PROGETTO DI LEGGE
Capo I
Articolo 1
Capo II
Articolo 2
Capo III
Articolo 3
Articolo 4
Capo IV
Articolo 5
XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 445
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GADDA, ROSATO, SOTTANELLI, BONETTI, BENZONI, RUFFINO
Concessione di un credito d'imposta in favore dei titolari di reddito d'impresa per la stipulazione di contratti di assicurazione, l'acquisizione di certificazioni e l'esecuzione di interventi di prevenzione in materia ambientale
Presentata il 24 ottobre 2022
Onorevoli Colleghi! – Una reale ed efficace tutela delle risorse naturali si raggiunge attraverso la sinergia di più fattori. Fino ad oggi le politiche ambientali e il rating ESG (Environmental, Social and Governance) si sono concentrati in particolare sul miglioramento delle prestazioni ambientali; si sono tuttavia trascurati due aspetti fondamentali per la protezione dell'ambiente: l'impegno alla prevenzione dei danni all'ambiente e l'impegno alla riparazione quando un danno si è verificato.
Obiettivo della presente proposta di legge è proprio quello di incentivare nelle imprese comportamenti virtuosi volti a rendere più complete ed efficaci le loro politiche ambientali nella protezione delle risorse naturali attraverso l'utilizzo di strumenti, come la polizza assicurativa per danni all'ambiente, in grado di coadiuvare l'impresa nella gestione delle conseguenze di un evento di danno all'ambiente, nel rispetto delle norme applicabili, nell'effettuazione degli interventi di messa in sicurezza e ripristino e nel sostenere i relativi costi.
Allo stesso tempo l'esperienza dimostra come sia necessario sostenere, anche attraverso apposite risorse statali, gli investimenti delle imprese per la prevenzione dei danni all'ambiente e in generale per una migliore mappatura e gestione dei rischi ambientali attraverso l'applicazione dei requisiti previsti dalla prassi di riferimento UNI 107:2021 «Ambiente protetto» e l'ottenimento della relativa certificazione.
A questo proposito, la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (ELD), da cui discende la normativa nazionale sul danno ambientale (parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), prevede, all'articolo 14, che gli Stati membri adottino misure per incentivare lo sviluppo e l'utilizzo di garanzie finanziarie per il danno ambientale. L'articolo menzionato prevede che «Gli Stati membri adottano misure per incoraggiare lo sviluppo, da parte di operatori economici e finanziari appropriati, di strumenti e mercati di garanzia finanziaria, compresi meccanismi finanziari in caso di insolvenza, per consentire agli operatori di usare garanzie finanziarie per assolvere alle responsabilità ad essi incombenti ai sensi della presente direttiva».
Dalla relazione speciale 12/2021 «Il principio “chi inquina paga” non è uniformemente applicato nelle diverse politiche e misure dell'UE» sono poi scaturite le seguenti raccomandazioni:
raccomandazione 1 (da attuare entro la fine del 2024): valutare le possibilità per integrare maggiormente il principio «chi inquina paga» nella normativa ambientale. La Corte spiega a tale riguardo: «La ELD stabilisce il quadro dell'UE in materia di responsabilità ambientale, basato sul principio “chi inquina paga”. La Corte ha riscontrato che la ELD prevede un'applicazione parziale di tale principio in caso di danno ambientale. Gli ultimi dati disponibili sull'attuazione della ELD, sebbene incompleti, indicano lacune nell'attuazione della direttiva in tutti gli Stati membri (paragrafi 44-48). L'ELD non definisce chiaramente alcuni concetti fondamentali, dando così adito a interpretazioni diverse e ad una diversa attuazione della direttiva nei vari Stati membri (paragrafi 49-55). L'assenza di una garanzia finanziaria obbligatoria a livello dell'UE fa sì che nella pratica sono i contribuenti a sostenere i costi della bonifica quando l'operatore che causa un danno ambientale diventa insolvente (paragrafi 56-62). La Corte ha concluso che le azioni intraprese finora dalla Commissione non sono state in grado di ovviare alle carenze della ELD»;
raccomandazione 2 (da attuare entro la fine del 2023): esaminare la possibilità di rafforzare l'applicazione della direttiva sulla responsabilità ambientale. La Corte osserva su questo punto: «La Corte ha riscontrato che l'UE finanzia progetti che avrebbero dovuto essere posti a carico di chi inquina (paragrafi 63-68). In caso di “inquinamento orfano”, quando l'entità responsabile non ha potuto essere identificata o obbligata a pagare per il danno causato, l'utilizzo dei fondi pubblici era giustificabile e necessario per porre rimedio alla situazione (paragrafi 65-66). I fondi UE sono stati usati anche quando le autorità responsabili non avevano applicato a tempo debito la normativa ambientale (paragrafo 67). L'assenza di una garanzia finanziaria a copertura della responsabilità ambientale ha inoltre costretto le autorità ad usare fondi pubblici per ripulire aree inquinate quando l'inquinatore era insolvente (paragrafo 68)».
