Pubblicato il 16/11/2018

N. 06456/2018REG.PROV.COLL.

N. 01452/2018 REG.RIC.

N. 01600/2018 REG.RIC.

N. 01657/2018 REG.RIC.

N. 02555/2018 REG.RIC.

N. 01587/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1452 del 2018, proposto da
Assemblea Territoriale d’Ambito – ATO 2 Ancona, in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia, in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

Rieco s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Tommaso Marchese, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi, in Roma, via Tortolini, n. 30;

nei confronti

Multiservizi s.p.a., in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Galvani, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via salaria, n. 95;
Anconambiente s.p.a., So.Ge.Nu.S. s.p.a., in persona dei rispettivi presidenti del consiglio di amministrazione e legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Andrea Calzolaio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Del Vecchio, in Roma, viale Giulio Cesare, n. 71;
Cis s.r.l., Jesi Servizi s.r.l., Astea s.p.a., Ecofon Conero s.p.a., Comune di Ancona, Autorità Nazionale Anticorruzione, non costituiti in giudizio;



sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1600 del 2018, proposto da
Multiservizi s.p.a., in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Galvani, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Salaria, n. 95;

contro

Rieco s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Tommaso Marchese, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi, in Roma, via Tortolini, n. 30;

nei confronti

Assemblea Territoriale d’Ambito ATO 2 - Ancona, Ecofon Conero s.p.a., Anconambiente s.p.a., So.Ge.Nu.S s.p.a., Cis s.r.l., Jesiservizi s.r.l., Astea s.p.a., Comune di Ancona, Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC, non costituiti in giudizio;



sul ricorso in appello numero di registro generale 1657 del 2018, proposto da
So.Ge.Nu.S. s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Calzolaio e Claudio Baleani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Del Vecchio, in Roma, viale Giulio Cesare, n. 71;

contro

Rieco s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Tommaso Marchese, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi, in Roma, via Tortolini, n. 30;

nei confronti

Assemblea Territoriale d’Ambito Rifiuti ATO 2 - Ancona, Multiservizi s.p.a., Ecofon Conero s.p.a., Jesiservizi s.r.l., Cis s.r.l., Astea s.p.a., Comune di Ancona, Anconambiente s.p.a., Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC, non costituiti in giudizio;



sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2555 del 2018, proposto da
Ecofon Conero s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Galvani, con domicilio digitale eletto presso il suo studio, in Roma, via Salaria, n. 95;

contro

Rieco s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Tommaso Marchese, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi, in Roma, via Tortolini, n. 30;

nei confronti

Assemblea Territoriale D’Ambito ATO 2 - Ancona, Multiservizi s.p.a., Anconambiente s.p.a., So.Ge.Nu.S. s.p.a., Cis s.r.l., Jesiservizi s.r.l., Astea s.p.a., Comune di Ancona, Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAc, non costituiti in giudizio;



sul ricorso in appello numero di registro generale 1587 del 2018, proposto da
Anconambiente s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Calzolaio e Claudio Baleani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Del Vecchio, in Roma, viale Giulio Cesare, n. 71;

contro

Rieco s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Tommaso Marchese, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi, in Roma, via Tortolini, n. 30;

nei confronti

Assemblea Territoriale d’Ambito Rifiuti ATO 2 - Ancona, Multiservizi s.p.a., Ecofon Conero s.p.a., Jesiservizi s.r.l., Cis s.r.l., Astea s.p.a., Comune di Ancona, So.Ge.Nu.S. s.p.a., Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC, non costituiti in giudizio;

tutti per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, sezione prima, n. 49/2018, resa tra le parti, concernente la deliberazione dell’Assemblea Territoriale d’Ambito – ATO 2 Ancona n. 20 del 27 luglio 2017, avente ad oggetto l’affidamento del servizio gestione rifiuti nel bacino comprendente il territorio dei Comuni dell’ATO 2 Ancona ad gestore unico secondo la forma dell’in house providing;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Multiservizi s.p.a., Anconambiente s.p.a., So.Ge.Nu.S. s.p.a. e della Rieco s.p.a.;

Visto l’appello incidentale della Rieco s.p.a.;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 settembre 2018 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Lucchetti, Tommaso Marchese, Andrea Galvani, Andrea Calzolaio, anche in dichiarata delega dell’avvocato Claudio Baleani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per le Marche la Rieco s.p.a. impugnava gli atti con cui l’Assemblea territoriale d’Ambito – ATO 2 Ancona aveva affidato in via diretta, in house, il servizio di gestione dei rifiuti per i comuni ricadenti nel proprio territorio ad una costituenda società consortile partecipata da Multiservizi s.p.a. e da Ecofon Conero s.p.a., a loro volta interamente partecipate da locali siti nel medesimo ambito territoriale (deliberazione n. 20 del 27 luglio 2017, unitamente alle delibere presupposte).

2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale adito accoglieva parte delle censure formulate dalla società ricorrente, operatore privato nello stesso settore relativo alla gestione dei rifiuti nel territorio dell’Ambito ottimale, ed annullava pertanto gli atti impugnati sotto i seguenti profili:

- difetto del requisito del controllo analogo rispetto alla Ecofon Conero, poiché sottoposta al controllo di una società mista pubblico-privata, Astea s.p.a., in virtù del titolo partecipativo ex art. 2346, comma 6, cod. civ. emesso dalla prima e sottoscritto e liberato dalla seconda, mediante conferimento del proprio ramo d’azienda relativo al settore della gestione dei rifiuti;

- difetto del requisito dell’attività prevalente rispetto alla Multiservizi, gestore del servizio idrico per i comuni compresi nell’ambito ATO 2 Ancona, attiva attraverso «numerose partecipazioni dalla stessa detenute in altre società», nello svolgimento di servizi pubblici a favore di «enti non soci» e di servizi offerti sul libero mercato;

- difetto del requisito del controllo analogo degli enti pubblici indirettamente partecipanti alla costituenda società consortile con riguardo al comitato direttivo (organo con funzioni consultive), perché composto in base al regolamento consortile di quest’ultima dal presidente della stessa, dal presidente e dall’amministratore delegato di Ecofon Conero, e dal presidente e dal direttore generale della Multiservizi, e dunque contraddistinto, secondo il giudice di primo grado, da una «possibile commistione tra controllanti e controllati», a causa della presenza in essa degli organi di vertice delle società affidatarie anziché di rappresentanti degli enti pubblici controllanti;

- conseguente difetto di istruttoria della delibera impugnata in ordine ai presupposti dell’in house providing;

- mancato accantonamento nei bilanci dei Comuni partecipanti delle somme necessarie per fare fronte agli impegni finanziari connessi alla sottoscrizione del capitale della costituenda società consortile, in violazione dell’art. 3-bis, comma 1-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (recante Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148).

3. Per la riforma della sentenza del Tribunale hanno proposto separati appelli: l’Assemblea Territoriale d’Ambito – ATO 2 Ancona (r.g. n. 1452/2018); Anconambiente s.p.a. (r.g. n. 1587/2018), società che in base alla delibera impugnata dovrà cedere a il proprio ramo d’azienda relativo al servizio di igiene urbana alla Multiservizi; quest’ultima (r.g. n. 1600/2018); So.Ge.Nu.S. s.p.a. (r.g. n. 1657/2018), indicata dalla medesima delibera impugnata come futura cedente del proprio ramo d’azienda relativo allo stesso servizio a favore della medesima Multiservizi; Ecofon Conero s.p.a. (r.g. n. 2555/2018).

4. Nel giudizio n. 1452/2018, originato dall’appello dell’Assemblea d’Ambito 2 di Ancona ha proposto appello incidentale la Rieco, riproponendo le censure di legittimità del ricorso di primo grado respinte dalla sentenza impugnata.

DIRITTO

1. Gli appelli in epigrafe sono proposti contro la stessa sentenza, per cui ne va disposta ai sensi dell’art. 96 cod. proc. amm. la riunione.

2. Le parti in causa hanno sollevato alcune questioni pregiudiziali rispetto al merito, di seguito esaminate.

3. La Rieco eccepisce l’inammissibilità degli appelli principali, perché privi di censure nei confronti del capo della sentenza di primo grado in cui in relazione ai requisiti dell’in house providing con riguardo alle società Multiservizi e Ecofon Conero il Tribunale ha ravvisato una carenza di istruttoria nella delibera di affidamento impugnata.

4. L’eccezione è infondata dal momento che il capo di sentenza in questione è meramente consequenziale rispetto a quelli in cui il Tribunale ha accertato in via diretta che entrambe le società non soddisfano i requisiti dell’in house providing e che dunque difettano i presupposti per ricorrere a tale modello di gestione. Detti capi di sentenza sono sottoposti a critiche puntuali da parte delle appellanti principali, per cui l’intera questione risulta devoluta in modo rituale in appello.

5. Dalle parti appellanti principali viene per contro eccepita l’inammissibilità dell’appello incidentale della Rieco per difetto di interesse, sul rilievo che la ricorrente sarebbe risultata integralmente vincitrice nel giudizio di primo grado, per cui da tale impugnazione la stessa non potrebbe ricavare un’utilità maggiore di quella già ottenuta per effetto della sentenza di cui si tratta, consistente nella reintegrazione della possibilità di partecipare ad una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di igiene urbana nell’Ambito territoriale 2 Ancona: si sostiene in definitiva che l’appello incidentale si limiterebbe ad una mera richiesta di correzione della motivazione della decisione.

