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Art. 1.
(Fondo nazionale per l'infanzia
e l'adolescenza)
1. É istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,
il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza finalizzato alla
realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per
favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo
sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e
dell'adolescenza, privilegiando l'ambiente ad esse piú confacente
ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei
princípi della Convenzione sui diritti del fanciullo resa esecutiva
ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, e degli articoli 1 e 5 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104.
2. Il Fondo é ripartito tra le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano. Una quota pari al 30 per cento delle risorse del Fondo
é riservata al finanziamento di interventi da realizzare nei comuni
di Venezia, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari,
Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari. La
ripartizione del Fondo e della quota riservata avviene, per il 50 per cento,
sulla base dell'ultima rilevazione della popolazione minorile effettuata
dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e per il 50 per cento secondo
i seguenti criteri:
a)
carenza di strutture per la prima infanzia secondo le indicazioni del
Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia della
Presidenza del Consiglio dei ministri;
b)
numero di minori presenti in presídi residenziali
socio-assistenziali in base all'ultima rilevazione dell'ISTAT;
c)
percentuale di dispersione scolastica nella scuola dell'obbligo come
accertata dal Ministero della pubblica istruzione;
d)
percentuale di famiglie con figli minori che vivono al di sotto della
soglia di povertà cosí come stimata dall'ISTAT;
e)
incidenza percentuale del coinvolgimento di minori in attività
criminose come accertata dalla Direzione generale dei servizi civili del
Ministero dell'interno, nonché dall'Ufficio centrale per la giustizia
minorile del Ministero di grazia e giustizia.
3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto
emanato di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, di grazia e
giustizia e con il Ministro per le pari opportunità, sentite la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano nonché le Commissioni parlamentari
competenti, provvede alla ripartizione delle quote del Fondo tra le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano e di quelle riservate ai
comuni, ai sensi del comma 2.
4. Per il finanziamento del Fondo é autorizzata la spesa di lire
117 miliardi per l'anno 1997 e di lire 312 miliardi a decorrere dall'anno
1998.
Art. 2.
(Ambiti territoriali di intervento)
1. Le regioni, nell'ambito della programmazione regionale, definiscono,
sentiti gli enti locali, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 8
giugno 1990, n. 142, ogni tre anni, gli ambiti territoriali di intervento,
tenuto conto della presenza dei comuni commissariati ai sensi dell'articolo
15- bis della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive
modificazioni, e procedono al riparto economico delle risorse al fine di
assicurare l'efficienza e l'efficacia degli interventi e la partecipazione
di tutti i soggetti coinvolti. Possono essere individuati, quali ambiti ter
ritoriali di intervento, comuni, comuni associati ai sensi degli articoli
24, 25 e 26 della legge 8 giugno 1990, n. 142, comunità montane e
province.
2. Gli enti locali ricompresi negli ambiti territoriali di intervento di
cui al comma 1, mediante accordi di programma definiti ai sensi
dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, cui partecipano, in
particolare, i provveditorati agli studi, le aziende sanitarie locali e i
centri per la giustizia minorile, approvano piani territoriali di intervento
della durata massima di un triennio, articolati in progetti immediatamente
esecutivi, nonché il relativo piano economico e la prevista copertura
finanziaria. Gli enti locali assicurano la partecipazione delle
organizzazioni non lucrative di utilità sociale nella definizione dei
piani di intervento. I piani di intervento sono trasmessi alle regioni, che
provvedono all'approvazione ed alla emanazione della relativa delibera di
finanziamento a valere sulle quote del Fondo di cui all'articolo 1 ad esse
attribuite ai sensi del medesimo articolo 1, comma 3, nei limiti delle
disponibilità assegnate ad ogni ambito territoriale, entro i
successivi sessanta giorni. Le regioni possono impiegare una quota non
superiore al 5 per cento delle risorse loro attribuite per la realizzazione
di programmi interregionali di scambio e di formazione in materia di servizi
per l'infanzia e per l'adolescenza.
3. Le regioni possono istituire fondi regionali per il finanziamento dei
piani di intervento ad integrazione delle quote di competenza regionale del
Fondo di cui all'articolo 1, nonché di interventi non finanziati
dallo stesso Fondo.
Art. 3.
(Finalità dei progetti)
1. Sono ammessi al finanziamento del Fondo di cui all'articolo 1 i
progetti che perseguono le seguenti finalità:
a) realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla
relazione genito re-figli, di contrasto della povertà e della
violenza, nonché di misure alternative al ricovero dei minori in
istituti educativo-assistenziali, tenuto conto altresí della
condizione dei minori stranieri;
b) innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi
per la prima infanzia;
c) realizzazione di servizi ricreativi ed educativi per il
tempo libero, anche nei periodi di sospensione delle attività
didattiche;
d) realizzazione di azioni positive per la promozione dei
diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, per l'esercizio dei diritti civili
fondamentali, per il miglioramento della fruizione dell'ambiente urbano e
naturale da parte dei minori, per lo sviluppo del benessere e della
qualità della vita dei minori, per la valorizzazione, nel rispetto di
ogni diversità, delle caratteristiche di genere, culturali ed
etniche;
e)
azioni per il sostegno economico ovvero di servizi alle famiglie naturali o
affidatarie che abbiano al loro interno uno o piú minori con
handicap
al fine di migliorare la qualità del gruppo-famiglia ed evitare
qualunque forma di emarginazione e di istituzionalizzazione.
Art. 4.
(Servizi di sostegno alla relazione
genitore-figli, di contrasto della povertà e della violenza,
nonché misure alternative al ricovero dei minori in istituti
educativo-assistenziali)
1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera a) , possono essere perseguite, in particolare,
attraverso:
a) l'erogazione di un minimo vitale a favore di minori in stato
di bisogno inseriti in famiglie o affidati ad uno solo dei genitori, anche
se separati;
b) l'attività di informazione e di sostegno alle
scelte di maternità e paternità, facilitando l'accesso ai
servizi di assistenza alla famiglia ed alla maternità di cui alla
legge 29 luglio 1975, n. 405, e successive modificazioni;
c) le azioni di sostegno al minore ed ai componenti della
famiglia al fine di realizzare un'efficace azione di prevenzione delle
situazioni di crisi e di rischio psico-sociale anche mediante il
potenziamento di servizi di rete per interventi domiciliari, diurni,
educativi territoriali, di sostegno alla frequenza scolastica e per quelli
di pronto intervento;
d) gli affidamenti familiari sia diurni che residenziali;
e) l'accoglienza temporanea di minori, anche sieropositivi,
e portatori di handicap fisico, psichico e sensoriale, in piccole
comunità educativo-riabilitative;
f) l'attivazione di residenze per donne agli arresti
domiciliari nei casi previsti dall'articolo 47- ter, comma 1,
numero 1), della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni,
alle quali possono altresí accedere i padri detenuti, qualora la
madre sia deceduta o sia assolutamente impossibilitata a prestare assistenza
ai figli minori;
g) la realizzazione di case di accoglienza per donne in
difficoltà con figli minori, o in stato di gravidanza, nonché
la promozione da parte di famiglie di accoglienze per genitori unici
esercenti la potestà con figli minori al seguito;
h) gli interventi di prevenzione e di assistenza nei casi
di abuso o di sfruttamento sessuale, di abbandono, di maltrattamento e di
violenza sui minori;
i) i servizi di mediazione familiare e di consulenza per
famiglie e minori al fine del superamento delle difficoltà
relazionali;
l) gli interventi diretti alla tutela dei diritti del
bambino malato ed ospedalizzato.
2. La realizzazione delle finalità di cui al presente articolo
avviene mediante progetti personalizzati integrati con le azioni previste
nei piani socio-sanitari regionali.
Art. 5.
(Innovazione e sperimentazione di servizi
socio-educativi per la prima infanzia)
1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera b), possono essere perseguite, in particolare,
attraverso:
a) servizi con caratteristiche educative, ludiche, culturali e
di aggregazione sociale per bambini da zero a tre anni, che prevedano la
presenza di genitori, familiari o adulti che quotidianamente si occupano
della loro cura, organizzati secondo criteri di flessibilità;
b) servizi con caratteristiche educative e ludiche per
l'assistenza a bambini da diciotto mesi a tre anni per un tempo giornaliero
non superiore alle cinque ore, privi di servizi di mensa e di riposo
pomeridiano.
2. I servizi di cui al comma 1 non sono sostitutivi degli asili nido
previsti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e possono essere anche
autorganizzati dalle famiglie, dalle associazioni e dai gruppi.
Art. 6.
(Servizi ricreativi ed educativi
per il tempo libero)
1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera c),
possono essere perseguite, in particolare, attraverso il sostegno e lo
sviluppo di servizi volti a promuovere e a valorizzare la partecipazione dei
minori a livello propositivo, decisionale e gestionale in esperienze
aggregative, nonché occasioni di riflessione su temi rilevanti per la
convivenza civile e lo sviluppo delle capacità di socializzazione e
di inserimento nella scuola, nella vita aggregativa e familiare.
2. I servizi di cui al comma 1 sono realizzati attraverso operatori
educativi con specifica competenza professionale e possono essere previsti
anche nell'ambito dell'at tuazione del regolamento recante la disciplina
delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle
istituzioni scolastiche, emanato con decreto del Presidente della Repubblica
10 ottobre 1996, n. 567.
Art. 7.
(Azioni positive per la promozione dei diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza)
1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera d), possono essere perseguite, in particolare,
attraverso:
a) interventi che facilitano l'uso del tempo e degli spazi
urbani e naturali, rimuovono ostacoli nella mobilità, ampliano la
fruizione di beni e servizi ambientali, culturali, sociali e sportivi;
b) misure orientate alla promozione della conoscenza dei
diritti dell'infanzia e dell'adolescenza presso tutta la cittadinanza ed in
particolare nei confronti degli addetti a servizi di pubblica
utilità;
c) misure volte a promuovere la partecipazione dei bambini e
degli adolescenti alla vita della comunità locale, anche
amministrativa.
Art. 8.
(Servizio di informazione,
promozione, consulenza, monitoraggio
1. Il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio
dei ministri attiva un servizio di informazione, di promozione, di
consulenza, di monitoraggio e di supporto tecnico per la realizzazione delle
finalità della presente legge. A tali fini il Dipartimento si avvale
del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia.
2. Il servizio svolge le seguenti funzioni:
a) provvede alla creazione di una banca dati dei progetti
realizzati a favore dell'infanzia e dell'adolescenza;
b) favorisce la diffusione delle conoscenze e la qualità
degli interventi;
c) assiste, su richiesta, gli enti locali e territoriali ed i
soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, nella elaborazione dei progetti
previsti dai piani territoriali di intervento, con particolare attenzione,
altresí, per la realizzazione dei migliori progetti nelle aree di cui
all'obiettivo 1 del regolamento (CEE) n. 2052/88 del Consiglio del 24 giugno
1988, come definite dalla Commissione delle Comunità europee.
3. Il servizio, in caso di rilevata necessità, per le funzioni di
segreteria tecnica relative alle attività di promozione e di
monitoraggio e per le attività di consulenza e di assistenza tecnica,
puó avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, di enti e
strutture da individuare nel rispetto della normativa nazionale e
comunitaria sugli appalti pubblici di servizi.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro per la solidarietà sociale, sentite le Commissioni
parlamentari competenti, con proprio decreto, definisce le modalità
organizzative e di funzionamento per l'attuazione del servizio.
5. Per il funzionamento del servizio é autorizzata la spesa annua
di lire 3 miliardi a decorrere dal 1997.
Art. 9.
(Valutazione dell'efficacia della spesa)
1. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano presentano una relazione al Ministro per la
solidarietà sociale sullo stato di attuazione degli interventi
previsti dalla presente legge, sulla loro efficacia, sull'impatto sui minori
e sulla società, sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da
adottare per migliorare le condizioni di vita dei minori nel rispettivo
territorio. Qualora, entro due anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, le regioni non abbiano provveduto all'impegno contabile
delle quote di competenza del Fondo di cui all'articolo 1 ed
all'individuazione degli ambiti territoriali di intervento di cui
all'articolo 2, il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, provvede alla ridestinazione dei fondi alle
regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Per garantire la tempestiva attuazione degli interventi di cui alla
presente legge nei comuni commissariati, il Ministro dell'interno, con
proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro per la
solidarietà sociale, provvede a definire le funzioni delle prefetture
competenti per territorio per il sostegno e l'assistenza ai comuni
ricompresi negli ambiti territoriali di intervento di cui all'articolo 2.
Art. 10.
(Relazione al Parlamento)
1. Entro il 30 settembre di ciascun anno il Ministro per la
solidarietà sociale trasmette una relazione al Parlamento sullo stato
di attuazione della presente legge, tenuto conto delle relazioni presentate
dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi
dell'articolo 9.
Art. 11.
(Conferenza nazionale sull'infanzia e
sull'adolescenza e statistiche ufficiali sull'infanzia)
1. Il Ministro per la solidarietà sociale convoca periodicamente,
e comunque almeno ogni tre anni, la Conferenza nazionale sull'infanzia e
sull'adolescenza, organizzata dal Dipartimento per gli affari sociali con il
supporto tecnico ed organizzativo del Centro nazionale di documentazione e
di analisi per l'infanzia e della Conferenza dei presi denti delle regioni e
delle province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le Commissioni
parlamentari competenti. Gli oneri derivanti dalla organizzazione della
Conferenza sono a carico del Fondo di cui all'articolo 1.
2. Ai fini della realizzazione di politiche sociali rivolte all'infanzia
e all'adolescenza, l'ISTAT, anche attraverso i soggetti che operano
all'interno del Sistema statistico nazionale di cui all'articolo 2 del
decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, assicura un flusso informativo
con periodicità adeguata sulla qualità della vita
dell'infanzia e dell'adolescenza nell'ambito della famiglia, della scuola e,
in genere, della società.
Art. 12.
(Rifinanziamento della legge
19 luglio 1991, n. 216)
1. Per il rifinanziamento del fondo di cui all'articolo 3 della legge 19
luglio 1991, n. 216, come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 27
maggio 1994, n. 318, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio
1994, n. 465, é autorizzata la spesa di lire 30 miliardi per ciascuno
degli anni 1997, 1998 e 1999.
2. Per il finanziamento dei progetti di cui all'articolo 4 della citata
legge n. 216 del 1991, é autorizzata la spesa di lire 10 miliardi per
ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999.
3. Agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi 1 e 2, pari a lire 40
miliardi per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del
Ministero del tesoro per l'anno 1997, a tal fine riducendo di pari importo
l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno.
4. I prefetti trasmettono i rendiconti delle somme accreditate per i
finanziamenti di cui all'articolo 3, comma 2, della citata legge n. 216 del
1991, agli uffici regionali di riscontro amministrativo del Ministero
dell'interno.
Art. 13.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dall'attuazione degli articoli 1 e 8 della
presente legge, pari a lire 120 miliardi per l'anno 1997 e a lire 315
miliardi per ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 1997-1999, al capitolo 6856 dello stato di previsione del
Ministero del tesoro per l'anno 1997, a tal fine riducendo di pari importo
l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
2. Le somme stanziate per le finalità di cui alla presente legge
possono essere utilizzate quale copertura della quota di finanziamento
nazionale di programmi cofinanziati dall'Unione europea.
3. Il Ministro del tesoro é autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.