Orbene, la corretta applicazione del principio «chi inquina paga» presuppone che l'inquinatore abbia le risorse finanziarie necessarie per far fronte al danno che ha causato. Questo principio dell'ordinamento europeo, attuato in Italia con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è in realtà di difficile applicazione nel nostro Paese per le ragioni di seguito esposte.
La prima ragione consiste nella difficoltà che le imprese incontrano nel far fronte alle spesso ingenti spese necessarie per il ripristino delle risorse naturali danneggiate. Ciò sarebbe originato anche dal basso ricorso da parte delle imprese a strumenti come le polizze assicurative per danni all'ambiente, in grado di garantire il rispetto da parte dell'operatore responsabile degli obblighi previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, oltre che il risarcimento dei terzi danneggiati. In assenza di una copertura assicurativa, accade di frequente che il responsabile non abbia fondi sufficienti e che, pertanto, l'effettuazione degli interventi di ripristino resti a carico della regione interessata o dello Stato. Da ciò consegue la spesa di ingenti fondi statali che ogni anno vengono destinati a siti orfani, nei quali il responsabile della contaminazione si è reso insolvente rispetto agli obblighi scaturiti a suo carico dall'evento di danno ambientale.
Più precisamente, l'impossibilità per chi ha recato il danno a sostenere le spese di riparazione ha effetti molto gravi. In primo luogo spesso tali situazioni portano al fallimento dell'impresa, con una perdita di posti di lavoro e di valore per il territorio. La pubblica amministrazione ha quindi l'onere di sostituirsi all'operatore se questo non ottempera ai propri obblighi con le conseguenti difficoltà a farsi carico dell'esecuzione degli interventi e delle relative spese. Tutto ciò provoca lunghi ritardi nell'esecuzione degli interventi di ripristino necessari, con gravi conseguenze per le risorse naturali coinvolte e in particolare per le acque, per le specie, per gli habitat naturali e per il suolo, ma anche per le persone, la loro salute e la qualità della loro vita, che può risentirne gravemente.
Ciò posto, una maggiore propensione all'utilizzo dello strumento assicurativo (si stima che la diffusione dei contratti assicurativi specifici per danni all'ambiente sia inferiore al 2 per cento delle imprese) determinerebbe un importante effetto di stimolo nei riguardi degli operatori economici a una migliore gestione dei rischi, a una più efficace prevenzione dei danni all'ambiente e al rispetto delle norme applicabili, poiché il premio e le condizioni generali di assicurazione (massimale, scoperto o franchigia, sottolimiti) sono determinati sulla base del rischio effettivo. L'impresa sarebbe pertanto incentivata a una migliore gestione operativa, per l'ottenimento di condizioni più vantaggiose e perché il sinistro possa essere risarcibile nell'adempimento degli obblighi previsti dalle normative vigenti, in particolare dal decreto legislativo n. 152 del 2006. Non sono da trascurare, inoltre, i benefìci che si otterrebbero per la protezione delle risorse naturali, per la tutela della salute dei cittadini, per il mantenimento dei posti di lavori e per le casse dello Stato.
