FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1275

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CONTE, FRATOIANNI, RICHETTI, SCHLEIN, BONELLI, MAGI, EVI, FRANCESCO SILVESTRI, ZANELLA, SOTTANELLI, BRAGA, GUERRA, BARZOTTI, MARI, D'ALESSIO, SCOTTO, AIELLO, CAROTENUTO, FOSSI, GRIBAUDO, LAUS, SARRACINO, TUCCI, GRIMALDI, SERRACCHIANI, ORLANDO

Disposizioni per l'istituzione del salario minimo

Presentata il 4 luglio 2023

  Onorevoli Colleghi e Colleghe! — In Italia, come ha rilevato nel 2021 la Confederazione europea dei sindacati (ETUC – European Trade Union Confederation) nello studio Benchmarking Working Europe 2020 (Brussels, 2020), condotto dall'Istituto sindacale europeo (ETUI – European Trade Union Institut), già prima della crisi economico-sociale dovuta alla pandemia di COVID-19, il numero di lavoratori esposti al rischio di povertà era aumentato sensibilmente nel secondo decennio del secolo.
  Il fenomeno ha trovato approfondimento e conferma nella relazione «Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa» curata dal gruppo di lavoro istituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 126 del 2021. Da tale relazione si evince inoltre che, coerentemente con il ben noto fenomeno del gender pay gap, la quota di lavoratori poveri definiti con riferimento al reddito di lavoro annuo netto risulta, nel 2017, pari al 16,5 per cento tra gli uomini e al 27,8 per cento tra le donne, collocandosi in totale al 22,2 per cento, in forte crescita dal 17,7 per cento del 2006.
  Si evidenzia inoltre che il rischio di bassa retribuzione risulta elevatissimo, pari al 53,5 per cento, tra chi nel corso di un anno lavora prevalentemente a tempo parziale.
  Il fenomeno delle basse retribuzioni riguarda anche il lavoro parasubordinato e autonomo, specialmente nei casi di eterodirezione e monocommittenza.
  La crescita del fenomeno dei working poor si accompagna anche alla crescita della distanza che li separa dal resto dei lavoratori dell'Unione europea, come mostrato dal rapporto Eurostat In-work poverty in the EU del 16 marzo 2018, secondo cui in Italia l'11,7 per cento dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali, dato ben al di sopra della media dell'Unione europea, che si attesta al 9,6 per cento.
  Come è stato ormai dimostrato da una ampia letteratura, la misura più idonea a contrastare il fenomeno è la fissazione in via legislativa dei minimi salariali.
  Un salario minimo legale esiste nella grande maggioranza degli Stati membri dell'Unione europea. Esso non è previsto nei Paesi nordici (Danimarca, Svezia, Finlandia), in Austria e in Italia. L'ultimo Paese che ha provveduto all'introduzione di un salario minimo legale, la Germania, lo ha fatto nel 2015 proprio per rimediare a un insufficiente e anzi rapidamente decrescente livello di tutela della forza lavoro mediante la contrattazione collettiva, fissandolo a 12 euro l'ora nell'ottobre 2022.
  Il fenomeno dei lavoratori poveri ha una portata non solo nazionale ma europea come dimostra la recente direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 ottobre 2022, relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea. Come ribadito dagli studi economici allegati alla direttiva, l'introduzione di una disciplina legale sul salario minimo costituirebbe un ulteriore e indispensabile tassello al raggiungimento degli obiettivi ispiratori che dovranno essere perseguiti dagli Stati membri nella realizzazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza nell'ambito del programma straordinario di investimento denominato Next Generation EU. La garanzia di una retribuzione dignitosa e adeguata per tutti i lavoratori, infatti, favorirebbe senz'altro la realizzazione di un mercato del lavoro più inclusivo, equo e paritario, abbattendo le disuguaglianze, anche in termini di divario retributivo di genere.
  La necessità di interventi nazionali sul salario minimo in un contesto di garanzia europea di adeguatezza delle retribuzioni è avvertita con maggior urgenza anche alla luce, prima, della crisi prodotta dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 e, successivamente, dell'aumento del costo della vita e dell'inflazione che hanno colpito in modo particolare proprio i settori caratterizzati da un'elevata percentuale di lavoratori a basso salario, quali, a titolo esemplificativo, quelli del commercio al dettaglio, dei servizi e del turismo. Come sottolineato dalla Banca d'Italia, l'aumento dei prezzi nel 2022 per il quinto più povero della popolazione, tenuto conto del diverso paniere di consumo, è stato pari al 17,9 per cento.
  Nonostante nel nostro Paese si registri una copertura quasi totale della contrattazione collettiva, purtroppo un consistente numero di lavoratori percepisce salari non dignitosi.
  Per quanto attiene ai lavoratori subordinati, ciò è quanto emerge dall'ultimo rapporto annuale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) che, ipotizzando la regolazione per legge di diversi importi di salario minimo, individua: 2.596.201 lavoratori «sotto soglia», se si considera un salario minimo tabellare con importo minimo pari a 8 euro all'ora, e 2.840.893 lavoratori «sotto soglia», se si includono nella nozione di salario minimo anche le mensilità aggiuntive e il salario minimo viene fissato a 9 euro.
  L'insufficienza dei salari percepiti dai lavoratori risulta inequivocabilmente confermata anche dalle stime relative al numero di soggetti che, pur essendo titolari di un rapporto di lavoro, hanno percepito il reddito di cittadinanza, in quanto la retribuzione derivante dal lavoro non permetteva il superamento della soglia di povertà. Più precisamente, secondo i dati dall'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (ANPAL) pubblicati nella nota n. 9 del mese di ottobre 2022, erano 172.868 i beneficiari della misura che, alla data del 30 giugno 2022, risultavano titolari di un rapporto di lavoro attivo.
  Decine di giudici di primo grado italiani hanno peraltro annullato le disposizioni del contratto astrattamente applicabile in alcuni settori specificando che esse hanno violato l'articolo 36 della Costituzione.
