CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 gennaio 2025
XIX LEGISLATURA
Fascicolo di seduta
A.C. 1917
EMENDAMENTI
Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare.

Relatori: NAZARIO PAGANO,
MICHELOTTI e BORDONALI.

N. 3.

Seduta del 15 gennaio 2025

(Il fascicolo non comprende gli emendamenti dichiarati inammissibili, quelli ritirati e quelli votati)

ART. 2.
(Modifica all'articolo 102 della Costituzione)

(Votazione dell'articolo 2)

ART. 3.
(Modifica dell'articolo 104 della Costituzione)

  Sopprimerlo.
*3.1. Auriemma, Alfonso Colucci, Alifano, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sopprimerlo.
*3.2. Cuperlo, Bonafè, Serracchiani, Gianassi, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Sopprimerlo.
*3.3. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente al medesimo capoverso:

   sopprimere il terzo comma;

   al quarto comma, sostituire le parole: Gli altri con le seguenti: I.
3.1019. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente al medesimo capoverso, sopprimere i commi dal quarto al sesto.
3.1020. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente al medesimo capoverso, sopprimere il quinto comma.
3.1021. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente al medesimo capoverso, sopprimere il sesto comma.
3.1022. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente al medesimo capoverso, sopprimere il settimo comma.
3.1023. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il primo comma.
*3.25. Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il primo comma.
*3.1011. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, dopo le parole: ordine autonomo aggiungere la seguente: , libero.
3.29. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, sostituire la parola: indipendente con le seguenti: ad ordinamento indipendente.
3.28. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, dopo le parole: altro potere aggiungere le seguenti: sia legislativo che esecutivo.
3.31. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, dopo le parole: altro potere aggiungere le seguenti: anche legislativo.
3.32. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, dopo le parole: altro potere aggiungere le seguenti: anche esecutivo.
3.33. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, dopo le parole: altro potere aggiungere le seguenti: o autorità.
3.34. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, sopprimere le parole: ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente.
*3.35. Bonafè, Serracchiani, Gianassi, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, sopprimere le parole: ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente.
*3.1001. Auriemma, Alfonso Colucci, Alifano, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», primo comma, sostituire le parole: della carriera giudicante e della carriera con le seguenti: di funzione giudicante e di funzione.
3.1002. Alifano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere i commi dal secondo al settimo.
*3.54. Alfonso Colucci, Cafiero De Raho, Alifano, Auriemma, D'Orso, Ascari, Giuliano, Penza.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere i commi dal secondo al settimo.
*3.1012. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il terzo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, quarto comma, sostituire le parole: Gli altri con le seguenti: I.
**3.68. Auriemma, Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il terzo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, quarto comma, sostituire le parole: Gli altri con le seguenti: I.
**3.70. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il terzo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, quarto comma, sostituire le parole: Gli altri con le seguenti: I.
**3.1013. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere i commi dal quarto al sesto.
*3.77. Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere i commi dal quarto al sesto.
*3.1014. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo le parole: altri componenti aggiungere le seguenti: ,nel rispetto della parità di genere,.
**3.82. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo le parole: altri componenti aggiungere le seguenti: ,nel rispetto della parità di genere,.
**3.1010. Boschi, Giachetti, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Gruppioni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, sostituire le parole da: estratti a sorte fino alla fine del quarto comma, con le seguenti con il seguente: scelti per la metà tra i giudici ordinari, per il Consiglio superiore della magistratura giudicante, e tra i pubblici ministeri ordinari, per il Consiglio superiore della magistratura requirente, con le modalità stabilite dalla legge e, per l'altra metà, dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo quindici anni di esercizio. Durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   al quinto comma sopprimere le parole: mediante sorteggio dall'elenco compilato;

   sopprimere il sesto comma.
3.1009. Giachetti, Boschi, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Gruppioni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, sostituire le parole da: estratti a sorte, fino alla fine del quarto comma, con le seguenti: eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   al quinto comma, sostituire le parole: designati mediante sorteggio dall'elenco compilato con la seguente: eletti

   al sesto comma:

    sostituire le parole: designati mediante sorteggio con la seguente: eletti;

    sopprimere le parole: e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
3.80. Bonafè, Di Biase, Cuperlo, Serracchiani, Gianassi, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, sostituire le parole: estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di con le seguenti: eletti per un terzo, nel rispetto della parità di genere, tra

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   al medesimo comma:

    sopprimere le parole: che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall'insediamento, compila mediante elezione,

    sostituire le parole: rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, con le seguenti: tra tutti i magistrati ordinari appartenenti alle varie categorie.

   al quinto comma, sostituire le parole: designati mediante sorteggio dall'elenco compilato con la seguente: eletti

   al sesto comma:

    sostituire le parole: designati mediante sorteggio con la seguente: eletti;

    sopprimere le parole: e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
3.1027. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, sostituire le parole: estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di con le seguenti: eletti per un terzo tra;.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   al medesimo comma:

    sopprimere le parole: che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall'insediamento, compila mediante elezione,;

    sostituire le parole: rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, con le seguenti: tra tutti i magistrati ordinari appartenenti alle varie categorie.

   al quinto comma, sostituire le parole: designati mediante sorteggio dall'elenco compilato con la seguente: eletti

   al sesto comma:

    sostituire le parole: designati mediante sorteggio con la seguente: eletti;

    sopprimere le parole: e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
3.83. Gianassi, Di Biase, Bonafè, Cuperlo, Serracchiani, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, sostituire le parole: estratti a sorte con le seguenti: nominati, nel rispetto della parità di genere,.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   al quinto comma, sostituire le parole: designati mediante sorteggio con la seguente: nominati

   al sesto comma:

    sostituire le parole: designati mediante sorteggio con la seguente: nominati;

    sopprimere le parole: e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
*3.81. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, sostituire le parole: estratti a sorte con le seguenti: nominati, nel rispetto della parità di genere,.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   al quinto comma, sostituire le parole: designati mediante sorteggio con la seguente: nominati

   al sesto comma:

    sostituire le parole: designati mediante sorteggio con la seguente: nominati

    sopprimere le parole: e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
*3.1026. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo le parole: di avvocati aggiungere le seguenti: iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.
3.85. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo le parole: di avvocati aggiungere le seguenti: patrocinanti in cassazione da almeno tre anni.
3.86. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo le parole: di avvocati aggiungere le seguenti: patrocinanti in cassazione.
3.87. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo le parole: quindici anni di esercizio aggiungere la seguente: effettivo.
3.1007. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo le parole: con almeno quindici anni di esercizio aggiungere le seguenti: e iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.
3.88. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo la parola: compila aggiungere le seguenti: , nel rispetto dalla parità di genere,.
3.84. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», comma quarto, sostituire le parole: tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge con le seguenti: da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie.
3.1004. Alifano, Alfonso Colucci, Penza, Auriemma, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», comma quarto, sopprimere le parole: , nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge.
3.1006. Auriemma, Alfonso Colucci, Alifano, Cafiero De Raho.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, sostituire le parole: nel numero con la seguente: paritariamente.
3.89. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, dopo le parole: nel numero aggiungere le seguenti: e nel rispetto della parità di genere.
3.90. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quarto comma, aggiungere, in fine, le parole: approvata a maggioranza assoluta.
3.91. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», dopo il quarto comma, aggiungere il seguente: I componenti da eleggere in sede parlamentare sono scelti, nel rispetto della parità di genere garantita dagli articoli 3 e 51 della Costituzione, secondo princìpi di trasparenza nelle procedure di candidatura e di selezione.
3.1008. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il quinto comma.
*3.95. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il quinto comma.
*3.97. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il quinto comma.
*3.1015. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quinto comma, sostituire le parole: il proprio vicepresidente con le seguenti: due vicepresidenti nel rispetto della parità di genere.
3.99. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quinto comma, sopprimere le parole: tra i componenti designati mediante sorteggio dall'elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
3.100. Bonafè, Di Biase, Cuperlo, Serracchiani, Gianassi, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», quinto comma, sopprimere le parole: mediante sorteggio.
3.102. Bonafè, Di Biase, Cuperlo, Serracchiani, Gianassi, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il sesto e il settimo comma.
3.103. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il sesto comma.
*3.104. Alifano, Auriemma, Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il sesto comma.
*3.106. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il sesto comma.
*3.1016. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sostituire il sesto comma con il seguente: I componenti durano in carica quattro anni e l'incarico non può essere rinnovato.
3.107. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sesto comma, sopprimere le parole: mediante sorteggio.
3.109. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sesto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'incarico non può essere rinnovato.
3.110. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il settimo comma.
*3.111. Auriemma, Alfonso Colucci, Alifano, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», sopprimere il settimo comma.
*3.1017. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», settimo comma, dopo le parole: far parte del Parlamento aggiungere le seguenti: , del Parlamento europeo, del Governo.
3.113. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 104», settimo comma, dopo le parole: Consiglio regionale aggiungere le seguenti: , o di una Giunta regionale o ricoprire ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.
3.114. Zaratti, Dori.

(Votazione dell'articolo 3)

ART. 4.
(Modifica dell'articolo 105 della Costituzione)

  Sopprimerlo.
*4.1. Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sopprimerlo.
*4.2. Gianassi, Bonafè, Di Biase, Cuperlo, Serracchiani, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Sopprimerlo.
*4.3. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il terzo e il quarto comma.
4.1019. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il quarto comma.
4.1020. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il primo comma

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il quinto comma.
4.1021. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il sesto comma.
4.1022. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il primo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il settimo comma.
4.1023. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il primo comma

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere l'ottavo comma.
4.1024. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il primo comma.
*4.31. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il primo comma.
*4.1010. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», primo comma, dopo le parole: i trasferimenti, aggiungere le seguenti: le sanzioni disciplinari,.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere i commi dal secondo all'ottavo.
4.33. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», primo comma, sostituire le parole: valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati con le seguenti: promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici, nonché altre competenze attribuite con legge costituzionale.

  Conseguentemente, sopprimere i commi dal secondo all'ottavo.
4.1009. Boschi, Giachetti, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Gruppioni.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», comma primo, dopo le parole: le valutazioni di professionalità aggiungere le seguenti: , le promozioni e i provvedimenti disciplinari.

  Conseguentemente, sopprimere i commi dal secondo all'ottavo.
4.1000. Penza, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», primo comma, dopo le parole: le valutazioni di professionalità, aggiungere le seguenti: le promozioni,.
4.34. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il secondo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere i commi dal terzo all'ottavo.
*4.58. Auriemma, Alfonso Colucci, Cafiero De Raho, Alifano, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il secondo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere i commi dal terzo all'ottavo.
*4.1011. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il terzo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il quarto comma.
**4.75. Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il terzo comma.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il quarto comma.
**4.1012. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», terzo comma, sopprimere la parola: quindici.

  Conseguentemente, al medesimo comma, sostituire le parole: nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti, con le seguenti: nonché da magistrati.
4.1002. Penza, Auriemma, Alifano, Alfonso Colucci, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», terzo comma, dopo le parole: è composta da quindici giudici aggiungere le seguenti: , nel rispetto della parità di genere,.
4.76. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», terzo comma, dopo le parole: e avvocati aggiungere le seguenti: iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.
4.77. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», terzo comma, dopo le parole: e avvocati aggiungere le seguenti: patrocinanti in cassazione.
4.78. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», terzo comma, dopo le parole: avvocati con almeno venti anni di esercizio aggiungere la seguente: effettivo.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, medesimo comma, dopo le parole: categorie con almeno venti anni di esercizio aggiungere la seguente: effettivo.
4.1005. Alifano, Alfonso Colucci, Auriemma, Cafiero De Raho.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», terzo comma, sopprimere le parole: e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
4.1003. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», terzo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: I componenti da eleggere in sede parlamentare sono scelti, nel rispetto della parità di genere garantita dagli articoli 3 e 51 della Costituzione, secondo princìpi di trasparenza nelle procedure di candidatura e di selezione.
4.1006. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il quarto comma.
*4.88. Alfonso Colucci, Cafiero De Raho, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il quarto comma.
*4.1013. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», quarto comma, sopprimere le parole: o quelli estratti a sorte dall'elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
4.1008. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», quarto comma, sostituire le parole: estratti a sorte dall'elenco con le seguenti: presenti nell'elenco.
4.89. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il quinto comma.
*4.96. Alifano, Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il quinto comma.
*4.1014. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il sesto comma.
**4.101. Auriemma, Alfonso Colucci, Alifano, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il sesto comma.
**4.1015. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sesto comma, dopo le parole: di un Consiglio regionale aggiungere le seguenti: , di una Giunta regionale.
4.102. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il settimo comma.
*4.104. Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere il settimo comma.
*4.1016. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sostituire il settimo comma con il seguente: Contro i provvedimenti riguardanti i magistrati adottati dall'Alta corte è ammesso ricorso al Consiglio di Stato per motivi di legittimità, contro i provvedimenti in materia disciplinare è ammesso ricorso alle sezioni unite della Corte suprema di cassazione.
4.1004. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere l'ottavo comma.
*4.107. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», sopprimere l'ottavo comma.
*4.1017. Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Mauri, Fornaro, Di Biase, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, capoverso «Art. 105», ottavo comma, dopo le parole: e le relative sanzioni aggiungere la seguente: disciplinari.
4.108. Zaratti, Dori.

(Votazione dell'articolo 4)

ART. 5.
(Modifiche all'articolo 106 della Costituzione)

  Sopprimerlo.
*5.1. Alifano, Alfonso Colucci, Auriemma, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sopprimerlo.
*5.2. Bonafè, Di Biase, Cuperlo, Serracchiani, Gianassi, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Sopprimerlo.
*5.3. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).
**5.5. Gianassi, Bonafè, Di Biase, Cuperlo, Serracchiani, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).
**5.6. Auriemma, Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere la lettera b).
*5.7. Bonafè, Serracchiani, Gianassi, Cuperlo, Di Biase, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, sopprimere la lettera b).
*5.8. Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 5.

  1. Il primo comma dell'articolo 106 della Costituzione è sostituito dal seguente:

   «Le nomine dei magistrati giudicanti e requirenti hanno luogo per concorsi separati».

  2. Il terzo comma dell'articolo 106 della Costituzione è sostituito dal seguente:

   «La legge può prevedere la nomina di avvocati e di professori ordinari universitari in materie giuridiche a tutti i livelli della magistratura giudicante».
5.1001. Giachetti, Boschi, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Gruppioni.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 5.

  1. All'articolo 106, terzo comma, della Costituzione, le parole: «quindici anni d'esercizio» sono sostituite dalle seguenti: «venti anni di esercizio effettivo».
5.1000. Alifano, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

(Votazione dell'articolo 5)

ART. 6.
(Modifica all'articolo 107 della Costituzione)

  Sopprimerlo.
*6.1. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sopprimerlo.
*6.2. Bonafè, Serracchiani, Gianassi, Cuperlo, Di Biase, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Sopprimerlo.
*6.3. Zaratti, Dori.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

  1-bis. Il terzo comma dell'articolo 107 della Costituzione è abrogato.
6.1000. Boschi, Giachetti, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Gruppioni.

(Votazione dell'articolo 6)

ART. 7.
(Modifica all'articolo 110 della Costituzione)

  Sopprimerlo.
*7.1. Alifano, Alfonso Colucci, Auriemma, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sopprimerlo.
*7.2. Serracchiani, Bonafè, Gianassi, Cuperlo, Di Biase, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Sopprimerlo.
*7.3. Zaratti, Dori.

(Si vota il mantenimento dell'articolo 7)

  Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:

Art. 7-bis.

  1. All'articolo 112 della Costituzione, dopo le parole: «Il Pubblico Ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale» sono aggiunte, in fine, le parole: «nei casi e nei modi previsti dalla legge».
7.01000. Giachetti, Boschi, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Gruppioni.

ART. 8.
(Disposizioni transitorie)

  Sopprimerlo.
*8.1. Auriemma, Alfonso Colucci, Alifano, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sopprimerlo.
*8.2. Gianassi, Serracchiani, Bonafè, Cuperlo, Di Biase, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Sopprimere il comma 1.