Attualmente, la prevenzione dei danni all'ambiente risulta essere ancora un tema sottovalutato, mancando una norma di riferimento nazionale con previsioni rispetto alla corretta gestione dei rischi ambientali.
La situazione italiana è caratterizzata da un elevato numero di compagnie di assicurazione attive nella vendita di polizze per danni all'ambiente (nel 2022 se ne contano 22) con condizioni di copertura estremamente competitive e premi contenuti anche per i rischi più complessi. Sul mercato esistono, inoltre, diversi contratti che prevedono la copertura delle spese derivanti da eventi di danno all'ambiente.
L'assicuratore, attraverso la polizza per danni all'ambiente, svolge inoltre un importante ruolo di stimolo nei riguardi dell'impresa, per una migliore gestione dei rischi, per una più efficace prevenzione dei danni all'ambiente e per il rispetto delle norme applicabili.
Una delle possibili soluzioni a questo problema sarebbe di incentivare da parte delle aziende un maggior ricorso a strumenti come le polizze assicurative per danni all'ambiente, in grado di promuovere il rispetto, da parte dell'operatore responsabile, degli obblighi previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, oltre che garantire il risarcimento dei terzi danneggiati.
In secondo luogo, l'attuale impostazione normativa, anche di derivazione europea (dalla citata direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale), non tratta la prevenzione dell'evento di danno, ma prevede obblighi severi di intervento, una volta che l'evento si sia verificato, per mitigarne le conseguenze e per ripristinare le risorse naturali danneggiate.
L'esistenza di tali obblighi non è però di per sé sufficiente per accrescere la sensibilità delle aziende alla prevenzione dei danni all'ambiente e per indurle ad attuare misure volte a ridurre la probabilità e la magnitudo di eventi di danno caratterizzati da un potenziale catastrofale.
La certificazione UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto», pubblicata a giugno 2021 dall'Ente di normazione italiano e realizzata da un comitato tecnico composto da professionisti esperti di rischi e danni all'ambiente, nasce proprio con lo scopo di fornire alle imprese uno strumento concreto per rendere più efficace la prevenzione dei danni all'ambiente e allo stesso tempo migliorare la gestione dei rischi ambientali e il proprio rating ESG. La prassi di riferimento si rivolge alle imprese di qualunque settore e dimensione e ha pertanto un bacino potenziale di aziende interessate particolarmente ampio. Le imprese che hanno già una certificazione UNI EN ISO 14001:2015 o aderiscono al Sistema europeo di ecogestione e audit (Eco-Management and Audit Scheme – EMAS) sono agevolate nell'ottenimento della certificazione «Ambiente protetto». Potenzialmente il numero di aziende che potrebbero mettere in atto la prassi di riferimento è particolarmente elevato e i tempi di attuazione variano a seconda dell'attuale modalità di gestione dei rischi ambientali da parte delle imprese: più è carente, maggiori saranno gli investimenti necessari.
L'attuazione della certificazione «Ambiente protetto» richiede, insieme ai costi di certificazione, investimenti di adeguamento e manutenzione di impianti e siti di stoccaggio.
Per le aziende che attuano la prassi di riferimento UNI/PdR 107:2021 i costi più ingenti possono essere rappresentati dall'adeguamento ad alcuni requisiti, in particolare quelli relativi a serbatoi interrati e bacini di contenimento per serbatoi contenenti sostanze pericolose quando questi non rispettano i requisiti minimi obbligatori previsti.