6. Anche detta eccezione è infondata.

I motivi di impugnazione della Rieco, respinti dal Tribunale e qui riproposti, comporterebbero, se accolti, l’accertamento di illegittimità ulteriori e in alcuni casi più radicali di quelle ritenute dal giudice di primo grado. Ciò si tradurrebbe in limiti più stringenti alla possibilità per l’Autorità d’ambito, in sede di riesercizio del potere, di affidare in house il servizio di gestione integrata dei rifiuti e dunque arricchirebbero il vincolo conformativo per quest’ultima rispetto ad una scelta in origine di carattere discrezionale, con correlativa utilità maggiore per la ricorrente rispetto a quella derivante dalla pronuncia di primo grado.

7. Viene inoltre eccepita l’inammissibilità dell’appello incidentale perché notificato in formato cartaceo con la sola firma autografa, e dunque senza firma digitale, mentre la firma digitale dell’originale depositato in giudizio risulta apposta in data successiva alla notifica.

Ogni contestazione al riguardo non ha tuttavia ragione d’essere, poiché la Rieco ha attestato la conformità all’originale depositato di ogni copia notificata del proprio appello incidentale e ciò consente di ritenere rispettate le formalità imposte dal processo amministrativo telematico e dall’altro lato a garanzia del diritto di difesa delle parti avversarie.

8. Superate quindi le eccezioni di carattere pregiudiziale, una prima questione riproposta nel presente giudizio d’appello concerne l’ammissibilità del ricorso della Rieco, che le appellanti principali tornano a contestare. Queste ultime censurano la statuizione del Tribunale che ha respinto la relativa eccezione, fondata sulla base del fatto che la medesima società non ha impugnato tempestivamente la delibera dell’Assemblea d’ambito n. 7 del 27 aprile 2016.

Secondo l’Assemblea d’Ambito e le società appellanti quest’ultimo provvedimento conterrebbe la scelta definitiva di affidamento secondo lo schema dell’in house providing, pertanto consolidatasi allorché è stata proposta l’impugnazione. Secondo tale impostazione il Tribunale sarebbe inoltre incorso in contraddizione per avere affermato che la Rieco deve comunque ritenersi legittimata a censurare le concrete modalità dell’affidamento individuate dall’amministrazione, quand’anche fosse accertata la conformità a legge del ricorso al modello dell’in house providing.

9. Le critiche così sintetizzate alla sentenza di primo grado sono infondate.

Come infatti correttamente rilevato dal Tribunale, la delibera - su cui l’eccezione di inammissibilità in esame si fonda - non contiene una volontà definitiva dell’Assemblea d’Ambito di affidare il servizio di gestione dei rifiuti in house, ma ne costituisce solo l’atto iniziale. Più precisamente con essa è stato dato avvio al percorso, poi culminato con la delibera n. 20 del 27 luglio 2017, che in base alla legge – ed in particolare ai sensi dell’art. 34, comma 20, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) - deve condurre a tale forma di affidamento.

10. Depone in questo senso il tenore delle espressioni utilizzate nella delibera n. 7 del 27 aprile 2016.

Il punto 2 del dispositivo reca infatti la decisione dell’Assemblea d’ambito di «avviare il procedimento di verifica per confermare il modello dell’in house providing…» per l’affidamento in forma unitaria del servizio di gestione integrata dei rifiuti per i Comuni ricadenti nell’ambito territoriale; quindi, nel punto 3 del medesimo provvedimento, si dispone contestualmente «di avviare il procedimento di verifica» del soggetto «gestore in house del ciclo integrato dei rifiuti», già individuato in una costituenda società tra Multiservizi e Ecofon Conero; infine, nel punto 5 si formulano gli indirizzi per la gestione del servizio e la costituzione della società affidataria cui l’affidamento in house dovrà conformarsi.

11. Il procedimento così avviato si è poi perfezionato con la delibera n. 20 del 27 luglio 2017, impugnata dalla Rieco.

Con essa l’organo deliberante dell’Ambito territoriale ha confermato la scelta dell’affidamento in house del servizio (punto n. 2 del dispositivo) e l’individuazione del soggetto affidatario (punto n. 3), sulla base delle relazioni illustrative circa la sussistenza dei requisiti dell’in houseproviding e della convenienza economica di tale modello, ai sensi del sopra citato art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, oltre che dell’art. 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto-legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (punto n. 4).

Posto dunque che la deliberazione di cui si è ora sintetizzato il contenuto costituisce l’atto conclusivo del procedimento (invece solo) avviato con la delibera n. 7 del 27 aprile 2016, l’interesse attuale e concreto dell’operatore economico, nel caso di specie privato, che contesti tale scelta, in favore dell’evidenza pubblica, a ricorrere in sede giurisdizionale non può dirsi sorto che con il primo provvedimento (delibera n. 20 del 27 luglio 2017) e non già con quest’ultimo (delibera n. 7 del 27 aprile 2016).

12. Né in contrario può essere valorizzato il fatto che la scelta di affidare il servizio secondo il modello dell’in house providing riproduce quella già assunta con la delibera n. 7 del 27 aprile 2016. Al riguardo risulta infatti corretto il rilievo del primo giudice secondo cui, alla luce dell’integrazione documentale di cui alle relazioni richieste per tale modello di gestione dei servizi pubblici dalle disposizioni di legge, la conferma del modello assume il carattere di conferma propria, svolta sulla base di una valutazione integrale dei presupposti per esso previsti.

13. Per le considerazioni svolte ogni questione concernente lo sdoppiamento dell’interesse ad agire enucleato dal medesimo Tribunale in caso di affidamento in house, con il riconoscimento di un interesse a contestare le concrete modalità di tale affidamento, rispetto alla scelta in sé, diviene irrilevante.

La Rieco ha infatti impugnato in modo rituale la determinazione amministrativa di scelta dell’in house providing, allorché essa si è tradotta in un provvedimento definitivo. Come poi correttamente precisato dal giudice di primo grado, ulteriori ragioni di illegittimità potranno essere svolte dalla medesima ricorrente allorché si darà piena definizione dell’affidamento, in particolare con la costituzione del soggetto affidatario, a sua volta posta come condizione di efficacia dell’affidamento nella delibera (come si vedrà infra).

14. Con gli appelli in esame vengono poi censurate quelle che le stesse deducenti (Anconambiente, So.Ge.Nu.S., Multiservizi ed Ecofon Conero) ritengono «considerazioni preliminari all’esame dei vari motivi di ricorso» (così nell’appello delle prime due) svolte dal Tribunale in ordine ai rapporti tra il modello dell’in house providing e gli altri previsti dal sistema normativo attualmente vigente per la gestione dei servizi pubblici locali: affidamento a privati mediante procedure ad evidenza pubblica e affidamento a società miste pubblico-private con gare c.d. a doppio oggetto. Si contesta in particolare che la prima costituisca un’eccezione alle altre due forme, come ritenuto dal Tribunale, e non invece una modalità ordinaria al pari di queste due.

15. Viene del pari censurata l’affermazione del Tribunale secondo cui l’obiettivo di superare la frammentazione delle gestioni del servizi di igiene urbana, espresso nella delibera impugnata, possa essere superato con le altre due modalità di affidamento, oltre che con l’in house providing. In contrario si evidenzia che l’affidamento diretto è quello raccomandato dal Ministero dello sviluppo economico in sede di approvazione dello schema tipo di relazione ai sensi del più volte citato art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, oltre che quello in origine individuato dalla stessa Assemblea d’Ambito (nella citata delibera n. 7 del 27 aprile 2016) al fine di assicurare una necessaria «elasticità nei rapporti contrattuali con l’affidatario», non ottenibile da un affidatario selezionato con procedura ad evidenza pubblica.

16. Con lo stesso ordine di censure si critica la pronuncia di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha statuito che la verifica circa il rispetto dei requisiti dell’in house providing deve essere svolta con riguardo alla situazione vigente al momento della delibera impugnata, anziché all’esito del percorso avviato e che, per affermazione dello stesso giudice di primo grado, verrà definito allorché la società affidataria sarà effettivamente costituita.

17. Con un ulteriore ordine di censure le appellanti sostengono che il Tribunale, nel ravvisare una carente istruttoria in ordine ai presupposti dell’in house providing con riguardo alle società poste in posizione intermedia della catena di controllo, e cioè Ecofon Conero e Multiservizi, si sarebbe in realtà pronunciato su poteri amministrativi non ancora esercitati e su profili di merito sottratti al sindacato di legittimità, con violazione degli artt. 34, comma 2, e 31, comma 3, cod. proc. amm., come evincibile dal fatto che lo stesso giudice di primo grado ha riconosciuto la necessità di un’attività amministrativa rinnovatoria in conseguenza dell’annullamento.

18. Le censure così sintetizzate sono inammissibili e/o infondate.

19. Innanzitutto, per stessa ammissione delle appellanti che hanno posto la questione, le considerazioni svolte dal Tribunale sui rapporti tra il modello dell’in house providing e le alternative previste per la gestione dei servizi pubblici locali, consistenti nel ricorso all’evidenza pubblica e nell’affidamento a società mista pubblico-privata – rapporti basati sul carattere eccezionale del primo rispetto alle seconde - hanno carattere «preliminare» rispetto all’accertamento in concreto dei presupposti dell’in house poi compiuto dal giudice di primo grado. In altri termini, tale inquadramento di carattere generale ha costituito la premessa per verificare se nel caso in contestazione tali presupposti vi fossero o meno.

20. L’interesse ad appellare la sentenza si concentra dunque sugli esiti cui il Tribunale è pervenuto.

21. L’impostazione seguita dal primo giudice è peraltro corretta, poiché - a prescindere dai rapporti con gli altri modelli gestori poc’anzi richiamati - è incontestabile che nell’ordinamento giuridico nazionale l’in house providing è oggetto di una puntuale disciplina a livello legislativo. Ciò per le condivisibili e finalità, richiamate puntualmente dal Tribunale, di contrasto rispetto a fenomeni di abuso, il cui rispetto costituisce il tipico accertamento in sede giurisdizionale amministrativa, allorché l’operatore economico di settore portatore dell’interesse legittimo al rispetto degli obblighi di evidenza pubblica ne contesti i presupposti.

In ciò non vi è alcun contrasto con il diritto sovranazionale, poiché per quest’ultimo assume rilievo esclusivo la definizione dei limiti entro cui è consentito derogare al principio dell’evidenza pubblica, ma rispetto a tale obiettivo non si pongono in contrasto, ma anzi ricevono fondamento dalla Costituzione, le ulteriori finalità perseguite dal legislatore nazionale, di imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa e di coordinamento della finanza pubblica. Del pari, alcun contrasto è ravvisabile tra i principi elaborati a livello eurounitario e i legittimi obiettivi di politica legislativa, proprie della specificità dell’ordinamento nazionale italiano, di assicurare qualità, efficienza ed efficacia dei servizi pubblici rispondenti a bisogni fondamentali della collettività. Di tutti detti obiettivi sono quindi coerente attuazione le norme di legge che variamente condizionano sul piano procedimentale e sostanziale l’affidamento in house di servizi pubblici locali, tra cui quello di gestione dei rifiuti oggetto del presente giudizio.

22. Per considerazioni analoghe possono essere superati gli assunti delle appellanti principali secondo cui l’in house providing sarebbe il modello di gestione dei servizi pubblici locali più appropriato per superare la frammentazione preesistente e pervenire al raggiungimento degli obiettivi di gestione unitaria a livello di ambiti territoriali ottimali, in grado di assicurarne la maggiore efficienza. Ciò non toglie che se questa scelta politico-amministrativa, in astratto legittima, oltre che raccomandata dalla competente autorità ministeriale, non sia in concreto assistita dai presupposti richiesti dalla legge, la stessa si presta ad essere sindacabile ed annullabile in sede giurisdizionale.

23. E’ inoltre corretta la prospettiva in cui si è posto il Tribunale nell’accertare la legittimità della delibera dell’Assemblea d’ambito impugnata nel presente giudizio con riguardo alla situazione di fatto e di diritto vigente al momento della sua emanazione, anziché – come sostengono le appellanti principali – al momento in cui la società affidataria sarà effettivamente costituita.

L’impostazione è innanzitutto conforme al principio consolidatosi in materia di in house providing, sia dalla giurisprudenza europea che da quella interna. Ad esse va data continuità sulla base della considerazione che nel momento in cui l’affidamento è disposto vengono fissate le regole fondamentali di organizzazione e funzionamento dell’ente in house, cui possono seguire eventuali modifiche successive che, se non tali da stravolgere l’impianto originario, si innestano e vanno comunque a comporre quest’ultimo.

24. La medesima impostazione è poi coerente con il rilievo che nella fattispecie in esame l’interesse della Rieco a ricorrere può ritenersi già sorto con la scelta del modello di gestione del servizio in house e l’approvazione degli atti per previsti dalla legge, oltre che l’individuazione del soggetto affidatario, sebbene quest’ultimo sia ancora da costituire.

Va al riguardo precisato che, proprio in considerazione del fatto che la società che dovrà svolgere il servizio di gestione dei rifiuti non sia ancora venuta in esistenza rispetto al momento in cui lo stesso è stato nondimeno individuato come affidatario, la delibera impugnata subordina l’efficacia dell’affidamento del servizio ed il relativo avvio a tale costituzione, con previsione di un termine al 30 novembre 2017 (punto 8 del dispositivo della delibera impugnata; la sentenza di primo grado dà poi atto che il termine in questione è stato successivamente prorogato). L’apposizione di un elemento accessorio rispetto alla volontà comunque manifestata di ricorrere al modello dell’in house fornisce conferma in ordine al fatto che per l’operatore economico del settore - che avversi questa scelta - la lesione si è già attualizzata e che per esso è sorto l’onere di agire in giudizio. Come poi rilevato dal giudice di primo grado, lo stesso operatore potrà svolgere contestazioni nei confronti degli atti che successivamente dovranno essere emanati relativamente al medesimo servizio, laddove emergano ulteriori profili di illegittimità.

25. Palesemente infondate infine sono le censure dirette a sostenere che il Tribunale amministrativo si sarebbe ingerito in poteri di carattere discrezionale non ancora esercitati, come desumibile dall’ordine di riesercitare il potere emendato dei vizi accertati emesso dallo stesso giudice di primo grado. In realtà quest’ultimo si è limitato ad accertare che alcuni dei vizi dedotti dalla Rieco erano effettivamente esistenti e, come era suo dovere, proprio per evitare di sovrapporsi all’autorità amministrativa (e come naturale alla luce delle illegittimità riscontrate) ha ordinato all’Autorità d’ambito di rinnovare la scelta di affidamento in house rimuovendo tali vizi.

26. Passando al merito, una prima questione posta dagli appelli concerne l’esistenza del requisito del controllo analogo necessario a configurare il fenomeno dell’in house providing nei confronti della Ecofon Conero - società a totale partecipazione pubblica (Comuni di Filottrano, Numana e Sirolo, ed in seguito Osimo) operante nel settore dei servizi di igiene urbana - destinata a sottoscrivere il 20% del capitale della costituenda società consortile affidataria del servizio di gestione dei rifiuti per l’Ambito territoriale 2 di Ancona.

27. Come accennato nella parte in fatto, il Tribunale ha escluso che questo requisito potesse essere soddisfatto in ragione del fatto che la stessa Ecofon Conero aveva attribuito alla società (pubblico-privata) Astea s.p.a. alcuni poteri di gestione, attraverso l’emissione (in data 14 aprile 2016) di un titolo partecipativo ex art. 2346, comma 6, cod. civ. (del valore nominale di € 178.800), sottoscritto e liberato dalla Astea mediante il conferimento del proprio ramo d’azienda operante nel settore dei servizi di igiene urbana. Sul punto il Tribunale ha attribuito rilievo decisivo alla circostanza che i diritti inerenti allo strumento partecipativo sono, ai sensi dell’art. 2376 cod. civ., intangibili senza il consenso dei relativi titolari. Al medesimo riguardo, il giudice di primo grado ha escluso che potessero valere a sanare l’illegittimità così ravvisata le modifiche intervenute nelle more del giudizio e consistite nella sottoscrizione tra le due società di un lettera di intenti (in data 27 novembre 2017), in virtù della quale la Astea si impegnava ad affittare alla Ecofon Conero il ramo d’azienda in questione (oltre che dell’obbligo assunto da quest’ultima di stipulare con la prima un contratto di rete per la distribuzione sul territorio dell’attività di igiene urbana).

28. Tanto premesso, le appellanti principali contestano innanzitutto l’assunto del Tribunale secondo cui la modifica sopravvenuta avrebbe carattere aleatorio: in particolare per il divieto di contrarre con terzi fino alla conclusione dell’accordo sull’affitto di ramo d’azienda, salvo il caso di esito negativo della procedura di affidamento in house, e per il rinvio per la determinazione del corrispettivo alle tariffe per la gestione dei rifiuti stabilite dall’Autorità d’ambito.

Si critica inoltre il mancato rilievo della conseguente modifica dello strumento partecipativo in «mero strumento finanziario», con l’esclusione del diritto della Astea di nominare il direttore del ramo d’azienda e di tutti gli altri diritti amministrativi inizialmente previsti a favore di quest’ultima (appello dell’Assemblea d’Ambito).

Si evidenzia inoltre che la partecipazione di privati in Astea non è mai stata contestata, così come è incontestato che Ecofon Conero è società interalmente partecipata da enti pubblici.

E’ poi censurata l’assimilazione dei titoli ex art. 2346, comma 6, cod. civ. a quelli di partecipazione al capitale delle società. In contrario si sottolinea che per i primi difetta il necessario requisito dell’assunzione del rischio di perdita del patrimonio investito tipico dei secondi. Si afferma quindi la natura di strumento finanziario dei titoli di cui alla disposizione del codice civile ora citata, come tali non idonei ad attribuire al sottoscrittore alcun potere gestorio nei confronti della società emittente. Al riguardo si sottolinea che tale non può essere considerato il potere di approvazione delle delibere assembleari incidenti sui diritti partecipativi previsto dal citato art. 2376 del codice civile, poiché a questo oggetto limitato non si aggiunge il diritto di voto nella gestione e nelle scelte strategiche della società emittente (così in particolare negli appelli di Multiservizi e Ecofon Conero).

29. Una seconda questione devoluta nel presente appello riguarda il requisito del controllo analogo in capo alla Multiservizi, che il Tribunale ha escluso a causa delle numerose attività extra moenia di quest’ultima, non svolte nei confronti degli enti pubblici partecipanti e compresi nel territorio dell’Autorità d’ambito ATO 2 Ancona, ma a favore di altre autorità amministrative o in regime di libero mercato, sia direttamente che attraverso partecipazioni in altre società.

Si deduce in contrario, in primo luogo, che l’unica verifica da svolgere è quella sul rispetto del requisito del limite minimo dell’80% di fatturato da attività in house, da svolgere attraverso l’esame dello statuto, ai sensi dell’art. 16, comma 3, del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175), e che nel caso di specie lo statuto della Multiservizi si conforma a questo limite (così in particolare nell’appello dell’Autorità d’ambito).

Si assume inoltre che l’unico fatturato da considerare a questo scopo è quello correlato ai «costi sostenuti dalla persona giuridica» della cui natura di ente in house si discute, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e che è per contro scorretto includervi il fatturato delle società partecipate poiché, rispetto al medesimo ente in house partecipante, quest’ultimo viene contabilizzato nel conto economico tra i proventi finanziari. Viene inoltre evidenziato che l’Assemblea d’Ambito ha in effetto svolto un’istruttoria approfondita sul punto, conclusasi con esito positivo.

Si deduce sotto un distinto profilo che le partecipazioni societarie della Multiservizi fanno «tutte» riferimento a «società di distribuzione del gas», e cioè ad un servizio «di interesse generale», coerente ai sensi degli artt. 4 e 5 del t.u. di cui al citato d.lgs. n. 175 del 2016 con le finalità istituzionali della società pubblica in questione (appelli Anconambiente e Multiservizi).

30. Al medesimo riguardo, e sotto un distinto profilo, si contesta che Multiservizi sia in posizione di controllo ex art. 2359 cod. civ. nei confronti della società Edma s.r.l. (di cui detiene il 55% del capitale sociale), a sua volta partecipante nelle società operative nel settore della distribuzione del gas (Edma Reti e Gas s.r.l.), e che quest’ultima sia una società mista pubblico-privata. In relazione al primo profilo si evidenzia che in base ad un patto di sindacato con l’unico altro socio, Estra s.p.a., i poteri di gestione di Edma sono attribuiti ai due soci in via paritetica «con la conseguente insussistenza di una posizione di controllo o influenza dominante ai sensi dell’art. 2359 cc rispetto ad Edma Reti e Gas» (appello Multiservizi e Ecofon Conero). Per quanto concerne il secondo profilo si deduce che Estra è a sua volta società a capitale interamente pubblico. Inoltre si sostiene che Edma Reti e Gas costituisce un mero veicolo attraverso il quale la società Multiservizi presta ai propri soci pubblici il servizio di distribuzione del gas, come si evince dalla stessa base partecipativa dei due enti societari.

31. Viene poi ricordato l’attuale favor normativo per l’istituto dell’in house providing, evincibile dal riconoscimento di un ambito di operatività di tali enti nei confronti di soggetti terzi rispetto agli enti pubblici affidanti (art. 16, comma 3-bis, d.lgs. n. 175 del 2016), da cui si dovrebbe ulteriormente desumere che è legittimo per tali soggetti svolgere «qualsiasi attività imprenditoriale volta al perseguimento di fine di lucro» (appello Multiservizi e Ecofon Conero).

32. Tutto ciò premesso le questioni poste dagli appelli principali, concernenti le due società partecipanti al capitale della costituenda società consortile affidataria in house del servizio, sono fondate solo con riguardo alla Ecofon Conero.

33. Il Tribunale non ha infatti considerato che il controllo analogo richiesto per configurare l’in house providing si sostanzia in un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società controllata, tale per cui quest’ultima, pur costituendo una persona giuridica distinta dall’ente pubblico partecipante, in realtà ne costituisce una mera articolazione organizzativa priva di effettiva autonomia (cfr. ex multis: Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 13 novembre 2008, C-324/07, Coditel Brabant SA). In questa prospettiva occorreva allora verificare se sulla base dei diritti amministrativi inerenti allo strumento partecipativo emesso da Ecofon Conero e sottoscritto da Astea, a quest’ultima fosse stato attribuito un potere di controllo nella prima della portata di quello poc’anzi descritto.

34. Non risulta pertanto conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza europea, recepiti da quella interna, fare conseguire il trasferimento di tale potere di controllo sulla sola base dei diritti amministrativi originariamente connessi allo strumento partecipativo. Questi infatti consistono nella nomina del direttore del ramo d’azienda per il servizio di gestione dei rifiuti conferito da Astea in sede di sottoscrizione del titolo e nell’obbligo per l’emittente Ecofon Conero di sottoscrivere con quest’ultima un contratto di rete «per la distribuzione sul territorio dell’attività di igiene urbana». Non vi è pertanto prova - che sarebbe stato onere della Rieco offrire - che la nomina di una figura di rilievo prettamente operativo quale il direttore generale di un ramo d’azienda e, in aggiunta a ciò, la stipula di un contratto avente ad oggetto le modalità di gestione del servizio, abbiano attribuito alla Astea una posizione di dominio in Ecofon Conero nei termini poc’anzi descritti.

35. Tanto meno questa prova può ricavarsi dal diritto riconosciuto dall’art. 2376 cod. civ. ai possessori di «strumenti finanziari che conferiscono diritti amministrativi» di approvazione delle delibere dell’assemblea della società emittente «che pregiudicano i diritti» in questione. Si tratta infatti di un potere di condizionamento della gestione strettamente funzionale al mantenimento dei diritti amministrativi originariamente connessi allo strumento partecipativo, che dunque non esorbita dai limiti oggettivi di questi ultimi.

36. La possibilità per Astea di esercitare su Ecofon Conero un controllo analogo a quello svolto sui propri servizi deve escludersi anche alla luce delle modifiche nei rapporti tra queste due società intervenute nel corso del giudizio di primo grado.

Più precisamente, allorché la Ecofon Conero ha aumentato il proprio capitale sociale, in ragione dell’esigenza di parificare (al 25% ciascuno) la quota di partecipazione del Comune di Osimo, rispetto a quella dei soci pubblici “storici”, Comuni di Filottrano, Numana e Sirolo, la Astea ha provveduto alla relativa liberazione mediante versamento in denaro; contestualmente lo strumento partecipativo dalla stessa Astea in precedenza sottoscritto è stato modificato con la soppressione dei diritti amministrativi ad esso inerenti e si è previsto che quest’ultima in tale qualità non ha alcun diritto patrimoniale, se non quello al rimborso dell’apporto in denaro al momento della liquidazione della società (verbale di assemblea straordinaria in data 10 novembre 2017). A margine di questa operazione le due società hanno stipulato una lettera di intenti per l’affitto da Astea a Ecofon Conero del medesimo ramo d’azienda, in vista dell’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti a quest’ultima da parte dell’Assemblea d’ambito ATO 2 Ancona.

37. Contrariamente a quanto ritenuto al riguardo dal Tribunale le modifiche in questione, orientate nel senso di accentuare la natura finanziaria dello strumento di partecipazione al capitale, non hanno avuto l’effetto e lo scopo di sanare un’illegittimità originaria, ma di confermare vieppiù il ruolo operativo di Astea in Ecofon Conero, scevra da alcuna influenza dominante.

Nelle premesse della lettera di intenti si specifica appunto che quest’ultima si è rivolta alla prima «per dotarsi di una struttura operativa» necessaria per esercitare il servizio di gestione dei rifiuti affidato dalla dall’Autorità d’ambito ATO 2 - Ancona con la delibera n. 20 del 27 luglio 2017; ciò – come in particolare sottolinea l’Assemblea d’ambito nel proprio appello – in un momento in cui la società in house affidataria del servizio doveva ancora essere costituita e al quale evento la delibera impugnata nel presente giudizio aveva espressamente condizionato l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti.

38. Vi è dunque un elemento comune nelle operazioni realizzate da Ecofon Conero prima e nel corso del presente giudizio, dato dal fatto che tale società ha in realtà utilizzato strumenti di stampo civilistico legittimi per dotarsi dei mezzi aziendali necessari per svolgere il servizio che dovrà essere svolto dalla costituenda società consortile individuata con la delibera impugnata nel presente giudizio. In un simile contesto non risulta dunque applicabile l’orientamento giurisprudenziale tradizionale a mente del quale le condizioni di legittimità dell’affidamento in house devono essere valutate al momento in cui lo stesso è disposto, senza che abbiano rilievo modifiche intervenute successivamente (orientamento da ultimo ribadito da questa Sezione, con sentenza del 30 aprile 2018, n. 2599).

Va peraltro precisato che l’indirizzo ora richiamato è suscettibile di essere adattato alla peculiarità della fattispecie controversa, in cui il soggetto che dovrà svolgere il servizio non risulta ancora costituito al momento dell’affidamento e che in particolare modifiche nella struttura organizzativa delle partecipate di “primo livello” Ecofon Conero e Multiservizi nell’ambito dell’in house providing “a cascata”previsto nella delibera impugnata devono ritenersi consentite fino al momento in cui si dovrà verificare il rispetto della condizione cui la delibera medesima subordina l’affidamento a favore della società consortile, partecipata di “secondo livello”, e cioè la costituzione di quest’ultima.

