TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 494 di Lunedì 16 giugno 2025

 
.

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER UN PIANO STRATEGICO NAZIONALE VOLTO AD ATTRARRE E FAVORIRE LA PERMANENZA DI RICERCATORI EUROPEI ED EXTRAEUROPEI IN ITALIA

   La Camera,

   premesso che:

    1) l'inizio del secondo mandato presidenziale di Donald Trump negli Stati Uniti ha visto, nei primi sessanta giorni, l'implementazione di numerosi provvedimenti con conseguenze dirette sul mondo scientifico ed accademico sia statunitense che globale;

    2) alcuni di questi provvedimenti hanno coinvolto alcune tra le agenzie federali più importanti e fondamentali per l'ecosistema della ricerca scientifica mondiale: istituzioni come i National institutes of health (Nih), i Centers for disease control (Cdc), la Food and drug administration (Fda) e la Environmental protection agency (Epa) – solo per citarne alcune – hanno un prestigio che va ben oltre i confini nazionali e influenzano profondamente la ricerca mondiale, finanziandola, emanando raccomandazioni che vengono adottate anche altrove, o producendo e custodendo dati e archivi di interesse globale;

    3) alcune agenzie federali costituiscono le più importanti fonti di finanziamento della ricerca condotta nelle università americane. La National science foundation (Nsf), con il suo budget di 9 miliardi di dollari, l'anno scorso ha finanziato 11.000 progetti nei più disparati campi scientifici, finanziando gli stipendi di 357.600 ricercatori. A partire dagli anni '50 del secolo scorso l'Nsf è stata la più importante fonte di finanziamento per la ricerca di base in Usa e ha contribuito in maniera considerevole alla leadership statunitense in ambito scientifico. A febbraio 2025 è stato però ordinato all'Nsf di ridurre del 25-50 per cento il proprio staff e di tagliare il budget del 70 per cento. Il ruolo degli Nih è ancora più rilevante; si tratta del più grande finanziatore mondiale per la ricerca biomedica (50 miliardi di dollari all'anno), che sostiene non solo studi condotti in Usa ma anche attraverso numerose collaborazioni internazionali;

    4) la situazione ha creato turbolenze significative nell'ambiente scientifico, con ripercussioni che si sono propagate ben oltre i confini statunitensi, generando incertezza e preoccupazione tra ricercatori, istituzioni e programmi scientifici internazionali;

    5) in contemporanea, l'amministrazione Trump ha sferrato attacchi contro diversi atenei tagliando finanziamenti, interrompendo progetti di ricerca e mettendo, così, a rischio l'intero sistema dell'istruzione superiore americano;

    6) in particolare, è stata avviata un'operazione sistemica di revisione ideologica dei programmi di ricerca finanziati dalle agenzie federali, e soprattutto dai Nih. Diversi ricercatori hanno segnalato che alcuni progetti, nonostante fossero già stati approvati, finanziati e avviati, sono stati improvvisamente bloccati o sottoposti a riesame per presunte e non meglio definite «incompatibilità» con i valori dell'amministrazione. L'American civil liberties union (Aclu) ha intentato una causa contro i Nih per denunciare questa forma di censura ideologica, sottolineando come tali interventi rappresentino una violazione della libertà accademica e scientifica garantita dalla Costituzione statunitense;

    7) secondo quanto emerso da fonti giornalistiche e testimonianze dirette, l'amministrazione avrebbe concentrato l'attenzione soprattutto su progetti legati a tematiche sociali e relative a minoranze, tra cui gli studi di genere, gli studi sull'equità sanitaria, le disuguaglianze razziali, i diritti delle persone Lgbtq+ o la salute mentale nelle comunità più svantaggiate. La revisione di tali progetti, spesso accompagnata da una retorica stigmatizzante, ha provocato una crescente autocensura nel mondo accademico, scoraggiando ricerche innovative e compromettendo la libertà degli esponenti della comunità scientifica;

    8) parallelamente, pressioni politiche sono sorte anche in seguito alle tensioni legate al conflitto israelo-palestinese, traducendosi in tagli di finanziamenti ad alcuni importanti centri universitari ritenuti «non allineati» con la narrazione governativa. È quanto accaduto, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alla Tufts University e Columbia University, dove il Dipartimento dell'istruzione ha aperto un'indagine e alcuni fondi sono stati bloccati dopo che studenti e accademici avevano espresso solidarietà con la causa palestinese. Si tratta di provvedimenti che stanno contribuendo ad alimentare un clima di sorveglianza e di intimidazione nei confronti di chi non risulterebbe «allineato», a totale detrimento dell'autonomia degli atenei, della ricerca e della libertà di trattare temi politicamente sensibili;

    9) come conseguenza di quanto descritto, che si traduce in una politicizzazione della scienza, si osserva una drastica riduzione della fiducia della comunità scientifica nelle istituzioni federali statunitensi. Diverse associazioni accademiche e gruppi di ricerca hanno denunciato che il nuovo orientamento amministrativo non si limita a ridefinire le priorità di finanziamento, ma tende a intervenire direttamente sui contenuti della ricerca, selezionando i progetti in base a criteri ideologici e non più scientifici. Occorre anche considerare che una simile deriva, oltre a compromettere l'integrità del sistema statunitense, ha ricadute dirette anche sul panorama della ricerca internazionale, che storicamente è largamente influenzato dalla cooperazione e dai finanziamenti provenienti dagli Stati Uniti;

    10) inoltre, l'incertezza economica che ne deriva sta comportando una reazione delle università nel senso di un congelamento delle assunzioni e una riduzione dei posti di dottorato, che quest'anno, per la prima volta, potrebbero essere ridotti del 30 per cento. Se questa riduzione dovesse essere confermata, ciò riporterebbe il numero dei dottorati ai livelli di inizio secolo, con un impatto che coinvolgerebbe anche il resto del mondo. Negli Usa, infatti, quasi il 40 per cento dei dottorandi è costituito da stranieri, molti dei quali ritornano successivamente nel loro Paese di origine e svolgono un ruolo fondamentale per la diffusione delle competenze nelle comunità scientifiche nazionali;

    11) la rivista scientifica Nature, una delle più antiche e di maggior prestigio nell'ambito della comunità scientifica internazionale, il 27 marzo 2025 ha pubblicato dati di un sondaggio, lanciato dalla rivista stessa qualche giorno prima, i quali delineano uno scenario del tutto nuovo per la ricerca: su 1.600 persone che hanno risposto, circa 1.200 hanno affermato di essere scienziati che lavorano negli Stati Uniti e stanno pensando di lasciare il Paese. Dei quasi 700 studenti post-laurea che hanno risposto, circa 550 stavano pensando di andarsene, così come 255 dei 340 studenti di dottorato. Molti intervistati hanno comunicato di star cercando di trasferirsi in Paesi in cui avevano già collaboratori, amici, familiari o familiarità con la lingua: «ovunque che supporti la scienza», ha scritto un intervistato;

    12) va sottolineato come dal sondaggio emerga che Europa e Canada siano considerate le prime destinazioni scelte e valutate per il trasferimento;

    13) gli intervistati si sono «auto-selezionati» e quindi potrebbero non essere rappresentativi di tutti i ricercatori statunitensi; tuttavia, i risultati sono una forte indicazione dell'angoscia che numerosissimi studiosi e ricercatori provano per il tumulto nella scienza statunitense;