Per tale ragione, trattandosi di una misura volontaria con importanti benefìci per la comunità e l'ambiente, si ritiene fondamentale premiare con opportune risorse statali tale comportamento virtuoso e incentivare il ricorso a esso. La presente proposta di legge prevede a tal fine due diverse misure per incentivare l'adozione della prassi di riferimento UNI/PdR 107:2021, in materia di sostegno alle spese di certificazione e agli investimenti che riguardano le parti di impianto che costituiscono uno dei maggiori pericoli per l'ambiente (sia per frequenza di accadimento che per gravità delle conseguenze).
Nel complesso, le misure contenute nella presente proposta di legge si inseriscono, d'altronde, in un processo più ampio di modifica dell'attuale contesto normativo nazionale ed europeo, ove hanno acquistato maggiore rilievo i comportamenti positivi assunti dagli operatori economici e le loro conseguenze sul territorio e sulla collettività. A questo proposito, è opportuno richiamare il decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254 (Attuazione della direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni), e il regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, relativo all'informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari.
Sulla scorta di quanto osservato, l'articolo 1 delinea le finalità della proposta di legge.
L'articolo 2 prevede la concessione di un credito d'imposta di importo pari al 20 per cento del costo sostenuto dai soggetti individuati al comma 4 per la stipulazione di contratti assicurativi a copertura della responsabilità per rischi ambientali, al fine di contribuire a una più efficace protezione dell'ambiente e di incentivare le imprese ad un maggiore impegno alla prevenzione dei danni all'ambiente e all'adozione di strumenti assicurativi in grado di sostenerle qualora si verificasse un evento di danno, potendo così garantire piena applicazione del principio «chi inquina paga». Il credito d'imposta è attribuito fino all'importo massimo annuale di euro 1.500 per ciascun beneficiario.
Possono essere beneficiari del credito d'imposta i titolari di reddito d'impresa. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le modalità stabilite dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui sono state sostenute le spese e dopo aver adempiuto i relativi obblighi documentali e di certificazione. All'Agenzia delle entrate sono demandati i controlli e l'eventuale recupero del credito indebitamente fruito.
L'articolo 3 prevede l'estensione degli incentivi di qualsiasi natura e sotto qualsiasi forma previsti per l'adesione all'EMAS e per la certificazione UNI EN ISO 14001:2015 anche alla certificazione UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all'ambiente – Criteri tecnici per un'efficace gestione dei rischi ambientali».
L'articolo 4 intende attribuire un credito d'imposta di importo pari al 20 per cento del costo sostenuto dai soggetti di cui al comma 4 per le spese per l'ottenimento della certificazione UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all'ambiente – Criteri tecnici per un'efficace gestione dei rischi ambientali». Rientra nel beneficio la sola spesa relativa all'audit di certificazione per l'ottenimento dell'attestato di certificazione e l'utilizzo del logo UNI/PdR 107:2021. L'organismo di certificazione deve risultare accreditato presso la società Accredia per la suddetta certificazione UNI/PdR 107:2021. Il credito d'imposta è riconosciuto fino all'importo massimo annuale di euro 1.000 per ciascun beneficiario.
Possono essere beneficiari del credito d'imposta i titolari di reddito d'impresa. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le modalità stabilite all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui sono state sostenute le spese e dopo aver adempiuto i relativi obblighi documentali e di certificazione. All'Agenzia delle entrate sono demandati i controlli e l'eventuale recupero del credito indebitamente fruito.
L'articolo 5 prevede, per l'anno 2023, la concessione di un credito d'imposta di importo pari al 20 per cento del costo sostenuto dai soggetti di cui al comma 4 per le spese concernenti gli interventi di manutenzione sui serbatoi interrati e sui bacini di contenimento obsoleti. Nel rispetto di quanto previsto dalla norma tecnica UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all'ambiente – Criteri tecnici per un'efficace gestione dei rischi ambientali», sono ammissibili le spese riguardanti serbatoi interrati e bacini di contenimento con una vetustà di almeno quindici anni relative ai seguenti interventi: a) sostituzione con un nuovo serbatoio a doppia parete; b) verifiche strutturali, con esclusione dei costi di smaltimento di fondami e residui presenti nel serbatoio stesso; c) vetrificazione del serbatoio esistente; d) realizzazione di doppio fondo o doppia parete sul serbatoio esistente; e) impermeabilizzazione dei bacini di contenimento per serbatoi contenenti sostanze pericolose. Gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) sono da intendersi alternativi. L'intervento di cui alla lettera e), riferendosi a bacini di contenimento di serbatoi fuori terra, non è alternativo alle voci precedenti. Il credito d'imposta è attribuito fino all'importo massimo annuale di euro 2.000 per ciascun beneficiario.
Possono essere beneficiari del credito d'imposta i titolari di reddito d'impresa. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le modalità stabilite all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui sono state sostenute le spese e dopo aver adempiuto i relativi obblighi documentali e di certificazione. All'Agenzia delle entrate sono demandati i controlli e l'eventuale recupero del credito indebitamente fruito.
La disposizione è volta a ridurre gli eventi di contaminazione causati dalla foratura di serbatoi monoparete obsoleti. La dispersione e la degradazione naturale portano alla formazione di un pennacchio contaminato lungo alcune centinaia di metri e largo alcune decine di metri, la cui bonifica richiede interventi di costo elevato e lunghi tempi di ripristino in caso di contaminazione del terreno e della falda acquifera.
PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
PRINCÌPI GENERALI
Art. 1.
(Finalità)
1. Allo scopo di prevenire e ridurre i casi di contaminazione ambientale, con rilevanti danni al terreno, alle acque superficiali e sotterranee, al mare, alle specie animali e vegetali, agli habitat naturali protetti e alle aree protette e con gravi conseguenze per la salute delle persone e la qualità della vita, nonché gli elevati rischi di insolvenza a carico degli operatori economici responsabili di danno ambientale, in conseguenza degli elevati costi di bonifica e ripristino e di risarcimento dei terzi danneggiati, le disposizioni della presente legge sono volte a incentivare i comportamenti virtuosi degli operatori economici, in particolare:
a) un maggiore ricorso alla stipulazione di contratti di assicurazione contro il rischio di danni all'ambiente, per tutelare il patrimonio dell'impresa, garantire la solvibilità in caso di danno nei riguardi degli enti e dei privati danneggiati e promuovere il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa ambientale;
b) la migliore gestione dei rischi ambientali, sia rispetto alla probabilità di accadimento sia rispetto alla possibile dimensione dei sinistri, favorendo gli interventi sulle parti degli impianti suscettibili di cagionare i più gravi danni all'ambiente, quali i serbatoi interrati monoparete in esercizio da più di quindici anni e i bacini di contenimento di serbatoi fuori terra;
c) l'adeguamento alla norma tecnica UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all'ambiente – Criteri tecnici per un'efficace gestione dei rischi ambientali».
Capo II
INCENTIVI IN AMBITO ASSICURATIVO
Art. 2.
(Credito d'imposta per la stipulazione di polizze assicurative per danni ambientali)
1. Per l'anno 2023 è concesso un credito d'imposta di importo pari al 20 per cento delle spese sostenute nel medesimo anno dai soggetti di cui al comma 4 per la stipulazione di contratti di assicurazione aventi ad oggetto il rischio di danno all'ambiente, come definito dalla parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in attuazione della direttiva 2004/35/CE.
2. I contratti di assicurazione di cui al comma 1 devono avere le seguenti caratteristiche:
a) le attività assicurate devono essere esercitate presso strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato;
b) la durata della copertura assicurativa deve essere di almeno un anno;
c) la copertura assicurativa non deve essere limitata soltanto all'inquinamento improvviso o accidentale;
d) la copertura assicurativa deve comprendere l'intero danno ambientale, come determinato ai sensi della parte quarta, titolo V, e della parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
e) la copertura dei danni all'ambiente deve prevedere un massimale almeno pari a un milione di euro esclusivamente destinato a tale tipo di danno.
3. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è attribuito fino all'importo massimo annuale di 1.500 euro per ciascun beneficiario.
4. Il credito d'imposta di cui al comma 1 spetta ai titolari di reddito d'impresa residenti nel territorio dello Stato, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica e dal settore economico di appartenenza. Sono escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale o altra procedura concorsuale prevista dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o da altre leggi, e le imprese rispetto alle quali sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni. Sono inoltre escluse le imprese sottoposte a sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
5. Il credito d'imposta di cui al comma 1 deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale è stata sostenuta la spesa e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai quattro periodi d'imposta successivi. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data in cui sono stati sostenuti i costi di cui al comma 1 del presente articolo, subordinatamente all'adempimento degli obblighi di certificazione di cui al comma 6 del presente articolo. Il credito d'imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al secondo periodo, non porti al superamento del costo sostenuto.
6. Ai fini dell'attribuzione del credito d'imposta di cui al comma 1, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dal soggetto beneficiario devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto preposto alla revisione legale dei conti. Per le imprese non tenute per legge alla revisione legale dei conti, la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Nell'assunzione di tale incarico, il revisore legale dei conti e la società di revisione legale dei conti osservano i princìpi di indipendenza di cui all'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 39 del 2010.
7. I soggetti beneficiari del credito d'imposta di cui al comma 1 sono tenuti a conservare la documentazione attestante la stipulazione del contratto di assicurazione di cui al comma 1.
8. Al credito d'imposta di cui al comma 1 non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
9. Qualora, a seguito di controlli, sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta di cui al comma 1 per il mancato rispetto di alcuno dei presupposti stabiliti ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni.
Capo III
INCENTIVI IN MATERIA DI
CERTIFICAZIONI
Art. 3.
(Incentivi connessi alla certificazione UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all'ambiente – Criteri tecnici per un'efficace gestione dei rischi ambientali»)
1. Gli incentivi di qualsiasi natura e sotto qualsiasi forma previsti per l'adesione al Sistema europeo di ecogestione e audit (EMAS) e per la certificazione UNI EN ISO 14001:2015 sono estesi alla certificazione UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all'ambiente – Criteri tecnici per un'efficace gestione dei rischi ambientali».
Art. 4.
(Credito d'imposta per le spese sostenute per il conseguimento della certificazione UNI/PdR 107:2021)
1. Per l'anno 2023 è concesso un credito d'imposta di importo pari al 20 per cento delle spese sostenute nel medesimo anno dai soggetti di cui al comma 4 per il conseguimento della certificazione UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all'ambiente – Criteri tecnici per un'efficace gestione dei rischi ambientali».
2. È ammissibile al credito d'imposta di cui al comma 1 la spesa per l'audit di certificazione occorrente per il conseguimento dell'attestato di certificazione e l'utilizzo del logo UNI/PdR 107:2021, sostenuta in relazione a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato. La certificazione deve essere rilasciata da un organismo di certificazione accreditato presso la società Accredia per la certificazione UNI/PdR 107:2021.
3. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è attribuito fino all'importo massimo annuale di euro 1.000 per ciascun beneficiario.
4. Il credito d'imposta di cui al comma 1 spetta ai titolari di reddito d'impresa residenti nel territorio dello Stato, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica e dal settore economico di appartenenza. Sono escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale o altra procedura concorsuale prevista dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o da altre leggi speciali, e le imprese rispetto alle quali sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni. Sono inoltre escluse le imprese sottoposte a sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
5. Il credito d'imposta di cui al comma 1 deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale è stata sostenuta la spesa e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai quattro periodi d'imposta successivi. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi di cui al comma 1 del presente articolo, subordinatamente all'avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione di cui al comma 6 del presente articolo. Il credito d'imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al secondo periodo, non porti al superamento del costo sostenuto.
6. Ai fini dell'attribuzione del credito d'imposta di cui al comma 1, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dal soggetto beneficiario devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto preposto alla revisione legale dei conti. Per le imprese non tenute per legge alla revisione legale dei conti, la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Nell'assunzione di tale incarico, il revisore legale dei conti o la società di revisione legale dei conti osservano i princìpi di indipendenza di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 39 del 2010.
7. I soggetti beneficiari del credito d'imposta di cui al comma 1 sono tenuti a conservare la documentazione attestante il rilascio della certificazione UNI/PdR 107:2021.
8. Al credito d'imposta di cui al comma 1 non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
9. Qualora, a seguito di controlli, sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta di cui al comma 1 per il mancato rispetto di alcuno dei presupposti stabiliti ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni.
Capo IV
INCENTIVI NELL'AMBITO DELLA
PREVENZIONE DEI DANNI AMBIENTALI
Art. 5.
(Credito d'imposta per interventi sui serbatoi interrati e sui bacini di contenimento obsoleti)
1. Per l'anno 2023 è concesso un credito d'imposta di importo pari al 20 per cento delle spese sostenute nel medesimo anno dai soggetti di cui al comma 4 per interventi di manutenzione sui serbatoi interrati e sui bacini di contenimento obsoleti.
2. Sono ammissibili al credito d'imposta di cui al comma 1 le spese per i seguenti interventi, eseguiti nel rispetto della norma tecnica UNI/PdR 107:2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all'ambiente – Criteri tecnici per un'efficace gestione dei rischi ambientali», su serbatoi interrati e bacini di contenimento con una vetustà di almeno quindici anni, al servizio di strutture produttive situate nel territorio dello Stato:
a) sostituzione con un nuovo serbatoio a doppia parete;
b) verifiche strutturali, con esclusione dei costi di smaltimento di fondami e residui presenti nel serbatoio stesso;
c) vetrificazione del serbatoio esistente;
d) realizzazione di doppio fondo o doppia parete sul serbatoio esistente;
e) impermeabilizzazione dei bacini di contenimento per serbatoi contenenti sostanze pericolose.
3. Gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) sono alternativi. L'intervento di cui alla lettera e) non è alternativo a quelli di cui alle lettere precedenti.
4. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è attribuito fino all'importo massimo annuale di euro 2.000 per ciascun beneficiario.
5. Il credito d'imposta di cui al comma 1 spetta ai titolari di reddito d'impresa residenti nel territorio dello Stato, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica e dal settore economico di appartenenza. Sono escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale o altra procedura concorsuale prevista dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o da altre leggi, e le imprese rispetto alle quali sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni. Sono inoltre escluse le imprese sottoposte a sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
6. Il credito d'imposta di cui al comma 1 deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale è stata sostenuta la spesa e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai quattro periodi d'imposta successivi. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi di cui al comma 1 del presente articolo, subordinatamente all'avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione di cui al comma 7 del presente articolo. Il credito d'imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al secondo periodo, non porti al superamento del costo sostenuto.
7. Ai fini dell'attribuzione del credito d'imposta di cui al comma 1, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dal soggetto beneficiario devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto preposto alla revisione legale dei conti. Per le imprese non tenute per legge alla revisione legale dei conti, la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Nell'assunzione di tale incarico, il revisore legale dei conti o la società di revisione legale dei conti osservano i princìpi di indipendenza di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 39 del 2010.
8. I soggetti beneficiari del credito d'imposta di cui al comma 1 sono tenuti a conservare la documentazione attestante l'esecuzione degli interventi di cui al comma 2.
9. Al credito d'imposta di cui al comma 1 non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
10. Qualora, a seguito di controlli, sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta di cui al comma 1 per il mancato rispetto di alcuno dei presupposti stabiliti ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni.