TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 397 di Mercoledì 11 dicembre 2024

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   BAGNAI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   le piccole, medie e micro imprese, definite come quelle che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro, rappresentano a livello europeo il 99 per cento del totale delle imprese non finanziarie, che esprime quasi i due terzi degli occupati complessivi e poco più di metà del valore aggiunto. Il dato italiano non si discosta significativamente dalla media europea;

   diverse associazioni di categoria, i rapporti sulla stabilità finanziaria della Banca d'Italia e l'ultimo rapporto annuale sulle piccole e medie imprese europee della Commissione europea hanno evidenziato lungo gli anni come il generale trend di riduzione del credito bancario in atto dall'autunno del 2022 (in Italia fra l'ottobre del 2022 e quello del 2024 il totale degli impieghi bancari verso famiglie e società non finanziarie è diminuito del 6,7 per cento) abbia particolarmente penalizzato il settore delle piccole e medie imprese;

   parte di queste difficoltà possono spiegarsi con un contesto bancario caratterizzato da una sempre maggiore concentrazione (secondo la Banca centrale europea la quota di mercato dei primi cinque istituti bancari in Italia è passata dal 25,6 per cento nel 1999 al 48,7 per cento nel 2023) e da riforme che hanno snaturato il ruolo delle banche di territorio, in particolare del credito cooperativo, sottoponendole a obblighi di compliance esorbitanti e a limitazioni significative della possibilità di erogazione del credito;

   in questo contesto di progressiva concentrazione del mercato e di progressivo snaturamento delle «community banks», che invece altri Paesi, fra cui la Germania e gli Usa, hanno ben preservato, diventa particolarmente significativo analizzare il ruolo dei grandi istituti bancari nel sostenere quel fondamentale elemento dell'ecosistema produttivo del Paese che sono le piccole e medie imprese –:

   quali risultino essere le quote di mercato dei prestiti alle piccole e medie imprese, concessi dai primi dieci istituti italiani, e quali le percentuali sul totale dell'attivo dei medesimi prestiti, a livello nazionale e nel dettaglio regionale.
(3-01610)

(10 dicembre 2024)

   ZARATTI, ZANELLA, BONELLI, FRATOIANNI, BORRELLI, DORI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI e PICCOLOTTI. – Al Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. – Per sapere – premesso che:

   il Governo Meloni in questa legislatura ha avviato tre riforme: l'autonomia regionale differenziata (cara alla Lega), il premierato (caro a Fratelli d'Italia) e la riforma della magistratura (cara a Forza Italia);

   la portata del progetto di cambiamento delle istituzioni è epocale; altri ci hanno provato sull'una o sull'altra materia, peraltro senza riuscirci, ma mai su tutte e tre insieme;

   questo è il patto segreto tra le tre forze di Governo che apre la strada a ben tre referendum istituzionali: due obbligatori e confermativi (senza quorum) se le rispettive riforme costituzionali – come al momento appare più che probabile – non raggiungeranno i due terzi dei voti in Parlamento. L'altro, quello sull'autonomia regionale, è abrogativo e pertanto serve il raggiungimento del quorum;

   è dunque perfettamente lecito chiedersi se il nostro sistema politico istituzionale, già messo alla prova da una conflittualità esasperata e permanente, possa reggere una sequenza di tre battaglie referendarie non su questo o quel provvedimento minore, ma sui fondamentali della Repubblica. Una delle quali, peraltro, si configurerebbe come un pericoloso derby nelle urne tra Nord e Sud mai visto prima in Italia;

   sulla costituzionalità della legge n. 86 del 2024 si è già espressa la Corte costituzionale che, ritenendo illegittimi alcuni aspetti specifici della «riforma Calderoli», di fatto impone modifiche e ne limita l'applicazione in modo significativo per alcune sue parti;

   la sentenza della Corte costituzionale ha palesato tutti i dubbi dei costituzionalisti sulla bontà di queste tre riforme, alcuni dei quali si sono spinti a critiche molto penetranti; il «cannoneggiamento» e il fuoco amico (Marcello Pera) era cominciato con un'intervista a Il Sole 24 ore ed è proseguito con il bis su la Repubblica. «Dubbi tecnici», li chiama Pera, che «forse aggravano» invece che risolvere il problema della stabilità, per finire con l'intervista di Urbani, il quale ha affermato che la destra «ha un problema di classe dirigente»;

   nascosto sta il progetto della riforma elettorale, meno se ne parla meglio è, questo appare essere in sostanza il commento di vari esponenti della maggioranza, ma si prospetta ad avviso degli interroganti, insieme al premierato, una vera e propria «legge truffa», come quella che modificò la legge elettorale italiana del 1946 introducendo un premio di maggioranza consistente nell'assegnazione del 65 per cento dei seggi della Camera dei deputati alla lista o al gruppo di liste predefinite –:

   in che modo il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, una legge elettorale che non comprometta una piena ed effettiva rappresentanza parlamentare e che non renda in sostanza il Parlamento un'istituzione servente rispetto alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
(3-01611)

(10 dicembre 2024)

   DI BIASE, BRAGA, SERRACCHIANI, GIANASSI, LACARRA, SCARPA, SARRACINO, PROVENZANO, ROGGIANI, PRESTIPINO, ORFINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, VACCARI, FORNARO, STEFANAZZI, BERRUTO, MALAVASI, PORTA, LAI, DE LUCA, TABACCI, FORATTINI, EVI, CUPERLO, MEROLA, ROMEO, MAURI, GHIO, GUERRA, FERRARI e CASU. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 27 della Costituzione, che stabilisce i principi della responsabilità penale e della funzione rieducativa della pena, sancisce, con il comma terzo, che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d'umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;

   con la legge 26 luglio 1975, n. 354, l'impianto dell'ordinamento penitenziario ha posto i valori dell'umanità e della dignità alla base del trattamento;

   sul canale YouTube del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è apparso un video promozionale del calendario del Corpo di polizia penitenziaria per l'anno 2025;

   a giudizio degli interroganti il video, al pari degli scatti del calendario, ritrae scatti e momenti finalizzati a trasmettere una narrazione sul lavoro degli agenti della polizia penitenziaria tutta orientata alla repressione e all'aspetto punitivo; si vedono agenti in tenuta anti-sommossa, armati con pistole e altre armi da fuoco, intenti in esercitazioni per immobilizzare i detenuti;

   nel comunicato stampa del Ministero di presentazione dell'iniziativa, «Il nuovo volto della polizia penitenziaria», si legge come il tema scelto per l'edizione 2025 del calendario della polizia penitenziaria sia quello della formazione e vi sono riportate dichiarazioni del Sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove, che ha evidenziato la specializzazione, non comune a nessun'altra polizia in Europa, di gestire le carceri «riuscendo nel delicato compito di miscelare continuamente l'uso legittimo della forza con il trattamento rieducativo dei detenuti», sebbene non vi sia traccia di quest'ultimo nelle immagini apparse in rete –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di scongiurare il rischio che l'immagine del lavoro quotidiano degli agenti della polizia penitenziaria sia tutta orientata all'aspetto repressivo e punitivo, come appare rappresentato nell'edizione del calendario 2025 promossa dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dimenticando la funzione costituzionalmente prevista per l'esecuzione della pena, che deve essere tesa, anche in termini di prevenzione della recidiva, all'aspetto rieducativo delle persone recluse e se non ritenga dunque, per queste ragioni, di valutare l'opportunità di ritirare il prodotto editoriale in oggetto.
(3-01612)

(10 dicembre 2024)

   BENZONI, RICHETTI, BONETTI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

   il fenomeno dei suicidi in carcere, sia da parte dei detenuti che da parte degli agenti di polizia penitenziaria, ha ormai raggiunto cronicamente una dimensione tragica;

   i primi dovrebbero scontare la pena e le misure cautelari in un contesto di legittimità e sicurezza, evidentemente non garantito;

   i secondi, invece, dovrebbero essere dotati di organico e strumenti adeguati per assolvere in modo efficace e dignitoso ai propri compiti, sia in termini di sicurezza che di mediazione e rieducazione;

   il condizionale è d'obbligo, perché in realtà le carceri italiane sono dei veri e propri gironi infernali: ristrettezza degli spazi, condizioni di vita e di igiene pessime, esclusione dei detenuti dagli spazi comuni e dalle opportunità lavorative, organici di polizia sottodimensionati e costantemente sotto pressione sono le conseguenze di un totale immobilismo decisionale, a cui nemmeno il decantato decreto-legge «carceri» n. 92 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2024 riuscirà a porre rimedio;

   i risultati sono davanti agli occhi di tutti: un nuovo «record» negativo di 86 detenuti e di quasi 10 agenti morti suicidi nel 2024, che nascondono le centinaia di tentativi e gli omicidi avvenuti all'interno degli istituti;

   questa tragedia quotidiana non si può trasformare in un conflitto tra espiare la pena e offrire condizioni di vita dignitose. È la Costituzione che lo afferma: bisogna espiare la pena fino all'ultimo giorno, ma bisogna avere le condizioni per ripartire, per rifondare la propria vita quando si esce e questo oggi le carceri italiane non lo fanno, senza considerare che un terzo dei suicidi sono individui in attesa di giudizio;

   la formazione e il lavoro rappresentano una speranza per i detenuti e una certezza statistica nell'evitare la reiterazione dei reati. Eppure, poco o nulla è stato fatto anche per garantire strutture e laboratori adeguati e per immaginare un sistema penitenziario nuovo e dignitoso, sia per chi deve scontare una pena sia per chi vi lavora –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di contrastare il sempre più grave fenomeno dei suicidi in carcere e porre davvero fine ad un'emergenza che rappresenta una vera e propria silenziosa strage di Stato, visto che è dalle condizioni delle carceri che si misura il grado di civiltà di un Paese.
(3-01613)

(10 dicembre 2024)

   D'ORSO, ASCARI, CAFIERO DE RAHO e GIULIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come riportato da note fonti di stampa, mafiosi di primo rango, come Giovanni Formoso, Raffaele Galatolo e Paolo Alfano, hanno avuto di recente accesso alla semilibertà o al permesso premio, sebbene sottoposti al regime ostativo, per effetto della riforma introdotta con il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, cosiddetto «decreto rave», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 199 del 2022, che ha modificato il regime del cosiddetto carcere ostativo, voluta dal Governo Meloni;

   come già eccepito dagli interroganti in più sedi, la citata novella ha di fatto reso più facile l'accesso ai benefici penitenziari per i mafiosi, anche per quelli che hanno scelto di non collaborare, disincentivando così la collaborazione con la giustizia e in sostanza premiando di conseguenza l'omertà;

   il capo della procura antimafia di Palermo, Maurizio de Lucia, ha espresso preoccupazioni riguardo al ritorno in libertà di figure così influenti nel panorama mafioso, nella misura in cui possano riorganizzare le fila di Cosa nostra, permettendo a vecchi e nuovi boss di trovare spazi di manovra all'interno dell'organizzazione criminale;

   le famiglie delle vittime di mafia temono, inoltre, che quanto sta accadendo possa riaprire ferite mai sanate e minacciare la sicurezza delle comunità;

   appare opportuno monitorare la legge attualmente in vigore e fissare dei paletti più stringenti per la concessione dei benefici penitenziari ai soggetti mafiosi, affinché, nel rispetto del perimetro tracciato dalla Corte costituzionale, si tenga conto della peculiare natura dei reati di criminalità organizzata di stampo mafioso, nonché della rilevanza della collaborazione con la giustizia, salvaguardando l'impianto di base della normativa originaria, che si è rivelato negli anni uno strumento indispensabile per la lotta alle mafie;

   sotto altro profilo, appare imprescindibile verificare se vi sia stata anche una mancanza di comunicazione e coordinamento tra i tribunali di sorveglianza e le procure antimafia, posto che – sembrerebbe – in diverse occasioni le procure non sarebbero state consultate prima della concessione di permessi premio –:

   quali iniziative normative il Ministro interrogato intenda adottare perché siano arginate scarcerazioni di boss mafiosi di primo piano, quali quelle recenti segnalate in premessa, e sia impedito il ripetersi di casi come quelli sopra descritti, alla luce degli effetti applicativi derivanti dalla legge sull'ergastolo ostativo voluta dal Governo in carica, che di fatto avrebbe reso più facile l'accesso ai benefici penitenziari per i mafiosi, anche per quelli che hanno scelto di non collaborare, disincentivando così la collaborazione con la giustizia e in sostanza premiando l'omertà.
(3-01614)

(10 dicembre 2024)

   DELLA VEDOVA e MAGI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la legge 1° dicembre 2023, 172, ha introdotto nel nostro ordinamento il divieto di produzione e commercializzazione della carne coltivata e il divieto di denominazione meat-sounding per le alternative vegetali della carne;

   in assenza dei decreti ministeriali ex articolo 3, comma 5, della stessa legge, il divieto di meat sounding per le alternative vegetali resta ad oggi inattuato;

   entrambi i divieti sono stati oggetto di forti critiche che ne hanno evidenziato sia i profili di danno per il settore economico e per la ricerca, sia la natura fondamentalmente non necessaria e non proporzionale delle restrizioni, in contrasto con lo stesso principio di precauzione europeo invocato dalla norma a giustificazione della stessa, poiché si propone di proteggere il consumatore da un alimento a cui non è esposto;

   la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza C-438/23 del 4 ottobre 2024, relativa ad analogo divieto francese di meat sounding, ha stabilito che «uno Stato membro non può vietare l'uso di termini tradizionalmente associati ai prodotti di origine animale per designare un prodotto contenente proteine vegetali»;

   l'articolo 3 della legge n. 172 del 2023 è quindi, ad avviso degli interroganti, in contrasto con il diritto unionale, poiché vieta espressamente proprio quanto escluso dal giudice europeo, ossia: «denominazioni usuali e descrittive riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne»;

   come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Unilever, 26 settembre 2000), poiché è stata sottoposta alla procedura europea Tris il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, in violazione della direttiva UE 2015/1525, la legge n. 172 del 2023 può essere dichiarata inapplicabile dai tribunali nazionali anche qualora il Governo adottasse delle denominazioni legali per impedire l'uso di denominazioni usuali e descrittive dei prodotti contenenti proteine vegetali;

   in materia di divieto di carne coltivata la Commissione europea, analizzando l'analoga proposta di legge ungherese in sede Tris (notifica 2024/0394/HU), ha osservato che «(Il) divieto è (...) ingiustificato, in quanto potrebbe precludere la procedura di autorizzazione armonizzata per i nuovi alimenti a livello di Unione europea, che prevede una valutazione scientifica da parte dell'Efsa»;

   i menzionati pronunciamenti della Corte di giustizia dell'Unione europea e della Commissione europea espongono l'Italia al rischio di procedure di infrazione, il cui costo evitabile finirebbe per ricadere per intero sui cittadini contribuenti –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per ripristinare una situazione di rispetto e certezza del diritto, scongiurando ulteriori danni al comparto e ogni onere derivante dal permanere nel nostro ordinamento di una norma inapplicabile e in contrasto con il diritto europeo.
(3-01615)

(10 dicembre 2024)

   CASTIGLIONE. – Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:

   il pistacchio di Bronte è uno dei 578 prodotti a denominazione di origine protetta presenti in Italia ed è prodotto nell'areale limitrofo all'Etna dei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla. Al Consorzio pistacchio verde di Bronte sono iscritti 636 produttori. La produzione si estende per tremila ettari;

   nel 2023 la raccolta è stata stimata in circa trentamila quintali. Secondo i dati Istat del 2017 la raccolta giunse a trentaquattromila quintali di pistacchio, toccando il 90 per cento della produzione italiana e il 3 per cento di quella mondiale. La raccolta avviene ogni due anni;

   il pistacchio di Bronte nasce nei terreni del vulcano inframmezzati da rocce laviche e questo genera un unicum sul piano della qualità e del gusto. È ritenuto tra i migliori del mondo e il più gustoso; intorno al pistacchio di Bronte sono nate imprese che producono pesto, creme e altri prodotti, in particolar modo per il settore dolciario. Quest'anno il business complessivo dell'oro verde di Bronte è già sui 90 milioni di euro;

   il 30 novembre 2024, nella trasmissione «Mi manda Rai Tre», il conduttore e la giornalista hanno veicolato a giudizio dell'interrogante informazioni non veritiere su Bronte e sulla produzione di pistacchio;

   la Rai non è nuova a indagini sul pistacchio di Bronte (Farwest: «Il giallo dei pistacchi di Bronte e il rischio truffa» del 19 gennaio 2024, Report del 21 novembre 2016), tutte correttamente concentrate sulla possibilità che siano poste in essere truffe tramite una denominazione di origine falsamente attribuita. In tali casi i produttori e il Consorzio devono ritenersi soggetti danneggiati;

   ma nella trasmissione del 30 novembre 2024 è stato affermato che Bronte è una cittadina da meno di 1.000 abitanti (in realtà sono circa 20.000) dove «quasi non si produce più pistacchio». Tali affermazioni non solo risultano palesemente false, ma arrecano anche un grave danno all'immagine della comunità di Bronte e al prestigioso marchio –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogato per tutelare il Dop Consorzio pistacchio verde di Bronte.
(3-01616)

(10 dicembre 2024)

   GADDA, FARAONE, DEL BARBA, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. – Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:

   i contratti di filiera rappresentano uno strumento fondamentale per promuovere innovazione e collaborazioni virtuose in grado di garantire equa remunerazione a tutti gli attori della filiera agricola e agroalimentare coinvolti;

   nel 2022 è stato pubblicato il V bando dei contratti di filiera, con dotazione di 690 milioni di euro, in virtù del quale sono state presentate circa 300 domande;

   la gestione del bando ha sollevato significative criticità procedurali, suscitando le proteste dei partecipanti, che hanno segnalato: incongruenze nei criteri di valutazione adottati per la compilazione della graduatoria provvisoria; limitazioni al diritto di accesso agli atti; una comunicazione inefficace da parte dell'amministrazione. In particolare, quest'ultima ha diffuso informalmente un documento, protocollato il 15 novembre 2023, contenente la graduatoria finale. Sebbene inizialmente la sua veridicità non fosse stata confermata, questa è stata ufficializzata il 12 gennaio 2024 con la pubblicazione sul sito ufficiale;

   tali anomalie hanno portato alla presentazione di oltre sessanta ricorsi al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con i quali i ricorrenti hanno impugnato la graduatoria definitiva e l'atto di diniego di accesso agli atti;

   a novembre 2024 il Consiglio di Stato ha accolto l'appello dei ricorrenti, annullando il rigetto del tribunale amministrativo regionale e imponendo al Ministero di garantire il pieno accesso agli atti relativi ai primi 39 contratti di filiera;

   ad oggi, il tribunale amministrativo regionale non si è pronunciato sui ricorsi per l'annullamento della graduatoria finale perché è stata introdotta, nel mentre, una nuova misura (decreto direttoriale n. 0569071 del 28 ottobre 2024), finanziata con 2 miliardi di euro, con il quale il Governo permetterebbe lo scorrimento della graduatoria già esistente;

   il nuovo provvedimento, però, modificando in modo sostanziale i criteri del bando originario ha, di fatto, solo reso inammissibili progettualità già approvate in virtù dei vecchi criteri;

   Ismea, relativamente a quest'ultimo provvedimento, ha pubblicato il 6 dicembre 2024 le «Istruzioni operative» per l'applicazione del nuovo bando e nella stessa giornata ha inviato le pec ad oltre 70 soggetti proponenti (tra la posizione 44 e 116 della graduatoria), concedendo 90 giorni di tempo per la presentazione delle proposte definitive;

   da una lettura del documento e dei suoi allegati sembrerebbero confermate le criticità già rilevate nei due decreti precedenti circa i criteri di valutazione dei progetti, nonché i tempi di realizzazione –:

   quali azioni intenda adottare il Ministro interrogato per garantire un pieno scorrimento della graduatoria del V bando dei contratti di filiera, così da garantire regole omogenee per tutte le aziende partecipanti e assicurare trasparenza e stabilità nel rispetto dei diritti delle imprese coinvolte.
(3-01617)

(10 dicembre 2024)

   LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, CAVO, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riconosce una competenza concorrente tra l'Unione e gli Stati membri nel settore dell'agricoltura;

   sulla base del Trattato citato, i Parlamenti nazionali possono rivolgere ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione un parere motivato in merito alla conformità di un progetto di atto legislativo agricolo con il principio di sussidiarietà;

   l'articolo 36 della Costituzione della Repubblica italiana recita: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;

   negli ultimi anni gli addetti del settore agricolo hanno manifestato in diversi Paesi dell'Unione europea il disagio dovuto al calo del numero di aziende attive nel settore, del margine del prezzo di vendita e delle retribuzioni del comparto;

   l'anno in corso ha visto una grande mobilitazione di agricoltori, sollecitando nuove iniziative legislative nelle sedi nazionali ed europee in grado di sostenere adeguatamente il settore;

   il Parlamento italiano non farà mancare il suo personale contributo sul tema in oggetto, anche a fronte delle sfide che il Paese affronta in molti settori riguardo la produttività, l'innovazione e la retribuzione del lavoro;

   il 4 settembre 2024 la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato il rapporto finale del «Dialogo strategico per il futuro dell'agricoltura europea», avviato il 25 gennaio 2024 per individuare e affrontare le sfide e gli obiettivi del settore, tra cui un tenore di vita equo per gli agricoltori e le comunità rurali;

   martedì 10 dicembre 2024 la Presidente von der Leyen ha annunciato la prossima presentazione di due iniziative legislative per tutelare il reddito degli agricoltori e il margine di prezzo dei prodotti agricoli, dichiarando che: «Gli agricoltori sono spesso l'anello più debole della catena e a volte non hanno altra scelta che vendere i prodotti al di sotto dei costi di produzione. (...) Gli agricoltori devono avere una posizione di contrattazione più forte nei confronti di chi fa i prezzi» –:

   quali iniziative intenda assumere, in sede nazionale ed europea, per promuovere e sostenere progetti normativi favorevoli al rafforzamento del mercato unico e alla tutela degli agricoltori italiani, anche perseguendo l'aumento del margine di prezzo dei prodotti agricoli dell'Unione europea.
(3-01618)

(10 dicembre 2024)

   BIGNAMI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CERRETO, CARETTA, ALMICI, CIABURRO, LA PORTA, LA SALANDRA, MALAGUTI, MARCHETTO ALIPRANDI e MATTIA. – Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. – Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle misure relative al Piano nazionale di ripresa e resilienza di competenza del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, quella più importante in termini di dotazione finanziaria è sicuramente la misura M2C1 – Investimento 2.2 denominata «Parco Agrisolare», che dispone complessivamente di un budget pari a 2,35 miliardi di euro grazie alle risorse aggiuntive assegnate a novembre 2023 in sede di modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   la misura finanzia, con contributi a fondo perduto, interventi che prevedono l'installazione di pannelli solari sui tetti dei fabbricati rurali da parte delle imprese agricole e agroindustriali, nonché l'installazione di accumulatori e dispositivi di ricarica;

   il target, il cui raggiungimento è previsto per il 31 dicembre 2024, stabilisce che vengano individuati i beneficiari per l'intera dotazione finanziaria in modo da ultimare gli interventi entro il giugno 2026, installando una potenza da fonti rinnovabili di 1,3 gigawatt –:

   quale sia lo stato di avanzamento della misura, tenuto conto sia della rilevanza di questa tipologia di investimenti per migliorare la sostenibilità e competitività del settore che dell'imminente scadenza del target fissato dalla Commissione europea.
(3-01619)

(10 dicembre 2024)

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