  Conseguentemente, al comma 2, sostituire le parole: di cui al comma 1 con le seguenti: sul Consiglio superiore della magistratura, sull'ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare.
**8.3. Cafiero De Raho, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sopprimere il comma 1.

  Conseguentemente, al comma 2, sostituire le parole: di cui al comma 1 con le seguenti: sul Consiglio superiore della magistratura, sull'ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare.
**8.4. Serracchiani, Bonafè, Gianassi, Cuperlo, Di Biase, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1, dopo le parole: Le leggi aggiungere le seguenti: , approvate a maggioranza qualificata,.
8.5. Zaratti, Dori.

  Al comma 1, sopprimere le parole: sul Consiglio superiore della magistratura,.
8.1000. Auriemma, Alfonso Colucci, Alifano, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere le parole: , sull'ordinamento giudiziario.
8.1001. Alifano, Auriemma, Alfonso Colucci, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere le parole: e sulla giurisdizione disciplinare.
8.1002. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sostituire le parole: entro un anno con le seguenti: non prima di dieci anni.
8.6. Cuperlo, Serracchiani, Bonafè, Gianassi, Di Biase, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 1 sostituire le parole: entro un anno con le seguenti: non prima di cinque anni.
8.1005. Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: e acquistano efficacia a decorrere dal quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

  Conseguentemente, sopprimere il comma 2.
8.1003. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Sopprimere il comma 2.
*8.7. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Cafiero De Raho, Penza, D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Sopprimere il comma 2.
*8.8. Gianassi, Serracchiani, Bonafè, Cuperlo, Di Biase, Mauri, Fornaro, Lacarra, Scarpa.

  Al comma 2, sostituire le parole: delle leggi di cui al comma 1 continuano a osservarsi, nelle materie ivi indicate con le seguenti: di tutte le leggi di cui al comma 1, continuano ad osservarsi.
8.1004. Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

(Votazione dell'articolo 8)

A.C. 1917
ORDINI DEL GIORNO
Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare.

N. 1.

Seduta del 15 gennaio 2025

   La Camera,

   premesso che:

    la separazione delle carriere dei magistrati requirenti e giudicanti è una condizione necessaria ma non esaustiva per garantire la tutela dei diritti costituzionali sia degli indagati che dei condannati. La tutela di tali diritti necessita però di una complessiva riforma del sistema giurisdizionale che ne garantisca concretamente il rispetto, ivi incluso il principio della funzione rieducativa della pena;

    la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, prevede all'articolo 54 che al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione sia concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata;

    al 16 dicembre 2024 le persone detenute in carcere erano 62.153 (in aumento di circa 2.000 unità rispetto al 2023), a fronte di una capienza regolamentare di 51.320, con un tasso di affollamento effettivo pari a circa il 132,6 per cento, con istituti che hanno raggiunto il 225 per cento (Brescia Canton Monbello) e con 59 penitenziari oltre il 150 per cento;

    la Corte europea dei diritti dell'uomo, con la nota sentenza Torreggiani e altri contro Italia (ricorsi nn. 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10) – adottata l'8 gennaio 2013 con decisione presa all'unanimità – ha condannato l'Italia per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, avendo ravvisato condizioni di vita lesive della dignità umana nei nostri istituti di pena soprattutto a causa di un sovraffollamento patologico e dell'assenza di spazi vitali adeguati per ciascun ristretto;

    il numero delle persone detenute è tornato a crescere. Il dato è particolarmente allarmante nella situazione contingente, in rapporto alla pronuncia citata che riconosce la sussistenza di condizioni di reclusione inumane e degradanti non solo a causa del tasso di sovraffollamento, ma anche a causa di condizioni di vita degenerate per carenze trattamentali, igieniche, sanitarie;

    il recente aumento esponenziale dei suicidi tra i detenuti nelle carceri (89 nel 2024, il dato più alto di sempre), nonché quello dei decessi in carcere (245), dà conto di una disperazione ingravescente che si incancrenisce nella constatazione di mancanza di attenzione politica e di indifferenza sociale;

    ogni anno i tribunali di sorveglianza riescono a evadere solo poche migliaia di pratiche riguardanti la liberazione anticipata dei detenuti, con altissimi costi in termini di risorse finanziarie ed economiche mentre decine di migliaia di istanze restano senza risposta. Se si considera la situazione di crescente sovraffollamento delle carceri italiane, con i conseguenti problemi relativi alla vivibilità e al rispetto dei diritti umani dei detenuti, e il fatto che su migliaia di domande di liberazione anticipata ne sono accolte i due terzi circa, si comprendono l'importanza e l'utilità di rendere automatica la concessione del beneficio, ricorrendo al magistrato di sorveglianza solo nel caso in cui la direzione dell'istituto di pena segnali, con relazione motivata, la condotta negativa del detenuto;

    occorre rafforzare l'istituto della liberazione anticipata aumentando da quarantacinque ad almeno sessanta i giorni di sconto di pena per ogni semestre, al fine di rafforzare il «patto» di convivenza civile nelle prigioni e di incentivare la buona e regolare condotta e l'adesione a tutte le opportunità risocializzanti che l'espiazione della pena offre, prendendosi al contempo cura della sicurezza delle decine di migliaia di operatori penitenziari che vivono quotidianamente a contatto con i detenuti, a rischio della propria incolumità;

    è necessario, inoltre, adottare misure deflattive rispetto al sovraffollamento, nonché in un'ottica di necessario ristoro per le persone ristrette che patiscono un'afflizione suppletiva e incolpevole a causa delle numerose restrizioni e contrazioni delle opportunità trattamentali e degli spazi residui di libertà,

impegna il Governo:

   ad incrementare da 45 ad almeno 60 giorni la detrazione per ogni singolo semestre di pena scontata in favore di chi abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione, prevedendo una detrazione ulteriore per il prossimo biennio al fine di fare fronte, con urgenza, al sovraffollamento carcerario;

   ad agevolare l'iter di concessione della liberazione anticipata prevedendo che a questa provveda il direttore dell'istituto, salvo l'interessato sia incorso in una sanzione disciplinare che possa pregiudicare la partecipazione all'opera di rieducazione.
9/1917/1. Giachetti, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Gruppioni.

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 3 della Costituzione prevede il principio di uguaglianza e il divieto di ogni forma di discriminazione, compresa quella basata sul sesso, riconoscendo la necessità di rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena realizzazione dell'uguaglianza tra i cittadini;

    il successivo articolo 51, coerentemente con quanto previsto dall'articolo 3, promuove l'accesso paritario tra donne e uomini agli uffici pubblici e alle cariche elettive, ribadendo il principio fondamentale dell'equilibrio di genere tra i pilastri di una democrazia che sia non solo formalmente ma anche sostanzialmente equa e inclusiva;

    la revisione costituzionale in esame, all'articolo 3, prevede che i membri del Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente (eccetto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione) siano estratti a sorte, ma nulla dispone circa l'introduzione di garanzie relative al rispetto del principio della parità di genere nel meccanismo estrattivo;

    è necessario adottare misure volte a garantire la parità di genere nella designazione dei componenti laici e togati, assicurando che entrambi i generi abbiano uguali opportunità di accedere ai Consigli superiori della magistratura,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative normative volte a garantire il rispetto della parità di genere nella designazione dei componenti laici e togati dei Consigli superiori della magistratura.
9/1917/2. Boschi, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Giachetti, Gruppioni.

   La Camera,

   premesso che:

    secondo la relazione al disegno di legge costituzionale n. 1917 il Governo starebbe dando «attuazione alla separazione delle carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale»: in realtà, ad avviso dei firmatari, l'intento è quello di ridimensionare il potere giudiziario; pur proclamando l'unitarietà dell'ordine giudiziario lo si divide in due magistrature, quella requirente e quella giudicante, che saranno «governate» da due CSM differenti;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario, aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    non si deve dimenticare che alla fine della scorsa legislatura gran parte della maggioranza si era fatta parte attiva e aveva votato la cosiddetta riforma Cartabia del CSM e dell'ordinamento giudiziario; il terzo intervento significativo sulla giustizia del Governo Draghi – dopo la riforma della giustizia civile e di quella penale, entrambe fondamentali per il PNRR – la legge n. 71 del 2022, che ha introdotto norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, tra le quali il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, prevedendo una separazione delle funzioni tra magistratura requirente e giudicante e che il passaggio da una funzione all'altra possa essere effettuato una volta nel corso della carriera entro 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni e che, trascorso tale periodo, è ancora consentito per una sola volta;

    non si dà – per finalità del tutto differenti da quelle legate all'efficienza della giustizia e alle garanzie per i cittadini – il tempo necessario a valutare l'impatto e la bontà delle riforme adottate; la separazione delle carriere non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma potrà, ad avviso dei firmatari, condurre all'isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo ad una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo; il rischio per il Governo Meloni e per la sua maggioranza è inoltre quello di arrivare ad una eterogenesi dei fini, ovvero ad un rafforzamento parossistico della figura del pubblico ministero;

    nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale, questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale; la nuova disciplina imporrà, inoltre, anche una totale rivisitazione delle norme sull'accesso in magistratura nonché delle norme sulla progressione di carriera, le quali, come sottolinea il parere del Plenum del CSM, non sono linearmente ed efficacemente affrontate;

    non può non rilevarsi inoltre che lo sdoppiamento del potere giudiziario, solo formalmente unitario, in due distinti sottordini, determini una novità nell'assetto costituzionale e nell'ordinaria rappresentazione dell'assetto dei poteri con, tra gli altri, il rischio severo di un rallentamento ulteriore laddove non una possibile paralisi del sistema, che invece richiede come universalmente noto interventi per la velocizzazione dei processi;

    l'agitare il tema «salvifico» della separazione delle carriere conduce ad un intervento apparentemente forte, che viene spacciato per «riforma della giustizia», ma che in realtà si traduce solamente in propaganda: non si otterrà un vero impatto sulle garanzie e certamente nessun effetto virtuoso sul sistema giustizia, afflitto da pesantissimi tagli e da un sostanziale disinvestimento da parte del Governo sul suo funzionamento (risorse, personale, giustizia civile, penale, esecuzione della pena, edilizia etc.), come dimostrato anche dall'ultima legge di bilancio;

    grazie alle prime risorse attivate dal PNRR si erano registrati inizialmente significativi progressi che hanno promosso concorsi per assumere magistrati, assunzioni a termine per l'Ufficio del Processo (per tre anni), la previsione di nuovi agenti di polizia penitenziaria ed investimenti per informatizzare le procedure;

    questi passi avanti saranno però interrotti dai tagli imposti dalla legge di bilancio 2025 nel comparto giustizia e in particolare sul sistema dell'esecuzione della pena. Le riduzioni ammontano a 85 milioni di euro per il 2025, 107 per il 2026 e 110 per il 2027; nell'ultima manovra di bilancio, nel triennio 2025-2027, sono state previste ulteriori riduzioni per la giustizia le cui risorse complessive passeranno dagli 11.477.913.806 del 2025 ai 10.916.335.584 del 2027;

    tutto il sistema della giustizia tra 2025 e 2027 subisce un ulteriore taglio di 500 milioni, in particolare risultano concentrati principalmente, sui programmi Amministrazione penitenziaria, Giustizia civile e penale, Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione;

    il Programma Giustizia civile e penale – gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2025 di 5.576,2 milioni di euro, con un decremento di 166,4 milioni,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui al disegno di legge costituzionale in esame, e a riferirne alle Camere entro tre mesi dall'entrata in vigore della medesima, con particolare riferimento all'impatto della riforma che introduce la separazione delle magistrature in requirente e giudicante sul processo minorile.
9/1917/3. Di Biase, Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge costituzionale interviene sugli articoli 87, 102, 105, 106, 107 e 110 della Costituzione, prevedendo una separazione della funzione giudicante da quella requirente, e in particolare istituendo due distinti organi di autogoverno della magistratura, il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    dal testo in esame la presidenza di entrambi gli organi è attribuita al Presidente della Repubblica, mentre sono membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, rispettivamente, il primo Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale della Corte di Cassazione;

    particolarmente grave è il sistema introdotto per l'elezione degli altri componenti di ciascuno dei due Consigli superiori, che si fonda sul sistema del sorteggio, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti;

    infatti, se pure si dovesse ritenere che la mera selezione dei candidati tramite sorteggio non faccia venir meno la natura di «elezione» alla successiva selezione tramite voto dei candidati, di certo l'intervento limitativo del diritto del singolo di candidarsi verrebbe ad incidere sul diritto di elettorato passivo; per questo aspetto, infatti, la norma costituzionale, laddove di fatto rimette alla legge ordinaria di disciplinare il sistema elettorale, non può che essere letta in combinato disposto con quanto stabilito in generale dall'articolo 51 della Costituzione, per il quale «tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.»,

impegna il Governo

ad effettuare un adeguato monitoraggio degli effetti applicativi della nuova normativa costituzionale, e a presentare una relazione alle Camere entro cinque mesi dall'entrata in vigore della medesima, anche al fine di verificare il rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura e delle garanzie per un giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, l'effetto della medesima innovazione sulla velocità dei tempi dei processi civili e penali, con particolare riferimento alla congruità con il dettato costituzionale del meccanismo di selezione previsto dalla normativa in esame, basato sull'estrazione a sorte con il rischio di detrimento e mortificazione delle competenze e di compressione del diritto di elettorato passivo.
9/1917/4. Toni Ricciardi, Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge costituzionale interviene sugli articoli 87, 102, 105, 106, 107 e 110 della Costituzione, prevedendo una separazione della funzione giudicante da quella requirente, e in particolare istituendo due distinti organi di autogoverno della magistratura, il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    dal testo in esame la presidenza di entrambi gli organi è attribuita al Presidente della Repubblica, mentre sono membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, rispettivamente, il primo Presidente della Corte di cassazione e il Procuratore generale della Corte di cassazione;

    particolarmente grave è il sistema introdotto per l'elezione degli altri componenti di ciascuno dei due Consigli superiori, che si fonda sul sistema del sorteggio, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti;

    infatti, se pure si dovesse ritenere che la mera selezione dei candidati tramite sorteggio non faccia venir meno la natura di «elezione» alla successiva selezione tramite voto dei candidati, di certo l'intervento limitativo del diritto del singolo di candidarsi verrebbe ad incidere sul diritto di elettorato passivo; per questo aspetto, infatti, la norma costituzionale, laddove di fatto rimette alla legge ordinaria di disciplinare il sistema elettorale, non può che essere letta in combinato disposto con quanto stabilito in generale dall'articolo 51 della Costituzione, per il quale «tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.»,

impegna il Governo

ad effettuare un adeguato monitoraggio degli effetti applicativi della nuova normativa costituzionale, e a presentare una relazione alle Camere entro dieci mesi dall'entrata in vigore della medesima, anche al fine di verificare il rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura e delle garanzie per un giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, nonché gli effetti della medesima innovazione sulla velocità dei tempi dei processi civili e penali, che riferisca, con corredo di dati aggiornati, con particolare riferimento: alle criticità organizzative legate al funzionamento, al personale e alla dotazione finanziaria necessaria ad una così profonda innovazione; alla congruità del meccanismo di selezione dei componenti dei due nuovi CSM separati basato sul sorteggio e al rispetto della parità di genere, all'impatto della separazione delle magistrature sulla fase delle indagini con attenzione per i reati del cosiddetto «codice rosso».
9/1917/5. Ghio, Ferrari, Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge costituzionale interviene sugli articoli 87, 102, 105, 106, 107 e 110 della Costituzione, prevedendo una separazione della funzione giudicante da quella requirente, e in particolare istituendo due distinti organi di autogoverno della magistratura, il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    dal testo in esame la presidenza di entrambi gli organi è attribuita al Presidente della Repubblica, mentre sono membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, rispettivamente, il primo Presidente della Corte di cassazione e il Procuratore generale della Corte di cassazione;

    particolarmente grave è il sistema introdotto per l'elezione degli altri componenti di ciascuno dei due Consigli superiori, che si fonda sul sistema del sorteggio, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti;

