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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 9 luglio 2024

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta
del 9 luglio 2024.

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Brambilla, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Coppo, Enrico Costa, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Iacono, Leo, Letta, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Mari, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Prisco, Quartini, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rotelli, Schullian, Scotto, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tabacci, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zanella, Zaratti, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albano, Ascani, Bagnai, Barbagallo, Barelli, Bellucci, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Brambilla, Cappellacci, Carloni, Casasco, Cavandoli, Cecchetti, Cesa, Cirielli, Colosimo, Alessandro Colucci, Coppo, Enrico Costa, Sergio Costa, Della Vedova, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Faraone, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gribaudo, Guerini, Gusmeroli, Iacono, Leo, Letta, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Mari, Maschio, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Mulè, Osnato, Nazario Pagano, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Romano, Rotelli, Schullian, Scotto, Semenzato, Francesco Silvestri, Siracusano, Sportiello, Tabacci, Tajani, Trancassini, Tremonti, Vaccari, Varchi, Vinci, Zanella, Zaratti, Zoffili, Zucconi.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge TONI RICCIARDI ed altri: «Modifiche all'articolo 1, comma 741, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, e all'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, in materia di equiparazione del regime fiscale nell'applicazione dell'imposta municipale propria e dell'imposta di registro relativamente a immobili posseduti nel territorio nazionale da cittadini iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero» (956) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Barbagallo.

  La proposta di legge MAIORANO ed altri: «Modifiche alla legge 14 febbraio 1974, n. 37, in materia di accesso dei cani addetti all'assistenza delle persone con disabilità o diabetiche ai mezzi di trasporto e agli esercizi aperti al pubblico» (1817) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Cherchi.

Assegnazione di un progetto di legge
a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   I Commissione (Affari costituzionali)

  URZÌ ed altri: «Modifica all'articolo 38 della Costituzione in materia di educazione e avviamento professionale delle persone con disabilità» (1836) Parere delle Commissioni VII, XI e XII.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 2 luglio 2024, ha comunicato che la 4a Commissione (Politiche dell'Unione europea) del Senato ha approvato, ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento del Senato, una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai diritti dei passeggeri nel contesto di viaggi multimodali (COM(2023) 752 final) (Doc. XVIII-bis, n. 22).

  Questo documento è trasmesso alla IX Commissione (Trasporti) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 4 luglio 2024, ha comunicato che la 10a Commissione (Affari sociali) del Senato ha approvato, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, una risoluzione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento e alla garanzia del rispetto delle condizioni di lavoro dei tirocinanti e alla lotta ai rapporti di lavoro regolari camuffati da tirocini («direttiva sui tirocini») (COM(2024) 132 final) (COM(2024) 139 final) (Doc. XVIII, n. 14).

  Questo documento è trasmesso alla VII Commissione (Cultura), alla XI Commissione (Lavoro) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla Presidenza
del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 8 luglio 2024, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 8-ter, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, che è stato autorizzato, in relazione a un intervento da realizzare tramite un contributo assegnato per l'anno 2017 in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, l'utilizzo dei risparmi di spesa realizzati dal comune di Force (Ascoli Piceno) nell'ambito del progetto «Consolidamento del Borgo di Quinzano a seguito dei danni causati dal sisma 2016».

  Questa comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con lettera in data 1° luglio 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, la relazione concernente l'attività svolta sulla base dei poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, riferita all'anno 2023 (Doc. LXV, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla IV Commissione (Difesa), alla V Commissione (Bilancio), alla VI Commissione (Finanze), alla IX Commissione (Trasporti) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  in data 27 giugno 2024, Sentenza n. 111 del 4 – 27 giugno 2024 (Doc. VII, n. 342),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 37, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 20 maggio 2022, n. 51, come modificato dall'articolo 55 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022, n. 91, e dall'articolo 1, comma 120, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), nella parte in cui prevede che «[a]i fini del calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA,», anziché «[a]i fini del calcolo del saldo di cui al comma 2, si assume il totale delle operazioni attive, al netto dell'IVA e delle accise versate allo Stato e indicate nelle fatture attive,» dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, come convertito, e come modificato dall'articolo 55 del decreto-legge n. 50 del 2022, come convertito, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 23, 41, 42, 53 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, sezione 27;

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, come convertito, modificato dall'articolo 55 del decreto-legge n. 50 del 2022, come convertito, e successivamente dall'articolo 1, comma 120, della legge n. 197 del 2022, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 23, 42, 53 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, sezione 12;

    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 37, comma 3-ter, del decreto-legge n. 21 del 2022, come convertito, modificato dall'articolo 55 del decreto-legge n. 50 del 2022, come convertito, e successivamente dall'articolo 1, comma 120, della legge n. 197 del 2022, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, sezione 12:

  alla VI Commissione (Finanze);

  in data 1° luglio 2024, Sentenza n. 114 del 5 giugno – 1° luglio 2024 (Doc. VII, n. 344),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge 8 novembre 2022, n. 169 (Disposizioni urgenti di proroga della partecipazione di personale militare al potenziamento di iniziative della NATO, delle misure per il servizio sanitario della regione Calabria, nonché di Commissioni presso 1'AIFA e ulteriori misure urgenti per il comparto militare e delle Forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 16 dicembre 2022, n. 196:

  alla II Commissione (Giustizia);

  in data 2 luglio 2024, Sentenza n. 116 del 5 giugno – 2 luglio 2024 (Doc. VII, n. 346),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 73 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), nella parte in cui prevede come reato la condotta di colui che – sottoposto a misura di prevenzione personale con provvedimento definitivo, ma senza che per tale ragione gli sia stata revocata la patente di guida – si ponga alla guida di un veicolo dopo che il titolo abilitativo gli sia stato revocato o sospeso a causa di precedenti violazioni di disposizioni del codice della strada:

  alla II Commissione (Giustizia);

  in data 4 luglio 2024, Sentenza n. 119 del 7 maggio – 4 luglio 2024 (Doc. VII, n. 348),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5 della legge della Regione Piemonte 31 maggio 2022, n. 7 (Norme di semplificazione in materia urbanistica ed edilizia), nella parte in cui, novellando i commi 1 e 2, lettera b), dell'articolo 3 della legge della Regione Piemonte 4 ottobre 2018, n. 16 (Misure per il riuso, la riqualificazione dell'edificato e la rigenerazione urbana), ha reso applicabile – in virtù del rinvio all'articolo 2, comma 1, lettera d-bis), della legge regionale Piemonte n. 16 del 2018, nel testo antecedente alle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 2, della legge della Regione Piemonte 19 settembre 2023, n. 20, recante «Modifiche alla legge regionale 31 maggio 2022, n. 7 (Norme di semplificazione in materia urbanistica ed edilizia)» – la disciplina di cui all'articolo 5, comma 9 e seguenti, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106, anche agli edifici per i quali «è stato rilasciato titolo abilitativo in sanatoria ai sensi» «della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive), della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326»;

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, nella parte in cui ha novellato l'articolo 5, comma 9, della legge della regione Piemonte n. 16 del 2018;

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 1, della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, sostitutivo dell'articolo 6, comma 1, della legge della regione Piemonte n. 16 del 2018, limitatamente alle parole «[p]er gli edifici realizzati dopo tale data, il sottotetto è recuperabile decorsi tre anni dalla realizzazione o ad avvenuto perfezionamento delle pratiche di legittimazione»;

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 6, della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022;

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 41, comma 1, della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, nella parte in cui ha sostituito l'articolo 6, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della Regione Piemonte 8 luglio 1999, n. 19, recante «Norme in materia edilizia e modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo)»;

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 47 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, nella parte in cui prevede gli incisi: «anche se non previsto dai vigenti strumenti urbanistici generali ed esecutivi» (comma 2); «senza che ciò comporti incidenza sui valori di SL e sulla conseguente necessità di standard urbanistici, nel solo rispetto dei parametri riferiti ai limiti delle superfici coperte» (comma 2, lettera a); «senza che ciò comporti incidenza sui valori di SL e sulla conseguente necessità di standard urbanistici» (comma 2, lettere b e c); «in deroga alla densità fondiaria di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale 1444/1968 e alle norme del PRG» (comma 4);

   dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 48 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, promosse, in riferimento agli articoli 3, 9 e 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all'articolo 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), come attuato mediante il decreto del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per l'interno, 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), nonché all'articolo 5, comma 11, secondo periodo, del decreto-legge n. 70 del 2011, come convertito, dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 5 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, nella parte in cui ha sostituito l'articolo 3, comma 3, della legge della regione Piemonte n. 16 del 2018, promosse, in riferimento agli articoli 3, 9, 97 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e all'articolo 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, come convertito, nonché al principio di leale collaborazione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 7 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, nella parte in cui ha sostituito l'articolo 5, commi 2, 3 e 4, della legge della regione Piemonte n. 16 del 2018, promosse, in riferimento agli articoli 3, 9, 97 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali, nonché al principio di leale collaborazione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 9, della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, promosse, in riferimento agli articoli 3, 32 e 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione al decreto del Ministro per la sanità; 5 luglio 1975 (Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali d'abitazione), dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 10 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, promosse, in riferimento agli articoli 3, 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali, nonché al principio di leale collaborazione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 41, comma 1, della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, nella parte in cui ha sostituito l'articolo 6 della legge reg. Piemonte n. 19 del 1999, promossa, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all'articolo 32, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 47 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, promosse, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali, nonché al principio di leale collaborazione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 48 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, promosse, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali, nonché al principio di leale collaborazione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 3, comma 2; 11; 13, comma 6; 14, commi 3 e 5; 16; 18, comma 3; 19, comma 1; 20; 21, commi 1 e 3; 34, comma 1; 36; 40 e 42 della legge della regione Piemonte n. 7 del 2022, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri:

  alla VIII Commissione (Ambiente);

  in data 4 luglio 2024, Sentenza n. 120 del 21 maggio – 4 luglio 2024 (Doc. VII, n. 349),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), nella versione risultante a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all'articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), applicato ratione temporis;

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5 della legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 30 (Assestamento del Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2021 e per il triennio 2021/2023):

  alla V Commissione (Bilancio e Tesoro);

  in data 4 luglio 2024, Sentenza n. 121 del 21 maggio – 4 luglio 2024 (Doc. VII, n. 350),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 144 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», nella parte in cui non prevede l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato della procedura di liquidazione controllata, quando il giudice delegato abbia autorizzato la costituzione in un giudizio e abbia attestato la mancanza di attivo per le spese;

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 146 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede la prenotazione a debito delle spese della procedura di liquidazione controllata:

  alla II Commissione (Giustizia);

  in data 4 luglio 2024, Sentenza n. 122 del 21 maggio – 4 luglio 2024 (Doc. VII, n. 351),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151 (Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina), inserito dalla legge di conversione 28 novembre 2008, n. 186, e successivamente modificato dall'articolo 2, comma 21, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «parente o affine entro il quarto grado»;

  alla II Commissione (Giustizia);

  in data 5 luglio 2024, Sentenza n. 124 dell'8 maggio 2024 – 5 luglio 2024 (Doc. VII, n. 353),

   con la quale:

    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 1, lettera b), della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie);

   dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 87, comma 1, della legge della regione Sardegna n. 9 del 2023, nella parte in cui dispone: «[s]volge inoltre, nell'ambito del territorio della Regione, le funzioni e i compiti già espletati in campo nazionale dal soppresso Corpo forestale dello Stato.»;

   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 86, comma 1, della legge della regione Sardegna n. 9 del 2023, promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettere h) ed l), della Costituzione, nonché all'articolo 3, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), dal Presidente del Consiglio dei ministri;

   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 87, comma 1, della legge della regione Sardegna n. 9 del 2023, nella parte in cui dispone che «[i]l Corpo forestale e di vigilanza ambientale svolge, nell'ambito del territorio regionale, attività di polizia giudiziaria», promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettere a), h), l), ed s), della Costituzione, nonché all'articolo 3, primo comma, dello statuto speciale, dal Presidente del Consiglio dei ministri:

  alla XIII Commissione (Agricoltura).

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:

  Sentenza n. 112 del 21 maggio – 27 giugno 2024 (Doc. VII, n. 343),

   con la quale:

    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale «del combinato disposto» degli articoli 1, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) e 24, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214, sollevata, in riferimento all'articolo 38 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro;

   dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale «del combinato disposto» degli articoli 1, comma 13, della legge n. 335 del 1995 e 24, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, come convertito, sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro:

  alla XI Commissione (Lavoro);

  Sentenza n. 115 del 9 maggio – 1° luglio 2024 (Doc. VII, n. 345),

   con la quale:

    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 (Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE), sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento, dal Tribunale ordinario di Milano, sezione quindicesima civile;

   dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo n. 39 del 2010, sollevate, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della intrinseca irragionevolezza, e all'articolo 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Milano, sezione quindicesima civile:

  alla II Commissione (Giustizia);

  Sentenza n. 117 del 21 maggio – 2 luglio 2024 (Doc. VII, n. 347),

   con la quale:

    dichiara che non spettava al Senato della Repubblica negare, con la deliberazione del 9 marzo 2022 (doc. IV, n. 10), l'autorizzazione, richiesta dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), a utilizzare nei confronti di Armando Siri, senatore all'epoca dei fatti, le comunicazioni captate nel giorno 15 maggio 2018 (prog. 2521 e 2523), nell'ambito del procedimento penale n. 40767 del 2018 R.G.N.R., nel quale il predetto parlamentare risulta imputato;

    dichiara che, nei sensi di cui in motivazione, non spettava al Senato della Repubblica negare, con la medesima deliberazione, l'autorizzazione, richiesta dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma ai sensi dell'art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, a utilizzare nei confronti di Armando Siri le intercettazioni captate nei giorni 17 maggio 2018 (prog. 2618), 17 luglio 2018 (prog. 5760), 4 agosto 2018 (prog. 5997) e 6 agosto 2018 (prog. 6043, 6044 e 6090), nell'ambito del medesimo procedimento penale;

    annulla, per l'effetto, la deliberazione adottata dal Senato della Repubblica nella seduta del 9 marzo 2022 (doc. IV, n. 10):

  alla I Commissione (Affari costituzionali);

  Sentenza n. 123 del 4 giugno – 4 luglio 2024 (Doc. VII, n. 352),

   con la quale:

    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 120, comma 1, lettere a), c), numero 2), d), numero 2), e f), della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie), promosse, in riferimento all'articolo 43, secondo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e all'articolo 133, secondo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 15, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), dal Presidente del Consiglio dei ministri:

  alla I Commissione (Affari costituzionali);

Trasmissione dal Ministero
dell'università e della ricerca.

  Il Ministero dell'università e della ricerca ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 2 luglio 2024, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell'articolo 33, comma 4-quinquies, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministero della giustizia.

  Il Ministero della giustizia, con lettera del 5 luglio 2024, ha trasmesso la nota relativa all'attuazione data alle risoluzioni FOTI ed altri n. 6/00084 ed Enrico COSTA ed altri n. 6/00089, accolte dal Governo ed approvate dall'Assemblea nella seduta del 17 gennaio 2024, sulle Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) competente per materia.

Trasmissione dal Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 8 luglio 2024, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione, predisposta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2018/1806 per quanto riguarda Vanuatu (COM(2024) 365 final).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti
di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 8 luglio 2024, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che modifica la decisione di esecuzione (UE) (ST 10158/21 INIT; ST 10158/21 ADD 1), del 13 luglio 2021, relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza della Germania (COM(2024) 277 final), corredata dal relativo allegato (COM(2024) 277 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

   Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativamente al certificato elettronico di esenzione dall'imposta sul valore aggiunto (COM(2024) 278 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);

   Proposta di regolamento di esecuzione del Consiglio recante modifica del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 relativamente al certificato elettronico di esenzione dall'imposta sul valore aggiunto (COM(2024) 279 final), corredata dal relativo allegato (COM(2024) 279 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);

   Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che modifica la decisione di esecuzione (UE) (ST 9728/22 INIT; ST 9728/22 ADD 1), del 17 giugno 2022, relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza della Polonia (COM(2024) 284 final), corredata dal relativo allegato (COM(2024) 284 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);

   Proposte di decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo in Francia (COM(2024) 511 final), in Ungheria (COM(2024) 512 final), a Malta (COM(2024) 514 final), in Polonia (COM(2024) 515 final), in Slovacchia (COM(2024) 516 final) e in Belgio (COM(2024) 518 final), che sono assegnate in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);

   Proposta di decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo in Italia (COM(2024) 513 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  La Corte dei conti europea, in data 8 luglio 2024, ha comunicato la pubblicazione dell'analisi n. 03/2024 – Una panoramica del regime di affidabilità e dei fattori fondamentali che hanno contribuito agli errori nella spesa per la coesione nel periodo 2014-2020, che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI

Elementi ed iniziative di competenza in relazione ad esternazioni di carattere estremista, diffuse anche sui social media, di un imam attivo presso un centro islamico di Bologna – 3-01259

A)

   KELANY. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'attacco perpetrato il 7 ottobre 2023 dall'organizzazione terroristica Hamas ai danni di Israele ha determinato un innalzamento dei livelli di allerta per la sicurezza in tutta Europa e la crescita del numero degli obiettivi sensibili sul territorio nazionale;

   tra gli obiettivi considerati a rischio di attentati terroristici ci sono anche obiettivi ebraici e israeliani;

   dalla data del 7 ottobre 2023 i militanti jihadisti del gruppo terroristico Isis hanno messo a segno due gravi attentati: a Bruxelles, dove sono rimasti uccisi due cittadini svedesi, e nella sala concerti Crocus City Hall di Mosca, mietendo 145 vittime;

   è necessario assicurare la sicurezza monitorando chi, nei luoghi di aggregazione o sul web, propaga idee estremiste o volte a incentivare la violenza e il terrorismo, eventualmente prendendo provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale;

   l'imam Zulfiqar Khan, cittadino pakistano, attivo presso il centro islamico Iqraa di Bologna, frequentato in gran parte da cittadini pakistani o di origine pakistana, da diversi anni è noto per le sue esternazioni antisemite ed anti-israeliane, contro gli Stati Uniti e altri Paesi europei e mediorientali, e di sostegno ad organizzazioni terroristiche come Hamas ed Hezbollah, pronunciate pubblicamente, in particolare durante i sermoni trasmessi sulla pagina Facebook del centro islamico Iqraa e visibili da tutti;

   in un sermone pronunciato il 23 febbraio 2024 il suddetto imam affermava: «Coloro che si schierano con Israele e l'America faranno una brutta fine»;

   in un successivo sermone del 12 aprile 2024 rivolto contro Israele e Stati Uniti, in cui elogiava il leader di Hamas, dichiarava: «perpetrate la jihad contro questi bugiardi, questi assassini». E ancora: «lottate contro chi comincia a lottare contro di voi»;

   in un video del 16 aprile 2024 l'imam Khan attaccava la Giordania per aver difeso Israele, accusando il Re di Giordania di essere «infedele», utilizzando il termine «Kufr»;

   il 19 aprile 2024 lo stesso predicatore in un nuovo video pubblicato sui social affermava: «Quel castigo che stiamo aspettando che viene da parte di Allah, con le mani di Hamas e Hezbollah». Dichiarava inoltre: «Se qualcuno dice a me “sei estremista islamico” dico sì perché estremismo vuole dire seguire i fondamenti»;

   il 25 maggio 2024 in una lezione dal titolo «storia del terrorismo» tenuta nel centro islamico Nonantola (Modena) Khan affermava che: «Hamas non è un'organizzazione terrorista. Loro stanno difendendo il loro territorio»;

   in un sermone del 18 aprile 2022 intitolato «Omosessualità e il suo danno», definisce gli omosessuali «un gruppo che Allah castigherà con un castigo molto forte»;

   quelle fin qui citate sono solo alcune delle gravi esternazioni che si ritrovano nei discorsi di Zulfiqar Khan e che molte altre sono state omesse per brevità;

   l'imam in questione ha pubblicato sui suoi social a più riprese immagini di mujahiddin armati e a volto coperto, ritratti in preghiera o nell'atto di puntare armi contro obiettivi civili –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e abbia intrapreso o intenda intraprendere iniziative a riguardo.
(3-01259)


Iniziative urgenti per risolvere le criticità degli istituti penitenziari di Grosseto e Massa Marittima, con particolare riferimento alla dotazione del personale di polizia penitenziaria e agli spazi per i detenuti – 3-01318

B)

   SIMIANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in provincia di Grosseto sono presenti due carceri (uno nel capoluogo, uno a Massa Marittima) che presentano da anni gravi e perduranti criticità sia per carenza di organico, sia dal punto di vista strutturale e logistico;

   il penitenziario di Grosseto ospita 27 detenuti a fronte di 15 posti e dispone di 34 agenti a fronte dei 37 previsti. Il carcere ha un tasso di affollamento tra i più alti d'Italia mentre metà dei detenuti sono stranieri;

   secondo il report dell'Associazione Antigone mancano nel penitenziario di Grosseto locali per la socialità. Esiste un unico spazio aperto, privo di riparo, rendendo di fatto impraticabile la permanenza all'aperto nei caldi mesi estivi o nelle giornate di pioggia. Non ci sono spazi per le lavorazioni, né zone esclusivamente dedicate alle specifiche attività. Le uniche due piccole aule disponibili hanno una funzione polivalente e sono a turno utilizzate per i corsi scolastici e varie attività;

   nel mese di gennaio 2024 è stato siglato il protocollo per realizzare il nuovo polo penitenziario di Grosseto in periferia grazie al trasferimento dall'Agenzia del demanio al Ministero della giustizia di un'ampia porzione dell'ex caserma Rotilio Barbetti, originariamente in uso al Ministero della difesa;

   la struttura è stata finanziata con le risorse del Pnrr ed è quindi necessario portare a termine i lavori nei tempi stabiliti;

   per quanto riguarda la casa circondariale di Massa Marittima va segnalato come sia in sotto organico di 8 unità di polizia penitenziaria, mentre per l'associazione Antigone pesa notevolmente la chiusura e l'inagibilità – ormai croniche – dell'ampio spazio originariamente destinato alla palestra, dal 2006 chiuso per via del terreno umido e acquitrinoso tipico della zona paludosa su cui sorge l'edificio. Tale spazio dall'enorme potenzialità di fatto priva l'istituto di un ampio locale, che potrebbe essere adibito a palestra, ma anche sfruttato per innumerevoli altre attività;

   sia per quanto riguarda la struttura di Grosseto che quella di Massa Marittima è stato da tempo rimarcata anche la necessità di garantire la salute dei detenuti anche attraverso la telemedicina –:

   quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di risolvere le criticità esposte in premessa presenti nelle carceri di Grosseto e Massa Marittima ed in particolare per garantire una dotazione idonea di agenti di polizia penitenziaria e strutture dignitose per i detenuti presenti;

   quale sia la tempistica per la realizzazione del nuovo carcere di Grosseto;

   quando sarà resa nuovamente agibile l'area attualmente non utilizzata del carcere di Massa Marittima.
(3-01318)


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 29 GIUGNO 2024, N. 89, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LE INFRASTRUTTURE E GLI INVESTIMENTI DI INTERESSE STRATEGICO, PER IL PROCESSO PENALE E IN MATERIA DI SPORT (A.C. 1937)

A.C. 1937 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

   La Camera,

   premesso che:

    vi sono rilevanti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale del provvedimento in esame per l'assenza dei requisiti essenziali di necessità ed urgenza che possano motivare il ricorso allo strumento normativo del decreto-legge;

    le disposizioni del provvedimento non sembrano necessitare di una tempestiva entrata in vigore al punto da giustificarne l'inserimento in un decreto-legge piuttosto che in un provvedimento legislativo ordinario e, soprattutto, non rispettano la caratteristica della «straordinarietà» dell'intervento governativo ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione;

    continua da parte del Governo un abnorme e inappropriato uso della decretazione d'urgenza, in carenza dei presupposti legittimanti richiamati dall'articolo 77 della Costituzione, attraverso il quale si assiste alla radicale e inaccettabile alterazione dello schema fisiologico del rapporto con il Parlamento che determina una evidente lesione delle prerogative parlamentari nell'esercizio della funzione legislativa;

    la giurisprudenza costituzionale in materia, con le sentenze della Corte nn. 171/2007 e 128/2008, ha stabilito che l'esistenza dei presupposti di costituzionalità di cui all'articolo 77 della Carta costituzionale non possa evincersi «dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità e urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina introdotta», sottolineando che la valutazione della sussistenza dei presupposti di costituzionalità non può essere meramente soggettiva (riferita cioè all'urgenza delle norme ai fini dell'attuazione del programma di Governo o alla loro mera necessità), ma deve invece fondarsi anche su riscontri oggettivi, secondo un giudizio che non può ridursi alla valutazione in ordine alla mera ragionevolezza od opportunità delle norme introdotte;

    la relazione illustrativa non contiene alcuna indicazione sulle ragioni del presunto carattere di straordinaria necessità e urgenza del decreto-legge in esame, ma soltanto nella premessa dell'atto la «straordinaria necessità e urgenza» viene assunta in modo assiomatico in riferimento agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 9, 10 e 11 del provvedimento;

    peraltro, l'eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza è stato più volte censurato dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale dei provvedimenti legislativi; infatti, tale prassi continua a mortificare il ruolo del Parlamento, in aperto contrasto con il dettato dell'articolo 70 della Costituzione che attribuisce alle Camere l'esercizio della funzione legislativa;

    inoltre, l'uso improprio della decretazione d'urgenza, per costante affermazione della Corte costituzionale – a partire almeno dalla citata sentenza n. 171 del 2007 – incide non solo sul corretto assetto dei rapporti tra Parlamento e Governo ma comporta ulteriori implicazioni; dal momento che, infatti, la riserva alle Camere della funzione legislativa e la straordinarietà delle deroghe ad essa – come disciplinata dalla Costituzione – appare correlata «alla tutela dei valori e diritti fondamentali», il ricorso improprio alla decretazione d'urgenza, sposta indebitamente il baricentro della funzione legislativa dal Parlamento al Governo e allontana l'adozione delle norme primarie dall'organo «il cui potere deriva direttamente dal popolo» (C. Cost., sent. n. 171/2007, Cons. dir., par. 3);

    il decreto-legge in conversione reca interventi che presentano un elevato tasso di eterogeneità, riguardando materie molto diverse tra loro: concessioni autostradali, infrastrutture strategiche, riorganizzazione della disciplina normativa relativa ai commissari straordinari, personale dell'Autorità della Laguna di Venezia, finanziamento della fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli, misure in materia di trasporto pubblico locale, bonifica del sito di interesse nazionale Cogoleto-Stoppani, cattura e stoccaggio geologico dell'anidride carbonica, Polo universitario di ingegneria presso il Parco scientifico tecnologico di Genova Erzelli, misure a favore delle imprese italiane operanti all'estero, modifiche al codice di procedura penale, misure in materia di sport;

    appare dunque evidente che si tratta dell'ennesimo provvedimento d'urgenza di dubbia legittimità, che ha la pretesa di coniugare in un unico contesto normativo profili di necessità e di urgenza riferiti a materie che non presentano attinenza e coerenza interna e dunque carenti altresì del requisito di omogeneità materiale e teleologica;

    fin dalla sentenza n. 22 del 2012, infatti, la Corte ha chiarito che il decreto-legge, adottato per far fronte a casi straordinari di necessità e urgenza, deve per ciò stesso presentare un fondamentale requisito di omogeneità, consistente nell'essere le disposizioni del decreto, seppure diversificate tra loro, tutte riconducibili ad un medesimo singolo caso di necessità e di urgenza; un atto normativo unitario, dunque, anche se articolato e differenziato al suo interno, e non una serie di norme assemblate sulla base di una mera casualità temporale;

   considerato che:

    in riferimento all'articolo 2 del provvedimento:

     il difetto dei presupposti costituzionali della necessità e urgenza e la palese contraddittorietà e incoerenza che caratterizza l'impianto motivazionale su cui poggia il decreto-legge in esame sono resi evidenti alla luce dell'iter normativo che ha caratterizzato la progressiva definizione della fattispecie negli ultimi cinquant'anni;

     giova ricordare che già negli anni '50 sono iniziate le prime ipotesi di realizzazione di un collegamento infrastrutturale tra la Sicilia e la Calabria; nel 1958 il Ministro dei lavori pubblici Togni istituiva una commissione per valutare la fattibilità dei progetti e, 10 anni dopo nel 1968, veniva varata la legge 28 marzo, n. 384, con la quale si autorizzavano l'ANAS e l'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato a compiere gli studi necessari per la costruzione del ponte;

     il vero e proprio ingresso nell'ordinamento giuridico italiano dell'opera infrastrutturale in questione è avvenuto agli albori degli anni '70, precisamente con la legge 17 dicembre 1971, n. 1158 (Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente), che, al fine di realizzare un collegamento stabile, mediante la costruzione di un ponte sospeso sullo Stretto di Messina, affidò la concessione dello studio, della progettazione e della costruzione ad una società a totale capitale pubblico;

     in attuazione della citata legge n. 1158 del 1971, nel 1981, è stata costituita la Società Stretto di Messina (SdM), inizialmente partecipata maggioritariamente dall'IRI e per il restante 49 per cento dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, dall'Anas, dalle regioni Sicilia e Calabria e da altre amministrazioni ed enti pubblici. A distanza di ulteriori venti anni, il ponte sullo Stretto di Messina è stato inserito tra le infrastrutture pubbliche di rilevanza nazionale ai sensi della cosiddetta Legge obiettivo (legge 21 dicembre 2001, n. 443) e assoggettato alla disciplina del decreto legislativo attuativo 20 agosto 2002, n. 190. Solo nel 2004 è stato avviato un complesso iter amministrativo, con due distinte gare, rispettivamente, per l'affidamento ad un contraente generale della progettazione, definitiva ed esecutiva, e della realizzazione del ponte con i relativi collegamenti stradali e ferroviari, e per l'affidamento dei servizi di project management consulting al fine di espletare le attività di verifica e controllo sulle prestazioni da rendere dal contraente generale sia nella fase di progettazione che di realizzazione del Ponte;

     tuttavia, dopo la stipulazione dei contratti, nel 2006 il legislatore ha modificato il precedente indirizzo, decidendo di procrastinare la realizzazione del Ponte, che dunque perdeva la sua connotazione di opera strategica e prioritaria. Con il decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, l'avvio dell'opera subiva un arresto e le somme originariamente destinate al rafforzamento patrimoniale della SdM venivano destinate a diverse utilizzazioni;

     nel 2009 il Ponte sullo Stretto è stato nuovamente considerato un'opera di carattere prioritario e reinserita tra le infrastrutture strategiche previste nel documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio 2009-2011; con il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 è stato infatti assegnato alla SdM un contributo di 1.300 milioni di euro, a seguito del quale la predetta società e la Eurolink hanno stipulato un atto aggiuntivo, integrativo dell'originario contratto, definendo le modalità di riavvio delle attività di realizzazione dell'opera, l'aggiornamento del prezzo contrattuale, nonché la rinuncia alle riserve medio tempore formulate dal contraente generale;

     il progetto definitivo, approvato nel 2011 dal consiglio di amministrazione della SdM, non ha tuttavia superato l'approvazione definitiva da parte del CIPE; con il decreto-legge n. 187 del 2012 sono stati infatti sospesi i contratti stipulati dalla SdM con il contraente generale e gli altri affidatari, poi caducati a decorrere dal 2 novembre 2012 e, in attuazione delle previsioni del citato decreto-legge, poi trasfuso nell'articolo 34-decies del decreto-legge n. 179 del 2012, la società SdM è stata infine posta in liquidazione;

     con il decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35 il Governo ha riavviato l'iter approvativo interrotto da oltre dieci anni, mediante modifiche alla citata legge n. 1178 del 1971 volte a definire una nuova compagine societaria della SdM Spa – ora società in house partecipata da R.F.I. S.p.a., ANAS S.p.a., le regioni Sicilia e Calabria, nonché, in misura non inferiore al 51 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze – riprendendo l'originario rapporto di concessione, previa definizione stragiudiziale delle controversie, revoca dello stato di liquidazione e ridefinizione degli organi di amministrazione e controllo, e prevedendo il complessivo riavvio dell'attività di programmazione e progettazione dell'opera, al fine di pervenire, mediante un procedimento accelerato e semplificato, che si articola in una conferenza di servizi istruttoria e in una VIA semplificata, all'approvazione del progetto definitivo da parte del CIPESS;

     la ricostruzione dell'iter normativo e amministrativo che ha caratterizzato l'opera rappresenta un dato fattuale sufficiente a destituire di fondamento la ipotizzata sussistenza dei presupposti necessari a ricondurre l'attività legislativa in esame nell'alveo del legittimo esercizio della decretazione d'urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione;

     ulteriori profili di incostituzionalità sono, in primis, riferiti al combinato disposto degli articoli 9 e 41 della Costituzione, considerate anche le recenti modifiche apportate dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, che non si limita a conferire rilievo costituzionale alla tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi «anche nell'interesse delle future generazioni», ma soprattutto stabilisce che l'iniziativa economica privata «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute e all'ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali...»;

     va sottolineato che, ancor prima della citata novella costituzionale, la copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale ha ribadito più volte l'esigenza di individuare un punto di sintesi fra i divergenti interessi, di rilievo istituzionale e dall'esigenza che la libertà di iniziativa economica non sia esercitata recando danni sproporzionati all'ambiente ed alla salute. La richiamata esigenza di bilanciamento trova – nella nuova formulazione degli articoli 9 e 41 – uno spostamento del «punto di equilibrio» a favore della tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, inserita tra i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale;

     inoltre l'articolo 3-bis della legge n. 1158 del 1971, come novellato dal citato decreto-legge n. 35 del 2023, prevede la nuova definizione della SdM S.p.a. come società in house, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 175 del 2016 e la durata residua della concessione è stimata in trenta anni dall'entrata in esercizio dell'opera, al netto delle proroghe per la realizzazione;

     la disposizione in esame introduce un meccanismo che, in base ad una non meglio precisata esigenza di «ottimizzare e ridurre i tempi di attuazione del progetto», consente la realizzazione dell'opera per fasi costruttive progressive, di fatto in pieno contrasto con i principi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche; in buona sostanza il provvedimento in esame, alla luce dell'impossibilità di rispettare la data del 31 luglio, stabilisce la sostituzione del progetto esecutivo con un meccanismo di approvazione per stralci funzionali, eliminando così la data del 31 luglio originariamente prevista per l'approvazione del progetto esecutivo;

     da una prima valutazione emergono potenziali contrasti della disciplina come modificata dal provvedimento in esame con la normativa in materia di contratti pubblici e con le direttive europee in materia, con il rischio di avvio di una o più procedure d'infrazione, con particolare riguardo alla violazione della Direttiva 2014/24/UE che obbliga a bandire una nuova gara d'appalto se il valore del contratto cresce oltre il cinquanta per cento del valore iniziale;

    per quanto attiene all'articolo 3:

     la disposizione contiene due rinvii ad altri atti normativi finalizzati all'adozione di un piano di razionalizzazione dei compiti e delle funzioni attribuite ai commissari straordinari nominati per la realizzazione degli interventi infrastrutturali prioritari e all'individuazione delle opere relative ai progetti di cui al decreto legislativo 10 luglio 2023, n. 101, in materia di rete transeuropea dei trasporti, dando vita ad una sorta di «disposizione delega», in re ipsa priva dei requisiti di urgenza che dovrebbero caratterizzare una disposizione inserita in un decreto-legge;

     inoltre si segnala che la necessità di provvedere con efficacia e rapidità su opere incompiute da decenni è stata una esigenza unanimemente condivisa nell'ambito del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, pertanto i criteri esposti al comma 2, a fronte di una non meglio giustificata razionalizzazione, potrà creare rallentamenti su opere pubbliche importanti per lo sviluppo del Paese;

    relativamente all'articolo 4:

     l'inserimento di un'ulteriore deroga al quadro normativo vigente in materia di conferimento di incarichi dirigenziali per l'Autorità della Laguna di Venezia integra una possibile violazione del combinato disposto dei commi 1 e 4 dell'articolo 97 della Costituzione e del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»;

    in merito all'articolo 5:

     la disposizione di cui al comma 1 interviene sull'opera strategica «Corridoio intermodale Roma-Latina e bretella autostradale di collegamento tra Cisterna e Valmontone», nella quale l'asse viario principale è rappresentato dalla direttrice nord-sud e la bretella svolge una funzione ancillare di collegamento;

     l'opera, inserita tra le infrastrutture strategiche ai sensi della delibera CIPE n. 121 del 2001, ha subito nel corso dei decenni numerose modifiche sia a livello progettuale che autorizzativo, non tiene conto del mutato quadro socio-economico e territoriale ed è caratterizzata da fortissime criticità sotto il profilo ambientale e paesaggistico;

     la disposizione prevede un sostanziale travaso di risorse dall'infrastruttura principale all'opera di collegamento, sulla base di una incomprensibile esigenza di accelerazione dell'intervento, ma in assenza di una visione logistica e infrastrutturale razionale e coerente; inoltre la relazione tecnica non fornisce adeguate informazioni in merito alla capienza del capitolo utilizzato per la copertura dei maggiori oneri previsti a causa degli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, considerato che risulta rifinanziato solo fino all'esercizio finanziario 2023 e sarebbe opportuno conoscere l'entità dei residui non impegnati;

     la disposizione di cui al comma 3 prevede l'autorizzazione all'apertura di una apposita contabilità speciale, presso la Tesoreria dello Stato, intestata al Commissario straordinario nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 maggio 2022 e autorizza una spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2024 finalizzata alla realizzazione del I lotto funzionale della nuova sede dei reparti di eccellenza dell'Arma dei Carabinieri nella tenuta di Coltano, all'interno dell'area naturale protetta di San Rossore, trascurando la rafforzata tutela giuridica del combinato disposto degli articoli 9 e 41 della Costituzione, come modificati dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1;

    in merito all'articolo 8:

     appare incongruente l'indicazione della necessità e urgenza della relazione illustrativa con la previsione normativa del comma 2 che affida, nelle more dell'attuazione della disposizione in esame, le funzioni dell'istituendo Comitato CCS al Comitato ETS; inoltre la relazione tecnica non quantifica gli oneri derivanti dall'istituzione del Comitato e della relativa segreteria tecnica, che saranno in ogni caso sottratti ai proventi delle aste delle quote delle emissioni di cui al decreto legislativo n. 47 del 2020;

    alla luce del quadro complessivo fin qui esposto appare del tutto evidente la totale incompatibilità del decreto in esame con gli articoli 9, 41, 77, 97 e 117 della Costituzione,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1937.
N. 1. Santillo, Ilaria Fontana, Quartini, Riccardo Ricciardi, Francesco Silvestri, Morfino.

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto-legge in esame reca una serie di disposizioni in materia di infrastrutture e di investimenti di interesse strategico, nonché per garantire l'efficienza del procedimento penale e tutelare gli investimenti delle associazioni e delle società sportive;

    i primi 9 articoli sono riconducibili alla materia delle infrastrutture, l'articolo 10 reca misure per l'internazionalizzazione delle imprese italiane, volte a sostenerne la presenza nel continente africano, l'articolo 11 reca alcune modifiche agli articoli 610 e 611 del codice di procedura penale in materia di giudizio in cassazione finalizzate a una revisione dei tempi e delle modalità previste per le richieste di trattazione orale del ricorso, l'articolo 12 differisce dal 1° luglio 2024 al 1° luglio 2025 il termine di decorrenza dell'abolizione del vincolo sportivo degli atleti, costituito dalle limitazioni alla libertà contrattuale, per i tesseramenti già in atto al 30 giugno 2023 e operanti, dopo quest'ultima data, senza soluzione di continuità, anche mediante rinnovo;

    si tratta dell'ennesimo provvedimento d'urgenza che ha la pretesa di coniugare in un unico contesto normativo profili di necessità e urgenza riferiti a materie che non presentano attinenza e coerenza interna e dunque carenti del requisito di omogeneità materiale e teleologica richiesto dall'articolo 77 della Costituzione;

    la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di decreti-legge ha legittimato nel tempo, due categorie di decreti-legge a contenuto plurimo: quelli riguardanti la materia finanziaria e quelli relativi alla proroga o al rinvio di termini legislativi. È evidente che il decreto-legge in esame non rientri in nessuna delle categorie riconosciute come legittime dalla Corte;

    continua, pertanto, da parte del Governo un abnorme e inappropriato uso della decretazione d'urgenza, in carenza dei presupposti legittimanti sopra richiamati, attraverso il quale si assiste alla radicale e inaccettabile alterazione dello schema fisiologico del rapporto con il Parlamento che determina, ad avviso dei presentatori, una evidente lesione delle prerogative parlamentari nell'esercizio della funzione legislativa,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1937.
N. 2. Simiani, Braga, Curti, Evi, Ferrari, Casu, Fornaro.

   La Camera,

   in sede di discussione del disegno di legge A.C. 1937 «Conversione in legge del decreto-legge 29 giugno 2024, n. 89, recante disposizioni urgenti per le infrastrutture e gli investimenti di interesse strategico, per il processo penale e in materia di sport»;

   premesso che:

    vi sono rilevanti e molteplici perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale del provvedimento in esame per l'assenza dei requisiti essenziali per l'uso del decreto-legge;

    innanzitutto non ricorrono nel testo adottato dal Governo quei presupposti di necessità ed urgenza indispensabili per il legittimo utilizzo dello strumento del decreto-legge. La relazione illustrativa non contiene alcuna indicazione sulle ragioni del presunto carattere di straordinaria necessità ed urgenza del decreto-legge in esame, che viene assunto in modo assiomatico in riferimento agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 9, 10 e 11 del provvedimento;

    la giurisprudenza costituzionale in materia, con le sentenze della Corte nn. 171/2007 e 128/2008, ha stabilito che l'esistenza dei presupposti di costituzionalità di cui all'articolo 77 della Carta fondamentale non possa evincersi «dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità e urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina introdotta», sottolineando che la valutazione della sussistenza dei presupposti di costituzionalità non può essere meramente soggettiva (riferita cioè all'urgenza delle norme ai fini dell'attuazione del programma di Governo o alla loro mera necessità), ma deve invece fondarsi anche su riscontri oggettivi, secondo un giudizio che non può ridursi alla valutazione in ordine alla mera ragionevolezza od opportunità delle norme introdotte;

    il decreto-legge in conversione reca interventi che presentano un elevato tasso di eterogeneità, riguardando materie, molto diverse tra loro: dalle concessioni autostradali, alle infrastrutture strategiche, dalla riorganizzazione della disciplina normativa relativa ai commissari straordinari, al personale dell'Autorità della Laguna di Venezia, dalle misure in materia di trasporto pubblico locale, alle modifiche al codice di procedura penale e misure in materia di sport;

    appare evidente che il provvedimento in esame interviene nel disciplinare una pluralità di ambiti materiali i quali difficilmente possono considerarsi avvinti da quel nesso oggettivo o funzionale richiesto dalla Corte costituzionale – tra le altre, nella sentenza n. 22 del 2012 – affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario. In tali termini, i contenuti normativi del provvedimento in esame confliggono in maniera palese con le regole giuridiche, anche di rango costituzionale, che presiedono alla redazione dei decreti-legge;

    il rilievo del criterio di omogeneità nel contenuto costituisce uno dei perni fondamentali sui quale la Corte costituzionale ha fondato i percorsi argomentativi legati alla verifica del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dal citato articolo 77 della Costituzione, in particolare, con la sentenza n. 22 del 2012, la Corte ha ritenuto tout court illegittimo la decretazione d'urgenza qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità;

    il perpetuarsi di continue deroghe alle procedure ordinarie di predisposizione di provvedimenti normativi, che, anche nel breve corso della presente legislatura, stanno assumendo in maniera preoccupante la forma di decretazione d'urgenza, attraverso la continua e reiterata composizione di decreti «omnibus», oltre a rappresentare un'alterazione degli equilibri istituzionali riconducibili al rapporto tra Governo e Parlamento, determinano una evidente lesione delle prerogative parlamentari nell'esercizio della funzione legislativa;

    peraltro, l'eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza è stato più volte censurato dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale dei provvedimenti legislativi;

    in riferimento all'articolo 2 del provvedimento, in difetto dei presupposti costituzionali della necessità ed urgenza, vengono inserite disposizioni finalizzate a precisare il perimetro applicativo di alcune disposizioni del decreto-legge n. 35 del 2023 sulle attività propedeutiche alla realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria (cosiddetto Ponte sullo Stretto);

    a tal riguardo sono qui richiamati e confermati tutti i profili di dubbia costituzionalità a suo tempo esplicitati nell'analoga questione pregiudiziale discussa prima dell'esame del decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, poi convertito con la legge 26 maggio 2023, n. 58, recante: «Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria.»;

    il presunto carattere di straordinaria necessità e urgenza del decreto originario e delle modifiche apportate con l'attuale provvedimento all'esame dell'aula, risiederebbe, in una ritenuta urgente necessità di riattivare la Società «Stretto di Messina» e risolvere il contenzioso pendente, statuando, da un lato, la definizione stragiudiziale delle controversie e, dall'altro lato, la revoca dello stato di liquidazione a suo tempo disposto, con contestuale ricapitalizzazione della Società e ridefinizione degli organi di amministrazione e controllo della medesima;

    a seguito del mancato inizio lavori dovuto allo stop dell'allora Governo Monti, il General Contractor Eurolink titolare del progetto approvato nel 2012, avrebbe tuttora in corso un contenzioso nei confronti dello Stato per 700 milioni di euro, cui si sommano altri 325 milioni di euro di risarcimenti chiesti a sua volta dalla Società Stretto di Messina Spa, questione finita alla Corte costituzionale, che nel 2019 avrebbe stabilito il perimetro degli indennizzi da corrispondere alle società, maggiorato del 10 per cento;

    la riattivazione della Società Stretto di Messina sembra disattendere le stesse Raccomandazioni della Corte dei conti che in merito alla problematica chiusura della liquidazione di Stretto di Messina Spa nel 2017 concludeva la propria Relazione rilevando come: «La rapida chiusura della società si impone come necessaria anche per l'estinzione del contenzioso avanzato dalla società nei confronti delle amministrazioni statali, contrario ai principi di proporzionalità, razionalità e buon andamento dell'agire amministrativo e per porre fine ai gravosi oneri finanziari per il mantenimento della struttura, considerata l'assenza di attività, se non quella di resistenza in giudizio, affidata, peraltro, ad avvocati esterni»;

    ciò appare ancora più evidente ora che, nonostante il contenzioso ancora in essere, con l'approvazione da parte del CdA della Società Stretto di Messina S.PA. del progetto definitivo, come aggiornato dalla Relazione del progettista, si è riconosciuto al Consorzio Eurolink un notevolissimo potere contrattuale nell'ambito della definizione del contenzioso pregresso, a maggior ragione se fondamentali attività tecnico-progettuali particolarmente rilevanti vengono rimandate al successivo livello di progettazione esecutiva, che per effetto della norma introdotta dal decreto in esame, potrà avvenire anche per fasi costruttive;

    permangono poi tutte le fortissime criticità ambientali che l'opera produce sul delicato insieme degli ecosistemi presenti nell'area dello Stretto di Messina, ricompresa in due importantissime Zone di Protezione Speciale – ZPS (sul lato calabrese la ZPS della Costa Viola e su quello siciliano dalla ZPS dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenna a Mare e area marina dello Stretto) e da un sistema di ben 11 ZSC (Zone Speciali di Conservazione), ai sensi della Direttiva 92/43/CEE «Habitat», che tutelano un ambiente unico che va dalla fragile costa calabrese, alla importante zona umida della Laguna di Capo Peloro, al prezioso ecosistema botanico dei Monti Peloritani;

    a conferma della complessità e della fragilità del quadro ambientale, il 15 aprile scorso la Commissione Tecnica VIA e VAS del MASE, a seguito delle attività di analisi e valutazione della documentazione tecnica pervenuta ai fini dell'aggiornamento e completamento, della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), integrata con la procedura di Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) relativamente al progetto definitivo del Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, visto il contributo tecnico pre-istruttorio fornito da ISPRA, nonché le osservazioni presentate dai diversi soggetti interessati, pubblicate ed esaminate, ha formulato e indirizzato alla proponente Stretto di Messina richiesta, nei termini di legge, di 239 integrazioni documentali e istruttorie ai fini della prosecuzione della procedura di valutazione;

    la parte marina dello Stretto di Messina è un unicum nel Mediterraneo, con caratteristiche peculiari dal punto di vista oceanografico e delle biocenosi dei fondali, testimoniata dal passaggio dei cetacei, dalle migrazioni del tonno rosso e dei pesce spada, dalle specie abissali oltre che dalle ampie praterie di Posidonia oceanica;

    per tutto quanto richiamato, lo Stretto di Messina risulta un importantissimo luogo dove si rileva una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo e non è un caso che la Commissione europea abbia aperto la procedura d'infrazione 2003/4090, per le cui criticità la procedura di VIncA relativa al Progetto definitivo del 2010 avrebbe avuto esito negativo da parte dell'allora Ministero dell'ambiente;

    l'articolo 117 della Costituzione così come modificato dall'articolo 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, pone in rilievo i rapporti dello Stato con altri ordinamenti come quello comunitario, costituzionalizza il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali ponendo senz'altro la questione dell'illegittimità di provvedimenti legislativi statali in contrasto con i principi e le norme sovranazionali: illegittimità che espone lo Stato, nello specifico caso di violazione degli obblighi europei, a procedure d'infrazione;

    la legge costituzionale 22 febbraio 2022, n. 1, ha inserito al novellato articolo 9 della Costituzione un esplicito riferimento alla tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, la cui protezione rientra ora tra i principi fondamentali del nostro ordinamento;

    tale tutela viene assicurata «anche nell'interesse delle future generazioni». Le scelte pubbliche, politiche ed economiche devono, dunque, essere ispirate a un principio di solidarietà e responsabilità intergenerazionale applicabile anche in mancanza di normative specifiche, un diritto fondamentale, che non può essere oggetto di interventi arbitrari da parte delle istituzioni;

    la regolazione del settore da parte delle leggi deve poter essere adottata, controllata e interpretata attraverso indicazioni univoche del testo costituzionale, al fine di assicurare la più alta tutela possibile, a tutti i livelli, dei principi fondamentali dell'ordinamento;

    relativamente all'articolo 4, la disposizione inserisce un'ulteriore deroga al quadro normativo vigente in materia di conferimento di incarichi dirigenziali per l'Autorità della Laguna di Venezia, che integra una possibile violazione del combinato disposto dei commi 1 e 4 dell'articolo 97 della Costituzione e del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»;

    alla luce del quadro complessivo fin qui esposto appare evidente la totale incompatibilità del decreto in esame con gli articoli 9, 41, 77, 97 e 117 della Costituzione,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1937.
N. 3. Bonelli, Zanella, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.

DISEGNO DI LEGGE: S. 808 – MODIFICHE AL CODICE PENALE, AL CODICE DI PROCEDURA PENALE, ALL'ORDINAMENTO GIUDIZIARIO E AL CODICE DELL'ORDINAMENTO MILITARE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1718)

A.C. 1718 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Modifiche al codice di procedura penale)

  1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 103, dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:

   «6-bis. È parimenti vietata l'acquisizione di ogni forma di comunicazione, anche diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l'imputato e il proprio difensore, salvo che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.
   6-ter. L'autorità giudiziaria o gli organi ausiliari delegati interrompono immediatamente le operazioni di intercettazione quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientra tra quelle vietate»;

   b) all'articolo 114, comma 2-bis, le parole: «non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454» sono sostituite dalle seguenti: «se non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento»;

   c) all'articolo 116, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non può comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che la richiesta sia motivata dall'esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato»;

   d) all'articolo 268:

    1) al comma 2-bis, dopo le parole: «degli interlocutori,» sono inserite le seguenti: «nonché quelle che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti»;

    2) al comma 6, dopo le parole: «dati personali» sono inserite le seguenti: «o soggetti diversi dalle parti»;

   e) all'articolo 291:

    1) al comma 1-ter, dopo le parole: «conversazioni intercettate» sono aggiunte le seguenti: «, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione»;

    2) dopo il comma 1-ter sono inseriti i seguenti:

   «1-quater. Fermo il disposto dell'articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, comma 1, lettera c), in relazione ad uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), o all'articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale.
   1-quinquies. Nel caso di cui all'articolo 328, comma 1-quinquies, all'interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato.
   1-sexies. L'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio è comunicato al pubblico ministero e notificato alla persona sottoposta alle indagini preliminari e al suo difensore almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni d'urgenza, il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire. Il giudice provvede comunque sulla richiesta del pubblico ministero quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non compare senza addurre un legittimo impedimento, oppure quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non è stata rintracciata e il giudice ritiene le ricerche esaurienti, anche con riferimento ai luoghi di cui all'articolo 159, comma 1.
   1-septies. L'invito contiene:

   a) le generalità o altre indicazioni personali che valgono a identificare la persona sottoposta alle indagini;

   b) il giorno, l'ora e il luogo della presentazione, nonché l'autorità davanti alla quale la persona deve presentarsi;

   c) la descrizione sommaria del fatto, comprensiva di data e luogo di commissione del reato;

   d) l'avviso della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge; del diritto di ottenere informazioni in merito all'accusa; del diritto all'interprete e alla traduzione di atti fondamentali; del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere; del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari; della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

   1-octies. L'invito di cui al comma 1-sexies contiene altresì l'avviso di deposito nella cancelleria del giudice della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti presentati ai sensi del comma 1, nonché della facoltà di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti depositati, ivi compresi i verbali delle comunicazioni e delle conversazioni intercettate, con diritto alla trasposizione delle relative registrazioni su supporto idoneo alla riproduzione dei dati.
   1-novies. L'interrogatorio di cui al comma 1-quater deve essere documentato integralmente, a pena di inutilizzabilità, secondo le modalità di cui all'articolo 141-bis»;

   f) all'articolo 292:

    1) al comma 2-ter, dopo le parole: «articolo 327-bis» sono aggiunte le seguenti: «e, nel caso di cui all'articolo 291, comma 1-quater, una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell'interrogatorio»;

    2) al comma 2-quater, dopo le parole: «brani essenziali» sono aggiunte le seguenti: «, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione degli elementi rilevanti»;

    3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

   «3-bis. L'ordinanza è nulla se non è preceduta dall'interrogatorio nei casi previsti dall'articolo 291, comma 1-quater, nonché quando l'interrogatorio è nullo per violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies del medesimo articolo»;

   g) all'articolo 294:

    1) al comma 1, dopo le parole: «ha proceduto» sono inserite le seguenti: «ai sensi dell'articolo 291, comma 1-quater, oppure»;

    2) al comma 4-bis, dopo la parola: «disposta» sono inserite le seguenti: «dal collegio di cui all'articolo 328, comma 1-quinquies,»;

   h) all'articolo 299, comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In questo caso, se ritiene che l'aggravamento debba comportare l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, il giudice per le indagini preliminari rimette la decisione al collegio di cui all'articolo 328, comma 1-quinquies»;

   i) all'articolo 309, comma 5, dopo le parole: «alle indagini» sono aggiunte le seguenti: «e, in ogni caso, le dichiarazioni rese dalla persona sottoposta alle indagini ai sensi dell'articolo 291, comma 1-quater»;

   l) all'articolo 313, comma 1, dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente: «Il giudice per le indagini preliminari procede nella composizione collegiale di cui all'articolo 328, comma 1-quinquies, quando deve essere applicata una misura di sicurezza detentiva»;

   m) all'articolo 328, dopo il comma 1-quater è aggiunto il seguente:

   «1-quinquies. Il giudice per le indagini preliminari decide in composizione collegiale l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere»;

   n) all'articolo 369:

    1) al comma 1, la parola: «Solo» è sostituita dalle seguenti: «A tutela del diritto di difesa,», le parole: «con indicazione» sono sostituite dalle seguenti: «contenente la descrizione sommaria del fatto, l'indicazione» e le parole: «con invito» sono sostituite dalle seguenti: «l'invito»;

    2) dopo il comma 1-ter sono aggiunti i seguenti:

   «1-quater. La notificazione, in deroga al disposto dell'articolo 148, comma 6, secondo periodo, può essere eseguita dalla polizia giudiziaria in presenza di situazioni di urgenza che non consentono il ricorso alle modalità ordinarie. In questi casi, fermo il rispetto dell'articolo 148, comma 8, secondo periodo, la consegna deve essere effettuata in modo tale da garantire la riservatezza del destinatario.
   1-quinquies. All'informazione di garanzia si applica l'articolo 114, comma 2»;

   o) all'articolo 581, il comma 1-ter è abrogato e, al comma 1-quater, dopo le parole: «del difensore» sono inserite le seguenti: «di ufficio»;

   p) all'articolo 593, comma 2, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Il pubblico ministero non può appellare contro le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2».

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 2.
(Modifiche al codice di procedura penale)

  Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: , salvo il caso in cui ricorra un rilevante interesse pubblico.
*2.9. Dori.

  Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: , salvo il caso in cui ricorra un rilevante interesse pubblico.
*2.10. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).
2.11. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:

   c) all'articolo 116, il comma 1 è sostituito dal seguente: «Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio di copie, estratti o certificati di singoli atti. Le spese sono a carico dello Stato e, in caso di condanna, sono rimborsate dal condannato. Non può comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che la richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato»;
2.101. Bonifazi, Faraone, Gadda, De Monte, Marattin.

  Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:

   c) all'articolo 116, comma 1:

    1) dopo le parole: «può ottenere» sono inserite le seguenti «, con richiesta motivata,»;

    2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Fermo restando il divieto di cui al comma 3, il rilascio può essere disposto anche quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori e riguardi intercettazioni dai contenuti che palesemente rivestono carattere di pubblico interesse».
2.12. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:

   c) all'articolo 116, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Fermo restando il divieto di cui al comma 3, il rilascio può essere disposto anche quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori e riguardi intercettazioni dai contenuti che palesemente rivestono carattere di pubblico interesse».
2.13. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: e salvo il caso in cui ricorra un rilevante interesse pubblico.
*2.14. Dori.

  Al comma 1, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: e salvo il caso in cui ricorra un rilevante interesse pubblico.
*2.15. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, sopprimere la lettera d).
**2.16. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere la lettera d).
**2.17. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:

   d-bis) All'articolo 270 il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza, nonché per l'accertamento di delitti in procedimenti collegati, ai sensi dell'articolo 371, secondo comma, a quelli per i quali sono state originariamente disposte, sempreché rispettino i limiti di ammissibilità di cui all'articolo 266.».
2.18. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:

   d-bis) All'articolo 270 il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza, nonché per l'accertamento di delitti in procedimenti connessi, ai sensi dell'articolo 12, sempreché rispettino i limiti di ammissibilità di cui all'articolo 266.».
2.19. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere la lettera e).

  Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, sopprimere le parole: e), numero 2), limitatamente al capoverso 1-quinquies,
2.20. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 1).
2.21. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 2).

  Conseguentemente:

   al medesimo comma:

    sopprimere la lettera f),

    sopprimere la lettera g), numero 1)

    sopprimere la lettera i)

   all'articolo 9, comma 1, sopprimere le parole: e), numero 2), limitatamente al capoverso 1-quinquies,
2.22. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, lettera e), sopprimere il numero 2).

  Conseguentemente:

   al medesimo comma:

    sopprimere la lettera f), numero 1);

    sopprimere la lettera g), numero 1);

    sopprimere la lettera i);

   all'articolo 9, comma 1, sopprimere le parole: e), numero 2), limitatamente al capoverso 1-quinquies,.
2.23. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, lettera e), numero 2) , capoverso 1-quater, sopprimere le parole da: , comma 1, lettere a) e b) fino alla fine del capoverso.
2.24. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, lettera e), numero 2), capoverso 1-quater, dopo le parole: all'articolo 362, comma 1-ter, aggiungere le seguenti: o agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis del codice penale.
2.25. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, lettera e), numero 2), capoverso 1-quater, sostituire le parole: a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale con le seguenti: a delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni.
2.26. Giuliano, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho.

  Al comma 1, lettera e), numero 2), capoverso 1-quater, aggiungere, in fine, le parole: e nei casi in cui si proceda per un delitto connesso agli stessi ai sensi dell'articolo 12.
2.27. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, lettera e), numero 2), capoverso 1-quater, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'interrogatorio è sempre escluso nei casi in cui si proceda per uno dei delitti di cui all'articolo 270-bis, 648-bis, ovvero aggravati dalla circostanza di cui all'articolo 270-bis.1, primo comma o per uno dei delitti aggravati dalla circostanza di cui all'articolo 416-bis.1 primo comma del codice penale.
2.28. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, lettera e), numero 2), capoverso 1-sexies, primo periodo, sostituire le parole: almeno cinque giorni con le seguenti: da due a cinque giorni.
2.29. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, sopprimere la lettera f).
2.30. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere la lettera g).

  Conseguentemente, all'articolo 9, sopprimere le parole: g) , numero 2),.
2.31. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).

  Conseguentemente:

   al medesimo comma 1, sopprimere le lettere h), l) e m);

   all'articolo 9, comma 1, sopprimere le parole: g) , numero 2), h), l) e m),.
*2.32. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, lettera g), sopprimere il numero 2).

  Conseguentemente:

   al medesimo comma 1, sopprimere le lettere h), l) e m);

   all'articolo 9, comma 1, sopprimere le parole: g) , numero 2), h), l) e m),.
*2.36. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere la lettera h).

  Conseguentemente all'articolo 9, comma 1, sopprimere la parola: h),.
2.33. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere la lettera i).
2.34. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere la lettera l).

  Conseguentemente all'articolo 9, comma 1, sopprimere la parola: l),.
2.35. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Al comma 1, sopprimere la lettera p).
2.41. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:

   q) all'articolo 597, il comma 3 è abrogato;

  Conseguentemente, dopo l'articolo 9, aggiungere, in fine, il seguente:

Art. 10.
(Disposizioni transitorie)

  1. All'articolo 597 del codice di procedura penale, il comma 3, abrogato ai sensi dell'articolo 2, lettera q), continua ad applicarsi, in via transitoria, a tutti i procedimenti per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata già esercitata l'azione penale.
2.44. D'Orso, Ascari, Giuliano.

  Al comma 1, lettera p), sopprimere le parole: per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2.
2.104. Bonifazi, Faraone, Gadda, De Monte, Marattin.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:

   q) all'articolo 599-bis, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

   «1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma, 600-quater.1 relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.».
2.42. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

A.C. 1718 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale)

  1. All'articolo 89-bis, comma 2, primo periodo, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o, comunque, dati personali relativi a soggetti diversi dalle parti».

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 3.
(Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale)

  Sopprimerlo.
3.1. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354)

  1. All'articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) dopo le parole: «collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge» sono inserite le seguenti: «o a norma dell'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale»;

   b) dopo le parole: «mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis,».

  2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai condannati per fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della presente legge. I permessi di cui all'articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 possono essere concessi ai condannati che prima dell'entrata in vigore della presente legge abbiano già raggiunto, in concreto, un grado di rieducazione adeguato alla concessione del beneficio stesso.
3.01. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354)

  1. All'articolo 4-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, comma 1-bis.2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le medesime disposizioni si applicano anche per il delitto di cui all'articolo 416 del codice penale finalizzato alla commissione dei delitti indicati dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis del codice penale».
  2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai condannati per fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della presente legge. I permessi di cui all'articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 possono essere concessi ai condannati che prima dell'entrata in vigore della presente legge abbiano già raggiunto, in concreto, un grado di rieducazione adeguato alla concessione del beneficio stesso.
3.02. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

A.C. 1718 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Modifiche all'ordinamento giudiziario)

  1. All'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 7-bis:

    1) al comma 3-bis, dopo le parole: «capi degli uffici» sono aggiunte le seguenti: «, assegnati al singolo ufficio giudiziario incluso nella medesima tabella infradistrettuale»;

    2) al comma 3-quater, lettera c), dopo le parole: «dei magistrati» sono aggiunte le seguenti: «, con particolare riferimento alla competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari»;

   b) all'articolo 7-ter, comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «dell'udienza preliminare» sono aggiunte le seguenti: «e prevede, in ogni caso, la costituzione di un collegio per i provvedimenti di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, anche nell'ambito delle tabelle infradistrettuali di cui all'articolo 7-bis, comma 3-bis».

PROPOSTA EMENDATIVA

ART. 4.
(Modifiche all'ordinamento giudiziario)

  Sopprimerlo.

  Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, sopprimere le parole: , e di cui all'articolo 4.
4.1. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

A.C. 1718 – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria)

  1. A decorrere dal 1° luglio 2025 il ruolo organico della magistratura ordinaria è aumentato di duecentocinquanta unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado. Conseguentemente la tabella B allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71, è sostituita dalla tabella B di cui all'allegato 1 alla presente legge.
  2. Il Ministero della giustizia è autorizzato a bandire nel corso dell'anno 2024, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, le procedure concorsuali di reclutamento finalizzate all'assunzione, nell'anno 2025, delle unità di personale di magistratura di cui al comma 1. Per la gestione delle predette procedure concorsuali è autorizzata la spesa di euro 1.291.000 per l'anno 2024.
  3. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di euro 9.981.853 per l'anno 2025, euro 20.299.158 per l'anno 2026, euro 24.893.578 per l'anno 2027, euro 24.893.578 per l'anno 2028, euro 29.070.178 per l'anno 2029, euro 32.327.551 per l'anno 2030, euro 32.354.564 per l'anno 2031, euro 33.514.488 per l'anno 2032, euro 33.611.149 per l'anno 2033 ed euro 34.771.074 annui a decorrere dall'anno 2034.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 5.
(Aumento del ruolo organico del personale della magistratura ordinaria)

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 5.
(Aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria)

  1. A decorrere dal 1° luglio 2025 il ruolo organico della magistratura ordinaria è aumentato di cinquecento unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado.

  Conseguentemente la tabella B allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71, è sostituita dalla tabella B di cui all'allegato 1 alla presente legge.

  2. Il Ministero della giustizia è autorizzato a bandire nel corso dell'anno 2024, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, le procedure concorsuali di reclutamento finalizzate all'assunzione, nell'anno 2025, delle unità di personale di magistratura di cui al comma 1. Per la gestione delle predette procedure concorsuali è autorizzata la spesa di euro 2.582.000 per l'anno 2024.
  3. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, è autorizzata la spesa di euro 19.963.706 per l'anno 2025, euro 40.598.316 per l'anno 2026, euro 49.787.156 per l'anno 2027, euro 49.787.156 per l'anno 2028, euro 58.140.356 per l'anno 2029, euro 64.655.102 per l'anno 2030, euro 64.709.128 per l'anno 2031, euro 67.028.976 per l'anno 2032, euro 67.222.298 per l'anno 2033 e ad euro 69.542.148 annui a decorrere dall'anno 2034.

Allegato 1
(articolo 67-bis, comma 1)

«Tabella B
(prevista dall'articolo 1 comma 2)

RUOLO ORGANICO
DELLA MAGISTRATURA ORDINARIA

  A. Magistrato con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità: primo presidente della Corte di cassazione

1

  B. Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità: procuratore generale presso la Corte di cassazione

1

  C. Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità:

  Presidente aggiunto della Corte di cassazione

1

  Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione

1

  Presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche

1

  D. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti direttive di legittimità

65

  E. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità nonché magistrati destinati all'esercizio delle funzioni di procuratori europei delegati innanzi alla Corte di cassazione

442

  F. Magistrato con funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale: procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo

1

  G. Magistrati con funzioni direttive di merito di secondo grado, giudicanti e requirenti

52

  H. Magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado elevate, giudicanti e requirenti

53

  I. Magistrati con funzioni direttive di merito giudicanti e requirenti di primo grado

314

  L. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado, nonché magistrati destinati alle funzioni di procuratori europei delegati

10.221

  M. Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie

200

  N. Magistrati ordinari in tirocinio

(numero pari a quello dei posti vacanti nell'organico)

TOTALE

11.353

»
5.1. Giuliano, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho.

  Al comma 1 sostituire la parola: duecentocinquanta con la seguente: cinquecento.
5.2. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Rifinanziamento Fondo di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197)

  1. Il Fondo di cui all'articolo 1, comma 856, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, è rifinanziato di euro 2 milioni per gli anni 2024 e 2025, destinando specificatamente tali risorse all'assistenza ai detenuti, agli internati e alle persone sottoposte a misure alternative alla detenzione o soggette a sanzioni di comunità e alle loro famiglie, contenenti, in particolare, iniziative educative, culturali e ricreative. Ai maggiori oneri, pari a euro 2 milioni per gli anni 2024 e 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.01. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Procedure concorsuali per funzionario giuridico-pedagogico e di funzionario mediatore culturale)

  1. Al fine di rafforzare l'offerta trattamentale nell'ambito degli istituti penitenziari, il Ministero della giustizia è autorizzato a bandire, nell'anno 2024, procedure concorsuali pubbliche per l'assunzione, con contratto di lavoro a tempo indeterminato e nei limiti della vigente dotazione organica, di 100 unità di personale da destinare al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, da inquadrare nell'Area dei funzionari, posizione di funzionario giuridico-pedagogico e di funzionario mediatore culturale. Le predette assunzioni sono autorizzate in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali dell'amministrazione penitenziaria. Per far fronte agli oneri assunzionali di cui al presente comma è autorizzata la spesa di euro 2.193.981 per l'anno 2024 e di euro 4.387.962 annui a decorrere dall'anno 2025. Per lo svolgimento delle relative procedure concorsuali è autorizzata la spesa di euro 100.000 per l'anno 2024. Ai maggiori oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.02. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Aumento della dotazione organica del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità)

  1. Al fine di garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva, e per garantire la piena operatività degli uffici territoriali del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, la dotazione organica del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità è aumentata di 1000 unità di personale del comparto funzioni centrali, di cui 600 unità dell'Area III, posizione economica F1 e 80 unità dell'Area II, posizione economica F2. In attuazione di quanto disposto al comma 1, il Ministero della giustizia è autorizzato a bandire nell'anno 2024, in deroga a quanto previsto dall'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le procedure concorsuali finalizzate all'assunzione, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, anche tramite scorrimento delle graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.03. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra, Dori.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Assunzione di personale per gli uffici territoriali del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, destinate ai ruoli di funzionario della professionalità pedagogica e di funzionario della professionalità di servizio sociale)

  1. Al fine di potenziare gli organici dei servizi minorili della giustizia e di rafforzare l'offerta trattamentale legata alla esecuzione penale esterna ed alle misure e sanzioni di comunità, anche in relazione alle necessità venutesi a creare in ragione delle disposizioni previste dal decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, il Ministero della giustizia è autorizzato a bandire, nell'anno 2024, procedure concorsuali pubbliche per l'assunzione straordinaria, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di 500 unità di personale per gli uffici territoriali del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, destinate ai ruoli di funzionario della professionalità pedagogica e di funzionario della professionalità di servizio sociale, da inquadrare nell'area terza, posizione economica F1. Le assunzioni di cui al presente comma sono autorizzate in deroga ai vigenti limiti sulle facoltà assunzionali.
  2. Alle assunzioni di cui al comma 1 si provvede anche mediante scorrimento delle graduatorie.
  3. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024.
  4. Per l'espletamento delle relative procedure concorsuali è autorizzata la spesa di euro 500.000 euro per l'anno 2024.
  5. Ai maggiori oneri derivanti dal presente articolo, pari a euro 50,5 milioni di euro per l'anno 2024 e 50 milioni a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.04. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Disposizioni in materia di manutenzione delle strutture residenziali disponibili all'accoglienza di minorenni e giovani adulti)

  1. È autorizzata l'ulteriore spesa di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 in favore del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità al fine di provvedere alla manutenzione delle strutture residenziali disponibili all'accoglienza di minorenni e giovani adulti di età inferiore ai 25 anni, sottoposti a provvedimento penale dell'Autorità giudiziaria minorile.
  2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.021. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5 aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Aumento dotazione organica dirigenti di istituti penitenziari)

  1. Al fine di assicurare il funzionamento omogeneo degli istituti penitenziari sull'intero territorio nazionale e di far sì che ogni istituto abbia garantito il proprio dirigente in via esclusiva, anche al fine di prevenire, nel contesto carcerario, fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale dei detenuti, il Ministero della giustizia – Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, per il triennio 2024-2026, è autorizzato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e in deroga alla vigente dotazione organica, ad assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato 60 dirigenti di istituto penitenziario, di livello dirigenziale non generale.
  2. Ai maggiori oneri di cui al comma 1, pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.05. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Implementazione istituti di custodia attenuata per detenute madri)

  1. Al fine di realizzare in modo capillare sull'intero territorio nazionale ulteriori istituti a custodia attenuata per detenute madri e dare completa attuazione alle disposizioni di cui alla legge 21 aprile 2011, n. 62, recante: «modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori», è autorizzato uno stanziamento di 58,5 milioni di euro per l'anno 2024. Ai maggiori oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.06. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Disposizioni per il personale del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità)

  1. Al fine di garantire la piena operatività degli uffici territoriali del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, in ragione del probabile aumento della popolazione carceraria dovuto alle disposizioni previste dal decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, la dotazione organica del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità è aumentata di 300 unità di personale del comparto funzioni centrali, di cui 250 unità dell'Area III, posizione economica F1 e 50 unità dell'Area II, posizione economica F2. In attuazione di quanto disposto dal presente comma, il Ministero della giustizia è autorizzato a bandire nell'anno 2024, in deroga a quanto previsto dall'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le procedure concorsuali finalizzate all'assunzione, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, anche tramite scorrimento delle graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. Al comma 1 dell'articolo 13 del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, le parole: «triennio 2017-2019» sono sostituite dalle seguenti: «triennio 2024-2026» e le parole: «296 unità» sono sostituite dalle seguenti: «850 unità».
  3. Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata una spesa di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024.
  4. Ai maggiori oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.07. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Potenziamento organico dei funzionari della professionalità giuridico pedagogica, di servizio sociale e mediatore culturale)

  1. Al fine di potenziare e rideterminazione gli organici dei funzionari della professionalità giuridico pedagogica, di servizio sociale e mediatore culturale, all'articolo 13 del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, al comma 1 le parole «triennio 2017-2019» sono sostituite con le seguenti: «triennio 2024-2026» e le parole: «296 unità» sono sostituite dalle seguenti: «500 unità».
  2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.019. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Disposizioni in materia di ufficio del processo)

  1. Al fine di supportare l'azione di abbattimento dell'arretrato civile e delle pendenze civili e penali, la celere definizione dei procedimenti giudiziari, nonché in ausilio delle ulteriori linee di progetto in materia di digitalizzazione e di edilizia giudiziaria, anche al fine di continuare a supportare le linee di progetto ricomprese nel PNRR assicurando la piena operatività delle strutture organizzative denominate «Ufficio per il processo», costituite ai sensi dell'articolo 16-octies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, il personale reclutato con il profilo di addetto all'Ufficio per il Processo – da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia tramite concorso pubblico – al termine del contratto di lavoro di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, può accedere ad un contratto a tempo indeterminato presso l'amministrazione assegnataria previo colloquio selettivo e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica nell'ambito del Piano triennale dei fabbisogni dell'amministrazione giudiziaria, in deroga a quanto previsto dall'articolo 20, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, nonché in deroga ai limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente in materia di turn over, alle previsioni di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e alle previsioni di cui all'articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
  2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.09. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Incremento Fondo per le casefamiglia protette)

  1. Al fine di contribuire alla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori nonché al fine di incrementare l'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia, il Fondo di cui all'articolo 1, comma 322, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è incrementato di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.
  2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.010. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra, Casu.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Rifinanziamento del Fondo relativo all'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia protette)

  1. Al fine di contribuire all'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia protette ai sensi dell'articolo 4 della legge 21 aprile 2011, n. 62, e in case-alloggio per l'accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino, la dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 322, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è incrementata di 5 milioni di euro per l'anno 2024.
  2. Ai maggiori oneri derivanti dal presente articolo, pari a euro 5 milioni di euro per l'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.011. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Nuove residenze R.E.M.S)

  1. È autorizzata la spesa per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 di ulteriori 20 milioni di euro, al fine di realizzare nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui al decreto-legge 31 marzo 2014. n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81.
  2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
*5.012. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Nuove residenze R.E.M.S)

  1. È autorizzata la spesa per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 di ulteriori 20 milioni di euro, al fine di realizzare nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui al decreto-legge 31 marzo 2014. n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81.
  2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
*5.013. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Trattamento accessorio per il personale in servizio presso le R.E.M.S)

  1. Al personale medico specialistico e al personale sanitario che fornisce un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, che svolge compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale, attraverso i competenti dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, presso gli istituti penitenziari per adulti e nelle strutture minorili, presso le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui alla legge 30 maggio 2014, n. 81, e presso gli Uffici di esecuzione penale esterna, è riconosciuto un ulteriore trattamento accessorio della retribuzione a titolo di indennità correlato e proporzionato alle particolari condizioni di lavoro.
  2. Il Ministero della salute di concerto con la Conferenza Stato regioni e province autonome di Trento e Bolzano, con proprio decreto entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto definisce le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.
  3. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 15 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.014. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Norme per il personale medico specialistico e il personale sanitario che fornisce un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, svolge compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale)

  1. Al personale medico specialistico e al personale sanitario che fornisce un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, svolge compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale, attraverso i competenti dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, presso gli istituti penitenziari per adulti e nelle strutture minorili, presso le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui alla legge 30 maggio 2014, n. 81, e presso gli Uffici di esecuzione penale esterna, è riconosciuto un ulteriore trattamento accessorio della retribuzione, pari ad euro 250, a titolo di indennità correlato e proporzionato alle particolari condizioni di lavoro.
  2. Il Ministero della salute, previa acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Stato, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, con proprio decreto, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto definisce le modalità di attuazione di cui al comma 1.
  3. Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata una spesa di 300 mila euro a decorrere dall'anno 2024.
5.015. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Incremento risorse per gli uffici e le strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova)

  1. Al fine di garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026. 2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
*5.016. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Incremento risorse per gli uffici e le strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova)

  1. Al fine di garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026. 2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
*5.017. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Fondo per interventi straordinari sulle carceri)

  1. Anche fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva, è istituito, presso il Ministero della Giustizia, un Fondo, con una dotazione pari a 90 milioni di euro per l'anno 2024 e a 100 milioni di euro per gli anni 2025 e 2026, per interventi straordinari sulle carceri e per l'architettura penitenziaria, destinato al finanziamento di progetti volti a:

   a) definire e proporre modelli di architettura penitenziaria coerenti con l'idea di rieducazione anche tramite forme di collaborazione e di confronto dell'Amministrazione Penitenziaria con Università, Fondazioni e Istituti di ricerca, Ordini professionali, Enti locali, Associazioni, esperti, finalizzato al raggiungimento di una dignità architettonica degli spazi dell'esecuzione penale, tramite anche il coinvolgimento delle competenze tecniche interne alla stessa Amministrazione;

   b) elaborare interventi puntuali di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture esistenti nonché di riorganizzazione degli spazi degli istituti carcerari anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interni e la formazione professionale dei detenuti in funzione di una loro partecipazione diretta ai lavori di manutenzione ordinari;

   c) elaborare criteri per la progettazione e per la ristrutturazione degli istituti volti a definire impianti compositivi e funzionali in grado di qualificare le unità residenziali e gli spazi per lavoro, studio, socializzazione, colloqui ed espressione degli affetti e delle diverse fedi religiose, in rapporto all'attuazione di percorsi di responsabilizzazione, autonomia e partecipazione dei detenuti e prevenzione della radicalizzazione e attuazione della funzione rieducativa della pena ex articolo 27 della Costituzione;

   d) studiare e proporre soluzioni operative per adeguare gli spazi detentivi, aumentarne la vivibilità e la qualità, rendendoli realmente funzionali al percorso di riabilitazione dei detenuti nonché ad orientare le scelte in materia di edilizia penitenziaria;

   e) potenziamento delle strutture a sostegno dell'esecuzione penale esterna, ridefinizione progettuale delle colonie penali, degli istituti a sicurezza attenuata, delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, delle strutture di detenzione femminile e delle strutture e comunità per detenute madri;

   f) valutare, nell'ambito della dismissione carceraria di istituti detentivi, di ipotesi di riuso finalizzate ad una visione innovativa della esecuzione penale;

   g) prevedere forme di reclutamento di personale caratterizzato da professionalità formate per le finalità di cui al presente articolo.

  2. Ai maggiori oneri di cui al presente articolo pari a 90 milioni di euro per l'anno 2024 e 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2025, si provvede a valere sui risparmi di spesa e le maggiori entrate derivanti dalla rimodulazione e dall'eliminazione dei sussidi dannosi per l'ambiente (SAD) di cui all'articolo 68, della legge 28 dicembre 2015, n. 221. Entro il 30 marzo 2024, il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero delle imprese e del made in Italy, individua i sussidi di cui all'articolo 68, della legge 28 dicembre 2015, n. 221, oggetto di rimodulazione ed eliminazione al fine di conseguire risparmi di spesa o maggiori entrate pari a 90 milioni di euro per l'anno 2024 e 100 milioni di euro ciascuno degli anni 2025 e 2026.
5.018. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Fondo per la realizzazione di case territoriali di reinserimento sociale)

  1. Al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di positivo reinserimento sociale e riduzione della recidiva, è istituito, presso il Ministero della giustizia, un Fondo, con una dotazione pari a 40 milioni per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 per la realizzazione di case territoriali di reinserimento sociale, di capienza compresa tra cinque e quindici persone, destinate ad accogliere i soggetti che debbono espiare una pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché i detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno e i condannati ammessi al regime di semilibertà, di cui agli articoli 21 e 50 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
  2. Ai maggiori oneri del presente articolo, pari a 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.020. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:

Art. 5-bis.
(Interventi di costruzione e miglioramento di padiglioni e spazi per strutture penitenziarie per minorenni)

  1. Al fine di incrementare e assicurare un migliore funzionamento delle strutture penitenziarie per minorenni, e per finanziarie gli interventi di costruzione, miglioramento di padiglioni e spazi per strutture penitenziarie per minorenni, anche quelli facenti parte degli interventi complementari al PNRR nell'ambito degli investimenti, per il Ministero della giustizia, Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, è autorizzata la spesa di euro 40 milioni a decorrere dall'anno 2024.
  2. Ai maggiori oneri di cui al presente articolo pari a 40 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5.022. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Zan, Lacarra.

  Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 5-bis.
(Ulteriori misure per l'organico del personale di magistratura ordinaria)

   1. A decorrere dall'anno 2025, nell'ambito delle procedure concorsuali di reclutamento finalizzate all'assunzione delle unità di personale di magistratura ordinaria, per i magistrati amministrativi e contabili, i procuratori dello Stato, i professori universitari in materia giuridiche e gli avvocati con almeno venti anni di esercizio è prevista una prova scritta, a scelta del candidato, in materia di diritto penale, diritto civile o diritto amministrativo e un prova orale.
   2. Ai magistrati entrati in servizio ai sensi del comma 1 sono assegnati affari esclusivamente dell'ambito della materia oggetto della prova scritta.».
5.0100. Bonifazi, Faraone, Gadda, De Monte, Marattin.

A.C. 1718 – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.
(Norma di interpretazione autentica dell'articolo 9 della legge 10 aprile 1951, n. 287)

  1. La lettera c) dell'articolo 9 della legge 10 aprile 1951, n. 287, si interpreta nel senso che il requisito dell'età non superiore ai 65 anni deve essere riferito esclusivamente al momento in cui il giudice popolare viene chiamato a prestare servizio nel collegio ai sensi dell'articolo 25 della medesima legge.

A.C. 1718 – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Modifica al codice dell'ordinamento
militare)

  1. All'articolo 1051, comma 2, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

   «a) nei cui confronti sia stata emessa, per delitto non colposo, sentenza di condanna in primo grado ovvero sentenza di applicazione della pena su richiesta o decreto penale di condanna esecutivo, anche qualora la pena sia condizionalmente sospesa».

PROPOSTA EMENDATIVA

ART. 7.
(Modifica al codice dell'ordinamento militare)

  Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:

Art. 7-bis.
(Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106)

  1. Al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 1:

    1) il comma 1 è abrogato;

    2) al comma 2, le parole: «assicura il» sono sostituite con la seguente: «coordina» e, dopo le parole «azione penale», sono inserite le seguenti: «vigila sull'»;

    3) il comma 4 è abrogato;

    4) il comma 5 è sostituito dal seguente: «Il procuratore della Repubblica stabilisce in via generale i criteri di indirizzo ai quali i procuratori aggiunti ed i magistrati dell'ufficio devono attenersi nell'esercizio delle funzioni»;

    5) al comma 6:

   a) alla lettera a), dopo le parole: «dell'ufficio» sono inserite le seguenti: «e di coordinamento tra i magistrati dell'ufficio»;

   b) la lettera b) è sostituita con la seguente:

   «b) i criteri di designazione dei procuratori aggiunti o dei magistrati del suo ufficio al fine dell'attribuzione dei procedimenti, individuando eventualmente settori di affari da attribuire ai procuratori aggiunti o un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell'ufficio»;

   c) alla lettera d), la parola: «assegnazione» è sostituita con la seguente: «attribuzione»;

   b) l'articolo 2 è abrogato;

   c) all'articolo 3:

    1) al comma 1, le parole: «dal magistrato» fino a «comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «o da un magistrato dell'ufficio delegato per l'esercizio di tale funzione»;

    2) al comma 2, le parole: «dell'articolo 1, comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «del comma precedente»;

   d) all'articolo 4, il comma 2 è abrogato;

   e) all'articolo 6, le parole: «poteri di direzione, controllo e organizzazione» sono sostituite con le seguenti: «poteri di coordinamento e organizzazione».
7.01. D'Orso, Ascari, Giuliano.

A.C. 1718 – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 8.
(Disposizioni finanziarie)

  1. Agli oneri di cui all'articolo 5, pari a euro 1.291.000 per l'anno 2024, euro 9.981.853 per l'anno 2025, euro 20.299.158 per l'anno 2026, euro 24.893.578 per l'anno 2027, euro 24.893.578 per l'anno 2028, euro 29.070.178 per l'anno 2029, euro 32.327.551 per l'anno 2030, euro 32.354.564 per l'anno 2031, euro 33.514.488 per l'anno 2032, euro 33.611.149 per l'anno 2033 ed euro 34.771.074 annui a decorrere dall'anno 2034, si provvede:

   a) quanto a euro 1.291.000 per l'anno 2024 e a euro 8.000.000 annui a decorrere dall'anno 2025, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

   b) quanto a euro 1.981.853 per l'anno 2025, euro 12.299.158 per l'anno 2026, euro 16.893.578 per l'anno 2027, euro 16.893.578 per l'anno 2028, euro 21.070.178 per l'anno 2029, euro 24.327.551 per l'anno 2030, euro 24.354.564 per l'anno 2031, euro 25.514.488 per l'anno 2032, euro 25.611.149 per l'anno 2033 ed euro 26.771.074 annui a decorrere dall'anno 2034, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  3. Dall'attuazione della presente legge, ad eccezione delle disposizioni di cui all'articolo 5, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  4. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 1718 – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Decorrenza dell'efficacia di alcune
disposizioni)

  1. Le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e), numero 2), limitatamente al capoverso 1-quinquies, g), numero 2), h), l) e m), e di cui all'articolo 4 si applicano decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Allegato 1
(articolo 5, comma 1)

«Tabella B
(articolo 1, comma 2)

RUOLO ORGANICO
DELLA MAGISTRATURA ORDINARIA

  A. Magistrato con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità: primo presidente della Corte di cassazione

1

  B. Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità: procuratore generale presso la Corte di cassazione

1

  C. Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità:

Presidente aggiunto della Corte di cassazione

1

  Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione

1

  Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche

1

  D. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti direttive di legittimità

65

  E. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità nonché magistrati destinati all'esercizio delle funzioni di procuratori europei delegati innanzi alla Corte di cassazione

442

  F. Magistrato con funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale: procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo

1

  G. Magistrati con funzioni direttive di merito di secondo grado, giudicanti e requirenti

52

  H. Magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado elevate, giudicanti e requirenti

53

  I. Magistrati con funzioni direttive di merito giudicanti e requirenti di primo grado

314

  L. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado, magistrati destinati alle funzioni di procuratori europei delegati, nonché magistrati destinati alle funzioni requirenti di membro nazionale, aggiunto e assistente presso l'Eurojust

9.977

  M. Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie

194

  N. Magistrati ordinari in tirocinio

(numero pari a quello dei posti
vacanti nell'organico)

  TOTALE

11.103

».

A.C. 1718 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,

   premesso che:

    il disegno di legge all'esame dell'Assemblea, all'articolo 1, abroga il delitto di abuso di ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale;

    l'esigenza di garantire gli amministratori locali dalla cosiddetta «paura della firma» poteva essere perseguita attraverso altre soluzioni legislative che avrebbero mantenuto nel nostro ordinamento il delitto di abuso d'ufficio quale presidio di legalità e di tutela dei cittadini di fronte agli abusi della pubblica amministrazione;

    sarebbe stato più coerente intervenire in materia di responsabilità politica e amministrativa degli amministratori locali, modificando l'articolo 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, (TUEL) in materia di competenze del sindaco e del presidente della provincia, ridisegnando la responsabilità politica e amministrativa dei suddetti soggetti;

    sarebbe stato opportuno e necessario, ridefinire il confine tra la responsabilità politica del sindaco e la responsabilità esclusiva in capo ai dirigenti dell'attività amministrativa, modificando il comma 2 dell'articolo 50, comma 2, del TUEL;

    più volte l'ANCI ha sollecitato il Parlamento a ridefinire con chiarezza i compiti del sindaco nel sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti;

    appare opportuna una modifica della disciplina in materia di responsabilità erariale che preveda la stabilizzazione della disposizione introdotta dall'articolo 21, comma 2, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che limita, fino al 30 giugno 2023, al solo dolo la responsabilità erariale,

impegna il Governo:

   ad intervenire in materia di responsabilità politica e amministrativa dei sindaci e dei presidenti delle province, novellando il comma 2 dell'articolo 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

   ad intervenire sulla disciplina in materia di responsabilità erariale prevedendo una limitazione della stessa alla sola condotta dolosa.
9/1718/1. Grimaldi, Dori, Zanella, Bonelli, Borrelli, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'Anac è un'autorità amministrativa indipendente la cui missione istituzionale è individuata nell'azione di prevenzione della corruzione in tutti gli ambiti dell'attività amministrativa che si esplica attraverso la vigilanza su vari fronti: applicazione della normativa anticorruzione e rispetto degli obblighi di trasparenza, conferimento degli incarichi pubblici, conflitti di interesse dei funzionari, affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici. È il soggetto che predispone il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA);

    ciononostante l'Anac, che ha anche numerosi rapporti internazionali, è stata esclusa dal Governo italiano alla decima Conferenza Onu, svoltasi ad Atlanta, in Georgia (USA) dall'11 al 15 dicembre 2023, dei 190 Stati che hanno firmato la convenzione anticorruzione, la CoSP10, il più grande incontro globale sul tema che si tiene ogni due anni;

    l'Anac è da tempo nel mirino della maggioranza per le critiche alla riesumazione della vecchia gara per il Ponte sullo Stretto di Messina, per quelle al nuovo codice degli appalti pubblici e al presente provvedimento che abolisce l'abuso d'ufficio, con rilievi mossi dal Presidente durante l'audizione parlamentare che così affermava: «L'abrogazione non è conforme al progetto di direttiva europea e va in direzione diversa rispetto alle convenzioni del Consiglio d'Europa e dell'Onu»; di più «si creerebbero vuoti in casi di violazione di legge e favoritismi in cui non vi è scambio di denaro: ad esempio l'affidamento diretto, assegnando un lucroso contratto a un amico»;

    l'abrogazione dell'abuso d'ufficio significherebbe prefigurare una ipotetica procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese che, per giunta, sul piano internazionale veicolerebbe un messaggio opposto rispetto a quello del rigore nel contrasto all'illegalità nella pubblica amministrazione;

    l'esistenza di una norma penale a presidio dell'uso legittimo delle funzioni di ufficio, pur con tutte le tipizzazioni ritenute necessarie, appare indispensabile quale forma di tutela della cittadinanza. A ciò si collega anche il corrispondente dovere dell'azione amministrativa del rispetto della legalità, del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione;

    resta poi il problema del raccordo con le norme europee, considerato che l'articolo 19 della Convenzione ONU di Merida del 2003 contro la corruzione prevede la facoltà per gli Stati di prevedere un'incriminazione dell'abuso d'ufficio a fronte invece dell'obbligo di reprimere altre condotte come ad esempio la corruzione dei pubblici ufficiali nazionali e stranieri;

    ricordiamo che l'articolo 83, paragrafo 1, TFUE, annovera la corruzione tra i reati aventi particolare dimensione transnazionale ed autorizza il Parlamento europeo ed il Consiglio a stabilire norme minime necessarie alla definizione dei reati di corruzione e alle relative sanzioni deliberando mediante direttive secondo la procedura ordinaria;

    l'articolo 83, paragrafo 2, TFUE, autorizza il Parlamento europeo e Consiglio a stabilire le norme minime necessarie alla definizione di reati e sanzioni ove l'approssimazione delle norme penali degli Stati membri si dimostri necessaria per assicurare l'efficace attuazione di una politica dell'Unione europea in settori che sono già stati interessati da misure di armonizzazione;

    l'articolo 82, paragrafo 2, lettera d), TFUE, consente al Parlamento europeo ed al Consiglio di statuire misure atte a favorire la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione a procedimenti penali e all'esecuzione delle decisioni, come l'adozione di norme comuni concernenti la giurisdizione in questioni penali;

    sotto il profilo degli effetti sull'ordinamento giuridico, interventi normativi, quali l'abrogazione dell'abuso d'ufficio che indeboliscano il presidio dei reati contro la pubblica amministrazione rischiano di determinare l'incremento dei fenomeni corruttivi,

impegna il Governo

a implementare il personale e le funzioni dell'Anac anche in considerazione del 42° posto, del nostro Paese, su una classifica di 180 paesi nell'indice della percezione della corruzione 2023, secondo il Rapporto elaborato da Transparency International.
9/1718/2.Bonelli, Dori, Zanella, Borrelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    la riforma del processo penale è uno degli obiettivi concordati con l'Unione europea per accedere alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza con l'obiettivo sia di accelerare il processo penale, anche attraverso una sua deflazione e la sua digitalizzazione, sia con misure rivolte al potenziamento delle garanzie difensive, alla tutela della vittima del reato e con una innovativa disciplina concernente una ragionevole durata del giudizio;

    al fine di ottenere i finanziamenti previsti dal PNRR, l'Italia si è impegnata con l'Unione europea a ridurre l'arretrato dei processi civili del 55-65 per cento entro la fine del 2024 e del 90 per cento entro la metà del 2026. Tali percentuali di riduzione sono irrealistiche ed irrealizzabili nei tempi indicati e a parità di risorse di mezzi e di personale di magistratura ed amministrativo;

    obiettivi appesantiti anche dalle politiche messe in campo dal Governo presieduto da Giorgia Meloni che, senza contare le nuove pene e delitti previsti nel cosiddetto disegno di legge «Sicurezza» all'esame delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera, al 31 dicembre 2023 ha segnato un'epoca di intensa attività legislativa nel campo penale: ha introdotto 15 nuovi reati inasprendo le pene per altri reati già esistenti. L'Esecutivo ha voluto marcare la sua natura repressiva, nonostante il Ministro Nordio sventoli in ogni luogo le sue riforme su: celerità dei processi civili e penali, abuso di ufficio, custodia cautelare, intercettazioni, informazione di garanzia, separazione delle carriere;

    ricordiamo che nel settore civile, la carenza dei Magistrati è pari al 30 per cento, nel settore penale raggiunge addirittura il 50 per cento. In generale, in entrambe le sezioni, qualora fossero in servizio tutti i Magistrati previsti in pianta organica, il carico di lavoro sarebbe, comunque, nettamente superiore rispetto al personale potenzialmente a disposizione;

    il personale amministrativo nei tribunali presenta una grave carenza di personale che, in entrambe le 2 sezioni, si aggira intorno al 25 per cento. L'istituzione dell'ufficio per il Processo e conseguentemente l'arrivo degli addetti all'UPP (in numero di trenta rispetto ai quaranta previsti, nel settore civile e in quello penale), hanno avuto un impatto positivo, sia in termini di incremento del personale amministrativo, sia in termini di miglioramento delle attività di lavoro;

    l'aspetto più problematico riguarda le risorse umane. A dicembre 2023 risultavano in servizio soltanto 5.897 addetti all'ufficio per il Processo (UPP) e 3.038 tecnici-amministrativi (su un totale di assunzioni previste per la realizzazione degli obiettivi originari di 19.719 unità). Si tratta di numeri insufficienti e del tutto prevedibili se si considera la tipologia dei contratti e del basso livello di retribuzione offerti, in un quadro di ripresa dei concorsi per altre istituzioni con contratti a tempo indeterminato sicuramente più appetibili;

    in realtà, la forte carenza dell'organico, sia dei magistrati che del personale amministrativo, nonché la sua irrazionale distribuzione sul territorio nazionale, l'inadeguatezza dei sistemi telematici soggetti a continue interruzioni, oltre all'ormai cronica fatiscenza delle strutture destinate all'edilizia giudiziaria, sono le vere ragioni della dilatazione dei tempi del processo civile;

    carenza che non viene affatto colmata con le disposizioni di cui all'articolo 5, che prevede un aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria, a decorrere dal 1° luglio 2025, di duecentocinquanta unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado;

    il «Piano Triennale dei fabbisogni del personale» elaborato dal dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi del Ministero della giustizia per il triennio 2023-2025, fotografa una situazione preoccupante delle scoperture di personale in numerosi profili professionali, scoperture che potrebbero essere ridotte significativamente anche mediante scorrimenti immediati delle graduatorie e riqualificazione del personale,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente provvedimenti in grado di risolvere le carenze di organico del personale amministrativo evidenziate dal «Piano Triennale dei fabbisogni del personale» per il triennio 2023- 2025 citato in premessa.
9/1718/3. Ghirra, Dori, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene anche sul codice di procedura penale e, in particolare, in materia di intercettazioni;

    l'articolo 2, comma 1, lettera b) modifica il comma 2-bis dell'articolo 114 codice di procedura penale, introducendo alcune modifiche alla disciplina delle intercettazioni, che mirerebbero – nell'intenzione del legislatore – a rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate;

    in ragione di un coinvolgimento sempre maggiore della polizia giudiziaria nell'ambito di attività strettamente tecnologiche, appare indispensabile un impegno delle istituzioni per una formazione costante e per l'aumento delle risorse umane e strumentali dirette alla gestione del progresso tecnologico;

    come emerso nel corso dell'indagine conoscitiva avvenuta al Senato, relativa al provvedimento in esame, per rafforzare la garanzia dei diritti fondamentali nell'applicazione delle norme in materia di intercettazioni, oltre ad una integrale copertura degli organici del Ministero della giustizia, è necessario anche il rinnovamento della formazione dei magistrati, anche sotto il profilo del settore tecnologico;

    nella medesima direzione, occorre assicurare una formazione specifica al personale della polizia giudiziaria sul versante del know-how tecnologico ed in generale a tutto il personale coinvolto nell'amministrazione della giustizia.

    La formazione è tanto più necessaria laddove si consideri che, della selezione delle conversazioni rilevanti ai fini dell'indagine si fa carico proprio la polizia giudiziaria;

    è altresì inderogabile l'assunzione di personale tecnico informatico qualificato da inserire all'interno degli Uffici Giudiziari (es. Amministratori di Sistema), che sia in grado di interloquire con i vari fornitori di servizi, monitorare le attività svolte e cooperare in caso di incidenti;

    come è emerso dalle audizioni e dai sopralluoghi, devono comunque essere previsti investimenti per adeguare le attuali sale server al fine di garantire la continuità dei servizi, sia attraverso l'introduzione di sistemi di backup dati, sia attraverso l'ampliamento della memoria dei server medesimi;

    è necessario superare definitivamente quello che il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha definito come «subalternità cognitiva» della macchina giudiziaria, ma anche degli apparati di polizia nell'impiego a fini di giustizia delle tecnologie digitali; in questo quadro, occorre intervenire al fine di impedire che le tecnologie nelle indagini siano totalmente nella disponibilità e gestione di soggetti privati, e quindi impiegabili solo con il supporto tecnico di questi ultimi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire, con il primo provvedimento utile, per garantire maggiori risorse da destinare alla formazione specifica del personale dell'amministrazione della giustizia e delle forze di polizia giudiziaria deputati allo svolgimento di attività tecnologiche di captazione di informazioni, superando quella subalternità tecnologica che vede interessati i suddetti.
9/1718/4. Iaria, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame dispone l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio e il ridimensionamento del reato di traffico di influenze illecite, quest'ultimo reato è stato recentemente oggetto di una approfondita indagine della magistratura sugli appalti dell'Anas;

    nella relazione illustrativa del disegno di legge governativo si legge: «Il reato di abuso d'ufficio vede oggi una applicazione minimale da parte delle corti italiane: il numero complessivo delle condanne assomma nel 2011 a 18 casi in dibattimento di primo grado (passibili anche di riforma in appello o in cassazione), a riprova che l'ammontare complessivo di fatti ritenuti riconducibili alla disposizione dell'articolo 323 del codice penale è ridottissimo; non muta la valutazione neppure la considerazione delle ulteriori 9 condanne davanti al GUP e 35 sentenze di patteggiamento. Per converso, nonostante i plurimi interventi normativi volti a dare maggiore determinatezza alla disposizione... rimane ancora alto il numero di iscrizioni nel registro degli indagati: 4.745 nel 2021 e 3.938 nel 2022: di questi procedimenti, 4.121 sono stati archiviati nel 2021 e 3.536 nel 2022. Tale squilibrio tra iscrizioni della notizia di reato e decisioni di merito, rimasto costante anche dopo le modifiche volte a ricondurre la fattispecie entro più rigorosi criteri descrittivi, è indicativo di una anomalia che ha portato alla scelta proposta con il presente disegno di legge»;

    tuttavia, nel sistema penale italiano vi sono numerose fattispecie di reato delle quali si riscontra una scarsa applicazione, come, ad esempio, il reato di cui all'articolo 633-bis «Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l'incolumità pubblica», conosciuto anche come reato di «rave party», introdotto nel codice penale dal decreto-legge n. 162 del 31 ottobre 2022, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 199 del 30 dicembre 2022;

    il reato punisce i «raduni musicali o aventi altro scopo di intrattenimento» da cui possa derivare un «concreto pericolo per la salute pubblica o per l'incolumità pubblica a causa dell'inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi»;

    il Ministro della Giustizia in risposta all'interrogazione n. 4-02175, presentata dall'on. Dori, ove si avanzavano specifici quesiti in ordine al numero di soggetti denunciati o imputati per il reato introdotto dall'articolo 633-bis del codice penale rispondeva che: «acquisita una relazione da parte della competente direzione del Ministero della giustizia, ovverosia la direzione generale di statistica e analisi organizzativa, che ha raccolto i dati trasmessi dagli uffici della procura della Repubblica presso il tribunale ordinario situati su tutto il territorio nazionale. Dall'analisi dei risultati pervenuti da 118 uffici della procura della Repubblica, si segnala che, nell'anno 2023, sono stati iscritti 21 procedimenti per il reato di cui all'articolo 633-bis del codice penale; inoltre, allo stato, risulta che vi siano 50 indagati; 18 procedimenti definiti; 6 procedimenti definiti con l'inizio dell'azione penale ed, infine, 8 imputati. In base alle risultanze del casellario giudiziale centrale non consta che, allo stato, siano state iscritte condanne definitive»,

impegna il Governo

a effettuare una ricognizione delle fattispecie di reato per le quali si riscontri uno squilibrio tra il numero delle notizie di reato iscritte e quello delle decisioni di merito effettivamente assunte, al fine di adottare le opportune iniziative normative volte a superare le rilevate criticità applicative.
9/1718/5. Dori, Zanella, Bonelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene anche sul codice di procedura penale e, in particolare, in materia di intercettazioni;

    l'articolo 2 comma 1, lettera b), modifica il comma 2-bis dell'articolo 114 codice procedura penale, introducendo alcune modifiche alla disciplina delle intercettazioni, che mirerebbero – nell'intenzione del legislatore – a rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate;

    in particolare, viene ampliato – attraverso la novella all'articolo 114 del codice di rito – il divieto di pubblicazione, anche parziale del contenuto delle intercettazioni ritenute non rilevanti e pertanto non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454 codice procedura penale, consentendone la relativa pubblicazione solo a tutti i casi in cui lo stesso sia stato riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento;

    è, inoltre, escluso – per effetto delle modifiche proposte dalla lettera c) dell'articolo 2 all'articolo 116 codice procedura penale – il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione (ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 114) quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori;

    in altre parole, con le modifiche proposte sarebbe permanentemente vietata la pubblicazione di intercettazioni che, pur depositate ed oggetto del contraddittorio tra le parti (dunque non più segrete), non siano mai state citate specificatamente in un provvedimento giurisdizionale. Del pari, sarebbe vietata la pubblicazione di intercettazioni che siano state riprodotte in un atto del Pubblico ministero anziché del giudice;

    tali restrizioni appaiono agli scriventi non già una forma di rafforzamento della libertà e segretezza delle comunicazioni del difensore, bensì una stortura del sistema di comunicazione di informazioni processuali;

    la pubblicabilità dell'intercettazione viene dunque collegata non più alla sua avvenuta «ripulitura» delle parti irrilevanti o lesive (e in sostanza alla loro astratta utilizzabilità all'interno del processo), ma alla circostanza che di quelle intercettazioni sia stato fatto un concreto impiego processuale, che ne abbia provocato una seppur limitata divulgazione;

    a tacer d'altro, il limite che si propone di introdurre sarebbe, peraltro, dissonante rispetto alla posizione assunta dalla Corte costituzionale, la quale, con la sentenza n. 59 del 1995, ha dichiarato incostituzionale l'articolo 114 comma 3 codice procedura penale nella parte in cui non consente la pubblicazione degli atti del fascicolo del dibattimento anteriormente alla sentenza di primo grado. Con la conseguenza che i divieti di pubblicazione hanno la finalità di contemperare gli interessi dell'informazione con quelli delle investigazioni e dunque non possono ragionevolmente riferirsi alla pubblicazione di quanto contenuto nel fascicolo per il dibattimento, che attiene, per definizione, agli atti che il giudice deve conoscere. Gli atti processuali che sono acquisiti al processo dovrebbero essere, pertanto, sempre pubblicabili;

    le modifiche proposte, tra l'altro, sembrano tralasciare che la pubblicazione di atti di un'indagine penale rappresenta espressione del diritto di cronaca giudiziaria, fondato sull'articolo 21 e sull'articolo 101 della Costituzione ed è funzionale, da un lato, all'informazione della collettività su notizie di interesse pubblico, e dall'altro al controllo democratico della giustizia da parte del popolo nel cui nome essa viene amministrata;

    le modifiche operate dal provvedimento agli articoli 114 e 116 codice procedura penale, determinerebbero «un'informazione mutilata, a partire dall'inquietante principio che un dato non più segreto e legittimamente acquisito non può essere reso pubblico», interferendo gravemente con la libertà di stampa ed il diritto di cronaca, considerando che l'attività giornalistica è certamente svolta da soggetti estranei al procedimento penale,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti delle disposizioni di cui all'articolo 2 del provvedimento in esame, al fine di verificare che le stesse non determinino un ingiustificato ed eccessivo sacrificio della libertà di stampa e del diritto di cronaca, intesi quali strumenti di estrinsecazione anche del fondamentale diritto di informazione per il cittadino, garantendo il libero esercizio di tali diritti costituzionalmente previsti.
9/1718/6. Caso, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene anche sul codice di procedura penale e, in particolare, in materia di intercettazioni;

    l'articolo 1, lettera b), reca modifiche al delitto di abuso d'ufficio, disciplinato dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo;

    tale scelta – come si legge nella Relazione illustrativa – sarebbe giustificata dall'asserita esistenza di uno «squilibrio tra le iscrizioni della notizia di reato e decisioni di merito, rimasto costante anche dopo le modifiche volte a ricondurre la fattispecie entro più rigorosi criteri descrittivi», che sarebbe «indicativo di una anomalia»;

    si consideri, tuttavia, che l'ambito oggettivo del reato era stato già circoscritto a seguito della novella apportata con l'articolo 23 del decreto-legge n. 76 del 2020 (decreto cosiddetto «semplificazioni») durante il Governo Conte II, attraverso un intervento di specificazione della fattispecie che ne ha eliminato gli aspetti di maggiore incertezza interpretativa, rendendo di fatto superflua un'ulteriore modifica normativa. In particolare, l'articolo 23 del decreto-legge 16 luglio 2020 n. 76 ha inciso sulla disposizione del codice penale sostituendo le parole «di norme di legge o di regolamento,» con le seguenti: «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità»;

    ne consegue che il delitto di abuso d'ufficio è ora integrato dalla sola condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio e salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto attraverso la violazione di regole di condotta espressamente previste dalla legge o atti aventi forza di legge, ovvero attraverso la violazione del dovere di astensione o la violazione di norme che dovranno essere: specifiche; espressamente ed esclusivamente previste da fonti primarie del diritto, con esclusione, quindi, di fonti secondarie; a condizione che da tali regole di condotta non residuino margini di discrezionalità;

    la giurisprudenza consolidatasi a margine del citato intervento legislativo del 2020 aveva già escluso il delitto di abuso d'ufficio quando la condotta del pubblico ufficiale costituisca espressione di discrezionalità amministrativa (Cass. pen. Sez. VI 08/01/2021, n. 442) ed è stato sottolineato come la nuova formulazione dell'articolo 323 codice penale pretenda che la condotta produttiva di responsabilità penale del pubblico funzionario sia connotata, nel concreto svolgimento delle funzioni o del servizio, dalla violazione di regole cogenti per l'azione amministrativa;

    nello stesso senso, si è esclusa l'applicazione della nuova formulazione dell'articolo 323 codice penale nel caso di atti amministrativi connotati da un margine di discrezionalità tecnica, che sono esclusi dalla sfera del penalmente rilevante. Nella discrezionalità tecnica, la scelta dell'amministrazione si compie, infatti, attraverso un complesso giudizio valutativo condotto alla stregua di regole tecniche: il caso classico è quello dei giudizi delle commissioni sul merito della produzione scientifica di un candidato ad una selezione pubblica (Cass. pen. Sez. VI 15/04/2021, n. 14214);

    pertanto, il novellato reato di abuso d'ufficio contempla oggi una condotta già di per sé molto circoscritta, al punto da lasciare la rilevanza penale a quelle sole condotte che effettivamente rappresentano un palese abuso del potere pubblico, in danno agli utenti finali, i cittadini;

    appare utile ricordare in tale sede, inoltre, che il 3 maggio 2023 la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva COM(2023)234 sulla lotta contro la corruzione. La proposta aggiorna il quadro giuridico dell'Unione europea in materia di lotta contro la corruzione, vincolando gli Stati membri all'adozione di norme di armonizzazione minima delle fattispecie di reato riconducibili alla corruzione e delle relative sanzioni, nonché di misure per la prevenzione del fenomeno corruttivo e di strumenti per rafforzare la cooperazione nelle relative attività di contrasto;

    in particolare, per quanto riguarda l'abuso d'ufficio, l'articolo 11 della proposta di direttiva prevede che gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia punibile come reato la condotta seguente, se intenzionale: l'esecuzione o l'omissione di un atto, in violazione delle leggi, da parte di un funzionario pubblico nell'esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo; l'esecuzione o l'omissione di un atto, in violazione di un dovere, da parte di una persona che svolge a qualsiasi titolo funzioni direttive o lavorative per un'entità del settore privato nell'ambito di attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o commerciali al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo;

    si ricordi, altresì, che la Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cosiddetta Convenzione di Merida), ratificata dall'Italia con la legge n. 116 del 2009, prevede all'articolo 19 il conferimento del carattere di illecito penale, «quando l'atto è stato commesso intenzionalmente, al fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un'altra persona o entità»;

    la novella proposta avrebbe, inoltre, delle serie ripercussioni sui procedimenti in corso, invero, ogniqualvolta si proceda all'abrogazione di una fattispecie penale, la giurisprudenza è, infatti, chiamata a valutare, in relazione ai procedimenti penali in corso, se si sia dinanzi ad una abolitio criminis, con contestuale archiviazione o assoluzione dell'imputato, ovvero a un fenomeno di continuità normativa, riconducibile all'articolo 2, comma 4, codice penale, con conseguente applicazione della norma penale più favorevole all'imputato;

    tali modifiche assumono un rilievo particolarmente pregnante in questa fase storica nella quale è elevato il rischio della predazione e/o della dispersione di quote significative dei fondi del PNRR, nonché dei fondi di coesione mediante condotte che a legislazione vigente integrano il reato di abuso d'ufficio. Si considerino al riguardo a titolo meramente esemplificativo, i casi di abuso d'ufficio finalizzati al voto di scambio con la creazione di reti clientelari finanziate con le risorse pubbliche. Tale rischio è particolarmente aumentato a seguito della dilatazione della discrezionalità dei pubblici amministratori nell'affidamento di appalti pubblici (per importi fino a 150.000 Euro: affidamenti diretti; per importi da 150.000 Euro e inferiori a 1 milione di Euro: procedura negoziata, senza pubblicazione del bando, previa consultazione di almeno 5 operatori economici; per importi compresi tra 1 milione di Euro fino alle soglie di rilevanza europea: procedura negoziata, senza pubblicazione del bando, previa consultazione di almeno 10 operatori economici);

    l'abolitio criminis dell'abuso d'ufficio determinerebbe anche l'archiviazione dei procedimenti penali attualmente instaurati dalla Procura Europea per il reato di abuso di ufficio e disabiliterebbe per il futuro l'esercizio dell'azione penale di tale organo a tutela degli interessi economico finanziari dell'Unione europea con violazione del combinato disposto dell'articolo 117 della Costituzione, dell'articolo 83 TFUE e del Regolamento EPPO adottato dal Consiglio UE nell'ottobre 2017;

    l'abuso d'ufficio è un importantissimo delitto rientrante nel microsistema corruttivo, strettamente correlato – insieme al reato di traffico di influenze – alle figure di corruzione in senso stretto (articoli 318 e 319 codice penale). La sua abrogazione può rappresentare un pericoloso passo indietro nella lotta alla corruzione, un fenomeno che, si stima, ha un costo per l'economia dell'Unione pari ad almeno 120 miliardi di euro all'anno, oltre a porsi in netto contrasto con la proposta di direttiva europea sulla materia;

    in altre parole, l'abolizione di questo perno nella lotta alla corruzione potrebbe danneggiare lo Stato, la credibilità delle istituzioni e avrebbe un impatto devastante sulla tutela dei cittadini nei confronti degli abusi perpetrati da parte del potere. Senza considerare che sul piano strettamente giuridico, determinerebbe effetti pericolosissimi, in quanto all'abolizione del reato conseguirebbe l'inevitabile revoca delle sentenze di condanna già pronunciate, in ossequio a quanto previsto dall'articolo 673 codice procedura penale,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti dell'abrogazione dell'abuso d'ufficio e delle altre modifiche alle fattispecie di corruzione, affinché le stesse non si traducano in un allentamento dei presidi fondamentali, nonché ad intraprendere tutte le necessarie iniziative, nelle opportune sedi istituzionali nazionali ed europee, volte ad una rapida approvazione della proposta di direttiva UE 2023/0135 (COD) in materia di lotta contro la corruzione, al fine di rafforzare ulteriormente i meccanismi per la prevenzione e lotta alla corruzione, ampliando l'ambito di azione rispetto al singolo Stato ed estendendolo a tutta l'Unione europea.
9/1718/7. Scutellà, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    l'articolo 1, comma 1, lettera b) reca modifiche al delitto di abuso d'ufficio, disciplinato dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo;

    l'articolo 1, comma 1, lettera e), interviene invece sull'articolo 346-bis c.p., modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di restringerne l'ambito di applicazione;

    in concreto, per la configurazione di quest'ultimo, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale dovranno essere effettivamente «sfruttate» e non solo «vantate», e dovranno essere «esistenti» e non solo «asserite», con ciò comportando una grave limitazione di ciò che è penalmente rilevante e quindi, di fatto, sarà più difficile incorrere in questa fattispecie di reato. In sostanza, in questo modo, vengono meno proprio le due modifiche, introdotte dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetto Spazzacorrotti, che erano state apportate al testo al fine assorbire il reato di millantato credito all'interno della fattispecie di traffico illecito d'influenze;

    le due modifiche alle fattispecie che rientrano nell'alveo dei reati corruttivi, rappresentano un grave passo indietro rispetto alle modifiche introdotte dalla legge cosiddetta Spazzacorrotti (n. 3 del 2019), grazie alla quale il nostro Paese aveva ottenuto il plauso dal GRECO per l'avvenuto allineamento agli standard imposti dalla Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    si ricorda che il reato di traffico di influenze illecite di cui all'articolo 346-bis c.p. è stato inserito nel codice dalla cosiddetta «Legge Severino» (legge n. 190 del 2012). Si ricorda, a tale proposito, che il citato intervento legislativo richiamava quanto previsto sia dall'articolo 18 Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cosiddetta Convenzione di Merida), sia dall'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    a ciò si aggiunga l'eliminazione dei più gravi reati di corruzione dal meccanismo delineato dall'articolo 4-bis O.P. operata attraverso uno dei primi provvedimenti adottati da questo Governo: il decreto-legge 31 ottobre 2022 n. 162, cosiddetto Decreto Rave, che ha espunto i delitti contro la pubblica amministrazione dal novero dei reati implicanti il meccanismo ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, previsto all'articolo 4-bis dell'Ordinamento penitenziario, con ciò comportando un grave vulnus alla lotta contro la criminalità organizzata e al malaffare in generale e determinando un allentamento dei presidi contro i fenomeni corruttivi, che non può che esporre al pericolo di infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali, attirate dall'ingente quantità di afflusso di danaro, che potrebbero finanche mettere in discussione l'erogazione dei fondi da parte dalla stessa Unione europea. Desta ulteriore preoccupazione la circostanza che sia stata esclusa la suddetta previsione anche nei casi commessi in forma associativa;

    è notorio che la corruzione costituisca ormai una delle principali porte di ingresso della criminalità organizzata, ed in particolare, di quella di stampo mafioso, interessata sempre di più ad insinuarsi nella gestione delle risorse pubbliche e nella economia legale, con un costo per lo Stato di circa 60 miliardi l'anno, determinando, così, perspicue implicazioni economiche e sociali;

    allarmante appare, quindi, la prospettiva che ne deriva: un ritorno al passato, allorquando il nostro Paese si distingueva per essere non già in prima linea, ma fanalino di coda nel contrasto ai fenomeni corruttivi. Tutto ciò in controtendenza rispetto alle raccomandazioni formulate quest'anno dalla Commissione europea nel Report sullo Stato di diritto, che – al contrario – mirano a rafforzare i quadri di prevenzione, come quelli che disciplinano le norme in materia di lobbying e conflitto di interessi, e a garantire indagini e azioni penali efficaci nei casi di corruzione;

    ma vi è di più: la stortura giuridica da ciò derivante tanto più è evidente quanto più si consideri che per effetto delle disposizioni contenute nel disegno di legge recante Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario (A.C. 1660), attualmente in esame nelle Commissioni congiunte Affari costituzionali e Giustizia, la circostanza aggravante del reato di istigazione a disobbedire alle leggi di cui all'articolo 415 c.p., se commesso all'interno di un istituto penitenziario o a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute e il delitto di rivolta all'interno di un istituto penitenziario, di cui all'articolo 415-bis c.p. – di nuova introduzione con il su citato provvedimento — saranno inseriti nell'elenco dei reati di cui al comma 1-ter dell'articolo 4-bis, ovvero di quei reati per cui i benefici penitenziari, quali l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione, possono essere concessi purché non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;

    ne deriva, dunque, un preoccupante quadro in cui le fattispecie di corruzione – a riprova di quanto detto in precedenza – risulterebbero di fatto, per il legislatore attuale, meno gravi rispetto alle fattispecie di nuova introduzione con il disegno di legge cosiddetto Sicurezza, che invece presentano un'offensività intrinseca oggettivamente inferiore, oltre a non avere lo stesso costo per la collettività dei reati di corruzione,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della disciplina in materia di reati ostativi, rivalutando la normativa prevista nel decreto-legge n. 162 del 2022 convertito in legge n. 199 del 2022 in modo da restituire giusta rilevanza al requisito della collaborazione con la giustizia e ricomprendere nuovamente nel novero dei reati ostativi anche quelli contro la Pubblica Amministrazione.
9/1718/8. Cafiero De Raho, D'Orso, Ascari, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    l'articolo 5 prevede l'aumento di 250 unità del ruolo organico della magistratura, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado;

    in particolare, il comma 1 prevede, a decorrere dal 1° luglio 2025, l'aumento del ruolo organico della magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado. Tale aumento sarebbe conseguente – secondo quanto precisato nella relazione illustrativa – all'introduzione della competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari, con particolare riferimento alle esigenze di natura organizzativa derivanti dalle incompatibilità;

    l'articolo 8, infine, contempla la clausola di invarianza finanziaria, pertanto, dall'attuazione della presente legge, ad eccezione delle disposizioni di cui all'articolo 5, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

    manca, tuttavia, nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore del rafforzamento del personale della polizia penitenziaria;

    la situazione del personale di Polizia penitenziaria presenta carenze a cui occorre fare fronte, considerando, altresì le gravi ripercussioni da ciò derivanti, sia in termini di condizioni di impiego dei lavoratori, che di sicurezza all'interno degli istituti penitenziari;

    secondo i dati riportati nelle schede trasparenza del Ministero aggiornate al 2023, manca il 15 per cento delle unità previste in pianta organica. In totale il personale effettivamente presente è pari a 31.546;

    il rapporto detenuti agenti attuale è pari a 1,8, a fronte di una previsione di 1,5. Tra le regioni italiane questo rapporto varia fra l'1,2 e il 2 e suggerisce una distribuzione disomogenea del personale. Il rapporto detenuti per agente più elevato si riscontra a Rossano, dove è pari a 3, il minore invece a Lauro, con 0,3 detenuti per agente;

    il XIX Rapporto Antigone sulle condizioni di detenzione conferma quanto riportato dai dati ministeriali. Dei 97 istituti visitati, 44 presentano un rapporto tra detenuti e agenti più elevato rispetto alla media di 1,8;

    la legge 27 settembre 2021, n. 134, recante Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, alla lettera g) contempla, tra i tanti, anche il coinvolgimento degli uffici per l'esecuzione penale esterna, al fine di consentire l'applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel giudizio di cognizione;

    occorre incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, al fine di incidere positivamente sui livelli di sicurezza, operatività e di efficienza degli istituti penitenziari e di incrementare le attività di controllo dell'esecuzione penale esterna,

impegna il Governo

a potenziare l'organico del Corpo di Polizia Penitenziaria, anche mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, al fine di rendere maggiormente efficienti gli istituti penitenziari e garantire migliori condizioni di lavoro al personale addetto alla sicurezza all'interno delle carceri.
9/1718/9. Torto, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    l'articolo 5 prevede l'aumento di 250 unità del ruolo organico della magistratura, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado;

    in particolare, il comma 1 prevede, a decorrere dal 10 luglio 2025, l'aumento del ruolo organico della magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado;

    tale aumento sarebbe conseguente – secondo quanto precisato nella relazione illustrativa – all'introduzione della competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari, con particolare riferimento alle esigenze di natura organizzativa derivanti dalle incompatibilità;

    si consideri che l'articolo 7-bis, comma 2-bis, regio decreto n. 12 del 1941 (Ordinamento giudiziario), prevede che possono svolgere le funzioni di giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché di giudice dell'udienza preliminare (GIP e GUP) solamente i magistrati che hanno svolto per almeno due anni funzioni di giudice del dibattimento. Il comma 2-quinquies, del medesimo articolo 7-bis, prevede che tale disposizione possa essere derogata «per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio»;

    l'incremento di 250 unità operato dal provvedimento in esame non appare sufficiente a sopportare il carico di lavoro degli organi giudicanti, considerando, altresì, l'ingente quantità di arretrato, cui ancora non si è potuto far fronte, specie in grado di appello, nonché l'esistente incompatibilità cosiddetta funzionale, determinata da atti compiuti nel procedimento ex articoli 34 e 35 del codice di procedura penale, che impedisce al singolo giudice di esercitare talune funzioni nel procedimento penale, in ragione di sue inadeguatezze allo svolgimento del proprio compito, ai fini della garanzia della imparzialità di giudizio;

    appare opportuno ricordare in questa sede come ai fini dell'attuazione degli obiettivi del PNRR, l'Italia si è impegnata a ridurre la durata dei processi del 40 per cento nel civile e del 25 per cento nel penale, entro giugno 2026;

    siamo di fronte ad una situazione di scopertura dell'organico magistratuale senza precedenti: circa 1.500 unità su 10.900;

    una parte non indifferente della progettualità richiesta per lo smaltimento dell'arretrato negli uffici ed il contenimento in termini fisiologici della durata media dei procedimenti passa per la disponibilità di adeguate risorse umane;

    solo un adeguato rafforzamento della pianta organica garantisce la piena attuazione del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'articolo 111 della Costituzione, posto che appare evidente come il vero e unico antidoto alla lentezza dei processi sia costituito dall'incremento delle risorse umane, per rafforzare l'organico della magistratura e consentire di smaltire l'annoso problema dell'arretrato degli uffici giudiziari,

impegna il Governo

a stanziare ulteriori risorse per consentire l'ampliamento della pianta organica della magistratura di 500 unità, al fine di avvicinare il rapporto magistrati-cittadini, dagli attuali 11 ogni 100.000 abitanti, alla media europea di 22.
9/1718/10. Ilaria Fontana, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    l'articolo 5 prevede l'aumento di 250 unità del ruolo organico della magistratura, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado;

    in particolare, il comma 1 prevede, a decorrere dal 1° luglio 2025, l'aumento del ruolo organico della magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado. Tale aumento sarebbe conseguente – secondo quanto precisato nella relazione illustrativa – all'introduzione della competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari, con particolare riferimento alle esigenze di natura organizzativa derivanti dalle incompatibilità;

    l'articolo 8 contempla la clausola di invarianza finanziaria, pertanto, dall'attuazione della presente legge, ad eccezione delle disposizioni di cui all'articolo 5, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

    manca, tuttavia, nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore del rafforzamento del personale della polizia penitenziaria;

    anche le previsioni contenute nella Legge di Bilancio 2024 non appaiono sufficienti, soprattutto, a garantire il potenziamento degli organici dei servizi minorili della giustizia e dell'offerta trattamentale legata alla esecuzione penale esterna ed alle misure e sanzioni di comunità, specie in relazione alle necessità venutesi a creare in ragione delle disposizioni previste dal decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123 (c.d. Decreto Caivano);

    appare opportuno lo stanziamento di ulteriori risorse volte all'assunzione straordinaria, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di personale per gli uffici territoriali del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, destinate ai ruoli di funzionario della professionalità pedagogica e di funzionario della professionalità di servizio sociale; nonché a favore dell'assunzione di personale in tutto il comparto giustizia;

    non è più procrastinabile – per una giustizia efficiente, a misura di cittadino – dotare il sistema giustizia degli strumenti e delle risorse – economiche ed umane – necessarie alla definizione di tutti i procedimenti, destinando nuove risorse a favore di un piano straordinario di assunzioni in tutto il settore giustizia, in continuità con quanto realizzato nei Governi Conte I e II,

impegna il Governo

a tornare ad investire nel comparto giustizia per rilanciare il rapporto tra giustizia e cittadino, quale unico vero antidoto alla lunghezza dei processi civili e penali, colmando le scoperture negli uffici giudiziari attraverso una massiccia e mirata attività assunzionale – in continuità con le leggi di bilancio degli anni 2018-2020 – stanziando nello specifico ulteriori risorse volte ad implementare in modo adeguato tutti i profili di funzionari giuridico-pedagogici, assistenti sociali, amministrativi del dipartimento di giustizia minorile e di comunità; nonché autorizzando e finanziando, con il primo provvedimento utile, procedure concorsuali pubbliche, in aggiunta a quelle già previste a legislazione vigente, al fine di procedere all'assunzione straordinaria di personale non dirigenziale a tempo indeterminato del Ministero della giustizia;
9/1718/11. Fenu, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Alifano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    l'articolo 5 prevede l'aumento di 250 unità del ruolo organico della magistratura, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado;

    in particolare, il comma 1 prevede, a decorrere dal 1° luglio 2025, l'aumento del ruolo organico della magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado. Tale aumento sarebbe conseguente – secondo quanto precisato nella relazione illustrativa – all'introduzione della competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari, con particolare riferimento alle esigenze di natura organizzativa derivanti dalle incompatibilità;

    l'articolo 8 contempla la clausola di invarianza finanziaria, pertanto, dall'attuazione della presente legge, ad eccezione delle disposizioni di cui all'articolo 5, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

    manca, tuttavia, nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore del rafforzamento dell'offerta trattamentale legata alla esecuzione penale esterna ed alle misure e sanzioni di comunità, anche in relazione alle necessità venutesi a creare in ragione delle disposizioni previste dal decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123;

    è bene rammentare in questa sede come il Decreto cosiddetto PNRR (A.C. 1752) di recente approvazione abbia previsto l'abrogazione di norme relative agli strumenti per gestire l'emergenza carceraria, oltre ad aver trascurato di introdurre qualsivoglia previsione relativa alle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza;

    l'attuale situazione dei suicidi in carcere desta notevole preoccupazione: il quadro presenta criticità non solo per il numero dei suicidi dei detenuti, ma anche per chi ci lavora;

    solo dall'inizio del 2024 si registrano già 29 suicidi, uno ogni due giorni e mezzo. Tale numero dimostra quanto sia importante e indispensabile affrontare l'emergenza carceri immediatamente, in modo strutturale e attraverso scelte pragmatiche e, che in mancanza di queste, sarà destinato solo ad aumentare;

    tra le possibili spiegazioni di questo aumento vi sono il peggioramento delle condizioni di vita nelle carceri, dovuto al sovraffollamento cronico, alla carenza di personale e di servizi, alla diffusione di malattie e droghe;

    per quel che riguarda le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, si consideri preliminarmente come, secondo quanto riportato testualmente il sito del Ministero della Giustizia, le REMS hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) aboliti nel 2013 e chiusi definitivamente il 31 marzo 2015, anche se l'internamento nelle nuove strutture ha carattere transitorio ed eccezionale in quanto applicabile «solo nei casi in cui sono acquisiti elementi dai quali risulti che è la sola misura idonea ad assicurare cure adeguate ed a fare fronte alla pericolosità sociale dell'infermo o seminfermo di mente»;

    la gestione della residenza e delle sue attività è di esclusiva competenza della Sanità, mentre le attività di sicurezza e di vigilanza esterna nonché l'accompagnamento dei pazienti in ospedali o ad altre sedi sono svolte, tramite specifico accordo, d'intesa con le prefetture. Con l'autorità prefettizia vanno concordati anche gli interventi delle forze dell'ordine competenti per territorio, nelle situazioni di emergenza e di sicurezza;

    tuttavia ad oggi, le strutture sanitarie destinate a ospitare pazienti che soffrono di disturbi psichiatrici o di personalità che potenzialmente li rendono pericolosi per sé stessi o per gli altri, sono poche rispetto alle esigenze reali e, spesso, i soggetti in oggetto risultano detenuti negli istituti penitenziari, mettendo a rischio l'incolumità propria ed anche del personale, delle forze dell'ordine e degli altri detenuti;

    circa il 15 per cento della popolazione carceraria è affetta da turbe psichiche che rendono incompatibile la loro detenzione;

    i fondi previsti per gli psicologi e gli psichiatri sono totalmente insufficienti e non permettono, in media e non in tutti gli istituti, più di un'ora a settimana di terapia,

impegna il Governo

al fine di rafforzare le funzioni terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative in favore di soggetti affetti da patologie psichiatriche, a prevedere, con il primo provvedimento utile, lo stanziamento di ulteriori risorse per implementare la capienza e il numero delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, così da scongiurare il rischio che i soggetti che, necessitando di supporto psichiatrico, siano invece destinati a scontare la pena all'interno di non idonei istituti penitenziari, compiano gesti estremi, mettendo in pericolo altresì l'incolumità del personale penitenziario.
9/1718/12. Quartini, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sul codice di procedura penale e, in particolare, in materia di intercettazioni;

    l'articolo 2, comma 1, lettera b) modifica il comma 2-bis dell'articolo 114 del codice di procedura penale, introducendo alcune modifiche alla disciplina delle intercettazioni, che mirerebbero nell'intenzione del legislatore – a rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate. In particolare, viene ampliato – attraverso la novella all'articolo 114 del codice di rito – il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni del contenuto delle intercettazioni ritenute non rilevanti e pertanto non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454 del codice di procedura penale, consentendone la relativa pubblicazione solo a tutti i casi in cui lo stesso sia stato riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. È, inoltre, escluso – per effetto delle modifiche proposte dalla lettera c) dell'articolo 2 all'articolo 116 del codice di procedura penale – il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione (ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 114) quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori;

    in altre parole, con le modifiche proposte sarebbe permanentemente vietata la pubblicazione di intercettazioni che, pur depositate ed oggetto del contraddittorio tra le parti (dunque non più segrete), non siano mai state citate specificatamente in un provvedimento giurisdizionale. Del pari, sarebbe vietata la pubblicazione di intercettazioni che siano state riprodotte in un atto del PM anziché del giudice;

    è fondamentale garantire la piena operatività dello strumento delle intercettazioni anche ai reati c.d. «spia», ovvero quelli di corruzione. Invero, è notorio come la corruzione costituisca ormai una delle principali porte di ingresso della criminalità organizzata, ed in particolare, di quella di stampo mafioso, interessata sempre di più ad insinuarsi nella gestione delle risorse pubbliche e nella economia legale, con un costo per lo Stato di circa 60 miliardi l'anno, determinando, così, perspicue implicazioni economiche e sociali;

    il legislatore ha l'obbligo di dotare l'autorità giudiziaria di tutti gli strumenti necessari a cogliere ogni attività in corso o interessi nascosti del malaffare. Nella scorsa legislatura, la legge n. 3 del 2019 c.d. Spazzacorrotti ha previsto, tra gli altri, il potenziamento delle intercettazioni per i reati connessi alla corruzione. Inoltre, durante il governo Conte II è stato adottato il decreto-legge n. 161 del 2019, entrato in vigore a settembre 2020, che ha rappresentato una sintesi equilibrata tra l'esigenza di perseguire reati gravi e il diritto alla privacy rispetto a fatti non rilevanti;

    il trojan rappresenta certamente un mezzo imprescindibile per l'emersione dei fenomeni corruttivi e per interrompere sul nascere il pactum sceleris tra corrotto e corruttore. L'eliminazione o il depotenziamento del trojan per i reati contro la PA rappresenterebbe un notevole passo indietro rispetto alla normativa attuale, in linea agli standard europei,

impegna il Governo

ad astenersi da qualsivoglia intervento – anche normativo – volto a depotenziare lo strumento del «trojan» determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le più gravi manifestazioni criminose, compresa la corruzione, sulle quali prospera la criminalità organizzata e ancor più la mafia.
9/1718/13. Baldino, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sul codice di procedura penale e, in particolare, in materia di intercettazioni;

    l'articolo 2, comma 1, lettera b) modifica il comma 2-bis dell'articolo 114 codice di procedura penale, introducendo alcune modifiche alla disciplina delle intercettazioni, che mirerebbero nell'intenzione del legislatore – a rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate. In particolare, viene ampliato – attraverso la novella all'articolo 114 del codice di rito – il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni del contenuto delle intercettazioni ritenute non rilevanti e pertanto non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454 codice di procedura penale, consentendone la relativa pubblicazione solo a tutti i casi in cui lo stesso sia stato riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. È, inoltre, escluso per effetto delle modifiche proposte dalla lettera c) dell'articolo 2 all'articolo 116 codice di procedura penale il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione (ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 114) quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori;

    in altre parole, con le modifiche proposte sarebbe permanentemente vietata la pubblicazione di intercettazioni che, pur depositate ed oggetto del contraddittorio tra le parti (dunque non più segrete), non siano mai state citate specificatamente in un provvedimento giurisdizionale. Del pari, sarebbe vietata la pubblicazione di intercettazioni che siano state riprodotte in un atto del Pubblico ministero anziché del giudice;

    tali restrizioni appaiono agli scriventi non già una forma di rafforzamento della libertà e segretezza delle comunicazioni del difensore, bensì una stortura del sistema di comunicazione di informazioni processuali;

    è bene richiamare in tale sede altri provvedimenti proposti dal Governo in carica ed approvati dalla maggioranza parlamentare che lo rappresenta, che incidono in modo sostanziale sullo strumento delle intercettazioni: segnatamente, tra i più rilevanti provvedimenti adottati vi è il decreto-legge 10 agosto 2023 n. 105 – in materia di processo penale e civile, contrasto agli incendi boschivi, recupero dalle tossicodipendenze, salute e cultura, personale della magistratura e della PA – cosiddetto decreto Omnibus che, intervenendo anche nel settore delle intercettazioni, ha vietato le captazioni a strascico e la trascrizione nei brogliacci di quelle considerate irrilevanti, salvo che per indagini su reati gravi come quelli di mafia e terrorismo, per i quali è previsto l'arresto in flagranza obbligatorio; l'eliminazione del riferimento ai reati di cui all'articolo 266, comma 1, comporta l'esclusione dell'applicabilità delle stesse ai delitti contro la pubblica amministrazione. In altri termini, non si potrà aprire un procedimento giudiziario per corruzione se il fatto viene scoperto tramite intercettazioni svolte nell'ambito di un altro procedimento;

    inoltre, tra le novità che destano più preoccupazione vi è anche quella per cui verranno trascritte solo quelle intercettazioni ritenute «rilevanti ai fini delle indagini» con la precisazione che questo debba comprendere anche gli elementi emersi «a favore della persona sottoposta a indagine» e affidando il delicato compito di selezionare gli ascolti rilevanti al personale di polizia giudiziaria. A rafforzare tale previsione si aggiunge anche la novità secondo cui «nessuna menzione ne viene riportata nei verbali e nelle annotazioni della polizia giudiziaria, nei quali è apposta l'espressa dicitura: “La conversazione omessa non è utile alle indagini”»;

    appare utile rammentare che durante il governo Conte II è stato adottato il decreto-legge n. 161 del 2019, entrato in vigore a settembre 2020, che ha chiuso una stagione di interventi confusionari e superflui, rappresentando una sintesi equilibrata tra l'esigenza di perseguire reati gravi e il diritto alla privacy rispetto a fatti non rilevanti;

    come emerso in sede di audizione in Commissione giustizia del Garante della privacy, il 24 gennaio 2023, i dati raccolti confermano che dal 2020 non si è registrato alcun caso di violazione della privacy determinato da potenziali abusi delle intercettazioni, con ciò privando di fondamento qualsivoglia esigenza di ulteriore intervento normativo celato da intenti garantisti di questa maggioranza;

    la disciplina sulle intercettazioni non avrebbe, pertanto, bisogno di modifiche. Ogni eventuale limitazione di tale strumento rappresenterebbe un notevole passo indietro rispetto alla normativa attuale;

    piuttosto, il legislatore ha l'obbligo di dotare l'autorità giudiziaria di tutti gli strumenti necessari a cogliere ogni attività in corso o interessi nascosti del malaffare. Nella scorsa legislatura, la legge n. 3/2019 cosiddetti Spazzacorrotti ha previsto, tra gli altri, il potenziamento delle intercettazioni per i reati connessi alla corruzione,

impegna il Governo

a valutare di intervenire, con il primo provvedimento utile, per controbilanciare le limitazioni introdotte in materia di intercettazioni, ovvero introdurre nuovi strumenti volti a garantire l'efficacia delle intercettazioni come strumento di ricerca della prova determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le forme più insidiose di criminalità organizzata e dei fatti di corruzione, i cui effetti finali ricadono sull'utente, ovvero il cittadino; nonché ad intervenire per ripristinare la disciplina previgente laddove già sia stata oggetto di modifiche in termini di limitazione del loro utilizzo.
9/1718/14. Auriemma, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    l'articolo 1 comma 1 lettera b) reca modifiche al delitto di abuso d'ufficio, disciplinato dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo;

    l'articolo 1, comma 1, lettera e), interviene invece sull'articolo 346-bis codice penale, modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di restringerne l'ambito di applicazione;

    in concreto, per la configurazione di quest'ultimo, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale dovranno essere effettivamente «sfruttate» e non solo «vantate», e dovranno essere «esistenti» e non solo «asserite», con ciò comportando una grave limitazione di ciò che è penalmente rilevante e quindi, di fatto, sarà più difficile incorrere in questa fattispecie di reato. In sostanza, in questo modo, vengono meno proprio le due modifiche, introdotte dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetto Spazzacorrotti, che erano state apportate al testo al fine di assorbire il reato di millantato credito all'interno della fattispecie di traffico illecito d'influenze;

    le due modifiche alle fattispecie che rientrano nell'alveo dei reati corruttivi, rappresentano un grave passo indietro rispetto alle modifiche introdotte dalla legge cosiddetta Spazzacorrotti (n. 3 del 2019), grazie alla quale il nostro Paese aveva ottenuto il plauso dal GRECO per l'avvenuto allineamento agli standard imposti dalla Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    tali modifiche assumono un rilievo particolarmente pregnante in questa fase storica nella quale è elevato il rischio della predazione e/o della dispersione di quote significative dei fondi del PNRR, nonché dei fondi di coesione mediante condotte che a legislazione vigente integrano il reato di abuso d'ufficio. Si considerino al riguardo a titolo meramente esemplificativo, i casi di abuso d'ufficio finalizzati al voto di scambio con la creazione di reti clientelari finanziate con le risorse pubbliche. Tale rischio è particolarmente aumentato a seguito della dilatazione della discrezionalità dei pubblici amministratori nell'affidamento di appalti pubblici (per importi fino a 150.000 Euro: affidamenti diretti; per importi da 150.000 Euro e inferiori a 1 milione di Euro: procedura negoziata, senza pubblicazione del bando, previa consultazione di almeno 5 operatori economici; per importi compresi tra 1 milione di Euro fino alle soglie di rilevanza europea: procedura negoziata, senza pubblicazione del bando, previa consultazione di almeno 10 operatori economici);

    l'abolitio criminis dell'abuso d'ufficio determinerebbe anche l'archiviazione dei procedimenti penali attualmente instaurati dalla Procura Europea per il reato di abuso di ufficio e disabiliterebbe per il futuro l'esercizio dell'azione penale di tale organo a tutela degli interessi economico finanziari dell'Unione europea con violazione del combinato disposto dell'articolo 117 della Costituzione, dell'articolo 83 TFUE e del Regolamento EPPO adottato dal Consiglio UE nell'ottobre 2017;

    a ciò si aggiunga l'eliminazione dei più gravi reati di corruzione dal meccanismo delineato dall'articolo 4-bis ordinamento penitenziario operata attraverso uno dei primi provvedimenti adottati da questo Governo: il decreto-legge 31 ottobre 2022 n. 162, cosiddetto Decreto Rave, che ha espunto i delitti contro la pubblica amministrazione dal novero dei reati implicanti il meccanismo ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, previsto all'articolo 4-bis dell'Ordinamento penitenziario, con ciò comportando un grave vulnus alla lotta contro la criminalità organizzata e al malaffare in generale e determinando un allentamento dei presìdi contro i fenomeni corruttivi, che non può che esporre al pericolo di infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali, attirate dall'ingente quantità di afflusso di danaro, che potrebbero finanche mettere in discussione l'erogazione dei fondi da parte dalla stessa Unione europea. Desta ulteriore preoccupazione la circostanza che sia stata esclusa la suddetta previsione anche nei casi commessi in forma associativa;

    è notorio che la corruzione costituisca ormai una delle principali porte di ingresso della criminalità organizzata, ed in particolare, di quella di stampo mafioso, interessata sempre di più ad insinuarsi nella gestione delle risorse pubbliche e nella economia legale, con un costo per lo Stato di circa 60 miliardi l'anno, determinando, così, perspicue implicazioni economiche e sociali;

    allarmante appare, quindi, la prospettiva che ne deriva: un ritorno al passato, allorquando il nostro Paese si distingueva per essere non già in prima linea, ma fanalino di coda nel contrasto ai fenomeni corruttivi. Tutto ciò in controtendenza rispetto alle raccomandazioni formulate quest'anno dalla Commissione europea nel Report sullo Stato di diritto, che – al contrario – mirano a rafforzare i quadri di prevenzione, come quelli che disciplinano le norme in materia di lobbying e conflitto di interessi, e a garantire indagini e azioni penali efficaci nei casi di corruzione;

    in un'ottica di messa a terra del PNRR, nonché di continuazione nel reperimento delle risorse da esso derivate, sarebbe stato fondamentale mantenere inalterati quegli strumenti normativi di cui il nostro Paese si è dotato nei Governi Conte I e II, ed in particolare, la legge n. 3 del 2019, che ha predisposto un complesso sistema di contrasto ai fenomeni corruttivi, facendo ottenere il plauso all'Italia da parte del GRECO, il gruppo di Stati contro la Corruzione in seno al Consiglio d'Europa,

impegna il Governo

alla luce delle modifiche introdotte in materia di corruzione, ad adottare ogni provvedimento – anche normativo – per predisporre un adeguato sistema di controlli, prevenzione e trasparenza delle somme di denaro derivanti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché di repressione degli eventuali reati contro la pubblica amministrazione conseguenti all'utilizzo delle ingenti somme relative ai progetti del PNRR, monitorando ed eventualmente modificando le norme dei decreti-legge di attuazione del PNRR attualmente in vigore per una efficace gestione delle stesse risorse.
9/1718/15. Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    in particolare, il provvedimento propone modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari, prevedendo l'istituto dell'interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare e introducendo la decisione collegiale per l'adozione dell'ordinanza applicativa della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari; esclude il potere del PM di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2, c.p.p.;

    il provvedimento tralascia di introdurre disposizioni processuali volte a conferire maggiori poteri alla persona offesa dal reato nell'ambito del procedimento penale, riconoscendone, più propriamente, il ruolo di «vittima»;

    è di tutta evidenza, invero, che il ruolo della vittima nel processo abbia finito per perdere sempre più rilevanza, e ciò è dimostrato anche dall'assenza, nel nostro codice di procedura penale, della nozione di «vittima», laddove vengono usate le definizioni di «offeso dal reato», «persona offesa», «persona offesa dal reato». Pertanto vi è la necessità di far recuperare alla vittima una posizione di centralità nel processo di accertamento della violazione e della punizione che subisce il colpevole;

    è fondamentale, dunque, che il procedimento penale, in quanto tale, si traduca in concreto in uno strumento ontologicamente funzionale alla soddisfazione delle istanze del soggetto danneggiato dal reato;

    le fonti europee hanno gradualmente dimostrato un'attenzione sempre maggiore, sul piano del diritto penale, rispetto alla salvaguardia delle garanzie non solo dell'accusato, ma anche della vittima. Il considerando n. 9 della direttiva 2012/29/UE, afferma che «un reato è non solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime». Nella stessa CEDU, che si presta a una continua interpretazione evolutiva «in the light of present-day conditions», sono rinvenibili evidenti segnali della crescente valorizzazione delle prerogative delle vittime del reato;

    l'articolo 394 del codice di procedura penale consente alla persona offesa di promuovere la richiesta di incidente probatorio, rimettendo al Pubblico ministero la valutazione circa la presentazione dell'istanza al Giudice per le indagini preliminari;

    in caso di mancato accoglimento da parte del Pubblico ministero, questi pronuncia decreto motivato e lo fa notificare alla persona offesa;

    ne deriva, quindi, che la vittima di reati, anche particolarmente insidiosi quali quelli di violenza contro le donne e domestica, non è legittimata ad avanzare direttamente la richiesta di incidente probatorio al giudice, ma sempre per il tramite del Pubblico ministero, che funge quindi da filtro; occorre, pertanto, riconoscere maggiore centralità alla persona offesa nel procedimento penale e ciò ancor di più laddove sia vittima di gravi reati di violenza di genere o domestica;

    sarebbe, pertanto, opportuno attribuire un vero e proprio potere di impulso della richiesta di incidente probatorio anche alla persona offesa del reato;

    inoltre, sotto altro profilo, l'articolo 415-bis c.p.p. stabilisce che il Pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione, faccia notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore l'avviso di conclusione delle indagini. Mentre al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, solo ove si proceda per i reati di maltrattamenti e atti persecutori, ex articoli 572 e 612-bis del codice penale,

impegna il Governo

in un'ottica di valorizzazione delle prerogative delle vittime del reato, a prevedere, con il primo provvedimento utile, strumenti di maggiore partecipazione da parte della persona offesa al procedimento penale, quali la facoltà di iniziativa diretta relativa alla richiesta di incidente probatorio e l'obbligo di comunicazione dell'avviso di conclusione delle indagini alla persona offesa in tutti i procedimenti penali, nonché, in generale, ad introdurre la facoltà per la vittima di essere ascoltata dal giudice nel giudizio di riesame di una misura cautelare, e per il suo difensore di porre direttamente domande alla persona sottoposta ad esame.
9/1718/16.Pavanelli, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

   considerato che:

    il provvedimento propone modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari, prevedendo l'istituto dell'interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare e introducendo la decisione collegiale per l'adozione dell'ordinanza applicativa della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari; esclude il potere del PM di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2, del codice di procedura penale;

    in particolare, l'articolo 2 lettere l) e m) attribuiscono al giudice in composizione collegiale la competenza a decidere l'applicazione rispettivamente della misura della custodia cautelare in carcere (nuovo comma 1-quinquies dell'articolo 328 del codice di procedura penale) o di una misura di sicurezza provvisoria quando essa è detentiva (comma 1 dell'articolo 313 come modificato dalla lettera l)). Ai sensi dell'articolo 9 del disegno di legge tali disposizioni troveranno applicazione decorsi due anni dall'entrata in vigore della presente legge;

    l'incremento di 250 unità operato dal provvedimento in esame (articolo 5) non appare sufficiente a sopportare il carico di lavoro degli organi giudicanti, considerando, altresì, l'ingente quantità di arretrato, cui ancora non si è potuto far fronte, specie in grado di appello, nonché l'esistente Incompatibilità cosiddetta funzionale, determinata da atti compiuti nel procedimento ex articoli 34 e 35 del codice di procedura penale, che impedisce al singolo giudice di esercitare talune funzioni nel procedimento penale, in ragione di sue inadeguatezze allo svolgimento del proprio compito, ai fini della garanzia della imparzialità di giudizio;

    pertanto, la previsione di un organo collegiale cui affidare l'adozione delle misure di custodia appare di difficile attuazione già nei grandi tribunali e sarà pressoché impossibile da gestire negli uffici medio-piccoli, al netto dell'aumento esponenziale delle ipotesi di incompatibilità che, inevitabilmente, ne conseguiranno e, quindi, dell'allungamento dei tempi del processo, in chiara violazione degli obiettivi del PNRR,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle norme su menzionate per verificare che la previsione introdotta relativa alla collegialità delle decisioni per l'adozione dell'ordinanza applicativa della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari non si traduca, di fatto, in un ulteriore aggravamento del carico di lavoro dei tribunali e quindi dei tempi dei procedimenti penali.
9/1718/17. Caramiello, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    in particolare, il provvedimento propone modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari, prevedendo l'istituto dell'interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare e introducendo la decisione collegiale per l'adozione dell'ordinanza applicativa della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari; esclude il potere del PM di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2, codice di procedura penale;

   considerato che:

    l'articolo 2 comma 1 lettera e) n. 2 del disegno di legge introduce l'istituto dell'interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare, l'interpolazione nell'articolo 291 codice di procedura penale del comma 1-quater, secondo cui «Fermo il disposto dell'articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, comma 1, lettera c), in relazione ad uno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), o nell'articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale»;

    l'interrogatorio preventivo è escluso – sempre dal nuovo comma 1-quater dell'articolo 291 codice di procedura penale – se sussistono le esigenze cautelari del pericolo di fuga e dell'inquinamento probatorio. È, invece, necessario, se è ipotizzato il pericolo di reiterazione del reato, a meno che non si proceda per reati di rilevante gravità (la disposizione richiama i delitti di cui all'articolo 407 comma 2, lettera a)1 e quelli di cui all'articolo 362, comma 1-ter2) ovvero «a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale»;

    la previsione di una qualche forma di contraddittorio «anticipato» per l'applicazione delle misure cautelari espone al rischio di vanificazione delle esigenze sottese all'intervento cautelare, cioè di assicurare che il destinatario, messo a conoscenza della richiesta, non si sottragga all'esecuzione dell'eventuale provvedimento applicativo; tale rischio è tanto più esistente nei procedimenti con più indagati;

    sotto altro profilo, l'istituto dell'interrogatorio avrebbe una cornice applicativa ristrettissima: riguarderebbe un delitto punito con una pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni (o cinque, in caso di richiesta di custodia cautelare, come recita l'articolo 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale), suscettibile di reiterazione, e tuttavia non appartenente alla stragrande maggioranza dei reati tradizionalmente ritenuti più gravi; appare, tra l'altro, non ragionevole l'esclusione di tale istituto per i reati più gravi tra quelli per i quali il pericolo di reiterazione è rilevante ex articolo 274 codice di procedura penale,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle norme contenute nel provvedimento in esame che introducono il cosiddetto «interrogatorio preventivo» al fine di valutare se vi sia stato un eventuale incremento di casi di sottrazione all'esecuzione del provvedimento cautelare per coloro che vengono raggiunti dalla convocazione per l'interrogatorio, ovvero un incremento dei casi di inquinamento probatorio.
9/1718/18. D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    in particolare, l'articolo 5 prevede l'aumento di 250 unità del ruolo organico della magistratura, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado;

    tale aumento sarebbe conseguente all'introduzione della competenza collegiale del giudice per le indagini preliminari, con particolare riferimento alle esigenze di natura organizzativa derivanti dalle incompatibilità;

   considerato che:

    l'articolo 8, contempla la clausola di invarianza finanziaria, con la conseguenza che dall'attuazione della presente legge, ad eccezione delle disposizioni di cui all'articolo 5, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

    la lentezza dei processi si combatte non con norme che rischiano di creare sacche di impunità, bensì con un incremento preliminare delle risorse impiegate nel settore;

    manca, tuttavia, nel provvedimento in esame qualsivoglia previsione a favore della stabilizzazione e del rafforzamento del personale addetto agli uffici per il processo, specie nei Tribunali di sorveglianza;

    l'articolo 22, comma 1, lettera a), del disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante «Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)», convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, interviene sull'articolo 11 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 (convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2013, n. 113), in materia di addetti all'ufficio per il processo (UPP), che è volto a realizzare quanto specificamente previsto nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) ed in particolare a favorire la piena operatività delle strutture dell'ufficio per il processo, sia nell'ambito della giustizia ordinaria che in quello della giustizia amministrativa;

    appare utile rammentare che l'articolo 11 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, al fine di supportare le linee di progetto ricomprese nel PNRR e, in particolare, per favorire la piena operatività delle strutture organizzative denominate ufficio per il processo e assicurare la celere definizione dei procedimenti giudiziari, ha introdotto misure specifiche per gli addetti all'ufficio per il processo, prevedendone, in deroga a quanto previsto dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l'assunzione con contratto a tempo determinato non rinnovabile;

    è fondamentale intervenire per garantire la prosecuzione della durata dei contratti degli addetti agli uffici già in essere, considerando lo straordinario contributo fornito da questi ultimi al l'amministrazione della giustizia ordinaria e amministrativa;

    la funzionalità e l'efficienza degli uffici per il processo rappresentano certamente un aspetto di quell'emancipazione del processo civile richiesta dal PNRR, messa in campo per affrontare lo storico problema dell'arretrato civile e penale e dell'eccessiva durata dei processi;

    tra gli ambiziosi obiettivi ed i gravosi impegni che l'Italia si è assunta per la giustizia con il PNRR, invero, vi è la riduzione dei tempi del 40 per cento nel settore civile e del 25 per cento nel penale, eliminando il 90 per cento dell'arretrato. Non si può prescindere, pertanto, dal rafforzamento del personale degli uffici giudiziari che affianca l'operato dei magistrati, in ottica di efficientamento dell'intero sistema giustizia;

    in particolare, nel settore dell'esecuzione penale, è di tutta evidenza come manchi il personale amministrativo adeguato a sostenere il carico di lavoro che è destinato a gravare, così, sui magistrati di sorveglianza. A tal riguardo, si tenga conto che l'articolo 1 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 151 ha espressamente previsto che, oltre che presso i tribunali ordinari e le corti di appello, anche presso i tribunali di sorveglianza siano costituiti uno o più uffici per il processo, che operano secondo le disposizioni previste per l'ufficio per il processo penale presso i tribunali ordinari, in quanto compatibili;

    stando a quanto riportato dai magistrati di sorveglianza e dagli operatori del settore, tale norma risulta ad oggi ancora non attuata, e la stessa coordinatrice dei magistrati di sorveglianza ha dichiarato di recente che il motivo per cui gli stessi non riescono a garantire una loro presenza maggiore nelle carceri – al fine di mettere in pratica ciò che prescrive la legge sull'ordinamento penitenziario, ovvero l'individualizzazione della pena – così da aiutare a scongiurare il ripetersi di casi di suicidi, deriverebbe anche dalla circostanza che sono troppo oberati da lavori di tipo burocratico, che dovrebbero, invece, essere svolti da personale amministrativo;

    occorre garantire la presenza e la stabilizzazione degli addetti agli uffici per il processo anche presso i Tribunali di Sorveglianza, di modo da alleggerire il carico di lavoro dei magistrati, consentendo, così a questi ultimi, di occuparsi maggiormente delle condizioni dei detenuti e scongiurare il rischio del ripetersi di ulteriori ipotesi di suicidi,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative normative volte a consentire la stabilizzazione dei contratti in essere degli addetti agli uffici per il processo, nel rispetto degli obiettivi imposti dal PNRR e in un'ottica di reale smaltimento degli arretrati e di riconoscimento delle giuste pretese anche economiche del personale già impiegato, nonché a rendere effettiva la destinazione degli addetti agli uffici per il processo anche ai Tribunali di sorveglianza.
9/1718/19. Barzotti, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

   considerato che:

    l'articolo 1 comma 1 lettera b) reca modifiche al delitto di abuso d'ufficio, disciplinato dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo;

    l'articolo 1, comma 1, lettera e), interviene invece sull'articolo 346-bis del codice penale, modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di restringerne l'ambito di applicazione;

    in concreto, per la configurazione di quest'ultimo, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale dovranno essere effettivamente «sfruttate» e non solo «vantate», e dovranno essere «esistenti» e non solo «asserite», con ciò comportando una grave limitazione di ciò che è penalmente rilevante e quindi, di fatto, sarà più difficile incorrere in questa fattispecie di reato;

    in sostanza, in questo modo, vengono meno proprio le due modifiche, introdotte dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetta Spazzacorrotti, che erano state apportate al testo al fine di assorbire il reato di millantato credito all'interno della fattispecie di traffico illecito d'influenze;

    i due interventi normativi proposti riguardanti, da un lato l'abuso d'ufficio e dall'altro, il traffico di influenze, tanto più preoccupano gli scriventi, quanto più si consideri che gli stessi rischiano di creare delle sacche di impunità, specie alla luce delle modifiche proposte con il provvedimento recante Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione, già approvato alla Camera, ed attualmente in esame al Senato (A.S. 985), che di fatto ripristina il regime di prescrizione sostanziale – come in vigore prima della citata legge n. 3 del 2019 – mandando in fumo centinaia di processi;

    come noto, per le difficoltà di emersione e di accertamento dei fenomeni corruttivi, i procedimenti aventi ad oggetto tali fattispecie manifestano un alto rischio di estinzione per il sopraggiungere del termine di prescrizione;

    è notorio che la corruzione costituisca ormai una delle principali porte di ingresso della criminalità organizzata, ed in particolare, di quella di stampo mafioso, interessata sempre di più ad insinuarsi nella gestione delle risorse pubbliche e nella economia legale, con un costo per lo Stato di circa 60 miliardi l'anno, determinando, così, perspicue implicazioni economiche e sociali;

    inoltre, appare opportuno richiamare in questa sede le perplessità manifestate dalla Commissione europea nel Report sullo stato di diritto 2022 rispetto alla fissazione di termini massimi per la conclusione dei procedimenti dinanzi alla Corte d'appello e alla Corte suprema di cassazione. In particolare, per problemi di efficienza soprattutto a livello delle Corti d'appello, «le nuove misure rischiano di incidere negativamente sui processi penali e in particolare su quelli in corso, che potrebbero essere automaticamente resi improcedibili;

   sebbene siano previste eccezioni e siano in vigore norme temporanee, l'efficacia del sistema giudiziario penale richiede un attento monitoraggio a livello nazionale per garantire un giusto equilibrio tra l'introduzione delle nuove disposizioni e i diritti di difesa, i diritti delle vittime e l'interesse pubblico all'efficienza del procedimento penale»;

   orbene, tali considerazioni non possono non valere, a maggior ragione, per la prescrizione sostanziale, il cui regime sarebbe di fatto ripristinato dall'entrata in vigore del citato provvedimento attualmente in esame al Senato e che avrebbe effetti pericolosi specie per i procedimenti di corruzione,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, ad astenersi dal sostenere o dall'adottare riforme in materia di giustizia che possano impattare negativamente ed indirettamente sul buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, per effetto dell'eventuale ripristino del regime di prescrizione sostanziale.
9/1718/20. Pellegrini, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

   considerato che:

    l'articolo 1 comma 1 lettera b) reca modifiche al delitto di abuso d'ufficio, disciplinato dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo;

    l'articolo 1, comma 1, lettera e), interviene invece sull'articolo 346-bis del codice penale, modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di restringerne l'ambito di applicazione;

    in concreto, per la configurazione di quest'ultimo, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale dovranno essere effettivamente «sfruttate» e non solo «vantate», e dovranno essere «esistenti» e non solo «asserite», con ciò comportando una grave limitazione di ciò che è penalmente rilevante e quindi, di fatto, sarà più difficile incorrere in questa fattispecie di reato;

    in sostanza, in questo modo, vengono meno proprio le due modifiche, introdotte dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetta Spazzacorrotti, che erano state apportate al testo al fine di assorbire il reato di millantato credito all'interno della fattispecie di traffico illecito d'influenze;

    si ricordi che il reato di traffico di influenze illecite di cui all'articolo 346-bis del codice penale è stato inserito nel codice penale dalla cosiddetta «Legge Severino» (legge n. 190 del 2012), che richiamava quanto previsto sia dall'articolo 18 Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (c.d. Convenzione di Merida), sia dall'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo,

impegna il Governo

a verificare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di preservare le discipline normative e i vigenti istituti e presìdi di tutela e vigilanza della legalità e dell'integrità dei pubblici uffici, salvaguardando, in particolare, attraverso le opportune iniziative normative, le vigenti disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190, c.d. «legge Severino».
9/1718/21. Alfonso Colucci, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

   considerato che:

    l'articolo 1 comma 1 lettera b) reca modifiche al delitto di abuso d'ufficio, disciplinato dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo;

    l'articolo 1, comma 1, lettera e), interviene invece sull'articolo 346-bis del codice penale, modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di restringerne l'ambito di applicazione;

    in concreto, per la configurazione di quest'ultimo, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale dovranno essere effettivamente «sfruttate» e non solo «vantate», e dovranno essere «esistenti» e non solo «asserite», con ciò comportando una grave limitazione di ciò che è penalmente rilevante e quindi, di fatto, sarà più difficile incorrere in questa fattispecie di reato;

    in sostanza, in questo modo, vengono meno proprio le due modifiche, introdotte dalla legge n. 3 del 2019, c.d. Spazzacorrotti, che erano state apportate al testo al fine di assorbire il reato di millantato credito all'interno della fattispecie di traffico illecito d'influenze;

    si ricordi che il reato di traffico di influenze illecite di cui all'articolo 346-bis del codice penale è stato inserito nel codice penale dalla c.d. «Legge Severino» (legge n. 190 del 2012), che richiamava quanto previsto sia dall'articolo 18 Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (c.d. Convenzione di Menda), sia dall'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    il «nuovo» codice degli appalti pubblici, introdotto dal decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36, ha tra gli altri – previsto come regola generale quella che prima era un'eccezione: la possibilità di ricorrere all'affidamento diretto per lavori entro 150.000 euro e per servizi e forniture entro 140.000 euro, introducendo nuovi principi, tra cui il principio del risultato perseguito dall'amministrazione;

    molteplici sono le criticità derivanti dall'entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti, come rilevato da ANAC stessa: tra questi, l'eliminazione di controlli preventivi per evitare un uso indiscriminato dell'in-house; l'innalzamento a 500.000 euro della soglia per la qualificazione delle stazioni appaltanti; rallentamento delle garanzie sul conflitto d'interessi; l'uso generalizzato dell'appalto integrato senza motivazioni;

    come noto, il settore degli appalti è quello più maggiormente sensibile ai fenomeni corruttivi e, pertanto, necessita di costanti ed efficaci sistemi di controllo,

impegna il Governo

a vigilare, alla luce delle modifiche proposte al codice penale e già intervenute al codice degli appalti, sulla garanzia e l'ottemperanza del principio di trasparenza nei procedimenti amministrativi inerenti ai settori a più elevato rischio di corruzione, in particolare quello degli appalti pubblici, rafforzando ogni istituto e presidio a tutela della legalità e dell'integrità dell'agire e dell'interesse pubblico.
9/1718/22. Santillo, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

   considerato che:

    l'articolo 1 comma 1 lettera b) reca modifiche al delitto di abuso d'ufficio, disciplinato dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo;

    l'articolo 1, comma 1, lettera e), interviene invece sull'articolo 346-bis del codice penale, modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di restringerne l'ambito di applicazione;

    in concreto, per la configurazione di quest'ultimo, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale dovranno essere effettivamente «sfruttate» e non solo «vantate», e dovranno essere «esistenti» e non solo «asserite», con ciò comportando una grave limitazione di ciò che è penalmente rilevante e quindi, di fatto, sarà più difficile incorrere in questa fattispecie di reato,

    in sostanza, in questo modo, vengono meno proprio le due modifiche, introdotte dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetta Spazzacorrotti, che erano state apportate al testo al fine di assorbire il reato di millantato credito all'interno della fattispecie di traffico illecito d'influenze;

    si ricordi che il reato di traffico di influenze illecite di cui all'articolo 346-bis del codice penale è stato inserito nel codice penale dalla cosiddetta «Legge Severino» (legge n. 190 del 2012), che richiamava quanto previsto sia dall'articolo 18 Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cosiddetta Convenzione di Merida), sia dall'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    il «nuovo» codice degli appalti pubblici, introdotto dal decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36, ha tra gli altri previsto come regola generale quella che prima era un'eccezione: la possibilità di ricorrere all'affidamento diretto per lavori entro 150.000 euro e per servizi e forniture entro 140.000 euro, introducendo nuovi principi, tra cui il principio del risultato perseguito dall'amministrazione;

    molteplici sono le criticità derivanti dall'entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti, come rilevato da ANAC stessa: tra questi, l'eliminazione di controlli preventivi per evitare un uso indiscriminato dell'in-house; l'innalzamento a 500.000 euro della soglia per la qualificazione delle stazioni appaltanti; l'allentamento delle garanzie sul conflitto d'interessi; l'uso generalizzato dell'appalto integrato senza motivazioni;

    il settore degli appalti è quello più maggiormente sensibile ai fenomeni corrottivi e, pertanto, necessita di costanti ed efficaci sistemi di controllo;

    il controllo preventivo di ANAC è un aiuto fondamentale per fare scelte giuste e operare bene, così da scongiurare il rischio di interruzioni di procedure in tempi successivi, a causa dei contenziosi che possano sorgere,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche legislative, finalizzate a promuovere la trasparenza e la cultura della legalità, in particolare, ad introdurre presidi per mitigare il rischio corruttivo, alla luce delle modifiche proposte al codice penale e già intervenute al codice degli appalti, rafforzando le funzioni di regolazione e le attività di vigilanza sui contratti pubblici dell'Autorità Nazionale Anticorruzione.
9/1718/23. Cappelletti, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

   considerato che:

    l'articolo 1 comma 1 lettera b) reca modifiche al delitto di abuso d'ufficio, disciplinato dall'articolo 323 del codice penale, abrogandolo;

    l'articolo 1, comma 1, lettera e), interviene invece sull'articolo 346-bis del codice penale, modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di restringerne l'ambito di applicazione;

    in concreto, per la configurazione di quest'ultimo, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale dovranno essere effettivamente «sfruttate» e non solo «vantate», e dovranno essere «esistenti» e non solo «asserite», con ciò comportando una grave limitazione di ciò che è penalmente rilevante e quindi, di fatto, sarà più difficile incorrere in questa fattispecie di reato;

    in sostanza, in questo modo, vengono meno proprio le due modifiche, introdotte dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetto Spazzacorrotti, che erano state apportate al testo al fine di assorbire il reato di millantato credito all'interno della fattispecie di traffico illecito d'influenze;

    le due modifiche alle fattispecie che rientrano nell'alveo dei reati corruttivi, rappresentano un grave passo indietro rispetto alle modifiche introdotte dalla legge cosiddetto Spazzacorrotti (n. 3 del 2019), grazie alla quale il nostro Paese aveva ottenuto il plauso dal GRECO per l'avvenuto allineamento agli standard imposti dalla Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    si ricorda che il reato di traffico di influenze illecite di cui all'articolo 346-bis del codice penale è stato inserito nel codice dalla cosiddetta «Legge Severino» (legge n. 190 del 2012). Si ricorda, a tale proposito, che il citato intervento legislativo richiamava quanto previsto sia dall'articolo 18 Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cosiddetto Convenzione di Merida), sia dall'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa, colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo;

    è notorio che la corruzione costituisca ormai una delle principali porte di ingresso della criminalità organizzata, ed in particolare, di quella di stampo mafioso, interessata sempre di più ad insinuarsi nella gestione delle risorse pubbliche e nella economia legale, con un costo per lo Stato di circa 60 miliardi l'anno, determinando, così, perspicue implicazioni economiche e sociali;

    allarmante appare, quindi, la prospettiva che ne deriva: un ritorno al passato in tema di corruzione, allorquando il nostro Paese si distingueva per essere non già in prima linea, ma fanalino di coda nel contrasto ai fenomeni corruttivi. Tutto ciò in controtendenza rispetto alle raccomandazioni formulate quest'anno dalla Commissione europea nel Report sullo Stato di diritto, che – al contrario – mirano a rafforzare i quadri di prevenzione, come quelli che disciplinano le norme in materia di lobbying e conflitto di interessi, e a garantire indagini e azioni penali efficaci nei casi di corruzione;

    è attualmente in corso di esame in Commissione Affari costituzionali della Camera la proposta di legge (a firma Francesco Silvestri) che «disciplina le attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi» (A.C. 308), la cui adozione si ritiene necessaria e non più differibile al fine di colmare un grave vuoto normativo;

    dall'analisi condotta dall'associazione Transparency International-Italia nello studio «Lobbying e democrazia. La rappresentanza degli interessi in Italia» emerge infatti uno scenario sconfortante, che classifica il nostro Paese tra i peggiori in Europa, con un punteggio di 20 su 100. Lo studio condotto porta infatti a concludere che il livello di accesso dei cittadini alle informazioni sulle attività di lobbying («trasparenza») raggiunge uno scarso 11 per cento; la valutazione degli standard e dei codici di comportamento dei lobbisti e dei decisori pubblici («integrità») arriva al 27 per cento; infine l'equità di accesso e partecipazione al processo decisionale («parità nelle condizioni di accesso») ottiene solo 22 punti su 100. È evidente pertanto che l'adozione di una normativa capace di colmare questo vuoto è necessaria e doverosa per ristabilire adeguati livelli di trasparenza e di partecipazione alle decisioni pubbliche;

    regolamentare l'attività di rappresentanza di interessi particolari risponde a una duplice esigenza: da un lato, orientare la formazione della decisione del legislatore alla tutela della concorrenza, conformandola ai princìpi di pubblicità, trasparenza e partecipazione democratica e migliorando la qualità della regolazione; dall'altro, fornire un efficace strumento per la prevenzione e la lotta alla corruzione e per evitare e combattere i conflitti di interesse e il traffico illecito di influenze, assicurando il diritto-dovere, costituzionalmente garantito, della partecipazione della società civile ai processi decisionali,

impegna il Governo

ferme restando le prerogative parlamentari, a favorire e sostenere le iniziative parlamentari in esame in materia di rappresentanza di interessi, in quanto strettamente connesso al rafforzamento dei presidi di prevenzione anticorruzione, al fine di dotare il nostro Paese di una normativa adeguata, in linea con le esortazioni avanzate dagli organi europei.
9/1718/24. Francesco Silvestri, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sia sul codice penale, che sul codice di rito, che sugli ordinamenti giudiziario e militare;

    in particolare, il provvedimento propone modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari, prevedendo l'istituto dell'interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare e introducendo la decisione collegiale per l'adozione dell'ordinanza applicativa della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari; esclude il potere del PM di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2, del codice di procedura penale;

    il decreto legislativo n. 150 del 2022 – in attuazione della legge n. 134 del 2021 recante Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari – nell'ambito di un più generale intervento riformatore in materia di impugnazioni, ha novellato, tra gli altri, l'articolo 599-bis del codice di procedura penale, relativo al concordato anche con rinuncia ai motivi di appello;

    la richiamata riforma ha inteso ampliare l'ambito applicativo del cosiddetto «concordato in appello», eliminando tutte le preclusioni all'accesso a tale istituto, previste dal comma 2 dell'articolo 599-bis del codice di procedura penale, al fine di ottenere effetti deflattivi sul contenzioso giudiziario ed effetti positivi sulla durata complessiva dei procedimenti;

    il concordato in appello può consentire al condannato di ottenere una riduzione di pena anche a seguito di condanna in primo grado, qualora il Pubblico Ministero, per abbattere il carico di lavoro, si accordi con il difensore dell'imputato sull'accoglimento di taluni motivi di gravame, in ragione della prospettiva che l'imputato rinunci agli altri motivi, anche in caso di reati particolarmente insidiosi;

    per effetto della riforma, è possibile accedere al concordato in appello anche per reati particolarmente gravi, come quelli di associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina o alla tratta di persone ovvero i reati con finalità di terrorismo, ovvero a commettere un delitto di sfruttamento sessuale dei minori, o finalizzata ad un delitto di contraffazione; tratta di persone o riduzione in schiavitù; associazione per delinquere di tipo mafioso o commessi per agevolare tali associazioni; scambio elettorale politico-mafioso; sequestro di persona a scopo di estorsione; associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, al contrabbando di tabacchi e al traffico di rifiuti; i reati di sfruttamento sessuale dei minori; reati di violenza sessuale semplice, aggravata e di gruppo; occorre reintrodurre l'elencazione dei casi delittuosi per i quali era precluso, sulla scia di quanto previsto dal testo previgente, per escludere che esigenze deflattive possano comportare un elevato rischio di impunità nei casi richiamati,

impegna il Governo

ad adoperarsi, con il primo provvedimento utile, per ripristinare il catalogo di preclusioni in materia di concordato in appello, previsto dalla disciplina previgente, così da impedire che il condannato in primo grado per gravi reati possa accedere in sede di appello a eventuali riduzioni di pena derivanti dall'accordo su taluni motivi di appello, con rinuncia agli altri.
9/1718/25. Ascari, D'Orso, Cafiero De Raho, Giuliano.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento costituisce un intervento disorganico e dannoso che non affronta i problemi strutturali del comparto giustizia e rischia di aggravarli; il Governo non attua le riforme approvate dai precedenti Governi e disinveste: nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione delle risorse assegnate alla giustizia da 11 a 10 miliardi di euro;

    dispone l'articolo 1, comma 1, lettera b), l'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale; tale disposizione desta particolare allarme anche alla luce delle ricadute negative che comporta rispetto al contrasto dell'abuso di potere del funzionario pubblico a discapito del cittadino. Con tale abrogazione non si ottiene lo scopo di tutelare maggiormente gli amministratori locali dalla cosiddetta «paura della firma»; infatti, da un lato il vuoto normativo non esclude l'inquadramento dei medesimi fatti sotto altre fattispecie penali anche più gravi reati, dall'altro, con la scelta del Governo di introdurre in via di urgenza nel decreto «carceri» un nuovo reato, il cosiddetto peculato per distrazione, determina l'introduzione di una fattispecie di abuso di ufficio bis che colpisce gli amministratori locali; il Partito Democratico si è mosso sempre con attenzione verso il tema per tenere insieme le preoccupazioni degli amministratori locali, da un lato, e la tutela del cittadino dinanzi agli abusi di potere della Pubblica Amministrazione, dall'altro;

    il reato di abuso di ufficio è stato già oggetto di intervento nella scorsa legislatura con la riduzione della portata della fattispecie. Ulteriori modifiche migliorative possono essere apportate senza mettere in campo la soluzione estrema della cancellazione. Con disegni di legge presentati dal Partito Democratico si è proposta la modifica del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con precisazione della responsabilità politica e amministrativa dei sindaci e dei presidenti delle province e delle relative giunte; anche nel corso della seduta in Commissione sono state respinte le proposte emendative presentate dal Gruppo del Partito democratico che cercavano di definire meglio più precisamente i contorni della fattispecie penale, di salvaguardare contestualmente l'esigenza di legalità e quella di una maggiore funzionalità della pubblica amministrazione;

    a quanto detto si aggiunga che la scelta di abolire il delitto di abuso d'ufficio sta destando preoccupazioni anche nelle sedi europee, oltre al fatto che appare esporsi a vizi di costituzionalità per il contrasto con le disposizioni di cui all'articolo 117, primo comma, della Costituzione che, come noto, chiarisce come la potestà legislativa vada esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; l'abrogazione del reato dunque rischia di abbandonare il privato a qualunque forma di abuso da parte della pubblica amministrazione privandolo della tutela della giurisdizione penale, con creazione di un sistema nel quale i pubblici ufficiali diverrebbero titolari di una potestà spropositata con pregiudizio del principio costituzionale di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

    l'ordinamento nazionale da molto tempo (e nello specifico con la Legge numero 142 del 1990 e con il decreto legislativo numero 29 del 1993 come modificato dal decreto legislativo numero 80 del 1998) sancisce il principio di separazione negli enti locali tra attività di indirizzo spettante all'organo politico e attività gestionale di spettanza della dirigenza;

    nonostante ciò, molte pronunce hanno ricondotto la responsabilità degli amministratori, ed in particolare dei sindaci, entro la fattispecie del cosiddetto reato omissivo improprio ex articolo 40, secondo comma, del codice penale, anche dunque in caso di contestazione di violazione da parte dell'Ente delle regole tecniche il cui rigoroso rispetto però la legge attribuisce al corpo amministrativo titolare del potere gestionale (in tale senso, tra le altre, le sentenze della Cassazione, Sezione IV penale del 29 novembre 2005, numero 14180; Cassazione, sezione IV penale del 29 marzo 2016, numero 17010);

    la giurisprudenza penale ha, dunque, spesso riconosciuto la responsabilità penale degli amministratori locali, che pure non hanno responsabilità gestionale che spetta al corpo amministrativo, in virtù dell'assegnazione di una posizione di controllo molto ampia in capo all'organo di Governo;

    fondamento giuridico di tale interpretazione è anzitutto l'articolo 50 del Testo unico degli Enti Locali, ai sensi del quale il primo cittadino sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti;

    le attuali norme del Testo unico sugli enti locali, in particolare gli articoli 50, 54 e 107, finiscono così per esporre a responsabilità gli amministratori locali anche in presenza di illegittimità tecniche, delle quali però per legge risponde il corpo tecnico-amministrativo;

    appare, quindi, urgente in relazione agli amministratori locali un diverso intervento normativo, coerente con le norme di legge che distinguono tra responsabilità politica e responsabilità amministrativa, e in particolare una revisione degli articoli 50, 54 e 107 del decreto legislativo numero 267 del 2000 al fine di chiarire e delimitare in modo netto il confine tra la responsabilità politica del sindaco, dei presidenti di provincia e degli amministratori locali e relative giunte e la responsabilità gestionale e tecnica che è in capo ai dirigenti dell'attività amministrativa,

impegna il Governo:

ad adottare, nell'ambito delle proprie prerogative, un provvedimento urgente, in relazione a quanto espresso in premessa, che modifichi gli articoli 50, 54, 107 del Tuel in materia di competenze degli amministratori locali, al fine di:

   prevedere che il sindaco, il presidente della Provincia e gli amministratori locali siano gli organi responsabili dell'indirizzo politico;

   ribadire che i dirigenti delle amministrazioni locali siano i responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa in virtù del potere gestionale loro assegnato dalla legge.
9/1718/26. Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Lacarra, Scarpa, Carmina.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento costituisce un intervento disorganico e dannoso che non affronta i problemi strutturali del comparto giustizia e rischia di aggravarli; il Governo non attua le riforme approvate dai precedenti Governi e disinveste: nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione delle risorse assegnate alla giustizia da 11 a 10 miliardi di euro;

    dispone l'articolo 1, comma 1, lettera b), l'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale; tale disposizione desta particolare allarme anche alla luce delle ricadute negative che comporta rispetto al contrasto dell'abuso di potere del funzionario pubblico a discapito del cittadino. Con tale abrogazione non si ottiene lo scopo di tutelare maggiormente gli amministratori locali dalla cosiddetta «paura della firma»; infatti, da un lato il vuoto normativo non esclude l'inquadramento dei medesimi fatti sotto altre fattispecie penali anche più gravi reati, dall'altro, con la scelta del governo di introdurre in via di urgenza nel decreto «carceri» un nuovo reato, il cd peculato per distrazione, determina l'introduzione di una fattispecie di abuso di ufficio bis che colpisce gli amministratori locali; il Partito Democratico si è mosso sempre con attenzione verso il tema per tenere insieme le preoccupazioni degli amministratori locali, da un lato, e la tutela del cittadino dinanzi agli abusi di potere della Pubblica Amministrazione, dall'altro;

    il reato di abuso di ufficio è stato già oggetto di intervento nella scorsa legislatura con la riduzione della portata della fattispecie. Ulteriori modifiche migliorative possono essere apportate senza mettere in campo la soluzione estrema della cancellazione. Con disegni di legge presentati dal Partito Democratico si è proposta la modifica del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con precisazione della responsabilità politica e amministrativa dei sindaci e dei presidenti delle province e delle relative giunte; anche nel corso della seduta in Commissione sono state respinte le proposte emendative presentate dal Gruppo del Partito democratico che cercavano di definire meglio più precisamente i contorni della fattispecie penale, di salvaguardare contestualmente l'esigenza di legalità e quella di una maggiore funzionalità della pubblica amministrazione;

    a quanto detto si aggiunga che la scelta di abolire il delitto di abuso d'ufficio sta destando preoccupazioni anche nelle sedi europee, oltre al fatto che appare esporsi a vizi di costituzionalità per il contrasto con le disposizioni di cui all'articolo 117, primo comma, della Costituzione che, come noto, chiarisce come la potestà legislativa vada esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; l'abrogazione del reato dunque rischia di abbandonare il privato a qualunque forma di abuso da parte della pubblica amministrazione privandolo della tutela della giurisdizione penale, con creazione di un sistema nel quale i pubblici ufficiali diverrebbero titolari di una potestà spropositata con pregiudizio del principio costituzionale di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

    l'ordinamento nazionale da molto tempo (e nello specifico con la legge n. 142 del 1990 e con il decreto legislativo n. 29 del 1993 come modificato dal decreto legislativo n. 80 del 1998) sancisce il principio di separazione negli enti locali tra attività di indirizzo spettante all'organo politico e attività gestionale di spettanza della dirigenza;

    nonostante ciò, molte pronunce hanno ricondotto la responsabilità degli amministratori, ed in particolare dei sindaci, entro la fattispecie del cosiddetto reato omissivo improprio ex articolo 40, secondo comma, del codice penale, anche dunque in caso di contestazione di violazione da parte dell'Ente delle regole tecniche il cui rigoroso rispetto però la legge attribuisce al corpo amministrativo titolare del potere gestionale (in tale senso, tra le altre, le sentenze della Cassazione, Sezione IV penale del 29 novembre 2005, numero 14180; Cassazione, sezione IV penale del 29 marzo 2016, numero 17010);

    la giurisprudenza penale ha, dunque, spesso riconosciuto la responsabilità penale degli amministratori locali, che pure non hanno responsabilità gestionale che spetta al corpo amministrativo, in virtù dell'assegnazione di una posizione di controllo molto ampia in capo all'organo di governo;

    fondamento giuridico di tale interpretazione è anzitutto l'articolo 50 del Testo Unico degli enti locali, ai sensi del quale il primo cittadino sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti;

    le attuali norme del Testo unico sugli enti locali, in particolare gli articoli 50, 54 e 107, finiscono così per esporre a responsabilità gli amministratori locali anche in presenza di illegittimità tecniche, delle quali però per legge risponde il corpo tecnico-amministrativo;

    appare, quindi, urgente in relazione agli amministratori locali un diverso intervento normativo, coerente con le norme di legge che distinguono tra responsabilità politica e responsabilità amministrativa, e in particolare una revisione degli articoli 50, 54 e 107 del decreto legislativo n. 267 del 2000 al fine di chiarire e delimitare in modo netto il confine tra la responsabilità politica del sindaco, dei presidenti di provincia e degli amministratori locali e relative giunte e la responsabilità gestionale e tecnica che è in capo ai dirigenti dell'attività amministrativa,

impegna il Governo

ad effettuare, nell'ambito delle proprie prerogative, un nuovo bilanciamento che rispetti parimenti le esigenze di legalità e il principio di personalità della pena di cui all'articolo 27 della Costituzione, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 8 e 11 del decreto legislativo n. 235 del 2012, prevedendo l'esclusione dalla sospensione per gli amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive e dunque suscettibili di cambiamento nel corso dell'iter processuale, ovviamente laddove non riguardino delitti di particolare allarme sociale.
9/1718/27. Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa, Enrico Costa.


   La Camera,

impegna il Governo

ad effettuare, nell'ambito delle proprie prerogative, un nuovo bilanciamento che rispetti parimenti le esigenze di legalità e il principio di personalità della pena di cui all'articolo 27 della Costituzione, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 8 e 11 del decreto legislativo n. 235 del 2012, prevedendo l'esclusione dalla sospensione per gli amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive e dunque suscettibili di cambiamento nel corso dell'iter processuale, ovviamente laddove non riguardino delitti di particolare allarme sociale.
9/1718/27. (Testo modificato nel corso della seduta)Serracchiani, Gianassi, Di Biase, Lacarra, Scarpa, Enrico Costa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento costituisce un intervento disorganico e dannoso che non affronta i problemi strutturali del comparto giustizia e rischia di aggravarli; il Governo non attua le riforme approvate dai precedenti Governi e disinveste: nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione delle risorse assegnate alla giustizia da 11 a 10 miliardi di euro;

    dispone l'articolo 1, comma 1, lettera b), l'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale; tale disposizione desta particolare allarme anche alla luce delle ricadute negative che comporta rispetto al contrasto dell'abuso di potere del funzionario pubblico a discapito del cittadino. Con tale abrogazione non si ottiene lo scopo di tutelare maggiormente gli amministratori locali dalla cosiddetta «paura della firma»; infatti, da un lato il vuoto normativo non esclude l'inquadramento dei medesimi fatti sotto altre fattispecie penali anche più gravi reati, dall'altro, con la scelta del governo di introdurre in via di urgenza nel decreto «carceri» un nuovo reato, il cosiddetto peculato per distrazione, determina l'introduzione di una fattispecie di abuso di ufficio bis che colpisce gli amministratori locali; il Partito Democratico si è mosso sempre con attenzione verso il tema per tenere insieme le preoccupazioni degli amministratori locali, da un lato, e la tutela del cittadino dinanzi agli abusi di potere della Pubblica Amministrazione, dall'altro;

    il reato di abuso di ufficio è stato già oggetto di intervento nella scorsa legislatura con la riduzione della portata della fattispecie. Ulteriori modifiche migliorative possono essere apportate senza mettere in campo la soluzione estrema della cancellazione. Con disegni di legge presentati dal Partito Democratico si è proposta la modifica del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con precisazione della responsabilità politica e amministrativa dei sindaci e dei presidenti delle province e delle relative giunte; anche nel corso della seduta in Commissione sono state respinte le proposte emendative presentate dal Gruppo del Partito democratico che cercavano di definire meglio più precisamente i contorni della fattispecie penale, di salvaguardare contestualmente l'esigenza di legalità e quella di una maggiore funzionalità della pubblica amministrazione;

    a quanto detto si aggiunga che la scelta di abolire il delitto di abuso d'ufficio sta destando preoccupazioni anche nelle sedi europee, oltre al fatto che appare esporsi a vizi di costituzionalità per il contrasto con le disposizioni di cui all'articolo 117, primo comma, della Costituzione che, come noto, chiarisce come la potestà legislativa vada esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; l'abrogazione del reato dunque rischia di abbandonare il privato a qualunque forma di abuso da parte della pubblica amministrazione privandolo della tutela della giurisdizione penale, con creazione di un sistema nel quale i pubblici ufficiali diverrebbero titolari di una potestà spropositata con pregiudizio del principio costituzionale di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

    l'ordinamento nazionale da molto tempo (e nello specifico con la legge n. 142 del 1990 e con il decreto legislativo n. 29 del 1993 come modificato dal decreto legislativo n. 80 del 1998) sancisce il principio di separazione negli enti locali tra attività di indirizzo spettante all'organo politico e attività gestionale di spettanza della dirigenza;

    nonostante ciò, molte pronunce hanno ricondotto la responsabilità degli amministratori, ed in particolare dei sindaci, entro la fattispecie del cosiddetto reato omissivo improprio ex articolo 40, secondo comma, del codice penale, anche dunque in caso di contestazione di violazione da parte dell'Ente delle regole tecniche il cui rigoroso rispetto però la legge attribuisce al corpo amministrativo titolare del potere gestionale (in tale senso, tra le altre, le sentenze della Cassazione, Sezione IV penale del 29 novembre 2005, numero 14180; Cassazione, sezione IV penale del 29 marzo 2016, numero 17010);

    la giurisprudenza penale ha, dunque, spesso riconosciuto la responsabilità penale degli amministratori locali, che pure non hanno responsabilità gestionale che spetta al corpo amministrativo, in virtù dell'assegnazione di una posizione di controllo molto ampia in capo all'organo di Governo;

    fondamento giuridico di tale interpretazione è anzitutto l'articolo 50 del Testo Unico degli Enti Locali, ai sensi del quale il primo cittadino sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti;

    le attuali norme del Testo unico sugli enti locali, in particolare gli articoli 50, 54 e 107, finiscono così per esporre a responsabilità gli amministratori locali anche in presenza di illegittimità tecniche, delle quali però per legge risponde il corpo tecnico-amministrativo;

    appare, quindi, urgente in relazione agli amministratori locali un diverso intervento normativo, coerente con le norme di legge che distinguono tra responsabilità politica e responsabilità amministrativa, e in particolare una revisione degli articoli 50, 54 e 107 del decreto legislativo numero 267 del 2000 al fine di chiarire e delimitare in modo netto il confine tra la responsabilità politica del sindaco, dei presidenti di provincia e degli amministratori locali e relative giunte e la responsabilità gestionale e tecnica che è in capo ai dirigenti dell'attività amministrativa,

impegna il Governo

nell'ambito delle proprie prerogative ad intervenire, anche normativamente, in accordo con le normative sovranazionali, al fine di sanzionare adeguatamente le condotte di abuso di potere e di prevaricazione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, violi norme di legge o di regolamento arrecando intenzionalmente ad altri un danno ingiusto.
9/1718/28. Scarpa, Gianassi, Di Biase, Serracchiani, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sul codice penale, sul codice di rito e sugli ordinamenti giudiziario e militare; l'articolo 1, comma 1, lettera e), in particolare, interviene sull'articolo 346-bis c.p., modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di ridefinirne l'alveo applicativo; appare opportuno verificare l'allineamento della nuova previsione con gli impegni sovranazionali assunti (si veda la Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, articolo 12) e in corso di assunzione da parte dell'Italia in sede europea,

impegna il Governo

a verificare la conformità della nuova fattispecie di traffico di influenze illecite, così come modificata dall'articolo 1, comma 1, lettera e), del disegno di legge recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare (A.C. 1718), alle previsioni degli strumenti sovranazionali vincolanti per l'Italia, specificamente in rapporto alla Convenzione menzionata in premessa e alla direttiva europea in corso di elaborazione.
9/1718/29. De Luca.


   La Camera,

   premesso che:

    l'atto in esame, che si compone di 9 articoli e di un allegato, interviene sul codice penale, sul codice di rito e sugli ordinamenti giudiziario e militare; l'articolo 1, comma 1, lettera e), in particolare, interviene sull'articolo 346-bis c.p., modificando il reato di traffico di influenze illecite al fine di ridefinirne l'alveo applicativo; appare opportuno verificare il costante allineamento della nuova previsione con gli impegni sovranazionali dall'Italia in sede europea;

    tanto premesso,

impegna il Governo

a verificare l'eventuale esigenza di interventi legislativi al fine di adeguare la normativa interna a futuri strumenti europei.
9/1718/29. (Testo modificato nel corso della seduta)De Luca.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale, disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare e i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli; il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia; nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia;

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà si tratta di un intervento residuale, e che, in realtà, è un altro intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza; le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano,

impegna il Governo

nell'ambito delle proprie prerogative a garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, aumentando il personale e portando a termine i concorsi già banditi, anche per l'abbattimento della recidiva e per la piena attuazione dei principi costituzionali, quale quello di cui all'articolo 27 della Costituzione.
9/1718/30. Forattini, Di Biase, Serracchiani, Gianassi, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale, disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare e i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli; il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia; nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia;

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà si tratta di un intervento residuale, e che, in realtà è un altro intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza; le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, con l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano,

impegna il Governo

nell'ambito delle proprie prerogative ad adottare iniziative al fine di assicurare la piena operatività degli uffici territoriali del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, aumentandone la dotazione organica e potenziando gli organici dei funzionari della professionalità giuridico pedagogica, di servizio sociale, psicologi e di mediatore culturale.
9/1718/31. Malavasi, Di Biase, Serracchiani, Gianassi, Lacarra, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale, disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare e i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli; il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia; nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia;

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà si tratta di un intervento residuale, e che, in realtà è un altro intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza; le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, con l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano,

impegna il Governo

nell'ambito delle proprie prerogative ad assicurare la piena operatività delle strutture organizzative denominate «Ufficio per il processo», costituite ai sensi dell'articolo 16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, prevedendo la stabilizzazione del personale reclutato con il profilo di addetto all'ufficio per il processo – da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia tramite concorso pubblico – al termine del contratto di lavoro di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, stabilendo in particolare che tale personale possa accedere ad un contratto a tempo indeterminato presso l'amministrazione assegnataria previo colloquio selettivo e all'esito della valutazione positiva dell'attività lavorativa svolta, nei limiti dei posti disponibili della vigente dotazione organica nell'ambito del Piano triennale dei fabbisogni dell'amministrazione giudiziaria, in deroga a quanto previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, nonché in deroga ai limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente in materia di turnover, alle previsioni di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e di cui all'articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché la stabilizzazione degli altri profili professionali chiamati per rafforzare l'attività ordinaria dell'amministrazione della giustizia.
9/1718/32. Lacarra, Gianassi, Serracchiani, Scarpa, Di Biase.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare e i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli; il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia; nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia; il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà si tratta di un intervento residuale, e che è un altro intervento sulla giustizia a costo zero; siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza; le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, con l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, al fine di garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva, e per garantire la piena operatività degli uffici territoriali del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, ad adottare iniziative volte ad incrementar la dotazione organica del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, aumentando gli organici relativi al personale del comparto funzioni centrali.
9/1718/33. Simiani, Di Biase, Gianassi, Serracchiani, Scarpa, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli; il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia; nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, ed, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia,

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà si tratta di un intervento residuale quello che ci troviamo a esaminare, che, in realtà, è un intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata, perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza; le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, con l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano;

    particolare attenzione meriterebbe in questo contesto la giustizia minorile, strategica, questa sì, per il futuro che intendiamo costruire per le nuove generazioni;

    il VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile e gli Istituti penali per minorenni ci dice che, all'inizio del 2024 erano circa 500 i detenuti nelle carceri minorili italiane: da oltre dieci anni che non si raggiungeva una simile cifra, e che gli ingressi negli IPM, Istituti penali minorili, sono in netto aumento; se sono stati 835 nel 2021, ne abbiamo avuti 1.143 nel 2023, la cifra più alta almeno negli ultimi quindici anni; inoltre i ragazzi in IPM in misura cautelare erano 340 nel gennaio 2024, mentre erano 243 un anno prima; «si tratta dunque – denuncia il rapporto – di un effetto evidente degli effetti del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123 recante “misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”, noto come “Decreto Caivano”; la crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare. Altro effetto del decreto è la notevole crescita degli ingressi in IPM per violazione della legge sugli stupefacenti, con un aumento del 37,4 per cento in un solo anno. La presenza negli IPM oggi è fatta soprattutto di ragazzi e ragazze minorenni. La fascia più rappresentata è quella dei 16 e 17 anni, ed in totale i minorenni sono in larga maggioranza, quasi il 60 per cento dei presenti. Due anni fa la situazione era esattamente invertita. L'aumentata possibilità introdotta dal Decreto Caivano di trasferire i ragazzi maggiorenni dagli IPM alle carceri per adulti sta facendo vedere i propri effetti, con danni enormi sul futuro dei ragazzi»;

    durante i lavori che ne hanno preceduto l'approvazione si era denunciato come il combinato disposto tra le norme proposte dal Governo e le modifiche introdotte al Senato avrebbe determinato un grave impatto sui penitenziari minorili, nonché portato ad un aumento notevole dei detenuti negli istituti penitenziari minorili in strutture già al limite della capienza, indebolendo gravemente proprio quel modello italiano con un basso livello di reclusione dei minori (nel 2022, a fronte di circa quattordicimila arresti, erano meno di quattrocento i giovanissimi presenti negli istituti penali per minorenni) che è guardato con grande interesse nel resto del mondo, in quanto particolarmente sensibile all'istanza di reinserimento sociale del minore, in linea con l'articolo 27 della Costituzione e con il legame – da esso consacrato – tra rieducazione e umanità della pena;

    è dunque necessario e urgente perseguire un migliore funzionamento delle strutture penitenziarie per minorenni, da considerare sempre e comunque come extrema ratio della giustizia minorile, degli Uffici di servizio sociale per minorenni, degli Istituti penali per minorenni, dei Centri di prima accoglienza, delle Comunità, dei Centri diurni polifunzionali, per assicurare l'ottimale svolgimento delle attività trattamentali, formative e rieducative previste, ma soprattutto è fondamentale riportare il sistema dell'esecuzione penale minorile alla sua unica e fondamentale funzione e natura, e cioè quella rieducativa, volta al recupero e alla formazione, riportando al centro la probation e il sistema delle misure alternative alla detenzione,

impegna il Governo

a predisporre, nell'ambito delle proprie prerogative, tutte le misure, sia di carattere finanziario sia relative all'organizzazione e al reclutamento e alla formazione del personale alle stesse preposte, necessarie al raggiungimento delle finalità individuate dal PNRR e dal PNC, rendendo sempre possibile il trattamento e riportando al centro il sistema della probation minorile e delle misure alternative al carcere, potenziando gli Uffici di servizio sociale per minorenni, i Centri di prima accoglienza, le case e i centri di Comunità, i Centri diurni polifunzionali, al fine di assicurare l'ottimale svolgimento delle attività trattamentali, formative e rieducative.
9/1718/34. Di Biase, Gianassi, Serracchiani, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    ad avviso dei firmatari, il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli;

    il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia;

    nei piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, e, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia;

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà, secondo i presentatori, si tratta di un intervento residuale quello che ci troviamo a esaminare, che, in realtà, è un intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata, perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza. Le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano;

    al di là degli annunci roboanti del Governo, siamo in presenza di una grave carenza di risorse, sia finanziarie sia organizzative, aggravata dalla totale assenza di stanziamenti previsti nella manovra per il 2024, e dai tagli effettuati e mai ristorati operati nella legge di bilancio per il 2023; tagli molto pesanti in particolare per quanto riguarda il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di polizia penitenziaria e il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti, e che, in qualità di Autorità centrale, cura i rapporti tra Stati in materia di sottrazione internazionale dei minori;

    nel 1946 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la salute come «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l'assenza di malattie» e, sempre l'OMS, rileva che in Europa un detenuto su tre soffre di disturbi mentali, tanto che la causa più comune di morte nelle carceri è il suicidio;

    il rapporto Oms ha analizzato le prestazioni nelle carceri di 36 paesi dell'Unione europea dove sono detenute 600.000 persone. È risultato che il 32,6 per cento dei reclusi soffre di disturbi mentali; studi recenti mostrano inoltre che fra i detenuti la diffusione del disturbo psicotico e di depressione maggiore è di 2-4 volte superiore rispetto alla popolazione libera; nell'ultimo anno e mezzo nel nostro Paese, infatti, si sono verificati 107 suicidi in carcere, quasi uno ogni 5 giorni. La condanna del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sulla condizione degli istituti di pena in Italia e il ripetuto richiamo per migliorare una situazione drammatica è l'ennesima conferma che sulle carceri servirebbe una svolta con investimenti, un maggiore ricorso alle misure alternative e attuazione della riforma cosiddetta Cartabia sulla giustizia riparativa;

    la Corte costituzionale, con la sentenza n. 99 del 2019, pubblicata il 19 aprile 2019, ha fornito un importantissimo contributo alla rinascita del diritto alla tutela della salute delle persone con problemi di malattia mentale detenute nei nostri istituti penitenziari;

    il vigente ordinamento penitenziario, nello specifico il regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 agli articoli 111 e 112, prevede la possibilità di assegnare detenuti affetti da patologie psichiatriche in sezioni speciali, oggi denominate «articolazioni per la salute mentale» (A.T.S.M), volte a garantire servizi di assistenza rafforzata per rendere il regime carcerario compatibile con i disturbi psichiatrici; si tratta di reparti destinati a condannati o internati che sviluppino una patologia psichiatrica durante la detenzione o a condannati affetti da vizio parziale di mente, che dovrebbero garantire un'attività di tipo terapeutico e riabilitativo in maniera continuativa e individualizzata; anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 99 del 2019 ha sottolineato che «soprattutto le patologie psichiche possono aggravarsi e acutizzarsi proprio per la reclusione: la sofferenza che la condizione carceraria inevitabilmente impone di per sé a tutti i detenuti si acuisce e si amplifica nei confronti delle persone malate, sì da determinare, nei casi estremi, una vera e propria incompatibilità tra carcere e disturbo mentale, in attuazione degli articoli 27 e 32 della Costituzione»:

    la legge 23 maggio 2013, n. 57 di conversione del decreto-legge n. 24 del 2013 stabiliva il programma regionale in cui definire «tempi certi e impegni precisi per il superamento degli O.P.G.», fino alla svolta avvenuta con la legge n. 81 del 2014, che ha apportato, in sede di conversione di un decreto-legge, significative modifiche volte a sancire il superamento dell'ottica meramente repressiva che aveva contraddistinto la gestione degli O.P.G. e che ha previsto l'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in O.P.G. solo in via sussidiaria e residuale, qualora risulti inidonea qualsiasi altra misura. Il primo passo verso un cambiamento è stato il trasferimento delle competenze di medicina penitenziaria dal Ministero della giustizia a quello della sanità. Il secondo tassello è stato rappresentato dall'introduzione delle R.E.M.S. – Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza –, introdotte con legge 17 febbraio 2012, n. 9, che hanno costituito la risposta alle esigenze sopra esposte; sono, però, troppo poche rispetto alla crescente domanda di salute mentale delle nostre carceri;

    in materia di investimenti sulle dotazioni di personale e organizzative del comparto giustizia e del carcere, mentre il Ministro della giustizia sottolinea spesso l'importanza degli investimenti sul carcere e degli investimenti sulle misure alternative alla esecuzione, in realtà il primo atto del suo Governo è stato, con la legge di bilancio per il 2023, quello di operare tagli molto pesanti in modo assolutamente contraddittorio e dannoso per l'intero sistema nel settore Giustizia, in particolare per quanto riguarda il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e minorile e di comunità;

    le significative riduzioni di spesa stanno incidendo pesantemente sulla tenuta di un sistema oggettivamente fragile, interrompendo il difficile percorso di risanamento avviato negli ultimi anni, in particolare, rischiano di essere colpite le attività trattamentali delle persone detenute nell'ambito dei percorsi di reinserimento e, allo stesso tempo, rischia di rallentare il percorso delle nuove assunzioni di personale, fondamentale per garantire la funzionalità degli istituti e, con essa, dignitose condizioni di vita delle persone private della libertà personale e del personale che con loro lavora, in condizioni spesso, estreme, a cui va riconosciuta una particolare motivazione,

impegna il Governo

a riconoscere, attraverso opportune iniziative normative, al personale medico specialistico e al personale sanitario che fornisce un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, svolge compiti di prevenzione, cura e riabilitazione a favore di soggetti affetti da problematiche psichiatriche in esecuzione penale, attraverso i competenti dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, presso gli istituti penitenziari per adulti e nelle strutture minorili, presso le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui alla legge n. 81 del 2014, e presso gli Uffici di esecuzione penale esterna, un ulteriore trattamento accessorio della retribuzione a titolo di indennità correlato e proporzionato alle particolari condizioni di lavoro, nonché ad adottare le necessarie misure, sia finanziarie sia organizzative, necessarie al fine di realizzare nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui al decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81.
9/1718/35. Ciani, Serracchiani, Di Biase, Gianassi, Scarpa, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    ad avviso dei firmatari, il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli;

    il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia;

    nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, e, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia;

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà, secondo i presentatori, si tratta di un intervento residuale quello che ci troviamo a esaminare, che, in realtà, come ci avete abituato, è un intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata, perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza. Le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano;

    al di là degli annunci roboanti del Governo, siamo in presenza di una grave carenza di risorse, sia finanziarie sia organizzative, aggravata dalla totale assenza di stanziamenti previsti nella manovra per il 2024, e dai tagli effettuati e mai ristorati operati nella legge di bilancio per il 2023, tagli molto pesanti in particolare per quanto riguarda il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di polizia penitenziaria, il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti, e che, in qualità di Autorità centrale, cura i rapporti tra Stati in materia di sottrazione internazionale dei minori,

impegna il Governo

anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva, a stanziare, con puntuali interventi anche normativi, risorse da destinare a progetti volti a definire e proporre modelli di architettura penitenziaria coerenti con l'idea di rieducazione anche tramite forme di collaborazione e di confronto dell'Amministrazione Penitenziaria con Università, Fondazioni e Istituti di ricerca, Ordini professionali, Enti locali, Associazioni, esperti, finalizzati al raggiungimento di una dignità architettonica degli spazi dell'esecuzione penale, tramite anche il coinvolgimento delle competenze tecniche interne alla stessa Amministrazione; elaborare interventi puntuali di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture esistenti nonché di riorganizzazione degli spazi degli istituti carcerari anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori interni e la formazione professionale dei detenuti in funzione di una loro partecipazione diretta ai lavori di manutenzione ordinari; elaborare criteri per la progettazione/ristrutturazione degli istituti volti a definire impianti compositivi e funzionali in grado di qualificare le unità residenziali e gli spazi per lavoro, studio, socializzazione, colloqui ed espressione degli affetti e delle diverse fedi religiose, in rapporto all'attuazione di percorsi di responsabilizzazione, autonomia e partecipazione dei detenuti e prevenzione della radicalizzazione e attuazione della funzione rieducativa della pena ex articolo 27 della Costituzione; studiare e proporre soluzioni operative per adeguare gli spazi detentivi, aumentarne la vivibilità e la qualità, rendendoli realmente funzionali al percorso di riabilitazione dei detenuti nonché ad orientare le scelte in materia di edilizia penitenziaria; potenziare le strutture a sostegno dell'esecuzione penale esterna, ridefinizione progettuale delle colonie penali, degli istituti a sicurezza attenuata, delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, delle strutture di detenzione femminile e delle strutture e comunità per detenute madri.
9/1718/36. Manzi, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Scarpa, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    ad avviso dei firmatari, il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli;

    il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia;

    nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, e, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia;

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà, secondo i presentatori, si tratta di un intervento residuale quello che ci troviamo a esaminare, che, in realtà, come ci avete abituato, è un intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata, perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza. Le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano;

    al di là degli annunci roboanti del Governo, siamo in presenza di una grave carenza di risorse, sia finanziarie sia organizzative, aggravata dalla totale assenza di stanziamenti previsti nella manovra per il 2024, e dai tagli effettuati e mai ristorati operati nella legge di bilancio per il 2023; tagli molto pesanti in particolare per quanto riguarda il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di polizia penitenziaria e il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti, e che, in qualità di Autorità centrale, cura i rapporti tra Stati in materia di sottrazione internazionale dei minori,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, al fine di assicurare il funzionamento omogeneo degli istituti penitenziari sull'intero territorio nazionale, e di far sì che ogni istituto abbia garantito il proprio dirigente in via esclusiva, anche al fine di prevenire, nel contesto carcerario, fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale dei detenuti, ad adottare le iniziative di competenza volte a prevedere che il Ministero della giustizia – Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e in deroga alla vigente dotazione organica, possa assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato almeno 70 nuovi dirigenti di istituto penitenziario, di livello dirigenziale non generale.
9/1718/37. Ghio, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Scarpa.


   La Camera,

   premesso che:

    ad avviso dei firmatari, il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare e i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli;

    il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia;

    nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, e, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia;

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà, secondo i presentatori, si tratta di un intervento residuale quello che ci troviamo a esaminare, che, in realtà, come ci avete abituato, è un intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata, perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza. Le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano;

    al di là degli annunci roboanti del Governo, siamo in presenza di una grave carenza di risorse, sia finanziarie sia organizzative, aggravata dalla totale assenza di stanziamenti previsti nella manovra per il 2024, e dai tagli effettuati e mai ristorati operati nella legge di bilancio per il 2023, tagli molto pesanti in particolare per quanto riguarda il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di polizia penitenziaria, il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti, e che, in qualità di Autorità centrale, cura i rapporti tra Stati in materia di sottrazione internazionale dei minori,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, a stanziare adeguate risorse finanziarie e organizzative, necessarie al fine di realizzare nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.) di cui al decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81.
9/1718/38. Girelli, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Scarpa, Lacarra.


   La Camera,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere ulteriori interventi al fine di migliorare la situazione delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza di cui al decreto-legge 31 marzo 2014. n. 52, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81.
9/1718/38. (Testo modificato nel corso della seduta)Girelli, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Scarpa, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    ad avviso dei firmatari, il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli;

    il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia;

    nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, e, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia;

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà, secondo i presentatori, si tratta di un intervento residuale quello che ci troviamo a esaminare, che, in realtà, come ci avete abituato, è un intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata, perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza. Le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano;

    al di là degli annunci roboanti del Governo, siamo in presenza di una grave carenza di risorse, sia finanziarie sia organizzative, aggravata dalla totale assenza di stanziamenti previsti nella manovra per il 2024, e dai tagli effettuati e mai ristorati operati nella legge di bilancio per il 2023, tagli molto pesanti in particolare per quanto riguarda il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di polizia penitenziaria, il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti, e che, in qualità di Autorità centrale, cura i rapporti tra Stati in materia di sottrazione internazionale dei minori,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a stanziare adeguate risorse finanziarie e organizzative, al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di positivo reinserimento sociale e riduzione della recidiva, per la realizzazione di case territoriali di reinserimento sociale, di capienza compresa tra cinque e quindici persone, destinate ad accogliere i soggetti che debbono espiare una pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché i detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno e i condannati ammessi al regime di semilibertà, di cui agli articoli 21 e 50 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
9/1718/39. Bakkali, Gianassi, Serracchiani, Di Biase, Scarpa, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    ad avviso dei firmatari, il provvedimento in esame si presenta come un intervento minimale disorganico, e potenzialmente dannoso; l'ennesimo intervento «spot» che, ben lungi dall'affrontare i problemi strutturali e reali del comparto giustizia, rischia di aggravarli;

    il Governo, invece di dare piena attuazione alle riforme approvate dai precedenti Governi sostanzialmente disinveste sul sistema giustizia;

    nel piano pluriennale di bilancio è infatti prevista una contrazione del 10 per cento delle risorse assegnate alla giustizia, da 11 a 10 miliardi di euro, e questo rischia di portare al collasso il sistema;

    l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese perché ne favorisce la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali soprattutto in presenza di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali, e, esattamente in questa direzione, sono andate, infatti, le riforme approvate recentemente dal Parlamento, necessarie al fine di rispettare gli impegni e i tempi previsti dal PNRR per il settore giustizia,

    il Governo la chiama, pretenziosamente e pretestuosamente, riforma della giustizia ma in realtà, secondo i presentatori, si tratta di un intervento residuale quello che ci troviamo a esaminare, che, in realtà, come ci avete abituato, è un intervento sulla giustizia a costo zero;

    siamo in presenza di un provvedimento di scarsa portata, perché non avrà alcun effetto su quei problemi di efficienza e di velocizzazione dei processi che sono forse l'aspetto da risolvere del nostro sistema e del nostro apparato; una legge che, però, nella sua ridotta efficienza, riesce a garantire quella dose di ideologia che affiora in ogni atto di questa maggioranza. Le modifiche alla legge sulle intercettazioni e, ancora di più, l'abolizione del reato di abuso d'ufficio lo dimostrano;

    al di là degli annunci roboanti del Governo, siamo in presenza di una grave carenza di risorse, sia finanziarie sia organizzative, aggravata dalla totale assenza di stanziamenti previsti nella manovra per il 2024, e dai tagli effettuati e mai ristorati operati nella legge di bilancio per il 2023, tagli molto pesanti in particolare per quanto riguarda il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di polizia penitenziaria, il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti, e che, in qualità di Autorità centrale, cura i rapporti tra Stati in materia di sottrazione internazionale dei minori,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a stanziare adeguate risorse finanziarie e organizzative, al fine di contribuire alla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori nonché al fine di incrementare l'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia.
9/1718/40. Ferrari, Serracchiani, Di Biase, Gianassi, Scarpa, Lacarra.


   La Camera,

   premesso che:

    il codice di procedura penale non prevede un termine perentorio per il giudice che si debba esprimere in ordine ad una richiesta di misura cautelare proveniente dal pubblico ministero; l'articolo 291 del codice di procedura penale stabilisce che: «Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda. Il pubblico ministero, pertanto, richiede al giudice l'emissione di una misura cautelare quando ritiene sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e ritiene che in assenza della misura si possano concretizzare i rischi enunciati nell'articolo 274 del codice di procedura penale, quali il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo di fuga, il pericolo di reiterazione del reato»;

    orbene, il lasso di tempo che intercorre tra la richiesta del pubblico ministero e l'emissione dell'ordinanza non è indifferente. Infatti, ove la richiesta sia fondata e siano sussistenti le esigenze cautelari, ogni giorno trascorso può tradursi nella concretizzazione dei rischi sottesi a tali esigenze. Di converso, il fatto che il giudice non ritenga di provvedere con urgenza, concedendosi molto tempo prima di provvedere, può far optare per un progressivo affievolimento delle esigenze cautelari;

    al di là della comprensibile complessità di taluni procedimenti e del carico di lavoro che molti giudici devono svolgere, è singolare che un provvedimento «cautelare» e come tale «urgente», sia disancorato cronologicamente dall'emergere dei rischi sui quali si fonda: se l'atto è emesso a distanza di molti mesi dalla richiesta, il ritardo ha certamente messo a repentaglio le esigenze di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale. Tuttavia, è altrettanto evidente che, se nel lungo lasso di tempo trascorso non si sono concretizzati i pericoli su cui il pubblico ministero ha fondato la richiesta, emergono legittimi dubbi sulla persistenza delle esigenze cautelari,

impegna il Governo

ad apportare o comunque favorire le opportune modifiche normative al fine di stabilire per il giudice un termine perentorio per esprimersi in ordine alla richiesta di misura cautelare proveniente dal pubblico ministero.
9/1718/41. Enrico Costa, Bicchielli.


   La Camera,

   premesso che:

    il codice di procedura penale non prevede un termine perentorio per il giudice che si debba esprimere in ordine ad una richiesta di misura cautelare proveniente dal pubblico ministero; l'articolo 291 del codice di procedura penale stabilisce che: «Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda. Il pubblico ministero, pertanto, richiede al giudice l'emissione di una misura cautelare quando ritiene sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e ritiene che in assenza della misura si possano concretizzare i rischi enunciati nell'articolo 274 del codice di procedura penale, quali il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo di fuga, il pericolo di reiterazione del reato»;

    orbene, il lasso di tempo che intercorre tra la richiesta del pubblico ministero e l'emissione dell'ordinanza non è indifferente. Infatti, ove la richiesta sia fondata e siano sussistenti le esigenze cautelari, ogni giorno trascorso può tradursi nella concretizzazione dei rischi sottesi a tali esigenze. Di converso, il fatto che il giudice non ritenga di provvedere con urgenza, concedendosi molto tempo prima di provvedere, può far optare per un progressivo affievolimento delle esigenze cautelari;

    al di là della comprensibile complessità di taluni procedimenti e del carico di lavoro che molti giudici devono svolgere, è singolare che un provvedimento «cautelare» e come tale «urgente», sia disancorato cronologicamente dall'emergere dei rischi sui quali si fonda: se l'atto è emesso a distanza di molti mesi dalla richiesta, il ritardo ha certamente messo a repentaglio le esigenze di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale. Tuttavia, è altrettanto evidente che, se nel lungo lasso di tempo trascorso non si sono concretizzati i pericoli su cui il pubblico ministero ha fondato la richiesta, emergono legittimi dubbi sulla persistenza delle esigenze cautelari,

impegna il Governo

a favorire le opportune modifiche normative al fine di stabilire per il giudice un termine perentorio idoneo ad evitare l'irragionevole ritardo per la decisione, da parte dello stesso giudice, sulla richiesta cautelare del pubblico ministero.
9/1718/41. (Testo modificato nel corso della seduta)Enrico Costa, Bicchielli.