercati, particolarmente rilevanti per un'economia aperta agli scambi internazionali come quella italiana;

    3) come rilevato nell'indagine conoscitiva effettuata nella X commissione (attività produttive, commercio e turismo), nonostante le sue potenzialità, l'intelligenza artificiale rimane ancora scarsamente utilizzata dalle imprese italiane, soprattutto se poste a confronto con i Paesi del Nord Europa, del Nord America e con la Cina: stando ai dati raccolti nel corso dell'indagine conoscitiva, infatti, il 61 per cento delle grandi imprese ha all'attivo almeno al livello di sperimentazione, un progetto di IA, ma il dato scende al 18 per cento tra le Pmi. Posto che una delle ragioni della stagnazione economica dell'Italia, negli ultimi trent'anni almeno, è dovuta alla scarsa crescita della produttività, colmare il ritardo e sfruttare le potenzialità dell'intelligenza artificiale sono quindi ritenuti una straordinaria opportunità. Nel nostro Paese l'intelligenza artificiale generativa potrebbe giocare un ruolo chiave anche per mantenere alto il livello di produttività e benessere in un contesto di generale invecchiamento della popolazione. Già oggi in circa 40 province in Italia il numero dei pensionati è maggiore del numero dei lavoratori ed entro il 2040 l'Italia perderà circa 3,7 milioni di occupati: un numero di lavoratori che, con gli attuali livelli di produttività, contribuiscono alla produzione di circa 267,8 miliardi di valore aggiunto. Di qui la prospettiva, anzi la necessità di impiegare le nuove tecnologie anche per mantenere invariato lo stesso livello di benessere economico. L'Italia non potrà capitalizzare le opportunità fornite dall'intelligenza artificiale senza un impegno attivo e proattivo. Senza di esso, rischieremmo di rimanere indietro nella gara internazionale. Per sfruttare i vantaggi dell'intelligenza artificiale è indispensabile adottare un approccio strutturato che promuova la diffusione delle competenze digitali e l'adozione tecnologica nelle aziende, elementi chiave per questo nuovo orizzonte. In particolare, promuovere la digitalizzazione delle imprese, soprattutto quelle di piccola e media entità, è vitale per facilitare l'implementazione di soluzioni basate sull'IA, migliorando così l'efficienza stesse. La velocità della sua diffusione e le potenzialità dei suoi utilizzi sono straordinari, e trovano applicazione attraverso lo sviluppo verticale nei differenti ecosistemi industriali europei e nel settore pubblico. Vanno però attentamente monitorati gli effetti che questa trasformazione tecnologica potrà avere soprattutto su settori costituiti in buona parte da Pmi e da imprese artigiane, e sulle attività del settore terziario (dal commercio alla filiera del turismo) e delle professioni: dato il contesto, che è quello di una trasformazione del mercato, in corso da anni, determinata fondamentalmente dall'e-commerce e dalle piattaforme digitali, con una straordinaria concentrazione nelle mani di pochi colossi che hanno riscritto le regole del commercio e dei processi produttivi, è difficile immaginare che le imprese di piccola dimensione siano in grado di rispondere alla concorrenza di multinazionali in grado di investire enormi capitali in questo ambito. La risposta a questa inedita trasformazione deve essere sistemica, con politiche industriali comunitarie dirette a ridurre, in questo ambito, la concorrenza tra imprese europee per facilitare lo sviluppo di tecnologie continentali e ridurre i costi, realizzando un riequilibrio nello sviluppo tecnologico dell'intelligenza artificiale;

    4) altro aspetto da monitorare è il rischio di una sostituzione di alcune attività lavorative ripetitive di media e bassa complessità e di un aumento delle diseguaglianze tra lavoratori che hanno dimestichezza con le nuove tecnologie e coloro che ne sono privi, ma – nel quadro macroeconomico – intere catene del valore e settori potrebbero essere diversamente localizzati. È evidente il pericolo che, in tutti i settori (da quello industriale al manifatturiero, per arrivare al commercio, al turismo e ai servizi), si verifichino una perdita di qualità, una compressione dei salari, una riduzione delle tutele, causate dalla subordinazione alle piattaforme digitali, che potranno determinare ritmi di lavoro, retribuzioni, continuità occupazionale. È dunque necessario stabilire regole e limiti alla loro pervasività;

    5) per ricostruire un efficace sistema di politiche industriali che sia in grado di affrontare le sfide delle due transizioni gemelle e del nuovo contesto geopolitico occorre in primo luogo partire dalla dimensione europea. La posta in gioco è, infatti, la leadership tecnologica che determinerà non solo gli equilibri geopolitici dei prossimi anni ma anche la capacità dei sistemi economici di gestire le sfide della digitalizzazione e della transizione verso la decarbonizzazione offrendo al tempo stesso risposte adeguate ai nuovi bisogni delle società avanzate. Un nuovo protagonismo dell'Europa appare la condizione minima per sostenere una industria europea in grado di competere nella nuova globalizzazione dominata dai giganti americani e cinesi. La costruzione di un nuovo sistema di regole e governance condivise rappresenta, inoltre, la barriera necessaria per evitare che la ripresa di politiche industriali nazionali rallentino il processo di integrazione dell'industria europea favorendo spinte sovraniste che oggi appaiono non solo inefficaci ma anche dannose;

    6) nella piena consapevolezza della necessità di aggiornare l'impostazione delle politiche comunitarie al nuovo contesto, in questi ultimi anni la Commissione europea ha fortemente rafforzato il quadro regolatorio e programmatico sui principali temi della politica industriale esprimendo una visione di medio lungo termine sui principali driver di trasformazione del sistema economico e sociale ma è rimasta molto debole sulla capacità reale di accompagnare e sostenere queste trasformazioni. Sul piano programmatico sono stati definiti obiettivi molto ambiziosi in materia di transizione digitale (digital compass), di transizione ambientale (fit for 55) cui si sono aggiunti gli obiettivi di autonomia strategica nella importazione di materie prima (row material act) e di sicurezza degli approvvigionamenti critici (chips act). La realizzazione di questi obiettivi richiede enormi investimenti in nuove tecnologie e, nel breve periodo, anche un potenziamento della capacità industriali in settori chiave come batterie, semiconduttori, impianti per le rinnovabili, sistemi di telecomunicazioni abilitanti il 5g, dove il livello di dipendenza dalle importazioni, in particolare dalla Cina, rischia di penalizzare prospettive di crescita e di occupazione;

    7) il Presidente Draghi, nell'ambito dello studio commissionato dalla Presidente Von Der Layen sulla competitività dell'industria europea, ha stimato un fabbisogno di investimenti per l'Unione europea intorno ai 500 miliardi di euro annui necessari per affrontare le due transizioni. Per finanziarli, serve un grande volume di risorse pubbliche e private, attraverso una governance economica che apra più spazi alle politiche nazionali di investimento, preveda strumenti comuni permanenti e un bilancio dell'Unione europea più ambizioso per indirizzare verso l'economia reale europea e la transizione equa, verde e digitale una quota maggiore dei 33 mila miliardi di euro di risparmi privati europei. Un analogo esercizio realizzato da uno studio Rse/Confindustria per l'Italia stima il fabbisogno di investimenti per la realizzazione del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima nell'ordine di 1000 miliardi di euro nei prossimi 6 anni. In funzione di questi obiettivi è possibile di individuare i 4 pilastri della nuova politica industriale europea:

     a) rafforzamento della capacità produttiva europea nei settori strategici per la transizione ambientale ed energetica e sostegno alla adozione di tecnologie green nei settori più tradizionali;

     b) potenziamento della ricerca nei settori strategici per la transizione digitale con particolare attenzione agli sviluppi potenziali dell'intelligenza artificiale;

     c) riduzione della dipendenza strategica dell'Europa per l'approvvigionamento delle materie prime critiche e per alcune componenti industriali;

     d) creazione di una infrastruttura europea di ricerca e trasferimento tecnologico che aumenti il potenziale di crescita dell'industria continentale e stimoli la crescita di startup innovative;

    8) il tema delle risorse rappresenta naturalmente un nodo cruciale, anche in relazione alle politiche introdotte recentemente dagli Usa, attraverso il programma Inflation reduction act, e dalla Cina, attraverso la strategia «made in China» ampliamente sovvenzionata con risorse statali: la risposta europea, in assenza di adeguati spazi di bilancio delle Commissione (ad oggi vale meno dell'1 per cento del Pil dei paesi aderenti rispetto al 25 per cento del bilancio federale americano), è stata affidata ad un allentamento delle regole sugli aiuti di stato alimentando gli squilibri tra i diversi paesi. Se si guarda agli aiuti di stato autorizzati dalla Commissione europea da marzo 2022, nell'ambito del quadro temporaneo di crisi, a gennaio 2023 il 53 per cento del totale degli aiuti è stato notificato dalla Germania, il 24 per cento dalla Francia e solo il 7 per cento dall'Italia, che ha spazi fiscali limitati: gli aiuti notificati dalla Germania e dalla Francia sono stati, rispettivamente, pari a 356 e 162 miliardi di euro. Il sostegno al sistema produttivo autorizzato per l'Italia è stato più limitato e pari a 51 miliardi di euro, riflettendo presumibilmente anche in questo caso la minore capacità fiscale del nostro paese. Tale assetto evidenzia la necessità di costruire una capacità di risposta comune a partire da un potenziamento delle risorse a disposizione della Commissione, per il perseguimento degli obiettivi definiti nei diversi documenti programmatori, e dalla creazione di un mercato unico finanziario che convogli il risparmio privato verso gli investimenti delle imprese;

    9) come indicato dal «Rapporto Letta», per promuovere una progressiva espansione dei finanziamenti pubblici dell'Unione europea a sostegno di una strategia industriale europea in grado di contrastare gli strumenti di pesante sussidio recentemente adottati da altre potenze globali, è precondizione necessaria una mirata e rigorosa applicazione degli aiuti di stato a livello nazionale onde evitare distorsioni della concorrenza e assicurare parità di condizioni all'interno del mercato unico;

    10) in questo contesto, l'Italia rimane la seconda potenza manifatturiera d'Europa, dopo la Germania. Nel 2023 la nostra industria manifatturiera ha generato un valore aggiunto di 328 miliardi di euro, il 17,5 per cento del totale, e ha dato lavoro a 4 milioni di persone, il 15,3 per cento del totale. Sono numeri ridimensionati, rispetto a quelli del 2007, prima della grande crisi finanziaria. Ma sono superiori alla media europea;

    11) la vocazione manifatturiera dell'Italia è un patrimonio da difendere e sostenere, non ci sarà nessuna nuova stagione di sviluppo se l'Italia si arrenderà alla deindustrializzazione. Negli anni '90 sono state privatizzate gran parte delle aziende pubbliche e abbandonate le politiche industriali. È merito del centrosinistra averle riproposte, prima con Industria 2015 di Bersani e poi con Industria 4.0 di Epifani e Calenda, che ha prodotto risultati positivi nella parte relativa ai crediti d'imposta per l'acquisto dei macchinari innovativi ma che si è rivelata insufficiente rispetto ai cambiamenti necessari al nostro sistema per assumere leadership industriale e tecnologica sui settori del digitale;

    12) oggi si è in una fase diversa: i salari fermi da trent'anni, la diffusione del lavoro povero e dequalificato, la stagnazione della produttività sono sintomi di un malessere profondo dell'economia. Si parla di una forza lavoro e imprenditoriale sempre più anziana e poco istruita; di un mercato dei capitali asfittico; di un capitalismo familiare troppo chiuso in sé stesso. Emergono i limiti del nostro modello di capitalismo, basato su milioni di microimprese che in molti casi arrancano, schiacciate dalla burocrazia e dalle difficoltà di accesso al credito, su quattro/cinque mila medie aziende competitive; su poche, pochissime grandi imprese, in gran parte a partecipazione pubblica: è tempo di migliorare questo modello, di rendere il sistema più dimensionato, resiliente, sostenibile;

    13) la produzione industriale italiana, dopo gli anni di forte crescita successivi alla pandemia è infatti in calo costante, a settembre 2024 secondo Istat c'è stato il ventesimo calo consecutivo, un calo dello 0,4 per cento rispetto ad agosto 2024, una riduzione di quattro punti su base annua che nei primi nove mesi del 2024 presenta un bilancio in rosso del 3,4 per cento. Il livello del Pil italiano è rimasto stazionario rispetto ai tre mesi precedenti, registrando un risultato peggiore rispetto ai principali partner europei. Nei primi otto mesi del 2024, le esportazioni in valore hanno registrato una riduzione dello 0,6 per cento in termini tendenziali, riflettendo in particolare l'andamento negativo delle vendite verso i mercati dell'Unione europea;

    14) il riflesso delle difficoltà del sistema industriale italiano si ripercuote sul mondo del lavoro dove sarebbero oltre 120.000 i lavoratori a rischio, di cui 70.000 solo nell'automotive, 25.459 nella siderurgia, 8000 nell'energia (centrali a carbone e cicli combinati), 2000 nel settore elettrico, 4094 nella chimica di base, 3473 nel settore del petrolchimico e in quello della raffinazione, 8000 nelle telecomunicazioni, per non parlare delle gravi ricadute di tali crisi sulla filiera degli appalti;

    15) alla luce di questi dati negativi, si ritiene una scelta assurda e gravissima per l'industria e i lavoratori del settore automotive, il drastico taglio, per un totale di 4,55 miliardi di euro di definanziamento, al «Fondo automotive», che era stato istituito con lungimiranza dal governo Draghi con una dotazione di 700 milioni di euro per il 2022 e di un miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2030, per il sostegno e la promozione della transizione verde, della ricerca e degli investimenti nel settore automotive, cui viene lasciato un finanziamento residuo complessivo di soli 1,2 miliardi di euro per il periodo 2025-2030, praticamente un azzeramento delle possibilità affrontare le sfide estremamente impegnative della transizione ecologica e digitale e della crescente competizione globale, che hanno invece bisogno di rilevanti politiche di sostegno;

    16) i prezzi delle materie prime, gli alti costi energetici, lo stop della locomotiva tedesca, la concorrenza internazionale, il calo dei consumi interni, il calo degli investimenti pubblici e privati e i pochi investimenti in ricerca e sviluppo, le delocalizzazioni di stabilimenti o di produzioni di interi settori produttivi, sono principali fattori che incidono sui costi e sulla competitività della manifattura italiana e che stanno delineando un rischio deindustrializzazione stante la continua erosione della base produttiva: secondo Confindustria, la cig ordinaria nella manifattura è aumentata di circa il 50 per cento rispetto ai primi tre trimestri dello scorso anno. Il Pmi (Purchasing managers index) manifatturiero, che si era avvicinato alla soglia neutrale in estate è poi tornato a scendere in ottobre e la fiducia delle imprese manifatturiere è debole da circa un anno;

    17) le politiche industriali di cui abbiamo bisogno devono imparare dagli errori del passato ed essere orientate al futuro, all'innovazione, ai settori e alle tecnologie il cui sviluppo è ostacolato dai fallimenti di mercato. Devono essere strettamente connesse alla doppia transizione ecologica e digitale e favorire la creazione di lavoro di qualità, stabile e qualificato. E devono andare oltre la contrapposizione Stato-mercato novecentesca per ricercare una nuova complementarità tra intervento pubblico e iniziativa privata. Cambiare marcia vuol dire non limitarsi a dettare regole e tempi, ma costruire una vera politica industriale comune;

    18) è necessario che si intervenga principalmente su quattro versanti: in primis quello della governance delle politiche industriali attraverso la creazione di un Ministero per lo sviluppo sostenibile, di un Forum permanente per le politiche industriali, con la trasformazione di Invitalia in un soggetto attuatore delle politiche industriali, con la creazione di una agenzia che coordini le partecipazioni pubbliche e poi, sul fronte dell'economia digitale, attraverso la creazione di un Ministero dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico, con la previsione di una legge annuale per il digitale e il potenziamento e il coordinamento del network dell'innovazione;

    19) il secondo sono gli incentivi pubblici, che vanno riorganizzati secondo criteri di selettività, condizionalità ambientali e sociali, con un orizzonte temporale almeno decennale e grande attenzione alla riduzione dei divari territoriali, a partire da quello tra Centro-Nord e Mezzogiorno: gli studi condotti in Banca d'Italia sui risultati ottenuti da varie misure applicate nel nostro paese presentano luci e ombre. Con riferimento al sostegno degli investimenti, le analisi empiriche disponibili indicano che gli incentivi automatici sono mediamente più efficaci di quelli assegnati a seguito di bandi competitivi. Le misure di incentivazione fiscale (attraverso crediti di imposta) agli investimenti delle imprese si sono rivelate molto efficaci per stimolare la crescita, l'ammodernamento del capitale produttivo e l'attività innovativa; esse però sono tendenzialmente contraddistinte da maggiori oneri per le finanze pubbliche e sono spesso caratterizzate da grandi difficoltà nel prevedere le adesioni alla misura e quindi monitorare per tempo la spesa relativa;

    20) il terzo punto riguarda il ruolo dello Stato nell'economia. Si tratta di superare la contrapposizione tra Stato e mercato che ha caratterizzato il dibattito del '900 per affermare la necessità di una nuova complementarità tra intervento pubblico ed iniziativa privata. Nel contesto economico internazionale, non sembra, infatti, sufficiente un aggiustamento «spontaneo» guidato dalle sole forze del mercato così come appaiono del tutto inadeguate le politiche di carattere protezionistico tendenti a difendere l'attuale specializzazione dimensionale e produttiva. La più recente letteratura economica in materia di politica industriale ha teso ad evidenziare, attraverso una solida base empirica, come gli investimenti pubblici, se bene indirizzati, non spiazzino gli investimenti privati ma al contrario costituiscano un volano per la competitività. Per realizzare queste condizioni serve non solo uno Stato che privilegi investimenti di lungo periodo alla spesa corrente, ma anche uno Stato che sia in grado di individuare grandi missioni paese su cui orientare i fondi pubblici e promuovere l'attività delle imprese. L'individuazione delle missioni consente di connettere la politica industriale alla risoluzione delle grandi questioni sociali ed ambientali del pianeta restituendo alla scienza ed alle imprese il compito di soddisfare i nuovi fabbisogni delle società avanzate legate a mega trend globali: il cambiamento climatico, l'invecchiamento della popolazione, la qualità della vita e la concentrazione delle persone nei grandi centri urbani. Per affrontare la nuova fase occorre quindi ricostruire un sistema di governance, competenze e strumenti che sia in grado di ridefinire lo spazio per l'intervento pubblico nei settori strategici per la competitività garantendo selettività degli interventi e stabilità delle politiche. Quindi un ruolo dello Stato differente da come lo sta interpretando il Governo Meloni, il cui programma di privatizzazioni è una scelta discutibile e totalmente slegata da qualunque visione industriale. Serve solo per fare cassa e va contrastato con forza. Bisogna andare in una direzione totalmente diversa, definendo una serie di missioni strategiche, razionalizzando il sistema delle partecipate e istituendo una agenzia per coordinarle;

    21) il quarto e ultimo versante riguarda le risorse da mettere in campo. Quelle pubbliche, innanzitutto, indirizzando verso le nuove politiche industriali le risorse liberate dalla riduzione dai sussidi ambientalmente dannosi e dalla riorganizzazione degli incentivi per le imprese. Quelle private, mobilitando verso l'economia reale una parte dei 1200 miliardi di euro fermi sui conti correnti delle famiglie e una quota maggiore dei 300 miliardi di euro gestiti da fondi pensione, fondazioni di origine bancaria, casse privatizzate dei liberi professionisti. Come già ribadito, va garantita però la selettività degli interventi riorganizzando il sistema di incentivazione pubblica per missioni in cui siano chiaramente identificati intersezioni con gli strumenti europei di politica industriale (aiuti di stato, Ipcei – importanti progetti di comune interesse europeo, Horizon Europe), obiettivi, milestone e target da raggiungere, condizionandone l'erogazione all'impegno da parte delle imprese beneficiarie del rispetto di condizionalità orizzontali (valide per tutte le forme di incentivo), legate al rispetto dei contratti di lavoro, della condizioni di sicurezza del lavoro, del rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione, e verticali legati al comportamento specifico che si intende sostenere (di natura settoriale, territoriale o tecnologica). Va introdotto altresì il tema della sostenibilità con l'introduzione del vincolo per le risorse pubbliche di sostenere progetti coerenti con la tassonomia europea sugli investimenti sostenibili e di valutazione della Dnsh (Do no significant harm) e va sostenuta la compartecipazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca al rischio di impresa, promuovendo l'utilizzo di modalità di rimborso progressivo delle risorse pubbliche investite (nelle forme tecniche delle royalties, del mantenimento della golden share dei diritti di proprietà industriale, dell'utilizzo di prestiti vincolati al reddito o al contenimento dei prezzi) laddove i progetti finanziati producano risultati positivi in termini di sviluppo di nuovi prodotti sul mercato;

    22) il rilancio delle politiche industriali, infine, deve naturalmente riguardare in primo luogo il Sud in un'ottica di rafforzamento e qualificazione delle politiche di coesione. Non si tratta solo di individuare meccanismi premianti per gli investimenti al Sud ma di costruire una strategia industriale in grado di valorizzare il ruolo del Mezzogiorno nell'ambito nelle nuove filiere di innovazione a partire da quelle legate alla green economy e alla transizione digitale. E deve tenere presente che la fase di attuazione ha storicamente rappresentato il principale fattore di debolezza del nostro sistema di politiche industriali e pertanto appare necessario investire su soggetti, competenze e strumenti che siano in grado di garantire la reale applicazione degli indirizzi di policy. L'esperienza dei paesi più avanzati evidenzia come lo snodo cruciale sia rappresentato dalla qualificazione delle risorse umane che lavorano all'interno del perimetro pubblico composto da pubblica amministrazione e agenzie specializzate. Nel quadro di una rinnovata politica industriale un ruolo importante può essere svolto dalle aziende a partecipazione pubblica superando l'attuale frammentazione dei modelli di governance,

impegna il Governo:

1) a farsi promotore, nel corso della nuova legislatura europea, di iniziative volte a mettere in campo ogni politica finalizzata a recuperare competitività, produttività e livelli di reddito dell'Unione europea, per garantire il benessere dei cittadini e il mantenimento del modello sociale europeo, mediante un maggior coordinamento delle politiche industriali, commerciali e fiscali, e la riduzione del divario di innovazione nei settori trainanti, intervenendo sul piano finanziario per rispondere al fabbisogno di investimenti, a tali fini favorire l'emissione di strumenti di debito comuni per progetti europei congiunti e riproponendo il fondo Sure, sperimentato durante la pandemia per sostenere l'occupazione, finalizzato ad un programma europeo di aggiornamento delle competenze dei lavoratori e di sostegno temporaneo al reddito per i lavoratori coinvolti nelle due transizioni;

2) a promuovere la partecipazione delle imprese italiane – anche le Pmi – alla creazione delle nuove catene del valore europee promosse dalla Commissione nell'ambito degli Ipcei (Important projects of common european interest);

3) ad allineare la politica industriale italiana agli obiettivi europei, promuovendo una visione continentale che stimoli il rafforzamento e l'integrazione tra imprese transfrontaliere;

4) ad adottare iniziative volte ad istituire un Fondo nazionale con una dotazione di almeno 5 miliardi di euro annui fino al 2035 per accompagnare e sostenere l'industria manifatturiera nella trasformazione digitale e nella conversione ecologica, cercando di legare in modo sinergico le due transizioni a partire dai settori hard to abate e dell'automotive;

5) a favorire la digitalizzazione e l'autonomia energetica delle Pmi;

6) ad adottare iniziative volte a dare concreto sostegno al tessuto delle Pmi, prevedendo agevolazioni per investimenti in intelligenza artificiale, al fine di far crescere e maturare dei soggetti nazionali in grado di competere in un settore per definizione globalizzato, prevedendo altresì per Pmi e start-up un accesso privilegiato alla futura rete delle «fabbriche di intelligenza artificiale», ecosistemi costruiti attorno ai supercomputer pubblici europei, cui verranno destinati talenti e risorse tecnologiche, beneficando di dati, algoritmi e di potenza di calcolo difficilmente reperibili altrove;

7) ad adottare iniziative volte ad istituire un tavolo istituzionale con il coinvolgimento delle parti sociali per una valutazione generale del fenomeno dell'intelligenza artificiale sul lavoro e sul suo impatto sulla trasformazione dei modelli organizzativi, sulle professioni, sulla formazione, su salario e durata della prestazione lavorativa, anche rispetto al ruolo della contrattazione collettiva;

8) ad adottare iniziative volte ad accrescere l'investimento nel capitale umano per recuperare il ritardo nelle competenze digitali attraverso un piano di azione che assicuri la formazione delle competenze per la transizione digitale ed ecologica, e promuova la crescita delle startup e delle imprese che offrono servizi innovativi che utilizzano l'intelligenza artificiale;

9) a coordinare le imprese partecipate dallo Stato e definire missioni strategiche orientate a promuovere l'innovazione tecnologica e lo sviluppo inclusivo e sostenibile del Paese;

10) a sviluppare sinergie nei centri di innovazione e potenziare le strutture di trasferimento tecnologico nel Mezzogiorno;

11) ad adottare iniziative volte a potenziare una strumentazione di politica industriale sostenibile e resiliente che incentivi la cooperazione fra Stato e imprese nella realizzazione di progetti e nella produzione di beni comuni;

12) a sviluppare l'economia green come una grande vocazione industriale per il Mezzogiorno;

13) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a riformare il quadro del sistema di incentivazione legandolo a quattro principi:

  a) selettività degli interventi: il sistema di incentivazione pubblica va riorganizzato per missioni in cui siano chiaramente identificati intersezioni con gli strumenti europei di politica industriale (aiuti di stato, Ipcei – Importanti progetti di comune interesse europeo, Horizon Europe), obiettivi, milestone e target da raggiungere;

  b) condizionalità: l'erogazione di risorse pubbliche, sia nella forma di agevolazione fiscale che nelle forme di grant o loan, deve essere condizionata all'impegno da parte delle imprese beneficiarie del rispetto di condizionalità orizzontali (valide per tutte le forme di incentivo) legate al rispetto dei contratti di lavoro, della condizioni di sicurezza del lavoro, del rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione e verticali legati al comportamento specifico che si intende sostenere (di natura settoriale, territoriale o tecnologica);

  c) sostenibilità: introduzione del vincolo per le risorse pubbliche di sostenere progetti coerenti con la tassonomia europea sugli investimenti sostenibili e di valutazione della Dnsh (Do no significant harm);

  d) compartecipazione dei finanziamenti pubblici alla ricerca al rischio di impresa promuovendo l'utilizzo di modalità di rimborso progressivo delle risorse pubbliche investite (nelle forme tecniche delle royalties, del mantenimento della golden share dei diritti di proprietà industriale, dell'utilizzo di prestiti vincolati al reddito o al contenimento dei prezzi) laddove i progetti finanziati producano risultati positivi in termini di sviluppo di nuovi prodotti sul mercato.
(1-00374) «Orlando, Braga, Peluffo, De Micheli, Di Sanzo, Gnassi, Bonafè, Ciani, Ghio, Toni Ricciardi, De Luca, Ferrari, Morassut, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria».

(5 dicembre 2024)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL RILANCIO DELLA COMPETITIVITÀ EUROPEA, IN RELAZIONE AL «RAPPORTO DRAGHI»

   La Camera,

   premesso che:

    1) secondo i dati Istat, la produzione industriale italiana è in calo da sei trimestri consecutivi, esattamente da aprile 2023 a settembre 2024;

    2) a settembre 2024 la produzione industriale è calata di 0,4 punti percentuali rispetto al mese precedente, mentre nel III trimestre 2024 si è registrato un calo di 0,6 punti percentuali rispetto ai tre mesi precedenti e, infine, per quanto riguarda i dati più di lungo periodo, da gennaio 2023 a settembre 2024 l'indice della produzione industriale è diminuito di 5,6 punti percentuali;

    3) la situazione di crisi è stata evidenziata anche dal Codacons, il cui presidente ha sottolineato quanto sia allarmante la situazione se si analizza l'andamento dei beni di consumo, per i quali si registrano pesanti cali congiunturali e tendenziali, che risentono in modo evidente dello stallo dei consumi da parte delle famiglie, con la spesa degli italiani che non riparte ed effetti negativi diretti su commercio e industria e sui conti nazionali;

    4) il settore dell'automotive attraversa una crisi ormai strutturale, nonché particolarmente significativa ed allarmante: nel 1992 l'Italia era tra i primi Paesi al mondo per autovetture prodotte, mentre, secondo i dati Anfia, nel 2022 sono state prodotte solo 473 mila auto, circa 270 mila in meno rispetto al 2019;

    5) il settore delle auto sta attraversando un periodo difficile in tutta l'Unione europea: se nel 2008 in Europa si vendeva un terzo delle auto prodotte nel mondo, oggi sono appena un quinto, e questa fetta di mercato è stata in gran parte conquistata dalla Cina, che è passata da una quota mondiale pari al 4 per cento nel 2008 al 32 per cento nel 2023;

    6) in Italia la crisi del settore automotive è strettamente legata alla crisi di Fca-Stellantis, che, dopo aver raggiunto il picco di produzione nel 2017, pari a circa 1 milione di veicoli, ha visto progressivamente diminuire la produzione, un trend ancora in atto che porterà nel 2024 a produrre circa 500 mila veicoli, una cifra ben lontana dalle promesse del gruppo, il quale aveva annunciato come obiettivo la produzione di un milione di veicoli;

    7) per fronteggiare la crisi di questo settore, che riveste un ruolo cruciale per l'industria del Paese, il Governo Draghi aveva istituito, con decreto-legge n. 17 del 2022, un fondo automotive con una dotazione di 700 milioni di euro per l'anno 2022 e 1 miliardo di euro annui dal 2023 al 2030. Tali risorse sarebbero dovute essere destinate a favorire la transizione verde, la ricerca e gli investimenti nella filiera del settore automotive finalizzati all'insediamento, alla riconversione e alla riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l'ambiente e di sviluppo digitale;

    8) il disegno di legge di bilancio presentato dal Governo Meloni e attualmente all'esame del Parlamento prevede il taglio di circa l'80 per cento del fondo automotive, con un residuo pari ad appena 200 milioni di euro annui dal 2025 al 2030;

    9) questa dotazione è assolutamente insufficiente per un fondo che ha come obiettivo quello di sostenere un settore in crisi strutturale come l'automotive italiano;

    10) nel 2022 le emissioni dell'economia italiana sono rimaste pressoché invariate rispetto all'anno precedente (+0,1 per cento), riflettendo andamenti divergenti, con una diminuzione delle emissioni generate dalle famiglie (-1,3 per cento) e un aumento di quelle provenienti dalle attività produttive (+0,7 per cento) (Rapporto SDGs 2024, Istat);

    11) il settore della produzione Industriale (Ippu) rappresenta annualmente una quota del 7 per cento circa, in media, del totale delle emissioni nazionali di gas serra;

    12) la quota di emissioni derivate dal settore Ippu oscilla tra il 5,7 e il 7,9 per cento, rispetto al totale delle emissioni nazionali nel corso del periodo 1990-2022, ed è in tendenziale diminuzione (Rapporto Ispra 2022);

    13) durante la scorsa legislatura, la Commissione europea ha approvato il pacchetto cosiddetto «Fit for 55», parte integrante del Green deal europeo: un pacchetto di misure legislative con l'obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas serra dell'Unione europea del 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990;

    14) secondo Eurostat, negli ultimi 32 anni i Paesi dell'Unione europea hanno registrato una riduzione media annua delle emissioni pari all'1,1 per cento. Tuttavia, per raggiungere l'obiettivo del Fit for 55, sarà necessario accelerare il ritmo di riduzione a una media del 5,4 per cento annuo nei prossimi anni;

    15) la forte dipendenza dalle importazioni di energia e la limitata diversificazione del mix energetico nazionale, con una scarsa disponibilità di fonti a bassa emissione stabile e programmabile, amplificano la vulnerabilità del settore industriale italiano ai picchi di prezzo e alle crisi geopolitiche;

    16) secondo Confindustria, tra gennaio e ottobre 2024, il prezzo medio dell'elettricità in Italia è stato di 103,7 euro per MWh, contro i 61,4 della media europea, registrando un differenziale di circa il 70 per cento;

    17) il Piano «Transizione 5.0» approvato nel 2024 dal Governo nell'ottica di incentivare gli investimenti che prevedono una riduzione del consumo energetici non sta funzionando: la fruizione dei benefici non è automatica, essendo subordinata a complesse procedure amministrative, tra cui l'attesa di comunicazioni ufficiali e certificazioni sia ex ante che ex post, con un conseguente aumento delle tempistiche e degli oneri a carico delle imprese;

    18) inoltre, il credito d'imposta è cumulabile solo in alcuni casi, con esclusione di misure strategiche come il Piano «Transizione 4.0» e gli incentivi per investimenti nella Zes unica, limitando l'efficacia degli interventi;

    19) sono previste, infine, soglie minime di risparmio energetico che escludono dalla misura investimenti potenzialmente utili e molti settori strategici, tra cui quelli legati all'economia circolare e alle industrie ad alta intensità energetica;

    20) il 9 settembre 2024 il Presidente Mario Draghi ha presentato il Rapporto sul futuro della competitività europea: un documento dettagliato di analisi del contesto europeo e di proposte puntuali per rilanciare la competitività economica dell'Unione;

    21) il rapporto evidenzia come la produttività europea sia rallentata negli ultimi 20 anni, portando il divario del prodotto interno lordo a parità di potere d'acquisto tra Unione europea e Stati Uniti dal +4 per cento del 2002 al –12 per cento del 2023;

    22) la crisi produttiva è stata messa ulteriormente a dura prova negli ultimi anni a causa della maggiore concorrenza che le imprese europee hanno dovuto affrontare in seguito alla crescita del commercio mondiale, della perdita della Russia come principale fornitore di energia a basso costo e della messa in discussione, da parte degli Usa, dell'ombrello di sicurezza che aveva protetto fino ad oggi l'Unione europea e che le aveva permesso di destinare ad altre priorità il budget per la difesa;

    23) la strada da percorrere per rilanciare la competitività dei Paesi dell'Unione europea è rafforzare la sicurezza e aumentare la produttività, che rappresenta la vera sfida esistenziale dell'Unione;

    24) il rapporto contiene 170 proposte puntuali da realizzare entro il 2030, suddivise in 10 ambiti di politiche settoriali – tra cui si segnalano, in particolare, gli interventi per ridurre il costo dell'energia, aumentare l'indipendenza nel campo delle materie prime critiche e rilanciare il settore automotive – e 5 ambiti di politiche orizzontali – tra cui si segnalano, in particolare, la riforma della governance europea e il sostegno agli investimenti;

    25) le sfide evidenziate sono cruciali in particolare per l'Italia, nella definizione di strategie comuni europee basate su debito comune e investimenti comuni, dal settore della difesa, ad un piano di rilancio industriale, dallo sviluppo della tecnologia nucleare per abbattere le emissioni dell'Unione europea alla riqualificazione delle competenze, fino ad arrivare alle riforme strutturali come l'abolizione del criterio dell'unanimità per le scelte adottate dal Consiglio, generalizzando i voti a maggioranza qualificata, per impedire il blocco del processo decisionale in seguito al veto di un solo Paese;

    26) il costo di questo piano è quantificato in circa 750-800 miliardi di euro annui dal 2025 al 2030, portando la spesa per investimenti dell'Unione europea dal 22 per cento del prodotto interno lordo a circa il 27 per cento, un aumento di quasi 5 punti percentuali che si propone di finanziare con l'emissione di debito comune sul modello del Next generation EU;

    27) la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha espresso la volontà di seguire le raccomandazioni contenute nel rapporto, sia negli orientamenti politici per la Commissione europea 2024-2029, sia nelle lettere di incarico inviate a tutti i candidati alla carica di commissario europeo, tra cui Raffaele Fitto, ex Ministro del Governo in carica;

    28) la recente elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti rappresenta un elemento di forte incertezza per l'Italia e l'Unione europea, in considerazione delle sue dichiarazioni e delle politiche già annunciate, volte a introdurre nuovi dazi sulle importazioni di prodotti europei;

    29) tale orientamento rischia di compromettere gravemente la competitività delle imprese italiane, in particolare nei settori manifatturiero, tecnologico e agroalimentare, che dipendono in misura significativa dalle esportazioni verso il mercato statunitense,

impegna il Governo:

1) a definire un piano strategico nazionale di rilancio del settore industriale in coerenza con il Rapporto Draghi, anche al fine di assicurare l'appoggio dell'Italia alle iniziative delle istituzioni dell'Unione europea per dare attuazione alle proposte contenute nel Rapporto Draghi sul futuro della competitività europea;

2) a sostenere la necessità di definire strategie di debito comune europeo e di modifica della normativa per attrarre investimenti privati per l'attuazione delle azioni previste dal piano Draghi;

3) a sostenere le riforme o gli accordi necessari per realizzare gli impegni comuni in materia di energia, trasporti, tecnologie digitali e innovazione e difesa, che il Rapporto identifica come condizioni indispensabili per la salvaguardia della libertà, del benessere e della sicurezza europea;

4) ad operare, per quanto di competenza, perché la governance economica e i processi decisionali dell'Unione siano migliorati e adeguati all'esigenza di garantire un quadro istituzionale coerente con gli obiettivi del Rapporto, a partire dal rafforzamento del meccanismo di voto a maggioranza;

5) a riavviare, coerentemente con le indicazioni del Rapporto, il programma nucleare italiano per autorizzare la costruzione di impianti con le tecnologie oggi disponibili – il cosiddetto nucleare di terza generazione avanzata – di cui è garantita l'affidabilità sul piano della sicurezza e la capacità di soddisfare, da un lato, il fabbisogno energetico nazionale e, dall'altro, di ridurre nettamente le emissioni climalteranti;

6) ad adottare iniziative normative volte a ripristinare la dotazione del fondo automotive, portandola al miliardo di euro annuo dal 2025 al 2030, così come inizialmente previsto dal Governo Draghi;

7) a proporre, di concerto con le istituzioni europee, un calendario di riduzione delle emissioni che tenga conto delle specificità economiche e produttive dei settori industriali nazionali, evitando penalizzazioni ingiustificate per le imprese italiane rispetto ai competitor europei e internazionali;

8) a migliorare la sicurezza energetica e la competitività del Paese, favorendo la diversificazione del mix energetico, con particolare attenzione all'introduzione di tecnologie stabili e programmabili, inclusa l'adozione del nucleare di nuova generazione, per garantire una fornitura energetica sostenibile, affidabile e a costi contenuti;

9) ad adottare iniziative normative volte a rivedere il Piano «Transizione 5.0», prevedendo l'introduzione dei principi operativi e degli strumenti automatici del Piano «Industria 4.0», al fine di renderlo più efficace e accessibile per le imprese, prevedendo, in particolar modo, l'introduzione di meccanismi di accesso diretto e automatizzato agli incentivi, la possibilità di cumulo con altre misure di sostegno, salvo casi di sovracompensazione, l'eliminazione delle soglie minime rigide per il risparmio energetico e la semplificazione delle procedure attuative, anche riducendo il ricorso a decreti attuativi;

10) a promuovere, per quanto di competenza, una leale collaborazione tra le istituzioni europee e la nuova Amministrazione statunitense, favorendo un dialogo costruttivo che evidenzi l'interdipendenza economica tra le due aree ed eviti i rischi di danni reciproci derivanti da politiche protezionistiche.
(1-00371) «Richetti, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Rosato, Ruffino».

(4 dicembre 2024)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il 9 settembre 2024, Mario Draghi ha presentato, in una conferenza stampa congiunta con la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il rapporto strategico intitolato «Il futuro della competitività europea» («The future of European competitiveness»): tale rapporto – commissionatogli all'incirca un anno prima – contiene un'analisi approfondita delle sfide economiche e geopolitiche che l'Europa è chiamata ad affrontare in un contesto globale, sempre più frammentato e in rapido mutamento; in questo scenario, l'Europa si trova in una posizione particolarmente vulnerabile rispetto ad altre grandi economie come Stati Uniti e Cina;

    2) il rapporto – che è stato presentato da Draghi al Parlamento europeo il 17 settembre 2024 – è articolato in due parti: la prima parte, «Parte A», suddivisa in una prefazione e sei capitoli, espone la strategia di competitività per l'Europa nel suo complesso; la seconda, «Parte B», suddivisa in due sezioni, dedicate, rispettivamente, a determinate politiche settoriali (dieci capitoli) e orizzontali (cinque capitoli) dell'Unione europea, contiene un'analisi approfondita di ciascuna di esse, indicando gli obiettivi da raggiungere e proponendo le iniziative da adottare;

    3) il tema della competitività era stato già affrontato nel corso del Consiglio europeo dell'ottobre 2024, riunione in cui i leader dei Paesi membri, a seguito delle conclusioni dell'aprile 2024 e in linea con l'Agenda strategica 2024-2029, hanno chiesto maggiori sforzi per rafforzare la competitività dell'Unione, potenziare la resilienza economica di quest'ultima, assicurarne il rinnovamento industriale e realizzare appieno il potenziale del mercato unico, garantendo condizioni di parità a livello sia interno che mondiale;

    4) la Presidente von der Leyen ha quindi confermato, negli orientamenti politici per la Commissione europea 2024-2029, la volontà di seguire le raccomandazioni del rapporto Draghi nel prossimo mandato della Commissione, di nuova nomina. Anche le lettere di incarico indirizzate da von der Leyen a ciascun candidato alla carica di Commissario recano l'invito ad attingere, per le parti di competenza, alla visione ed alle proposte della relazione Draghi sul futuro della competitività europea;

    5) alla base della nuova strategia industriale dell'Unione europea, delineata nel documento di Draghi e che confluirà nelle linee guida per il mandato della Commissione Ue dei prossimi cinque anni, viene posto l'accento, in particolare, sull'esigenza di rafforzare l'industria della difesa, così come nel rapporto è contenuto l'auspicio che sempre maggiori fondi europei vengano destinati allo sviluppo di questo settore per allentare la dipendenza da fornitori stranieri, Stati Uniti inclusi; la difesa viene vista come uno dei settori strategici per il futuro dell'Europa, così come quelli dell'energia e dei semiconduttori; sulla necessità di maggiori sforzi nel campo della difesa il rapporto ricalca peraltro quanto già scritto precedentemente da Enrico Letta nel suo documento sul futuro del mercato unico dell'Unione europea, presentato in occasione del Consiglio europeo straordinario del 17-18 aprile 2024;

    6) in particolare, il rapporto Draghi evidenzia come negli ultimi anni il radicale mutamento dello scenario geopolitico innescato dalla guerra in Ucraina e, più in generale, dall'instabilità globale, abbia fatto emergere le vulnerabilità di sistema dell'Unione europea: le dipendenze dall'esterno, soprattutto per gli approvvigionamenti di energia e materie prime critiche, il ritardo nell'innovazione, i costi dell'energia, la mancanza di manodopera specializzata, l'assenza di una difesa comune, la frammentazione perdurante del mercato interno e in particolare del mercato dei capitali, un modello di governance inadeguato, gli andamenti demografici non più in grado di sostenere la domanda interna;

    7) a queste vulnerabilità, secondo il rapporto, occorre rispondere in via prioritaria aumentando la produttività, preservando, al contempo, il modello sociale europeo, mediante un coordinamento forte di tutte le politiche europee (industriali, commerciali, fiscali, estere) e un loro riorientamento;

    8) per raggiungere questi obiettivi dell'Unione europea, in primis digitalizzazione, decarbonizzazione e maggiore capacità di difesa, il rapporto stima necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, pari al 4,4-4,7 per cento del Pil dell'Unione europea nel 2023. La quota di investimenti dell'Unione europea dovrebbe passare dall'attuale 22 per cento circa del Pil a circa il 27 per cento, invertendo un declino pluridecennale nella maggior parte delle grandi economie dell'Unione. Per sbloccare gli investimenti privati, si propone di costruire una vera e propria unione dei mercati dei capitali e di completare l'unione bancaria; per gli investimenti pubblici, si prospetta di istituire, nel quadro del prossimo bilancio dell'Unione europea, un «pilastro della competitività» e di considerare l'emissione regolare di asset di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri;

    9) da un'analisi complessiva del rapporto, emerge come lo stesso non risponda in maniera adeguata e sufficiente alle sfide future che attendono l'Unione nei prossimi anni: se appare pienamente condivisibile l'obiettivo di finanziare importanti progetti d'investimento per rendere l'Europa più competitiva, anche attraverso il ricorso all'emissione di nuovo debito comune europeo, l'accento posto dal rapporto sul rafforzamento della difesa europea lascia presagire la trasformazione da un'Europa di pace verso una vera e propria economia di guerra, basata su strategie tese a promuovere la formazione di un «complesso militare-industriale» europeo; preoccupa altresì l'assenza di riferimenti nel rapporto alla necessità di avviare politiche fiscali più efficaci per contrastare l'elusione e l'evasione fiscale da parte dei giganti del web;

    10) non si può inoltre sottacere come l'esistenza di giurisdizioni non cooperative a fini fiscali e di regimi fiscali dannosi, non solo a livello europeo – si veda il caso della Gran Bretagna e della Svizzera – ma anche tra gli stessi Stati membri dell'Unione europea – tra cui Irlanda, Paesi Bassi e Lussemburgo, veri e propri paradisi fiscali all'interno dell'area euro che si avvantaggiano di tali pratiche facendo registrare elevatissimi tassi di crescita – costituiscano una minaccia alla competitività europea e mettano a rischio la stessa tenuta dell'Unione. Tali pratiche di dumping fiscale comportano gravi perdite finanziarie per gli Stati membri dell'Unione europea: basti pensare che il costo dell'elusione dell'imposta sulle società è attualmente stimato a 500 miliardi di dollari all'anno e che tale riduzione del gettito fiscale è particolarmente problematica nel contesto della ripresa dalla crisi sanitaria, sociale ed economica causata dalla pandemia da Covid-19 e del finanziamento della transizione verde;

    11) inoltre, con la rimozione dei limiti della Banca europea per gli investimenti agli investimenti militari e delle limitazioni della finanza europea per le industrie belliche, con la revisione dei parametri della finanza etica, si asseconda un completo stravolgimento del quadro regolatorio europeo in direzione di una transizione, non più «green», ma militare,

impegna il Governo:

1) a promuovere, con particolare riferimento all'Agenda strategica 2024-2029, il modello sociale ed economico europeo, che funga da stimolo alla transizione verde e digitale dell'Unione europea, nonché a sostegno di una politica comune di investimento nella ricerca e nell'innovazione nell'ambito dei settori economici ritenuti strategici, al fine di garantire la competitività dell'Unione a lungo termine e favorire altresì la competitività delle imprese e sviluppare soluzioni tecnologiche avanzate;

2) anche al fine di aumentare la competitività europea, a sostenere, nell'Agenda politica della nuova Commissione, la proposta di trasformare il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo, con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» europei considerati prioritari, quali la salute, l'istruzione, la ricerca, l'innovazione, la sicurezza e la transizione energetica, scongiurando al contempo l'ipotesi di un eventuale ricorso all'emissione di eurobond per finanziare le capacità di difesa europee, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica;

3) ad adottare iniziative volte a scongiurare altresì qualsiasi tentativo di aumentare i finanziamenti di beni a scopo militare, come armi e munizioni, anche attraverso una ferma opposizione all'ipotesi di ampliamento della portata degli investimenti della Banca europea per gli investimenti rispetto all'attuale definizione di dual use, dando, al contrario, priorità al finanziamento di progetti che vadano a beneficio dell'ambiente e della società, affrontando la crisi del costo della vita e l'emergenza climatica;

4) a fronte della concorrenza fiscale sleale perpetrata a livello europeo e delle pratiche di dumping fiscale messe in atto da alcuni Stati membri dell'area euro, ad intraprendere, con urgenza, tutte le necessarie iniziative di contrasto nei confronti dei paradisi fiscali cosiddetti legalizzati all'interno dell'Unione, opponendosi a quelle forme di concorrenza fiscale altamente dannose per l'economia reale e adoperandosi, allo stesso tempo, per una riforma del quadro normativo dell'Unione europea che assicuri condizioni concorrenziali effettive e più incisive tra gli Stati membri, così come una tassazione efficace ed equa dell'economia digitale, nonché a porre in essere gli adeguati provvedimenti per mitigare gli effetti sull'economia unionale delle pratiche fiscali sleali poste in essere dagli stati transfrontalieri o già appartenenti all'Unione europea;

5) a sostenere, nell'ambito del rafforzamento del mercato unico europeo e dell'unione dei mercati dei capitali, la proposta istitutiva di una tassa unica sul capitale quale strumento di una nuova fiscalità europea improntata a criteri di welfare comune, che scoraggi la competizione interna sleale tra gli Stati membri e si delinei quale baluardo alla gestione condivisa delle crisi;

6) a promuovere in sede europea l'adozione di iniziative di competenza volte a introdurre da parte dei singoli Stati forme straordinarie di contribuzione per il settore dell'industria della difesa, considerati gli utili eccezionali conseguiti negli ultimi anni, peraltro destinati a crescere ulteriormente, considerato il mutato contesto geopolitico internazionale sempre più insicuro e la politica di difesa dell'Unione europea.
(1-00372) «Scutellà, Bruno, Scerra, Pellegrini, Baldino, Lomuti, Francesco Silvestri».

(4 dicembre 2024)

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