    è evidente che il sistema introdotto, fondato sul sorteggio, non può che offrire un risultato casuale in tema di rappresentanza di genere, non necessariamente allineato con l'obiettivo di garantire quelle pari opportunità tra donne e uomini che l'articolo 51 della Costituzione prevede siano invece promosse dalla nostra Repubblica;

    tale sistema, infatti, lungi dal favorire l'emersione delle figure più rappresentative a livello nazionale della magistratura tutta, finisce per rendere impossibile la promozione di un'adeguata rappresentanza tra i generi;

    al contrario, sarebbe stato auspicabile restare nel solco tracciato dall'attuale disciplina sull'elezione del Csm che ha individuato con la legge 17 giugno del 2022, n. 71, cosiddetta Legge Cartabia, un sistema di elezione volto a garantire un'equa rappresentanza di genere,

impegna il Governo

a presentare, entro tre mesi dall'elezione dei nuovi Consigli superiori della magistratura requirente e giudicante, una relazione dettagliata volta a stimare l'impatto del nuovo sistema elettorale sulla presenza femminile nei due organi di autogoverno della magistratura, nel rispetto del dettato costituzionale di cui all'articolo 51.
9/1917/6. Ferrari, Boldrini, Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge costituzionale interviene sugli articoli 87, 102, 105, 106, 107 e 110 della Costituzione, prevedendo una separazione della funzione giudicante da quella requirente, e in particolare istituendo due distinti organi di autogoverno della magistratura, il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    dal testo in esame la presidenza di entrambi gli organi è attribuita al Presidente della Repubblica, mentre sono membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, rispettivamente, il primo Presidente della Corte di cassazione e il Procuratore generale della Corte di cassazione;

    particolarmente grave è il sistema introdotto per l'elezione degli altri componenti di ciascuno dei due Consigli superiori, che si fonda sul sistema del sorteggio, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti;

    è evidente che il sistema introdotto, fondato sul sorteggio, non può che offrire un risultato casuale in tema di rappresentanza di genere, non necessariamente allineato con l'obiettivo di garantire quelle pari opportunità tra donne e uomini che l'articolo 51 della Costituzione prevede siano invece promosse dalla nostra Repubblica;

    tale sistema, infatti, lungi dal favorire l'emersione delle figure più rappresentative a livello nazionale della magistratura tutta, finisce per rendere impossibile la promozione di un'adeguata rappresentanza tra i generi;

    al contrario sarebbe stato auspicabile restare nel solco tracciato dall'attuale disciplina sull'elezione del Consiglio superiore della magistratura che ha individuato con la legge 17 giugno del 2022, n. 71, cosiddetta Legge Cartabia, un sistema di elezione volto a garantire un'equa rappresentanza di genere,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile volta a correggere le possibili distorsioni in materia di parità di genere, nonché a garantire un'equa rappresentanza tra donne e uomini.
9/1917/7. Cuperlo, Gianassi, Bonafè, Serracchiani, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    i firmatari contestano il provvedimento, nel merito e nel metodo, deprecandone, anche in questa sede, ogni elemento di novità, in quanto, a loro avviso, il testo arreca, nel suo complesso, squilibrio tra i poteri dello Stato e incrina la tenuta dello stato di diritto e della democrazia come sancite dalla Carta costituzionale e di cui l'unicità della giurisdizione e la separazione dei poteri costituiscono architravi irrinunciabili;

    la rottura del modello costituzionale di unicità della magistratura e non può avere altro effetto che quello di spingere il pubblico ministero fuori dalla cultura della giurisdizione avvicinandolo alla polizia giudiziaria, determinando esiti opposti rispetto agli obiettivi che il Governo dichiara di perseguire e contraddicendo il garantismo e il liberalismo proclamati da un pezzo della maggioranza dello stesso Governo;

    i firmatari deprecano, altresì, la contestuale assenza – se non il disinteresse da parte del dicastero competente – di misure incisive per il buon funzionamento del sistema giustizia ed efficaci sulla lentezza dei processi – solo in minima parte attutita grazie alle risorse umane, si badi bene, temporanee, derivanti dal PNRR, che stanno per esaurirsi – quali organici più ampi, incremento di personale, di magistratura e di cancelleria, di risorse materiali e strumentali;

    i firmatari sono costretti dai fatti a rilevare gli scomposti attacchi del Governo nei confronti della magistratura e di singoli giudici redarguiti e considerati politicizzati, ove le pronunce non ne assecondino l'orientamento e la volontà – valgano per tutte, solo perché più recenti, le aggressioni verbali in occasione delle pronunce sul trattenimento dei migranti, in cui i giudici si sono semplicemente e prudentemente rivolti alla Corte di giustizia europea – attacchi che risultano, altresì, infondati, a fronte della capacità di equilibrio del sistema e di dati incontrovertibili: due diversi giudici, di Firenze e Palermo, hanno dato ragione, rispettivamente, alla difesa del senatore Renzi e del Ministro Salvini, a riprova della loro indipendenza, quella stessa indipendenza che il Governo – e, segnatamente, il Ministro della giustizia e la Presidente del Consiglio, proponenti del presente disegno di legge – vede lesa a causa della sedicente accondiscendenza della magistratura giudicante verso quella requirente, tesi, anch'essa, non corroborata dalla realtà dei fatti e dai dati – si produrrà, ad avviso dei firmatari, per eterogenesi dei fini, una maggiore sproporzione tra la pubblica accusa e la difesa privata e il rischio concreto, per il cittadino, uguale a tutti gli altri di fronte alla legge ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, di diventare un po' meno uguale di altri: questa riforma va, infatti, a detrimento dei cittadini che si trovano più in difficoltà rispetto all'esercizio del proprio diritto costituzionale di difendersi in giudizio,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo:

   a riconsiderare il contenuto e l'opportunità del provvedimento in titolo, anche in occasione del prosieguo dell'iter di esame, valutandone gli effetti applicativi e il loro impatto sull'ordinamento giudiziario, sull'autonomia e l'indipendenza dei giudici, sull'esercizio del diritto alla difesa dei cittadini nonché sull'ordinamento costituzionale con riguardo alla separazione e al rapporto tra poteri dello Stato;

   a monitorare costantemente gli effetti delle modifiche apportate dal provvedimento in titolo, trasmettendo alle Camere, a decorrere dalla data di entrata in vigore delle leggi di cui all'articolo 8, comma 1, relazioni a cadenza semestrale, recanti dati dettagliati in ordine a ciascuno degli aspetti disciplinati dalle leggi medesime.
9/1917/8. Alfonso Colucci.

   La Camera,

   premesso che:

    i firmatari contestano il provvedimento, nel merito e nel metodo, deprecandone, anche in questa sede, ogni elemento di novità, in quanto, a loro avviso, il testo arreca, nel suo complesso, squilibrio tra i poteri dello Stato e incrina la tenuta dello stato di diritto e della democrazia come sancite dalla Carta costituzionale e di cui l'unicità della giurisdizione e la separazione dei poteri costituiscono architravi irrinunciabili;

    preme ai firmatari sottolineare che l'attuale Consiglio superiore della magistratura, organo unico per l'autogoverno di tutti i magistrati, si sdoppia, in quanto nascono due distinti organi di autogoverno, l'uno per il corpo giudicante e l'altro per il corpo requirente, ma entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica; cambia radicalmente la procedura di elezione ai Consigli, i cui componenti non saranno più eletti dagli stessi magistrati – questo, nelle intenzioni del Governo, per annullare la dinamica delle correnti – ma estratti a sorte, se pur con modalità distinte per l'elezione dei componenti togati e dei componenti laici: 1/3 dei componenti sono estratti a sorte da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall'insediamento, compila mediante elezione – che renderà comunque possibile un certo grado di controllo politico –; 2/3 dei componenti sono estratti a sorte, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti; il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione sono componenti di diritto, rispettivamente, del Consiglio della magistratura giudicante e del Consiglio della magistratura requirente;

    il sorteggio, nel medesimo meccanismo sopra descritto, è la modalità concepita dal provvedimento anche per l'elezione di magistrati, giudicanti e requirenti, quali componenti dell'Alta corte disciplinare, il nuovo organismo istituito che scippa, avocandolo a sé, il potere di azione disciplinare dell'attuale CSM;

    si depreca lo svilimento del ruolo e della funzione di rappresentanza con riguardo al sorteggio escogitato per i componenti dei due nuovi Consigli superiori della magistratura, in quanto tale soluzione espone a grandi rischi, in particolare il rischio della mancanza di professionalità dei membri sorteggiati, a fronte della specificità e la complessità degli argomenti trattati dai predetti organismi che, pertanto, non è pensabile rimettere a soggetti impreparati, privi delle adeguate esperienze e conoscenze della disciplina legislativa e regolamentare che definisce e regola i compiti dell'organo, senza contare la copiosa giurisprudenza interna;

    la gravità dell'istituto del sorteggio disposto risiede anche nella differenza dei meccanismi utilizzati per la componente laica e la componente togata: nel primo caso si tratta di un sorteggio fortemente temperato, dal momento che viene eseguito nell'ambito di una rosa di nomi scelti dal Parlamento in seduta comune, mentre la componente dei togati «subisce» l'applicazione di un sorteggio puro, sostanzialmente rimesso a pura casualità;

    in proposito, i firmatari rilevano che, nella scorsa legislatura, erano state avanzate due distinte ipotesi, la prima delle quali prevedeva di applicare il sorteggio ad un elenco numericamente sovrabbondante di magistrati scelti in precedenza mediante il meccanismo elettivo, nella seconda ipotesi, al contrario, il sorteggio avveniva tra tutti coloro che rispondevano ai requisiti richiesti, procedendo successivamente all'elezione nell'ambito del ventaglio di magistrati così ottenuto, previa disponibilità alla candidatura: ipotesi che, pur ricorrendo al sorteggio, non sottraevano rappresentatività alla magistratura – sono oscure le motivazioni che hanno indotto il Governo a preferire la soluzione più radicale e che appare ai firmatari essere una modalità punitiva e di indebolimento;

    si ribadisce la contrarietà al disposto nel suo complesso – in contrasto con la nostra tradizione sia giuridica sia socio-culturale e alla luce del fatto che meno è indipendente la giurisdizione, più è attratta sotto l'egida dei Governi, meno garanzie ha il cittadino di fronte alla giustizia;

    le «norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare» di cui al titolo e l'alibi della separazione delle carriere introducono, in realtà, un riassetto del sistema e del potere giudiziario, ben distante dal vigente modello costituzionale, elaborato dai costituenti subito dopo la Seconda guerra mondiale per estirpare in radice il pericolo di una magistratura piegata al potere politico a discapito della libertà dei cittadini, si tratta di una riscrittura dei rapporti tra poteri dello Stato, in sostanza, uno stravolgimento dell'ordinamento e dell'organizzazione del corpo della magistratura che ne risulta indebolita nelle sue prerogative e nelle sue garanzie come volute dai costituenti, con delle conseguenze nefaste su tutto il sistema costituzionale e giudiziario,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a riconsiderare il contenuto e l'opportunità del provvedimento in titolo, anche in occasione del prosieguo dell'iter di esame, con riguardo all'introduzione dell'istituto del sorteggio per la selezione dei magistrati ai fini della composizione del CSM, valutandone gli effetti applicativi e il loro impatto alla luce di quanto esposto in premessa.
9/1917/9. Auriemma.

   La Camera,

   premesso che:

    i firmatari contestano il provvedimento, nel merito e nel metodo, deprecando, anche in questa sede, ogni elemento di novità: le «norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare» di cui al titolo e l'alibi della separazione delle carriere introducono, in realtà, un riassetto del sistema e del potere giudiziario, ben distante dal vigente modello costituzionale, elaborato dai costituenti subito dopo la Seconda guerra mondiale per estirpare in radice il pericolo di una magistratura piegata al potere politico a discapito della libertà dei cittadini, si tratta di una riscrittura dei rapporti tra poteri dello Stato, in sostanza, uno stravolgimento dell'ordinamento e dell'organizzazione del corpo della magistratura che ne risulta indebolita nelle sue prerogative e nelle sue garanzie come volute dai costituenti, con delle conseguenze nefaste su tutto il sistema costituzionale e giudiziario;

    preme ai firmatari sottolineare che l'attuale Consiglio superiore della magistratura, organo unico per l'autogoverno di tutti i magistrati, si sdoppia, in quanto nascono due distinti organi di autogoverno, l'uno per il corpo giudicante e l'altro per il corpo requirente, ma entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica; il potere di azione disciplinare è sottratto ai Consigli neo-istituiti ed avocato al nuovo organismo appositamente istituito, l'Alta corte disciplinare;

    l'istituzione dell'Alta corte a cui si attribuisce, per sottrazione al Consiglio superiore della magistratura, la competenza a decidere sull'azione disciplinare, è indicata nella relazione illustrativa del Governo come «uno sviluppo naturale», ma, in realtà, si tratta del ritorno – rectius, di una regressione – alla fisionomia che era stata delineata dal regio decreto del 1946, successivamente radicalmente cambiato dai Padri costituenti;

    sempre con riguardo all'Alta Corte disciplinare, composta da magistrati del pubblico ministero e anche da giudici, essi, benché separati e facenti capo a distinti e autonomi organi, prima si separerebbero e poi si riunificherebbero nell'ambito di un'unica giurisdizione disciplinare;

    si ribadisce la piena contrarietà al predetto disposto, in contrasto con la nostra tradizione sia giuridica sia socio-culturale e alla luce del fatto che meno è indipendente la giurisdizione, più è attratta sotto l'egida dei Governi, meno garanzie ha il cittadino di fronte alla giustizia – nonché la piena contrarietà alla separazione delle carriere nell'ambito dell'ordine giudiziario, che verrebbe in tal modo frazionato: se infatti il pubblico ministero e il giudice venissero posti su due piani diversi con due distinti Consigli superiori della magistratura, certamente dovrebbero essere considerati due distinti ordini giudiziari;

    si stigmatizza, altresì, la creazione di un doppio CSM che rappresenta una duplicazione tanto dispendiosa quanto dannosa sul piano della efficienza della giustizia e della formazione culturale dei magistrati;

    i pubblici ministeri non perseguono finalità di condanna, ma finalità di giustizia e un eventuale intervento normativo, per il quale sarebbe sufficiente peraltro la legge ordinaria, dovrebbe essere orientato a rafforzare tale finalità di giustizia – la comune cultura della giurisdizione, che attualmente impone una comune formazione – iniziale e permanente – del Giudice e del pubblico ministero, costituisce un argine potente contro ogni rischio di pericolose derive del pubblico ministero; oggi il pubblico ministero non è «l'avvocato dell'accusa», ma è il primo garante della legalità nella ricerca e raccolta delle prove, con la stessa impostazione e formazione del giudice;

    si stigmatizza la sottrazione delle prerogative disciplinari al Consiglio superiore della magistratura, attribuite all'Alta corte e che l'unica possibilità di impugnare le sue sentenze, anche se attengono a diritti, sia dinnanzi all'Alta Corte medesima, cui è attribuita la giurisdizione in ordine all'azione disciplinare sia in primo che in secondo grado, anziché dinanzi alla Corte di cassazione,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a riconsiderare il contenuto e l'opportunità del provvedimento in titolo, anche in occasione del prosieguo dell'iter di esame, con riguardo allo sdoppiamento dell'attuale Consiglio superiore della magistratura e all'istituzione dell'Alta corte disciplinare, valutandone gli effetti applicativi e l'impatto sull'ordinamento alla luce di quanto esposto in premessa nonché in ordine alla compatibilità rispetto ai limiti espressi o impliciti alla revisione della Carta costituzionale, come definiti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, tra i quali si ravvisano principi, pur non menzionati espressamente fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, che appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana
9/1917/10. Alifano.

   La Camera,

   premesso che:

    i firmatari contestano il provvedimento, nel merito e nel metodo, deprecandone, anche in questa sede, ogni elemento di novità, in quanto il testo, a loro avviso, arreca, nel suo complesso, squilibrio tra i poteri dello Stato e incrina la tenuta dello stato di diritto e della democrazia come sancite dalla Carta costituzionale e di cui l'unicità della giurisdizione e la separazione dei poteri costituiscono architravi irrinunciabili;

    ad avviso dei firmatari il mai sopito tema della separazione delle carriere appare ripresentarsi, comunque, con forza ogni volta che sale la tensione tra potere esecutivo e giudiziario – come nel 2008, quando il Governo Berlusconi presentò l'omologo disegno di legge – e come accade oggi: non è peregrino, altresì, ipotizzare che le forze di governo si siano vicendevolmente accontentate e, dopo l'autonomia differenziata e il premierato, spetti ora a Forza Italia «incassare» un risultato sul suo storico cavallo di battaglia;

    il provvedimento conferma, ad avviso dei firmatari, «l'allergia» del Governo agli organismi autonomi e indipendenti qual è, ma non solo, in un ordinamento democratico, la magistratura: è un (altro) fatto che questo provvedimento si affianchi a quello che si «(pre)»occupa dei poteri di controllo della Corte dei conti, volgendosi ad affievolirli e limitarli, dopo averli peraltro soppressi fin dall'avvio del mandato sui progetti connessi al PNRR e al PNC;

    al pari di quanto emerso in sede di audizioni, si sottolinea che se per separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri si intende una netta divaricazione dei percorsi professionali e la diversità dei contesti organizzativi nei quali vengono svolti i rispettivi ruoli professionali allora bisogna prendere atto che, a seguito degli interventi legislativi degli ultimi venti anni, la separazione si è già di fatto realizzata e se, nonostante questo, si intensificano gli sforzi per giungere ad una revisione costituzionale più ampia della «separazione», ciò è dovuto al fatto che si mira ad un complessivo riassetto del potere giudiziario: si continua a chiamarla separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri ma è qualcosa di diverso e molto di più;

    si ribadisce la piena contrarietà al suo contenuto nel suo complesso – in contrasto con la nostra tradizione sia giuridica sia socio-culturale e alla luce del fatto che meno è indipendente la giurisdizione, più è attratta sotto l'egida dei Governi, meno garanzie ha il cittadino di fronte alla giustizia; il tema «tecnico» della necessità separazione delle carriere, obsoleto a fronte del contesto attuale come risultante dalla realtà dei fatti e dai dati, nasconde evidentemente, ad avviso dei firmatari, la volontà politica di iniziare da qui per smontare le garanzie di autonomia e indipendenza del pubblico ministero dal potere esecutivo e dai Governi, ciò che comporta il rischio, per il cittadino, uguale a tutti gli altri di fronte alla legge ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, che possa diventare un po' meno uguale di altri;

    preme ai firmatari richiamare l'attenzione sulle disposizioni transitorie di cui all'articolo 8, il quale prevede, al comma 1, che entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame siano adeguate «Le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull'ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare» alla luce delle modifiche introdotte;

    il medesimo articolo, al comma 2, dispone che «Fino alla data di entrata in vigore delle leggi di cui al comma 1 continuano a osservarsi, nelle materie ivi indicate, le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.»;

    si segnala, in proposito, che da tale formulazione si trae l'ipotesi che l'adeguamento comporti l'emanazione e l'approvazione di più leggi, successive nel tempo, e che le stesse, dunque, sostituirebbero le discipline vigenti progressivamente, prima una materia e poi l'altra, con ciò recando un danno enorme all'ordinamento e alterando la coerenza interna del sistema giudiziario,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a riconsiderare la formulazione dell'articolo 8 di cui alla premessa, prevedendo che siano mantenute in vigore tutte le discipline, le procedure e le norme attualmente vigenti, nelle distinte materie ivi considerate, fino all'integrale, compiuta e contestuale opera legislativa di adeguamento e alla sua altrettanto contestuale entrata in vigore
9/1917/11. Penza.

   La Camera,

   premesso che:

    secondo la relazione al disegno di legge costituzionale n. 1917 il Governo starebbe dando «attuazione alla separazione delle carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale»: in realtà, ad avviso dei firmatari, l'intento è quello di ridimensionare il potere giudiziario; pur proclamando l'unitarietà dell'ordine giudiziario lo si divide in due magistrature, quella requirente e quella giudicante, che saranno «governate» da due CSM differenti;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario, aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    non si deve dimenticare che alla fine della scorsa legislatura gran parte della maggioranza si era fatta parte attiva e aveva votato la cosiddetta riforma Cartabia del CSM e dell'ordinamento giudiziario; il terzo intervento significativo sulla giustizia del Governo Draghi – dopo la riforma della giustizia civile e di quella penale, entrambe fondamentali per il PNRR – la legge n. 71 del 2022, che ha introdotto norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, tra le quali il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, prevedendo una separazione delle funzioni tra magistratura requirente e giudicante, prevedendo che il passaggio da una funzione all'altra possa essere effettuato una volta nel corso della carriera entro 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni, e che trascorso tale periodo, è ancora consentito per una sola volta;

    non si dà – per finalità del tutto differenti da quelle legate all'efficienza della giustizia e alle garanzie per i cittadini – il tempo necessario a valutare l'impatto e la bontà delle riforme adottate; la separazione delle carriere non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma potrà, ad avviso dei firmatari, condurre all'isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo ad una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo; il rischio per il Governo Meloni e per la sua maggioranza è inoltre quello di arrivare ad una eterogenesi dei fini, ovvero ad un rafforzamento parossistico della figura del pubblico ministero;

    nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale, questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale; la nuova disciplina imporrà, inoltre, anche una totale rivisitazione delle norme sull'accesso in magistratura nonché le norme sulla progressione di carriera, le quali, come sottolinea il parere del Plenum del CSM, non sono linearmente ed efficacemente affrontate;

    non può non rilevarsi inoltre che lo sdoppiamento del potere giudiziario, solo formalmente unitario, in due distinti sottordini, determini una novità nell'assetto costituzionale e nell'ordinaria rappresentazione dell'assetto dei poteri con, tra gli altri, il rischio severo di un rallentamento ulteriore laddove non una possibile paralisi del sistema, che invece richiede come universalmente noto interventi per la velocizzazione dei processi;

    l'agitare il tema «salvifico» della separazione delle carriere conduce ad un intervento apparentemente forte, che viene spacciato per «riforma della giustizia», ma che in realtà si traduce solamente in propaganda: non si otterrà un vero impatto sulle garanzie e certamente nessun effetto virtuoso sul sistema giustizia, afflitto da pesantissimi tagli e da un sostanziale disinvestimento da parte del Governo sul suo funzionamento (risorse, personale, giustizia civile, penale, esecuzione della pena, edilizia etc.), come dimostrato anche dall'ultima legge di bilancio;

    grazie alle prime risorse attivate dal PNRR si erano registrati inizialmente significativi progressi che hanno promosso concorsi per assumere magistrati, assunzioni a termine per l'Ufficio del Processo (per tre anni), la previsione di nuovi agenti di Polizia penitenziaria ed investimenti per informatizzare le procedure;

    questi passi avanti saranno però interrotti dai tagli imposti dalla legge di bilancio 2025 nel comparto giustizia e in particolare sul sistema dell'esecuzione della pena. Le riduzioni ammontano a 85 milioni di euro per il 2025, 107 per il 2026 e 110 per il 2027; nell'ultima manovra di bilancio, nel triennio 2025-2027, sono state previste ulteriori riduzioni per la giustizia le cui risorse complessive passeranno dagli 11.477.913.806 del 2025 ai 10.916.335.584 del 2027;

    tutto il sistema della giustizia tra 2025 e 2027 subisce un ulteriore taglio di 500 milioni, in particolare risultano concentrati principalmente, sui programmi Amministrazione penitenziaria, Giustizia civile e penale, Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione;

    il Programma Giustizia civile e penale – gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2025 di 5.576,2 milioni di euro, con un decremento di 166,4 milioni,

impegna il Governo

ad effettuare un adeguato monitoraggio degli effetti applicativi della nuova normativa costituzionale e a presentare una relazione alle Camere entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima, anche al fine di verificare il rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura e delle garanzie per un giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, nonché l'effetto della medesima innovazione sulla velocità dei tempi dei processi civili e penali.
9/1917/12. Bonafè, Serracchiani, Gianassi, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    secondo la relazione al disegno di legge costituzionale C. 1917 il Governo starebbe dando «attuazione alla separazione delle carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale»: in realtà, ad avviso dei firmatari, l'intento è quello di ridimensionare il potere giudiziario; pur proclamando l'unitarietà dell'ordine giudiziario lo si divide in due magistrature, quella requirente e quella giudicante, che saranno «governate» da due CSM differenti;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario, aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    non si deve dimenticare che alla fine della scorsa legislatura gran parte della maggioranza si era fatta parte attiva e aveva votato la cosiddetta riforma Cartabia del CSM e dell'ordinamento giudiziario; il terzo intervento significativo sulla giustizia del Governo Draghi – dopo la riforma della giustizia civile e di quella penale, entrambe fondamentali per il PNRR – la legge n. 71 del 2022, che ha introdotto norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, tra le quali il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, prevedendo una separazione delle funzioni tra magistratura requirente e giudicante e che il passaggio da una funzione all'altra possa essere effettuato una volta nel corso della carriera entro 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni e che, trascorso tale periodo, è ancora consentito per una sola volta;

    non si dà – per finalità del tutto differenti da quelle legate all'efficienza della giustizia e alle garanzie per i cittadini – il tempo necessario a valutare l'impatto e la bontà delle riforme adottate; la separazione delle carriere non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma potrà condurre all'isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo ad una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo; il rischio per il Governo Meloni e per la sua maggioranza è inoltre quello di arrivare ad una eterogenesi dei fini, ovvero ad un rafforzamento parossistico della figura del pubblico ministero;

    nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale, questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale; la nuova disciplina imporrà, inoltre, anche una totale rivisitazione delle norme sull'accesso in magistratura nonché le norme sulla progressione in carriera, le quali non sono linearmente ed efficacemente affrontate;

    non può non rilevarsi inoltre che lo sdoppiamento del potere giudiziario, solo formalmente unitario, in due distinti sottordini, determini una novità nell'assetto costituzionale e nell'ordinaria rappresentazione dell'assetto dei poteri con, tra gli altri, il rischio severo di un rallentamento ulteriore laddove non una possibile paralisi del sistema, che invece richiede come universalmente noto interventi per la velocizzazione dei processi;

    l'agitare il tema «salvifico» della separazione delle carriere conduce ad un intervento apparentemente forte, che viene spacciato per «riforma della giustizia», ma che in realtà si traduce solamente in propaganda: non si otterrà un vero impatto sulle garanzie e certamente nessun effetto virtuoso sul sistema giustizia, afflitto da pesantissimi tagli e da un sostanziale disinvestimento da parte del Governo sul suo funzionamento (risorse, personale, giustizia civile, penale, esecuzione della pena, edilizia etc.), come dimostrato anche dall'ultima legge di bilancio;

    grazie alle prime risorse attivate dal PNRR si erano registrati inizialmente significativi progressi che hanno promosso concorsi per assumere magistrati, assunzioni a termine per l'Ufficio del Processo (per tre anni), la previsione di nuovi agenti di Polizia penitenziaria ed investimenti per informatizzare le procedure;

    questi passi avanti saranno però interrotti dai tagli imposti dalla Legge di Bilancio 2025 nel comparto giustizia e in particolare sul sistema dell'esecuzione della pena. Le riduzioni ammontano a 85 milioni di euro per il 2025, 107 per il 2026 e 110 per il 2027; nell'ultima manovra di bilancio, nel triennio 2025-2027, sono state previste ulteriori riduzioni per la Giustizia le cui risorse complessive passeranno dagli 11.477.913.806 del 2025 ai 10.916.335.584 del 2027;

    tutto il sistema della giustizia tra il 2025 e il 2027 subisce un ulteriore taglio di 500 milioni, in particolare risultano concentrati principalmente, sui programmi Amministrazione penitenziaria, Giustizia civile e penale, Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione;

    il Programma Giustizia civile e penale – gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2025 di 5.576,2 milioni di euro, con un decremento di 166,4 milioni,

impegna il Governo

ad effettuare un adeguato monitoraggio degli effetti applicativi della nuova normativa costituzionale e a presentare una relazione alle Camere entro cinque mesi dall'entrata in vigore della medesima, anche al fine di verificare il rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura e delle garanzie per un giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, nonché l'effetto della medesima innovazione sulla velocità dei tempi dei processi civili e penali, con particolare riferimento alle eventuali criticità organizzative legate al funzionamento, agli organici e alla dotazione finanziaria necessaria ad una così profonda innovazione.
9/1917/13. Fornaro, Bonafè, Serracchiani, Gianassi, Cuperlo, Di Biase, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    secondo la relazione al disegno di legge n. 1917 il Governo starebbe dando «attuazione alla separazione delle carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale»: in realtà, ad avviso dei firmatari, l'intento è quello di ridimensionare il potere giudiziario; pur proclamando l'unitarietà dell'ordine giudiziario lo si divide in due magistrature, quella requirente e quella giudicante, che saranno «governate» da due CSM differenti;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    non può non rilevarsi che lo sdoppiamento del potere giudiziario, solo formalmente unitario, in due distinti sottordini, determini una novità nell'assetto costituzionale e nell'ordinaria rappresentazione dell'assetto dei poteri con, tra gli altri, il rischio severo di un rallentamento ulteriore laddove non una possibile paralisi del sistema, che invece richiede come universalmente noto interventi per la velocizzazione dei processi;

    l'agitare il tema «salvifico» della separazione delle carriere conduce ad un intervento apparentemente forte, che viene spacciato per «riforma della giustizia», ma che in realtà si traduce solamente in propaganda: non si otterrà un vero impatto sulle garanzie e certamente nessun effetto virtuoso sul sistema giustizia, afflitto da pesantissimi tagli e da un sostanziale disinvestimento da parte del Governo sul suo funzionamento (risorse, personale, giustizia civile, penale, esecuzione della pena, edilizia etc.), come dimostrato anche dall'ultima legge di bilancio;

    grazie alle prime risorse attivate dal PNRR si erano registrati inizialmente significativi progressi che hanno promosso concorsi per assumere magistrati, assunzioni a termine per l'Ufficio del Processo (per tre anni), la previsione di nuovi agenti di Polizia penitenziaria ed investimenti per informatizzare le procedure;

    questi passi avanti saranno però interrotti dai tagli imposti dalla Legge di Bilancio 2025 nel comparto giustizia e in particolare sul sistema dell'esecuzione della pena. Le riduzioni ammontano a 85 milioni di euro per il 2025, 107 per il 2026 e 110 per il 2027; nell'ultima manovra di bilancio, nel triennio 2025-2027, sono state previste ulteriori riduzioni per la Giustizia le cui risorse complessive passeranno dagli 11.477.913.806 del 2025 ai 10.916.335.584 del 2027;

    tutto il sistema della giustizia tra 2025 e 227 subisce un ulteriore taglio di 500 milioni, in particolare risultano concentrati principalmente, sui programmi Amministrazione penitenziaria, Giustizia civile e penale, Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione;

    il Programma Giustizia civile e penale – gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2025 di 5.576,2 milioni di euro, con un decremento di 166,4 milioni,

impegna il Governo

ad effettuare un adeguato monitoraggio e a presentare una relazione al Parlamento in merito all'impatto della nuova normativa costituzionale, che dia conto anche dei dati relativi al reversal rate in appello – tasso di riforma delle decisioni – anche al fine di verificare il rispetto delle garanzie dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura, nonché l'effetto reale su un'auspicabile riduzione dei tempi dei processi per la quale il Governo dovrà comunque necessariamente adottare misure volte a stanziare risorse finanziarie e organizzative per la giustizia civile e penale, per la transizione digitale, per potenziare gli organici e per la digitalizzazione.
9/1917/14. Forattini, Gianassi, Serracchiani.

   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame modifica il Titolo IV della Costituzione, per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura;

    in particolare, l'articolo 3 sostituisce integralmente l'articolo 104 della Costituzione, sancendo – al primo comma – la separazione delle carriere della magistratura, specificando che l'ordine giudiziario è composto da magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente;

    al secondo comma del nuovo articolo 104 della Costituzione, istituisce i due nuovi organi di autogoverno della magistratura, rispettivamente, giudicante e requirente: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente. Il medesimo secondo comma del nuovo articolo 104 della Costituzione, inoltre, attribuisce la presidenza di entrambi i neoistituiti organi al Presidente della Repubblica;

    secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa, i due Consigli sono perfettamente sovrapponibili tra loro in termini di caratteristiche, funzioni e garanzie, così come con l'attuale Consiglio superiore;

    l'articolo 15 del decreto legislativo n. 25 del 2006 attribuisce ai consigli giudiziari, istituiti presso ogni corte di appello e composti da magistrati, il potere di vigilanza sull'andamento degli uffici giudiziari del distretto e, qualora rilevino l'esistenza di disfunzioni nell'andamento di un ufficio, le segnalano al Ministro della giustizia;

    occorre coordinare le molteplici esigenze degli uffici del pubblico ministero e quelle dei giudici, pertanto, almeno a livello distrettuale appare necessario che vi sia un organo di sintesi in grado di valutare le esigenze della giustizia nella sua complessità, proprio in virtù delle modifiche introdotte dall'atto in esame, che intendono istituire due distinti organi di autogoverno,

impegna il Governo

in sede di attuazione delle disposizioni contenute nel provvedimento e, segnatamente, dell'articolo 3, a mantenere l'attuale composizione e funzionamento dei consigli giudiziari, per consentire una sintesi tra le esigenze dei diversi uffici, requirenti e giudicanti, per il miglior coordinamento finalizzato a risolvere le problematiche del complessivo funzionamento della giustizia.
9/1917/15. Cafiero De Raho.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca: «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare»;

    anzitutto, occorre ricordare che nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale e questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale;

    la separazione delle carriere (e tanto meno delle magistrature) non è necessaria per realizzare una volta per tutte l'effettiva parità di accusa e difesa nel processo e, di conseguenza, l'effettiva imparzialità del giudice;

    la separazione delle magistrature finirà per accentuare il ruolo di parte del pubblico ministero e ciò ridimensionerà le garanzie difensive, determinando un'eterogenesi dei fini. Secondo una felice espressione, il pubblico ministero è sempre stato, allo stesso tempo, «avvocato dell'accusa» e «difensore della legalità»;

    l'imparzialità del pubblico ministero nella fase preparatoria delle indagini è un valore da tenere ben stretto: soprattutto oggi che le indagini preliminari – per fattori legati allo sviluppo della prova tecnologica – hanno assunto un peso determinante. Basti citare l'articolo 5, paragrafo 4, del regolamento sul Pubblico ministero europeo, secondo il quale «svolge le indagini in maniera imparziale e raccoglie tutte le prove pertinenti, sia a carico che a discarico»; oppure l'articolo 54, lettera a), dello Statuto di Roma, istitutivo del Tribunale penale internazionale, secondo il quale il Procuratore, «per determinare la verità, estende l'inchiesta a tutti i fatti ed elementi probatori eventualmente utili per determinare se vi è responsabilità penale secondo il presente Statuto, e, ciò facendo indaga sia a carico che a discarico»; infine, la Dichiarazione di Bordeaux del 2009, in cui si legge che «i Procuratori debbono essere indipendenti ed autonomi nelle loro decisioni e devono esercitare le loro funzioni in modo equo, obiettivo ed imparziale»;

    ora, il rischio concreto è che la separazione delle magistrature e la conseguente enfatizzazione del ruolo di parte del pubblico ministero avrà come conseguenza naturale quella di ridimensionarne il ruolo nella fase preparatoria, nella quale si finirebbe per valorizzare la polizia giudiziaria. Con il che si assisterebbe a un sensibile arretramento sul piano delle garanzie per la difesa, con buona pace della stessa previsione dell'articolo 109 della Costituzione Il superamento dell'obbligatorietà dell'azione penale postula necessariamente l'inserimento del pubblico ministero nel circuito democratico;

    ebbene, come ha riconosciuto la Corte costituzionale, il canone di obbligatorietà rappresenta il «punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale» (Corte costituzionale 88/1991),

impegna il Governo

a favorire, per quanto di competenza, nell'ambito delle iniziative legislative di cui all'articolo 8, comma 1, del provvedimento in esame, l'adozione di una disciplina che assicuri l'indipendenza della magistratura requirente anche al fine di garantire la piena effettività del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale.
9/1917/16. Grimaldi, Zanella, Zaratti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca: «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare»;

    anzitutto, occorre ricordare che nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale e questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale;

    oltre la separazione delle carriere, la riforma effettua un intervento ancora più incisivo sul modello costituzionale ridimensionando pesantemente il sistema dell'autogoverno della magistratura, concepito dai Costituenti come argine invalicabile per garantire il pluralismo istituzionale e l'indipendenza della magistratura da ogni altro potere;

    per ottenere questo risultato la strada seguita dalla riforma Nordio non punta alla modifica del rapporto fra membri togati e laici nei due Consigli Superiori, previsti rispettivamente per la magistratura requirente e per quella giudicante, ma introduce un'innovazione che – di fatto – sopprime l'autogoverno;

    la proposta governativa sceglie la via più radicale nel contenuto e nella forma per cambiare la Costituzione prevedendo una forma di «sorteggio secco», per l'individuazione dei membri togati del CSM ed una sorta di sorteggio temperato per i membri laici, che sono destinati ad essere sorteggiati nell'ambito di un «elenco» compilato mediante elezione – senza alcuna previsione nel testo costituzionale di maggioranze qualificate – dal Parlamento in seduta comune entro sei mesi dal suo insediamento;

    il sorteggio introduce un aspetto discriminatorio nei confronti del corpo dei magistrati, ove si tenga presente che tutte le categorie professionali eleggono i loro rappresentanti negli ordini professionali o negli organismi disciplinari, ma non è questo l'aspetti principale di cui i cittadini possano dolersi;

    il sorteggio riflette una concezione della magistratura come «corporazione» indifferenziata, destinata ad incidere pesantemente sull'indipendenza reale. Nella scelta del sorteggio c'è però qualcosa che va oltre il proposito di infliggere, ad avviso dei firmatari, una umiliazione alla magistratura. In questa visione della magistratura si esprime una logica di «restaurazione» che mira a cancellare e a smentire il percorso culturale, ideale ed istituzionale compiuto dalla magistratura negli ultimi cinquanta anni, appiattendola sull'unica dimensione di un corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative;

    oggi il Governo in carica sembra animato dall'intenzione di far regredire i giudici a corpo omogeneo di «funzionari», escludendo che nell'organismo che li amministra possano consapevolmente rispecchiarsi le idee e le culture dei giudici;

    il progetto di depotenziamento dell'autogoverno viene completato – come si è visto – dallo scorporo dal Consiglio Superiore della funzione disciplinare che viene affidata ad un organo creato ad hoc: l'Alta Corte disciplinare. Anche in quest'organo la componente togata viene scelta attraverso un sorteggio secco, con la differenza che per quest'organo il sorteggio è circoscritto ai soli magistrati con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità;

    la giustizia disciplinare sarà dunque monopolio dei magistrati di cassazione ripristinando una primazia che riecheggia un passato lontano nel quale gli alti gradi della cassazione svolgevano un ruolo di vertice dell'organizzazione giudiziaria e di preminenza nel CSM e nella giustizia disciplinare;

    la composizione sorteggiata dell'organo disciplinare renderà oscura ed imprevedibile la funzione disciplinare con un effetto di generare intimidazione sul corpo dei magistrati. In definitiva la rottura del modello costituzionale dell'unicità della magistratura e l'invenzione dei due Consigli superiori composti da membri sorteggiati, cancella l'autogoverno e rende oscura e non trasparente l'attività di gestione della magistratura, della quale nessuno potrà essere chiamato a renderne conto. Si creano così le condizioni per un impoverimento culturale e ideale del corpo dei magistrati, che diventeranno sempre più «funzionari» del servizio giustizia e sempre meno garanti di ultima istanza dei diritti inviolabili dei cittadini;

    l'invenzione della cosiddetta «Alta Corte disciplinare» con la componente dei magistrati nominati per sorteggio, avendo slegato dall'autogoverno la funzione disciplinare, contribuirà a rafforzare il conformismo nel corpo dei magistrati, a detrimento dell'indipendenza reale;

    dietro questo progetto di riforma vi è la palese ispirazione ad abbattere il livello di indipendenza reale della magistratura e di ritornare alla figura del giudice funzionario che caratterizzava il volto della magistratura negli anni '50, quando la maggior parte dei magistrati proveniva da una formazione culturale maturata durante il fascismo e non era concepibile che il controllo di legalità si estendesse anche agli abusi dei poteri pubblici o privati,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di:

   non ridimensionare il sistema dell'autogoverno della magistratura, concepito dai Costituenti come argine invalicabile per garantire il pluralismo istituzionale e l'indipendenza della magistratura da ogni altro potere;

   adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere, almeno per la nomina dei membri indicati dal Parlamento in seduta comune, il metodo del sorteggio.
9/1917/17. Zaratti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.

   La Camera,

   premesso che:

    secondo la relazione al disegno di legge Costituzionale n. 1917 il Governo starebbe dando «attuazione alla separazione delle carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale»: in realtà, ad avviso dei firmatari, l'intento è quello di ridimensionare il potere giudiziario; pur proclamando l'unitarietà dell'ordine giudiziario lo si divide in due magistrature, quella requirente e quella giudicante, che saranno «governate» da due CSM differenti;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario, aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    non si deve dimenticare che alla fine della scorsa legislatura gran parte della maggioranza si era fatta parte attiva e aveva votato la cosiddetta riforma Cartabia del CSM e dell'ordinamento giudiziario; il terzo intervento significativo sulla giustizia del Governo Draghi – dopo la riforma della giustizia civile e di quella penale, entrambe fondamentali per il PNRR – la legge n. 71 del 2022, che ha introdotto norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, tra le quali il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, prevedendo una separazione delle funzioni tra magistratura requirente e giudicante, prevedendo che il passaggio da una funzione all'altra possa essere effettuato una volta nel corso della carriera entro 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni, e che, trascorso tale periodo, è ancora consentito per una sola volta;

    non si dà – per finalità del tutto differenti da quelle legate all'efficienza della giustizia e alle garanzie per i cittadini – il tempo necessario a valutare l'impatto e la bontà delle riforme adottate; la separazione delle carriere non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma potrà, ad avviso dei firmatari, condurre all'isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo ad una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo; il rischio per il Governo Meloni e per la sua maggioranza è inoltre quello di arrivare ad una eterogenesi dei fini, ovvero ad un rafforzamento parossistico della figura del Pubblico Ministero;

    nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale, questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale; la nuova disciplina imporrà, inoltre, anche una totale rivisitazione delle norme sull'accesso in magistratura nonché le norme sulla progressione di carriera, le quali, come sottolinea il parere del Plenum del CSM, non sono linearmente ed efficacemente affrontate;

    non può non rilevarsi inoltre che lo sdoppiamento del potere giudiziario, solo formalmente unitario, in due distinti sottordini, determini una novità nell'assetto costituzionale e nell'ordinaria rappresentazione dell'assetto dei poteri con, tra gli altri, il rischio severo di un rallentamento ulteriore laddove non una possibile paralisi del sistema, che invece richiede come universalmente noto interventi per la velocizzazione dei processi;

    l'agitare il tema «salvifico» della separazione delle carriere conduce ad un intervento apparentemente forte, che viene spacciato per «riforma della giustizia», ma che in realtà si traduce solamente in propaganda: non si otterrà un vero impatto sulle garanzie e certamente nessun effetto virtuoso sul sistema giustizia, afflitto da pesantissimi tagli e da un sostanziale disinvestimento da parte del Governo sul suo funzionamento (risorse, personale, giustizia civile, penale, esecuzione della pena, edilizia e altro), come dimostrato anche dall'ultima legge di bilancio;

    grazie alle prime risorse attivate dal PNRR si erano registrati inizialmente significativi progressi che hanno promosso concorsi per assumere magistrati, assunzioni a termine per l'Ufficio del Processo (per tre anni), la previsione di nuovi agenti di Polizia penitenziaria ed investimenti per informatizzare le procedure;

    questi passi avanti saranno però interrotti dai tagli imposti dalla legge di bilancio 2025 nel comparto giustizia e in particolare sul sistema dell'esecuzione della pena. Le riduzioni ammontano a 85 milioni di euro per il 2025, 107 per il 2026 e 110 per il 2027; nell'ultima manovra di bilancio, nel triennio 2025-2027, sono state previste ulteriori riduzioni per la giustizia le cui risorse complessive passeranno dagli 11.477.913.806 del 2025 ai 10.916.335.584 del 2027;

    tutto il sistema della giustizia tra il 2025 e il 2027 subisce un ulteriore taglio di 500 milioni, in particolare risultano concentrati principalmente, sui programmi Amministrazione penitenziaria, Giustizia civile e penale, Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione;

    il Programma Giustizia civile e penale – gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2025 di 5.576,2 milioni di euro, con un decremento di 166,4 milioni,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, ad assicurare che nelle iniziative legislative di natura ordinaria necessariamente conseguenti alla riforma costituzionale in esame, che interverranno a disciplinare le nuove prerogative della magistratura requirente e dunque la figura del nuovo pubblico ministero, sia garantita in modo inequivocabile la indipendenza e la autonomia e che mai sarà collocato in alcun modo, direttamente o indirettamente, sotto il potere esecutivo.
9/1917/18. Lacarra, Serracchiani, Gianassi, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca: «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare»;

    il tema della separazione delle carriere fra magistratura giudicante e requirente, da oltre trent'anni, agita il dibattito pubblico, ma poi viene confuso con il tema della separazione delle funzioni poiché, di fatto, questa separazione è confermata anche dai dati statistici: nel 2019, sono stati 5 i magistrati giudicanti trasferitisi al ruolo di inquirenti, mentre 19 pubblici ministeri sono diventati giudici; nel 2020, sono stati 10 i magistrati giudicanti che si sono trasferiti al ruolo di inquirenti, mentre 15 pubblici ministeri sono diventati giudici; nel 2021, sono stati 15 i magistrati giudicanti trasferitisi al ruolo di inquirenti, mentre 16 pubblici ministeri sono diventati giudici;

    da questi dati, capiamo che la necessità di rompere questo modello costituzionale, attraverso la separazione, la divisione delle carriere e due CSM, in realtà, non ha alcun fondamento, e che, di fatto, la separazione, almeno quella delle funzioni, è già concretamente realizzata;

    inoltre, affermare che l'appartenenza del pubblico ministero alla stessa carriera del magistrato giudicante renderebbe il giudizio meno equo per difetto di imparzialità del giudice è veramente incredibile: il giudice non sarebbe terzo, perché l'appartenenza alla stessa carriera lo renderebbe influenzabile dal pubblico ministero. Peccato che questa tesi – cioè del difetto di imparzialità del giudice dovuta all'appartenenza alla medesima carriera del pubblico ministero – non sia suscettibile di dimostrazione, né da un punto di vista logico, né fattuale, si tratta proprio di un mito proposto come una verità di fede;

    l'imparzialità è una caratteristica strutturale del giudice e deriva da una serie di meccanismi che ne garantisce la libertà di coscienza. Nel giudicare, il giudice deve essere libero da vincoli con le parti, che ne potrebbero pregiudicare la libertà di coscienza;

    se l'appartenenza al medesimo ordine incidesse sull'imparzialità delle decisioni, allora bisognerebbe separare anche le carriere dei giudici d'appello da quelle dei giudici di primo grado, quelle dei giudici di legittimità da quelle dei giudici di merito e via di seguito;

    quanto all'argomento di tipo giuridico, secondo cui la separazione delle carriere sarebbe imposta dal nuovo articolo 111 della Costituzione, che prevede la parità delle parti davanti a un giudice terzo e imparziale, si tratta di una pretesa assurda, frutto, ad avviso dei firmatari, di una lettura falsa e fuorviante dell'articolo 111 e prende spunto proprio dal secondo comma dell'articolo 111, che recita: «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata», quasi che, per questa parte, avesse introdotto nell'ordinamento un principio nuovo, mai conosciuto in precedenza, anziché costituire una norma manifesto, enunciativa, invece, di un principio già presente e praticato nei nostri procedimenti; questo principio si riferisce al momento processuale del giudizio e del dibattimento in particolare, dove accusa e difesa si devono confrontare su un piano di assoluta parità, disponendo di poteri probatori perfettamente equivalenti;

    quindi, la parità fra pubblico ministero e difensore è di carattere endoprocessuale, e come tale deve essere pienamente assicurata dall'ordinamento;

    la rottura del modello costituzionale di unicità della magistratura rischia, ad avviso dei firmatari, di avere come effetto quello di spingere il pubblico ministero fuori dalla cultura della giurisdizione e renderlo più prossimo alla funzione di polizia, al di là delle rassicurazioni che dà il Ministro della giustizia Nordio,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di competenza, nell'ambito delle iniziative legislative di cui all'articolo 8, comma 1, del provvedimento in esame l'adozione di una disciplina volta ad assicurare adeguate garanzie di indipendenza da ogni altro potere alla magistratura nel suo insieme, nonché il pluralismo istituzionale.
9/1917/19. Borrelli, Zanella, Zaratti, Bonelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca: «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare»;

    anzitutto, occorre ricordare che nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale e questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale;

    la separazione delle carriere è una necessità inventata, fondata su miti fasulli che di norma viene confusa con il tema della separazione delle funzioni;

    il tema è stato anche oggetto nel 2000 di un referendum che proponeva l'abrogazione dell'articolo 190, secondo comma, dell'Ordinamento giudiziario sul passaggio dei magistrati dalla funzione giudicante a quella requirente. Il referendum fallì per mancato raggiungimento del quorum ma la disciplina dei passaggi dei magistrati dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa fu oggetto di forti restrizioni a seguito di interventi legislativi;

    in particolare le norme originarie dell'ordinamento giudiziario furono modificate dal decreto legislativo n. 160 del 5 aprile 2006 e, successivamente, dalla legge n. 111 del 30 luglio 2007, con conseguente notevole cambiamento del sistema preesistente. A seguito di tale riforma ordinamentale, infatti, le funzioni requirenti di primo grado potevano essere conferite solo a magistrati che avessero conseguito la prima valutazione di professionalità, vale a dire dopo quattro anni dalla nomina. La riforma, peraltro, aveva limitato il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti, e viceversa, sotto un profilo oggettivo, vietandolo nei seguenti casi: a) all'interno dello stesso distretto; b) all'interno di altri distretti della stessa regione; c) all'interno del distretto di corte di appello determinato per legge come competente ad accertare la responsabilità penale dei magistrati del distretto nel quale il magistrato interessato prestava servizio all'atto del mutamento di funzioni;

    sotto il profilo soggettivo, veniva stabilito il limite massimo di quattro passaggi nel corso della complessiva carriera del magistrato, unitamente alla previsione di un periodo di permanenza minima nelle funzioni esercitate pari a cinque anni. Ai fini del passaggio si richiedeva inoltre: a) la partecipazione ad un corso di qualificazione professionale; b) la formulazione da parte del Consiglio superiore della magistratura, previo parere del consiglio giudiziario, di un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni. La riforma del 2006/2007 comportava una netta separazione delle funzioni giudicanti e requirenti e restringeva notevolmente la possibilità per i magistrati del passaggio da una funzione all'altra;

    la separazione delle funzioni è stata resa ancora più stringente dalla riforma Cartabia. La legge n. 71 del 2022 ha determinato un'accentuazione estrema del processo di divisione interna del corpo della magistratura, procedendo oltre i già rigidi steccati eretti dalla riforma Castelli del 2006 e realizzando il massimo di separazione possibile tra giudici e pubblici ministeri a Costituzione invariata. L'articolo 12 della legge n. 71 del 2022 ha, infatti, modificato l'articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, stabilendo la regola generale che il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa può essere effettuato una volta nel corso della carriera, entro il termine di 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni. Quindi se per «separazione delle carriere» dei giudici e dei pubblici ministeri si intende una netta divaricazione dei percorsi professionali e la diversità dei contesti organizzativi nei quali vengono svolti i rispettivi ruoli professionali, allora bisogna prendere atto che, a seguito degli interventi legislativi degli ultimi venti anni, la separazione si è già di fatto realizzata. La separazione delle funzioni all'interno del corpo unico dei magistrati è già stata realizzata al massimo livello possibile e non si è trattato di un'evoluzione positiva. Aver creato all'interno dell'organizzazione giudiziaria dei compartimenti stagni dai quali non è possibile uscire, comporta un appiattimento culturale e ostacola la circolazione di una comune cultura giurisdizionale delle garanzie e dei diritti;

    sono in proposito ricche di passione ed efficaci le parole di Alessandra Galli, già giudice e figlia di Guido Galli, ucciso da terroristi 19 marzo del 1980 a Milano: «Non è affatto detto che dalla separazione di giudici e pm nascano magistrati più equilibrati. La contaminazione non intacca l'autonomia. Al contrario, si impara a valutare le cose da una prospettiva diversa. Lo dico per esperienza personale e familiare. Io sono stata nella mia carriera pubblico ministero e giudice, penale e civile, un percorso che mi ha arricchito. Soprattutto, ho avuto l'esempio mio papà: era stato pm e poi giudice, e prima di essere assassinato stava rientrando in procura»;

    questa separazione di fatto è confermata anche dai dati statistici. Questi sono i dati più recenti: – 2019 sono stati 5 i magistrati giudicanti trasferitisi al ruolo di inquirenti, mentre 19 pubblici ministeri sono diventati giudici; – 2020 sono stati 10 i magistrati giudicanti trasferitisi al ruolo di inquirenti, mentre 15 pubblici ministeri sono diventati giudici; – 2021 sono stati 15 i magistrati giudicanti trasferitisi al ruolo di inquirenti, mentre 16 pubblici ministeri sono diventati giudici. Da dove sorge, dunque, la necessità di rompere il modello costituzionale per realizzare una divisione nelle carriere dei magistrati, che è stata già realizzata nella pratica? È facile rispondere che si tratta di una necessità inventata, fondata su miti fasulli;

    la rottura del modello costituzionale di unicità della magistratura rischia, ad avviso dei firmatari, di avere come effetto quello di spingere il pubblico Ministero fuori dalla cultura della giurisdizione e renderlo più prossimo alla funzione di polizia. In realtà, noi non abbiamo bisogno di un «avvocato della polizia» ma di un organo di giustizia che sappia esercitare un ruolo efficace e corretto di direzione della polizia giudiziaria, senza appiattirsi, da un lato, sulle esigenze della investigazione pura, e senza rinunciare ad una funzione imparziale di garanzia. Sullo sfondo rimane la possibilità che, una volta separato dalla magistratura giudicante, il Pubblico Ministero finisca assoggettato, in modo diretto o indiretto, al controllo politico delle contingenti maggioranze, secondo il modello polacco o quello ungherese,

impegna il Governo

a scongiurare, per quanto di competenza, nell'ambito delle iniziative legislative di cui all'articolo 8, comma 1, del provvedimento in esame l'adozione di una disciplina che possa determinare una dipendenza funzionale o strutturale della magistratura requirente dal potere esecutivo.
9/1917/20. Ghirra, Zanella, Zaratti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Piccolotti.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame reca: «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare»;

    anzitutto, occorre ricordare che nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale e questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale;

    la radice di tale proposta si può far risalire al disegno di legge 4275 presentato dal Governo Berlusconi il 7 aprile 2011: lì si proponeva di riscrivere l'articolo 112 della Costituzione stabilendo che «l'ufficio del pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge». Ebbene, come ha riconosciuto la Corte costituzionale, il canone di obbligatorietà rappresenta il «punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale» (Corte costituzionale n. 88 del 1991);

    in particolare, il principio si presenta quale strumento finalizzato a garantire tre valori fondamentali: anzitutto, il principio di legalità, affermato dall'articolo 25, secondo comma, che «rende doverosa la repressione delle condotte violatrici della legge penale» e «abbisogna, per la sua concretizzazione, della legalità nel procedere»; in secondo luogo, il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge; infine, l'indipendenza del p.m., in quanto «realizzare la legalità nell'eguaglianza non è concretamente possibile se l'organo cui l'azione è demandata dipende da altri poteri» (Corte costituzionale n. 88 del 1991. Cfr. anche Corte costituzionale n. 84 del 1979);

    la Corte costituzionale e la dottrina ritengono (condivisibilmente) che l'articolo 112 della Costituzione sia il pendant, sul versante del PM, dell'articolo 101, comma 2, della Costituzione per il giudice. Esso garantisce l'indipendenza funzionale del PM, in quanto questi deve orientare le sue scelte solo in base alla legge;

    si potrebbe sostenere che sarebbe così anche domani, perché pure nella nuova formulazione vi sarebbe comunque una riserva di legge, ma la legge potrebbe legittimamente attribuire al PM delle valutazioni discrezionali o di opportunità, prescrivendogli (ad esempio) di esercitare l'azione penale solo quando vi sia una ragionevole prognosi di condanna e risulti che l'avvio del giudizio risponda all'interesse pubblico, in tal modo si finirebbe per attribuire una discrezionalità politica al PM: questi potrebbe compiere (legittimamente) scelte di politica criminale;

    allora sarebbe necessario e ineludibile sottoporre la magistratura requirente al controllo di un organo dotato di legittimazione democratica: o il Parlamento o l'Esecutivo. Si tratterebbe di un approdo necessitato per assicurare democraticità al sistema e quindi rispettare l'articolo 1 della Costituzione, poiché in un ordinamento democratico, la discrezionalità si deve necessariamente accompagnare alla responsabilità politica;

    adesso, anche questa riforma si muove nella stessa direzione della «riforma epocale», insistendo nel principio della separazione delle carriere. Anche al centro del progetto governativo c'è la rottura del modello costituzionale della unicità della magistratura, con la creazione di due distinti Consigli Superiori per amministrare i due corpi separati dei magistrati giudicanti e requirenti;

    lascia inalterata la composizione dei membri elettivi del Consiglio Superiore della Magistratura di due terzi di togati contro un terzo di membri di derivazione politica, la differenza è nelle modalità della scelta. I membri togati vengono scelti per sorteggio. I membri laici vengono anch'essi scelti per sorteggio, ma all'interno di una platea di soggetti scelti dal Parlamento in seduta comune mediante elezione,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative normative volte a garantire la parità di genere nella composizione degli organi di autogoverno della magistratura.
9/1917/21. Zanella, Zaratti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.

   La Camera,

   premesso che:

    secondo la relazione al disegno di legge n. 1917 il Governo starebbe dando «attuazione alla separazione delle carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale»: in realtà, ad avviso dei firmatari, l'intento è quello di ridimensionare il potere giudiziario; pur proclamando l'unitarietà dell'ordine giudiziario lo si divide in due magistrature, quella requirente e quella giudicante, che saranno «governate» da due CSM differenti;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario, aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    non si deve dimenticare che alla fine della scorsa legislatura gran parte della maggioranza si era fatta parte attiva e aveva votato la cosiddetta riforma Cartabia del CSM e dell'ordinamento giudiziario; il terzo intervento significativo sulla giustizia del Governo Draghi – dopo la riforma della giustizia civile e di quella penale, entrambe fondamentali per il PNRR – la legge n. 71 del 2022, che ha introdotto norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, tra le quali il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, prevedendo una separazione delle funzioni tra magistratura requirente e giudicante, prevedendo che il passaggio da una funzione all'altra possa essere effettuato una volta nel corso della carriera entro 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni, e che trascorso tale periodo, è ancora consentito per una sola volta;

    non si dà – per finalità del tutto differenti da quelle legate all'efficienza della giustizia e alle garanzie per i cittadini – il tempo necessario a valutare l'impatto e la bontà delle riforme adottate; la separazione delle carriere non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma potrà, ad avviso dei firmatari, condurre all'isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo ad una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo; il rischio per il Governo Meloni e per la sua maggioranza è inoltre quello di arrivare ad una eterogenesi dei fini, ovvero ad un rafforzamento parossistico della figura del pubblico ministero;

    nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale, questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale; la nuova disciplina imporrà, inoltre, anche una totale rivisitazione delle norme sull'accesso in magistratura nonché le norme sulla progressione di carriera, le quali, come sottolinea il parere del Plenum del CSM, non sono linearmente ed efficacemente affrontate;

    non può non rilevarsi inoltre che lo sdoppiamento del potere giudiziario, solo formalmente unitario, in due distinti sottordini, determini una novità nell'assetto costituzionale e nell'ordinaria rappresentazione dell'assetto dei poteri con, tra gli altri, il rischio severo di un rallentamento ulteriore laddove non una possibile paralisi del sistema, che invece richiede come universalmente noto interventi per la velocizzazione dei processi; l'agitare il tema «salvifico» della separazione delle carriere conduce ad un intervento apparentemente forte, che viene spacciato per «riforma della giustizia», ma che in realtà si traduce solamente in propaganda: non si otterrà un vero impatto sulle garanzie e certamente nessun effetto virtuoso sul sistema giustizia, afflitto da pesantissimi tagli e da un sostanziale disinvestimento da parte del Governo sul suo funzionamento (risorse, personale, giustizia civile, penale, esecuzione della pena, edilizia e altro), come dimostrato anche dall'ultima legge di bilancio;

    grazie alle prime risorse attivate dal PNRR si erano registrati inizialmente significativi progressi che hanno promosso concorsi per assumere magistrati, assunzioni a termine per l'Ufficio del Processo (per tre anni), la previsione di nuovi agenti di Polizia penitenziaria ed investimenti per informatizzare le procedure;

    questi passi avanti saranno però interrotti dai tagli imposti dalla legge di bilancio 2025 nel comparto giustizia e in particolare sul sistema dell'esecuzione della pena. Le riduzioni ammontano a 85 milioni di euro per il 2025, 107 per il 2026 e 110 per il 2027; nell'ultima manovra di bilancio, nel triennio 2025 – 2027, sono state previste ulteriori riduzioni per la giustizia le cui risorse complessive passeranno dagli 11.477.913.806 del 2025 ai 10.916.335.584 del 2027;

    tutto il sistema della giustizia tra il 2025 e il 2027 subisce un ulteriore taglio di 500 milioni, in particolare risultano concentrati principalmente, sui programmi Amministrazione penitenziaria, Giustizia civile e penale, Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione;

    il Programma Giustizia civile e penale – gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2025 di 5.576,2 milioni di euro, con un decremento di 166,4 milioni,

impegna il Governo

ad effettuare un adeguato monitoraggio e a presentare una relazione alle Camere in merito all'impatto della nuova normativa costituzionale sull'ordinamento giudiziario e sull'andamento anche temporale dei processi, che riferisca, inoltre, su dati aggiornati relativi al reversal rate in appello – tasso di riforma delle decisioni – in conseguenza dell'entrata in vigore della innovazione costituzionale in esame, anche al fine di verificare il rispetto dei principi dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura, della separazione dei poteri, delle garanzie del giusto processo di cui all'articolo 111, nonché di appurare quali misure finanziarie, organizzative e di personale nell'ambito delle sue proprie prerogative intenda predisporre per la sua attuazione.
9/1917/22. Serracchiani, Gianassi, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    secondo la relazione al disegno di legge n. 1917 il Governo starebbe dando «attuazione alla separazione delle carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale»: in realtà, ad avviso dei firmatari, l'intento è quello di ridimensionare il potere giudiziario; pur proclamando l'unitarietà dell'ordine giudiziario lo si divide in due magistrature, quella requirente e quella giudicante, che saranno «governate» da due CSM differenti;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario, aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    non si deve dimenticare che alla fine della scorsa legislatura gran parte della maggioranza si era fatta parte attiva e aveva votato la cosiddetta riforma Cartabia del CSM e dell'ordinamento giudiziario; il terzo intervento significativo sulla giustizia del Governo Draghi – dopo la riforma della giustizia civile e di quella penale, entrambe fondamentali per il PNRR – la legge n. 71 del 2022, che ha introdotto norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, tra le quali il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, prevedendo una separazione delle funzioni tra magistratura requirente e giudicante, prevedendo che il passaggio da una funzione all'altra possa essere effettuato una volta nel corso della carriera entro 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni, e che trascorso tale periodo, è ancora consentito per una sola volta;