39. Per le considerazioni sinora espresse non ha pertanto rilievo, in senso opposto, la supposta aleatorietà della lettera di intenti, ritenuta invece dal giudice di primo grado. Deve peraltro escludersi che possa ravvisarsi un simile carattere sulla base dell’obbligo ivi previsto di non instaurare trattative con terzi fino al perfezionamento dell’accordo e della clausola di determinazione del corrispettivo per l’affitto sulla base delle tariffe per la gestione del servizio fissate dall’Autorità d’ambito. Le clausole in questione, non insolite o sconosciute alla prassi, non possono infatti essere ritenute tali da denotare una volontà di eludere le censure di legittimità proposte nel presente contenzioso dalla Rieco.

40. Con riguardo alla Multiservizi le conclusioni sono invece opposte.

Deve innanzitutto premettersi che quest’ultima risulta al vertice di un consolidamento societario al cui interno si collocano: «la società controllata Edma S.r.l. e le società da questa controllate, quali: la società controllata Edma Reti Gas S.r.l., le società collegate, SIG Società Intercomunale Gas S.p.a. ed AES Fano S.r.l., e la società partecipata Estra Energie S.r.l.». Così si esprime la relazione del collegio sindacale al bilancio d’esercizio 2016 della Multiservizi.

41. Tutte le censure sollevate al riguardo dalle appellanti principali si infrangono contro il dato fornito dalla stessa società su cui si controverte. In particolare si rivela vano lo sforzo di argomentare in senso contrario sulla base dei patti parasociali di voto congiunto intercorsi con l’altra società controllante la Edma, e cioè la Estra s.r.l., malgrado la minore quota di capitale sociale nella prima detenuta da quest’ultima, ovvero il 45%, contro il 55% in possesso della Multiservizi.

Ancora una volta la smentita si ricava dalla citata relazione del collegio sindacale, laddove si fa espressa menzione di tale circostanza, al solo fine peraltro di rendere noto il diverso criterio di consolidamento di Edma all’interno del gruppo (e cioè con il metodo del patrimonio netto in luogo di quello consolidamento proporzionale, adottato prima dei patti di sindacato di voto sopraggiunti).

Al medesimo riguardo, va richiamato il paragrafo della relazione sulla gestione degli amministratori intitolato «Analisi dei principali eventi gestionali» (§ 2), in cui si fa menzione del trasferimento della partecipazione in altra società del gruppo, Prometeo, «da Edma in Estra Energie», e si specifica che questa scelta è da considerarsi «strategica», rispetto agli obiettivi del management di Multiservizi di «accrescimento del valore del capitale investito con una tendenziale progressiva crescita della quota di mercato nel nuovo contesto».

42. Gli assunti delle medesime appellanti principali conducono peraltro all’aporia per cui in caso di società a controllo congiunto paritario non vi è alcun controllo ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, senza considerare che il potere di veto insito nel diritto di voto paritario è esso stesso una forma di controllo, sufficiente ad integrare l’ipotesi dell’«influenza dominante nell’assemblea ordinaria» prevista nel n. 2) della disposizione ora richiamata.

43. Definito quindi il gruppo economico facente capo a Multiservizi, occorre dirimere la questione se per stabilire il rispetto del limite dell’80% da attività nei confronti dei soci pubblici partecipanti nell’ente in house, ai sensi degli artt. 5, commi 6, lett. c), e 7, del codice dei contratti pubblici, e 16, comma 3, d.lgs. n. 175 del 2016, deve essere computato il solo fatturato di quest’ultimo e non anche quelli delle società dallo stesso controllate. La tesi si fonda sulla diversa voce contabile prevista nello schema di conto economico civilistico ai sensi dell’art. 2425 cod. civ. per gli uni: «ricavi delle vendite e delle prestazioni» (parte A – valore della produzione; n. 1); rispetto agli altri: «proventi da partecipazioni» (parte C – proventi e oneri finanziari; n. 15).

44. Nella misura in cui attribuisce rilievo determinante ad un elemento formale, quale quello ricavabile dallo schema di conto economico, l’assunto non può essere seguito. Con esso si svaluta l’approccio funzionale dell’istituto dell’in house providing,cui è informata l’elaborazione dell’istituto sin dalla sentenza Teckal della Corte di giustizia dell’Unione europea del 18 novembre 1999 (C-107/98), ed in forza del quale occorre verificare la reale sostanza dei fenomeni, al di là delle forme utilizzate, per cui anche una società con personalità giuridica distinta dall’ente pubblico detentore del relativo capitale sociale può essere considerata un’articolazione organizzativa di quest’ultimo, al pari di quelli tradizionali di stampo burocratico, se soggetta ad un potere di influenza dominante dello stesso ente pubblico e se operante esclusivamente (ora con il correttivo di un 20% a favore di terzi) nei confronti del medesimo. In tale prospettiva vanno pertanto considerati tutti i settori in cui la società partecipata opera, anche attraverso le proprie partecipate, in posizione di controllo ai sensi del più volte citato art. 2359 cod. civ., per cui con specifico riguardo al requisito dell’attività prevalente va considerato il fatturato a livello consolidato e non già quello prodotto dalla sola capogruppo.

45. Per considerazioni analoghe va disatteso l’assunto dell’Assemblea d’ambito secondo cui la verifica in ordine al rispetto del requisito dell’attività prevalente in questione deve essere circoscritta alle previsioni statutarie, come prevede l’art. 16, comma 3, del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al d.lgs. n. 175 del 2016. La disposizione ora richiamata – così formulata «Gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci» - ha lo scopo di assicurare che nel momento genetico della costituzione della società in house vi sia una regola interna in grado di conformarne l’operatività ai principi generali per essa valevoli. La medesima disposizione non impedisce tuttavia che questa verifica avvenga, in senso dinamico, nel corso dell’operatività dell’ente societario in house e che nello specifico questa sia svolta dal giudice amministrativo, allorché venga contestato da terzi a ciò legittimati il rispetto del sovraordinato ed in ogni caso inderogabile limite di legge dell’80%, sancito in particolare dall’art. 5, commi 6, lett. c), e 7, del codice dei contratti pubblici, parimenti sopra menzionato. Ciò è appunto il caso di specie, in cui la Rieco ha contestato il requisito dell’attività prevalente nei confronti della Multiservizi, a causa della pluralità di partecipazioni, in via diretta e indiretta, in società operative in altri settori economici.

46. Le appellanti principali errano inoltre nell’inferire dalle disposizioni del codice dei contratti pubblici da ultimo menzionate la regola secondo cui il fatturato da considerare è esclusivamente quello della società in house e non anche quello delle società da quest’ultima controllate.

La tesi si fonda sul fatto che tali disposizioni di legge, in particolare il comma 7 dell’art. 5, d.lgs. n. 50 del 2016, prevede che ai fini del rispetto del limite dell’80% (rectius: oltre l’80%) occorre avere riguardo al «fatturato totale medio» o «una idonea misura alternativa basata sull’attività, quale i costi sostenuti dalla persona giuridica», nei tre anni precedenti l’affidamento del servizio. Sennonché l’ipotesi prefigurata dal legislatore è da riferire a quella tipica della singola società in house priva di ulteriori partecipazioni in altre società. Essa va pertanto coordinata con le regole sul controllo societario e sulle implicazioni da essa derivanti ai fini della verifica in ordine ai presupposti dell’in house providing.

47. L’assunto peraltro è smentito dal fatto che la norma è formulata in termini di parziale tassatività. Infatti, oltre al riferimento «fatturato totale medio», che in sé non esclude sul piano letterale che possa a tal fine essere computato anche quello prodotto da tutte le società del gruppo facente capo all’ente in house, è prevista l’ipotesi della «idonea misura alternativa basata sull’attività», da riferire a settori in cui quest’ultimo opera, non esclusi quelli di competenza delle società del gruppo, ed in via esemplificativa menziona a tale riguardo i «costi sostenuti dalla persona giuridica», nei quali sono annoverabili anche quelli di sottoscrizione del capitale delle società controllate ex art. 2359 cod. civ., come tali rientranti nell’unitario gruppo economico.

48. Dalle premesse finora svolte discende la conclusione che la Multiservizi non rispetta il requisito dell’attività prevalente.

Infatti, a fronte di un fatturato realizzato nell’esercizio 2016 di € 69.612.969, risulta soverchiante quello a livello consolidato, e cioè del gruppo facente capo alla medesima società. Come risulta dai bilanci prodotti nel giudizio di primo grado, la sola Estra Energie ha infatti realizzato ricavi per € 541.559.068, cui vanno aggiunti gli € 25.739.639 di fatturato prodotto da Edma Reti Gas e gli € 4.574.777 di Aes Fano (il dato è in questo caso riferito al 2015, comunque compreso nel triennio precedente all’affidamento in contestazione nel presente giudizio; non si hanno invece dati relativi alla SIG Società Intercomunale Gas).

49. Dai medesimi bilanci risulta che le società del gruppo operano in settori economici diversi da quelli in cui è attiva la Multiservizi, ovvero la gestione del servizio idrico integrato.

In particolare, Estra Energie opera nella vendita del gas naturale; Edma Reti Gas è attiva nel segmento della medesima filiera relativo alla distribuzione e della gestione dei relativi impianti e delle reti, e così anche Aes Fano.