  Molteplici sono le ragioni che ostacolano il diritto a percepire una giusta retribuzione. Tra di esse, di particolare rilievo è il proliferare dei cosiddetti «contratti collettivi pirata», ossia i contratti collettivi, diffusi soprattutto in alcuni settori, stipulati da soggetti dotati di scarsa o inesistente forza rappresentativa, finalizzati a fissare condizioni normative ed economiche peggiorative per i lavoratori rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, dando vita a dannosi fenomeni di distorsione della concorrenza. Il moltiplicarsi dei contratti collettivi, ivi compresi appunto i contratti collettivi pirata, oggi pari a 1.011, costituisce un'importante forma di dumping salariale.
  Quali concause possono inoltre individuarsi: la frammentazione dei settori, prevalentemente collegata ai mutamenti economici, organizzativi e tecnologici; la proliferazione di forme di lavoro atipico, che sfuggono a un immediato inquadramento nell'ambito del lavoro autonomo o subordinato; il massiccio ricorso delle aziende alle esternalizzazioni.
  Dal quadro sopra delineato si può agevolmente concludere che l'attuale assetto della contrattazione collettiva necessita di essere sostenuto e promosso dall'ordinamento statuale al fine di garantire a tutti i lavoratori in Italia l'applicazione di trattamenti retributivi dignitosi.
  Quel che va sottolineato è che con la presente proposta di legge il nostro Paese rimarrebbe tra i sei Paesi europei in cui la fissazione di un salario minimo è demandata alla contrattazione collettiva; si prevede infatti che la retribuzione dovuta sia per i minimi contrattuali tabellari sia per il trattamento economico complessivo è quella stabilita della contrattazione collettiva dei sindacati cui il lavoratore è iscritto, con il vincolo, però, che detta retribuzione non possa essere inferiore, rispettivamente, alla soglia minima di 9 euro per il trattamento economico minimo orario (TEM) e a quanto stabilito dai sindacati comparativamente più rappresentativi per il trattamento economico complessivo (TEC).
  La presente proposta di legge si muove quindi nella direzione di conservare e rafforzare la centralità della contrattazione collettiva nazionale dei sindacati più rappresentativi quale fonte principale di determinazione del trattamento economico dei lavoratori.
  L'introduzione di una disciplina sul salario minimo che valorizzi il ruolo della contrattazione collettiva deve tenere conto di alcuni ostacoli. I contratti collettivi non sono dotati di efficacia erga omnes, attesa la mancata attuazione dei commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 39 della Costituzione. Ciononostante la giurisprudenza utilizza, nella maggioranza dei casi, i trattamenti minimi fissati dal contratto collettivo quale parametro per l'individuazione della retribuzione sufficiente ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione.
  Occorre altresì considerare che esiste una normativa settoriale che può fungere da esempio. Infatti, per le società cooperative nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio, l'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, prevede che «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300», cioè l'obbligo per i beneficiari di sostegni pubblici, gli appaltatori di opere pubbliche e i concessionari di pubblici servizi di applicare condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi, «le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine».
  Inoltre, per risolvere contrasti insorti nel sistema di relazioni industriali tra differenti organizzazioni delle società cooperative, che avevano prodotto la stipulazione di differenti contratti collettivi con trattamenti economici molto differenziati, il legislatore è tornato sul tema disponendo, all'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, che «Fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria».
  Le censure di costituzionalità mosse a quest'ultima disposizione sono state dichiarate non fondate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 51 del 26 marzo 2015, la quale ha espressamente affermato: «Nell'effettuare un rinvio alla fonte collettiva che, meglio di altre, recepisce l'andamento delle dinamiche retributive nei settori in cui operano le società cooperative, l'articolo censurato si propone di contrastare forme di competizione salariale al ribasso, in linea con l'indirizzo giurisprudenziale che, da tempo, ritiene conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (articolo 36 della Costituzione) la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente più rappresentative».
  Orbene, l'assetto che ne deriva pone un delicato problema, già rilevato dai commentatori della citata sentenza, di differenziazione ingiustificata tra la posizione giuridica dei soci lavoratori delle cooperative, cui è garantito un trattamento economico complessivo non inferiore a quello derivante dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, e quella dei dipendenti di imprese individuali o di società di capitali, cui tale livello di trattamento economico è garantito con tutte le oscillazioni e le limitazioni della giurisprudenza ordinaria fondata sull'articolo 36 della Costituzione, in precedenza richiamata.
  In effetti, per la generalità del lavoro al di fuori del settore cooperativo non esiste uno strumento che dia certezza del diritto ai datori di lavoro e ai lavoratori, che contrasti efficacemente forme di competizione salariale al ribasso e che garantisca dunque la correttezza della competizione concorrenziale sul mercato da parte delle imprese.
  Per superare questa situazione, la presente proposta di legge mira a generalizzare l'osservanza dei livelli retributivi previsti dai contratti collettivi, deflazionando e semplificando il contenzioso in materia retributiva che grava sulla giustizia del lavoro; a sostenere per questa via l'attività di regolazione del mercato del lavoro liberamente compiuta dalle parti sociali, che sono le autorità salariali più idonee allo svolgimento del compito, senza sostituirsi ad esse; a regolare con facilità e immediatezza il tema della retribuzione proporzionata e sufficiente prescritta dall'articolo 36, primo comma, della Costituzione, senza pregiudicare l'eventuale volontà del Parlamento di dare una soluzione generale al problema dell'efficacia generale dei contratti collettivi, secondo le previsioni dei commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 39 della stessa Costituzione.

  In considerazione di quanto esposto, la presente proposta di legge:

   definisce in modo certo, eguale per tutti i rapporti di lavoro e cogente il trattamento economico che integra la previsione costituzionale della retribuzione proporzionata e sufficiente, in modo che questa non sia inferiore al trattamento previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, per i lavoratori subordinati, come pure per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato che presentino analoghe necessità di tutela;

   ferma restando l'applicazione generalizzata del contratto collettivo nazionale di lavoro e a ulteriore garanzia del riconoscimento di una giusta retribuzione, introduce una soglia minima salariale inderogabile, pari a 9 euro all'ora, per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali è più debole. La soglia si applicherebbe soltanto alle clausole relative ai cosiddetti «minimi», lasciando al contratto collettivo la regolazione delle altre voci retributive;

   garantisce l'ultrattività dei contratti scaduti o disdettati;

   conformemente a quanto previsto anche nella citata direttiva (UE) 2022/2041 istituisce una commissione tripartita, composta dalle parti sociali comparativamente più rappresentative, cui spetta principalmente il compito dell'aggiornamento periodico del trattamento economico minimo orario.

  La disciplina proposta si premura inoltre di introdurre un'apposita procedura giudiziale, di matrice collettiva, volta a garantire l'effettività del diritto dei lavoratori a percepire un trattamento economico dignitoso.
  L'illustrazione puntuale del contenuto degli otto articoli che compongono la presente proposta di legge permette di evidenziare ulteriormente le scelte qualificanti sottese a ciascuna disposizione.
  L'articolo 1 definisce le finalità e l'ambito di applicazione della legge, che attua l'articolo 36 della Costituzione. In particolare, il comma 1 stabilisce che tutti i datori di lavoro devono corrispondere ai loro dipendenti ex articolo 2094 del codice civile una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestata. Il comma 2 estende la disposizione di cui al comma 1 ai rapporti di collaborazione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ad eccezione di quelli previsti alle lettere b) e c) del comma 2 del medesimo articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015.
  Il comma 3, in attuazione degli articoli 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, stabilisce che per coloro che prestano attività come collaboratori nell'ambito di un contratto di agenzia o d'opera coordinato e continuativo prevalentemente personale e non di lavoro subordinato di cui al citato articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015, ossia i cosiddetti collaboratori «eterorganizzati» già equiparati ai lavoratori subordinati in virtù di una sentenza della Corte di cassazione, o, ancora, che effettuano prestazioni di natura intellettuale o manuale di cui all'articolo 2222 del codice civile il committente è tenuto a corrispondere un compenso proporzionato avuto riguardo al tempo necessario per conseguire il risultato della prestazione richiesta. La norma intende quindi superare un compenso meramente contrattuale e riferito al risultato integrandolo tenuto conto del tempo necessario a conseguire tale risultato, al fine di escludere compensi di valore troppo basso.
  L'articolo 2 stabilisce che la retribuzione complessiva adeguata e sufficiente dovuta a tutti i lavoratori, ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, è composta dal trattamento economico complessivo, comprendente non solo il trattamento economico minimo, ma anche gli scatti di annualità, le retribuzioni aggiuntive e le indennità contrattuali fisse e continuative, previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto per lo specifico settore di attività aziendale dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Per evitare ambiguità viene chiarito che il trattamento economico complessivo dovuto ai lavoratori, come determinato ai sensi della legge, non impedisce la stipulazione di eventuali contratti collettivi più favorevoli con efficacia limitata agli iscritti, tenuto conto che l'efficacia e la validità delle pattuizioni di miglior favore sia individuali sia collettive rappresentano un principio generale del diritto del lavoro. La disposizione, inoltre, stabilisce il valore salariale minimo orario, definito trattamento economico minimo orario, che sostituisce, ove necessario, quello inferiore previsto dai vari contratti collettivi, in genere, per i lavoratori con qualifiche più basse. Tale trattamento economico minimo orario è fissato in 9 euro lordi. Infine, il comma 3 rinvia la regolamentazione del trattamento economico minimo orario dovuto per il lavoro domestico a un successivo regolamento da adottare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, nel rispetto dei princìpi previsti dalla medesima legge da adattare alla specificità del settore.
  L'articolo 3 reca disposizioni specifiche in caso vi siano più contratti collettivi nazionali applicabili, assegnando la preferenza ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative (commi 1 e 2), fermo restando il necessario rispetto del trattamento economico minimo orario di cui al comma 1 dell'articolo 2. Il comma 3 regola il caso in cui nel settore di riferimento manchi un contratto stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative, stabilendo che per la determinazione del trattamento economico minimo orario, ai sensi del comma 1 dell'articolo 2, si applica quanto stabilito in altro contratto del medesimo settore che regola mansioni equiparabili. Il comma 4 stabilisce che laddove nel settore di riferimento manchi un contratto collettivo, si applica quello sottoscritto dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative che disciplina mansioni equiparabili. I commi 5 e 6 dettano disposizioni fondamentali relative alla concreta applicazione alle diverse tipologie di lavoratori autonomi del principio del compenso adeguato e sufficiente, in applicazione del principio generale secondo cui va compensato il risultato con riguardo al tempo di lavoro necessario per ottenerlo; in caso di mancanza di contratti collettivi ad essi applicabili, si deve far riferimento alla retribuzione prevista – per il medesimo tempo di lavoro – per i lavoratori subordinati che svolgono mansioni equiparabili a quelle dei lavoratori autonomi interessati dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Limitatamente a coloro che prestano attività ex articolo 2222 del codice civile, il comma 6 introduce il secondo comma dell'articolo 2225 del codice civile, recante la disciplina codicistica in materia di corrispettivo per tali lavoratori, stabilendo che il corrispettivo non può essere inferiore a quanto stabilito dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative per il medesimo settore dei lavoratori subordinati che svolgono mansioni equiparabili.
  L'articolo 4 contiene una disposizione quanto mai necessaria per la funzionalità del sistema, che prevede cioè l'ultrattività dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative: tali contratti costituiscono un punto di riferimento per la garanzia, ex articolo 36 della Costituzione, della fruizione del trattamento economico complessivo, che opera anche dopo l'eventuale scadenza o disdetta del contratto collettivo medesimo, anche nel caso in cui lo stesso non preveda l'ultrattività del regolamento contrattuale, come invece per lo più accade.
  L'articolo 5 prevede opportunamente la costituzione di una Commissione, i cui componenti sono individuati al comma 2, a cui è attribuito il compito di proporre l'aggiornamento del valore soglia del trattamento economico minimo orario, inizialmente fissato dalla legge, come detto, a 9 euro orari. L'aggiornamento è disposto, su proposta della Commissione, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. La Commissione svolge anche compiti di controllo e di monitoraggio sull'effettivo rispetto della retribuzione complessiva sufficiente e adeguata alla qualità del lavoro prestato e sull'andamento della contrattazione collettiva nei vari settori.
  L'articolo 6 introduce un procedimento giudiziario di grande importanza per la repressione di condotte elusive della normativa in tema di garanzia del trattamento economico complessivo, condotte che possono realizzarsi nelle modalità più varie, tra cui, ad esempio, mediante stipulazione di falsi contratti part time nei quali il lavoratore viene retribuito in perfetta coerenza con i contratti collettivi, ad esempio per venti ore settimanali, ma è obbligato a lavorare per quaranta ore settimanali, così ricevendo, in definitiva, una retribuzione dimezzata. Un'altra forma di elusione assai diffusa consiste nel costringere il lavoratore a restituire parte del salario formalmente corrisposto in modo regolare, e così via. Il procedimento giudiziario previsto dall'articolo 6 è ricalcato su quello dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, in tema di repressione di comportamento antisindacale che ha dato luogo, in decenni, a ottima prova. Quanto mai importante, infine, è l'esplicito richiamo all'istituto della diffida accertativa di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, che segna una vera rivoluzione nella lotta al sottosalario, perché grazie a quanto stabilito agli articoli 1 e 2 della presente proposta di legge diverrà possibile quantificare ex ante il trattamento minimo retributivo cui il lavoratore ha diritto ex articolo 36 della Costituzione e dunque, procedere su base certa al suo recupero in via amministrativa attraverso l'Ispettorato nazionale del lavoro.
  L'articolo 7 prevede che la legge di bilancio per il 2024 definisca un beneficio temporaneo per accompagnare l'adeguamento al trattamento economico minimo orario di 9 euro lordi delle eventuali retribuzioni più basse previste dai contratti collettivi di lavoro nei settori meno sviluppati da un punto di vista sociologico.
  L'articolo 8, infine, dispone in merito all'efficacia delle disposizioni introdotte dalla legge, la cui decorrenza, ad eccezione dell'articolo 7, è fissata al 15 novembre 2024, ossia il termine previsto per il recepimento della citata direttiva (UE) 2022/2041, tenuto conto del tempo necessario per consentire l'aggiornamento dei contratti collettivi esistenti, al fine del loro adeguamento alla disciplina recata dalla legge e al trattamento economico minimo orario di 9 euro lordi, inizialmente previsto dalla medesima legge.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e ambito di applicazione)

  1. In attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione e fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e da ogni altra disposizione di legge compatibile con la presente legge, i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, sono tenuti a corrispondere ai lavoratori di cui all'articolo 2094 del codice civile una retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.
  2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di collaborazione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, a eccezione di quelli previsti alle lettere b) e c) del comma 2 del medesimo articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015.
  3. In attuazione degli articoli 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, ai lavoratori che prestano la propria attività lavorativa in forza di un contratto di agenzia o di rappresentanza commerciale o di un contratto di collaborazione che si concreti in una prestazione di opera coordinata e continuativa, prevalentemente personale, a carattere non subordinato, o effettuino prestazioni d'opera intellettuale o manuale di cui all'articolo 2222 del codice civile, il committente è tenuto a corrispondere un compenso proporzionato al risultato ottenuto, avuto riguardo al tempo normalmente necessario per conseguirlo.

Art. 2.
(Retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e trattamento economico minimo orario)

  1. Per «retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato» si intende il trattamento economico complessivo, comprensivo del trattamento economico minimo, degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità contrattuali fisse e continuative dovute in relazione all'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa, non inferiore, ferme restando le pattuizioni di miglior favore, a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) in vigore per il settore in cui il datore di lavoro opera e svolge effettivamente la sua attività, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Il trattamento economico minimo orario stabilito dal CCNL, non può comunque essere inferiore a 9 euro lordi.
  2. Il trattamento economico minimo orario per il lavoro domestico è stabilito con regolamento adottato mediante decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto dei princìpi e delle finalità della medesima legge.

Art. 3.
(Trattamento minimo inderogabile)

  1. In presenza di una pluralità di contratti collettivi nazionali applicabili ai sensi dell'articolo 2, la retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato non può essere inferiore a quella prevista per la prestazione di lavoro dedotta in obbligazione dal CCNL stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria merceologico-produttiva interessata.
  2. Il trattamento economico minimo orario stabilito dal CCNL non può essere in ogni caso inferiore all'importo previsto al comma 1 dell'articolo 2.
  3. In mancanza di contratti collettivi nazionali per il settore di riferimento stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, la retribuzione di cui al comma 1 non può essere complessivamente inferiore a quella stabilita dal CCNL che disciplina, nel medesimo settore, mansioni equiparabili.
  4. In mancanza di contratti collettivi nazionali specifici per il settore di riferimento la retribuzione di cui al comma 1 non può essere complessivamente inferiore a quella stabilita dal CCNL per il settore maggiormente affine a quello di riferimento e che disciplina mansioni equiparabili a quelle svolte nel settore privo di contratti collettivi nazionali specifici.
  5. Per i lavoratori di cui all'articolo 1, comma 3, che prestano la propria attività lavorativa in forza di un contratto di agenzia o di rappresentanza commerciale o di un contratto di collaborazione, in mancanza di accordi collettivi nazionali specifici per il settore di riferimento stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, la retribuzione dovuta non può essere complessivamente inferiore a quella stabilita dal CCNL che disciplina, nel medesimo settore, mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, avuto riguardo al tempo normalmente necessario per fornire la stessa prestazione.
  6. All'articolo 2225 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «Il corrispettivo per la prestazione d'opera intellettuale o manuale non può essere comunque inferiore a quello stabilito dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale per mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati».

Art. 4.
(Contratti collettivi scaduti o disdettati)

  1. Qualora, per scadenza o disdetta, manchi un contratto collettivo applicabile cui fare riferimento ai sensi degli articoli 2 e 3, il trattamento economico complessivo di riferimento è quello previsto dal previgente contratto collettivo prevalente fino al suo rinnovo.

Art. 5.
(Commissione per l'aggiornamento del valore soglia del trattamento economico minimo orario)

  1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituita la Commissione per l'aggiornamento del valore soglia del trattamento economico minimo orario di cui al comma 1 dell'articolo 2, di seguito denominata «Commissione». Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono nominati i membri della Commissione.
  2. La Commissione è presieduta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, o da un suo delegato, ed è composta da:

   a) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   b) un rappresentante dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;

   c) un rappresentante dell'Istituto nazionale di statistica;

   d) un rappresentante dell'Ispettorato nazionale del lavoro;

   e) un numero pari di rappresentanti delle associazioni dei datori lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

  3. La Commissione:

   a) con cadenza annuale, valuta e determina l'aggiornamento dell'importo del trattamento economico minimo orario di cui al comma 1 dell'articolo 2;

   b) monitora il rispetto della retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, come definita all'articolo 2;

   c) raccoglie informazioni e cura l'elaborazione di specifici rapporti o studi periodici sull'applicazione dei contratti collettivi nei vari settori.

  4. L'aggiornamento su base annuale dell'importo del trattamento economico minimo orario di cui al comma 1 dell'articolo 2 è disposto con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su proposta della Commissione.
  5. Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o altro emolumento comunque denominato.
  6. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e l'amministrazione interessata vi provvede con le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Art. 6.
(Repressione di condotte elusive)

  1. Fermi restando gli ulteriori strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, compresa l'adozione della diffida accertativa di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti a impedire o a limitare l'applicazione delle disposizioni della presente legge, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il giudice del lavoro del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato e immediatamente esecutivo, la corresponsione ai lavoratori del trattamento economico complessivo e di tutti gli oneri conseguenti.
  2. L'efficacia esecutiva del decreto di cui al comma 1 non può essere revocata fino alla sentenza con cui il giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato ai sensi del medesimo comma 1. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro trenta giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.

Art. 7.
(Benefìci in favore dei datori di lavoro per l'adeguamento del trattamento economico minimo orario)

  1. La legge di bilancio per il 2024 definisce un beneficio in favore dei datori di lavoro, per un periodo di tempo definito e in misura progressivamente decrescente, proporzionale agli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro al fine di adeguare il trattamento economico minimo orario all'importo di 9 euro di cui al comma 1 dell'articolo 2.

Art. 8.
(Efficacia delle disposizioni)

  1. Le disposizioni della presente legge, ad eccezione dell'articolo 7, acquistano efficacia dal 15 novembre 2024.

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