La disciplina dei materiali da scavo
15 aprile 2014
Le norme approvate nel corso dell'attuale legislatura
Con il decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto decreto del fare) è stata modificata la disciplina che consente l’utilizzo delle terre e rocce da scavo al di fuori della normativa sui rifiuti, chiarendo i casi in cui si applica il D.M. 161/2012, con cui sono stati stabiliti i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo siano considerati come sottoprodotti e non come rifiuti.
Ai sensi dell’art. 41, comma 2, del decreto-legge, il D.M. 161/2012 si applica solamente nell’ambito di attività o opere soggette a VIA (valutazione di impatto ambientale) o ad AIA (autorizzazione integrata ambientale).
Negli altri casi la normativa da rispettare è quella dettata dai commi 1-4 dell’art. 41-bis del D.L. 69/2013, che quindi si applicano:
- ai piccoli cantieri (vale a dire quelli la cui produzione non superi i 6.000 metri cubi di materiale, che comunque erano già esclusi dall’applicazione del D.M. 161/2012 in virtù di una specifica disposizione contenuta nell’art. 266, comma 7, del D.Lgs. 152/2006);
- ai cantieri di grandi dimensioni non assoggettati né a VIA né ad AIA.
Ulteriori esclusioni per l’applicazione del D.M. 161/2012 sono state introdotte dal D.L. 69/2013 e riguardano le ipotesi disciplinate dall’art. 109 del D.Lgs. 152/2006, vale a dire: materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi; inerti, materiali geologici inorganici e manufatti; materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri; fondali marini movimentati durante l'attività di posa in mare di cavi e condotte.
Inoltre il D.M. 161/2012 non si applica, fino al 31 dicembre 2014, nei territori di Emilia, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del maggio 2012 (art. 17-bis del D.L. n. 74/2012).
Ulteriori disposizioni sui materiali da scavo sono state dettate dai commi da 3 a 3-ter dell’art. 41 del D.L. 69/2013 per modificare le regole di utilizzo delle matrici materiali di riporto (per le quali viene prevista la sottoposizione a test di cessione onde escludere rischi di contaminazione) e per consentire l’utilizzo dei materiali di scavo provenienti dalle miniere dismesse o esaurite, collocate all'interno dei siti di interesse nazionale (SIN), per la realizzazione, nell'ambito delle medesime aree minerarie, di interventi sui terreni (es. reinterri, riempimenti, rilevati, miglioramenti ambientali, ecc.).
Recente giurisprudenza costituzionale
Con due recenti pronunce (sentenze nn. 300/2013 e 70/2014), la Corte costituzionale ha stabilito che le Regioni non possono semplificare il riutilizzo dei materiali da scavo, poiché il trattamento dei residui di produzione si colloca nell’ambito della tutela ambientale, quindi di una materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi del secondo comma, lettera s), dell'art. 117 della Costituzione. Inoltre, sempre secondo la Corte, la disciplina statale dei rifiuti rappresenta uno standard di tutela uniforme imposto dall'UE e come tale non derogabile dalle regioni.
Approfondimenti
- il commento del Servizio studi all'art. 41 del D.L. 69/2013;
- il commento del Servizio studi all'art. 41-bis del D.L. 69/2013;
- il dossier ANCE sulla gestione delle terre e rocce da scavo, con i link alle circolari regionali.
La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina orgni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
I contenuti originali possono essere riprodotti nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.