    non si dà – per finalità del tutto differenti da quelle legate all'efficienza della giustizia e alle garanzie per i cittadini – il tempo necessario a valutare l'impatto e la bontà delle riforme adottate; la separazione delle carriere non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma potrà, ad avviso dei firmatari condurre all'isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo ad una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo; il rischio per il Governo Meloni e per la sua maggioranza è inoltre quello di arrivare ad una eterogenesi dei fini, ovvero ad un rafforzamento parossistico della figura del pubblico ministero;

    nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale, questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale; la nuova disciplina imporrà, inoltre, anche una totale rivisitazione delle norme sull'accesso in magistratura nonché le norme sulla progressione di carriera, le quali, come sottolinea il parere del Plenum del CSM, non sono linearmente ed efficacemente affrontate;

    non può non rilevarsi inoltre che lo sdoppiamento del potere giudiziario, solo formalmente unitario, in due distinti sottordini, determini una novità nell'assetto costituzionale e nell'ordinaria rappresentazione dell'assetto dei poteri con, tra gli altri, il rischio severo di un rallentamento ulteriore laddove non una possibile paralisi del sistema, che invece richiede come universalmente noto interventi per la velocizzazione dei processi;

    l'agitare il tema «salvifico» della separazione delle carriere conduce ad un intervento apparentemente forte, che viene spacciato per «riforma della giustizia», ma che in realtà si traduce solamente in propaganda: non si otterrà un vero impatto sulle garanzie e certamente nessun effetto virtuoso sul sistema giustizia, afflitto da pesantissimi tagli e da un sostanziale disinvestimento da parte del Governo sul suo funzionamento (risorse, personale, giustizia civile, penale, esecuzione della pena, edilizia e altro), come dimostrato anche dall'ultima legge di bilancio;

    grazie alle prime risorse attivate dal PNRR si erano registrati inizialmente significativi progressi che hanno promosso concorsi per assumere magistrati, assunzioni a termine per l'Ufficio del Processo (per tre anni), la previsione di nuovi agenti di Polizia penitenziaria ed investimenti per informatizzare le procedure;

    questi passi avanti saranno però interrotti dai tagli imposti dalla legge di bilancio 2025 nel comparto giustizia e in particolare sul sistema dell'esecuzione della pena. Le riduzioni ammontano a 85 milioni di euro per il 2025, 107 per il 2026 e 110 per il 2027; nell'ultima manovra di bilancio, nel triennio 2025-2027, sono state previste ulteriori riduzioni per la giustizia le cui risorse complessive passeranno dagli 11.477.913.806 del 2025 ai 10.916.335.584 del 2027;

    tutto il sistema della giustizia tra il 2025 e il 2027 subisce un ulteriore taglio di 500 milioni, in particolare risultano concentrati principalmente, sui programmi Amministrazione penitenziaria, Giustizia civile e penale, Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione;

    il Programma Giustizia civile e penale – gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2025 di 5.576,2 milioni di euro, con un decremento di 166,4 milioni,

impegna il Governo

ad effettuare un adeguato monitoraggio degli effetti applicativi della nuova normativa costituzionale, a presentare una relazione alle Camere entro quattro mesi dall'entrata in vigore della medesima, che riporti dati riguardanti l'impatto della nuova normativa costituzionale sull'ordinamento giudiziario, sull'andamento temporale dei processi, sulla efficacia in termini di rappresentanza e di ragionevolezza del sistema di selezione dei componenti degli istituendi due distinti organi di autogoverno della magistratura, il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente, sistema basato sul sorteggio, anche al fine di verificare il rispetto dei principi dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura, della separazione dei poteri, i quali, a loro volta, costituiscono fondamentali garanzie democratiche, soprattutto nella prospettiva della tutela delle minoranze sociali e politiche rispetto alle condotte delle maggioranze, come generate dal circuito dell'indirizzo politico, oltre che delle garanzie del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione.
9/1917/23. Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Scarpa, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    secondo la relazione al disegno di legge Costituzionale n. 1917 il Governo starebbe dando «attuazione alla separazione delle carriere in modo conforme alla struttura più coerente con le regole fondamentali del processo penale»: in realtà, ad avviso dei firmatari, l'intento è quello di ridimensionare il potere giudiziario; pur proclamando l'unitarietà dell'ordine giudiziario lo si divide in due magistrature, quella requirente e quella giudicante, che saranno «governate» da due CSM differenti;

    in natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario ne determina generalmente il ridimensionamento: si persegue non la separazione delle carriere, ma la separazione delle magistrature;

    questa riforma rappresenta un grande passo indietro, perché non rafforza né l'autonomia né l'indipendenza della magistratura: al contrario, aumentare l'incidenza della politica sulla giustizia aumenterà i problemi;

    non si deve dimenticare che alla fine della scorsa legislatura gran parte della maggioranza si era fatta parte attiva e aveva votato la cosiddetta riforma Cartabia del CSM e dell'ordinamento giudiziario; il terzo intervento significativo sulla giustizia del Governo Draghi – dopo la riforma della giustizia civile e di quella penale, entrambe fondamentali per il PNRR – la legge n. 71 del 2022, che ha introdotto norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, tra le quali il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, prevedendo una separazione delle funzioni tra magistratura requirente e giudicante, prevedendo che il passaggio da una funzione all'altra possa essere effettuato una volta nel corso della carriera entro 9 anni dalla prima assegnazione delle funzioni, e che trascorso tale periodo, è ancora consentito per una sola volta;

    non si dà – per finalità del tutto differenti da quelle legate all'efficienza della giustizia e alle garanzie per i cittadini – il tempo necessario a valutare l'impatto e la bontà delle riforme adottate; la separazione delle carriere non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma potrà, ad avviso dei firmatari, condurre all'isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo ad una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo; il rischio per il Governo Meloni e per la sua maggioranza è inoltre quello di arrivare ad una eterogenesi dei fini, ovvero ad un rafforzamento parossistico della figura del Pubblico Ministero;

    nel nostro modello processuale il pubblico ministero e il giudice sono già distinti in modo chiaro e netto sul piano funzionale, questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale; la nuova disciplina imporrà, inoltre, anche una totale rivisitazione delle norme sull'accesso in magistratura nonché le norme sulla progressione di carriera le quali, come sottolinea il parere del Plenum del CSM, non sono linearmente ed efficacemente affrontate;

    non può non rilevarsi inoltre che lo sdoppiamento del potere giudiziario, solo formalmente unitario, in due distinti sottordini, determini una novità nell'assetto costituzionale e nell'ordinaria rappresentazione dell'assetto dei poteri con, tra gli altri, il rischio severo di un rallentamento ulteriore laddove non una possibile paralisi del sistema, che invece richiede come universalmente noto interventi per la velocizzazione dei processi;

    l'agitare il tema «salvifico» della separazione delle carriere conduce ad un intervento apparentemente forte, che viene spacciato per «riforma della giustizia», ma che in realtà si traduce solamente in propaganda: non si otterrà un vero impatto sulle garanzie e certamente nessun effetto virtuoso sul sistema giustizia, afflitto da pesantissimi tagli e da un sostanziale disinvestimento da parte del Governo sul suo funzionamento (risorse, personale, giustizia civile, penale, esecuzione della pena, edilizia e altro), come dimostrato anche dall'ultima legge di bilancio;

    grazie alle prime risorse attivate dal PNRR si erano registrati inizialmente significativi progressi che hanno promosso concorsi per assumere magistrati, assunzioni a termine per l'Ufficio del Processo (per tre anni), la previsione di nuovi agenti di Polizia penitenziaria ed investimenti per informatizzare le procedure;

    questi passi avanti saranno però interrotti dai tagli imposti dalla legge di bilancio 2025 nel comparto giustizia e in particolare sul sistema dell'esecuzione della pena. Le riduzioni ammontano a 85 milioni di euro per il 2025, 107 per il 2026 e 110 per il 2027; nell'ultima manovra di bilancio, nel triennio 2025-2027, sono state previste ulteriori riduzioni per la giustizia le cui risorse complessive passeranno dagli 11.477.913.806 del 2025 ai 10.916.335.584 del 2027;

    tutto il sistema della giustizia tra il 2025 e il 2027 subisce un ulteriore taglio di 500 milioni, in particolare risultano concentrati principalmente, sui programmi Amministrazione penitenziaria, Giustizia civile e penale, Transizione digitale, analisi statistica e politiche di coesione;

    il Programma Giustizia civile e penale – gestito dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – presenta uno stanziamento nel bilancio di previsione 2025 di 5.576,2 milioni di euro, con un decremento di 166,4 milioni,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui al disegno di legge costituzionale in esame, e di riferirne alle Camere, con particolare riferimento agli effetti della separazione delle magistrature e della conseguente enfatizzazione del ruolo di parte del pubblico ministero e alle conseguenze negative che ciò potrebbe comportare sia nelle indagini preliminari sia nelle fasi successive, con conseguente detrimento delle garanzie di cui all'articolo 111 della Costituzione, anche per fornire rassicurazioni sulla permanenza della magistratura requirente al di fuori della sfera di influenza dell'esecutivo, nel rispetto del principio della separazione dei poteri.
9/1917/24. Scarpa, Bonafè, Gianassi, Serracchiani, Cuperlo, Di Biase, Fornaro, Mauri, Lacarra.

   La Camera,

   premesso che:

    la finalità perseguita dalla presente proposta di riforma costituzionale è quella di prevedere la separazione delle carriere dei magistrati giudicanti e di quelli requirenti;

    l'articolo 4 del presente provvedimento, modificando l'articolo 105 della Costituzione, istituisce due Consigli superiori della magistratura distinti a ciascuno dei quali attribuisce competenza, tra l'altro, sulle assunzioni dei magistrati,

impegna il Governo

in sede di attuazione della presente riforma, a garantire concorsi separati per l'accesso alla magistratura giudicante e a quella requirente.
9/1917/25. Enrico Costa, Pittalis, Calderone, Patriarca.

   La Camera,

   premesso che:

    i firmatari ritengono che il testo, incidendo in maniera profonda sul ruolo e sull'assetto costituzionale della magistratura, arreca, nel suo complesso, squilibrio tra i poteri dello Stato e incrina la tenuta dello stato di diritto e della democrazia come sancite dalla Carta costituzionale e di cui l'unicità della giurisdizione, l'equilibrio e la separazione tra i poteri costituiscono architravi irrinunciabili;

    la questione inerente all'individuazione dei soggetti chiamati a far parte del Consiglio superiore della magistratura e dell'Alta corte, così come modificata dal testo, non rispetta il principio di uguaglianza e non discriminazione di cui all'articolo 51 della Costituzione in base al quale «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini»;

    la questione assume ulteriormente rilievo, in particolare con riferimento alla possibile e altamente probabile mancanza di rispetto dei principi costituzionali di cui sopra, a causa del meccanismo del sorteggio escogitato e disposto dal testo,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, ad adottare ogni iniziativa utile, sotto il profilo legislativo, affinché l'individuazione dei componenti chiamati a far parte del Consiglio superiore della magistratura e dell'Alta corte assicuri, a prescindere dalle modalità individuate, il rispetto della parità di genere.
9/1917/26. Dell'Olio.

   La Camera,

   premesso che:

    i firmatari contestano il provvedimento, nel merito e nel metodo, deprecandone, anche in questa sede, ogni elemento di novità, in quanto, a loro avviso, il testo incide sul ruolo e sull'assetto costituzionale della magistratura e arreca, nel suo complesso, squilibrio tra i poteri dello Stato e incrina la tenuta dello stato di diritto e della democrazia come sancite dalla Carta costituzionale e di cui l'unicità della giurisdizione, l'equilibrio e la separazione dei poteri costituiscono architravi irrinunciabili;

    rispetto agli interventi del Governo in tema di giustizia, già adottati o in divenire, emerge la deprecabile e contestuale assenza – se non il disinteresse da parte del dicastero competente – di misure incisive per il buon funzionamento del sistema e soprattutto efficaci sulla lentezza dei processi – solo in minima parte attutita grazie alle risorse umane, si badi bene, temporanee, derivanti dal PNRR, che stanno per esaurirsi – quali organici più ampi, incremento di personale, di magistratura e di cancelleria, di risorse materiali e strumentali, senza considerare l'assenza di interventi adeguati ad affrontare il grave tema del disagio carcerario, nonostante il tragico numero di suicidi in carcere e le condizioni della polizia giudiziaria;

    in questa sede, le «norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare» di cui al titolo e «l'alibi» della separazione delle carriere introducono un riassetto del sistema e del potere giudiziario, ben distante dal vigente modello costituzionale, elaborato dai costituenti subito dopo la Seconda guerra mondiale per estirpare in radice il pericolo di una magistratura piegata al potere politico a discapito della libertà dei cittadini, si tratta di una riscrittura dei rapporti tra poteri dello Stato, in sostanza, uno stravolgimento dell'ordinamento e dell'organizzazione del corpo della magistratura che ne risulta indebolita nelle sue prerogative e nelle sue garanzie come volute dai costituenti, con delle conseguenze nefaste su tutto il sistema costituzionale e giudiziario;

    in proposito, è riecheggiata più volte, nel corso delle audizioni e delle sedute in sede referente, la locuzione «eterogenesi dei fini» con riguardo al contenuto del provvedimento, perché non v'è nesso logico tra il testo e la sua illustrazione, tra gli scopi perseguiti e i risultati, tra il fine e il mezzo;

    si rileva, infatti, da subito, in ciò confortati dallo stesso avviso di moltissimi tra esperti, accademici e giuristi auditi nel corso dell'esame in sede referente, che l'intervento normativo non ha nulla a che fare con la separazione delle carriere né con il miglioramento della qualità della giurisdizione né risponde alle esigenze giurisdizionali, ma è, evidentemente, l'occasione per ridurre, con interventi mirati di varia natura, il peso e il ruolo costituzionale della magistratura;

    il tema «tecnico» della necessità separazione delle carriere, obsoleto a fronte del contesto attuale come risultante dalla realtà dei fatti e dai dati, nasconde la volontà politica di iniziare da qui per smontare le garanzie di autonomia e indipendenza del pubblico ministero dal potere esecutivo e dai governi, ciò che comporta il rischio, per il cittadino, uguale a tutti gli altri di fronte alla legge ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, che possa diventare un po' meno uguale di altri: questa riforma va, infatti, a detrimento dei cittadini che si trovano più in difficoltà rispetto all'esercizio del proprio diritto costituzionale di difendersi in giudizio: questa riforma, assume una maggiore valenza politica se letta unitamente alle misure volte ad affievolire i reati e i controlli nei confronti dei cosiddetti colletti bianchi;

   in proposito, preme al firmatario segnalare che:

    il pubblico ministero disegnato dalla riforma in titolo rischia di allontanarsi dal ruolo di primo tutore delle garanzie individuali e dei diritti costituzionali – i giudici e i pubblici ministeri, nelle loro distinte funzioni, sono uniti nel ruolo di tutela dei diritti fondamentali di ogni cittadino contro ogni arbitrio: l'autonomia e l'indipendenza della magistratura tutta sono poste a garanzia delle libertà dei cittadini e a presidio contro eventuali ingerenze o compressioni del potere esecutivo o delle maggioranze di governo;

    lo stravolgimento dell'ordinamento giudiziario proposto dal testo provoca la rottura del modello costituzionale di unicità; della magistratura e non può avere altro effetto che quello di spingere il pubblico ministero fuori dalla cultura della giurisdizione avvicinandolo alla polizia giudiziaria, determinando esiti opposti rispetto agli obiettivi che il Governo dichiara di perseguire e contraddicendo il garantismo e il liberalismo proclamati da un pezzo della maggioranza dello stesso Governo;

    il rischio che appare sullo sfondo è che, una volta realizzata la separazione dalla magistratura giudicante, tra le mire del Governo in carica vi sia la previsione che il pubblico ministero finisca assoggettato, in modo diretto o indiretto, al controllo politico delle contingenti maggioranze, secondo il modello ungherese, per esempio,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a scongiurare che si determinino, in attuazione delle disposizioni di cui al provvedimento in titolo e nel corso del mandato di Governo, iniziative, sotto il profilo legislativo o amministrativo, volte ad intaccare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e, segnatamente, l'autonomia del pubblico ministero nei confronti del potere esecutivo.
9/1917/27. Lomuti.