I settori di operatività in questione costituiscono attività liberalizzate, svolte direttamente nei confronti dell’utenza, con l’unica particolarità che il segmento relativo alla distribuzione del gas, consistente nel trasporto del gas naturale attraverso reti di gasdotti locali per la consegna agli utenti del servizio, comprensivo delle attività di commercializzazione, allacciamento, misurazione e controllo dell’erogazione, è qualificabile anche come attività di servizio pubblico, esercitata in regime di concessione amministrativa (cfr. il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144; ed in particolare gli artt. 14 - 16). Nel complesso le società in questione operano nei confronti di centinaia di migliaia di clienti finali (390 mila circa Estra Energie; 146 mila circa Edma Reti Gas), in aree territoriali solo parzialmente coincidenti con quello dell’Ambito territoriale 2 – Ancona relativo alla gestione dei rifiuti (Estra Energie è in particolare attiva principalmente in Toscana).

Sotto questo profilo, per effetto dell’esercizio delle attività economiche e della vocazione imprenditoriale così esibita, deve ritenersi venuto meno quel rapporto di strumentalità rispetto ai bisogni delle amministrazioni comunali titolati del capitale della società in house che connota il fenomeno in esame e giustifica la deroga agli obblighi di evidenza pubblica.

50. Il rilievo ora svolto consente di superare l’ultimo argomento addotto dalle appellanti principali a sostegno della partecipazione della Multiservizi nella forma di in house providing “a cascata” che l’Assemblea dell’ATO 2 - Ancona ha prefigurato per il servizio di gestione dei rifiuti a favore dei Comuni situati nella propria circoscrizione territoriale, consistente nel preteso favor legislativo per l’estensione degli ambiti di operatività delle società in house a soggetti terzi rispetto agli enti pubblici affidanti, ricavato dall’art. 16, comma 3-bis, del testo unico sulle società pubbliche, a tenore del quale «la produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3», ovvero di oltre l’80% di fatturato realizzato nello svolgimento dei compiti affidati dagli enti pubblici partecipanti, è consentita a condizione che la stessa produzione «permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società».

51. In contrario va innanzitutto evidenziato che, lungi dal costituire espressione di un favore del legislatore per una supposta vocazione commerciale della società in house, il vincolo funzionale così previsto dal comma 3-bis in esame costituisce un ulteriore limite al ricorso all’istituto dell’in house providing rispettoai presupposti per esso a livello sovranazionale (cfr. i pareri resi da questo Consiglio di Stato sullo schema di testo unico sulle società partecipate e sul relativo correttivo di cui al decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 100: pareri della commissione speciale in data 21 aprile 2016, n. 968; § 14.4; e in data 14 marzo 2017, n. 638; § 3, sub «articolo 16»).

Quindi, posta tale condizione ulteriore, non risulta in alcun modo che la rete di partecipazioni complessivamente detenute da Multiservizi e da questa consolidate nell’ambito di un unitario gruppo sia nel complesso finalizzata ad ottenere economie di scala o recuperi di efficienza nel proprio settore di operatività, consistente nello svolgimento del servizio idrico integrato.

52. Elementi in questo senso non emergono in particolare dal bilancio al 2016 della società in questione. Al contrario, nel sopra citato paragrafo della relazione sulla gestione degli amministratori relativo all’«Analisi dei principali eventi gestionali», dopo avere ricordato che nell’esercizio appena chiuso «la Multiservizi si è occupata prevalentemente della gestione del servizio idrico integrato», l’organo amministrativo segnala il parimenti sopra richiamato trasferimento tra società del gruppo della partecipazione in Prometeo, riconducibile al «progetto energetico» intrapreso dalla medesima Multiservizi ed ai fini di incrementare la «redditività dell’investimento con effetti economici e finanziari nel breve periodo»; quindi passa ad accennare all’ulteriore progetto di «studio di fattibilità del progetto ambientale», finalizzato «ad assumere anche la gestione dei rifiuti in un’ottica provinciale» e nell’ambito del quale si è già dato luogo ad una «modifica dello statuto societario, al fine di ampliare l’oggetto sociale ed avere i requisiti necessari ai fini dell’affidamento in house providing del Servizio di Igiene Ambientale di raccolta, trasporto e spazzamento dei rifiuti urbani».

Da ciò si desume pertanto che la strategia imprenditoriale del gruppo facente capo a Multiservizi consiste nell’espandere la propria attività in mercati contendibili ulteriori a quello tradizionale ed in particolare dapprima in quello dei servizi energetici, con il fine di ritorno economico sull’investimento sostenuto, anziché di quello di ottenere le economie di costi prefigurate dal sopra esaminato art. 16, comma 3-bis, d.lgs. n. 175 del 2016, e quindi nel settore dei servizi ambientali, su cui si controverte nel presente giudizio.

53. La presente fattispecie non può invece essere assimilata al caso deciso da questa Sezione con la sopra citata sentenza in data 30 aprile 2018, n. 2599. Nel precedente in questione si è infatti reputato legittimo l’affidamento in house a favore di una società a integrale partecipazione pubblica che per statuto era deputata ad esercitare il servizio di gestione dei rifiuti per conto dei Comuni soci ed affidatari e che oltre alla remunerazione ricavata per lo svolgimento dell’attività principale ricavava una quota minoritaria di fatturato dall’affidamento a terzi della gestione di una discarica e di un impianto ivi esistente per il recupero dei rifiuti e la produzione di biogas. A fronte di questa situazione, sulla base della giurisprudenza europea – si è in particolare richiamata la sentenza della Corte di giustizia dell’11 maggio 2006, C-340/04 (Carbotermo e Consorzio Alisei), la Sezione ha ritenuto che la società affidataria non per questo fosse carente dei requisiti tipici dell’in house providing. Ciò in considerazione del fatto che anche queste attività produttive di utili erano comunque strumentali al servizio di gestione dei rifiuti e dunque agli interessi degli enti pubblici soci (infatti la sentenza della Corte di Giustizia ora menzionata afferma che sono da considerare attività in house «tutte quelle» che l’ente affidatario «realizza nell’ambito di un affidamento effettuato dall’amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente dal fatto che il destinatario sia la stessa amministrazione aggiudicatrice o l’utente delle prestazioni» (§ 66 della sentenza); che non assume per contro rilevanza accertare «chi remunera le prestazioni dell’impresa in questione, potendo trattarsi sia dell’ente controllante sia di terzi utenti di prestazioni fornite in forza di concessioni o di altri rapporti giuridici instaurati dal suddetto ente» (§ 67).

Diverso è invece il caso, qui ricorrente, in cui una società partecipata sia posta al vertice di un gruppo societario operante in diversi settori economici non verticalmente integrati tra loro, quali il servizio idrico da un lato, svolto dalla Multiservizi e i servizi di distribuzione e vendita al dettaglio del gas e dell’energia elettrica dall’altro lato, dal cui contemporaneo svolgimento non appaiono ricavabili economie di scala e contenimento dei costi di produzione.

54. Alla stregua delle considerazioni sinora svolte deve dunque essere confermato l’avviso del Tribunale secondo cui nell’in house a cascata congegnato dall’ATO 2 – Ancona in realtà il livello intermedio risulta carente dei requisiti per esso previsti, sia pure con riguardo alla sola Multiservizi e non anche alla Ecofon Conero, per cui la delibera n. 20 del 27 luglio 2017 impugnata risulta effettivamente inficiata dai vizi di carenza dei presupposti e istruttoria mancante in ordine a tali determinanti profili sostanziali.

55. La medesima delibera non è invece illegittima nella parte relativa al comitato direttivo della costituenda società affidataria del servizio (previsto dall’art. 2 del regolamento della costituenda società consortile approvato con la delibera impugnata nel presente giudizio), come invece ritenuto dal giudice di primo grado, per cui anche sotto questo aspetto gli appelli principali devono essere accolti.

Il fatto che questo organo sia espressivo delle società Ecofon Conero e Multiservizi, anziché degli enti locali della Provincia di Ancona partecipanti in quest’ultima, come statuito dal Tribunale, non costituisce infatti motivo sufficiente per ritenere illegittimo l’organo in questione. Si tratta infatti di un organo con funzioni puramente consultive e di proposta, e dunque privo di poteri decisionali relativi alla definizione degli indirizzi strategici e il compimento dei più importanti atti di gestione della società. Tali poteri fanno invece capo all’assemblea dei soci pubblici, per cui occorre avere riguardo a quest’ultima (alla quale la Rieco ripropone peraltro, a mezzo di appello incidentale, le censure del proprio ricorso, esaminate di seguito).

L’illegittimità del medesimo organo va peraltro dichiarata per le ulteriori ragioni esposte in sede di esame dell’appello incidentale della Rieco, che parimenti saranno esaminate infra.

56. Va ancora dato atto che con gli appelli principali è censurato il capo della sentenza di primo grado in cui l’affidamento in house è stato ritenuto illegittimo per il mancato accantonamento nei bilanci dei Comuni delle risorse necessarie a sottoscrivere il capitale società della costituenda affidataria, ai sensi del sopra citato art. 3-bis, comma 1-bis, d.l. n. 138 del 2011.

Sennonché anche sotto tale aspetto la pronuncia appellata deve essere riformata, dal momento che il capitale sociale della costituenda società consortile dovrà essere sottoscritto dalle società Ecofon Conero e Multiservizi, direttamente partecipanti al capitale della prima, e non invece dalle amministrazioni comunali partecipanti in queste ultime. A questo riguardo è sufficiente richiamare il passaggio motivazionale della delibera di affidamento impugnata in cui si precisa che «il modello proposto per la gestione del servizio di igiene urbana per il bacino prevede l’affidamento in house ad una NewCo c.d. di “terzo livello” in quanto la stessa non sarà partecipata direttamente dai Comuni interessati, bensì indirettamente attraverso le due società candidate, interamente possedute dai Comuni del bacino, i quali eserciteranno dunque il controllo sulla detta NewCo in maniera indiretta» (pag. 7 della delibera impugnata).

57. Si può procedere all’esame dell’appello incidentale della Rieco, nel quale si formulano le seguenti censure di illegittimità della delibera di affidamento n. 20 del 27 luglio 2017:

- I) mancata adozione del piano d’ambito ai sensi degli artt. 201, comma 3, del testo unico sull’ambiente di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, 7 e 10 della legge regionale delle March 12 ottobre 2009, n. 24 (Disciplina regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati), necessario ad assicurare prima dell’affidamento del servizio la definizione degli obiettivi da perseguire, in conformità alla pianificazione di settore regionale e, conseguentemente, del modello gestionale e organizzativo a tal fine maggiormente idoneo; ed inoltre per mancata previa approvazione dello schema tipo di contratto di servizio, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. h), della legge regionale citata;

- II) difetto dei requisiti di capacità tecnica in capo all’affidatario in house, per ottenere i quali la costituenda società consortile partecipata da Multiservizi e da Ecofon Conero dovrà ricorrere ad operazioni societarie, successive all’epoca di adozione della delibera di affidamento, di acquisizione di beni strumentali;

- III) contraddittorietà tra gli obiettivi perseguiti attraverso l’affidamento contestato, di unificazione della gestione del servizio a livello di ambito territoriale e di massimizzazione dell’efficienza, ai sensi degli artt. 200 d.lgs. n. 152 del 2006 e 3-bis, comma 1-bis d.l. n. 138 del 2011 con l’individuazione, in realtà di «ben tre operatori che insisteranno contemporaneamente

nell’ATO 2, vale a dire la costituenda società consortile, Multiservizi s.p.a. e Ecofon Conero s.p.a.. Anzi, gli operatori saranno quattro, perché – come si è anticipato – Ecofon Conero agirà attraverso Astea s.p.a.», con le conseguenti incertezze sui tempi di avvio del servizio;

- IV) carenze del piano economico-finanziario dell’affidataria, con riguardo alla stima dei costi per le attività e gli investimenti previsti nel documento preliminare al piano d’ambito sulla cui base è disposto l’affidamento;

- V) violazione degli artt. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, 3-bis d.l. n. 138 del 2011 e 192 del codice dei contratti pubblici, per mancata dimostrazione della convenienza e dell’economicità della forma di affidamento prescelta, come desumibile dalla comparazione svolta sui costi euro/abitante rispetto a soluzioni alternative svolto nella relazione illustrativa delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani alla società in house;

- VI) carenza del requisito del controllo analogo dei Comuni facenti parte dell’ambito nella costituenda società consortile affidataria del servizio mediante gli organi statutariamente previsti consistenti nel comitato sul controllo analogo e nel comitato direttivo, a causa dell’illegittimità della loro costituzione per violazione divieto di istituire organi diversi da quelli delle norme generali sulle società previsto dall’art. 11, comma 9, lett. d), del Testo unico sulle società partecipate di cui al d.lgs. n. 175 del 2016; e comunque per inidoneità intrinseca degli stessi ad assicurare il rispetto di tale presupposto necessario per l’in house providing;

- VI.1) carenza del medesimo requisito anche con riguardo all’assenza di quorum costitutivi minimi delle assemblee dei soci delle partecipate “di primo livello” Ecofon Conero e Multiservizi e per l’assenza in queste ultime di meccanismi in grado di assicurare un’adeguata rappresentanza di tutti i soci pubblici negli organi amministrativi.

58. Le censure così sintetizzate sono fondate solo in parte.

59. Non è innanzitutto ravvisabile alcuna illegittimità per il fatto che l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti sia stato disposto in assenza del piano d’ambito.

Come infatti risulta dalla delibera impugnata, a fronte della mancanza del documento strategico l’Assemblea d’ambito resistente ha ritenuto «necessario condizionare l’integrale affidamento del servizio», oltre che alla costituzione della società consortile, anche al fatto che quest’ultima «si uniformi alle prescrizioni del piano d’ambito che sarà adottato secondo quando definito nell’Appendice II - Linee Guida per la Redazione dei Piani d’Ambito, del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR), approvato con la D.A.C.R. n. 128/2015», ed inoltre «non accetti le modifiche da apportare al contratto di servizio allegato alla presente deliberazione per formarne parte integrante, per adeguarlo allo schema tipo che sarà definito dalla Regione Marche» (così a pag. 10; cfr. anche i punti 10.1 e 10.2 del dispositivo del provvedimento). Allo stesso scopo, nella delibera si pone una clausola risolutiva del contratto legata al mancato avveramento delle condizioni così poste.

Va ancora rilevato sul punto che nella delibera si dà atto che la giunta regionale «ha comunicato il Provvedimento di verifica della Congruità del Documento Preliminare al Piano di Ambito di Gestione dei rifiuti dell’ATO 2» e che è in corso di approvazione presso la stessa Regione Marche lo schema di contratto di servizio (pag. 11). In ragione di tali circostanze l’Assemblea ha dunque statuito che nelle more la gestione del servizio «avverrà in base alla prescrizioni impartite dalla assemblea dell’ATA e sulla base delle quali il candidato ha predisposto il Piano economico finanziario e precisamente: a.Il modello di gestione della raccolta rifiuti dovrà essere quello attualmente adottato da ogni Comune; b.la gestione di raccolta rifiuti non dovrà comportare alcun innalzamento tariffario rispetto alla TARI attualmente applicata; - il contratto di servizio allegato al presente atto prevede che la gestione avverrà sulla base delle condizioni dei rapporti attualmente vigenti ed obbliga la società all’esecuzione del servizio sulla base delle assunzioni e previsioni di cui sopra e rappresentate nel Piano Economico Finanziario per la gestione del servizio di spazzamento raccolta e trasporto rifiuti nel territorio dell’ATA» (pagg. 11 e 12 della delibera).

60. Sulla base delle descritte circostanze l’affidamento non può dunque essere ritenuto legittimo. Esso è stato infatti disposto sulla base di un documento programmatico preliminare e di indirizzi di gestione appositamente formulati dall’Autorità affidante, con ulteriore previsione di adeguamento delle condizioni di svolgimento del servizio in relazione alle eventuali modifiche derivanti dall’approvazione definitiva del piano d’ambito e dello schema di contratto di servizio, posta quale condizione risolutiva rispetto all’ulteriore prosecuzione dell’affidamento.

L’elemento accessorio da ultimo menzionato consente dunque di ritenere che rispetto, pur a fronte di una volontà definitivamente manifestata dall’Assemblea d’ambito di affidare il servizio secondo lo schema dell’in house providing, alcuni aspetti di quest’ultimo rimangono tuttavia ancora da definire e se ne rimette la compiuta definizione ad eventi successivi, con effetto condizionante sulla stessa decisione di affidamento. A fronte di una simile situazione se è vero – come in precedenza affermato – che vi è un interesse attuale dell’operatore del settore che invochi il rispetto degli obblighi di evidenza pubblica ad agire in giudizio, è del pari vero che vi sono ulteriori profili della scelta amministrativa la cui legittimità dovrà essere accertata se e quando tali condizioni si saranno avverate.

61. Va poi aggiunto che tra questi profili è compresa la capacità tecnica del soggetto affidatario, dal momento che – come già evidenziato in precedenza - anche con riguardo alla sua costituzione la delibera impugnata pone una condizione espressa, in questo caso sospensiva, così come per l’avvio del servizio da parte di quest’ultimo (cfr. rispettivamente i punti 8 e 10.3 del dispositivo). Per queste ragioni deve essere respinto anche il secondo motivo dell’appello incidentale della Rieco.

62. Analogamente, nessuna contraddittorietà tra gli obiettivi di gestione unitaria del servizio a livello di ambito territoriale e l’individuazione del soggetto affidatario è ravvisabile. La censura si fonda sul presupposto che il servizio sarà svolto non già dalla costituenda società consortile posta alla base del sistema di governance societaria al cui vertice si pongono i Comuni dell’ATO 2 Ancona, ma dalle partecipate di primo livello Ecofon Conero e Multiservizi, ed anzi, in luogo della prima il soggetto operante deve in realtà ritenersi la società Astea, in virtù dell’apporto a favore della medesima Ecofon Conero del ramo di azienda operante nel settore della gestione dei rifiuti. L’assunto non tiene conto che l’unitarietà della gestione del servizio va verificata sul piano giuridico, nel senso che deve considerarsi affidatario dello stesso il soggetto cui tale attività è imputabile, e che da questo punto di vista non vi è dubbio, in linea con quanto statuito dal Tribunale, che tale qualità va attribuita alla poc’anzi citata costituenda società consortile partecipata da Ecofon Conero e Multiservizi individuata nella delibera n. 20 del 27 luglio 2017.

63. Non giova alla Rieco il richiamo al precedente di cui alla sentenza di questa Sezione del 28 luglio 2015, n. 3716. In quel caso si è infatti accertata l’illegittimità dell’affidamento di un servizio pubblico ad un ente pubblico strumentale di una Regione perché quest’ultimo, privo di mezzi operativi, avrebbe in realtà agito attraverso operativi privati del settore, ed in tal modo aggirato gli obblighi di evidenza pubblica attraverso un’autoproduzione in house del servizio solo apparente. Nella presente fattispecie l’acquisizione dei mezzi necessari per svolgere il servizio, anche per quanto riguarda la Multiservizi (da Anconambiente, So.Ge.Nu.S. e Jesi Servizi) è invece precedente alla costituzione del soggetto affidatario stesso ed in particolare ha lo scopo di dotare quest’ultimo di tutti gli strumenti operativi per avviare il servizio nei termini previsti nella delibera.

64. Sono invece fondate le censure nei confronti del piano economico-finanziario e della relazione illustrativa delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti per l’affidamento del servizio

in house.

Il primo documento risulta asseverato in conformità a quanto previsto dal più volte citato art. 3-bis, comma 1-bis, d.l. n. 138 del 2011, ma il giudizio ivi espresso si fonda su assunzioni economiche contraddistinte da inflazione e aumento della popolazione servita invariate per tutta la durata del contratto (fino al 2030), e del pari a volumi di raccolta di rifiuti e Comuni interessati invariati. In ragione di ciò il soggetto asseveratore esprime una cautela nel formulare il proprio giudizio sulla sostenibilità economica del piano ed in particolare segnala le «incertezze» legatealla «rischiosità connessa al fatto che eventi preventivati ed azioni dai quali traggono origine (i dati esposti nel piano; n.d.e.) possano non verificarsi, ovvero, possano verificarsi in misura diversa da quella prospettata, mentre potrebbero verificarsi eventi ed azioni non prevedibili…», con la conseguenza che «gli scostamenti tra valori consuntivi e valori preventivati nel Piano potrebbero essere significativi». In sostanza, da quanto si evince da questa asseverazione qualsiasi pur minima modifica nelle condizioni economiche iniziali ipotizzate nel piano potrebbe rendere non sostenibile per il gestore unico a livello di ambito il servizio; del pari non sono considerati fattori di miglioramento della qualità del servizio, sempre possibili nel corso di una durata dello stesso considerevole (fino al 2030), e, inoltre, si suppone che le tariffe nei confronti dell’utenza rimangano costanti per tutto questo arco di tempo, come pure ipotizzato dall’Autorità d’ambito (nella delibera assembleare n. 7 del 27 aprile 2016), senza considerare prudenzialmente la mutevolezza dei fabbisogni di ciascuna amministrazione locale.

65. Fondate sono, come accennato, anche le censure relative ai presupposti per l’affidamento in house. Il travisamento in cui sul punto è incorsa l’Assemblea d’ambito si ricava dalla sopra citata relazione ai sensi degli artt. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, 3-bis, comma 1-bis, d.l. n. 138 del 2011 e 192 cod. contratti pubblici, approvata con la delibera n. 20 del 27 luglio 2017, impugnata da Rieco.

Va al riguardo premesso che il documento in questione dovrebbe dare la dimostrazione che il modello di gestione del servizio pubblico in house consente di realizzare gli obiettivi: di «economicità della gestione» (art. 34, comma 20, citato); di «congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta» (art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016) e «di efficienza, di economicità e di qualità» del servizio (art. 3-bis, comma 1-bis, d.l. n. 138 del 2011).

Ciò precisato, al legittimo ed insindacabile scopo di unificare la gestione del servizio a livello di ambito non segue una dimostrazione della convenienza economica del modello prescelto. Al contrario, i dati esaminati disposizione, ed in particolare la comparazione del costo per abitante con altri operatori dimostrano il contrario. Infatti nella tabella a pag. 23 della relazione ad un costo pro capite di € 118,05 previsto per la gestione unica si contrappone un dato di € 65,21 dell’originaria ricorrente Rieco.

66. Richiesto in sede di discussione all’udienza pubblica del 27 settembre 2018 di fornire chiarimenti al riguardo, il difensore dell’Assemblea d’ambito ha affermato (in linea peraltro con le difese scritte precedentemente versate agli atti del giudizio) che si tratta di dati non comparabili, per una molteplicità di fattori, quali la diversità di bacini di utenza e delle caratteristiche tecniche dei con cui i servizi vengono svolti.

67. In relazione a tali difense va in effetti rilevato che dallo schema contenente il dettaglio delle singole attività della filiera della gestione integrata dei rifiuti svolte dagli operatori economici utilizzati ai fini del giudizio comparativo (schema presente in alto alla medesima pag. 23 della relazione in esame), si ricava che la Rieco non svolge lo smaltimento e il trasporto, mentre è previsto che tali attività dovranno essere svolte dalla società consortile affidataria in house.

Sennonché dal confronto con l’operatore privato così svolto non emerge la prova che una differenza di costo unitario così rilevante, pari a circa il doppio rispetto alla performance offerta dal competitore privato, sia giustificata da questi due soli segmenti della filiera inerenti alla gestione integrata dei rifiuti.

68. Come in precedenza evidenziato, le disposizioni di legge sopra menzionate impongono invece di valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, per cui è onere dell’autorità amministrativa affidante quello di rendere comunque comparabili i dati su cui il confronto viene svolto. A questo scopo sarebbe pertanto stato necessario fornire dati di dettaglio in grado di stabilire, poste le differenti caratteristiche del servizio, se quello da affidare è in grado di realizzare gli obiettivi di legge di convenienza economica, qualità ed efficienza del servizio.

69. Al medesimo riguardo va evidenziato che la comparazione avrebbe potuto riguardare altri operatori privati operanti nel medesimo contesto territoriale dell’ATO 2 – Ancona o specificare eventuali ragioni per cui un simile raffronto non sarebbe stato utile. Per contro, oltre che con la Rieco, il confronto viene svolto con altre due società ad integrale partecipazione pubblica, Quadrifoglio s.p.a. e Asse Novara s.p.a., e con la società mista Sei Toscana s.r.l., la cui utilità rispetto al dovere di compiuto esame comparativo richiesto dalle disposizioni di legge in esame, non è affatto chiara. Sulla base di un campione così formato e di cui non sono specificati i criteri, viene poi ricavata un costo medio di € 131,39 rispetto al quale si stima una performance migliore per la costituenda società consortile (€ 118,05), che tuttavia risente delle imprecisate modalità sulla cui base il confronto è stato impostato e finisce per rivelarsi arbitrario.

70. Nel loro complesso questi rilievi denotano pertanto un approfondimento insufficiente delle implicazioni derivanti dalla scelta del modello di gestione in house del servizio relativo ai rifiuti che impongono l’annullamento in parte qua della delibera n. 20 del 27 luglio 2017.

71. Sono inoltre fondate le censure di illegittimità formulate dalla Rieco nei confronti degli organi previsti nello statuto della società affidataria consistenti nel comitato sul controllo analogo e nel comitato direttivo, per l’assorbente profilo che questi sono organi non previsti dalla disciplina di diritto comune sulle società di capitali e la cui previsione comporta invece la violazione dell’art. 11, comma 9, lett. d), del Testo unico sulle società partecipate, secondo il quale gli statuti «delle società a controllo pubblico prevedono (…) d) il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società».

72. Non sono invece fondate le censure con cui l’originaria ricorrente prospetta l’assenza del requisito del controllo analogo con riguardo al funzionamento dell’assemblea dei soci e alle modalità di formazione degli organi amministrativo delle partecipanti di primo livello Ecofon Conero e Multiservizi. L’assenza nell’un caso di quorum costitutivi e nell’altro della rappresentanza di tutti i soci pubblici non impedisce infatti l’esercizio del controllo congiunto da parte di questi ultimi tipico dell’in house pluripartecipato. Per esso si richiede infatti la concreta possibilità di esercitare tale forma di governo congiunto dell’ente societario (cfr. sul punto la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord; ed in particolare i §§ 28 - 33), la quale non può ritenersi esclusa per il fatto che non sono previsti quorum per la valida formazione dell’assemblea dei soci pubblici o perché non tutti questi ultimi esprimeranno un proprio rappresentante nel consiglio di amministrazione.

73. Deve peraltro essere evidenziato che le censure della Rieco ora in esame si incentrano sulla necessità che ciascun socio pubblico disponga di un diritto di veto all’interno della società in house. Ma in questo modo si perviene a negare l’in house stesso, nella misura in cui viene negata qualsiasi partecipazione alla funzione di controllo sulla società partecipata per le amministrazioni pubbliche prive di tale potere di veto.

Del pari, all’evidenza insostenibile è la pretesa che l’organo amministrativo sia formato con un rappresentante di ciascuna amministrazione pubblica partecipante, dal momento che, al di là dei problemi di funzionamento che un organo dalle dimensioni pletoriche che così si verrebbe a costituire porrebbe (nel caso di specie i Comuni partecipanti sono infatti circa 50), ai fini del controllo societario ex art. 2359 cod. civ. assume un ruolo determinante la disponibilità di voti in assemblea.

74. In conclusione tanto gli appelli principali quanto l’appello incidentale della Rieco devono essere accolti nei termini sopra esplicitati. L’annullamento della delibera di affidamento in house del servizio deve dunque essere confermato, sia pure per ragioni in parte diverse da quelle espresse dal Tribunale.

L’eccezionale complessità delle questioni controverse giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, principali e incidentali, come in epigrafe proposti, li accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado con diversa motivazione.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Valerio Perotti, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Fabio FranconieroCarlo Saltelli
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO