TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 527 di Mercoledì 10 settembre 2025

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   GENTILE, CANNIZZARO, ARRUZZOLO, BELLOMO, CALDERONE, CASTIGLIONE, ENRICO COSTA, D'ATTIS, GATTA, MANGIALAVORI, PITTALIS, NAZARIO PAGANO, PAOLO EMILIO RUSSO e BATTILOCCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel territorio del comune di Cetraro (Cosenza) si registra una preoccupante escalation di eventi delittuosi di particolare gravità, sia per l'efferatezza che per la sistematicità, tali da far ritenere la presenza radicata e operativa di organizzazioni criminali di tipo mafioso, riconducibili in particolare alla 'ndrangheta calabrese;

   tra i principali fatti delittuosi si segnalano:

    a) 22 giugno 2022: ferito gravemente a colpi di kalashnikov il 47enne Guido Pinto;

    b) 1° settembre 2023: denuncia del furto di 9 telecamere di videosorveglianza installate dal comune di Cetraro per il monitoraggio del territorio;

    c) 10 novembre 2023: omicidio di Alessandro Cataldo, ucciso con quattro colpi di pistola a Cetraro;

    d) 14 febbraio 2024: furto avvenuto presso la farmacia territoriale dell'ospedale «Iannelli» di Cetraro, con asportazione di farmaci oncologici per un valore stimato superiore a 200.000 euro;

    e) 30 gennaio 2024: ulteriore furto di 11 telecamere di videosorveglianza comunali;

    f) 7 giugno 2024: furto di altri 25 dispositivi di videosorveglianza;

    g) 10 settembre 2024: scomparsa improvvisa del signor Tullio Rossi, imprenditore locale incensurato e molto stimato, di cui ad oggi non si hanno notizie;

    h) 2 maggio 2025: omicidio di Giuseppe Corallo, raggiunto in pieno giorno da colpi di arma da fuoco;

   la reiterazione di atti criminali, con modalità tipiche delle organizzazioni mafiose, evidenzia una capacità organizzativa e logistica altamente strutturata, orientata a destabilizzare l'ordine pubblico e a intimidire la popolazione e le istituzioni locali;

   la gravità di tali eventi richiede un'attenzione prioritaria da parte dello Stato, anche attraverso un'implementazione e un rafforzamento del presidio territoriale delle forze dell'ordine;

   a tal fine è un segnale importante che sia in atto la procedura per l'apertura di una nuova caserma-tenenza dei carabinieri a Cetraro, grazie agli sforzi profusi dal Ministro interrogato –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato, alla luce di quanto sopra esposto, intenda porre in essere, al fine di rafforzare l'azione dello Stato nel comune di Cetraro e nel comprensorio limitrofo, anche attraverso l'invio di contingenti aggiuntivi delle forze dell'ordine, per il potenziamento delle attività di prevenzione e contrasto sul territorio, garantendo così la sicurezza dei cittadini, il ripristino della legalità e il pieno esercizio dei diritti democratici in un territorio sempre più condizionato da dinamiche criminali.
(3-02154)

(9 settembre 2025)

   MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i recenti fatti di cronaca con il decesso in circa ventiquattro ore di due persone hanno riportato al centro dell'attenzione pubblica il tema dell'utilizzo dei taser, armi ad impulsi elettrici volti a bloccare temporaneamente un soggetto attraverso incapacitazione neuromuscolare, da parte delle forze dell'ordine italiane;

   il taser, classificato come «arma propria», è in dotazione delle forze dell'ordine (Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza) dal 2022, dopo una fase pilota iniziata nel 2018. Tale strumento è stato poi esteso anche ai corpi di polizia locale e in città come Venezia e Udine è già stata conclusa la sperimentazione;

   sebbene l'utilizzo del taser necessiti di una formazione specifica e del rispetto di protocolli stringenti, è evidente che si tratti di strumenti che rischiano di diventare pericolosi per l'incolumità dei cittadini e anche per le stesse forze dell'ordine, le quali, nonostante operino sempre con altissima professionalità, si espongono al rischio di togliere la vita inavvertitamente ad una persona;

   i pericoli di tale strumento sono stati evidenziati sia dall'ex Presidente del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mario Palma, che ne ha sottolineato gli aspetti critici nelle sue relazioni al Parlamento, raccomandandone l'utilizzo solo come extrema ratio, sia da una Commissione Onu che nel 2007 ne aveva evidenziato le potenzialità come strumento di tortura;

   secondo le informazioni disponibili al momento, le forze dell'ordine avrebbero in dotazione il modello Taser X2 dell'azienda statunitense Axon, nel numero di circa cinquemila, che – a detta di esperti e osservatori – è potenzialmente inadeguato rispetto ai più recenti standard tecnologici;

   l'azienda Axon ha già sviluppato modelli più avanzati maggiormente affidabili, sicuri e precisi, tuttavia, a quanto si apprende, l'Italia non ha ancora adottato tali modelli e il processo di aggiornamento è al momento fermo;

   secondo quanto si apprende a mezzo stampa, in particolare all'interno di un articolo apparso su l'Espresso, il Ministero dell'interno ha già da più di un anno coscienza della pericolosità dello strumento in dotazione alle forze dell'ordine, in particolare vengono citati i test di gara d'appalto durante i quali alcuni dispositivi avrebbero mostrato dei malfunzionamenti portando il Ministero dell'interno successivamente a bloccare l'appalto per la fornitura di 4.780 nuovi taser –:

   quali azioni intenda assumere il Ministro interrogato al fine di tutelare cittadini e forze dell'ordine, nonché se non si reputi opportuno sospenderne l'utilizzo al fine di operare una valutazione sul grado di pericolosità di un tale strumento.
(3-02155)

(9 settembre 2025)

   BOSCHI, GADDA, FARAONE, DEL BARBA, BONIFAZI e GIACHETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le statistiche ufficiali mostrano che in Italia nel 2024 sono stati denunciati 2.388.716 reati, in aumento del 3,8 per cento rispetto al 2019 e del 2 per cento rispetto al 2023. Le rapine sono state 28.631: di queste, 16.510 rapine in pubblica via, cresciute del 24,1 per cento rispetto al 2019. I borseggi denunciati nel 2024 sono stati 140.690, in crescita del 2,6 per cento rispetto al 2019, mentre gli scippi sono stati 13.474, in aumento del 7,9 per cento rispetto al 2019 (rapporto Univ-Censis del 7 maggio 2025);

   il fenomeno si concentra in particolari aree urbane, con Roma e Milano in cima alla graduatoria, in particolare a Roma con +51,3 per cento di rapine e +68 per cento di borseggi negli ultimi 5 anni;

   anche le truffe informatiche sono aumentate significativamente secondo le stime: +10,3 per cento rispetto al 2022, +42 per cento rispetto al periodo pre-pandemia;

   continuano ad aumentare omicidi (+3,4 per cento) e femminicidi per mano di partner o ex partner (+15,1 per cento) e vi sono aumenti significativi di atti per stalking (+86 per cento) e violenza domestica (+63 per cento), con aumento degli ammonimenti del questore (+70,6 per cento);

   il 75,8 per cento degli italiani ritiene che negli ultimi 5 anni sia diventato più pericoloso girare per strada (tale percentuale sale all'81,8 per cento tra le donne) e il 38,1 per cento ha rinunciato almeno una volta ad uscire per timore di subire un'aggressione, quota che arriva al 52,1 per cento tra i giovani –:

   quali misure concrete intenda adottare per contenere il trend crescente dei reati, in particolare rapine, borseggi e truffe informatiche, con una puntuale attenzione anche alle aree urbane più colpite.
(3-02156)

(9 settembre 2025)

   ALFONSO COLUCCI, AURIEMMA, BALDINO, PENZA e CAROTENUTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dagli organi della stampa si apprende che, nel 2024 e nel 2025, in modo costante, nutriti gruppi di soldati israeliani hanno trascorso periodi di licenza, «di decompressione» o comunque di interruzione temporanea dai combattimenti, in resort di rinomate località turistiche italiane;

   ad avviso degli interroganti desta profondo sconcerto – anche per la palese complicità con lo Stato di Israele che ne deriva, in netto contrasto con le recenti dichiarazioni del Governo sull'escalation contro Gaza – che il nostro Paese si offra quale luogo di svago di soldati attivi dell'esercito di un Paese verso il cui Premier è stato emesso un mandato di cattura dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l'umanità e, sempre ad avviso degli interroganti, che sta perpetrando una strage di civili e un vero e proprio genocidio nei confronti di un altro popolo;

   dagli organi della stampa – sono visionabili foto incontrovertibili – risulta, altresì, che i reparti della Digos siano stati, forse ancora siano, impegnati nei servizi di controllo, monitoraggio e scorta, giorno e notte, dei drappelli di soldati israeliani in vacanza, tutelati in ogni spostamento, anche nelle gite e nelle visite a siti e luoghi d'interesse, in quanto ritenuti «obiettivi sensibili»: ciò avrebbe già suscitato proteste da parte dei cittadini nelle zone di arrivo e permanenza dei soldati;

   gli interroganti stigmatizzano con forza la condotta del Governo per i servizi di accoglienza, sicurezza e ristoro consentiti e resi ai soldati dell'esercito israeliano, mentre cura nei nostri ospedali i bambini di Gaza, feriti, mutilati e resi orfani da quello stesso esercito –:

   se non intenda chiarire le notizie e i fatti esposti in premessa con riferimento ai canali di arrivo dei predetti soldati, nonché, per quanto di competenza, in ordine all'esistenza di eventuali accordi, formali e non, con omologhe autorità israeliane ai fini della predisposizione delle basi logistiche, dell'accoglienza e della sicurezza dei citati soldati.
(3-02157)

(9 settembre 2025)

   FURGIUELE, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DE BERTOLDI, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio nazionale insistono diverse comunità rom che vivono spesso in condizioni di marginalità sociale, con criticità legate all'inclusione, alla legalità, alla sicurezza e alla tutela dei diritti fondamentali;

   in Calabria, nella località Scordovillo (Lamezia Terme), è situato il più grande campo rom del Sud Italia, caratterizzato da gravi condizioni di disagio sociale, mancanza di servizi essenziali e situazioni di degrado che coinvolgono l'intera comunità, sia residente all'interno del campo sia nelle aree circostanti;

   nella località Ciampa di Cavallo, area di edilizia popolare gestita da Aterp, si registrano da tempo gravi criticità dal punto di vista igienico-sanitario, con episodi di abbandono incontrollato di rifiuti, occupazioni abusive, scarsa frequenza scolastica dei minori e la presenza di fenomeni di illegalità che hanno reso necessario l'intervento della magistratura;

   in entrambe le località i campi rom sono interessati periodicamente da roghi degli accumuli di rifiuti di vario genere che finiscono col produrre in tutta l'area circostante una situazione di tossicità ambientale e pericolosità salutare per i tanti cittadini onesti residenti in quelle zone;

   nonostante gli sforzi del questore e del prefetto di Catanzaro, che hanno provveduto a potenziare la vigilanza nelle zone interessate, tali misure si sono rivelate insufficienti a garantire condizioni di sicurezza e rispetto della legalità;

   la legge di bilancio per il 2025 ha prorogato l'impiego di 6.000 unità di personale dell'operazione «Strade sicure» fino al 2027, al fine di garantire la prosecuzione del concorso delle Forze armate nella prevenzione della criminalità e nella tutela della sicurezza dei cittadini;

   sono stati, inoltre, avviati tavoli di incontro con rappresentanti delle istituzioni territoriali e del Governo per affrontare l'emergenza sicurezza in tali aree –:

   se non ritenga opportuno valutare l'attivazione di un'operazione di presidio straordinario, eventualmente ricorrendo all'impiego di una quota del contingente dell'operazione «Strade sicure» in attività di monitoraggio e sorveglianza in prossimità delle aree ospitanti comunità rom in Calabria e, in particolare, nelle località citate in premessa, al fine di garantire la sicurezza pubblica, la tutela della legalità e condizioni dignitose di convivenza civile per tutti i residenti.
(3-02158)

(9 settembre 2025)

   BIGNAMI, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, BENVENUTI GOSTOLI, BALDELLI, GIORDANO, URZÌ, DE CORATO, KELANY, MAIORANO, MICHELOTTI, MURA, SBARDELLA, RAIMONDO e MASCARETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende da fonti di stampa, nell'ambito della recente inchiesta denominata «Affidopoli», relativa al sistema di affidamenti diretti del comune di Pesaro, emergono elementi che coinvolgerebbero anche l'associazione Unbelpo (o Ungranbelpo), promossa dall'ex sindaco Matteo Ricci;

   l'associazione è stata costituita il 30 ottobre 2019 come prosecuzione dell'omonima lista civica di centro-sinistra presentata alle elezioni comunali del 2019 a sostegno di Ricci e aveva sede a Pesaro, in via Salvatori 17, presso la medesima sede provinciale del Partito democratico;

   lo scopo dichiarato dell'associazione era quello di non disperdere il lavoro svolto dalla coalizione politica e civica guidata da Ricci e valorizzarne le idee e le proposte attraverso l'organizzazione di eventi politici e culturali;

   in particolare, oltre ai meccanismi di gestione di fondi e forniture legate ad attività dell'associazione, un'anomalia, sulla quale la magistratura starebbe indagando, è la scelta di sciogliere Ungranbelpo il 10 giugno 2024, immediatamente prima dell'elezione di Ricci a parlamentare europeo, dopo essere stata utilizzata anche nel corso della campagna elettorale;

   l'associazione, pur formalmente registrata come ente privato, ha svolto un ruolo che ne denota la chiara natura politica, costituendo di fatto la continuazione di un movimento civico-elettorale;

   a giudizio degli interroganti, tale natura politica avrebbe comportato l'obbligo di presentare i bilanci e i rendiconti economici alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza dei partiti e movimenti politici e pubblicare i bilanci sul proprio sito internet, come previsto dalla legislazione vigente;

   ad oggi, non risultano reperibili i bilanci, né altre rendicontazioni pubbliche dell'associazione su nessuna piattaforma internet;

   ai sensi e per gli effetti delle disposizioni in materia di trasparenza e accesso alle informazioni relative al proprio assetto statutario, agli organi associativi, al funzionamento interno e ai bilanci, compresi i rendiconti dei partiti e movimenti politici di cui alla legge 6 luglio 2012, n. 96, e del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, sono equiparate le fondazioni, le associazioni e i comitati –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo e regolamentare, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire che associazioni con caratteristiche tipiche di movimenti politici non possano sottrarsi agli obblighi di pubblicità e trasparenza previsti dalla legislazione vigente.
(3-02159)

(9 settembre 2025)

   FRATOIANNI, BONELLI, ZANELLA, BORRELLI, DORI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   è di queste ore la notizia di un attacco ad un'imbarcazione della Global Sumud Flotilla mentre si trovava in acque territoriali tunisine;

   la responsabilità di Israele nell'attacco appare altamente probabile, in considerazione del fatto che il Ministro della sicurezza nazionale del Governo di Tel Aviv, Itamar Ben Gvir, ha dichiarato in diverse occasioni che gli attivisti della Global Sumud Flotilla sarebbero stati trattati alla stregua di terroristi;

   la Global Sumud Flotilla è la più grande iniziativa indipendente per portare aiuti umanitari ai civili nella Striscia di Gaza. Alcune delle barche sono già partite la scorsa settimana da Genova e da Barcellona e altre si uniranno partendo nei prossimi giorni da Sicilia e Tunisia;

   si tratta di una flotta di 70 imbarcazioni con a bordo oltre 800 persone provenienti da 44 Paesi per un'operazione umanitaria, internazionale, pacifica, senza precedenti. La coalizione riunisce non solo attivisti, ma anche medici, avvocati, artisti, ingegneri navali, politici, sindacalisti. A bordo ci saranno tanti italiani, tra cui quattro parlamentari. Dopo l'attacco alla nave Family Boat, è ancora più importante che il Governo italiano tuteli l'equipaggio della Flotilla;

   di fronte ad un Governo israeliano che arriva persino ad accusare di complicità con i terroristi la Corte suprema israeliana che ha stabilito che lo Stato non sta adempiendo ai suoi obblighi legali di nutrire adeguatamente i prigionieri di sicurezza palestinesi, sentenziando pertanto che si devono adottare le misure per fornire loro cibo sufficiente per garantire «un'esistenza di base», non bastano più parole di condanna;

   il Ministro degli esteri spagnolo, José Manuel Albares, ha assicurato che la Global Sumud Flotilla avrà la protezione diplomatica e consolare dello Stato. Alleanza Verdi e Sinistra chiede che il Governo italiano faccia lo stesso –:

   se non ritenga opportuno, anche alla luce dell'attacco subito dalla nave Family Boat, garantire protezione diplomatica ai nostri concittadini impegnati in una straordinaria missione umanitaria che cerca di rompere il blocco degli aiuti umanitari ai palestinesi operato dal Governo Netanyahu, richiamando l'attenzione sulla necessità di adottare quelle sanzioni sempre più necessarie nei confronti di Israele, il cui Governo dichiara apertamente la sua intenzione di cancellare Gaza, annettere la Cisgiordania e deportare i palestinesi.
(3-02160)

(9 settembre 2025)

   RUFFINO, GRIPPO, BENZONI, D'ALESSIO e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   anche questo avvio di anno scolastico è coinciso con le ricorrenti problematiche relative alle immissioni in ruolo, alle cattedre ancora vacanti e alle chiamate degli insegnanti «last minute», con una carenza strutturale che riguarda soprattutto il sostegno. Ad esempio, secondo quanto riportato dall'ufficio scolastico regionale del Piemonte, il sostegno ha raggiunto appena il 75 per cento di copertura. Una parte rilevante dei docenti di sostegno saranno, quindi, supplenti, spesso con contratti a termine e competenze non specifiche;

   il Nord è il più colpito: oltre 5.700 posti vacanti nella scuola primaria sono concentrati in Lombardia, Veneto e Piemonte. Sul sostegno, il Piemonte registra ancora 1.297 posti scoperti, di cui 1.138 nella scuola primaria. Le fonti sindacali non escludono che i posti vacanti totali, tra tutti i gradi scolastici, possano sfiorare i 10.000;

   in Toscana, invece, secondo i dati ufficiali, gli studenti con disabilità sono passati dai 18.791 dello scorso anno ai 20.553 attuali. L'organico del sostegno conta 15.641 insegnanti, ma di questi solamente 6.273 di ruolo, segno di una precarietà cronica che pesa anche sulla qualità dell'offerta educativa e sulla continuità per alunni e famiglie;

   gli studenti con disabilità sono circa 337.000. I posti di sostegno autorizzati sono 222.000, ma oltre 90.000 cattedre risultano occupate da insegnanti senza specializzazione, spesso assunti con contratti a termine. La discontinuità rappresenta un problema grave: il 57 per cento degli alunni cambia docente ogni anno e per l'8 per cento la figura di riferimento varia addirittura durante il medesimo anno scolastico;

   l'attuale proposta di riforma prevede la trasformazione di questi docenti in «docenti per l'inclusione», non più dedicati esclusivamente agli studenti con disabilità certificata, ma anche agli alunni con bisogni educativi speciali (Bes), con una clausola di invarianza finanziaria che a parere degli interroganti lascia poche speranze per soluzioni realmente adeguate;

   oltretutto, il piano personalizzato per gli studenti con disabilità prevede da tre anni che si definisca l'ammontare di ore di sostegno e di assistente educativo culturale (Aec) per ognuno; tuttavia, il tavolo interministeriale che dovrebbe dare le relative linee guida presso il Ministero risulta fermo –:

   nell'ottica di garantire la piena copertura delle cattedre vacanti e di ridurre il fenomeno del turnover dei docenti di sostegno, quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire soluzioni strutturali alle croniche carenze dell'organico del sostegno e alla discontinuità didattica, nonché un avvio dell'imminente anno scolastico il più possibile equilibrato e agevole per insegnanti, alunni e famiglie.
(3-02161)

(9 settembre 2025)

   MANZI, BERRUTO, IACONO, ORFINI, SPERANZA, GHIO, FERRARI, FORNARO e CASU. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   secondo le più recenti rilevazioni delle associazioni dei consumatori, rilanciate in questi giorni dalla stampa nazionale, le famiglie italiane si trovano ad affrontare un costo medio di oltre 1.300 euro, per ciascuno studente, per l'acquisto dei libri di testo, materiale scolastico e zaini in vista dell'avvio dell'anno scolastico 2025/2026;

   il costo dei soli libri di testo per la scuola secondaria di primo e secondo grado può superare i 300-400 euro a studente, con variazioni anche significative a seconda della scuola e del territorio;

   a questi si sommano i costi per diari, astucci, penne, quaderni, zaini, dizionari, calcolatrici, che negli ultimi anni hanno subito aumenti anche a doppia cifra percentuale, soprattutto a causa dell'inflazione e della scarsa regolamentazione dei prezzi in questo settore;

   una recente indagine sul settore dell'editoria scolastica, avviata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, evidenzia una concentrazione del mercato editoriale, frequenti edizioni rinnovate con modifiche minime e una scarsa offerta digitale accessibile;

   le attuali misure previste a livello statale o regionale sono spesso insufficienti, non strutturali, e limitate da soglie Isee troppo basse, non rispondendo alle esigenze di una platea più ampia di famiglie che si trovano in difficoltà;

   alle spese per l'acquisto dei libri di testo e del materiale scolastico si aggiunge l'assenza di un sistema di welfare studentesco strutturato, che possa garantire l'accesso gratuito o agevolato a servizi essenziali, come la mensa, il trasporto e le gite scolastiche, aggravando ulteriormente il carico economico a carico delle famiglie –:

   quali misure il Governo intenda adottare per garantire un effettivo sostegno al diritto allo studio, anche attraverso un'omogeneizzazione, su tutto il territorio nazionale, delle condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo, anche attraverso un incremento delle risorse statali destinate alla progressiva gratuità per gli studenti delle scuole secondarie.
(3-02162)

(9 settembre 2025)

   LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CARFAGNA, CAVO, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   l'ultimo rapporto «Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2025-2029)», pubblicato da Unioncamere, stima che nei prossimi anni «tra il 37 per cento e il 39 per cento del fabbisogno occupazionale del quinquennio riguarderà professioni per cui è richiesta una formazione terziaria (laurea, diploma Its academy o Afam), il 4 per cento profili con un diploma liceale e il 45-46 per cento personale in possesso di una formazione secondaria di secondo grado tecnico-professionale»;

   gli ultimi dati diffusi da Eurostat mostrano che il numero di neet negli Stati dell'Unione europea è diminuito di quasi 5 punti percentuali tra il 2014 e il 2024 e che, tra i membri dell'Unione, «la riduzione di gran lunga maggiore nei tassi di neet (in termini di punti percentuali) tra il 2014 e il 2024 si è registrata in Grecia (-12,5), seguita da Bulgaria (-11,3), Croazia (-11,1), Italia (-11,0) e Irlanda (-10,2)»;

   nel mese di luglio del 2024, su iniziativa del Ministro interrogato, è stata introdotta una riforma per promuovere la filiera dell'istruzione tecnico-professionale, il cosiddetto «4+2». Secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero dell'istruzione e del merito, ad oggi sono state coinvolte nella sperimentazione 280 istituzioni scolastiche, con 395 percorsi attivati, di cui 89 nell'istruzione professionale e 306 nell'istruzione tecnica;

   il Consiglio dei ministri di giovedì 4 settembre 2025 ha approvato un decreto-legge recante «Misure urgenti per la riforma dell'esame di Stato del secondo ciclo di istruzione e per il regolare avvio dell'anno scolastico 2025/2026», tra cui «l'inserimento della filiera tecnologico-professionale all'interno del sistema del secondo ciclo di istruzione», concludendo la fase di sperimentazione avviata nello scorso anno e rendendo strutturale il percorso di quattro anni;

   lunedì 8 settembre 2025 il Ministro interrogato ha inaugurato un nuovo istituto tecnico gestito da Fondazione Edutecne e ospitato all'interno del Gi Group training hub, nato per iniziativa di Cooperativa la Zolla, Fondazione Grossman e Fondazione Mandelli Rodari, Cooperativa sociale Aslam, Mr Digital e Beta 80, con un primo percorso dedicato a informatica e telecomunicazioni e un secondo percorso che si concentrerà su grafica e comunicazione –:

   quali ulteriori iniziative intenda assumere per consolidare il percorso verso una formazione tecnico-professionale di qualità, ridurre la dispersione scolastica e continuare a contrastare il fenomeno dei neet.
(3-02163)

(9 settembre 2025)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A CONTRASTARE L'AUMENTO DELLE SPESE MILITARI A FAVORE DI POLITICHE IN CAMPO SOCIALE E AD ADERIRE AL TRATTATO SULLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

   La Camera,

   premesso che:

    1) il 24 e 25 giugno 2025 si è svolto a L'Aja il vertice Nato, definito da molti «vertice del riarmo». Nella dichiarazione finale si legge: «Noi, Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza Atlantica (...) Riaffermiamo il nostro ferreo impegno per la difesa collettiva, come sancito dall'Articolo 5 del Trattato di Washington: un attacco a uno è un attacco a tutti (...). Gli Alleati si impegnano a investire il 5 per cento del Pil all'anno in requisiti di difesa fondamentali, nonché in spese relative alla difesa e alla sicurezza, entro il 2035, per garantire i nostri obblighi individuali e collettivi, in conformità con l'articolo 3 del Trattato di Washington (...). Gli Alleati concordano che questo impegno del 5 per cento comprenderà due categorie essenziali di investimenti per la difesa. Gli Alleati stanzieranno almeno il 3,5 per cento del Pil all'anno, sulla base della definizione concordata di spesa per la difesa della Nato entro il 2035, al fabbisogno di risorse fondamentali per la difesa e al raggiungimento degli Obiettivi di Capacità della Nato. Gli Alleati concordano di presentare piani annuali che indichino un percorso credibile e progressivo per raggiungere questo obiettivo. E gli Alleati contribuiranno fino all'1,5 per cento del Pil all'anno per, tra l'altro, proteggere le nostre infrastrutture critiche, difendere le nostre reti, garantire la nostra preparazione e resilienza civile, liberare l'innovazione e rafforzare la nostra base industriale di difesa. La traiettoria e l'equilibrio della spesa nell'ambito di questo piano saranno rivisti nel 2029, alla luce del contesto strategico e degli Obiettivi di Capacità aggiornati. Gli Alleati riaffermano il loro impegno sovrano duraturo a fornire supporto all'Ucraina, la cui sicurezza contribuisce alla nostra, e, a tal fine, includeranno i contributi diretti alla difesa dell'Ucraina e alla sua industria della difesa nel calcolo della spesa per la difesa degli Alleati»;

    2) il target del 5 per cento è una vittoria significativa per Trump, che già nelle settimane precedenti il vertice aveva chiesto agli alleati europei e al Canada, con la consueta arroganza, d'impegnarsi in tal senso. Una vittoria politica per Trump e anche un enorme affare per l'industria bellica americana. Secondo il think tank Sipri (Stockholm international peace research Institute), infatti, e tenendo in conto che le importazioni di armi da parte dei membri europei della Nato sono più che raddoppiate tra il 2015-19 e il 2020-24 (+105 per cento), gli Stati Uniti hanno fornito il 64 per cento di queste armi, una quota di gran lunga maggiore rispetto al periodo 2015-19 (52 per cento);

    3) ma, a beneficiare del riarmo continentale saranno anche le aziende europee che più hanno saputo sostenere le necessità militari emerse con la lunga guerra in Ucraina: produttori di carri armati e blindati, munizioni, droni e sistemi di difesa aerea. La Germania dispone del complesso militare-industriale più attrezzato del continente (si pensi solo ai carri armati Leopard, che anche l'Italia sta acquistando, e ai missili aria-superficie a lungo raggio stealth Taurus). E va poi tenuto in conto che, a ottobre 2024, è nata la Joint Venture di Leonardo e Rehinmetall, la maggiore industria tedesca di armi da fuoco, con l'obiettivo prioritario «di dotare le Forze Armate italiane di veicoli da combattimento: il Main Battle Tank (Mbt) e il Lynx come sistema di combattimento della fanteria corazzata (Aics)», ma con «promettenti prospettive future di esportazione». Nella conferenza stampa di presentazione della Joint Venture, l'Amministratore delegato di Rehinmetall, Armin Papperger, e quello di Leonardo, Roberto Cingolani, hanno molto insistito sulle importanti prospettive di mercato nel settore dei mezzi corazzati che si attestano, secondo le stime, intorno ai 50 miliardi di euro nei prossimi 10-15 anni. Ciò, in particolare, per quel che riguarda l'Europa dell'Est, per la necessità che questa avrà di rimpiazzare i mezzi corazzati, sia carri armati che mezzi per la fanteria. Stime confermate dallo stesso Cingolani in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera il 27 ottobre 2024;

    4) mentre il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al vertice dell'Aja, ha sottoscritto l'accordo sul target del 5 per cento, e lo ha fatto senza averlo previamente sottoposto alla discussione parlamentare, il Governo spagnolo è stato l'unico a esprimersi in maniera fermamente contraria, tanto da aver strappato una sorta di clausola di opt out: per il Governo guidato da Pedro Sánchez le forze armate spagnole riusciranno a raggiungere i capability targets della Nato spendendo solo il 2,1 per cento. Segno che anche l'Italia, se avesse voluto, avrebbe potuto agire diversamente;

    5) la spesa militare globale è in crescita da oltre due decenni, come dimostrano tutti i dati internazionali più attendibili: una tendenza ulteriormente rafforzata negli ultimi anni a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina. Il continuo aumento della spesa militare mondiale è estremamente preoccupante: una corsa agli armamenti non creerà maggiore sicurezza, ma al contrario aumenterà il rischio di conflitti violenti;

    6) il vertice Nato dell'Aja si è tenuto pochi giorni dopo l'attacco di Israele all'Iran e la conseguente reazione iraniana, eventi che hanno segnato il drammatico avvio della guerra cosiddetta dei «dodici giorni», e qualche settimana prima che i droni israeliani prendessero di mira il quartier generale delle forze armate e il Ministero della difesa di Damasco, e il governatorato meridionale di Suwayda, dove si concentra la minoranza drusa siriana. Questo uso scellerato della forza al posto della politica e della diplomazia è un'ulteriore violazione del diritto internazionale da parte del Governo Netanyahu e destabilizza ulteriormente l'intero Medio Oriente;

    7) il già citato Sipri ha diffuso ad aprile 2025 le nuove stime sulla spesa militare globale per il 2024. Il totale ha raggiunto i 2.718 miliardi di dollari, con un aumento del 9,4 per cento in termini reali rispetto all'anno precedente. Si è di fronte al maggiore aumento delle spese per eserciti e armi su base annua almeno dalla fine della Guerra Fredda, con un incremento di quasi il 20 per cento in soli tre anni;

    8) secondo l'Istituto, tra l'altro, la spesa militare è aumentata in tutte le regioni del mondo, anche se i primi cinque Paesi che spendono in armi ed eserciti, Stati Uniti, Cina, Russia, Germania e India, rappresentano il 60 per cento del totale globale;

    9) le scelte politiche che privilegiano l'approccio militare e armato stanno guadagnando terreno in particolare in Medio Oriente (+15 per cento della spesa militare) e in Europa (+17 per cento). A guidare la crescita nel Vecchio Continente è l'Europa occidentale, che ha visto crescere il proprio budget militare totale del 24 per cento. Aumentando le spese anche in Asia orientale e sudorientale, rispettivamente del 7,5 per cento e del 7,8 per cento. I Paesi della Nato continuano a essere leader della spesa militare a livello globale. I 32 Stati membri dell'Alleanza Atlantica rappresentano il 55 per cento della spesa militare totale mondiale (pari a 1.506 miliardi di dollari). Da notare come i membri europei della stessa Nato abbiano speso complessivamente 454 miliardi di dollari, pari al 30 per cento del totale dell'Alleanza;

    10) per quanto riguarda l'Unione europea, la spesa militare aggregata dei Paesi membri ha raggiunto nel 2024 i 370 miliardi di dollari, la seconda più alta dopo quella degli Stati Uniti, con un livello complessivo superiore a quello registrato alla fine della Guerra Fredda. La Germania, in particolare, ha aumentato la sua spesa militare del 28 per cento nel 2024, diventando il Paese a più alta spesa militare dell'Europa centrale e occidentale per la prima volta dalla riunificazione;

    11) sempre secondo i dati Sipri, anche l'Italia, nel 2024, ha visto crescere la propria spesa militare dell'1,4 per cento (totale complessivo di 38 miliardi di dollari). E a maggio 2025 il Governo ha annunciato di aver raggiunto l'obiettivo del 2 per cento del Prodotto interno lordo destinato alla difesa. Il Ministro della difesa ha dichiarato che: «il risultato l'abbiamo raggiunto ed è già una cosa importante». Ma, al tempo stesso, che «sappiamo benissimo che questo è un punto di partenza. Il nostro obiettivo non è raggiungere un risultato numerico ma quello di avere le capacità che la Nato ci chiede di dare all'Alleanza e di avere la capacità di mettere in sicurezza e difendere questo Paese»;

    12) secondo Milex, l'Osservatorio sulle spese militari italiane, incrociando i dati del Ministero della difesa sulla spesa attuale, che sarebbe all'1,57 per cento del Prodotto interno lordo e quelli sul valore dello stesso Prodotto interno lordo contenuto dal documento di finanza pubblica 2025 (2.256,8 miliardi di euro Pil 2025), il bilancio difesa «in chiave Nato» – che conteggia cioè anche i fondi del Ministero delle imprese e del made in Italy per le armi, i fondi del Ministero dell'economia e delle finanze per le missioni all'estero, le spese Inps per le pensioni, ma non i costi per i carabinieri se non quelli disgregabili all'estero – quest'anno si aggirerebbe sui 35,4 miliardi di euro. Più dei 32 miliardi di euro previsti nella legge di bilancio per il 2025. Partendo da una spesa di 35,4 miliardi di euro, per raggiungere subito il 2 per cento del Prodotto interno lordo – ovvero 45,1 miliardi di euro considerando il valore odierno dichiarato – sarebbe necessario un investimento aggiuntivo di almeno 9,7 miliardi di euro, circa un terzo della manovra per l'anno in corso che, tra spese e riduzione delle entrate, è stata di 30 miliardi di euro. È attraverso un gioco contabile, ovvero conteggiando le spese correnti in ambito cyber, spazio, telecomunicazioni, mobilità militare e quelle per altri corpi militari, come Guardia costiera e Guardia di finanza (stipendi, pensioni, armi e mezzi), che il Governo si è presentato al vertice dell'Aia con l'obiettivo del 2 per cento dato per conseguito;

    13) sempre secondo Milex, dando per buono il gioco contabile di cui sopra nonché un accordo sulla dilazione in dieci anni dell'obiettivo, per raggiungere il 5 per cento l'Italia deve passare dai 45 miliardi di euro di oggi (35 in difesa e quasi 10 in sicurezza) a ben 145 miliardi di euro nel 2035 (oltre 100 in difesa e quasi 44 in sicurezza), cioè oltre il triplo di oggi, con un salto di 100 miliardi di euro: circa 66 miliardi in più per la difesa e 33 in più per la sicurezza. Saranno dunque necessari aumenti annui dell'ordine di 9-10 miliardi di euro (6-7 miliardi in difesa 3-4 miliardi in sicurezza), per un ammontare complessivo decennale di 100 miliardi di euro di risorse finanziarie aggiuntive (cifra cumulativa, da non confondere con la stessa cifra citata sopra come differenziale di spesa annua tra oggi e il 2035). Secondo questa scellerata direzione progressiva, nei prossimi dieci anni l'Italia spenderà, in totale, quasi mille miliardi di euro in difesa e sicurezza (quasi 700 miliardi in difesa e quasi 300 in sicurezza);

    14) con l'aumento vertiginoso della spesa militare le risorse pubbliche che dovrebbero servire ad affrontare sfide sociali urgenti, dalla crisi climatica alla povertà, dalla salute pubblica all'istruzione e la ricerca, vengono dirottate nel potenziamento dell'industria bellica. Ogni euro speso per gli armamenti è un euro che non viene investito per i servizi pubblici essenziali, gli unici investimenti che possono migliorare la vita di tutte e tutti, garantendo vera sicurezza e costruendo le condizioni per la pace necessaria. Dare priorità alle spese belliche, sacrificando i bisogni fondamentali della società, fa divampare la sofferenza, approfondisce l'insicurezza economica e amplia le disuguaglianze sociali. Non si tratta di semplici previsioni. Lo afferma in parte il Ministro della difesa Guido Crosetto, con il parere consegnato (il 15 luglio 2025) dal Governo alle Commissioni affari europei e difesa di Camera e Senato, alle prese, proprio in queste settimane, con il Piano «Readiness 2030». Nella nota, il Ministro della difesa e il Governo sostengono pienamente la nuova norma europea, ma sollecitano anche modifiche; tra queste, «la possibilità per gli Stati membri di riallocare le risorse non utilizzare per il Recovery and Resilience Facility come contributi nazionali volontari agli strumenti industriali europei per la difesa»;

    15) di fronte alla scelta di investire ulteriori risorse in armi e difesa, urge ricordare che in Italia la spesa sanitaria pubblica si attesta al 6,2 per cento del Prodotto interno lordo, percentuale inferiore sia rispetto alla media Ocse del 6,9 per cento, sia rispetto alla media europea del 6,8 per cento e la spesa pubblica italiana per l'istruzione rappresenta circa il 4,1 per cento del Prodotto interno lordo. L'Italia si colloca al 22° posto in Europa in termini di qualità del sistema sanitario, con Paesi Bassi, Svizzera e Norvegia in testa. Sono 15 i Paesi europei dell'area Ocse che investono una percentuale del Prodotto interno lordo maggiore dell'Italia, con un gap che va dai +3,9 punti percentuali della Germania (10,1 del prodotto interno lordo) ai +0,6 della Norvegia (6,8 per cento del Prodotto interno lordo). In Italia nel 2023 la spesa sanitaria pubblica pro capite era pari a 3.574 dollari, ben al di sotto sia della media Ocse di 4.174 dollari con una differenza di 600 dollari, sia soprattutto della media dei Paesi europei dell'area Ocse (4.470 dollari) con una differenza di 896 dollari. In Europa ben 15 Paesi investono più dell'Italia, con un gap che va dai +410 dollari della Repubblica ceca (3.984) ai +3.825 dollari della Norvegia (7.399). Un raffronto con gli altri Paesi europei circa la spesa destinata alle politiche del lavoro mostra uno scarto notevole a vantaggio delle politiche «passive» che raggiungono, in Italia, il 2,6 del Prodotto interno lordo rispetto una media europea del 2 per cento. Mentre per le politiche «attive» si spende lo 0,22 per cento del Prodotto interno lordo contro una media europea dello 0,6 per cento. La spesa per la ricerca pubblica è tra le più basse in Europa, spesso oscillante intorno all'1,5 per cento del Prodotto interno lordo mentre la media europea si attesta intorno al 2-2,5 per cento;

    16) l'aumento programmato delle spese militari, anche se dilazionato, comporterà necessariamente maggiore austerità e tagli ai servizi pubblici essenziali. Alle politiche di austerità e al definanziamento del welfare si accompagneranno sempre di più politiche, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, repressive e liberticide, in Italia emblematicamente evidenti con la recente approvazione del «decreto-legge sicurezza»;

    17) lo spostamento massiccio di fondi ed energie verso la militarizzazione sta già tragicamente esacerbando, e rischia di esacerbare sempre di più, le tensioni globali, alimentando l'instabilità e il caos geopolitici e minando gli sforzi per una risoluzione pacifica dei conflitti, per l'affermazione di relazioni internazionali cooperative, di un ordine globale compiutamente multilaterale;

    18) più si spinge l'acceleratore sul riarmo e più il mondo continua ad assistere a una tragica escalation di violenza: il nuovo attacco israeliano all'Iran, il genocidio a Gaza, la guerra in Ucraina, la guerra civile in Sudan, il conflitto nella Repubblica democratica del Congo, la guerra civile in Myanmar, il conflitto nel Maghreb e nel Sahel e più di 30 altri conflitti armati nel Sud globale (la metà dei quali in Africa) continuano a portare alla morte, al ferimento, alla perdita dei mezzi di sussistenza o allo sfollamento forzato di milioni di persone;

    19) in un contesto internazionale di crescenti sfide e crisi, la politica della cooperazione allo sviluppo non solo in Italia non viene rafforzata, ma è drammaticamente indebolita, e si riducono così il peso e la credibilità della politica estera italiana nello scenario globale;

    20) le disuguaglianze tra i Paesi sviluppati e quelli arretrati o in via di sviluppo rimangono tuttora drammatiche e, anzi, continuano ad aumentare. Fame, guerre, indisponibilità di acqua, espropriazione di terre costringono ancora oggi milioni di donne e di uomini a vivere in condizioni di povertà e deprivazione. Nella convinzione che non possano esserci libertà e pace senza giustizia sociale, è importante, anche in una logica di restituzione, destinare tempo e risorse ad azioni che mirino a ridurre queste diseguaglianze, che incidano anche sulla effettiva possibilità di sviluppo di questi Paesi;

    21) l'Italia ha ratificato il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) nel 1975, impegnandosi a non sviluppare armi nucleari e a promuovere il disarmo nucleare. Tuttavia, l'Italia non ha aderito al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) e questo tema torna oggi di grande attualità: le armi nucleari minacciano l'esistenza stessa dell'umanità e l'intera vita sul nostro pianeta. I loro effetti travalicano i confini nazionali e si protraggono per generazioni. Il 7 luglio 2017, 122 Stati hanno votato per adottare un accordo globale storico di messa al bando delle armi nucleari: il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari proibisce agli Stati di sviluppare, testare, produrre, realizzare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare gli armamenti nucleari, o anche permettere alle testate di stazionare sul proprio territorio. Inoltre, impedisce loro di assistere, incoraggiare o indurre altri Paesi ad essere coinvolti in tali attività;

    22) la difesa della pace, della democrazia e dei diritti umani nel mondo sono elementi costitutivi dell'Italia e dell'Unione europea e su questi deve basarsi la sua azione esterna e la sua autonomia strategica, determinata innanzitutto dalla capacità di una propria e autonoma iniziativa politica nelle relazioni internazionali, ma anche dalla costruzione di un sistema di difesa europeo ispirato e basato sulla deterrenza,

impegna il Governo:

1) a recedere dall'accordo sottoscritto dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni all'Aja, gli scorsi 24 e 25 giugno, che impegna i Paesi aderenti all'Alleanza Atlantica ad investire il 5 per cento del Prodotto interno lordo per spese relative alla difesa e alla sicurezza entro il 2035, spese militari che nel nostro Paese hanno già raggiunto purtroppo il 2 per cento del Prodotto interno lordo per spese, coinvolgendo, per quanto di competenza, il Parlamento in una adeguata discussione e determinazione di indirizzi nel merito, nonché promuovendo e sostenendo, nelle competenti sedi europee, la creazione di una difesa comune europea, attraverso un percorso opposto a quello scelto anche in Europa dell'aumento delle capacità militari nazionali, percorso che consiste in una razionalizzazione nonché integrazione della spesa esistente;

2) anziché portare la spesa militare al 5 per cento del Prodotto interno lordo, ad adottare iniziative per finanziare, sin dal prossimo disegno di legge di bilancio, il Fondo sanitario nazionale per almeno 8 miliardi di euro aggiuntivi al fine di raggiungere almeno la media europea;

3) in questo quadro, al fine di raggiungere entro il 2030 uno stanziamento annuale pari allo 0,70 per cento del reddito nazionale lordo per finanziare interventi a favore delle politiche di cooperazione allo sviluppo, in linea con quanto stabilito dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea, ad adottare, già nei prossimi provvedimenti utili, iniziative per un adeguamento degli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo;

4) ad adottare le iniziative di carattere normativo di competenza per la sottoscrizione e ratifica del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw).
(1-00462) (Nuova formulazione) «Zanella, Fratoianni, Bonelli, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».

(17 giugno 2025)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il recente vertice Nato, tenutosi a l'Aja il 24 e 25 giugno 2025, si è svolto in un contesto geopolitico drammatico: dal conflitto russo-ucraino, ai crimini a Gaza, fino all'escalation in Iran, le tensioni internazionali rischiano di sfociare in un conflitto di portata globale, allontanando sempre più, in assenza di iniziative concrete di dialogo e diplomazia, le prospettive di una pace duratura;

    2) il fallimento collettivo nel perseguire le soluzioni diplomatiche necessarie per rispondere alle tensioni internazionali e garantire la pace è racchiuso nella decisione assunta, nell'ambito del vertice dell'Alleanza, di innalzare al 5 per cento del prodotto interno lordo il contributo europeo per la difesa entro il 2035 (3,5 per cento da destinarsi alle cosiddette spese militari «tradizionali», mentre il restante 1,5 per cento da investire in sicurezza e cybersicurezza), con l'eccezione della Spagna che ha concordato un obiettivo di spesa decisamente più contenuto al 2,1 per cento del proprio prodotto interno lordo, subordinato al rispetto degli obiettivi tecnici e operativi stabiliti dall'Alleanza;

    3) oltre ad allontanare le prospettive di pace, il nuovo target del 5 per cento in dieci anni, concordato in sede Nato, avrà ripercussioni potenzialmente disastrose per il welfare italiano, con un incremento sulle spese in difesa stimato in termini assoluti di 100 miliardi di euro aggiuntivi fino al 2035, cioè oltre il triplo di oggi – circa 66 miliardi in più per la difesa e 33 in più per la sicurezza – né è chiaro quali investimenti il Governo intenda computare nel novero delle voci di spesa rientranti nella difesa, sacrificando spesa sanitaria, istruzione, welfare, ambiente, sostegno alle imprese, occupazione e diritti sociali, priorità che appaiono inconciliabili con un impegno finanziario pluriennale di questa portata;

    4) audito in Parlamento il 3 luglio 2025 sugli esiti del vertice Nato, il Ministro della difesa Crosetto ha affermato, in merito al prospettato raggiungimento del nuovo target per la difesa che «quanto all'1,5 per cento destinato alla sicurezza, questo comprende attività già presenti oggi, ieri, nel bilancio nazionale»: queste affermazioni confermerebbero l'intenzione del Governo di conteggiare la spesa per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina all'interno dell'aumento delle spese militari, facendo rientrare il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina nel Military mobility action plan e dunque nelle opere strategiche per la difesa nazionale, con ripercussioni inaccettabili e nessuna tutela ambientale dei siti coinvolti, come peraltro ampiamente confermato, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, dalle recenti modifiche normative introdotte con il decreto-legge 21 maggio 2025, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2025, n. 105;

    5) a quanto esposto si aggiungono le perplessità in merito all'attuale metodo di calcolo del bilancio in chiave Nato. Alcuni recenti studi americani hanno sollevato dei dubbi rispetto all'adeguatezza del solo parametro finanziario per misurare il reale contributo di ogni alleato alla sicurezza collettiva, valutando la possibilità di inserire nuovi parametri che vadano oltre il mero input finanziario, misurando, invece, l'output capacitivo di ogni alleato;

    6) il prestigioso think tank californiano Rand Corporation ha elaborato nuovi sistemi di misura denominati Burdensharing Index e Burdensharing Ratio che tengono conto del livello quantitativo e qualitativo di truppe, dei mezzi e sistemi di difesa, di comando, comunicazione e intelligence, delle infrastrutture di mobilità, del livello di contribuzione alle missioni internazionali, delle perdite economiche legate alle sanzioni;

    7) applicando il metodo sopra descritto, l'Italia risulterebbe il primo alleato Nato, dopo Usa e Giappone, in termini di contribuzione assoluta con un Burdensharing Index di 4,75, superando in ambito Nato la Francia (4,61), il Regno Unito (3,54), la Germania (2,51) e l'Olanda (2,23) e il settimo alleato Nato in termini di contribuzione rapportata alla sua capacità di spesa con un Burdensharing Ratio di 1,12, posizionandosi in ambito Nato dopo Grecia (5,29), Lituania (4,19), Bulgaria (2,4), Slovacchia (1,86), Ungheria (1,46) e Olanda (1,35) e davanti a Turchia (1,11), Polonia (1,08), Francia (0,88), Estonia (0,8), Danimarca (0,76), Regno Unito (0,67), Belgio (0,65), Canada (0,39) e Germania (0,33). Se si applicasse questo sistema di calcolo, il nostro Paese non dovrebbe essere chiamato ad ulteriori aumenti della spesa per la difesa in chiave Nato, neanche alla luce del nuovo obiettivo del 5 per cento;

    8) il Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2025 ha d'altra parte certificato, nelle proprie conclusioni, la decisa svolta militarista e la corsa al riarmo dell'Europa: in particolare, l'invito rivolto agli Stati membri di continuare a incrementare considerevolmente la spesa per la sicurezza e la difesa, compresi gli impegni assunti in sede Nato, per gli Stati che ne sono parte, risuona come una resa politica dell'Unione europea, incapace di esprimere una propria strategia, se non quella fondata su un'economia di guerra sterile e non incentrata sulla reale identificazione e valutazione delle minacce alla sicurezza dei singoli Stati membri;

    9) l'intento politico di militarizzare l'economia europea è contenuto esplicitamente nel Piano di riarmo «Rearm Europe» sostenuto dal Governo Meloni: fondato su una logica prettamente nazionale che incoraggia i singoli Stati membri, Rearm si pone in netta antitesi con i principi del mercato comune europeo, consentendo anche l'utilizzo delle risorse residue dei fondi di Next generation EU e dei Fondi di coesione destinati a rinforzare il modello sociale europeo per investimenti militari, a vantaggio esclusivo di quei Paesi con elevata capacità fiscale e intensificando ulteriormente le disuguaglianze sia tra gli Stati membri sia all'interno di essi, creando un progetto di investimento industriale disorganico, che potrebbe falsare la concorrenza interna, in luogo di una sana e ordinata competizione intra-Unione europea;

    10) nonostante le rassicurazioni del Governo sul mancato interesse nell'accesso ai fondi, con un blitz notturno e in assenza di confronto politico, il 29 luglio 2025 l'Esecutivo ha inviato alla Commissione europea – l'ultimo giorno utile – la richiesta di attivazione dei prestiti a valere sul fondo Safe per 14 miliardi di euro ammortizzabili in 45 anni, da spendere entro i prossimi cinque; l'attivazione delle deroghe sui vincoli del Patto di stabilità, attraverso il ricorso alla clausola nazionale di salvaguardia, avrà come diretta conseguenza un aumento delle spese negli investimenti della difesa – una misura finora mai adottata nel caso di altri settori come sanità, ricerca e istruzione – oggetto da anni di tagli significativi per rispettare i parametri stringenti del Patto di stabilità e crescita;

    11) in aggiunta alle risorse garantite attraverso il ricorso allo strumento Safe, il piano di riarmo europeo troverà un sostegno finanziario anche nel nuovo bilancio europeo post 2027, in via di definizione: se la proposta per il Quadro finanziario pluriennale 2028-2035 formulata dalla Commissione europea il 16 luglio 2025 dovesse venire accolta dagli Stati membri, i fondi per la difesa verrebbero quintuplicati a scapito di una parte rilevante dei fondi per la coesione che sarà destinata al riarmo e all'industria militare, in linea con le nuove priorità strategiche dell'Unione europea, segnando, di fatto, la fine degli strumenti storici di sviluppo e coesione territoriale per le regioni del Mezzogiorno;

    12) il Piano di riarmo europeo è strettamente connesso al recente fallimentare accordo Unione europea-Stati Uniti sui dazi, che include, oltre ad impegni europei per maggiori acquisti di energia, anche l'acquisto di una quantità significativa – non meglio specificata – di attrezzature militari americane, come peraltro già previsto anche nel Piano d'azione per l'export italiano, quanto alla strategia con gli Stati Uniti;

    13) è di tutta evidenza come l'impegno di spesa assunto dagli Stati membri per il riarmo, anche attraverso il debito contratto con il ricorso ai prestiti a valere sullo strumento Safe, si tradurrà in acquisti di armamenti principalmente dagli Stati Uniti, ad evidente vantaggio della bilancia commerciale americana e in palese antitesi con la finalità di costruire una difesa comune europea e ad ulteriore conferma di una politica economica e militare europea di dipendenza nei confronti degli Usa;

    14) mentre a l'Aia era in corso il vertice Nato, nella stessa sede si è svolta parallelamente l'iniziativa trasversale promossa dal MoVimento 5 Stelle «No Rearm, No War» per denunciare il Piano di riarmo europeo, in totale contrasto con i principi e i valori comuni fondanti della stessa Unione, e costruire un'alternativa alla militarizzazione dell'Unione europea basata sulla promozione della sicurezza attraverso il dialogo e la pace fra i popoli e per difendere il futuro di tutti i cittadini europei;

    15) allarmante è, altresì, l'intenzione manifestata da alcuni Paesi europei, tutti membri dell'Alleanza atlantica – Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Finlandia – di ritirarsi dalla Convenzione di Ottawa, aprendo di fatto alla possibilità di utilizzo, produzione, stoccaggio e trasferimento di mine antiuomo, decisione che rischia di indebolire la protezione dei civili e di compromettere due decenni di un quadro normativo che ha permesso di salvare innumerevoli vite;

    16) negli scenari di guerra attualmente in corso il tema delle armi nucleari è drammaticamente tornato in auge. Durante il logorante conflitto russo-ucraino il Presidente Putin ha più volte minacciato l'uso delle armi nucleari e nel conflitto in Medio Oriente a giugno 2025 Israele ha sferrato un attacco a due siti nucleari iraniani e, in seguito, gli Stati Uniti hanno attaccato infrastrutture nucleari iraniane;

    17) ad aprile 2025 è stata trasmessa alle Camere la «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento (anno 2024)», dalla quale emerge un dato rilevante e, al contempo, inquietante con riferimento alle importazioni: nel 2024 Israele sale dalla settima alla seconda posizione come Paese di provenienza con 42 autorizzazioni per un valore di 154.937.788,90 euro, con un'incidenza del 20,83 per cento sul totale, quando nel 2023 era al 2,52 per cento con 31.545.932,82 euro;

    18) come riportato da fonti di stampa, i sistemi d'arma prodotti dalle aziende israeliane e vendute in Europa sono di fatto testate su Gaza e sui territori palestinesi martoriati dal conflitto in atto, dato peraltro riportato macabramente sulle brochure pubblicitarie delle armi. Preme ricordare i «Principi guida sulle imprese e i diritti umani» redatti dall'Onu, che raccomandano agli Stati di accertarsi prima della sottoscrizione di contratti con imprese di altri Paesi che le stesse rispettino i diritti umani e in questo caso appare decisamente evidente che pubblicizzare armi usate in un territorio come quello della Striscia di Gaza va decisamente oltre il mancato rispetto dei diritti umani;

    19) in tale fase storica contraddistinta da un'elevata instabilità dello scacchiere internazionale, la presenza di armi nucleari, la minaccia del loro utilizzo, nonché i rischi connessi ad incidenti o attacchi militari ai siti nucleari dovrebbe agevolare una seria riflessione circa la necessità di intraprendere un percorso in linea con il diritto internazionale umanitario volto alla non proliferazione e al disarmo totale;

    20) dal report pubblicato dalla International campaign to abolish nuclear weapons (Ican) sui costi degli arsenali nucleari nel 2024 emerge che le potenze nucleari sono intente a modernizzare i propri arsenali al fine di aumentare la capacità distruttiva delle atomiche, tanto che i nove Stati dotati di tali micidiali ordigni (Cina, Francia, India, Israele, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Regno Unito e Stati Uniti) hanno speso complessivamente oltre 100 miliardi di dollari, con un aumento di circa l'11 per cento rispetto all'anno precedente;

    21) il report sopra citato ha analizzato i costi sostenuti dai Paesi che ospitano le armi nucleari di altri Stati, tra cui l'Italia, dove sarebbero presenti testate nucleari statunitensi, per la quale è stato stimato un costo indiretto di circa 500 milioni di euro l'anno. Dato presunto e non certo, considerati il riserbo e l'opacità circa le informazioni inerenti a tali testate;

    22) l'Italia, dunque, è il Paese europeo con la presenza del maggior numero di ordigni nucleari statunitensi sul proprio territorio, nonché l'unico a disporre di due basi operative nell'ambito della condivisione dell'Alleanza. Secondo il rapporto Nuclear weapons ban monitor 2024, presentato a marzo 2025 a New York alla Conferenza degli Stati Parti del Trattato per la proibizione delle armi nucleari, gli ordigni citati si troverebbero nelle basi di Aviano e Ghedi: nella prima base sarebbero stoccate tra le 20 e le 30 testate, mentre nella seconda tra le 10 e le 15, testate B61-12 facenti parte del programma di ammodernamento dell'arsenale nucleare statunitense;

    23) l'articolo VI del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), ratificato dall'Italia con la legge 24 aprile 1975, n. 131, stabilisce che «ciascuna Parte si impegna a concludere in buona fede trattative su misure efficaci per una prossima cessazione della corsa agli armamenti nucleari e per il disarmo nucleare, come pure per un trattato sul disarmo generale e completo sotto stretto ed efficace controllo internazionale» e in tal senso è ormai fondamentale che il nostro Paese proceda con l'adesione al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw);

    24) lo scenario descritto e la grave crisi geopolitica in corso hanno destabilizzato le economie mondiali con pesanti ripercussioni sui Paesi più svantaggiati. Il contesto internazionale attuale, segnato da logoranti conflitti, ha un impatto negativo diretto sui Paesi in via di sviluppo con forti conseguenze sulle politiche di cooperazione allo sviluppo, strumento fondamentale per i processi di pace, per la stabilità e la crescita,

impegna il Governo:

1) a scongiurare qualsiasi ipotesi di aumento della spesa in difesa e sicurezza in riferimento al raggiungimento dei nuovi target Nato, adottando contestualmente iniziative urgenti volte al progressivo aumento annuale delle risorse del Fondo sanitario nazionale fino al raggiungimento del completo reintegro delle medesime risorse sottratte alla sanità pubblica;

2) a manifestare, in tutte le sedi istituzionali, nazionali, europee ed internazionali, la ferma contrarietà del Governo italiano al piano di riarmo europeo «Rearm Europe», sostituendolo integralmente con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuova la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell'Unione europea, quali: spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all'occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l'economia dell'Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile;

3) a censurare nelle opportune sedi istituzionali l'accordo siglato dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e dal Presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump in materia di dazi commerciali, con particolare riferimento all'impegno europeo all'acquisto di armamenti americani;

4) a fronte delle proposte formulate all'esito del vertice Nato di giugno 2025, a sospendere qualsivoglia determinazione definitiva in merito all'aumento delle spese per la difesa, alla tipologia di spese rientranti in tale categoria, nonché all'attivazione della clausola di salvaguardia in deroga ai vincoli del Patto di stabilità e crescita per le spese della difesa, fintanto che non sia consentito al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo che indichi la posizione da mantenere nelle sedi internazionali ed europee;

5) ad intraprendere le opportune iniziative in ambito Nato volte a proporre il superamento del criterio meramente finanziario della spesa per la difesa in percentuale rispetto al prodotto interno lordo, a favore dell'adozione di un nuovo e più corretto indice di misura del contributo nazionale alla sicurezza collettiva sul modello del Burdensharing Index e Burdensharing Ratio, di cui in premessa;

6) a non adottare iniziative normative volte a derogare ai controlli preventivi di Corte dei conti e Ragioneria generale dello Stato previsti dal codice degli appalti della difesa di cui al decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, dei contratti nel settore difesa, relativi alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico, nonché alla secretazione dei contratti citati;

7) ferma restando l'assoluta contrarietà alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, a non procedere con la classificazione di tale opera tra le infrastrutture ad uso militare, evitando altresì di drenare ulteriori risorse da infrastrutture urgenti e necessarie per le regioni Sicilia e Calabria, quali quelle idriche, ferroviarie, stradali e ospedaliere, e in ogni caso a dare priorità alle infrastrutture utili per colmare i fabbisogni territoriali delle varie regioni italiane e non quelle strumentalmente riconducibili a scopi militaristi e bellicisti;

8) ad adottare le opportune iniziative volte alla adesione nonché alla ratifica del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw), al fine di intraprendere un percorso in linea con il diritto internazionale umanitario volto alla non proliferazione e al disarmo totale;

9) a interrompere in via immediata qualsiasi rapporto inerente all'import e all'export di materiali di armamento con Israele, al fine di scongiurare che tali armamenti possano essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, cessando altresì il sostegno finanziario a un Governo che persevera nel commettere crimini orribili sulla Striscia di Gaza e nei territori palestinesi;

10) ad adottare con urgenza misure volte a vietare operazioni nei porti nazionali di carico, scarico, movimentazione e transito di materiale di armamenti e combustibili destinati ad Israele, nonché a stabilire il divieto di navigazione aerea sul territorio nazionale per gli aeromobili destinati ai medesimi fini;

11) a sostenere e farsi promotore, a livello europeo con gli altri Stati membri, di opportune iniziative volte alla totale sospensione della vendita, della cessione e del trasferimento di armamenti allo Stato di Israele, nel rispetto della posizione comune (2008/944/PESC) sulle esportazioni di armi e del Trattato sul commercio di armi (Att) dell'Onu, come richiesto dalla risoluzione approvata il 5 aprile 2024 dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite;

12) ad avviare immediatamente il procedimento di denuncia formale dell'accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del Memorandum d'intesa fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato di Israele, di cui alla legge 17 maggio 2005, n. 94;

13) in luogo dell'aumento delle spese per la difesa, ad aumentare le risorse per le politiche di cooperazione allo sviluppo al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile globale in sintonia con l'Agenda 2030, con una particolare attenzione all'efficacia degli aiuti e dello sviluppo, alla massima integrazione delle politiche e degli strumenti e al coordinamento e collaborazione degli attori della cooperazione;

14) a censurare altresì, nelle medesime sedi, l'adozione di strumenti volti ad un aumento esponenziale della spesa per la sicurezza e la difesa dell'Europa, declinata esclusivamente nel senso di un rafforzamento della capacità militare, in assenza di un progetto di difesa comune europeo e contestando il ricorso all'articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea da parte della Commissione europea quale base giuridica per l'adozione del Piano, sostenendo – al contempo – la necessità di un pieno coinvolgimento delle Assemblee parlamentari – nazionali ed europee – in ogni passaggio del processo politico e decisionale, ispirato alla necessaria e costante interlocuzione con il Parlamento, nel rispetto delle sue prerogative sovrane, a tutela dei diritti di tutti i cittadini, al fine di scongiurare il rischio di grave pregiudizio per la stessa democraticità e rappresentanza dell'Unione;

15) ad intraprendere – in netta contrapposizione con l'assetto attuale dei sistemi di difesa frammentati degli Stati membri, che comporta una dispersione e una duplicazione di risorse e mezzi – le opportune iniziative nelle sedi unionali volte a sostenere un progetto di difesa comune europea, ispirata ai principi di razionalizzazione ed efficientamento della spesa militare, al fine di garantire il rafforzamento dell'autonomia strategica dell'Unione;

16) ad escludere la possibilità di utilizzare i fondi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) a favore del riarmo e di nuove spese militari e a manifestare in tutte le sedi decisionali la ferma contrarietà del Governo italiano in relazione alla possibilità per gli altri Paesi membri dell'Unione europea di ricorrere all'utilizzo distorto di tali risorse destinate a rinforzare il modello sociale europeo, in netta antitesi con le finalità proprie del Next generation UE;

17) ad escludere altresì, in ogni caso, nell'ambito di Rearm Europe, il ricorso da parte del nostro Paese al dirottamento dei fondi di coesione per il finanziamento delle spese per la difesa, con inevitabili ricadute negative sui bilanci delle regioni destinatarie dei suddetti finanziamenti, assicurando altresì l'originario impiego e le finalità proprie dei fondi di coesione europei, destinati alle regioni italiane per rimuovere gli squilibri socio-economici e territoriali, escludendo in ogni caso il loro utilizzo per la difesa, anche con riferimento alla possibilità di ricorrervi per gli altri Stati membri, così da scongiurare effetti distorsivi nell'intreccio tra spesa degli armamenti e successivi riparti dei fondi per la coesione;

18) ad interrompere le trattative avviate in sede unionale quanto alla richiesta di attivazione dei prestiti a valere sul fondo Safe, subordinando qualsiasi ulteriore determinazione in merito ad un previo confronto ed esame parlamentare;

19) a scongiurare, altresì, il rischio che, nell'ambito delle interlocuzioni in corso sul riordino del quadro finanziario pluriennale dell'Unione, le risorse a valere su un futuro fondo unico europeo – al posto delle otto linee di finanziamento che compongono i Fondi di coesione, i Fondi strutturali e i fondi per la politica agricola comune – vengano distratte per altri flussi di spesa, in particolare relativi alla difesa, con grave pregiudizio per la politica agricola comune e la coesione territoriale;

20) ad intraprendere in tutte le opportune sedi istituzionali e consessi internazionali le necessarie iniziative volte a ribadire l'esigenza del pieno rispetto della Convenzione di Ottawa, accogliendo a tal fine le azioni a sostegno per l'attuazione della Convenzione sul divieto d'impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione, per rafforzare i valori di pace che quella Convenzione incarna.
(1-00481) (Nuova formulazione) «Riccardo Ricciardi, Lomuti, Francesco Silvestri, Scerra, Pellegrini, Bruno, Baldino, Cantone, Auriemma, Ilaria Fontana, Alifano, Quartini, Santillo, Perantoni, Carotenuto».

(25 luglio 2025)

   La Camera,

   premesso che:

    1) il contesto geopolitico internazionale è segnato da una fase di marcata instabilità e progressiva frammentazione dell'ordine multilaterale, determinata dall'indebolimento dei meccanismi di garanzia del diritto internazionale, dall'acutizzarsi di conflitti regionali e da una crescente polarizzazione nei rapporti tra gli attori globali;

    2) la guerra in Ucraina, avviata nel febbraio 2022 con l'invasione russa, si protrae nel suo terzo anno, con devastanti conseguenze umanitarie, la distruzione di intere aree del Paese, milioni di sfollati e un impatto rilevante sull'equilibrio geopolitico europeo e globale;

    3) nella Striscia di Gaza si sta consumando una delle più gravi crisi umanitarie dell'ultimo decennio. Secondo le Nazioni Unite, le operazioni militari dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 hanno provocato oltre 54.000 vittime palestinesi (di cui migliaia di minori), il collasso dei servizi sanitari e delle infrastrutture essenziali, e una condizione di emergenza permanente per l'intera popolazione civile mentre i ripetuti fallimenti diplomatici e l'assenza di una tregua stabile alimentano il rischio concreto di un protrarsi del conflitto nel tempo;

    4) l'escalation delle tensioni tra Israele e Iran ha riportato il Medio Oriente in una fase di altissima instabilità, con ripercussioni su sicurezza energetica, mercati internazionali, rotte commerciali e traffico marittimo nel Golfo Persico e nel Mar Rosso, alimentando il rischio di un'estensione del conflitto a Paesi terzi e all'intero scacchiere regionale;

    5) in questo scenario, il vertice Nato svoltosi all'Aia il 24 e 25 giugno 2025, ha approvato un nuovo obiettivo politico di spesa militare collettiva che prevede, entro il 2035, il raggiungimento di una quota pari al 5 per cento del Prodotto interno lordo europeo aggregato da destinare alla difesa, articolato in un 3,5 per cento per le capacità militari operative e un 1,5 per cento per investimenti in sicurezza strategica, infrastrutture critiche e resilienza;

    6) l'adesione a tale nuovo obiettivo comporta per l'Italia un impegno potenzialmente gravoso e strutturale, con effetti permanenti sulla composizione del bilancio dello Stato, se si considera che nel 2024 la spesa per la difesa dell'Italia si è attestata intorno all'1,5 per cento del Prodotto interno lordo, collocandosi nella fascia bassa tra i 32 Paesi membri dell'Alleanza Atlantica e che il Governo ha deciso di includere nel calcolo del rapporto del 2 per cento già indicato nei vertici Nato del Galles (2014) e di Madrid (2022) tra spese in conto capitale per la difesa e Prodotto interno lordo anche voci non strettamente riconducibili alla spesa militare, quali i servizi meteorologici, le capitanerie di porto, la Guardia di Finanza e le relative pensioni e ipotizza di raggiungere la soglia del 3 per cento estendendo ulteriormente il perimetro di calcolo, includendo addirittura il ponte sullo Stretto di Messina;

    7) secondo le rilevazioni più recenti fornite dalla Nato, nel 2024 circa due terzi degli Stati membri – ventitré su trentadue – risultano aver conseguito l'obiettivo del 2 per cento del Prodotto interno lordo destinato alla spesa per la difesa. Tale dato, tuttavia, deve essere interpretato tenendo conto del fatto che le modalità di calcolo adottate dalla Nato non corrispondono esattamente a quelle utilizzate nei bilanci nazionali dei singoli Paesi. Il cosiddetto «budget Nato» viene determinato secondo criteri standardizzati volti a garantire l'omogeneità e la confrontabilità dei dati tra i membri dell'Alleanza, includendo voci di spesa che, in alcuni casi, non trovano corrispondenza nei documenti contabili interni;

    8) la contribuzione proporzionale dell'Italia all'obiettivo del 5 per cento del Prodotto interno lordo europeo aggregato implicherebbe un incremento della spesa per la difesa di oltre 60 miliardi di euro annui rispetto ai livelli attuali. Tale incremento risulterebbe particolarmente oneroso in un contesto macroeconomico segnato da vincoli di finanza pubblica stringenti e da un debito pubblico che, secondo la Nota di aggiornamento al Def 2024, ha raggiunto il 135 per cento del Prodotto interno lordo, rappresentando il secondo livello più elevato dell'area euro;

    9) il piano «Rearm Europe», promosso dalla Commissione europea e sostenuto dal Governo italiano, mira a mobilitare risorse pubbliche per rafforzare la base industriale della difesa, anche attraverso meccanismi straordinari di flessibilità di bilancio. Tale impostazione, se attuata su base nazionale e non nell'ambito di una governance comune, rischia di generare un modello di competizione fiscale e industriale che favorisce i Paesi con maggior capacità di spesa, sottraendo risorse a obiettivi strategici fondamentali per la tenuta sociale dell'unione e compromettendo lo sviluppo di una vera difesa comune europea, fondata su pianificazione condivisa, investimenti integrati e controllo democratico delle scelte strategiche;

    10) in assenza di una chiara definizione delle modalità di finanziamento e dei meccanismi compensativi, tali orientamenti sia a livello internazionale, significative ricadute sulle risorse disponibili per sia a livello europeo, rischiano di determinare le politiche pubbliche essenziali, quali la sanità, l'istruzione e il welfare;

    11) come confermato da fonti di Governo, l'Italia ha formalizzato la richiesta di accesso allo strumento europeo «Safe» (Security action for Europe), attivo dal mese di maggio 2025, trasmettendo nella notte tra il 29 e il 30 luglio 2025 una lettera ufficiale alla Commissione europea. Il prestito Safe consentirebbe agli Stati membri di ottenere risorse a condizioni agevolate, con possibilità di rimborso fino a 45 anni, per finanziare acquisti militari congiunti di sistemi e attrezzature militari europei, a condizione che almeno il 65 per cento del valore sia costituito da produzione interna all'Unione, con modalità di adesione flessibile;

    12) secondo quanto evidenziato nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) 2024, la spesa sanitaria pubblica nazionale è prevista in calo al 6,2 per cento del Prodotto interno lordo nel 2025, un livello inferiore sia alla media dei Paesi Ocse sia alla soglia ritenuta necessaria da numerosi organismi indipendenti per assicurare l'erogazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza (Lea) sull'intero territorio nazionale. A tal proposito, numerose fonti istituzionali e tecnico-scientifiche hanno evidenziato le criticità sistemiche che affliggono il Servizio sanitario nazionale, segnalando un progressivo indebolimento della capacità di risposta pubblica ai bisogni di cura, un allungamento strutturale delle liste d'attesa e un ampliamento delle disuguaglianze territoriali nell'accesso ai servizi, con il rischio concreto di un'erosione della natura universalistica del sistema e di derive di privatizzazione strisciante;

    13) analoghe preoccupazioni riguardano i comparti della spesa sociale e scolastica, già da tempo soggetti a misure di contenimento e razionalizzazione, in un quadro in cui si registra un incremento della povertà assoluta – in particolare tra i nuclei familiari con minori – e una crescente fragilità nei contesti urbani periferici. Tale scenario impone un approccio improntato alla massima responsabilità, alla coerenza degli obiettivi di spesa e alla salvaguardia degli interessi generali della collettività a protezione delle risorse destinate alla sanità, all'istruzione e al welfare, affinché non si comprometta la tutela dei diritti fondamentali e l'universalità del sistema;

    14) il 27 luglio 2025, in Scozia, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente statunitense Donald Trump hanno siglato un accordo commerciale che prevede l'applicazione di un dazio unico del 15 per cento sulle esportazioni europee negli Stati Uniti, ferme le aliquote maggiori in vigore per alluminio, acciaio e automobili. L'Unione europea si è inoltre impegnata ad acquistare, oltre a prodotti energetici, armamenti statunitensi in «grandi quantità». In particolare, secondo le affermazioni di Trump, l'Unione europea avrebbe concordato acquisti per 750 miliardi di dollari in energia statunitense e investimenti diretti per 600 miliardi di dollari in tre anni;

    15) in tale contesto sussiste il concreto rischio che il rafforzamento della spesa militare a livello nazionale e transatlantico si traduca in una dipendenza strutturale dalle industrie di armamenti statunitensi, con potenziali effetti negativi sul grado di autonomia strategica dell'unione europea, sul mercato interno e sul consolidamento di una base tecnologica e produttiva europea efficace,

impegna il Governo:

1) a garantire che l'incremento delle spese per la difesa non comporti in alcun modo la riduzione delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, dei sistemi di istruzione, ricerca e formazione, della protezione sociale e degli interventi di contrasto alla povertà, riconoscendo il carattere strutturale e prioritario di tali settori per la tenuta democratica e l'equità sociale del Paese;

2) ad accompagnare ogni aumento della spesa militare con il miglioramento e l'efficientamento della spesa sanitaria, anche al fine di abbattere le cosiddette liste d'attesa, nonché ad adottare il modello «un euro in spesa militare, un euro in cultura»;

3) in questo quadro, ad adottare, nell'ambito del prossimo disegno di legge di bilancio e degli strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale, iniziative normative idonee a garantire un progressivo incremento del finanziamento del Fondo sanitario nazionale, finalizzato al pieno reintegro delle risorse sottratte al comparto sanitario pubblico nel corso degli ultimi esercizi e al rafforzamento strutturale della capacità del Servizio sanitario nazionale di assicurare l'erogazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza sull'intero territorio nazionale, nel rispetto del principio costituzionale di tutela della salute quale diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività (articolo 32 della Costituzione);

4) a escludere categoricamente il ricorso a misure fiscali aggiuntive – quali aumenti della pressione tributaria o contributiva – per finanziare l'incremento della spesa pubblica in materia di difesa, impegnandosi a individuare prioritariamente, nel rispetto dei principi di proporzionalità, trasparenza ed equità, misure di razionalizzazione, riallocazione e ottimizzazione delle risorse già iscritte a bilancio, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica e con gli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea;

5) a promuovere un piano nazionale di rilancio e sostegno agli investimenti pubblici, in coerenza con gli obiettivi strategici dell'Unione europea, volto a rafforzare la competitività del sistema produttivo, la resilienza delle filiere industriali, l'incremento dell'occupazione qualificata, il diritto all'istruzione e l'innovazione nei servizi pubblici, garantendo che ogni incremento della spesa militare sia bilanciato da pari impegni a sostegno dello sviluppo economico e sociale in linea con i Trattati dell'Unione e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e al fine di salvaguardare la sostenibilità e l'equità del modello socioeconomico nazionale ed europeo;

6) a favorire le sinergie industriali europee verso lo sviluppo di piattaforme militari comuni (aerei, navi, mezzi terrestri, satelliti) che consentano l'interoperabilità e riducano la dispersione e le attuali sovrapposizioni nelle produzioni degli Stati membri, con particolare attenzione alla valorizzazione dell'industria italiana, promuovendone il pieno coinvolgimento nei programmi comuni e favorendo il consolidamento delle sue capacità tecnologiche, produttive ed esportative, in particolare, in attesa della modifica dei trattati e dell'istituzione di un esercito comune, a promuovere iniziative che favoriscano l'integrazione dei modelli di acquisizione e concertazione degli asset strategici, mediante accordi di spesa comune tra gli Stati membri, così da rendere più efficiente e coordinata la programmazione degli investimenti anche sul piano tecnologico;

7) a farsi promotore, in sede europea, della costruzione progressiva di una difesa comune europea, improntata a principi di integrazione, pianificazione condivisa, controllo democratico e razionalizzazione delle risorse, superando l'attuale frammentazione dei sistemi difensivi nazionali, onde evitare duplicazioni di spesa e garantire l'autonomia strategica dell'unione in coerenza con l'articolo 42 del Trattato sull'Unione europea, contribuendo alla costruzione di un sistema difensivo europeo resiliente e autonomo, particolarmente solido di fronte a minacce crescenti e in un contesto che vede gli Usa sempre meno presenti;

8) a escludere, in ogni caso, il ricorso da parte dello Stato italiano all'utilizzo dei Fondi europei di coesione – ivi compresi quelli provenienti dal Next generation EU – per il finanziamento diretto o indiretto di spese in ambito militare e difensivo, assicurando il pieno rispetto della finalità originaria di tali fondi, destinati alla riduzione degli squilibri economici, sociali e territoriali tra le regioni italiane;

9) a definire un percorso graduale e sostenibile per l'incremento delle risorse destinate alla difesa, in linea con gli standard Nato e con l'obiettivo di raggiungere entro il 2035 un livello di spesa pari al 3,5 per cento del Prodotto interno lordo, assicurando la trasparenza dei dati annuali relativi agli stanziamenti effettivi nonché promuovendo il pieno coinvolgimento dell'industria nazionale nei programmi europei e la valutazione strategica degli strumenti finanziari europei disponibili per la difesa;

10) a farsi promotore, in sede europea, dell'attivazione di strumenti di debito comune dell'unione europea – inclusi eurobond – finalizzati a sostenere in modo coordinato e mutualistico gli investimenti strategici in materia di sicurezza, difesa, infrastrutture critiche e resilienza dell'Unione, riconoscendone la maggiore sostenibilità in termini di condizioni di finanziamento e minore impatto sui bilanci nazionali, anche in considerazione dei differenziali di rischio sovrano tra gli Stati membri;

11) a trasmettere alle Camere, con cadenza semestrale, una relazione dettagliata sull'attuazione degli impegni assunti in ambito nazionale ed europeo in materia di sicurezza e difesa, contenente l'aggiornamento sugli stanziamenti e sugli investimenti effettivamente sostenuti, lo stato di avanzamento delle principali iniziative industriali e tecnologiche, i risultati ottenuti nei negoziati europei, nonché un'analisi periodica sul quadro della sicurezza nazionale ed europea, al fine di assicurare la piena trasparenza e il costante coinvolgimento del Parlamento nella definizione delle priorità strategiche;

12) a promuovere, in ogni sede negoziale e nell'attuazione degli impegni internazionali assunti, la piena autonomia strategica, industriale e tecnologica dell'unione europea nel settore della difesa, promuovendo una strategia industriale comune che valorizzi la capacità produttiva europea e garantisca il riequilibrio delle relazioni transatlantiche, evitando il rischio di una dipendenza strutturale da forniture esterne, in particolare nel comparto armamentistico, e tutelando la concorrenza leale nel mercato interno.
(1-00482) «Boschi, Gadda, Del Barba, Faraone, Bonifazi, Giachetti».

(31 luglio 2025)

   La Camera,

   premesso che:

    1) dal Documento programmatico pluriennale della difesa per il triennio 2024-2026, trasmesso alle Camere il 12 settembre 2024, emerge che nel 2024 il rapporto tra le risorse stanziate per la difesa (29,18 miliardi di euro) e il prodotto interno lordo nominale (2.130,48 miliardi di euro) era pari all'1,37 per cento, con una proiezione in diminuzione all'1,31 per cento nel 2025 e all'1,26 per cento nel 2026, sulla base delle stime del prodotto interno lordo previste per quegli anni;

    2) il nuovo «Defence investment Plan» adottato al vertice Nato dell'Aja (25 giugno 2025) fissa l'obiettivo del 5 per cento del prodotto interno lordo per la difesa entro il 2035 (di cui 3,5 per cento per funzioni militari core, 1,5 per cento per resistenza e infrastrutture), sostituendo così il precedente impegno del 2 per cento e introducendo reporting annuali e una revisione intermedia nel 2029;

    3) secondo le stime della Nato, nel 2024 circa due terzi dei Paesi membri – ventitré su trentadue – hanno raggiunto l'obiettivo del 2 per cento del prodotto interno lordo destinato alla spesa per la difesa, anche se le spese (e quindi le percentuali) considerate dalla Nato, non coincidono pienamente con quelle approvate nei bilanci nazionali, dal momento che – come indicato nel Documento programmatico pluriennale della difesa per il triennio 2022-2024 – il cosiddetto «budget Nato» viene calcolato sulla base di parametri specifici che rendano comparabili i dati finali tra tutti i Paesi dell'Alleanza;

    4) dal marzo 2025 la «clausola di salvaguardia» del Patto di stabilità e crescita dell'Unione europea può essere attivata per escludere fino a 650 miliardi di euro complessivi di spese militari dagli obiettivi di deficit: quindici Paesi lo hanno già fatto, mentre l'Italia non ha ancora sciolto la riserva;

    5) il Governo italiano ha recentemente comunicato che intende utilizzare lo strumento «Safe» (Security action for Europe), operativo da maggio 2025, in considerazione del fatto che rappresenta una forma di debito più conveniente di quello nazionale per il finanziamento degli investimenti nel campo della difesa;

    6) le strategie «Readiness 2030» (Libro bianco dell'Unione europea, pacchetto da 800 miliardi di euro tra Safe, clausola del Patto di stabilità e crescita, European defence industrial strategy (Edis) e «ReArm Europe» (ora ridenominato Defence Readiness 2030) tracciano la roadmap per integrazione industriale e corsie rapide per procurement congiunto e supply chain pan-europea;

    7) nel quadro della ricostruzione, nell'ambito della Conferenza di Roma di luglio 2025 sono stati formalizzati 200 accordi industriali tra Italia e Ucraina, per un valore superiore a 10 miliardi di euro, con priorità su infrastrutture critiche e dual use (logistica, sistemi agricoli e idrici, sviluppo portuale di Odessa);

    8) la minaccia militare russa viene stimata in crescita, con diverse intelligence europee che valutano credibile una capacità di Mosca di proiettare attacchi verso Paesi Nato entro il 2028-2030, rafforzando il senso di urgenza su prontezza, deterrenza e capacità industriali;

    9) le recenti pause e riprese nell'invio di aiuti militari Usa all'Ucraina (luglio 2025) sottolineano la necessità di uno sforzo europeo strutturale e continuativo, senza più affidarsi all'ombrello statunitense in esclusiva,

impegna il Governo:

1) a promuovere nei consessi Unione europea e Nato meccanismi permanenti di equa condivisione degli oneri («burden sharing») e indicatori pubblici e trasparenti che distinguano la qualità e l'impatto operativo della spesa difensiva dei diversi Stati membri;

2) a rafforzare la cooperazione con i Paesi dell'Unione europea «volenterosi» e con il Regno Unito, favorendo relazioni politiche, industriali e militari sempre più strette e azioni coordinate per la tempestiva fornitura di munizioni, sistemi missilistici e capacità di difesa aerea (anche mediante procurement e produzione congiunta), integrando sistematicamente la partecipazione italiana ai nuovi strumenti finanziari europei per la difesa e contribuendo alla costruzione di un sistema difensivo europeo resiliente e autonomo, particolarmente solido di fronte a minacce crescenti e in un contesto che vede gli Usa sempre meno presenti;

3) ad assumere iniziative volte a prevedere una tabella di marcia realistica per l'incremento della spesa per la difesa, vincolando tale aumento a un effettivo potenziamento della capacità operativa delle forze armate, con l'obiettivo di raggiungere il 2 per cento del prodotto interno lordo già dal 2025 e il 3,5 per cento entro il 2035, secondo criteri conformi alle regole Nato («cash» e «capabilities»), rendendo pubblici annualmente i dati sulle spese effettive sostenute, attraverso il rafforzamento degli investimenti in difesa aerea, cybersicurezza, intelligence e tecnologie duali, un maggiore coinvolgimento dell'industria nazionale nei progetti europei e un riesame strategico degli strumenti finanziari europei cui aderire;

4) ad attivare con urgenza tutti gli strumenti finanziari dell'Unione europea disponibili (Safe, fondi della Banca europea per gli investimenti, clausola del Patto di stabilità e crescita) per la difesa, privilegiando investimenti di lungo termine e valutando periodicamente la convenienza rispetto a soluzioni di finanza nazionale e, in caso di indisponibilità dei suddetti strumenti, ad adottare con tempestività la clausola di salvaguardia europea per rendere sostenibile fiscalmente l'incremento della spesa;

5) a incrementare il coinvolgimento dell'industria nazionale nella ricostruzione ucraina e nella sicurezza, seguendo le linee guida della Recovery Conference di Roma, anche attraverso lo sviluppo e l'impiego di tecnologie e strumenti a duplice uso civile e militare;

6) ad assumere iniziative volte a prevedere, all'interno del Documento programmatico pluriennale della difesa, una sezione specifica dedicata all'avanzamento degli impegni assunti, con particolare riferimento agli investimenti effettuati, ai risultati conseguiti nelle negoziazioni europee e allo stato della sicurezza nazionale ed europea;

7) a rafforzare le capacità nazionali e comuni di cybersicurezza, promuovendo la cooperazione industriale e tecnologica europea e il pieno coinvolgimento dell'Italia nelle iniziative dell'Unione europea in materia, anche attraverso la partecipazione attiva al Centro europeo di competenza per la cybersicurezza industriale, tecnologica e di ricerca (Eccc), lo sviluppo di capacità autonome di difesa cibernetica e l'integrazione delle azioni previste dalla Strategia nazionale di cybersicurezza.
(1-00483) (Nuova formulazione) «Richetti, Marattin, Rosato, Bonetti, Benzoni, D'Alessio, Grippo, Sottanelli, Onori, Pastorella, Ruffino».

(6 agosto 2025)

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