   La Camera,

   premesso che:

    i firmatari contestano il provvedimento, nel merito e nel metodo, deprecandone, anche in questa sede, ogni elemento di novità, in quanto il testo incide sul ruolo e sull'assetto costituzionale della magistratura e arreca, nel suo complesso, squilibrio tra i poteri dello Stato e incrina la tenuta dello stato di diritto e della democrazia come sancite dalla Carta costituzionale e di cui l'unicità della giurisdizione, l'equilibrio e la separazione dei poteri costituiscono architravi irrinunciabili;

   preme alla firmataria sottolineare, che:

    rispetto agli interventi del Governo già adottati e a quelle in divenire, emerge la deprecabile e contestuale assenza – se non il disinteresse da parte del dicastero competente – di misure incisive per il buon funzionamento del sistema giustizia ed efficaci sulla lentezza dei processi – solo in minima parte attutita grazie alle risorse umane, si badi bene, temporanee, derivanti dal PNRR, che stanno per esaurirsi – quali organici più ampi, incremento di personale, di magistratura e di cancelleria, di risorse materiali e strumentali, senza considerare l'assenza di interventi adeguati ad affrontare il grave tema del disagio carcerario, nonostante il tragico numero di suicidi in carcere e le condizioni della polizia giudiziaria;

    ai fini della separazione delle carriere dei magistrati, indicata quale ratio e obiettivo ufficiali dal Governo quale origine del provvedimento in titolo, non vi sarebbe bisogno di scomodare la carta costituzionale, che non contiene alcun vincolo o principio che la precluda; fatta salva la divisione del CSM, ratio e obiettivo sopra indicati potrebbero benissimo essere oggetto di legislazione di natura ordinaria;

    la nostra Costituzione considera la magistratura come un unico ordine soggetto ai poteri dell'unico Consiglio superiore, come ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 3 del 2000 – la divisione del CSM, in questo senso, scardina l'architettura costituzionale e, unitamente al complesso delle modifiche proposte, rischia di alterare l'equilibrio e la separazione tra i poteri rispetto al nostro ordinamento – a prescindere dalle scelte compiute in altri Paesi che così spesso vengono portate ad esempio dal Governo e dalla sua maggioranza, considerando, altresì, l'irragionevolezza del paragone o della volontà di importare spezzoni di sistemi ordinamentali, pur democratici, altrui;

    la proposta di riforma costituzionale in titolo non persegue la separazione delle carriere, per la quale, si ribadisce, non occorre un intervento di modifica costituzionale, ma la separazione delle magistrature requirente e giudicante, questa è la sua portata, diversa e ben più radicale;

    pur ribadendo la sua unitarietà, l'ordine giudiziario viene spaccato in due magistrature, governate da due CSM distinti e ciò pone in serio e grave dubbio che permarrebbe un ordine unico, a prescindere da tutte le affermazioni e le dichiarazioni del Governo e della sua maggioranza: come rilevato da tanti tra giuristi, accademici ed esperti, «la creazione di due organi separati altera il modello perché punta alla formazione di due magistrature non solo funzionalmente, ma pure istituzionalmente e culturalmente distinte e l'unico ordine dimezzato o le due magistrature distinte finirebbero inesorabilmente per essere indebolite rispetto agli altri poteri. In natura, come nelle istituzioni, la divisione di un organismo unitario in due ne determina generalmente il ridimensionamento nei rapporti esterni.»;

    non è chiaro come e per quale ragione la netta separazione delle carriere e delle magistrature, ritenuta dal Governo evidentemente ineludibile onde evitare «contaminazioni» tra le funzioni giudicanti e le funzioni requirenti, debba poi dissolversi e annullarsi nel nuovo organismo che eserciterà la responsabilità disciplinare, vale a dire l'Alta Corte,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, anche in termini di funzioni di indirizzo e controllo, a riconsiderare il contenuto del provvedimento in titolo, segnatamente con riguardo alla divisione del CSM e alla sottrazione ad esso del potere dell'azione disciplinare con le modalità ivi disposte, anche in occasione del prosieguo dell'iter di esame del provvedimento, valutandone gli effetti alla luce di quanto espresso in premessa, in particolare con riguardo alla salvaguardia dell'unicità del Consiglio superiore della magistratura, al fine di scongiurarne l'indebolimento e il conseguente squilibrio tra i poteri.
9/1917/28. L'Abbate.

   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame modifica il Titolo IV della Costituzione, per l'attuazione della separazione delle carriere dei magistrati;

    in particolare, con riguardo all'articolo 3, riferito al vigente articolo 104 della Costituzione: il primo comma del nuovo articolo 104 Costituzione, dopo aver ribadito quanto previsto dal vigente articolo 104 Costituzione – ai sensi del quale la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere – sancisce la separazione delle carriere della magistratura, specificando che l'ordine giudiziario è composto da magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente;

    occorre scongiurare il rischio che le disposizioni introdotte dal disegno costituzionale in esame possano avere ripercussioni sull'intero assetto procedimentale dell'attuale codice di rito e sull'equilibrio dei rapporti oggi esistenti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria;

    il suddetto rapporto è puntualmente descritto dall'articolo 327 del codice di procedura penale, a tenore del quale «il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria», mentre questa «anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa»;

    l'articolo 348, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce che «anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le funzioni indicate nell'articolo 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole»;

    l'articolo 59 del codice di procedura penale dispone che le sezioni di polizia giudiziaria dipendono dai magistrati che dirigono gli uffici presso i quali sono istituite. L'ufficiale preposto ai servizi di polizia giudiziaria è responsabile verso il procuratore della Repubblica presso il tribunale dove ha sede il servizio dell'attività di polizia giudiziaria svolta da lui stesso e dal personale dipendente;

    al comma 3, prevede che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti a eseguire i compiti a essi affidati inerenti alle funzioni di cui all'articolo 55, comma 1. Gli appartenenti alle sezioni non possono essere distolti dall'attività di polizia giudiziaria se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono a norma del comma 1;

    si ricordi altresì che l'articolo 109 della Carta Fondamentale sancisce che l'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria;

    ne deriva che una regolamentazione diversa ben difficilmente potrebbe considerarsi compatibile con i principi costituzionali, che fanno del pubblico ministero il responsabile dell'esercizio dell'azione penale (articolo 112 della Costituzione) e, ponendo per questa ragione a sua disposizione la polizia giudiziaria (articolo 109 della Costituzione), implicano che egli sia messo tempestivamente a conoscenza delle notizie di reato e in grado di dare, se lo ritiene opportuno, disposizioni sullo svolgimento delle indagini,

impegna il Governo:

   a riconsiderare il contenuto e l'opportunità del provvedimento in titolo, anche in occasione del prosieguo dell'iter di esame del provvedimento;

   a svolgere un adeguato monitoraggio degli effetti applicativi della nuova normativa costituzionale, anche al fine di verificare gli effetti delle modifiche apportate dal provvedimento in titolo, in ordine a ciascuno degli aspetti di cui all'articolo 3 e alle sue ricadute sui rapporti tra pubblici ministeri e polizia giudiziaria, nonché ad astenersi da qualsivoglia iniziativa, legislativa e non, volta ad indebolire o compromettere il principio della dipendenza funzionale della polizia giudiziaria dal pubblico ministero ed il divieto di interferenza di altri poteri nella conduzione delle indagini.
9/1917/29. D'Orso.

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 3 del provvedimento in esame reca modifiche integrali all'articolo 104 della Costituzione il quale, con la nuova formulazione, dopo aver sancito la separazione delle carriere della magistratura, attraverso il secondo comma istituisce i due nuovi organi di autogoverno dell'ordine giudiziario quali il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente;

    dall'ultimo rapporto «Distribuzione per genere del personale di magistratura», pubblicato nel marzo 2024 dall'Ufficio statistico del Consiglio Superiore della Magistratura, emerge come su un totale di 9.300 magistrati presenti in Italia (al 4 marzo 2024), ci sia una prevalenza del numero di donne: 4.071 magistrati di sesso maschile contro 5.229 magistrate di sesso femminile, ossia il 56,2 per cento circa;

    nell'attuale contesto di riforma costituzionale, alla luce non solo dei summenzionati dati ma anche della questione fondamentale rappresentata dal principio della parità tra i generi, non si può accettare la possibilità di escludere – ancora una volta – le magistrate;

    è fondamentale, dunque, garantire la presenza di una equa distribuzione tra il genere femminile e quello maschile in tutti gli organi, anche quelli di carattere consultivo e di carattere elettivo, ma ancor di più in quelli che saranno gli organi fondamentali della magistratura,

impegna il Governo

ad introdurre, nell'ambito della legge ordinaria atta a definire le procedure per il sorteggio dei componenti del Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente, il rispetto del principio della parità di genere tra donne e uomini.
9/1917/30. Bonetti.

   La Camera,

   premesso che:

    la riforma dell'ordinamento giurisdizionale in esame modifica l'articolo 105 della Costituzione, prevedendo che spettino a ciascun Consiglio superiore della magistratura previsti dalla disciplina in questione le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati;

    tale formulazione non tiene conto della necessità di prevedere dei meccanismi per irrogare provvedimenti disciplinari diretti nei confronti dei giudici che abbiano emesso provvedimenti giudiziari accertatamente errati con dolo intenzionale o colpa grave;

    tale previsione risulta necessaria se si tiene conto di gravi errori giudiziari, come l'infondata odissea giudiziaria nei confronti del giornalista Enzo Tortora,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 del provvedimento in esame al fine di includere i provvedimenti disciplinari tra le materie di competenza dei CSM.
9/1917/31. Bonifazi, Faraone, Gadda, Del Barba, Boschi, Giachetti, Gruppioni.

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 106 della Costituzione prevede che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso;

    la revisione costituzionale in esame, pur avendo come obiettivo dichiarato quello della separazione delle carriere dei magistrati (in requirente e giudicante), non specificando che l'accesso alle carriere avvenga attraverso concorsi separati, rischia di non recidere ab origine i legami tra le diverse figure;

    coerentemente con l'oggetto della revisione costituzionale e per garantire una piena attuazione della riforma sarebbe auspicabile un intervento del legislatore volto a garantire una piena separazione delle carriere fin dall'atto volto a valutare le competenze degli aspiranti magistrati,

impegna il Governo

ad adottare iniziative anche normative volte a garantire la piena separazione delle carriere mediante la previsione di concorsi separati per l'accesso alle diverse forme di magistratura requirente e giudicante.
9/1917/32. Gruppioni, Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti.

   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame istituisce il Consiglio superiore della magistratura giudicante, il Consiglio superiore della magistratura requirente e l'Alta corte disciplinare;

    il principio delle pari opportunità tra i generi è riconosciuto e affermato dalla Costituzione all'articolo 51, primo comma,

impegna il Governo

a valutare di promuovere la rappresentanza di genere in sede di attuazione con legge ordinaria della presente riforma costituzionale.
9/1917/33. Paolo Emilio Russo, Calderone, Barelli, Enrico Costa, Nazario Pagano, Patriarca, Pittalis, Deborah Bergamini, Boscaini, Dalla Chiesa, De Monte, Fascina, Marrocco, Mazzetti, Polidori, Rossello, Saccani Jotti, Tassinari, Tenerini.

   La Camera,

   premesso che:

    il combinato disposto degli articoli 3 e 27 della Costituzione ha permesso mediante la legge 26 luglio 1975, n. 354, di istituire la magistratura di sorveglianza;

    la revisione costituzionale in esame, all'articolo 2, incidendo sulla separazione delle carriere dei magistrati esclude un riconoscimento specifico di tale specifica categoria di magistrati;

    il grave aumento dei suicidi tra i detenuti (89 nel 2024, il dato più alto di sempre), nonché quello dei decessi in carcere (245), conferma una pressione insostenibile sul sistema penitenziario che certamente incide sul prezioso operato dei Tribunali di sorveglianza;

    il sovraffollamento carcerario è un grave problema tanto per i detenuti quanto per gli agenti che lavorano negli istituti, i quali sono continuamente esposti a situazioni di pericolo, subendo pressioni fisiche e psicologiche dovute alla fatiscenza delle strutture e, soprattutto, alla carenza di personale;

    risulta necessario e non più procrastinabile attribuire ai magistrati di sorveglianza gli strumenti per monitorare la pressione sulle carceri così da valutare in modo oggettivo la situazione in cui versano il singolo detenuto, le strutture carcerarie e il personale preposto all'assistenza e sorveglianza dei detenuti nonché per monitorare che la pena sia scontata nella sua reale portata rieducativa, attraverso un riconoscimento esplicito di tale categoria,

impegna il Governo

a prevedere strumenti di supporto all'esercizio delle funzioni dei magistrati di sorveglianza così da valutare in modo oggettivo la situazione in cui versano il singolo detenuto, le strutture carcerarie e il personale preposto all'assistenza e sorveglianza dei detenuti nonché per monitorare che la pena sia scontata nella sua reale portata rieducativa.
9/1917/34. Gadda, Faraone, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni.

   La Camera,

   premesso che:

    la revisione costituzionale in esame, all'articolo 3, prevede l'estrazione a sorte dei membri laici e togati dei CSM;

    detto articolo prevede che i componenti dei CSM (esclusi i membri di diritto) siano, per un terzo, estratti a sorte da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e di avvocati con almeno quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge;

    il bilanciamento tra cosiddetti membri togati e membri laici nella composizione dei CSM è volto a preservare e garantire l'equilibrio tra poteri e rappresenta un presidio di democrazia sia per che nella magistratura;

    la previsione dell'estrazione a sorte di tali membri rischia di compromettere le suddette garanzie,

impegna il Governo

a prevedere, per quanto di competenza, nell'ambito delle iniziative legislative di cui all'articolo 8, comma 1, del provvedimento in esame, che l'estrazione a sorte venga effettuata esclusivamente tra i magistrati che intendono candidarsi e che l'elezione abbia luogo in riferimento a un numero di sorteggiati pari al quintuplo dei magistrati eleggibili.
9/1917/35. Del Barba, Faraone, Gadda, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni.

   La Camera,

   premesso che:

    la revisione costituzionale in esame impone una lettura sistematica della Costituzione relativamente al ruolo della magistratura e al ruolo che il singolo magistrato ricopre nel nostro ordinamento;

    l'articolo 101 della Costituzione dispone che i giudici sono soggetti soltanto alla legge;

    l'articolo 2 del progetto di legge in esame, modificando l'articolo 102 della Costituzione, prevede la divisione della funzione giurisdizionale in magistratura giudicante e magistratura requirente;

    tale modifica, ad avviso dei firmatari, deve essere accompagnata da interventi volti a disciplinare le modalità di funzionamento della magistratura requirente nonché le condizioni e le modalità dell'obbligo di esercitare l'azione penale,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative volte a coordinare le modifiche contenute nel provvedimento in esame al fine di specificare che l'obbligo di esercizio dell'azione penale si applica nei casi e nei modi previsti dalla legge.
9/1917/36. Faraone, Gadda, Del Barba, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni.

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser