Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3
Audizione del Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, sulle linee programmatiche dei suoi dicasteri
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3
De Filippo Vito (PD) ... 3
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali ... 4
Saltamartini Barbara , Presidente ... 11
Barelli Paolo (FI) ... 11
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12
Barelli Paolo (FI) ... 12
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12
Moschioni Daniele (LEGA) ... 12
Baroni Massimo Enrico (M5S) ... 14
Zucconi Riccardo (FDI) ... 15
Serracchiani Debora (PD) ... 16
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali ... 16
Serracchiani Debora (PD) ... 16
Pedrazzini Claudio (FI) ... 17
Bersani Pier Luigi (LeU) ... 19
Vizzini Gloria (M5S) ... 19
Bellucci Maria Teresa (FDI) ... 20
Moretto Sara (PD) ... 20
Polverini Renata (FI) ... 22
Pagano Ubaldo (PD) ... 23
Colla Jari (LEGA) ... 24
Epifani Ettore Guglielmo (LeU) ... 24
Soverini Serse (Misto-CP-A-PS-A) ... 26
Schirò Angela (PD) ... 27
Rizzetto Walter (FDI) ... 27
Saltamartini Barbara , Presidente ... 28
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali ... 29
Saltamartini Barbara , Presidente ... 30
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA X COMMISSIONE
BARBARA SALTAMARTINI
La seduta comincia alle 13.45.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, sulle linee programmatiche dei suoi dicasteri.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, che saluto, sulle linee programmatiche dei suoi dicasteri.
Saluto, ovviamente, anche il presidente della Commissione lavoro pubblico e privato, l'onorevole Andrea Giaccone, la presidente della Commissione affari sociali, l'onorevole Marialucia Lorefice, e tutti i colleghi delle Commissioni con i quali abbiamo convenuto lo svolgimento di quest'audizione congiunta del ministro.
Comunico che la seduta dovrà terminare entro le ore 16 in considerazione dell'inizio dei lavori pomeridiani dell'Aula.
Prima di dare la parola al Ministro Di Maio, ricordo che gli Uffici di Presidenza delle Commissioni X, XI e XII hanno convenuto sull'opportunità che all'intervento del ministro segua un intervento per ciascun Gruppo per ciascuna delle tre Commissioni della durata di non oltre cinque minuti.
Invito pertanto chi non avesse già provveduto a comunicare per ognuna delle tre Commissioni il nome del deputato che intenda intervenire entro i primi quindici minuti dall'inizio della seduta al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori.
Ricordo che abbiamo convenuto con tutte le Commissioni la possibilità di organizzare i lavori nel modo sopra indicato. Se i deputati che interverranno dopo la relazione del ministro staranno nei tempi che ci siamo dati, ci sarà il tempo anche per il ministro, laddove lo vorrà, per poter già avviare un primo giro di risposte. L'invito è quello di tenersi nei tempi, possibilmente, e l'auspicio che possa esserci un confronto positivo.
Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori il deputato De Filippo.
VITO DE FILIPPO. Su questo punto, abbiamo – «convenuto» è una parola eccessiva – ricevuto questa comunicazione e abbiamo accettato, sostanzialmente, anche con perplessità quest'ordine dei lavori.
Sui cinque minuti, però, che debba parlare un solo deputato per ognuna delle Commissioni è una comunicazione che è arrivata qualche minuto fa.
PRESIDENTE. Mi permetto di interromperla solo per darle un'informazione maggiore che magari non tutti i colleghi possono avere.
Si sono svolti i tre Uffici di Presidenza di tutte e tre le Commissioni che hanno concordato, appunto in sede di Ufficio di Presidenza, quest'ordine dei lavori. Pag. 4
È ovvio che nessuno vuole togliere la parola su un'audizione così importante. Allo stesso tempo, l'auspicio è che il ministro, come è stato chiesto dai Gruppi dell'opposizione, possa avere anche il tempo necessario, laddove lo ritenga, di dare già le prime risposte. Avendo il tempo contingentato, da ora al massimo alle 16, perché poi dovrà iniziare l'Aula, credo sia interesse di tutti poter sviluppare al meglio i lavori delle Commissioni.
Se siamo d'accordo, inizierei per non perdere ulteriori e preziosi minuti dando la parola al ministro.
LUIGI DI MAIO, Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. Grazie, presidente. Grazie a tutte le deputate e i deputati presenti. Desidero precisare che finché avrete tempo voi oggi, avrò tempo io.
Sono qui per illustrare le linee programmatiche dei Ministeri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali.
Come sapete, ho voluto che questi due dicasteri fossero uniti perché ritengo che le due parti a cui si rivolgono debbano, sì, confrontarsi, ma anche andare avanti di pari passo e sinergicamente per lo sviluppo del Paese: la parte datoriale e la parte dipendente, gli imprenditori e i lavoratori, l'offerta e la domanda di lavoro.
Un esempio di come questo processo stia già funzionando è quello dei riders, per i quali abbiamo organizzato un tavolo, che stiamo portando avanti con grande entusiasmo, tra la parte datoriale e la parte dipendente, tra le piattaforme digitali e questa nuova generazione di lavoratori, che sta portando ai primi risultati per garantire tutele da una parte ma sostenibilità del modello di business dall'altra.
Questi due ministeri insieme hanno la missione di creare sviluppo, uno sviluppo che deve essere sostenibile, la missione di creare impresa, e quindi lavoro, la missione di garantire agli imprenditori la libertà di impresa e ai lavoratori certezze e salute.
Peraltro, sappiamo tutti che la spina dorsale dell'impresa italiana – tengo qui a ribadirlo – è quella piccola e piccolissima. Quando abbiamo scritto il contratto di Governo, ci siamo rivolti a questo tipo di impresa, la piccola, la media, quella che rappresenta la stragrande maggioranza in Italia, per cui molto spesso gli imprenditori hanno meno di una decina di dipendenti, con i quali instaurano un rapporto che è anche familiare, oltre che professionale; per cui le misure di tutela dei lavoratori e quelle per la piccola impresa non sono in antitesi, ma del tutto complementari e interconnesse, perché entrambe entrano in quella dinamica tipica dell'azienda italiana, direi un unicum a livello europeo.
Le tutele dei lavoratori non sono considerate, non devono essere considerate un problema dagli imprenditori, che lavorano non solo per il profitto, ma che hanno un'idea sociale dell'impresa, che opera per lo sviluppo del Paese, del territorio e, a livello ancor più piccolo, per la comunità. Queste sono le imprese che noi vogliamo tutelare e incoraggiare.
Quelli che io definisco, invece, «prenditori», vogliamo scoraggiarli. Le aziende che non si preoccupano del territorio, che inquinano, che perseguono modelli di sviluppo non sostenibile, che cercano di spremere i lavoratori senza riconoscere loro alcuna tutela, che non hanno alcuna remora nello spostare la produzione all'estero dopo aver preso il nostro know how e i nostri finanziamenti pubblici, quelle aziende non avranno nel Governo un amico finché non cambieranno approccio. Non è una guerra nei loro confronti. È il modo che vogliamo utilizzare come Stato per proteggere le nostre aziende, e soprattutto per farci rispettare.
I punti che elencherò sono tanti. In questi punti definisco anche la linea programmatica dell'esecutivo in base al contratto di Governo che è stato siglato tra le forze politiche che costituiscono la maggioranza. Mi preme, però, dire che il compito principale di portare avanti queste linee programmatiche, se vorrete, come vorrete, spetta innanzitutto a voi parlamentari e, in particolare, per quanto mi riguarda, a voi componenti di queste Commissioni.
Sarà la vostra sensibilità politica a definire, stimolare e incoraggiare le priorità per i cittadini che rappresentate. In alcuni limitati casi, laddove sussistano i presupposti Pag. 5 costituzionali, il Governo si riserva la possibilità di agire con decretazione d'urgenza, come abbiamo fatto col decreto-legge dignità. Lo abbiamo fatto perché siamo convinti che quella del precariato, dell'azzardopatia, della delocalizzazione, della burocrazia fuori controllo siano tematiche assolutamente urgenti e per troppo tempo passate in secondo piano.
Sono un convinto sostenitore della centralità del Parlamento, unico organo rappresentativo della sovranità popolare. Queste Commissioni parlamentari permanenti ne sono una parte che io con il mio mandato intendo rispettosamente considerare – è mio dovere farlo – nell'ambito del vostro potere di indirizzo e di controllo, ma anche in quello normativo primario.
Ringrazio sin da ora non in maniera formale i presidenti delle Commissioni, i vicepresidenti, i segretari, i Capigruppo e ciascuno di voi per l'impegno e la sensibilità che vorrete metterci. Sono certo che con ciascuno potremo instaurare un rapporto sincero, proficuo e costruttivo anche nella divergenza di vedute.
Passo, dunque, a illustrare i nostri programmi più nel dettaglio, partendo da quello che riguarda le imprese e il made in Italy.
Innanzitutto, è nostro obiettivo tutelare il made in Italy dalle contraffazioni. Secondo il rapporto OCSE di quest'anno, il valore dei beni italiani contraffatti e piratati venduti nel mondo era pari a oltre 35 miliardi di euro, il 4,9 per cento delle vendite di prodotti manifatturieri italiani, causando oltre 25 miliardi di mancate vendite.
Vogliamo proibire le contraffazioni, le violazioni dei marchi e la circolazione dei falsi e, laddove possibile, prevedere la dichiarazione di origine dei prodotti.
In tema di contrasto alle delocalizzazioni, sottolineo prima di tutto che la delocalizzazione va combattuta con tutte le nostre forze. Abbiamo iniziato con il nostro primo provvedimento, che sancisce che chi prende qualsiasi tipo di finanziamento pubblico, se delocalizza, lo deve restituire con gli interessi e, se va fuori dall'Unione europea, rischia anche sanzioni pecuniarie.
La delocalizzazione comporta il depauperamento del nostro know how, accumulato negli anni anche grazie alle nostre maestranze e che viene trasferito in altri Paesi. Lasciatemi, dunque, affermare che la lotta alla delocalizzazione è una delle declinazioni delle varie misure a tutela del made in Italy.
In tema di appalti per le piccole e medie imprese, la crescita delle opportunità per le piccole e medie imprese, e quindi la creazione di nuovi posti di lavoro, passa anche dalla possibilità di partecipare agli appalti pubblici. Dobbiamo rendere accessibile alle piccole e medie imprese la partecipazione alle gare ed evitare che rimangano coinvolte solamente nei subappalti. Lo faremo, in primo luogo, rendendo la disciplina non facilmente derogabile da parte delle stazioni appaltanti, come finora avviene, e puntiamo a valorizzare l'elemento territorialità nell'aggiudicazione dei contratti pubblici, i cosiddetti appalti a chilometro zero. Puntiamo anche ad agevolare e a garantire l'assegnazione dei contratti sotto soglia comunitaria alle micro e piccole e medie imprese, contemplando una riserva anticipata di quote appaltabili.
Parlando di appalti pubblici, voglio sottolineare che il Governo intende intervenire per risolvere la questione dei debiti insoluti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, circa 30 miliardi che le amministrazioni pubbliche devono alle imprese fornitrici, con ritardi che spesso causano il fallimento delle imprese stesse.
Pensiamo a una modifica al codice degli appalti per contrarre i tempi di gestione del pagamento, ma in particolare favoriremo l'istituto della compensazione tra crediti e debiti nei confronti della pubblica amministrazione ampliando le fattispecie che sono finora ammesse.
Gli imprenditori hanno diritto a fare impresa in modo semplice e a essere trattati come imprenditori, non come compilatori di scartoffie o come «mucche da mungere». Vogliamo semplificare non aggiungendo nuove norme, ma rendendo più agili le norme esistenti, anche attraverso la predisposizione di testi unici, e abolendo quelle inutili, valorizzando tra l'altro l'uso Pag. 6delle tecnologie informatiche. Semplificare serve anche a estirpare l'illegalità che da sempre si annida laddove non si riesce ad avere un quadro chiaro delle regole e delle responsabilità.
Per noi, essere vicini alle aziende significa anche potenziare gli sportelli per l'impresa, che esistono già a livello territoriale, ma che vanno ulteriormente, come dicevo, potenziati, in modo da poter monitorare anche il livello di spesa delle risorse disponibili, soprattutto i fondi europei, un aiuto a chi fa impresa e a chi vuole crearla.
Vogliamo aiutare le aziende a espandersi, e lo faremo tramite l'internazionalizzazione, promuovendo il brand Italia e il made in Italy a livello globale. Ci sono oltre 215.000 imprese nazionali che oggi esportano sui mercati internazionali. Dobbiamo espanderne il numero e aumentare il loro fatturato.
Gli obiettivi che ci poniamo sono: arrivare almeno a 300.000 esportatori stabili, soprattutto tra le piccole e medie industrie; incrementare il fatturato dell’export medio oltre i 500.000 euro; fare in modo che le imprese operino in media su almeno cinque mercati esteri. Ci sforzeremo, in particolare, di promuovere questo genere di misure per quella parte di Paese che contribuisce solo per il 12 per cento al totale nazionale export, che è il sud.
Oltre a investire sull'estero, vogliamo far investire dall'estero. Oggi, non siamo visti come un Paese dove fare investimenti. L'Italia ricopre la 46ª posizione nella classifica stilata dal rapporto Doing Business, pubblicato dalla Banca mondiale ogni anno.
Gli ambiti in cui intervenire sono l'avvio di impresa, l'ottenimento di permessi edilizi, il trasferimento della proprietà immobiliare, l'abbassamento dei costi per ottenere il collegamento elettrico, l'accesso al credito, la protezione degli investitori di minoranza, il commercio transfrontaliero, la risoluzione delle dispute commerciali e le insolvenze e la semplificazione del pagamento delle imposte. C'è tanto lavoro da fare.
Non ci limiteremo ad aiutare le nuove imprese. Vogliamo farne nascere di nuove, non solo sburocratizzando, come dicevo prima, ma dando il via a una serie di misure economiche, cominciando dall'introduzione della banca per gli investimenti, che dovrà usufruire di una specifica diretta garanzia dello Stato.
Vogliamo rafforzare alcuni strumenti esistenti, che secondo noi stanno funzionando ma che richiedono dei miglioramenti, come il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Solo lo scorso anno sono state accolte 120.000 domande, con un'erogazione di 17,5 miliardi di finanziamenti. Vogliamo introdurre nuove misure a favore della microimprenditorialità. Nell'ultimo anno sono state accolte 4.000 domande nella sezione speciale del fondo di garanzia dedicato alla garanzia del microcredito.
Per quanto riguarda il venture capital, dobbiamo investire grandi capitali nelle nuove tecnologie. Ora investiamo briciole, circa 130 milioni di euro annui rispetto a 2,5 miliardi della Germania, a 2,7 miliardi della Francia e al miliardo della Spagna, per non parlare poi dei dati della Gran Bretagna. Vogliamo potenziare il mercato del private equity, e in particolare il venture capital.
Per fare questo, vogliamo convogliare una quota del risparmio dei fondi previdenziali e assicurativi verso le piccole e medie industrie anche attraverso la creazione di una piattaforma pubblica che favorisca forme di aggregazione tra fondi pensione e casse di previdenza, ovviamente garantendo una redditività; rendere più agevole l'utilizzo dell'agevolazione fiscale dei Piani individuali di risparmio (PIR) da parte degli investitori istituzionali; convogliare le risorse dei PIR stessi verso start up e imprese non quotate; favorire un maggiore attivismo della finanza pubblica.
Oltre a creare un ecosistema di finanziamenti, vogliamo rafforzare ulteriormente le misure in favore delle start up per coinvolgere i giovani in un processo di avvio all'imprenditorialità innovativa.
La priorità in questo campo è semplificare e digitalizzare le comunicazioni informative previste per le start up innovative e prevedere ulteriori riduzioni di costi per tutta la durata del periodo di iscrizione Pag. 7nella sezione speciale del registro delle imprese.
Inoltre, vogliamo rendere veramente smart il nostro Paese, trasformando le esigenze del settore pubblico in un volano di politica industriale innovativo.
Parlando di innovazione, ricordiamo anche «Impresa 4.0», che secondo l'ultimo rapporto ISTAT sta funzionando. Vogliamo continuare ad agevolare le misure che hanno avuto un grande riscontro presso il mondo produttivo, e confermeremo alcuni strumenti, cercando soprattutto di migliorarne l'accesso, perché dal mondo delle imprese ci viene segnalato che ci sono ancora problemi legati alle procedure burocratiche. «Impresa 4.0» sempre di più «Impresa 4.0», mentre era nata invece come «Industria 4.0».
Vogliamo un modello di sviluppo sostenibile. Per questo, l'economia circolare è uno dei capisaldi della nostra politica industriale ed è entrata nel contratto di Governo sin dal primo momento.
Inizieremo a razionalizzare e ad armonizzare la normativa ambientale in materia di rifiuti per fornire alle imprese un quadro certo in cui operare. La direzione su cui ci muoviamo è quella della cosiddetta fine del rifiuto, ossia favorire il mantenimento del ciclo produttivo delle risorse materiali e lo sviluppo del mercato delle materie prime secondarie.
A sostegno di queste iniziative sarà indispensabile aggiornare anche il sistema della responsabilità estesa del produttore, in linea con le nuove disposizioni europee, con la diffusione del modello circolare, in modo da massimizzare l'efficienza della filiera del recupero dei materiali, prevedendo sistemi di controllo per un continuo miglioramento dell'efficienza, dell'efficacia e della qualità dei servizi.
Un'importante attività del Ministero dello sviluppo economico riguarda i tavoli di crisi. Per darvi qualche numero, deputate e deputati, al 30 giugno 2018 i tavoli di crisi pendenti sono 144 e vedono coinvolti 189.000 lavoratori. Stiamo utilizzando tutti gli strumenti necessari e le migliori competenze per affrontare queste emergenze.
Va dato atto ai funzionari e ai dipendenti del Ministero dello sviluppo economico e del lavoro dello sforzo che fanno ogni giorno a questi tavoli di crisi per trovare una soluzione. E va dato anche atto a tutti coloro che mi hanno preceduto del lavoro svolto a questi tavoli, soprattutto del lavoro dei sottosegretari e dei viceministri.
Tra questi tavoli di crisi ci sono casi complessi, come Alitalia e ILVA.
Quanto al gruppo Alitalia, il Governo vuole analizzare e sta analizzando le informazioni economiche e finanziarie per individuare i responsabili della situazione attuale. Dopo averli individuati e aver promosso le azioni di responsabilità, si valuterà anche in tempi brevi la strada da percorrere per tutelare al meglio le esigenze dei lavoratori e del gruppo.
In merito all'ILVA, non sono stati considerati soddisfacenti da questo Governo il piano occupazionale e il piano di tutela ambientale. Sono state richieste al riguardo maggiori garanzie al gruppo Mittal, con il quale sono in corso approfondimenti tecnici tra commissari e gruppo. Stiamo anche approfondendo ulteriormente la regolarità della procedura di aggiudicazione, le famose 23.000 pagine che abbiamo analizzato, soprattutto a seguito di varie segnalazioni pervenute, tra cui l'ultima, la più autorevole, dal presidente della regione Puglia. Ieri, ho provveduto a inviare all'Autorità nazionale anticorruzione, l'ANAC, tutte le carte della gara per verificarne la regolarità.
Sul tema dell'energia, i prossimi anni vedranno impegnato il nostro Paese nella definizione del percorso e nella realizzazione delle basi per avere al 2050 un sistema energetico alimentato totalmente da fonti rinnovabili e sostenibili. Il primo passo sarà la redazione di un piano energia e clima per portare il nostro Paese a raggiungere e, possibilmente, a superare gli obiettivi europei per il 2030.
Per noi, le parole d'ordine sono: mobilità sostenibile e, qualora non dovessero cambiare le tecnologie, mobilità elettrica; sbloccare il mercato nazionale delle fonti rinnovabili, favorendo anche gli investimenti privati; lotta alla povertà energetica Pag. 8attraverso un sistema di democrazia energetica.
Il sud, che entra in tutti gli argomenti che ho affrontato fino ad ora, è un sud che, se cresce, fa bene a tutta l'Italia, e soprattutto a quelle regioni che oggi sono locomotiva della nostra economia.
Nel periodo 2008-2016, gli investimenti fissi lordi sono diminuiti cumulativamente, nel sud, del 34,9 per cento, 12 punti in più che nel resto del Paese, che ha una media del 23,4 per cento. È necessario, dunque, imprimere uno shock positivo a questa parte del Paese rivedendo le misure di agevolazione introdotte dai precedenti Governi, che si sono secondo noi rivelate molto spesso poco efficaci.
Oppure penso ai fondi strutturali. Entro il 31 dicembre di quest'anno, soprattutto le regioni del sud dovranno spendere le rispettive quote assegnate con la programmazione 2014-2020 attraverso il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE), che sta per trasformarsi in FSE Plus, ma vorrei mettere in guardia il Parlamento dal fatto che l'FSE Plus nasce dalla fusione di più fondi per il sociale a livello europeo, ma la somma fa meno del totale della dotazione dei tre fondi separati.
Tra le attività del ministero, c'è anche quella di vigilanza sulle cooperative. La lotta alle false cooperative è un obiettivo di questo Governo. Il fenomeno delle cooperative costituite ad arte con l'esclusivo fine di aggirare la normativa sul lavoro è dilagante. È necessario irrigidire l'apparato sanzionatorio con la riconduzione al diritto penale. Il rigore deve essere esteso a tutte le forme di sfruttamento del lavoro, innanzitutto il lavoro nero e irregolare, per il quale ho intenzione di ricorrere sempre alla sanzione dell'esclusione temporanea dalla partecipazione alle gare pubbliche. Molti dei tavoli di crisi riguardano cooperative fittizie nate e poi sciolte dopo poco soltanto per accedere a fondi o ad appalti.
La diffusione della banda larga è un obiettivo indispensabile alla crescita, che rientra in un più ampio progetto di infrastrutture digitali di cui il Paese ha bisogno. Come sapranno i presidenti, alle telecomunicazioni dedicheremo più avanti in questo mese un confronto con deputate e deputati a parte, ma mi piace ricordare quello che ieri il Ministero dello sviluppo economico, grazie agli ottimi funzionari, ha fatto, ovvero la pubblicazione della gara per l'assegnazione delle frequenze 5G, che inizia un percorso di innovazione dell'Italia, in continuità con le azioni fatte in passato, che ci porterà a essere in questo campo uno dei primi Paesi in Europa.
Vogliamo sviluppare la tecnologia blockchain. Esistono due specifici campi di applicazione in cui crediamo che favorire un'industria delle blockchain in Italia sia strategico. Il primo è quello connesso al made in Italy, in modo che ogni prodotto sia reso riconoscibile, e quindi tutelato; l'altro è quello della semplificazione e della disintermediazione attraverso gli smart contract.
Un'altra industria che intendiamo attrarre e valorizzare in Italia è quella del Fintech, nelle cui innovazioni intravediamo enormi possibilità per trasformare il settore del credito, dei pagamenti e delle assicurazioni, quello delle valute e degli strumenti di scambio digitali, anche con vantaggio sul potere d'acquisto dei consumatori.
Vogliamo cogliere un'altra grande opportunità connessa alla nuova rivoluzione industriale grazie all'intelligenza artificiale. In Italia c'è bisogno di un fondo ad hoc per l'intelligenza artificiale, visto che questo Paese è il giusto mix tra sensibilità, capacità e creatività.
Il Ministero dello sviluppo economico ha nelle sue competenze – lo ricordo a me stesso – gli strumenti per sostenere non solo le imprese, ma anche i consumatori, e in questa direzione va la legge per il consumatore, che potrebbe anche essere definita legge contro i monopoli, la quale vede come beneficiario ultimo della sua realizzazione il consumatore finale.
Il maggior grado di concorrenza genera molti benefìci per la collettività: aumenta la possibilità di scelta tra più prodotti o servizi, permette il recupero di rendite dei monopolisti sottratte ai consumatori e ai Pag. 9concorrenti, contribuisce al rafforzamento strutturale dell'economia.
Vorrei passare adesso a elencare le linee programmatiche che riguardano il Ministero del lavoro. Le sto enunciando ancora separate, ma spero che l'operato di questi due ministeri sotto la stessa regia politica possa rafforzare sempre più il lavoro all'unisono che già stiamo facendo su vari fronti.
In tema di reddito di cittadinanza, l'obiettivo principale di questo ministero è l'istituzione di uno strumento che veramente possa contrastare i livelli di povertà. Anche nel dibattito del contratto di Governo non lo abbiamo considerato e non vogliamo che sia uno strumento assistenziale. Per noi, è una vera e propria misura economica, in grado sia di creare lavoro sia di accompagnare il lavoratore nei momenti in cui non percepisce un reddito, ma si forma e si mette a disposizione dello Stato.
Lo Stato sosterrà economicamente chi oggi non raggiunge la soglia di povertà, indicata da Eurostat in 780 euro, in cambio dell'impegno a formarsi e ad accettare almeno una delle prime tre proposte di lavoro, purché siano eque e non lontane dal luogo di residenza.
Non si tratta di un sussidio di povertà o di sopravvivenza, ma di un volano che spinge il soggetto a ritornare cittadino, ovvero a rientrare nella vita politica, sociale ed economica del Paese. Con questo strumento almeno un milione di persone inattive verrebbero spinte a cercare occupazione attraverso l'iscrizione obbligatoria ai centri per l'impiego, aumentando il tasso di partecipazione della forza lavoro. Si tratta di potenziare i lavoratori, che saranno considerati nelle statistiche ISTAT come forza lavoro disponibile.
Con l'aumento del PIL potenziale cresce la leva del deficit strutturale, e cresce al rialzo l’output gap, cioè la distanza – lo ripeto a me stesso – tra il PIL potenziale ed effettivo. Con questo meccanismo si dovrebbero liberare circa 19 miliardi di euro. In stretto collegamento, pensiamo a un significativo rafforzamento dei centri per l'impiego, dalla cui piena efficienza dipende il corretto funzionamento del reddito di cittadinanza.
Relativamente alla riforma dei centri per l'impiego, tutti conosciamo il limite di una struttura delle politiche attive del lavoro legata alla competenza regionale e alla regia nazionale. Non c'è nessuna intenzione di aspettare anni per riforme costituzionali o leggi che obblighino gli enti locali a fare determinate cose. Stiamo investendo come Ministero del lavoro nelle relazioni dirette con gli assessori al lavoro delle singole regioni.
Abbiamo avuto un primo incontro e devo dire che, per quanto nessuno di loro appartenga alla mia forza politica, si sta portando avanti un lavoro cordiale ed efficace, che deve andare nella direzione di coordinare la ristrutturazione dei centri per l'impiego, considerando il fatto che ogni regione ha una struttura totalmente diversa dall'altra. Alcune regioni sono molto avanti, altre sono ferme.
C'è un tema fondamentale nella ristrutturazione dei centri per l'impiego, che riguarda le tipologie di personale mancante. Sono figure specialistiche, quali orientatori (34 per cento delle richieste), esperti in consulenza aziendale (14 per cento) e mediatori culturali (circa l'11 per cento).
Su questo fronte sono stati sbloccati i trasferimenti alle regioni a statuto ordinario di 235 milioni di euro a decorrere dal 2018. Pur nel rispetto delle rispettive competenze, confido nel fatto che si possa lavorare con le regioni spalla a spalla per arrivare all'obiettivo conclusivo.
Per ciò che riguarda il nostro sistema pensionistico, ritengo necessario e urgente provvedere all'introduzione di nuovi canali di uscita, più equi e agevoli, al fine del conseguimento della prestazione pensionistica, soprattutto in presenza di una congrua contribuzione da parte del lavoratore, e che mirino a superare le modifiche introdotte dalla cosiddetta riforma Fornero. Chi, ad esempio, ha maturato un'anzianità contributiva di 41 anni, ritengo abbia il diritto di poter beneficiare di una nuova finestra, senza dover attendere il raggiungimento del requisito anagrafico attuale.
A tal fine, riteniamo positiva l'introduzione di una nuova uscita che possa garantire l'accesso alla prestazione a seguito di Pag. 10una condizione contributiva che, tra età e anzianità, raggiunga una quota pari a 100. Siamo già al lavoro per valutare quelle più convenienti, perché certamente non ci riferiamo a tutte le possibili combinazioni. Stiamo stimando la certezza dei loro costi e il loro impatto sull'intero sistema.
Sempre in tema di pensioni riteniamo sia civile garantire ai pensionati una pensione al di sopra della soglia di povertà. La pensione di cittadinanza intende riequilibrare le risorse destinate alle categorie più deboli in Italia e, nello specifico, a favore di coloro che ricevono un contributo inferiore a 780 euro.
In tema di pensioni, la nostra intenzione è abolire le pensioni di privilegio, chiamate mediaticamente pensioni d'oro, anche per finanziare un aumento di quelle di cui parlavo poco fa. Abbiamo deciso di intervenire attraverso un taglio netto alle pensioni superiori ai 4.000 euro netti e non corrispondenti a effettive contribuzioni.
L'Italia è terza tra i Paesi OCSE per il peso del cuneo fiscale sul costo del lavoro. L'obiettivo da perseguire è quello di rendere il costo del lavoro a tempo indeterminato strutturalmente più basso delle forme di lavoro precario, favorendo un ingresso stabile dei giovani e dei disoccupati nel mondo del lavoro.
Da quando sono arrivato al Ministero del lavoro, abbiamo deciso di iniziare a combattere con tutte le nostre forze per la tutela di categorie che oggi rappresentano la nuova economia che sta nascendo. È necessario definire in maniera chiara che cos'è oggi un lavoratore per lo Stato italiano e quali sono le condizioni minime di tutela e di dignità che qualsiasi datore di lavoro deve essere in grado di riconoscergli, non solo a livello italiano, ma anche a livello europeo.
Nel Consiglio europeo del Lussemburgo di qualche settimana fa, soprattutto tra i Paesi del sud, era forte l'evidenza e l'esigenza di riconoscere il concetto di lavoratore all'interno dell'ordinamento europeo: tutele minime che definiscono il concetto di lavoratore. Al di sotto di quelle tutele minime, non esiste il lavoratore, esiste lo sfruttato, esiste qualcos'altro.
Sull'equo compenso il punto di partenza è semplice: va esteso a tutti coloro che vivono del proprio lavoro personale, estendendo l'obbligo del riconoscimento di un compenso equo, adeguato alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Quanto ai voucher, con la loro abolizione a partire dal 1° gennaio 2018 è venuto meno uno strumento per pagare prestazioni di lavoro accessorio, come piccoli lavoretti discontinui, non inquadrabili in nessun contratto di lavoro, a parte il contratto a chiamata.
Su queste categorie e con determinati limiti è doveroso fare una riflessione che parta dal Parlamento, anche nell'ambito della conversione del decreto dignità, ma ci tengo a dire come membro del Governo che nessuno spazio dovrà essere dato allo sfruttamento, e quindi all'abuso di questi strumenti.
Ho parlato a più riprese di questo tema, e il dato che più mi ha colpito sulla sicurezza nei luoghi di lavoro sono i 213 morti. Ieri al Senato, un collega dell'opposizione ha fatto notare che, dopo aver dato il numero 212, è arrivata la notizia nella mattinata di un'altra morte sul lavoro. È un dato che nei primi tre mesi del 2018 segna più 12 per cento sul trimestre del 2017.
Qualcosa è stato fatto negli anni, molto ancora è da fare. Il sistema, gli strumenti, gli adempimenti previsti appaiono pensati e tarati esclusivamente attorno alle realtà delle aziende di grandi dimensioni, che oggi non consentono per costi e burocrazia alle piccole e medie imprese di affrontare questo tema. Vogliamo, quindi, intervenire sul testo unico della sicurezza prevedendo una modulazione che tenga conto delle diverse realtà aziendali e delle loro dimensioni.
Relativamente alla riforma dei sindacati, l'azione dei sindacati può essere fondamentale nella gestione delle dinamiche delle relazioni industriali, ma solo se si può avere adeguato riscontro dell'effettività della loro funzione. È necessario che i dati relativi alla rappresentanza siano verificati. Adotteremo strumenti utili alla verifica effettiva della rappresentanza sindacale, confidando che questo stimoli un processo di Pag. 11aggiornamento all'interno delle rappresentanze sindacali.
Diventare padre e madre diventa sempre più difficile, e a pagarne il prezzo più elevato sono le donne, non soltanto in termini di minor contribuzione previdenziale causata dalle frequenti interruzioni. Anche gli uomini, tuttavia, oggi non godono di diritti sufficienti ad assicurare una loro adeguata presenza durante i primi anni di vita del bambino.
Dobbiamo potenziare gli strumenti che hanno dimostrato di funzionare attraverso una loro estensione temporale e innalzando l'importo di quelli che hanno un'efficacia limitata. Per noi, è fondamentale favorire l'accesso ai servizi dedicati (asili nido, centri estivi) e sviluppare una politica fiscale che favorisca le famiglie con figli, oggi sempre meno numerose. Guardiamo al modello di welfare francese.
Quanto al lavoro giovanile, tutte le misure contro il precariato, per un salario minimo, per un'estensione delle tutele dei lavoratori, ma anche quelle contro la delocalizzazione o quelle per la nascita delle start up e il loro finanziamento, vanno nella direzione di incentivare il lavoro giovanile. Un'altra misura importante in tal senso è lo sblocco del turnover nella pubblica amministrazione secondo princìpi meritocratici.
Sul terzo settore confermo quanto già dichiarato dal Presidente del Consiglio durante l'illustrazione degli obiettivi posti a fondamento dell'azione del Governo, che ha annunciato la particolare sensibilità per il principio di sussidiarietà.
Sarà dato sostegno ai modelli di sviluppo sostenibile offerti dal terzo settore che contribuiscono a generare un circuito senz'altro virtuoso di solidarietà verso i più fragili e più bisognosi. La riforma del terzo settore approvata nella scorsa legislatura richiede ancora numerosi provvedimenti attuativi. Proprio in questi giorni, il ministero e le Commissioni parlamentari sono impegnati nell'esame dei decreti ereditati dal precedente Governo. Queste saranno le occasioni utili per tentare di dare una maggiore efficacia ed effettività alla riforma del terzo settore, anche sul piano delle ricadute fiscali, recuperando i princìpi ispiratori che hanno animato la necessità della riforma medesima e allontanando il concetto di business nel terzo settore.
Vi ringrazio per avermi ascoltato. Sono a disposizione per rispondere a tutte le vostre domande.
PRESIDENTE. Ringraziamo il ministro. Iniziamo con gli interventi che sono stati già annunciati a mano a mano dai Gruppi.
Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, ad iniziare dal deputato Barelli.
PAOLO BARELLI. Signor ministro, grazie per il suo intervento. Buon lavoro, in quanto effettivamente ha enunciato una quantità importante, ovviamente, e molto numerosa di punti. Buon lavoro anche in quanto inizia la sua attività oggi con noi deputati della X Commissione, per quello che ci riguarda, con un carico dovuto non soltanto a un ministero, ma a due, che probabilmente – mi permetta – ne valgono forse tre in termini di impegno. Mi auguro che quanto prima i componenti della X Commissione possano ascoltarla in una specifica audizione per toccare in modo adeguato, con il tempo necessario, una serie di punti importanti che stanno a cuore non soltanto a noi, ma a tutto il Paese, e che quindi vogliono e meritano delle risposte adeguate e un contraddittorio, un confronto adeguato e serio all'interno delle singole Commissioni, in questo caso della nostra.
D'accordo con i miei colleghi del Gruppo di Forza Italia, rimando nel dettaglio a un appuntamento che la presidenza della Commissione vorrà concordare, ma colgo l'occasione per dirle che, nell'ambito dei punti che ha toccato – ne ha toccati tantissimi, ne segnalo soltanto qualcuno – c'è la necessità di risposte molto urgenti.
Lei ha toccato il problema dell'ILVA. Prendiamo atto che appaiono in mutazione o in movimento le sue intenzioni circa il futuro di quest'importante comparto sia al fine del lavoro sia al fine della nostra economia nazionale. Tutto il comparto di Pag. 12Taranto ha, quindi, bisogno di risposte chiare, serie, ovviamente nella legalità, ma urgenti. È da troppo tempo che si attende un'azione lungimirante, e quindi a lungo termine.
Ha parlato del lavoro, ma io mi preoccupo dell'aspetto collegato – questo lo ha detto correttamente – con crescita, con aziende e con imprese. Prendiamo atto di un mutamento di passo sulla questione voucher. Ci domandiamo quando e come riusciremo ad avere una definizione. Lei ha detto che ci sarà un dibattito sull'argomento anche in chiave parlamentare, se ho capito bene, in chiave di rapporto con le Commissioni e col Parlamento.
Prendiamo atto che c'è stata un'apertura nell'ambito di alcuni settori. Crediamo che non possano essere soltanto enunciati settori importantissimi come agricoltura e turismo, ma vada inquadrato il tema in una maniera molto più organica.
Ci sono argomenti che riguardano anche l'intervento sul cosiddetto «Jobs Act» che lasciano alcune perplessità, o meglio che vanno affrontati in termini chiari, veloci e rapidi. È vero, abbiamo bisogno che le nostre imprese e che il lavoro nel nostro Paese riprendano rapidamente, e quindi bisogna arrivare al momento in cui si focalizzano e si capiscono esattamente le intenzioni e le procedure per arrivare alle migliori soluzioni.
In questo momento, formulo assolutamente l'auspicio di vederla rapidamente all'opera con la nostra Commissione, perché tante sono le richieste di chiarimento, di impegno, e quindi la nostra volontà di collaborare al meglio nell'espletamento del nostro ruolo.
Lei ha parlato di regole, di responsabilità, della problematica della delocalizzazione, ha parlato dell'importanza della modernizzazione nell'ambito del digitale, dello scambio digitale. Qui vorrei sollevarle un problema che sta a cuore al nostro Gruppo, sta a cuore ai miei colleghi, che riguarda proprio gli aspetti di internet media.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLO BARELLI. Concludo. Da uno studio del Politecnico di Milano risulta una forte crescita dei ricavi pubblicitari, in Italia, oltre 2,5 miliardi di euro, circa un terzo dell'intero comparto pubblicitario, e sono Google e Facebook che la fanno da padrone, quindi quello dell’Internet advertising è un mercato iperconcentrato su due playmaker. Questo è un dato reale, che si apprende in ogni ambito. I dati di bilancio sia di Google sia di Facebook arrivano, nel totale delle due società – questo è quello che dichiarano le società – a un fatturato di soli 161 milioni e poco oltre, con un totale di 217 dipendenti, a fronte invece di una quantità molto superiore, appunto rilevata dal Politecnico di Milano.
Queste due società non hanno fornito i propri ricavi pubblicitari, almeno così non risulta, e non forniscono informazioni neppure all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Risulta un forte disallineamento, come ho detto, che lascia pensare a una veicolazione delocalizzata poco congrua, poco trasparente, e con ricadute sull'impiego nel nostro Paese, a fronte di questa massa e questo volume di affari, quindi di entrate, che dovrebbe meritare maggiore attenzione a favore anche dei nostri lavoratori.
Mi auguro, e sono sicuro, che la sua sensibilità farà sì che ci potranno essere risposte adeguate a questo problema.
PRESIDENTE. Prima di passare la parola all'onorevole Moschioni, ricordo che non è possibile fare foto o video durante la seduta, quindi invito tutti i colleghi a rispettare le norme.
DANIELE MOSCHIONI. Ministro, voglio innanzitutto ringraziarla per l'attenta e dettagliata relazione che oggi ci ha illustrato. Abbiamo detto, sottoscrivendo il contratto di Governo, che era un contratto di Governo del buon senso: oggi, lo dimostra ulteriormente.
Ha toccato tanti punti, ma quello che mi ha colpito di più è proprio l'attenzione alle piccole e medie imprese. Le dico questo perché sono un piccolo imprenditore del Friuli-Venezia Giulia e sappiamo benissimo che, in questo momento di difficoltà per tutta l'economia dello Stato italiano, soprattutto Pag. 13 in quella zona si è registrato un importante fenomeno di delocalizzazione di imprese e una grande riduzione di quella che era l'attività lavorativa del territorio.
Voglio ricordarle che arrivo dal famoso «triangolo della sedia»: Manzano, San Giovanni, Corno di Rosazzo. Era la più grande zona produttiva di sedie e di sedute in legno, a suo tempo. Preoccuparsi della piccola e media impresa è importantissimo. In che modo?
Quello che chiedono gli imprenditori è sburocratizzare, cercare di rendere più snella l'attività d'ufficio delle imprese, perché sono, nella maggior parte dei casi, imprese a conduzione familiare e piccole imprese. Ma, soprattutto, gli imprenditori chiedono la detassazione. Siamo assillati dall'alto livello di tassazione che i Governi precedenti ci hanno imposto, che non ci permette di lavorare tranquillamente e serenamente. Soprattutto, questa alta tassazione ha fatto sì che i nostri prodotti non siano competitivi a livello internazionale. Detassando, dando la possibilità alle aziende di quel territorio di lavorare con serenità, ci sarà anche più occupazione. Questa è la cosa importante.
A quale tipo di contratto di lavoro ricorrere? Con riferimento ai contratti di lavoro previsti nel nostro ordinamento, riconosco, parlo come piccolo imprenditore, di non apprezzare molto il contratto a tempo determinato, ma, a volte, le piccole imprese sono proprio costrette a ricorrere a questo contratto di assunzione, perché le piccole imprese non lavorano su ordini a lunga scadenza. Sono ordini che vanno da un mese all'altro, o addirittura anche da quindici giorni a quindici giorni. A volte, quindi, questo tipo di contratto è importante per le piccole imprese del territorio.
Poi ha parlato di made in Italy. Credo che dobbiamo essere orgogliosi di sostenere quello che produciamo, da nord a sud. Abbiamo prodotti importantissimi, e possiamo dire la nostra a livello mondiale. Questa è una cosa importantissima da sostenere.
Poi mi è piaciuto quando ha detto che ha cominciato a sentire gli assessori regionali al sociale – è importante – e, ha ribadito, anche se non del suo colore politico. Questo è proprio buon senso, che credo che noi tutti politici dobbiamo cominciare ad adoperare, perché è segno di un grande cambiamento.
Ha parlato anche di «appalti a chilometri zero». In Regione Friuli Venezia Giulia, per gli appalti fino a 500.000 euro, è prevista da tempo la possibilità di ricorrere alle ditte del territorio.
Comunque, non voglio polemizzare con la ex presidente della mia regione, oggi deputata e presente oggi in quest'aula, perché abbiamo già polemizzato abbastanza nei cinque anni in cui lei è stata presidente e io per quattro anni, sindaco. Non voglio andare avanti su questa polemica. Ricordo che sono anche sindaco di un piccolo comune.
Devo toccare un tema caro alla Lega, quello dei voucher. Si tratta di uno strumento importantissimo, e infatti mi ha fatto piacere che ha detto che verrà preso in considerazione, da utilizzare nel settore dell'agricoltura, come ha detto chi mi ha preceduto, del turismo, ma anche nel settore del lavoro domestico. Le collaboratrici domestiche hanno un ruolo importantissimo, visto che le famiglie sono sempre meno numerose e che spesso c'è un solo componente per famiglia. Io, che vivo solo, ho bisogno di una colf, ma non fissa, perché, vivendo quattro giorni a Roma e tre in Friuli, probabilmente mi serve solo saltuariamente, qualche volta, non con un rapporto continuativo. Credo sia corretto, quindi, reintrodurre i voucher oltre che per agricoltura e turismo, anche per quanto riguarda il lavoro domestico.
Inoltre, da sindaco non mi piace tanto stare in ufficio, dove non mi trovano sicuramente o solo per appuntamento – non sono abituato a star seduto ad aspettare la gente – ma preferisco girare per il territorio. E mi è arrivata una richiesta proprio l'altra settimana: che il contratto a chiamata possa essere applicato anche al settore edile. Perché?
Ci sono tanti lavoretti per cui serve una persona o due, anche lavori da mille euro o da 800 euro. Io ritengo sia importante Pag. 14dare la possibilità anche alle imprese edili di usufruire del contratto a chiamata.
Non vado oltre, perché sono attento ai minuti che mi vengono riservati. Grazie e buon lavoro a tutti.
MASSIMO ENRICO BARONI. Gentile Ministro Di Maio, in particolare mi occuperò di un tema un po’ a latere rispetto alle sue dichiarazioni.
Risale a due giorni fa la dichiarazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, a un convegno di concessionari del gioco d'azzardo, su una ricerca commissionata dall'Agenzia all'Istituto Superiore di Sanità, da questa, a sua volta, appaltata a una società di marketing.
A parte la discutibile titolarità dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di farsi committente di dati di pertinenza del Ministero della salute, resta il fatto che provoca sconcerto l'anticipazione di quanto emergerebbe da un campione estremamente ampio per una ricerca di questo tipo: 25.000 italiani intervistati, per metà minorenni.
Veniamo ai dati. Gli italiani che ormai giocano d'azzardo una o più volte nel corso di un anno risulterebbero essere 18,5 milioni. In pratica, un italiano su tre ormai gioca d'azzardo. Nei mesi scorsi, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per il 2016 indicava il dato di 17 milioni. Insomma, registriamo un aumento di 1,5 milioni di giocatori in Italia.
Pochi giorni prima, si è appreso da un'altra ricerca che dal 2007 al 2017, in dieci anni dunque, il numero stimabile delle famiglie in sovra-indebitamento irreversibile, in pratica una specie di fallimento da parte della famiglia stessa, è passato da 1.250.000 persone a quasi 2 milioni. La misura di tale fenomeno drammatico è stata ricavata dal data base della Banca d'Italia e descritta dal sociologo Maurizio Fiasco all'assemblea annuale della Consulta nazionale antiusura, in una ricerca presentata ad Assisi questo giugno. In pratica, se dieci anni fa uno di noi conosceva due persone indebitate in maniera irreversibile, irrecuperabile, ora ne dovrebbe conoscere tre.
Ancora, ieri, auditi dalla VI Commissione, i rappresentanti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli hanno rivelato che dal 2016 al 2017 il denaro giocato in Italia è aumentato di 5,7 miliardi di euro, ma la proiezione per quest'anno, basata su dati elaborati fino ad aprile 2018, porta a individuare che a fine anno si arriverà a 105,6 miliardi di euro, con un'ulteriore crescita di altri 4 miliardi di euro.
Sempre secondo queste proiezioni, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli stima che lo Stato aumenterebbe il proprio gettito erariale di un altro mezzo miliardo di euro.
Sempre la ricerca della Consulta nazionale antiusura documenta con dati oggettivi un crollo dei redditi da lavoro dipendente e, ancor più, di quelli da lavoro autonomo. L'unico flusso di reddito che si è incrementato deriva dalle pensioni, sia a causa dell'invecchiamento della popolazione sia per meccanismi automatici di rivalutazione parziale. Nella composizione dei redditi familiari il peso delle pensioni è salito del 25 per cento, molto oltre il tasso di inflazione cumulato in dieci anni, ovvero circa 15 punti percentuali, e dunque l'incremento reale è stato di 10 punti percentuali.
Tutti i dati che le sto esponendo, a mio personale avviso, signor Ministro, sono indicatori significativi di un'inerzia colpevole da parte di tutte le istituzioni, in primo luogo di quelle politiche, che hanno favorito l'aumento del business dell'azzardo proteggendo occultamente i settori in crescita. La stessa Consulta nazionale antiusura, in un altro documento di ricerca pubblicato nel 2014, rilevava e documentava come il settore dell'azzardo in concessione statale sia una vera e propria puleggia e moltiplicatore dell'azzardo illegale. I due settori si fortificano a vicenda, specialmente in un momento in cui l'economia reale non cresce.
Ben pochi tentativi di contenere questa deriva hanno avuto successo. Nel 2012, ad esempio, le anticipazioni sui giornali annunciavano che l'allora Ministro della salute, il professor Balduzzi, aveva redatto il decreto che porta il suo nome introducendovi Pag. 15 l'obbligo di verifica, con tessera sanitaria, dell'età del giocatore e del rischio di gioco d'azzardo patologico, la prescrizione di un «distanziometro» per l'accesso ai giochi d'azzardo, prevedendolo prima di 500 metri dai luoghi sensibili, successivamente ridotti a 350. Tuttavia, queste misure sono successivamente sparite dal testo e dalla legge di conversione del decreto, rinviate a ipotetici decreti delegati mai emanati. Quel ministro dovette allora candidamente dichiarare: «Mi sono scontrato con le lobby dell'azzardo».
Io vorrei sapere come commenta, gentile Ministro Di Maio, i dati economici che le ho esposto e l'assalto delle lobby, contigue ai partiti di allora, subìto da un ministro che ha provato a regolare il settore depurandolo della virulenza dell'azzardo. Grazie.
RICCARDO ZUCCONI. Signor ministro, il mio è un intervento ad adiuvandum, perché penso che su questi temi si cerchi tutti di dare un contributo. Il problema, però, è che, rispetto alle valutazioni che lei fa, anche da tempo tra l'altro, sull'importanza, ad esempio, della piccola e media impresa in Italia, sul fatto che sia la spina dorsale della nostra economia, citando dati che io ritengo giusti, poi però tutte queste analisi vengono in parte sconfessate, ad esempio, dai contenuti dell'imminente «Decreto dignità», in particolar modo nella parte che riguarda il contrasto al lavoro precario. Qui credo che si predichi bene, ma si razzoli male.
Tutte le misure previste in questo «Decreto dignità» vanno proprio nel senso contrario a quanto lei ha affermato, cioè sono limitative della libertà delle imprese e non saranno di contrasto al precariato, perché tolgono al lavoro quella duttilità e quella flessibilità di cui le imprese hanno bisogno.
Ora, noi viviamo in un Paese, signor Ministro, che non è alla piena occupazione come la Germania. Abbiamo, purtroppo, una disoccupazione giovanile molto importante. Abbiamo il fenomeno dei NEET ancora più grave, e inserire misure che limitano e mettono dei paletti soprattutto alle micro e piccole imprese va proprio nel senso contrario rispetto a quanto da lei affermato.
La stessa valutazione si potrebbe fare anche nei confronti dei voucher. Tutte queste misure sulla duttilità e la flessibilità del lavoro non possono essere liquidate con frasi del tipo, come lei ha detto, che «se i voucher servono per sfruttare i nostri ragazzi e i meno giovani non vanno bene». Se vogliamo discutere l'introduzione di tale strumento per specifiche mansioni in agricoltura e turismo, sono d'accordo.
Ma prevedere soltanto in questi due settori la possibilità di utilizzare i voucher non è corretto, perché allora si dovrebbe sostenere che è possibile sfruttare in agricoltura e turismo, ma negli altri campi no. Ma, secondo me, dobbiamo uscire da questa logica basata sul concetto di sfruttamento. Nel momento in cui diciamo che le piccole e medie imprese sono la spina dorsale dell'economia italiana – lei cita i dati, giustamente, da cui risulta, se consideriamo anche le medie imprese, che esse costituiscono addirittura il 99 per cento del totale – poi non si può pensare che in esse si verifichino fenomeni strutturali di sfruttamento delle persone. Sono rapporti di lavoro che dobbiamo cercare certamente di consolidare, ma non attraverso queste politiche. Il lavoro lo creano le imprese. Se viviamo in un sistema vitale di imprese, il lavoro verrà da sé. Non possiamo cercare di imporre loro limitazioni.
Le segnalo anche che Fratelli d'Italia ha avanzato – se vorrà leggerla – una proposta di legge in merito, che, ad esempio, dispone l'aumento della retribuzione netta del voucher dai 7,5 euro attuali a 8,5 euro. In alcuni settori si rinvia l'ulteriore disciplina ai contratti collettivi di lavoro. C'è modo di attuare queste misure rendendole contestuali alle comunicazioni all'Ispettorato del lavoro, garantendo così che non si possa abusare dello strumento. C'è modo di rendere attuabili questi strumenti, non limitandoli però a determinati settori o introducendo una serie di limitazioni alla loro applicazione.
L'altra dichiarazione fatta sul reddito di cittadinanza, poi, è conseguente a quello che dice e a quello che vuole mettere in Pag. 16pratica nel «Decreto dignità», ma anche questa è una visione completamente diversa dalla nostra.
Non si può fare un lavoro a favore del sistema imprenditoriale italiano introducendo il reddito di cittadinanza. Non sarà mai uno strumento per creare lavoro. Sarà soltanto un'altra fonte di spesa e non creerà lavoro. Con tutta la simpatia possibile, già la riforma dei centri per l'impiego comporterà tempistiche e spese notevolissime. Soprattutto, anche se riusciremo a preparare le persone al lavoro, se il lavoro non c'è, è inutile avere le persone preparate. È proprio una visione di partenza che, naturalmente, non ci può vedere concordi.
Altri fattori sono sicuramente positivi. Quello dell’«Impresa 4.0», per esempio, è un segnale molto importante, ma manca qualsiasi riferimento, e mi sarei aspettato di trovarlo nel «Decreto dignità» (se vogliamo dare dei nomi di fantasia), alla green economy, per esempio. Io l'avrei introdotto, perché questo è importante.
Infine, ludopatie e delocalizzazioni. Le vorrei segnalare che un concessionario importante dello Stato ha sede in Inghilterra. Facciamo qualche ragionamento su tale punto.
DEBORA SERRACCHIANI. Benvenuto, Ministro. Faccio una piccolissima premessa solo di ordine. Intanto, Ministro, le farò delle domande. Se poi non ci sarà il tempo, e questa è la prima domanda che vorrei farle, visto che ne avevamo già parlato anche in Commissione lavoro, le chiederei se continueremo a parlarne oggi, cosa difficile, visto che siamo convocati alle 16 in Aula, o se, gentilmente, ci può già indicare un'altra data nella quale potremo ascoltare eventualmente la sua replica.
LUIGI DI MAIO, Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. Quando volete, sono a disposizione.
DEBORA SERRACCHIANI. Le chiedevo questo proprio per consentire anche a noi parlamentari di avere un'agenda più chiara possibile, proprio per aiutare l'ordine dei lavori.
Visto che stiamo parlando, o meglio ne abbiamo parlato per settimane, del decreto-legge cosiddetto «Decreto dignità», il decreto Di Maio, posto che non l'abbiamo, mi consta, ancora ricevuto e posto che si tratta di un decreto che, ai sensi della Costituzione, è giustificato da casi straordinari di necessità e di urgenza, le chiederei quali sono questi casi di necessità e di urgenza. Credo che sia importante e utile capirlo, visto che ancora non l'abbiamo ricevuto.
Passo alle domande e partirò dalle pensioni. Lei ha parlato di nuovi canali più equi di uscita, e allora desidero chiederle innanzitutto se intende cancellare o superare la legge Fornero; che cosa intende fare rispetto all'anticipo pensionistico, cioè alla cosiddetta APE sociale e all'APE volontaria. Glielo chiedo con particolare riguardo all'APE sociale perché le simulazioni che sono state fatte, non dal Partito Democratico ma da istituti molto competenti, ci consta dicano che sia «quota 100» sia «quota 41» da lei menzionate sono due sistemi che possono servire, e serviranno anche molto, a uomini adulti, ovviamente del nord, con redditi superiori ai 2.000 euro. Le chiederemmo di chiarirci quali sono gli aspetti della cosiddetta «quota 100» o, alternativamente, «quota 41», perché ci sembrano regimi non coerenti con le dichiarazioni che ha poc'anzi fatto.
Non l'ho sentita parlare della pensione di garanzia dei giovani. Vorremmo sapere che cosa pensa il suo ministero sul tema, così come vorrei chiederle se intende o meno mantenere la quattordicesima per i pensionati, cosa che era stata fatta dal precedente Governo e di cui lei non ha parlato.
Le chiederei anche, relativamente alle pensioni di privilegio, di darci una valutazione su quanto è stato fatto con riferimento alla flat tax. Anche qui, importanti simulazioni ci dicono che, rispetto alle pensioni di privilegio, in realtà a chi è più ricco, grazie alla flat tax, verrebbero messi in tasca più soldi di quelli che verrebbero tolti con la riduzione della pensione di privilegio. Desideriamo sapere se intende parlare delle pensioni di privilegio e come, anche con riferimento alla cosiddetta flat Pag. 17tax. I due strumenti, se entrano contestualmente in vigore, creano oggettivamente delle distorsioni.
Sui voucher ha detto che indicherete le categorie e i limiti. Ci dica, per cortesia, quali sono le categorie e i limiti. L'introduzione del voucher in edilizia, ad esempio, è a nostro avviso particolarmente pericoloso. Lei parlava della tragica morte della persona che ha perso la vita proprio con un contratto di sei giorni. Su questo siamo assolutamente con lei e lavoreremo con lei, ma credo che per la sicurezza sul lavoro si debba fare di più rispetto a quello che lei ha citato.
Che cosa intende fare per un piano nazionale della sicurezza sul lavoro? Che cosa intende fare per la revisione del testo unico sulla sicurezza e le malattie professionali, testo unico che quest'anno compie dieci anni e che ha bisogno oggettivamente di una revisione? Che cosa intende fare, soprattutto, relativamente alla reintroduzione dei voucher in alcune limitate categorie di attività? Su questo, ovviamente, vogliamo un confronto molto chiaro, che oggi non ci pare poterci essere.
L'equo compenso, nel senso con cui lei lo ha definito, l'abbiamo introdotto noi. Siccome l'abbiamo introdotto noi e siccome ci sono da adottare molti decreti attuativi, visto che lei è insediato già da qualche settimana, quali di questi decreti attuativi ha portato avanti visto che l'equo compenso è già stato definito?
Il salario minimo l'ha soltanto nominato. La notizia è che il Partito Democratico ha depositato una proposta di legge: per cortesia, la prenda in considerazione, perché riteniamo che sul salario minimo un confronto vada fatto nel Paese, visto che siamo tra i pochi Paesi europei, forse l'unico, che è rimasto senza la previsione di un salario minimo, ovviamente nella misura e laddove la contrattazione collettiva già non interviene. Prenda in considerazione anche quello che abbiamo previsto, cioè l'introduzione di una commissione che permetta una valutazione seria della situazione salariale in questo Paese.
Sul costo del lavoro non ci ha detto nulla. Non pensiamo che si creino posti di lavoro facendo costare di più i contratti a termine e non facendo costare di meno i contratti a tempo indeterminato. Per cortesia, ci dica se sul costo del lavoro, in particolare, e sull'abbattimento del cuneo fiscale intendete fare qualcosa; se sì, quando e come.
Da ultimo, c'è la questione della rappresentanza sindacale. Tenga presente che c'è un lavoro già fatto dalle organizzazioni sindacali, che gli strumenti interconfederali sono stati attivati già su questo: non credo che quel lavoro si debba mettere al macero o rifiutare, per cui le chiediamo se intenda aprire un confronto con chi è protagonista della rappresentanza sindacale.
Da ultimissimo, che cosa intende fare relativamente al decreto legislativo n. 22 del 2015? Intende abolirlo? Che cosa intende fare del decreto legislativo n. 81 del 2015? Intende abolirlo? Grazie.
CLAUDIO PEDRAZZINI. Signor Ministro, parto facendole i complimenti, perché lei è davvero eccezionale avendo unito a sé delle deleghe importantissime, che, ovviamente, le danno grande responsabilità. Siamo altresì preoccupati, perché sono passati quaranta giorni e, di fatto, abbiamo visto poco finora.
Entro nel merito delle questioni generali che ha citato, tra l'altro rilevando una contraddizione che è emersa proprio nell'ultimo intervento: lei ha dichiarato la sua disponibilità al dialogo e al confronto per elaborare in Assemblea le linee di indirizzo utili alla redazione dei provvedimenti, ma questa disponibilità è venuta meno, appunto perché facciamo fatica a comprendere il carattere di straordinarietà e di urgenza dell'intervento del «decreto-legge Dignità».
Non stiamo risolvendo il problema del lavoro nero. Qui stiamo cambiando alcune specificità dei contratti di lavoro, addirittura creando qualche difficoltà e disagio anche alle strutture imprenditoriali. Su questo forse un confronto aperto con una legge delega – era questo l'invito che volevo farle – espressione del Parlamento sarebbe stato l’iter sicuramente migliore. Pag. 18
Le sottopongo alcuni temi specifici, a partire da quello dei livelli essenziali di assistenza (LEA).
I livelli essenziali di assistenza devono essere aggiornati anche per il nuovo ruolo che hanno le regioni. Che cosa intende fare sui LEA, signor Ministro? Intende aggiornarli e adeguarli alle nuove esigenze in base agli indicatori del Benessere equo e sostenibile (BES) definiti dall'ISTAT o seguire altre strade?
Un altro tema importante è rappresentato dalla spesa. Il fondo delle politiche sociali deve essere regionalizzato. Questa è una materia regionale. In questo modo, le regioni dovrebbero anche crescere di più in termini di responsabilità. Va pensato un ruolo forte delle autonomie locali, continuando il processo riformatore che si è interrotto.
C'è poi il tema dell'autonomia, che non è stato affrontato nell'ambito degli argomenti che ci ha sottoposto. Il tema dell'autonomia è stato posto all'inizio dalla regione Emilia-Romagna, dalla regione Lombardia, dalla regione Veneto, e anche dalla Puglia e dalla Liguria, che stanno seguendo, autonomia che non vuole avere solo un riferimento di impatto economico nella gestione delle deleghe, ma che è anche l'occasione di riflettere su quale ruolo lo Stato voglia assumere nei confronti dei cittadini: prendersi cura o prendersi carico? Questo è un aspetto su cui vorrei che lei si potesse esprimere. Se lo Stato continuerà nella logica del prendersi carico, continueremo a registrare dei risultati negativi delle politiche sociali messe in campo.
Entrando nel tema del welfare, per migliorare il mercato del lavoro italiano alla luce del «Decreto dignità», quali sono gli interventi a favore degli over 50? Lei li ha citati genericamente. Vorrei approfondire anche alcuni aspetti relativi al ripensamento degli ambienti e della riorganizzazione delle modalità di lavoro.
A fronte dell'aumentare dell'età media di permanenza dei dipendenti in azienda, urgono innanzitutto interventi di active aging, che riescano a garantire ai lavoratori over 50 una proficua prosecuzione del rapporto di lavoro. La vita lavorativa dei dipendenti over 50 dovrebbe essere ampiamente ripensata introducendo diversi accorgimenti nell'organizzazione del lavoro, tra cui il part time meglio declinato, orari di lavoro più flessibili, il job sharing, lo smart working o anche diverse modalità di svolgimento delle turnazioni.
Sempre sul «Decreto dignità», le chiediamo se ha fatto una valutazione di impatto più seria di quella contenuta nella relazione tecnica del provvedimento, che dà per scontato che i contratti a termine diminuiranno, ma che gli assunti a tempo indeterminato avranno una maggiore propensione al consumo, di fatto recuperando un po’ il ragionamento che fece Renzi con riguardo al bonus di 80 euro e che i dati, poi, hanno smentito fin da subito, visto che col maggior reddito i lavoratori hanno aumentato la loro propensione al risparmio per far fronte alla certezza di un aumento delle tasse.
Quanto al reddito di cittadinanza, vorrei capire, signor Ministro, come intende declinarlo. Lei è stato chiaro nel dire che non deve essere solo uno strumento di politica passiva: più strumento di lotta alla povertà, con prevalenza di sussidi di carattere passivo – ci auguriamo di no – o più strumento di politica attiva universale destinato a tutti i disoccupati, e non solo a quelli percettori della NASPI, come ha previsto il «Jobs Act» con l'assegno di ricollocazione? Questo è un aspetto determinante per capire che impatto potrà avere.
Sempre sul reddito di cittadinanza, vorremmo capire anche come intende finanziarlo, cosa che, al di là di qualche accenno in qualche dibattito pubblico, non è stata mai chiarita, dato che esperienze concrete, come, per esempio, in regione Lombardia, hanno riguardato misure a sostegno del reddito di cittadini in difficoltà senza però prevedere l'utilizzo dei fondi europei a disposizione, cosa che non è possibile se i fondi europei vengono utilizzati solo come strumento passivo.
Concludo chiedendo quindi un chiarimento anche sul potenziamento dei Centri per l'impiego, perché vorrei sapere come mai sia così avverso alle agenzie per il lavoro e agli operatori privati del mercato Pag. 19del lavoro, che, invece, possono essere coinvolti in un modello organizzativo di tipo sussidiario, rimborsando loro le attività eseguite solo a risultato occupazionale ottenuto. Grazie.
PIER LUIGI BERSANI. Innanzitutto auguri davvero, signor Ministro, per il lavoro che ha davanti. In cinque minuti non si può andare nel merito, ci sono cose su cui si è soffermato che condivido profondamente, altre su cui vorrei discutere, ma nei pochi minuti a mia disposizione mi concentrerei su un paio di cose che sono più di metodo, di riflessione, diciamo di primissima impostazione.
Politiche industriali. È ora di mettere un punto, soprattutto per chi vuol fare il cambiamento, e dico queste cose come le direi a Calenda. Noi abbiamo una storia di politiche industriali imperniata sostanzialmente su questi concetti: trasmettere innovazione attraverso la vendita di macchinari per il sistema delle piccole imprese fino alle medie, macchinari e, quando va bene, sistemi, impianti; per quelle più grandi, sostanzialmente, ricerca e sviluppo.
La nostra legislazione è sempre stata questa, la «Sabatini», l'Artigiancassa, i crediti d'imposta, la legge n. 488 del 1992, fino a «Industria 4.0» che, ancorché interconnessi e robotici, parla di macchinari, di sistemi, di impianti. Attenzione: il problema comincia ad essere non più dei macchinari, ma dei servizi di produzione; quel che sta avvenendo nel terziario da anni comincia ad avvenire anche nell'industria; comincia a esserci gente che ti dice: «cosa vuoi produrre e vendere? Dimmelo che ci penso io, ti do io i macchinari, ti do i servizi, ti do la manutenzione, ti do la riconfigurazione da remoto».
Attenzione, ché noi con ottimi meccanismi (riconosco che «Industria 4.0» è stato un passo avanti, ma con quella logica sta arrivando qualcosa di nuovo) non facciamo delle nostre imprese la commodity di chi, da altre parti, come si sta facendo con Flixbus, ha la piattaforma, cioè ha il governo degli impianti e te li può dare in affitto senza bisogno che tu li compri. Attenzione, ci sono i primi segni di questo fenomeno. Vogliamo discuterne?
Seconda cosa, sempre di metodo. Lei ha messo assieme industria, lavoro, welfare, e questo va bene purché non diventi, ministro, una «cosa filosofica», perché anch'io sono figlio di piccole imprese e capisco che impresa e lavoro sono insieme, però, per quel che ho imparato, gli investimenti, l'innovazione, la spinta alla crescita in un sistema che esporta e che deve crescere devono avere come base il seguente concetto: imprenditori e lavoratori sono figure diverse, che hanno uguale dignità e devono essere in piedi tutte e due per contrattare o confliggere, sperabilmente per trovare la quadra.
Il Ministero delle attività produttive è la filiera fra produzione, distribuzione e consumo, imprenditori, diritti dei consumatori, distribuzione moderna in dialogo con il lavoro, per amor di Dio, ma il lavoro ha una sua autonomia. Va bene – ripeto – parliamo di piccole imprese, lo so anch'io e sono disposto a mediare sul ragionamento, ma, strategicamente, non facciamo del paternalismo e dell'olismo, perché questo ci porta indietro, non ci porta avanti. Se vogliamo avere delle imprese che crescono, che, quindi, anche se piccole, esportano, dobbiamo dare dignità agli imprenditori e anche al lavoro, che deve essere in piedi, deve essere rappresentato, sennò gli investimenti non si fanno!
Queste sono due piccole riflessioni di primo impianto – ripeto – poi è necessaria la volontà, la disponibilità a discutere veramente, a vedere nel merito, con pragmatismo, come diceva il collega della Lega, perché qualcosa in questo Paese bisogna che combiniamo.
GLORIA VIZZINI. Buonasera, signor ministro. Innanzitutto la ringraziamo per questa occasione di confronto e per aver portato alla nostra attenzione temi cruciali per la vita degli italiani. Avrei da porle due quesiti.
Il primo riguarda i Centri per l'impiego cui faceva riferimento poc'anzi. A seguito della regionalizzazione dei servizi per l'impiego e tenuto conto del progetto di riforma degli stessi con un impegno di spesa di 2 miliardi, anche in vista dell'introduzione del reddito di cittadinanza, le chiedo Pag. 20come intenda procedere nel rapporto con le regioni e se il Ministero del lavoro individuerà un apposito ufficio di coordinamento, che possa armonizzare gli interventi regionali in materia.
Un altro quesito riguarda la sicurezza sui luoghi di lavoro. Alla luce dei drammatici episodi di morti bianche registrati negli ultimi mesi, le chiedo se vuole intervenire affinché i servizi ispettivi intensifichino le verifiche volte ad accertare il rispetto della normativa vigente in materia di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro. Grazie.
MARIA TERESA BELLUCCI. Innanzitutto voglio fare gli auguri al Ministro Di Maio, soprattutto per le importanti deleghe che gli sono state assegnate, esprimendogli però anche una preoccupazione, dal momento che le sue deleghe comprendono il lavoro, le politiche sociali e anche lo sviluppo economico, tre deleghe ciascuna delle quali sarebbe già sufficiente per un ministero.
La mia preoccupazione è legata al timore che le politiche sociali possano diventare la Cenerentola, come spesso è stato nella storia italiana e soprattutto in quella che ha caratterizzato gli ultimi anni. La mia preoccupazione è ancor più rafforzata dalla sua relazione, e mi duole sottolinearlo, perché nei suoi quarantacinque minuti di intervento lei ha dedicato meno di tre minuti al terzo settore.
Come lei sa bene e come ha sottolineato proprio nello spirito della sussidiarietà quando parliamo di politiche sociali, il Terzo settore è l'architrave di questa nostra Italia, e oggi comprende 300.000 organizzazioni, 7 milioni tra operatori e volontari, dà risposte sociali di carattere sanitario, ricreativo, sportivo, di supporto al disagio mentale, alla sofferenza, alla disabilità, dando assistenza a trenta milioni di persone. Quindi il riservare al Terzo settore nel suo intervento un'attenzione di meno di tre minuti mi preoccupa tantissimo.
Avrei infatti voluto sapere da lei come dare piena attuazione a quell'articolo 118 della Costituzione che dice che tutti i livelli, sia nazionali che locali, dovrebbero favorire la libera associazione dei cittadini, laddove cercano di dare risposte ai loro bisogni, ancor più quando quei bisogni non vengono soddisfatti dallo Stato.
Penso ai tanti disabili, ai tanti bambini, alle tante famiglie, alle tante persone che hanno un problema di sofferenza come la depressione. Lei in alcune sue dichiarazioni ha sottolineato una questione importante che riguarda la nostra Italia, dicendo che è al primo posto in Europa per stress, depressione e consumo di farmaci, e mi viene da sottolinearle, come deputato ma anche come psicoterapeuta, che quelle sofferenze non trovano una risposta unicamente in politiche attive del lavoro. Il lavoro è fondamentale, ma il sociale e l'attenzione al sociale sono qualcosa di maggiore importanza.
Avrei quindi voluto e vorrei sapere da lei come intenda favorire le organizzazioni del terzo settore, come intenda occuparsi del Fondo nazionale per le politiche sociali, che oggi è sempre più a livelli minimi e costringe il terzo settore a vicariare uno Stato che è manchevole e non c'è; vorrei sapere da lei che cosa intende fare dei livelli essenziali delle prestazioni, che non hanno avuto ancora applicazione, visto che da diciotto anni la legge n. 328 del 2000 non è ancora attuata ed è totalmente disattesa e che da diciassette anni la riforma del Titolo V della Costituzione ancora non ha avuto seguito; vorrei sapere da lei come intende intervenire rispetto all'ISEE, vorrei sapere da lei come intende occuparsi delle politiche di tutela dei minori stranieri non accompagnati, che sono un dramma di questa società, vorrei sapere da lei come vorrebbe gestire l'assistenza e quindi anche il casellario.
Avrei tante domande, Ministro, e ne avrei così tante proprio perché poche parole ho sentito da lei, tra i temi del lavoro e delle politiche di sviluppo, destinate invece alle politiche sociali. Per me l'attenzione al sociale è fondamentale in ogni nazione, per me la politica o è sociale o non è, quindi le chiedo di inserire le politiche sociali tra le priorità del suo dicastero e di non farle diventare una Cenerentola.
SARA MORETTO. La ringrazio, ministro, per la sua disponibilità, che ci ha già assicurato ci sarà anche in altre occasioni, Pag. 21però ci saremmo aspettati che oggi lei riempisse i buchi del contratto di Governo sui temi e sul fronte dello sviluppo economico, perché in quel contratto, che è stato definito uno strumento di trasparenza, si ritrovano su questi temi vuoti e ambiguità, a cui oggi lei ha aggiunto qualche impegno generico.
Abbiamo visto nei giorni scorsi i dati che dimostrano un rallentamento della crescita del nostro Paese, e di fronte a questi dati c'è bisogno di chiarezza, chiarezza sia nei confronti delle imprese piccole e grandi, sia nei confronti dei lavoratori, e per questo cercherò di utilizzare velocemente i minuti che ho a disposizione per porle alcune domande di chiarimento su alcune delle questioni che ha annunciato e che in parte non ho trovato nel Contratto di Governo.
Per quanto riguarda la politica industriale lei sa benissimo che non è con una nuova struttura che si fa una politica, non è mettendo insieme risorse e soggetti già esistenti che si risolve il nodo delle strategie per il futuro del nostro sistema Paese. Deve dirci secondo quali direttive si muoverà questa Banca per gli investimenti, se le direttive saranno quelle che hanno guidato il Piano impresa 4.0, quindi quello degli investimenti e delle competenze.
Visto che questa misura, il piano Impresa 4.0 ha rappresentato una leva, un motore per il nostro sistema manifatturiero negli anni scorsi, ma rappresenta soprattutto una speranza per coloro che ritengono positive queste misure (lei dice che le confermerà, ma che alcune verranno messe in discussione) noi vorremmo sapere nel dettaglio, signor ministro, quali sono le misure di Impresa 4.0 che confermerà e quali quelle che cambierà. L'impianto di questo piano era basato su alcune misure fiscali e su incentivi specifici, vorremmo sapere quali di questi intenda confermare.
Ha parlato anche di crisi aziendali, ne cito solo due perché sono state già oggetto di un confronto in Aula e in Commissione, e mi accodo all'invito del collega di poterla avere specificatamente su questi due casi in Commissione. Mi riferisco ad Ilva e Alitalia.
Le assicuro che da parte nostra non c'è nessun arretramento, anzi la sosteniamo in tutti gli impegni che lei vorrà assumere sulla tutela ambientale, sulla tutela della salute e della legalità, però attendiamo ancora da lei una posizione chiara sul futuro di queste due aziende. Per quanto riguarda l'Ilva faccia le verifiche che deve legittimamente fare, ma, visto che mi pare di capire dalle sue parole che intende mantenerla aperta e riconvertirla, ci dica in quali direzioni.
Per quanto riguarda Alitalia mi permetta, io non credo che ci sia un prima e un dopo, non è che oggi ci occupiamo delle responsabilità e solo dopo vengono i lavoratori, io la invito a invertire questo ordine: occupiamoci dei lavoratori e del futuro di Alitalia e nel frattempo verifichi anche le responsabilità. Noi dobbiamo occuparci non tanto di ieri, ma del domani di queste imprese.
Vado velocemente ai punti che lei ha toccato con riferimento al commercio estero e all'internazionalizzazione. Lei parla giustamente – condivido – di promozione del made in Italy, di internazionalizzazione delle nostre imprese, immagino quindi di rifinanziamento del fondo per il made in Italy, penso che possa essere un impegno e le chiedo se questo sarà, ma le chiedo come intenda coniugare questi obiettivi con i dazi e le politiche protezionistiche che altri membri di questo Governo annunciano. Su questo c'è bisogno di chiarezza, l'attendono le imprese.
Sulle delocalizzazioni ovviamente stiamo attendendo ormai con una certa emozione questo decreto che dovrebbe arrivare, che ancora non conosciamo nei dettagli, avremo occasione di parlarne sicuramente durante l'esame del decreto e anche in Aula attraverso gli atti che sono stati presentati.
Le sollecito di fare attenzione alle cause della delocalizzazione, perché in alcune situazioni la delocalizzazione di alcune fasi produttive rappresenta la chiave strategica per il mantenimento dell'attività in Italia. Stiamo attenti quindi ad un atteggiamento punitivo, perché vanno distinte le cause della delocalizzazione e di questo sono assolutamente certa. Pag. 22
Ultime due domande al volo. Sul fronte dell'energia le chiedo come intenda modificare (perché di questo abbiamo sentito parlare) la strategia energetica nazionale, in che tempi e anche con riferimento alle infrastrutture energetiche del nostro Paese, e in attuazione alla legge sulla concorrenza approvata nella precedente legislatura quali sono i tempi e i modi con i quali intende procedere verso il passaggio al mercato libero.
Mi aggancio in ultimo alla legge della concorrenza perché l'ho sentita parlare di una legge per i consumatori e contro il monopolio, capisco che c'è una sorta di approccio mentale al «contro», alla punizione, però le ricordo che c'è una legge annuale per la concorrenza che deve essere adottata e che mi pare possa appieno corrispondere a questi obiettivi.
Chiudo assicurandole fin da subito, cogliendo quindi l'invito che ha fatto all'inizio, la sensibilità politica e una vivace iniziativa politica da parte del Partito Democratico, che ha già depositato alcune proposte di legge che riguardano i temi che lei ha citato.
RENATA POLVERINI. Grazie, ministro. Insisto, come hanno fatto tanti miei colleghi e come ho avuto modo di fare già in Aula, sull'accorpamento dei Ministeri; ogni volta che mi concentro sul suo mandato mi preoccupo, perché oggettivamente il lavoro che ha deciso di assumere su di sé è veramente tanto, e oggi, se qualcuno non avesse ancora percepito la grandezza di questo impegno, quando ha parlato addirittura di rifiuti ci siamo resi conto di cosa stiamo parlando.
Lei spazia veramente in un terreno molto ampio, e per chi ha avuto l'onore di governare, seppur in regione, in questo Paese, l'idea che lei possa da solo occuparsi di tutto questo fa veramente paura.
Il tempo è poco, cercherò di concentrarmi su alcune questioni, che sono quelle a lei più vicine e quelle sulle quali la scorsa legislatura stava lavorando e sono rimaste delle incompiute.
La prima è il reddito di cittadinanza. Malgrado la sua ennesima spiegazione, non ho ancora capito di cosa stiamo parlando, se è un reddito che andrà a persone che non hanno mai lavorato, se andrà a chi invece ha già lavorato e ha perso il lavoro, se verrà finanziato con il Fondo sociale europeo, se verrà finanziato con una rimodulazione degli 80 euro, se verranno invece utilizzate le risorse della NASPI e quindi ci troveremo di fronte all'ennesima riforma degli ammortizzatori sociali, che cambieranno ovviamente soltanto nome, però l'importante è saperlo e capire a quale platea ci rivolgiamo.
Per fare tutto questo, lei cerca di parlare tenendo insieme tutte le cose con grande difficoltà, perché si starà rendendo conto quotidianamente rispetto agli impegni, che spesso lei va in conflitto con se stesso perché, come è stato già detto, diverso è l'impegno di un Ministro che si occupa di sviluppare il tessuto produttivo rispetto a quello che dovrebbe occuparsi di tenere insieme tutele e diritti dei lavoratori e dei pensionati, quindi magari fa anche prima, perché invece di litigare con il suo dirimpettaio fa da solo, quindi riesce a sanare questi conflitti con i quali quotidianamente si deve confrontare.
Lei giustamente dà grande importanza alla riforma dei Centri per l'impiego e al rapporto che lei predilige con i rappresentanti delle regioni. Anche qui vorrei capire di cosa stiamo parlando anche dal punto di vista delle risorse, perché quelle che lei le ha sbloccate sa che erano da sbloccare per il personale delle province che andava assorbito dalle regioni. Soprattutto, visto che stabilisce questo rapporto con le regioni e di regioni me ne intendo, per quanto riguarda gli incidenti sul lavoro coinvolga anche le regioni, perché lei non ha soltanto le sue strutture per i controlli, ma può sicuramente contare anche sulle struttura delle ASL.
Le vorrei anche dire che forse un principio di rotazione rispetto ai funzionari e al lavoro degli ispettori può dare un contributo, perché spesso ci si affeziona alle cose che si fanno quotidianamente e ci si distrae molto facilmente.
Un'altra questione della quale vorrei avere contezza è la riforma della legge Fornero. Intanto abbiamo capito che non Pag. 23ci sarà nessuna cancellazione della Fornero, ma non poteva che essere così, abbiamo compreso che lei sta lavorando sui 41 anni contributivi con cui si va comunque in pensione, a qualsiasi età (mi auguro di aver compreso bene).
Spero di aver capito anche la seconda questione: quota 100, qualunque sia l'età e qualunque sia il contributo, a meno che non abbia ragione invece Brambilla che, a nome della Lega, che comunque è un suo alleato di Governo, parla di un'uscita ad almeno 64 anni. Questo significherebbe di fatto ammazzare l'APE Social, che io non ho sostenuto nella precedente legislatura, però ormai c'è.
Altre due piccole considerazioni: delocalizzazione e made in Italy. Lei ha fatto delle promesse in Lombardia sulla Medtronic che rischia di chiudere, lei sa bene che il suo provvedimento, almeno per come l'ho compreso io, non potrà dare una risposta a quei lavoratori. Se lei potesse ipotizzare di non far più lavorare per la Pubblica amministrazione imprese che producono nel nostro Paese se decidono di delocalizzare la produzione, ciò potrebbe essere una risposta.
Avrei tante cose da dire, quindi mi auguro come tanti colleghi di poterla avere in Commissione. Su due questioni che lei oggi ha trattato c'è la sintesi di tutto il conflitto di cui abbiamo parlato. Lei da un lato vuole giustamente trasformare i rider in lavoratori subordinati e dall'altro vuole invece rimettere i voucher per i piccoli lavori, qui c'è una sintesi di questo conflitto tra la necessità di lavorare sui diritti e sulle tutele e la necessità di dare strumenti alle imprese.
Ultima cosa: rappresentanza delle organizzazioni sindacali, che si lega anche molto a quello che lei ha detto sulle cooperative e soprattutto alla questione, che non abbiamo toccato, dei cosiddetti contratti gialli. Lei sa perfettamente che questo è un tema importante che non può prescindere da una riforma della rappresentanza.
Riforma della governance dell'INPS: non ci ha detto cosa intende fare, se vuole modificare o vuole lasciare questa diarchia. Concludo dicendo che mi aspettavo che oggi lei ci portasse il Decreto dignità, perché ne abbiamo perso le tracce. La prossima volta faccia come Pollicino e lasci qualche sassolino, magari il decreto la strada la trova da solo.
UBALDO PAGANO. Nell'augurarle buon lavoro nell'incarico che si appresta a svolgere nei prossimi anni e augurandomi, come ha già fatto qualche altro collega, che gli affari sociali non siano semplicemente qualche istante del suo tempo dedicato a ben altre questioni, mi preme porre l'attenzione in questa sede su due programmi specifici che vanno avanti ormai da qualche anno, che si avviano a conclusione e sui quali sarebbe opportuno aprire un focus.
Mi riferisco ai Piani di azione e coesione infanzia e adolescenza e al Piano di azione e coesione per gli ultrasessantacinquenni, approvati con delibera numero 113 del 2012 del CIPE, in cui sono state individuate le amministrazioni responsabili della gestione e dell'attuazione di programmi e interventi finanziati nell'ambito dei piani di azione e coesione.
L'obiettivo del programma è stato ed è quello di potenziare l'offerta dei servizi all'infanzia 0-3 anni e agli anziani non autosufficienti over 65 nei territori ricompresi nelle regioni dell'Obiettivo convergenza, riducendo l'attuale divario tra aree del Paese.
Ci sono alcune questioni che occorre porsi, la prima riguarda la scadenza perentoria dell'utilizzo delle risorse, oggi fissata al 30 giugno 2019. Se il nuovo decreto di riparto, che somma agli stanziamenti del secondo riparto, le ingenti risorse economiche derivanti dalle economie generate dalla gestione del primo riparto, è stato emesso il 25 maggio 2018 e gli importi così rideterminati ammontano a quasi 500 milioni di euro, appare del tutto surreale che tali risorse siano effettivamente spese entro e non oltre la data di scadenza su indicata, considerati i tempi per lo svolgimento delle relative procedure di affidamento dei lavori.
Il secondo argomento da porsi riguarda la prosecuzione dei servizi finanziati che, qualora non fosse previsto un ulteriore riparto di risorse o una fonte di finanziamento Pag. 24 da istituirsi quale fondo stabile, vedrebbero ogni potenziamento di servizio venir meno e ogni nuovo servizio, oggi nato grazie all'utilizzo di tali risorse, interrompersi vanificando ogni sforzo fino ad oggi compiuto per innalzare il livello di offerta dei servizi all'infanzia e agli anziani non autosufficienti nei territori ricompresi nelle aree ad Obiettivo convergenza.
Al riguardo è giusto fare un ultimo inciso rispetto all'analisi presentata solo ieri nel corso della giornata degli stati generali dell'assistenza, in cui, secondo le proiezioni elaborate dall'Istat per Italia Longeva sull'invecchiamento attivo, non è pensabile rispondere a una domanda crescente di assistenza basandosi esclusivamente sul contributo delle famiglie, ma occorre invece organizzare una rete di servizi che possa mirare a questo.
JARI COLLA. Ringrazio i presidenti e il ministro per aver organizzato questo primo momento di confronto. Chi fa impresa oggi in Italia credo meriti una medaglia d'oro al valore civile, fare l'imprenditore oggi è un vero e proprio atto eroico, perché le nostre imprese negli ultimi anni operano in un contesto dove la giustizia civile è lentissima, l'accesso al credito è concesso con il contagocce, il peso della burocrazia è asfissiante e ha raggiunto livelli insopportabili (sono stati stimati in 31 miliardi di euro all'anno i costi amministrativi e burocratici a carico delle imprese), i costi energetici sono decisamente più alti di quelli della media europea, la Pubblica amministrazione italiana è tra le peggiori pagatrici d'Europa.
Non è accettabile che alcuni imprenditori vengano pagati dopo 180 giorni per il lavoro svolto, per non parlare poi dell'eccessivo carico fiscale con un total tax rate calcolato dalla Banca mondiale a oltre il 65 per cento, quando ci sono Stati europei che hanno una pressione fiscale pari esattamente alla metà.
Oggi le imprese chiedono meno burocrazia, chiedono leggi chiare, snelle, chiedono meno tasse, ma soprattutto chiedono di poter operare almeno ad armi pari con gli altri competitor europei, e oggi purtroppo non è così, sono davvero troppi gli ostacoli che le nostre imprese si trovano ad affrontare nel contesto italiano.
Fortunatamente i nostri imprenditori hanno una grande capacità, una forte resilienza, cioè la capacità di superare gli ostacoli, e, nonostante tutto, hanno i numeri, le caratteristiche e le qualità per essere apprezzati anche nel contesto internazionale. Non a caso in tanti settori abbiamo delle grandissime eccellenze.
Signor ministro, nel suo discorso abbiamo quindi apprezzato il passaggio sulla tutela del made in Italy, il riferimento alla lotta alla contraffazione, al contrasto alle delocalizzazioni, il punto che lei ha toccato nel favorire gli appalti a chilometro zero, favorendo le imprese locali e le imprese del territorio, il passaggio sulla semplificazione, quindi meno leggi e favorire i testi unici per accorpare e rendere le normative più chiare, il passaggio sulle esportazioni e sull'internazionalizzazione.
Ho apprezzato molto (lo dico da professionista) il passaggio sull'equo compenso per chi vive del proprio lavoro, per i tanti professionisti che svolgono professioni intellettuali, e abbiamo apprezzato come Gruppo anche il passaggio sulla blockchain.
La ringrazio, signor ministro, per l'approccio costruttivo con cui ha affrontato questo primo incontro, ho apprezzato l'invito alla nostra Commissione a portare idee, progetti, contributi, credo sia l'approccio giusto, un approccio che favorisce il confronto e il dialogo costante, perché qui facciamo tutti parte dello stesso partito, un partito che si chiama Italia, che si chiama difesa del made in Italy e che si chiama difesa della capacità straordinaria che ha la nostra gente di fare impresa. Io sono lombardo, la mia terra è una regione dove c'è una partita IVA ogni 11 abitanti, credo che al momento della nascita da noi ai neonati, oltre al Codice fiscale, dovrebbero assegnare direttamente anche la partita IVA!
Signor ministro, le auguro buon lavoro, noi saremo sicuramente collaborativi, leali, ma soprattutto pragmatici.
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signor ministro, cari presidenti, il quadro che ci ha offerto il Ministro Di Maio è un quadro da vasto programma, enorme, più Pag. 25aggiungeva temi e più pensavo quante cose poi ci fossero e ci siano da affrontare. Da questo punto di vista io voglio dare solo qualche criterio e qualche suggerimento.
Il nostro è un Paese che non ha bisogno di una politica internazionale di protezione con i dazi. Noi siamo il secondo Paese esportatore ancora oggi in Europa, le nostre esportazioni sono cresciute durante la crisi dello stesso segno della crescita delle esportazioni tedesche, noi per la nostra caratteristica avremmo bisogno di accordi multilaterali esigibili e leali, esattamente il contrario di quello che si sta affermando nel mondo e in Europa.
Perché dico questo? Perché, mentre son convinto di questo, il criterio che voglio suggerire è che, siccome il mondo diventa più complesso e forse più chiuso, proviamo a riprendere in mano qualche elemento dei nostri interessi nazionali che possiamo far valere di fronte a un mondo che diventa più complesso. Abbiamo ascoltato le sue parole sull'Ilva: si parla sempre dell'Ilva, ma il tema non è l'Ilva, il tema è che noi dobbiamo garantire in Italia una produzione italiana di acciaio e di alluminio, e una maggiore sufficienza energetica nel campo delle fonti energetiche. Questi sono gli obiettivi, poi si chiamano Ilva, poi si chiamano Terni, poi si chiamano Piombino, industrie utilizzatrici e di trasformazione, ma il tema è quello, se non garantiamo noi stessi questa possibilità per le nostre industrie, si apre in una fase così difficile una concorrenza più difficile.
Secondo: noi abbiamo una straordinaria industria del riciclo e del riutilizzo del materiale, penso che si possa ancora rafforzare e incentivare questa trasformazione. Questo vuol dire non solo produrre alluminio e acciaio, ma anche utilizzare l'alluminio e l'acciaio che sono già stati utilizzati in modo tale che garantiamo una maggiore autonomia, e nel campo energetico quando dico «più autonomia» penso innanzitutto a un tema che lei non ha toccato, ma è fondamentale ancor più delle fonti rinnovabili, che è il tema dell'efficienza e del risparmio energetico, perché, siccome l'elasticità tra PIL e consumo energetico si è molto ridotta in questi anni, se continuiamo a ridurla noi possiamo fare lo stesso volume di produzione consumando meno energia.
Poi la facciamo sempre più verde, sempre più green, sempre più sostenibile, ma l'industria della trasformazione e dell'efficienza energetica è fondamentale.
L'ultima cosa: attenzione al settore dell'auto. Lei viene da Pomigliano, noi parliamo sempre dei grandi stabilimenti, ma il settore dell'auto sono i grandi stabilimenti e una filiera di produzione di forniture che vale in prodotto e in occupazione da 3 a 4 volte quello che si produce in quegli stabilimenti. Questa filiera noi non la difendiamo se non si fa un salto tecnologico verso ad esempio l'uso della trazione elettrica, dove siamo in grandissimo ritardo, e se non ci diamo piattaforme, come ricordava Bersani, in cui il controllo del software sia anche in mano nostra.
Perché con Industria 4.0 nella passata legislatura abbiamo difeso gli standard aperti? Perché negli standard aperti competiamo, quando sono chiusi o stai a quegli standard (penso alle piccole e medie imprese delle forniture) oppure sei fuori, non prendi quel lavoro.
Il sud. Non c'è niente da fare: il sud riparte se ripartono investimenti pubblici nel Mezzogiorno anche come traino degli investimenti privati. Qui ci sono due grandi settori. Il primo è rappresentato dalle infrastrutture di collegamento (lei sa qual è la situazione del collegamento), infrastrutture digitali, infrastrutture di comunicazione e dall'altra parte un piano straordinario di investimenti nella messa in sicurezza del territorio, perché nel Mezzogiorno siamo in una situazione particolarmente esposta sul lato ambientale.
Sui temi del lavoro mi limito solo a tre cose, vediamo adesso il decreto quando esce e quindi avremo modo di esprimere giudizi di merito. Primo tema: ne ha parlato la Polverini, quello della rappresentanza è un tema importante, quando eravamo al sindacato ci abbiamo lavorato per tanti anni, il fatto che siamo in presenza di un accordo tra tutti i sindacati e tutte le controparti imprenditoriali consente oggi Pag. 26di avere una legge leggera che dia valore erga omnes ai risultati contrattuali.
Questo fa venir meno il salario minimo, di cui non ci sarà più bisogno se si fa questa legge, e aboliremo finalmente quei contratti privati che creano tante disfunzioni in una corsa al ribasso di diritti e di protezione. Questa è la linea maestra, se lei va su quella strada, come peraltro le chiedono tutte le rappresentanze di interessi, credo che facciamo un'operazione in cui rafforziamo trasparenza e competizione leale.
Previdenza. Si parla tanto dei temi più sensibili, però dobbiamo dare un occhio alla previdenza dei giovani di oggi per il domani, perché se oggi non dai ai giovani la percezione che il loro futuro previdenziale sia comunque un futuro dignitoso, è chiaro che tu distacchi i giovani dal sistema previdenziale e a quel punto della coscienza rispetto al proprio futuro.
Per quanto riguarda infine tutte le forme contrattuali credo che bisogna fare un ragionamento d'insieme. Come dice l'Unione europea, il contratto a tempo indeterminato è il contratto tipo, solo il contratto a tempo indeterminato ti dà la capacità di essere più produttivo, di avere più qualità, più formazione e di rendere più forte quindi la competizione nel sistema Paese.
Poi c'è il contratto a termine che attiene a un termine della tua prestazione lavorativa. Da questo punto di vista non dobbiamo inventarci nulla, in Europa tutti i contratti a termine sono di ventiquattro mesi, credo che noi possiamo tranquillamente attestarci alla media europea di 24 mesi. In tutta Europa i contratti a termine si ripetono tre volte. Ripetiamoli tre volte. In tutta Europa ci sono anche le causali, se la causale è troppo rigida o generica facciamo riferimento alle causali dei contratti collettivi di lavoro, perché li firmano sia il sistema delle imprese, sia i lavoratori sapendo che ogni tipologia settoriale è diversa dall'altra.
Questa può essere una via d'uscita intelligente e flessibile rispetto a un tema come quello.
Sui voucher dico solo una cosa. Ricordo come nacquero: c'era bisogno in agricoltura di utilizzare il giovane, lo studente, il pensionato per la vendemmia, c'era l'esigenza delle famiglie di avere alcune prestazioni, ma non si deve confondere il voucher con il lavoro stagionale, sono due cose totalmente diverse, perché il voucher ha svuotato il lavoro stagionale nel turismo, nell'agricoltura e negli altri settori, creando un problema grande.
Quando infatti avevi i quattro mesi d'estate, su quelli avevi un sistema di protezione sociale che ti dava reddito per altri mesi, oggi con il voucher finisci con il voucher, impoverisci le zone di turismo e le zone agricole. Ci sono strumenti che più utilmente possono essere utilizzati, quindi non «no» ai voucher, ma all'uso improprio dei voucher, questo sì.
SERSE SOVERINI. Signor ministro, io ho fatto un intervento sull'intreccio di incarichi che lei ha e in tempi non sospetti, quando voi avete presentato il Governo in Aula, e glielo dico senza polemica, perché sono sicuro che questo doppio incarico rischia di diventare il suo punto debole.
Non sono certo tenuto a dare consigli alle politiche del Governo facendo parte dell'opposizione, però partiamo dal concetto che lavoro e industria sono dei patrimoni nazionali, che bisogna saper difendere e che richiedono sempre più politiche specifiche e quindi una grande profondità.
Noi siamo andati in profondità sull'impresa negli ultimi 12-15 anni grazie a Industria 2015 e grazie anche a Industria 4.0, quindi le dico che su questo aspetto del superministro e di un approccio filosofico lei dovrebbe fare un'inversione proprio perché non diventi un punto di debolezza suo, ma anche delle funzioni che svolge.
Vengo al tema di cui stiamo discutendo. Sempre sull'intreccio dei ministeri e la distinzione tra industria e lavoro, sono d'accordo che il lavoro è una cosa e l'impresa un'altra, avrei visto molto meglio un affiancamento o comunque un coordinamento tra lavoro e scuola, tema molto interessante per le imprese. Le dico anche perché: per stare in linea con quanto ho detto, ossia che l'impresa ha bisogno di interventi specifici, c'è un grande assente (o almeno a me è sfuggito) nella presentazione del programma, Pag. 27 che come al solito è la formazione tecnica.
Sempre per stare sul tema della specificità che le imprese richiedono, guardate che la formazione tecnica è il substrato di competenze su cui vive il grosso della nostra piccola e media impresa. Sulla formazione tecnica c'è ancora molta incertezza e non si pensa a legarla all'innovazione tecnologica, a un rapporto più stretto con il mondo dell'impresa, a un'integrazione che possa far diventare la formazione tecnica e le scuole tecniche un elemento competitivo del nostro sistema di imprese, quindi le ricordo gli Istituti Tecnici Superiori (ITS).
Procedo per punti. Siamo molto deboli sul made in Italy per quanto riguarda le funzioni che l'ICE svolge all'estero, la prego di mettere mano all'ICE perché io ho portato molte imprese all'estero e l'ICE non funziona, le imprese all'estero sono sole, soprattutto le piccole e medie imprese; c'è un problema da riprendere in mano sull'ICE.
Della delocalizzazione è stato detto, ma lo ripeto: la delocalizzazione a volte è strategica, si presidiano i mercati con delle attività in loco che sono fondamentali per competere. Riprendo il discorso di Bersani: è vero, usciamo dai macchinari per aiutare l'impresa, andiamo sui servizi, oggi si lavora sul servizio e da questo punto di vista cerchiamo di spingere molto sulla banda larga sui territori e la formazione sulla banda larga per i servizi all'impresa.
Vi prego, non facciamo gli esterofili sul welfare, almeno non sugli asili nido, perché su questo (ve lo dico per esperienza personale) abbiamo tantissimo da insegnare all'estero. Cerchiamo sui nostri territori l'innovazione e portiamola al Governo.
ANGELA SCHIRÒ. Signor Ministro del lavoro, sono certa che lei da Vicepresidente del Consiglio e da ministro avrà già toccato con mano quanto sia duro e delicato reperire le risorse finanziarie necessarie per raggiungere gli obiettivi di politica sociale e del lavoro in più occasioni annunciati dalla sua maggioranza e dal suo Governo.
Vorrei farle osservare che in questo Paese non si parte da zero. Secondo i dati ufficiali forniti dall'Osservatorio statistico sul Reddito di Inclusione (REI), infatti, nel primo trimestre di quest'anno sono stati coperti dalla misura unica nazionale contro la povertà oltre 230.000 nuclei familiari e circa 870.000 persone, equivalenti a circa il 50 per cento della platea stimata. L'importo medio del beneficio mensile è andato dai circa 300 euro ai 470 euro per le famiglie numerose, il 72 per cento dei benefici è ricaduto nelle aree del sud. Si tratta di dati parziali perché, come ben sa, dal 1° luglio sono stati superati i limiti previsti con riferimento ad alcune particolari categorie e il REI è una misura per tutte.
Con il bilancio 2018 si è avuto un ulteriore rafforzamento di questa misura, che consente di toccare il tetto di 535 euro e una platea di 700.000 famiglie, pari a 2,5 milioni di persone. Raddoppiando i fondi destinati, come il mio partito ha proposto di fare negli ultimi mesi, e modificando alcuni parametri si potrebbe arrivare a un tetto di 750 euro, modificando poi alcuni criteri di ammissibilità si potrebbe toccare una platea di 1,4 milioni di famiglie e di oltre 4 milioni di persone, praticamente la generalità di coloro che secondo l'Istat si trovano nel nostro Paese in condizioni di povertà.
Potrebbe dirci, signor ministro, perché, abbandonando una strada di realismo e di buonsenso, lei e il suo Governo preferiscano arrampicarsi sugli specchi scivolosi e pericolosi delle compatibilità finanziarie, anziché partire da una base già costituita, magari sviluppandola con gli opportuni aggiustamenti?
WALTER RIZZETTO. Buongiorno, ministro, innanzitutto buon lavoro. La prima domanda è come farà a rispondere ad un centinaio di domande in un quarto d'ora, è evidente che serviranno altre sedute per rivedersi.
L'altra domanda secca e diretta è questa: se esista ancora la causale rispetto al rinnovo dei contratti stagionali. Qualche agenzia afferma che non esisterà più la causale che lei voleva mettere nei contratti stagionali, quindi vorrei capire innanzitutto questo in pancia al Decreto dignità. Pag. 28
Bene per quanto riguarda il made in Italy, bene per quanto riguarda le delocalizzazioni, abbastanza bene per quanto riguarda quello che lei ricorda essere l’export medio, ricordo anche, sulla scorta di alcune argomentazioni che ho ascoltato prima, che la complessità non soltanto del nostro substrato, ma del substrato normativo europeo impone che ad oggi 38 Paesi siano destinatari di misure restrittive da parte dell'Unione europea, i mercati che più soffrono di queste misure restrittive sono l'automotive, l'alimentare, l'abbigliamento, le forniture.
Spesso si risponde all'esigenza di prodotti italiani con quello che lei sa essere il cosiddetto Italian sounding (il parmesan piuttosto che i vini del Collio, che diventano ultimamente in Canada vini del Colio o qualcosa del genere), quindi vorrei capire la sua posizione rispetto alle misure restrittive da parte dell'Unione europea e anche, in parte, dell'Italia.
Bene, secondo me, per quanto riguarda il mercato delle rinnovabili, vorrei capire anch'io se sia previsto qualche cambiamento rispetto alla strategia energetica nazionale.
Molto bene, per quanto mi riguarda, il ragionamento su madri e padri: siamo in evidente crisi di natalità, quindi serve fare qualcosa e subito.
Meno bene rispetto agli infortuni sul lavoro. Purtroppo abbiamo ricordato tutti le vittime delle ultime ore, tra cui un ragazzo di 37 anni che aveva un contratto per sei giorni. Secondo me serve aumentare e ridare dignità all'Ispettorato del lavoro, in modo che i fondi che sono stati tolti dal Ministero del lavoro agli ispettori del lavoro vengano ripristinati in modo assolutamente importante.
Non ho capito l'ambito pensionistico, l'ha toccato troppo poco, secondo me. In questo riprendo anche il ragionamento della collega Polverini.
Lei ha parlato di 41 anni senza requisiti anagrafici, io aggiungo che ci mancherebbe che dopo 41 anni di lavoro e di contributi non si riuscisse ad andare in pensione! Quando lei parla (penso che lei si riferisse alla cosiddetta «quota 100» che non ha nominato) di somma tra contributi ed età anagrafica temo che lei parli di quota 100, ma quota 100 con il requisito anagrafico dei 64 anni non è più quota 100.
Le ricordo tra l'altro che dal 1° gennaio del prossimo anno le pensioni anticipate per quanto riguarda le donne passeranno ai 42 anni e 3 mesi, quindi anche quello che una volta poteva essere quota 41 se si sposterà a quota 42, più o meno tre mesi non fanno sicuramente la differenza.
Rispetto al lavoro giovanile trovo troppo poco quello che ci ha detto, ovvero il salario minimo è una cosa sicuramente da inserire, tra l'altro mi risulta abbastanza strano e curioso sentire qualche esponente del Partito Democratico parlare di salario minimo, lei sa che il salario minimo era già previsto sulla base della delega del Jobs Act e non è stato fatto, presentai per primo in Commissione lavoro tre o quattro anni fa una risoluzione sul salario minimo e il Partito Democratico si oppose. Vorrei capire se lei intenda il salario minimo fuori dall'alveo dei contratti collettivi nazionali o fuori dall'alveo dello scudo sindacale.
Chiudo rapidamente, presidente, chiedendo cosa voglia fare quindi con quota 100. Esiste il paletto anagrafico dei 64 anni? Cosa vuole fare con Opzione donna? Non ho sentito una parola su Opzione donna. Cosa vuole fare, visto che ieri la Vicepresidente della Camera, onorevole Spadoni, si è spinta oltre ad un convegno, dicendo che il Governo sta vagliando un dossier rispetto all'ultima salvaguardia di 6.000 esodati? Cosa vuole fare rispetto a quota 41, oltre che alla cosiddetta «aspettativa di vita», che secondo noi va assolutamente stralciata?
Rispetto ai voucher sono d'accordo con gli interventi dei colleghi, ritengo che nell'ambito familiare debbano essere estesi, quindi ripetizioni, colf, chi viene a farti qualche lavoretto in casa. Grazie e buon lavoro!
PRESIDENTE. Noi dobbiamo essere alle 16 in Aula obbligatoriamente, quindi do molto velocemente la parola al Ministro Di Maio, che però ha già anticipato per le vie brevi che mercoledì è disponibile a tornare, ovviamente all'ora di pranzo, ferma restando Pag. 29 l'eventuale assegnazione del Decreto dignità e il calendario che ne discende. Prego, ministro.
LUIGI DI MAIO, Ministro dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. Forse anche martedì (stavo guardando il calendario), però vediamo come agevolare la cosa. Ovviamente in cinque minuti è impossibile rispondere, vorrei solo fare un ragionamento generale sul tema che è tornato molto dei due ministeri.
Prima di tutto io non ho intenzione, e quindi questo Governo non ha intenzione, di accorparli amministrativamente, abbiamo già abbastanza problemi di disuguaglianza interna a questi due ministeri, perché o provengono da accorpamenti, come lo sviluppo economico, oppure provengono da shock legati alla creazione di agenzie che hanno trasferito personale da altre parti, quindi amministrativamente va bene già così. Stiamo ancora risolvendo vertenze interne del passato, e, se vogliamo far funzionare queste due macchine, l'ultima cosa da fare adesso è metterci a creare un nuovo ruolo unico del personale.
Credo però fortemente nel fatto che questi due ministeri non siano confliggenti, mi permetto (magari mi sbaglio io) di interpretare le parole di alcuni, non di tutti in questa Commissione, come una partita persa l'idea di poter far lavorare in sinergia lavoro e sviluppo economico; invece noi dobbiamo riuscirci, perché questa è la grande forza che ci permetterà come Paese di uscire dalle secche.
Questo non significa che quando c'è da tutelare uno dei due non lo si tuteli perché dispiace all'altro, ma significa fare in modo di compensare. Compensare cosa significa? Nessun imprenditore in questo Paese – a parte i prenditori, quindi mi riferisco a quelli onesti – vuole sfruttare i propri dipendenti, il tema vero in questo momento è il costo complessivo che viene da una gestione di azienda.
Noi diamo quindi una stretta ai contratti a tempo determinato, come abbiamo intenzione di fare, e leggerete a brevissimo, nelle prossime ore, il testo ufficiale di questo decreto che ho dovuto mettere sotto scorta quando è partito da Palazzo Chigi, è andato al MEF, è tornato a Palazzo Chigi e adesso sta andando da un'altra parte, perché ho avuto modo di sperimentare (mi perdonerete per l'ingenuità) cosa significa farlo passare per vari ministeri di competenza, perché è un provvedimento molto complesso.
In questo decreto iniziamo ad affrontare il tema della sburocratizzazione, ma dico di più: voi siete il Parlamento, siete le Commissioni competenti, avete un varco enorme di competenza di materia per migliorare l'opera di sburocratizzazione che noi abbiamo iniziato sullo split payment, lo spesometro, il redditometro, introducendone magari anche altri (dipende da voi quello che vorrete fare) per aiutare le imprese nell'abbassamento dei costi, in modo tale da poter affrontare tutti i disagi che vivono le imprese.
In generale, in questi quattro minuti che mi restano vorrei dire solo una cosa: il problema dell'occupazione e della disoccupazione è un problema rispetto al quale tutti ci rendiamo conto di come non derivi solo dalle forme di lavoro e dal sistema di impresa attuali. Ieri qualche senatore in merito alle telecomunicazioni evidenziava che Netflix in Italia ha quattro dipendenti, le grandi TV hanno decine di migliaia di dipendenti.
Noi però non possiamo fermare il progresso, sta succedendo nel mondo del lavoro (e molti di voi lo sanno meglio di me) una trasformazione epocale in tempi velocissimi, dovremo affrontare i nuovi lavori che stanno arrivando e il bisogno di riqualificare quelli che perderanno il lavoro, perché alcuni settori saranno disintermediati, quindi ci saranno realtà che non esisteranno più perché non se ne sentirà più il bisogno.
Banalmente (poi lo affronteremo) nelle telecomunicazioni il palinsesto migliore per il cittadino oggi in una televisione è quello che si fa da solo, non più quello che fa il direttore di rete, e infatti Netflix o Prime ne sono la rappresentazione, e questo non viaggia a vent'anni, viaggia a tre anni, a quattro anni. È un esempio e condivido questo discorso generale, lo dovremo affrontare nei prossimi anni, molti di voi Pag. 30conoscono questo argomento, sia l'impresa che il mondo del lavoro subiranno una trasformazione epocale.
Ci servono strumenti di riqualificazione del lavoro, di riconversione delle aziende e di sostegno al reddito per affrontare questo passaggio, altrimenti rischiamo di avere milioni di persone che non sapranno per cosa formarsi e dove andare a reinserirsi.
Il più preoccupato di tutti i ministri del lavoro che ho visto al Consiglio europeo dei ministri del lavoro in Lussemburgo qualche settimana fa era il ministro tedesco, che sicuramente non ha i livelli di disoccupazione italiani, ma era il più preoccupato dei rischi di disoccupazione che ci saranno nei prossimi anni per la trasformazione dei lavori e per i lavori 4.0.
Credo che su questo dovremo fare una grande riflessione tutti quanti insieme, spero di poter lavorare con voi al meglio e tornerò presto, dedicheremo almeno un'ora per rispondere alle decine e decine di domande che mi avete rivolto, molto stimolanti e propositive. Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie a lei, ministro. Ringrazio anche i presidenti delle altre Commissioni e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.55.