TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 516 di Mercoledì 23 luglio 2025
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
GRIMALDI, MARI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, FRATOIANNI, GHIRRA, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
dopo le vicende di Armani, Valentino e Dior, in materia di sfruttamento del lavoro, ora anche per Loro Piana il tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria per un anno nei confronti del brand di lusso;
il provvedimento arriva dopo un'indagine, che ha accertato come Loro Piana abbia esternalizzato la produzione dei capi di abbigliamento la cui realizzazione è avvenuta in contesti lavorativi di sfruttamento del lavoro, attraverso una catena di «subappalti non autorizzati» con una produzione esternalizzata a società, senza capacità produttiva, che a loro volta appaltano le lavorazioni a opifici cinesi clandestini;
le ditte in subappalto interessate si basano su evasione fiscale e contributiva, omissione dei costi relativi alla sicurezza, situazioni abitative degradanti per la manodopera irregolare e clandestina, turni di lavoro no stop, retribuzione sottosoglia rispetto ai minimi tabellari;
Loro Piana, a detta del giudice, avrebbe agevolato questo sistema di sfruttamento per ottenere l'abbattimento dei costi e la massimizzazione dei profitti;
condizioni di sfruttamento dei lavoratori emerse anche alla Z Production di Campi Bisenzio che produce borse per conto di Montblanc, posta sotto accusa per le condizioni lavorative dei dipendenti;
anche la Giorgio Armani operations spa, società di progettazione e produzione di abbigliamento e accessori del colosso della moda made in Italy, è stata posta in amministrazione giudiziaria per negligenze nel prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito del ciclo produttivo, esternalizzato e con commesse affidate a opifici cinesi;
un'inchiesta di Domani ha fatto emergere come il gruppo Kering, proprietario di Gucci, affidi tutta la produzione di pelletteria a 15 fornitori diretti. Tra questi, ci sono tre sue controllate toscane. I fornitori, a loro volta, subappaltano a piccoli artigiani. Su Max Mara fashion group si sono riscontrate irregolarità nelle condizioni di lavoro delle lavoratrici;
il settore del tessile, della moda e del lusso è attraversato da un sistematico ricorso al caporalato e a condizioni di sfruttamento dei lavoratori, inaccettabili;
non è più ammissibile restare spettatori rispetto ad una situazione di illegalità economica che avviene in migliaia di aziende che eludono sistematicamente e scientemente i controlli, operando al di fuori della legge e traendo il loro profitto da uno sfruttamento illimitato –:
quali iniziative urgenti e indifferibili intenda assumere per stroncare un sistema di produzione nel settore della moda composto da catene di appalti, che, per garantire il profitto, si basano sullo sfruttamento dei lavoratori con condizioni di lavoro non regolari, basse retribuzioni, contribuzioni non versate, inadempienza delle norme sulla sicurezza.
(3-02103)
(22 luglio 2025)
CAROTENUTO, AIELLO, BARZOTTI e TUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'aumento della produzione, del commercio e del trasporto delle armi, di cui si prevede un ulteriore incremento quale conseguenza diretta del piano «Rearm EU» e dell'aumento delle spese militari in ambito Nato, sta portando ad un crescente coinvolgimento dei lavoratori in attività connesse direttamente o indirettamente con il settore bellico, tramite operazioni di carico, scarico, movimentazione e transito di armamenti, destinati anche alle forze armate israeliane, impegnate in operazioni militari nella Striscia di Gaza, in assenza di specifiche misure di sicurezza, formazione e tutela sanitaria a garanzia dei lavoratori coinvolti;
in tale contesto, si stanno moltiplicando iniziative di agitazione sindacale dei lavoratori che decidono di non effettuare alcuna prestazione lavorativa che abbia un'attinenza diretta o indiretta con l'economia di guerra, in ogni settore – industriale, logistica, trasporto, ricerca, istruzione – costituendo tali attività un rischio per i lavoratori direttamente coinvolti e per la collettività, considerato che il transito avviene in aree civili, nonché ponendosi in contrasto con il principio costituzionale di ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
riferiscono, inoltre, alcuni lavoratori portuali che il passaggio di armamenti sarebbe classificato come materiale commerciale, con conseguenti criticità in termini di mancanza della documentazione delle bonifiche effettuate sui mezzi potenzialmente contaminati da agenti chimici, batteriologici e radioattivi, oltre alla presenza di materiale considerato «sensibile», senza però che sia indicato in alcun modo il grado di pericolosità di tale materiale;
da ultimo, la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, in occasione dello sciopero del 25 giugno 2025 all'aeroporto di Montichiari, avrebbe affermato che tali attività di movimentazione di materiale bellico rientrerebbero nel perimetro dei servizi pubblici essenziali, ritenendo che anche quelle di armi e missili destinati a Paesi terzi debba soggiacere alle regole di garanzia sullo sciopero previste per i servizi essenziali;
si ritiene che la volontà di non collaborazione manifestata dai lavoratori, anche a tutela della propria sicurezza, debba potersi manifestare anche attraverso il libero esercizio del diritto di sciopero e di ogni azione collettiva che si opponga alla guerra e alle politiche di riarmo –:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere a favore dei lavoratori del comparto portuale, della logistica e dei trasporti coinvolti direttamente o indirettamente con il settore bellico, per assicurare che le operazioni di carico, scarico e movimentazione di armamenti avvengano nel pieno rispetto delle normative nazionali e europee in materia di salute e sicurezza sul lavoro e nel pieno rispetto e garanzia del diritto di sciopero.
(3-02104)
(22 luglio 2025)
PASTORINO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
lunedì 14 luglio 2025 è stata presentata la prima bozza del piano di decarbonizzazione dell'ex Ilva, un piano da mettere a punto in otto anni con la realizzazione dei nuovi impianti entro il 2033;
nel dettaglio il piano prevede la costruzione di tre forni elettrici presso il sito di Taranto, per una capacità produttiva complessiva di 6 milioni di tonnellate annue, e un forno elettrico presso lo stabilimento di Genova, con una capacità di circa 2 milioni di tonnellate annue. È prevista, inoltre, la realizzazione di fino a quattro impianti per il preridotto (dri) localizzati nello stabilimento di Taranto necessario ad alimentare i forni elettrici di Puglia e Liguria;
su più fronti sono emersi dubbi sul concreto intento ambientalista della proposta di decarbonizzazione e sulla reale sostenibilità dell'investimento; inoltre, i documenti ufficiali del suddetto piano non chiariscono né i livelli occupazionali e le eventuali ricollocazioni, né forniscono dati precisi sulle emissioni di anidride carbonica. Si parla, infatti, di cattura dell'anidride carbonica, ma i numeri mostrano che gran parte delle emissioni continuerà comunque a finire in atmosfera –:
se voglia chiarire come verrà finanziato e attuato il piano di decarbonizzazione dell'ex Ilva, specificando quali risorse verranno impiegate per la sua esecuzione, indicando come verranno garantiti gli attuali livelli occupazionali e tutelato l'ambiente.
(3-02105)
(22 luglio 2025)
BIGNAMI, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, CARAMANNA, COMBA, GIOVINE, MAERNA, MESSINA, PIETRELLA, SCHIANO DI VISCONTI, ZUCCONI, CONGEDO, IAIA, LA SALANDRA, MAIORANO, MATERA, AMORESE, DONZELLI, LA PORTA, MICHELOTTI e FABRIZIO ROSSI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
è di questi giorni la notizia che lo stabilimento dell'ex Ilva di Taranto è salvo. È stata, infatti, rilasciata l'autorizzazione integrata ambientale, passaggio necessario in attesa che venga approvato il piano di piena decarbonizzazione;
con l'esito positivo dell'autorizzazione integrata ambientale, l'ex Ilva potrà continuare a produrre 6 milioni di tonnellate di acciaio l'anno usando gli attuali tre altiforni, in attesa dei nuovi tre forni elettrici previsti, appunto, dal piano di decarbonizzazione;
l'attenzione del Ministero delle imprese e del made in Italy per l'acciaieria tarantina, con l'obiettivo di allineare la ripresa produttiva dello stabilimento pugliese al fabbisogno nazionale, si inserisce in un quadro di più ampio respiro per la tutela dell'industria siderurgica, senza perdere di vista la tutela dell'occupazione e il rilancio produttivo del comparto, pur nel rispetto della transizione ecologica;
la siderurgia è la spina dorsale dell'industria europea e italiana e senza un'industria forte l'Europa non può competere a livello globale. Difendere la capacità produttiva siderurgica italiana significa garantire l'autonomia strategica del continente;
in tale contesto si inseriscono, altresì, l'accordo di programma per il rilancio del polo siderurgico di Piombino, che potrà aspirare nuovamente a rappresentare un modello per l'Europa e un volano per lo sviluppo del territorio, e del sito produttivo Ast di Terni, che prevede investimenti per un totale di 557 milioni di euro da attuare entro il 2028, a cui si aggiungono misure di tutela ambientale, per contenere i costi energetici e mantenere gli attuali livelli occupazionali;
da tempo, il Ministro interrogato richiama l'esigenza di tutelare anche il settore siderurgico lungo il percorso della transizione verde, ritenendo «fondamentale, a corredo delle azioni già proposte dalla Commissione europea nel “Piano acciaio” del 19 marzo 2025, stimolare la domanda interna per rafforzare l'intera filiera siderurgica», sottolineando inoltre la necessità di intervenire sull'export del rottame ferroso, risorsa sempre più strategica nella transizione verso una siderurgia sostenibile;
in quest'ottica, sono stati annunciati «investimenti significativi per la realizzazione di impianti dri in Italia», per la produzione di preridotto a basse emissioni, nonché la necessità di agire sul fronte del costo dell'energia, al fine di tutelare la competitività del settore –:
quali ulteriori iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di garantire il rilancio del settore siderurgico nazionale, in un'ottica di decarbonizzazione e rafforzamento dell'autonomia strategica dell'industria siderurgica nazionale ed europea.
(3-02106)
(22 luglio 2025)
LUPI, CAVO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
Acciaierie d'Italia s.p.a. è un'azienda partecipata dallo Stato attraverso Invitalia, che attualmente gestisce gli impianti siderurgici «ex Ilva»;
il decreto del Ministro interrogato del 20 febbraio 2024 ha ammesso Acciaierie d'Italia s.p.a. alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, nominando commissario straordinario l'ingegner Giancarlo Quaranta, affiancato dal 1° marzo del 2024 anche dal professor Giovanni Fiori e dal professor Davide Tabarelli;
il 17 aprile 2024, su istanza dei commissari straordinari di Acciaierie d'Italia s.p.a., il Ministro interrogato ha esteso la procedura di amministrazione straordinaria anche ad Acciaierie d'Italia holding s.p.a., per consentire ai commissari di gestire in modo unitario e coordinato tutte le attività del gruppo;
il 17 luglio 2025 il Ministero delle imprese e del made in Italy ha comunicato che «d'intesa con gli enti locali, ha convocato per giovedì 31 luglio, alle ore 16.00, l'incontro conclusivo per la definizione dell'accordo di programma interistituzionale per la piena decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto»;
il 21 luglio 2025 i principali organi di stampa hanno diffuso la notizia che il Governo ha definito un piano di decarbonizzazione ambizioso per gli stabilimenti «ex Ilva», che punta a rilanciare la produzione attraverso la produzione di 8 milioni di tonnellate di acciaio l'anno, alimentata da quattro forni elettrici. Tre forni sarebbero realizzati presso lo stabilimento di Taranto, con una capacità complessiva di 6 milioni di tonnellate, e il quarto a Genova Cornigliano, con una capacità di 2 milioni di tonnellate all'anno –:
quali siano le possibili prospettive per gli impianti ex Ilva del Nord Italia e quali ulteriori iniziative intenda assumere per sostenere i livelli produttivi e occupazionali degli insediamenti industriali localizzati a Genova Cornigliano, Novi Ligure e Racconigi, nell'attesa di conoscere la strategia definitiva che riguarderà lo stabilimento di Taranto.
(3-02107)
(22 luglio 2025)
CANDIANI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DE BERTOLDI, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
diverse sono le iniziative promosse dal Ministero delle imprese e del made in Italy per la tutela del made in Italy, tra cui il Piano Italia per il settore moda, che mira a sostenere gli investimenti, con circa 250 milioni di euro previsti nel 2025, per la transizione ecologica e digitale delle imprese del settore, oltre a interventi per la valorizzazione della filiera delle fibre tessili naturali e riciclate e per il consolidamento degli operatori lungo tutta la filiera, attraverso processi di integrazione verticale e orizzontale;
con procedura aperta telematica Asp n. 5428141, il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza ha indetto una gara per la fornitura di capi di vestiario destinati alla Polizia di Stato, articolata in più lotti, tra cui il n. 9, relativo alla produzione di 60.000 camicie bianche per divisa ordinaria;
in sede di chiarimenti è stato chiesto se il ciclo produttivo (tessitura, taglio e confezione) potesse svolgersi anche in Paesi extraeuropei, con riferimento a Egitto, Cina e Bangladesh;
l'amministrazione ha risposto affermativamente, richiamando una recente sentenza del Consiglio di Stato (sezione V, n. 3721 del 2 maggio 2025), che ammette la partecipazione alle gare bandite nell'Unione europea anche da parte di operatori con produzione extraeuropea, purché siano rispettate le condizioni del disciplinare;
risulta quindi possibile l'affidamento, tramite fondi pubblici, della produzione di uniformi delle forze dell'ordine italiane a soggetti operanti in Paesi terzi, dove i costi, gli standard ambientali, le condizioni di lavoro e le tutele sindacali non sono comparabili a quelli italiani;
tale scelta appare in contrasto con principi politici, economici e strategici, specie per forniture così simboliche come le divise delle forze di polizia, che dovrebbero riflettere anche l'identità produttiva nazionale;
si ritiene urgente un intervento normativo che rafforzi la tutela del made in Italy nelle gare pubbliche, specie nei settori sensibili, prevedendo clausole sociali, vincoli minimi di produzione nazionale o criteri premianti per le imprese operanti sul territorio italiano –:
quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare per rafforzare la tutela del made in Italy nelle gare pubbliche, specie per beni strategici come le divise della polizia, anche attraverso clausole sociali o requisiti minimi di produzione nazionale.
(3-02108)
(22 luglio 2025)
BONETTI, BENZONI, D'ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
il gruppo Iveco conta circa 36.000 dipendenti nel mondo, di cui quasi la metà in Italia nei vari stabilimenti di Suzzara, Brescia, Atessa, Torino, Foggia e Bolzano;
Iveco ha avviato un ambizioso piano di investimenti che prevede oltre 5,5 miliardi di euro tra il 2024 e il 2028 sull'innovazione tecnologica e sull'adattamento dei cambiamenti del mercato, in particolare nel settore della transizione energetica;
tuttavia, le recenti indiscrezioni non smentite su una possibile cessione del gruppo Iveco alla società indiana Tata motors hanno riaperto le preoccupazioni sul futuro degli stabilimenti e dei lavoratori, specialmente in assenza di garanzie nella vendita;
l'operazione sembra essere più vicina dopo lo scorporo di Iveco defence, il ramo che si occupava dei veicoli per la difesa e la protezione civile, che rappresentava l'ultimo ostacolo ad una cessione di Iveco ad una società estera;
in caso di avvicendamento nella proprietà, gli investimenti fin qui promessi potrebbero evidentemente essere messi in discussione dai nuovi vertici, con ripercussioni sul piano assunzionale e i livelli occupazionali;
a rendere questo scenario più preoccupante è il fatto che ancora una volta ad essere al centro della trattativa è un importante asset della filiera dell'automotive italiana, attestando il progressivo disimpegno dal nostro Paese del settore;
oltre ai timori dei lavoratori coinvolti e delle loro famiglie, vi è quello di tutto il sistema economico e produttivo locale e nazionale per le possibili ripercussioni di un ridimensionamento sui siti produttivi e, più in generale, di una riduzione della presenza di Iveco nel Paese –:
di quali informazioni disponga circa la trattativa tra Exor e Tata motors per la cessione del gruppo Iveco – ivi incluse le inerenti garanzie occupazionali e di investimento in Italia – e, in tal senso, quali iniziative di competenza intenda intraprendere per tutelare, in particolar modo, i lavoratori degli stabilimenti italiani del gruppo e tutta la filiera automotive nazionale.
(3-02109)
(22 luglio 2025)
BOSCHI, GADDA, DEL BARBA, FARAONE, BONIFAZI e GIACHETTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
dal 2023 la produzione industriale del Paese è sostanzialmente ferma: a fronte della lievissima flessione di aprile 2025, i dati più recenti mostrano un calo dello 0,7 per cento congiunturale e dello 0,9 per cento su base annua, con il settore dei trasporti, quello farmaceutico e quello chimico che registrano cali fino al 5,6 per cento;
solo dal 2023 al 2024 i tavoli presso l'unità di crisi del Ministero delle imprese e del made in Italy hanno visto il numero dei lavoratori coinvolti pressoché raddoppiato (da 58.026 a 105.974), certificando l'assenza di una strategia di politica industriale del Governo;
le stime più recenti confermano che i costi dell'energia elettrica e del gas sono destinati ad aumentare ulteriormente, aggravando i costi di produzione e la sostenibilità economica delle imprese anche in termini di competitività, tanto più alla luce dei dazi statunitensi e di quelli ulteriori annunciati dal Presidente Trump –:
quali iniziative di competenza intenda adottare per salvaguardare il sistema industriale italiano e garantire livelli di credito coerenti con l'alto potenziale delle imprese italiane.
(3-02110)
(22 luglio 2025)
ENRICO COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la sentenza Corte di giustizia dell'Unione europea (Grande Camera) del 4 ottobre 2024 (C-548/218/21) ha esaminato le condizioni necessarie per accedere ai dati conservati nel cellulare o in altri device dell'indagato, estendendo al trattamento dei dati personali conseguenti al sequestro le disposizioni della direttiva 2016/680 – recepita con il decreto legislativo n. 51 del 2018 – sulla protezione delle persone fisiche, con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati;
la decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea si snoda attraverso l'analisi della nozione di «trattamento» dei dati, attribuendo una portata ampia, nel cui ambito rientra anche «un tentativo di accesso ai dati contenuti in un telefono cellulare, da parte dell'autorità di polizia ai fini di un'indagine in materia penale»;
la Corte precisa che per trattamento si intende «qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l'ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insieme di dati personali, come l'estrazione, la consultazione» o ancora «la diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione»;
fra i principi sanciti in materia di acquisizione di dati di carattere personale (la necessarietà del trattamento, la proporzionalità e il principio di «minimizzazione») la Corte di giustizia dell'Unione europea sancisce che per il trattamento dei dati è necessario che l'accesso «sia subordinato a un controllo preventivo effettuato da un giudice o da un organo amministrativo indipendente»;
la Corte di cassazione (sentenza n. 413 del 2025) ha escluso che il pubblico ministero possa considerarsi giudice o organo amministrativo indipendente, «per la sua natura di parte processuale»;
ciò nonostante, la procura di Roma ha diffuso delle linee guida per l'esecuzione dei sequestri di smartphone ed acquisizione dei contenuti, in forza delle quali non si ritiene necessaria l'autorizzazione del giudice. L'attuale assetto normativo domestico espone seriamente il nostro Paese al rischio di una procedura d'infrazione;
a ciò si aggiunga che i dati estratti dal sequestro di dispositivi, in assenza di vaglio giurisdizionale, sono posti a fondamento di richieste di custodia cautelare, ovvero di richieste di perquisizione, e sempre più spesso sono pubblicate letteralmente sui media, in violazione dell'articolo 114 del codice di procedura penale –:
se non ritenga necessario provvedere con urgenza, nelle more della modifica pendente in Parlamento, ad adeguare la normativa nazionale a quella Unione europea, quantomeno sotto il profilo dell'autorizzazione da parte del giudice in tema di sequestro di smartphone e di acquisizione dei dati, per scongiurare il rischio di procedure d'infrazione.
(3-02111)
(22 luglio 2025)
GIANASSI, SERRACCHIANI, DI BIASE, LACARRA, SCARPA, GHIO, FERRARI, CASU e FORNARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il sistema giustizia affronta gravissime criticità: le carceri sono al collasso, 43 detenuti e 3 operatori si sono tolti la vita dall'inizio del 2025; il sovraffollamento, la carenza di personale e il caldo terribile non potranno che rendere sempre più insopportabile la situazione di chi in carcere è detenuto, ma anche per chi ci lavora;
da quanto emerge ormai da tempo la situazione della giustizia di prossimità dei giudici di pace sta assumendo connotati di vera e propria emergenza, con l'inazione pressoché totale del Ministro interrogato;
malgrado questa situazione di evidente crisi del sistema il Ministro interrogato, durante un evento organizzato da Fratelli d'Italia, poco dopo la sconcertante dichiarazione sul sovraffollamento delle carceri che avrebbe contribuito a sventare i suicidi tra i detenuti, raggiunto dai giornalisti ha rilasciato dichiarazioni contenenti pesanti attacchi alla magistratura, ma non solo;
nei confronti del sostituto procuratore generale della Corte di cassazione Raffaele Piccirillo ha invocato «gli infermieri» e minacciato sanzioni da introdurre con – altre – riforme ad hoc, in relazione ad un'intervista in cui sono spiegati gli errori tecnici commessi dal Ministero della giustizia nella gestione del caso dell'assassino, torturatore, stupratore libico Almasri, scarcerato dal Governo italiano e riportato a casa con volo di Stato;
peraltro proprio nei giorni scorsi la stampa ha dato ampio risalto alla vicenda Almasri e sarebbe emerso che il Ministero della giustizia era a conoscenza dei fatti ben prima di quanto riferito dal Ministro interrogato in Parlamento, ossia dal 19 gennaio 2025. Sempre sui giornali è stato anche prospettato che il Ministero della giustizia, con il proprio consapevole comportamento, ha determinato la liberazione del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale;
a distanza di mesi da quegli che gli interroganti ritengono osceni accadimenti, il Ministero risulta ancora omissivo ed evasivo;
il Ministro interrogato non ha ancora chiarito se fosse a conoscenza dell'intervento del capo di gabinetto prospettato dai giornali, nel qual caso il Ministro stesso sarebbe all'oscuro delle scelte che vengono adottate al Ministero della giustizia, oppure se era consapevole e in questo caso avrebbe mentito al Parlamento –:
se il Ministro interrogato, anche a seguito di quanto emerso sui giornali, voglia chiarire le ragioni per cui omise negli interventi in aula di dichiarare che il Ministero della giustizia era informato già dal 19 gennaio 2025 dell'arresto di Almasri e, conseguentemente, le motivazioni per cui il Ministero della giustizia ne ha determinato la liberazione.
(3-02112)
(22 luglio 2025)