    14) nelle ultime settimane, diverse università in tutta Europa hanno avviato tentativi di attrarre ricercatori con sede negli Stati Uniti. Una delle università di Bruxelles, la Free University of Brussels (Vrije Universiteit Brussel – VUB), ha annunciato 12 posizioni per ricercatori internazionali «con un focus specifico sugli studiosi americani». L'Università francese di Aix-Marseille ha lanciato il programma «Safe place for science» finalizzato ad offrire «un ambiente sicuro e stimolante agli scienziati che desiderano proseguire liberamente la propria ricerca» mentre l'istituto Pasteur di Parigi ha dichiarato di starsi attivando per reclutare persone da oltre Atlantico per lavorare in settori quali le malattie infettive o le origini delle malattie. In Spagna, invece, il presidente della Catalogna ha presentato il 31 marzo 2025 il Catalan talent bridge, un programma triennale con un budget di 30 milioni di euro per attrarre scienziati statunitensi coinvolgendo 12 università pubbliche catalane e offrendo 78 posizioni per ricercatori in diverse fasi della loro carriera, tra cui post-doc e ricercatori affermati. I Paesi Bassi hanno dichiarato, pochi giorni fa, che intendono lanciare rapidamente un fondo per attrarre ricercatori nel Paese;

    15) pochi giorni fa la Commissaria europea per le start-up, la ricerca e l'innovazione, Ekaterina Zaharieva, ha ricevuto una lettera firmata dai ministri competenti nei campi dell'istruzione, dell'università e della ricerca di tredici Paesi membri – ma non l'Italia – per tutelare la libertà della ricerca scientifica e la libertà accademica dei ricercatori e delle ricercatrici statunitensi essendo, tali valori e princìpi, segni distintivi dell'identità europea che a loro volta si traducono in libertà di espressione, libertà di movimento, libertà di definire i propri argomenti di ricerca, di sviluppare ipotesi di lavoro e scegliere i partner scientifici in modo autonomo e informato. Si tratta di princìpi essenziali per affrontare le sfide globali attuali e, soprattutto, future;

    16) come si legge nella lettera: «la recente mobilitazione delle comunità scientifiche è un esempio eloquente dell'attaccamento dei ricercatori europei a questi principi universali e della loro determinazione a difenderli e preservarli a livello globale. Inoltre, la ricerca, la scienza e i talenti costituiscono una pietra miliare della sovranità e della competitività europea. In effetti, sono necessari per comprendere e analizzare il mondo e l'ambiente, per rafforzare e salvaguardare la nostra leadership tecnologica e la competitività. Soprattutto, sono necessari per rafforzare l'autonomia strategica europea». E ancora: «per cogliere questo momento storico, l'Unione europea deve mostrare un atto di solidarietà e un boom di attrattività nell'accogliere talenti brillanti provenienti dall'estero che potrebbero risentire delle interferenze nella ricerca e dei tagli ai finanziamenti mal motivati e brutali»;

    17) sempre al fine di ottenere un'azione immediata, nonché un dialogo politico concreto per coordinare lo sforzo politico sul tema, il 24 marzo 2025 decine di europarlamentari di diversi gruppi politici, con una lettera indirizzata alla Presidente Von der Leyen e alla stessa Commissaria Zaharieva, hanno chiesto alla Commissione di attuare con urgenza le misure annunciate nell'ambito della comunicazione, prima della scorsa estate, dell'Union of skills, iniziativa definita come «chiave dei primi 100 giorni di questa Commissione» e finalizzata a sostenere lo sviluppo del capitale umano dell'Unione per rafforzare la competitività dell'UE. Questa politica, tra le altre, delinea il programma pilota «Choose Europe», finanziato con 22,5 milioni di euro, che mira ad offrire ai ricercatori di tutto il mondo condizioni di lavoro eccellenti e opportunità di carriera a lungo termine in Europa e traccia la prossima strategia sui visti – inizialmente prevista per la fine del 2025 – che dovrebbe assolutamente essere accelerata e adattata all'urgenza della situazione per facilitare il rilascio dei visti scientifici;

    18) queste ultime, se attuate e ampliate in tempi brevi, costituirebbero sicuramente politiche valide al fine di affermare l'Unione europea come rifugio sicuro per i talenti scientifici;

    19) il nostro Paese deve muoversi nella medesima direzione e mettere in campo, tempestivamente, iniziative valide e risorse finanziarie adeguate per accogliere ricercatori stranieri e potenziare, al contempo, il mondo della ricerca italiana;

    20) questa esigenza è ancora più pressante se si considerano gli indicatori demografici per l'anno 2024 pubblicati dall'Istat il 31 marzo 2025, i quali ci hanno ricordato, ancora una volta, come a fronte di un numero crescente di giovani italiani che abbandonano il Paese, l'Italia non sia assolutamente in grado di attrarre stranieri dall'estero. L'Italia ha registrato in dieci anni un saldo negativo di oltre 87 mila giovani laureati (12 mila nel solo 2022) a beneficio, in gran parte, dei nostri vicini euro. I dati fanno impressione: nell'ultimo anno 191 mila cittadini hanno lasciato l'Italia, il numero più alto degli ultimi 25 anni, con un aumento significativo rispetto al 2023. Come analizzato da un editoriale del Corriere della Sera del 2 aprile, mette spavento confrontare i numeri dell'attuale cosiddetta fuga di cervelli con quelli dell'emigrazione storica italiana: quei 156 mila giovani italiani che se ne sono andati nel corso del 2024 dal nostro Paese sono infatti il doppio di quanti (75.100) se ne andavano annualmente dalla Sicilia nel drammatico quindicennio 1900-1915 ricordato come quello del Grande Esodo;

    21) l'ultimo anno ha visto un'accelerazione del fenomeno di ben il 36 per cento e, in aggiunta, per ogni – raro – giovane che sceglie di venire in Italia, sono nove gli under-34 italiani che se ne vanno;

    22) che l'Italia non sappia trattenere i suoi talenti non è una novità ma, allo stesso tempo e in linea teorica, non rappresenta di per sé necessariamente un problema: le persone sono libere di cercare opportunità altrove in un mercato del lavoro sempre più integrato e globalizzato e questo avviene ovunque nel mondo. Il vero tema è che in Italia non ci vuole venire quasi nessuno, e i dati dimostrano che l'Italia non attrae più. Non è un paradosso, né un'iperbole da convegno economico, è un dato freddo, impietoso, verificabile. E dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore il futuro demografico, culturale ed economico di questo Paese: la verità è che nessuna crescita, nessun rilancio, nessuna «visione paese» sarà mai possibile se prima non si affronta il cuore del problema: l'Italia ha smesso di essere attrattiva;

    23) la scienza ha un ruolo fondamentale nell'Umanesimo e nel plasmare la nostra cultura. È l'humus nel quale affondano le radici del progresso tecnologico e industriale che ha portato la civiltà globale a livelli di crescita e benessere altrimenti inimmaginabili;

    24) nella tragedia culturale, scientifica, accademica che gli Stati Uniti stanno attraversando a causa dell'attuale amministrazione risiede la più grande opportunità che l'Europa, e soprattutto l'Italia, possano cogliere in questo momento per sfruttare, per il bene collettivo, questo capitale umano di alto valore oggi disorientato;

    25) l'Europa è il luogo ideale dove forgiare e accogliere le migliori menti scientifiche del pianeta. Non da ultimo, l'Europa è in grado di mobilitare le risorse finanziarie necessarie per qualsiasi ambizioso progetto ritenuto fondamentale. Il nostro continente ha oggi l'opportunità di diventare il nuovo polo di attrazione mondiale per i migliori cervelli, attirando ciò che l'America respinge per propria consapevole scelta e interpretando il ruolo di leader mondiale nella scienza. La leadership scientifica è condizione essenziale per guadagnare nel tempo anche la leadership industriale ed economica, che in Europa può anche contare su un mercato interno di 450 milioni di cittadini con elevata capacità media di spesa;

    26) l'opportunità in sé però non basta, e ci vorranno sforzi e intelligenza per sfruttare questo «vento favorevole». È indispensabile sviluppare un piano in tempi brevissimi – non solo a livello europeo ma anche nazionale – rendendo disponibili risorse sostanziali in fondi e infrastrutture, e non solo nel campo della ricerca in sé. La ricerca non è un mondo isolato, ma vive e interagisce con la società e l'economia. Su questo l'Italia ha qualche compito a casa in più su cui concentrarsi rispetto al resto dell'Europa. Il rapporto mondiale sui salari 2024-2025 dell'Organizzazione internazionale del lavoro associa il maggior calo reale dei salari italiani tra i paesi del G-20 alla bassa produttività. Denuncia come i salari dei giovani qualificati ad alto livello di istruzione siano i più bassi, ad indicare uno sbilanciamento dell'economia italiana verso la produzione di beni e servizi a basso valore aggiunto. Un paese avanzato come l'Italia non può mantenere il proprio benessere economico e la pace sociale appoggiandosi su una quota di economia troppo sbilanciata verso attività a basso valore. È vitale creare e mantenere un'economia efficiente, basata su prodotti e servizi ad alto valore aggiunto e in continua evoluzione;

    27) ciò si può ottenere attraverso le economie di scala, la sburocratizzazione, la gestione organizzativa e la tecnologia. La tecnologia, in particolare, trova nutrimento nella scienza di base e nell'alta formazione, le quali costituiscono l'infrastruttura immateriale fondamentale per le economie avanzate. La qualità di questa infrastruttura è un potente elemento di attrazione per l'industria e fonte di ricchezza. Anche per questo, è interesse dello Stato supportarla, finanziarla e promuoverla;

    28) va individuato il punto di partenza. La ricerca si fa con capitale umano, infrastrutture e mezzi finanziari. Il ricercatore andrà dove può trovare non solo remunerazioni adeguate e opportunità di crescita personale e di carriera, ma anche la possibilità di svolgere al meglio le proprie ricerche contando su un sistema di finanziamento stabile, a lungo termine e indipendente dal Governo del momento;

    29) senza tutto questo, per quanto visionario, un progetto di ritorno e per l'attrazione dei cervelli, non solo non può funzionare ma non offre neanche allo Stato un concreto ritorno sull'investimento,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a sviluppare e implementare un piano strategico nazionale volto ad attrarre e trattenere ricercatori, accademici, studiosi, dottorandi, studenti, provenienti dall'estero, con particolare attenzione a coloro che stanno considerando di lasciare gli Stati Uniti, anche attraverso:

   a) lo stanziamento di fondi dedicati per sostenere l'integrazione di questi soggetti nei nostri istituti di ricerca e di alta formazione – offrendo finanziamenti competitivi, infrastrutture adeguate e supporto logistico per il trasferimento – e anche destinando le risorse del PNRR non ancora utilizzate verso i progetti di successo già avviati nell'ambito del Piano stesso;

   b) l'introduzione di un meccanismo straordinario per la richiesta di visto d'ingresso per motivi di ricerca, affinché questo sia ottenibile in tempi brevi da parte di coloro che provengono dagli Stati Uniti;

   c) lo snellimento e la semplificazione di ogni procedura burocratica relativa all'immigrazione e all'assunzione di tutti i ricercatori stranieri, anche attraverso un rapido e poco oneroso riconoscimento dei titoli conseguiti all'estero e l'accesso ai servizi essenziali;

2) a implementare processi e politiche volti a favorire la permanenza di ricercatori europei ed extraeuropei in Italia;

3) a partecipare, qualora venisse convocata la conferenza di alto livello con i ministri della ricerca di tutti gli Stati membri e i commissari europei – come richiesto dai Ministri che hanno sottoscritto la lettera alla Commissaria Zaharieva citata in premessa – e farsi promotore di ogni iniziativa utile, a livello sovranazionale, per l'attrazione dei soggetti statunitensi indicati al primo impegno;

4) a favorire e promuovere ogni iniziativa di competenza utile affinché le università italiane partecipino o creino alleanze universitarie transnazionali per creare programmi strutturati di accoglienza per ricercatori e ricercatrici;

5) a promuovere, a livello europeo, una strategia condivisa con gli altri Paesi membri e le istituzioni comunitarie che rafforzi il ruolo delle alleanze universitarie nel supporto ai ricercatori statunitensi attraverso fondi dedicati e progetti specifici;

6) a incentivare e supportare ogni iniziativa di coordinamento tra università italiane ed europee finalizzata a garantire percorsi di inclusione accademica e professionale a ricercatori e ricercatrici che lasciano il proprio Paese di origine;

7) ad adottare iniziative volte a creare un meccanismo straordinario che faciliti l'attrazione di finanziamenti privati a sostegno del trasferimento e dell'integrazione dei ricercatori statunitensi in Italia;

8) a intraprendere ogni iniziativa necessaria al fine di individuare il capitale umano e infrastrutturale necessario nonché le adeguate risorse finanziarie per dare la possibilità a ricercatori e ricercatrici di ricevere remunerazioni adeguate, opportunità di crescita personale e di carriera e di svolgere al meglio il proprio lavoro di ricerca nei confini nazionali;

9) ad adottare iniziative volte a garantire a ricercatori e ricercatrici e all'intero mondo scientifico, accademico e di ricerca, un sistema di finanziamento stabile, a lungo termine e a scadenze prevedibili almeno annuali, nonché indipendente da ogni condizionamento esterno e politico;

10) ad adottare iniziative volte ad istituire un'Agenzia nazionale per la ricerca, quale organismo di finanziamento e coordinamento nazionale e internazionale della ricerca, indipendente rispetto ai ministeri di riferimento, finalizzato a ottimizzare e coordinare i finanziamenti, evitare parcellizzazioni e sprechi nonché a favorire la coerenza degli indirizzi generali di ricerca del Paese attraverso un piano di programmazione di durata almeno quinquennale;

11) a mettere in campo le opportune iniziative di politica industriale al fine di permettere la piena fruizione dei vantaggi della ricerca scientifica ed accademica, al fine di accrescere l'efficienza industriale e la capacità di creare valore grazie a scienza e tecnologia;

12) ad adottare iniziative volte a creare un ambiente favorevole alla ricerca predisponendo politiche volte a incoraggiare la managerialità nella conduzione delle imprese, l'efficientamento tecnologico e la crescita dimensionale, anche tramite operazioni di incentivazione per la fusione delle piccole e medie imprese italiane;

13) ad adottare iniziative volte a creare interfacce adeguate e cross-contaminazione tra il mondo della ricerca pubblica e il mondo imprenditoriale;

14) ad adottare le opportune iniziative affinché, anche nel nostro Paese – come già avviene in altri Paesi europei e non – possano avere maggiore diffusione modelli di ricerca, aventi come missione la ricerca applicata, tramite lo sviluppo di una stretta collaborazione fra i centri di ricerca pubblica e aziende di qualsiasi dimensione su tecnologie e prodotti (a titolo esemplificativo, e non esaustivo, si cita l'organizzazione di ricerca applicata tedesca Fraunhofer);

15) a favorire, nel campo universitario e della ricerca, il dialogo tra tutte le discipline non solo al fine di un maggiore sviluppo della ricerca stessa ma anche per mettere a punto iniziative di «outreach» verso le imprese.
(1-00426) «Richetti, Bonetti, Grippo, Pastorella, Benzoni, D'Alessio, Sottanelli, Onori, Rosato, Ruffino».

(7 aprile 2025)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la spesa pubblica in ricerca in Italia è tra le più basse rispetto alle grandi economie Ocse, in termini sia assoluti che relativi al Pil. Il divario rispetto a Stati Uniti e Germania, già sostanzioso quarant'anni fa, è oggi più ampio che mai. Riguardo al ruolo di pubblico e privato, in tutti i Paesi analizzati il peso del settore pubblico si è ridotto rispetto alla componente privata rappresentata dagli investimenti delle imprese. In Italia la spesa pubblica è stimata allo 0,5 per cento del Pil nel 2024, con un aumento di solo lo 0,1 per cento previsto dal governo nei prossimi 5 anni, contro il 2,1 della Francia, il 2,2 della Spagna, il 2,6 della Germania e il 4,8 della Danimarca;

    2) secondo i dati più recenti, su un totale di 125.813 unità, i precari del settore sarebbero 74.454, più di tre volte superiore al rapporto precari/di ruolo degli altri settori pubblici. Una situazione che si è venuta formando in seguito alle varie forme di flessibilità introdotte dalla riforma Gelmini del 2010; il Pnrr pur avendo reso disponibili risorse importanti per il settore, ha generato esclusivamente rapporti a termine, determinando un incremento esponenziale di precariato;

    3) i tagli, ormai purtroppo noti, inflitti dall'Esecutivo, indurranno gli atenei a non confermare almeno i due terzi dei più di trentamila lavoratori precari, tra professori a contratto, assegnisti, borsisti e ricercatori. Intanto, negli ultimi sei mesi si stima che siano terminati 1.500 rapporti di lavoro a tempo determinato;

    4) le ultime leggi di bilancio del governo hanno ridotto il fondo di finanziamento ordinario delle università di cinquecento milioni di euro nel 2024 e di settecento milioni nel triennio 2025-2027; il Governo avrebbe, inoltre, introdotto l'adeguamento Istat degli stipendi per i docenti universitari (+4,8 per cento a parziale recupero dell'inflazione), senza fornire stanziamenti aggiuntivi nel fondo di finanziamento ordinario 2024. Di fronte a bilanci sotto pressione, gli atenei per la copertura delle nuove spese potranno utilizzare le risorse già destinate per i piani straordinari di reclutamento, una parte di fondi precedentemente vincolati alla ricerca e i residui degli accordi di programma per l'edilizia universitaria;

    5) ai tagli si aggiunge, in seguito all'approvazione della legge 30 dicembre 2024, n. 207, ancora il blocco del piano straordinario di reclutamento sia sul fronte della ricerca che del personale tecnico amministrativo e bibliotecari, che determinerà per i ricercatori universitari il blocco del turn over nella misura del 75 per cento dall'anno 2026 e, inoltre, sempre per l'anno 2026 è previsto che gli enti e gli istituti di ricerca possano procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei limiti della spesa determinata dell'ordinamento vigente ridotta di un importo pari al 25 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente;

    6) i primi provvedimenti dell'amministrazione Trump, con conseguenze dirette nell'ambito scientifico ed accademico, hanno posto l'attenzione sull'importanza di rafforzare, in ambito europeo, l'autonomia della formazione universitaria e della ricerca;

    7) tali misure stanno generando una crescente instabilità per migliaia di ricercatori e scienziati, soprattutto giovani, internazionali o attivi in settori strategici come il cambiamento climatico, le scienze sociali, la sanità pubblica e l'intelligenza artificiale;

    8) in questo contesto, l'Europa è intervenuta varando la strategia dell'Unione europea per le start-up e le scale-up, «Choose Europe to start and scale», al fine di rendere l'Europa un luogo ideale per avviare e far crescere imprese globali basate sulla tecnologia. La strategia, in linea con la più ampia iniziativa «Scegli l'Europa», lanciata dalla Presidente von der Leyen, si concentra in primo luogo sulla componente scientifica che promuove un approccio europeo unificato per attrarre e trattenere i talenti, rafforzando in tal modo la competitività dell'Europa;

    9) per essere competitivi a livello globale nel campo dell'innovazione scientifica e tecnologica, occorre da parte dell'esecutivo un importante inversione di tendenza delle politiche dei tagli e del precariato ed avviare iniziative strategiche di settore e investimenti e garantire continuità e centralità alla ricerca di base, valorizzare il ruolo degli atenei e degli enti pubblici di ricerca, e rafforzare la presenza italiana nelle grandi reti scientifiche europee;

    10) questa sfida si intreccia con una contraddizione evidente. Da un lato si discute di come attrarre talenti dall'estero, approfittando di un contesto internazionale instabile dall'altro lato, il governo continua a penalizzare il nostro sistema di ricerca attraverso tagli strutturali, precarizzazione dei ricercatori e mancanza di un piano organico di investimenti;

    11) le misure adottate dal Governo – con riduzioni di fondi agli enti pubblici di ricerca e mancati investimenti nei giovani ricercatori – rischiano di vanificare qualsiasi sforzo di attrazione esterna, perché non si può attrarre talento se prima non si valorizza quello che già esiste;

    12) l'attrazione di ricercatori dall'estero, se ben gestita, può rappresentare una straordinaria occasione di crescita e apertura. Ma deve conciliarsi con una riforma profonda del sistema nazionale: a partire da un piano straordinario di assunzioni per superare il precariato cronico che colpisce migliaia di ricercatori italiani, e da un incremento stabile e significativo degli investimenti pubblici in ricerca di base;

    13) sul piano del finanziamento, gli ultimi anni avevano consentito un certo recupero, anche grazie ai finanziamenti straordinari e temporanei del Pnrr, avvicinando la spesa per ricerca pubblica allo 0,75 per cento del Pil. Era questo l'obiettivo indicato nel 2022 dal rapporto del «Tavolo tecnico» insediato dal governo di Mario Draghi. A partire da quest'anno si profila una preoccupante riduzione del finanziamento dell'università e della ricerca pubblica. La distribuzione delle risorse che si prospetta – attraverso i criteri adottati e i meccanismi premiali – sta portando a maggiori disparità tra grandi atenei e università «periferiche». Nel quadro europeo, l'Italia – ora agli ultimi posti nell'Unione europea in termini di percentuale di laureati sugli occupati – aggraverebbe le distanze nei confronti dei maggiori paesi in termini di risorse disponibili;

    14) sul piano del personale, oggi circa il 40 per cento di tutto il personale docente e di ricerca è costituito dagli oltre 20 mila assegnisti di ricerca e 9 mila ricercatori a tempo determinato di tipo A (Rtda), anche a seguito della proliferazione di posizioni di ricerca finanziate con i fondi Pnrr. Nei prossimi tre anni intorno al 10 per cento dei professori ordinari e associati andrà in pensione;

    15) nel corso di un decennio, circa 15 mila ricercatori e ricercatrici italiane hanno trovato lavoro all'estero. Anziché favorire un «ritorno dei cervelli» e l'attrazione di personale qualificato dall'estero, le politiche del Governo conducono a una maggior emigrazione;

    16) secondo la ricerca The attractiveness of european higher education systems: a comparative analysis of faculty remuneration and career paths, pubblicata a marzo 2023 dal «Center for studies in higher education» dell'Università della California-Berkeley, a inizio carriera, un ricercatore italiano percepisce in media 28.256 euro netti. Nel Regno Unito si arriva a 49.168 euro, nella Regione tedesca della Renania Settentrionale-Vestfalia a 50.006 euro, in quella della Baviera fino a 52.689 euro. Se un professore associato, in Italia, può arrivare a guadagnare 40.988 euro netti, la simile figura inglese del senior lecturer raggiunge i 69.385 euro. Un W2 professor tedesco della Renania prende 70.333 euro, uno bavarese 69.328 euro. Un professore ordinario in Italia prende 57.178 euro netti, molto al di sotto del professor inglese (91.973) e del W3 tedesco (82.627 euro in Renania e 74.838 euro in Baviera);

    17) in tale quadro, la legge 29 giugno 2022, n. 79, approvata, con parere unanime del Parlamento, intendeva riconoscere maggiore dignità del lavoro della ricerca, assicurata attraverso il contratto di ricerca e i ricercatori in tenure track, percorso imperniato su contratti di natura subordinata, in linea con la Carta europea dei ricercatori, che riconoscono una retribuzione dignitosa e piene tutele, principi generali e requisiti che riguardano i ruoli, le responsabilità e le prerogative dei ricercatori;

    18) a fianco di un'azione diretta il favorire un «ritorno dei cervelli» e l'attrazione di personale qualificato dall'estero, si rende necessario promuovere un'azione diretta ad attuare procedure di reclutamento stabile per i ricercatori attualmente precari e di investimento nel settore al fine di garantire opportunità e sbocchi concreti ai giovani del nostro Paese,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a finanziare un piano di reclutamento straordinario di ricercatori in tenure track (Rtt), ferme restando le peculiarità dei diversi sistemi e in ogni caso l'esigenza di non ostacolare il ricambio generazionale;

2) a considerare la necessità di programmare un piano di rilancio ed espansione del sistema universitario che abbia l'obiettivo di recuperare il terreno perduto a seguito dei pesanti tagli di risorse e di incrementare la dotazione del personale di ricerca ai livelli necessari a fare fronte alle esigenze del sistema Paese, con l'obiettivo di varare un programma di reclutamento strutturale e pluriennale;

3) a sostenere iniziative, anche di carattere fiscale, volte a favorire il rientro dei cervelli, e consentire a tale personale qualificato di esprimere anche in Italia il proprio talento;

4) ad adottare iniziative volte a predisporre un piano strategico per l'attrazione di ricercatori stranieri di alta qualificazione, assicurando condizioni adeguate per lo sviluppo della loro attività scientifica in Italia, in sinergia con le università e gli enti di ricerca pubblici, promuovendo, in parallelo, un piano strutturale di investimenti pubblici nella ricerca di base, anche attraverso il rifinanziamento ordinario del Fondo per la scienza e la tecnologia, e a garantire risorse pluriennali per il sistema della ricerca pubblica.
(1-00456) «Manzi, Orfini, Berruto, Iacono, Ascani, Toni Ricciardi, Ferrari».

(13 giugno 2025)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la nuova amministrazione del Presidente Donald Trump, subito dopo il suo insediamento, ha avviato una politica radicalmente ostile alla libertà di ricerca, di insegnamento, di pensiero, di parola – capisaldi della cultura liberale e democratica americana;

    2) tra i tanti provvedimenti dei primi 60 giorni di Governo, vi sono quelli che tagliano risorse e personale alle università e ai grandi centri di ricerca;

    3) sono 60 le università colpite dai tagli, 7 gli atenei privati ai quali l'amministrazione sta decurtando una parte rilevante dei fondi federali: oltre Harvard (Cambridge, Massachusetts), con 2,4 miliardi già bloccati e 9 miliardi a rischio, e Columbia (New York), alla quale sono stati tolti 400 milioni, ci sono anche Brown (Providence, Rhode Island; –510 milioni), Cornell (Ithaca, New York; –1 miliardo), Northwestern (Evanston, Illinois; –790 milioni), Princeton (Princeton, New Jersey; –210 milioni) e The University of Pennsylvania (Philadelphia; –175 milioni); come sono a rischio pure John Hopkins, Georgetown, Berkeley, The University of Southern California. In alcuni casi, i tagli sono stati già effettuati, in altri si tratta di congelamenti o di annunci non ancora formalizzati, ma si tratta comunque di un'offensiva senza precedenti;

    4) a essere fortemente attaccati sono poi i centri di ricerca. In generale, e per l'anno fiscale 2026, si prevedono tagli alla spesa pubblica per la ricerca e lo sviluppo di ben 23 punti percentuali, 163 miliardi di dollari in meno. Secondo uno studio dell'American University (Preliminary estimates of the macroeconomic costs of cutting federal funding for scientific research), il taglio può generare una perdita di 3,8 punti percentuali di Pil, 1.000 miliardi in meno, diminuendo le entrate fiscali del 4,3 per cento;

    5) tra i centri di ricerca più importanti, negli Stati Uniti e al livello internazionale, è già stato pesantemente colpito il National institutes of health (Nih): a febbraio 2025, infatti, ha subito un taglio del 37 per cento dei fondi, ovvero 18 sui 48 miliardi a esso destinati. È opportuno ricordare che il Nih è il più grande centro biomedicale del mondo, che sostiene una rete di cui sono parte 2.500 laboratori e istituti, nei quali sono coinvolti e lavorano 300 mila scienziati; bandisce e finanzia, inoltre, 600 borse di studio destinate all'attività di ricerca di Harvard;

    6) sempre a febbraio 2025, ha subito un pesante taglio anche la National science foundation (Nsf), con una riduzione del proprio staff del 25-50 per cento e del 70 per cento del budget. Da notare che, a partire dalla metà dello scorso secolo, la Nsf è stata la più importante fonte di finanziamento per la ricerca di base negli Stati Uniti. Con un budget di 9 miliardi, nel 2024, per esempio, ha finanziato ben 11 mila progetti di ricerca;

    7) i tagli al budget di università e centri di ricerca, che senz'altro vanno inquadrati nella politica di definanziamento del welfare per favorire la riduzione delle imposte a carico di ricchi e ricchissimi, hanno un obiettivo smaccatamente ideologico: il contrasto a ciò che il movimento Maga e Trump definiscono woke culture;

    8) mentre il Vicepresidente JD Vance, il 14 febbraio 2025 a Monaco, inveiva contro le minacce europee alla libertà di parola, le agenzie federali americane, su mandato dell'amministrazione Trump, iniziavano a mettere al bando parole e concetti attribuiti alla woke culture. Il New York Times (These words are disappearing in the new Trump administration), il 7 marzo 2025, ha segnalato ben 200 termini «apparsi in memo governativi, in linee guida ufficiali e non ufficiali delle agenzie [...]. Alcune hanno ordinato la rimozione di queste parole dai siti web pubblici, oppure hanno ordinato l'eliminazione di altro materiale (compresi i programmi scolastici) in cui potrebbero essere incluse». Tra questi, e a mero titolo di esempio: accessible, activism, barrier, black, climate crisis, cultural differences, discriminated, disparity, diverse community, equality, female, feminism, gender, health equity, immigrants, inclusion, inequalities, intersectional, Lgbtq, marginalized, native american, pregnant person, prejudice, privilege, race, racial justice, racism, sex, socioeconomic, victim, vulnerable populations, women;

    9) i dipartimenti e gli insegnamenti più colpiti, nelle università, sono quelli che hanno a che fare con i gender studies, con la teoria critica, con i critical race studies. Il taglio dei fondi federali ha colpito le prestigiose università private – Harvard e Columbia, in particolare – dove più si sono mobilitati le/gli studenti per esprimere dissenso e indignazione contro la catastrofe umanitaria e il genocidio di Gaza. Ma anche il Nih è stato colpito per motivi ideologici: gli si rimprovera «di aver promosso una radicale ideologia di genere a detrimento della gioventù americana». Non solo, a partire dagli orientamenti No-vax molto presenti nell'amministrazione Trump, il Nih è stato attaccato anche per il ruolo fondamentale avuto nella realizzazione dei vaccini anti-Covid;

    10) la scure dei tagli – delle risorse, del personale, del finanziamento ai progetti (non solo futuri, ma anche in corso) – si è abbattuta duramente, e soprattutto, sulle agenzie federali indipendenti dedicate agli studi umanistici e all'arte, quali il National endowment for the humanities (Neh) e il National endowment for the arts (Nea). Nella nota che dà conto delle nuove priorità di finanziamento, alla luce degli ordini esecutivi dell'amministrazione Trump, il Neh chiarisce che sosterrà esclusivamente progetti che «not promote extreme ideologies based upon race or gender, and that help to instill an understanding of the founding principles and ideals that make America an exceptional country» («che non promuovono ideologie estreme basate sulla razza e sul genere, e che aiutano a far comprendere i principi fondanti e gli ideali che rendono l'America un Paese eccezionale»). Al contempo, l'agenzia ha ridotto del 65 per cento del personale;

    11) Trump e la sua amministrazione stanno attaccando le/gli studenti stranieri, attraverso la revoca del visto per motivi di studio. Il caso più rilevante è sempre quello di Harvard, ma riguarda i tanti atenei che attraggono studenti da tutto il mondo;

    12) anche in Europa si sono affermati fenomeni di aperta ostilità nei confronti della libertà di ricerca, di pensiero, di parola, nonché politiche di drastico definanziamento degli atenei pubblici. Il caso più eclatante è quello dell'Ungheria, dove Viktor Orbán ha consegnato le università pubbliche a dieci fondazioni private, controllate dal potere economico e, più precisamente, dal suo potere politico;

    13) in Italia, e a partire dal 2024, il Ministro dell'università e della ricerca ha nominato Ernesto Galli della Loggia presidente di una commissione «per l'analisi di adeguati interventi di revisione dell'ordinamento della formazione superiore, al fine di incrementare il livello di efficienza della governance istituzionale, delle logiche di reclutamento e di gestione del personale docente nonché di razionalizzare l'offerta formativa». Lo stesso Galli della Loggia che, sintonico con le posizioni di Trump, aveva poco prima stigmatizzato «il comportamento a dir poco timido degli organismi di governo di molti atenei di fronte alle agitazioni studentesche contro Israele»;

    14) sempre in Italia, il Governo ha tagliato 500 milioni di euro al fondo di finanziamento ordinario delle università per l'anno 2024, mentre l'ultima legge di bilancio prevede oltre 700 milioni di euro di tagli alle università nel triennio 2025-2027. Ciò ha già provocato e provocherà una prolungata paralisi del reclutamento con posizioni tenure track, a fronte di oltre 30 mila precari (ricercatori a tempo determinato di tipo A e assegnisti di ricerca) in scadenza;

    15) secondo il Rapporto Istat 2025, «particolarmente preoccupante è l'aumento dell'espatrio tra i giovani 25-34enni laureati: 21 mila nel 2023, un record storico. I rientri sono pochi, con il risultato di una perdita netta di capitale umano qualificato pari a 97 mila giovani in dieci anni». Ciò non stupisce, considerando quanto viene indicato dall'Ocse: chi possiede un titolo di istruzione terziaria, in Italia, guadagna in media il 38 per cento in più rispetto a chi ha un titolo di istruzione secondaria, ma 18 punti percentuali in meno rispetto alla media europea;

    16) il Consiglio nazionale delle ricerche, una vera e propria eccellenza del sistema-Paese, è anch'esso segnato dalla piaga del precariato: sono circa 4.000, le precarie/precari impiegate/i al Cnr, spesso con tanti anni di esperienza alle spalle. La battaglia di Alleanza Verdi/Sinistra-Movimento 5 Stelle-Partito democratico ha fatto sì che l'ultima legge di bilancio stanziasse risorse per la stabilizzazione di 300 di loro: un piccolo passo importante, ma ovviamente ancora insufficiente,

impegna il Governo:

1) a promuovere una politica europea di piena e indiscutibile tutela della libertà di ricerca, di pensiero e di parola, contro ogni tentazione autoritaria e liberticida, contro la war culture agita dall'amministrazione americana di Donald Trump ma diffusa anche in Europa, per esempio tra le forze politiche del gruppo Patriots for Europe;

2) a promuovere stanziamenti europei per garantire solidale accoglienza alle ricercatrici e ai ricercatori, ai dottorandi, alle/agli studenti, che stanno subendo le politiche di Trump contro gli atenei e i centri di ricerca, contro la libertà di pensiero, di parola, di mobilità, ecc.;

3) a favorire una adeguata internazionalizzazione degli atenei italiani, che si accompagni a investimenti rilevanti in infrastrutture, laboratori, ricerca di base, diritto allo studio;

4) ad adottare iniziative volte ad aumentare il fondo di finanziamento ordinario per gli atenei, al fine di avviare un piano straordinario di reclutamento, considerando che attualmente il 40 per cento del personale (tra ricerca e docenza) è precario;

5) a favorire un tempestivo processo di stabilizzazione delle migliaia di ricercatrici/ricercatori precari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
(1-00457) «Piccolotti, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti».

(13 giugno 2025)

   La Camera,

   premesso che:

    1) la libertà della ricerca rappresenta uno dei principi fondamentali della libertà accademica, nonché un elemento essenziale della democrazia, così come sancito dall'articolo 33 della Costituzione e dall'articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

    2) l'importanza di salvaguardare una ricerca libera e indipendente da ogni forma di pressione politica, economica o ideologica è ribadita anche dalla Bonn declaration on freedom of scientific research, un documento adottato il 20 ottobre 2020 dai Ministri della ricerca degli Stati membri dell'Unione europea, che la definisce come «un diritto universale» e un «bene comune» da proteggere;

    3) la responsabilità dei Governi nel combattere ogni forma di erosione di tale libertà è affermata anche dalla risoluzione del Parlamento europeo del 17 gennaio 2024 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti la promozione della libertà della ricerca nell'Unione europea, la quale, nel riconoscere l'importanza fondamentale della libertà della ricerca nella promozione dell'innovazione, del progresso della società e del miglioramento del benessere generale dei cittadini dell'Unione, sottolinea «il ruolo decisivo di un quadro favorevole adeguatamente concepito e ben attuato per proteggere e promuovere efficacemente la libertà della ricerca in tutta l'Unione, tenendo nella massima considerazione il sostegno pubblico disponibile per evitare qualsiasi rischio di interferenza o compromissione dell'indipendenza della ricerca scientifica»;

    4) ribadire l'importanza di questi principi risulta ancora più necessario in considerazione dei nuovi ordini esecutivi disposti dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nei primi cento giorni del suo secondo mandato, i quali rappresentano un vero e proprio attacco alla libertà scientifica statunitense, da sempre riconosciuta a livello globale per l'eccellenza dei programmi scientifici e la collaborazione di alto livello con le comunità scientifiche di tutto il mondo;

    5) l'amministrazione statunitense ha proposto una revisione al ribasso del budget di spesa storicamente destinato ad alcuni settori rilevanti della ricerca statunitense: a titolo esemplificativo, il taglio del 27 per cento dei fondi alla National oceanic and atmospheric administration (Noaa), un'agenzia governativa che si occupa di modelli climatici, previsioni di uragani e monitoraggio di siccità e ondate di calore, con il rischio che, senza questi fondi, l'agenzia debba cancellare il settore ricerca e chiudere tutti i laboratori climatici. Stessa sorte toccherebbe anche alla Nasa, per la quale si prevede un taglio del 50 per cento dei fondi per la ricerca, con il rischio di compromettere il lancio di nuovi satelliti per l'osservazione terrestre, cruciali per il monitoraggio climatico e le previsioni meteo;

    6) inoltre, al dipartimento della salute si prospetta una sforbiciata del 37 per cento dei fondi, cioè 18 miliardi su 48, al National institutes of health (Nih), il più grande centro di ricerca biomedicale del mondo che alimenta una rete di circa 2.500 laboratori e istituti, con 300 mila scienziati, un taglio giustificato dall'accusa «di aver promosso una radicale ideologia di genere a detrimento della gioventù americana». Anche il braccio scientifico dell'Environmental protection agency (Epa) è destinato a scomparire a causa di migliaia di licenziamenti;

    7) gli attacchi alla libertà di ricerca non riguardano soltanto una riduzione dei fondi destinati alle agenzie federali, ma anche quelli destinati alla ricerca accademica promossa dalle università più prestigiose del continente americano, tra cui Harvard, Princeton, Berkley e altre, alle quali l'amministrazione Trump ha congelato miliardi di fondi destinati alla ricerca, soprattutto in relazione a progetti legati a studi di genere, diseguaglianze e diritti delle persone Lgbtq+, con la giustificazione politica di dover combattere l'ideologia woke e l'antisemitismo nei campus;

    8) di conseguenza, l'eventuale scelta di bloccare finanziamenti per 12 miliardi di dollari appare prettamente politica, generando moltissime contestazioni e scontri, in un clima di crescente instabilità, soprattutto in relazione alle proteste pro Gaza avvenute nei campus statunitensi l'anno scorso, culminate in arresti e nelle sospensioni di alcuni studenti da parte delle citate prestigiose università;

    9) da ultimo, la scelta dell'amministrazione Trump di bloccare il rilascio dei visti per gli studenti stranieri in attesa di «linee guida per l'esame approfondito dei loro account sui social network» rappresenta l'ennesimo tentativo di controllare la libertà accademica e l'istruzione superiore tramite provvedimenti coercitivi che avranno, come conseguenza diretta, una maggiore politicizzazione della ricerca, con la ridefinizione delle priorità di investimento e con l'adozione di criteri ideologici e poco obiettivi sui contenuti delle ricerche, nonché una riduzione del numero di posti da destinare ai dottorati e ai giovani ricercatori, che può tradursi, a sua volta, in un possibile esodo della comunità scientifica dagli Stati Uniti verso altri Paesi, tra cui l'Europa;

    10) secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature, infatti, rispetto all'anno scorso, le candidature verso posti di ricerca internazionali da parte di statunitensi sono aumentate del 32 per cento, mentre le candidature di ricercatori europei a istituzioni statunitensi sono crollate del 41 per cento;

    11) tuttavia, se da un lato le politiche statunitensi rischiano di fare vacillare la difesa del principio della libertà scientifica, che dovrebbe essere tutelato a livello internazionale da tutte le istituzioni pubbliche e gli organismi di ricerca, dall'altro rappresentano un'opportunità per molti Paesi per rafforzare le proprie comunità scientifiche, come dimostrato dal Canada, che ha annunciato finanziamenti per decine di milioni di dollari finalizzati ad accogliere i ricercatori in partenza dagli Stati Uniti, o la Cina, che sta studiando politiche di incremento degli stipendi per rimpatriare i ricercatori di origine cinese attualmente occupati negli Stati Uniti;

    12) anche l'Unione europea si è mossa in questa direzione: durante la conferenza Choose Europe for science, ospitata nella prestigiosa Università della Sorbona di Parigi, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato un pacchetto da mezzo miliardo di euro per creare un polo di attrazione scientifica mondiale, attirando gli scienziati statunitensi che vogliono trasferirsi oltreoceano anche al fine di invertire la tendenza storica che vede i ricercatori europei migrare verso gli Stati Uniti;

    13) tra le misure, è prevista la creazione di una «super sovvenzione» settennale, uno strumento finanziario che offre ai ricercatori la stabilità a lungo termine necessaria per condurre studi ambiziosi senza la preoccupazione di dover cercare nuovi finanziamenti ogni anno. L'obiettivo strategico indicato dalla Commissione è quello di arrivare ad investimenti in ricerca e sviluppo pari al 3 per cento del Pil entro il 2030, un aumento considerevole rispetto all'attuale media europea del 2,2 per cento;

    14) parallelamente a questa iniziativa europea, molti Paesi del Vecchio Continente si stanno mobilitando per presentare proposte concrete per rafforzare gli investimenti in ricerca e sviluppo a livello nazionale: a titolo esemplificativo, la Francia ha recentemente avviato un programma specifico per attrarre ricercatori stranieri, compresi quelli che potrebbero considerare di lasciare gli Stati Uniti, mentre la Spagna ha lanciato un programma da 45 milioni di euro e la Catalogna ha avviato un piano per attrarre circa ottanta scienziati;

    15) tuttavia, l'Italia sembra non essere interessata a cogliere quest'opportunità. Infatti, la Ministra Bernini ha annunciato un piano da 50 milioni di euro che si rivolge esclusivamente a chi, di qualunque nazionalità, sia vincitore di bandi Erc starting grants o Erc consolidator grants e scelga l'Italia per poter svolgere il progetto premiato, ma, come denunciato dalla comunità scientifica, il bando non si rivolge ai ricercatori in fuga dalle politiche di Trump e le risorse appaiono insufficienti per incentivare il rientro dei ricercatori italiani all'estero, che necessitano di stabilità e di salari dignitosi;

    16) la mancanza di investimenti in un settore cruciale per lo sviluppo del nostro Paese ha provocato, negli ultimi anni, la fuga dei ricercatori italiani verso Paesi dove questo settore professionale è maggiormente tutelato, sia dal punto di vista del merito, sia da quello economico, come dimostrato dai dati pubblicati a marzo 2023 dal Center for studies in higher education dell'università della California-Berkeley, con una ricerca dal titolo The attractiveness of european higher education systems: a comparative analysis of faculty remuneration and career paths: a inizio carriera, un ricercatore italiano percepisce in media 28.256 euro netti, mentre i suoi colleghi nel Regno Unito ricevono salari da 49.168 euro e quelli nella regione tedesca della Baviera da 52.689 euro;

    17) i bassi salari e la scarsità di finanziamenti rendono l'Italia non solo un Paese da cui emigrare, ma anche una meta poco ambita: secondo i dati Istat pubblicati a marzo 2025, tra le destinazioni scelte per trascorrere un periodo di lavoro all'estero, l'Italia risulta essere l'ultima, indicata da appena il 6 per cento dei giovani europei, mentre in testa si trova la Svizzera (34,2 per cento);

    18) per invertire questa tendenza, le politiche nazionali si sono concentrate nell'implementazione di agevolazioni e benefici fiscali da destinare ai ricercatori italiani all'estero che volessero rientrare, ma questi incentivi da soli non bastano;

    19) una delle principali cause della bassa attrattività del nostro Paese è il precariato strutturale a cui sono destinati i giovani che scelgono di intraprendere la carriera di ricercatore in Italia; infatti, sebbene negli atenei italiani ci sia una carenza di docenti di ruolo, la mancanza di investimenti e di una programmazione efficace del reclutamento rende la stabilizzazione dei precari di fatto impossibile. Secondo l'anagrafe del Ministero dell'università e della ricerca, attualmente i professori ordinari sono 17.957, i professori associati 28.665, i ricercatori a tempo indeterminato 4.158 e i ricercatori a tempo determinato in tenure track (Rtt) 2.225, mentre i cosiddetti precari (i ricercatori a tempo determinato di tipo A e gli assegnisti di ricerca) sono 31.869;

    20) non va meglio negli enti di ricerca, dove, secondo il sindacato Flc-Cgil, i ricercatori precari sono circa 6.000 su 25 mila addetti, una situazione che tenderà a peggiorare in considerazione dell'applicazione delle norme sul turnover previste dalla recente legge di bilancio per il 2025 (legge 30 dicembre 2024, n. 207), che impongono di ricalcolare al 75 per cento la spesa per il personale di ruolo uscito l'anno precedente: in questo quadro circa due terzi degli attuali ricercatori precari e i 40.000 dottorandi rischiano di essere lasciati senza alcuna prospettiva di carriera;

    21) per provare a contrastare il fenomeno del precariato strutturale, in attuazione della milestone M4C2-4, Riforma 1.1. del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stata adottata la legge 29 giugno 2022, n. 79 di conversione del decreto-legge n. 36 del 2022 che, modificando la legge 30 dicembre 2010, n. 240, all'articolo 22 ha introdotto i contratti di ricerca in sostituzione dei vecchi assegni, passando da una tipologia contrattuale di tipo parasubordinato ad un contratto di lavoro subordinato, la cui durata complessiva non può superare i cinque anni, e ha sostituito la figura del ricercatore a tempo determinato di tipo A e B con la figura del ricercatore a tempo determinato in tenure track (Rtt);

    22) tuttavia, l'applicazione del contratto è stata ostacolata da un iniziale mancato accordo in sede di contrattazione collettiva per quanto concerneva la retribuzione e, successivamente, dalla mancanza di finanziamenti pubblici necessari per attuarlo. In questa sede, anziché reperire le risorse necessarie, l'Esecutivo nella figura del Ministro Bernini, ha deciso, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, di aggirare l'applicazione del contratto, reintroducendo nuove figure precarie, gli incarichi di ricerca e gli incarichi post-doc, disciplinati in maniera analoga rispettivamente ai precedenti istituti degli assegni di ricerca e dei ricercatori a tempo determinato di tipo A;

    23) l'introduzione di queste due nuove figure è stata giustificata dalla necessità di dotare l'ordinamento italiano di uno strumento contrattuale per poter assumere i beneficiari italiani dei progetti Marie Sklodowska-Curie Actions (Msca) nell'ambito dello schema del doctoral network (12 progetti vinti in Italia nel 2024, per un totale di circa 60 dottorandi). Tuttavia, sarebbe stato possibile risolvere tale problematica attraverso una modifica delle disposizioni normative del contratto di ricerca, senza creare necessariamente due nuove figure che rischiano di esporre il nostro Paese ad un possibile reversal della riforma da parte della Commissione europea;

    24) lo stesso Parlamento europeo, nella sopracitata risoluzione del 17 gennaio 2024, riconosce che: «la precarietà che persiste nel settore comporta gravi ripercussioni per la libertà della ricerca scientifica» e per questo motivo «difende i diritti del lavoro dei ricercatori scientifici, la valorizzazione delle loro carriere, la stabilità dei contratti di lavoro e l'accesso a sistemi di protezione sociale completi»;

    25) investire nella ricerca e nell'aumento delle retribuzioni dei ricercatori rappresenta dunque la soluzione per restituire dignità alla figura professionale del ricercatore italiano, nonché per rendere più attrattivo il nostro Paese anche per coloro che dall'estero vorrebbero svolgere i propri progetti di ricerca in Italia;

    26) tuttavia, l'Italia registra una percentuale della spesa per ricerca pubblica sul prodotto interno lordo (Pil) tra le più basse d'Europa: è stata a lungo intorno allo 0,50 per cento del Pil, è salita allo 0,70 per cento con i finanziamenti straordinari del Pnrr, ma con l'esaurirsi di quei fondi rischia di tornare ai livelli di partenza. Secondo i dati Ocse, nel 2021 la spesa per l'università in Italia era pari all'1,5 per cento della spesa pubblica totale, contro il 2,5 per cento della media dei Paesi dell'Unione europea;

    27) a fronte degli scarsi investimenti pubblici nel settore della ricerca e dello sviluppo, le imprese rappresentano la fonte di investimento maggiore: secondo i dati Istat pubblicati a settembre 2024, sui 27.286 miliardi investiti in «Ricerca e sviluppo» nel 2022, 16.270 miliardi provengono dalle imprese (59,6 per cento) e i numeri restano simili anche nel 2023 (su 27.939 miliardi totali, la spesa dei privati è di 16.222);

    28) la principale voce di investimento risulta essere la ricerca applicata, che mira a utilizzare le conoscenze di base per risolvere problemi specifici o per sviluppare prodotti e servizi ed è quindi favorita dalle imprese (con un incremento del 7 per cento nel 2022), seguita dalla ricerca di base (cosiddetta blue sky), la quale si focalizza sull'ampliamento della conoscenza teorica e fondamentale, senza un'immediata applicazione pratica;

    29) dunque, secondo i dati, dalle istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e dalle imprese provengono più risorse per la ricerca applicata e di base, mentre non si registrano incrementi nella spesa per lo sviluppo sperimentale;

    30) pertanto, sebbene la collaborazione delle imprese nel settore della ricerca e dello sviluppo sia fondamentale per garantire una continuità di finanziamenti, gli investimenti del tessuto produttivo si concentrano quasi esclusivamente nel settore della ricerca applicata e, dunque, sarebbe auspicabile un incremento delle risorse da parte del settore pubblico nel settore della ricerca di base (o blue sky), fondamentale per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese;

    31) le rigide politiche dell'amministrazione statunitense rischiano di minacciare i principi democratici di libertà e indipendenza della ricerca e, in questo contesto, l'Italia, con le sue eccellenze, dovrebbe farsi promotrice di una collaborazione tra le diverse comunità scientifiche presenti a livello europeo e mondiale finalizzata a tutelare la ricerca libera e indipendente da qualsiasi ingerenza politica e ideologica;

    32) tuttavia, affinché il nostro Paese diventi maggiormente attrattivo per i ricercatori internazionali, risulta fondamentale investire risorse pubbliche per permettere a coloro che decidono di diventare ricercatori in Italia di poter affrontare un percorso di reclutamento chiaro e trasparente, che preveda una stabilità dei contratti di lavoro, la valorizzazione della carriera accademica e professionale, l'accesso a sistemi di protezione sociale completi e, soprattutto, una retribuzione dignitosa e proporzionata all'importanza che il settore della ricerca rappresenta per il progresso della nostra società,

impegna il Governo:

1) ad adottare urgentemente tutte le iniziative volte a reperire le risorse necessarie da destinare agli investimenti nel settore della ricerca pubblica, in particolare quella di base (o blue sky), al fine di garantire i principi democratici di libertà e indipendenza della ricerca, così come sanciti dall'articolo 33 della Costituzione e dall'articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

2) ad adottare tutte le iniziative necessarie finalizzate ad avviare una collaborazione istituzionale tra le istituzioni europee, gli Stati membri dell'Unione europea e i Paesi extra Ue, tra cui gli Stati Uniti d'America, finalizzata a rendere gli investimenti in ricerca e sviluppo prioritari rispetto alle decisioni di spesa e a tutelare i principi di libertà e indipendenza della ricerca da ogni forma di censura e ideologia politica, soprattutto in relazione ai recenti tentativi di sospensione di progetti legati alle tematiche sociali, tra i quali gli studi di genere, le diseguaglianze razziali e i diritti delle persone Lgbtq+;

3) ad adottare tutte le iniziative necessarie finalizzate a promuovere sia la ricerca nazionale, garantendo a coloro che desiderano intraprendere una carriera da ricercatore in Italia tutte le tutele giuslavoristiche ed economiche, sia internazionale, favorendo lo scambio di risorse, idee e collaborazioni con le altre comunità scientifiche al fine di contribuire collettivamente al progresso globale;

4) ad adottare tutte le iniziative necessarie finalizzate a delineare un quadro normativo chiaro che disciplini un sistema di reclutamento ciclico, trasparente, ordinato e strutturato, conforme ai più elevati standard europei e basato su una valutazione del fabbisogno assunzionale, al fine di evitare la frammentazione che caratterizza l'attuale percorso del pre-ruolo e la tardiva assunzione in ruolo;

5) ad adottare tutte le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, volte a reperire le risorse finanziarie da destinare all'incremento delle retribuzioni dei ricercatori, al fine di restituire dignità ad una professione cruciale per lo sviluppo scientifico ed economico nazionale ed internazionale e di rendere l'Italia una destinazione ambita per la ricerca scientifica da parte della comunità internazionale;

6) ad adottare urgentemente tutte le iniziative, anche di carattere normativo, volte a reperire le risorse necessarie per sostenere gli atenei tradizionali e gli enti di ricerca nazionali nell'attuazione dei contratti ricerca, nonché effettuare le opportune modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240 per ampliare la partecipazione alle borse europee Marie Sklodowska-Curie actions anche ai ricercatori non ancora in possesso di dottorato di ricerca e rivedere le disposizioni concernenti l'istituzione degli incarichi di ricerca e degli incarichi post-doc, introdotte dalla legge 5 giugno 2025 n. 79 di conversione del decreto-legge n. 45 del 2025, al fine di contrastare l'ormai insostenibile fenomeno del precariato nel mondo della ricerca;

7) ad adottare tutte le iniziative necessarie finalizzate ad attuare politiche di promozione degli investimenti nella ricerca applicata da parte delle imprese, cruciali per lo sviluppo del tessuto produttivo nazionale, garantendo, in ogni caso, gli stanziamenti di risorse pubbliche necessari a favorire la ricerca di base (blue sky) da parte degli enti di ricerca e delle università, al fine di incoraggiare l'innovazione scientifica e sociale.
(1-00458) «Caso, Orrico, Amato, Francesco Silvestri, Pavanelli, Appendino, Cappelletti, Ferrara, L'Abbate, Carmina, Auriemma, Ilaria Fontana».

(13 giugno 2025)

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser